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LEZIONE 8

• Le migrazioni slave sono avvenute


in tre principali direzioni; non si sa
con precisione quando siano
cominciate, ma probabilmente già nel
II secolo sono avvenuti degli
spostamenti
verso sud, soprattutto verso Bisanzio
e l’Impero Romano d’Oriente: questi
spostamenti però non hanno portato
a insediamenti slavi (l’impero
respingeva le incursioni)
• I principali spostamenti slavi
(accompagnati da insediamenti)
cominciano nel VI secolo: in questo
periodo alcuni storici cronisti latini e
bizantini fanno riferimento alle diverse
tribù slave; gli slavi si spostano dalla
loro protopatria in tre direzioni: nord-
est, ovest / nord-ovest, sud
• Spostandosi vengono in contatto
con altri popoli e lingue; ciò
riguarda soprattuto l’ovest e il sud;
l’est porta gli slavi a conoscere i
popoli baltici e finnici (che parlavano
lingue non slave e non indoeuropee)
• Gli studiosi sostengono che i gruppi di
slavi che hanno migrato siano i protogenitori degli slavi orientali, occidentali e meridionali;
ciascuno di questi gruppi parlava un idioma singolo, magari diviso in diversi dialetti, ma sempre
intercomprensibili; si può parlare di protolingua slavo-orientale, occidentale e meridionale
(anche se per quest’ultimo gruppo gli studiosi non sono convinti che le lingue odierne partano
da un idioma antico unitario)
• Direzione nord-est:
• Il movimento in questa direzione è cominciato prima del VI secolo, nei primi secoli dopo
Cristo
• Questa direzione forse è stata favorita da un boom demografico, dalla ricerca di nuovi
territori agricoli e anche dalla spinta di popolazioni nomadi che provenivano dall’Asia
centrali (unni e avari)
• Zona interessante per via delle paludi e delle foreste, sopratutto attorno ai fiumi Volga e
Dnepr; una parte degli slavi del nord-est presto scendono in direzione del Mar Nero, dove
incontrano i nomadi della steppa
• Direzione nord-ovest:
• I futuri slavi occidentali; questa migrazione è
partita più tardi, tra il V e il VIII secolo
• Questi slavi si dirigono verso il Mar Baltico, ma
incappano in degli ostacoli: spinti da unni e
avari, vanno verso la Germania, i cui territori
erano parzialmente liberi, ma nel IX secolo
incontrano il Regno Franco di Carlo Magno,
che fa costruire nel 805 una linea di difesa per
contenere gli slavi, chiamata limes sorabicus
(durante questo periodo gli slavi erano chiamati
sclavini, ma i sorabi erano una delle tribù
slave), e successivamente un’altra nel 808
chiamata limes saxonicus (che coincide col
bacino del fiume Elba): gli slavi non potevano attraversarli
• Le tribù slave talvolta si combattevano tra loro, così Carlo Magno più volte ha utilizzato
l’aiuto di una determinata tribù per respingerne un’altra; questi territori sono pieni di
toponimi slavi
1
• Direzione sud:
• Forse la più importante, intrapresa
tra il VI e il VII secolo; alcuni la
relazionano alla migrazione dei
longobardi in Italia (VI secolo):
vista la migrazione di questo
popolo, gli slavi hanno potuto
espandersi in Pannonia, da dove si
sono poi diffusi rapidamente in
tutta la penisola balcanica fino al
IX-X secolo
• Gli slavi si sono diretti anche verso
le Alpi orientali fino all’isola di Creta
(isole del Mar Egeo); per la prima
volta entrano in contatto coll’impero di Bisanzio

• Scrittore Giordane del VI secolo: cronista della fine


dell’impero romano, storico dei goti, scrive in latino
una storia “De rebus geticis”
• Alcuni hanno preso questo passaggio per dedurre la
localizzazione esatta degli slavi nel VI secolo, altri
sono più cauti; Vladimir Georgiev, linguista bulgaro,
sostiene che fra il II e il IV secolo, durante le prime
onde migratorie, il termine “venedi” fosse l’etnonimo
comune a tutti gli slavi; Georgiev fa riferimento a un
altro passaggio di Giordane in cui egli sostiene che
tutti gli slavi provengano da un’unica stirpe (gens);
nei due secoli seguenti (dal IV al VI, periodo a cui
risale l’opera di Giordane) si sono formati anche gli
altri due gruppi slavi, ovvero sclavini e anti, mentre
l’etnonimo venedi si è ristretto fino a definire un solo
gruppo slavo
• Secondo Georgiev, a giudicare dai dati contenuti nel
libro di Giordane, è probabile che “venedi”
corrisponda al ramo occidentale degli slavi,
stanziati al nord dei Carpazi; Giordane dice che gli
sclavini vivono a sud dei venedi, perciò si può
pensare che nel VI agli sclavini corrispondeva il ramo
meridionale degli slavi, mentre gli anti al ramo
orientale
• Quindi probamente il toponimo “sclaveni” si
è esteso a causa del contatto con Bisanzio
(il gruppo consonantico “scl” è la resa fonetica
bizantina del gruppo “sl”) fino ad essere
utilizzato come etnonimo per tutti gli slavi;
Georgiev non solo riesce a localizzare questi
tre gruppi e a svelare il mistero dell’etnonimo
slavo, ma produce anche una periodizzazione
del protoslavo
• Fase tarda / late common slavic : dal IX secolo
al XI, tutti sono concordi su questo periodo

