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Domande di teoria esame BAEF

1) Quali sono gli aggregati dello Stato patrimoniale in forma finanziaria che indicano la
congruità tra impieghi e fonti di finanziamento. Si illustri il loro significato e le relazioni tra
di essi. (pagg. 46-47-48)

Secondo la riclassificazione dello Stato patrimoniale in forma finanziaria, bisogna tenere in


considerazione una serie di relazioni tra la colonna delle fonti e la colonna degli impieghi.
Per quanto riguarda la relazione tra l’attivo corrente e attivo immobilizzato (impieghi), bisogna
considerare che otteniamo una maggiore elasticità con un impiego maggiore di attivo corrente, al
fine di poter eventualmente smobilizzare in modo più veloce tali impieghi. In caso contrario, un
impiego maggiore di attivo immobilizzato, in quanto soggetto a tempi più lunghi, per la sua
eventuale cessione, comporta una maggiore rigidità.
Per quanto riguarda le relazioni tra i mezzi di terzi (Passivo corrente + Passivo consolidato) e il
Patrimonio netto, è necessario cercare di mantenere il Patrimonio netto non inferiore al 25% (si
tratta di una mera prassi in quanto, in Italia, non esistono norme che regolino tale relazione).
Per quanto riguarda l’ultima relazione, la più importante, ovvero la congruità tra impieghi e fonti, si
instaura un rapporto tra l’Attivo e il Passivo da cui possiamo ricavare tre margini, che
corrispondono a:
- Capitale circolante netto = Attivo corrente - Passivo corrente;
- Margine di tesoreria = (Attivo corrente - Rimanenze) - Passivo corrente;
- Margine di struttura = Patrimonio netto - Attivo immobilizzato;
Di norma, un capitale circolante netto positivo è indicatore di una buona solvibilità da parte
dell’azienda, il margine di tesoreria mira a verificare la capacità dell’impresa di far fronte alle fonti
di finanziamento a breve solamente con l’ausilio delle componenti più liquide dell’attivo corrente.
Infine, il margine di struttura segnala la congruità dei mezzi propri rispetto alla consistenza dei
fabbisogni finanziari durevoli.

2) Si faccia un confronto tra il Margine di tesoreria e il Margine di struttura, specificando le


differenze in termini di modalità di calcolo e significato (pagg. 46-47-48)

Il Margine di tesoreria consiste nella differenza tra l’attivo corrente (depurato delle rimanenze) e il
passivo corrente. Esso indica la capacità dell’azienda di far fronte alle fonti di finanziamento a
breve soltanto tramite le componenti più liquide dell’attivo corrente, e permette di dare un giudizio
sulla solvibilità dell’impresa. Infatti:
- Un Margine di tesoreria positivo indica il raggiungimento di una soddisfacente condizione di
equilibrio finanziario a breve;
- Un Margine di tesoreria negativo, con capitale circolante netto positivo, indica la necessità di
velocizzare la movimentazione delle scorte di magazzino e di trasformarle in risorse più liquide
(crediti o liquidità immediate);
- Un Margine di tesoreria negativo, con la presenza di un capitale circolante netto negativo,
segnala una situazione critica dal punto di vista della solvibilità a breve.
Il Margine di struttura è la capacità dell’azienda di coprire l’intero ammontare delle immobilizzazioni
con il ricorso ai mezzi propri. Esso corrisponde alla differenza fra il patrimonio netto e l’attivo
immobilizzato. Questo margine segnala la congruità dei mezzi propri rispetto alla consistenza dei
fabbisogni finanziari durevoli, in modo da fornire un giudizio sulla solidità dell’impresa. Se il
Margine di struttura è negativo, con CCN positivo, non è un segnale preoccupante. Se invece il
Margine di struttura e il CCN sono entrambi negativi è necessario aumentare il capitale proprio
attraverso nuovi conferimenti dei soci, e consolidare l’indebitamento allungando la scadenza delle
passività.
3) Come va interpretato un incremento del capitale circolante netto? E come va interpretato
un incremento del capitale circolante netto operativo? (pag. 46, pagg. da 56 a 59)

Il capitale circolante netto corrisponde alla differenza tra l’attivo corrente e il passivo corrente. Il
suo incremento, in linea di massima, indica un aumento della solvibilità a breve da parte
dell’azienda. Tuttavia è importante considerare anche la sua qualità che dipende dalla sua
composizione: infatti, se un’impresa ha un capitale circolante netto positivo ma ottenuto con il
contributo di consistenti giacenze di magazzino, il suo giudizio sarà meno buono rispetto quello di
un’impresa che presenta una ammontare simile di CCN ma composto in prevalenza da
disponibilità liquide, titoli di pronto smobilizzo e crediti a breve.
Il capitale circolante netto operativo, invece, corrisponde alla differenza fra l’attivo corrente
operativo e il passivo corrente operativo. Esso esprime l’ammontare delle risorse finanziarie
impiegate a breve nella gestione caratteristica (ossia dal normale svolgimento delle operazioni che
qualificano quotidianamente l’attività tipica dell’impresa), al netto delle fonti di finanziamento a
breve generate “spontaneamente” dalla medesima gestione. La sua entità dipende principalmente
dai seguenti fattori:
- I ricavi di vendita conseguiti e i giorni di dilazione di pagamento concessi ai clienti, il cui effetto
combinato determina la consistenza dei crediti commerciali;
- Gli acquisti di beni e servizi della gestione caratteristica e i giorni di dilazione di pagamento
ottenuti dai fornitori, la cui combinazione determina l’ammontare dei debiti commerciali;
- La politica di gestione delle scorte e la velocità di movimentazione del magazzino.
Risulta perciò rilevante per l’impresa contenere quanto più possibile l’ammontare del capitale
circolante netto operativo, poiché esprime l’importo degli impieghi operativi a breve (crediti
commerciali e rimanenze) non coperti dalle fonti di finanziamento ottenute dai fornitori (e che dovrà
pertanto trovare copertura nel patrimonio netto e/o attraverso il ricorso alle fonti finanziarie di tipo
oneroso).

4) Si illustri il valore informativo del valore aggiunto e del margine operativo lordo (pagg.
79-80)

Il valore aggiunto è un risultato importante perché indica la ricchezza internamente prodotta


dall’impresa nell’esercizio. Da questo risultato intermedio, sottraendo i rimanenti costi interni,
capiremo se la ricchezza generata dalle attività operative dell’impresa sarà in grado di remunerare
i rimanenti fattori produttivi interni, ovvero in grado di sostenere i costi del personale , delle
immobilizzazioni, del capitale di terzi, delle imposte e del capitale proprio. Il valore aggiunto ci
fornisce anche un indicazione sul grado di esternalizzazione/integrazione verticale dell’impresa: un
valore molto alto caratterizza le imprese molto integrate verticalmente.
Sottraendo il costo del personale si ottiene il margine operativo lordo.
Quest’ultimo è un importante indicatore dell’andamento economico della gestione caratteristica in
quanto risulta essere:
- un indicatore oggettivo in quanto, essendo depurato di costi non monetari (ammortamenti,
accantonamenti e svalutazioni, che sono componenti stimate e congetturate), non risente
particolarmente delle politiche di bilancio;
- un flusso monetario “potenziale” in quanto depurato di elementi non monetari. Tuttavia, si
tradurrà in un vero e proprio flusso monetario quando sarà filtrato con la variazione delle
corrispondenti grandezze patrimoniali (crediti commerciali, rimanenze e debiti operativi).

