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I REGNI ROMANO-BARBARICI SUCCESSORI DELL'IMPERO

Il dibattito sull'importanza relativa dei vari fattori nel processo che trasformò l'impero romano in un
fragile commonwealth di stati barbarici, una res publica senza il dominio (imperium) romano,
continuerà ancora a lungo.
Nel 410 d.C i Goti di Alarico saccheggiarono Roma, attraverso l'opera del vescovo Goto Ulfila si
ottenne la nascita della traduzione della bibbia in goto.
I Vandali e il loro re Genserico incontrarono responsi molto meno favorevoli, il loro regno fu
riconosciuto solo nel 442 dall'imperatore d'Occidente. Essi conquistarono la provincia d'Africa ma
l'impero non abbandonò mai la speranza di riconquistare l'Africa e nel 533-534 il generale di
Giustiniano, Belisario, distrusse il regno vandalo in un'unica campagna.
Ancora piu' breve fu il periodo di dominio ostrogoto in Italia: dopo la conquista dell'Italia da parte di
Teodorico, sua figlia Amalasunta venne assassinata da suo cugino Teodato, cio' permise all'imperatore
di prerarare gli eserciti e ricondurre l'Italia nei possedimenti romani.
Non passò molto tempo prima che un altro popolo barbarico facesse la sua vittoriosa comparsa in Italia:
i Longobardi. La cooperazione e l'integrazione tra Longobardi e Romani fu possibile grazie alle
istituzioni ecclesiastiche e la potenza che mise fine al dominio dei re longobardi in Italia nel 774 d.C fu
lo stato barbarico che ebbe piu' successo ossia i Franchi!
La potenza dei Franchi fu dovuta al loro re Clodoveo, della dinastia dei merovingi. Egli creò un nuovo
sistema fiscale attraverso il quale gli eserciti erano i principali beneficiari. Nel corso del tempo,
donazioni di terre vennero ritenute una ricompensa per i servizi militari e una base per mantenere un
numero appropriato di soldati.
I primi a trarre vantaggio dal potenziale creato da questo sistema furono i carolingi che gradualmente
usurparono il potere all'interno del sistema merovingio e infine eliminarono la vecchia dinastia nel 751.
Come ben sappiamo fece la sua comparsa un'aristocrazia guerriera di possedimenti terrieri, in grado di
mantenere un seguito personale con i proventi delle proprie terre.

ALAMANNI E FRANCHI PRIMA DI CLODOVEO

Che cosa vuol dire veramente "Franchi" e "Alamanni"? Oggi si è concordi nel ritenere che essi non
furono stirpi tedesche e dunque espressione dell’identità tra i Germani del tempo dell’impero i più tardi
Tedeschi.Si trattava,dunque,al tempo di Clodoveo,di grosse popolazioni completamente formate e che
guerre e migrazioni non potevano portare alcun cambiamento alla propria identità o erano libere
associazioni di guerrieri la cui etnogenesi era ancora incomplete?

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Se si accostano alcune delle ipotesi che sono state formulate nell'ultimo periodo si potrebbe avere
l'impressione che i Franchi come popolo siano quasi inafferrabili. Lo stesso si puo' dire per gli
Alamanni. Conosciamo il nome in primo luogo solo come designazione da parte dei Romani e
Alamannia fu pur sempre il primo nome romano di una regione fino a quel momento senza nome e che
prima faceva parte di due province mentre per i Franchi si ipotizza essi discendessero dai Troiani anche
se questo non è certamente dimostrabile attraverso fonti e documenti.
In tutte le riflessioni su che cosa i Franchi di Clodoveo avessero in piu' rispetto agli Alamanni, non si
devono dimenticare i parallelismi nello sviluppo dei due popoli. Sia i Franchi sia gli Alamanni non
sono immigrati come popoli maturi, entrambi si svilupparono a stretto contatto e in diretto contrasto
con la zona di concentramento del potere romano sul Reno.
L'etnogenesi franca non fu un semplice processo nel quale tribù piu' antiche (Salii, Chamavi, Brutterii)
si unirono in una lega tribale e attraverso cio' crebbero gradualmente, ugualmente non è possibile
spiegare nemmeno l'origine sveva degli Alamanni in quanto i rapporti etnici nei primi secoli della
storia franca e alamanna rendono mutevole anche la terminologia di tali popoli.
Il problema della ricerca storica puo' essere risolto solo in unione con l'archeologia e la filologia in
quanto spesso solo con la localizzazione di tombe o testi è possibile definire la storia di un popolo.
La creazione del regno di Clodoveo trasferì l'etnogenesi franca in una dimensione diversa, al punto che
una regione,nella quale mai vissero molti Franchi,venne denominata FRANCIA! Dall'altra parte fu
proprio Clodoveo a sconfiggere gli Alamanni e a limitare la loro crescita militare ma non etnica.