• Teoria del baltoslavo: nasce alla


fine del 1800 un’idea secondo la
quale le lingue slave assomiglino
molto alle lingue baltiche (che sono
moltissime ed erano ancora più
numerose in passato), soprattutto il
ramo orientale; si è passati o meno
(dopo la disintegrazione
dell’indoeuropeo) attraverso una
fase comune intermedia fra balti e
slavi chiamata baltoslavo? Questa
fase sarebbe intermedia fra
indoeuropeo e i gruppi (distinti)
baltico e slavo; ma se ciò è
avvenuto, perché in seguito gli
slavi si sono mossi verso la loro
presunta protopatria? Sono state proposte diverse
teorie:
1. La più antica è dello studioso August
Schleicher che ha parlato per primo
dell’albero genealogico delle lingue
indoeuropee; propone che sia
effettivamente esistita una lingua
comune baltoslava, che si è poi divisa
nei due gruppi
2. La seconda teoria è di Antoine Meillet,
che suggerisce uno sviluppo
indipendente, ma parallelo, dei due gruppi: uno sviluppo strettamente connesso
3. La terza teoria, di Jan Rozwadowski, sostiene che nel terzo millennio prima di
Cristo sia esistita una protolingua baltoslava, che si è poi disintegrata in varie
lingue indipendenti coesistenti una accanto all’altra
4. Lo studioso lettone Janis Endzelins sostiene che i balti e gli slavi non erano
connessi nel primo e nel secondo millennio prima di Cristo, ma sono esistiti gli uni
accanto agli altri più tardi,
nei primi secoli dopo Cristo
5. Gli studiosi (slide)
sostengono che la
protolingua slava si sia
sviluppata da uno o più
dialetti periferici baltici
• Vi sono tantissime somiglianze nella
fonologa, nella morfologia, nell’uso dei
casi e nella sintassi (come genitivo e
strumentale), suffissi comuni, la doppia
negazione, il lessico di base
• La prima lingua scritta degli slavi (slavo ecclesiastico) ha molte somiglianze col bulgaro e
col macedone, soprattutto per quanto riguarda la fonetica; ci sono due suddivisioni di diversa
natura dello slavo meridionale:
• Divisione genetica: orientale e
occidentale; la linea è stata stabilita
sui confini linguistici (non riguarda la
collocazione dei paesi, né dei confini
geopolitici); Pavle Ivić, dialettologo
serbo, ha definito questa linea nel seguente modo: parte dal confine tra Serbia e
Romania, prosegue a sud del fiume Timok, attraversa alcune città della Bulgaria e
arriva a un punto sul confine tra Serbia, Bulgaria e macedonia; queste due aree
differiscono per la fonetica
• Divisione tipologica (vedi sotto): in lingue balcaniche / slavo-balcaniche e lingue non
balcaniche

LEZIONE 9

• Le lingue meridionali che hanno subito il più


grande numero di cambiamenti sono il
bulgaro e il macedone; questi
cambiamenti si sono verificati a partire dal
periodo del medioevo, cioè durante il
periodo della dominazione politica e
culturale sia bizantina che ottomana, dal X
fino al XIX secolo, e sono dovuti ai
costanti contatti geografici, economici e
culturali (vita domestica, comunicazione
amministrativa...) con i paesi e i popoli
confinanti non slavi: contatto linguistico molto
duraturo che ha portato a delle tendenze di sviluppo
comune con altre lingue parlate nella penisola
balcanica, ovvero il greco, il rumeno, l’albanese e
altre
•Lega linguistica
balcanica: il fatto
che il bulgaro e il
macedone facciano
parte di questa lega
spiega perché queste lingue siano state trasformate molto di
più rispetto alle altre lingue slave; esse si sono maggiormente
allontanate dalla loro eredità slava e hanno acquisito diversi
tratti non slavi sia nel lessico, sia nella fonologia, nella
morfologia e nella sintassi
•Oltre alla divisione genetica-territoriale, che divide le lingue
meridionali in ramo orientale e ramo occidentale (linea di Pavle
Ivić), c’è un’altra divisione tra slavo-balcanico e non slavo-
balcanico: al primo gruppo appartengono non solo le lingue bulgaro e macedone, ma anche
diversi dialetti della lingua serba e dialetti parlati in altri paesi (come in Grecia, in Romania...)
• Schaller: nel 1975 propone una
distinzione tra lingue dei Balcani e
lingue balcaniche; le prime sono tutte
le lingue parlate (sia slave che non
slave) nella penisola balcanica, mentre
le seconde sono
soltanto alcune di
queste lingue,
quelle che sono
entrate a far parte
della Lega
linguistica
balcanica: albanese,
greco, daco-romeno
(lingua romena parlata
in Romania, la lingua
maggioritaria rispetto
alle lingue di
provenienza romanza),
aromeno (noto come
valacco), megleno-
romeno (noto anche come meglenitico), judezmo (lingua degli ebrei che hanno lasciato la
Spagna nel XIV secolo), romani (accento sulla “o”)

• Lingue dei Balcani:


confinano con le
lingue balcaniche,
alcune hanno
sviluppato alcuni
tratti comuni (infatti
vengono anche
chiamate
parzialmente
balcaniche), altre nessuno (come l’ungherese); il turco ha contribuito alla trasformazione di altre
lingue, influenzandole, ma non ha cambiato la propria struttura
• I Balcani vengono associati ad alcuni fenomeni di natura regressiva, negativa: è per questo che
diversi politici rifiutano di far parte di questo territorio; i Balcani infatti sono stati un’area di molti
nazionalismi e ideologismi
• L’area dei Balcani è un’area di cultura condivisa (gastronomia, musica...)
• L’area dei Balcani è divisa in
due influenze (latina e greca)
dalla linea Jireček, studioso che
ha stabilito la diffusione della
lingua latina al nord della linea e
della lingua greca a sud; la
presenza della lingua latina è
dovuta alla conquista romana
della penisola balcanica,
conquista che è durata tre secoli
(lenta):
l’impero romano era molto
interessato alla valle del
Danubio, che poteva essere
usata come una via per collegare l’Occidente con le
province orientali e anche per conquistare le province del
Mar Nero, che da secoli erano occupate dai greci; in alcuni
punti la lingua latina si imponeva sulla lingua greca

• La prima provincia è la Tracia; costituita nel 46


d.C, gravitava verso l’ambiente greco,
culturalmente parlando: qui venivano parlati
diversi dialetti traci, forse dal primo millennio
prima di Cristo; questa lingua è poco
conosciuta perché se ne sono conservate
poche iscrizioni, scritte in lingua greca:
probabilmente i traci non avevano una lingua
propria scritta, ma essendo la loro lingua
parlata molto vicina a quella greca, utilizzavano
lo stesso alfabeto
• La seconda provincia romana nei Balcani è la Macedonia, costituita nel 146 d.C con quattro
regioni distinte geograficamente: occidentale (che ora coincide con l’Albania), superiore,
inferiore, orientale; la capitale della Macedonia era il porto di Salonicco (la Grecia ha posto
sempre forte veto contro il nome “Macedonia” perché l’antica provincia romana di Macedonia
comprendeva anche una grande parte della Grecia settentrionale)
• La provincia dell’Illyricum
coincide con l’attuale
Dalmazia, chiamata
anche l’Illirico; territorio
molto vasto che si
estendeva dalle Alpi al
Danubio,
successivamente è stato
definito come Dalmazia
(in latino Dalmatia o
Delmatia); probabilmente
abitato sin dai primi
millenni prima di Cristo,
non è chiaro se questa antica popolazione illirica sia la stessa che si trova oggi in Albania:
mancano i documenti che possono stabilire questo legame, perché i primi scritti in lingua
albanese sono arrivati molto tardi, nel XV secolo; i romani conquistano con difficoltà l’Illirico
(guerre illiriche durate più di due secoli); la provincia era divisa in tre zone che oggi
corrispondono a: la città di Spalato, la città di Shkodra (Albania) e la città di Salona (Croazia)
• Un’altra provincia è la Moesia: divisa in superior e inferior, conquistata da Traiano nel I secolo
dopo Cristo; quella inferiore gravitava sulla capitale della Macedonia odierna (Skopje), mentre
quella superiore confinava con la Tracia; avrà un ruolo molto importante per i contatti tra i
Balcani
• Provincia della Dacia: prima del processo di romanizzazione era abitata dai daci, un’antica
popolazione indoeuropea molto combattiva; anche la Dacia viene divisa in superior e inferior; gli
imperatori portano diversi gruppi di genti latine per popolarla, soprattutto coloro che avevano
qualche condanna

