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Il relitto di 

Barca Nostra, ripescato dal fondale marino, del peschereccio nel quale trovarono la morte più di 700
migranti nel canale di Sicilia il 18 aprile del 2015. Un’opera che ha sollevato – e continuerà a farlo - prevedibili
critiche sull’annoso tema della strumentalizzazione di cui l’arte sarebbe fautrice indefessa. Bü chel, ricordo, è
l’artista che alla Biennale del 2015, curata da Okwui Enwezor, trasformò la chiesa di Santa Maria della
Misericordia in moschea.

Installazione This Is The Future di Hito Steyerl che, mettendo in discussione l’Intelligenza Artificiale, emula un


ipotetico giardino del futuro fatto di fiori digitali e passerelle sopraelevate.

 Ryoij Ikeda che, in collaborazione con Audermars Piguet, racconta un universo di dati che trasportano lo
spettatore in un viaggio virtuale ipnotico e affascinante.

Il Padiglione della Filippina

Island Weather di Mark Giustiniani esplora i molti modi con cui le Filippine, una nazione-isola, possono essere
capite e immaginate: attraverso le sue caratteristiche geofisiche che riflettono il modo in cui i filippini
considerano i loro spazi, sia come luogo di origine, rifugio, tregua o paese nel suo insieme.
"Islan Weather" avrà tre approcci tematici: "Viaggio in isola", "Previsione locale: tempo turbolento" e "Moli e
porti". Tre approcci tematici danno forma a 'Meteo dell'isola': (1) 'Island Voyage allude a viaggi e grandi progetti
che fanno riferimento a case di luce costruite durante il periodo coloniale e luoghi che combinano fantasia e mito;
(2) i gesti di "Previsione locale: tempo turbolento" verso gli aspetti del faro per costruire un'esperienza di visione
e di essere visti; e (3) "Piers and Ports" espande l'indagine dell'artista sulla visione e il suo ruolo nella
costruzione della verità . "

Il Padiglione della Lituania


Vincitore del Leone d’Oro, è il padiglione che sta riscuotendo maggior successo tra i critici. Definito interessante,
evocativo ed emozionante, mette in scena “Sun and Sea” nella Marina dell’Arsenale. Quest’opera rappresenta
una finta spiaggia con persone vere che la popolano: uomini, donne, bambini che giocano, leggono, sonnecchiano
e si godono una giornata al mare, mentre il visitatore li scruta dall’alto. Gli attori intonano una musica
malinconica. Per chi lo desidera è possibile anche partecipare alla messa in scena: basta compilare un modulo e
portare il costume da spiaggia.

Il Padiglione Italia
Nell’Arsenale potete ammirare l’opera “Né altra Nunaé questa: La sfida al Labirinto”, curata da Milovan
Farronato e che raccoglie le opere di 3 artisti: David, Moro e Fumai. S’ispira al saggio di Italo Calvino e
attraverso la struttura del labirinto si propone di esporre opere diverse che si intrecciano tra loro, senza un
messaggio chiaro e preciso, ma lasciando libertà d’interpretazione. I visitatori vengono invitati a perdersi, a
lasciarsi confondere e a sbagliare strada. Si esce disorientati e confusi. Lo scopo è di mostrare l’impossibilità
nella vita di seguire traiettorie prevedibili e che è meglio percorrere la strada dell’incertezza e del dubbio.
Il Padiglione Ghana
Per la prima volta c’è un padiglione realizzato dal Ghana ed ha riscosso notevole successo. Si trova nell’Arsenale
e racconta attraverso le opere di 6 artisti di 3 generazioni diverse la lotta del Ghana per l’indipendenza. Molto
apprezzati sono stati i ritratti in bianco e nero di Felicia Abban, prima fotografa professionista ghanese.

Il Padiglione Brasile
Il Padiglione brasiliano propone una mostra incentrata su “Swinguerra”, un film inedito realizzato per la
Biennale. Attraverso un’installazione video e dei ritratti, si narra il fenomeno brasiliano del swingueira, quando
gruppi di 10/15 persone si sfidano ogni anno in esibizioni di danza.

