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Il suo nome vero è Aron Schmitz, appartenente ad una famiglia ebraica. Nasce e vive a Trieste nel 1861
(Trieste ancora non era italiana). Egli vuole essere un ponte tra due culture e questo ce lo dice il nome
Svevo, la Svevia era una regione della Germania. La lingua materna è quella tedesca mentre l’italiano era la
seconda lingua e per questo la sua lingua è un po’ spigolosa.
VITA: È un intellettuale borghese che farà sempre l’impiegato, vive a Trieste, una città aperta all’Europa,
città mitteuropea, un crocevia di popoli e culture quindi legge autori come Freud, Kafka, ha un accesso ad
una letteratura che appartiene alla cultura ebraico tedesca. A 12 anni entra nel collegio della Baviera per
perfezionare il tedesco già appreso a Trieste, città bilingue. Intraprende studi commerciali ma sente questo
interesse per la letteratura e da autodidatta studia il greco e il latino e la letteratura italiana della
tradizione. A causa delle difficoltà economiche della sua famiglia, che ha una fabbrica di vetri, è costretto
ad abbandonare gli studi e per 18 anni fa l’impiegato di banca ma non rinuncia alla letteratura e alla
scrittura, diceva che “fuori dalla penna non c’è salvezza”. Nel 1892 dopo la morte del padre, che lo
dissuadeva dai tentativi letterari, pubblica il suo primo romanzo “Una Vita”, questo romanzo non ebbe
successo. Viene accusato di essere un dilettante. Svevo resiste, gli capita il matrimonio risolutore, sposa
una cugina Livia Veneziani che appartiene ad una famiglia ricchissima: prima di sposarsi Svevo abiura
l’ebraismo. In materia religiosa è probabilmente agnostico o ateo. Nel 1898 pubblica “Senilità” ma non
ritrova riscontri positivi. Nel 1899 abbandona la Union Bank e sceglie di lavorare nel colorificio del suocero.
Viaggiò molto in Europa, cercando di soffocare la sua vocazione letteraria. Nel 1907 per motivi di lavoro
prende lezioni di inglese a Trieste, dove insegna James Joyce, con cui inizia un sodalizio tra maestro
irregolare e uno scolaro d’eccezione. Svevo viene rincuorato e elogiato da Joyce. Tra il 1910-12 legge
Schopenauer. Nel 1911 avviene l’incontro con la psicoanalisi: il cognato, inizia a Vienna un’analisi con
Freud. Lesse e tradusse alcuni testi freudiani. Incontra Stakel e intrattiene rapporti con il medico triestino
Weiss. Con lo scoppio della prima guerra mondiale nel 1919 inizia a scrivere “La coscienza di Zeno” e lo
pubblica nel 1923: lo invia a Joyce che ne sarà entusiasta e lo farà conoscere ad altri artisti (Eliot, Anatole
France). Prima ebbe successo in Francia. Nel 1925 grazie all’omaggio di Montale in Italia scoppia il caso
Svevo: Montale rende omaggio a Svevo (ebreo) per fare un torto al regime. Dopo 30 anni di attività
letteraria svolta nel silenzio. Negli ultimi anni, a 64 anni, ormai ottenuto il riconoscimento della sua opera,
si dedica alla letteratura. Il quarto romanzo “Il vecchione” rimane incompleto. Muore nel 1928 per un
incidente d’auto. La figlia Letizia sosteneva come il destino crudele si fosse accanito sul padre, che per tutta
la vita si era dedicato alla letteratura. A Trieste gli viene dedicata una statua
OPERE: IN PROSA
• Racconti, romanzi, opere teatrali. Il vegliardo opera incompiuta continuazione della coscienza di
Zeno
• È un narratore: la vita dell’individuo nel mondo e il suo svolgimento temporale sono al centro della
sua attenzione
MODELLI CULTURALI:
EBRAISMO: non religioso ma biografico e culturale, non esibito ma presente nella sua formazione. Joyce si
avvarrà di Svevo come modello per costruire il personaggio di Leopold Bloom che è appunto un ebreo..
