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Argomenti

del pre-corso
Prof. Nardozza e La Bianca

A cura di Alessandro Fanizzi

Tutor per il Dipartimento di Informatica

anno accademico 2013/2014


Indice
Insieme dei numeri naturali
Operazioni
Multiplo di un numero naturale

Insieme dei numeri interi


Teorema fondamentale dell’aritmetica
Massimo comune divisore (MCD)
Minimo comune multiplo (mcm)
Alcune disuguaglianze per i numeri interi

Insieme dei numeri razionali


Operazioni
Rappresentazione di una frazione in un sistema decimale
posizionale
Numeri periodici

Insieme dei numeri reali


Problema del quadrato di lato unitario
Numeri irrazionali
Alcuni esercizi

Cenni di Logica Matematica


Proposizioni
Tautologie e contraddizioni
Operatori logici:
negazione, congiunzione, unione, implicazione.
Proposizioni composte
Negazione di proposizioni composte
Predicati e quantificatori
Alcuni esempi

Equazioni Polinomiali (in una incognita)


Definizione di equazione
Principi di equivalenza
Equazioni di primo e secondo grado
Alcuni esercizi

Richiami di Geometria analitica nel piano


Retta numerica (o reale)
Definizione di ascissa
Piano Cartesiano
Distanza tra due punti
Equazione di una retta
Fascio proprio ed improprio di rette
Parallelismo e perpendicolarità
Retta passante per due punti
Equazione di una circonferenza
Posizione di una retta rispetto ad una Circonferenza
Equazione di una Parabola
Posizione di una retta rispetto ad una Parabola
Insieme dei

Numeri naturali ℕ

Il primo insieme che prendiamo in esame è l’insieme dei numeri


naturali. Esso si denota con: ℕ = {0 , 1 , 2 , 3 , … }

I suoi elementi sono i numeri interi positivi, i primi numeri ad


essere storicamente usati dall’umanità.

Nell’insieme dei numeri naturali, vengono definite le quattro


operazioni di somma, prodotto, sottrazione e divisione anche se
solo le operazioni di somma e prodotto sono operazioni interne,
nel senso che il risultato è ancora un numero naturale.

Per questo motivo si suole dire anche che l’insieme dei numeri
naturali ℕ è 𝑐ℎ𝑖𝑢𝑠𝑜 rispetto alle operazioni di somma e prodotto.

L’operazione di addizione gode delle seguenti due proprietà valide


per qualsiasi numero naturale 𝑎, 𝑏, 𝑐 :

1. 𝑝𝑟𝑜𝑝𝑟𝑖𝑒𝑡à 𝑐𝑜𝑚𝑚𝑢𝑡𝑎𝑡𝑖𝑣𝑎 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑠𝑜𝑚𝑚𝑎: 𝑎+𝑏 =𝑏+𝑎


2. 𝑝𝑟𝑜𝑝𝑟𝑖𝑒𝑡à 𝑎𝑠𝑠𝑜𝑐𝑖𝑎𝑡𝑖𝑣𝑎 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑠𝑜𝑚𝑚𝑎 (𝑎 + 𝑏) + 𝑐 = 𝑎 + (𝑏 + 𝑐)
3. 𝑒𝑠𝑖𝑠𝑡𝑒𝑛𝑧𝑎 𝑑𝑒𝑙𝑙 ′ 𝑒𝑙𝑒𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜 𝑛𝑒𝑢𝑡𝑟𝑜 𝑎+0=𝑎 =0+𝑎

L’operazione di moltiplicazione gode di proprietà analoghe:

1. 𝑝𝑟𝑜𝑝𝑟𝑖𝑒𝑡à 𝑐𝑜𝑚𝑚𝑢𝑡𝑎𝑡𝑖𝑣𝑎 𝑑𝑒𝑙 𝑝𝑟𝑜𝑑𝑜𝑡𝑡𝑜: 𝑎∙𝑏 =𝑏∙𝑎


2. 𝑝𝑟𝑜𝑝𝑟𝑖𝑒𝑡à 𝑎𝑠𝑠𝑜𝑐𝑖𝑎𝑡𝑖𝑣𝑎 𝑑𝑒𝑙 𝑝𝑟𝑜𝑑𝑜𝑡𝑡𝑜 (𝑎 ⋅ 𝑏) ⋅ 𝑐 = 𝑎 ⋅ (𝑏 ⋅ 𝑐)
3. 𝑒𝑠𝑖𝑠𝑡𝑒𝑛𝑧𝑎 𝑑𝑒𝑙𝑙 ′ 𝑒𝑙𝑒𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜 𝑛𝑒𝑢𝑡𝑟𝑜 𝑎⋅1=𝑎 =1⋅𝑎
Inoltre abbiamo le seguenti proprietà che lega la somma e
prodotto:
4. Proprietà distributiva del prodotto rispetto alla somma:

(𝑎 + 𝑏) ⋅ 𝑐 = 𝑎 ⋅ 𝑐 + 𝑏 ⋅ 𝑐

Le operazioni di sottrazione e di divisione di numeri naturali come


abbiamo detto prima non sono sempre possibili in ℕ.

Definizione. Dati due numeri naturali 𝑛, 𝑚 ∈ ℕ, si definisce 𝑛 − 𝑚


quel numero naturale (se esiste), che sommato ad 𝑚 dà come
risultato 𝑛.

Si vede facilmente che 𝑛 deve essere più grande di 𝑚 per poter fare
l’operazione di sottrazione, altrimenti il risultato non può essere
un numero naturale.

In modo analogo alla sottrazione si definisce la divisione.

Definizione. Dati due numeri naturali 𝑛, 𝑚 ∈ ℕ, si definisce 𝑛: 𝑚


quel numero naturale (se esiste ed è unico), che moltiplicato ad 𝑚
dà come risultato 𝑛.

Anche per la divisione è immediato constatare che il risultato non


esiste sempre. In primo luogo non si può dividere per zero, infatti
per avere ad esempio 8: 0 = 𝑥 si dovrebbe avere: 8 ∙ 0 = 𝑥. A questo
punto se 𝑥 ≠ 0 tale uguaglianza è impossibile, mentre se 𝑥 = 0 si
hanno infiniti risultati e pertanto l’operazione non può essere
definita.

Infine notiamo che anche escludendo questi due casi, il risultato


è un numero naturale solo quando 𝑛 è un 𝑚𝑢𝑙𝑡𝑖𝑝𝑙𝑜 di 𝑚 cioè del
tipo: 𝑛 = 𝑚 ∙ 𝑘 𝑐𝑜𝑛 𝑘 ∈ ℕ
Appunti del 15 settembre 2015

Nardozza

Insieme dei

Numeri Interi ℤ

I numeri interi (o interi relativi) sono formati dall’unione dei


numeri naturali e dei numeri interi negativi costruiti ponendo un
segno positivo + o negativo – davanti ai numeri naturali.

L’insieme dei numeri interi viene denotato con simbolo ℤ perché è


la lettera iniziale della parola “Zahl” che in tedesco significa
numero.

ℤ = {⋯ , −3 , −2 , −1 , 0 , +1 , +2 , +3 , ⋯ }

I numeri interi possono essere sommati sottratti e moltiplicati ed


il risultato rimane ancora un numero intero e per questo motivo
si dice che è chiuso rispetto alle operazioni di addizione e
moltiplicazione.
Teorema fondamentale dell’aritmetica

Ogni numero intero diverso da 0,1, −1 o è un numero primo o si


può esprimere come prodotto di numeri primi. Tale
rappresentazione è unica, se si prescinde dall’ordine in cui
compaiono i fattori.

