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Il mercato del lavoro

in concorrenza perfetta

Analisi e politiche microeconomiche


G. Croce
Domande

 Le politiche e le istituzioni di mercato del lavoro peggiorano i risultati del


mercato?
 Le ‘rigidità istituzionali’ del mercato del lavoro sono inefficienti? Per quali
motivi? Quando?
 In tal caso, perché allora esistono (e persistono nel tempo) le istituzioni
nei mercati del lavoro?

Le risposte dipendono dal modello di mercato del lavoro che si ritiene


rilevante: in questo corso metteremo a confronto il modello del mercato
perfettamente competitivo (concorrenza perfetta) con altri casi nei quali
il mercato “fallisce” perché è imperfetto.

Considereremo casi nei quali le implicazioni per le politiche che derivano da


questi due tipi di modelli possono essere molto differenti.

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Alcune definizioni preliminari

• Mercato del lavoro: è un mercato nel quale viene offerta una quantità L di
servizi di lavoro, corrispondenti a compiti specificati relativi a un posto di
lavoro (posto vacante) in cambio di una remunerazione definita salario, w.
Si noti che il salario rappresenta la parte più importante del reddito per il
lavoratore e la sua famiglia mentre rappresenta un costo per il datore di
lavoro.

• Il valore di un posto di lavoro, y, è dato dal valore del prodotto del lavoro che
si ottiene quando l’impresa e il lavoratore sono impegnati nella produzione. In
pratica consiste nei ricavi ricavati da un posto di lavoro, pari al prodotto della
quantità di output prodotta dal lavoratore per il suo prezzo unitario.

• Il prodotto marginale (in termini reali) del lavoro è dato dall’aumento


dell’output totale dell’impresa reso possibile dall’impiego di un lavoratore
addizionale (data la quantità di capitale). Di conseguenza, il prodotto
marginale in valore è pari a questo incremento moltiplicato per il prezzo
unitario dell’output.

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• Il surplus del lavoratore è la differenza tra il salario effettivamente pagato
al lavoratore w e il suo salario di riserva (reservation wage) wr, che è il
salario minimo al quale il lavoratore è disposto a lavorare. Se il salario
effettivo è al di sopra del salario di riserva il lavoratore ottiene un
guadagno netto (surplus) rispetto all’opzione di non lavorare.
Formalmente: surplus del lavoratore =w-wr.

• Il surplus dell’impresa ricavabile da un posto di lavoro è pari alla


differenza tra il valore del posto di lavoro (i ricavi di quel posto) e i suoi
costi, in particolare il salario pagato al lavoratore impegnato in quel posto,
cioè y-w.

• Il surplus totale di un posto di lavoro è pari alla somma del surplus del
lavoratore e del surplus dell’impresa, cioè (w-wr)+(y-w)=y-wr

Si noti che tutti questi valori possono essere espressi in termini monetari,
ad esempio in euro.

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• Una istituzione di mercato del lavoro è un sistema di leggi, norme o
convenzioni risultanti da scelte collettive e che stabiliscono dei vincoli o
incentivi che modificano le scelte individuali dei soggetti (lavoratori e imprese)
relativi a lavoro offerto, domandato e salario. per i singoli lavoratori e imprese
le istituzioni sono un dato nel momento in cui prendono le loro scelte.

• Un mercato del lavoro perfettamente competitivo è un mercato trasparente


(cioè con informazione perfetta), nel quale lavoratore e imprese sono
perfettamente informati per ciò che riguarda salari e servizi di lavoro offerti, e
nel quale non ci sono frizioni o costi (es. la ricerca di lavoro non implica
l’utilizzo di tempo e non ci sono costi di trasporto per andare a un colloquio di
lavoro) relativi al matching di lavoratori e posti vacanti (un mercato con
perfetta mobilità).
Entrambe queste assunzioni, informazione perfetta e perfetta mobilità, sono
piuttosto estreme e raramente hanno riscontro nella realtà nei mercati del
lavoro moderni. Tuttavia il modello del mercato del lavoro perfettamente
competitivo è un riferimento utile per l’analisi.