Che la Gallia potè diventare Francia e la Germania (in francese) Allemagne, indica il successo di
entrambi i popoli!

IDENTITA' ETNICHE NELLE ISOLE BRITANNICHE

La Britannia alla metà del sesto secolo era ancora parte del mondo romano. Ci vollero secoli prima che
quella che noi percepiamo come una distinta entità culturale ed etnica, gli Anglosassoni, emergesse.

Le fonti storiografiche trovano grossi problemi anche nella definizione etnica dei popoli che abitarono
la Britannia, oggi i loro abitanti possono essere definiti British (britanni) anche se hanno ben poco a che
fare con coloro che avevano questo nome nell'antichità.

In realtà come ci viene detto da Beda vi era una forte pluralità etnica in Britannia. Beda dispiega il suo
modello etno-storico della Britannia in cui i popoli che la abitano ci vengono mostrati mentre arrivano
dal mare in successione vale a dire: Britanni, Pitti, Scotti e Angli. In Beda, i Sassoni compaiono nelle

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vittorie militari, mentre gli Angli vengono menzionati spesso nelle questioni religiose. | Sassoni,
piuttosto che gli Angli, sono collegati alla migrazione in Britannia.

Non vi era una nozione chiara o una terminologia per un collettivo etnico di Anglosassoni fino almeno
all'800, benche' fossero stati compiuti sforzi concettuali per descrivere unità piu' grandi che eccedevano
i singoli regni.

Nella seconda metà del nono secolo comunque i mutamenti politici della Britannia condussero a un
mutamento nella terminologia, dato che la caduta dei regni orientali a causa delle incursioni vichinghe
e l'ascesa del wessex distrussero l'antica pluralità di unità etno-politiche. Il mondo di Beda, fatto di
regni angli e sassoni, era crollato. La vita di re Alfredo, composta da Asser probabilmente attorno
all'893 è tra le prime fonti ad usare il termine collettivo Anglosassoni.

I GOTI D'ITALIA

Gli osservatori altomedievali sostenevano che i popoli gotici erano suddivisi in:goti,ostrogoti,vandali,
sciri ecc; Sono state scritte intere biblioteche sul problema delle origini scandinave dei Goti e solo con
la storiografia moderna, i goti assumono un'origine tedesca. Possiamo fare quest'affermazione grazie ai
loro tratti linguistici. I Goti però dopo il 1945 vengono assimilati agli Sciti grazie soprattutto ad
approfonditi studi riguardo i popoli delle steppe. Gli sciti si dividevano in nomadi e in quelli dediti al
commercio e che percio' vivevano in città.

Gli sciti ci vengono mostrati come abili guerrieri e non a caso i goti ebbero una forte cavalleria
divisibile in cavalleria leggera e cavalleria pesante; i cavalieri armati alla leggera avevano arco e frecce
mentre la cavalleria pesante usava una possente armatura, lo scudo e la spada.

L'identificazione piu' diffusa dei Goti comunque era con i Geti, popolo trace . Il successo
dell'equazione Goti si basava soprattutto sulla somiglianza dei nomi, questa presentava un'ottima
occasione per le

speculazioni di Isidoro di Siviglia. Per l'erudita iberico, la prova dell'origine comune di Sciti e Goti era
che la semplice trasformazione di una lettera e la sottrazione di un'altra mutava il nome Scythae in
Getae.

Una buona parte dei goti raggiunse l'Italia, essi furono associati, almeno in ambito religioso, al mito di
Gog e Magog; nella Bibbia Gog è il sommo principe della terra di Magog. Egli irromperà in Israele con
tutto il suo esercito con cavalli e cavalieri, e con molti popoli dall'estremo settentrione.

