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Le Avanguardie storiche

Le Avanguardie storiche

Derivato dal linguaggio militare – in cui indica il reparto che precede a scopo di sicurezza un corpo di truppe in marcia per
proteggerle da improvvisi attacchi nemici- il termine "avanguardia" passò gradualmente in Francia (avant-garde) nella
seconda metà del XIX secolo a identificare dapprima movimenti politici, poi orientamenti culturali di tendenza
progressista o comunque innovatrice nei confronti della tradizione e della cultura ufficiali.

Nell'ambito delle arti figurative, i movimenti d'avanguardia si impongono come "avanzati" nei confronti della situazione
culturale in atto, provocando una decisa frattura con la tradizione, il conservatorismo, l' accademismo e l' arte borghese. Più
precisamente, Espressionismo, Cubismo, Futurismo, Astrattismo, Dadaismo e Surrealismo sono definite “avanguardie
storiche” per distinguerle dalle “neoavanguardie”, affermatesi nel secondo dopoguerra.
I movimenti di avanguardia del primo Novecento abbracciano ogni tipo di espressione artistica e agiscono per così dire a
livello sociale, non sfuggendo a implicazioni d’ordine politico. L’esigenza di eversività, di sovversione nei confronti di
strutture ritenute logore, di "distruzione" come base logica di ogni rinnovamento, conduce a gesti spesso clamorosi. Per la
prima volta, l’artista rifiuta il suo pubblico: cessa di adularlo, di servirlo, come più o meno aveva fatto in passato, e lo insulta,
lo pone di fronte a oggetti incomprensibili, opere illeggibili, prodotti di una irrefrenabile soggettività, in cui domina l' esigenza
individuale ad esprimersi, riflettendo al contempo la crisi che attraversa l'Europa.
L’avanguardia trova sviluppi praticamente in tutto il continente, anche se Parigi funge più che mai da perno intorno a cui
ruotano tutte le varie esperienze.
Le Avanguardie storiche
Le avanguardie si differenziano dai movimenti tardo
ottocenteschi che, per quanto polemici nei confronti dell'arte
ufficiale, si limitavano a essere momentanee aggregazioni di
artisti con gusti e intenti affini: esse elaborano, al contrario,
poetiche espresse attraverso manifesti programmatici ed
anticipano tendenze che poi diventano comuni, spaziando
anche in aree quali la filosofia, la politica, la stampa, il teatro.
Tutti i movimenti che ne fanno parte- Espressionismo,
Cubismo, Astrattismo, Futurismo, Dadaismo, Surrealismo-
“L'arte moderna non è nata evidenziano un atteggiamento critico o conflittuale con la
per via evolutiva dall'arte realtà circostante e un certo spirito contestatore più o meno
dell'Ottocento; al contrario è nata consapevole e orientato in senso politico: dalla generica
da una rottura dei valori rivolta individuale, per esempio, tratto distintivo del primo
ottocenteschi. Ma non si è Espressionismo tedesco, alla sistematica agitazione delle
trattato di una semplice rottura folle, provocata dai futuristi nelle loro numerose azioni
pubbliche durante gli "anni eroici" del gruppo.
estetica. Cercare una spiegazione
delle avanguardie artistiche
europee indagando solo sui
mutamenti di gusto è un'impresa
che non può avere fortuna”
(Mario De Micheli)
Le Avanguardie storiche
Possiamo usare il termine “crisi”, a proposito della società e della cultura europee che si affacciano al Novecento, per segnalare un
insieme di fenomeni accomunati dalla messa in discussione di alcuni fondamentali presupposti della civiltà ottocentesca. In primo