↓ fu sempre bollato come ebreo; alcune caratteristiche emergono nei suoi romanzi come:
● la figura dell’inetto che in ebraico era rappresentato dallo schlemiel: colui che ha la disdetta addosso
● centralità della figura paterna e rapporto conflittuale (cfr. Kafka, lettera al padre).
La formazione culturale mitteleuropea contribuisce ad ostacolare l’accettazione della sua opera nell’Italia
fascista. Si sposerà con rito cattolico e vorrà un funerale laico.
• Marx
• Nietscheze
• Schopenauer e Darwin= Schopenauer dice che la libertà di un individuo è fittizia, la volontà è una
forza cieca che domina l’universo e perpetua sé stessa attraverso i viventi. L’uomo si accorge
dell’inganno e per superarlo si usa la contemplazione estetica…
Riprende anche Darwin: egli lo applica alla lotta sociale, quella che si consuma ogni giorno nella
società e dice che la vita è una lotta per il successo individuale (per l’affermazione) e quindi si
dividono in LOTTATORI, i vincitori, coloro che predominano, sono i sani e quindi vincenti e i
CONTEMPLATORI, i malati, coloro che contemplano, che pensano e ragionano tantissimo ma per
una sorta di incapacità e mancanza di volontà non riescono a realizzare quei progetti che
immaginano. Questa dicotomia si trova soprattutto nei suoi vecchi romanzi.
Questa dialettica alla fine porta al trionfo dell’inetto (nella Coscienza di Zeno). Zeno che però
trionfa pur essendo un contemplatore; questa dialettica quindi viene rovesciata, cambia
prospettiva).
La novità di Svevo consiste nell’aver fatto dell’individuo non adatto non solo il protagonista dei suoi
romanzi ma anche il punto d’osservazione del mondo e della vita.
• La vita è una buffa commedia dove non ci sono rapporti di causa-effetto, dove la legge è quella del
caso. La casualità respinge qualsiasi causalità. È il ripudio del positivismo. La vita non è né bella né
brutta ma è originale dove gli uomini si muovono come pedine mosse dal caso, una legge
incomprensibile
• La malattia diventa la condizione
• L’unica ancora di salvezza è la letteratura vista come “vizio” e “pratica igienica”
IL CASO SVEVO: 1925, diffidenza dei critici per il suo dilettantismo derivava:
• Ebraicità
• La figura dell’inetto
• Il tema della senilità
• L’ironia
• L’analisi approfondita e complessa della psicologia dei personaggi, tipica del romanzo di analisi
(abituale nel romanzo francese ma poco praticata in Italia)
• Antiletterarietà della scrittura e del linguaggio, ricco di espressioni parlate, procedimento sintattico
faticosa; la lingua irregolare e anomala (calchi dal tedesco, scelte lessicale goffe). Sceglie l’italiano
perché voleva sfidare la letteratura italiana
Tutti fattori questi che in Italia contribuirono a rafforzare il rifiuto della sua opera fino al ‘900 inoltrato.
La Francia lo scopre grazie alla segnalazione di Joyce, l’Italia grazie alla mediazione di Montale (nel 1925
pubblica “l’omaggio” a Italo Svevo, sulla rivista L’Esame)
Solo a partire dagli anni ’70 del ‘900 lo scrittore entrerà a far parte del canone della letteratura nazionale.
L’INETTO
Dal latino in actus (in privativo, non adattato): è colui che non si cristallizza in nessuna legge, non accetta
ruoli e segue la Noluttas, la volontà personale. Lui uomo non adattato e non cristallizzato è duttile, riesce
ad assumere tutte le forme e questo sarà il suo punto di forza.
Lat. Inaptus, non adatto: indica un individuo che non ha attitudini per fare una certa cosa o svolgere una
certa attività, ossia un inconcludente.
Un inetto era il titolo del primo romanzo, cambiato poi in Una vita: il protagonista, Alfonso Nitti, è un inetto
in quanto è inadatto ad affrontare la vita: è un sognatore incapace di affrontare la realtà, ma è anche un
velleitario, uno che segue una volontà fatta per non essere realizzata.