• Prima di chiamarla linguistica balcanica, era nota col nome di filologia balcanica, termine che
indicava in modo generico gli studi non solo linguistici ma anche storico-antropologici, folklorici,
geografici; in realtà la filologia balcanica non poteva essere paragonata a discipline come quella
germanica o romanza, perché queste ultime riguardano sfere culturali e linguistiche omogenee e
si riferiscono a dati storico-antropologici relativi a genti che parlano lingue di uno stesso ceppo
linguistico; la filologia balcanica, invece, si occupa di una realtà costituita da culture e lingue
diverse, che sono andate a convergere; perciò è stato proposto il termine linguistica balcanica:
prima era solo un settore all’interno della filologia balcanica, settore che studiava le
concordanze linguistiche comuni, chiamate tratti comuni, balcanismi, o interbalcanismi
(convergenze)
• Kristian Sandfeld: è il primo a interessarsi alla definizione di “linguistica balcanica”, chiama il
suo libro “Linguistica balcanica”; parla di concordanze, non di balcanismi (termine introdotto
più tardi); ha messo insieme tutti i dati che erano già stati raccolti dai filologi balcanici per poter
fare un’analisi comparativa delle lingue balcaniche, chiamando “concordanze” i tratti comuni; ha
attribuito la maggioranza delle concordanze alla presenza e al prestigio della lingua greca,
ipotesi che poi è stata rifiutata, sebbene la lingua latina non sia stata tanto importante quanto
quella greca; sottolinea il fatto che probabilmente le lingue hanno sviluppato questi balcanismi a
causa del contatto bilinguistico e multilinguistico tipico della loro storia
• Gli obiettivi della linguistica balcanica si concentrano su questioni come: quali sono i
balcanismi, come si sono formati, quali sono state le tipologie (la natura) del contatto linguistico

• Trubeckoj: conte e linguista


russo vissuto all’inizio del
secolo scorso che ha
introdotto il termine tedesco
“Sprachbund” che significa
Lega
• Questo termine si contrappone al termine“Sprachfamilie”; sono entrambe parole tedesche
perché la Germania studiava molto l’area balcanica all’epoca

• Balcanismi: non si è concordi sul loro numero, ma il minimo è considerato 8-9 e il massimo 16
oppure 20; per stabilire un tratto comune come balcanismo esso deve essere presente o in tutte
le lingue balcaniche o almeno in tre di esse: se il tratto comune è presente in due lingue, ciò può
essere spiegato con i meccanismi del contatto bilingue fra i due popoli
• Alcuni balcanismi si sono estesi anche alle lingue che non fanno parte della Lega linguistica
balcanica

• Latino: ci si aspetterebbe che tutti i popoli autoctoni dei Balcani si siano latinizzati e romanizzati
per via della conquista e della lunga permanenza dell’impero romano, invece non è così, perché
il latino ha dovuto affrontare molte difficoltà per imporsi; l’ostacolo più grande è stato il greco,
perché questa lingua nei Balcani si era diffusa soprattutto nei centri portuali e di scambio di
grande importanza, perciò la lingua greca viaggiava lungo tutte le vie di comunicazione culturali
e commerciali
• Il latino ha comunque superato la grecofonia perché l’amministrazione del territorio era in
latino (dal II a.C fino al IV secolo d.C); il latino era la lingua veicolare e il punto di riferimento sia
per i cittadini romani stanziati nel territorio, sia per le popolazioni balcaniche (una lingua franca
tra l’amministrazione, i cittadini romani deportati da Roma e i popoli indigeni autoctoni, ovvero i
daci, i traci, i celti e gli illiri)
• Nel VI secolo l’importanza del latino cade, perché si insediano progressivamente le genti
slave meridionali; ciò ha portato a un indebolimento della penisola latina e a una profonda crisi
della latinità balcanica: gli slavi diventano la popolazione più numerosa
• Dopo l’arrivo degli slavi, il latino rimane radicato nel territorio nella provincia della Dacia: la
latinizzazione in questa provincia diventa molto più intensa; questo centro di latinità ha portato
alla creazione dei dialetti del romeno, cioè il daco-rumeno, megleno-romeno e aromeno; il resto
della penisola balcanica si trovava sotto l’influenza di Bisanzio
• Anche il greco era molto diffuso, sopratutto nei territori dell’attuale Bulgaria, Macedonia e nei
principali centri portuali dell’Adriatico: in una grande fascia del territorio la gente grecofona si
incontrava con gente autoctona e gente latinizzata (contatto bilinguistico e trilinguistico); molto
importante era il ruolo di Bisanzio, sopratutto dopo la caduta dell’Impero romano d’occidente:
era un centro dove le etnie balcaniche si incontravano con il greco; il ruolo di Bisanzio nella
conversione al cristianesimo e alla rottura con la chiesa di Roma (fattore religioso) è stato
fondamentale

