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Che cos’è quest’oggetto? Se volessimo dare una risposta dal punto di vista
culturalista diremmo “La Gioconda di Leonardo da Vinci”, invece da un punto
di vista minimo avremmo detto “un dipinto. L’immagine è una riproduzione
fotografica, non è l’opera, ma una sua riproduzione fedele all’originale, ma che
al tempo stesso altera le caratteristiche del supporto originale, ne distorce gli
elementi. L’opera era percepita come espressione di sguardo ipnotizzatore e
sorriso enigmatico (eterno femminèo). Ma come mai questa immagine ci
risulta tanto familiare? La risposta va cercata nel furto del quadro di Leonardo
dal Louvre di Parigi, nell’agosto 1911. Nel periodo della gestazione della Prima
Guerra Mondiale, tale furto provocò una vera e propria isteria nazionalista,
così le riviste che si occuparono della sparizione dell’opera la riprodussero
massicciamente, talmente tanto da renderla famosa e a far si che molte
cantanti furono fotografate nella stessa posa della Mona Lisa. Fu associata in
seguito alle cartoline postali come novità assoluta. A questo punto l’opera
perde il suo alone di rispettabilità: viene rappresentata con la gonna corta o in
tono meramente satirico. Nel 1914 l’opera fu finalmente recuperata, tolta dal
possesso di un meccanico italiano che voleva “restituirla al patrimonio
italiano”. In un paio di cartoline viene rappresentato Leonardo che porta il
quadro-donna, uno con lo sfondo di Parigi, l’altra con quello di Milano. Inizierà
a questo punto la circolazione massiccia dell’immagine, che inizia a farsi
globale. L’opera d’arte si introduceva dunque nella catena della
comunicazione di massa. Kasimir Malevic nel 1914 realizza un pezzo in cui
incolla un ritaglio di giornale raffigurante la Mona Lisa doppiamente barrata, e
su scrive “eclisse parziale”. L’autore alludeva per certo al tramonto della
tradizione. Marcel Duchamp realizzò, nel 1919, un intervento sulla Mona Lisa
(baffi e scritta L.H.O.O.Q). Il lavoro era improntato sull’humor e l’ironia. Si
potrebbe definire arte? Non è un’opera d’arte nel senso abituale del termine,
poiché manca il dato della realizzazione e della produzione in senso fisico. Si
parla dunque di ready-made (lavoro già svolto). Secondo Andrè Breton, i
ready-made sono manufatti promossi a dignità di oggetti d’arte grazie alla
scelta dell’artista. Tuttavia l’intenzione di Duchamp andava per il senso
opposto, non credendo alla “funzione creatrice” dell’artista. Per Duchamp la
sua opera era solo un assemblaggio di materiali già dati (la scritta L.H.O.O.Q.
caricava l’immagine di un forte erotismo). Grazie alla psicanalisi di Freud
trasforma un’immagine femminile in androgina, che alludeva all’omosessualità
di Leonardo. Nel 1910 Freud studiò un ricordo d’infanzia di Leonardo da Vinci,
cercando di interpretare mediante il sistema psicoanalitico le sue opere, al fine
di confermare definitivamente l’omosessualità dell’autore. Ecco dunque che
facciamo una distinzione tra opera d’arte e ready-made: L’opera d’arte implica
un fare, viene annullata nella sua funzione utilitaristica; I ready-made sono
invece appropriazione di un’idea . Grazie ad Andy Warhol l’immagine si
sdoppia, si frammenta, si distorce. L’arte sperimenta un’osmosi totale con il
design, la pubblicità ed i mezzi di comunicazione. L’arte è sempre stata alla
portata dei più potenti, tuttavia la riproduzione ci mette a disposizione di tutti
l’immagine delle opere. L’arte va via via trasformandosi ed entra a far parte
della catena generalizzata di consumo, deve farsi notare, attirare attenzione.
Ad esempio Von Hagens, grande anatomista tedesco, propose un’esposizione
di corpi umani in Germania. Tali corpi erano stati sottoposti alla
“plastificazione”, nuovo metodo di trattamento mediante composti biologici.