luogo, la Grande Depressione degli anni 1870-90 (crisi di sovrapproduzione e dei prezzi agricoli) smentisce il modello ideale di un
capitalismo libero e concorrenziale capace di autoregolarsi attraverso il mercato; si apre così la fase del capitalismo monopolistico,
caratterizzato da una forte integrazione fra economia e politica, fra industria e Stato. Inoltre, lo sviluppo del movimento operaio e
socialista fa emergere il conflitto di classe come dato strutturale della società borghese, smentendo l'ipotesi di uno sviluppo sociale
lineare e armonico come inevitabile conseguenza della crescita delle forze produttive. Di questa diffusa situazione di crisi, la prima
guerra mondiale rappresenta l'esito estremo e al contempo un potente acceleratore. Ma la crisi viene anche rafforzata dalle ideologie
politiche diffuse a inizio Novecento, nelle quali emergono programmi e pratiche ispirati al conflitto e alla violenza. Il terreno
privilegiato di questi comportamenti sono i movimenti nazionalistici, caratterizzati dal culto della nazione come entità morale
superiore a qualsiasi altro valore, il rifiuto della ragione e l'esaltazione del sentimento e della tradizione, la teorizzazione della
competizione fra le nazioni e il diritto di conquista, l'esaltazione della guerra come necessità e valore, tutti elementi che denotano
l'erosione degli ideali cosmopolitici e progressisti elaborati dal pensiero liberaldemocratico a partire dall'Illuminismo.
Per quanto riguarda il dibattito intellettuale e filosofico, viene meno l'identificazione fra scienza, verità e progresso, che
sorreggeva il modello positivista ottocentesco. La scoperta delle geometrie non euclidee, la teoria della relatività di Einstein, il
principio di indeterminazione di Heisenberg conducono a rivedere o ad abbandonare teorie generali accettate da secoli, scardinando
l'ideale positivistico di scienza capace di pervenire alla descrizione vera del mondo. Henri Bergson, ad esempio, contrappone al
concetto positivista di evoluzione, inteso in senso materialista, quello di evoluzione creatrice, che si manifesta attraverso lo slancio
vitale, essenza della vita e della realtà: alla materia che si viene progressivamente depotenziando, anche secondo quanto afferma il
secondo principio della termodinamica, egli contrappone la vita come azione che continuamente si crea e si arricchisce.
Parallelamente, il filosofo francese formula un nuovo concetto di tempo: il fluire continuo di immagini, ricordi, istinti, formano la
coscienza, che lui chiama durata reale (tempo della coscienza).
Il tempo non esiste di per sé, ma come tempo della coscienza, e lo spazio non è che il tempo spazializzato, cioè un insieme di istanti
vicini. Tempo e spazio non sono altro che l’essere della coscienza, e pertanto assolutamente soggettivi.
Le Avanguardie storiche
Nel 1900, a Weimar, muore Freidrich Nietzsche, mentre a Vienna Freud pubblica l'Interpretazione dei Sogni. Con Nietzsche
scompare il pensatore che aveva fornito la lettura più radicale della crisi della civiltà ottocentesca; con l'Interpretazione dei
sogni si inaugura non solo un filone di ricerca, ma una nuova prospettiva interpretativa, feconda in campo epistemologico,
antropologico e sociale. Il filosofo contemporaneo Paul Ricoeur ha definito Marx, Nietzsche e Freud come i tre 'maestri del
sospetto': essi avrebbero infatti indicato nella falsa coscienza il terreno di un' indagine volta a demistificare miti, credenze,
autoillusioni e autoinganni della ragione, mostrandone l'origine e le modalità di costruzione.