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L’offerta di lavoro individuale: la decisione di partecipazione
Iniziamo considerando il caso di una scelta binaria tra lavorare e non lavorare, senza
considerare la decisione relativa al numero di ore di lavoro.

In base a questa analisi saremo in grado di costruire l’offerta di lavoro aggregata definita come la
somma delle persone che “partecipano” al mercato del lavoro per ogni dato livello del salario.
Questo significa assumere che il lavoratore possa scegliere se lavorare o no mentre l’orario di
lavoro non può essere scelto perché stabilito da regolazioni, quindi tutti lavorano lo stesso
numero di ore.

Il lavoratore partecipa se w>wr

U(c,l) funzione di utilità Uc>0, Ul>0


c consumo, l tempo libero (leisure )(è un bene normale)
l0 dotazione di tempo libero
h= l0-l orario di lavoro
m reddito non da lavoro
p=1 prezzo unitario del bene-consumo c

c = wh+m vincolo di bilancio: il consumo è pari al reddito totale, che risulta dalla
somma del reddito da lavoro (wh) e del reddito non da lavoro (m). Il reddito da lavoro
è pari al salario orario (w) moltiplicato il numero di ore di lavoro (h)
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Figura A: w>wr il lavoratore partecipa

Figura B: w<wr il lavoratore sceglie di non partecipare

Il salario di riserva wr è pari alla pendenza della curva di indifferenza U0 che passa nel
punto A (h=0, c=m): la pendenza (misurata dall’angolo rosso) indica il salario orario
(cioè il consumo aggiuntivo) al quale per il lavoratore è indifferente lavorare un’ora
o non lavorare.
Il salario di mercato w è pari alla pendenza della retta del vincolo di bilancio.
Se in A w>wr il lavoratore ottiene un surplus dalla partecipazione (e si sposta su una
curva di indifferenza più alta lungo la curva di bilancio).
c c
A B

wr
w w
wr A A
m m U0
U0
l l
l0 G. Croce - Analisi e politiche micro l0 7
Quante ore lavorare

Nel caso in cui sia possibile scegliere liberamente quante ore lavorare, il lavoratore
offre h* ore, in corrispondenza del punto E di tangenza tra la retta di bilancio e la
più alta curva di indifferenza

c h* sono le ore di lavoro offerte dal


lavoratore, dove h* = l0 – l

quindi h aumenta da l0 verso sinistra


E

w
A
m

l0 l
h*

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Se il salario orario aumenta, come cambiano le ore di
lavoro?
Un aumento del salario orario (w) provoca due effetti contrastanti: effetto
sostituzione e effetto reddito. L’effetto netto è incerto ex ante, dipende caso per caso
da quale dei due prevale.

Effetto sostituzione: l’aumento del salario aumenta il costo-opportunità di ogni ora


di tempo libero; il lavoratore trova conveniente sostituire un po’ di tempo libero con
lavoro quindi aumentano le ore di lavoro (aumenta l’offerta di lavoro).
c

E’
Se prevale l’effetto sostituzione : h**>h*
E
→ relazione crescente tra w e offerta di
A lavoro in termini di ore nel mercato.
m

l0 l
h** h*

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Effetto reddito: poiché è ragionevole assumere che il tempo libero sia un bene
“normale” (la cui domanda aumenta se aumenta il reddito), dato che il maggiore
salario orario aumenta il reddito totale del lavoratore, aumenta il “consumo” di
tempo libero e diminuiscono le ore offerte (diminuisce l’offerta di lavoro).

Se prevale l’effetto reddito: h**<h*


c
→ relazione decrescente tra w e
offerta di lavoro in termini di ore nel
mercato.

