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Un approccio multilivello ai
conflitti di localizzazione.
Abstract: questa ricerca inquadra le principali caratteristiche degli conflitti di localizzazione delle opere
ad alto impatto sul territorio, analizza una serie di storie di successo di enti che hanno saputo evitare o
disinnescare le critiche ai propri progetti e propone uno schema interpretativo per disegnare una strategia
efficace di selezione e coinvolgimento degli stakeholder nel sostegno a impianti e infrastrutture.
1. Inquadramento della questione dei conflitti di localizzazione.
2. Storie di successo
La gestione e la localizzazione degli impianti per il trattamento dei rifiuti urbani sono tra gli
interventi che più spesso suscitano l'opposizione della popolazione. Questi piani sono particolarmente
avversati quando vanno a ridefinire il confine tra aree industriali e abitative e i cittadini sono spesso
influenzati da precedenti storici negativi. Questa sfiducia genera il sospetto nell'investitore e negli
specialisti, non considerati neutrali (Wesolowska, 2016). Sorprendentemente, nel 2017 la città di
Copenhagen è riuscita ad edificare un nuovo avveniristico impianto di termovalorizzazione a poca
distanza dal centro cittadino, superando tutte queste opposizioni. Con una ben studiata operazione di
coinvolgimento e comunicazione Top-Down, è stato possibile concepire e raccontare la strutturato come
una soluzione integrata al problema dei rifiuti, un impianto a bassissime emissioni, capace di generare
energia e calore, integrato nella strategia di sostenibilità della città e al contempo luogo di aggregazione,
dove praticare sport. Le promesse sono state mantenute e l’impianto è riconosciuto e certificato come uno
dei migliori in Europa in quanto a efficienza, capacità di trattare i rifiuti e attenzione all'ambiente, ma
anche in termini di bellezza architettonica e accoglienza positiva (Borraccetti, 2020).
Il problema è che l’operazione di immagine e gli impegni di sostenibilità hanno contribuito,
insieme a valutazioni iniziali troppo ottimiste, a minare la validità economica del progetto. Il consumo di
terreno, anche per realizzare le aree aperte al pubblico, è stato esagerato. La struttura, per funzionare a
pieno regime, deve utilizzare rifiuti importati, misura originariamente vietata. L’integrazione
dell’impianto nella rete elettrica è stata imperfetta e l’impianto lavora spesso a regime ridotto. Nel
complesso, l’operazione ha causato perdite alla società di gestione, controllata dai municipi di
Copenhagen, e ridotto la sua capacità di investire in pompe di calore, eolico e solare. (Madsen, 2019).
Il caso danese dimostra che l’attenzione al consenso può anche risultare eccessiva, nel senso di
cercare di risolvere con un unico intervento troppi problemi e accontentare troppi soggetti. Il caso TAP
illustra invece come la scelta più selettiva dei soggetti e degli interventi possa favorire l’attuazione
un’opera controversa. Il progetto della TAP è stato oggetto di opposizione locali fin dal 2011. Le
principali critiche erano: la scelta del punto d'approdo nei pressi della spiaggia di San Foca e la
costruzione di una centrale di depressurizzazione negli oliveti di Melendugno, i cui olivi sarebbero stati
provvisoriamente espiantati, esponendoli alla contaminazione da Xylella (Giliberto, 2018).
Dal canto suo, la società TAP aveva inserito nella sua visione e strategia una serie di elementi che
avrebbero favorito l’accettazione sociale del progetto: l'attenzione alla sicurezza, la creazione di posti di
lavoro lungo l’intero percorso del gasdotto, il rispetto delle popolazioni locali, dell’ambiente e del
retaggio culturale. I lavori della TAP sono stati realizzati con una particolare attenzione per i tempi e le
modalità, di modo da ridurre al minimo la visibilità e l’impatto degli scavi. TAP è stato poi coerente nel
mantenere trasparente l’operazione e ha dato rilievo comunicativo alle operazioni di espianto,
conservazione e reimpianto degli ulivi, disinnescando con i fatti la narrativa avversaria.
La Società ha quindi curato il dialogo con il territorio per definire progetti di Investimento Sociale
e Ambientale coerenti con le priorità locali. Il consorzio si è concentrato sui coltivatori e ha investito nel
reimpianto di 1800 ulivi, rinforzando la biodiversità con varietà resistenti alla Xylella, e nella
ricostruzione di 120 muretti a secco (Apollonio, 2019). Altri interventi hanno riguardato il sostegno
all’economia, come corsi di inglese, ristorazione e informatica e borse di studio in Hospitality
Management, oltre a un programma per ripulire 30 chilometri di costa. TAP ha dunque scelto di curare il
rapporto con una platea ampia ma non indiscriminata, investendo in attività di riparazione coerenti con lo
sviluppo socio-economico pugliese, centrato su turismo, agricoltura e pesca sostenibile.
L’esempio della TAP ci dimostra che una maggior razionalità nell’utilizzo delle risorse e un
maggior rispetto del territorio possono rendere i progetti ad alto impatto più accettabili. Alcune delle
buone pratiche che emergono da questi sforzi sono: una maggiore sobrietà nella progettazione, un minor
utilizzo di acciaio e cemento, soluzioni smart e digitali e processo di de-infrastrutturazione. Un esempio
interessante è l’approccio adottato da Terna per la realizzazione delle sue reti di trasmissione elettrica. Dal
2002 l’azienda ha adottato una logica concertativa, di tipo Bottom-Up, mantenendo il dialogo con gli enti
locali per localizzare le infrastrutture. Inoltre, ha lanciato nuovi modelli di tralicci che riducono l’area
occupata e rimosso 850 km di vecchie linee, liberando 1000 ettari di terreno (Clerici, 2013).
