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MARKETING

● Capitolo 1 – Creare relazioni con i clienti e valore con il marketing

1.1 Marketing
Il marketing è una funzione organizzativa e un insieme di processi volti a creare, comunicare e trasferire
valore ai clienti e a gestire i rapporti con essi in modo che ciò vada a vantaggio sia dell'organizzazione, sia
dei suoi stakeholder (clienti, dipendenti, fornitori, azionisti, ecc).
Il marketing cerca quindi di (1) individuare i bisogni dei potenziali clienti e (2) soddisfare quei bisogni. I clienti potenziali
possono essere sia individui che imprese. Ciò che consente di raggiungere questi obiettivi è un atto di scambio tra un
acquirente e un venditore.

1.1.1 Fattori
Ci sono diversi fattori che determinano le attività di marketing. All'interno di una organizzazione, la funzione marketing
individua e soddisfa i bisogni dei consumatori, supportato da altri settori che ne definiscono le attività: management,
finanza, produzione, risorse umane, sistemi informativi, ricerca e sviluppo. La funzione marketing deve facilitare le
relazioni con i clienti, le partnership con i fornitori, le proprietà con gli azionisti e le alleanze con altre organizzazioni.
Alla definizione delle attività di marketing concorrono fattori ambientali, come quelli sociali, economici, tecnologici,
competitivi e legislativi.

1.1.2 Ragion d'essere


Per parlare di marketing devono sussistere quattro condizioni:
1 – Due o più parti con bisogni da soddisfare (il primo ha bisogno di acquistare, il secondo di vendere);
2 – Desiderio e capacità di soddisfare quei bisogni (l'acquirente ha denaro per acquistare, il venditore ha il prodotto da
vendere);
3 – Un modo attraverso il quale le parti possano comunicare (attraverso ricerche di mercato e pubblicità);
4 – Qualcosa da scambiare (denaro in cambio di merce).
Entrambe le parti trarranno quindi vantaggio dallo scambio, in quanto esso soddisfa i loro bisogni.

1.2 Individuare e soddisfare i bisogni dei consumatori

1.2.1 Individuare i bisogni


Per conoscere i bisogni dei consumatori, è fondamentale la ricerca di marketing. (Cap.9)
Quando si opta per il lancio di un nuovo prodotto, è fondamentale (1) concentrarsi sul vantaggio che il consumatore può
trarre dal prodotto e (2) imparare dal passato. Perciò bisogna prima individuare bisogni e desideri del consumatore, e
poi produrre ciò che li soddisfa.
Il bisogno si verifica quando l'individuo si vede privato di necessità primarie (cibo, riparo, vestiti).
Il desiderio è un bisogno determinato dall'apprendimento, dalla cultura e dalla personalità del soggetto, che lo porterà
a scegliere quale cibo, quale riparo e quali vestiti acquistare.
Una delle principali attività della funzione marketing di un'azienda è l'analisi dei consumatori, finalizzata ad individuarne
bisogni, desideri e fattori che li condizionano.
I clienti potenziali creano un mercato, ossia un insieme di persone che hanno il desiderio e la capacità di acquistare un
dato prodotto.

1.2.2 Soddisfare i bisogni


Un'organizzazione non può soddisfare tutti i bisogni, perciò i suoi sforzi si concentreranno su alcuni di essi, con
riferimento a un mercato obiettivo, ossia un gruppo di potenziali consumatori rispetto al quale una impresa orienta il
suo programma di marketing. Questo programma verrà realizzato utilizzando il marketing mix, costituito dalle
“quattro P”:

- Product, prodotto. Un bene, un servizio o una idea che soddisfi i bisogni del consumatore.
- Price, prezzo. La quantità di denaro da cedere in cambio del prodotto.
- Place, punto di vendita. Il luogo in cui lo scambio può avvenire.
- Promotion, promozione. Un mezzo di comunicazione fra venditore e acquirente.
Le quattro P sono i fattori controllabili del marketing ed hanno un ruolo fondamentale nel gestire le relazioni con il
mercato obiettivo.
I fattori ambientali sono invece incontrollabili dal marketing e dall'organizzazione. Comprendono le forze sociali,
economiche, tecnologiche, concorrenziali e regolatorie. Esse non possono essere controllate dalla singola impresa
perché non dipendono dalla sua volontà, e possono costituire un freno o un acceleratore per le iniziative di marketing.
[Però una impresa può influire su alcuni fattori ambientali, per esempio realizzando passi avanti in ambito tecnologico o
competitivo.]

1.3 Il programma di marketing: costruire le relazioni con il cliente


L'obiettivo di un programma di marketing è mettere in contatto l'azienda con i clienti.

1.3.1 Competizione globale, valore per il cliente, relazioni con il cliente


La forte competizione globale che caratterizza i mercati odierni, ha portato molte imprese a concentrarsi sul valore per il
cliente, al fine di fidelizzare i clienti, offrendo loro un valore unico (che distingua l'azienda dai concorrenti) e cercando di
capire come viene percepito tale valore. Il valore per il cliente è la combinazione di benefici ottenuti dagli acquirenti,
che comprende qualità, prezzo, facilità d'uso, consegna puntuale, servizio pre e post vendita. Il valore può essere quindi1
reso in termini di vantaggio economico (miglior prezzo), di performance del prodotto (miglior prodotto) o di livello di
personalizzazione (miglior servizio).
1.4 Marketing relazionale e CRM (Customer Relationship Management - gestire Relazioni con i clienti).
Il marketing relazionale consiste nel creare e mantenere relazioni eccellenti e durature con i clienti e con gli altri
stakeholder, in modo da garantire vantaggi a lungo termine per tutti. Si fonda sull'utilizzo di tecniche di direct
marketing ed ha ricevuto grande impulso da Internet. Perché il direct marketing funzioni efficacemente, è fondamentale
un uso coerente della comunicazione attraverso i diversi canali. Per rispondere a questa necessità, si è sviluppato il
Customer Relationship Management. Esso sfrutta le nuove tecnologie per raccogliere informazioni, analizzarle e
predisporre azioni mirate al fine di sviluppare una maggiore soddisfazione del cliente e quindi rapporti più duraturi. Un
progetto di CRM comprende quattro fasi: (1) raccolta dei dati, (2) analisi, (3) pianificazione delle azioni, (4)
esecuzione. E' un processo continuo, perché la raccolta e analisi dei dati servono anche per controllare la
pianificazione e l'attuazione. Il CRM si basa su una gestione unitaria del rapporto con la clientela: l'azienda deve
registrare ogni possibile contatto con la clientela e memorizzarli tutti in modo unitario, a prescindere dal canale e dalla
situazione in cui si sono manifestati. Per fare ciò sono necessari strumenti di Business Intelligence. Una volta identificati
i clienti, è possibile differenziarli con un processo di segmentazione. Grazie al CRM l'azienda può conoscere meglio i
propri clienti e concentrarsi maggiormente su quelli che generano maggiore redditività. [Es: supermercati carte fedeltà;
Vodafone maggiore assistenza ai clienti che spendono di più.]

1.4.1 Il programma di marketing


Un programma di marketing è un piano che specifica tutte le azioni necessarie a favorire il processo di scambio,
attraverso le leve del marketing mix. E' fondamentale per lo sviluppo di nuovi prodotti e servizi che soddisfino i bisogni
dei consumatori. E' un processo continuo: i bisogni dei consumatori portano alla creazione di nuovi prodotti che
spingono alla ricerca di nuovi bisogni.

1.5 Come si è affermata l'importanza del marketing


Per capire in che modo il marketing si sia imposto nell'economia moderna, è necessario prendere in considerazione (1)
l'evoluzione dell'orientamento al mercato, (2) l'etica e la responsabilità sociale del marketing e (3) l'ampiezza e la
profondità delle attività di marketing.

1.5.1 L'evoluzione dell'orientamento al mercato (orientamenti di marketing)


Molte organizzazioni hanno attraversato quattro fasi diverse:
- L'orientamento alla produzione. Tipico dei settori in cui la domanda supera l'offerta; la scarsa disponibilità dei beni
fa sì che i consumatori siano disposti ad acquistare qualsiasi tipo di prodotto, perciò l'obiettivo dell'azienda è di
migliorare l'efficienza produttiva, e non la soddisfazione dei bisogni del consumatore.
- L'orientamento alle vendite. Si verifica quando un aumento dell'efficienza produttiva porta a un eccesso di offerta.
L'impresa cercherà quindi di trovare nuovi acquirenti: non si impegna a produrre ciò che vende, ma a vendere ciò che
produce (logica di produzione PUSH).
- L'orientamento al marketing. L'obiettivo è soddisfare i bisogni e i desideri dei consumatori. Ciò costituisce il
marketing concept, un approccio al mercato in cui le idee di marketing vengono inserite nel ciclo produttivo prima che il
prodotto venga progettato, e non dopo la sua realizzazione. L'orientamento al marketing è incentrato sul consumatore
(logica di produzione PULL).
- L'orientamento al mercato. L'organizzazione concentra i suoi sforzi:(1) sulla raccolta di informazioni sui bisogni dei
clienti, (2) sulla condivisione delle informazioni all'interno dell'organizzazione, (3) sull'uso di queste informazioni per
creare valore per il cliente. Per le aziende che adottano questo approccio è fondamentale il ricorso al CRM (Customer
Relationship Management - gestire Relazioni con i clienti).
1.5.2 Etica e responsabilità sociale
Oggi il marketing non si concentra più sugli interessi dei produttori, ma su quelli dei consumatori. Le organizzazioni sono
sempre più portate a considerare le conseguenze delle loro azioni sulla società e sull'ambiente. Ciò ha reso importante
la definizione di linee guida per un comportamento etico e socialmente responsabile, al fine di trovare un punto
d'incontro fra gli interessi dell'impresa, dei consumatori e della società. Molti aspetti di marketing non sono regolati dalla
legge, ma possono essere controversi sotto il profilo etico; l'impresa dovrà prestare attenzione a questi aspetti per
evitare conseguenze negative. Esistono questioni che coinvolgono tutta la società, come lo smaltimento di determinati
rifiuti. E' importante il concetto di marketing sociale, ossia la necessità di soddisfare i bisogni dei consumatori in modo
da apportare benefici anche alla società.
Il concetto di marketing sociale è strettamente collegato a quello di macromarketing, che studia il flusso di beni e
servizi in rapporto al benessere della società. Il macromarketing affronta problemi come i costi, gli sprechi e le
conseguenze delle attività di marketing. Il micromarketing studia invece il modo in cui un'organizzazione gestisce le
attività di marketing e destina le sue risorse al benessere dei clienti.

1.5.3 Ampiezza e profondità del marketing


Il marketing coinvolge ogni organizzazione ed ogni individuo.
- Chi fa marketing? Tutte le organizzazioni fanno marketing, anche quelle non-profit. Anche scuole, università, città,
stati, agenzie governative e politici si servono del marketing per promuovere le proprie attività.
- Qual'è l'oggetto del marketing? Il marketing ha come oggetto beni (oggetti fisici), servizi (intangibili, come viaggi o
consulenze) e idee (concetti astratti che implicano riflessioni). Essi vengono racchiusi nel termine “prodotto”.
- Chi compra e utilizza l'oggetto del marketing? Sia individui che organizzazioni comprano e utilizzano beni e servizi.
I consumatori finali sono gli individui che utilizzano beni e servizi acquistati per la famiglia.
Gli acquirenti industriali, invece, acquistano beni e servizi per usarli o rivenderli.
Consumatori, acquirenti e clienti sono entità diverse con comportamenti differenti.
- Chi ne trae vantaggio? Ci sono tre gruppi che traggono vantaggio dalle attività di marketing: i consumatori che
acquistano, le organizzazioni che vendono, la collettività nel suo insieme: i bisogni dei consumatori vengono
soddisfatti in modo sempre più efficiente, le imprese sviluppano tecnologie e concorrenza, la collettività beneficia di
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nuovi posti di lavoro e migliori standard di vita.
- In che modo ne traggono vantaggio i consumatori? Il marketing crea utilità, ossia i benefici o il valore che il cliente
ottiene quando utilizza il prodotto. E' di quattro diversi tipi: utilità di forma (la possibilità di avere un prodotto
modificato in base alle proprie esigenze); utilità di luogo (la disponibilità di un bene o di un servizio nel luogo in cui il
consumatore ne ha bisogno); utilità di tempo (la disponibilità di un bene o servizio nel momento in cui serve); utilità
di possesso (la facilità con cui il prodotto può essere acquistato).

● Capitolo 2 – L'attività di marketing e le strategie d'impresa

La pianificazione strategica è un'attività il cui obiettivo è la definizione delle strategie aziendali. Si tratta di un
processo manageriale volto a sviluppare e mantenere coerenza fra gli obiettivi dell'organizzazione, le sue risorse e le
opportunità offerte da un ambiente competitivo e in continuo mutamento.
L'importanza del processo di pianificazione strategica è dovuta a una serie di cambiamenti avvenuti nello scenario
economico negli ultimi decenni. Con il rallentamento della crescita economica del dopoguerra e con l'aumento del livello
di competizione, si diffuse l'esigenza di un approccio sistematico alla definizione e realizzazione delle scelte strategiche.
Questo cambiamento ha portato alla scomposizione dell'impresa in unità elementari di attività e alla definizione di
strumenti di analisi, come le matrici di portafoglio, che aiutassero l'impresa nella formulazione delle strategie.

2.1 Livelli di formulazione strategica delle organizzazioni

2.1.1 Le organizzazioni: tipologie, livelli, team


Tipologie. Le organizzazioni possono essere divise in imprese e organizzazioni non-profit. L'impresa è
un'organizzazione privata che serve i propri clienti per trarne profitto, indispensabile alla sua sopravvivenza. Il profitto
corrisponde alla differenza fra i ricavi ottenuti e i costi sostenuti. L'organizzazione non-profit è un'entità non governativa
che serve i suoi clienti senza che il profitto figuri tra i suoi obiettivi.
Livelli. Le imprese possono essere articolate su diversi livelli organizzativi. Il livello corporate costituisce la gestione
centrale dell'impresa, ed è il livello che sviluppa la strategia complessiva dell'organizzazione. Imprese attive in più
mercati e che offrono un'ampia gamma di prodotti, gestiscono un portafoglio di attività che fanno capo a diverse Aree
Strategiche d'Affari (ASA).
Una ASA è una porzione dell'organizzazione che si occupa di prodotti affini destinati a un gruppo di clienti ben definito.
Oggi, le ASA vengono definite sulla base di una omogeneità di bisogni soddisfatti: nello stesso portafoglio possono
coesistere prodotti che si basano su tecnologie molto diverse, ma affini per value proposition (valore proposto) nei
confronti del consumatore. Nel definire un'ASA bisogna considerare il gruppo di clienti che verrà servito, il tipo di
bisogno che sarà soddisfatto e i mezzi che verranno impiegati a tale scopo. Le proprietà fondamentali di un'ASA sono:
(1)essere costituita da attività che possano essere oggetto di un processo di pianificazione autonomo; (2) avere un
sistema competitivo di riferimento specifico con cui confrontarsi. Ogni ASA è gestita da un manager. Le decisioni
strategiche prese a questo livello sono più specifiche di quelle prese a livello corporate.
In ogni ASA è presente un livello funzionale, composto da diverse funzioni: marketing, sistemi informativi, finanza,
ricerca e sviluppo, produzione, risorse umane. Le funzioni sono gruppi specializzati che gestiscono un dato ambito
dell'attività dell'impresa. Generalmente ogni funzione viene indicata come area. Le decisioni prese a livello funzionale
hanno carattere operativo. Le attività di marketing si collegano a tutti e tre i livelli.
In genere, nelle imprese più piccole o monoprodotto il livello corporate e il livello ASA coincidono; è solo nelle imprese di
maggiori dimensioni e con un ampio portafoglio di attività che la ripartizione in livelli è necessaria.
Team interfunzionali. I team interfunzionali sono piccoli gruppi di persone che operano nelle diverse funzioni e che
sono responsabili del conseguimento di una serie di obiettivi comuni. Lo scopo dei team interfunzionali è il
conseguimento di una maggiore efficienza attraverso la riduzione dei tempi necessari e alla prevenzioni di conflitti fra le
diverse funzioni.

2.1.2 Organizzazioni e strategie


Tutte le organizzazioni hanno un campo di attività, una missione, una cultura organizzativa e degli obiettivi. Campo di
attività e missione riguardano il livello corporate e ASA, mentre cultura e obiettivi influenzano tutti e tre i livelli.
Campo di attività. Definisce i prodotti di cui l'organizzazione si occupa e i clienti ai quali si rivolge. Un modo per
definire il campo di attività di un'organizzazione è conoscere le esigenze degli acquirenti effettivi e potenziali,
concentrandosi quindi sull'orientamento al cliente. Un'area d'affari deve quindi essere considerata non come un processo
finalizzato alla produzione di beni, ma come un processo per soddisfare il cliente. I prodotti sono transitori, ma i bisogni
della clientela persistono a lungo; per questo motivo, nel definire il proprio campo di attività, non bisogna essere né
troppo specifici né troppo vaghi.
Missione. E' l'obiettivo dichiarato dall'impresa, la quale stabilisce quali sono i suoi clienti, mercati, prodotti, tecnologie e
valori. La missione consiste in una enunciazione che esprime l'elemento di distintività dell'offerta dell'impresa al
mercato. Comprende le direttrici fondamentali secondo le quali operare, le finalità dell'impresa e gli elementi strutturali
necessari per perseguire gli obiettivi. La dichiarazione scritta degli obiettivi a lungo termine è anche detta visione.
Cultura organizzativa. E' l'insieme di valori, idee e atteggiamenti appresi e condivisi da tutti i membri di una
organizzazione. E' importante per relazionarsi con gli stakeholder. Nelle fusioni e acquisizioni di società, è possibile che
si verifichino scontri fra culture organizzative, dovuti a divergenze di missioni e obiettivi.
Obiettivi. Mutano la missione in azioni mirate che devono essere attuate in un determinato lasso di tempo. Gli obiettivi
permettono di valutare il modo in cui l'organizzazione sta realizzando la sua missione. Sono presenti a livello corporate,
ASA e funzionale; ne esistono diversi tipi: (1)profitto [più alto possibile], (2)vendite [mantenerle o aumentarle],
(3)quota di mercato [rapporto fra le vendite totali realizzate dall'impresa e le vendite totali realizzate da tutte le
imprese del settore; mantenerla o aumentarla], (4)qualità [più elevata], (5)soddisfazione del cliente [valutata

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attraverso indagini o dedotta da dati], (6)benessere dei dipendenti [garantendo loro buone opportunità di carriera e
condizioni di lavoro adeguate], (7)responsabilità sociale [promuovere il benessere della società anche a scapito dei
profitti di breve termine].

2.1 Prendere decisioni strategiche

2.2.1 Valutare la posizione attuale


Per descrivere la propria posizione attuale, un'organizzazione deve (1)comprendere il microambiente in cui opera e
(2)valutare lo stato di salute del proprio portafoglio attività.
Per comprendere il microambiente, è necessario sapere chi sono i clienti, quali sono le competenze dell'azienda e chi è
la concorrenza. I clienti di una stessa impresa, pur consumando la stessa tipologia di prodotti, si differenziano in base
alle loro preferenze ed esigenze. Perciò, le decisioni strategiche devono essere orientate a diversi insiemi di clienti,
effettivi e potenziali, per garantire loro un valore reale.
Le competenze di un'organizzazione sono le capacità specifiche, in termini di abilità, tecnologie e risorse, che la
contraddistinguono dalla concorrenza. Sfruttando quelle competenze, l'impresa può giungere al successo, ma solo se
queste le garantiscono un vantaggio competitivo, ossia elementi di forza unici rispetto ai concorrenti, che possono
riflettersi in una maggiore qualità, costi più bassi, una risposta al mercato più veloce o una maggiore innovazione. Molte
imprese hanno adottato strategie mirate allo sviluppo di competenza nel Total Quality Management (TQM), dove la
qualità si riferisce alle caratteristiche e proprietà del prodotto che determinano la sua capacità di soddisfare i bisogni dei
clienti. Uno strumento con cui può essere migliorata la qualità è il benchmarking, che consiste nello scoprire in che
modo la concorrenza ottiene risultati migliori dei propri, per poi imitarla. Questa tecnica può portare a studiare attività
anche molto diverse dalla propria.
Per quanto riguarda la concorrenza, oggi i confini fra i settori che possono essere definiti concorrenti e quelli che non
vengono considerati tali, sono sempre più labili. Le imprese riescono ad affermarsi mantenendo sempre sotto controllo
la concorrenza, osservandone l'evoluzione e rispondendo con strategie efficaci.
Valutare lo stato di salute del proprio portafoglio attività serve a stabilire quali attività dismettere e quali mantenere,
al fine di attribuire obiettivi e risorse idonei a ciascuna ASA. Esistono diversi strumenti analitici che consentono di
confrontare le caratteristiche delle diverse ASA e di valutarle. I più diffusi sono la matrice BCG (Boston Consulting
Group, detta anche “sviluppo/quota di mercato) e la matrice GE (General Electric, detta anche “attrattività/posizione
competitiva”). Entrambe le matrici permettono di distinguere fra le attività che danno redditività all'impresa nel
presente, quelle su cui investire per il futuro e quelle da abbandonare. La BCG è più semplice, ma prende in
considerazione un numero di variabili limitato. La GE è più complessa, ma tiene in considerazione un maggior numero di
variabili, fornendo analisi più dettagliate. L'ideale sarebbe impiegare entrambe le matrici ed integrarne i risultati. Un
ulteriore strumento, la matrice di terziarizzazione (“performance/rilevanza strategica”) permette di individuare quali
attività sono i punti di forza dell'impresa e di valutare quali processi svolgere direttamente, quali in partnership e quali
delegare a imprese esterne.

2.2.2 La matrice BCG (Boston Consulting Group, “sviluppo/quota di mercato)


È utilizzata sia a livello ASA, sia a livello di linea di prodotto, i singoli prodotti e a livello di marca.
L'asse verticale rappresenta il tasso di sviluppo del mercato (tasso di sviluppo annuo del mercato di riferimento o del
settore nel quale compete l'ASA).
L'asse orizzontale rappresenta la quota di mercato relativa (rapporto tra il volume di vendita dell'ASA e volume di
vendita dell'impresa leader del settore).
Otteniamo 4 quadranti che ci permettono di analizzare lo stato del ciclo di vita delle ASA analizzate, la loro capacità di
sviluppare redditività, gli investimenti ed obiettivi da destinare a ciascuna.
- QUESTION MARK: bassa quota di mercato / alto tasso di crescita
Condizione tipica della fase iniziale del ciclo di vita del prodotto.
Devono sviluppare e consolidare la propria presenza sul mercato.
Richiedono elevati investimenti sia per la produzione che per la promozione.
Redditività nel lungo termine.
- STAR: alta quota di mercato / alto tasso di crescita
Condizione tipica della fase di sviluppo del ciclo di vita del prodotto.
Prodotti dalla posizione consolidata ma ancora sviluppabile.
Richiedono elevati investimenti per mantenere la propria posizione.
Redditività nel medio termine.
- CASH COW: alta quota di mercato / basso tasso di crescita
Condizione tipica della fase di maturità del ciclo di vita del prodotto.
Posizione consolidata, principale fonte di reddito dell'impresa.
Richiedono bassi investimenti.
Redditività nel presente, utilizzabile anche in altre ASA.
- DOG: bassa quota di mercato / basso livello di crescita
Condizione tipica della fase finale del ciclo di vita del prodotto.
Successo limitato, nessuna prospettiva di crescita.
Opportuno dismetterli.
Un portafoglio di attività equilibrato dovrebbe contenere un'adeguata quantità di prodotti Cash cow, alcuni Star e
Question mark, cercando di eliminare i prodotti Dog.

La matrice BCG si basa su parametri oggettivi, tuttavia presenta delle limitazioni, poiché può essere limitativo
valutare l'attrattività di una impresa e la sua posizione competitiva in base a due soli parametri. Esse infatti possono
dipendere da molteplici fattori.
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La misurazione di queste due dimensioni può essere migliorata utilizzando lo strumento della score-card, ovvero una
griglia, costruita in base a diversi criteri, che attraverso una serie di parametri rilevanti permette di valutare le
performance di una impresa. Tale valutazione può avere finalità di analisi dinamica (per valutare l'andamento dei diversi
parametri nel tempo) oppure di benchmarking (per confrontare i valori dell'impresa rispetto a quelli dei concorrenti). La
media dei voti registrati permette di ottenere un voto di sintesi circa la performance dell'impresa.

2.2.3 La matrice GE (General Electric)


Si basa sulla logica della score-card.
Prende in considerazione diversi fattori che insieme concorrono a definire l'attrattività del mercato e la sua posizione
competitiva dell'impresa.
Misura l'attrattività in base alle caratteristiche del settore e del gruppo strategico; la posizione competitiva in base ai
punti di forza dell'impresa.
La GE non si basa solo su misurazioni oggettivi, ma anche sulle valutazioni del management.
L'asse verticale rappresenta l'attrattività del mercato (bassa, media, alta).
L'asse orizzontale rappresenta la posizione competitiva (debole, media, forte).
Otteniamo 9 quadranti, raggruppabili in tre macroaree che offrono indicazioni sulle azioni da intraprendere.
- AREA IN ALTO A DESTRA: valori medio-alti per entrambe le dimensioni. Attività su cui è opportuno investire per
migliorare i risultati o mantenerli elevati.
- AREA DIAGONALE: valori bassa-forte / media-media / alta-debole. Approccio selettivo per sfruttare gli elementi
positivi di una delle due dimensioni.
- AREA IN BASSO A SINISTRA: valori medio-bassi per entrambe le dimensioni. Attività su cui è necessario disinvestire
dopo aver sfruttato le potenzialità residue.

La matrice GE ha il vantaggio di analizzare un numero maggiore di fattori; è dotata di grande flessibilità, così la
scelta dei fattori può essere adattata alle specifiche situazioni.
Anch'essa però mostra dei limiti. Vi è una elevata soggettività nella valutazione degli indicatori, soprattutto nella
misurazione della posizione competitiva. Inoltre, dato l'elevato numero di fattori impiegati, spesso l'analisi diventa lunga
e complessa.

Può essere utile impiegare entrambe le matrici BCG e GE, per confrontane i risultati e capire le cause di eventuali
differenze di rilevazione.

2.2.4 La matrice performance / rilevanza strategica (matrice di terziarizzazione)


Serve a valutare i punti di forza e debolezza dell'ASA relativamente alle attività svolte e ai singoli prodotti.
Tale valutazione si basa innanzitutto sulla rilevanza strategica che l'attività (o il prodotto) riveste per l'impresa, e in
secondo luogo sulla performance dell'impresa relativamente alla stessa.
Permetterà di identificare le attività e i prodotti che costituiscono un vantaggio competitivo per l'impresa.
L'asse verticale rappresenta la rilevanza strategica (capacità di cogliere opportunità o scongiurare minacce).
L'asse orizzontale rappresenta la performance (attività: efficienza/efficacia con cui l'azienda le svolge; prodotti:
risultati ottenuti sul mercato).
Otteniamo 4 quadranti che identificano altrettante azioni da intraprendere.
- DISMISSIONE: bassa performance, bassa rilevanza strategica. Attività o prodotti poco importanti per l'impresa, la
quale non ha competenze distintive in merito. Conviene disinvestire.
- PRIORITÀ D'INVESTIMENTO: bassa performance, alta rilevanza strategica. Identifica i punti di debolezza dell'impresa,
ma data la rilevanza è fondamentale migliorare la performance o ricorrere a una partnership.
- MANTENIMENTO: alta performance, alta rilevanza strategica. Identifica i punti di forza dell'impresa; si dovrà
monitorare costantemente l'ambiente per difenderli.
- BASSA PRIORITÀ: alta performance, bassa rilevanza strategica. L'impresa può mantenere tali attività o prodotti nel
caso in cui un mutamento di contesto possa aumentarne l'importanza, oppure ricorrere a partnership.

2.2.5 Valutare la posizione futura: le strategie di crescita


1- Crescita intensiva (nell'ambito delle attività che l'impresa già svolge). Realizzabile tramite:
- penetrazione del mercato in cui si opera → attuabile se i prodotti o il mercato offrono opportunità non ancora
sfruttate. Può avere tre obiettivi: sviluppo della domanda primaria (aumentare la domanda convertendo i non
consumatori in consumatori); sviluppo della frequenza di consumo (stimolare gli attuali consumatori del
prodotto a consumarlo maggiormente, anche in nuove situazioni); acquisizione dei clienti della concorrenza
(incentivare i consumatori di altre marche allo switching di marca, tramite politiche di marketing aggressive).
- sviluppo del prodotto → attuabile se nel mercato in cui si opera ci sono opportunità non sfruttate con i prodotti di
cui già si dispone. Amplieremo quindi la gamma dei prodotti attraverso: diversificazione verticale (operiamo
sulla qualità oggettiva del prodotto); diversificazione orizzontale (operiamo sulla qualità soggettiva, la varietà,
per soddisfare clienti con preferenze diverse rispetto alle caratteristiche del prodotto di base).
- sviluppo del mercato → attuabile quando il mercato/segmento è saturo ma ci sono altri mercati/segmenti in cui il
prodotto può avere successo. Si basa principalmente sulle capacità di distribuzione e di internazionalizzazione
dell'impresa. Lo sviluppo può essere realizzato: su nuovi segmenti di domanda; attraverso nuovi canali di
distribuzione; tramite l'espansione geografica e quindi l'esportazione.

2- Crescita integrativa (nell'ambito della filiera in cui l'impresa opera). Realizzabile tramite:
- integrazione a monte → gestire direttamente attività tipiche dei fornitori, per assicurarsi l'approvvigionamento.
- integrazione a valle → gestire direttamente attività tipiche dei clienti, per controllare la rete di distribuzione.
- integrazione orizzontale → acquisire la concorrenza.
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3- Crescita diversificativa (in nuovi ambiti). Nuovo prodotto in un nuovo mercato. La diversificazione è il percorso più
costoso e rischioso, ma consente un maggior livello di innovazione. Attuabile quando non ci sono opportunità di
crescita intensiva o integrativa. Realizzabile tramite:
- diversificazione concentrica → spostarsi su settori che presentano similarità con quello attuale, riallocando le
proprie competenze e sviluppandone di nuove.
- diversificazione pura → spostarsi su settori totalmente nuovi, colmando il gap di competenze tramite acquisizioni.

2.2.6 Valutare la posizione futura: la matrice di Ansoff


Serve a classificare le strategie di crescita intensiva e diversificativa e valutare le competenze necessarie per ciascun
percorso.
L'asse verticale rappresenta i mercati (attuali / nuovi).
L'asse orizzontale rappresenta i prodotti (attuali / nuovi).
Otteniamo 4 quadranti, ognuno dei quali mostra una diversa strategia di crescita con diversi fattori di innovazione e di
rischio. L'azienda deve iniziare il percorso di crescita migliorando la propria presenza sui prodotti/mercati nei quali è
attiva. Quando le opportunità saranno limitate, potrà spostarsi su nuovi prodotti e/o mercati.
- PENETRAZIONE DEL MERCATO: prodotto attuale, mercato attuale. Si sfruttano le competenze tecnologiche e di
marketing che l'impresa già possiede. Costi bassi, basso rischio, basso livello di innovazione, potenzialità di
breve periodo.
- SVILUPPO DEL PRODOTTO: prodotto nuovo, mercato attuale. Implica mantenimento delle competenze di marketing e
acquisizione di nuove competenze tecnologiche. Costi maggiori, rischio elevato, alte potenzialità di innovazione
nel lungo termine.
- SVILUPPO DEL MERCATO: prodotto attuale, mercato nuovo. Mantenere le competenze tecnologiche, sviluppare le
competenze di marketing. Buone potenzialità di innovazione.
- DIVERSIFICAZIONE: prodotto nuovo, mercato nuovo. Necessità di nuove competenze tecnologiche e di marketing.
Maggiori costi e rischi, soprattutto se pura.

2.2.7 L'inquadramento strategico: le strategie competitive di base di Porter


Il modello di Porter individua 4 strategie competitive di base che possono essere adottate dall'impresa perché ci sia
coerenza tra gli obiettivi, i piani di marketing e la loro implementazione, al fine di ottenere un vantaggio competitivo. Le
strategie di base sono classificabili in base a due dimensioni: la natura del vantaggio competitivo (leadership di costo /
distintività dell'offerta); l'ambito competitivo (ampio / limitato).
1 – Leadership di costo: forte competitività di prezzo su tutto il mercato o su alcuni segmenti.
2 – Differenziazione: forte distintività dei prodotti in termini di caratteristiche funzionali e simboliche, i consumatori
saranno disposti a pagare un premium price.
3 – Focalizzazione sui costi: perseguimento di una elevata efficienza che consenta di offrire prodotti a prezzi
contenuti destinati a un numero limitato di segmenti.
4 – Focalizzazione sulla differenziazione: specializzazione su una porzione ristretta del mercato che si cercherà di
soddisfare nel modo migliore rispetto alla concorrenza.

● Capitolo 3 – La pianificazione di marketing: dalla strategia alla gestione operativa

3.1 Pianificazione, implementazione e controllo del piano strategico di marketing


La pianificazione di marketing è l'insieme dei processi che garantiscono il raggiungimento degli obiettivi strategici che
l'organizzazione si è posta. È costituita da tre macrofasi: pianificazione, implementazione, controllo. Esse permettono di
giungere alla stesura ed attuazione del piano strategico di marketing, del piano operativo (marketing mix) e di verificare
il raggiungimento degli obiettivi e le eventuali correzioni da apportare.

