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hegheliano tra totalitarismo e comunitarismo
L’idealismo hegheliano tra totalitarismo e
comunitarismo
di GIUSEPPE ROTONDO
"Ciò che sciocca i tedeschi è la tendenza diffusa nella stampa estera ad
assimilare l'attuale caccia al terrorismo della Rote Armee Fraktion ad un
ritorno al nazismo,
laddove ai loro occhi tale caccia è precisamente destinata a lottare contro
il ritorno di quel romanticismo tetro, crudele, al limite della follia, che ha
sedotto più di una volta, dal Medioevo a Nietzsche a Wagner, passando
per Hegel, le zone torbide dell'anima tedesca. E' questo romanticismo che
ha generato il culto della violenza, che ha sostituito l'adorazione della
Storia all'adorazione di Dio, che ha condotto ieri a Hitler e rinasce oggi
sotto la forma della Rote Armee Fraktion." (Quotidiano le Monde, 1977)
Sarebbe ingenuo assimilare la storia della filosofia ad un cammino
progressivo e stadiale, in cui non vi siano soluzioni di discontinuità ed il
pensiero viaggi linearmente verso il meglio. La straordinarietà della
filosofia, come sapere veritativo autonomo, risiede in un carattere che la
differenzia da tutte le altre scienze: la filosofia è l'unico sapere che
presenta soglie di reversibilità, in cui non vi sono cioè fondamenti
oggettivi, quantitativamente misurabili di verità che rendano un pensatore
del passato definitivamente superato dai suoi successori e dunque non
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27/4/2017 L’idealismo hegheliano tra totalitarismo e comunitarismo
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27/4/2017 L’idealismo hegheliano tra totalitarismo e comunitarismo
inconsistenza teorica: "Tutto ciò che è razionale è reale, tutto ciò che è
reale è razionale", l'affermazione hegeliana, contenuta nelle Lezioni di
Filosofia del Diritto, se correttamente interpretata trasforma l'hegelismo
dallo storicismo con venature totalitarie della interpretazione canonica in
un idealismo su basi ontologiche e dunque veritative, tutt'altro che
assimilabile al relativismo storicistico: "Hegel per reale non intendeva
l'insieme di tutti gli eventi fattualmente avvenuti, ma soltanto ciò che è
portato al proprio concetto, e questo risulta dalla sua scienza della logica,
che è un romanzo di formazione, che ha come portatore non il percorso
della coscienza storica verso l'autocoscienza( Fenomenologia dello
Spirito), ma il passaggio dialettico dalla categoria più vuota ed astratta
(l'essere) alla categoria più piena e concreta (il concetto)."[1] Il fatto reale,
l'accadimento isolato e privo di connessioni con il tutto, con la griglia
concettuale di cui consta il reale che è al tempo stesso pensiero e realtà,
per Hegel assolutamente indistinguibili non è neppure considerabile reale
a tutti gli effetti, perché è solo nella razionalità concettuale e quindi
complessiva che il singolo fatto assume significato :"Il concetto è la sintesi
di reale e razionale, non certo il dato empirico fattuale. Ad esempio lo
stupro non è veramente "reale", perché non corrisponde al concetto del
rapporto sessuale fra un uomo ed una donna, che per sua stessa natura
presuppone il libero muto consenso di entrambi".[2] Auschwitz, il nazismo
non sono "reali" perché violano la natura dell'essere umano come essere
libero e razionale. Quella di Hegel è si una filosofia della storia, perché la
verità è storica, è il proprio tempo appreso in pensieri, ma fondata su basi
ontologiche e assiologiche stabili, per cui le acquisizioni storiche dello
spirito umano, non vengono cancellate dalla storia, o non devono essere
cancellate se infrangono la razionalità e le determinazioni naturali
dell'essere umano. Il progetto filosofico di Hegel non è dunque nè quello
di pervenire ad una verità assoluta si noti che assoluto (absolutus)
indica l'essere sciolto da ogni vincolo e non certo l'aver determinato la
realtà nella sua totalità nè di pervenire a procedure di conoscibilità,
verificabilità, validità delle scienze della natura, ma di edificare "una
scienza filosofica della verità sociale e comunitaria della natura della
convivenza umana". Quella di Hegel è ,parafrasando Lucacks, una
ontologia dell'essere sociale, che ha come proprio oggetto ciò che è ed è
eternamente, ma che a tal fine non può fare a meno di partire da una
interpretazione filosofica del proprio tempo storico, che storicizzi gli eventi
della storia universale, pensandoli nell'ottica di una graduale
autocoscienza umana rispetto alle sue stesse potenzialità ontologiche.
Potenzialità, che non devono necessariamente realizzarsi in ciò la
filosofia della storia hegeliana supera qualsiasi forma di teodicea o
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necessitarismo ma che possono aristotelicamente passare dalla potenza
all'atto, in quanto connaturate alla natura umana. Ciò conduce non
soltanto a rifiutare l'idea di un Hegel necessitarista e dunque fautore di
una concezione autoritaria e prescrittiva della verità, indebolendo come
se non bastasse l'interpretazione del suo idealismo in senso totalitario,
ma anche ad enucleare il vero nucleo della filosofia hegeliana: " Il
Denkweg di Hegel esiste, ed è un Denkweg che lo ha portato dalle
riflessioni giovanili sulla bella comunità spontanea della religione naturale
dei Greci e sulle antinomie dell'amore cristiano fino alla meditata e
razionale convinzione che non si poteva tornare a queste due nobili
configurazioni spirituali, ma si doveva invece coraggiosamente passare
ad una nuova configurazione, quella della fondazione di una comunità
moderna su di una scienza filosofica della verità sociale accessibile a tutti,
e non solo ad alcuni "geni" pomposi"." [3]
Coloro che volessero aderire ad una filosofia comunitaria, imperniata sulla
natura sociale e relazionale dell'essere umano, sull'idea che l'individuo
realizza se stesso solo nella totalità pienamente sviluppata delle relazioni
in cui è collocato, devono insomma riconoscere che "non possono non
dirsi hegeliani". Ed è proprio il ripudio del comunitarismo, il vero "fatto
sociale" che nell'epoca del trionfo capitalistico dell' individuo apolide e
atomistico, fa del filosofo di Stoccarda, uno scomodo e ad un tempo
rivelatore pensatore inattuale.
[2]Ibid.
[3]Ibid.
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