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Edipo: dal mito alla psiche

Nel primo secolo d.C. Lucio Anneo Seneca, filosofo, drammaturgo e politico romano, esponente dello
stoicismo eclettico si diletta nella stesura di una tragedia che avrà poi un gran seguito negli anni, non solo in
campo letterario: Oedipus.

Immediato è il paragone con la tragedia sofoclea del quarto secolo a.C. l' “Edipo Re", con la quale esistono
delle analogie, ma anche alcune discrepanze. Ciò che è certo è che Sofocle sia stato l’ispiratore di Seneca,
anche se Oedipus ha una sua definita teatralità e una sua autonomia poetica. Particolari sono i soggetti che
Seneca decide di reinterpretare: i giganti della tragedia attica che vengono però investiti dalla riflessione
filosofica senecana, quasi a diventare eroi di un nuovo mondo. I drammi che vivono i personaggi, infatti,
non sono più quelli al centro della riflessione di Sofocle, non sono più concreti e tangibili, ma vengono
“interiorizzati”, e si trasformano nei mostri della psiche umana. Le tragedie senecane, come si può
immaginare, destarono grande scalpore sul momento: in un’epoca corrotta come quella primo imperiale,
età di liberti, eunuchi che sulla scena si muovevano, danzavano e cantavano senza ritegno. Seneca fa la
scelta di tradurre la filosofia in teatro, di renderla concreta, e contemporaneamente dare nuova linfa vitale
ad un genere già da tempo in crisi.

L’antico mito narra l’abbandono di Edipo sul monte Citerone dopo la predizione di Apollo circa un destino
funesto per il padre e la madre del bambino: se fosse vissuto, avrebbe ucciso il padre Laio e amato la madre
Giocasta; ma sul Citerone Edipo viene salvato e cresciuto a Corinto da un pastore.

Entrambi i testi hanno come sfondo narrativo la peste di Tebe, città che Edipo raggiunge in età adulta. Il
ragazzo apprende dall’oracolo di Apollo come la peste sia provocata dalla presenza di uno straniero
macchiatosi di parricidio; l’ombra di Laio, evocata dall’indovino Tiresia, svela che Edipo è suo figlio e lo
accusa di avergli usurpato il trono e il letto coniugale.

Ma cosa accade nell' “Oedipus” di Seneca? Il re di Tebe non passa dalla completa ignoranza alla piena
conoscenza dei propri involontari delitti: ha ucciso suo padre Laio, per un alterco avuto su una strada, e ha
sposato sua madre Giocasta, ovviamente ignaro del legame con loro. Fin dall’inizio egli è incupito da un
peso insostenibile, come se nel suo inconscio conoscesse da sempre la tremenda verità. Tutta la tragedia è
adombrata dalla presenza costante della paura, metus, che è la principale responsabile del diverso percorso
rispetto al  tragico greco, pur portando alla stessa conclusione. In Seneca la voglia di Edipo di sapere la
verità convive con l’inquietudine di conoscere ciò che si rivelerà sconvolgente. La paura perde, così, la
funzione di cesura, che in Sofocle aveva portato la tragedia a svolgersi a tratti implicitamente. L'Edipo di
Sofocle, nonostante celi nel suo atteggiamento una sorta di angoscia, mostra ottimismo e, anche se
costretto ad affrontare la medesima ambivalenza, il suo timore rimane esterno rispetto a una maggior
tranquillità interiore.
Risalta così lo stoicismo di Seneca, il quale è convinto che gli Dei stabiliscano per ciascuno un destino al
quale non si può sfuggire. Con il diffondersi del cristianesimo, lo stoicismo, ed in generale tutte le dottrine
filosofiche classiche, divenne sempre meno praticato. Nonostante questo il pensiero stoico tornò di quando
in quando in pensatori e filosofi pre-moderni e moderni. Lo stoicismo è una disciplina filosofica che trova
nella sua attuazione pratica la sua ragione di esistere. Non ha senso conoscere, se non si applica quel che si
è imparato.
Ma cosa può dirci lo stoicismo, oggi? Forse non crediamo che l’universo sia interamente razionale, magari
non pensiamo che esista un destino o men che meno di contenere in noi tutto l’esistente; nonostante
questo, però, lo stoicismo può esserci ancora utile.
E’ vero, forse un destino non esiste, né esiste qualcosa come la provvidenza. Infatti indipendentemente da
quale sia la ragione, sempre che ve ne sia una, non si può modificare il fatto in sé che le cose accadono e
molte di queste giacciono al di fuori del nostro controllo. L’unica cosa che possiamo controllare, in quanto
uomini, sono i nostri pensieri, il modo in cui reagiamo alle cose che ci succedono.
Nel mondo della psicologia, uno dei personaggi che più ha condizionato il modo di interpretare la mente
umana è stato senza dubbio Sigmund Freud. Secondo Freud, conscio, preconscio e inconscio sarebbero le
tre forze che governano la nostra mente. Le prime due parti, più riconoscibili, sono spesso vittime della
censura, in alcuni casi, infatti, i ricordi traumatici vengono rimossi e relegati nell'inconscio. Quest'ultimo
sarebbe la parte più nascosta dove sopravvivono i traumi e i desideri repressi: proprio per questo
motivo può avere forte impatto e influenza sulla vita degli individui. Quando ciò che ci accade è angosciante
e non vogliamo affrontarlo, la nostra mente può decidere di reprimere questi ricordi e di immagazzinarli in
una zona nascosta chiamata, appunto, inconscio. Tuttavia, questi pensieri non scompaiono.
Al contrario, l'inconscio influenza costantemente il nostro modo di pensare e di agire, a volte attraverso i
sogni e in altri casi attraverso l'apparizione di un vero e proprio disturbo psicologico.
Nel corso della sua vita Freud delineò altre teorie, come quella del complesso di Edipo, la nevrosi, la teoria
sulla libido, e quella dell'Es, Io e Super-io.