“Se risaliamo alla loro intenzione comune, troviamo in essa la decisione di considerare innanzitutto la coscienza nel suo
insieme come coscienza “falsa”. Con ciò essi riprendono, ognuno in un diverso registro, il problema del dubbio cartesiano, ma
lo portano nel cuore stesso della fortezza cartesiana. Il filosofo educato alla scuola di Cartesio sa che le cose sono dubbie, che
non sono come appaiono; ma non dubita che la coscienza non sia così come appare a se stessa; in essa, senso e coscienza del
senso coincidono; di questo, dopo Marx, Nietzsche e Freud, noi dubitiamo. Dopo il dubbio sulla cosa, è la volta per noi del
dubbio sulla coscienza.

Ma questi tre maestri del sospetto non sono altrettanti maestri di scetticismo; indubbiamente sono tre grandi “distruttori”; e
tuttavia anche questo fatto non deve ingannarci; la distruzione, afferma Heidegger in 'Essere e tempo', è un momento di ogni
nuova fondazione, compresa la distruzione della religione, nella misura in cui essa è, secondo Nietzsche, un “platonismo per il
popolo”. È oltre la “distruzione” che si pone il problema di sapere ciò che ancora significano pensiero, ragione e persino
fede”.
(Novecento filosofico e scientifico, a cura di A. Negri, Marzorati, Milano, 1991, vol. II, pagg. 458-459)
Le Avanguardie storiche

Se dunque alcuni pensatori traevano dalla profondità della crisi addirittura motivi per dubitare della sopravvivenza della
civiltà occidentale (e altri vagheggiavano impossibili ritorni al passato), molti saldarono, invece, la denuncia del disagio
con la ricerca di nuove vie e nuove dimensioni. In molti casi, la crisi coincise con vere e proprie rivoluzioni di
pensiero, di grande profondità e ricchezza. È il caso della letteratura e delle arti figurative, in cui si assistette al
dissolversi delle antiche forme e la proposta di nuove soluzioni espressive; della psicoanalisi, che elaborò un approccio
totalmente nuovo alla personalità e ai problemi dell'uomo; della politica e dell'economia, costrette a confrontarsi con
nuovi modi di organizzare la vita sociale; del pensiero scientifico, le cui continue innovazioni inauguravano un
approccio più critico e problematico al sapere e ai rapporti fra scienza e società. Possiamo quindi affermare che se da un
lato la crisi ebbe risvolti drammatici, dall'altro si costituirono al suo interno le dimensioni fondamentali della
contemporaneità, e perciò del nostro presente.
L'Espressionismo
È proprio contro le illusioni positiviste e il carattere troppo rassicurante e “disimpegnato”
assunto dai dipinti degli impressionisti che sorgerà quel desiderio di intensificazione del
valore emotivo dell'espressione artistica che darà luogo al movimento espressionista.
Il termine Espressionismo comincia a circolare nel 1905 per indicare una tendenza
pittorica contrapposta all'Impressionismo, come risulta chiaro dalla differenza etimologica
tra ex-primere ed im-primere (proiettare la propria interiorità sulla realtà esterna e non più
acquisirla dentro di sé, contrapponendo al movimento dall'esterno verso l'interno quello
dall'interno verso l'esterno).
Perciò il termine “espressionismo” è entrato ormai nell’uso comune della critica d’arte in
Emil Nolde, Natura morta con maschere III, 1911
relazione a quelle opere che intendono “esprimere” fortemente il sentimento individuale
dell’artista piuttosto che rappresentare oggettivamente la realtà; in tal senso esse
deformano consapevolmente quest’ultima affinché risulti evidente che ciò che noi vediamo
sulla tela non è la riproduzione di un oggetto così come appare, ma come lo «sente»
l’autore che proietta in esso la propria vita interiore. “Espressionismo”, insomma, è
qualcosa di diverso da “espressione”. Se è vero che ogni artista “esprime” i propri
sentimenti, è solo l’espressionista che costringe lo spettatore a vivere questi sentimenti
con immediatezza, lo coinvolge e lo emoziona, provocando in lui reazioni psicologiche
violente. Storicamente il termine “espressionismo” trova la sua applicazione esatta per
quegli artisti che, a partire dagli inizi del Novecento, sostengono l'assoluta priorità
dell’espressione del sentimento individuale sull’imitazione della natura.
L’Epressionismo si oppone perciò a ogni forma di naturalismo. Anzi, il nome stesso è
polemico perfino nei confronti dell’Impressionismo, visto come ricezione otticamente
corretta del dato sensibile; critica, questa, parzialmente infondata, perché l'impressione
presenta sempre una certa componente soggettiva.
Edvard Munch
EDVARD MUNCH
Precursori dell’Espressionismo sono stati Paul Gauguin,
Vincent Van Gogh, James Ensor e soprattutto Edvard
Munch.