LEZIONE 10

• I greci: la civiltà più antica nella


penisola balcanica; la lingua
greca ha avuto un forte impatto
su tutte le lingue della penisola:
è stata a lungo la lingua di
maggior prestigio nei Balcani,
almeno fino a dove arrivava
l’influenza greca (linea di Jireček,
ma anche oltre)
• Le lingue romanze dei Balcani
sono il risultato del processo di
latinizzazione del territorio a nord
della linea; il territorio a sud era grecofono, soprattuto nel periodo bizantino; i greci sono arrivati
nella penisola balcanica almeno tremila anni prima di Cristo: parlavano una lingua che non
era molto simile a quella odierna, ma che vi è legata; dalla seconda metà del primo millennio si
parla della lingua micenea, che usava un particolare alfabeto chiamato il sillabario scritto con il
lineare B (alfabeto sillabico), che è stato decifrato, al contrario del lineare A; nel VIII secolo prima
di Cristo i greci cominciano a usare l’alfabeto fenicio: l’alfabeto greco odierno ne è un diretto
discendente
• La matrice del greco di oggi è il greco bizantino / medioevale; esso si è diffuso durante
l’impero bizantino (l’impero romano d’Oriente); i greci di questo periodo si chiamavano romaioi,
che si leggeva “romei”, che deriva da “romani”: loro stessi si consideravano continuatori dei
romani
• La lingua greca ha subito degli influssi, sopratutto da diversi idiomi slavi, che a partire dal IV
secolo cominciano a invadere i territori di Bisanzio e ad insediarvisi dopo il VI secolo; l’arrivo
degli slavi è un fattore etnogenetico che ha cambiato l’equilibrio della penisola, che fino a quel
momento era tutta greca o latina; il greco è stato influenzato da diversi idiomi neolatini lungo la
linea di Jireček
• La maggior influenza da parte della lingua greca è stata subita dai popoli che abitavano in
Bulgaria (primo impero bulgaro, formatosi alla
fine del VII secolo, comprendeva tantissimi
idiomi slavi, tra cui la regione della
Macedonia), così come i principali centri
portuali dell’Adriatico, che ora si trovano in
territorio greco e albanese
• Costantinopoli era così importante che diversi
popoli balcanici vi si sono rivolti non solo dal
punto culturale, ma anche religioso: la chiesa
ortodossa che era a capo della tradizione
bizantina ha svolto un ruolo importantissimo
nell’attirare a sé gli altri popoli balcanici;
l’elemento religioso (ortodossia) è stato un
grande fattore di coesione tra popoli (bulgari,
macedoni, serbi…)
• L’Albania è stata abitata
fin dall’antichità;
autonoma durante
l’impero bizantino, ha
avuto diversi periodi di
difficoltà con i
veneziani, che hanno
conquistato alcuni dei
suoi porti più importanti, e con la conquista ottomana dell’intero territorio (più tutto il territorio
balcanico); ciò è avvenuto nel XV secolo, dopo la tragica battaglia dell’eroe nazionale
Skanderbeg, che ha combattuto i turchi e ha perso; da allora fino al XIX secolo l’Albania è
rimasta sotto i turchi
• La prima migrazione albanese in Italia (sud) è avvenuta nel XIV-XV secolo; la popolazione
si chiama Arberësh, si trova sopratutto in Calabria e in Puglia e ha mantenuto la propria
lingua nonostante gli influssi italiani
• È problematico stabilire la lingua dalla quale l’albanese discende: sia il greco che l’albanese,
diversamente dalle lingue slave e romanze, non hanno parenti stretti nella famiglia
indoeuropea; forse i loro parenti si sono estinti in periodo antico; ci sono alcune ipotesi:
secondo degli studiosi, l’albanese sarebbe collegato con l’antica lingua illirica; con “antica” si
intende una lingua che veniva parlata prima della conquista romana della penisola (che
comincia nel II secolo a.C e dura tre secoli): vengono chiamate lingue (e popolazioni)
paleobalcaniche e sono l’illirico, la lingua dacia e la lingua tracia
• I linguisti albanesi sostengono che fra albanese e illirico ci sia un diretto legame, ma sull’illirico
non si sa quasi nulla: è tutto frutto di ipotesi storico-comparative, dal momento che ci sono solo
alcune iscrizioni (il primo documento albanese è del XV secolo); Eric Hamp, uno dei massimi
esperti di indoeuropeistica, ha proposto un collegamento con un’altra lingua, cioè il messapico
(lingua paleobalcanica), e ha trovato delle prove per accertare il collegamento tra messapico e
illirico: egli sostiene che l’albanese nasca dal collegamento tra queste due lingue; forse non c’è
una diretta discendenza tra illirico e albanese, ma c’è un collegamento indiretto che passa
attraverso il messapico
• Un’altra corrente propone un collegamento tra l’illirico e la lingua tracia/dacia, che erano
molto vicine; alcuni sostengono che tutte queste lingue facciano parte di un ramo
dell’indoeuropeo, altri invece dicono che l’illirico e il tracio appartengono a rami diversi
• Uno studioso di Bucarest afferma che l’illirico sia fortemente collegato al dacio: ha trovato
molti parallelismi tra l’albanese moderno e il romeno moderno, sostiene che un tempo queste
due lingue siano state intercomprensibili; infatti, sono state trovate alcune parole albanesi su
iscrizioni trace scritte in lingua greca
• Mentre la lingua dacia è stata fortemente latinizzata dando origine alla lingua romena e alle
sue varianti, la lingua tracia non ha avuto alcun discendente ed è sparita a causa dell’arrivo
degli slavi; i traci erano pochi e sono stati completamente assimilati dagli slavi, lasciando
nella lingua bulgara e macedone solo alcune parole, di cui il numero non è chiaro (alcuni dicono
10, altri 20, altri 100)
• Della Dacia e della Tracia sono rimasti danti toponimi e idronimi, nomi propri (re), nomi di certe
piante e alcune iscrizioni; il poeta Ovidio viene mandato in esilio dai romani in una città della
Dacia, ne impara la lingua e compone delle poesie che tuttavia non si sono conservate

• I linguisti romeni dicono che circa 400 parole romene hanno origine incerta e alcune hanno
corrispettivi in albanese
• La lingua romena è il risultato della romanizzazione dell’antica provincia della Dacia, che
corrisponde al territorio della Romania odierna, ed era confinante con la provincia illirica: è
probabile ci siano stati contatti tra illiri e daci
• La particolarità del romeno rispetto alle altre lingue romanze (italiano, spagnolo, francese...) sta
nel fatto che essa si è sviluppata in un ambiente alloglotto: (“alos” in greco significa “altro”) a
causa di ciò il romeno ha preso diversi prestiti da altre lingue, come lo slavo (alcuni dicono che
tra il 40% e il 60% del lessico romeno proviene dallo slavo), il greco e il turco
• Le prime attestazioni di parole romene appaiono isolate in testi scritti in slavo ecclesiastico o in
latino, tra il IX e il X secolo; i primi testi scritti interamente scritti in romeno appartengono al XVI
secolo; la lingua romena si è sviluppata in forma orale; il romeno si chiama anche daco-romeno
con riferimento alla provincia della Dacia, e viene parlato sia in Romania sia nella repubblica di
Moldavia; Friedman (Università di Chicago) è altro balcanista importante
• Lingue imparentate con il romeno:
• Note come lingue romene sub-danubiane, si sono sviluppate lì perché i popoli che le
parlavano hanno attraversato il Danubio quando l’impero romano ha cominciato a
ritirarsi abbandonando la provincia di Dacia
• Queste lingue sono tutte minoritarie, al contrario del romeno; sono parlate in Grecia,
in Albania, in Macedonia, in Bulgaria, in Turchia e in Croazia
• Aromeno (ha tanti
altri nomi: arumeno,
aromuno, macedo-
rumeno):
• Loro si auto-
definiscono Armîn
• Circa 250 mila
parlanti nei
Balcani
meridionali
• Lingua neolatina
parlata in diversi
paesi: nel nord
della Grecia, nel
sudest
dell’Albania, in
Macedonia,
Bulgaria e
Serbia; in tutto si
dice ci siano 2
milioni di parlanti
perché molti sono
emigrati
• Alla fine del secolo scorso è stato fatto un tentativo di standardizzazione, ma si è dovuto
anche inventare l’alfabeto, utilizzando come base quello latino e aggiungendo dei simboli
modificati: la standardizzazione non è riuscita
• Secondo uno studioso, l’aromeno ha giocato un ruolo fondamentale nello stabilire i tratti
comuni delle lingue balcaniche, ma dall’altra parte questa lingua è addirittura più
conservativa del romeno (per esempio, mantiene l’infinito latino)
• Meglenorumeno:
• Parlato nel nord della Grecia (piccola area confinante con la Macedonia), in Macedonia
(estremo sud) e in Romania
• 5 mila parlanti: è in forte rischio di estinzione
• I linguisti romeni considerano questa lingua un dialetto romeno, molto influenzato dalla
lingua bulgara e greca
• Lingua istrorumena:
• Lingua neolatina parlata nella parte centro-orientale dell’Istria
• In forte via di estinzione
• Non si sa bene come si sia venuta a creare, ma probabilmente è una mescolanza fra
l’arumeno e il veneto, visto che Venezia aveva espanso i suoi confini lungo la costa
dell’Istria; forse aromeno e veneto si sono sovrapposti alle lingue autoctone dalmate