E E’
L’effetto reddito può spiegare la riduzione
degli orari di lavoro nel lungo periodo: A
m
il progresso tecnologico aumenta la
produttività e, quindi, il salario e questo
riduce le ore di lavoro (ma aumenta la l0 l
h* h**
partecipazione femminile).
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La curva di offerta aggregata
La popolazione in età lavorativa è composta da persone con diverse preferenze riguardo alle
combinazioni (c,l) e con diverse dotazioni di reddito non da lavoro (m), pertanto ogni persona ha
un diverso salario di riserva.
Quindi è possibile definire la funzione di distribuzione cumulata

G(w) che rappresenta la quota di popolazione in età da lavoro con un salario di riserva
uguale o inferiore a w (e quindi disposta a partecipare a un salario pari a w) 

G(w) x numero di persone in età da lavoro = offerta di lavoro aggregata

La funzione G(w) è monotonicamente crescente in w. Ad esempio, potrebbe corrispondere alla


curva sottostante
w

G(w)
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Per discutere. Sussidi o lavoro?
Secondo le assunzioni della teoria dell’offerta di lavoro appena esposta, si offre lavoro per ottenere reddito (e
quindi per il consumo): il lavoro aumenta l’utilità solo indirettamente, in quanto consente di ottenere un reddito.

Ciò implica che, dal punto di vista del lavoratore, un sussidio può sostituire l’occupazione: in termini di politica
economica è indifferente adottare una politica “attiva” (aumento dell’occupazione) o una “passiva” (sussidio).

c
Per il lavoratore il punto di ottimo è E: preferisce
lavorare (E) piuttosto che rimanere inattivo (A).
Tuttavia, se ricevesse un sussidio s raggiungerebbe il
punto B, sulla stessa curva di indifferenza di E: il E
sussidio renderebbe del tutto indifferente lavorare B
(senza sussidio) o non lavorare (ricevendo il sussidio). m+s
m A

l
Immaginiamo uno scenario in cui il progresso tecnologico abbia ridotto drasticamente le opportunità di lavoro
così che il lavoratore non possa effettivamente raggiungere il punto E: i robot hanno sostituito il lavoro umano
con la qualifica del nostro lavoratore e quindi solo alcuni lavoratori sono occupati mentre il resto sono
disoccupati. (ipotizziamo anche che il salario sia rigido o già molto basso cosicché non possa scendere
ulteriormente malgrado la presenza di disoccupazione)

Secondo le assunzioni della teoria, un sussidio pagato dal governo potrebbe rappresentare un perfetto sostituto
dell’occupazione dal punto di vista dei lavoratori.
Esso forse potrebbe essere finanziato tassando il reddito dei pochi occupati e dei proprietari dei robot che, grazie
all’alta produttività dei robot, hanno redditi molto elevati.
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Tuttavia, davvero, il lavoro rappresenta un’attività di per sé «sgradevole» e meramente
finalizzata al consumo come assume la teoria?

In realtà nell’esperienza di molti il lavoro è anche fonte di autonomia, libertà personale, dignità,
relazioni sociali, soddisfazione. Quindi un sussidio non potrebbe compensare in modo
soddisfacente la mancanza di lavoro: la soddisfazione e la libertà che si ottengono col lavoro
sono cosa diversa dalla soddisfazione e dalla libertà che derivano da un sussidio da spendere al
supermercato.

Da questo punto di vista il lavoro non è sostituibile con un sussidio e l’occupazione deve essere
considerata un obiettivo in sé, non riducibile alla sola garanzia del consumo, e da perseguire
con politiche adeguate, se si vuole perseguire l’obiettivo di favorire la felicità delle persone.

B.S. Frey e A. Stutzer (What Can Economists Learn from Happiness Research?, Journal of
Economic Literature, 2002) riportano evidenze empiriche da cui risulta che la mancanza di
lavoro implica importanti costi non pecuniari per la felicità soggettiva, non compensati neanche
da un sussidio che consenta a chi lo riceve di passare dal quartile di reddito più basso a quello
più alto (per considerazioni analoghe, più di recente, vedi De Neve J.A. e G. Ward, Does Work
Make You Happy? Evidence from the World Happiness Report, Harvard Business Review, 2017).
Anche Brynjolfsson e McAfee nel loro studio sulla rivoluzione tecnologica (2017) esprimono la
stessa visione e ritengono che un reddito minimo garantito non sia un sostituto perfetto
dell’occupazione.
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La domanda di lavoro
quando il mercato del prodotto è competitivo
Ipotesi:
• Breve periodo: il capitale K è fisso; c’è solo un tipo di lavoro
• Concorrenza perfetta nel mercato del lavoro: l’impresa è wage-taker (il salario w è dato)
• Concorrenza perfetta nel mercato del prodotto: l’impresa è price-taker (il prezzo del prodotto 𝑝̅ è dato)