1 – Pianificazione
Consiste nel definire campo di attività e linee guida; nel determinare gli obiettivi e ripartirli ai vari livelli; nell'assegnare
compiti e budget.
A livello corporate vengono definite le linee generali della pianificazione e l'entità delle risorse da assegnare a ciascuna
ASA.
All'interno di ciascuna ASA viene realizzato un piano che permetta di conseguire la massima profittabilità tenendo conto
degli obiettivi e delle risorse.
Ai responsabili funzionali di ciascuna ASA vengono attribuiti risorse ed obiettivi specifici.
Attraverso queste fasi si arriva a definire il piano di marketing, un documento che descrive dettagliatamente le attività
di marketing che verranno realizzate in un periodo di tempo. Possiamo distinguere fra: 1- piano di marketing annuale
(sviluppato dal responsabile marketing dell'impresa o dell'ASA, contiene indicazioni precise circa gli obiettivi e le
strategie per un prodotto, una linea o tutta l'impresa); 2- piano di marketing a lungo termine (dura tra 2 e 5 anni,
redatto e gestito a livello corporate, ha contenuto generale che delinea gli orientamenti di fondo per i piani annuali).
Quando la validità di un piano di marketing viene valutata in base a criteri finanziari, si parla di pianificazione orientata
al valore (approccio finanziario); molte imprese lo integrano con un orientamento ai valori (approccio di
responsabilità sociale), nel quale i contenuti del piano di marketing sono valutati anche in rapporto a temi come
l'etica, l'integrità, il benessere dei lavoratori, la tutela dell'ambiente.

2 – Implementazione
Consiste nelle decisioni ed azioni necessarie ad attuare quanto pianificato, arrivando a definire e mettere in atto le
politiche di marketing mix di ciascuna marca o prodotto.

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I responsabili funzionali ripartiscono compiti e budget tra i membri dell'area marketing, stabiliscono il timing (la tabella
di marcia) per ciascuna attività, infine specificano il marketing mix. Gli altri membri del team procederanno
all'attuazione del piano di marketing.

3 – Controllo
Viene svolto periodicamente per verificare il raggiungimento degli obiettivi o, in caso contrario, per capire le ragioni del
fallimento e individuare adeguate misure correttive.
Ciascuna delle tre fasi della pianificazione di marketing prevede la produzione di documenti (report) contenenti
importanti informazioni:
- pianificazione → Piano di marketing (definisce obiettivi e politiche di marketing mix con cui raggiungerli);
- implementazione → Report dei risultati (descrive percorso ed esiti dell'implementazione del piano di marketing);
- controllo → Report delle azioni correttive (possibili misure correttive da adottare per risolvere problemi
incontrati o cogliere nuove opportunità).

3.2 La fase di pianificazione


Prevede 3 fasi:
1 – ANALISI SITUAZIONALE (analisi di scenario). Consiste nel verificare l'attuale posizionamento dell'azienda o del
prodotto, il modo in cui si evolve e i fattori esterni ed interni più rilevanti.
Può essere realizzata attraverso l'analisi SWOT, con cui si valutano:i punti di forza e debolezza interni
all'organizzazione (Strenghts & Weaknesses), relativamente alla catena del valore (= l'insieme dei processi aziendali che
permettono la costruzione dell'offerta), alle competenze tecnologiche, di marketing e organizzative; le opportunità e
minacce che provengono dall'ambiente e dal settore (Opportunities & Threats). L'analisi SWOT può essere realizzata a
livello corporate, ASA, per linea di prodotto o singolo prodotto. Si basa sullo studio di quattro fattori: 1 le tendenze del
settore in cui l'impresa opera; 2 la concorrenza; 3 i punti di forza e debolezza interni; 4 i clienti attuali e potenziali.
L'obiettivo dell'analisi è identificare i fattori critici che possono influire sull'attività dell'impresa in modo da sfruttare i
punti di forza e le opportunità, correggere le debolezze ed evitare le minacce.
2 – FOCALIZZAZIONE PRODOTTO-MERCATO E DEFINIZIONE DEGLI OBIETTIVI. Consiste nello stabilire quali prodotti
devono essere destinati a quali clienti. Questa decisione si basa sulla segmentazione del mercato, dividendo i
potenziali clienti in segmenti che presentino gli stessi bisogni e che rispondano in modo analogo alle sollecitazioni del
mercato. I segmenti obiettivo saranno quelli su cui l'azienda concentrerà i suoi sforzi. Per ogni segmento bisognerà
stabilire obiettivi specifici per l'attività di marketing (introduzione di un prodotto, strategia di prezzo, campagna
promozionale, etc).
Un piano di marketing deve contenere indicazioni riguardo:
- Obiettivi di marketing e di prodotto → dovranno essere ben specificati
- Mercati obiettivo → conoscerne le caratteristiche per tarare le azioni di marketing
- Punti di differenza → tutte le caratteristiche che contraddistinguono il prodotto dalla concorrenza rendendolo superiore
(il vantaggio competitivo è dato dai punti di forza dell'impresa, i punti di differenza sono i fattori di forza del prodotto)
- Posizionamento → la percezione che il consumatore ha del prodotto, la posizione che occupa nella sua mente.
3 – PROGRAMMA DI MARKETING. Consiste nello sviluppare il marketing mix e il budgeting.

Il marketing mix è l'insieme delle leve di marketing (le 4P: Product, Price, Promotion, Place) che insieme formano un
programma di marketing coeso.
Prima di implementare il programma di marketing bisognerà effettuare le previsioni di vendita e definire il budget. Per
questo lavoro è utile impiegare la funzione di risposta alle vendite, che mette in relazione i costi di marketing con i
ricavi ottenuti.
La microeconomia ha definito un criterio di valutazione dell'allocazione delle risorse: la massimizzazione della differenza
fra costi marginali e ricavi marginali, ossia quando il surplus per l'impresa è maggiore.

3.3 Implementare: mettere in atto il piano di marketing


Condiste nell'attuare il piano di marketing elaborato nella fase di pianificazione, attraverso quattro azioni:
1 ottenere le risorse
2 organizzare l'area marketing
3 stabilire una tabella di marcia
4 eseguire il programma di marketing elaborato nella fase di pianificazione
Per mettere in atto il piano di marketing dovremo considerare dettagliatamente le strategie e le tattiche di marketing.
La strategia di marketing è il mezzo tramite il quale raggiungere l'obiettivo di marketing; essa implica sia un mercato
obiettivo (il fine), sia un programma di marketing che permetta di raggiungerlo (il mezzo).
La tattica di marketing comprende tutte quelle decisioni di dettaglio, di natura operativa, fondamentali per la buona
riuscita della strategia di marketing.
Entrambe sono necessarie per implementare con successo un programma di marketing.

Per capire le logiche di implementazione dei piani di marketing è necessario analizzare la struttura organizzativa
della direzione marketing di una organizzazione.
All'interno di essa, le posizioni di linea hanno fra di loro una relazione gerarchica, per cui le linee inferiori dipendono
da quello superiori. Le posizioni di staff si affiancano ai manager di linea in un rapporto di collaborazione, ma di
indipendenza funzionale.
Il manager di linea ha la responsabilità di gestire e coordinare i product manager.
Il product manager (detto anche brand manager o responsabile di prodotto) è l'elemento fondante di ogni azienda che
produce beni di consumo; ha la responsabilità della programmazione, implementazione e controllo dei piani di
marketing annuali e a lungo termine relativi ai prodotti del brand di cui è responsabile. Un product manager sviluppa
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una forte competenza circa il prodotto e il mercato di riferimento; lavora a stretto contatto con diverse figure
professionali esterne e interne all'impresa, perciò deve possedere elevate competenze relazionali e di coordinamento.
Il category manager (che corrisponde al senior marketing manager) è responsabile del costo economico di una intera
linea di prodotti. Ha il compito di garantire uno sviluppo armonico delle diverse marche che una impresa può avere
all'interno di una linea di prodotti.
Per implementare il piano di marketing le imprese possono ricorrere a diverse tipologie di raggruppamento
operativo basate sulle linee di prodotto, oppure funzionali, per area geografica o per mercato servito. Nelle imprese più
grandi, diversi criteri di raggruppamento possono coesistere a diversi livelli.

Per implementare un programma di marketing viene elaborata la lista delle azioni, nella quale vengono stabiliti i
compiti, le persone responsabili per ciascuno di essi, la data entro cui realizzarli. Questa lista verrà poi distribuita a tutte
le persone coinvolte, di modo che ognuno conosca i propri compiti e le scadenze entro cui realizzarli.
Vengono redatte anche delle tabelle di marcia che mostrano le relazioni che si instaurano tra i vari compiti. Servono a:
- fissare i compiti principali
- stabilire i tempi per la loro realizzazione
- organizzare le attività per rispettare le scadenze
- stabilire le responsabilità per la realizzazione di ciascun compito
Uno strumento utile per la gestione della tabella di marcia è il diagramma di Gantt, che permette di individuare le
attività che devono essere svolte in maniera sequenziale e quelle che possono essere svolte contemporaneamente.

3.4 Controllare: verificare e monitorare i risultati


La fase di controllo ha l'obiettivo di verificare che il programma di marketing si sviluppi nella direzione desiderata.
Il marketing manager deve quindi confrontare i risultati del programma di marketing con gli obiettivi prestabiliti per
individuare le divergenze, correggendo poi quelle negative e sfruttando quelle positive.
Il divario di pianificazione è la differenza fra le vendite che l'impresa otterrebbe utilizzando un nuovo piano e i
risultati previsti con il piano già in uso. L'obiettivo ultimo del programma di marketing è colmare questo divario.
La fase di controllo si basa sul concetto di gestione per eccezioni, che consiste nell'individuare tutti i risultati incoerenti
rispetto agli obiettivi stabiliti nel piano di marketing, per comprenderne le cause e applicare misure correttive idonee.
Gli obiettivi, però, non si misurano solo in base ai profitti generati dalle vendite, ma anche in termini di soddisfazione del
cliente, velocità di risposta al mercato (time to market) e motivazione della forza vendita.

Per valutare l'efficacia dei piani di marketing è utile ricorrere a una microanalisi delle vendite, che consiste
nell'analizzare i risultati ottenuti rispetto a:
- caratteristiche del cliente
- caratteristiche del prodotto
- area geografica
- dimensioni dell'ordine o dello scontrino medio
- classe di prezzo o di sconto
- commissione per il rappresentante
Questo processo di analisi oggi è supportato da software specifici ma rimane fondamentale una collaborazione e
comunicazione adeguata tra l'ufficio marketing, quello di contabilità e quello dei sistemi informativi per evitare errori.
La microanalisi delle vendite è spesso utilizzata per realizzare l'analisi della redditività, che permette di identificare lo
specifico contributo dei diversi canali, delle aree geografiche o dei clienti a determinare il fatturato dell'impresa.

3.5 Linee guida per una pianificazione di marketing efficace


1 Stabilire obiettivi misurabili e raggiungibili.
2 Fondare il piano su fatti e presupposti validi. → attraverso la ricerca di marketing
3 Costruire piani semplici, chiari e specifici. → tutti i soggetti coinvolti devono sapere compiti, tempi e modalità
4 Costruire piani completi e realizzabili. → coerenza fra gli obiettivi e il budget
5 Costruire piani controllabili e flessibili.
6 Rendere noti gli obiettivi e i mezzi tramite cui raggiungerli.
7 Identificare un “campione” di prodotto o di programma. → una figura chiave con competenze strategiche e operative
che funge da elemento di coerenza tra tutte le azioni di marketing e le persone coinvolte
8 Premiare i successi. → riconoscimenti morali ed economici agli individui e ai team
9 Agire per superare la “paralisi da analisi”.
10 Incoraggiare il dialogo. → fra colleghi e collaboratori

● Appendice A – Costruire un piano di marketing efficace

Significati, propositi e destinatari


Il piano di marketing è la mappa che le attività di marketing di una organizzazione devono seguire durante un
determinato periodo di tempo. Non esiste un modello universale di piano efficace per tutte le organizzazioni e per tutte
le situazioni. Il piano si riferisce sempre a una precisa realtà e dipende dai seguenti elementi:
- I destinatari e gli obiettivi. Un piano destinato a un pubblico interno cercherà di stabilire la direzione delle future azioni
di marketing e sarà destinato a tutti quei membri dell'organizzazione che si dovranno occupare della sua
implementazione. Se il piano è destinato a un pubblico esterno, l'obiettivo sarà facilitare la raccolta di capitali; dovrò
contenere indicazioni circa gli obiettivi strategici dell'impresa, la sua focalizzazione e la struttura organizzativa.
- Il tipo di organizzazione e il suo livello di complessità. Il piano di una piccola impresa sarà semplice e mirato alla

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soddisfazione dei clienti di un mercato geograficamente circoscritto. Nel caso di una multinazionale sarà necessario
realizzare una gerarchia di piani di marketing a livello corporate, ASA e di prodotto.
- Il settore. Sia la piccola che la grande impresa analizzano lo scenario competitivo, ma relativamente ad ambiti molto
diversi: nel primo caso locale, nel secondo nazionale o internazionale. Inoltre la piccola impresa lavorerà su un orizzonte
temporale di breve e medio termine, mentre la multinazionale farà anche piani a lungo termine.

Il business plan è la mappa che l'intera organizzazione deve seguire durante un determinato periodo di tempo.
A differenza del piano di marketing, il business plan contiene anche valutazioni su tematiche come ricerca e sviluppo,
attività produttive e su tutto ciò che è rilevante per caratterizzare la struttura dell'organizzazione e il suo sviluppo.

Consigli per redigere un piano di marketing o un business plan di successo


• Il piano può essere lungo da 15 a 35 pagine, escluse le proiezioni finanziarie e le appendici.
• Usare uno stile diretto e professionale e un linguaggio di settore.
• Esporre i concetti in modo positivo e specifico, evitare i superlativi, usare i dettagli più che le generalizzazioni,
utilizzare le cifre.
• Utilizzare elenchi schematici che permettano di individuare subito i punti salienti.
• Utilizzare titolo di primo e secondo livello per facilitare il passaggio da un argomento all'altro.
• Utilizzare strumenti visivi in modo appropriato. Immagini, grafici, diagrammi.
• Fare molta attenzione al layout, al design e alla presentazione.

● Capitolo 4 – L'analisi competitiva


Ha l'obiettivo di analizzare le componenti strutturali e dinamiche dello scenario competitivo, affinché l'impresa possa
definire la strategia più adatta per conseguire un vantaggio competitivo duraturo, in base alle opportunità e alle minacce
dell'ambiente e ai propri punti di forza e debolezza.
Può riguardare un solo settore (inter-settoriale) o un confronto fra più settori (infra-settoriale).
Lo scopo può essere di tipo previsionale o diagnostico.
L'analisi competitiva previsionale serve a individuare fra più settori (o più posizionamenti in un settore) quello in cui
l'impresa ha maggiore probabilità di successo.
L'analisi competitiva diagnostica serve a verificare lo stato di salute del settore in cui l'impresa opera e la
difendibilità del proprio posizionamento, per valutare se è necessario modificarlo o cambiare settore.
Il percorso di analisi comincia con la selezione del settore in cui operare (infra-settoriale/previsionale), all'interno del
quale andrà individuato un posizionamento competitivo sostenibile (inter-settoriale/previsionale); bisognerà poi
monitorarne la sostenibilità per valutare la necessità di correzioni (inter-settoriale/diagnostico), e al tempo stesso si
dovrà prestare attenzione alle opportunità offerte da altri settori (infra-settoriale/diagnostico).
Il processo di analisi comprende 4 fasi:
1 analisi del macroambiente → fattori generali, cogliere i trend in atto, le loro potenzialità e minacce
2 analisi del settore → fattori specifici, identificare le caratteristiche strutturali e i vincoli
3 analisi della concorrenza → valutare le forze che possono minacciare l'impresa
4 analisi interna → identificare attività e risorse che garantiscono il successo dell'impresa

4.1 L'analisi del macroambiente


Serve a individuare le dinamiche più importanti in atto nei sistemi economici, politici e sociali in cui si opera. L'obiettivo
è identificare minacce e opportunità rilevanti per l'impresa.

1 Ambiente demografico
Importante per valutare le opportunità offerte dai mercati. Comprende l'analisi di trend quali crescita della popolazione,
tasso di natalità, flussi migratori, classi d'età, sesso ed etnia.

2 Ambiente economico
Comprende l'analisi di fattori quali andamento del PIL e del reddito disponibile, distribuzione della ricchezza,
propensione al consumo e al risparmio, tasso di inflazione. Serve a valutare lo stato di salute del mercato in cui si opera
e fornisce le informazioni necessarie in fase di budgeting.
Importante distinguere tra i concetti di reddito lordo, reddito disponibile e reddito spendibile.
Il reddito lordo è il totale delle entrate di un individuo o di una famiglia.
Il reddito disponibile è ciò che rimane dopo aver pagato le tasse.
Il reddito spendibile dipende invece dalla propensione al risparmio (la percentuale di reddito destinata al risparmio).

3 Ambiente fisico
È l'ambiente naturale e tutto ciò che si lega ad esso. L'impresa dovrà analizzare le possibilità di sfruttamento del
territorio, e al tempo stesso la necessità di preservarlo in una prospettiva di sviluppo sostenibile. Fornirà informazioni
sulla disponibilità di materie prime, le fonti di energia, le opportunità di sviluppo delle aree agricole e turistiche.

4 Ambiente tecnologico
Comprende le scoperte scientifiche, i progressi tecnologici e le loro applicazioni attuali e potenziali. Sono i fattori più
influenti in termini di portata innovativa. Per esempio il commercio elettronico ha avuto un notevole impatto sulle
dinamiche competitive di molti settori, soprattutto nei servizi. Le tecnologie di rete hanno influenzato tutte le attività e
le funzioni aziendale; oggi vengono utilizzate per numerosi scopi, tra cui il monitoraggio delle vendite, la condivisione
delle informazioni all'interno dell'azienda, la comunicazione in tempo reale con i fornitori, la gestione dei dati contabili.

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Oltre a Internet, le imprese sono sempre più spesso dotate di reti Intranet (utilizzate all'interno dell'organizzazione) ed
Extranet (che permettono all'impresa di comunicare direttamente con fornitori, distributori, agenzie pubblicitarie ed altri
partner).

5 Ambiente politico-istituzionale
Riguarda l'attività di enti e istituzioni che rappresentano la collettività nel suo complesso (governo, Stato, enti locali) o
particolari gruppi di individui (partiti, sindacati, associazioni dei consumatori). Per l'impresa hanno particolare
importanza gli interventi di politica economica e sociale del governo, il sistema legislativo e la regolamentazione dei
mercati, poiché possono generare sia barriere all'ingresso in certi settori, sia nuove opportunità in altri mercati.

6 Ambiente socio-culturale
Riguarda i valori, le credenze, le norme morali, gli stili di vita diffusi in una data società. Sono elementi fondamentali per
gestire in modo ottimale le relazioni fra l'impresa e il suo mercato, e per dare senso e personalità alle marche che
identificano i prodotti di una impresa. Le marche, infatti, non sono più solo semplici nomi o segni che consentono di
identificare un prodotto, ma elementi immateriali che lo connotano con valori e comportamenti, permettendo di
arricchire, al di là dell'aspetto funzionale, il beneficio trasferito ai consumatori.

4.2 L'analisi di settore


Serve ad identificare i vincoli che l'impresa dovrà affrontare e capire quali azioni sono possibili e quali convengono.
Il modello più noto per l'analisi di settore è chiamato Struttura-Condotta-Performance (SCP). Esso si basa sul
presupposto che i risultati che le diverse imprese ottengono (performance) sono funzione delle caratteristiche strutturali
dell'ambiente in cui operano (struttura) e del loro modo di operare (condotta). Le variabili che permettono di analizzare
un settore sono:
1 la forma di mercato
2 le barriere all'entrata e alla mobilità
3 la struttura dei costi
4 le possibilità di integrazione verticale
5 il livello di internazionalizzazione

4.2.1 La forma di mercato


Consiste nelle modalità di interazione competitiva fra le imprese di un dato settore, le quali dipendono dalla loro
numerosità, dal potere di condizionamento reciproco e dal grado di differenziazione del prodotto.
I modelli di riferimento sono:
- CONCORRENZA PERFETTA → elevato numero di imprese, nessuna di loro influenza il livello dei prezzi.
- MONOPOLIO → una sola impresa soddisfa tutta la domanda e decide il prezzo con cui farlo.
- OLIGOPOLIO → un numero ridotto di imprese che competono ciascuna tenendo conto delle mosse dei rivali; se il
prodotto è differenziato si parla di oligopolio differenziato, altrimenti è un oligopolio puro.
- CONCORRENZA MONOPOLISTICA → elevato numero di imprese, ognuna delle quali offre un prodotto differenziato che
la rende unica; a seconda dell'esito della competizione si avvicina più al monopolio o alla concorrenza perfetta.

La definizione delle forme di mercato si basa sul grado di differenziazione del prodotto e al livello di concentrazione
del mercato (la numerosità delle imprese). Con una offerta frammentata o polverizzata (poca concentrazione) il mercato
si ripartisce fra molte imprese e nessuna è in grado di influenzarlo. Quando l'offerta è molto concentrata, poche imprese
sono presenti sul mercato e le loro decisioni ed azioni hanno importanti ripercussioni sulle dinamiche competitive.
Il livello di concentrazione di un settore può essere calcolato attraverso due indici:
- l'indice di Herfindal-Hirschman → sommatorie delle quote di mercato di tutte le imprese elevato al quadrato.
- il rapporto di concentrazione CR4 → sommatoria delle quote di mercato delle prima quattro aziende del settore.

4.2.2 Barriere del settore


Sono quei fattori che limitano le possibilità di movimento delle imprese in rapporto alle loro strategie.
Si distinguono le barriere all'entrata, alla mobilità, all'uscita, di ridimensionamento.
Barriere d'entrata (rendono difficile l'ingresso in un dato settore) e alla mobilità (impediscono all'impresa di spostarsi
verso altri segmenti all'interno dello stesso settore) → costi elevati per l'investimento iniziale; necessità di brevetti e
licenze; difficoltà di accesso alle materie prime o ai canali distributivi.
Barriere di uscita e di ridimensionamento (ostacolano la riduzione o la cessazione dell'attività in un determinato
settore) → impegni morali e contrattuali verso gli stakeholder; vincoli imposti dall'autorità; difficoltà di recuperare il
valore degli investimenti; alto livello di integrazione verticale; mancanza di capacità alternative.

4.2.3 Struttura dei costi


I costi totali di una impresa comprendono costi fissi e costi variabili.
Quando sono maggiori i costi fissi, la struttura dei costi è rigida, perché i costi totali sono poco sensibili alle variazioni di
volumi di vendita. Al tempo stesso al crescere dei volumi, il costo medio diminuisce (economie di scala). L'impresa
punterà allo sviluppo rapido di volumi, ottenibile tramite politiche di prezzo aggressive.
Quando predominano i costi variabili, la struttura dei costi è flessibile; all'aumento dei volumi i costi totali aumentano
molto, mentre i vantaggi delle economie di scala sono meno consistenti.
Una struttura di costi rigida può costituire una difesa contro la potenziale minaccia di nuovi entranti, ma può essere un
rischio nei casi di recessione economica.
Il raggiungimento del punto di pareggio sarà più rapido in una struttura di costi flessibili; tuttavia una volta raggiunto il
bep, il margine di profitto è maggiore in una struttura di costi rigida. Perciò una struttura flessibile è più adatta a
situazioni in cui i volumi di vendita sono ridotti; nel caso di grandi volumi è preferibile una struttura rigida, che offre
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maggiori potenzialità di profitto.

4.2.4 Possibilità di integrazione verticale


L'opportunità di realizzare una integrazione a monte o a valle può portare una serie di vantaggi come riduzione dei costi,
un miglior controllo della catena del valore, una maggiore vicinanza al consumatore, vantaggi commerciali e fiscali.

4.2.5 Il livello di internazionalizzazione


La concorrenza negli scenari globali spinge le imprese che vi operano a impegnarsi al massimo nello sviluppo della
tecnologia e nel conseguimento di economie di scala.

4.3 L'analisi della concorrenza


Si compone di 4 sottofasi:
1 Identificazione dei concorrenti
2 Identificazione della strategia dei concorrenti
3 Valutazione dei punti di forza e di debolezza dei concorrenti
4 Valutazione della capacità di reazione dei concorrenti

4.3.1 Identificazione dei concorrenti


Bisogna considerare la concorrenza sotto tre prospettive: di settore, di mercato, allargata.
Concorrenza DI SETTORE → imprese che offrono prodotti con un elevato grado di sostituibilità, misurabile in base
all'elasticità della domanda: una elevata elasticità fra due prodotti fa sì che l'aumento di prezzo di uno porti a un
aumento della domanda dell'altro.
Concorrenza DI MERCATO → imprese che realizzano prodotti che soddisfano bisogni simili.
Concorrenza ALLARGATA → include tutti i fattori competitivi il cui effetto determina la remunerazione a lungo termine
del capitale investito. Tali fattori possono essere individuati e sintetizzati tramite il modello delle cinque forze di Porter;
le fonti di minaccia per l'impresa quindi non vengono solo dai concorrenti attuali, ma anche dai potenziali entranti,
dai prodotti sostitutivi, dai clienti e dai fornitori. L'insieme di queste cinque forze costituisce il concetto di
concorrenza allargata.

1 Concorrenti attuali
Il livello di tensione concorrenziale dipende da fattori come la forma di mercato, il grado di concentrazione, il tasso di
crescita della domanda, la struttura dei costi, le opportunità di differenziazione e le barriere all'uscita.
Elevata concentrazione → maggiore tensione, dà maggiore possibilità di costruire un vantaggio competitivo.
Elevato tasso di crescita della domanda → bassa tensione, l'alta domanda permette a tutti di crescere.
Ridotti margini di profitto → maggiore tensione, bisogna puntare a grandi volumi di vendita.
Limitate opportunità di differenziazione → maggiore tensione, l'elasticità della domanda è maggiore.
I concorrenti attuali possono essere identificati a livello di settore o di mercato.

2 Potenziali entranti
Costituiscono una minaccia perché riducono le prospettive di profitto; inoltre potrebbero introdurre sul mercato una
innovazione tale da ledere il vantaggio competitivo delle imprese già presenti.
I potenziali entranti possono essere:
• aziende la cui entrata nel mercato rappresenta un percorso di sviluppo logico rispetto all'attività già svolta
(moda → accessori e cosmesi)
• aziende la cui entrata nel mercato costituisce fonte di sinergia rispetto all'attività attuale
(imbottigliamento latte → imbottigliamento succhi)
• aziende clienti o fornitrici che potrebbero integrarsi a monte o a valle
• tutte le aziende che possono superare le barriere all'entrata.

Le principali barriere all'entrata sono:


- economie di scala → un nuovo entrante deve iniziare producendo su larga scala per evitare svantaggi di costo.
- differenziazione e fedeltà alla marca → riducono il pericolo che il nuovo entrante sottragga quote di mercato.
- fabbisogno di capitali → alti investimenti necessari per avviare l'attività.
- costi di trasferimento (switching cost) → sforzo economico e psicologico del consumatore che cambia prodotto.
- accesso ai canali distributivi → difficoltà nel trovare canali di distribuzione.
- altre barriere → necessità di brevetti, particolari condizioni di acquisto, effetto esperienza.

3 Prodotti sostitutivi
La disponibilità di prodotti sostitutivi aumenta l'elasticità della domanda e costituisce quindi una minaccia.
Possono essere considerati sostitutivi tutti quei prodotti che, pur basandosi su tecnologie diverse, sono idonei a
soddisfare bisogni simili. Più è generica la definizione di un bisogno, più è ampia la sostituibilità.

4 Clienti
Se hanno un forte potere contrattuale possono costituire una minaccia alla profittabilità dell'impresa. Maggiore è questo
potere, maggiore è a riduzione di prezzo che possono ottenere. Il potere contrattuale dei clienti aumenta quando:
- la domanda di mercato è molto concentrata (pochi clienti che acquistano quantità elevate);
- i prodotti offerti sul mercato sono poco differenziati (alta sostituibilità);
- i costi di trasferimento per i clienti sono bassi (cambiare prodotto implica poco sforzo);
- il cliente è informato sulla situazione di mercato, sui prezzi e sulla struttura dei costi del fornitore.

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5 Fornitori
Costituiscono una minaccia se hanno elevato potere contrattuale che permette loro di imporre all'impresa prezzi più alti,
aumentandone i costi. Il potere contrattuale dei fornitori aumenta quando:
- il gruppo di fornitori è più concentrato di quello degli acquirenti;
- il fornitore non è minacciato dalla presenza di potenziali sostituti;
- il prodotto è altamente differenziato;
- l'impresa rappresenta un cliente marginale per il fornitore;
- il prodotto del fornitore è un mezzo di produzione importante per l'impresa cliente.

Altre fonti di minaccia


Sono costituite dalle barriere all'uscita, come: impianti specializzati che non possono essere riconvertiti; costi fissi legati
alla risoluzione dei contratti di lavoro; barriere emotive del management (orgoglio, lealtà verso i dipendenti).

4.3.2 Identificazione delle strategie dei concorrenti


I concorrenti a cui una impresa deve prestare maggiore attenzione sono quelli che appartengono allo stesso gruppo
strategico (= un insieme di imprese che si rivolgono allo stesso mercato obiettivo e applicano le stesse strategie).
L'analisi dei gruppi strategici è una tecnica finalizzata alla segmentazione della concorrenza. I criteri in base a cui
farlo, cioè le dimensioni strategiche in base a cui definire i gruppi strategici, sono molti. Per dimensioni strategiche si
intendono tutti quegli ambiti in cui l'impresa può agire per sfruttare le caratteristiche strutturali e dinamiche del settore
(quali mercati, quali prodotti, che integrazione e internazionalizzazione, che posizionamento...).
È necessario quindi identificare la posizione competitiva dell'impresa ed individuare le dimensioni strategiche più
importanti per il settore. La posizione competitiva è data dalle scelte fatte dall'impresa circa il prodotto da offrire e il
mercato da servire. Prodotto e mercato sono quindi le prime due dimensioni su cui avviare l'analisi dei gruppi
strategici.
Per tale analisi si utilizza una mappa della posizione competitiva.
L'asse verticale rappresenta la classificazione delle diverse tipologie di prodotto.
L'asse orizzontale rappresenta la segmentazione del mercato.
Questo tipo di mappatura permette di individuare quanto una impresa copre il mercato in modo estensivo o focalizzato,
e quali sono i concorrenti diretti nelle diverse posizioni competitive.
Oltre alla mappa è bene utilizzare altre matrici basate sulle variabili strategiche che descrivono il comportamento delle
imprese in un dato settore, come la mappa dei gruppi strategici, che permette una segmentazione delle imprese per
omogeneità di mercato servito , tipologia di prodotto e comportamento.
I concorrenti principali sono quelli che adottano le stesse scelte strategiche di fondo. Fra queste possiamo considerare
quelle relative alla fascia di prezzo e al livello di integrazione a valle (distribuzione in negozi multimarca,
monomarca, o reti in franchising).
Fascia di prezzo alta → elevata qualità
Fascia bassa → stile e qualità medi, contenimento dei costi
Integrazione limitata → meno rischi, ma necessità di sviluppare una rete commerciale
Integrazione elevata → maggiore vicinanza al mercato, migliore comunicazione, ma notevoli investimenti e rischi.

4.3.3 La valutazione dei punti di forza e di debolezza dei concorrenti


Gli elementi da prendere in considerazione sono molti e riguardano tutte le attività e le risorse delle singole imprese.
Un modo per identificare i punti di forza e debolezza dei concorrenti consiste nell'analisi della catena del valore dei
concorrenti (analizzando gli aspetti di marketing, produzione, organizzazione, finanza).

4.3.4 La valutazione della reattività dei concorrenti


Occorre infine valutare la capacità di reazione dei concorrenti, ovvero le possibilità e modalità con cui reagiscono
alle azioni competitive dell'impresa. Nei mercati reali (distanti dal modello monopolistico o di concorrenza perfette)
esiste un elevato livello di interdipendenza fra le imprese, perciò una azienda agisce sulla base delle azioni e previsioni
di reazione dei concorrenti. A seconda della modalità di reazione, i concorrenti si possono suddividere in:
• SCARSAMENTE REATTIVI → rispondono raramente e con scarso vigore agli attacchi competitivi
• SELETTIVI → rispondono solo ad alcuni attacchi.
• REATTIVI → reagiscono in modo consistente a qualsiasi attacco.
• IMPREVEDIBILI → non manifestano regolarità, difficile capire se reagiranno, in che modo e con quale intensità.

4.4 L'analisi interna dell'impresa


Bisogna analizzare i processi, le attività e le risorse attraverso cui l'impresa realizza la propria offerta. È necessario
analizzare punti di forza e debolezza dell'impresa per capire come, date le caratteristiche dell'ambiente in cui opera,
essa possa evitare le minacce e sfruttare le opportunità.
Si passa quindi alla componente interna della strategia, che analizza la tecnologia produttiva e il suo sistema di
competenze. Gli obiettivi sono:
- individuare quale posizione competitiva può essere presidiata con maggiore successo;
- capire cosa fare per migliorare la performance su una posizione competitiva già presidiata.

4.1.1 L'individuazione delle risorse e delle competenze


Consiste nell'individuare attività e risorse che permettono all'impresa di migliorare la produttività o aumentare il potere
di mercato.
La catena del valore è l'insieme dei processi interni che permettono la costruzione dell'offerta (il termine “valore” è
riferito al punto di vista del consumatore). Serve a disaggregare i processi aziendali per individuare le attività
strategicamente rilevanti e valutarne i costi e i fattori di differenziazione esistenti o potenziali. Essa consente di
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evidenziare il costo e il contributo di ciascuna fase del processo di produzione e commercializzazione alla determinazione
del costo totale e del valore di mercato del prodotto. Il margine è la differenza tra il valore di mercato e i costi
sostenuti per svolgere ciascuna attività del processo.
Le attività della catena del valore si distinguono in:
• Attività primarie → quelle funzionali alla effettiva produzione e commercializzazione del prodotto:
- logistica in entrata (gestione flussi di materie prime e scorte)
- produzione (riduzione scarti, ottimizzazione capacità produttiva, possibilità customizzazione varianti)
- logistica in uscita (gestione consegne, ordini e scorte)
- marketing e vendite (branding e comunicazione, costruzione relazione con clienti, qualità forza vendite)
- servizi post-vendita alla clientela (assistenza, formazione clienti, riparazione, sostegno finanziario)
• Attività di supporto → permettono lo svolgimento delle attività primarie garantendone le realizzazione, la gestione e
il coordinamento:
- approvvigionamento (qualità e affidabilità di materie prime, componenti e processi di approvvigionamento)
- sviluppo della tecnologia (ideazione e sviluppo nuovi prodotti, miglioramento processi produttivi)
- gestione delle risorse umane (formazione del personale, stimoli e incentivi)
- attività infrastrutturali (costruzione della reputazione, definizione e diffusione della cultura organizzativa)
Le attività della catena del valore sono parte di un sistema interdipendente, si influenzano a vicenda. Sono fonte di
vantaggio competitivo se l'impresa riesce a realizzare una riduzione dei propri costi o ad aumentare il contributo
marginale di una o più attività nella costruzione del valore per il consumatore.