• I turchi arrivano dall’Asia centrale a partire dal VI / VII secolo e appartengono a una famiglia
completamente diversa rispetto all’indoeuropeo, ovvero quella delle lingue turco-tatare dette
anche altaiche; si sono islamizzati già in Asia centrale e a partire dal XI invadono l’Anatolia:
dall’Asia minore, nel corso del XIV secolo, i turchi penetrano nell’intera penisola balcanica; nel
1430 cade Salonicco, Costantinopoli nel 1453 e nel 1457 anche la resistenza albanese guidata
da Skanderbeg cede, così i turchi occupano tutti i centri veneziani, Cipro e Creta
LEZIONE 11

• La crisi economica, sociale e politica dell’impero bizantino ha determinato la scarsa forza


militare con la quale l’impero si è opposto all’invasione turca
• Il territorio dell’impero bulgaro e dell’impero di Bisanzio era diviso tra piccoli feudatari sia
bizantini sia slavi, che erano incapaci di opporsi militarmente all’ascesa coi turchi, così
scendono a patti coi conquistatori e si mettono al loro servizio; l’impero ottomano, come
pilastro della sua organizzazione, impone un sistema feudale, oltre a una forte
organizzazione militare e un rigido sistema fiscale
• Politica di islamizzazione delle popolazioni cristiane: condotta con maggior o minor successo a
seconda del momento politico (il dominio sui Balcani dura dal XIV secolo fino al XIX); lungo le
vie di importanza strategica commerciale e militare erano distribuiti i centri urbani: centri
cosmopoliti, come l’antica Costantinopoli, che gli ottomani chiamano Stambul (quando viene
conquistata nel 1453, viene ristrutturata sulla misura dell’impero ottomano ma continua ad
essere un centro urbano d’incontro per diverse etnie, popoli e lingue)
• Il turco ha influenzato moltissimo le lingue della penisola:
• Soprattutto a livello lessicale e fraseologico (non grammaticale)
• A livello sintattico ci sono alcuni prestiti dal turco, ma riguardano soprattutto il bulgaro e
l’albanese, che hanno sviluppato un sistema modale dei verbi che viene nominato
“evidenziale”: forme verbali modali speciali che indicano l’origine dell’informazione
comunicata (se è vera o falsa e se il parlante dubita della sua veridicità; soprattutto in casi
in cui l’informazione viene recepita dal parlante da terzi, cioè quando egli non è testimone
dell’evento)
• A livello lessicale i prestiti dal turco sono molti, soprattuto per quanto riguarda la lingua
albanese (che ne conta più di 2000), ma anche quella bulgara
• Anche il serbo (che non fa parte della Lega balcanica ma appartiene alle lingue dei
Balcani) ha acquisito diversi elementi turchi, così come il bosniaco
• Molti meno prestiti sono presenti nel croato, il cui paese ha bloccato questo processo per
ragioni storiche; nel greco e nel rumeno l’influsso turco è molto meno intenso, ma anche
qui sono presenti diversi termini della vita quotidiana dove gli influssi turchi sono evidenti;
queste lingue hanno bloccato i prestiti dal turco per quanto riguarda la vita spirituale,
essendo cristiani, e lo stesso vale per il bulgaro, che dopo aver adottato il cristianesimo si
è arricchito di termini greci