Il lavoro di analisi compiuto dal personaggio di Zeno sul proprio disagio trasformerà questa inadeguatezza
in un modello di conoscenza e alla fine del romanzo l’incapacità di prendere la stessa forma del mondo
circostante aprirà a Zeno Cosini una via di salvezza preclusa agli uomini compiuti e sani che sanno stare al
mondo.
Con il primo conflitto mondiale quel mondo si frantumerà, ma Zeno resta in piedi: la sua duttilità gli
consente di resistere al crollo di una realtà in cui non si era mai adattato. Zeno = greco “xenos”, straniero.
Antecedenti:
1. La figura dello Schlemihl che nella tradizione culturale ebraica incarna “colui che ha la disdetta
addosso”
2. Don Chisciotte di Cervantes, Madame Bovary di Flaubert
3. Robert Musil, L’uomo senza qualità
TEMI
ROMANZI PRECEDENTI
Nei primi 2 romanzi usa tecnica naturalistiche: narratore eterodiegetico. C’è l’inetto e il vincente. Il primo
romanzo si conclude con il suicidio mentre nel 2 il protagonista non riesce a fare lo scrittore, perde la donna
che ama e diventa un fallito. Svevo risente del clima naturalistico e del positivismo ma abbandona le
tematiche
LA COSCIENZA DI ZENO:
E’ un romanzo analitico, di analisi interiore e psicologica. C’è la tendenza alla retrospezione degli inganni
che Svevo perpetua anche a sé stesso.
Novità:
Richiede una continua collaborazione del lettore alla ricostruzione del significato che si sta
leggendo.
TEMI:
Svevo non ha mai creduto all’efficacia terapeutica della psico-analisi freudiana, ma è solo l’occasione di
contatto tra l’individuo e la sua storia. In sintesi si può concludere:
finale: svela le potenzialità dell’inetto (trionfo dell’inetto), la sua capacità di adattamento ai mutamenti in
virtù del suo non essere “cristallizzato” in una forma. L’individuo non adattato è il punto di osservazione del
mondo e della vita.
Coscienza
•incoscienza o falsa coscienza = giustificazione dei propri comportamenti di cui si ignorano le motivazioni
profonde (innocentizzazione di Zeno)
Complesso edipico
•il conflitto con il padre genera la «malattia» di Zeno, sintomo di un conflitto storico tra vecchia società
borghese
Lapsus
come l’errore del corteo funebre al funerale di Guido= questo lapsus rivela un odio che Zeno nutriva verso il
sano Guido (Freud)
Somatizzazioni
Sogni= fenomeno in cui i freni inibitori della coscienza si allentano e l’inconscio si rivela. Sogniamo quando
siamo in uno stato che segue l’addormentamento ma precede il sonno profondo.
Atti mancati
Rimozioni
schiaffo del padre, l’odio verso il padre è nascosto dietro «l’amore» che secondo il senso comune deve
necessariamente esistere tra genitore e figlio. Zeno riesce ad archiviare questo episodio
Senso di colpa
Nevrosi
Inettitudine
malattia di Zeno come sintomo di disagio esistenziale universale → la malattia è la condizione dell’intera
umanità.
ZENO E LA PSICANALISI
Zeno, nel suo racconto, pronuncia spesso apprezzamenti poco lusinghieri nei confronti dello psicanalista, il
dottor S. (Stekel, Sigmund Freud?). Mostra, quindi, scetticismo sulle possibilità terapeutiche di scienza e
medicina. In particolare, l’attacco si fa particolarmente violento e polemico nell’ultimo capitolo, quello in
cui Zeno annuncia di voler interrompere la terapia. Si tratta di una requisitoria contro la teoria e la pratica
freudiana (Vedi microsaggio p. 844). Estranea alla teoria freudiana è la pratica del memoriale, ma sogni e
atti mancati sono materiali freudiani inseriti in una terapia diversa. Ci sono infatti riferimenti ad altre teorie
non freudiane:
1. il metodo dell’autosuggestione del dottore svizzero Baudouin (il paziente doveva convincersi da solo di
essere guarito e così si liberava dai suoi disturbi) che praticava il “raccoglimento” con una leggera ipnosi
che favoriva il riemergere di immagini del passato.