Il Padiglione Giappone
A dar il nome al padiglione è il “Cosmo-Egg”, ovvero l’uovo cosmico- simbolo del mito cosmogonico. Attraverso
l’interpretazione di miti, credenze e tradizioni, la mostra vuole indagare il rapporto tra uomo e natura.

Il Padiglione Grecia
Protagonista è la storia, ma quella ignota e dimenticata. Lo scopo è quello di mettere in discussione le fake news
del presente e le vicende passate.
Il Padiglione Israele
Vi sembrerà di entrare nella sala d’attesa di una clinica medica del futuro. Lo scopo è quello di mostrare come
l’arte vuole reagire ai problemi sociali. Centrale è il progetto “No Body” che affronta il tema degli abusi familiari e
del disagio sociale.

Vygintas, Kirilas e Semionovas”: definita la scultura più bella della mostra. L’opera è del 28enne lituano
Serapinas e raffigura una brutale rovina di blocchi di edifici presi da un ex centrale nucleare in Lituania.

“Angst”: l’opera è del 30enne indiano Soham Gupta. Si tratta di una raccolta di ritratti notturni dei senzatetto di
Calcutta, caratterizzata da un forte espressionismo.

“For, In Your Tongue, I Cannot Fit”: l’opera dell’indiana Shilpa Gupta vuole commemorare 100 poeti
imprigionati o giustiziati dal VII secolo ad oggi, attraverso 100 microfoni che diffondono versi in russi, arabo,
inglese, spagnolo, sospesi su 100 punte di metallo, ognuna con un pezzo di carta con un frammento di poesia.

“Flight”: l’opera nel Padiglione Polonia è un aereo privato sottosopra con la cabina di pilotaggio devastata.

“Can’t Help Myself”: un robot industriale chiuso in una gabbia trasparente e intento a pulire a terra, senza avere
successo, una vernice rossa sangue.

“Barca Nostra”: sicuramente una delle opere più controverse di questa Biennale. Si tratta di un barcone che
affondò al largo della Sicilia il 18 aprile del 2015 e che causò la morte di un numero imprecisato di migranti tra
700 e 1000. Un barcone eritreo senza nome, fuori azzurro come il cielo, dentro nero come la morte. Rimasto
sott’acqua per oltre un anno a 350 metri di profondità , fu recuperato non con facilità nel 2016. Solo 28 superstiti.

L’opera di Kader Attia all’Arsenale: L’opera, ovviamente, vuole indagare sul suono: tecnicamente la semola
viene agitata da onde elettromagnetiche generate dalle canzoni secondo la scoperta del fisico Ernst Chladni nel
VIII secolo, questo dice la scienza. Ma guardare la forma che prende la semola insieme alla musica: ebbene è
emozionante.

The Mending Project: in questo caso i visitatori sono invitati a portare i propri vestiti bucati o sfilacciati in
Biennale e l’artista o una sua assistente (io mi sono trovata di fronte l’assistente) li rammenda. L’abito, poi, viene
esposto su una pila di altri, il filo di cotone  è un espediente per narrazioni personali.

I libri di pane dell’artista sarda Maria Lai e il suo poetico documentario in bianco e nero e poi c’è l’opera
interattiva di David Medalla, A Stitch in The time: ognuno può appendere a un filo quello che vuole e le scelte dei
visitatori (o dell’artista) sono le più improbabili: scontrini, caramelle Ricola, un tampone, un flacone di medicine,
una geisha disegnata, un biglietto della metro di Parigi, diversi biglietti di treno, la lista della spesa…Un
campionario di quel che le persone portano con se, un microcosmo alla fin fine e per questo tanto affascinante.