Il norvegese Edvard Munch (1863-1944) esercitò una forte


influenza sull’espressionismo tedesco, con il quale era stato in
contatto diretto da quando il suo Fregio della vita (una
sequenza di dipinti sulle fasi della vita umana) esposto a
Berlino nel 1892, aveva provocato uno scandalo tale che la
mostra era stata chiusa dopo appena otto giorni. Ciò aveva
determinato, da parte degli artisti locali che ne avevano difeso
il valore, la costituzione della “Secessione di Berlino”, ossia di
un’associazione che voleva polemicamente separarsi dalla
cultura ufficiale retriva per avviarsi verso un’arte nuova :
un’arte che non riproducesse il mondo esterno, ma che sapesse
scoprire l’interiorità umana.

“L’arte è il sangue del cuore umano”


Edvard Munch, “Madonna”, 1896, litografia,
60,5 x 44,7 cm, Munch Museum ©, Oslo. Edvard Munch, Manifesto di Saint Cloud
Edvard Munch
Centro dell’interesse di Munch è l’ uomo, il dramma del suo
esistere, del suo essere solo di fronte a tutto ciò che lo
circonda, con i propri conflitti psichici e le proprie paure. Tutto
ciò non può essere disgiunto dalla formazione nordica del
pittore, per quanto riguarda sia l’antica tradizione popolare, sia
i rapporti con la cultura a lui contemporanea, in modo
particolare lbsen, Strindberg e Kierkegaard, e trae radici da un
vissuto fortemente drammatico, contraddistinto dalla
familiarità con la morte (della madre prima e della sorella poi),
il dolore e la malattia.
L’opera più rappresentativa in questo senso è L’Urlo. Il titolo è
significativo: esso non indica qualcosa che sta accadendo, né
un luogo, ma l’espressione interiore attraverso il grido. Il grido
non è l’articolazione logica di un pensiero o di un sentimento
in parole ordinate sintatticamente; il grido è la reazione
istintiva, l’«urlo originario», primordiale, antico come l’uomo,
che esprime un complesso inestricabile di sentimenti, di paure
e di angoscia.
Angoscia infatti, direbbe Kierkegaard, è cosa diversa da paura:
questa è provocata da qualcosa di determinato, quella dal
nulla; è angoscia esistenziale.

L'Urlo, 1893, olio, tempera e pastello su cartone


83,5 x 66 cm, Oslo, Galleria Nazionale.
Edvard Munch
«Una sera passeggiavo per un sentiero, da una parte stava la città e sotto di me il fiordo...Mi fermai e guardai al di là
del fiordo, il sole stava tramontando, le nuvole erano tinte di rosso sangue. Sentii un urlo attraversare la natura: mi
sembrò quasi di udirlo. Dipinsi questo quadro, dipinsi le nuvole come sangue vero. I colori stavano urlando»

Il dramma è visivamente espresso dalla prospettiva del parapetto, tesa e obliqua; dagli urti cromatici;
dall’ondeggiare delle linee curve che, partendo dalla forma della testa e dalla posizione delle mani e delle
braccia dell’uomo, si propagano intorno, come ondate, estendendosi all’acqua, alla terra, al cielo, con
andamenti eccentrici, in contrapposizioni di concavità e convessità, quasi in un’amplificazione sonora
dell’urlo, così che questo, superando la dimensione del singolo individuo, diventa grido universale.
Di questo soggetto esistono altre versioni realizzate da Munch anche in litografia, una tecnica che il pittore
usa per le molteplici possibilità espressive che offre .
Edvard Munch
Pubertà, realizzato nel 1894, rappresenta
un’adolescente nuda seduta sul letto in una stanza
vuota. È una composizione essenziale, ma pervasa
da un forte senso di inquietudine, come il
presentimento di una tragedia imminente.
La figura delicata e fragile della ragazzina è infatti
sovrastata da una minacciosa ombra nera che,
proiettata da lei stessa, si espande sulla parete alle
sue spalle.
L’espressione assorta, la posa protettiva, il nudo,
rinviano a una metafora erotica della paura di
questa bambina del suo destino di donna che
incombe su di lei come l'ombra che la sovrasta.