In queste condizioni l’impresa, per massimizzare i profitti, deve scegliere la quantità L:

profitti dell’impresa , dove Y(L) è il valore del prodotto totale

Dalla massimizzazione dei profitti (∂/∂L=0): dove 𝒚 𝑳 è il prodotto marginale.


Le imprese massimizzano i loro profitti quando il valore del prodotto marginale 𝑝̅𝑦 𝐿 è uguale al costo
marginale w.
Per l’assunto che la produttività marginale del lavoro è decrescente, la curva di domanda di lavoro risulta
inclinata verso il basso.
w

Ld domanda di lavoro
dell’impresa competitiva

Ld
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La domanda di lavoro aggregata

Dato il salario di mercato w, in equilibrio tutte le imprese hanno lo stesso prodotto


marginale. Per ricavare la domanda di lavoro aggregata (o di mercato), si può risolvere
l’uguaglianza py(L)=w rispetto a L ottenendo la funzione di domanda Ld(w) che esprime
il numero di posti di lavoratori impiegati nell’economia.

 DOMANDA DI LAVORO AGGREGATA = Somma dei posti di lavoro in tutte le


imprese

Ld

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La domanda di lavoro
quando il mercato del prodotto è monopolistico
Invece se l’impresa opera in un mercato del prodotto non competitivo (monopolistico) il prezzo dell’output
dipende dalla quantità prodotta dall’impresa, e quindi:

  pY LY L  wL profitti dell’impresa.

p
E dalla massimizzazione dei profitti (∂/∂L=0): w  py ( L )  y ( L )Y L 
Y
Dove il secondo termine a destra ha il segno negativo poiché ∂p/∂Y<0. Dal confronto con la condizione di
massimo profitto trovata sopra risulta che la domanda di lavoro del monopolista è al di sotto di quella di
un’impresa competitiva. Maggiore è il grado di monopolio, più ripida e bassa è la curva della domanda di
lavoro.

Spiegazione: ogni unità di lavoro in più aumenta la produzione del monopolista, ma questa offerta aggiuntiva
dell’output fa scendere il prezzo di vendita. Quindi, per ogni dato livello di L, è minore il prodotto marginale
netto.
w

Ld impresa competitiva

Ld impresa monopolistica
Ld
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L’equilibrio: w*, L*

L’equilibrio di mercato è in corrispondenza dell’uguaglianza Ls=Ld.


A causa della concorrenza tra un ampio numero di datori di lavoro e di lavoratori, il salario si fissa
al livello di equilibrio w*, al quale domanda e offerta sono uguali.

L*=G(w*) è il tasso di occupazione; 1-G(w*) è il tasso di non occupazione (inattività)

Domanda di lavoro
rappresenta il valore di ciascun posto di
lavoro, cioè l’aumento dell’output totale
dell’impresa (e dell’economia) per ogni
w lavoratore occupato
Ls
Offerta di lavoro
Rappresenta il salario
di riserva, che è uguale
E
w*
al costo, in termini di
impegno (effort)
Ld
sopportato dal
lavoratore per
produrre l’output
L
L* micro
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Efficienza dell’equilibrio di concorrenza
I lavoratori con wr<w* partecipano e realizzano un surplus:
 ∑ dei surplus dei lavoratori corrisponde all’area verde al di sotto di w* e sopra la curva di
offerta

Le imprese con y>w* realizzano profitti (surplus)


 ∑ dei profitti corrisponde all’area rossa sopra w* e sotto la curva di domanda.