Il sistema del valore. L'impiego della catena del valore può essere esteso orizzontalmente ai concorrenti per creare un
benchmark delle proprie performance rispetto agli avversari. L'estensione può essere anche verticale a monte o valle, ai
fornitori o ai clienti, per valutare la possibilità di una integrazione verticale. Infine si può optare per un confronto
intersettoriale e valutare processi di diversificazione in settori in cui è possibile sfruttare le proprie competenze per
ottenere vantaggio competitivo.

4.4.2 La valutazione delle risorse


Il vantaggio competitivo duraturo e sostenibile, che si possa definire strategico richiede una superiorità sul mercato
dovuta a una condizione di unicità. Uno strumento per tale valutazione è il modello VRIO, che si basa su 4 fattori:
– V: il valore
– R: la rarità
– I: l'imitabilità
– O: l'organizzazione
Il concetto di valore riguarda le potenzialità di una risorsa dell'impresa nel rispondere a una opportunità o una minaccia
presente nell'ambiente. L'impresa si troverà in una situazione di:
• svantaggio competitivo, se non possiede risorse di questo tipo;
• parità competitiva, se la risorsa è presente nell'impresa ma anche nei concorrenti;
• vantaggio competitivo, se la risorsa ha un qualche grado di unicità.
Il vantaggio competitivo è temporaneo se i concorrenti possono imitarlo facilmente, sostenibile se la risorsa è
difficilmente imitabile/acquisibile dai concorrenti.

Il modello VRIO è di supporto all'analisi dello strategic-core (il cosiddetto segreto del successo di un'azienda).
In genere consiste in competenze di natura tecnologica, organizzativa o di marketing, e comprende:
- il possesso di risorse critiche
- la disponibilità di una tecnologia unica
- il consolidamento di core competence
- la capacità di apprendimento
- il goodwill dei consumatori
- le relazioni chiave.
Nell'analisi dello strategic-core, le attività della catena del valore vengono analizzate in termini di criticità, specificità,
replicabilità e potenziale di valore. L'azienda valuterà quindi quali attività può gestire internamente, quali affidare a
partner e quali conviene acquistare sul mercato. Le attività legate allo strategic-core dovrebbero essere sempre
presidiate direttamente.
L'analisi dello strategic-core consente di capire quale movimento nel sistema del valore ha un maggiore
potenziale strategico. I 4 percorsi strategici possibili sono:
• upstream strategy → integrazione a monte, miglioramenti tecnologici, nuovi prodotti.
• downstream strategy → integrazione a valle, differenziazione, nuovi mercati.
• horizontal strategy → penetrazione del mercato, acquisizione dei concorrenti.
• related strategy → diversificazione in altri prodotti/mercati

Le strategie orizzontali, più diffuse, sono quelle con il minor livello di rischio ma la minore portata innovativa.
Quelle verticali (upstream e downstream) impongono maggiori sforzi e rischi, ma promettono buoni risultati.
Quelle di diversificazione sono le più rischiose, ma spesso hanno la portata innovativa più elevata.

● Capitolo 5 – Etica, responsabilità sociale e marketing

5.1 Natura e significato dell'etica nel marketing


L'etica racchiude i principi e i valori morali che guidano le decisioni e le azioni di un individuo o di un gruppo, cioè le

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linee guida da seguire per agire correttamente e secondo giustizia in ogni situazione che presenti dubbi di carattere
morale.
5.1.1 Legalità ed etica nell'attività d'impresa
Bisogna distinguere fra comportamento legale e comportamento etico.
Mentre l'etica riguarda i principi e valori morali personali, le leggi sono l'insieme dei valori e degli standard di una
società che devono essere rispettati per non incorrere in sanzioni.
A chi opera nel marketing, l'etica indica i criteri e le modalità con cui impiegare le proprie competenze nella relazione
con gli stakeholder e nel loro interesse.
L'etica è una componente di ogni professione ed è fondamentale per il funzionamento delle imprese e delle economie di
mercato. È importante costruire rapporti di fiducia basati sulla cooperazione e sulla lealtà.
Secondo la stakeholder theory, al perseguimento del profitto deve affiancarsi l'attenzione per il ruolo che l'impresa
svolge nella comunità in cui opera: solo attraverso la soddisfazione di tutti gli stakeholder, l'impresa può ottenere
legittimazione sociale per operare sul mercato.
La piramide della responsabilità sociale di Carroll identifica in ordine crescente 4 livelli di responsabilità
dell'impresa:
• economica → fare profitti (base)
• legale → rispettare la legge (secondo livello)
• etica → avere un codice etico (terzo livello)
• filantropica → essere un buon cittadino-impresa (cima)
Secondo Carroll, la responsabilità sociale dell'impresa, RSI (CSR – Customer Social Responsibility) si concretizza in
programmi sociali ed ambientali. Tuttavia ha poco valore se non rientra in una forte dimensione etica che dia coerenza a
tutti i comportamenti aziendali. La RSI praticata in maniera superficiale è destinata a fallire, infatti oggi ci si interroga di
più sull'etica degli affari (business ethics) e su quali debbano essere i fondamenti morali dell'agire d'impresa.
L'organizzazione deve avere un codice etico definito e condiviso, in modo che le strategie di RSI influenzino i
comportamenti aziendali e si concretizzino in un insieme coerente di iniziative.
I valori guida etici sono importanti per il successo dell'impresa, in quanto permettono di costruire rapporti di fiducia con
gli stakeholders attraverso la soddisfazione delle loro aspettative.
Spesso di parla di bad companies in riferimento a quelle imprese che operano in settori eticamente controversi, come
quelli del tabacco, dell'alcol, della pornografia, delle armi. Ci si domanda quindi se sia necessario definire “cattive” tutte
le imprese di quei settori, o se sia possibile fare distinzioni in base all'effettivo comportamento.
Oggi molte imprese fanno informazione sui temi dell'etica e mettono in atto un audit interno del comportamento per
migliorare la performance allineando le politiche aziendali con i valori condivisi.
La funzione dell'internal ethical auditor prevede:
- l'analisi dei rischi etici
- la verifica dell'integrità dei comportamenti etici d'impresa
- il controllo dei sistemi atti ad assicurare il rispetto delle politiche
- la verifica delle attività dell'azienda
- la misurazione della performance etico-sociale dell'impresa.
Un ulteriore strumento per misurare il comportamento etico è il bilancio etico-sociale.
Una conseguenza importante è la triple bottom line affianca al risultato economico indicazioni che riguardano gli effetti
sociali e l'impatto ambientale delle attività prodotte.

5.2 Le determinanti dell'eticità delle azioni di marketing


Nel pianificare e mettere in atto azioni di marketing bisogna tenere conto di una serie di fattori legati ai sistemi culturali
della società, del settore economico, dell'impresa e dell'individuo, in particolare:
1 Norme e cultura condivisa
2 Cultura e pratiche d'impresa
3 Cultura organizzativa
4 Morale individuale e condotta etica

5.2.1 Norme e cultura condivisa


La cultura è l'insieme di valori, idee e atteggiamenti che sono appresi e condivisi fra i membri di un gruppo sociale.
Essa definisce degli standard morali per quella società, che possono essere in contrasto con quelli di altre. Da essi deriva
il sistema legislativo che a sua volta influenza il comportamento economico e sociale di imprese e individui. Questi
aspetti, soprattutto in un contesto globale, possono dare origine a dilemmi etici. Le differenze di norme e culture
possono dare origine anche a controversie legali difficili da risolvere, non solo fra diverse culture ma anche con
subculture interne a una società.

5.2.2 Culture e pratiche d'impresa


La cultura di impresa (business culture) definisce le regole del gioco, il confine fra comportamento competitivo e non
etico, i codici di condotta nella pratica del business, sia nelle relazioni con gli stakeholder che con i concorrenti. La
violazione di condotta etica comprende pratiche come la corruzione, l'insider trading e la collusione nelle politiche di
prezzo.
▪ Etica dello scambio. Una condotta etica nelle transazioni tra azienda e acquirente si traduce in genere in un
vantaggio di lungo periodo per entrambe le parti. La correttezza delle relazioni commerciali, nel sistema legislativo
italiano ed europeo è regolata dalla disciplina che tutela la concorrenza e i diritti del consumatore. Inoltre esistono
associazioni di categoria o dei consumatori che vigilano ed operano su questo fronte.
La tutela del consumatore riguarda i temi della:
- sicurezza (impedire la presenza sul mercato di prodotti pericolosi o realizzati con materiali nocivi → marchio CE,
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controlli sull'origine e la qualità degli alimenti);
- corretta informazione (il diritto del consumatore di essere informato in modo corretto, trasparente e completo,
affinché il suo comportamento d'acquisto non venga pregiudicato).
La legislazione antitrust deve garantire la libera concorrenza e il corretto funzionamento del mercato.
L' IAP (Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria) impone ai suoi associati di emettere una comunicazione corretta.
▪ Etica della concorrenza. In merito all'etica nelle relazioni fra imprese, i temi più importanti sono:
- spionaggio industriale → raccolta clandestina di informazioni riservate sull'attività di un concorrente, riguardanti la
produzione, l'organizzazione o altri dati sensibili per il suo successo sul mercato; è illegale.
- corruzione → cessazione di denaro o di oggetti di valore al fine di indirizzare le decisioni e le azioni di un soggetto
influente a proprio vantaggio; è molto diffusa anche nelle relazioni con la pubblica amministrazione.

5.2.3 Cultura organizzativa


(Corporate culture) è l'insieme di valori, idee, atteggiamenti appreso e condiviso fra i membri di un'organizzazione.
Non va confusa con la cultura d'impresa (business culture). È veicolata in modo sia tacito che esplicito.
In modo tacito emerge dal modo di lavorare, dal linguaggio, dall'abbigliamento.
In modo esplicito può essere formalizzata nel codice etico (o carta dei valori), un documento che mostra principi etici
e regole di condotta a cui tutti i membri dell'organizzazione devono ispirarsi e fare riferimento nel loro lavoro.
Violazioni del codice etico possono però verificarsi in maniera involontaria. Le norme, infatti, sono spesso astratte o
ambigue e portano a dubbi sulla eticità o meno di una qualche azione aziendale.
In altri casi le violazioni possono essere attuate volontariamente dagli individui per ottenere vantaggi economici.
O ancora, violazioni della condotta etica possono essere generati da top manager che forzano i collaboratori ad azioni
immorali, i quali vengono puniti se si rifiutano di compierle. Per questo si diffondono sempre di più normative a tutela
dei whistle-blowers, cioè i dipendenti che denunciano casi di violazione della legge e dell'etica da parte di colleghi o
superiori.
Per chi lavora nel marketing, un valido riferimento è il codice etico dell'American Marketing Association, i cui valori
etici sono: onestà, responsabilità, correttezza, rispetto, trasparenza, senso civico.

5.2.4 Morale individuale e condotta etica


La morale di un individuo si forma attraverso l'educazione formale, i processi di socializzazione e l'ambiente di lavoro.
È quindi possibile che all'interno dell'organizzazione sorgano conflitti fra individui che hanno principi morali diversi.
La definizione esplicita di un codice etico è quindi utile anche per permettere agli individui di valutare se l'appartenenza
a una data impresa è compatibile con i propri valori.

5.3 Responsabilità sociale e marketing


La responsabilità sociale delle organizzazioni implica che esse siano concepite come parte di una collettività e che i loro
comportamenti siano basati su un'esplicita assunzione di responsabilità.

5.3.1 Le dimensioni della responsabilità sociale


- Responsabilità di profitto → massimizzazione degli utili per gli azionisti. Si tratta di sfruttare al meglio le risorse a
disposizione e di conseguire i profitti più elevati stando alle regole del gioco.
- Responsabilità verso gli stakeholder → obblighi dell'impresa nei confronti di clienti, dipendenti, fornitori,
distributori, poiché vi è un rapporto di interdipendenza per il raggiungimento degli obiettivi.
- Responsabilità verso la società → obblighi nei confronti dell'ambiente e della collettività. Queste tematiche sono
promosse da enti, associazioni e gruppi di interesse.
Il marketing ambientale (green marketing) si basa su una forte attenzione alle implicazioni ambientali dei
processi di produzione e dei prodotti che l'impresa offre. Il progetto ISO 14000 (ideato dalla International
Standard Organization di Ginevra) ha l'obiettivo di promuovere il marketing ambientale attraverso una serie di
standard per la qualità e le pratiche di marketing che hanno validità a livello mondiale.
La responsabilità verso la collettività ha dato vita alla pratica del cause related marketing, cioè raccolte fondi
per scopi umanitari o per progetti di interesse collettivo. Una parte del ricavo della vendita del prodotto viene
destinato all'iniziativa scelta, e ciò coinvolge direttamente anche l'acquirente. Questo collegamento permette di
distinguere il CRM dalle comuni donazioni a fini benefici.

5.3.2 L'audit sociale: andare bene facendo del bene


Consiste in una valutazione sistematica degli obiettivi, delle strategie e delle performance in termini di responsabilità
sociale. Spesso i programmi di marketing e di responsabilità sociale sono integrati. L'audit sociale può dividersi in 5 fasi:
1- individuare le aspettative sociali di un'azienda e della logica tramite cui concretizzare la responsabilità sociale;
2- individuare cause o programmi socialmente utili coerenti alla missione dell'azienda;
3- individuare priorità ed obiettivi organizzativi per i programmi e le attività da realizzare;
4- definire la tipologia e l'ammontare delle risorse necessarie per raggiungere gli obiettivi;
5- valutare i programmi e le attività di responsabilità sociale già intrapresi e le azioni future.
Lo sviluppo sostenibile prevede che un'azienda sia gestita nel rispetto dell'ambiente.
Le aziende che si distinguono per responsabilità sociale godono della stima dei consumatori e registrano risultati
economici migliori rispetto a quelli di aziende meno responsabili

5.3.3 Etica e responsabilità sociale del consumatore


Anche i consumatori dovrebbero agire eticamente nel processo d'acquisto e nell'utilizzo dei prodotti, ma questo non
sempre avviene, e ciò ha un impatto negativo sulle imprese perché genera costi. Alcuni esempi di comportamenti
scorretti: reclami presentati oltre i termini stabiliti, rimborsi fraudolenti di buoni sconto, restituzione fraudolenta della
merce, manomissione dei contatori, riproduzione illegale di file multimediali, denuncia di danni fittizi. Tali comportamenti
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gravano sulle imprese aumentandone i costi, ciò si traduce in aumenti dei prezzi, con effetti negativi sui consumatori.
Anche l'acquisto di prodotti che offrono garanzie ambientali e il loro uso corretto dipendono dalla responsabilità sociale
del consumatore.

● Capitolo 6 – Il comportamento del consumatore

6.1 Il processo di acquisto del consumatore


Il processo decisionale d'acquisto (o processo d'acquisto) comprende 5 fasi:
1 Percezione del problema
2 Ricerca di informazioni
3 Valutazione delle alternative
4 Decisione di acquisto
5 Comportamento post-acquisto

6.1.1 Percezione del problema: esistenza di un bisogno


In questa prima fase, il consumatore riconosce una differenza fra una situazione ideale e quella reale, la quale genere in
lui uno stato di bisogno o desiderio che lo motiva ad agire. Il marketing può agire su questa fase attraverso la
pubblicità o il personale di vendita, evidenziando le caratteristiche dei propri prodotti che risultino desiderabili per il
consumatore poiché i beni che lui o la concorrenza possiedono non le hanno.

6.1.2 Ricerca di informazioni: la ricerca del valore


La seconda fase permette al consumatore di identificare in modo più chiaro il problema e le modalità di risoluzione,
perché: fornisce i criteri in base ai quali effettuare l'acquisto; individua le marche che soddisfano tali criteri; sviluppa nel
consumatore la percezione del valore.
In primo luogo egli effettuerà una ricerca interna facendo riferimento alle esperienze già avute con determinati
prodotti o marche. Questo tipo di ricerca è sufficiente da sola nel caso di prodotti ad alta frequenza d'acquisto.
Quando invece il consumatore non possiede adeguate conoscenze ed esperienze su una data categoria di prodotto, la
ricerca interna andrà integrata con una ricerca esterna, di cui le principali fonti sono:
- fonti personali (parenti e amici)
- fonti pubbliche (organizzazioni che valutano i prodotti, come associazioni per i consumatori e programmi televisivi)
- fonti commerciali (info fornite dalle imprese: pubblicità, siti web, addetti alle vendite, promozioni, dimostrazioni)

6.1.3 L'analisi delle alternative: la valutazione del valore


Avviene sulla base di criteri di valutazione, cioè caratteristiche funzionali e simboliche associate a una categoria di
prodotti, che il consumatore utilizza per confrontare le diverse marche ed individuare l'alternativa più adatta.
Il ruolo del marketing in questa fase è comprendere quali sono i criteri più rilevanti per la scelta, e in base ad essi
modificare le caratteristiche del prodotto e della comunicazione in modo da offrire il miglior value for money (rapporto
qualità/prezzo).
Tra tutti i prodotti disponibili sul mercato, il consumatore seleziona quelli che rispondono ai suoi criteri, i quali andranno
a comporre l'insieme considerato (consideration set), per poi individuare fra questi il prodotto che meglio di tutti
risponde alle sue esigenze.

6.1.4 Decisione di acquisto: l'acquisizione del valore


Il consumatore dovrà quindi decidere dove e quando acquistare il prodotto.
La scelta del punto di vendita dipende da diversi fattori quali la disponibilità del prodotto (assortimento), le condizioni
di vendita (prezzi, modalità di pagamento), eventuali politiche di reso, assistenza. In alcuni casi le caratteristiche del
punto vendita possono essere così importanti da portare il consumatore ad acquistare un prodotto diverso da quello
inizialmente scelto, solo perché viene venduto in un negozio che pratica condizioni più vantaggiose.
La scelta del momento d'acquisto dipende da fattori come la presenza di saldi e promozioni, l'efficacia del personale di
vendita, un bisogno urgente, scarso tempo a disposizione, disponibilità finanziarie.
Internet ha avuto grande impatto su questa fase del processo d'acquisto e sulle due precedenti.

6.1.5 Comportamento post-acquisto: il consumo del valore


Dopo l'acquisto, il consumatore valuta l'adeguatezza del prodotto rispetto alle proprie aspettative. Se non è soddisfatto,
ciò può dipendere da carenze del prodotto o da aspettative troppo alte. Nel primo caso bisognerà rivedere le
caratteristiche del prodotto. Nel secondo, l'impresa deve verificare che le attese eccessive non siano dovute a una
comunicazione non corretta, ed eventualmente correggerla. Va anche considerata l'ipotesi che il consumatore non
sappia utilizzare correttamente il prodotto; in questo caso un'azione di comunicazione appropriata o un servizio di
customer service possono risolvere il problema.
Gestire la soddisfazione di un cliente è fondamentale per fidelizzarlo. Un cliente insoddisfatto può generare un
passaparola negativo per l'impresa. Per questo le imprese investono sempre più risorse nel monitoraggio del
comportamento post-acquisto e offrono servizi di raccolta e gestione dei reclami.
Un altro aspetto importante è la possibilità di una dissonanza cognitiva, cioè il dubbio circa l'adeguatezza della
propria decisione. Un consumatore può non essere pienamente convinto della superiorità del prodotto scelto, e cercare
quindi (consapevolmente o meno) segnali che lo convincano di aver fatto la scelta migliore, come conferma da parte di
consumatori, conoscenti o pubblicità.

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6.1.6 Coinvolgimento e percorsi di scelta
La durata e complessità di un processo di acquisto dipende dal grado di coinvolgimento, il quale dipende dal tipo di
prodotto, dalla situazione, dalle caratteristiche del consumatore. Il coinvolgimento dipende dal significato personale,
sociale ed economico che il consumatore attribuisce all'acquisto e quindi dal rischio (personale, sociale, economico) che
il consumatore associa ad una scelta errata. Un acquisto a coinvolgimento elevato riguarda prodotti che: hanno un costo
elevato; possono avere conseguenze a livello personale; possono influenzare la propria immagine sociale.
Più alto è il rischio, più il consumatore cerca info.
A seconda del grado di complessità dell'acquisto, il processo decisionale del consumatore può distinguersi in 3 situazioni
base:
• Problem solving esteso → il consumatore segue tutte le 5 fasi del processo d'acquisto, cerca molte info esterne,
valuta tutte le possibili alternative. Acquisti ad alto grado di coinvolgimento.
• Problem solving limitato → prodotto non complesso ma non del tutto banalizzato, ricerca info tramite fonti
personali.
• Problem solving di routine → prodotto poco costoso, ad acquisto frequente, basso coinvolgimento; poco tempo
dedicato al processo d'acquisto.

6.1.7 Coinvolgimento e differenziazione di marca


Assael propone un'altra classificazione dei comportamenti d'acquisto, in cui al livello di coinvolgimento viene associato
anche il grado di differenziazione percepita fra le marche. Individua 4 diversi comportamenti d'acquisto:
1 Complesso → alto coinvolgimento ed elevata differenza percepita fra le marche. Prodotti costosi, ad acquisto
saltuario, ritenuti importanti per il soggetto. Problem solving esteso.
2 Volto a ridurre la dissonanza → alto coinvolgimento ma bassa differenza percepita fra le marche. Prodotti ad
acquisto saltuario e difficoltoso. Processo d'acquisto rapido, basato su convenienza di prezzo, di tempo, di luogo.
Fase post acquisto importante per la ricerca di conferme.
3 Abituale → basso coinvolgimento e bassa differenza percepita fra le marche. No ricerca info, no valutazione
alternative. Problem solving limitato o di routine.
4 Volto alla ricerca della varietà → basso coinvolgimento ma elevata differenza percepita fra le marche. Numerosi
confronti per trovare novità. Acquisto per curiosità o voglia di sperimentare.

6.1.8 Influenze situazionali


Hanno un ruolo importante nel processo d'acquisto. Le variabili situazionali sono 5:
- la finalità dell'acquisto (consumo personale o regalo, che quindi influenza il rapporto fra acquirente e altra persona)
- l'ambiente sociale (le persone presenti durante l'acquisto possono influenzare la decisione)
- l'ambiente fisico (atmosfera, musica, affollamento)
- il fattore tempo (momento della giornata, tempo a disposizione)
- la situazione antecedente (stato d'animo, denaro a disposizione)

6.2 Influenze psicologiche sul comportamento del consumatore


Comprendono: motivazioni, personalità, percezione, apprendimento, valori, convinzioni, atteggiamenti, stili di vita.
Sono molto utili nell'interpretazione del processo d'acquisto e nello sviluppo delle strategie di marketing.

6.2.1 Motivazione e personalità


▪ La motivazione è la forza che stimola un comportamento per la soddisfazione di un bisogno.
La piramide di Maslow identifica 5 classi di bisogni:
1 fisiologici → fondamentali per la sopravvivenza
2 di sicurezza → benessere fisico, autoconservazione
3 sociali → amicizia, amore
4 di autostima → realizzarsi, avere status e prestigio
5 di autorealizzazione → tutto ciò che garantisce la realizzazione di un individuo
Molti prodotti e marchi, attraverso aspetti funzionali e simbolici, sono in grado di soddisfare più bisogni insieme.
▪ La personalità influisce sui comportamenti determinando una regolarità nella risposta dell'individuo a situazioni simili
o che si ripetono nel tempo. I tratti sono le caratteristiche permanenti dell'individuo, che ne influenzano in modo stabile
il comportamento (timidezza, aggressività, sicurezza di sé). Inoltre l'analisi interculturale (cross-cultural analysis)
sostiene che gli individui presentino caratteristiche peculiare a seconda della nazionalità. I tratti della personalità sono
importanti per il marketing, in quanto portano ad esprimere preferenze di consumo diverse.
È importante considerare anche l'immagine di sé (self-concept), cioè il modo in cui una persona si vede e crede che gli
altri la vedano. Ogni individuo ha di sé una immagine reale (come si vede) ed una ideale (come vorrebbe essere visto).
Queste due immagini di sé trovano corrispondenza nei prodotti e nelle marche scelte; sono quindi molto importanti in
ogni processo d'acquisto, poiché l'acquisto stesso ci parla del consumatore.

6.2.2 Percezione
È il processo in base al quale l'individuo seleziona, organizza ed interpreta le informazioni contenute negli stimoli a cui è
sottoposto, per crearsi una raffigurazione coerente del mondo.
▪ Distorsioni della percezione.
Un consumatore è sottoposto quotidianamente a una grande quantità di stimoli, perciò metterà in atto un processo di
percezione selettiva, in base al quale seleziona le informazioni a cui prestare attenzione, valutando se è il caso di
comprenderle e memorizzarle.
L'esposizione selettiva si verifica quando l'individuo presta attenzione solo agli stimoli che reputa in sintonia con le
sue convinzioni ed i suoi atteggiamenti, ignorando quelli che non lo sono. Ciò accade nella fase post-acquisto per
risolvere la dissonanza cognitiva, ma può anche verificarsi nella fase di percezione del bisogno (fame → alimenti).
La comprensione selettiva consiste nell'interpretare le informazioni in modo coerente con i propri atteggiamenti e
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convinzioni.
La memorizzazione selettiva implica che i consumatori non conservino tutte le informazioni che ricevono in fase di
ricerca delle info nel processo d'acquisto. Le imprese dovranno quindi trovare il modo di favorire la memorizzazione
delle caratteristiche dei prodotti che offrono.
La percezione subliminale è un processo attraverso cui uno stimolo viene impresso nella mente del consumatore
senza che questi se ne renda conto. Fare leva sulla percezione subliminale pone evidenti problemi di etica.
▪ Rischio percepito
Riguarda l'incertezza del consumatore circa le possibili conseguenze negative dei suoi acquisti, in termini economici, di
salute, di immagine, o semplicemente di funzionamento ed efficacia. Più il rischio è elevato, più attenta ed estesa sarà
la ricerca di informazioni. Il rischio infatti deriva da una incertezza dovuta a una mancanza di informazioni.
Le aziende, per stimolare l'acquisto dei prodotti, sviluppano quindi strategie mirate a ridurre il rischio, come:
- ottenere certificazioni di qualità
- ottenere l'approvazione e il sostegno di persone influenti (testimonial)
- permettere al consumatore di provare il prodotto
- fornire dettagliate istruzioni per l'uso
- offrire garanzie (di sostituzione o riparazione)

6.2.3 Apprendimento
Comprende tutti quei comportamenti risultanti dalla reiterazione di una esperienza e dal ragionamento.
(Si apprendono quali fonti di info consultare, quali criteri di valutazione usare, come effettuare le decisioni d'acquisto.)

▪ Apprendimento comportamentale
È il processo tramite cui si sviluppano risposte automatiche a situazioni che si ripetono nel tempo.
L'individuo apprende dalla ripetizione di una stessa esperienza, in base a 4 variabili fondamentali:
• MOTIVAZIONE → il bisogno che spinge l'individuo ad agire in un determinato modo (individuazione del problema)
• STIMOLO → ciò che sollecita il consumatore (informazioni, pubblicità)
• RISPOSTA → l'azione che il consumatore compie per soddisfare la sua motivazione (acquisto)
• RINFORZO → la ricompensa, il vantaggio che ne trae (soddisfazione)
Nel marketing si utilizzano due concetti derivanti dalla teoria dell'apprendimento comportamentale:
- Generalizzazione dello stimolo → consiste nel generalizzare le risposte a fronte di stimoli simili; in base a ciò
l'impresa può decidere di utilizzare lo stesso brand name per i vari prodotti che commercializza.
- Discriminazione dello stimolo → si ha quando l'individuo è in grado di percepire le differenze fra stimoli simili e
organizza la propria risposta di conseguenza; le imprese, tramite la comunicazione pubblicitaria, cercheranno di
sviluppare questa competenza del consumatore a vantaggio dei propri prodotti.

▪ Apprendimento cognitivo
Avviene utilizzando processi mentali come il pensiero, il ragionamento e il problem solving; comporta quindi la creazione
di una serie di connessioni fra più idee, o l'adeguamento del proprio comportamento in base alle conseguenze di quello
altrui. Le aziende possono influenzare questa forma di apprendimento attraverso l'utilizzo ripetuto di una comunicazione
pubblicitaria in grado di correlare positivamente la marca del prodotto al beneficio che il consumatore può trarre
dell'utilizzo del bene acquistato.

▪ Brand loyalty
Consiste nell'atteggiamento favorevole verso una marca e nel suo acquisto ripetuto nel tempo. È il risultato del rinforzo
positivo di azioni precedenti e permette al consumatore di ridurre i rischi legati all'acquisto e di risparmiare tempo e
risorse. Esiste un legame molto stretto fra abitudini e brand loyalty.

6.2.4 Valori, credenze e atteggiamenti


Hanno un ruolo cruciale nell'influenzare le scelte di acquisto del consumatore, infatti molte imprese spendono ingenti
risorse per studiarli, al fine di costruire un atteggiamento positivo nei confronti della marca.
▪ Formazione dell'atteggiamento
L'atteggiamento è una predisposizione dell'individuo a rispondere in modo favorevole o meno a un oggetto o a una
classe di oggetti. Gli atteggiamenti di un individuo sono determinati dai suoi valori e dalle sue convinzioni. I valori, a
seconda del grado di specificità, possono essere valori fondamentali (di un popolo) o valori personali (dell'individuo).
Il marketing si concentra soprattutto sui valori personali, poiché sono quelli che determinano gli atteggiamenti
dell'individuo e l'importanza che egli attribuisce alle caratteristiche di un prodotto.
Anche le credenze sono importanti per la formazione dell'atteggiamento; sono le percezioni soggettive che il
consumatore sviluppa sulle caratteristiche di un prodotto o una marca. Sono determinate dall'esperienza, dalla
pubblicità e dal confronto con altre persone. Sono fondamentali, insieme ai valori, nell'orientare l'atteggiamento del
consumatore verso prodotti e marche.
▪ Variazione dell'atteggiamento
Per modificare gli atteggiamenti del consumatore, il marketing si serve di 3 metodi:
1 Modificare le credenze sviluppate su alcune caratteristiche della marca
2 Modificare l'importanza attribuita ad alcune caratteristiche
3 Aggiungere nuove caratteristiche al prodotto

6.2.5 Stile di vita


È il modello che l'individuo adotta nell'interazione con l'ambiente; comprende comportamenti e atteggiamenti circa l'uso
del tempo e delle risorse a disposizione, l'importanza che attribuisce ai diversi aspetti dell'ambiente sociale e l'immagine
che ha di sé e di ciò che lo circonda.
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La psicografia è un'area di studi interdisciplinare che permette di scoprire le motivazioni che spingono i consumatori ad
acquistare determinati beni o servizi e di tracciare profili di consumatori basati su opinioni, atteggiamenti, interessi e
caratteristiche sociodemografiche.
Un esempio di classificazione è il modello VALS.
- I consumatori motivati dagli ideali sono guidati da determinate convinzioni e principi; rientrano fra questi i thinkers
(“appagati”) e i believers (“credenti”).
- I consumatori motivati dalla realizzazione ricercano prodotti che comunichino il loro successo ai membri del gruppo
sociale di appartenenza o a cui aspirano; fra questi gli achievers (“arrivati”) e gli strivers (“aspiranti”).
- I consumatori motivati dalla libera espressione della propria personalità desiderano essere attivi socialmente e
fisicamente e amano la varietà e il rischio; fra questi gli experiencers (“sperimentatori”) e i makers (“pratici”).
- Esistono poi due gruppi a parte: gli innovators (“innovatori”) e i survivors (“lottatori”).
Ciascun gruppo ha specifiche preferenze circa i mezzi di comunicazione. Experiencers e strivers partecipano molto alle
chat room in rete; innovators, thinkers e achievers preferiscono leggere giornali di finanza e di attualità; gli
experiencers leggono giornali sportivi, i makers le riviste automobilistiche.

6.3 Influenze socioculturali sul comportamento del consumatore


Le influenze socioculturali si formano dai rapporti formali e informali che un consumatore intrattiene con altri individui;
influiscono sul suo comportamento d'acquisto attraverso l'influenza personale, il gruppo di riferimento, la famiglia, la
classe sociale, la cultura e la sottocultura.

6.3.1 L'influenza personale


Il consumatore è spesso influenzato dai punti di vista e dai comportamenti altrui. Gli aspetti più importanti sono:
▪ Leadership di opinione. L'opinion leader è colui che esercita sugli altri una influenza sociale diretta o indiretta.
Sono persone con un alto grado di conoscenza di alcuni prodotti, tanto che le loro opinioni influenzano le scelte altrui. È
importante per le aziende identificare gli opinion leaders, raggiungerli ed influenzarli. Alcuni scelgono personaggi famosi
come testimonial, altri utilizzano mezzi di comunicazione specifici per raggiungere gli opinion leaders di riferimento.
▪ Passaparola. È una delle più potenti ed autentiche fonti di informazione, poiché avviene fra amici o persone che
godono di fiducia reciproca. È fondamentale per le aziende favorire il passaparola positivo ed ostacolare quello negativo,
per esempio pubblicizzando un prodotto prima del lancio, oppure utilizzando slogan, musica e humor.
Il buzz è la pubblicizzazione di prodotti derivata dall'aver innescato uno scambio di opinioni e informazioni fra individui.
Quando si avvia un passaparola negativo, bloccarlo è difficile e richiede grandi risorse economiche. Alcune imprese
hanno istituito dei numeri verdi per limitarne la diffusione attraverso una corretta informazione e il contatto diretto.
Anche Internet ha contribuito ad aumentare il potere del passaparola attraverso chat, forum, siti web e banche dati.