Si coglie il senso di solitudine e abbandono, il


timore di trovarsi piccoli, inermi davanti alla vita e
al suo rovescio: la morte.

Pubertà
Olio su tela, 151 x 110 cm
Edvard Munch - 1893 circa
Oslo, Nasjonalgalleriet
I Fauves

Cronologicamente, il primo gruppo che si possa definire


“espressionista” è quello dei Fauves, che espose a Parigi, al salon
Henri Matisse, La danza. 1909-1910, olio su tela
d'Automne, nel 1905: di esso facevano parte, fra gli altri, Henri
260 cm × 391 cm. Museo dell'Ermitage, San Pietroburgo. Matisse, Kees Van Dongen, Maurice de Vlaminck e André Derain.
Parallelamente, nel 1905 si formò a Dresda il gruppo del Ponte
(Die Brucke), i cui principali esponenti erano Ernst Ludwig
Kirchner, Erich Heckel, Karl Schimdt-Rottluff, Emil Nolde e Max
Pechstein. Se i francesi puntavano soprattutto sull'esasperazione
del colore e su un segno fortemente dinamico, i tedeschi
rivelavano una derivazione romantica, che si sarebbe sviluppata in
senso più tragico e talvolta mistico.
Altri artisti europei elaborarono poetiche vicine a quelle dei
Fauves e degli espressionisti tedeschi. In Austria possono essere
considerate espressioniste le ultime opere di Klimt e quelle di
Egon Schiele e Oskar Kokoschka.

Emil Nolde, Danza attorno al vitello d'oro, 1910 olio


su tela, 88 x 105.5 cm Staatsgalerie moderner
Kunst, Monaco di Baviera.
I Fauves

Quando, nel 1905, si apriva a Parigi l’annuale Salon d’Automne, un gruppo di


artisti suscitò uno scalpore paragonabile a quello che gli Impressionisti
provocarono nel 1874.
L’uso del colore, violento e provocatorio, era stato paragonato al lancio di un
barattolo di vernice in faccia al pubblico e una statua classicheggiante presente
nella sala era stata descritta dal critico Louis Vauxcelles come un “Donatello chez
les fauves” (Donatello in mezzo alle belve).
E da quel momento “belve” divenne la definizione di quegli artisti che fecero un
uso nuovo della pittura e della tendenza, contrapposta all’impressionismo, di
esprimersi in modo soggettivo proiettando il proprio Io sulla tela. I temi trattati,
però, non sono angosciati o inquieti, ma solari ed equilibrati, ed espressi con l'uso
di un colore puro, saturo e antinaturalistico.
I Fauves allentano e fanno esplodere il telaio divisionista: da questa deflagrazione
nascono le loro opere. I tocchi di colore che Seurat e Signac accostavano per dare il
massimo della rifrazione luminosa, vengono slabbrati dai fauves in tasselli
cromatici di un mosaico i cui pezzi non collimano più, pervasi da una intensa
Andrè Derain, Big Ben, 1905 olio su tela circolazione vitalistica.
Musée d''art moderne, Troyes
Henri Matisse
HENRI MATISSE (1869-1954)
Uno dei pittori più rappresentativi dei Fauves
è Matisse. La sua originalità sta nell’aver
raggiunto l’espressione attraverso la sintesi
della forma campita dal disegno e rivestita di
colori puri. Matisse, pur nascendo
dall’Impressionismo, riesce presto a liberarsi
dall’imitazione della natura per esprimere
ciò che vede e sente per mezzo della stessa
materia pittorica. Si avvicina alle lezioni di
Cézanne (da cui impara il senso della
composizione) e di Signac (che gli insegna il
luminismo derivante dall’accostamento di
colori puri).
Il pointillisme portò Matisse ad usare i
colori giustapposti, prima in trattini e poi per
larghe zone.