Formalmente, ∀ 𝑛 ∈ ℤ 𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑐ℎ𝑒 𝑛 ≠ 0,1, −1 si può scrivere come:


𝛼 𝛼 𝛼
𝑛 = (−1)𝑠 𝑝1 1 𝑝2 2 ⋯ 𝑝𝑟 𝑟 ove 𝑠 ∈ {0,1} 𝛼1 , … , 𝛼𝑟 ≥ 1

𝑝1, 𝑝2 , … , 𝑝𝑟 𝑝𝑟𝑖𝑚𝑖 𝑡𝑎𝑙𝑖 𝑐ℎ𝑒 0 < 𝑝1 < 𝑝2 < ⋯ < 𝑝𝑟

Oss. Il numero naturale 4 ha diverse fattorizzazioni:

4 = 22 4 = (−2)2 4 = (−1)(−2) ∙ 2

Tuttavia se si tiene conto delle richieste del teorema, la


fattorizzazione è unica.

La fattorizzazione in numeri primi è importante in quanto


attraverso essa è possibile determinare i divisori, infatti:

𝑚|𝑛 ↔ ∃ ℎ ∈ 𝑍 𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑐ℎ𝑒 ∶ 𝑛 = 𝑚ℎ

Poiché la fattorizzazione di un numero naturale è unica, i divisori


di n sono divisori di m oppure di h.

Ad esempio 36 = 22 32 e pertanto 5 non può dividere 36 in quanto


non compare nella fattorizzazione.

Segue che un divisore di n è necessariamente del tipo:

𝑑 𝑑
𝑚 = 𝑝1 1 ⋯ 𝑝𝑟 𝑟 ove 0 ≤ 𝑑𝑖 ≤ 𝑒𝑖

Ad esempio l’insieme dei divisori di 36 è del tipo:


𝐷36 = { 2𝑖 3𝑘 | 𝑖, 𝑘 ∈ 𝑁 𝑡. 𝑐. 0 ≤ 𝑖 ≤ 2 , 0 ≤ 𝑘 ≤ 2 }

Gl’indici i,k possono variare in tre modi possibili, pertanto i


possibili divisori positivi di 36 sono in numero 3 ∙ 3 = 9 e sono dati
da:

divisori positivi di 36: 1, 2, 3, 4, 6, 9, 12, 18, 36

Se si tiene conto dei divisori anche negativi, i divisori di 36 sono


in numero: 2 ∙ 9 = 18

Massimo comune divisore (MCD)


L’insieme dei divisori è finito ed in particolare anche l’insieme dei
divisori comuni è tale. Quest’ultimo insieme è certamente non
vuoto visto che 1 divide qualsiasi numero naturale. Il massimo dei
divisori comuni, prende il nome di “Massimo comune divisore” e
si denota con MCD. Per convenzione il massimo comune divisore
è positivo.

Per calcolare il massimo comune divisore tra due numeri è


necessario fattorizzarli nel prodotto di numeri primi, e prendere
successivamente i fattori comuni una sola volta col più piccolo
esponente.

Esempio.

Calcolare il massimo comune divisore tra 14 e 36.

Le fattorizzazioni di 14 e 36 sono rispettivamente:

14 = 2 ∙ 7 36 = 22 32 𝑀𝐶𝐷(14 , 36 ) = 2
Minimo comune multiplo (mcm)
Per calcolare il minimo comune multiplo, in maniera analoga a
quanto visto per il MCD, bisogna determinare le fattorizzazioni in
numeri primi e successivamente prendere i fattori comuni e non
comuni una sola volta col più grande esponente.

Un altro modo per calcolare il minimo comune multiplo, è dato


𝑎∙𝑏
dalla seguente relazione: 𝑚𝑐𝑚(𝑎, 𝑏) =
𝑀𝐶𝐷(𝑎,𝑏)

Ad esempio utilizzando tale relazione si ricava immediatamente


36∙14
che: 𝑚𝑐𝑚(14, 36) = = 367
2

Alcune diseguaglianze per i numeri interi


 ∀ 𝑥 ∈ 𝑍 ∶ 𝑥 ≤ |𝑥|

 ∀ 𝑥, 𝑦 ∈ 𝑍 ∶ |𝑥 ∙ 𝑦| = |𝑥| ∙ |𝑦| (𝑚𝑜𝑙𝑡𝑖𝑝𝑙𝑖𝑐𝑎𝑡𝑖𝑣𝑖𝑡à 𝑑𝑒𝑙 𝑣𝑎𝑙𝑜𝑟𝑒 𝑎𝑠𝑠𝑜𝑙𝑢𝑡𝑜)

 ∀ 𝑥, 𝑦 ∈ 𝑍: |𝑥 + 𝑦| ≤ |𝑥| + |𝑦| (𝑑𝑖𝑠𝑒𝑔𝑢𝑎𝑔𝑙𝑖𝑎𝑛𝑧𝑎 𝑡𝑟𝑖𝑎𝑛𝑔𝑜𝑙𝑎𝑟𝑒)


Insieme dei
Numeri Razionali ℚ

Un 𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑟𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑎𝑙𝑒 è un qualsiasi numero ottenuto rapportando


due numeri interi, il secondo dei quali diverso da zero. L’insieme
dei numeri razionali si denota con il simbolo ℚ:

𝑎
ℚ = { ∶ 𝑎, 𝑏 ∈ ℤ , 𝑏 ≠ 0 }
𝑏

Ogni numero razionale può essere scritto in infiniti modi. Ad


1
esempio il numero razionale può essere rappresentato anche
2
2 3 6
come , , , ⋯
4 6 12

Osserviamo che due numeri razionali rappresentano lo stesso


numero razionale se e solo se:
𝑎 𝑐
= ↔ 𝑎𝑑 = 𝑏𝑐
𝑏 𝑑

In particolare fra gli infiniti modi di rappresentare un numero


razionale, si può scegliere quello tale che il numeratore ed il
denominatore siano numeri primi tra loro, cioè il loro massimo
comune divisore sia eguale ad 1. Quando accade ciò, si dice che
la frazione è ridotta ai minimi termini.

Per ridurre ai minimi termini un numero razionale, bisogna in


primo luogo calcolare il massimo comune divisore tra il
numeratore ed il denominatore.
Sia 𝑑 = 𝑀𝐶𝐷(𝑎, 𝑏) > 1. Allora il numero razionale si può scrivere:

𝑎 𝑚∙𝑑 𝑚
= = 𝑀𝐶𝐷 (𝑚, 𝑛) = 1
𝑏 𝑛∙𝑑 𝑛

La somma di due numeri razionali si effettua facilmente se le due


frazioni hanno lo stesso denominatore. In tal caso si ha:

𝑎 𝑏 𝑎+𝑏
+ =
𝑐 𝑐 𝑐

Se invece le due frazioni non hanno lo stesso denominatore, si


possono trasformare in frazioni rispettivamente equivalenti a
quelle date e tali che abbiano lo stesso denominatore.

Sia 𝑚 = 𝑚𝑐𝑚(𝑐, 𝑑). Allora se 𝑚: 𝑐 = ℎ , 𝑚: 𝑑 = 𝑘 , si può scrivere:

𝑎 𝑏 𝑎∙ℎ 𝑏∙𝑘 𝑎∙ℎ+𝑏∙𝑘


+𝑑 = + =
𝑐 𝑚 𝑚 𝑚
𝑎
Un numero razionale si dice frazione propria se: |𝑎| < |𝑏| ,
𝑏

altrimenti si dice frazione impropria.

Le frazioni improprie si possono scrivere come somma di un


numero intero più una frazione propria. Ad esempio:

−5 −3 − 2 −3 −2 −2
= = + = −1 +
+3 +3 +3 +3 +3

Ogni numero razionale ha uno ed un solo opposto infatti:


𝑎 −𝑎 𝑎 +𝑎
+ =0= +
𝑏 +𝑏 𝑏 −𝑏
−𝑎 +𝑎
Osserviamo che le frazioni , sono equivalenti e pertanto
+𝑏 −𝑏

possono essere denotate con un unico simbolo. Si pone quindi:

−𝑎 +𝑎 𝑎
= =−
+𝑏 −𝑏 𝑏
Il prodotto di frazioni viene definito invece come segue:

𝑎 𝑐 𝑎∙𝑐
∙ =
𝑏 𝑑 𝑏∙𝑑

Osserviamo che per la legge di annullamento del prodotto, il


risultato che si ottiene è ancora una frazione in quanto il
denominatore è diverso da zero.