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Ambrogio vede tali profezie avverate nell'invasione di Goti-Geti e Unni-Massageti, conclusione
suggerita dall'assonanza di Geti e Massageti a Gog e Magog.

CARRIERE BARBARICHE DURANTE E DOPO LA GUERRA GOTICA (535-553) IMPERO


BIZANTINO CONTRO OSTROGOTI

Gli studiosi piu' moderni hanno evocato la guerra gotica come crisi del regno di Teodorico il Grande ai
disastri senza fine del periodo bellico e delle sue conseguenze.

Forse è il caso di impiegare toni piu' sfumati: nè la prosprità di età teodoriciana, nè il collasso
immediato della guerra devono essere esagerati. La sorte della nobiltà romana e del ceto dominante
barbarico in Italia lo dimostra con chiarezza. La guerra gotico, secondo la descrizione di Procopio,
riguardò gruppi di guerrieri piu'o meno specializzati, le cui origini erano assai diverse; molti di loro
erano di origine barbarica, ma sembra impossibile distinguerli in modo netto dai Romani.

Era vero inoltre che gli eserciti romani rappresentavano l'ampio orizzonte della politica di Giustiniano.
Le truppe di Narsete erano formate solo per metà da contingenti regolari bizantini (essi pure di origine
mista). I| generali della guerra gotica avevano spesso insistito sui rinforzi; in un'occasione Belisario
(generale bizantino) chiese esplicitamente dei barbari, Unni innanzitutto, e pretese anche che fossero
pagati, immediatamente. Alcuni tra i barbari erano noti per le loro particolari capacità: gli Anti
eccellevvano nel combattimento sul terreno difficile, gli Slavi erano abilissimi nel catturare i nemici
nelle imboscate.

Tuttavia fedeltà personali, ammutinamenti e ribellioni, diserzioni erano molto frequenti; cosi verso la
fine della guerra si trovavano molti Goti nell'esercito imperiale e un buon numero di Romani, disertori
e non, nelle file del re goto. l'evidente successo di alcuni traditori invita altri a seguirne l'esempio. Dopo
la vittoria nella battaglia di Tagina nel luglio del 552, l'Impero Bizantino sotto il comando del generale
Narsete ruppe il potere degli Ostrogoti in Italia, e pose sotto la sua dominazione l'intera penisola. Di
tale battaglia ricordiamo soprattutto la "contesa della collina":Gli uni e gli altri, a una distanza non
maggiore di una o due balestrate, tentarono di conquistare una collina, sembrando ad entrambe le
fazioni vantaggioso il poter attaccare da alto a basso la contraria fazione. Narsete, dunque, di
nottetempo vi spedì cinquanta scelti fanti ordinando loro di stabilirvisi e difenderla contro il nemico;
raggiunta la cima, senza trovare opposizione, essi però dovettero subire, all'alba, l'assalto dei cavalieri
ostrogoti che tentarono, per ordine di Totila, di scacciarli dalla vantaggiosa posizione. I Bizantini,
strette le file e riparati dagli scudi, respinsero gli attacchi, favoriti dalla reazione negativa dei cavalli
nemici, divenuti incontrollabili a causa della malagevolezza del suolo e per l'inaudito rumore. Disperati
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della riuscita, gli Ostrogoti si ritirarono per prepararsi ad un secondo assalto, anch'esso senza esito.
Dopo ulteriori tentativi, Totila, scoraggiato, rinunciò alla difficile impresa.

I LONGOBARDI IN PANNONIA

Per individuare la migrazione di un popolo attraverso le evidenze archeologiche è necessario definire


un insieme di oggetti specifici che facciano da indicatori culturali negli spostamenti.

Per ciò che riguarda i Longobardi, ascritti di volta in volta alla confederazione dei Suebi, dei Sassoni,
degli Avari o dei Turingi, risulta difficile tentare di tracciarne una storia materiale che risalga non solo
alle mitiche origini scandinave, ma anche alla loro presenza sull'Elba fino al IV secolo.

L'archeologia consente tuttavia di identificare, all'interno della complessa compagine dei popoli
germanici, alcuni elementi riconoscibili come peculiarità culturale dei Longobardi quando, nel V
secolo, da piccolo e feroce sottogruppo degli Suebì, si trasformeranno nei fondatori di un potente regno
sul Danubio; questi caratteri si manterranno inalterati durante la prima fase di stanziamento in Italia
fino alla metà del VI secolo.