"Lusso, calma e voluttà", 1904-1905, olio su tela 93,5 x 124,5 cm,


Museo Nazionale dell'Arte Moderna, Centre Georges Pompidou,
Parigi
Henri Matisse
Nel Salon del 1905, assieme
a Lusso, Calma e Voluttà,
luminosamente divisionista,
espone il Ritratto con
la riga verde, dove il disegno
campito di tinte piatte
è già evidente.
I colori sono innaturali ma
efficaci: la verticale verde
segna un crinale divisorio
tra luce e ombra creando Donna col cappello, 1905, olio su tela
rilievo, il chiaro del viso è 80,65 cm × 59,69 cm
San Francisco Museum of Modern Art
reso ancor più luminoso San Francisco

dall’accostamento con le
tinte più sature della veste,
dello sfondo e dei capelli.
In Donna col cappello, dello
stesso anno, non è presente
neanche il rosa del volto. Ritratto con la riga verde
( Madame Matisse )
Olio su tela
40,5X32,5cm
Statens Museum of Kunst
Copenaghen
Henri Matisse
Quando nel 1907 la corrente Fauve si disgrega, Matisse continua il
suo percorso di sintesi dell’immagine e di espressione di gioia e
bellezza, alla ricerca dell'assoluto formale. Una delle opere più
significative è La danza in cui, tramite il colore e la composizione,
Matisse esprime al meglio il bergsoniano concetto di slancio vitale:
il prorompere inarrestabile della vita, il suo rinnovamento continuo.
L'energia è raccolta da una figura, rilasciata e consegnata all'altra
attraverso le mani, con un moto elastico e circolare che le fa apparire
realmente danzanti.

La composizione e le proporzioni sono perfettamente studiate per


creare un chiaro equilibrio e un’ armonia tra le parti. La scelta dei tre
colori primari (nella sintesi additiva), il blu, il rosso e il verde, che
caratterizzano i corpi e creano lo spazio ideale in cui questi si
muovono, insieme alla sintesi formale, evidenzia la volontà di
pervenire al massimo grado di purezza. I colori sono estremamente
lavorati, con una stratificazione che conferisce loro profondità ed
Henri Matisse, La danza. 1909-1910, olio su tela
evita un effetto piatto. Matisse qui è capace di descrivere la 260 cm × 391 cm. Museo dell'Ermitage, San Pietroburgo.
condizione umana con pochi elementi, senza ricorrere all'astrazione
estrema né al grande affresco narrativo, ma trovando la via di mezzo
tipica dei pittori classici: c'è l'uomo, col suo corpo apollineo,
proporzionato ma al contempo un po' disarticolato e impacciato nei
movimenti; c'è la terra, la sofferenza del peso e del nostro essere nel
mondo, e sopra di noi, il cielo.
Henri Matisse
La semplificazione continuò ad essere il percorso di Matisse,
come dimostra il Nudo rosa, un grande corpo disteso, che si
allunga in espansioni quasi innaturali, contro un fondo piatto e
colorato.
A suscitare in Matisse questo alto senso di stilizzazione
decorativa contribuiscono anche i suoi viaggi in Africa, dove tanti
pittori avevano scoperto il fulgore cromatico e da dove egli
riporta sculture di arte locale che ispirano lui e altri pittori del
primo Novecento (Picasso e Modigliani tra questi), aiutandoli a
raggiungere la massima sintesi formale ed espressiva.
È importante sottolineare che Matisse parte dall'Espressionismo,
ma presto lo supera: tutta la grande bellezza che caratterizza la
sua opera è legata ai dipinti, al di fuori di qualsiasi dimensione
psicologica, in una pittura autoreferenziale e pura. Egli stesso
sosteneva che composizione e decorazione fossero più
importanti dell’espressione, evidenziando un elemento razionale
di messa in pagina della forma che supera l’Espressionismo.
Henri Matisse, Nudo rosa
olio su tela
1935, 66 cm × 92,5 cm
Museum of Art, Baltimora
La Die Brücke
Nel 1905, a Dresda, quattro giovani artisti costituiscono
il gruppo della Die Brücke, che in tedesco significa “il
ponte”, elemento simbolico di collegamento fra
interiorità ed esteriorità. Fondamentale per la Brücke è
“l’esperienza emozionale della vita”, cioè la resa della
realtà secondo l’emozione che l’incontro con essa ha
suscitato nell’artista. Questi artisti propugnano il
superamento della riproduzione veristica degli oggetti
e l’ abolizione della tridimensionalità che è soltanto
“falso spazio e falso volume”.
L'espressionismo tedesco diverge decisamente da
quello francese, anche per via dei diversi temperamenti
che caratterizzano i due popoli: parafrasando Nietzsche
in La nascita della tragedia, se l'uno è apollineo ed
esprime la nostra tradizione classica e mediterranea,
l'altro è dionisiaco, votato all'esaltazione poetica
impulsiva e romantica. Nelle opere tedesche è presente Kirchner, Marcella
olio su tela 1910.
una volontà di rendere esasperata, acida, animalesca e
disperata la scena che in quelle francesi, serene e
vitalistiche, manca del tutto.
Nel 1913, alla vigilia dello scoppio della prima Guerra
Espressionismo
Mondiale, il gruppo si scioglie per divergenze artistiche,
ma le sue conseguenze si faranno sentire soprattutto tra Polo francese: vitale, perfetto,
le due guerre, in Germania, dove è più acuta la crisi classico
politica e sociale. Polo tedesco: selvaggio e
brutale
La Die Brücke
“Con la fede in un’evoluzione, in una
nuova generazione di creatori e di fruitori
d’arte noi convochiamo l’intera gioventù, e
in quanto giovani portatori del futuro
intendiamo conquistare la libertà di
operare e di vivere opponendoci ai vecchi
poteri costituiti. È dei nostri chiunque
sappia dar forma direttamente e senza
falsificazioni a ciò che lo spinge a creare”.