Ogni numero razionale non nullo ammette esattamente un


inverso, cioè:

∀ 𝑟 ∈ 𝑄 𝑟 ≠ 0 ∃! 𝑟̅ ∈ 𝑄 𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑐ℎ𝑒 𝑟 ∙ 𝑟̅ = 1

Per la moltiplicazione si parla di inverso e non di opposto e


𝑎 −1 𝑏
l’inverso di un numero razionale si denota con: ( ) =
𝑏 𝑎

Rappresentazione di una frazione in un


sistema decimale posizionale

Una caratteristica importante dei numeri razionali, è che possono


essere rappresentati con un numero finito di cifre o simboli.

In primo luogo osserviamo che ogni numero decimale avente un


numero finito di cifre decimali, è un numero razionale, infatti:
𝑛𝑎1 𝑎2 ⋯ 𝑎𝑘
𝑛. 𝑎1 𝑎2 ⋯ 𝑎𝑘 =
10𝑘

𝑛: 𝑝𝑎𝑟𝑡𝑒 𝑖𝑛𝑡𝑒𝑟𝑎 𝑎1 , 𝑎2 , ⋯ 𝑎𝑘 : 𝑐𝑖𝑓𝑟𝑒 𝑑𝑒𝑐𝑖𝑚𝑎𝑙𝑖


8537 147283
Esempio: 0.8537 = 1.47283 =
10000 100000

I numeri razionali tuttavia non sono rappresentati soltanto da


numeri decimali aventi un numero finito di cifre, ma anche da
numeri decimali aventi un certo numero di cifre decimali (non
tutte eguali a zero) che si ripete infinite volte.

Questi ultimi tipi di numeri razionali, vengono detti periodici ed il


blocco di numeri che si ripete viene denotato con il simbolo: ̅

Ad esempio: 0.2222222222 ⋯ ⋯ ⋯ = 0. 2̅

Il problema che ci si pone è come rappresentare un numero


periodico in termini di frazioni.

Vale il seguente risultato:


𝑎 𝑝
𝑛. 𝑎𝑝̅ = 𝑛 + +
1000 ⋯ 000 999 ⋯ 999000 ⋯ 000

𝑛: 𝑝𝑎𝑟𝑡𝑒 𝑖𝑛𝑡𝑒𝑟𝑎 𝑎: 𝑐𝑖𝑓𝑟𝑒 𝑐ℎ𝑒 𝑝𝑟𝑒𝑐𝑒𝑑𝑜𝑛𝑜 𝑖𝑙 𝑝𝑒𝑟𝑖𝑜𝑑𝑜 (𝑎𝑛𝑡𝑖𝑝𝑒𝑟𝑖𝑜𝑑𝑜)

𝑝: 𝑝𝑒𝑟𝑖𝑜𝑑𝑜

Il numero di zeri che compare in entrambe le frazioni è uguale al


numero di cifre dell’antiperiodo, mentre il numero di 9 è eguale al
numero di cifre del periodo.

Esempio.

1 2 11
0.12̅ = + =
10 90 90
8 7 15 6 2
0. 8̅ + 0. 7̅ = + = = 1 + = 1 + = 1 + 0. 6̅ = 1. 6̅
9 9 9 9 3
9
0. 9̅ = =1
9
L’ultima relazione non è una approssimazione di 1 come si è
tentati a pensare, ma rappresenta esattamente 1. In altri termini
esistono più modi per rappresentare lo stesso numero razionale!

Per confrontare due frazioni è necessario ridurle allo stesso


denominatore ed inseguito bisogna confrontare i numeratori:
𝑎 𝑐
< ↔ 𝑎<𝑐
𝑏 𝑏
2 1
Esempio. Confrontare le frazioni ,
7 9

2 18 9 1
𝑚𝑐𝑚(7 , 9 ) = 63 = > =
7 63 63 9
Appunti del 21 settembre 2015
Nardozza

Insieme dei

Numeri Reali ℝ

Come abbiamo visto, i numeri razionali possono avere un numero


finito di cifre decimali o infinito ma con una periodicità. Resta da
chiedersi se i numeri con infinite cifre decimali non periodiche,
siano razionali o meno.

Fin dall’antichità, si pensava che la natura fosse descritta


attraverso numeri razionali, pertanto tutte le misurazioni
derivanti da problemi di carattere geometrico ad esempio
dovevano essere esprimibili come il prodotto di un numero
razionale per una certa unità di misura “u” fissata arbitrariamente
a priori.

Consideriamo adesso un quadrato di lato unitario (1u) e ci


poniamo il problema di misurare la diagonale.

𝑑: 𝑑𝑖𝑎𝑔𝑜𝑛𝑎𝑙𝑒 𝑑𝑒𝑙 𝑞𝑢𝑎𝑑𝑟𝑎𝑡𝑜

1𝑢 𝑢: 𝑢𝑛𝑖𝑡à 𝑑𝑖 𝑚𝑖𝑠𝑢𝑟𝑎
Applicando il Teorema di Pitagora, la diagonale del quadrato deve
soddisfare la seguente relazione: 𝑑2 = 2

Si può provare mediante un ragionamento per assurdo, che non


esiste nessun numero razionale che soddisfa tale relazione.

Si dice che la diagonale di un quadrato unitario ed il suo lato,


sono incommensurabili.

Tutti i numeri che non si possono esprimere come rapporto di


numeri interi, si dicono numeri irrazionali. Sono numeri
irrazionali ad esempio: √2 √3 𝜋 𝑙𝑜𝑔2

In particolare, i numeri irrazionali che non possono essere


ottenuti come soluzione di una equazione polinomiale, prendono
il nome di numeri trascendenti. Ad esempio 𝜋 è un numero
trascendente, mentre √2 si dice irrazionale algebrico in quanto
può essere ottenuto come soluzione dell’equazione di secondo
grado: 𝑥 2 = 2

Una principio importante dei numeri reali, è il seguente:

∀ 𝑎, 𝑏, 𝑟 ∈ ℝ 𝑐𝑜𝑛 𝑎, 𝑏, 𝑟 > 0 𝑟𝑖𝑠𝑢𝑙𝑡𝑎: 𝑎 ≤ 𝑏 ↔ 𝑎𝑟 ≤ 𝑏 𝑟

Osserviamo che tale proprietà non è un principio di equivalenza.


Ad esempio nel caso in cui l’esponente 𝑟 sia un numero naturale
il primo membro è stato moltiplicato 𝑟 − 𝑣𝑜𝑙𝑡𝑒 per 𝑎, mentre il
secondo 𝑟 − 𝑣𝑜𝑙𝑡𝑒 per 𝑏.

Tale proprietà inoltre può essere utile per confrontare frazioni in


cui il numeratore o il denominatore siano in generale numeri reali,
come mostra il seguente esempio:

1 2 1 1
≤ ↔ ≤ ↔ √3 ≤ 4 ↔ 3 ≤ 16 𝑣𝑒𝑟𝑜
2 √3 4 √3
Alcuni esercizi

Es.1 Sia 𝑥 ∈ ℝ , 𝑥 ≠ 1. Dire quale delle seguenti affermazioni

sono vere e quali false:

a) −𝑥 − 1 < 0 ;

b) (𝑥 − 1)2 è sempre maggiore di 𝑥 − 1 ;

c) −(𝑥 − 1)2 è sempre negativo;

d) 2𝑥 − 1 è sempre maggiore di -1 ;

L’affermazione a) è falsa in quanto per 𝑥 = −1 ad esempio, il


primo membro si annulla!