6.3.2 Gruppo di riferimento


È quell'insieme di persone che influenza gli atteggiamenti, i comportamenti e quindi gli acquisti di un individuo.
I gruppi di riferimento rilevanti per il marketing sono 3:
1 Gruppo di appartenenza → di cui il consumatore fa parte
2 Gruppo di aspirazione → di cui il consumatore vorrebbe fare parte o con il quale vorrebbe essere identificato
3 Gruppo di dissociazione → da cui il consumatore vuole tenersi distante perché differente nei valori e comportamenti.

6.3.3 L'influenza della famiglia


La famiglia è l'unità sociale fondamentale. Per il marketing è importante conoscerne le caratteristiche sia quando si
considerano i bisogni dell'individuo, sia quando si analizzano acquisti destinati a tutto il nucleo. Le abitudini di consumo
acquisite in famiglia accompagnano l'individuo e influenzano le sue scelte anche quando si distacca dal nucleo di origine.
Il ruolo della famiglia è importante per il marketing in relazione a 3 temi (socializzazione, cvf, processo decisionale):
▪ Socializzazione al consumo → è il processo attraverso cui gli individui acquisiscono le capacità, le conoscenze e gli
atteggiamenti necessari per poter diventare consumatori.
▪ Il ciclo di vita della famiglia (CVF) → è la successione di fasi che una famiglia attraversa nel tempo, modificandosi.
Il passaggio da una fase a un'altra coincide con degli eventi cruciali come miglioramenti lavorativi, matrimonio, nascita
dei figli, distacco di questi, pensione. Passando a una nuova fase cambia la situazione economica della famiglia e quindi
anche i bisogni, le abitudini di consumo, le caratteristiche e i ruoli del processo decisionale. A seconda dello stadio
cambia la natura della domanda di beni e servizi, nonché il volume di spesa per alcuni di essi.

6.3.4 Il processo decisionale all'interno della famiglia


Le decisioni della famiglia si distinguono da quelle individuali perché il processo decisionale è congiunto e i ruoli sono
specializzati. Più che di famiglia si parla di nucleo familiare (household), di cui la famiglia è una sottocategoria.
Le famiglie possono essere distinte in:
- tradizionali (coppie sposate con figli)
→ nucleari (coppia sposata con uno o più figli)
→ estese (famiglie nucleari con almeno un parente in casa)
- non tradizionali (coppie sposate senza figli, coppie non sposate, genitori single con figli, etc).
Oggi il concetto di famiglia tradizionale coincide quasi totalmente con quello di famiglia nucleare. Lo scenario è reso più
complesso dall'aumento delle famiglie orizzontali, composte da coniugi già precedentemente sposati e dai rispettivi figli.
All'interno del nucleo familiare le decisioni d'acquisto sono spesso prese in accordo da più membri (processo decisionale
congiunto) o da un soggetto responsabile per gli acquisti (processo decisionale dominato da uno dei membri). Il
processo decisionale congiunto è tipico delle coppie che presentano un certo livello di istruzione.
I possibili ruoli (e quindi funzioni) che un membro della famiglia può assumere nel processo decisionale sono:
- iniziatore (raccogliere informazioni)
- influenzatore (esercitare un'influenza)
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- decisore (prendere una decisione)
- responsabile d'acquisto (acquistare)
- consumatore (utilizzare il prodotto).
Ogni membro può assumere una funzione diversa a seconda del prodotto da acquistare.
In Italia il comportamento di consumo ed acquisto delle famiglie è stato condizionato da 5 fenomeni principali:
reddito disponibile reale, propensione al risparmio, propensione a indebitarsi, ricchezza accumulata, tempo disponibile.

6.3.5 Classe sociale


L'espressione si riferisce alle divisioni permanenti e omogenee che si instaurano all'interno di una società fra individui
che condividono gli stessi valori, interessi e comportamenti. La classe sociale a cui un individuo appartiene viene definita
dal suo lavoro, dalla sua fonte di reddito e dal suo grado di istruzione. In genere i membri di una stessa classe sociale
hanno valori, atteggiamenti, convinzioni, stili di vita e comportamenti di acquisto simili. Una classe sociale bassa è più
orientata al breve periodo, più emotiva, si esprime in modi più concreti, non vede grandi opportunità di miglioramento
della propria condizione. Una classe sociale elevata è più orientata al futuro, alla realizzazione economica e personale,
utilizza concetti astratti. Le classi sociali sono utili per le imprese come base per la segmentazione dei consumatori.

6.3.6 Cultura e subcultura


La subcultura è un gruppo che, internamente a una società, ne condivide le principali caratteristiche ma possiede
tradizioni, abitudini e valori propri (es: gay, gruppi etnici, snow-boarders).

● Capitolo 7 – I mercati industriali e il comportamento d'acquisto delle imprese

7.1 I mercati e gli acquirenti industriali


Esistono mercati in cui l'acquirente non è il consumatore finale, ma un'altra organizzazione. Tali mercati sono:
- mercato industriale → le organizzazioni acquistano beni e servizi per impiegarli nella produzione di altri beni e
servizi da cedere a terzi (es. acquisto di materie prime da trasformare)
- mercato dei rivenditori → l'acquirente è un distributore che acquista i beni dalle imprese di produzione per poi
rivenderli al consumatore finale (es. negozio multimarca)
- mercato istituzionale → gli acquirenti sono le amministrazioni pubbliche e gli enti, i quali acquistano beni e servizi
per la produzione di servizi pubblici (es. computer per le scuole)
(Ci riferiremo a tutti e tre con il termine mercati industriali. La domanda è costituita dagli acquirenti industriali.)

7.2 Il comportamento di acquisto delle imprese


Il marketing business-to-business (B2B) è diverso da quello business-to-consumer (B2C).

7.2.1 Caratteristiche della domanda


• Obiettivi degli acquisti: supportare il ciclo produttivo (imprese), rivendere il prodotto (rivenditori), metterlo a
disposizione della collettività (istituzioni).
• Numero di potenziali acquirenti: è minore rispetto al b2c. Gli acquirenti sono pochi buyers (persone specializzate
negli acquisti delle organizzazioni).
• Dimensione degli ordini o degli acquisti: sono maggiori rispetto a quelli dei consumatori finali. L'acquirente
industriale avrà maggiore potere contrattuale nei confronti di un fornitore, rispetto a quello di un singolo consumatore.
• Domanda derivata: la domanda degli acquirenti industriali dipende da quella dei consumatori finali.
• Processo di acquisto professionale: un acquirente industriale è molto più esperto ed esigente rispetto a un
consumatore. Anche i criteri di valutazione dell'offerta sono più complessi. Il fornitore viene scelto in base a: prezzo
praticato; capacità di garantire la quantità richiesta; capacità di rispettare le scadenze richieste; competenze tecniche;
politiche di reso, risarcimento e garanzia; esperienze passate; capacità e qualità degli impianti di produzione. Spesso a
questi criteri si aggiunge la certificazione degli standard di qualità ISO 9000.
• Il reverse marketing: è un'insieme di azioni che riguardano il rapporto con il fornitore ed hanno l'obiettivo di
migliorare l'adeguatezza del fornitore alle esigenze dell'impresa, la quale gli comunica in modo diretto le caratteristiche
dei prodotti di cui necessita. È un'operazione possibile solo se l'acquirente industriale ha forte potere contrattuale ed
elevate competenze circa lo sviluppo del prodotto da acquistare.

7.2.2 Relazioni acquirente-venditore e collaborazioni industria-distribuzione


Il rapporto fornitore-cliente si basa su complesse dinamiche contrattuali e relazionali.
Gli aspetti di natura contrattuale riguardano la definizione dei tempi di consegna, prezzi e modalità di pagamento,
caratteristiche tecniche della fornitura, politiche di risarcimento o di reso.
Nel settore dei beni di largo consumo sono sempre più numerosi i casi di collaborazione industria-distribuzione;
essa si instaura quando acquirente e fornitore adottano obiettivi, politiche e procedure di cui beneficiano entrambi, con il
proposito di diminuire i costi o di aumentare il valore del prodotto offerto al consumatore finale. Le pratiche di
collaborazione hanno dato buoni risultati anche nelle politiche di CRM: le carte fedeltà e il rapporto diretto con il
consumatore forniscono al distributore informazioni sui bisogni del consumatore e sui comportamenti d'acquisto, che
verranno poi elaborate dai produttori.

7.3 Acquisti online nei mercati organizzativi


Lo sviluppo dell'e-commerce nel B2B ha raggiunto risultati superiori a quelli ottenuti nel mercato dei consumatori.

7.3.1 Rilevanza degli acquisti online nei mercati business-to-business


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Gli acquisti online nei mercati industriali sono particolarmente importanti per 3 ragioni:
- la possibilità di scambiare informazioni in tempo reale → è molto importante essere costantemente aggiornati circa
la disponibilità del prodotto, le sue caratteristiche tecniche, il prezzo, i termini di consegna.
- l'efficienza nella gestione degli ordini → l'utilizzo della rete permette di ridurre notevolmente i costi.
- le potenzialità di comunicazione → il web permette di ridurre i costi di marketing e le spese relative a vendite e
pubblicità, e di ampliare la base di clienti potenziali. Internet può essere utilizzato sia per scambi commerciali diretti tra
un venditore e un acquirente, sia per i mercati virtuali (e-marketplace) con più venditori e più acquirenti, sia per le aste.
7.3.2 E-marketplace: mercati industriali virtuali
Gli e-marketplace sono comunità commerciali online che consentono alle imprese acquirenti e venditrici di scambiare
in tempo reale informazioni, denaro, prodotti e servizi. Possono essere indipendenti ed accogliere più fornitori ed
acquirenti, o essere private, gestite da un fornitore (o acquirente) che si relaziona a più clienti (o fornitori).
Nel caso di comunità indipendenti, una terza parte neutrale fornisce una piattaforma commerciale in rete che permette
gli scambi a fronte del pagamento di un costo di iscrizione, di una tariffa al minuto o di una percentuale sul valore delle
transazioni. Questo tipo di e-marketplace è utile se sono presenti queste caratteristiche:
1 migliaia di acquirenti e venditori sparsi in tutto il mondo
2 volatilità dei prezzi, determinata dalle fluttuazioni della domanda e dell'offerta
3 rapidità di reazione, vista la mutevole natura delle offerte e la continua evoluzione delle tecnologie
4 facilità di confronto fra le varie offerte proposte dai fornitori.
Sono soprattutto le piccole imprese a usufruire di questo tipo di e-marketplace, in quanto consente loro di espandere la
base dei clienti e ridurre i costi. Le grandi aziende tendono invece a preferire piattaforme private che rappresentano
l'interesse dei loro proprietari.

7.3.3 Aste online nei mercati organizzativi


Le aste online sono sempre più diffuse; è un servizio che viene fornito da numerosi e-marketplace. Ne esistono 2 tipi:
• aste tradizionali → un venditore mette in vendita un articolo e invita i potenziali acquirenti a fare le loro offerte. Più
essi saranno, più saranno le offerte, quindi il prezzo tenderà al rialzo.
• aste inverse → un acquirente annuncia di voler acquistare un prodotto o servizio ed invita i potenziali venditori a fare
offerte. Più essi sono, più saranno le offerte, quindi il prezzo tenderà al ribasso. Sono molto vantaggiose per gli
acquirenti industriali, in quanto permettono loro di ridurre i costi di acquisto.
Gli elementi di criticità delle aste sono dovuti al fatto che tendono a privilegiare il ruolo dei prezzi, mettendo in ombra
altri importanti fattori, come la possibilità di costruire rapporti collaborativi che consentano di aumentare il valore di ciò
che viene scambiato.

● Capitolo 8 – Il mercato globale

8.1 Dinamiche del commercio mondiale

8.1.1 Flussi del commercio mondiale


I vari Paesi del mondo partecipano, in misura diversa, al commercio globale; tutti sono interessati da una crescente
interdipendenza dei flussi di esportazioni e importazioni, che condizionano la loro politica economica e le loro imprese.
Il commercio non implica sempre lo scambio di denaro con merci e servizi, dato che molti Paesi non hanno moneta
convertibile e molte imprese non dispongono della liquidità necessaria; è quindi necessario utilizzare anche altre forme
di pagamento. Il 15-20% del commercio mondiale viene svolto facendo ricorso alla permuta, cioè scambiando beni con
altri beni (baratto) anziché con denaro. È diffusa soprattutto in Europa Orientale, Russia e Asia.
Osservando il commercio mondiale in una prospettiva globale, le esportazioni e le importazioni costituiscono flussi
economici complementari; ogni Paese influisce sull'economia e sulla possibilità di commercializzazione degli altri.
L'interscambio con l'estero, generando economie di scala e dando ai diversi Paesi la possibilità di specializzarsi nella
produzione di ciò che sono in grado di fare in modo più competitivo, costituisce uno dei maggiori elementi di stimolo alla
crescita economica globale.

8.1.2 Vantaggio competitivo dei Paesi


In molti settori le imprese sono interessate da un fenomeno di concorrenza internazionale sia nei mercati esteri sia in
quello nazionale dove devono confrontarsi con aziende straniere. Inoltre alcuni settori sono dominati a livello mondiale
da imprese di una determinata nazionalità.
Porter spiega il concetto di vantaggio competitivo di un Paese attraverso 4 elementi chiave:
1 Condizioni relative ai fattori produttivi → la capacità di un Paese di trasformare le proprie risorse (naturali,
infrastrutturali, sociali, culturali) in un vantaggio competitivo. Olanda leader nel settore dei fiori recisi; Italia
settore artigianale e Made in Italy.
2 Condizioni relative alla domanda → le sue dimensioni e il suo livello di complessità. Giappone domanda esigente
ed informata nel campo dell'elettronica ha stimolato lo sviluppo del settore.
3 Settori industriali di supporto e correlati → fornitori di qualità che permettano di accelerare il processo di
innovazione. Germania leader nelle apparecchiature scientifiche grazie a fornitori ed ingegneri.
4 Contesto strategico, strutturale e competitivo → le modalità con cui vengono gestite e organizzate le imprese in
un determinato Paese; il livello di concorrenza interna. Italia affermatasi nelle calzature grazie alla forte
concorrenza interna.
Il vantaggio competitivo delle grandi aziende globali è da ricercarsi nel fatto che prima di imporsi sul mercato mondiale
si sono imposte su quello interno.

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8.2 Il marketing in un mondo privo di barriere
Il marketing globale è favorito dal fatto che con gli anni le barriere economiche vengono meno ormai in tutto il mondo.
Si configurano 4 tendenze:
- graduale declino del protezionismo economico (dazi)
- integrazione economica e libero scambio fra i Paesi (accordi)
- competizione globale fra aziende globali per clienti globali (concorrenza)
- sviluppo di Internet come nuovo spazio per il commercio globale (marketspace: internet)
8.2.1 Declino del protezionismo economico
Il protezionismo è una pratica che si fonda sulla costruzione di barriere all'ingresso delle imprese estere e dei loro
prodotti sul mercato nazionale. Lo scopo è proteggere le imprese nazionali per evitare che vengano indebolite dalla
concorrenza internazionale. Tuttavia è una pratica contraria ai principi di libera concorrenza, che non permette ai
consumatori di avvantaggiarsi di prezzi più bassi e di poter utilizzare le risorse rimaste in altri consumi che generano
nuova attività economica. Inoltre ritarda il confronto delle imprese nazionali con quelle estere, rallentandone lo sviluppo.
Le pratiche di protezionismo più diffuse sono i dazi doganali e il contingentamento.
I dazi sono imposte che lo stato applica sui prodotti importati per favorire i prodotti nazionali. Hanno un forte impatto
sul commercio mondiale e sui prezzi al consumo. Il dazio medio sui prodotti fabbricati nei Paesi industrializzati è del 4%.
I contingentamenti (o quote) sono restrizioni poste sulle quantità di prodotto esportabile o importabile. Vengono
stabilite e negoziate dai governi. Lo scopo è limitare l'acquisizione di quote di mercato da parte di imprese estere, a
vantaggio delle imprese locali e dell'economia nazionale. Il contingentamento va però a svantaggio del consumatore,
poiché limita la presenza di concorrenti che offrano il prodotto a prezzi più bassi.
Ogni Paese attua una qualche forma di protezionismo, ma negli ultimi cinquant'anni questa pratica è diminuita,
soprattutto in seguito alla sottoscrizione dell'Accordo Generale sulle Tariffe e sul Commercio Estero (GATT), un
trattato internazionale che ha l'obiettivo di limitare le barriere commerciali e promuovere il commercio mondiale
attraverso la riduzione delle tariffe.
Nel 1995 i maggiori Paesi industrializzati del mondo hanno fondato l'Organizzazione Mondiale per il Commercio
(WTO, World Trade Organization) per far fronte alle sfide poste dal commercio internazionale. Ne fanno parte 147 Paesi
fra cui l'Italia. Il WTO è una istituzione permanente che regola l'interscambio di beni e servizi fra i suoi stati membri e
ha potere decisionale nel risolvere le controversie commerciali.

8.2.2 Nascita dell'integrazione economica


Negli ultimi anni numerosi Paesi hanno sottoscritto accordi commerciali volti alla promozione del libero scambio fra gli
stati, per dare nuovo slancio alle economie nazionali. I 3 casi più rilevanti sono:
• Unione Europea (UE) → comprende 27 stati membri fra i quali non esiste più alcun tipo di barriera che ostacoli il
libero scambio. È un mercato unico, con un PIL totale superiore a quello degli Stati Uniti. 13 Paesi membri si sono anche
dotati di una moneta comune, l'euro, che ha rappresentato un grande vantaggio per il commercio poiché ha eliminato i
costi per il cambio delle valute e il rischio legato alla loro oscillazione. L'UE offre numerose opportunità di marketing,
dato che per i Paesi membri è possibile operare su un ampio mercato con le stesse modalità con cui lo si può fare a
livello nazionale. L'Unione ha stimolato anche strategie di marketing europee, favorite dall'armonizzazione degli
standard per i prodotti e il packaging (pacchetti), da ridotte restrizioni nella regolamentazione di trasporti, pubblicità e
promozioni, e dall'eliminazione di quasi tutte le tariffe che gravavano sui prezzi. (es. dentifricio Colgate stessa formula,
confezione e prezzo in tutta Europa). In più l'apertura delle frontiere ha permesso di distribuire le merci in tutta Europa
a partire da un minor numero di stabilimenti.
• Accordo Nordamericano di Libero Scambio (NAFTA) → ha permesso di eliminare molte barriere commerciali
esistenti fra Canada, Messico e Stati Uniti. Ha stimolato i flussi commerciali e il movimento di capitali e investimenti fra
gli stati membri, nonché una distribuzione e produzione transfrontaliere.
• Accordi Asiatici di Libero Scambio → ovvero gli sforzi per liberalizzare il commercio in Asia Orientale. Gli accordi
raggiunti sono meno formali rispetto a quelli dell'UE e del NAFTA, ma hanno comunque portato a una riduzione dei dazi
doganali rilanciando il commercio.

8.2.3 Una nuova realtà: concorrenza, imprese e consumatori globali


La diffusa caduta di barriere economiche ha portato allo sviluppo di una concorrenza globale fra imprese globali per
consumatori globali.
▪ Concorrenza globale. Si instaura fra imprese che concepiscono, producono e commercializzano prodotti e servizi su
scala globale. I settori più interessati sono quelli automobilistico, farmaceutico, dell'abbigliamento, elettronico,
aerospaziale e delle telecomunicazioni. In risposta a questa concorrenza globale si diffondono fra le imprese rapporti di
cooperazione che portano ad alleanze strategiche volte al raggiungimento di obiettivi comuni.
▪ Imprese globali. Sono classificabili in 3 tipologie (tutte presenti in più Paesi con sedi amministrative, produttive e
commerciali -le filiali o consociate- ma diverse nell'orientamento ai mercato globali, nelle strategie e nel marketing):
- INTERNAZIONALI → operano in più Paesi e le loro strategie di marketing sono un'estensione di quelle che attuano a
livello nazionale.
- MULTINAZIONALI → concepiscono il mondo come diviso in mercati unici e differenti gli uni dagli altri. Si servono di una
strategia di marketing multilocale con prodotti, marche e comunicazione diversi da Paese a Paese.
- TRANSNAZIONALI → concepiscono il mondo come un singolo mercato, concentrandosi sugli aspetti culturali comuni ai
diversi Paesi e sui bisogni e desideri universali, piuttosto che sulle differenze. Adottano una strategia di
marketing globale con attività di marketing standardizzate in presenza di tratti culturali comuni e adattate
solo in presenza di differenze significative. È un approccio vantaggioso in quanto permette di sfruttare le economie di
scala sia nell'attività di produzione sia in quella di marketing. Le strategie di marketing globale sono molto diffuse
fra le imprese che vendono prodotti sul mercato internazionale (es. attrezzature per l'edilizia), ma si stanno
diffondendo anche fra chi produce beni di consumo (es. bibite, orologi, giocattoli, cosmetici, fast-food). Si parla
quindi di marca globale, cioè una marca che viene venduta in più Paesi con programmi di marketing simili e coordinati
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a livello centrale. Le marche globali prevedono una stessa formula di prodotto o servizio, offrono ai consumatori gli
stessi vantaggi e vengono pubblicizzate nello stesso modo; tuttavia possono essere anche concepite appositamente
per determinati Paesi o culture, facendo ricorso all'adattamento solo quando necessario, per mettere i
consumatori di mercati diversi nella condizione di riconoscere la marca (es. McDonald's stessa immagine ma
adattamenti).
▪ Consumatori globali. Sono quei gruppi di consumatori, situati in diversi Paesi del mondo, che presentato gli stessi
bisogni o che ricercano nei prodotti caratteristiche e vantaggi simili. Si stanno formando una classe media, un mercato
dei giovani e un segmento elitario ognuno dei quali utilizza una serie di beni e servizi uguali per tutti, a prescindere
dall'area geografica in cui ci si trova. Questi segmenti hanno uno stile di vita che denota una cittadinanza globale. Un
caso emblematico di segmento globale è la MTV generation, composta da giovani di diversi Paesi, lingue e culture che
condividono modo di esprimersi, stile di vita e di consumo.

8.2.4 Lo sviluppo di Internet con nuovo spazio per il commercio globale


L'utilizzo sempre più diffuso di Internet mostra come sia grande il suo potenziale di promozione del commercio
mondiale. Il vantaggio offerto da un marketspace globale in rete è la possibilità di scambiare merci, servizi e
informazioni dalle imprese ai clienti ovunque essi si trovino, in qualsiasi momento e a basso costo. Inoltre dà alle
imprese la possibilità di raggiungere potenziali acquirenti in tutti i continenti; quelle che sono riuscite a sfruttare questo
vantaggio gestiscono numerosi siti nazionali in varie lingue (es. Nestlé, 53 siti in 20 lingue).

8.3 Valutare i fattori ambientali a scala globale


Un'impresa che opera in uno scenario globale deve analizzare con attenzione 3 variabili ambientali che possono
variare nei diversi Paesi: ambiente culturale, economico, politico-legislativo.

8.3.1 La diversità culturale


L'analisi interculturale consiste nello studio delle similarità e differenze fra i consumatori di diverse aree geografiche o
società. Si fonda sulla comprensione di valori, usanze, simboli e linguaggi delle altre società.
▪ Valori. I valori di una società determinano le modalità di condotta, a livello personale e sociale, ritenute accettabili in
una data comunità. Influenzano atteggiamenti, credenze e abitudini di consumo.
▪ Usanze. Rappresentano un modo di vivere o di agire diffuso o ammesso in un determinato gruppo sociale e possono
variare in modo significativo. Riguardano anche i comportamenti non verbali degli individui nei diversi gruppi sociali.
▪ Simboli culturali. Rappresentano idee o concetti e hanno un ruolo fondamentale nell'analisi interculturale, in quanto
culture diverse attribuiscono diversi significati alle stesse cose. La semiotica si occupa di studiare la corrispondenza fra i
simboli e il significato che viene loro attribuito. Usando i simboli culturali, le imprese globali possono legare simbolismi
positivi ai loro prodotti e marche al fine di accrescerne l'attrattiva per i consumatori. In questo modo si evitano anche gli
effetti negativi dovuti a un uso improprio dei simboli. I simboli culturali possono evocare anche sentimenti profondi,
bisognerà prestare cautela nell'utilizzarli per non provocare risentimenti dei consumatori. Il Paese d'origine stesso dei
prodotti può talvolta simboleggiare una qualità superiore o inferiore (Made in Italy / Made in China).
▪ Lingua. Le imprese globali devono conoscere le lingue dei Paesi in cui commercializzano i propri prodotti, nonché le
sfumature e gli idiomi di una lingua. Inglese, francese e spagnolo sono le lingue principalmente usate nella diplomazia e
nel commercio globale, ma il miglior modo per comunicare con i consumatori è usare la loro lingua. Bisogna poi prestare
attenzione in quanto si possono verificare significati non intenzionali relativi a nomi di marca e messaggi, che possono
talvolta risultare assurdi. Molte imprese usano la tecnica della back translation, cioè una parola o frase tradotta viene
trasposta nuovamente nella lingua originale da un interprete differente per individuare eventuali distorsioni del
significato. L'importanza della lingua nel marketing aumenta sempre più in considerazione di un mondo senza frontiere.
▪ Etnocentrismo culturale. È la tendenza dei popoli a considerare i propri valori, usanze, simboli e lingua superiori a
quelli di un'altra; rappresenta una minaccia per il marketing globale. In molti Paesi esistono gruppi che disapprovano i
prodotti importati semplicemente a causa del Paese d'origine. Il consumo etnocentrico consiste nella tendenza a
credere che sia inappropriato e immorale acquistare prodotti fatti all'estero, nella convinzione che ciò danneggi le
aziende nazionali e sia fonte di disoccupazione. Questo fenomeno rende il compito delle imprese globali ancora più
difficile.

8.3.2 Considerazioni economiche


Il marketing globale è influenzato anche da considerazioni di tipo economico. Nell'analisi bisogna includere:
1 uno studio comparativo dello sviluppo economico dei differenti Paesi; 2 una valutazione dell'infrastruttura economica;
3 una misura della ricchezza; 4 previsioni sui tassi di cambio della valuta di un Paese.
1- Grado di sviluppo economico. Si identificano due gruppi principali:
- Paesi sviluppati, caratterizzati da economie miste. Prevalgono le aziende private, ma c'è anche un forte settore
pubblico. Stati Uniti, Canada, Giappone, Europa Occidentale.
- Paesi in via di sviluppo, caratterizzati da una fase di transizione da un'economia agricola a una industriale.
Comprendono 2 sottogruppi: quelli che hanno avviato da poco il processo di industrializzazione (Brasile, Cina, Polonia,
Sud Africa) e quelli che rimangono legati a un'economia preindustriale (gli standard di vita sono più bassi e basati su
un'economia di sussistenza. Afghanistan, Tanzania, Sri Lanka).
2- Infrastrutture economiche. Ovvero i sistemi finanziari, di comunicazione, di trasporto, di distribuzione di un
Paese. Sono importanti nel valutare l'opportunità di entrare in un mercato estero. Alcune infrastrutture che nel Nord
America o in Europa occidentale sono considerate uno standard minimo, in altre aree del mondo sono carenti o
inesistenti. Anche il diverso sistema legale e finanziario può rappresentare un ostacolo al commercio globale.
3- Reddito pro capite e potere d'acquisto. La somma dei redditi di tutti i cittadini di una nazione costituisce il
reddito nazionale, mentre la media dà il reddito pro capite. Il reddito mondiale è dato dalla somma dei redditi di tutti i
Paesi. Il potere d'acquisto può essere espresso attraverso il reddito medio pro capite dei consumatori di una certa
area economica, ma tenendo anche conto di come il reddito è ripartito fra i diversi gruppi di individui; esso infatti è
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distribuito in modo disomogeneo sia fra i Paesi sia all'interno di ciascun Paese. La crescita dei redditi nei Paesi in via di
sviluppo dell'Asia, America Latina ed Europa dell'Est darà un sicuro impulso al commercio mondiale in quanto aumenterà
il loro potere d'acquisto e quindi la circolazione di capitali. Il potere d'acquisto varia anche nel corso del tempo a causa
dell'inflazione, cioè la crescita dei prezzi. In Italia, per calcolare l'inflazione, l'istituto centrale di statistica (ISTAT)
utilizza principalmente 3 indici: 1 indice dei prezzi all'ingrosso (dei prodotti scambiati fra imprese); 2 indice dei prezzi
al consumo (dei prodotti scambiati fra imprese e consumatori); 3 indice del costo della vita (dei prodotti consumati
da una famiglia tipo in base a un paniere aggiornato periodicamente).
4- Tasso di cambio. Esprime il prezzo di una valuta in rapporto ad un'altra. Le fluttuazioni nei tassi di cambio fra le
valute mondiali sono importanti nel marketing globale; commettere errori nello stimare l'andamento dei tassi al
momento della fissazione del prezzo dei prodotti destinati al mercato globale può avere conseguenze notevoli. Le
fluttuazioni dei tassi di cambio hanno un impatto diretto sulle vendite e sui profitti delle imprese globali.

8.3.3 Clima politico-legislativo


Monitorare l'ambiente politico-legislativo significa non solo identificare lo scenario attuale, ma anche prevedere quanto
a lungo durerà. Ciò implica un'analisi della stabilità politica di un Paese e del suo sistema di norme sul commercio.
▪ Stabilità politica. È influenzata da molti fattori, fra cui la posizione assunta dal governo nei confronti delle imprese
straniere e del commercio internazionale. In base a questi fattori il clima politico sarà più o meno favorevole agli
investimenti finanziari e di marketing. In una situazione di instabilità le imprese tenderanno a riorientare i propri
programmi di investimento verso Paesi che offrono maggiori garanzie di stabilità.
▪ Norme commerciali. Conoscere il sistema normativo che regola le pratiche commerciali è fondamentale per
comprendere i gradi di libertà disponibili all'interno del Paese obiettivo, per evitare sanzioni amministrative e penali
nonché i danni economici e di immagine che ne deriverebbero. Tuttavia un eccesso di regolamentazione delle attività
commerciali può costituire un deterrente per le imprese estere. Inoltre, in alcuni Paesi, la pubblicità di alcuni prodotti è
illegale.

8.4 Strategie di internazionalizzazione


Le strategie di ingresso nel mercato globale sono 4: esportazioni, licensing, joint venture, investimenti diretti.
Dalla prima alla quarta, crescono il livello di controllo sul mercato e le potenzialità di profitto, nonché l'impegno
finanziario e il rischio in caso di fallimento.

8.4.1 Esportazioni
Le esportazioni sono l'insieme di beni e servizi prodotti all'interno di un Paese e destinati ad altri Paesi. Questa
strategia permette alle imprese di effettuare il minor numero di cambiamenti in termini di prodotto, organizzazione ed
obiettivi generali.
- Le esportazioni indirette sono realizzate tramite intermediari, comportano minori rischi e sforzi, ma possono anche
essere meno vantaggiose. Sono ideali per le imprese che vogliono commercializzare il proprio prodotto all'estero ma non
conoscono il mercato obiettivo e non hanno i contatti necessari.
- Le esportazioni dirette sono gestite direttamente dalle imprese. In genere questa strategia viene adottata quando
l'azienda ritiene di aver raggiunto un volume di vendite tale da giustificare lo sviluppo di una struttura commerciale
propria dedicata alle esportazioni. Comportano maggiori rischi rispetto a quelle indirette, ma anche maggiori profitti.

8.4.2 Licensing
Il licensing consiste nella concessione da parte di una impresa del diritto di utilizzare un suo marchio registrato, un suo
brevetto, un suo segreto industriale o altri importanti elementi che costituiscano proprietà intellettuale, dietro
pagamento di una royalty.
Esistono due tipologie di licensing: una riguarda l'intero ciclo di produzione, l'altra riguarda la sola fase di assemblaggio.
Il vantaggio per il licenziante (l'impresa che concede la licenza) è poter penetrare un mercato con pochi rischi e senza
dover effettuare investimenti diretti. Gli aspetti negativi riguardano il fatto che il licenziante rinuncia a controllare i
suoi prodotti, riducendo i potenziali profitti realizzabili. Inoltre è possibile che in futuro il licenziatario stesso diventi un
concorrente, modificando il prodotto ed entrando nel mercato grazie a conoscenze acquisite a spese del licenziante.
Perciò molte imprese si impegnano nell'innovazione continua, in modo da tenere il licenziatario in uno stato di
dipendenza. Va anche valutata la possibilità che il licenziatario non sia in grado di produrre in modo adeguato i prodotti
del licenziante, con effetti negativi sull'immagine di quest'ultimo.
In alternativa al licensing è possibile utilizzare il franchising, una delle più diffuse strategie d'ingresso nei mercati
internazionali.

8.4.3 Joint venture


Una joint venture viene costituita da un'azienda locale e una straniera che decidono di investire insieme in una nuova
attività locale. Le due aziende condividono proprietà, controllo e profitti dell'impresa creata.
I vantaggi sono principalmente due: il primo è che un'azienda da sola potrebbe non avere le risorse finanziarie, fisiche
o manageriali necessarie per poter entrare in un nuovo mercato; il secondo vantaggio riguarda l'esistenza di vincoli
all'investimento diretto. Infatti alcuni governi richiedono la creazione di una joint venture prima di consentire a
un'azienda straniera di entrare nel proprio mercato nazionale.
Gli svantaggi sono dovuti alla diversa cultura manageriale delle due imprese e ad eventuali controversie in merito alla
congruità dell'apporto dei partner all'iniziativa.

8.4.4 Investimenti diretti


Con l'investimento diretto l'azienda crea una filiale all'estero; è il modo più impegnativo e rischioso per penetrare il
mercato globale. Molte aziende scelgono questo tipo di strategia dopo aver già adottato una delle altre tre.
L'investimento diretto consente di risparmiare sui costi di intermediazione e di conoscere meglio le condizioni del
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mercato locale.