Tutti i surplus possibili sono realizzati (efficienza)! Il surplus totale rappresenta la ‘torta’ prodotta
da questa economia e suddivisa tra i lavoratori e le imprese.

Non c’è disoccupazione (involontaria): tutti i lavoratori disponibili a essere impiegati al salario w*
sono occupati. w
Ls

E
w*

Ld

L
L* micro
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Altre proprietà dell’equilibrio competitivo

Quando il mercato è nell’equilibrio determinato da concorrenza perfetta

 Non c’è disoccupazione involontaria

 Tutte le imprese pagano esattamente lo stesso salario di equilibrio w*,


poiché se una di essa offrisse un salario appena al di sotto di questo
perderebbe istantaneamente tutti i suoi lavoratori e nessuno altro
accetterebbe la sua offerta salariale  questa è la conseguenza della
informazione perfetta e della perfetta mobilità!

 Se il governo o il sindacato forzasse l’impresa a pagare un salario più alto,


ci sarebbe meno occupazione e disoccupazione involontaria

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Definizioni

Per le analisi e le politiche sono necessari adeguati indicatori statistici per misurare
la performance del mercato del lavoro. Per definire tali indicatori sono stati definite
tre condizioni principali nelle quali può trovarsi una persona in età lavorativa:

 Occupato: chiunque abbia lavorato in cambio di un reddito almeno un’ora nel


periodo di riferimento (una settimana) o ha un legame formale con un posto di
lavoro ma è temporaneamente assente (per malattia, ferie…)

 Disoccupato: chiunque non stia lavorando, abbia cercato un lavoro attivamente


(inviando domande, mediante colloqui, contatti con i servizi per l’impiego…)
nelle quattro settimane precedenti l’indagine, e sia immediatamente disponibile
a lavorare (in grado di iniziare un lavoro entro due settimane)

 Inattivo: chiunque sia né occupato né disoccupato, es. uno studente


universitario full-time, un pensionato, una casalinga (che lavora a casa sua ma
non nel mercato)

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 Tasso di occupazione = occupati / popolazione (in età lavorativa)
rapporto tra il numero di persone occupate e la popolazione in età da lavoro

 Tasso di disoccupazione = disoccupati / forza lavoro


rapporto tra il numero di persone disoccupate e la forza lavoro

 Forza lavoro (offerta di lavoro) = occupati + disoccupati

 Tasso di partecipazione o attività = forza lavoro / popolazione (in età lavorativa)


rapporto tra la forza lavoro e la popolazione in età da lavoro

 Lavoratori scoraggiati: persone considerate inattive perché hanno smesso di cercare un lavoro
poiché ritengono che non ci siano posti di lavoro disponibile nel mercato

Forza lavoro disoccupazione

occupazione inattività

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Un esempio. L’equilibrio nel mercato del lavoro
Supponiamo che l’offerta di lavoro sia ws=20+0.5Ls e la domanda di lavoro wd=260-0.3Ld.

A) Se il mercato del lavoro è perfettamente competitivo quali sono il tasso di occupazione e il


salario di equilibrio? A quanto ammonta il surplus totale?

In equilibrio ws= wd cioè 20+0.5Ls=260-0.3Ld che implica L*=240/0.8=300.


Quindi il salario è wd=w*=260-0.3*300=170.
Il surplus total S è dato da S=1/2(260-20)300=36000.

B) Supponiamo che il governo imponga un salario minimo mw=200, come cambia l’equilibrio?
Ricava il tasso di disoccupazione e la misura della perdita di surplus.

Poiché il salario aumenta, l’occupazione cala lungo la curva di domanda: 200=260-0.3Ld perciò
Ld=200; mentre la quantità di lavoro offerta aumenta: 200=20+0.5Ls così che Ls=360.
La disoccupazione è Ls-Ld=160, mentre la forza lavoro è uguale all’offerta totale. E il tasso di
disoccupazione è u=160/360 = 4/9 (pari al 44.4%).
La perdita di surplus è data da SL=1/2[mw-ws(Ls=200)](300-200); sostituendo SL=1/2(200-
120)(300-200)=4000, dove ws(Ls=200)=20+0.5*200=120; questa perdita corrisponde a 1/9 del
surplus totale.