Per rispondere alla b) invece, si può risolvere la disequazione:

(𝑥 − 1)2 > 𝑥 − 1 che equivale a risolvere la disequazione di secondo


grado 𝑥 2 − 3𝑥 + 2 > 0 la cui soluzione è data da:

𝑥 < 1 ∨ 𝑥 > 2 . La b) pertanto è falsa in quanto non è soddisfatta


∀ 𝑥 ∈ ℝ. Notiamo che per rispondere al quesito non è
indispensabile risolvere la disequazione, in quanto è sufficiente
esibire un controesempio. È facile rendersi conto ad esempio che
3
la b) è falsa in corrispondenza di 𝑥 = .
2

La c) è vera in quanto per ipotesi 𝑥 ≠ 1, mentre la d) è falsa in


quanto è falsa per esempio per 𝑥 = −1.
Es. 2 Stabilire se la seguente diseguaglianza è vera o falsa:
1 3
− < − √3
2

Applicando il secondo principio di equivalenza si può trasformare


la disequazione in una equivalente in cui non compaiono termini
1 3
negativi: > √3 . Elevando alla potenza terza ambo i membri si
2
1
ottiene: > 3 che ovviamente è falsa.
8

Es. 3 È vero che −(√3 + 2) è l’inverso di √3 − 2 ?

Poiché c’è scritto inverso, dobbiamo calcolare il prodotto e


verificare che il risultato è pari ad 1, che è l’elemento neutro della
moltiplicazione: −(√3 + 2)(√3 − 2) = −(3 − 4) = −(−1) = +1

La risposta è quindi affermativa!

3 65
Es.4 Quanto vale la metà di ( ) ?
4

Applicando le proprietà elementari delle potenze si ha:

1 365 1 365 1 365 365


∙ = ∙ = ∙ =
2 465 2 22∙65 2 2130 2131

1 −1
Es.5 Il doppio del reciproco del quadrato di (− ) è uguale
5

al reciproco del doppio del quadrato di 5?

Un calcolo diretto mostra che il doppio del reciproco del quadrato

1 −1 2
di (− ) vale: 2 ∙ (((−5)2 )−1 ) = 2 ∙ (−5)−2 = , mentre il reciproco
5 25

−1 1
del doppio del quadrato di 5 è dato da: (2 ∙ (52 )) = (2 ∙ 25)−1 =
50
Es.6 Dato un intero 𝑎, sapendo che 𝑎 è un multiplo di 5 e 15
è un divisore di 𝑎, deve essere vero che:

(a) 𝑎 = 0
(b) 𝑎 = 5
(c) 𝑎 = 10
(d) 𝑎 = 15
(e) 5 è un multiplo qualunque di 5
(f) 𝑎 è un multiplo qualunque di 3
(g) 𝑎 è un multiplo qualunque di 15

Poiché 𝑎 è un numero intero multiplo di 5: ∃ ℎ ∈ ℤ 𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑐ℎ𝑒 𝑎 = 5ℎ

D’altra parte poiché 15 divide 𝑎: ∃ 𝑘 ∈ ℤ 𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑐ℎ𝑒 𝑎 = 15𝑘

Poiché 5 divide 15, si deduce che la prima condizione è


ridondante, cioè 𝑎 deve essere del tipo: 𝑎 = 15𝑚 𝑜𝑣𝑒 𝑚 ∈ ℤ (∗)

Osserviamo che 𝑎 = 0 soddisfa la relazione (∗) ma non è l’unico


numero che soddisfa tale relazione! La risposta (a) è quindi falsa,
così come la (b), la (c) e la (d). La risposta (e) è anch’essa falsa in
quanto 𝑎 ≠ 5 ( ∀ 𝑚 ∈ ℤ ) e 5 è un multiplo di 5. La (f) è vera in
quanto 3 compare nella fattorizzazione di 15 e la (g) è vera per
definizione di multiplo di 15.
Cenni di Logica

Matematica

La 𝒍𝒐𝒈𝒊𝒄𝒂 𝒎𝒂𝒕𝒆𝒎𝒂𝒕𝒊𝒄𝒂 è quella branca della matematica che


studia i sistemi formali dal punto di vista del modo di codificare i
concetti intuitivi della dimostrazione e di computazione.

Una proposizione è un’affermazione che è vera o falsa, ma non


può essere contemporaneamente vera e falsa.

Esempi di proposizioni sono:

 Roma è capitale d’Italia;


 Londra si trova in America;
 Il cielo è azzurro;
 3 + 1 = 10

Le seguenti affermazioni invece non sono proposizioni in quanto


non si può stabilire se sono vere o false:

 Che ore sono?


 Che bella musica!
 Alessandro è simpatico!
 Tutti i giorni in estate piove almeno due ore.

In particolare l’ultima non è una proposizione perché in certe parti


del mondo può essere vera, in altre può essere falsa. Se per
esempio la trasformassimo nella seguente: in qualche parte del
mondo tutti i giorni d’estate piove almeno due ore”, allora
diventerebbe una proposizione (vera).

Per concatenare due o più proposizioni si usano i connettivi logici:

¬ ∶ 𝑛𝑒𝑔𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 (𝑛𝑜𝑡) ∨ ∶ 𝑢𝑛𝑖𝑜𝑛𝑒 (𝑜𝑟) ∧: 𝑐𝑜𝑛𝑔𝑖𝑢𝑛𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 (𝑎𝑛𝑑)

ottenendo una proposizione composta.

𝑫𝒆𝒇. Una proposizione che è sempre vera, indipendentemente dal


valore di verità delle proposizioni da cui è composta, prende il
nome di 𝒕𝒂𝒖𝒕𝒐𝒍𝒐𝒈𝒊𝒂.

Una proposizione composta che è sempre falsa, prende il nome di


𝒄𝒐𝒏𝒕𝒓𝒂𝒅𝒅𝒊𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆.

L’operatore logico di negazione associa ad una proposizione


un’altra proposizione che si ottiene negando la prima.

Ad esempio, sia 𝑃 la proposizione:

𝑃: 𝑖𝑒𝑟𝑖 𝑎𝑏𝑏𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑏𝑎𝑡𝑡𝑢𝑡𝑜 𝑔𝑙𝑖 𝑎𝑣𝑣𝑒𝑟𝑠𝑎𝑟𝑖

La sua negazione è la proposizione:

¬𝑃: 𝑛𝑜𝑛 è 𝑣𝑒𝑟𝑜 𝑐ℎ𝑒 𝑖𝑒𝑟𝑖 𝑎𝑏𝑏𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑏𝑎𝑡𝑡𝑢𝑡𝑜 𝑔𝑙𝑖 𝑎𝑣𝑣𝑒𝑟𝑠𝑎𝑟𝑖

Osserviamo che data una proposizione che indichiamo con 𝑃, la


proposizione ¬𝑃 (𝑛𝑜𝑡 𝑃) è vera se 𝑃 è falsa e viceversa.

Si ha la seguente tavola di verità:

𝒑 ¬𝒑
𝑉 𝐹
𝐹 𝑉
L’operatore di disgiunzione ∨ a differenza di quello precedente,
opera tra due proposizioni. In particolare, la proposizione 𝑝 ∨ 𝑞 è
vera, se almeno una delle due proposizioni 𝑝, 𝑞 è vera. Per
l’operatore di congiunzione ∧ , la proposizione 𝑝 ∧ 𝑞 risulta vera se
entrambe sono vere.

La tavola di verità corrispondente alle proposizioni di


congiunzione 𝑝 ∧ 𝑞 e disgiunzione 𝑝 ∨ 𝑞 è la seguente:

𝒑 𝒒 𝒑∧𝒒 𝒑∨𝒒
𝑉 𝑉 𝑉 𝑉
𝑉 𝐹 𝐹 𝑉
𝐹 𝑉 𝐹 𝑉
𝐹 𝐹 𝐹 𝐹

Diamo ora un’importante nuova proposizione che si può costruire


a partire da due proposizioni.

Siano 𝑝, 𝑞 due proposizioni. La proposizione 𝑝 ⟹ 𝑞 (𝑝 𝑖𝑚𝑝𝑙𝑖𝑐𝑎 𝑞) è


una proposizione che è falsa quando 𝑝 è vera e 𝑞 è falsa, mentre è
vera in tutti gli altri casi.