I pianificatori devono comunque tenere conto del fatto che esistono interventi che per quanto
minimizzati avranno comunque un forte impatto sull'opinione pubblica. Un esempio è il nucleare, in
particolare il posizionamento di siti di stoccaggio. L’Italia dovrà presto affrontare il nodo del
posizionamento Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi e potrebbe ispirarsi al modello francese, basato
su dialogo e compensazioni. In Francia, la realizzazione di grandi infrastrutture è sottoposta a “dibattito
pubblico”. Si tratta di una procedura istituzionalizzata che consente a una pluralità di soggetti di
esprimere critiche e suggerimenti su realizzazione, costruzione e impatto dell’opera.
La procedura consente un confronto diretto tra gli stakeholders interessati e il soggetto
proponente ed è presieduta con ampi poteri dalla Commission du débat public, autorità amministrativa
indipendente (Occhilupo, 2011). Questo metodo complesso ha permesso in passato di predisporre senza
troppa difficoltà lo smaltimento di rifiuti radioattivi in due depositi, La Manche e il Centre dell’Aube. In
entrambi i casi, l’Agence nationale pour la gestion des déchets radioactifs ha gestito con abilità il rapporto
con gli enti locali, presso cui solo negli ultimi anni sono sorte alcune opposizioni (Lamétrie, 2019).
Bisogna però sottolineare che il sistema non funzionerebbe se venissero ridotti le cifre che vanno
a compensare i Comuni interessati. Solo per l’impianto dell’Aube, nel 2019 Andra ha versato più di 9
milioni di euro di imposte locali, sponsorizzato 70 progetti e garantito 5,1 milioni di euro in appalti a
imprese locali oltre a generare 200 posti di lavoro diretti e più di 350 indiretto.
Si possono anche individuare casi di interventi privati che effettuati in situazioni complesse e con
pochi mezzi sono riusciti ad evitare la contestazione e a coinvolgere il territorio nel rilancio. Questo è il
caso di Tirreno Power, che con la riconversione del sito di Vado Ligure ha trainato la ripresa del savonese.
Fino al 2014, Tirreno Power era un’azienda in grave crisi e il suo vetusto impianto a carbone a Vado
Ligure poteva essere destinato alla dismissione in un’ottica di decrescita. Invece l’azienda ha avviato una
complessa ristrutturazione e la collaborazione con aziende, enti e amministrazioni, in particolare
ricucendo il rapporto con l’amministrazione cittadina.
Nel 2016, la Società ha quindi lanciato a Vado Ligure una centrale alimentata a gas naturale da
800 MW. Intanto, dopo una gara internazionale che aveva visto partecipare più di 50 proposte, Tirreno
Power ha ceduto a Vernazza Autogru un’area di 300.000 metri quadri, per operazioni di logistica che
hanno generato oltre 300 assunzioni. Altri 8.000 metri quadri sono stati messi a disposizione
dell’Università di Genova per funzioni di didattica e ricerca (Tirreno Power, 2018). Fondamentale per il
successo dell'operazione è stata la definizione di uno Stakeholder Management Plan che mappasse il
valore della relazione con i vari soggetti e promuovesse l’allineamento delle aspettative e delle esigenze
delle parti interessate con quelle dell’azienda (Luiss Business School, 2019).
3. Analisi e selezione degli stakeholder e possibili soluzioni.
GLi enti Promotori di un Progetto devono incorporare in fase ideativa gli elementi che limiteranno la
risposta negativa e procedere in un’azione di coinvolgimento che mantenga il livello di opposizione sotto
la soglia critica. L’obiettivo è costruire un Rapporto di Prossimità Organizzativa con gli Stakeholder,
cioè una comunanza di intenti e visione, che li avvicini alla necessità di realizzare l’opera. Gli elementi da
tenere in considerazione sono quindi:
Acemoglu, Daron, & Robinson, James. (2013). Perché le nazioni falliscono. Le origini di potenza,
prosperità e povertà, Il Saggiatore. Milano.
Clerici, Stefano. (2013). Sindrome Nimby e tutela ambientale. Il caso dei nuovi tralicci di Terna.
https://bit.ly/3cMxOxb
Giliberto, Jacopo. (2018). Cos’è davvero il Tap: viaggio nella Puglia divisa sul metanodotto
Italia-Azerbaijan. https://bit.ly/2PUMamb
Knoben, J., & Oerlemans, (2006). Proximity and inter-organizational collaboration: A literature review.
International Journal of Management Reviews, 8(2), https://bit.ly/2R04YAY
Lamérie, Nina Guérineau, & Gautheron, Pierre. (2019). Dans l'Aube, l’argent du nucléaire achète les
consciences et fait taire les opposants. https://bit.ly/3wszO5s
Luiss Business School. (2019). Dalla crisi alla trasformazione sostenibile: il paradigma di Tirreno
Power. https://bit.ly/3sVtjG8
Madsen, Johan. (2019). A Danish fiasco: the Copenhagen incineration plant. https://bit.ly/3cOi7FK
Occhilupo, Roberta, & Palumbo, Giuliana, & Sestito, Paolo. (2011). Le scelte di localizzazione delle
opere pubbliche: il fenomeno Nimby. https://bit.ly/3miE8zN
Osservatorio Nimby. (2018), L'Era del Dissenso. Osservatorio Nimby Forum®. 13a edizione.
https://bit.ly/3dDwFHs
Spina, Ferdinando. (2009). Sociologia dei Nimby. I conflitti di localizzazione tra movimenti e istituzioni.
https://bit.ly/31LSmiW
Wesolowska, Judyta. (2016). Urban Infrastructure Facilities as an Essential Public Investment for
Sustainable Cities, https://bit.ly/3cRtQ6kù