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L’area del triangolo αβγ
corrisponde alla perdita di surplus

260 U=160 Ls
α
mw=200
w*=170
γ
120 Ld
β

20
200 L*=300 360
L

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L’occupazione in Italia

Dal 1995 al 2008 l’occupazione cresce di circa 2,4 mln di unità.


Negli anni della crisi viene perso 1 mln di posti di lavoro.

Totale occupati (dipendenti e indipendenti)


23.500

23.000

22.500

22.000

21.500

21.000

20.500

20.000
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
2014
2015
G. Croce - Analisi e politiche micro 24
Occupati totali
23.400
23.200
23.000
22.800
22.600
22.400
22.200
22.000
21.800
21.600
21.400
2007

2008

2009

2010

2011

2012

2013

2014

2015

2016

2017

2018
Occupati totali

Nel 2013 l’occupazione tocca il minimo di 22,1 mln. Ad aprile 2018 l’occupazione totale
raggiunge 23,2 mln tornando per la prima volta ai livelli massimi di inizio crisi di aprile 2008.

G. Croce - Analisi e politiche micro 25


Occupati per fasce di età (migliaia)
12.000

10.000

8.000

6.000

4.000

2.000

0
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
2014
2015
2016
15-24 anni 25-34 anni 35-49 anni 50-64 anni

Fonte: ISTAT G. Croce - Lezione ABI 2018 26


Tassi di occupazione e di disoccupazione (15-24 anni)
45,0 43,1

40,0

35,0
31,3
30,0

25,0

20,0
19,1
15,0
15,3

10,0

Tasso di occupazione 15-24 anni Tasso di disoccupazione 15-24 anni

Istat, Serie storiche IV trim. 2015


G. Croce - Cagliari 2018
Occupati per genere (migliaia)
16.000

14.000

12.000

10.000

8.000

6.000

4.000
1959
1962
1965
1968
1971
1974
1977
1980
1983
1986
1989
1992
1995
1998
2001
2004
2007
2010
2013
Occupati Maschi Occupati Femmine

Fonte: ISTAT G. Croce - Analisi e politiche micro 28


Tassi di occupazione per genere (%)
75,0

70,0

65,0

60,0

55,0

50,0

45,0

40,0
2007

2008

2009

2010

2011

2012

2013

2014

2015

2016

2017

2018
Maschi e Femmine Maschi Femmine

G. Croce - Analisi e politiche micro 29


ISTAT – dati aggiornati a luglio 2020
ISTAT – dati aggiornati a luglio 2020
ISTAT – dati aggiornati a luglio 2020
Variazioni tendenziali

giugno 20 – giugno 19 luglio 20 – luglio 19

OCCUPATI -745 -556


DISOCCUPATI -184 -44
INATTIVI (15-64) +773 +475

ISTAT, Occupati e disoccupati, 1.9.2020


Istituzioni e politiche di mercato del lavoro

 Le istituzioni e politiche di mercato del lavoro possono essere definite


come

regole e ‘meccanismi’ che interferiscono con lo scambio di servizi di


lavoro in cambio di salario, introducendo un ‘cuneo’ tra il salario di riserva
dei lavoratori e il valore del posto di lavoro per i datori di lavoro, cioè tra
domanda e offerta di lavoro

Si possono distinguere due tipi di istituzioni e politiche:

• Quelle che agiscono sui prezzi

• Quelle che agiscono sulle quantità

G. Croce - Analisi e politiche micro 34


Istituzioni che agiscono sui prezzi (salario)
Un salario minimo (fissato per legge o attraverso accordi collettivi) stabilisce un limite
inferiore w al salario. Questo comporta che le imprese assumono soltanto L lavoratori,
in corrispondenza dei quali il salario di riserva del lavoratore marginale è minore del
salario minimo.