Nella tragedia l'identità segreta tra giudice e colpevole viene enfatizzata fino allo spannung in cui Edipo
viene accusato di parricidio e incesto e tutta l'azione della tragedia non è altro che il tentativo realizzato
della coscienza di distruggere l'inconscio. La divinità si limita a provocare la ricerca di Edipo, che rimane
l’unico detentore del logos. Con determinazione infatti Edipo procede nel cammino della conoscenza.
L’indagine è condotta con rigore e, sul piano pratico, ha l’esito voluto: la scoperta dell’assassino di Laio. Ma
questa rivelazione ne porta con sé altre: nei contenuti è avvenuto il ribaltamento del ruolo di Edipo.
Dunque la “sconfitta” di Edipo nella tragedia può forse essere motivata non solo nell’ottica di una punizione
divina contro l’uomo che ha voluto competere con la divinità stessa, ma anche come condanna dell’impiego
del logos nell’esercizio di un potere tirannico. Lo “schema operativo di rovesciamento” è applicato, sul
piano politico, alla condizione sociale del protagonista che dal vertice della scala gerarchica si trova alla fine
addirittura espulso dalla città.
L’inconscio non rappresenta soltanto un crogiolo di passioni incontrollabili e di desideri distruttivi, ma può
essere concepito come una struttura mentale coesa e attiva che ci aiuta a valutare continuamente le
esperienze che viviamo, e a cui rispondiamo con i nostri schemi interpretativi. Questo inconscio relazionale
sarebbe legato fondamentalmente all’emisfero cerebrale destro, che è fortemente attivo nei primi anni di
vita.

Seneca, rispetto a Sofocle, ci appare più innovativo quando descrive tramite gli occhi di Manto il sacrificio di
Apollo: non solo rappresenta uno dei più lunghi testi divinatori che l’antichità ci abbia tramandato, ma è
anche uno dei più interessanti, dotato di grande simbolismo. I segni che accompagnano il sacrificio
costituiscono infatti un efficacissimo riassunto dell’intero mito di Edipo: il fumo che sale agli occhi del bue
prefigura l’accecamento di Edipo, la giovenca che offre spontaneamente il collo al sacrificio rappresenta il
suicidio di Giocasta, i colori della fiamma che si confondono l’un l’altro simboleggiano la confusione di ruoli
familiari provocata dall’incesto.

Testo complesso o solo “un complesso" ? Il padre della psicanalisi, Sigmund Freud, ha portato questo mito
fuori dall’ambito letterario. Secondo la sua interpretazione questo non è altro che un simbolo delle violente
passioni che agitavano l'uomo primitivo. Sotto la spinta degli istinti sessuali, egli bramava il possesso della
madre e, per ottenerlo, arrivava ad eliminare il rivale, cioè il padre. Soltanto con il progredire della civiltà, i
freni inibitori trattennero il figlio da azioni estreme, ma non bastarono a cancellare i sentimenti che spesso,
ancora dopo millenni riaffiorano negli anni dell'infanzia.
Il complesso di Edipo costituisce una fase del processo di costruzione dell’identità del bambino e si
manifesta attraverso lievi e appena percettibili propensioni più accentuate verso uno dei genitori. Può
essere che si manifesti con un sentimento possessivo e di gelosia nei confronti della madre, oppure con un
tentativo di intromissione nell’intimità dei genitori. Crescendo questi problemi si trasformano in attacchi
d’ira e incubi notturni che tendono a scomparire verso i sette anni; è molto importante che i genitori
facciano capire al bambino che non potrà mai avere con la propria mamma il rapporto che con lei ha il
padre e che in futuro troverà un’altra persona con la quale avere la relazione che hanno tra loro i genitori.
In seguito, con lo sviluppo del Super-Io, queste tendenze vengono represse, così che nell'adulto normale si
trovano solo nell'inconscio, pur potendo indirettamente influire sulla sua vita sessuale portando delle
difficoltà nell'approccio con il sesso opposto e anche sulla sua capacità di comunicare a causa di tensioni
accumulate e rabbia repressa.
Nel risolvere i propri comportamenti edipici, sviluppando il Super-Io, il bambino genera, secondo la teoria
freudiana, il complesso di castrazione, del resto già simbolicamente presente nella tragedie di Seneca e
di Sofocle. Infatti, l'accanimento con cui Edipo si punisce, dopo aver scoperto il proprio  crimine, non è altro
che un surrogato simbolico, confermato dalla simbologia onirica, della castrazione.

Elisa Caputo 4A

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