Arsenale
Artista: Liu Wei, (1972). Vive e lavora in Cina.
Titolo opera: Microworld, 2018
 
Da un’enorme finestra, come fosse la lente di un microscopio, si ammira un’installazione di grandi dimensioni.
Forme moderniste, sfere fuori misura realizzate in alluminio lucido ricordano gli elementi di cui è composto
l’atomo: protoni, neutroni e altre entità . Le invertite proporzioni rispetto all’osservatore, immobile davanti al
lavoro, invitano a riflettere sull’ordine delle cose al di là di quello che normalmente si vede.
 
Arsenale
Artista: Carol Bove, (1971). Vive e lavora in Svizzera.
Titolo opera: Nike III, 2019
 
E’ una scultura “collage” trompe l’oeil. Qui le linee del modernismo sono messe ko. Sembra che l’acciaio
industriale di cui è fatta la scultura, sciogliendosi abbia dato forma a curve, ammaccature, torsioni, grinze che
normalmente appartengono agli oggetti obsoleti. Il colore giallo crea l’illusione che la materia sia morbida e
gommosa. Occorre girare intorno all’opera per osservarla da tutte le angolazioni.
Arsenale
Artista: Augustas Serapinas, (1990). Vive e lavora in Lituania.
Titolo opera: Chair for the Invigilator (brown), 2019
 
L’invito è quello di osservare il mondo, compreso quello dell’arte, da un altro (o alto?) punto di vista. La seduta
rialzata, ricorda quella tipica dei bagnini e degli arbitri. Un esempio di creatività pragmatica.

Arsenale
Artiste: Christine e Margaret Wertheim, (1958) Australia. Vivono e lavorano a Los Angeles.
Titolo opera: Crochet Coral Reef
 
Le due sorelle realizzano una straordinaria scultura all’uncinetto, utilizzando filati di vario tipo, cavi e nastri. Un
lavoro certosino che riproduce la barriera corallina dalle superfici iperboliche. Ore e ore ci sono volute per
confezionare l’opera così come secoli e secoli ci vogliono per dare forma alle spettacolari creature coralline dei
mari tropicali. Eppure l’intervento dell’uomo riesce a distruggere i magnifici paradisi sommersi.
 
Arsenale
Artista: Michael Armitage, (1984). Vive e lavora in Kenya.
Titolo opera: Pathos and the twilight of the idle, 2019
 
Sembra quasi una pala d’altare il grande dipinto a olio di corteccia di albero di Lubugo. Ma i temi religiosi qui
cedono il passo alla storia. Michael Armitage ritrae con la vivacità del fotogiornalismo il caos di alcuni eventi che
si sono svolti durante le elezioni in Kenya del 2017.  Coglie gli attimi di agitazione politica tra il carnevalesco e il
circense, sottolineando la forte carica di violenza sottesa.

Arsenale
Artista: Alex Da Corte, (1980). Vive e lavora neglI Stati Uniti a Philadelphia.
Titolo opera: Rubber, Pencil, Devil, 2019

Un viaggio in sé è lo spazio che Alex Da Corte ha costruito alla Biennale. Un cubo dai colori sgargianti, arancione
alle pareti e con un pavimento che disegna i tratti di un campo di calcio, è lo spazio immaginario in cui è
proiettata la roulette video di Rubber, Pencil, Devil. Clip coloratissime e ultrapop che ricordano certe copertine
di Toilet Paper, che mischiano simboli, allusioni, giochi e canzoncine in un ipnotico tourbillion così assurdo da
sembrare significativo. Da vedere.
 
Padiglione Irlanda - The Shrinking Universe
Artista: Eva Rothschild
Curatore: Mary Cremin
Sede: Arsenale
Voto di ARTE.it: 6
 
Eva Rothschild dimostra la sua grande conoscenza della tradizione modernista pur mantenendo un linguaggio
scultoreo assolutamente distintivo. Forme prese dal contesto urbano si intersecano con forme geometriche e
classiche. Un intervento monumentale e colorato che unisce forme del passato e figure astratte realizzate in
materiali diversi: un’installazione cinestetica che invita gli osservatori a immergersi in un ricostruzione tra reale
e astratto.