5) Quali sono le principali differenze tra il modello di bilancio civilistico e quello redatto
secondo gli IFRS in termini di destinatari, finalità informative, criteri di valutazione e nozioni
di risultato economico? (pagg. 134-135)
Le principali differenze tra il modello di bilancio civilistico e quello redatto secondo gli IFRS sono le
seguenti:
- In termini di destinatari, il bilancio civilistico in quanto strumento di informativa contabile si
rivolge a soggetti quali clienti, fornitori, istituti di credito, Erario. Il bilancio redatto secondo gli
IFRS, invece, si rivolge agli investitori istituzionali e ai finanziatori;
- In termini di finalità informative, il bilancio civilistico si rivolge a soggetti le cui esigenze
conoscitive sono essenzialmente volte alla verifica degli equilibri patrimoniale, economico e
finanziario, rappresentate secondo logiche di razionalità e correttezza amministrativa, sulla base
di criteri di valutazione impostati secondo una logica strettamente prudenziale. In termini più
pratici, esso si pone l’obiettivo di tutelare i terzi che entrano in contatto con l’impresa attraverso
l’esposizione di un risultato d’esercizio e un patrimonio netto prudenzialmente attribuibile alla
società, privo di componenti di reddito non realizzati e con una valutazione delle poste ispirata al
principio di prudenza. Il bilancio IFRS, invece, tendendo a tutelare gli interessi degli investitori e
finanziatori, deve rappresentare, per quanto possibile, il valore di mercato della società, per
facilitare il raffronto tra il suo patrimonio netto e la relativa capitalizzazione di borsa;
- Per quanto riguarda i criteri di valutazione, il codice civile si rifà al principio del costo storico
(secondo il quale i beni ed i diritti sono iscritti nello stato patrimoniale al costo sostenuto per la
loro acquisizione o produzione, al netto di eventuali diminuzioni di valore derivanti dal consumo
o da altre perdite di valore). I principi IFRS, invece, si ispirano alla valutazione delle poste
patrimoniali al fair value (il prezzo che si percepirebbe per la vendita di un’attività ovvero che si
pagherebbe per il trasferimento di una passività in una regolare operazione tra operatori di
mercato alla data di valutazione);
- In relazione al risultato economico, il bilancio di esercizio arriva a determinare un risultato di
esercizio che, sul versante dei ricavi, tiene conto esclusivamente dei componenti positivi di
reddito realizzati, ovvero derivanti da transazioni il cui processo di scambio è sostanzialmente
completato (emerge una configurazione di “reddito realizzato”). I principi IFRS, invece,
adottando la valutazione al fair value per le poste di bilancio, consentono l’iscrizione in conto
economico anche di componenti positivi di reddito non ancora realizzati (emerge quindi un
“reddito potenziale” che include utili non ancora realizzati che potrebbero manifestarsi per valori
differenti, o addirittura non manifestarsi affatto).

6) Quali sono le finalità del bilancio d’esercizio secondo il Codice Civile, i Principi contabili,
e gli IFRS? (pagg. da 135 a 139)

Secondo il Codice Civile, la finalità del bilancio d’esercizio è la rappresentazione corretta e veritiera
della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico d’esercizio, affinché il bilancio
risulti comprensibile e leggibile ad una pluralità di destinatari a cui è rivolto, così da risultare utile
per gli operatori esterni che trovano in questo documento il principale strumento di conoscenza dei
fatti gestionali.
Secondo i Principi contabili, la finalità del bilancio d’esercizio (definito anche come bilancio di
funzionamento o bilancio ordinario) è la rappresentazione di informazioni patrimoniali, finanziarie
ed economiche di un’impresa in funzionamento e non in situazioni particolari quali la cessione o la
liquidazione. Esso deve essere predisposto in maniera da essere utile per il maggior numero di
destinatari, i quali devono trovare una “base comune” per la composizione dei contrapposti
interessi dei destinatari stessi, costituita dall’attendibilità e imparzialità dei dati in esso esposti.
Secondo gli IAS/IFRS la finalità del bilancio è quella di fornire informazioni in merito alla situazione
patrimoniale-finanziaria di un’azienda, utili a un’ampia serie di utilizzatori (potenziali investitori,
istituti di credito e altri finanziatori) nel prendere decisioni sul concedere risorse all’azienda.
Decisioni che possono riguardare l’acquisto, la vendita, il mantenimento di quote di capitale e
strumenti di debito nonché la concessione o la risoluzione di prestiti. Si tratta quindi di uno
strumento di comunicazione verso l’esterno, di rappresentazione veritiera e corretta verso i terzi
secondo il principio introdotto dalle direttive europee del true and fair value, al fine di permettere la
valutazione delle prospettive per i futuri flussi finanziari netti di un’azienda.
7) Si descriva l’oggetto della rappresentazione del bilancio secondo il Codice Civile, i
Principi Contabili e gli IFRS (pag. 139)

Secondo il Codice Civile, l’oggetto della rappresentazione del bilancio corrispondono alla
situazione patrimoniale e finanziaria della società e il risultato economico dell’esercizio.
Secondo i Principi Contabili OIC, l’obiettivo informativo del bilancio è quello di fornire una periodica
e attendibile conoscenza:
- Del risultato economico con una chiara esplicazione dei relativi componenti positivi/negativi di
reddito;
- Della connessa valutazione e composizione del patrimonio aziendale in modo da esprimere la
situazione patrimoniale e finanziaria dell’impresa.
Secondo gli IAS/IFRS, l’oggetto di rappresentazione del bilancio è la situazione patrimoniale e
finanziaria di un’azienda, cioè tutte le informazioni che riguardano:
- la situazione patrimoniale-finanziaria dell’azienda, cioè informazioni sulle sue risorse
economiche e sulle sue obbligazioni che possono essere utili anche per la valutazione della sua
liquidità e solvibilità;
- gli effetti delle transazioni e degli altri eventi che comportano variazioni delle risorse economiche
e delle obbligazioni dell’azienda, che derivano dai risultati economici conseguiti e da altre
operazioni (ad esempio quelle compiute con i soci).

8) Quali sono i documenti che compongono il bilancio redatto secondo il codice civile e
quali, invece, quelli che compongono il bilancio secondo i principi contabili internazionali
IAS-IFRS? (pag. 140)

Secondo il primo comma dell’art. 2423 del Codice Civile, il bilancio d’esercizio è costituito da:
- Lo Stato patrimoniale;
- Il Conto economico;
- Il Rendiconto finanziario;
- La Nota integrativa;
Il bilancio deve essere poi corredato da una relazione sulla gestione, redatta dagli amministratori,
che contenga un’analisi della situazione della società, dell’andamento e il risultato della gestione,
oltre ad una descrizione dei principali rischi ed incertezze cui la società è esposta (come previsto
dal primo comma dell’art. 2428 del Codice Civile).
Nello IAS 1, invece, si specifica che i documenti che compongono il bilancio sono i seguenti:
- Il Prospetto della situazione patrimoniale-finanziaria a fine esercizio;
- Il Prospetto dell’utile (perdita) d’esercizio e delle altre componenti di conto economico
complessivo dell’esercizio;
- Il Prospetto delle variazioni di patrimonio netto dell’esercizio;
- Il Rendiconto finanziario dell’esercizio;
- Le Note, contenuti un elenco dei principi contabili rilevanti e altre informazioni esplicative.

9) Si fornisca la definizione di attività secondo gli IFRS, e le condizioni di iscrizione a Stato


patrimoniale. (pagg. 145-146)

Secondo il framework IFRS, nelle attività è insito un beneficio economico futuro che è dato dal
potenziale contributo, diretto o indiretto, ai flussi finanziari o mezzi equivalenti che affluiranno
all’azienda. Tale potenzialità può essere di natura produttiva, relativa all’attività operativa
dell’azienda, ma può derivare anche dalla possibilità di conversione in denaro o suoi equivalenti, o
dalla possibilità di ridurre flussi finanziari in uscita (ad esempio, nel caso in cui un processo
manifatturiero alternativo consenta di ridurre i costi di produzione). Molte attività (ad esmpio gli
immobili e gli impianti) sono associate a diritti riconosciuti tra cui il diritto di proprietà, ma nel
determinare l’esistenza di un’attività il diritto di proprietà non è essenziale.
Le condizioni previste dal framework per l’iscrizione in Stato patrimoniale delle attività sono le
seguenti:
- Deve essere probabile che i benefici economici futuri affluiranno all’azienda;
- L’attività ha un costo o un valore che può essere valutato attendibilmente.
Ciò comporta che un’attività non sia iscritta nello Stato patrimoniale quando è stato sostenuto un
onere per il quale si considera improbabile che l’azienda possa trarre benefici economici nei
successivi esercizi.