• Quali sono le cause che hanno portato alla formazione della Lega linguistica balcanica? Il
contatto inter-linguistico ha giocato un ruolo importante: vi sono stati numerosi contatti di
natura bilingue e multilingue durante tutta la storia della penisola, dalla preistoria fino al XVII-
XVIII secolo; i contatti più intensi cominciano a partire dal X secolo (dopo la cristianizzazione dei
popoli balcanici) e sono maggiori dal XIV secolo in poi, con l’arrivo dell’impero ottomano
• Dei contatti erano già presenti tra albanesi (illirici) e romeni (daci); ciò è confermato dai
prestiti nel vocabolario albanese dal dacio latinizzato e dal latino balcanizzato; ci sono diverse
parole albanesi nella lingua romena (molto probabilmente l’area dall’Albania settentrionale fino
alla Transylvania era occupata da pronto-albanesi, cioè illirici e daci)
• Tutti gli studiosi concordano sull’importanza del contatto linguistico, alcuni però sottolineano
che molti sviluppi potrebbero essere avvenuti in modo indipendente in ogni lingua: lo schwa
[“e” ribaltata], fonema presente soltanto nelle lingue balcaniche, è molto probabile che non sia
dovuto al contatto linguistico, ma si sia sviluppata singolarmente nei vari paesi; un’altra
caratteristica è la formazione del futuro con un verbo ausiliare di tipo “volere” (come will in
inglese, che deriva dal verbo volere)
• Invece lo sviluppo di un articolo determinativo posposto, la perdita o la drastica riduzione
dei casi nominali, l’uso dei pronomi personali dativi o genitivi per esprimere
appartenenza e la perdita dell’infinito è molto probabile che si siano sviluppati a causa del
contatto linguistico
• Prima teoria:
• La causa della formazione della lega linguistica sta nel substrato, lingua indigena,
autoctona, sulla quale si sovrappone un’altra lingua
• Ciò avviene quando c’è un conquistatore: la lingua dei conquistatore si chiama
superstrato, che con lingue contigue o che occupano territori vicini forma un adstrato
• È la teoria dei primi balcanisti, come Miklošić e Kopitar: essi sostengono che il substrato
(chiamato anche sostrato) determinante nella creazione della Lega balcanica siano le
lingue paleobalcaniche
• Di solito i parlanti di una prima lingua, quando passano alla seconda durante il contatto,
portano abitudini e strutture della loro lingua nativa, producendo una forma alterata
della seconda lingua (una specie di corruzione della seconda)
• Secondo altri studiosi è poco probabile che questi contatti abbiano prodotto un tale risultato,
perché queste lingue antiche sono piuttosto sconosciute, non avendo lasciato nessuna
forma scritta; non si può parlare dell’influsso di un substrato perché non lo possiamo
conoscere, così come il superstrato
• Seconda teoria:
• È quella di Sandfeld, che sostiene che dobbiamo attribuire i dati comuni all’adstrato: a
partire dal IX-X secolo c’era una lingua più prestigiosa delle altre, ovvero il greco, e
Sandfeld afferma che questa sia la fonte di tutti i balcanismi (il prestigio della lingua greca
era grande perché usata nell’amministrazione e nella chiesa ortodossa)
• Altri non sono d’accordo (oggi la maggioranza), e trovano questa tesi sopravvalutata, perché il
greco, sebbene sia stata una lingua di prestigio culturale importante, non era conosciuto
approfonditamente dalle popolazioni (lo parlavano principalmente gli aristocratici e gli
intellettuali, non le masse popolari)
• Il contatto linguistico a livello di adstrato era piuttosto orale e non letterario: in seguito alla
cristianizzazione molti testi sacri greci vengono tradotti in slavo, ma questo contatto avviene a
un livello alto, letterario (la lingua greca, perciò, non può essere il fattore decisivo)
• Pidginizzazione: deriva da “pidgin”, che significa “lingue semplificate”, che hanno dovuto
sviluppare modi semplici per poter comunicare tra loro; seconda questa “teoria”:
• La maggioranza dei contatti si è svolta a livello orale, nonostante le lacune di conoscenza
della lingua del vicino, ma con contatti continui e molto intensi
• Si ipotizza che i parlanti di una lingua A selezionassero le strutture aventi analogie con la
lingua B, direzionando il loro uso della lingua A verso la lingua B; i parlanti della lingua B
spesso creavano strutture nella lingua A, che mostravano gli effetti prodotti
dall’interferenza con la loro lingua nativa
• C’è un diverso uso di strutture da parte dei parlanti A e B: c’è un’intesa reciproca sulla
base dell’interferenza della lingua nativa, che porta a un punto d’incontro fra due o più
lingue, cioè la lega; questo punto d’incontro si chiama convergenza (strutture diverse si
dirigono verso questo punto e convergono, adattandosi l’una all’altra)
• Ci sono punti d’incontro determinati dal contatto tra più lingue, cioè plurilingui (la perdita
dell’infinito, che ha interessato tutte le lingue balcaniche) o prevalentemente locali, cioè
bilingui; se pensiamo che tutti i contatti siano locali (essendo la maggioranza), non si
spiega la convergenza così generale e la diffusione dei tratti comuni tra più lingue
• Alcuni studiosi pensano che partendo da contatti bilingui la diffusione è dovuta ad una
sorta di reazione a catena: una caratteristica frutto di un contatto bilingue si è diffusa e
allargata prima verso una terza lingua, poi verso una quarta e così via; questi contatti sono
dovuti anche alla migrazione interna: fenomeni di nomadismo, transumanza e movimenti
locali della popolazione; le condizioni di vita erano simili, perciò i popoli dovevano trovare
una lingua franca che facilitasse la comunicazione, che tuttavia non è esistita, quindi le
lingue hanno dovuto convergere per creare strutture intercomprensibili

TRATTI COMUNI (BALCANISMI)


• Lo sprachbund è un gruppo di lingue convergenti, un raggruppamento di gruppi linguistici i cui
punti d’incontro riguardano varie caratteristiche

1) POSTPOSIZIONE DELL’ARTICOLO

• Si trova in albanese, bulgaro, romeno, macedone e serbo (dialetti torlak, (shtokavi balcanizzati,
lungo la frontiera tra Serbia e Bulgaria)
LEZIONE 12

• Articolo -ta femminile singolare, che differisce dagli altri due generi al singolare, mentre mostra
una forma comune al plurale; -ta è uguale al pronome
dimostrativo slavo costruito nelle diverse lingue slave
attraverso la radice “t”: c’è una stretta parentela tra
l’articolo e il pronome dimostrativo; “ul” (articolo
romeno) è strettamente imparentato con l’articolo “il”
italiano e il sistema di pronomi dimostrativi latino
• La nascita dell’articolo è partita da sintagmi nominali
contenenti un nome e un dimostrativo; la lingua
albanese, così come il romeno, posizionano i loro
dimostrativi, numerali, aggettivi dopo il nome, quindi
l’articolo si posiziona tra il sostantivo e l’aggettivo
• Secondo studiosi albanesi il fenomeno è molto antico;
probabilmente comincia prima del VII-VIII secolo;
l’albanese potrebbe essere considerato la lingua madre
di questo fenomeno

• Lo studioso Demiraj rifiuta l’idea che l’articolo posposto sia arrivato alle lingue balcaniche dal
greco, teoria proposta dai padri della balcanistica, come Sandfeld, che pensava che l’influsso
greco fosse a tal punto importante; Demiraj sottolinea come l’articolo nella lingua greca sia
preposto fin dal greco antico, perciò è difficile che questa struttura abbia influenzato la nascita
dell’articolo posposto nell’area balcanica
• Demiraj sostiene che questo fenomeno sia partito dalla lingua albanese (oppure dall’illirico),
perché in questa lingua c’è stata una tendenza antica a posporre tutti i determinativi non
autonomi del sostantivo, tra cui:
• Il dimostrativo anaforico: come “quest’uomo”, cioè quando il sostantivo è già stato
introdotto in una frase precedente
• Il dimostrativo deittico: cioè legato al contesto della comunicazione, quando il parlante
indica un oggetto o una persona che fa parte del contesto
• Secondo Demiraj questa stessa tendenza a posporre il dimostrativo caratterizza anche la
lingua romena (il rumeno, come l’italiano, mette l’aggettivo dopo il nome); si può ipotizzare che
anche i pronomi dimostrativi del romeno antico fossero posposti; si suppone che l’articolo
posposto nasca dal contatto tra illirico (albanese) e dacio (romeno)
• Demiraj esclude un influsso dal latino volgare, benché il dacio fosse molto influenzato dal
latino, perché tutte le lingue romanze che sono figlie del latino volgare hanno mantenuto
l’articolo in posizione prenominale; il latino volgare aveva posposto l’articolo, ma se ciò avesse
spinto la posposizione dell’articolo in romeno e in
albanese, perché tutte le lingue romanze continuano
ad avere l’articolo preposto?
• In albanese l’articolo non è attaccato, è una
particella indipendente, e si trova tra il nome e
l’aggettivo; l’albanese possiede una doppia
articolazione: “a” è una ripetizione dell’articolo posto
tra il sostantivo e l’aggettivo
• Enclitico: una forma senza accento,
forma breve
• Questo processo si nota già nel XI
secolo; i vari manoscritti mostrano
le diverse fasi del processo
• Per tutte le lingue balcaniche la
posposizione dell’articolo è
collegabile alla posizione
intermedia del pronome
dimostrativo enclitico tra
sostantivo e aggettivo
• Nel bulgaro antico (primo esempio),
nello slavo ecclesiastico e in bulgaro moderno
l’articolo va sull’aggettivo; le lingue slave
balcaniche (bulgaro, macedone, dialetti torlak)
continuano ad avere aggettivi preposti,
mentre le altre lingue balcaniche (romeno,
albanese, greco a volte) hanno aggettivi
posposti; l’aggettivo può anch’esso avere
l’articolo quando è posposto
• Bulgaro antico: nome - articolo -aggettivo,
aggettivo - articolo -nome (doppia possibilità)
• Bulgaro moderno: aggettivo - articolo -nome
• In romeno ci sono tutte e due le possibilità, ma
ne ha anche una terza: nome - articolo - articolo
- aggettivo (doppia determinazione); il doppio
articolo si chiama “cel”
• Greco antico: articolo - nome- articolo - aggettivo; il
secondo articolo è lo stesso che vediamo per le altre
lingue in posizione intermedia fra il nome e
l’aggettivo; molto probabilmente questo articolo ha
influenzato il bulgaro antico
• Greco moderno: articolo - nome - aggettivo (ha
perso l’articolo intermedio)
• Individualizzazione: attraverso l’articolo ci si riferisce
a un oggetto noto all’interlocutore; questa funzione
può dipendere dalla nostra esperienza del mondo o
dal contesto particolare)
2) SINCRETISMO GENITIVO E DATIVO