2. Il metodo della persuasione del dottor Dubois secondo il quale il paziente è guarito il giorno in cui
coscientemente si crede guarito.
In sintesi Zeno con il dottor S. pratica la terapia di Boudoin e la rifiuta e dice di ricavare benefici con la
terapia cosciente di Dubois.
SVEVO E LA PSICANALISI
“Grande uomo quel Freud ma più per i romanzieri che per gli ammalati”.
“Noi romanzieri usiamo baloccarci con le grandi filosofie e non siamo certo atti a chiarirle: le falsifichiamo
ma le umanizziamo. Il destino vuole che l’artista venga ispirato dal filosofo che egli non intende
perfettamente…. Il rapporto intimo tra filosofo e artista somiglia al matrimonio legale perché non si
intendono tra di loro proprio come il marito e la moglie e tuttavia come il marito e la moglie producono dei
bellissimi figliuoli”.
Lo scrittore si comporta con il filosofo come l’uomo con la donna: sebbene non ci sia un buon matrimonio
entrambi producono dei figli.
Svevo vede nella psicanalisi uno stimolo all’ispirazione creativa, ma la rifiuta come terapia (più di 10 anni
prima suo cognato ne era uscito distrutto), come metodo di cura.
La psicanalisi sta nel discorso dell’autore e non del personaggio (struttura implicita del romanzo).
Secondo lo studioso Palmieri, Svevo rifiuta la terapia psicanalitica di Freud a cui preferisce altri metodi
(metodo di Baudoin, di Dubois)
Ha fiducia nella psico-analisi come strumento conoscitivo ed è una fonte di ispirazione artistica.
Diversi elementi del romanzo rivelano un‘attenta conoscenza di Freud e un uso accorto dei suoi concetti
(montaggio dei sogni, rimozione dei sensi di colpa, costruzione di alibi, ecc.).
In Joyce (Ulisse) la narrazione è in terza persona, poi in questa narrazione oggettiva si inseriscono
frammenti dei pensieri del personaggio, senza alcuna indicazione di passaggio. È quindi una registrazione
diretta dei contenuti mentali di un personaggio al presente, pensieri fatti per libere associazioni casuali e
disordinate, senza alcun controllo e censura della coscienza.
In Svevo il personaggio narratore costruisce logicamente il discorso, gli dà ordine e senso, controlla,
censura, rimuove, distorce secondo i suoi fini che sono quelli di costruirsi continuamente degli alibi. È la
trascrizione immediata di tutto ciò che si agita nella coscienza.
· Il soggetto non è più un’entità assoluta, non è più uno, ma è frantumato in centomila frammenti fino a
scoprirsi nessuno.
· Io ≠mondo
· Rivalutazione della ragione, ruolo contemplativo di lucida coscienza critica del reale.
· la figura dell’amministratore,
· lo spiritismo,
Il relativismo
In Pirandello
Il relativismo consiste nel mettere in luce come il mutamento del personaggio sia un percorso verso la
conoscenza di sé e della propria condizione. Il relativismo in Pirandello conduce sempre ad una
conclusione tragica e desolata.
In Svevo
La riflessione sul sano e sul malato, che Svevo propone nella Coscienza, esprime una nuova forma di
relativismo. Zeno afferma: “la malattia è una convinzione ed io nacqui con quella convinzione”
quindi, non esistono persone sane e malate, esistono persone “convinte” di essere malate e persone
“persuase” dalla massa e dalla società a considerarsi sane.
Il relativismo in Svevo è più problematico, ironico, c’è più tolleranza verso gli altri.
RELATIVISMO:
1. SVEVO= è più bonario, aperto, indulgente. Egli con l'ironia sospende il giudizio
2. PIRANDELLO= non esiste una verità assoluta ma solo opinioni che sono ugualmente valide. Il
relativismo gnoseologico, della conoscenza, approda ad esiti più cupi ed amari