Le numerose necropoli ad urne scavate in Sassonia, databili tra la metà del | secolo a.C e il III d.C,,
risultano associate a villaggi abitati da individui seminomadi, che vivevano in case di legno e
praticavano l'allevamento allo stato brado, un'agricoltura di raccolta, la razzia e il saccheggio. Le tribù
erano organizzate attorno a gruppi aristocratici, guidati da capi guerrieri eletti dall'esercito, sepolti con i
propri armamenti; alla base della piramide sociale stavano i ceti inferiori, deposti senza corredo
all'interno di cimiteri.

Il rinvenimento di speroni attesta l'uso in battaglia del cavallo; tale peculiarità attribuita molto più tardi
ai Longobardi, è caratteristica rara tra i Germani dell'ovest.

L'influenza di Roma è documentata dal rinvenimento nelle sepolture di prodotti di importazione, in


bronzo e in vetro, usati dalla nobiltà germanica come status simbol per affermare il proprio livello
sociale.

Verso la fine del IV secolo molte delle necropoli ubicate lungo il corso inferiore dell'Elba risultano
abbandonate; questo fenomeno viene messo in relazione con la migrazione dei Longobardi verso la
Boemia. L'impressione che si ricava però dall'analisi delle evidenze archeologiche è che i Longobardi,
più che un popolo migrante, siano formati, in questa fase, da un insieme di distaccamenti militari di
federati portatori di una cultura materiale nota come "cultura dei cimiteri con tombe a fila", attestata

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alla fine del V secolo in un territorio molto esteso, compreso tra il Reno, l'Elba e il medio Danubio (fig.
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Il rito dell'inumazione, che era venuto imponendosi già dal IV secolo anche nel mondo barbarico,
risulta tipico di questa cultura.

I corredi maschili sono costituiti per lo più da armi (lancia, scudo, spada lunga, frecce, talvolta speroni)
associate ad oggetti d'uso comune (fermagli, fibbie, coltelli, pettini); nelle tombe femminili compaiono
gioielli, fibbie e strumenti per la tessitura. Non mancano neppure suppellettili in ceramica come vasi
'becher' e ciotole biconiche costolate, lisce, decorate a linee incise o a rilievo.

Tra V e VI secolo nuovi insediamenti caratterizzati dallo stesso tipo di cultura materiale risultano
fondati a sud del Danubio. nel periodo in cui i Longobardi si spostano in auesti territori, corrispondenti
all'incirca con la provincia dell'impero romano.

Insediandosi nelle ex province romane i Longobardi acquisiscono sia elementi della cultura tardo antica
e mediterranea, sia pratiche desunte dalle popolazioni delle steppe con le quali entrano in contatto.
Dagli Àvari ad esem pio assimilano il rito pagano del sacrificio del cavallo deposto con il cavaliere, dai
mongoli l'usanza di allungare il cranio applicando fasciature strette.

I LONGOBARDI IN ITALIA

Al loro arrivo in Italia i Longobardi entrarono in contatto con la realtà culturale di un territorio
divenuto crocevia strategico tra occidente e oriente, un tempo cuore dell'impero romano e ora sede
della cristianità.

La stabilizzazione sul territorio italiano implicò il confronto con la popolazione locale, determinando
un lento processo di integrazione che diede vita ad una cultura nuova, capace di coniugare la tradizione
germanica con quella classica e romano-cristiana.

Il rapporto con l'antico che si venne a creare fu sfruttato dalle élites longobarde per legittimare il
proprio crescente potere.

E' ai Longobardi infatti che oggi si attribuisce un ruolo determinante nel passaggio tra la Classicità e il
Medioevo.

Essi contribuirono ad elaborare e diffondere le espressioni culturali, artistiche, politiche e religiose che
dal territorio italiano si diffusero in Europa; in questo modo anticiparono quella renovatio

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tradizionalmente attribuita all'età carolingia, e ispirata dalla conversione al cristianesimo, che tra la fine
del VII e l'VIII secolo portò ad una fioritura artistica che coinvolse tutta Italia.