Padiglione Arabia Saudita - After Illusion


Artista: Zahrah Al Ghamdi
Curatore: Eiman Elgibreen
Commissario: Misk Art Insitute
Sede: Arsenale
Voto di ARTE.it: 7

Torna dopo 8 anni l'Arabia Saudita alla Biennale di Venezia. E l'esposizione dell'artista Zahrah Al Ghamdi dà
forma alle parole di un antico poema arabo scritto da Zuhayr bin Abi Sulma (520 - 609). Tema il ritorno a casa,
dove l'artista offre un tentativo di meditare sul valore dell'incertezza, aprendo nuove porte alla consapevolezza
di sé e trasformazione.
Una bella atmosfera pervade il padiglione dove canyon immaginari vengono popolati di altrettante immaginarie
forme, forse conchiglie che da terra risalgono le morbide pareti, forse solo tramite tattile e tangibile alla ricerca
di uno spazio - la casa - reale e metaforico al tempo stesso.

Padiglione Ghana - Ghana Freedom


Artisti: Felicia Abban, John Akomfrah, El Anatsui, Lynette Yiadom Boakye Ibrahim
Curatore: Nana Oforiatta Ayim
Commissario: Ghana Ministry of Tourism, Arts and Culture
Sede: Arsenale
Voto di ARTE.it: 9

E' la prima volta del Ghana alla Biennale di Venezia e lo spazio espositivo della nazione africana fortemente
voluto dal compianto Okwui Enwezor e curato dalla regista Nana Oforiatta Ayim è certamente una dei più
interessanti luoghi da visitare in questa edizione. Storia e politica, colonialismo e diaspora sono le quattro
colonne portanti del Padiglione del Ghana. Uno spazio progettato da David Adjaye che riesce a tenere uniti artisti
diversi e lontani tra loro e ad offrire uno sguardo interessante e inconsueto della società ghanese con i video del
regista John Akomfrah, le sculture di El Anatsui, le installazioni di Ibrahim Mahama, l'arte pittorica di Lynette
Yiadom-Boakye, le video installazioni di Selasi Awusi Sosu e gli scatti fotografici e gli autoritratti della prima
fotografa professionista del paese Felicia Abban. Bellissimo.

il contenuto di video arte fruibile in mostra con le opere video dell’inglese Ed Atkins, con le ipnotiche
visioni attinte da enormi serbatoi scientifici di dati del giapponese  Ryoji Ikeda o con le narrazioni
animate dell’assurdo virtuale, opera del canadese Jhon Rafman dal titolo Dream Journal.

Fluida video installazione basata sull’utilizzo di intelligenza artificiale del tedesco  Hito Steyerl dal
titolo This is the future. 

Drammatica poi l’opera 48 war movies di Christian Marclay che attraverso un’installazione


monocanale genera una cacofonica sovrapposizione di audio-riprese di guerra in estenuante loop.
Opera video Ocean II ocean, del francese Cyprien Gaillard in dialogo con uno degli spazi industriali
dell’antico cantiere

monumentali mani di Lorenzo Quinn dal titolo Building bridges; mastodontica quanto quelle mani è
l’opera il volo

monumentale scultura del polacco Roman Stańczak, continuazione della sua pratica di rovesciameto e


decostruzione su un grande aereo militare, in favore della negazione dell’ordine conosciuto.

Emerge poi l’opera dell’indiana Shilpa Gupta con l’installazione sonora dal titolo For, in tour tongue, I
cannot fit in cui affronta il dramma della violenza della censura in India ed altrove.

Una letterale Chimera l’opera del cipriota Haris Epaminonda che mette in mostra un viaggio


audiovisivo sperimentale ed eleganti installazioni in cui ogni pezzo composto ha ragione di essere.
Interessante il concetto del recupero nell’opera ironica di  Zhanna Kadyrova in cui vestiti e frutti
divengono ironiche ceramiche o nell’opera tassidermica e pacata del messicano  Gabriel Rico.

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