• Non tutte le lingue balcaniche hanno perso i casi;


secondo questa gerarchia, i casi che vengono
persi per primi in una lingua sono quelli
periferici o casi concreti, cioè il locativo (luogo) e
l’ablativo (lo strumentale è il suo erede, indica lo
strumento e l’accompagnamento); quando
scompare un caso, esso viene sostituito da
sintagmi preposizionali; dopo il locativo e lo
strumentale, si
sono fusi il genitivo e il dativo; l’esito
di tutta l’operazione è che i casi
strutturali (nominativo e accusativo)
si fondono, e la lingua viene definita
senza casi
• Il sincretismo del genitivo e del
dativo è un balcanismo, perché
comune a tutte le lingue; nelle
lingue che hanno mantenuto i casi
(greco, romeno e albanese) c’è
una sola forma che esprime il
dativo e il genitivo, cioè un unico
caso obliquo; queste lingue si
distinguono a seconda di quale
forma morfologica abbiano scelto
per il loro caso obliquo: il greco ha
scelto il genitivo, il romeno e l’albanese il dativo

16
• Nel bulgaro anche
il genitivo e il
dativo sono stati
sostituiti da
sintagmi
preposizionali

• Neogreco; il
sincretismo
nasce
dall’influenza del
greco bizantino,
quando la lingua
bulgara era in
stretto contatto
con la lingua
greca per ragioni
letterarie e
religiose; nel
neogreco il
genitivo è
prevalso (viene
usato sia per il
genitivo che per il
dativo)

17
• Non è chiaro quale sia il
motore del sincretismo;
secondo alcuni non è il greco,
bensì il romeno

• Le orme dative del


pronome
personale
esprimono
possesso
esprimono anche
l’oggetto indiretto
pronominale
3) FORMAZIONE DEL FUTURO
• Tutte le lingue balcaniche usano particelle derivate dal
verbo “volere”; nelle fasi antiche di queste lingue
c’erano già le prime attestazioni di un futuro con il verbo
“volere”, ma dopo questo verbo veniva usato l’infinito,
mentre oggi (dal periodo ottomano) viene usata la forma
finita del verbo presente

LEZIONE 13

• Il termine “analitico” si contrappone a “sintetico”:


• Analitico: la forma del futuro contiene un ausiliare (o delle particelle) e un participio
verbale, quindi risulta composta (come in inglese “i will go”)
• Sintetico: la forma è semplice e possiede delle desinenze che esprimono i diversi tratti
grammaticali (come “canterò”, “andrò”)
• Tutte le lingue balcaniche usano una particella (ogni lingua ha la propria), paragonabile a quella
inglese, che deriva etimologicamente dal verbo “volere” (futuro volitivo); il verbo che segue può
essere un infinito, un congiuntivo o un indicativo, a seconda della lingua
• Il rumeno, mentre tutte le altre lingue hanno una o due costruzioni per il futuro, ne ha tre; iene
usata una forma piuttosto che l’altra a seconda dello stile (più alto o più basso):
2. Verbo “volere” coniugato seguito dall’infinito
3. Particella invariabile “va” seguita dal congiuntivo (anch’esso analitico, costruito da una
particella più il presente)
4. Particella “o”, che deriva dal verbo “volere”, più MANCA
• Molto probabilmente il motore di questo balcanismo è il greco bizantino, in cui ciò è avvenuto
prima che nelle altre lingue balcaniche, cioè già nel VII secolo, quando l’infinito comincia a
decadere, per poi scomparire del tutto nel greco medievale; una volta decaduto l’infinito, questo
viene sostituito dalla costruzione congiuntiva: SLIDE thelo greco
• Il decadimento dell’infinito è raro nelle lingue europee, che infatti hanno mantenuto questo
tempo verbale
• La formazione del futuro
è strettamente legata
alla perdita dell’infinito e
alla creazione del
congiuntivo analitico, in
tutte le lingue
balcaniche
• Probabilmente il greco
ha influenzato anche il
latino volgare
(parlato nei Balcani), e
da ciò sorge una
domanda:
perché il latino volgare non presentava l’infinito ma le lingue romanze lo hanno mantenuto?
• La diffusione del balcanismo è avvenuta per via dotta; dal greco il fenomeno si è diffuso in
antico bulgaro, poi nel serbo-croato, ma soprattutto in serbo, dove esiste il futuro composto
analitico; questo tratto comune si è poi diffuso dal bulgaro al romeno, e non dal serbo: ciò è
probabile perché fino al XVII secolo la chiesa ortodossa romena si serviva dello slavo
ecclesiastico o del bulgaro antico per scopi liturgici (è cosi che sono passate molte innovazioni)
• Il tipo C (slide greco in alto) si è diffusa
anche per via popolare
• Forma del futuro negativa: la particella
non deriva dal verbo volere, bensì
dalla forma negativa del verbo
“avere”; ciò riflette un’antica
competizione fra futuro volitivo (col
verbo “volere”) e necessitivo (con
l'ausiliare “avere”), competizione
presente nelle fasi antiche del greco,
del bulgaro e nello slavo
ecclesiastico; necessitivo: esprime
necessità, “ho da scrivere”; anche
l’antico russo aveva due costruzioni
del futuro, una con “avere” e una con “volere”
• Il futuro è un tempo verbale, ma è caratterizzato da una certa incertezza, perciò in tante lingue
esso fa parte delle categorie modali e alcuni linguisti non parlano nemmeno di tempo verbale,
considerandolo un concetto modale (sia “volere” che “dovere” sono concetti modali)
• Il futuro è collegato al congiuntivo, un’altra categoria modale (verbi come “sperare”)