Potrebbe definirsi arte? No, ma questa veniva estrapolata dal segreto
professionale per divenire fruibile a tutti. Inoltre il dottore sfrutta l’immagine di
un’artista per aumentare l’effetto mediatico. Dunque non solo
rappresentazione (studio anatomico del corpo) ma corpi vivi.
Nel 1997, tra settembre e dicembre, avvenne a Londra una mostra di artisti
britannici , sotto il nome di sensations. Tra gli artisti che vi parteciparono vi fu
Hirst, che presentò delle installazioni di corpi animali disseccati e trattati
chimicamente, infine sospesi nel formolo. E’ arte? Ciò che è stato inteso per
arte durante tutta la storia della nostra cultura è variabile. Ogni epoca, ogni
situazione specifica di una cultura, ha inteso come arte ambiti molto diversi tra
loro. L’opinione comune continua a considerare arte i generi e le discipline
classiche, ovvero pittura, scultura, architettura. Tuttavia la proliferazione di
procedimenti di produzione di immagini tipica del nostro secolo (fotografia,
disegno, pubblicità), ha trasformato profondamente questa situazione.
L’artista Piero Manzoni, artista concettuale, promuoverà la valorizzazione delle
opere d’arte in funzione del prezzo commerciale dato dalla firma dell’artista.
Come mai, tornando al discorso di prima, l’uomo si sente attratto dal corpo
animale, vivo o morto che sia? La risposta ce la da il grande filosofo
Nietzsche, quando parla dell’animale racchiuso in ognuno di noi. Praticamente
in tutte le culture le figure animali rappresentano simbolicamente emozioni,
sentimenti umani. Troviamo dunque la volontà di eliminare la differenza tra
realtà e rappresentazione. L’arte moderna nasce dalla “formazione” di un
“nuovo spettatore”, è caratterizzata dal fatto di non possedere un codice
unico, omogeneo. Questa presuppone una pluralità nella rappresentazione.
L’arte andrà via via acquisendo uno status di piena libertà espressiva. Il
grande filosofo Dino Formaggio affermerà che l’arte è tutto ciò che gli uomini
chiamano arte, aprendo la categoria “arte”.
Capitolo 2. “L’invenzione dell’arte”
Ciò che noi chiamiamo “arte” fa la sua comparsa nell’antica Grecia, laddove il
nostro universo culturale ci conduce. Negli ultimi due secoli l’arte è stata
definita come manifestazioni estetiche di culture umane notevolmente diverse
tra loro. Tuttavia qui sorge un equivoco, l’idea d’arte come qualcosa di
universale, di eterno. Ciò che è universale è la dimensione estetica. L’arte è
una convenzione culturale che dipende dai cambiamenti degli ambienti
culturali in cui è iscritta. La parola “arte” deriva dal latino ars e dal greco
tèchne, che implica un’abilità empirica, tanto mentale quanto manuale,
tecniche o attività professionali o scientifiche. Nell’Ellade del VI secolo si
designava come tèchne l’acquisizione pratica di conoscenze. Secondo
Aristotele, la tèchne rappresentava la fusione di pensiero e produzione
(mentre gli animali vivono con immagini sensibili e con ricordi, il genere
umano dispone della tèchne e del ragionamento. Nel V secolo, culmine della
classicità, veniva distinto un gruppo speciale, tèchne mimetikè (da mimesis :
imitazione, rappresentazione. Dunque specializzati nella produzione di
immagini)
incentrato sulla figura del “re divino” e sulla corte. Gli eroi erano sempre
figure aristocratiche (da “aristoi”, “i migliori”) Nel mondo greco antico, aretè
designava costruire relazioni collettive di uguaglianza, rispettando le
differenze. Nell’ambito della polis,l’aretè era vista come virtù pubblica. Per
quanto riguarda invece l’aretè del guerriero , corrisponde all’esistenza come
lotta continua, in cui il termine agòn è l’espressione suprema di un sistema di
valori in cui l’onore era la massima virtù. La perdita di tale onore comporta la
vergogna, sciagura più intollerabile per un uomo. Dunque ecco che troviamo
aretè ed agòn complementari, che danno vita alla paideìa, ovvero la
“formazione dell’individuo”, cammino sia fisico che morale per ricercare la
perfezione.