8.5 Costruire un programma di marketing globale


Dopo aver definito la strategia d'ingresso sui mercati internazionali, l'impresa deve pianificare, implementare e
controllare i suoi programmi di marketing globale. Per prima cosa cercherà di standardizzare i propri programmi di
marketing nei diversi paesi. Tuttavia ciò non sarà sempre possibile, e quando necessario i programmi dovranno essere
adattati per poter meglio trarre vantaggio dalle peculiarità di ciascun mercato.
8.5.1 Strategie di prodotto e di promozione
Le strategie del prodotto e della comunicazione si differenziano a seconda che l'azienda decida di utilizzare i propri
prodotti e messaggi in altri Paesi senza modificarli o che decida di adattarli.
Relativamente al prodotto l'impresa ha tre opzioni:
• estensione del prodotto → mantenerlo identico a quello venduto nel Paese d'origine. Funziona quando i consumatori
del mercato obiettivo dei vari Paesi presentano gli stessi desideri e bisogni ed utilizzano lo stesso prodotto.
• adattamento del prodotto → adattarlo alle peculiarità del mercato di destinazione. Si applica quando le preferenze
dei consumatori sono simili per certi aspetti ma differiscono per altri.
• creazione del prodotto → crearlo appositamente. Necessario quando le esigenze del mercato locale sono totalmente
diverse da quello di origine.
Per la comunicazione, l'ideale per l'impresa sarebbe poter mantenere invariati i messaggi, ottimizzando i costi di
ideazione delle campagne e garantendo la coerenza di immagine su scala globale. Tuttavia ciò non sempre è
consigliabile, e si può preferire la promozione di uno stesso prodotto con campagne di comunicazione diverse.
È poi possibile una modifica simultanea sia del prodotto che del messaggio promozionale.
Bisogna standardizzare le strategie di prodotto e comunicazione quando possibile, customizzarle quando necessario.

8.5.2 Strategia distributiva


La strategia di distribuzione dipende dal grado di sviluppo economico del Paese obiettivo, e quindi la presenza e
qualità delle reti distributive, l'efficienza del sistema dei trasporti, delle comunicazioni e delle strutture logistiche.
Ci sono diverse scelte di canale che l'impresa può adottare.
La prima è la distribuzione diretta: l'organizzazione centrale del venditore è responsabile della distribuzione.
Un'altra opzione prevede la collaborazione fra l'organizzazione del venditore e una o più organizzazioni distributive del
Paese di destinazione: i grossisti acquistano e rivendono il prodotto, gli agenti si limitano a facilitare lo scambio facendo
incontrare venditori ed acquirenti.
Una volta che il prodotto raggiunge il Paese estero, entrano in gioco i canali distributivi interni di quel Paese.
Con lo sviluppo delle infrastrutture economiche di un Paese cresce la complessità dei suoi canali distributivi; per
esempio in molti paesi i supermercati non sono ancora diffusi.
In molti casi le aziende possono optare per una strategia multicanale, che prevede il ricorso a più canali di diversa
lunghezza e complessità per ottimizzare gli sforzi distributivi.

8.5.3 Strategia di prezzo


Nel definire la strategia di prezzo bisogna tenere conto di eventuali vincoli legali, in particolare di quelli a garanzia
della concorrenza (antitrust). Se i prezzi praticati in un Paese sono troppo bassi l'azienda può essere accusata di
dumping e incorrere in sanzioni penali. Il dumping consiste nella vendita di un prodotto all'estero a un prezzo inferiore
a quello praticato sul mercato nazionale, con l'obiettivo di penetrare rapidamente il mercato obiettivo o di smaltire
stock.
Forti differenze nel prezzo di uno stesso prodotto in Paesi diversi possono portare alla formazione di un mercato
parallelo (grey market) o di importazioni parallele. Si tratta di situazioni in cui i prodotti vengono venduti attraverso
canali distributivi non autorizzati a prezzi inferiori rispetto a quelli consigliati dal produttore.

● Capitolo 9 – La ricerca di marketing: dall'informazione all'azione

9.1 Il sistema informativo di marketing (SIM)


Per poter cogliere le opportunità di mercato e predisporre azioni di marketing efficaci, i manager devono disporre di
informazioni complete ed affidabili sui clienti, i concorrenti, i canali di distribuzione, nonché sul proprio fatturato e i
relativi costi. Il sistema informativo di marketing (SIM) ha un ruolo fondamentale nel creare e diffondere conoscenza,
trasformando le informazioni disponibili in valore aggiunto.
Il sistema informativo di marketing è una struttura integrata e interagente di persone, attrezzature e procedure
finalizzata a raccogliere, classificare, analizzare, valutare e distribuire informazioni pertinenti, tempestive e accurate,
destinate a chi opera nel marketing. Tale struttura incorpora e utilizza tre tipi di informazione:
- dati e informazioni interni all'azienda (provenienti dalla contabilità, dalla produzione, dalla logistica o dalle vendite)
- eventi che concorrono a modificare le condizioni dell'ambiente di marketing (provengono dal mercato, dall'ambiente)
- informazioni derivanti dalle ricerche di marketing (indagini finalizzate alla ricerca approfondita del mercato).

9.2 Il ruolo della ricerca di marketing

9.2.1 Che cos'è la ricerca di marketing


La ricerca di marketing è il processo che, attraverso l'identificazione di un problema o un'opportunità, attraverso la
raccolta e l'analisi di dati rilevanti permette di pianificare le relative azioni di marketing; è quindi un importante
supporto alle decisioni aziendali. Permette di ridurre i rischi e l'incertezza per strutturare e rendere più efficace il
processo decisionale.

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Molte ricerche di marketing hanno a che fare direttamente con il consumatore (le sue caratteristiche) o con prodotti che
ancora non esistono. Ciò rende difficile per il ricercatore rilevare dati attendibili ed ottenere risposte affidabili. Si dovrà
quindi tenere conto della possibile divergenza fra le dichiarazioni fatte in fase di ricerca e i comportamenti effettivi. Per
ovviare a questo problema bisognerà scegliere la tecnica più adatta ed impiegarla in maniera accurata.
Manager e ricercatori adottano approcci di ricerca formali e strutturati, basati su 4 fasi: 1 definizione del problema;
2 sviluppo del piano di ricerca; 3 raccolta di informazioni utili; 4 analisi dei dati e definizione delle azioni di marketing.

9.3 Fase 1: definizione del problema


Prevede due momenti fondamentali: definizione degli obiettivi e identificazione della loro portata.

9.3.1 Definizione degli obiettivi della ricerca


Gli obiettivi sono i risultati concreti e specifici che si intende raggiungere attraverso la risoluzione di un problema. Nel
caso del marketing possono essere l'individuazione delle leve da usare per aumentare le vendite e i profitti,
l'identificazione dei bisogni dei consumatori, la comprensione delle cause di insuccesso di un prodotto.
A seconda degli obiettivi, esistono 3 tipi di ricerca di marketing:
•esplorativa → si usa quando un fenomeno è poco conosciuto e la definizione del problema è vaga, serve a chiarirli.
•descrittiva → si usa quando si vuole verificare la frequenza di un fenomeno o il legame che esiste fra due o più fattori.
•causale → serve a indagare i rapporti causa-effetto fra più fattori, per vedere quanto al cambiare di uno cambi l'altro.

9.3.2 Identificazione della portata degli obiettivi


Per capire se e quale contributo una ricerca è in grado di dare, l'impresa può utilizzare le misure del successo, cioè
criteri o standard in base ai quali valutare l'utilità dei possibili risultati delle diverse alternative a disposizione per la
soluzione di un problema. Serve per evitare di investire risorse in ricerche che non cambiano il processo decisionale a
cui devono contribuire. Le informazioni raccolte tramite la ricerca devono poter influire nel processo decisionale.
È quindi necessaria grande cura nella definizione degli obiettivi (né troppo ampi né troppo ristretti) e nella
prefigurazione delle possibili implicazioni del processo di ricerca. La definizione precisa del problema deve portare a una
proposta formalizzata della ricerca da effettuare: il piano di ricerca.

9.4 Fase 2: sviluppo del piano di ricerca


Prevede: 1 individuazione dei vincoli che limitano le attività di ricerca; 2 identificazione dei dati necessari per le decisioni
di marketing; 3 individuazione del metodo con cui raccogliere i dati.
I vincoli tipici delle ricerche di marketing riguardano soprattutto la disponibilità di risorse economiche e di tempo, e
vincoli esterni come le norme che tutelano la privacy.
Vanno poi definiti con precisione i dati da raccogliere, per evitare di impiegare risorse nel raccogliere informazioni che
non servono, o di ritrovarsi alla fine senza alcune informazioni necessarie.
Si passa poi a scegliere la modalità con cui raccogliere i dati.

9.4.1 Individuazione del metodo con cui raccogliere i dati


Nella scelta della modalità di raccolta dei dati, due elementi vanno specificati con cura: concept e metodi.
▪ I concept sono idee relative alle caratteristiche di un bene o servizio. Per esempio, per capire quale sarà la reazione
dei consumatori a un potenziale nuovo prodotto, si sviluppa un concept di nuovo prodotto, cioè una immagine o una
descrizione a parole del prodotto che si intende lanciare.
▪ I metodi sono tutti gli approcci che possono essere adottati per la raccolta e l'analisi delle informazioni della ricerca.
Due concetti importanti in merito sono i metodi di campionamento e l'inferenza statistica.
Il campionamento consiste nella selezione di un gruppo di persone ritenute rappresentative della popolazione.
Le modalità di campionamento sono 2:
- probabilistico → ha regole precise per la selezione del campione, tali da fare in modo che tutti gli elementi della
popolazione abbiano la stessa probabilità di entrare a far parte del campione.
- non probabilistico → la selezione è arbitraria e tende a far sì che sia più probabile che certi elementi facciano parte del
campione rispetto ad altri. Il campione, quindi, non è equamente rappresentativo della popolazione, ne sovra-
rappresenta una parte a scapito di un'altra. La non rappresentatività del campione a volte è funzionale alla ricerca, sia
perché è più semplice costruire il campione, sia perché potrebbe essere interesse del ricercatore dare più peso a una
parte della popolazione. Egli deve però essere consapevole delle limitazioni sulla generalizzabilità dei risultati.
L'inferenza statistica è l'estensione dei risultati ottenuti sul campione studiato all'intera popolazione che esso
rappresenta. Affinché il processo di inferenza sia attendibile è necessario che il campione sia rappresentativo dell'intero
universo di riferimento e che i risultati siano quindi generalizzabili, altrimenti si può incorrere in distorsioni che
porteranno a scelte di marketing sbagliate.

9.5 Fase 3: raccolta delle informazioni


Per procedere alla raccolta delle informazioni utili è necessario identificare le fonti e reperirle.
I dati che potremo raccogliere si dividono in due categorie: secondari (fatti, cifre e informazioni già disponibili perché
raccolte da altri); primari (fatti, cifre e informazioni raccolte appositamente per la ricerca in corso).

9.5.1 Dati secondari


A seconda che provengano dall'impresa o da altre fonti, si possono distinguere in interni ed esterni.
Dati secondari interni possono essere gli andamenti delle vendite, l'ammontare investimenti in ricerca e sviluppo, le
informazioni sui clienti raccolte tramite il customer-care.
I dati secondari esterni sono più variegati. In Italia si può ricorrere a quelli forniti dall'ISTAT (Istituto nazionale di
Statistica) e/o a quelli pubblicati nei rapporti periodici di organizzazioni come banche, università, centri di ricerca.
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L'Istat è un ente di ricerca pubblico ed è il principale produttore di statistica ufficiale. Il suo compito istituzionale è
quello di produrre e diffondere, attraverso i censimenti e le rilevazioni, informazioni che descrivono le condizioni sociali,
economiche e ambientali del Paese e i cambiamenti che avvengono in esso, con il vincolo del rispetto della privacy. Gran
parte dei dati Istat sono finalizzati all'informazione economica, ma negli ultimi anni le statistiche sociali hanno assunto
una importanza crescente. L'Istat è anche coinvolto nella costruzione del sistema statistico europeo.
Molte organizzazioni che operano nell'ambito delle ricerche di mercato forniscono alle imprese i dati di cui necessitano.
ACNielsen è l'azienda leader nel mondo nelle informazioni di marketing. Fornisce misurazioni e analisi degli andamenti
dei mercati e dei comportamenti ed abitudini dei consumatori in oltre 100 paesi.
I due principali vantaggi offerti dai dati secondari sono la rapidità con cui possono essere reperiti e il loro basso costo.
Tuttavia hanno anche dei limiti: possono non essere attuali o possono non essere del tutto adeguati per la ricerca che si
deve effettuare, essendo stati raccolti con altre finalità.

9.5.2 Dati primari


Esistono due modalità per raccogliere dati primari: osservare il comportamento degli individui o porre loro domande.
▪ Osservare i consumatori
I dati osservabili sono quelli ottenuti osservando (di persona o con dispositivi automatici) i comportamenti umani.
Un esempio sono i dati sull'ascolto televisivo raccolti dall'Auditel con il people meter. Tali informazioni consentono la
valutazione degli andamenti di ascolto e la profilazione socio-demografica del pubblico di un programma. L'attenzione è
quindi rivolta alla dimensione quantitativa e ad alcuni aspetti strutturali, cioè l'entità del consumo, la composizione
socio-demografica dell'audience, la correlazione tra offerta televisiva e tipologia di pubblico, la frequenza di fruizione.
La misurazione degli ascolti è alla base della pianificazione degli spazi pubblicitari. L'Auditel può stabilire il livello di
visibilità di uno spazio pubblicitario e fornire suggerimenti circa la fissazione del suo prezzo.
Altre società forniscono servizi simili. AGB fornisce valutazioni delle performance delle campagne pubblicitarie,
analizzando copertura, frequenza e indici di affollamento dei messaggi. Questi dati servono ad analizzare a posteriori gli
effetti della pianificazione di una campagna pubblicitaria.
MCS presta particolare attenzione al mercato pubblicitario e i suoi servizi si rivolgono in modo privilegiato ai media
planner delle agenzie di pubblicità. Fornisce valutazioni delle performance delle campagne e integra i dati sull'ascolto
televisivo con le ricerche sulla stampa (Audipress), sulla radio (Audiradio) e sui consumi (NSSI).
Un altro approccio per ottenere dati osservabili è il mystery client, una figura che si occupa di valutare il livello
qualitativo del servizio delle aziende operanti nella grande distribuzione, nella vendita al dettaglio e nei servizi. Il
mystery client si reca in un punto vendita simulando il comportamento di un cliente qualunque, osservando e valutando
l'atteggiamento del personale nei confronti della clientela. Al termine della visita, stende un rapporto in cui indica gli
aspetti monitorati, le eventuali disfunzioni e gli spunti per il miglioramento.
Osservare di persona i consumatori o registrarli su supporti audiovisivi rappresentano altri tipi di approcci.
Un altro esempio di osservazione è la ricerca etnografica, in cui antropologi ed esperti osservano ogni minima
reazione del consumatore verso i prodotti con cui entra in contatto nel suo ambiente naturale di utilizzo.
L'osservazione personale è un approccio molto utile e flessibile, ma è anche costoso e spesso porta alla raccolta di dati
difficili da validare, poiché influenzati dalla soggettività del ricercatore. Inoltre spesso non è facile capire i motivi dei
comportamenti rilevati. Per capire le cause di certi comportamenti sarà quindi necessario parlare con i consumatori.
▪ Chiedere ai consumatori
Vi sono diverse tecniche basate sulle dichiarazioni dei consumatori. Alcune di esse hanno finalità esplorative e
coinvolgono un numero limitato di individui, per raggiungere risultati dettagliati. Fra queste tecniche vi sono il
colloquio in profondità e il focus group. Nel colloquio in profondità un intervistatore esperto discute nel dettaglio
l'oggetto della ricerca con un soggetto alla volta, per comprendere con grande precisione opinioni, motivazioni e
atteggiamenti dell'intervistato circa un dato fenomeno. Il focus group è un incontro informale al quale partecipano da
6 a 10 individui che erano, sono o potrebbero diventare clienti di una azienda. Un moderatore gestisce l'incontro
chiedendo ai partecipanti opinioni sui prodotto dell'azienda e della concorrenza, sull'uso che ne fanno e su eventuali
bisogni che non soddisfano. L'atmosfera rilassata ed informale lascia emergere pensieri difficili da ottenere con
interviste individuali.
Altre tecniche hanno finalità di misurazione. Il ricercatore, per fini descrittivi o causali, raccoglie dati su uno specifico
oggetto di ricerca attraverso un numero elevato di individui. Questi dati in genere sono raccolti tramite un
questionario autocompilato (invio per corrispondenza) o somministrato dall'intervistatore (interviste personali o
telefoniche). Negli ultimi anni si è diffusa la somministrazione per e-mail, su Internet o su touch screen.
Nella scelta della modalità il ricercatore dovrà considerare il rapporto tra prezzo e qualità delle informazioni ottenute.
Le interviste personali hanno il vantaggio di permettere all'intervistatore una certa flessibilità nella formulazione delle
domande e l'osservazione delle reazioni dell'intervistato a determinati materiali; tuttavia sono molto costose.
Le indagini per corrispondenza hanno un costo basso, ma il tasso di risposta è influenzato dalle esperienze positive
o negative del consumatore con una marca o prodotto.
Le interviste telefoniche permettono flessibilità e hanno costo moderati, ma sono difficili da effettuare perché molti
soggetti rifiutano l'intervista.
Gli alti costi delle interviste a domicilio hanno portato a un aumento delle interviste personali condotte nei punti
vendita e nei centri commerciali, che hanno il vantaggio di essere realizzate nel momento in cui vengono fatti gli
acquisti e di essere flessibili.
È importante che le domande finalizzate alla ricerca di marketing siano formulate con grande precisione, in modo da
essere interpretate allo stesso modo da tutti gli intervistati e da evitare distorsioni di rilevazione.
Ci sono diversi tipi di domande: a risposta libera (permettono all'intervistato di esprimersi con parole proprie);
a risposta chiusa o multipla (l'intervistato sceglie una o più risposte fra quelle a disposizione); dicotomica (sì/no).
Nelle domande a risposta multipla, le risposte sono organizzate in base a una scala che può essere: di differenziale
semantico, ai cui estremi si trovano aggettivi di significato opposto e nel mezzo alcuni stadi intermedi; di Likert, in
cui l'intervistato indica il livello di accordo o disaccordo con quanto affermato nella domanda.
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9.5.3 Panel ed esperimenti
A volte l'osservazione e i questionari vengono utilizzati nei panel e negli esperimenti.
Il panel è un campione di consumatori o punti vendita che viene osservato dai ricercatori in modo continuativo per
rilevare eventuali cambiamenti nel comportamento dei consumatori.
Gli esperimenti sono realizzati per ottenere informazioni sulle reazioni dei consumatori quando vengono modificati uno
o più elementi dell'oggetto in analisi; avvengono in condizioni controllate per stabilire rapporti di causa-effetto. Si cerca
di verificare se cambiando una variabile indipendente muta anche il comportamento della variabile dipendente studiata.
Negli esperimenti di marketing le variabili indipendenti, dette driver costituiscono uno o più elementi del marketing
mix. La variabile dipendente ideale corrisponde di solito a un cambiamento negli acquisti di individui, famiglie o
organizzazioni. La difficoltà degli esperimenti sta nel fatto che fattori esterni (come le azioni della concorrenza) possono
falsarne i risultati e influire sulla variabile dipendente. Il ricercatore deve individuare l'effetto della variabile di marketing
di interesse sulla variabile dipendente anche quando è oscurata da fattori esterni.

9.5.4 Le tecnologie dell'informazione al servizio del marketing


La sempre maggiore diffusione delle tecnologie di elaborazione e diffusione dei dati ha creato la necessità di stabilire
strategie di gestione di tutte le informazioni ottenute su concorrenza, mercato e consumatori.
▪ Rappresentazione dei driver delle vendite
I driver di vendita sono le variabili indipendenti che influenzano le decisioni di acquisto di famiglie e organizzazioni
(prodotti, prezzo, pubblicità, distribuzione, promozioni, concorrenza, consumatori). In alcuni casi sono leve su cui
l'impresa può esercitare un'influenza, in altri sono al di fuori del suo controllo. L'analisi e l'interpretazione delle
informazioni relative alle variabili genera conoscenze utili a guidare le decisioni di marketing.
Le tecnologie informatiche e i software per l'analisi costituiscono un supporto fondamentale per i processi di raccolta,
archiviazione, gestione ed elaborazione di dati e informazioni. Tuttavia, le competenze statistiche del ricercatore sono
indispensabili per trasformare i dati in informazione, l'informazione in conoscenza e la conoscenza in azione.
▪ Elementi fondamentali di un sistema informativo
Ricercatori e manager utilizzano le tecnologie dell'informazione per produrre la conoscenza, attraverso un processo.
Il primo passo consiste nel cercare nel database del sistema informativo tutte le domande di marketing per le quali si
cerca una risposta. A tali domande vengono poi applicati modelli statistici che permettono di analizzare le relazioni
esistenti fra i dati. I database formano il data warehouse, cioè l'ambiente in cui vengono raccolti i dati dell'azienda. I
modelli statistici selezionano e associano i dati pertinenti alla ricerca, rappresentandoli in tabelle o grafici. Si può anche
ricorrere all'analisi di sensitività, che consiste nel porre domande ipotetiche per scoprire che cosa può cambiare in
termini di vendite il cambiamento di uno dei driver.
▪ Data mining: un nuovo modo di osservare i dati a disposizione
Ogni ricerca quantitativa dovrebbe coniugare due tipi di verifica a cui sottoporre le relazioni fra le variabili analizzate:
quella della validità teorica (la coerenza delle relazioni analizzate con una teoria di riferimento) e quella della validità
statistica (verifica dell'attendibilità dell'esistenza di queste relazioni).
L'approccio tradizionale nelle ricerche di marketing consiste in un processo di verifica delle ipotesi in cui la validità
teorica precede quella statistica: il ricercatore, sulla base delle conoscenze teoriche e dell'esperienza, ipotizza una
relazione fra più variabili e utilizza i dati e la statistica per verificare l'attendibilità dell'esistenza della relazione.
Un nuovo approccio è quello del data mining, in cui si rovescia il rapporto fra verifica teorica e statistica: si ordina al
software di analizzare i legami fra tutte le variabili, per individuare tutte le relazioni statisticamente significative; poi si
sottopongono le relazioni statisticamente valide alla verifica teorica, valutandone la coerenza rispetto a una teoria. Il
data mining consente di scoprire relazioni tra variabili non facilmente intuibili, ma esse devono essere correttamente
interpretate e ricondotte a un quadro teorico di riferimento.

9.6 Fase 4: intraprendere azioni di marketing


La rappresentazione sintetica dei risultati attraverso tabelle, grafici, diagrammi e modelli permette di trasferire in
modo più semplice ed efficace i risultati, rendendo più evidenti eventuali connessioni. In questo modo il processo di
ricerca è completo e utile in quanto apporta un contributo al processo decisionale riducendo l'incertezza delle azioni di
marketing. I risultati di una ricerca di marketing dovranno indicare, per esempio, il tipo di messaggio promozionale più
efficace, le caratteristiche che un prodotto deve avere, il prezzo più idoneo, i canali di distribuzione più efficaci.
Infine, una volta presa una decisione, bisogna sottoporre a verifica i risultati a cui porta per: valutare la qualità
dell'azione e decidere se ripeterla in futuro; valutare l'efficacia del processo decisionale per capile quali fasi della ricerca
e quali criteri di decisione sono stati utili e quali sono da modificare.

● Capitolo 10 – Identificare i segmenti di mercato e il mercato obiettivo

10.1 Perché segmentare i mercati


La segmentazione dei mercati serve a rispondere più efficacemente ai bisogni dei diversi gruppi di potenziali clienti, per
aumentare le vendite e migliorare i risultati economici

10.1.1 Che cosa significa segmentare


Il processo di segmentazione ha l'obiettivo di suddividere i potenziali clienti di un dato mercato in gruppi omogenei al
loro interno ed eterogenei tra di loro: i segmenti di mercato. Si tratta di gruppi di consumatori che manifestano
bisogni comuni e rispondono in modo analogo alle leve di marketing.
In base ai risultati della segmentazione, l'impresa opererà una differenziazione che potrà riguardare le caratteristiche
funzionali o simboliche del prodotto (differenziazione dei prodotti) oppure le altre leve del marketing mix, affinché la
sua offerta venga percepita dai consumatori come distintiva rispetto alla concorrenza.
La segmentazione del mercato e l'individuazione dei segmenti obiettivo è fondamentale per armonizzare il piano di
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marketing con gli effettivi bisogni degli acquirenti; sarà possibile quindi esplicitare nel piano i benefici ricercati da un
dato gruppo di clienti obiettivo e tradurli in azioni specifiche.
La matrice prodotto-mercato è costituita da una griglia che permette di associare i segmenti di mercato dei potenziali
clienti ai prodotti offerti o alle azioni di marketing che l'impresa potrebbe sviluppare. All'interno di ogni cella è riportata
la stima delle dimensioni del mercato per un determinato prodotto. Possiamo poi distinguere tra:
- segmenti primari (obiettivo): consumatori i cui benefici attesi sono coerenti con il marketing mix del prodotto.
- segmenti secondari: consumatori interessati ad alcune caratteristiche ma che non costituiscono target obiettivo.
10.1.2 Quando procedere alla segmentazione dei mercati
In base ai risultati delle analisi condotte nel processo di segmentazione, l'impresa può decidere di differenziare la
propria offerta attraverso tre diverse strategie:
• marketing di massa → offrire una sola versione del prodotto a tutto il mercato. Ha il vantaggio di ridurre i costi
potendo sfruttare le economie di scala sul fronte produttivo e commerciale.
• marketing segmentato → offrire un insieme di prodotti differenziati per rispondere in modo più efficace alle
preferenze dei diversi segmenti di consumatori, i quali quindi percepiranno un maggiore valore e saranno disposti a
pagare un prezzo più alto.
• marketing personalizzato → offrire prodotti su misura per ciascun individuo.
Spostarsi da un approccio di massa a uno segmentato e poi a uno personalizzato permette un aumento dell'efficacia nel
presidio del mercato, ma comporta un aumento dei costi. La strategia di differenziazione dovrà quindi essere scelta in
base a un previsto incremento delle vendite e dei profitti.
Un presupposto fondamentale per la scelta della strategia di segmentazione consiste nel valutare il livello di omogeneità
delle preferenze del mercato circa le caratteristiche del prodotto. Si delineano tre situazioni tipo:
- preferenze omogenee → i gusti dei consumatori sono molto simili e riguardano la stessa combinazione di
caratteristiche di un prodotto. Non ha senso proporre diverse varianti di prodotto, in quanto i consumatori non vi
riconoscerebbero un valore aggiunto; un marketing di massa permette invece una riduzione dei costi e quindi del prezzo
finale. Differenziare espone a politiche di controsegmentazione delle imprese rivali, le quali potranno quindi proporre un
prodotto indifferenziato a prezzi bassi, appropriandosi di una quota rilevante della domanda.
- preferenze agglomerate → i consumatori si dividono in gruppi che hanno preferenze diverse nei confronti delle
possibili combinazioni di caratteristiche. Una offerta indifferenziata lascerebbe dei vuoti di offerta che un concorrente
potrebbe decidere di colmare con un prodotto ideato apposta per soddisfare un dato segmento. In questa situazione
l'impresa deve optare per una strategia di marketing segmentato, scegliendo se offrire più varianti di prodotto per
soddisfare più segmenti (marketing differenziato) o se focalizzarsi su un solo segmento (marketing concentrato). La
scelta fra l'uno e l'altro dipende dalle risorse a disposizione, dall'eterogeneità dei segmenti, dai costi di gestione e
sviluppo di un portafoglio prodotti multi segmento, dalla profittabilità della scelta.
- preferenze diffuse → ogni consumatore ha gusti specifici, diversi da quelli degli altri. L'impresa potrà optare per un
marketing personalizzato, in quanto si renderà necessario un forte aumento della varietà. La personalizzazione dei
prodotti porta ad un aumento dei costi ed è praticabile solo se il consumatore è disposto a pagare prezzi elevati per
avere un prodotto su misura.
Lo spostamento da un approccio di massa alla personalizzazione determina una riduzione del numero di potenziali
acquirenti per ciascuna variante di prodotto; aumentano invece i costi di produzione e commercializzazione, sarà quindi
necessario fissare un prezzo elevato.
Tuttavia, in alcuni casi è possibile optare per un marketing personalizzato a prezzi contenuti, coniugando processi
standard e risultati personalizzati: in questo caso si parla di mass customization (es. Benetton).
Il marketing personalizzato, one-to-one, ha avuto grande impulso nell'ultimo decennio grazie alle potenzialità delle
tecnologie di informazione e comunicazione e all'avvento del digitale, i quali permettono al consumatore di
personalizzare i contenuti di cui usufruire riducendo i costi, poiché l'impresa produce la merce solo a ordine avvenuto.

10.2 Le fasi della segmentazione e dell'identificazione dei mercati obiettivo


Il processo di selezione e raggiungimento dei mercati obiettivo prevede 5 fasi segmentazione:
[Prima bisogna identificare i bisogni del mercato]
1 suddividere i potenziali acquirenti in segmenti
2 suddividere i prodotti in categorie
3 sviluppare una matrice prodotto-mercato e stimare le dimensioni dei mercati
4 selezionare i mercati obiettivo
5 implementare azioni di marketing che consentano di raggiungere il mercato obiettivo
[Poi si potrà implementare il programma di marketing]

10.2.1 Fase 1: suddividere i potenziali acquirenti in segmenti


▪ Si dovrà innanzitutto verificare che esistano i criteri necessari per la definizione dei segmenti di mercato. Bisogna
valutare che la segmentazione sia realizzabile e offra ritorni economici adeguati. Devono sussistere 5 criteri:
- profittabilità → la segmentazione deve portare un incremento dei ricavi più che proporzionale rispetto ai costi.
- omogeneità interna → deve portare ad individuare gruppi di consumatori con bisogni e risposte simili al suo interno.
- eterogeneità esterna → deve individuare gruppi diversi con bisogni e risposte diverse.
- praticabilità delle strategie → possibilità di raggiungere un segmento con la strategia di marketing ideata.
- profilazione → gli individui di una popolazione devono essere facilmente riconducibili al segmento di appartenenza.
▪ Verificato che i criteri sussistano, l'impresa deve scegliere le basi di segmentazione, cioè le variabili che consentono
di suddividere il mercato in sottoinsiemi omogenei ed economicamente rilevanti di individui. Si suddividono in:
- geografiche → l'area geografica di residenza dell'individuo e gli altri fattori a essa correlati.
- socio-demografiche → l'età, il sesso, lo status, la dimensione del nucleo familiare, lo stadio del ciclo di
vita della famiglia, il livello di reddito e di istruzione.
- psicografiche → comprendono lo stile di vita (opinioni, atteggiamenti, interessi) e la personalità.
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- comportamentali → le caratteristiche del processo di acquisto e di consumo, i benefici ricercati dal
prodotto, le occasioni e la frequenza d'acquisto e d'uso, l'atteggiamento verso la marca, la conoscenza del prodotto.
Le variabili demografiche hanno il vantaggio di essere facilmente rilevabili e misurabili, ma possono fornire informazioni
superficiali e poco rilevanti per la categoria di prodotto di interesse. Le variabili psicografiche permettono di conoscere in
profondità i consumatori, ma sono difficili da rilevare, non sono misurabili e non sempre forniscono indicazioni operative.
Le variabili comportamentali danno molti spunti operativi, ma segmentazioni di questo tipo sono deboli rispetto al
criterio della profilazione. L'impiego di un numero eccessivo di variabili presenta a sua volta delle difficoltà, poiché
aumenterebbe gli sforzi e i costi. La scelta più opportuna dipende dagli obiettivi conoscitivi, dalle risorse, dalle fonti
disponibili e dalla tipologia di prodotto.
La segmentazione è possibile anche nei mercati industriali; le imprese possono essere descritte secondo criteri
geografici, demografici e comportamentali.

10.2.2 Fase 2: suddividere i prodotti in categorie


Classificare la propria offerta in categorie è utile per semplificare la lettura del proprio portafoglio prodotti. In questo
modo il sistema di offerta può essere gestito in modo più semplice, trattando i diversi prodotti dell'azienda in gruppi
omogenei. Per la definizione delle categorie non esiste un metodo unico, ma si dovrà far riferimento all'utilizzatore o alla
situazione d'uso, o più in generale alle caratteristiche tecniche dei prodotti, a quello del processo di consumo o
logistiche.

10.2.3 Fase 3: sviluppare una matrice prodotto-mercato e stimare le dimensioni dei mercati
I segmenti di mercato e le categorie di prodotto potranno quindi essere incrociati per definire la matrice prodotto-
mercato, stimando quindi in ciascuna cella le dimensioni del mercato e la sua rilevanza per l'impresa. I dati per stimare
le dimensioni del mercato possono provenire da fonti interne (es. dati di vendita) o da fonti esterne (es. ricerche). In
alternativa può essere sufficiente una stima qualitativa da parte dei manager dell'impresa o di esperti del settore.

10.2.4 Fase 4: selezionare i mercati obiettivo


Per questo processo esistono dei criteri di valutazione per determinare il grado di attrattività di un segmento (da non
confondere con i criteri per definire i segmenti). I criteri per la selezione del mercato obiettivo sono 5:
- dimensione → l'impresa deve valutare se il segmento ha dimensioni adatte a garantire risultati economici adeguati.
Un segmento troppo piccolo potrebbe non garantire livelli di vendita sufficienti per sviluppare economie di scala; un
segmento troppo grande potrebbe essere difficile da gestire e servire perché richiede risorse ingenti per la gestione dei
processi operativi. Le imprese più grandi tendono a considerare desiderabili segmenti con elevati volumi di vendita; le
piccole-medie imprese preferiscono rivolgersi a segmenti di dimensioni modeste, per scarsità di risorse.
- crescita → il tasso di sviluppo di un segmento è un elemento di attrazione sia per le imprese che già operano nel
mercato, sia per i potenziali entranti. Un segmento ad alto tasso di sviluppo porta quindi da un lato aumenti delle
vendite e della redditività, dall'altro il rischio dell'ingresso di nuovi concorrenti.
- difendibilità → consiste nel valutare la capacità dell'impresa di presidiare il mercato obiettivo, attraverso il modello
delle cinque forze di Porter.
- accessibilità → consiste nella misurazione dei costi logistici e di comunicazione che l'impresa deve sostenere per
raggiungere il segmento obiettivo.
- coerenza → il mercato obiettivo e le azioni da intraprendere per raggiungerlo devono essere coerenti con le risorse
disponibili e con gli obiettivi dell'impresa.