4) PERDITA DELL’INFINITO

• La perdita dell’infinito e la sua sostituzione con forme analitiche è il quarto balcanismo; non
solo coincidono i risultati di questo fenomeno nelle singole lingue balcaniche, ma
coincidono anche le fasi del suo sviluppo nelle varie lingue; anche per quanto riguarda il futuro
le fasi coincidono, ma solo parzialmente
• La perdita dell’infinito non ha raggiunto la fase conclusiva in tutte le lingue dei Balcani; questa
fase è stata raggiunta dal macedone e dal greco moderno, nei quali non c’è nemmeno una
traccia dell’infinito, mentre in bulgaro, nell’aromeno e nei dialetti torlak è quasi
completamente scomparso
ma ci sono dei residui
• Nel serbo standard l’infinito
continua ad essere utilizzato,
ma è possibile usare anche la
costruzione che l’ha sostituito
(due possibilità); la perdita
dell’infinito non è arrivata al
croato, dove esistono le due
costruzioni serbe, ma viene
preferito l’infinito, ovvero il
contrario di ciò che accade in
serbo
• Nel romeno l’infinito continua
ad essere usato, anche se
esiste una costruzione che
può sostituirlo; l’infinito si usa non solo nel territorio della Romania, ma anche in Transylvania, in
Moldavia e in Banat (distretto della Serbia)
• Alcuni linguisti (come Sandfeld) hanno avanzato l’ipotesi che la perdita dell’infinito sia partita
dal greco, e più lontano si va dall’area di influenza greca più l’infinito resiste con più
probabilità; il cambiamento è stato graduale; è prima apparso in greco, dal VII secolo; la
particella “na” in greco deriva dalla congiunzione greca “ina” (che significava “per”)
• Nell’area slava la particella che corrisponde a “na” è “da”, particella tipicamente slava: non
viene presa mai la forma linguistica del popolo vicino, bensì solo il modello della costruzione; in
area slava la forma dell’infinito si riduce, ma più tardi rispetto al greco (è probabile che ci sia
stata un’influenza da questa lingua)
• L’infinito corto del romeno si chiama così perché alla fine del verbo prima c’era “-re, -ri”, come
in italiano (mangia-re) e ora non più; ciò è dovuto all’influenza slava
• Dove prima si usava l’infinito, sono comparse costruzioni sostitutive: verbi modali, intenzionali
(credere, pensare), verbi di speranza, verbi aspettuali (cominciare, finire...); una particolarità del
mondo balcanico è l’uso di queste costruzioni anche in frasi indipendenti, dove esse esprimono
un comando o un ordine, tipo “che vada dove vuole”, reso nelle lingue balcaniche con particella
+ verbo
• In albanese è più complicato, e la tesi di Sandfeld (più lontano dai greci si va, più spesso si
trova l’infinito) va rifiutata, perché l’albanese dovrebbe aver sostituito l’infinito, trovandosi molto
vicino all’area greca, e invece
continua a mantenere
(soprattutto nel ghego)
l’infinito
• Probabilmente la perdita
dell’infinito nell’area slava è
avvenuta attraverso i libri
religiosi tradotti dal greco, e
dove nel greco non c’era
l’infinito lo scriba avrà tentato
di inserire qualche particella
slava; ma anche per via
popolare, grazie ai contatti tra i
diversi dialetti

(non ne abbiamo parlato in aula)


(non ne abbiamo parlato in aula)

7) RADDOPPIAMENTO DELL’OGGETTO

• L’oggetto diretto e indiretto vengono espressi


due volte, cioè sia col sostantivo sia col
pronome breve (chiamato clitico); motore: forse
questo fenomeno è avvenuto in greco,
(Sandfeld), ed è abbastanza antico: comincia
col greco antico ellenistico, IV-V secolo, cioè
nel periodo post-classico, a causa del contatto
con il latino volgare; il raddoppiamento
presente in italiano è lo stesso fenomeno del
latino volgare, da cui è stato preso
dal greco e diffuso nelle lingue
balcaniche; nell’area balcanica
questo fenomeno era molto
diffuso soprattutto durante il
periodo ottomano
• Lo stesso fenomeno è presente
in albanese e in romeno; in
albanese la situazione è
complicata, perché c’è
l’obbligatorietà di ripresa nel dativo (quando si ha a che fare con un oggetto indiretto), ma è
facoltativa per il caso diretto (accusativo); Demiraj ha cercato le origini di questo fenomeno nel
sostrato illirico, ma la maggioranza degli studiosi lo cerca nel latino volgare
• Qualcuno ha cercato di dimostrate che raddoppiamento dell’oggetto sia dovuto alla perdita dei
casi: anche nelle lingue romanze (che hanno perso i casi) è presente questo fenomeno
(italiano, spagnolo -dove fa parte anche della lingue letteraria, al contrario dell’italiano-), però
questo non può essere l’unico motivo, perché l’albanese continua ad avere i casi e tuttavia usa
il raddoppiamento dell’oggetto

8) FORME MODALI DELL’EVIDENZIALE

• Alla base c’è la convinzione (o la mancanza di) del parlante rispetto all’informazione che sta
riportando, per quanto riguarda la veridicità del messaggio: se il parlante è convinto della verità
di ciò che dice, se ne è stato testimone, usa le forme affermative, confermative, mentre se si
allontana dalla verità perché non la conosce, non ne è convinto, o se l’informazione gli è stata
riferita da altre persone, userà forme non confermative, cioè evidenziali
• Il bulgaro ha sviluppato un enorme
sistema verbale per questo aspetto
(per ogni tempo ci sono due forme,
una affermativa e una evidenziale)
• In romeno si chiama presuntivo,
mentre in albanese l’evidenziale si
usa soltanto per esprimere la
sorpresa del parlante per aver
scoperto qualcosa che non sapeva
(ammirativo); queste forme modali
vengono dal turco, perché solo
questa lingua ha una forma del
perfetto che si usa appositamente
per la non confermatività
• Anche nello salvo l’evidenziale
nasce dal perfetto: non si hanno
quindi prestiti diretti dal turco, bensì un prestito del modello e che è poi stato realizzato con i
mezzi delle singole lingue slave

(non ne abbiamo parlato in aula)

(non ne abbiamo parlato in aula)

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