Il cuneo è dato dalla differenza tra il salario minimo e il salario di riserva. La differenza
tra l’offerta di lavoratori disposti a lavorare al salario w e la quantità di lavoro
domandata (L) a quel salario corrisponde a disoccupazione involontaria: persone senza
lavoro ma disposte a lavorare a w.

Altri esempi: sindacati; tasse


w sul lavoro
disoccupazione

Ls
w
cuneo

w*
Ld
L
G. Croce - Analisi L* micro
L e politiche 35
Istituzioni che agiscono sulle quantità
Altre istituzioni agiscono sulla quantità di lavoro offerta o domandata:

Politiche come quelle che limitano l’immigrazione, regolano gli orari di lavoro o
aumentano l’età dell’obbligo scolastico riducono l’offerta di lavoro  spostamento
verso sinistra della curva di offerta di lavoro: alcuni individui non possono più offrire
lavoro sebbene il loro salario di riserva sia più basso del salario pagato nel mercato.
Anche in questo caso si introduce un cuneo tra il salario di riserva e il valore del posto di
lavoro, e l’occupazione è minore (ma non si crea disoccupazione).

w L1s
L0 s
w
cuneo

Ld

L
G. Croce - Analisi L* micro
L e politiche 36
Perché esistono le istituzioni di mercato del lavoro?

In un mercato del lavoro competitivo un’istituzione che introduce un cuneo


tra domanda e offerta riduce le dimensioni della ‘torta’ economica!

Quindi, si potrebbe concludere, rimuovendo questa istituzione ognuno


starebbe meglio (potrebbe ottenere un surplus maggiore). Ma allora, perché
esistono tali istituzioni in paesi democratici dove i governo sono eletti dai
cittadini?

Tre spiegazioni principali delle istituzioni di mercato del lavoro:

 Efficienza

 Equità

 Fallimenti della politica

G. Croce - Analisi e politiche micro 37


 Efficienza
i mercati del lavoro perfettamente competitivi non esistono nel mondo
reale ma solo nei libri di testo a causa delle asimmetrie informative,
esternalità, costi di mobilità e altre imperfezioni: in questo caso le politiche
e le istituzioni servono a ristabilire l’efficienza e aumentare la torta
economica piuttosto che ridurla

 Equità
alcune istituzioni modificano l’allocazione del surplus tra datori di lavoro e
lavoratori: qualora anche riducano la dimensione della torta, esse possono
migliorare la distribuzione migliorando il benessere di una parte

 Fallimenti della politica


a volte i benefici di una politica o istituzione favoriscono un piccolo
segmento della popolazione mentre i suoi costi si distribuiscono a carico di
gran parte della popolazione : è possibile che una minoranza sia in grado (
ad es. per influenza di mercato o politica) di imporre questa politica al resto
dei cittadini
G. Croce - Analisi e politiche micro 38
Appendice. La domanda di lavoro

Nell’ipotesi di un’impresa in concorrenza perfetta nel mercato del suo prodotto, e nel breve periodo, la
domanda di lavoro si ricava nel seguente modo.

Considerando la funzione di produzione 𝑌 𝐿 , il problema dell’impresa può essere scritto


max 𝜋 = 𝑝̅𝑌 𝐿 − 𝑤𝐿, pertanto

= 𝑝̅ − 𝑤 = 0 è la condizione di primo ordine (qui corrisponde al prodotto marginale 𝑦 𝐿 ) e

= 𝑝̅ < 0 è la condizione di secondo ordine (negativa perché si assume che la produttività


marginale sia decrescente).

Per ricavare la relazione tra L e w si considera, data la condizione di primo ordine, la funzione implicita
g = 𝑝̅ − 𝑤 e, per il teorema della funzione implicita, si ottiene

=− =− .
̅

Poiché, per la condizione di secondo ordine il denominatore è negativo, possiamo concludere che
< 0, che ci dice che la domanda di lavoro è una relazione inversa tra l’occupazione scelta dall’impresa
e il salario che essa deve pagare.
G. Croce - Analisi e politiche micro 39

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