A quei tempi la parola non ha raggiunto ancora una propria autonomia, una
sua specificità, e viene considerata come una potenza religiosa che agisce in
virtù di un’efficacia sua propria. La parola poetica è solidale con due figure
mitiche: la musa e la memoria, nel cui intreccio di corrispondenze trova spazio
l’Alètheia, ovvero la verità. L’aedo, antico poeta, è come l’indovino e il
sacerdote, un personaggio divino al quale la musa ha dato il dono della parola
poetica. Egli è portavoce di “ciò che sarà e ciò che fu”,venendosi a creare un
parallelismo tra poeta ed indovino (cecità fisica in cambio della veggenza.
“poeta veggente”).
Nel VIII-VII secolo a.C inizierà un processo sociale e politico che presupporrà
un’autentica rivoluzione culturale: la nascita della polìs (città stato); lo
sviluppo dell’agricoltura; la crescita demografica; il progresso della
produzione artigianale; la magistratura, le leggi pubbliche fissate per iscritto.
Questo insieme di fenomeni viene a convergere in un periodo nel quale si
registra un processo di laicizzazione delle forme del pensiero. In questo
periodo la parola scritta viene diffusa a tutti grazie all’alfabeto mutato dai
Fenici nel corso del IX secolo, “non essendo più competenza di una classe di
scribi, ma l’elemento di una cultura comune”. Nel V secolo apparirà il termine
mìmesis, che nel significato principale rimanda alla rappresentazione
attraverso la danza. Il termine deriva principalmente da mimò, che designa sia
una recitazione, sia una rappresentazione drammatica. Secondo Platone e
Aristotele, l’universo delle mìmesis può limitatamente applicarsi all’universo
della poesia (nei suoi distinti generi, quali musica e danza) e delle arti visive.
Tale termine esprime l’idea di “rappresentazione”, cioè l’idea di produzione di
immagini. I Latini tradussero mìmesis con imitatio. Il termine “eidolon”, in
questo periodo, è collegato con la manifestazione e la rappresentazione
dell’invisibile, quindi associato anche all’idea di evocazione dei defunti. Il
dominio della parola, del linguaggio, aveva smesso di essere un dono degli dei
per convertirsi in una tèchne, abilità che si poteva imparare.
L’Alto Medioevo ereditò dalla tarda Antichità la classificazione delle sette arti
liberali che servì non solo come classificazione generale del sapere umano,
ma anche come curriculum per le scuole monastiche delle cattedrali fino
all’inizio del XII secolo. Le sette arti liberali, nel loro ordine progressivo erano:
la grammatica, la retorica, la dialettica, l’aritmetica, la geometria, l’astronomia
e la musica. Il teologo e filosofo Ugo di San Vittore (1096-1141) fu
probabilmente il primo a formulare uno schema delle sette arti meccaniche,
corrispondenti alle sette arti liberali. Tale schema influenzerà moltissimo autori
importanti del periodo successivo. Tali arti meccaniche erano: lanificium (che
forniva agli uomini alloggi ed attrezzi), armatura (che comprendeva
l’architettura), navigatio, agricoltura, venatio (queste ultime due offrivano
sostentamento), medicina e theatrica (o arte dell’intrattenimento, strettamente
medioevale).