10.2.5 Implementare le azioni di marketing che permettono di raggiungere i mercati obiettivo


La matrice prodotto-mercato ha lo scopo di permettere l'elaborazione di strategie di marketing che incrementino le
vendite e i risultati economici. L'impresa dovrà elaborare ed implementare un efficace piano d'azione che verrà poi
valutato in termini di risultati ottenuti per decidere se replicare, riformulare o cambiare il piano operativo, magari
puntando ad altri segmenti.

10.2.6 Dalla differenziazione al posizionamento


Una volta identificato il mercato obiettivo si deve stabilire una strategia di differenziazione e una di posizionamento.
▪ La differenziazione è l'insieme di elementi in grado di distinguere l'offerta di un'impresa da quella dei concorrenti; le
differenze possono riguardare le caratteristiche del prodotto, i servizi che lo accompagnano, il personale di vendita o
l'immagine della marca e dell'impresa.
La differenziazione implica un qualche elemento di novità offerto al mercato, perciò determina sia effetti sulla domanda
(maggiore soddisfazione del consumatore) sia sulla concorrenza (vantaggio competitivo conseguito grazie a una più
forte identità della propria offerta).
La definizione di una efficace strategia di differenziazione deve portare a un bilanciamento tra l'incremento dei costi per
l'impresa e l'incremento del valore che tale offerta ha per il cliente. Si dovranno quindi individuare quali caratteristiche
del prodotto modificare per rendere questo bilanciamento più favorevole possibile in rapporto ai diversi segmenti
obiettivo selezionati.
Una volta stabilito quali differenze sviluppare, queste vanno comunicate nel modo più efficace possibile attraverso l'uso
di tutte le leve del marketing mix. Per esempio se si punta sulla qualità del prodotto, il prezzo sarà più alto e le scelte di
distribuzione dovranno comunicare il carattere distintivo del prodotto.
▪ Questa ricerca di coerenza ha l'obiettivo di posizionare il prodotto nel modo desiderato nella mente del consumatore.
Il posizionamento è il modo in cui un bene o servizio si colloca nella mente del consumatore; l'obiettivo dell'impresa è
raggiungere un posizionamento distintivo (differenziazione dalla concorrenza) e apprezzato (valore per il consumatore).
La scelta di una differenziazione e di un posizionamento efficaci deve anche tenere conto della concorrenza.
Rispetto alla differenziazione dalla concorrenza si possono seguire due diversi tipi di posizionamento:
- di contrapposizione (head to head) → l'impresa punta allo stesso mercato obiettivo dei concorrenti con un prodotto
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simile, cercando di far percepire il proprio come migliore.
- differenziale → l'impresa mira a un segmento di mercato diverso, meno presidiato dalla concorrenza. È tipico dei
prodotti che convivono nel portafoglio di una stessa azienda, per evitare fenomeni di cannibalizzazione delle vendite.
Rispetto al valore per il consumatore, i principali posizionamenti possibili sono:
- sulla base degli attributi caratteristici del prodotto → l'azienda fa leva su caratteristiche tipiche della categoria
merceologica, sottolineando come il suo prodotto sia superiore a quello dei concorrenti.
- per benefici attesi, problemi risolti o bisogni → l'impresa enfatizza la capacità del prodotto di risolvere uno specifico
problema o di soddisfare un certo bisogno (es. smacchiatore)
- per specifiche occasioni d'uso → l'impresa punta ad associare il prodotto a una occasione di consumo (es. Daygum)
- per categorie di utilizzatori → l'impresa cerca di associare la marca a una tipologia di persone, per qualificarsi come
specialista per i loro bisogni (es. Valsoia)
- dissociazione della classe di prodotto → per distinguersi in modo sostanziale dalla concorrenza, si può puntare a un
posizionamento per opposizione rispetto all'offerta esistente (es. Swiffer)

10.2.7 Analizzare e monitorare il posizionamento


Con il passare del tempo, un posizionamento può mutare o perdere efficacia a seguito delle azioni dell'impresa o della
concorrenza, e di cambiamenti nell'ambiente e nella domanda. Per questo è necessario un monitoraggio continuo per
valutare la necessità di strategie di riposizionamento.
Uno strumento per lo studio del posizionamento sono le mappe percettive o mappe di posizionamento, un sistema
di assi su cui vengono riportate le percezioni dei consumatori circa le caratteristiche dei prodotti/marche, identificando
così la posizione che occupano rispetto a quelli della concorrenza. È un diagramma cartesiano a due dimensioni in cui,
su ciascun asse, si pongono in contrapposizione due termini opposti. La scelta degli assi riflette l'approccio al
posizionamento rispetto al valore per il cliente, mentre la posizione delle marche nei quadranti mostra se il confronto
con le altre marche è di contrapposizione (stesso quadrante) o differenziale (quadrante diverso).
Una mappa di posizionamento non permette di cogliere tutta la complessità che deriva dalle azioni di differenziazione e
dalle strategie di posizionamento; per questo i ricercatori di marketing impiegano tecniche statistiche complesse (come
l'analisi fattoriale o il multidimensional scaling) per identificare dimensioni latenti che accomunano più variabili, in
modo da ottenere un sistema di rappresentazione a due o tre assi che sia semplice ma efficace.

10.3 Stimare il potenziale economico del mercato obiettivo


Una volta identificato il mercato obiettivo e definito il posizionamento, bisogna misurare il potenziale economico delle
scelte fatte.
▪ Potenziale di mercato e dell'impresa. L'impresa deve valutare il potenziale di mercato, cioè il livello massimo di
vendite raggiungibile in un mercato se tutti i consumatori interessati a un prodotto lo acquistassero. Il potenziale di
mercato varia al variare delle condizioni ambientali e fa quindi riferimento alle vendite dell'intero settore e non solo a
quelle della singola azienda. In quest'ultimo caso si parla di potenziale di vendita dell'impresa, che è invece il limite
a cui tende la domanda per l'impresa, all'aumentare del rapporto fra il suo investimento di marketing e quello dei
concorrenti. Il limite assoluto della domanda per l'impresa è rappresentato dal potenziale di mercato, ma di norma il
potenziale di vendita dell'impresa è inferiore anche quando il suo investimento aumenta di molto rispetto a quello dei
concorrenti. Questo perché le imprese rivali hanno una quota resistente di clienti fedeli, poco sensibili agli sforzi fatti da
altre imprese per acquisirne la preferenza.
▪ Domanda per l'impresa e previsione delle vendite. Per determinare il potenziale di vendita è necessario
conoscere la funzione di domanda per l'impresa (o funzione di risposta alle vendite) che individua il livello di vendite
corrispondenti ai diversi sforzi di marketing. Per determinare la domanda per l'impresa bisogna effettuare una
previsione, o stima, delle vendite, cioè il livello atteso delle vendite aziendali dato un determinato piano di marketing
e una specifica situazione di mercato. La stima può basarsi su uno dei seguenti approcci o su una loro combinazione:
- valutazioni del decision maker → una valutazione fatta dal management dell'ASA o dell'impresa sulla base della
propria esperienza, senza ricorrere a processi valutativi o di analisi approfonditi; in questo caso si parla di stima
diretta. Altre volte la stima viene fatta prendendo il valore delle vendite dell'anno precedente e rivedendolo a seconda
che si preveda un ambiente di marketing più o meno favorevole rispetto al passato.
- ascolto delle antenne di marketing → l'impresa ricorre a indagini di mercato, chiedendo ai clienti quali siano le
intenzioni di acquisto del prodotto. Queste indagini permettono anche di raccogliere informazioni sul clima di fiducia
dei consumatori verso l'economia e sulla loro propensione alla spesa. Un'altra antenna di marketing importante per la
stima delle vendite è la forza di vendita, poiché è in grado di registrare con tempestività le tendenze in atto.
- tecniche statistiche → la più nota è la trend extrapolation (estrapolazione del trend) basata sull'andamento
delle vendite negli ultimi anni, per stimare l'andamento delle vendite future. Se l'andamento può essere descritto
attraverso una linea retta si parla di estrapolazione lineare. Questo approccio si basa sul presupposto che i
fenomeni e le relazioni verificatesi in passato continuino a verificarsi in futuro. Per questo motivo non si presta ad
essere utilizzato quando il contesto di riferimento è turbolento e il grado di incertezza è più elevato. In questi casi si
dovrà ricorrere a modelli di stima più formalizzati, in cui si cerca di correlare le vendite con un insieme di variabili che
rappresentano in modo esplicito le relazioni di causa-effetto ipotizzate.
Una volta stimate le vendite si dovrà confrontare la propria situazione con quella dei concorrenti. Per fare ciò si
possono utilizzare le pubblicazioni e le ricerche delle associazioni di categoria che forniscono dati sulle vendite totali del
settore, senza specificare l'ammontare di quelle delle singole imprese; permettono quindi di confrontare le proprie
performance rispetto a quelle medie del settore. Informazioni più dettagliate circa l'andamento dei concorrenti possono
essere ottenute dai numerosi istituti di ricerca che se ne occupano. Anche le imprese di distribuzione, grazie ai dati
rilevati dagli scanner posti alle casse dei punti vendita, sono in grado di fornire informazioni sull'andamento delle
vendite dei singoli prodotti/marche. Sulla base di queste informazioni, l'impresa può valutare la propria quota di
mercato assoluta e relativa, ovvero la percentuale di vendite dell'impresa rispetto al totale del settore e rispetto a
quello del principale concorrente.
31
▪ Quota e budget di vendita. La quota di vendita è l'obiettivo di fatturato assegnato alle singole ASA o linee di
prodotto o al singolo agente di vendita. La somma delle quote di vendita corrisponde al valore di vendita stimato.
Spesso, però, vengono fissate quote leggermente al di sopra degli effettivi obiettivi di fatturato, al fine di stimolare
l'impegno della forza vendita.
Il budget di vendita è una stima delle vendite in volume e viene utilizzato per prendere decisioni riguardo agli acquisti
di materie prime e componenti per la produzione e al cash flow. In genere il budget viene fissato per difetto rispetto alla
previsione delle vendite, in modo da evitare sprechi e inefficienze.
● Capitolo 11 – Lo sviluppo e il lancio di nuovi prodotti

11.1 Definizioni terminologiche

11.1.1 Linea di prodotto e mix di prodotto


Una linea di prodotto è un gruppo di prodotti che soddisfano una stessa tipologia di bisogni, vengono usati insieme,
sono venduti allo stesso segmento, sono offerti tramite lo stesso tipo di canali o rientrano in un dato intervallo di prezzo.
Una linea di prodotto è costituita da un certo numero di articoli, ognuno dei quali è caratterizzato da marca, varietà,
formato e prezzo specifici. Il termine referenza ha un significato analogo a quello di articolo, ed è spesso usato con
riferimento agli assortimenti delle imprese di distribuzione. A ciascuna referenza viene assegnato un diverso codice EAN
(il codice a barre) che ne identifica marca, varietà e formato.
Il mix di prodotti o portafoglio di prodotti è l'insieme delle linee di prodotto offerte da una impresa.

11.1.2 Classificazione dei prodotti


I criteri più generali e diffusi per classificare i prodotti sono la tipologia di utente e il grado di tangibilità.
▪ Tipo di utente. I prodotti di consumo sono destinati ai consumatori finali (B2C), i prodotti industriali ad altre
organizzazioni (B2B). Alcuni prodotti però possono essere sia di consumo che industriali (es. computer). La scelta del
criterio di classificazione serve a includere un dato prodotto in una categoria, in modo da poter sviluppare azioni di
marketing specifiche a seconda del destinatario finale.
▪ Grado di tangibilità. Si distingue tra beni (durevoli o non durevoli) e servizi.
Un bene durevole è un prodotto tangibile che permette un numero elevato di utilizzi (es. auto, elettrodomestici). La
frequenza di acquisto è bassa e il processo di acquisto si basa su un'attenta ricerca di informazioni da parte del
consumatore; il ruolo del personale di vendita è fondamentale per promuovere il prodotto e come fonte di informazione.
Un bene non durevole è un prodotto tangibile che viene utilizzato una sola volta (es. alimentari, benzina). La frequenza
di acquisto è elevata, la conoscenza del consumatore sul prodotto è buona e il prezzo è contenuto. Le leve operative
fondamentali sono la pubblicità e la distribuzione estensiva, mentre il ruolo del personale di vendita è secondario.
I servizi sono prodotti intangibili, come prestazioni, benefici o soddisfazioni (es. ricerche di marketing, sanità,
istruzione). È fondamentale il ruolo del personale, che non solo promuove e informa, ma è anche coinvolto direttamente
nel processo di produzione nel momento dell'erogazione del servizio.
▪ Sviluppo dei nuovi prodotti: beni vs servizi. In realtà il confine fra la componente tangibile e quella intangibile di
un prodotto è molto meno netta di quanto possa sembrare. Tutti i prodotti sono costituiti da un insieme di attributi
tangibili e intangibili che forniscono utilità al consumatore. Per il marketing, più che le caratteristiche tecniche, conta
focalizzarsi sul valore per il consumatore sia nei beni che nei servizi.

11.2 La classificazione dei prodotti di consumo e industriali

11.2.1 Classificazione dei prodotti di consumo


I beni e servizi destinati al consumatore finale si distinguono in banali (convenience goods), problematici (shopping
goods) e specialty. La distinzione si basa sulla diversa complessità e frequenza del processo di acquisto. Ciascuna
tipologia avrà implicazioni per il marketing circa le leve che verranno attivate.
• Prodotti banali. Elevata frequenza d'acquisto; il consumatore cerca di ridurre i costi necessari a reperirli. Al loro
interno distinguiamo tra: beni ad acquisto corrente (il cui acquisto fa parte della routine del consumatore); beni ad
acquisto d'impulso (ad acquisto non programmato). In questi casi il consumatore è ben informato circa le caratteristiche
della categoria di prodotto e circa le marche disponibili, per cui il suo obiettivo è minimizzare lo sforzo di acquisto.
• Prodotti problematici. Acquisto saltuario e ponderato. Nel processo d'acquisto è importante l'acquisizione di
informazione e la comparazione fra alternative. Lo sforzo di acquisto è maggiore rispetto ai beni banali.
• Prodotti specialty. Hanno caratteristiche tali da apparire unici agli occhi del consumatore. In genere gli aspetti
distintivi derivano da connotazioni con valori e comportamenti particolari. L'unicità (o “specialità”) del prodotto spinge il
consumatore ad affrontare un importante sforzo di approvvigionamento. L'effettiva classificazione di questi prodotti
dipende anche dal vissuto del singolo consumatore.

11.2.2 Classificazione dei prodotti per le aziende


La richiesta di prodotti B2B dipende da quella di prodotti di consumo: all'aumentare di quest'ultima, aumenta la prima.
I prodotti destinati al commercio interindustriale possono essere classificati come beni di produzione o beni di supporto,
a seconda del loro ruolo nel processo di produzione dell'acquirente.
• Beni di produzione. Diventano parte del prodotto finito dell'acquirente. Si distinguono in:
- materiali di consumo (trasformati da chi li acquista);
- semilavorati o componenti (montati così come sono).
Il marketing dei beni di produzione si basa su fattori come il prezzo, la qualità, la consegna e l'assistenza.
• Beni e servizi di supporto. Si distinguono in:
- beni strumentali (beni durevoli necessari al processo di produzione);
- beni e servizi accessori (beni necessari per le attività che supportano il processo di produzione).

32
11.3 Nuovi prodotti: ragioni di successo e insuccesso
I nuovi prodotti sono la misura della vitalità delle imprese e costituiscono il fattore centrale per garantire la loro crescita.
Il lancio di un nuovo prodotto comporta rischi finanziari che sono tanto elevati quanto più è alto il grado di innovazione.

11.3.1 Cosa è un nuovo prodotto?


L'innovazione di un prodotto può essere valutata ed esaminata attraverso diversi punti di vista.
▪ Prodotti nuovi e prodotti esistenti a confronto. Se un prodotto è funzionalmente diverso dai prodotti esistenti, lo
si può definire nuovo. Talvolta questa novità è radicale e porta alla creazione di un intero nuovo settore.
In altri casi la novità è data dall'aggiunta di nuove caratteristiche a un prodotto esistente per cercare di allargare il
mercato di riferimento.
▪ La novità dal punto di vista dell'azienda. Il grado di novità dal punto di vista dell'impresa varia a seconda di
quanto il nuovo prodotto richieda la modifica (incrementale o radicale) delle competenze produttive o di marketing.
Il livello minimo di innovazione coincide con l'estensione di una linea di prodotto. Si tratta di un miglioramento
incrementale di un prodotto già presente nel portafoglio.
Al livello successivo si trova una trasformazione rilevante nell'innovazione o tecnologia.
Il terzo livello costituisce l'innovazione vera e propria; è il caso del lancio di un nuovo prodotto realmente rivoluzionario.
I programmi di sviluppo di nuovi prodotti nelle grandi aziende considerano tutti e tre i livelli.
▪ La novità dal punto di vista dei consumatori. Questo approccio classifica i nuovi prodotti a seconda del grado di
conoscenza necessario da parte dei consumatori per il loro utilizzo.
Nel caso di una innovazione continua il consumatore non deve apprendere nuovi comportamenti o abilità di consumo.
Per il marketing questo tipo di innovazione non comporta problemi complessi in quanto non è necessario aiutare il
consumatore a imparare un nuovo modo di usare il prodotto: è sufficiente rendere noti i differenziali di performance che
offre e metterglielo a disposizione tramite una rete distributiva che faccia valere l'identità del prodotto.
In alcuni casi l'innovazione continua può rendere necessarie solo piccole modificazioni del comportamento di consumo
da parte degli utilizzatori. La strategia di marketing in questo caso deve mirare a informare i potenziali clienti circa i
benefici derivanti dall'utilizzo del nuovo prodotto ed educarli al suo utilizzo.
Una innovazione discontinua implica l'apprendimento da parte del consumatore di modelli di consumo completamente
nuovi. In questo caso il marketing deve sviluppare una iniziale consapevolezza dei consumatori ed aiutarli ad
apprendere come utilizzare il nuovo prodotto, attività che può richiedere investimenti molto elevati.

11.3.2 Perché i prodotti hanno successo o falliscono


Al fallimento dei nuovi prodotti contribuiscono 7 fattori critici, alcuni dei quali legati al marketing:
• caratteristiche distintive → essenziali per offrire benefici differenziali al target obiettivo e vincere sui concorrenti.
• analisi e ricerche di marketing → fondamentali prima dello sviluppo di un nuovo prodotto, per definire un
business plan che individui con precisione: un mercato target ben definito; bisogni, desideri e preferenze dei potenziali
clienti; cosa sarà e farà il prodotto per soddisfarli. Senza una accurata analisi preventiva si rischia di sprecare risorse in
ricerca e sviluppo per progettare un prodotto vago per un mercato che non si sa se esiste.
• attrattività del mercato → la situazione ideale è un grande mercato target con un alto tasso di crescita e
un'esigenza reale degli acquirenti. Spesso il mercato target si dimostra troppo piccolo e competitivo per giustificare le
spese necessarie per soddisfarlo.
• marketing mix → deve essere definito in modo accurato e dettagliato. Spesso un solo elemento errato in un
marketing mix ben pianificato può comportarne l'inefficacia.
• qualità e orientamento del consumatore → l'elevata qualità del prodotto deve essere accompagnata da una
elevata sensibilità alle esigenze vere dei consumatori.
• tempistica → anche un prodotto giusto può fallire se lanciato nel momento sbagliato. Se un prodotto è introdotto
troppo presto rispetto alla capacità dei consumatori di coglierne l'utilità, si corre il rischio di sprecare risorse ed essere
imitati dai concorrenti. Se il prodotto rappresenta l'evoluzione di uno già presente nel portafoglio dell'impresa, il rischio
è di cannibalizzare le vendite che si potrebbero ancora realizzare con il vecchio. Tuttavia, attendere troppo nel lanciare
un prodotto può comportare il rischio che, al momento del lancio, esso sia già obsoleto perché i bisogni dei consumatori
sono cambiati o la concorrenza si è mossa prima.
• accessibilità → la possibilità di “farsi spazio” fra la concorrenza. Trovare spazio a scaffale di quantità e qualità
sufficiente è fondamentale perché il consumatore si accorga della disponibilità del nuovo prodotto. In genere il
distributore tiene conto di diversi elementi che lo portano ad assegnare al nuovo prodotto meno spazio di quanto il
fornitore gli chiede.

11.4 Gli stadi di sviluppo di un nuovo prodotto


Il processo di sviluppo e lancio di un nuovo prodotto prevede 7 fasi:
1 strategia di sviluppo del nuovo prodotto
2 generazione dell'idea
3 valutazione e selezione delle idee
4 analisi economica
5 sviluppo
6 test di mercato
7 commercializzazione

11.4.1 La strategia di sviluppo del nuovo prodotto


Bisogna definire il ruolo che il nuovo prodotto dovrà avere all'interno delle strategie aziendali, stabilendo gli obiettivi che
contribuirà a raggiungere sia a livello di ASA che per l'intera impresa. In questo modo si definisce un principio guida che
garantirà la coerenza di tutte le fasi di sviluppo e lancio del prodotto. È quindi necessario basarsi sull'analisi competitiva
e della domanda per identificare le opportunità presenti nel micro e macroambiente, valutare i punti di forza e debolezza
33
dei concorrenti e identificare i mercati obiettivo e il ruolo strategico che il nuovo prodotto dovrà assumere.

11.4.2 La generazione dell'idea


È importante far emergere un numero elevato di idee che possano essere poi sviluppate in nuovi prodotti. È una fase
altamente creativa in cui si esplorano le diverse opportunità che si possono cogliere, mentre in quelle successive si
adotterà un approccio più razionale che porterà ad eliminare le idee meno redditizie.
Il punto di partenza in questa fase è individuare una esigenza dei consumatori non soddisfatta, attraverso le “antenne”
di marketing di cui l'impresa dispone: i clienti, che possono essere coinvolti nel processo di innovazione; i dipendenti,
data la loro conoscenza dei processi produttivi, i contatti con i consumatori e gli intermediari commerciali; i partner
dell'impresa; la concorrenza. Infine la funzione ricerca e sviluppo elaborerà i suggerimenti che arrivano da tutti questi
soggetti per produrre idee proprie, in base alle conoscenze tecnologiche e di prodotto di cui dispone.

11.4.3 Valutazione e selezione delle idee


Le idee elaborate devono quindi essere valutate attraverso un processo di selezione sistematica di quanto ritenuto più
interessante per lo sviluppo.
Gli elementi di valutazione e selezione delle idee possono essere individuati sia all'interno che all'esterno dell'impresa.
Internamente l'impresa verifica la realizzabilità tecnica delle idee e la coerenza con gli obiettivi definiti nella prima fase.
Esternamente l'impresa svolge dei test preliminari, detti concept test, sottoponendo alla valutazione di un campione di
consumatori un “concetto” del nuovo prodotto attraverso una rappresentazione grafica o una descrizione verbale. Lo
scopo di questa ricerca è verificare il potenziale interesse dei consumatori verso il nuovo prodotto e valutare eventuali
modifiche al fine di migliorarlo. Infine viene selezionata l'idea che presenta le prospettive migliori in termini di:
• fattibilità tecnica
• coerenza del concept con la marca (equity fit)
• coerenza con i prodotti presenti nel portafoglio (portfolio fit)
• potenziale competitivo (in termini di unicità, appeal e performance)
• attrattività del mercato obiettivo
• pressione competitiva del mercato
• potenziale interesse dei consumatori
• rischio finanziario e commerciale insito nel lancio.

11.4.4 Analisi economica


Bisogna valutare la validità dell'idea selezionata esaminando le previsioni delle vendite, dei costi e dei profitti,
verificando che corrispondano agli obiettivi dell'impresa. Occorre stabilire con sufficiente attendibilità se le vendite
raggiungeranno livelli che garantiscano un profitto soddisfacente per l'impresa. Successivamente si valuteranno i costi e
si stimeranno i profitti attesi, in modo da valutare i tempi di recupero degli investimenti necessari per il lancio del
prodotto. Tutte queste valutazioni vengono effettuate mediante la collaborazione delle funzioni di ricerca e sviluppo,
produzione, finanza e marketing. Il processo di previsione deve essere continuo (per rilevare tempestivamente i
mutamenti dell'ambiente) e sistematico (affinché sia realmente efficace).
Un aspetto importante dell'analisi economica consiste nel verificare la possibilità di brevettare il nuovo prodotto. Il
brevetto dà all'impresa il diritto esclusivo di produrlo per un certo numero di anni, conferendole quindi un monopolio
temporaneo.

11.4.5 Sviluppo
La fase di sviluppo consiste nel trasformare le idee in prototipi; essi verranno poi sottoposti a test funzionali e di
mercato, in base ai quali il prodotto verrà modificato fino ad assumere la configurazione definitiva.
I test funzionali sono effettuati in laboratorio per garantire che il prodotto sia sicuro e funzioni in modo efficace.
I test sul consumatore servono ad ottenere un primo riscontro sull'impatto che il prodotto potrà avere sul mercato
target, verificando l'apprezzamento degli elementi differenziali ed eventuali problemi d'uso da correggere. I test
potranno essere condotti in laboratorio o nelle case dei consumatori, affidando loro campioni del prodotto.

11.4.6 Test di mercato


Il prodotto viene offerto ai consumatori e si analizza, tramite indagini di mercato, il loro reale livello di intenzione di
acquisto. Lo scopo del test di mercato è accertare come i consumatori e gli intermediari commerciali si comportano nei
confronti del prodotto, nonché valutare l'ampiezza del mercato potenziale e la coerenza del piano di marketing.

11.4.7 Commercializzazione
A questo punto bisogna fissare gli aspetti operativi della commercializzazione del prodotto e stabilire il momento più
opportuno per il lancio. Inoltre occorre decidere se lanciare il prodotto su un mercato test o su tutto il mercato, ma in
genere si preferisce distribuire l'operazione di lancio nel tempo.
È anche importante decidere quale strategia di sell in (vendita alla distribuzione) utilizzare: definire le azioni
promozionali e di comunicazione nei confronti del trade; negoziare con gli intermediari le condizioni di acquisto del
nuovo prodotto; definire il più conveniente posizionamento a scaffale; predisporre gli strumenti illustrativi più idonei che
possano facilitare i venditori nella presentazione del prodotto; predisporre le attività di promozione e merchandising nel
punto vendita compatibilmente alle esigenze del trade e alle diverse situazioni di mercato.
Infine bisogna decidere quando presentare il nuovo prodotto agli intermediari: in anticipo rispetto alla effettiva
disponibilità del prodotto (previsita), o contestualmente ad essa. Attraverso la previsita si riesce ad avere una
maggiore flessibilità nella programmazione dell'attività produttiva e si favorisce il raggiungimento di una copertura
distributiva elevata ancor prima del lancio del prodotto. Il principale svantaggio della previsita è che la concorrenza, nel
lasso di tempo tra la presentazione del prodotto e il suo lancio sul mercato possa intraprendere azioni di disturbo o
precederci con una versione del prodotto uguale o migliore.
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I beni di largo consumo pongono particolari problemi di commercializzazione, perché la grande distribuzione richiede
spesso una fee d'ingresso (slotting fee) per i nuovi prodotti. In alcuni casi i distributori chiedono ai loro fornitori
anche delle fee di fallimento (failure fee) ovvero il pagamento di una penale se il prodotto non raggiunge un
determinato obiettivo di vendite.

11.4.8 La velocità come fattore di successo dei nuovi prodotti


Un fattore molto importante per il successo di un nuovo prodotto è il time to market, ovvero il tempo che passa dal
momento di generazione dell'idea all'introduzione nel mercato del prodotto che ne deriva.
La velocità con cui si è in grado di arrivare al mercato è un fattore critico di successo in tutti i contesti fortemente
competitivi e dinamici. Infatti se il tasso di rinnovo dei prodotti è elevato, la velocità ha due importanti implicazioni:
accelera il raggiungimento del break even point, quando costi e ricavi si bilanciano e il prodotto comincia a generare
risorse per l'impresa; offre un vantaggio competitivo di prima mossa e scongiura il rischio che la concorrenza ci preceda
nel lancio del nuovo prodotto.
Per accelerare il time to market si può adottare un approccio di sviluppo parallelo (parallel development), che si basa
sullo svolgimento simultaneo delle fasi necessarie alla messa a punto del prodotto; viene quindi costituito un team di cui
fanno parte tutte le funzioni aziendali rilevanti (r&s, marketing, produzione), così da consentire la soluzione immediata
dei problemi che si presentano sui diversi fronti (tecnologici, di mercato, di produzione). Può far parte del team anche
personale di imprese che forniscono componenti importanti del nuovo prodotto, di modo che possano svilupparli via via
che la configurazione prende forma.

● Capitolo 12 – La gestione dei prodotti e delle marche

12.1 Il ciclo di vita del prodotto (CVP)


Il ciclo di vita del prodotto (CVP) descrive le fasi che un prodotto attraversa nel mercato, dalla introduzione fino
all'uscita. Esso è definito rispetto all'andamento delle vendite o degli utili del prodotto. I dati delle vendite possono fare
riferimento a una singola impresa o a un intero settore, a seconda della prospettiva di analisi. Le quattro fasi in cui si
divide il CVP sono: introduzione, crescita, maturità, declino.

12.1.1 Fase dell'introduzione


Coincide con il periodo immediatamente successivo al lancio del prodotto sul mercato obiettivo. In questa fase le
vendite aumentano lentamente, perché i consumatori devono ancora comprendere i benefici che il nuovo prodotto offre.
Gli utili sono molto contenuti; sono inizialmente negativi per via degli investimenti necessari per lo sviluppo e il lancio
del prodotto.
In questa fase l'obiettivo del marketing è creare consapevolezza (circa l'esistenza del nuovo prodotto e le sue
caratteristiche) e stimolare la prova e il primo acquisto.
Se il prodotto è nuovo per l'intero mercato e crea una nuova categoria merceologica, l'obiettivo è quello di stimolare la
domanda primaria, cioè far crescere il numero di consumatori che utilizza questa nuova categoria. Quando la
concorrenza introdurrà prodotti simili e la nuova categoria si sposterà lungo il ciclo di vita, l'obiettivo sarà stimolare una
domanda selettiva che si concentri sulla variante di prodotto che l'impresa propone.
Nella distribuzione è fondamentale individuare gli intermediari più adatti al lancio e riuscire ad inserire il nuovo
prodotto nei loro assortimenti. Anche la comunicazione avrà un ruolo essenziale.
In termini di prodotto, si proporrà un numero limitato di versioni (in genere uno solo) per garantirsi adeguate
economie di scala e per consentire al consumatore di prendere confidenza con la versione base.
Il prezzo sarà basso se c'è molta concorrenza e l'obiettivo è raggiungere un'ampia quota di mercato (prezzo di
penetrazione); sarà alto se la concorrenza è poca o nulla e l'obiettivo è ottenere dal mercato più risorse (prezzo di
scrematura).

12.1.2 Fase della crescita


È caratterizzata da rapidi aumenti delle vendite e dalla comparsa sul mercato dei concorrenti. L'aumento delle vendite è
dato sia dagli acquisti di prova effettuati da nuovi consumatori, sia da acquisti ripetuti di chi ha già provato il prodotto e
lo riacquista perché soddisfatto. Con lo spostamento del prodotto lungo il CVP, la componente di acquisti del primo tipo
si riduce e aumenta la seconda.
In questa fase si ottengono i migliori risultati in termini di redditività, che decresce però con la comparsa dei concorrenti
sul mercato. La comunicazione dovrà quindi stimolare la domanda selettiva e sottolineare le differenze fra il proprio
prodotto e quello dei concorrenti.
Per differenziare la propria offerta sarà quindi necessario sviluppare il prodotto sia migliorandolo (differenziazione
verticale), sia creando nuove varianti (differenziazione orizzontale), arrivando anche a creare una linea di prodotti.
Nella distribuzione bisognerà aumentare la copertura della rete distributiva, per rendere il prodotto accessibile al
maggior numero di potenziali clienti.

12.1.3 Fase della maturità


È caratterizzata da un rallentamento del tasso di crescita delle vendite del settore o della categoria di prodotto.
La stagnazione delle vendite e l'aumento della concorrenza di prezzo determinano la riduzione dei margini di profitto.
Cresce la concentrazione e alcune imprese sono costrette a uscire dal mercato.
Sul fronte della domanda prevarranno gli acquisti ripetuti e saranno sempre meno rilevanti quelli di prima prova.
L'attività del marketing sarà finalizzata al mantenimento della quota di mercato.
La comunicazione deve garantire una forte attenzione sulla marca (awareness) e creare una elevata empatia fra
consumatore e marca (goodwill).
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Per quanto riguarda il prodotto si cercherà di sfruttare le residue possibilità di differenziazione per trovare nuovi
acquirenti.
In questa fase è fondamentale incrementare l'efficienza delle politiche promozionali e distributive per ottimizzare i
costi di marketing.

12.1.4 Fase del declino


Si caratterizza per una riduzione delle vendite e quindi della redditività, che può diventare negativa. È una fase
inevitabile, dovuta all'innovazione tecnologica che rende obsoleti i prodotti ormai superati. Sono possibili diverse strade.
Il rilancio consiste nel rinnovamento del posizionamento del prodotto e del suo marketing mix. Bisogna valutare se
esistono ancora opportunità che giustifichino gli investimenti necessari.
La mietitura consiste nel mantenimento del prodotto, riducendo però al minimo le risorse che gli vengono dedicate (sia
di management che finanziarie). Lo scopo è continuare a soddisfare le richieste di un gruppo, seppur piccolo, di
consumatori.
L'eliminazione è la scelta più drastica, attuata quando non vi sono possibilità di rilancio o di mietitura che garantiscano
un'adeguata redditività.

