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Molti atleti nel corso degli anni hanno incominciato ad integrare l’allenamento mentale con quello fisico,

infatti l’aspetto mentale che all’inizio molti allenatori non tenevano in considerazioni si rilevò un fattore
determinante per la gestione delle emozioni per andare ad affrontare una gara. Molti atleti anche di fama
internazionale come rafael Nadal il secondo tennista al mondo sostiene che la forza mentale distingue i
campioni dai quasi campioni. L’ allenamento mentale svolto dagli sportivi è conosciuto come mental
training, infatti si parla per la prima volta di mental training nel primo congresso mondiale di psicologia
dello sport a Roma 1965. Esso basa le sue fondamenta sulla personalità dell’individuo e non si concentra
solamente sugli sport singoli ma lavora anche sulla coesione di gruppo che andrà ad influenzare sugli sport
di squadra.

Tutti coloro che fanno sport devono sapere che oltre la forma fisica che è fisiologica e fa riferimento a delle
tabelle di allenamento, dovrà curare la forma mentale che è psicologica e fa riferimento agli stati d’animo
ed emozioni che si sviluppano nell’affrontare una gara. Quindi si può dire che la prestazione fisica definisce
l’atleta mentre la forma mentale definisce l’uomo.

Il mental training è un allenamento mentale che aiuta l’atleta a potenziare le proprie capacità di controllo
dello stress e risulta essere un atteggiamento rivolto ai processi psicologici che influiscono positivamente o
negativamente nella prestazione. Il mental training può essere suddiviso in due fasi quella preinduttiva
dove avviene il colloquio con l’atleta ed emergono i problemi legati alla sua personalità e quella induttiva
dove avviene la seduta vera e propria e si dà molta attenzione alla parola.
Il mental training è formato da diverse tecniche: prima abbiamo la valutazione dell’atleta o della squadra
dove attraverso un colloquio preliminare si conosce l’atleta e si valutano i problemi relativi all’attività
sportiva ponendo attenzione alla personalità. Così con il colloquio si incomincia a capire quale direzione
debba prendere il mental training per avere una giusta efficacia. Lo scopo con il colloquio è quello di
evidenziare ed escludere la presenza di tratti o sintomi psicopatologici latenti e dare indicazioni sulle
capacità visuo-immaginative, attentive e mneomoniche.
Viene consigliato agli atleti di programmarsi degli obiettivi per raggiungere risultati migliori ma posti sullo
stesso piano dell’allenamento fisico secondo le condizioni del proprio corpo. Ma bisogna trovare delle
strategie d’azioni per realizzarli anche ponendo dei sotto-obiettivi, essi devono essere realizzabili né al di
sopra né troppo al di sotto delle sue capacità, moderatamente difficili perché gli obiettivi al di sotto delle
capacità dell’atleta conducono alla perdita della giusta motivazione e della fiducia in sé stessi. Infatti un
fattore fondamentale per la programmazione degli obiettivi è la self efficacy che permette di riflettere sui
propri mezzi per affrontare una gara infatti gli atleti più fiduciosi in se stessi si sforzeranno di più in
situazioni più difficili perché vogliono superare i propri limiti. Per verificare il raggiungimento degli obiettivi
lo psicologo utilizza delle prove simili all’inizio e alla fine e attraverso il mental training possiamo dividerlo in
tre fasi ovvero la progettazione, la conduzione e la valutazione finale dei risultati.