Si ha la seguente tavola di verità:

𝒑 𝒒 𝒑⇒𝒒
𝑉 𝑉 𝑉
𝑉 𝐹 𝐹
𝐹 𝑉 𝑉
𝐹 𝐹 𝑉
Consideriamo adesso le seguenti due proposizioni:

𝑝: "oggi è venerdì " q: " 2+1=3 "

Costruiamo la proposizione composta

𝑝 ⇒ 𝑞 ∶ " 𝑠𝑒 𝑜𝑔𝑔𝑖 è 𝑣𝑒𝑛𝑒𝑟𝑑ì 𝑎𝑙𝑙𝑜𝑟𝑎 2 + 1 = 3 "

Tale proposizione è vera! È da notare che ci induce ad un errore


perché pensiamo ad un rapporto causa effetto, ovvero se si
manifesta la causa allora si manifesta l’effetto.

Ad esempio se un candidato sindaco promette di abbassare le


tasse, l’unico caso in cui può essere colpevolizzato è il caso in cui
venga eletto e non porta a termine le promesse. Negli altri casi non
si può dire che erano false le sue affermazioni, dunque
necessariamente si assumono vere.

L’implicazione non è simmetrica come gli operatori ∧ ,∨ . Tuttavia


quando vale anche l’implicazione opposta, si parla di equivalenza
logica ( ⇔ 𝑠𝑒 𝑒 𝑠𝑜𝑙𝑜 𝑠𝑒 ):

(𝑝 ⇒ 𝑞 ) ∧ (𝑞 ⇒ 𝑝) è come dire 𝑝 ⟺ 𝑞

La proposizione 𝑝 prende il nome di condizione sufficiente per 𝑞 ,


mentre 𝑞 condizione necessaria per 𝑝 .

Per negare l’implicazione osserviamo che:

¬(𝑝 ⟹ 𝑞) è 𝑓𝑎𝑙𝑠𝑎 𝑠𝑒 𝑝 ⟹ 𝑞 è 𝑣𝑒𝑟𝑎

¬(𝑝 ⟹ 𝑞) è 𝑓𝑎𝑙𝑠𝑎 𝑠𝑒 𝑝 ⟹ 𝑞 è 𝑣𝑒𝑟𝑎

Si può costruire pertanto la seguente tavola di verità:


𝒑 𝒒 𝒑⟹𝒒 ¬(𝒑 ⇒ 𝒒)
𝑉 𝑉 𝑉 𝐹
𝑉 𝐹 𝐹 𝑉
𝐹 𝑉 𝑉 𝐹
𝐹 𝐹 𝑉 𝐹

Consideriamo adesso la proposizione composta 𝑝 ∧ ¬𝑞

𝒑 𝒒 ¬𝒒 𝒑 ∧ ¬𝒒
𝑉 𝑉 𝐹 𝐹
𝑉 𝐹 𝑉 𝑉
𝐹 𝑉 𝐹 𝐹
𝐹 𝐹 𝑉 𝐹

Le due proposizione quindi sono logicamente equivalenti.


Introduciamo il seguente simbolo: ~ ∶ 𝒍𝒐𝒈𝒊𝒄𝒂𝒎𝒆𝒏𝒕𝒆 𝒆𝒒𝒖𝒊𝒗𝒂𝒍𝒆𝒏𝒕𝒆

Per quanto visto, segue che: ¬(𝒑 ⇒ 𝒒) ~ (𝒑 ∧ ¬𝒒)

In modo analogo, si possono provare le seguenti equivalenze


logiche:

¬( 𝒑 ∧ ¬𝒒 ) ~ ( 𝒑 ∧ ¬𝒒 )

¬( 𝒑 ∧ 𝒒 ) ~ ¬𝒑 ∨ ¬𝒒

¬( 𝒑 ∨ 𝒒) ~ ¬𝒑 ∧ ¬𝒒
Predicati e Quantificatori

Abbiamo visto che una proposizione è un’affermazione per la


quale, definito un contesto, possiamo stabilire se sia vera o falsa.

Un predicato su 𝑛 − 𝑣𝑎𝑟𝑖𝑎𝑏𝑖𝑙𝑖 invece è una relazione tra le 𝑛


variabili. Ad esempio "𝑥 è 𝑢𝑛 𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑝𝑎𝑟𝑖" è un predicato su una
sola variabile, 𝑥. Il dominio di una variabile, è l’insieme dei valori
che tale variabile può assumere. Di un predicato non possiamo
dire se sia vero o falso. Quando però tutte le variabili di un
predicato vengono istanziate con un valore del dominio, allora il
predicato diventa una proposizione ed ha senso dire se sia vera o
falsa.

Per i predicati in due variabili, abbiamo le seguenti possibilità:

 ∀ 𝑥 ∀ 𝑦 𝑝(𝑥, 𝑦)
 ∀ 𝑥 ∃ 𝑦 𝑝(𝑥, 𝑦)
 ∃ 𝑥 ∀ 𝑦 𝑝(𝑥, 𝑦)
 ∃ 𝑥 ∃ 𝑦 𝑝(𝑥, 𝑦)

È da notare che pur usando gli stessi quantificatori, scambiando


l’ordine, si ottengono due proposizioni differenti.

Esempio. Consideriamo il seguente predicato: 𝑝(𝑥, 𝑦) ∶ 𝑥 + 𝑦 = 0

Le seguenti due proposizioni sono diverse:

∀𝑥 ∃𝑦 ∶𝑥+𝑦 =0 ∃𝑦 ∀𝑥 ∶ 𝑥+𝑦 =0

La prima dice l’esistenza dell’opposto (ed è vera!), mentre la


seconda proposizione è falsa.
Per negare i quantificatori, si applica la seguente regola:

¬ (∃ 𝑥 ∀ 𝑦 ∶ 𝑝(𝑥, 𝑦)) ~ ∀ 𝑥 ∃ 𝑦 ∶ 𝑝(𝑥, 𝑦)

Esercizi

Es.1 Negare la seguente proposizione composta: “ puoi accedere


ad internet dal campus se e solo se sei un docente oppure non sei
una matricola.

Consideriamo le seguenti tre proposizioni:

𝑝 ∶ 𝑝𝑢𝑜𝑖 𝑎𝑐𝑐𝑒𝑑𝑒𝑟𝑒 𝑎𝑑 𝑖𝑛𝑡𝑒𝑟𝑛𝑒𝑡 𝑑𝑎𝑙 𝑐𝑎𝑚𝑝𝑢𝑠

𝑞 ∶ 𝑠𝑒𝑖 𝑢𝑛 𝑑𝑜𝑐𝑒𝑛𝑡𝑒

𝑟 ∶ 𝑠𝑒𝑖 𝑢𝑛𝑎 𝑚𝑎𝑡𝑟𝑖𝑐𝑜𝑙𝑎

Segue che la proposizione di partenza può essere scritta in modo


formale come: 𝑝 ⇒ (𝑞 ∨ (¬𝑟)). Calcoliamo ora in modo formale la
negazione, utilizzando le regole viste in precedenza:

¬(𝑝 ⇒ (𝑞 ∨ ¬𝑟)) ~ 𝑝 ∧ ¬(𝑞 ∨ ¬𝑟) ~ 𝑝 ∧ (¬𝑞 ∧ ¬(¬𝑟)) ~ 𝑝 ∧ ¬𝑞 ∧ 𝑟

La negazione della frase è: “puoi accedere ad internet dal campus,


non essendo un docente e non essendo una matricola.

Es.2 Qual è la negazione della frase “chi ruba va in galera”?

 chi ruba non va in galera;


 chi non ruba va in galera;
 chi va in galera non ruba;
 chi non ruba non va in galera.
Consideriamo i seguenti due predicati:

𝑝(𝑥) ∶ 𝑥 𝑟𝑢𝑏𝑎 𝑞(𝑥) ∶ 𝑥 𝑣𝑎 𝑖𝑛 𝑔𝑎𝑙𝑒𝑟𝑎

La proposizione può essere tradotta in termini matematici


utilizzando il quantificatore universale: ∀ 𝑥 ∶ 𝑝(𝑥) ⇒ 𝑞(𝑥)

Costruiamo la negazione:

(∀ 𝑥 ∶ 𝑝(𝑥) ⇒ 𝑞(𝑥)) ~ ∃ 𝑥 ∶ ¬(𝑝(𝑥) ⇒ 𝑞(𝑥)) ~ ∃ 𝑥 ∶ 𝑝(𝑥) ∧ ¬𝑞(𝑥)

La negazione della frase è: “ c’è chi ruba e non va in galera”, quindi


nessuna delle risposte è vera.