12.2 L'analisi del ciclo di vita del prodotto (CVP)


L'analisi del CVP serve al marketing per capire quali sono le azioni più opportune da intraprendere nella gestione del
prodotto in ciascuna fase. Questo compito è solitamente affidato al product manager.
Nell'analisi del CVP bisogna considerare diversi fattori: la durata; la forma della curva delle vendite; il livello di
aggregazione (singolo o categoria di prodotti); la rapidità di adozione del prodotto da parte dei consumatori.
▪ Durata. La durata e lo svolgimento del ciclo di vita dipendono da diversi fattori. Per esempio i prodotti di consumo
hanno cicli di vita più brevi di quelli destinati alle imprese. Inoltre l'intensità competitiva e la pressione pubblicitaria
favoriscono una accelerazione del CVP. Lo stesso effetto è dato dagli investimenti in ricerca e sviluppo e dalla
conseguente innovazione tecnologica, che accelera l'obsolescenza dei prodotti.
▪ Forma della curva delle vendite. Non tutti i prodotti sono caratterizzati dalla stessa curva. Ne esistono diverse e
ciascun tipo suggerisce strategie di marketing specifiche e diverse tipologie di prodotto.
Un prodotto ad alto apprendimento richiede un periodo di introduzione prolungato perché è necessaria una
formazione specifica del cliente. (es. PC)
Per un prodotto a basso apprendimento le vendite crescono rapidamente perché non servono particolari sforzi di
adeguamento e i benefici dell'acquisto sono immediatamente comprensibili. Spesso si tratta di prodotti facilmente
imitabili, perciò la strategia di marketing dovrà prevedere un rapido ampliamento della rete distributiva; in questo modo
i concorrenti incontreranno maggiore difficoltà nel tentare di inserire prodotti simili negli assortimenti dei distributori.
Inoltre è importante avere la capacità produttiva per soddisfare la domanda.
Un prodotto moda ha una durata del ciclo di vita più breve, ma ha anche più opportunità di rilancio che determinano un
interesse da parte dei consumatori come effetto di politiche di riposizionamento.
Un prodotto meteora vede una rapida crescita delle vendite, seguita da un declino altrettanto rapido.
▪ Livello di analisi. Il modello del CVP può essere applicato sia a singoli prodotti o marche, sia a intere categorie.
La curva relativa alla categoria sarà il risultato delle vendite delle diverse versioni di prodotto presenti sul mercato.
▪ Velocità di adozione. L'andamento del ciclo di vita di un prodotto dipende anche dalla rapidità con cui i consumatori
lo adottano. In genere il processo di diffusione del prodotto (diffusione dell'innovazione) è graduale: alcuni consumatori
lo adottano immediatamente, altri lo acquistano solo dopo aver valutato le reazioni di chi già lo utilizza.
A seconda dei tempi di adozione, gli acquirenti possono essere suddivisi in 5 categorie: innovatori (disposti a provare
per primi il nuovo prodotto); early adopters (i primi, dopo gli innovatori, ad adottare il prodotto); maggioranza
anticipatrice; maggioranza ritardataria; ritardatari.
Le ragioni più comuni che rendono un consumatore restio ad adottare un nuovo prodotto sono le barriere all'uso (il
prodotto non è compatibile con le sue abitudini), barriere di valore (il prodotto non offre incentivi al cambiamento),
barriere di rischio (fisico, economico, sociale), barriere psicologiche (differenze culturali o di immagine). Per superare
queste barriere le imprese ricorrono a diverse tecniche, tra cui l'offerta di garanzie e rimborsi, istruzioni d'uso
dettagliate, dimostrazioni, distribuzione di campioni gratuiti.

12.3 Gestire il ciclo di vita del prodotto


Il product manager (o brand manager) è responsabile del marketing di una famiglia di prodotti o di una marca specifica
all'interno dell'ASA e si occupa della loro gestione in tutte le fasi del ciclo di vita, compresa la fase di sviluppo di nuovi
prodotti. Operativamente è responsabile dell'attuazione del piano annuale di marketing per la linea che gestisce,
dell'approvazione del piano pubblicitario, della selezione dei media e della scelta del packaging. Nella gestione del
prodotto può scegliere tra: modifica del prodotto, modifica del mercato, riposizionamento.

12.3.1 Modifica del prodotto


Per rinnovare un prodotto si può dotarlo di nuove caratteristiche che riguardino le sue funzionalità o il packaging.

12.3.2 Modifica del mercato


Adottando questa strategia l'impresa può: ampliare l'insieme di consumatori obiettivo; spingere i consumatori abituali
ad aumentare l'utilizzo del prodotto; creare nuove situazioni d'uso.

12.3.3 Riposizionamento del prodotto


Significa cambiare la posizione che il prodotto occupa nella mente del consumatore rispetto a quelli dei concorrenti; può
essere fatto agendo su una o più leve del marketing mix, a seconda della situazione.

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4 situazioni tipiche che spingono a effettuare un riposizionamento del prodotto:
• Reazione al posizionamento di un concorrente → l'esistenza di concorrenti con un prodotto simile ma più efficace nel
presidiare il mercato determina una perdita di quota di mercato e l'erosione dei profitti. Occorre puntare su un nuovo
posizionamento per ridare una identità specifica alla propria offerta ed evitare il confronto diretto con imprese più forti.
• Ingresso in un nuovo mercato → se il nuovo mercato è restio ad adottare il prodotto, conviene riposizionarlo.
• Cogliere nuove tendenze in atto → per venire incontro a cambiamenti di gusti, abitudini, stili di vita dei consumatori.
• Modifica del valore offerto → trading up (aggiungere valore); trading down (ridurre il valore per ridurre costi e prezzi).
12.4 Branding e gestione della marca
Il branding è una decisione fondamentale nella commercializzazione dei prodotti; consiste nella scelta di un nome, una
frase, un disegno, dei simboli o una loro combinazione in grado di rendere identificabili e distinti uno o più prodotti da
quelli della concorrenza. La marca ha, infatti, un ruolo centrale nell'aiutare il consumatore a strutturare e memorizzare
l'informazione che gli viene dal mercato e in questo modo rendere più efficiente il processo di scelta. La riconoscibilità
dei prodotti di marca consente di riacquistare un prodotto di cui si è stati soddisfatti o di non farlo nel caso contrario.
Inoltre l'acquisto diventa più rapido e il consumatore risparmia tempo.
La marca è qualunque parola, dispositivo (disegno, suono, forma, colore) o una loro combinazione, usati per
distinguere i prodotti o i servizi di un'impresa da quelli di un'altra. L'associazione fra uno specifico prodotto e la marca
avviene attraverso i registri uditivi e visivi. L'associazione di tipo uditivo classica è quella che lega la marca al suo nome
o a un particolare suono. L'associazione di tipo visivo lega la marca a un certo logotipo o logo.
La ragione sociale è una denominazione commerciale con la quale un'organizzazione viene legalmente riconosciuta e
che la identifica nello svolgimento di tutte le sue attività. Si compone di un nome e di una indicazione della forma
giuridica scelta (s.p.a., s.r.l., s.a.s.). Ragione sociale e marca possono coincidere, oppure essere nettamente distinti.
Si parla di marchio quando una ragione sociale o una marca sono registrati legalmente, così che l'azienda ne ha l'uso
esclusivo. Un marchio conosciuto è un supporto fondamentale per pubblicizzare la propria offerta e sviluppare la fedeltà
dei clienti; per questo motivo esistono crescenti problemi di contraffazione, ovvero di uso improprio di un marchio noto
con il quale si propongono copie del prodotto originale. I danni della contraffazione riguardano sia le imprese (meno
profitti), sia i governi (meno entrate fiscali), sia i consumatori (rischi economici e fisici).

12.4.1 La brand personality e il valore del marchio


Il valore che la marca genera per il consumatore va aldilà della sola valenza informativa. Le marche di successo arrivano
ad assumere una vera e propria personalità (brand personality), definita da un insieme di caratteristiche che vengono
loro attribuite da chi le conosce e le apprezza. Molti consumatori attribuiscono tratti della personalità tipici degli individui
ai prodotti e scelgono marche che siano coerenti con l'immagine che hanno di sé (self identity) o con quella che di sé
vorrebbero dare agli altri (social identity). Per la costruzione della brand personality è fondamentale il contributo delle
strategie di comunicazione: l'utilizzo di certi testimonial, l'identificazione di utenti tipo per il prodotto o di certe situazioni
d'uso favorisce l'attribuzione di emozioni o sensazioni da associare alle immagini e al marchio.
La crescente importanza della marca ha potato allo sviluppo del concetto di brand equity, cioè il valore aggiunto che
una data marca conferisce a un prodotto. Questo valore aggiunto si traduce in due vantaggi distinti per le imprese, uno
competitivo e uno di prezzo. Nella concorrenza con altre marche consolida il posizionamento e può arrivare a identificare
le valenze base che un prodotto ha per il consumatore. Il vantaggio di prezzo deriva dalla disponibilità dei consumatori a
pagare un prezzo più alto per un prodotto che possiede una forte identità. Il valore della marca, in questo caso, è
rappresentato dal sovrapprezzo che essa consente di applicare rispetto ad altri prodotti, a parità di benefici funzionali
offerti.
▪ Creare brand equity. Per costruire la brand equity il marketing deve essere in grado di associare esperienze forti,
positive e uniche alla marca. La sua creazione è il risultato di un processo di costruzione che comprende 4 fasi:
1 Lo sviluppo di una brand awareness forte e positiva, che stabilisca nella mente del consumatore una
connessione fra la marca e una classe di prodotti o un bisogno, per attribuirle una identità.
2 La costruzione del senso della marca, per rendere chiaro ai consumatori che cosa essa rappresenti e quale sia la
sua missione. Avviene attraverso le associazioni che i consumatori riferiscono in modo spontaneo a una determinata
marca. Questa identificazione si realizza attraverso due dimensioni: una funzionale, connessa alla performance, e una
simbolica, connessa all'immaginario.
3 Suscitare reazioni positive circa l'identità e il significato della marca. L'attenzione è posta su come i consumatori
percepiscono la marca, sia in termini razionali (qualità, credibilità, superiorità) che emozionali (le emozioni che suscita).
4 Creare un'empatia fra cliente e marca che si traduca in un rapporto di fedeltà. Bisogna stabilire una identificazione
personale del consumatore con la marca che si traduca un forte legame psicologico.
▪ La valutazione della brand equity. La brand equity comporta anche un vantaggio di natura finanziaria. Le marche
affermate hanno un elevato valore economico che viene riconosciuto nei bilanci delle imprese. La brand equity può
inoltre essere sfruttata anche indirettamente, attraverso la concessione su licenza dell'uso di una marca che ha largo
riconoscimento. Il brand licensing è un accordo contrattuale con cui una società, il licenziante, concede a un'altra
società, il licenziatario, la sua marca perché venga utilizzata per identificare prodotti o servizi offerti da quest'ultimo a
fronte del pagamento di una royalty o commissione.

12.4.2 Valori e funzioni della marca


Il valore economico di una marca per chi la possiede è il corrispettivo del valore che essa genera per il consumatore;
quest'ultimo, secondo Kapferer e Thoening, deriva da 4 funzioni specifiche che la marca svolge a suo vantaggio:
Identificazione → la marca permette al prodotto di essere riconosciuto, consentendo al consumatore di reperire o
evitare un prodotto senza dover analizzare ogni volta l'offerta disponibile, riducendo quindi i costi di ricerca.
Orientamento → l'insieme delle marche con la loro identità specifica permettono al consumatore di orientarsi nel
momento dell'acquisto, rendendo l'offerta dei prodotti più strutturata e trasparente.
Garanzia → la marca è una garanzia perché identifica e responsabilizza il produttore, impegnandolo ad offrire un livello
specifico e costante di qualità. In questo modo fornisce una rassicurazione che riduce il rischio percepito dal
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consumatore.
Personalizzazione → tramite le valenze simboliche della marca il consumatore può esprimere il proprio personale
rapporto con l'ambiente circostante. La marca funge da segno esteriore, che proietta all'esterno la propria immagine, e
come riflesso interiore, che rafforza l'opinione che una persona ha di sé.
Le funzioni di identificazione e orientamento rimandano al ruolo informativo che la marca assolve.
Le funzioni di garanzia e personalizzazione assumono un ruolo più o meno importante a seconda del grado di
complessità dei prodotti, del livello di coinvolgimento dell'acquirente e della loro maggiore o minore importanza come
elementi da esibire.
La funzione di garanzia è importante quando è il rischio percepito dal consumatore è alto.
La funzione di personalizzazione è rilevante quando il prodotto è considerato un bene da esibire ed è fortemente
associato alla personalità dell'individuo che lo possiede.

12.4.3 Scegliere un nome di marca efficace


Sono 5 i criteri fondamentali utilizzati per la scelta di un brand name efficace. Il nome dovrebbe:
- suggerire i benefici legati al prodotto
- essere memorabile, distintivo e con rimandi positivi
- essere coerente con l'immagine del prodotto e dell'impresa
- non avere restrizioni legali
- essere semplice e suscitare emozioni.
Nello sviluppo di brand name per prodotti destinati al commercio internazionale è importante utilizzare nomi senza un
significato vero e proprio, per evitare che in determinate culture o subculture possa avere rimandi negativi che
verrebbero associati al prodotto.

12.4.4 Strategie di branding


Le principali sono: monomarca (una marca per tanti prodotti), multimarca (una marca per ciascun prodotto), private
branding (marca commerciale).

12.4.5 Strategia monomarca


Una strategia monomarca consiste nell'impiegare la stessa marca per più prodotti appartenenti a una stessa
categoria o a categorie diverse. Questo approccio è detto anche family branding, corporate branding (se il nome
dell'azienda e quello della marca coincidono) o marca ombrello. Il vantaggio di questa strategia è la possibilità di
estendere un vissuto positivo dei consumatori da un insieme di prodotti ad altri che vengono associati alla stessa marca.
In genere le marche multiprodotto identificano gruppi di prodotti con un qualche livello di omogeneità; per questo è
diffusa nella gestione di singole linee di prodotto, poiché facilitano le estensioni (line extension).
L'uso della stessa marca rende più semplice l'entrata in nuovi segmenti di mercato, riducendo i costi pubblicitari e
promozionali grazie alla possibilità di fare leva su una già consolidata notorietà della marca presso i consumatori. Inoltre
consente di sfruttare economie di scala e sinergie nella comunicazione.
Il sub-branding è la combinazione di una marca esistente con un elemento di qualificazione, che porta ad identificare
un nuovo prodotto (es. Galatine → Galatine Soft).
Si parla invece di brand extension quando la stessa marca è utilizzata per identificare prodotti che soddisfano bisogni
molto diversi; l'estensione riguarda prodotti che appartengono a settori anche molto lontani. I vantaggi sono gli stessi
della line extension, ma in questo caso aumenta il rischio di non riuscire a costruire una marca forte se non c'è qualche
elemento di continuità fra i prodotti. Un altro rischio è che un prodotto poco riuscito intacchi la credibilità della marca.
Infine, il co-branding è l'associazione di due marche esistenti per il lancio di un nuovo prodotto (es. carte di credito).

12.4.6 Strategia multimarca


In una strategia multimarca a ciascun prodotto o linea di prodotto viene attribuita una marca diversa. Questa
strategia viene seguita quando ogni singolo brand è destinato a uno specifico segmento di mercato. Può anche essere
utilizzata per differenziare l'offerta di prodotti destinati, per livello di qualità e di prezzo, a segmenti obiettivo molto
lontani fra loro.
Con questo tipo di approccio i costi promozionali e pubblicitari sono elevati, perché è necessario generare brand
awareness per ognuna delle marche in portafoglio. Nel momento del lancio di nuovi prodotti è inoltre necessario
costruire da zero la nuova marca, senza poter beneficiare del vissuto favorevole legato a marchi già esistenti e
consolidati.
I vantaggi risiedono invece nel fatto che ogni marca può essere meglio costruita e indirizzata rispetto al segmento di
mercato per il quale è stata pensata; inoltre non si rischia che il fallimento di un prodotto influisca sugli altri.

12.4.7 Private branding (marca commerciale)


Le marche commerciali (private label, retail brand, own brand) sono marche possedute da imprese di distribuzione
che identificano beni offerti esclusivamente nella rete di vendita del distributore che le possiede. Possono identificarsi
con il nome dell'insegna distributiva oppure essere nomi di fantasia.
La marca commerciale sposta le funzioni di marketing rivolte al consumatore finale dall'industria (che si limita a
produrre) alla distribuzione. Quest'ultimo aggiunge al marketing del servizio commerciale anche quello relativo ai beni
che presenta con marchi di sua proprietà, aumentando le sue possibilità di differenziarsi dalla concorrenza e di
rafforzare il suo rapporto con la clientela.
Spesso si seguono strategie miste, commercializzando prodotti con marchi propri e altri con quelli del distributore.

12.5 La confezione (packaging) e l'etichetta (labeling)


Per packaging si intende qualsiasi tipo di contenitore con il quale il prodotto viene commercializzato.
L'etichetta è parte integrante della confezione e identifica la marca, il produttore, luogo e data di produzione, le
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modalità d'uso, il contenuto e gli ingredienti. Nei beni di largo consumo il packaging ha un ruolo di marketing
importante nel favorire il riconoscimento del prodotto e nel trasferire informazioni.
I ruoli primari di packaging ed etichetta sono, rispettivamente, proteggere il prodotto e fornire l'informazione necessaria
al suo riconoscimento e alla sua valutazione. Inoltre, essi sono il primo elemento di contatto fra il consumatore e il
prodotto; se ben utilizzati, possono costituire un vantaggio competitivo notevole.

12.5.1 Le funzioni del packaging


Utilità e funzioni del packaging variano in base alla prospettiva del produttore, del distributore o del consumatore.
Per il produttore il packaging deve proteggere il prodotto e mantenere inalterate le sue caratteristiche; inoltre deve
facilitare la razionalizzazione e standardizzazione dei processi di produzione e della logistica. Un packaging efficace deve
garantire visibilità e riconoscibilità nel punto vendita, attrarre l'attenzione del consumatore stimolandone il desiderio e
l'acquisto d'impulso, e comunicare il posizionamento del prodotto, veicolando così l'immagine di marca.
Infine, il packaging può influire anche sul consumo del prodotto, per esempio le confezioni monodose consentono un
consumo immediato e facilitano la prova del prodotto; le aperture dei dentifrici influiscono sulla quantità utilizzata.
Per il distributore la caratteristica fondamentale del packaging riguarda il suo impatto sui costi di stoccaggio a
magazzino e a scaffale e su quelli di movimentazione nel punto vendita; è opportuno che la confezione sia razionale e
minimizzi l'ingombro.
Per il consumatore il packaging deve facilitare il trasporto dal punto vendita al luogo di utilizzo, consentire lo
stoccaggio domestico del prodotto, rendere agevole e veloce l'utilizzo del bene. Inoltre la confezione ha un ruolo di
comunicazione importante sia in termini funzionali (informazioni, istruzioni d'uso) sia simbolici (fattore estetico).
Un altro aspetto importante è l'impatto ambientale, cioè la facilità di smaltimento della confezione una volta ultimato il
consumo del prodotto.

● Capitolo 13 – La gestione dei servizi

13.1 L'unicità dei servizi

13.1.1 Servizi e beni


I servizi sono attività o benefici intangibili offerti al consumatore o a imprese con modalità che implicano un'interazione
diretta fra chi li offre e chi ne fruisce. Intangibilità e interattività comportano una serie di conseguenze.
È difficile operare una distinzione netta fra bene materiale puro e servizio puro: perché si possa parlare di bene
materiale puro è necessario che il cliente tragga beneficio soltanto dal bene stesso, escludendo qualsiasi valore che
proviene da componenti intangibili e di interattività; allo stesso modo un servizio puro comporta la mancanza di
qualsiasi elemento materiale.
Possiamo individuare almeno 2 situazioni intermedie fra beni e servizi puri:
- bene tangibile integrato con servizi → un bene viene offerto congiuntamente a dei servizi che ne aumentano
l'attrattività per il consumatore.
- servizio principale integrato con beni tangibili (o con servizi secondari) → un servizio viene prestato offrendo
anche beni di supporto che lo completano e lo valorizzano.
Sotto il profilo competitivo, entrambe le situazioni rappresentano elementi di differenziazione fondamentali. Ciò ha
portato a una crescente attenzione verso il marketing dei servizi (mentre prima si prestava maggiore attenzione ai
beni). Questo processo ha richiesto revisioni e integrazioni per adattare il marketing alle peculiarità dell'area dei servizi,
e quindi degli attributi intangibili e interattivi dell'offerta dell'impresa, al fine di aumentare l'efficacia complessiva del
marketing (anche in relazione ai beni offerti).

13.1.2 Il ruolo dei servizi nell'economia


Le economie dei Paesi maggiormente sviluppati si configurano sempre più come economie dei servizi, dato che questo
settore costituisce la parte principale del PIL e dell'occupazione.
La crescente importanza dei servizi è dovuta alla crescita economica: i consumatori riducono le attività di produzione
domestica e si rivolgono al mercato per ottenere ciò che dà loro utilità (ristoranti, lavanderie).
Le imprese tendono a terziarizzare le attività che non sono centrali per la conquista di vantaggio competitivo, ricorrendo
ad altre imprese per ottenere quei servizi che prima venivano autoprodotti (assistenza legale, gestione del personale,
consulenze produttive, trasporto e stoccaggio, comunicazione).
Anche l'Italia, negli ultimi quarant'anni ha vissuto un trend di crescita dei servizi, soprattutto nei settori dell'attività
immobiliare, noleggio, informatica, ricerca, servizi alle imprese.

13.1.3 Le quattro I dei servizi


I servizi sono caratterizzati da quattro elementi distintivi detti le “quattro I dei servizi”:
intangibility (intangibilità); inconsistency (eterogeneità); inseparability (inseparabilità); inventory (deperibilità).
▪ Intangibilità. I servizi sono intangibili; al contrario dei beni, non si possono toccare o vedere prima di deciderne
l'acquisto. Poiché i servizi si traducono in una prestazione per il consumatore, è molto più difficile valutarli prima di
averne fruito.
▪ Eterogeneità. La qualità del servizio ha una elevata variabilità che dipende dalla rilevanza del fattore umano, cioè
varia sia a seconda della persona che eroga il servizio, sia a seconda del momento (a differenza dei beni, dove la
standardizzazione del processi produttivi offre una qualità costante). La qualità dei servizi dipende non solo dal
personale, ma anche dalla modalità di interazione con il consumatore.
▪ Inseparabilità. Nella gran parte dei casi, il consumatore non può separare colui che eroga il servizio dal servizio
stesso. Il grado di interazione fra il consumatore e il prestatore dipende dalla misura in cui il consumatore deve essere
fisicamente coinvolto per riceverlo (es. molto coinvolto in visite mediche, taglio capelli, ristorazione; meno coinvolto in
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riparazioni, lavanderia, raccolta rifiuti; nessuna interazione in servizi resi elettronicamente).
▪ Deperibilità. Non è possibile stoccare i servizi per regolarne il loro utilizzo nel tempo (al contrario di ciò che accade
per i beni, che possono essere prodotti in eccesso e immagazzinati in attesa della vendita, rendendo indipendenti i
processi di produzione e acquisto). I servizi sono immateriali, quindi nei momenti di calo della domanda ci sarò una
capacità produttiva inutilizzata, mentre nei momenti di picco si rischia di non avere capacità produttiva sufficiente,
creando code e insoddisfazione del cliente.
Le conseguenze di questa disarmonia fra ciclo produttivo e domanda sono notevoli in termini di costi, di qualità e di
soddisfazione del cliente e del personale. Si dovrà scegliere fra due possibilità:
una impresa di servizio che punta all'efficienza tenderà a sottodimensionarsi per evitare di ritrovarsi con risorse
inutilizzate per molto tempo;
una impresa che punta all'efficacia si sovradimensionerà per evitare che nei momenti di picco una porzione di domanda
rimanga insoddisfatta.

13.1.4 Il service continuum


Il service continuum è un continuo lungo cui vengono classificate le possibili forme di offerta, partendo da quelle a
prevalenza di prodotti (sale, cravatte, cibo per cani) fino a quelle a prevalenza di servizi (insegnamento, teatro,
assistenza infermieristica). L'offerta di molte aziende si colloca in una posizione intermedia che prevede la co-presenza
di beni tangibili e servizi intangibili.
Oggi per le aziende è importante distinguere fra il prodotto principale (bene o servizio) e i servizi integrativi. Questi
ultimi consentono spesso alle imprese di differenziare la propria offerta da quella dei concorrenti e di aggiungere valore
per il consumatore. Le principali tipologie di servizi integrativi sono la fornitura di informazioni, la consulenza, le
modalità di accettazione degli ordini e di consegna, le procedure di fatturazione, la flessibilità nei metodi di pagamento.

13.1.5 La classificazione dei servizi


I servizi possono essere classificati in diversi modi, a seconda che:
siano resi da persone o da attrezzature; siano offerti a scopo di lucro o meno; siano erogati dallo Stato.

▪ Servizi resi da persone o da attrezzature.


I servizi basati sulle persone possono essere classificati in base al livello di qualificazione richiesto al personale;
si distingue quindi fra servizi:
• professionali (consulenze legali o mediche);
• con personale qualificato (riparazioni, ristorazione);
• con personale non qualificato (babysitting, sorveglianza).
I servizi basati su attrezzature possono essere classificati a seconda del tipo di operatore che eroga il servizio, in:
• automatizzati (bancomat, e-commerce);
• erogati da operatori non specializzati (taxi, call center);
• erogati da operatori specializzati (fornitura elettrica, trasporto aereo).
▪ Organizzazioni a scopo di lucro e non-profit.
Per le organizzazioni non-profit i ricavi che superano le spese non vengono tassati né distribuiti agli azionisti, ma
tornano nella tesoreria dell'organizzazione per consentire il proseguimento del servizio. Greenpeace, Emergency, Medici
Senza Frontiere, Avis sono alcuni esempi. In passato hanno limitato il ricorso alle pratiche di marketing, ma negli ultimi
anni hanno dedicato una maggiore attenzione alla possibilità di utilizzarle per raggiungere i loro obiettivi, soprattutto
tramite la leva comunicativa.
▪ I servizi pubblici. Sono quelli sostenuti dallo Stato e dalle amministrazioni pubbliche; la componente pubblica nei
servizi è molto rilevante.

13.2 I comportamenti d'acquisto nei servizi


Le imprese di servizio devono comprendere in che modo il consumatore prende le decisioni di acquisto di un servizio e
ne valuta la qualità, in modo da poter costruire un vantaggio differenziale rispetto all'offerta dei concorrenti.

13.2.1 Il processo di acquisto


Molti aspetti dei servizi influiscono sulla valutazione dell'acquisto da parte del consumatore, che può dipendere anche
da come i prestatori del servizio svolgono la loro attività.
I beni tangibili hanno proprietà di ricerca, possono essere valutati in parte anche prima dell'acquisto.
Invece i servizi hanno proprietà di esperienza, quindi possono essere valutati solo dopo l'acquisto o durante il
consumo. I servizi forniti da professionisti specializzati hanno proprietà di fiducia e caratteristiche che per il
consumatore possono essere impossibili da valutare anche dopo l'acquisto e il consumo.
Per ridurre l'incertezza creata da queste proprietà, per valutare l'acquisto di un servizio il consumatore si rivolge alle
fonti personali di informazione, come persone che lo hanno sperimentato, opinion leader, il gruppo di riferimento.
▪ Valutazione della qualità del servizio. Quando il consumatore prova un servizio, lo valuta innanzitutto
confrontando le proprie aspettative con l'esperienza effettivamente avuta; le differenze possono essere individuate
attraverso la gap analysis, che si basa sulla richiesta ai consumatori di valutare la distanza fra le attese e quanto
effettivamente ricevuto, rispetto a una serie di dimensioni che permettono di valutare la qualità del servizio. In genere si
tratta di affidabilità, elementi tangibili, reattività, sicurezza ed empatia, ma l'importanza di ciascuna dimensione
varia in base al tipo di servizio.
Gli aspetti risultati inferiori alle aspettative del cliente dovranno essere corretti. Si potrà cercare di intervenire sulle
aspettative, influenzate dal passaparola, dalle esigenze personali, dall'esperienza e dalle attività promozionali; oppure
sulle modalità di erogazione, che dipendono da come l'impresa eroga i propri servizi.
Un cliente che ha ricevuto un servizio di scarsa qualità risulterà comunque soddisfatto se l'impresa interviene sulle
cause di disservizio.
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13.2.2 Contatto con i clienti e marketing relazionale
I consumatori giudicano i servizi sulla base dell'intera sequenza di fasi che costituisce il processo di erogazione. Per
analizzare queste fasi, dette service encounters, si può sviluppare un audit dei contatti con il cliente. Questo
strumento è particolarmente importante nei servizi in cui il contatto è maggiore, e viene utilizzato per mappare e gestire
tutte le fasi del processo di erogazione che costituiscono la base per lo sviluppo delle relazioni con i clienti.
Marketing relazionale. Il contatto fra prestatore e cliente rappresenta un service encounter che influenzerà la
valutazione dell'esperienza da parte dell'acquirente. Queste interazioni sono opportunità per sviluppare relazioni
durature, che possono essere rafforzate tramite incentivi alla fedeltà. Il marketing relazionale sottolinea questa
necessità di sfruttare tutti i momenti di incontro con il cliente, al fine di sviluppare un rapporto continuativo e
personalizzato che permetta al cliente di legarsi al singolo fornitore ed ottenere cos servizi il più possibile vicini alle
proprie aspettative, senza dover ogni volta valutare e selezionare le alternative.

13.3 La gestione del marketing nei servizi


Nel marketing dei servizi il personale svolge un ruolo centrale nel determinare l'esperienza dei clienti e nel costruire i
loro rapporti con l'impresa erogatrice. Ciò rende quindi necessario l'allineamento del personale agli obiettivi che
l'impresa si è data, un compito che spetta al marketing interno.
Il marketing interno si basa sull'idea che una impresa di servizi deve essere focalizzata sui suoi dipendenti, che
costituiscono un mercato interno, prima di poter offrire ai clienti programmi di successo. L'impresa deve assicurarsi che i
dipendenti abbiano l'atteggiamento, le capacità e l'impegno necessari per soddisfare le aspettative dei clienti e
sostenerne la fedeltà. La gestione delle risorse umane assume quindi un ruolo cruciale per il successo delle
organizzazioni di servizi.
Alcuni aspetti specifici distinguono il marketing mix dei servizi da quello dei beni.

13.3.1 Prodotto
Tre elementi da approfondire circa il prodotto sono: l'esclusività, il branding, la gestione delle capacità di servizio.
▪ Esclusività. Una differenza importante fra beni e servizi è che questi ultimi non possono essere brevettati e
l'innovazione può quindi essere immediatamente copiata dai concorrenti; diventa più difficile difendere l'esclusività della
propria offerta.
▪ Branding. Dato che i servizi sono intangibili e quindi più difficili da descrivere, il brand name o l'individuazione del
logo sono particolarmente importanti per ottenere riconoscibilità e influire sulle decisioni di acquisto dei consumatori.
▪ Gestione della capacità di servizio. La maggior parte dei servizi ha una capacità limitata a causa dell'inseparabilità
del servizio da chi lo fornisce e della sua deperibilità: la capacità produttiva, se non viene impiegata, è persa.
La gestione della capacità di servizio consiste nel progettare un servizio integrandolo con azioni volte a influenzare
la domanda dei consumatori per renderla meno discontinua nel tempo. L'obiettivo è gestire la disponibilità di servizio in
modo che: la domanda corrisponda alla capacità per la durata del ciclo della domanda; le risorse a disposizione
dell'impresa siano usate per massimizzare il rendimento del capitale investito (ROI, return on investment).

13.3.2 Prezzo
La leva del prezzo nei servizi può essere utilizzata per cercare di bilanciare capacità e domanda. La discriminazione
temporale dei prezzi consiste nell'applicare prezzi diversi nelle diverse ore del giorno o nei diversi giorni della
settimana per gestire le variazioni nella domanda del servizio.

13.3.3 Distribuzione
Spesso le reti distributive si limitano a vendere il diritto di fruire un servizio in un dato momento e in un dato luogo
(agenzie di viaggio, polizze assicurative). In altri casi la rete di vendita contribuisce alla prestazione (banche).
In passato nel marketing dei servizi si è dedicata poca attenzione alla distribuzione ma, con l'aumentare della
concorrenza, si è riconosciuto il valore di una rete distributiva che avvicini il più possibile il consumatore al servizio
desiderato. La rete Internet oggi offre una copertura di livello mondiale per molte tipologie di servizio.

13.3.4 Promozione
Per molti servizi la promozione e la pubblicità sono fondamentali per mostrare i benefici del servizio per l'acquirente e
per aiutarlo a superare le difficoltà che incontra nel processo di acquisto in rapporto all'immaterialità della prestazione.
Andranno quindi sottolineate la qualità della prestazione, l'efficienza, la disponibilità del personale.

13.4 I servizi nel futuro


Il settore dei servizi è destinato a crescere ancora e da esso bisogna aspettarsi una forte innovazione, con nuove offerte
e un aumento della varietà nelle prestazioni.
Molti dei cambiamenti saranno il risultato di due fattori: lo sviluppo tecnologico e l'opportunità di espansione
dell'economia mondiale.
Il progresso tecnologico sta trasformando rapidamente il settore dei servizi: i nuovi servizi elettronici comprendono il
voice-over-Internet (servizi telefonici via Internet), la videoconferenza domestica, nuove forme di sicurezza e
identificazione (impronte digitali e scan della retina).
Anche la globalizzazione dell'economia mondiale ha importanti risvolti sui servizi, e richiederà al marketing una
maggiore attenzione ai risvolti interculturali di una offerta globalizzata. Anche nei servizi sarà necessario adottare
strategie in grado di rispondere a contesti di mercato molto diversi, dove i parametri di valutazione della qualità non
sono gli stessi. Sarà necessario seguire la regola del “pensare globale e agire locale”.

41
● Capitolo 14 – Le basi per la determinazione del prezzo

14.1 Natura e importanza del prezzo


Il prezzo è una misura del valore economico che deve essere corrisposto nello scambio di un prodotto; può essere
definito con termini diversi. Nella prospettiva delle imprese, nel prezzo si riassumono tutte le decisioni aziendali, relative
alla domanda, alla concorrenza e ai costi. Decidere il prezzo di un prodotto significa infatti identificare la domanda
potenziale e quella effettiva, e determinare il livello di ricavi e i risultati economici. È una decisione che si ripercuote sul
posizionamento del prodotto, poiché ne influenza l'immagine e la percezione della qualità, collocandolo nell'area dei
prodotti di prestigio o di quelli che offrono convenienza.