Capitolo 4 – Componenti
Parte 2 –L’artista
Secondo “La leggenda dell’artista” di Erns Krès e Otto Kurz, alla figura
dell’artista vengono applicati una serie di stereotipi, ovvero verrà considerato
come un individuo speciale. Nel periodo ellenistico furono molti gli autori che
ricompiano tutta una serie di testimonianze e di documenti riguardo gli artisti
del periodo classico. Tra questi documenti emergono, per la loro rilevanza,
quelli scritti da Plinio il Vecchio (23-79 d.C.) nella sua Naturalis Historia.,
materiali principali per i trattati d’arte già nel Rinascimento. In epoca
rinascimentale l’artista acquisterà lo status di un dio. Mentre gli antichi
associavano Dio all’artista/artigiano, i moderni confrontano l’artista creativo
con Dio. Secondo Krès e Kurz sono due i tratti fondamentali dell’artista
nell’Antichità: eroe ( doti speciali che si manifestano sin dall’infanzia, che
permettono la scalata sociale dell’artista) e mago (forza di “incantamento” che
suscita il potere di produrre immagini). Questo potere suscita un conflitto con
gli dei. Marsilio Ficino descrive l’uomo come Dio in terra, creando un’analogia
tra Dio creatore e genio creatore umano. Accentua lo spiritualismo, si stabilirà
l’identità dell’ingegno umano con quella dell’artifex divino non solo nel caso
del pittore ma in ogni uomo che possieda la capacità creativa dell’artista:
“l’uomo deve essere definito come un’artista universale”. Inoltre colloca la
capacità creativa dell’uomo oltre le limitazioni del tempo e dello spazio.
Dunque l’artista sarà colui che farà miglior uso dell’intelligenza creativa, che è
qualcosa insita nei tratti costitutivi della personalità dell’artista. Per Ficino la
creazione consiste nell’illuminazione del principio razionale dell’anima. Tutto
dipende dal carattere di ciascun individuo che gli astri o i pianeti determinano
attraverso la loro influenza. L’influenza di Saturno (il più lontano dal Sole) nel
sistema astronomico dell’epoca, impedisce l’equilibrio e rende difficoltosa una
vita normale. Allo stesso tempo, Saturno è il pianeta dell’astrologia e del
sapere, dunque la sua influenza produce simultaneamente un effetto negativo
(lo squilibrio) ed uno positivo (la generazione di conoscenza). Lo squilibrio del
“temperamento saturnino”ha a che fare con il predominio nell’organismo di un
“umore” speciale, quello che all’epoca si chiamava “bile nera” o melanconia.
La melanconia rende possibile la creazione. Essa è la condizione necessaria
affinché il carattere superiore del genio emerga attraverso l’azione della
frenesia creativa, del furore divino. Il ripiegamento su se stessi che provoca la
melanconia, permette all’anima di liberarsi dal mondo
Come sintesi finale del percorso fatto, conviene mostrare fino a che punto sia
cambiato il sistema tradizionale delle componenti dell’arte, con la sua
suddivisione di funzioni. Invece dell’artista che “crea” l’opera che il “critico”
valuta e “ordina gerarchicamente”, orientando la formazione del gusto del
“pubblico acculturato” che la riceve mediante un approccio “contemplativo”,
le funzioni ed i ruoli si mischiano tra loro. Eppure tali componenti non sono
più le uniche. Le opere d’arte condividono con gli altri prodotti un’alta
potenzialità estetica che circola nei canali artistici: il design, la pubblicità, i
mezzi di comunicazione di massa. Il nostro piccolo schema iniziale si complica
ora a causa della moltiplicazione degli elementi e, soprattutto, a causa della
circolarità e del dinamismo di tutte le funzioni e componenti ch vi compaiono.
Le istituzioni che presentano e trasmettono al pubblico le opere e i prodotti
degli artisti, musei, grandi esposizioni, galerie, fiere, ecc…., e ogni sorta di
eventi di massa, fanno parte di
Picasso precorre e sovverte tutti gli stili, introducendo nel suo itinerario
creativo il principio della variazione. La pluralità della visione sarà l’asse
portante della nuova arte. Quest’ultima aveva perso la sua posizione
dominante nella configurazione della sensibilità occidentale. Si individuano tre
nuove vie dell’esperienza estetica tra loro concorrenti: 1) Disegno industriale:
importanza alle cosiddette “arti applicate” nell’ultimo trentennio del XIX secolo
(moda, arredamento, decorazione di interni); 2) Pubblicità: a fine secolo
compare a Parigi, facendo irruzione e dando un nuovo volto alle vie e ai locali
commerciali; 3) Mezzi di comunicazione di massa. Tutte e tre le “vie” portano
al tratto caratteristico del mondo occidentale contemporaneo: l’espansione
della tecnica. La perdita dell’autonomia dell’arte (secondo Water Benjamin) è
basata sulla perdita del suo fondamento culturale (spirituale, rituale, ecc…)
nell’epoca della riproducibilità tecnica. Con il design il prototipo si oppone
all’opera d’arte: la pubblicità provoca eccitazione contro la serenità, i
mass-media generano distorsione invece di stabilità.