L'ESERCITO ROMANO E I LONGOBARDI : STRATEGIE MILITARI E POLITICHE

Nel 568 (o 569, gli storici non sono concordi) la penisola italica conobbe l'invasione di una nuova
popolazione germanica proveniente da est, e più precisamente dalla Pannonia, l'odierna Ungheria: si
trattava dei longobardi, guidati dal loro re Alboino, cui si erano uniti anche appartenenti ad altre
nazioni germaniche, come svevi e sassoni. Alcuni guerrieri della stirpe longobarda avevano partecipato
in qualità di mercenari alla lunga guerra che dal 535 al 553 aveva contrapposto, sempre in Italia, i
bizantini agli ostrogoti: è probabile che da questa conoscenza del territorio, unita alla necessità di
sfuggire alla pressione sulle terre pannoniche di altre popolazioni, derivasse l'idea successiva di
migrare in Italia.

Fu un esodo di massa, che nei numeri va comunque ridimensionato alla demografia del tempo:
compresi uomini, donne, bambini, servi si trattò di circa cento- centocinquantamila longobardi, che
salgono fino a trecentomila unità se calcoliamo, peraltro in maniera approssimativa data
l'indeterminatezza delle fonti, gli altri gruppi germanici. Approfittando della debolezza dell'impero
romano-bizantino, rientrato da poco in possesso della penisola dopo la guerra greco-gotica e in quel
periodo concentrato in campagne militari in oriente e nei Balcani, i longobardi riuscirono nel giro di
breve tempo a conquistare ampie aree della penisola italica: quasi tutto il nord, dal Friuli a Torino
all'Emilia occidentale (Modena compresa), parte dell'Italia centrale, con la Tuscia (corrispondente
grosso modo alla Toscana e a parte del Lazio) e Spoleto, e buona parte del Mezzogiorno, con centro a
Benevento. Rimasero invece in mano bizantina le coste dell'Italia settentrionale: la Liguria (conquistata
però nel secolo successivo dal re Rotari) e, pur con qualche interruzione, il lungo litorale compreso tra
Venezia e Ancona. A Ravenna venne trasferito il quartier generale bizantino, imperniato intorno alla
nuova figura militare- civile dell'esarca. Uno stretto corridoio lasciava in comunicazione quest'area
bizantina con Roma e il territorio che avrebbe costituito il nucleo del futuro stato della Chiesa. I
bizantini mantennero inoltre il controllo delle Puglie e della Calabria meridionali, della fascia costiera
tra Napoli ed Amalfi, e delle isole (Sicilia, Sardegna, Corsica). L'invasione longobarda creò quindi una
vera e propria spaccatura territoriale e politica che segnò la storia d'Italia anche nei secoli successivi,
venendosi sostanzialmente a ricomporre solo con l'unificazione ottocentesca.

Il motivo principale di questa frattura risiede nel fatto che l'occupazione longobarda avvenne in
maniera non omogenea: da un lato furono evitate le principali piazzeforti bizantine per evitare lunghi e

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logoranti assedi (e infatti anche all'interno delle aree longobarde rimasero a lungo numerosi centri
fortificati controllati dai bizantini), dall'altro i guerrieri più che seguire le direttive unitarie del re
agirono per fare, gruppi accomunati da avi comuni e comandati da propri capi, detti duces, ovvero
duchi (nome tratto dallo stanziamento nella romanizzata Pannonia), condottieri che diedero luogo a
insediamenti autonomi, i ducati. |l re, come in tutta la tradizione germanica, era infatti un capo eletto in
occasioni particolari, quali il coordinamento collettivo di campagne militari, e dalla sua autorità si
prescindeva in tempi normali.

Una volta terminata la fase iniziale della conquista, e dopo la morte cruenta dei primi due re - Alboino
e Clefi - i duchi longobardi non elessero un nuovo monarca: questa situazione durò però solo un breve
periodo, dal 574 al 584, spesso erroneamente ricordato come decennio di «anarchia militare». Vi pose
fine la necessità di coordinare le forze longobarde contro la ripresa bizantina (la pace con l'impero
bizantino sarebbe stata siglata solo nel 680): i duchi che controllavano i vari territori longobardi
elessero quindi re Autari, cedendogli metà dei propri beni, che andarono a formare la curtis regia,
ovvero il fisco regio, il patrimonio della corona.

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