ERNEST LUDWIG KIRCHNER,


MANIFESTO DELLA BRUCKE,
1906, XILOGRAFIA.

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Ernst Ludwig Kirchner
ERNST LUDWIG KIRCHNER
Artista inquieto e complesso, Kirchner (1880-1938) ha un
percorso artistico fondamentalmente espressionista che si
modifica in relazione alle successive esperienze di vita.
Nei primi anni le forme sono semplificate, i colori netti e
squillanti , la linea forte ed espressiva. Marcella, del 1910 è
una delle opere più interessanti di questa fase e di tutta la
corrente.
Il giovane corpo nudo è rappresentato senza compiacimenti
edonistici per la bellezza femminile, con larghe stesure di colori
giustapposti, con forme sintetizzate, circondate da una linea di
contorno che non è più il disegno costruttivo e idealizzante di
lontana origine fiorentina, ma un mezzo per conferire
drammaticità alla composizione e un senso di tragedia
personale e collettiva.

Il nudo è uno dei temi preferiti dalla Brücke perché, come Marcella, olio su tela 1909 - 1910
scrive Kirchner, il suo studio è il fondamento dell’arte: il 75 cm × 59 cm
Moderna Museet, Stoccolma
nudo mostra l’essere quale è e ne rivela, senza i camuffamenti
del vestito, l’interiorità.
Ernst Ludwig Kirchner

Quando la Die Brücke nel 1911 si trasferisce a Berlino, l’opera di


Kirchner si incentra sulla psicologia della vita urbana: la città è
vista come luogo di degenerazione, e la donna come essere corrotto
e corruttore ( Donna allo specchio, 1912).
Il suo stile, prima influenzato da quello dei Fauves, ora si avvicina
al Cubismo: lo spazio e le forme si disarticolano e si ricompongono
secondo ritmi dinamici, le figure si fanno più acute, angolose, tutto
appare convulso. Il segno diventa sempre più nervoso, spezzato,
spigoloso e contorto.
I colori, pochi e spesso complementari, danno un contrasto acceso;
il punto di vista rialzato conferisce instabilità alla scena.
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Oskar Kokoschka
OSKAR KOKOSCHKA

