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1. la fattualità oggettiva
2. il significato soggettivo che le attribuisce chi le vive
Tutto questo vale soprattutto per una dimensione come l’identità sessuata:
BOURDIEU: la violenza simbolica risiede in disposizioni adattate alle strutture
di dominio
[Dagli appunti: Pagine 52-53: Poiché il fondamento della violenza simbolica risiede
non in coscienze mistificate che sarebbe sufficiente illuminare, bensì in disposizioni
adattate alle strutture di dominio di cui sono il prodotto, ci si può attendere una
rottura del rapporto di complicità che le vittime del dominio simbolico stabiliscono con
i dominanti solo da una trasformazione radicale delle condizioni sociali di produzione
delle disposizioni che portano i dominati ad assumere sui dominanti e su se stessi il
punto di vista dei dominanti. ->
Non c’è la possibilità di una presa di coscienza individuale, ma bisogna agire sulle
condizioni sociali di produzione delle disposizioni di quella che Bourdieu ha definito
l’economia dei beni simbolici. È un processo lungo che anche Heritier aveva
sottolineato, evidenziando come la gerarchizzazione dei sessi agisce in modo
profondo.
CAP 4:
LE POSTURE MASCHILI DI FRONTE AL CAMBIAMENTO
Ciccone parla degli incontri che ha fatto con i ragazzi e le ragazze nelle scuole
e racconta come in quelle occasioni si sia trovato di fronte ad atteggiamenti
maschili diversi rispetto al cambiamento delle relazioni tra i sessi e il modo in
cui queste relazioni vengono rappresentate. Atteggiamenti diversi che però
dimostrano la presenza di un problema nell’elaborazione maschile dei processi
di cambiamento. A suo avviso sarebbe un errore distinguere tra resistenze
misogine da una parte e aperture innovative dall’altra, perché molto spesso in
questo secondo caso si tratta della riproposizione di modelli tradizionali e in
ogni caso questi due diversi atteggiamenti hanno una continuità di fondo.
Infatti Ciccone rintraccia delle INVARIANZE e dei ritorni all’indietro CITO “che
rivelano come modelli e strutture profonde della mascolinità sopravvivano e si
ridefiniscano nei processi di cambiamento.”
Ciccone parla di un’esperienza che ha fatto in una scuola media della provincia
di Roma con un ragazzino. Mentre Ciccone teneva un discorso riguardo i ruoli e
le discriminazioni di genere, il ragazzino interviene dicendo: “Io non sono così,
siete voi ad avercela coi maschi. Anche qui a scuola appena c’è un guaio – se si
rompe un vetro o scompare un quaderno – le insegnanti sono subito pronte a
incolpare noi. Sì, forse le donne nella storia hanno avuto meno diritti, ma qui
siamo noi a essere nel mirino”.
Ciccone riflette su quest’obiezione e dice che qui c’è più di quanto sembri,
perché in qualche modo il ragazzo riconosce che nella società ci sia un
privilegio maschile, però poi nel suo contesto scolastico vede un pregiudizio nei
confronti dei maschi, perché sono considerati per natura inaffidabili, più
aggressivi, naturalmente più esuberanti. Questo però implica che l’insegnante
li rimproveri più frequentemente rispetto alle ragazze che parallelamente sono
considerate più disciplinate. Il ragazzo però non si rende conto che questa loro
pseudo natura esuberante d’altra parte è proprio il fondamento del loro
privilegio. Ciccone dice che questo dipende dal modo in cui noi parliamo degli
stereotipi e delle discriminazioni di genere, perché corriamo dei rischi.