Es.3 Qual è la negazione della frase: “tutti hanno ascoltato


qualche concerto”.

La frase può essere formalizzata nel seguente modo:

𝑝(𝑥, 𝑦): "𝑙𝑎 𝑝𝑒𝑟𝑠𝑜𝑛𝑎 𝑥 ℎ𝑎 𝑎𝑠𝑐𝑜𝑙𝑡𝑎𝑡𝑜 𝑖𝑙 𝑐𝑜𝑛𝑐𝑒𝑟𝑡𝑜 𝑦"

Applicando la regola della negazione si ha:

¬(∀ 𝑥 ∃ 𝑦 ∶ 𝑝(𝑥, 𝑦)) ~ ∃ 𝑥 ∀ 𝑦 ∶ ¬𝑝(𝑥, 𝑦)

¬𝑝(𝑥, 𝑦): "𝑎𝑙𝑚𝑒𝑛𝑜 𝑢𝑛𝑎 𝑝𝑒𝑟𝑠𝑜𝑛𝑎 ℎ𝑎 𝑎𝑠𝑐𝑜𝑙𝑡𝑎𝑡𝑜 𝑢𝑛 𝑐𝑜𝑛𝑐𝑒𝑟𝑡𝑜"


Equazioni polinomiali

(in una incognita)

Si definisce equazione una uguaglianza tra due espressioni


algebriche (almeno una delle due letterale), che può essere
verificata attribuendo alle lettere uno o più valori.

Esempi di equazioni
𝑥−1
2+𝑥 =1 +4=𝑥 log(𝑥 2 − 2) = 3 2𝑥−1 = 1
3

La lettera prende il nome di incognita, mentre i numeri prendono


il nome di termini noti.

Una soluzione di una equazione è un numero che sostituito al


posto dell’incognita, rende l’uguaglianza vera. Un’equazione si
dice impossibile in un certo insieme (detto dominio dell’equazione)
se non ammette soluzioni in quell’insieme, mentre indeterminata
se ammette un numero infinito di soluzioni.

Principi di equivalenza

Per trasformare un’equazione in un’altra equivalente, cioè che


ammette le stesse soluzioni, si applicano i principi di equivalenza.

Primo principio

Aggiungendo o sottraendo ad entrambi i membri di una equazione


lo stesso numero o la stessa espressione algebrica, si ottiene
un’equazione equivalente a quella data.
Secondo principio

Moltiplicando o dividendo entrambi i membri di una equazione


per la stessa quantità diversa da zero, si ottiene un’equazione
equivalente a quella data.
2
Esempio. Consideriamo l’equazione 𝑥+1=0
3

2
Sottraendo ad entrambi i membri 1 si ottiene: 𝑥 = −1. Applicando
3

ora il secondo principio di equivalenza, si possono moltiplicare


3 3
ambo i membri per ottenendo la soluzione: 𝑥 = −
2 2

In questa sezione ci occuperemo delle 𝑒𝑞𝑢𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑖 𝑝𝑜𝑙𝑖𝑛𝑜𝑚𝑖𝑎𝑙𝑖 che in


forma normale sono equazione del tipo:

𝑎𝑛 𝑥 𝑛 + 𝑎𝑛−1 𝑥 𝑛−1 + ⋯ + 𝑎1 𝑥 + 𝑎0 = 0 𝑎𝑛 ≠ 0

Dove i coefficienti 𝑎𝑛 , 𝑎𝑛−1 , … , 𝑎1 , 𝑎0 sono numeri reali. Il polinomio


che definisce tale equazione è dato da:

𝑝(𝑥) = 𝑎𝑛 𝑥 𝑛 + 𝑎𝑛−1 𝑥 𝑛−1 + ⋯ + 𝑎1 𝑥 + 𝑎0

ed il grado 𝑛 del polinomio 𝑝(𝑥) prende anche il nome di grado


dell’equazione.

La risoluzione di tale equazione si basa sulla fattorizzazione del


polinomio che definisce l’equazione e sulla legge di annullamento
del prodotto, secondo la quale il prodotto di due o più fattori è
nullo se almeno uno dei fattori è nullo. È importante tener
presente che non è detto che il polinomio si possa fattorizzare nel
prodotto di polinomi di grado inferiore ed anche se fosse possibile,
potrebbe risultare molto laborioso. In questi casi generalmente, il
problema può essere risolto mediante l’applicazione di tecniche
numeriche che danno una stima delle soluzione dell’equazione.
Equazioni di primo grado

Le più semplici equazioni polinomiali sono quelle di primo grado:

𝑎𝑥 + 𝑏 = 0 con 𝑎 ≠ 0

𝑏
la cui soluzione è data evidentemente da 𝑥 = − .
𝑎

Si osservi che se 𝑎 = 0 l’equazione ammette infinite soluzioni


(indeterminata) se 𝑏 = 0, mentre risulta impossibile se 𝑏 ≠ 0.

Equazioni di secondo grado

Si consideri la seguente equazione polinomiale di secondo grado:

𝑎𝑥 2 + 𝑏𝑥 + 𝑐 = 0 con 𝑎 ≠ 0

Se manca il termine di primo grado, l’equazione si dice pura, e


ridotta in forma normale sarà del tipo: 𝑥2 = 𝑘

Se 𝑘 è negativo tale uguaglianza è evidentemente impossibile in


quanto il primo membro è sempre positivo, altrimenti se 𝑘 è
positivo, tale equazione ammette due soluzioni reali del tipo:

𝑥1,2 = ±√𝑘. In particolare per 𝑘 = 0 le soluzioni coincidono


entrambe con 𝑥 = 0 .

Se manca il termine noto l’equazione si dice spuria ed è del tipo:

𝑎𝑥 2 + 𝑏𝑥 = 0 𝑥(𝑎𝑥 + 𝑏) = 0

Per la legge di annullamento del prodotto segue:


𝑏
𝑥=0 oppure 𝑥=−
𝑎
Per risolvere l’equazione completa invece si può applicare il
𝑏 𝑐
metodo del completamento dei quadrati: 𝑎 (𝑥 2 + 𝑥 + ) = 0
𝑎 𝑎

𝑏 2
Aggiungendo e sottraendo il termine ( ) e semplificando per 𝑎:
2𝑎

𝑏 𝑏 2 𝑏 2 𝑐
(𝑥 2 + 𝑎 𝑥 + (2𝑎) − (2𝑎) + 𝑎) = 0

𝑏 2 4𝑎𝑐−𝑏2 𝑏 2 𝑏2 −4𝑎𝑐
(𝑥 + 2𝑎) + 4𝑎2
=0 → (𝑥 + 2𝑎) = 4𝑎2

𝑏 𝑏2 −4𝑎𝑐
𝑥+ = ±√
2𝑎 4𝑎2

Si ottiene pertanto la seguente formula risolutiva:

−𝑏±√𝑏2 −4𝑎𝑐
𝑥=
2𝑎

La quantità ∆ = 𝑏 2 − 4𝑎𝑐 prende il nome di discriminante dell’


equazione ed a seconda del segno, l’equazione può o non
ammettere soluzioni reali.
Alcuni esercizi

Esercizio 1. Risolvere la seguente equazione di terzo grado:


5𝑥 3 − 7𝑥 + 2 = 0

Passo 1. Tale equazione è definita dal polinomio di terzo grado:

𝑝(𝑥) = 5𝑥 3 − 7𝑥 + 2

Si denotino con:

𝐷0 = {±1 ; ±2} 𝑖𝑛𝑠𝑖𝑒𝑚𝑒 𝑑𝑒𝑖 𝑑𝑖𝑣𝑖𝑠𝑜𝑟𝑖 𝑑𝑖 𝑎0 = 2

𝐷3 = {±1 ; ±5} 𝑖𝑛𝑠𝑖𝑒𝑚𝑒 𝑑𝑒𝑖 𝑑𝑖𝑣𝑖𝑠𝑜𝑟𝑖 𝑑𝑖 𝑎3 = 5

Le possibili radici razionali del polinomio 𝑝(𝑥) sono da ricercarsi


1 2
nell’insieme: 𝐷 = {±1 ; ±2 ; ± ; ± }. Poiché 𝑝(1) = 0, segue che
5 5

𝛼 = 1 è radice del polinomio 𝑝(𝑥).