10) Quali sono le caratteristiche che qualificano una passività e le condizioni per la sua
iscrizione in Stato patrimoniale secondo il framework IFRS? (pagg. 146-147)

Secondo il framework IFRS, una caratteristica essenziale delle passività è che l’azienda ha
un’obbligazione attuale, cioè il dovere o la responsabilità di comportarsi o di agire in una
determinata maniera. L’obbligazione può avere origine anche da normali prassi ed usi commerciali
o dal desiderio di mantenere buone relazioni d’affari o comportamenti corretti.
Le passività sono il risultato di operazioni o di altri eventi del passato, la cui estinzione comporterà
l’uscita dall’azienda di risorse che incorporano benefici economici. Le obbligazioni future non
rientrano fra le passività dello Stato patrimoniale; vanno inserite, invece, nei conti d’ordine. La
passività sorge solamente nel momento in cui un’attività è consegnata.
Secondo il framework, per l’iscrizione in Stato patrimoniale di una passività valgono le seguenti
condizioni:
- deve essere probabile che si manifesterà un flusso in uscita di risorse che incorporano benefici
economici per l’estinzione di un’obbligazione attuale;
- deve essere possibile quantificare in modo attendibile l’importo al quale avverrà l’estinzione.

11) Quali sono le voci con lettera maiuscola dell’attivo dello Stato patrimoniale civilistico? A
quale criterio si ispira tale suddivisione? (pag. 150)

Le voci con lettera maiuscola dell’attivo dello Stato patrimoniale civilistico sono le seguenti:
A) Crediti verso soci per versamenti ancora dovuti;
B) Immobilizzazioni (con separata indicazione di quelle concesse in locazione finanziaria);
C) Attivo circolante;
D) Ratei e risconti.
Tale suddivisione in macroaggregati, operata dal dettato normativo, non segue in modo univoco un
criterio determinato, ma coglie alcuni elementi della classificazione in base al tempo, e altri
elementi in base alla destinazione. Dei quattro macroaggregati sopracitati, per quanto due di essi
(Immobilizzazioni e Attivo circolante) si ispirino alla classificazione finanziaria (cioè ordinati in base
all’esigibilità delle poste), l’unico criterio a cui si è ispirato il legislatore è quello della destinazione
per le immobilizzazioni. Ciò significa che le poste andranno iscritte in questa sezione solo in base
alla scelta degli amministratori di considerare un bene durevole o no all’interno della gestione.
Pertanto gli elementi patrimoniali destinati ad essere utilizzati durevolmente devono essere iscritti
tra le immobilizzazioni. Anche per quanto riguarda le partecipazioni acquisitesi ragiona allo stesso
modo: se gli amministratori ritengono opportuno venderle entro 12 mesi, allora andranno collocate
nell’attivo circolante, altrimenti tra le immobilizzazioni finanziarie.

12) Quali sono le principali differenze tra la struttura dello Stato patrimoniale civilistico e
dello Stato patrimoniale redatto secondo gli IFRS? (pagg. 167-168-169)

Le differenze tra la struttura dello Stato patrimoniale civilistico e lo Stato patrimoniale redatto
secondo gli IFRS sono le seguenti:
- Gli IFRS non prescrivono l’ordine o lo schema con il quale vanno esposte le sue voci (a
differenza dello Stato patrimoniale civilistico, la cui struttura è rigidamente prevista dall’art. 2424
del Codice Civile) ma si limitano semplicemente a elencare le voci che sono sufficientemente
diverse per natura o destinazione da richiedere una esposizione separata in tale prospetto;
- Apparentemente, lo Stato patrimoniale secondo lo IAS 1 assomiglia a quello civilistico
riclassificato finanziariamente. In realtà ci sono delle grosse differenze, di cui la più rilevante
riguarda le poste che vanno sempre iscritte senza tenere conto della distinzione dei 12 mesi
come nel bilancio civilistico.

13) Qual è il criterio adottato dagli IAS/IFRS per determinare se un’attività è corrente ovvero
non corrente? (pag. 168)

Lo IAS 1 prevede che un’attività sia considerata come corrente quando soddisfa uno dei seguenti
criteri:
- si suppone sia realizzata o posseduta (per la vendita o il consumo) nel normale svolgimento del
ciclo operativo dell’azienda;
- è posseduta con la finalità principale di essere negoziata;
- si suppone sia realizzata entro dodici mesi dalla data di ricevimento del bilancio;
- è costituita da disponibilità liquide o mezzi equivalenti a meno che non sia vietato scambiarla o
utilizzarla per estinguere una passività per almeno dodici mesi dalla data di chiusura
dell’esercizio.
Tutte le altre attività (di tipo materiale, immateriale o finanziario, che hanno una natura a lungo
termine) devono essere classificate come non correnti.

14) In quanti livelli si articola la struttura del Conto economico civilistico, come sono
contrassegnati tali livelli e quali caratteri di rigidità/flessibilità essa presenta? (pag. 172,
pag. 14 riassunto)

Il conto economico civilistico presenta uno schema obbligatorio rigido, con vincoli molto precisi. Vi
è una gerarchia nelle voci che comprende tre livelli:
- Il primo livello è contrassegnato da una lettera maiuscola (ad esempio B. Costi della
produzione);
- Il secondo livello è contrassegnato da un numero arabo (ad esempio B.10 Ammortamenti e
svalutazioni);
- Il terzo livello è contrassegnato da una lettera minuscola (ad esempio B. 10 c Altre svalutazioni
delle immobilizzazioni).
Il primo livello è molto rigido, immodificabile, mentre eventuali aggiunte ed adattamenti sono
possibili solamente per quanto riguarda le voci del secondo e terzo livello (flessibili). Un’ulteriore
suddivisione o, viceversa, un raggruppamento delle voci vanno effettuati soltanto se il loro importo
non va ad inficiare la rappresentazione veritiera e corretta (come stabilito dall’art. 2423 del Codice
Civile) del bilancio e la sua chiarezza.

15) Quali sono i risultati intermedi previsti nel conto economico civilistico? Quali sono le
differenze rispetto ai paragonabili risultati del conto economico riclassificato a valore della
produzione e valore aggiunto o a ricavi e costo del venduto?

I risultati intermedi previsti nel conto economico civilistico sono i seguenti:


- La differenza fra valore e costi della produzione: essa approssima, cioè si avvicina al risultato
operativo della gestione caratteristica, ma non coincide con essa, in quanto non è depurata dei
costi non monetari (rappresentati, per esempio, da ammortamenti, accantonamenti…);
- Il risultato prima delle imposte.
Essi sono risultati molto importanti per gli analisti esterni in quanto permettono di capire se
l’impresa è in equilibrio economico o meno, se i ricavi sono sufficientemente elevati da coprire i
costi, gli oneri finanziari e le imposte.
Le differenze, rispetto al conto economico riclassificato (a valore della produzione e valore
aggiunto o a ricavi e costo del venduto) riguardano i risultati informativi. In particolare, il conto
economico civilistico:
- Espone il valore della produzione realizzata senza fornire una esplicita rappresentazione del
valore aggiunto;
- Non evidenzia il risultato operativo della gestione caratteristica dal momento che il valore e i
costi della produzione comprendono anche elementi reddituali suscitati dalla gestione
patrimoniale (ad esempio ammortamenti, oneri diversi di gestione e svalutazioni).