Tornando alla reazione del ragazzino Ciccone dice che in quella reazione
dobbiamo cogliere una rottura che è possibile valorizzare, perché contesta i
discorsi che sente fare a Ciccone ma nel farlo afferma: “non tutti i maschi sono
così”, quindi dimostra di percepire una distanza tra la propria realtà
esistenziale e relazionale e la rappresentazione del maschile che sente di
ricevere. È una reazione ambivalente, perché in questa reazione troviamo da
una parte una resistenza a misurarsi con le letture critiche dei modelli
tradizionali e dall’altra parte uno spostamento rispetto a quei modelli. Quindi,
quando quel ragazzo sente parlare di certi argomenti in un certo modo non
riesce a percepire queste critiche collocandosi all’interno del cambiamento
bensì come stereotipi, cioè ancora come frutto di un pregiudizio ostile verso gli
uomini.
Nelle reazioni dei ragazzi che Ciccone ha osservato nelle scuole, questa
insofferenza nei confronti delle rappresentazioni del maschile considerate
semplificate (quindi che non tengono conto della complessità presente
all’interno e all’evoluzione) può rivelare in qualche modo un desiderio di
smarcarsi da una norma così rigida di riferimento. Questo però finisce talvolta
col tradursi in una difesa contro una denigrazione maschile o di insofferenza
nei confronti di quello che viene concepito come un pregiudizio femminista. Il
fatto che i ragazzi percepiscano una distanza tra sé e il modello tradizionale
maschile è positivo perché mostra che un mutamento è avvenuto e apre la
possibilità a un ulteriore miglioramento. Il problema sorge quando questo
mutamento si risolve in quell’ostentazione di estraneità e rimozione.
Abbiamo visto che spesso emerge quell’insofferenza maschile verso quella che
loro percepiscono come un’accusa immeritata, che non terrebbe conto di quel
percorso di cambiamento che sentono di aver fatto. Quindi si dicono estranei ai
modelli dominanti, perché non si riconoscono più in quei modelli e molti uomini
tendono a rimproverare alle donne di essere ancora legate a quel
corteggiamento e mascolinità stereotipati.
LA SOTTRAZIONE
Ciccone parla delle difficoltà con cui gli uomini cercano di esprimere il loro
spostamento rispetto alle generazioni precedenti e ai modelli dominanti di
mascolinità. Una di queste difficoltà è rintracciabile nell’assenza di un nuovo
linguaggio e di un diverso modo di rappresentare se stessi e i propri desideri.
Questa difficoltà, dice Ciccone, porta solitamente a non agire nei confronti del
cambiamento ma a sottrarsi e la riscontra (fa due esempi principalmente):
1. nei ragazzi delle scuole, perché chiedono come fare a non essere violenti,
cercando un modello nuovo da sostituire a quello vecchio.
Apro a questo punto una parentesi per informarvi brevemente su alcuni dati
che Ciccone ci comunica a proposito della sottrazione femminile nelle relazioni.
Riporta i dati raccolti dal sito di dating parship.com secondo cui meno di un
terzo dei single sogna la convivenza o il matrimonio. Per quanto riguarda le
giovani single il 18% vuole sì essere fidanzata, ma non desidera condividere la
casa, mentre solo l’8% degli uomini vuole mantenere la propria indipendenza
domestica. Il fatto che oggi sia la donna a tirarsi indietro deriverebbe da una
delusione per un maschile che resta indietro.
Però nelle righe successive ci da anche una buona notizia quando dice che non
sempre questo disagio porta necessariamente tutti gli uomini a una sottrazione
di responsabilità. Fa l’esempio di insegnanti ed educatori uomini che ha
incontrato nelle scuole, che pur consapevoli del fatto che il proprio universo
maschile di riferimento sia per molti versi non riproponibile, privato di
autorevolezza e credibilità questi uomini decidono di mettere in gioco una
responsabilità pedagogica, cercando di inventare nuove strategie comunicative
e relazionali nuove.
“Il senso di inadeguatezza può essere vissuto come limite personale, che
porterà a un esito paralizzante o a ricercare nuove sicurezze in luoghi o culture
identitarie maschili, oppure essere vissuto come rivelazione dell’obsolescenza
dei modelli dominanti che può aprire una nuova domanda sul proprio stare al
mondo.”