Passo 2. Applicando l’algoritmo di Ruffini si ha:

5 0 −7 +2
1| 5 +5| −2
5 5 −2 0

Il polinomio 𝑝(𝑥) si scompone quindi come:

𝑝(𝑥) = (𝑥 − 1)(5𝑥 2 + 5𝑥 − 2)

Per la legge di annullamento del prodotto:

𝑥−1=0 → 𝑥=1

5𝑥 2 + 5𝑥 − 2 = 0
La seconda equazione è di secondo grado. Il delta vale: Δ = 65 e
pertanto le soluzioni sono date da:

−5−√65 −5+√65
𝑥2 = 𝑥3 =
10 10

Esercizio 2. Risolviamo la seguente equazione polinomiale di


quarto grado: 𝑥 4 − 3𝑥 2 + 2 = 0

Ponendo 𝑦 = 𝑥 2 l’equazione diventa: 𝑦 2 − 3𝑦 + 2 = 0.

Il discriminante vale: ∆= 1 e le soluzione valgono 𝑦1 = 1 𝑦2 = 2.

𝑥2 = 1 → 𝑥1,2 = ±1

𝑥2 = 2 → 𝑥2,3 = ±√2
Appunti del 17 Settembre 2015

La Bianca

Richiami di

Geometria Analitica

nel piano

I numeri reali possono essere messi in corrispondenza biunivoca


(relazione 1 a 1) con i punti di una retta, detta retta numerica o
retta reale.

Si fissa un’origine ed una unità di misura 𝑈 in modo tale che il


̅̅̅̅ = 1
segmento 𝑂𝑈

𝑂 𝑈 𝑃

La posizione del punto P (𝑎𝑠𝑐𝑖𝑠𝑠𝑎 𝑑𝑖 𝑃), viene calcolata come:


̅̅̅̅
𝑂𝑃 𝑂𝑃 ̅̅̅̅
= ̅̅̅̅ → 𝑥 ∈ ℝ
= 𝑂𝑃
̅̅̅̅
𝑂𝑈 1
Osserviamo che per definire la posizione del punto P, non è
̅̅̅̅ = 1.
necessario che 𝑂𝑈
Sistema di Assi Cartesiani

Consideriamo adesso un sistema di assi ortogonali cioè che


formano un angolo di 90°, non necessariamente aventi la stessa
unità di misura.

𝑁 𝑃(𝑥, 𝑦)

𝑈2

𝑈1 𝑀

Le ascisse lungo i due assi si calcolano come:

̅̅̅̅̅
𝑂𝑀 ̅̅̅̅̅
𝑂𝑁
̅̅̅̅̅̅
=𝑥 ̅̅̅̅̅̅
=𝑦
𝑂𝑈1 𝑂𝑈2

In questo modo ad ogni punto 𝑃 del piano è associata la coppia


ordinata (𝑥, 𝑦), ed ogni punto viene individuato da una ed una sola
coppia ordinata. La coordinata 𝑥 prende il nome di ascissa,
mentre 𝑦 si chiama ordinata.

Il sistema formato dai due assi prende il nome di “Sistema di assi


Cartesiano” dal nome del celebro matematico e filosofo francese
Renè Descartes, italianizzato in Renato Cartesio.
Distanza tra due punti nel piano

e punto medio

Consideriamo due punti 𝐴(𝑥1 , 𝑦1 ) 𝐵(𝑥2 , 𝑦2 ) .

Applicando il 𝑡𝑒𝑜𝑟𝑒𝑚𝑎 𝑑𝑖 𝑃𝑖𝑡𝑎𝑔𝑜𝑟𝑎 al triangolo rettangolo, la


distanza tra i due punti si può esprimere in funzione delle

coordinate dei due punti:

𝑑𝑖𝑠𝑡(𝐴, 𝐵) = √(𝑥1 − 𝑥2 )2 + (𝑦1 − 𝑦2 )2

Per il punto medio invece si può provare che è dato da:

𝑥1 +𝑥2 𝑦1 +𝑦2
𝑀( , )
2 2
Equazione di una retta
e fasci propri ed impropri di rette

Consideriamo una retta passante per l’origine non parallela agli


asse e ci poniamo come obiettivo quello di determinare l’equazione
di tale retta.

𝑌
𝑦 𝑟
𝑦2
𝑦1

𝑋
𝑥1 𝑥2 𝑥

Osserviamo che anche se si prendono punti differenti, i triangoli


che si vengono a formare sono tutti simili. Segue che il rapporto
tra i cateti è costante. Se denotiamo con 𝑚 tale rapporto:
𝑦
𝑃(𝑥, 𝑦) ∈ 𝑟 ⟺ =𝑚 ⟺ 𝑦 = 𝑚𝑥 (𝑐𝑜𝑛 𝑥 ≠ 0)
𝑥

Il rapporto costante 𝑚 prende il nome di 𝒄𝒐𝒆𝒇𝒇𝒊𝒄𝒊𝒆𝒏𝒕𝒆 𝒂𝒏𝒈𝒐𝒍𝒂𝒓𝒆.


Al variare di 𝑚, l’equazione 𝑦 = 𝑚𝑥 descrive tutte le rette passanti
per l’origine eccetto l’asse 𝑌 che ha equazione 𝑥 = 0.

In particolare, il coefficiente angolare dà una misura della


pendenza della retta. Si hanno i seguenti casi:

 𝑚=0 𝑟𝑒𝑡𝑡𝑎 𝑝𝑎𝑟𝑎𝑙𝑙𝑒𝑙𝑎 𝑎𝑙𝑙 ′ 𝑎𝑠𝑠𝑒 𝑋;


 𝑚>0 𝑟𝑒𝑡𝑡𝑎 𝑐𝑟𝑒𝑠𝑐𝑒𝑛𝑡𝑒
 𝑚<0 𝑟𝑒𝑡𝑡𝑎 𝑑𝑒𝑐𝑟𝑒𝑠𝑐𝑒𝑛𝑡𝑒

Per calcolare il coefficiente angolare si possono prendere due


punti distinti della retta e successivamente calcolare il rapporto
tra la variazione delle ordinate e la variazione delle ascisse:
𝑦2 − 𝑦1
𝑚=
𝑥2 − 𝑥1

Consideriamo adesso una retta non passante per l’origine, che


interseca l’asse delle 𝑌 nel punto di ordinata 𝑞 che prende il nome
di 𝒊𝒏𝒕𝒆𝒓𝒄𝒆𝒕𝒕𝒂.

𝑌 𝑟

In tal caso l’equazione della retta è data da 𝑦 = 𝑚𝑥 + 𝑞 e prende il


nome di equazione in 𝑓𝑜𝑟𝑚𝑎 𝑒𝑠𝑝𝑙𝑖𝑐𝑖𝑡𝑎. In particolare al variare di
𝑞 ∈ ℝ , tale equazione descrive l’insieme formato da tutte le rette
parallele alla retta di equazione 𝑦 = 𝑚𝑥. Tale insieme prende il
nome di fascio improprio di rette.