16) Quali sono le caratteristiche salienti e i principali limiti informativi del conto economico
civilistico? (pag. 173)

Lo schema di Conto economico accolto dalla normativa civilistica ha come caratteristiche salienti
quelle di:
- Definire l’aggregato di partenza nel “valore della produzione ottenuta nel periodo”, ottenuto dalla
sommatoria algebrica dei ricavi con la variazione delle scorte che derivano dall’attività
produttiva, gli incrementi di immobilizzazioni per commesse interne, altri ricavi e proventi diversi
(creandosi una dimensione “ampia del concetto di valore della produzione, fino a comprendere
tutti i componenti positivi di reddito ad esclusione di quelli finanziari e straordinari);
- Operare una classificazione dei costi per “natura” (ad esempio costi per il personale, per gli
acquisti, per il godimento dei beni di terzi…) rinunciando a qualsiasi aggregazione “per
destinazione” o per area funzionale (ad esempio: costi di trasformazione, costi di
commercializzazione…);
- Iscrivere due soli risultati intermedi prima del risultato netto (la differenza fra valore e costi della
produzione e il risultato prima delle imposte).
Per quanto riguarda invece i suoi limiti informativi, invece:
- Esso espone il valore della produzione realizzata, senza fornire una esplicita rappresentazione
del valore aggiunto;
- Non evidenzia il risultato operativo della gestione caratteristica, dal momento che il valore e i
costi della produzione comprendono anche elementi reddituali suscitati dalla gestione
patrimoniale (ad esempio oneri diversi di gestione, ammortamenti e svalutazioni relativi ad
investimenti patrimoniali).

17) Quali sono i principali limiti informativi del conto economico civilistico rispetto agli
schemi riclassificati? (pag. 173)

Rispetto agli schemi riclassificati (in particolare, la struttura “a valore della produzione e valore
aggiunto”), i limiti informativi del conto economico civilistico sono i seguenti:
- Esso espone il valore della produzione realizzata, senza fornire una esplicita rappresentazione
del valore aggiunto;
- Non evidenzia il risultato operativo della gestione caratteristica, dal momento che il valore e i
costi della produzione comprendono anche elementi reddituali suscitati dalla gestione
patrimoniale (ad esempio oneri diversi di gestione, ammortamenti e svalutazioni relativi ad
investimenti patrimoniali).

18) Quali sono le facoltà concesse dallo IAS 1 nella redazione del prospetto di conto
economico? (pag. 190)

Lo IAS 1 consente una certa flessibilità nella redazione del prospetto di conto economico: in
particolare permette agli amministratori di optare tra 2 diverse soluzioni:
- La redazione di un unico documento, il Prospetto dell’utile (perdita) d’esercizio e delle altre
componenti di Conto economico complessivo, in cui viene distinta una parte finale relativa alle
altre componenti di Conto economico complessivo. La classificazione delle voci viene effettuata
per destinazione, ovvero secondo lo schema A+B+C-D-E;
- La redazione di due distinti prospetti: 1) Il Prospetto dell’utile (perdita d’esercizio, detto anche
Conto economico separato che mostra le componenti dell’utile/perdita, e le voci sono
classificate per natura (oggettività/soggettività delle voci); 2) Al precedente prospetto ne va
aggiunto un altro, denominato Prospetto di Conto economico complessivo che inizia dall’utile
(perdita) d’esercizio e riporta le altre componenti di Conto economico complessivo.
Che gli amministratori scelgano l’una o l’altra soluzione è indifferente. Tuttavia, secondo lo IAS 1,
la prima parte del prospetto dell’utile (perdita d’esercizio e delle altre componenti di Conto
economico complessivo (oppure il prospetto dell’utile/perdita d’esercizio) deve includere come
minimo le voci relative ai seguenti valori dell’esercizio:
- Ricavi;
- Oneri finanziari;
- Quota dell’utile o perdita di collegate e joint venture, contabilizzata con il metodo del patrimonio
netto;
- Oneri tributari;
- Un importo che comprenda il totale delle plusvalenze o minusvalenze al netto degli effetti fiscali;
- Utile/Perdita d’esercizio.

19) Quale è la risorsa finanziaria di riferimento per il rendiconto finanziario previsto dalla
norma civilistica e quale quella del rendiconto finanziario previsto dai principi contabili
internazionali (IAS/IFRS)? Quali sono gli elementi che compongono quest’ultima? (pag. 197)

La risorsa finanziaria di riferimento per il rendiconto finanziario previsto dalla norma civilistica è
quella delle disponibilità liquide, così come sono indicate nell’attivo dello Stato patrimoniale (L’OIC
10 chiarisce che tali disponibilità liquide sono rappresentate da depositi bancari e postali, assegni,
denaro e valori in cassa, anche in valuta estera).
Per quanto riguarda il rendiconto finanziario redatto secondo i principi contabili internazionali (IAS/
IFRS), lo IAS 7 indica, come risorsa finanziaria:
- Disponibilità liquide (che comprendono cassa e depositi a vista);
- Disponibilità liquide equivalenti, che rappresentano investimenti finanziari a breve termine,
altamente liquidi, prontamente convertibili in un determinato ammontare di denaro e soggetti ad
un rischio di variazione del loro valore molto ridotto. Si precisa che tali disponibilità devono
essere a breve scadenza (intorno ai 3 mesi o inferiore). Pertanto, i titoli azionari rimangono
esclusi, tranne le azioni privilegiate con data di rimborso determinata e acquistate poco tempo
prima del loro rimborso.

20) Dove possono trovare collocazione nel rendiconto finanziario previsto dallo IAS 7 gli
interessi attivi, gli interessi passivi, i dividendi incassati e i dividendi pagati? (pagg.
207-208-209)

Lo IAS 7 prevede che ai flussi finanziari derivanti dall’incasso e dal pagamento di interessi e
dividendi venga sempre data una separata evidenziazione. Tuttavia, al fine di classificarli in modo
appropriato sono consentite soluzioni diverse. Ad esempio:
- Interessi passivi pagati potrebbero essere classificati come flussi relativi all’attività operativa
(poiché rientrano nella determinazione dell’utile o della perdita dell’esercizio) o come flussi
relativi all’attività di finanziamento (in quanto costi sostenuti per il reperimento delle risorse
finanziarie);
- Interessi attivi e dividendi ricevuti potrebbero essere classificati come flussi relativi all’attività
operativa (poiché influiscono nella determinazione del reddito d’esercizio) o come flussi relativi
all’attività di investimento (poiché ne rappresentano i frutti);
- Dividendi corrisposti dall’azienda si potrebbero classificare come flussi relativi ai finanziamenti
(in quanto costo di ottenimento di risorse finanziarie). Tuttavia, resta comunque la possibilità di
classificarli come un componente dei flussi finanziari dell’attività operativa.
21) Quale ruolo svolge la nota integrativa? Si fornisca qualche esempio delle informazioni
più rilevanti in essa contenute. (pagg. da 210 a 214, pagg. 18-19 riassunto)

La nota integrativa ricopre un ruolo fondamentale nell’ottica della rappresentazione veritiera e


corretta della situazione patrimoniale, finanziaria e del risultato economico, in quanto fornisce ai
lettori esterni informazioni esplicative e integrative delle poste contenute nel bilancio, i criteri di
valutazione utilizzati, essenziali per comprendere e valutare la situazione globale dell’impresa.
Le informazioni più rilevanti in essa contenute sono:
1 I criteri di valutazione delle poste (criteri applicati nella valutazione delle voci del bilancio, nelle
rettifiche di valore e nella conversione dei valori non espressi all’origine in moneta avente corso
legale nello Stato);
2 i movimenti delle immobilizzazioni, specificando per ciascuna voce il costo storico, le
acquisizioni, le alienazioni avvenute nell’esercizio, le rivalutazioni, gli ammortamenti e le
svalutazioni (storia delle immobilizzazioni);
5 L’elenco delle partecipazioni in imprese collegate e controllate (indicando per ciascuna la
denominazione, la sede, il capitale, l’importo del patrimonio netto, l’utile o la perdita dell’ultimo
esercizio, la quota posseduta e il valore attribuito in bilancio o il corrispondente credito).
13 La composizione delle voci “Proventi straordinari” e “Oneri straordinari” del conto economico,
quando il loro ammontare sia apprezzabile;
15 Il numero medio dei dipendenti (ripartito per categoria);
16 L’ammontare dei compensi, delle anticipazioni e dei crediti spettanti agli amministratori e ai
sindaci (cumulativamente per ciascuna categoria);
22 Le operazioni di locazione finanziaria che comportano il trasferimento al locatario della parte
prevalente dei rischi e dei benefici inerenti ai beni che ne costituiscono oggetto (sulla base di un
apposito prospetto).