La forza d'impatto dell’Espressionismo, in Austria si


combina con l'eleganza e il raffinato linearismo dell'Art
Nouveau, privilegiando la ricercatezza del segno alla pura
violenza cromatica. Kokoschka (1886-1980), pur non
facendo parte della Brücke, è da collegarsi ad essa. Le sue
opere presentano uno stile molto personale, contraddistinto
da un segno forte, deformante, pieno, spesso e ricco di
curve: mezzo espressivo di un pittore che vede il mondo
non soltanto con angoscia, ma anche con amore. In La
sposa del vento (1914) sono rappresentati un uomo e una
donna in mezzo ad una tempesta, trascinati in estasi dal
vento, come Paolo e Francesca travolti dai vortici del girone
dei lussuriosi. In realtà, il riferimento è autobiografico e
riguarda la grande passione del pittore per Alma, vedova del
musicista tedesco Gustav Mahler. L'andamento ondoso è di
una forza drammatica barocca, con le pennellate dense e
larghe che creano una sorta di risacca attorno ai due amanti
alla deriva, simboleggiando la tragedia dell'Europa travolta
dalla violenza.
Kokoschka sostiene la necessità di liberarsi dagli
insegnamenti accademici tornando “al primo grido e al primo
sguardo del neonato”, ossia, secondo la tesi tardo- romantica,
alla purezza incontaminata del fanciullo, creando pitture
visionarie e ritratti caratterizzati da una spiccata capacità di
penetrazione psicologica, in cui gli occhi e le mani dei
soggetti sono particolarmente espressivi.
Oskar Kokoschka, La sposa del vento, 1914.
Basel, Kunstmuseum.
Egon Schiele
Sebbene sia anch’egli svincolato da qualsiasi corrente, l’austriaco
Schiele (1890-1918) è uno dei più tipici espressionisti europei, forse
più degli stessi pittori della Brücke.
Klimt gli disse, addirittura, “lei ha troppo talento”. La sua
eccezionale precocità è dimostrata dall’ Autoritratto con le dita
aperte (1911, nell'immagine in basso a destra), dipinto ad appena
ventun anni. Schiele, partito dal decorativismo della Secessione
viennese, ne esaspera la linea sinuosa trasformandola nel mezzo
più efficace per rappresentare il suo “io” altamente tormentato, in
una visione del mondo in cui tutto è destinato alla decadenza, in cui,
anzi, tutto “è morto”, come afferma lui stesso. Il morbido linearismo
klimtiano è trasfigurato in una pittura carica di tensione in cui il
segno, sottile e tagliente, incide i personaggi fermi in posizioni
innaturali, incuneati in uno spazio vuoto e assolutamente nudo, privo
di riferimenti.

Männlicher Akt mit rotem Tuch


matita, acquerello e tempera su carta,
1914, 48 × 32 cm. Albertina Museum, Vienna.
Egon Schiele
Il tema della corporeità della figura umana fu tra quelli dominanti nell’opera del pittore espressionista austriaco. Nei suoi primi
lavori (1910-1912) egli propose numerose raffigurazioni della nudità e della sensualità, incentrate su un solo personaggio. In esse la
sessualità è tormento e sembra vi risuoni l’eco del giovane Törless, il personaggio dell’omonimo romanzo di Musil: “Quando
immaginava il corpo libero dai vestiti, ai suoi occhi apparivano immediatamente movimenti contorti, irrequieti, una torsione delle
membra e una deformazione della spina dorsale, quali si potevano vedere nelle raffigurazioni dei martirii, e nei grotteschi spettacoli
degli artisti da fiera”. Per Schiele l’eros sembra essere una sofferenza, un ambiguo regno del rimorso. Tuttavia, nell’ultimo periodo
della sua breve ma intensa stagione creativa, riprende il tema del corpo vincendo la tentazione della solitudine. In una serie di opere
successive, in cui anche dal punto di vista tecnico si esprime una crescente maturità, i corpi appaiono in coppia, alla ricerca di una
difficile, forse impossibile serenità suggerita sempre dalla tensione espressa dalle mani nodose e tese.

Liebespaar, matita e
pastelli su carta
1914-1915, 47,4 × 30,5
cm. Sammlung Leopold,
Vienna.

Abbraccio (coppia d’amanti II), 1917

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