Dalla forma esplicita si può sempre passare alla 𝑓𝑜𝑟𝑚𝑎 𝑖𝑚𝑝𝑙𝑖𝑐𝑖𝑡𝑎:

𝑎𝑥 + 𝑏𝑦 + 𝑐 = 0

L’insieme di tutte le rette passanti per un punto 𝑃 , prende il nome


di fascio proprio di rette di centro 𝑃. Per determinare l’equazione
di tale fascio, si può imporre il passaggio della retta dal punto
𝑃(𝑥1 , 𝑦1 ) che dal punto di vista algebrico, equivale ad imporre che
le coordinate del punto soddisfano l’equazione della retta. In
questo modo possiamo esprimere l’intercetta in funzione del
coefficiente angolare:

𝑃 ∈ 𝑟 ⟺ 𝑦1 = 𝑚𝑥1 + 𝑞 ⟺ 𝑞 = 𝑦1 − 𝑚𝑥1

Sostituendo tale valore nell’equazione della retta si ottiene:

𝑦 = 𝑚𝑥 + 𝑦1 − 𝑚𝑥1 ⟺ 𝑦 = 𝑚(𝑥 − 𝑥1 ) + 𝑦1

Tale equazione al variare di 𝑚 ∈ ℝ , descrive tutte le rette passanti


per il punto 𝑃(𝑥1 , 𝑦1 ) eccetto quella parallela all’asse Y che invece
ha equazione 𝑥 = 𝑥1 .

Parallelismo e Perpendicolarità

Consideriamo due rette 𝑟1 , 𝑟2 aventi equazione:

𝑟1 ∶ 𝑦 = 𝑚1 𝑥 + 𝑞1 𝑟2 ∶ 𝑦 = 𝑚2 𝑥 + 𝑞2

In generale due rette distinte si dicono parallele se non hanno


punti in comune. Dal punto di vista algebrico, la condizione di
parallelismo equivale a determinare una relazione fra i parametri
delle due rette che garantisca che la seguente equazione non
ammetta soluzioni:

𝑚1 𝑥 + 𝑞1 = 𝑚2 𝑥 + 𝑞2 ⟺ (𝑚1 − 𝑚2 )𝑥 = 𝑞2 − 𝑞1

 Se 𝑞1 ≠ 𝑞2 il secondo membro è diverso da zero e pertanto


l’equazione risulterà impossibile se 𝑚1 = 𝑚2 ;
 Se 𝑞1 = 𝑞2 il secondo membro si annulla e la relazione 𝑚1 =
𝑚2 implica che le due rette risultano coincidenti e quindi
parallele.
Per la condizione di perpendicolarità invece si può provare che:
1
𝑚2 = − ovvero si suole dire che i coefficienti angolari sono l’uno
𝑚1

l’antireciproco dell’altro.

Retta passante per due punti

Consideriamo due punti distinti 𝑃(𝑥1 , 𝑦1 ) , 𝑄(𝑥2 , 𝑦2 ) in modo tale


che il segmento avente come estremi tali punti, non sia parallelo
agli assi.
Imponendo il passaggio della retta generica 𝑦 = 𝑚𝑥 + 𝑞 per i punti
𝑃, 𝑄 si ricava l’equazione della retta passante per i due punti:
𝑦 − 𝑦1 𝑥 − 𝑥1
=
𝑦2 − 𝑦1 𝑥2 − 𝑥1
Circonferenza

Il luogo geometrico dei punti del piano equidistanti da un punto


chiamato centro, prende il nome di circonferenza.

𝑋
𝑂

Per determinare l’equazione della circonferenza di centro 𝐶(𝛼, 𝛽) e


raggio 𝑟, imponiamo che la distanza tra il punto generico 𝑃(𝑥, 𝑦)
ed il centro sia eguale al raggio:

̅̅̅̅
𝐶𝑃 = 𝑟 ⟺ ̅̅̅̅
𝐶𝑃2 = 𝑟 2 ⟺ (𝑥 − 𝛼)2 + (𝑦 − 𝛽)2 = 𝑟 2

Svolgendo i doppi prodotti, l’equazione della circonferenza può


essere scritta anche in forma equivalente come:

𝑥 2 + 𝑦 2 + 𝑎𝑥 + 𝑏𝑦 + 𝑐 = 0

𝑎 = −2𝛼 𝑏 = −2𝛽 𝑐 = 𝛼 2 + 𝛽2 − 𝑟 2

Le formule inverse sono date da:

𝑎 𝑏
𝛼=− 𝛽=− 𝑟 = √𝛼 2 + 𝛽 2 − 𝑐
2 2

Notiamo che anche la seguente equazione rappresenta una


circonferenza:

𝑘𝑥 2 + 𝑘𝑦 2 + 𝑎𝑥 + 𝑏𝑦 + 𝑐 = 0 𝑐𝑜𝑛 𝑘 ≠ 0
Posizione di una retta

rispetto ad una circonferenza

Data una circonferenza ed una retta aventi equazione:

∁: 𝑥 2 + 𝑦 2 + 𝑎1 𝑥 + 𝑏1 𝑦 + 𝑐1 = 0 𝑟: 𝑎2 𝑥 + 𝑏2 𝑦 + 𝑐2 = 0

Dal punto di vista algebrico, per determinare i punti di


intersezione della retta con la circonferenza, è necessario risolvere
il seguente sistema:

𝑥 2 + 𝑦 2 + 𝑎1 𝑥 + 𝑏1 𝑦 + 𝑐1 = 0
{
𝑎2 𝑥 + 𝑏2 𝑦 + 𝑐2 = 0

Il grado del sistema si ottiene moltiplicando i gradi delle singole


equazioni, pertanto vale due. Dal punto di vista geometrico,
significa che una retta ed una circonferenza ammettono al più due
punti di intersezione. Si hanno quindi i seguenti casi:

 Retta esterna: la retta non interseca la circonferenza;


 Retta secante: la retta interseca la circonferenza in due punti
distinti;
 Retta tangente: la retta interseca la circonferenza in uno ed
un solo punto.
Parabola
Consideriamo una retta di equazione 𝑑 ed un punto 𝐹.

Definiamo la 𝑝𝑎𝑟𝑎𝑏𝑜𝑙𝑎 come il luogo geometrico dei punti del piano


equidistanti dal punto F detto fuoco e dalla retta 𝑑 chimata
direttrice.

Il punto 𝑉 prende il nome di 𝑣𝑒𝑟𝑡𝑖𝑐𝑒 della parabola. In generale se


il vertice non coincide con l’origine, si può provare che l’equazione
della parabola è data da:

𝑦 = 𝑎𝑥 2 + 𝑏𝑥 + 𝑐

𝑏 Δ 𝑏 1−Δ 1+Δ
𝑉 (− ,− ) 𝐹 (− , ) 𝑟: 𝑦=−
2𝑎 4𝑎 2𝑎 4𝑎 4𝑎

In particolare la parabola avrà la concavità verso l’alto se 𝑎 > 0 e


verso il basso se 𝑎 < 0 .

Se il vertice coincide con l’origine, l’equazione della parabola si


semplifica e diventa: 𝑦 = 𝑎𝑥 2 .
Posizione di una retta

rispetto ad una parabola

Data una parabola ed una retta aventi rispettivamente equazione:

𝑃: 𝑦 = 𝑎1 𝑥 2 + 𝑏1 𝑥 + 𝑐1 𝑟: 𝑎2 𝑥 + 𝑏2 𝑦 + 𝑐2 = 0

In modo analogo a quanto visto per la circonferenza, dal punto di


vista algebrico, per determinare i punti di intersezione della retta
con la parabola, bisogna risolvere il seguente sistema:

𝑦 = 𝑎1 𝑥 2 + 𝑏1 𝑥 + 𝑐1
{
𝑎2 𝑥 + 𝑏2 𝑦 + 𝑐2 = 0

Il grado del sistema vale due e pertanto una retta ed una parabola
ammettono al più due punti di intersezione. Si hanno quindi i
seguenti casi:

 Retta esterna: la retta non interseca la parabola;


 Retta secante: la retta interseca la parabola in due punti
distinti;
 Retta tangente: la retta interseca la parabola in uno ed un
solo punto.

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