22) Quali funzioni assegna lo IAS 1 alle note di bilancio? (pag. 217)

Lo IAS 1 assegna alle note al bilancio le seguenti funzioni:


- Presentare informazioni sui criteri di formazione del bilancio e i principi contabili specifici
utilizzati;
- Indicare le informazioni richieste dagli IFRS che non sono presentate altrove nel bilancio;
- Fornire informazioni addizionali che non sono presentate altrove nel bilancio, ma sono rilevanti
per la sua comprensione.

23) Quali sono i contenuti minimali della relazione sulla gestione previsti dall’art. 2428 del
codice civile? (pag. 221)

Il secondo comma dell’art.2428 del codice civile definisce un contenuto di tipo “minimale” della
Relazione sulla gestione. Da essa devono risultare, in ogni caso:
1. Le attività di ricerca e sviluppo;
2. I rapporti con imprese controllate, collegate, controllanti e imprese sottoposte al controllo di
queste ultime;
3. Il numero e il valore nominale sia delle azioni proprie, sia delle azioni o quote di società
controllanti possedute dalla società (anche tramite società fiduciaria o per interposta persona),
con l’indicazione della parte di capitale corrispondente;
4. Il numero e il valore nominale sia delle azioni proprie, sia delle azioni o quote di società
controllanti acquistate o alienate dalla società, nel corso dell’esercizio (anche per tramite di
società fiduciaria o per interposta persona) con l’indicazione della corrispondente parte di
capitale, dei corrispettivi e dei motivi degli acquisti e delle alienazioni;
5. (abrogato);
6. L’evoluzione prevedibile della gestione;
6. bis In relazione all’uso da parte della società di strumenti finanziari e se rilevanti per la
valutazione della situazione patrimoniale e finanziaria, e del risultato economico d’esercizio:
- Obiettivi e politiche della società, relativamente alla gestione del rischio finanziario (comprese le
politiche di copertura, per ciascuna delle principali categorie di operazioni previste);
- L’esposizione della società ai rischi di prezzo, di credito, di liquidità e di variazione dei flussi
finanziari.

24) Quando una società ha la facoltà di redigere il bilancio in forma abbreviata? In cosa
consistono le principali semplificazioni? (pagg. da 222 a 225)

Una società ha la facoltà di redigere il bilancio in forma abbreviata quando essa (che non abbia
emesso titoli negoziati sui mercati regolamentati) non abbia, nel primo esercizio o
successivamente per 2 esercizi successivi, superato due dei seguenti limiti:
- Totale dell’attivo dello Stato patrimoniale: 4.400.000 euro;
- Ricavi delle vendite e delle prestazioni: 8.800.000 euro;
- Dipendenti occupati in media durante l’esercizio: 50 unità.
Per ciò che riguarda l’ambito di riferimento, la disciplina del bilancio abbreviato viene prevista
come una facoltà concessa per la piccola impresa: non è quindi una disciplina che ne costituisce la
norma, bensì un’opzione che queste possono esercitare se sussistono i requisiti richiesti.
Per ciò che riguarda le principali semplificazioni:
- Lo stato patrimoniale, il Conto economico e la Nota integrativa vengono semplificati nel
contenuto, in particolare nell’articolazione delle voci: lo Stato patrimoniale comprende solo le
voci contrassegnate con lettere maiuscole e numeri romani, mentre nel Conto economico
possono essere raggruppate alcune voci inerenti il Valore e costi della produzione, proventi e
oneri finanziari e rettifiche di attività e passività finanziarie. Infine la nota integrativa viene
semplificata omettendo alcune indicazioni (ad esempio 6) Ripartizione geografica e, per quanto
riguarda 16), 22-bis) e 22-ter), effetti patrimoniali, finanziari ed economici);
- Vengono semplificati alcuni criteri di valutazione (Facoltà di iscrivere i titoli al costo di acquisto, i
crediti al valore di presumibile realizzo e i debiti al valore nominale);
- Il Rendiconto finanziario può essere omesso;
- E’ stata inoltre disciplinata una pressoché totale omissione della relazione sulla gestione.
Per quanto riguarda lo Stato patrimoniale e il Conto economico, per il primo, le semplificazioni
pregiudicano la sua chiarezza; per il Conto economico, invece, le semplificazioni non ne intaccano
il contenuto informativo minimale.

25) Quali sono le forme di semplificazione previste per l’attivo dello Stato Patrimoniale
redatto in forma abbreviata? (pag. 224)

Le semplificazioni previste dall’art. 2435-bis del Codice Civile, relativamente all’attivo del Stato
patrimoniale redatto in forma abbreviata sono le seguenti: nell’Attivo rimangono solo due
macroclassi (Immobilizzazioni e Attivo circolante) e le relative classi (cioè il primo e il secondo
livello di articolazione dello schema patrimoniale), scompaiono invece tutte le voci e le sottovoci (il
terzo e il quarto livello). Non viene perciò fatta menzione:
- delle tipologie di Immobilizzazioni immateriali, di Immobilizzazioni materiali e di Immobilizzazioni
finanziarie che l’azienda possiede;
- delle diverse categorie delle Rimanenze;
- delle diverse specie di Crediti e di Attività finanziarie presenti nell’Attivo circolante.

26) Nella redazione del bilancio in forma abbreviata a che tipo di semplificazione è soggetto
il conto economico? E la relazione sulla gestione? (pag. 225 e 229)

Secondo l’art. 2435-bis, nel Conto economico del bilancio in forma abbreviata le seguenti voci
previste dall’articolo 2425 possono essere tra loro raggruppate:
- voci A.2, A.3 (accorpamento delle variazioni delle rimanenze presenti nel Valore della
produzione);
- voci B.9.c, B.9.d, B.9.e (sintesi degli altri costi, non riferiti a salari e stipendi e oneri sociali,
relativi al personale dipendente);
- voci B.10.a, B.10.b, B.10.c (sintesi degli ammortamenti e svalutazioni relativi alle
immobilizzazioni materiali e immateriali);
- voci C.16.b, C.16.c (si aggregano in un’unica voce “proventi da titoli” il dettaglio dei proventi da
titoli iscritti nelle immobilizzazioni che non costituiscono partecipazioni e da titoli iscritti nell’attivo
circolante che non costituiscono partecipazioni);
- voci D.18.a, D.18.b, D.18.c, D.18.d (si aggregano in un’unica voce le rivalutazioni);
- voci D.19.a, D.19.b, D.19.c, D.19.f (si aggregano in un’unica voce le svalutazioni).
Tali semplificazioni non ne intaccano il contenuto informativo minimale, per conservare l’utilità di
tali bilanci per un’analista esterno che voglia cogliere i passaggi salienti della gestione.
Per quanto riguarda la relazione sulla gestione, invece, l’art. 2435-bis esonera dalla redazione
della Relazione sulla gestione le società che redigono in forma abbreviata purché “forniscano nella
Nota integrativa le informazioni richieste dai numeri 3 e 4 dell’art. 2428”. In particolare, il numero 3
e il numero 4 identificano, rispettivamente, il possesso e l’acquisto/alienazione di azioni proprie o
quote di società controllanti, effettuate nel corso dell’esercizio, anche per tramite di società
fiduciaria e di interposta persona, con l’indicazione della corrispondente parte di capitale, dei
corrispettivi e dei motivi degli acquisti e delle alienazioni.
Risulta quindi evidente che da un lato, si è richiesto il dettaglio di operazioni ritenute “starordinarie”
in piccole società, e dall’altro, è stato stabilito di omettere informazioni che rappresentano il legame
dei bilanci con la situazione in essere dell’azienda e che rappresentano elementi vitali per il
giudizio economico-patrimoniale e finanziario delle società. Infatti non deve essere indicato null ain
merito:
- alle attività di ricerca e sviluppo;
- ai rapporti con imprese controllate, collegate e controllanti;
- alla prevedibile evoluzione della gestione.