Un’altra tecnica del mental training è l’imagery ovvero si cerca di riprodurre mentalmente la gara per capire
quali sono i punti di debolezza e dove poterla gestire al meglio per migliorare e raggiungere gli obiettivi. Le
immagini da ricordare più corrisponde la situazione reale con quella immaginata migliore sarà la
performance. Gli atleti possono visualizzare l’esperienza sia da una prospettiva interna che permette di
riprodurre mentalmente la gara ripercorrendo le emozioni cercando di rilassarsi e gestire l’ansia oppure
visualizzarla da una prospettiva esterna dove l’atleta osserva e visualizza sé stesso da una posizione
distaccata vedendosi attraverso dei filmati ripetuti, cercando di capire gli errori e riprodurre mentalmente
la giusta azione. Così svolgendo la gara con maggiore concentrazione e rilassamento si svolgerà la gara nei
migliori dei modi.
La tecnica usata per motivarsi è quella del self-talk ovvero un dialogo interiore che ogni atleta fa prima o
dopo di una gara dove si aumenta la propria autostima e rende automatica la concentrazione, infatti si
cerca di scacciare i pensieri negativi che ti fanno sentire inadeguato e si cercano i pensieri positivi che ti
calmano e rassicurano, ciò che aiuta il self talk sono le parole stimolo che aiutano l’atleta a focalizzarsi su
ciò che è importante e la correzione degli automatismi errati.
Durante le prestazioni si attivano dei processi fisiologici e comportamentali che si definiscono con il termine
arousal, l’attivazione dei muscoli porta ad un dispendio di energia e aumenta lo stato di vigilanza e di
attenzione. Se l’attivazione va oltre la norma il rendimento diminuisce ed è collegata all’emozione che se è
forte altera il normale equilibrio portando ad un’eccitazione disturbante.
Un punto fondamentale è l’attenzione perché l’atleta deve focalizzarsi sulla gara che andrà a svolgere
tralasciando gli elementi esterni, l’attenzione che si deve porre può essere spontanea, volontaria, selettiva
e disturbata. Quindi la capacità attentiva deve essere considerata sia maniera cosciente che incosciente.
L’atleta deve essere motivato per riuscire a portare a termine nei migliori dei modi la sua prestazione
sportiva deve riconoscere le proprie abilità ma non deve esagerare. Per avere una giusta motivazione è
fondamentale la fiducia in sé stessi, l’atleta che riesce a credere in sé stesso ha più possibilità di avere
buone prestazioni.
i peggiori nemici per ogni atleta sono lo stress e l’ansia, il primo è un campanello d’allarme per il nostro
organismo. Nell’atleta lo stress protratto genera ansia che si può manifestare con paure, fobie, panico e
angosce. L’ansia durante una gara si deve manifestare con la giusta dose infatti quella che si deve
presentare negli atleti deve essere competitiva. Per gestire l’ansia si parte dagli stressor e poi l’atleta deve
imparare a regolare il respiro e allievare la tensione muscolare attraverso delle tecniche di rilassamento
riducendo anche l’attivazione dell’organismo. Le tecniche di rilassamento sono quelle progressive di
Jacobson e il training autogeno di Schultz. La prima favorisce il rilassamento psichico mentre la seconda
mantiene un equilibrio interiore, cambiando l’umore e moderando gli stati emotivi cercando un senso di
benessere. Il training ha come obiettivo finale il miglioramento della prestazione e l’aumento dell’autostima
che risultano i fattori chiavi per avere la giusta motivazione.