Gli anni ’30 sono un momento di grande tensione tra la Prima Guerra Mondiale
e l’inizio, nel 1939, della seconda. Fu il periodo delle dittature, periodo
complesso ed eterogeneo. Oltre all’arte sperimentale e avanguardista, le
dittature dell’epoca eressero un’arte ufficiale al diretto servizio del potere, che
si lasciava utilizzare a fine di propaganda e contribuendo all’estetizzazione
della partecipazione politica delle masse, chiamato nella nostraprospettiva “il
grande esperimento” . Essa convertirà i supporti estetici nello strumento
principale dell’universalizzazione del consumo, la vita pubblica. Storicamente,
in questo periodo, troviamo la contrapposizione tra fascismo e comunismo e
l’arte viene subordinata totalmente alla politica. I cambiamenti delle arti in quel
periodo risultano essere decisivi per il concetto di arte che arriverà fino ad
oggi. Si avrà quindi un superamento dei generi artistici tradizionali:
architettura, cinema, sfilate, manifestazioni si uniscono alla letteratura, alla
pittura, alla scultura, secondo una vocazione di opera d’arte totale. L’idea
moderna di propaganda comportava un uso persuasivo dei mezzi di
comunicazione, al fine di suscitare un adesione emotiva. L’elemento
iconografico centrale è senza dubbio la figura del dittatore: Mussolini, Hitler,
Stalin (glorificati come “superuomini”)
Ha un futuro l’arte? Si, ma non nelle forme e manifestazioni che ormai non
esistono più. Sono segni positivi per il futuro dell’arte: lo sviluppo della
tecnica, la promessa di riconciliazione tra le arti e la tecnica. Il futuro dell’arte
è contenuto nell’orizzonte multimediale. La tecnica è il segno dominante nello
sviluppo della modernità. Essa possiede una doppia valenza: una componente
positiva (che rende possibile un benessere materiale) ed una componente
negativa (distruttiva, in vari ambiti: militare, industriale ed informativa). Arte e
tecnica condividono lo stesso spazio ontologico, quello del simulacro e
dell’apparenza. L’arte produce un mondo proprio, un mondo diverso da quello
dell’esperienza. La tecnica genera invece identificazione tra esperienza e
simulacro (riproduttività). Non vi sono specialisti, bensì viene approvata
socialmente la dimensione inventiva della tecnica. Per quanto riguarda il
consumo dell’arte, ci troviamo dinnanzi ad un consumo sia pubblico che
privato: la relazione individuale tra produttore e consumatore è svanita per far
posto ad una relazione astratta. Il nuovo consumo di oggetti estetici è sia
pubblico che privato. Il collezionista acquista un’opera “originale”ed i
numerosi comprano “riproduzioni”. E’ dunque requisito fondamentale la loro
produttività. I musei svolgono il ruolo di fissare i criteri di relazione tra le arti
ed i vari tipi di pubblico. Grazie ai dipartimenti educativi, i musei possono
conseguire la formazione, l’ampliamento di un pubblico proprio. Il museo
presenta il segno della permanenza, ovvero l’accumulazione di oggetti in una
dimensione pseudoreligiosa. Il cattivo gusto non deriva da un vuoto di valori,
bensì dall’uniformarsi del consumo estetico e dall’integrarsi dell’arte nella
sfera dello spettacolo di massa (accentuazione del narcisismo).