27) Quali sono le caratteristiche del bilancio delle micro-imprese previsto dal Codice Civile?
(pagg. 229-230)

Il Codice Civile, all’art. 2435-ter, definisce micro-imprese le società che non abbiano emesso titoli
negoziati in mercati regolamentati, che nel primo esercizio o, successivamente, per due esercizi
consecutivi, non abbiano superato due dei seguenti limiti:
- Totale dell’attivo dello Stato patrimoniale: 175.000 euro;
- Ricavi delle vendite e delle prestazioni: 350.000 euro;
- Dipendenti occupati in media durante l’esercizio: 5 unità.
Gli schemi di bilancio e i criteri di valutazione delle micro-imprese sono determinati secondo
quanto disposto dall’articolo 2435-bis per il bilancio in forma abbreviata, però le micro-imprese,
oltre ad essere esonerate dalla redazione del Rendiconto finanziario (come già le società che
redigono il bilancio in forma abbreviata), sono esonerate anche dalla redazione:
- Della Nota integrativa quando in calce allo Stato patrimoniale risultino le informazioni previste
dal primo comma dell’articolo 2427, numeri 9) e 16);
- Della Relazione sulla gestione quando, in calce allo Stato patrimoniale, risultino le informazioni
richieste dai numeri 3) e 4) dell’articolo 2428.
Per quanto riguarda la Nota integrativa, le uniche informazioni che rimangono obbligatorie sono
quelle relative agli impegni, garanzie e passività potenziali non risultanti dallo Stato patrimoniale, e
all’ammontare dei compensi, delle anticipazioni e dei crediti spettanti agli amministratori e ai
sindaci.
Per quanto concerne invece la Relazione sulla gestione, le informazioni che il legislatore ha inteso
salvaguardare sono le medesime già indicate nel caso del bilancio in forma abbreviata, quindi il
possesso (n.3), l’acquisto e l’alienazione (n.4) di azioni proprie o quote di società controllanti,
effettuate nel corso dell’esercizio.
Infine, il Codice Civile dispone inoltre che nel bilancio delle micro-imprese non sono applicabili le
disposizioni di cui:
- al quinto comma dell’art.2423, relativo all’obbligo di deroga in casi eccezionali delle disposizioni
incompatibili con la rappresentazione veritiera e corretta;
- al numero 11-bis del primo comma dell’art.2426, relativo alla valutazione al fair value degli
strumenti finanziari derivati.
Le società che si avvalgono delle esenzioni previste per le micro-imprese devono redigere il
bilancio, a seconda dei casi, in forma abbreviata o in forma ordinaria quando per il secondo
esercizio consecutivo abbiano superato due dei tre limiti precedentemente indicati.

28) Quali sono le finalità degli indici di redditività? Si faccia particolare riferimento all’indice
di redditività dell’attivo netto. (pag.296, pagg. da 303 a 313)

Gli indici di redditività costituiscono un insieme di valori che misurano la redditività, ovvero la
capacità dell’azienda di remunerare congruamente tutti i fattori produttivi impiegati nella gestione
ed il capitale di rischio apportato dai soggetti proprietari dell’azienda. Pertanto, tali indici mettono a
confronto una determinata configurazione di reddito con il capitale dal quale lo stesso reddito è
prodotto (per quanto riguarda la redditività dell’attivo netto, vedi domanda successiva).

29) Come si determina il ROA e quale significato assume? Quali sono gli indici utili ad
approfondire il suo andamento?quali termini di riferimento possono essere utilizzati per
esprimere un giudizio sul ROA? (pagg. da 303 a 313)

Il ROA (acronimo di Return on assets) è l’indice che misura la redditività dell’attivo netto, e si
calcola effettuando il rapporto fra il risultato operativo (EBIT) aziendale (vale a dire la somma fra il
risultato operativo caratteristico, i proventi accessori-patrimoniali netti, e i proventi finanziari netti) e
l’attivo netto. Il ROA esprime il rendimento di tutte le risorse impiegate nell’attività dell’impresa, e la
sua valenza informativa è particolarmente importante, in quanto neutralizza due importanti
dimensioni della gestione che incidono invece sulla redditività del Patrimonio netto:
- L’onerosità dei mezzi di terzi;
- Gli effetti dell’imposizione fiscale.
Il ROA, infatti, non risente degli effetti economici negativi legati alle scelte di finanziamento e alle
politiche fiscali a cui è sottoposta l’impresa.
Per valutare compiutamente i risultati derivanti dal suo calcolo, tuttavia, è necessario effettuare lo
studio delle sue componenti primarie, scomponendolo in due ulteriori indici:
- il ROS, l’indice che esprime la capacità di generare margini dell'impresa attraverso l’attività
caratteristica e con l’ausilio delle altre fonti di ricavo della gestione patrimoniale (proventi
accessori-patrimoniali netti e proventi finanziari netti) a partire dal livello delle vendite
complessivamente effettuate nel periodo (e che si calcola come rapporto fra l’EBIT aziendale e i
ricavi di vendita);
- L’Asset turnover, vale a dire l’indice di rotazione dell’attivo netto, calcolato come rapporto fra i
ricavi di vendita e l’attivo netto. Esso approssima con buona precisione il numero di volte in cui
l’attivo netto ritorna mediamente in forma liquida attraverso i ricavi di vendita.
Come già indicato in precedenza, al fine di esprimere un giudizio sul ROA, come termine di
riferimento si può utilizzare il ROE, il quale, prendendo al numeratore il reddito netto, riflette
l’incidenza di tutte le aree gestionali sulla redditività dell’impresa, ma anche il ROD, che misura il
costo medio che sostiene l’impresa nel farsi finanziare attraverso il ricorso ai Mezzi di terzi.
Quest’ultimo corrisponde al rapporto fra gli oneri finanziari e i mezzi di terzi, e, sottratto al ROA, va
a fornire un’informazione fondamentale sulla capacità dell’indebitamento di generare ricchezza
(differenziale di leva: se il ROA è maggiore del ROD, il rendimento dei mezzi di terzi raccolti e
investiti nell’attivo netto risulta superiore al costo che gli stessi generano a carico dell’impresa in
termini di interessi passivi).
30) Calcolo del ROS ed analisi di dettaglio dello stesso: quali sono le differenze di calcolo e
significato tra i modelli del primo e secondo schema di leva? (pag. 310, pag.41 riassunto)

Il ROS (Return on Sales) è l’indice che esprime la redditività delle vendite, e misura in percentuale
la capacità di generare margini dell’impresa attraverso l’attività caratteristica e con l’ausilio delle
altre fonti di ricavo della gestione patrimoniale (proventi accessori-patrimoniali netti e proventi
finanziari netti) a partire dal livello delle vendite complessivamente effettuate nel periodo.
Il valore assunto dal ROS riflette quattro dimensioni fondamentali dell’area operativa della
gestione:
- Il livello di efficienza dei processi produttivi (dato che l’EBIT aziendale risente del peso del Costo
del Venduto che comprende i costi derivanti dall’impiego dei fattori produttivi impiegati nel core
business);
- La capacità commerciale dell’impresa (ossia l’abilità di spuntare dai propri fornitori dei prezzi
convenienti, e la capacità di vendere ai propri clienti i beni realizzati a prezzi più elevati);
- Il mix di prodotti venduti in presenza di marginalità differenti per ciascuna linea di produzione;
- L’ammontare dei proventi accessori-patrimoniali netti e dei proventi finanziari netti, che
rappresentano componenti positivi di reddito che integrano e supportano la redditività della
gestione caratteristica, anche se non direttamente correlati al core business aziendale.
Esso si calcola pertanto come rapporto fra il risultato operativo aziendale e i ricavi netti di vendita.
Per quanto riguarda il modello del primo schema di leva finanziaria, abbiamo che la redditività del
patrimonio netto ROE dipende dalla redditività dell’attivo netto ROA, il differenziale di leva e dal
livello di indebitamento ROD. Il reddito netto può essere visto come il risultato dell’attività svolta
grazie alle risorse investite nell’impresa e raccolte a titolo di patrimonio netto e mezzi di terzi. Più
precisamente il reddito netto deriva dalla somma di due rendimenti: quello del patrimonio netto al
tasso ROA e quello dei mezzi di terzi al tasso (ROA-ROD). Poiché il ROE, ad un aumento del ROA
o del ROD, si moltiplica più che proporzionalmente rispetto a quella variazione, grazie all’effetto
leva, possiamo dire che il livello di indebitamento agisce come moltiplicatore del differenziale di
leva. L’equazione del primo schema si calcola:

ROE= (ROA+ (ROA-ROD)*Mezzi di terzi/Patrimonio netto)*(1-t)

Per quanto invece riguarda il secondo schema di analisi, esso permette di separare i contributi
offerti dall’attività caratteristica, sviluppata internamente o per vie esterne, rispetto a quella
patrimoniale (ad esclusione delle partecipazioni strategiche) e finanziaria (misurata
dall’indebitamento finanziario netto). In base a questa scomposizione, abbiamo che la redditività
del patrimonio netto ROE viene a dipendere dalla redditività del capitale investito netto ROI, il
differenziale di leva e dal livello di indebitamento finanziario netto. Il reddito netto può essere visto
come i risultato dell’attività svolta grazie al capitale investito nell’impresa e raccolta a titolo di
patrimonio netto e attraverso l’indebitamento finanziario. Il reddito netto deriva dalla somma di due
rendimenti: quello del capitale investito al tasso ROI e quello che deriva dall’indebitamento
finanziario al tasso (ROA-ROD). L’effetto leva in questo caso si verifica poiché il ROE, ad un
aumento del ROI o del costo dell’indebitamento finanziario netto, si modifica più che
proporzionalmente rispetto a quella variazione. Il livello di indebitamento agisce come
moltiplicatore del differenziale di leva: ecco che quindi il ricorso all’indebitamento finanziario può
contribuire al miglioramento del ROE, a patto però che il ROI sia maggiore del costo
dell’indebitamento finanziario netto. L’equazione del secondo schema lo si calcola:

ROE= (ROI+(ROI-Costo indebitamento fin. netto)*Ind.finanziario netto/Pat.netto)*(1-t)

31) Come si determina l’indice di rotazione dell’attivo netto e quale significato assume?
Quali sono gli indici utili ad approfondire il suo andamento? Un suo peggioramento a cosa
può essere dovuto? (pagg. 311-313)
L’indice di rotazione dell’attivo netto (Asset turnover) è dato dal rapporto fra i ricavi di vendita e
l’attivo netto. Esso deriva dalla scomposizione del ROA e può essere letto in due modi:
- Esprime una misura di quante volte l’attivo netto è stato idealmente “rinnovato” nel corso
dell’anno attraverso le vendite;
- Allo stesso tempo, esprime l’ammontare di fatturato generato per ogni euro di capitale investito
nell’attivo netto nell’impresa.
Al fine di approfondire il suo andamento, è fondamentale tenere conto che esiste un nesso tra
l’Asset turnover stesso e il ROS (l’indice che esprime la redditività delle vendite). La composizione
dei valori derivanti da entrambi gli indici riflette le caratteristiche del modello di business adottato
dall’impresa, che potrebbe appoggiarsi o sull’ottenimento di margini economico significativi, o su
politiche associate a ingenti volumi di vendita. Un peggioramento dell’Asset turnover stesso può
essere dovuto proprio dagli alti margini di profitto, mentre una bassa marginalità può portare a
risultati significativi in termini di redditività dell’attivo netto (ROA) se supportata da un elevato tasso
di rotazione dell’attivo.

32) Quali sono le finalità degli indici patrimoniali? Si faccia particolare riferimento al tasso
di indebitamento. (pag. 326 e pagg. 329-330-331, pag.39 riassunto)

Gli indici patrimoniali forniscono informazioni importantissime sull’equilibrio patrimoniale, ovvero


sulla presenza di un rapporto soddisfacente tra la consistenza e la composizione delle fonti di
finanziamento attivate a diverso titolo, e la consistenza e la composizione degli impieghi. Questa
condizione di equilibrio la si riscontra in presenza di tre condizioni:
- un’elasticità degli impieghi adeguata a rispondere tempestivamente ed economicamente ai
cambiamenti imposti dal mercato e dal progresso tecnico-scientifico;
- un livello di indebitamento non eccessivamente elevato (ciò presuppone la presenza di un
congruo apporto di mezzi propri da parte dei soci/azionisti dell’azienda in relazione ai Mezzi di
terzi a cui si presume di dover far ricorso per gli investimenti attuali e futuri);
- una congruità tra le fonti di finanziamento attivate e le corrispondenti modalità di impiego dei
capitali raccolti (determinata in ragione dell’orizzonte temporale di impiego delle attività rispetto
alla scadenza delle fonti di finanziamento).
In particolare uno degli indici calcolabili dallo Stato patrimoniale finanziario e il conto economico a
ricavi e costo del venduto è il tasso di indebitamento, che esprime il rapporto tra il valore totale dei
Mezzi di terzi e l’ammontare del Patrimonio netto dell’impresa. Esso indica a quanto ammonta il
rischio finanziario, ovvero il rischio di insolvenza, cioè la mancata capacità di far fronte ai
pagamenti con i mezzi monetari a disposizione. Più un’azienda è indebitata e meno risulta
autonoma nelle sue scelte, più alti diventano gli oneri finanziari e sempre più difficilmente verranno
concessi prestiti a lungo termine. Un aumento progressivo del tasso di indebitamento può agire
negativamente proprio sulle aspettative dei principali portatori di interesse, al punto di causare
conseguenze in grado di mettere a repentaglio la sopravvivenza dell’impresa stessa (richieste di
rimborso da parte degli istituti di credito che hanno finanziato l’impresa, sospensione delle
consegne da parte dei principali fornitori, dimissioni del management).
Generalmente nelle società quotate il rapporto mezzi di terzi/patrimonio netto si aggira attorno al
50%. Nelle società non quotate vi è una tendenza alla sottocapitalizzazione (i mezzi di terzi sono
spesso 3-4 volte il patrimonio netto).
L’interpretazione del tasso di indebitamento dell’impresa deve essere realizzata tenendo in
considerazione:
- Il trend temporale degli ultimi 3-5 esercizi (al fine di valutare se l’impresa si trova in una fase di
indebitamento tendenzialmente crescente o decrescente);
- La qualità dell’indebitamento, misurata in relazione al peso dei debiti di finanziamento rispetto a
quelli di funzionamento. I primi sono considerati, in genere, più rischiosi dei secondi;
- Il differenziale di leva, cioè il segno e l’ampiezza della differenza di valore tra la redditività
dell’attivo netto (ROA) e il costo medio dei mezzi di terzi (ROD). Se positivo, l’indebitamento
contribuisce a migliorare la redditività del patrimonio netto. Se negativo, l’aumento del livello di
indebitamento produce effetti negativi sulla redditività netta dell’impresa;
- Congruità fonti-impieghi. Un disallineamento tra scadenza delle fonti e durata degli impieghi
aggrava la lettura del tasso di indebitamento dell’impresa. Viceversa, in presenza di una
congruità tra fonti di finanziamento attivate e investimenti, lo stesso livello di indebitamento può
essere giudicato meno rischioso sotto il profilo finanziario.
Il livello di indebitamento dell’impresa può essere ulteriormente approfondito analizzando in
maniera più dettagliata la composizione delle fonti di finanziamento (in base alla scadenza delle
fonti, ad esempio Debiti a breve/Mezzi di terzi o Debiti a m-l/Mezzi di terzi, o alla qualità delle fonti,
per esempio Debiti di finanziamento/Mezzi di terzi o Debiti di funzionamento/Mezzi di terzi).
Quanto maggiore sarà il peso dei debiti a breve termine e/o dei debiti finanziari, tanto più rischioso
sarà percepita l’impresa, a parità di tasso di indebitamento. Infine, se i debiti di funzionamento
assumono un peso significativo nella composizione dei mezzi di terzi è opportuno stimate la durata
media delle dilazioni di pagamento ottenute dai fornitori dell’impresa (attraverso il DPO, che si
calcola: (Debiti v/fornitori/(1+IVA%)/Acquisti beni e servizi)*360).