Apparentemente il mental training agisce in maniera diversa in base se agiamo su uno sport individuale o
uno sport di squadra. Infatti negli sport individuali l’atleta si assume la piena responsabilità del risultato
finale e si fa leva sulla disciplina, sull’equilibrio psicofisico e sul senso di responsabilità. Mentre gli sport di
squadra puntano alla relazione tra vari componenti che formano il gruppo, si predilige il senso di gruppo, di
appartenenza e di collaborazione agevolando i rapporti sociali. Il mental training nello sport individuale così
andrà ad agire sulla gestione dell’ansia, sulla motivazione e sulla capacità di concentrazione mentre negli
sport di squadra si concentrerà maggiormente su livelli di comunicazione intergruppi, livelli di autoefficacia
collettiva.
Lavoro dello psicologo con gli atleti: stabilire gli obbiettivi, raggiungerli con tecniche proposte dallo
psicologo, analizzare i punti di forza e costruire l’allenamento mentale adatto. Se lo psicologo lavora con la
squadra allora si valorizzano le singole abilità portando i vari atleti a collaborare fra di loro e raggiungere
l’obiettivo comune.
Il lavoro mentale che andrà a svolgere lo psicologo coinvolge delle abilità mentali differenti negli sport
individuali e negli sport di squadra, infatti negli sport individuali l’atleta deve avere la self-efficancy dove gli
atleti che hanno bassi livelli di autoefficacia possono migliorare attraverso le tecniche di mental training
come la tecnica di biofeedback; la motivazione che si incrementa ponendosi degli obiettivi o immaginando
mentalmente il percorso focalizzandosi sui punti di forza della gara oppure attraverso un dialogo interiore;
lo psicologo cerca di far arrivare l’atleta con la giusta attivazione psicofisiologica con le tecniche della
respirazione o di rilassamento muscolare; devono saper gestire le loro emozioni senza farsi sopraffare
dall’ansia e dalla paura infatti queste si gestiscono attraverso la tecnica di rilassamento, di respirazione, di
biofeedback e così l’atleta deve riuscire a rimanere concentrato sul suo obiettivo e imparare a gestire
l’imprevisto provando a fornire delle strategie di problem solving. Inoltre gli atleti devono essere in grado di
saper raggiungere i risultati nonostante gli ostacoli possibili che si presentano in questo caso possono
essere utili le tecniche di imagery e del self talk.
Il pensiero tattico sviluppato negli sport individuali sarà in relazione alle competenze personali di un’atleta
e alle caratteristiche dell’avversario
Negli sport di squadra l’intervento che si andrà a svolgere sarà differente, è fondamentale passare da un
concetto di gruppo ad un concetto di squadra così da raggiungere più facilmente il miglioramento della
performance. I membri della squadra devono presentare tutti una motivazione constante e omogenea,
quindi lo psicologo applica delle tecniche di goal setting, tecnica dell’imagery e del self-talk per rendere
coesa la squadra; la squadra deve presentare il giusto livello di attivazione che è influenzato da quello dei
singoli membri e inoltre è importante che risulti coesa infatti per far accadere ciò lo psicologo lavora sulla
tecnica dei goal setting di gruppo e sul role playing. Inoltre è importante che all’interno di una squadra ogni
atleta sappia riconoscere il suo ruolo e aumentare il suo senso di appartenenza sfruttando al meglio le sue
potenzialità. Nella squadra è importante anche considerare la mentalità di gruppo, infatti lo psicologo deve
essere in grado di gestire i conflitti che si vengono a creare all’interno facendo emergere le potenzialità del
singolo e far capire loro che ognuno è fondamentale per raggiungere l’obiettivo. Con le tecniche di mental
training la squadra deve sviluppare una maggiore flessibilità attentiva passando da un’attenzione più ampia
ad una più ristretta
Dalle diverse abilità che abbiamo visto si conferma l’ipotesi che il lavoro svolto sulle due tipologie di sport
risulterà differente in quanto in uno si agisce sulla persona in sé mentre nell’altro si agisce sul gruppo.
Deducendo che il mental training sarà più efficace negli sport individuali che di squadra.
Ma se riflettiamo attentamente gli sport individuali non sono completamente singolari in quanto l’atleta è
anche influenzato da alcune dinamiche di gruppo come ad esempio durante gli allenamenti il singolo atleta
si allena con altre persone stimolando la competizione e il confronto con gli altri. Inoltre per continuare a
sostenere questa visione le discipline sportive possono essere divise in indipendenti e dipendenti facendo
riferimento al tipo di relazione che si viene a creare, ma da questa distinzione si nota pure che gli sport
indipendenti come ad esempio il tennis si possono trasformare in dipendenti quando si gioca un doppio
oppure quando si fa parte della stessa nazionalità e si vanno a fare le olimpiadi dove tutti collaborano per
un unico obiettivo.
Ciò che porta a distinguere una tipologia di sport da un’altra è la prestazione che può essere individuale o di
squadra quindi lo psicologo per svolgere l’allenamento mentale dovrà capire su quale livello porsi
analizzando la sua personalità estrapolando così i punti di forza e di debolezza capendo anche le paure che
ha l’atleta. Se invece la sua prestazione va ad influire sul gruppo bisogna far capire all’atleta il ruolo che
riveste in quella squadra per raggiungere gli obiettivi comuni in maniera coesa.
Bisogna riuscire ad entrare in campo liberi senza paure considerando l’avversario per quanto vale senza
sopravvalutarlo e capire che la partita è composta da varie azioni e non deve essere vista come un unico
blocco mentale, la gara così risulta essere il momento di verifica per gli psicologici.
Risulterebbe utile inserire il mental training fin dall’inizio delle fasi di crescita dell’atleta. Ad esempio si
potrebbe inserire un momento di relazione prima o dopo l’allenamento con i giovani atleti presentando
delle situazioni e provando a sviluppare un pensiero vincente e ciò potrebbe giovare a favore degli atleti.
Può essere utile anche iniziare a promuovere corsi di formazione agli allenatori dato che il rapporto di
fiducia tra atleta e allenatore è abbastanza elevato e quindi se l’allenatore riconoscesse l’importanza che ha
la figura dello psicologo riuscirebbe a trasmetterla anche all’atleta.
Così l’obiettivo finale del mental training risulta essere quello di allenare le capacità e le potenzialità della
mente dell’atleta con lo scopo di esprimere in maniera eccellente il potenziale del singolo o dell’intera
squadra cercando di valorizzare i punti di forza e di debolezza tendendo in considerazione però la
personalità dell’atleta.

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