33) Quali indicatori (margini e quali indici bilancio possono essere utilizzati per esprimere
un giudizio sulla coerenza tra gli impieghi e le fonti di finanziamento? (pagg. 46-47-48,
pagg .da 334 a 337)

Per quanto riguarda gli indicatori che esprimono la coerenza tra gli impieghi e le fonti di
finanziamento, possiamo citare:
- Il capitale circolante netto, che corrisponde alla differenza tra l’attivo corrente e il passivo
corrente. Il suo incremento, in linea di massima, indica un aumento della solvibilità a breve da
parte dell’azienda. Tuttavia è importante considerare anche la sua qualità che dipende dalla sua
composizione: infatti, se un’impresa ha un capitale circolante netto positivo ma ottenuto con il
contributo di consistenti giacenze di magazzino, il suo giudizio sarà meno buono rispetto quello
di un’impresa che presenta una ammontare simile di CCN ma composto in prevalenza da
disponibilità liquide, titoli di pronto smobilizzo e crediti a breve;
- Il Margine di tesoreria, che consiste nella differenza tra l’attivo corrente (depurato delle
rimanenze) e il passivo corrente. Esso indica la capacità dell’azienda di far fronte alle fonti di
finanziamento a breve soltanto tramite le componenti più liquide dell’attivo corrente, e permette
di dare un giudizio sulla solvibilità dell’impresa. Infatti un Margine di tesoreria positivo indica il
raggiungimento di una soddisfacente condizione di equilibrio finanziario a breve; un Margine di
tesoreria negativo, con capitale circolante netto positivo, indica la necessità di velocizzare la
movimentazione delle scorte di magazzino e di trasformarle in risorse più liquide (crediti o
liquidità immediate); un Margine di tesoreria negativo, con la presenza di un capitale circolante
netto negativo, segnala una situazione critica dal punto di vista della solvibilità a breve.
- Il Margine di struttura, che individua la capacità dell’azienda di coprire l’intero ammontare delle
immobilizzazioni con il ricorso ai mezzi propri. Esso corrisponde alla differenza fra il patrimonio
netto e l’attivo immobilizzato. Questo margine segnala la congruità dei mezzi propri rispetto alla
consistenza dei fabbisogni finanziari durevoli, in modo da fornire un giudizio sulla solidità
dell’impresa. Se il Margine di struttura è negativo, con CCN positivo, non è un segnale
preoccupante. Se invece il Margine di struttura e il CCN sono entrambi negativi è necessario
aumentare il capitale proprio attraverso nuovi conferimenti dei soci, e consolidare
l’indebitamento allungando la scadenza delle passività.
Per quanto riguarda gli indici di bilancio, invece, ricordiamo:
- L’indice di disponibilità, che corrisponde, sotto il profilo informativo, al Capitale circolante netto, è
l’Indice di disponibilità, vale a dire il rapporto fra l’Attivo corrente e il Passivo corrente. Esso
consente di valutare in termini relativi la proporzione tra i due aggregati: un valore dell’indice di
disponibilità superiore a uno significa che l’azienda è in grado di far fronte alle passività correnti
con le disponibilità liquide, le attività finanziarie correnti, l’incasso dei crediti a breve e attraverso
la vendita di una parte delle giacenze di magazzino. Se fosse inferiore a uno, invece, l’impresa
riuscirebbe ad affrontare le uscite derivanti dalla scadenza delle passività correnti soltanto con
l’ausilio delle componenti più liquide dell’attivo corrente;
- L’indice di liquidità, che presenta la balena informativa del Margine di tesoreria, si calcola come
rapporto fra l’attivo corrente (depurato dalle rimanenze) e il passivo corrente. Se tale indice
assume un valore superiore a uno, di conseguenza anche l’indice di disponibilità sarà superiore
a 1. In caso di valore inferiore a uno, invece, è necessario che almeno l’indice di disponibilità
presenti un valore superiore a uno, altrimenti l’impresa potrebbe andare incontro a delle difficoltà
nel far fronte ai propri impegni a breve, nel caso in cui non riesca a generare nuova liquidità
sufficiente per affrontare i pagamenti in scadenza.

34) Come si determina l’indice di rotazione del capitale investito nella gestione
caratteristica e quale significato assume? Quali sono gli indici utili ad approfondire il suo
andamento? Un suo peggioramento a cosa può essere dovuto? (pag. 357)

La rotazione del capitale investito nella gestione caratteristica risulta un indicatore del dinamismo
dell'impresa più coerente di quanto non sia la rotazione dell’attivo netto, in quanto i ricavi delle
vendite risultano direttamente correlati con la sola gestione caratteristica “interna”, mentre non
presentano nessun nesso con gli investimenti nella gestione accessoria-patrimoniale. Esso si
calcola effettuando il rapporto fra i ricavi netti di vendita e il capitale investito nella gestione
caratteristica.
Gli indici utili ad approfondire il suo andamento e che influiscono su di esso sono i seguenti:
- Rotazione del Capitale circolante netto operativo (Ricavi netti di vendita/Capitale circolante netto
operativo);
- Rotazione dell’attivo corrente operativo (Ricavi netti di vendita/Attivo corrente operativo);
- Rotazione del magazzino (Costo del venduto/Rimanenze di magazzino);
- Durata media crediti commerciali (DSO) : (Crediti commerciali/(1+IVA%)/Ricavi di vendita)*360);
- Durata media debiti commerciali (DPO): (Debiti v/fornitori/(1+IVA%)/Acquisti beni e servizi)*360).
Un suo peggioramento può essere dovuto dall’incremento delle dilazioni di pagamento nei
confronti dei debitori (sebbene, in linea di massima, esso possa determinare una diminuzione del
fabbisogno finanziario dell’impresa, con conseguente aumento del ROI e del tasso di rotazione del
capitale investito nella gestione caratteristica): l’aumento della dilazione, infatti, si traduce spesso
in un maggior costo degli acquisti, comportando una diminuzione del reddito operativo della
gestione caratteristica.

35) In cosa consiste e come si calcola la durata del ciclo monetario dell’impresa? (pagg.
358-359)

La durata del ciclo monetario dell’impresa è un’informazione molto importante, ricostruita


attraverso la lettura congiunta degli indici di durata media dei crediti commerciali, della rotazione
del magazzino (cioè del suo reciproco che esprime la durata media di permanenza delle scorte in
magazzino) e della durata media dei debiti commerciali. In particolare, essa si calcola sommando il
periodo medio di copertura delle rimanenze e la durata media dei crediti vs. clienti, sottraendo poi
da tale risultato la durata media dei debiti vs. fornitori.
La durata del ciclo monetario dell’impresa permette di identificare il periodo di “scopertura”
finanziaria che si genera dallo svolgimento della gestione caratteristica. Se l’impresa, infatti,
riuscisse ad incrementare le dilazioni di pagamento dai propri fornitori, a ridurre i tempi medi di
giacenza in magazzino delle materie prime e/o dei prodotti finiti e a comprimere le dilazioni di
pagamento concesse ai propri clienti, otterrebbe una riduzione complessiva del fabbisogno
finanziario della gestione caratteristica corrente.

36) Come si calcolano e quali diversi significati assumono i seguenti indici: il “ritorno
finanziario del patrimonio netto” e il “rendimento monetario della gestione caratteristica”?
(pagg. 370-371)

Il ritorno finanziario del patrimonio netto si calcola come rapporto fra i dividendi e il patrimonio
netto. Questo indice fornisce un’informazione sulla rendita monetaria generata dall’impresa a
favore degli azionisti. Il valore del numeratore lo si può trovare nel dettaglio dei flussi che rientrano
nelle attività di finanziamento. L’ammontare dei dividendi distribuiti dall’impresa ai propri azionisti
può talvolta prescindere dal rddito netto generato, portando anche a differenze rilevanti tra il valore
dell’indice in esame e il ROE.
Il rendimento monetario della gestione caratteristica, invece, si calcola come rapporto tra il flusso
monetario della gestione caratteristica e il capitale investito netto gestione caratteristica. Esso
fornisce un valore analogo a quello fornito dal ROI della gestione caratteristica, sul piano
economico.

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