14.1.1 Che cos'è un prezzo?


Il prezzo è la somma di denaro o altro corrispettivo offerta in cambio della proprietà o dell'uso di un bene o servizio.
Lo scambio di beni e servizi con altri beni e servizi è detto permuta o baratto, ed è una pratica molto diffusa.
Il prezzo non è una variabile statica, specie in un'ottica di marketing. Una volta fissato un prezzo di listino, l'impresa può
decidere di attuare delle modifiche al ribasso (sconti, abbuoni) per penetrare maggiormente il mercato, o al rialzo
(tariffe speciali, supplementi) per scremare la domanda.
Fissare un prezzo alto per poi abbassarlo serve a dare una immagine di qualità al prodotto pari o superiore a quella
della concorrenza, per poi procedere a una riduzione per rendere il prodotto più accessibile.
Le modifiche al rialzo sono utili nel caso di un sistema di offerta differenziato in cui si vuole far percepire l'elevata
qualità o l'esclusività dell'offerta.

14.1.2 Il prezzo come indicatore di valore


Dal punto di vista del consumatore il prezzo è un indicatore del valore del prodotto in relazione ai suoi benefici.
Il Valore è quindi il rapporto tra Benefici percepiti e Prezzo. V= Bp / P
Il valore che il consumatore attribuisce al prodotto ha una relazione diretta con i benefici percepiti e inversa con il
prezzo: all'aumentare dei benefici rispetto al prezzo, aumenta il valore e viceversa. Un marketing creativo dovrà quindi
praticare il value pricing, cioè aumentare i benefici offerti dal prodotto senza variare il prezzo (o riducendolo).
Bisogna però considerare che per alcune categorie merceologiche il prezzo funziona come indicatore di qualità, perciò un
aumento del prezzo potrebbe portare, senza modificare le caratteristiche del prodotto, a un aumento del beneficio
percepito; è una situazione limite, che però può applicarsi al posizionamento di prodotti di lusso o nella fase di
introduzione di un nuovo prodotto per valorizzarlo agli occhi dei potenziali clienti.
Un'altra strategia per influire sul valore percepito è quella del supersizing, che consiste nell'offrire una unità di
prodotto di dimensioni maggiori rispetto a quella offerta di norma, senza variare il prezzo. In questo modo il valore
percepito rispetto ai concorrenti che non offrono questa opportunità è maggiore.

14.1.3 Il prezzo nel marketing mix


La determinazione del prezzo è affidata all'area marketing ed è una delle decisioni più importanti che deve prendere, in
quanto ha un legame diretto con le quantità vendute, i ricavi, i costi e i profitti. Ciò risulta evidente dall'equazione di
profitto dell'azienda: Utile = Ricavo totale – Costo totale = (Prezzo unitario x Quantità venduta) – Costo totale.
U = Rt – Ct U = (Pu x Q) – Ct
Il prezzo influisce sulla quantità venduta, e quest'ultima a sua volta influisce sui costi, perché all'aumentare della
quantità prodotta diminuiscono i costi di produzione unitari. (+Q = –Cu) I prezzi influiscono quindi in modo indiretto sui
ricavi e costi totali.
Il processo di determinazione del prezzo deve seguire 6 fasi:
1 individuazione degli obiettivi e dei vincoli di prezzo
2 stima della domanda e dei ricavi
3 determinazione dei rapporti fra costi, volumi e utile
4 determinazione di un livello di prezzo iniziale
5 definizione del prezzo finale o di listino
6 modifiche al prezzo finale o di listino

14.2 Fase 1: individuazione degli obiettivi e dei vincoli di prezzo


Le politiche di prezzo all'interno del marketing mix devono essere funzionali al raggiungimento di specifici obiettivi
coerenti con le altre leve del marketing mix e con gli obiettivi complessivi dell'impresa. Devono anche tenere conto dei
vincoli esterni all'impresa, provenienti dalla concorrenza e dall'ambiente di riferimento.

14.2.1 Individuazione degli obiettivi di prezzo


Gli obiettivi delle politiche di prezzo consistono nella declinazione degli obiettivi di marketing e strategici
dell'impresa rispetto alla variabile prezzo. La loro determinazione varia a seconda della situazione economica
dell'impresa o dell'ASA, della posizione competitiva del prodotto o delle caratteristiche del segmento a cui il prodotto è
destinato. In generale, le politiche di prezzo possono contribuire a raggiungere uno o più dei seguenti obiettivi: profitti,
vendite, quota di mercato, unità vendute, sopravvivenza sul mercato, responsabilità sociale.
▪ Profitti. Le politiche di prezzo possono essere finalizzate alla massimizzazione del profitto e le relative performance
sono misurabili attraverso indicatori di profittabilità, come il ROA (Return On Assets, rendimento delle risorse utilizzate)
alla penetrazione
e il ROI (Return On Investment, rendimento del capitale investito). Questo obiettivo può essere perseguito di
in tre modi:
- gestione dell'utile a lungo termine → si punta a una profittabilità di lungo periodo, dando priorità
mercato, praticando prezzi bassi rispetto ai costi di produzione per puntare nel lungo termine ad ottenere profitti
consistenti legati all'elevata quota di mercato conquistata.
- massimizzazione dell'utile corrente → si punta a una profittabilità di breve periodo per ottenere in un arco limitato di 42
tempo i più elevati profitti possibili.
- individuare obiettivi di rendimento → a livello corporate vengono fissati target di rendimento chiari e quantificati a cui
le politiche di prezzo e di marketing dovranno allinearsi.
Gli ultimi due approcci sono più semplici da definire e facilmente verificabili. Il primo approccio è invece più complesso
da gestire, perché richiede strumenti di controllo sofisticati, ma riflette un orientamento più lungimirante.
Nel definire gli obiettivi di prezzo, le imprese devono tenere conto anche della filiera in cui sono inserite. Nel caso di
filiere lunghe, chi sta a monte deve contenere il margine da applicare sui costi di produzione, per evitare che lungo i
diversi passaggi il prezzo del prodotto lieviti troppo e finisca per renderlo non competitivo.
▪ Vendite. Gli obiettivi di vendita sono più facili da quantificare, perseguire e verificare rispetto a quelli di profitto.
Tuttavia è necessario verificare che gli utili siano sufficienti a garantire la sopravvivenza dell'impresa. Infatti, ridurre il
prezzo per aumentare la quantità venduta può avere effetti negativi sui profitti totali. Inoltre, per le imprese con un
portafoglio prodotti articolato è necessario fare attenzione al rischio di cannibalizzazione tra i prodotti di una stessa ASA.
▪ Quota di mercato. La quota di mercato è il rapporto tra le vendite di un'azienda e quelle totali del settore. Quando le
vendite del settore crescono poco o diminuiscono si può perseguire un obiettivo di quota di mercato per mantenere la
propria clientela in attesa che ritornino condizioni di crescita più favorevoli. In altri casi l'obiettivo di una quota di
mercato elevata può essere la premessa per il raggiungimento di una elevata profittabilità. Ciò in particolare avviene
quando esistono elevate economie di scala nella produzione o nelle spese di comunicazione che spingono le imprese ad
aumentare i volumi di vendita per poterle sfruttare.
▪ Unità vendute. Molte aziende basano le politiche di prezzo su obiettivi legati al numero di unità da collocare sul
mercato. Spesso sono imprese che vendono un numero elevato di varianti di prodotto a prezzi molto diversi, e devono
quindi definire piani di produzione che rendano compatibile la capacità produttiva con la domanda delle diverse varianti.
La politica di prezzo dovrà essere definita per raggiungere il piano di produzione desiderato. L'uso di obiettivi espressi in
unità espone però al rischio di dover praticare prezzi poco remunerativi per poter raggiungere l'obiettivo stabilito, con
effetti negativi sui profitti.
▪ Sopravvivenza. Nel caso di mercati molto competitivi, i prezzi devono essere allineati a quelli dei concorrenti più
aggressivi. Per esempio il piccolo commercio risente della forte concorrenza di prezzo operata dalla grande distribuzione.
▪ Responsabilità sociale. In questo caso si può decidere di rinunciare a una parte degli utili per far fronte a esigenze
specifiche dei clienti e della società. Questo tema è molto sentito da imprese che vendono prodotti come i farmaci o le
tecnologie mediche. Tuttavia, il tentativo di coniugare esigenze etiche e di profitto può essere difficile da realizzare.

14.2.2 Individuazione dei vincoli di prezzo


I vincoli nelle politiche di prezzo sono tutti quei fattori che limitano l'impresa nella libertà di fissare un prezzo
qualsiasi per i propri prodotti. Dipendono principalmente dalla domanda di mercato, dai fattori interni all'impresa (costi),
da quelli esterni (concorrenza) e dalla legislazione.
▪ Caratteristiche della domanda: categoria di prodotto, prodotto e marca. Il prezzo che si può praticare è
influenzato dalle caratteristiche della domanda in merito alla categoria di prodotti, al prodotto e alla marca. Questa
valutazione vale sia per i beni banali che per quelli problematici e di lusso. Maggiore è la domanda di un bene o servizio,
maggiore è il prezzo che l'impresa può praticare.
▪ Fase del CVP. Solitamente nella fase di introduzione di un nuovo prodotto il prezzo praticato dall'impresa è elevato
perché deve recuperare i costi sostenuti per lo sviluppo e il lancio e perché può avvantaggiarsi della concorrenza ancora
limitata. Successivamente il prezzo diminuisce a causa dell'aumento della concorrenza che determina la banalizzazione
della categoria di prodotto (es. pc) o la sua obsolescenza (es. cellulari).
A volte il prezzo di un prodotto può aumentare in una fase avanzata del suo ciclo di vita; avviene soprattutto quando si
verifica un effetto “nostalgia” (es. articoli da collezione, vecchi modelli di scarpe).
▪ Coerenza del valore offerto: linee di prodotti vs singoli prodotti. Commercializzare una linea i prodotti anziché
un solo modello impone vincoli di coerenza nella politica di prezzo, perché i differenziali di prezzo fra diversi modelli
devono essere giustificati dai differenziali di valore percepiti dai consumatori.
▪ Costi di produzione e marketing del prodotto. I costi di produzione e commercializzazione di un'impresa
rappresentano il limite minimo al di sotto del quale non si può scendere nella fissazione dei prezzi, pena la fuoriuscita
dal mercato. È un vincolo che si fa sentire in condizioni di forte concorrenza.
▪ Costi di modifica dei prezzi. La determinazione dei prezzi può avvenire ogni volta che si vende una unità di prodotto
(abito su misura) o con revisione periodiche che si applicano su un numero anche elevatissimo di unità (beni da
supermercato). Nella prima situazione ci si rivolge a un singolo cliente, nella seconda a molti.
▪ Forme di mercato. I prezzi applicati ai prodotti dipendono dalla tipologia di mercato in cui si opera, che determina il
grado di libertà nella loro fissazione.
Le 4 forme di mercato principali sono: concorrenza perfetta; monopolio; oligopolio; concorrenza monopolistica.
1 Concorrenza perfetta → numero di imprese elevato, nessuna possiede una quota di mercato tale da permetterle di
influenzare il livello dei prezzi. Prodotto indifferenziato, la scelta d'acquisto si basa sul prezzo. In questo caso le
imprese sono price-taker, cioè si limitano a prendere atto del livello di prezzo determinato dall'incontro tra domanda
e offerta e vendono a quel prezzo tutta la loro produzione.
2 Monopolio → una sola impresa soddisfa tutta la domanda; la domanda del suo prodotto coincide con la domanda
totale del mercato. Situazione opposta alla concorrenza perfetta. L'impresa è price-maker, cioè sceglie
autonomamente il prezzo di vendita.
3 Oligopolio → un numero ridotto di imprese, ciascuna tiene conto delle azioni e reazioni di prezzo dei concorrenti. Se
il prodotto è differenziato è oligopolio differenziato, altrimenti è puro. Rischio di collusione (pratica illegale per cui più
imprese accordano un prezzo più alto che consenta maggiori profitti).
4 Concorrenza monopolistica → elevato numero di imprese, ognuna delle quali offre un prodotto differenziato che la
rende unica. L'esito delle dinamiche competitive può avvicinarsi più alla concorrenza perfetta o al monopolio, da cui
deriva la decisione dell'impresa circa la fissazione dei prezzi.
▪ I prezzi dei concorrenti. La forma di mercato prevalente nei mercati evoluti è l'oligopolio; la dipendenza delle scelte
di prezzo da quelle dei rivali è sempre molto forte. Più è bassa la differenziazione del prodotto, più sono simili i mercati
43
obiettivo dei concorrenti, maggiore sarà il condizionamento nella determinazione del prezzo. La dipendenza dai
concorrenti sarà maggiore per le imprese con quote di mercato più ridotte, che si dovranno adeguare alle scelte di
prezzo fatte dal leader di mercato.

14.3 Fase 2: stima della domanda e dei ricavi

14.3.1 La stima della domanda: concetti fondamentali


La curva di domanda è una rappresentazione grafica che mette in relazione le unità vendute di un prodotto con i
diversi livelli di prezzo: il numero di prodotti acquistati aumenta al diminuire dei prezzi. Ma il prezzo non è l'unico fattore
in grado di influenzare la quantità domandata; essa può variare anche in relazione a modifiche di:
• preferenze dei consumatori → dipendono da molti fattori, come quelli demografici, culturali e tecnologici. Oggi
questi fattori portano a cambiamenti rapidi delle preferenze, perciò è importante condurre ricerche di mercato per
monitorare continuamente questi cambiamenti e i loro effetti sulla domanda.
• disponibilità di prodotti sostitutivi → incide negativamente sulla domanda di un bene, rendendola più elastica e
quindi più sensibile alle variazioni di prezzo.
• reddito dei consumatori → è una misura del loro potere d'acquisto. All'aumentare del reddito reale, aumenta la
domanda.
Preferenze, sostitutivi, reddito e prezzo sono definiti come fattori della domanda che determinano la volontà (i primi
due) e la capacità (il terzo e il quarto) del consumatore di acquistare un bene. Il prezzo del prodotto determina uno
spostamento lungo la curva di domanda; gli altri tre fattori causano uno spostamento della curva di domanda.

14.3.2 La stima dei ricavi: concetti fondamentali


La stima dei ricavi è la previsione degli introiti derivanti dalla vendita di uno o più prodotti.
Dalla curva di domanda si possono derivare tre curve collegate ai ricavi:
• Ricavo totale (Rt) è l'introito totale generato dalla vendita del prodotto. Rt = P x Q
• Ricavo Medio (RM) è l'ammontare medio generato dalla vendita di un'unità di prodotto, ed equivale quindi al prezzo
di quell'unità. RM = Rt / Q = P
• Ricavo marginale (Rm) è la variazione del ricavo totale che deriva dalla vendita di una unità aggiuntiva di prodotto.
Rm = (Variazione del Rt) / (Aumento di 1 unità di Q) = ∆Rt / ∆Q = Pendenza della curva dei Rt
La curva della domanda e del ricavo totale. Modifiche di prezzo comportano variazioni della quantità venduta.
La curva del ricavo totale è sviluppata moltiplicando il prezzo unitario per la quantità in corrispondenza di ciascuno
dei punti sulla curva della domanda. La riduzione del prezzo, fino ad un certo livello provoca un aumento del ricavo
totale; oltre quel limite ne comporta un calo.
Il ricavo marginale, che corrisponde alla pendenza della curva del ricavo totale, è positivo ma decrescente finché il
prezzo mantiene un minimo stabile; al di sotto di quel prezzo il ricavo marginale è negativo, perché il maggiore volume
di vendite non riesce a compensare la riduzione di prezzo che è necessaria per generarlo. Il ricavo marginale diventa
pari a zero in corrispondenza del punto in cui il ricavo totale è massimo. Un marketing manager razionale non dovrà mai
operare nella zona della curva di domanda in cui il Rm è negativo.
Di fronte a situazioni di difficoltà è quindi necessario essere molto attenti prima di reagire con una riduzione dei prezzi;
può essere una scelta sbagliata, perché potrebbe comportare un calo degli utili.
Elasticità della domanda rispetto al prezzo. Il calcolo della elasticità della domanda al prezzo (E) consiste nella
misura del rapporto fra variazione percentuale della quantità domandata e variazione percentuale del prezzo.
E = (Variazione percentuale della quantità domandata) / (Variazione percentuale del prezzo)
Poiché di norma la quantità domandata di un prodotto si riduce all'aumentare del prezzo, l'elasticità della domanda
rispetto al prodotto è negativa. Si possono determinare 3 casi:
• domanda elastica → a una variazione del prezzo corrisponde una variazione della quantità domandata di segno
contrario più che proporzionale (il prezzo aumenta di una percentuale, la domanda cala di una percentuale maggiore). Il
valore assoluto di E è maggiore di 1. La domanda è sensibile al prezzo o altamente reattiva alle variazioni di prezzo.
• domanda rigida (o anelastica) → a una variazione del prezzo corrisponde una variazione della quantità domandata
di segno contrario, meno che proporzionale (il prezzo aumenta di una percentuale, la domanda cala di una percentuale
minore). Il valore assoluto di E è maggiore di 0 ma minore di 1. La domanda è poco sensibile al prezzo o scarsamente
reattiva alle variazioni di prezzo.
• domanda a elasticità unitaria → a una variazione di prezzo corrisponde una variazione della quantità domandata di
segno opposto esattamente proporzionale (il prezzo aumenta di una percentuale, la domanda cala della stessa
percentuale). Il valore assoluto di E è pari a 1.
Conoscere l'elasticità della domanda ci permette di capire quale azione è meglio intraprendere per aumentare i ricavi
totali. Se la domanda è rigida, l'impresa aumentando il prezzo perderà una certa percentuale di domanda, ma in una
percentuale minore rispetto all'aumento di prezzo, per cui i ricavi totali aumenteranno. Nel caso di domanda elastica
invece i ricavi totali diminuirebbero.
I fattori che influenzano la domanda ne influenzano anche l'elasticità. Più sostitutivi di un prodotto sono presenti sul
mercato, più la domanda sarà elastica al prezzo. I bene e servizi considerati di assoluta necessità sono caratterizzati da
una domanda anelastica. Prodotti dal valore unitario molto elevato, non necessari, hanno una domanda elastica.
L'elasticità quindi non ha lo stesso valore per ogni livello di prezzo, quindi varia lungo la curva della domanda con le
relative ripercussioni sui ricavi totali.

14.4 Fase 3: determinazione dei rapporti fra costi, volumi e utile


Una variazione dei prezzi, influenzando i volumi di vendita, ha effetti anche sui costi di produzione, se questi variano al
variare della quantità prodotta. Per analizzare questa relazione bisogna fare riferimento ad alcuni concetti di
microeconomia: le curve di costo, l'analisi marginale, il punto di pareggio (PDP, o Break Even Point, BEP).

44
14.4.1 Il controllo dei costi e l'analisi marginale
Si distinguono 5 diverse tipologie di costo:
• costo totale (Ct) → è la spesa totale sostenuta da un'azienda per la produzione e vendita dei propri prodotti. È la
somma di costi fissi e variabili. Ct = Cf + Cv
• costo fisso (Cf) → è quella parte dei costi che non varia al variare della quantità prodotta e venduta.
• costo variabile (Cv) → è la somma delle spese dell'azienda che variano al variare della quantità prodotta e venduta.
• costo variabile unitario (Cvu) → è il costo variabile espresso su base unitaria. Cvu = Cv / Q
• costo marginale (Cm) → è l'incremento del costo totale che deriva dalla produzione di una unità aggiuntiva di
prodotto. Cm = (Variazione dei Ct) / (Aumento di 1 unità di Q) = ∆Ct / ∆Q = Pendenza della curva dei Ct
Il marketing deve tenere conto della struttura dei costi dei prodotti che promuove, analizzando gli effetti delle decisioni
di prezzo. Costi fissi e variabili hanno una diversa influenza: per esempio, se i primi sono molto elevati rispetto ai
secondi, quando l'impresa ha una capacità produttiva inutilizzata è portata a ridurre anche drasticamente i prezzi per
ottenere risorse a copertura dei costi fissi. Se invece i costi fissi sono molto contenuti e quelli quelli variabili alti, non c'è
necessità di ridurre il prezzo.
Questi esempi sono una dimostrazione di analisi marginale, cioè la verifica dei costi e dei ricavi generati dalla vendita
di una ulteriore unità di prodotto. Il principio di base è che conviene produrre e vendere un dato prodotto fino a quando
il ricavo marginale sarà maggiore rispetto al costo marginale.

14.4.2 Analisi del punto di pareggio


L' analisi del punto di pareggio (break-even analysis) consiste nel mettere in relazione ricavi totali e costi totali
per determinare la redditività a seconda dei diversi livelli di produzione.
Il punto di pareggio (PDP) è il valore dei ricavi in corrispondenza del quale costi totali e ricavi totali si eguagliano.
Tutte le unità aggiuntive vendute oltre il PDP originano profitto per l'impresa. PDPquantità = Cf / (P – Cvu)
La quantità di pareggio esprime il livello minimo di vendite che l'impresa deve raggiungere per assicurarsi la copertura
dei costi; corrisponde a una situazione di profitti pari a zero.
Attraverso l'analisi marginale è invece possibile individuare il livello di vendite in corrispondenza del quale l'impresa
raggiunge il livello di massimo profitto.
Al crescere della quantità prodotta, il costo marginale inizialmente diminuisce fino a raggiungere il livello minimo,
diminuzione dovuta alla presenza di economie di scala. Tuttavia, per aumenti successivi della quantità prodotta, il costo
marginale riprende a crescere, aumento che può essere dovuto a inefficienza della manodopera o dei macchinari.
Il costo totale inizialmente cresce in modo più che proporzionale rispetto alla quantità prodotta (concavità della curva
dei Ct verso il basso). Quando il costo marginale è al livello minimo, la concavità della curva cambia (verso l'alto), a
significare che oltre quel punto il costo totale cresce in modo meno che proporzionale rispetto alla quantità prodotta.
I ricavi totali, invece, crescono all'aumentare della quantità venduta, ma raggiunto un massimo iniziano a decrescere
per la necessità di sostenere le vendite praticando prezzi via via più bassi.
L'andamento congiunto di ricavi e costi totali mostra come variano i profitti (la distanza fra costi e ricavi) al crescere
della quantità domandata. I profitti sono negativi finché non si raggiunge il punto di pareggio (prima intersezione fra Ct
e Rt). Successivamente i profitti iniziano a crescere fino al raggiungimento di un massimo (massima distanza fra le
curve), per poi cominciare a decrescere fino a ritornare di nuovo nulli (seconda intersezione) e poi negativi.
In corrispondenza della quantità di massimo profitto, il ricavo marginale è pari al costo marginale.
L'analisi del punto di pareggio trova ampio uso nel marketing, soprattutto per studiare l'impatto delle variazioni di
prezzo, dei costi fissi e di quelli variabili sugli utili dell'impresa. Molti manager utilizzano software che permettono di
calcolare rapidamente i risultati di diverse possibili combinazioni di quantità, costi e ricavi.
Diagramma del punto di pareggio:

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Utile = Rt – Ct = (P x Q) – [Cf + (Cvu x Q)]

● Capitolo 15 – Le strategie di definizione dei prezzi

15.1 Fase 4: definire un livello di prezzo iniziale


Per fissare il prezzo di un prodotto, il responsabile marketing deve individuare un livello di prezzo iniziale da utilizzare
come punto di partenza. I possibili metodi di fissazione del prezzo iniziale si basano su quattro orientamenti:
alla domanda; ai costi; al profitto; alla concorrenza.

15.1.1 Approcci orientati alla domanda


Si caratterizzano per un'attenzione prevalente ai comportamenti dei potenziali acquirenti. Comprendono 8 strategie.
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▪ Prezzo di scrematura (skimming price). Consiste nel commercializzare un prodotto facendo riferimento a quella
parte della domanda che esprime un forte desiderio per esso ed è disposta a pagare un prezzo elevato. Quando la loro
domanda è soddisfatta, l'impresa abbassa il prezzo iniziale per rispondere alla domanda di nuovi segmenti più sensibili
al prezzo. Il termine scrematura si utilizza proprio per evidenziare questa discesa guidata del prezzo.
Il prezzo di scrematura è una strategia efficace quando:
- c'è un numero sufficiente di potenziali clienti disposti ad acquistare il prodotto a un prezzo iniziale elevato;
- ci sono barriere all'ingresso per i potenziali concorrenti ed è quindi improbabile che un'impresa rivale sia in grado di
offrire un prodotto simile a un prezzo più basso;
- i clienti percepiscono il livello elevato del prezzo come un indicatore di elevata qualità;
- non ci sono elevate economie di scala e limitare la produzione non comporta un eccessivo aumento dei costi unitari.
▪ Prezzo di penetrazione (penetration price). Consiste nel fissare un prezzo iniziale basso per raggiungere
rapidamente quote di mercato elevate e sfruttare i vantaggi di una posizione di quel tipo.
Il prezzo di penetrazione è una strategia efficace quando:
- molti segmenti del mercato sono sensibili al prezzo
- un prezzo iniziale basso scoraggia i concorrenti dall'entrare sul mercato;
- ci sono elevate economie di scala da sfruttare, che spingono a raggiungere rapidamente grandi volumi di produzione.
È possibile che una strategia di penetrazione sia preceduta da una fase di scrematura, per recuperare i costi di ricerca,
sviluppo e lancio in condizioni di bassa concorrenza, per poi ridurre il prezzo per attirare i segmenti più sensibili al
prezzo.
▪ Prezzo di prestigio (prestige price). Comporta l'applicazione di un prezzo alto, in modo che i consumatori attenti alla
qualità o allo status siano attratti dal prodotto e lo acquistino. In alcuni casi il prestigio a esso associato è un criterio di
scelta così determinante che riducendolo la domanda diminuisce.
▪ Price lining. Consiste nell'offrire prodotti della stessa tipologia a livelli di prezzo diversi, a seconda della variante. È
efficace quando vi è disponibilità finanziaria del segmento, cioè la capacità o volontà di spesa per una certa categoria di
prodotto. È una strategia tipicamente adottata dai distributori al dettaglio.
Il vantaggio di questa strategia è una maggiore chiarezza dell'offerta, costruendo una scala di prezzi legata al modo in
cui i prodotti sono percepiti e facendo leva sulle diverse preferenze rispetto alle varianti del bene o alla quantità dei suoi
attributi. In quest'ultimo caso l'impresa può stimolare un'offerta di trading up affinché il consumatore sposti i propri
acquisti dalla variante base a quella superiore grazie a un rapporto qualità/prezzo percepito come conveniente.
▪ Prezzo psicologico (odd-even price). Consiste nella fissazione del prezzo di un prodotto in modo che sia inferiore di
pochi euro o centesimi rispetto a una cifra intera. L'ipotesi è che il consumatore percepisca il prezzo come più vicino alla
cifra inferiore. La domanda di un bene tende ad aumentare se il prezzo viene ridotto da una cifra intera a una
leggermente inferiore, ma un uso eccessivo dei prezzi psicologici tende ad annullarne l'effetto e a generare diffidenza
nel consumatore.
▪ Prezzo obiettivo (target pricing). L'impresa stabilisce il prezzo obiettivo che i consumatori sarebbero disposti a
pagare per un dato prodotto; poi, a ritroso, stabilisce il prezzo di cessione agli intermediari commerciali, tenendo conto
dei ricarichi che praticheranno. Fatto ciò, cercherà di adattare le caratteristiche e la composizione del prodotto in modo
tale da rendere compatibili i costi di produzione con l'obiettivo definito.
▪ Bundle pricing. È la commercializzazione di due o più prodotti a un unico prezzo. Si basa sull'idea che i consumatori
attribuiscano più valore all'insieme proposto che non alla somma dei singoli elementi che lo compongono e quindi che la
costruzione del pacchetto sia un servizio valutato positivamente. Ciò può essere dovuto al risparmio di tempo che
comporta o alla maggiore soddisfazione che si trae dall'uso di uno degli elementi grazie alla presenza degli altri.
▪ Yield management. L'obiettivo è massimizzare lo sfruttamento della capacità produttiva. È una strategia tipica del
settore dei servizi, dove la variabilità della domanda è elevata ed è forte il rischio di eccesso di domanda o offerta a
seconda dei momenti.

15.1.2 Approcci orientati ai costi


Il prezzo viene stabilito considerando i costi di produzione, distribuzione e vendita, e aggiungendo a questi un ricarico
sufficiente a coprire i costi generali e per raggiungere un obiettivo di utile. Comprendono 3 strategie.
▪ Metodo del mark-up standard (standard markup pricing). Consiste nell'aggiungere una percentuale fissa al costo
d'acquisto di tutti gli articoli appartenenti a un insieme o a una categoria di prodotti. È utile quando il numero di prodotti
è elevato e diventa difficile verificare la domanda effettiva per ciascuno di essi. Il ricarico percentuale varia a seconda
del tipo di punto vendita e della categoria di prodotto in questione.
▪ Metodo del cost-plus (cost-plus pricing). Consiste nell'aggiungere al costo unitario totale di produzione di un bene
uno specifico importo, che può essere determinato come: percentuale fissa del costo unitario totale (cost-plus
percentuale), generalmente applicato a prodotti in serie limitata o esemplari unici; come valore assoluto (cost-plus a
commissione fissa), diffuso nel caso di alcuni servizi professionali o nel caso di commesse relative a grandi lavori.
Il cost-plus pricing viene spesso utilizzato per fissare i prezzi dei prodotti rivolti al mercato industriale, ma il suo utilizzo
si è diffuso anche nel settore dei servizi.
▪ Metodo basato sulle economie di scala e di apprendimento. Queste dinamiche influenzano la struttura dei costi.
Le economie di scala comportano una riduzione del costo medio di produzione al crescere della quantità prodotta. Una
impresa che opera a pieno regime sfrutta tutta la capacità produttiva, funzionando così in modo più efficiente.
Le economie di apprendimento comportano anch'esse una riduzione del costo medio di produzione, dovuta però alla
maggiore esperienza che l'impresa accumula, per cui si riducono gli sprechi di risorse, si standardizzano i processi e si
recupera efficienza.
Conoscere l'effetto delle economie di scala e di apprendimento sui costi di produzione permette all'impresa di stimare in
modo più corretto i potenziali profitti e quindi di poter meglio pianificare politiche di penetrazione o di scrematura.

15.1.3 Approcci orientati al profitto


Si basano sul bilanciamento di costi e ricavi. Il profitto da raggiungere può essere espresso sia come valore assoluto che
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come percentuale. Comprendono 3 strategie.
▪ Metodo del profitto obiettivo (target profit pricing). Consiste nel fissare i prezzi basandosi su uno specifico obiettivo
annuale di profitto, in relazione a un determinato volume di vendite. Non è applicabile in mercati altamente competitivi,
dove i consumatori sono orientati alla convenienza.
▪ Metodo del ROS obiettivo (target return on sales). L'obiettivo è ottenere una certa percentuale di utile rispetto al
volume di vendite. È tipicamente adottato dalle imprese della grande distribuzione.
ROSobiettivo = Utileobiettivo / Rt = (Ct – Rt) / Rt
▪ Metodo del ROI obiettivo (target return on investment). Consiste nel fissare prezzi che permettano di raggiungere
annualmente determinati obiettivi di utile sul capitale investito. È necessario quindi definire diversi scenari e calcolare le
soluzioni che consentono di raggiungere l'obiettivo desiderato; per farlo sono utili i fogli di calcolo elettronico come
Excel. ROI = Utile / Capitale investito

15.1.4 Approcci orientati alla concorrenza


Si basano sulle azioni della concorrenza e sui vincoli di comportamento che determinano. Comprende 3 strategie.
▪ Prezzo di consuetudine (customary pricing). Viene applicato a quei prodotti dove la tradizione, l'utilizzo di un canale
distributivo particolare o altri fattori competitivi non consentono di sfruttare molte gradi libertà.
▪ Metodo basato sul prezzo di mercato. L'impresa può scegliere di basarsi sul prezzo di mercato (reale o stimato) di
una tipologia di prodotto per collocarsi a un livello superiore o inferiore (above-, at- or below-market pricing).
Nei settori del largo consumo sono le marche leader di mercato, con i loro prezzi, a rappresentare il punto di riferimento
per la concorrenza.
▪ Prezzo civetta (loss-leader o traffic maker). Consiste nell'offrire un prodotto al di sotto del prezzo abituale per
attirare l'attenzione dei consumatori e creare traffico nel punto vendita, nella speranza di vendere anche altri prodotti.

15.2 Fase 5: fissare il prezzo finale

15.2.1 Politiche di prezzo a confronto: prezzo fisso o flessibile


L'utilizzo di una politica del prezzo fisso consiste nel determinare un unico prezzo per tutti gli acquirenti di un bene.
Se si adotta una politica di prezzo flessibile, detta anche prezzo dinamico (dynamic pricing), i prezzi variano a
seconda di chi acquista il prodotto e della situazione in cui viene venduto.
Lo yield management è un'altra forma di prezzo flessibile, perché i prezzi variano in base alla situazione di acquisto del
singolo acquirente, alle valutazioni sui costi dell'azienda e alle condizioni competitive.
La tendenza ad utilizzare prezzi flessibili si sta diffondendo grazie alle tecnologie informatiche, che permettono al
marketing di personalizzare il prezzo per ogni singolo cliente in base all'informazione di cui dispone su di lui. Il canale
elettronico permette di raccogliere ed elaborare informazioni sul consumatore in tempo reale e di modificare di
conseguenza i prezzi senza particolari oneri di aggiornamento dei listini. Una tecnica impiegata in questi casi si basa sul
clickstream del cliente, ovvero il modo in cui naviga sul sito.
Un altro modo di applicare prezzi flessibili si basa sulla contrattazione (bargaining), ovvero una trattativa fra venditore
ed acquirente.
L'utilizzo di una politica di prezzi flessibili espone però anche a critiche e rischi, perché un consumatore che abbia pagato
un prezzo più alto per uno stesso prodotto potrebbe accorgersene, decidere di non rivolgersi più all'impresa che lo ha
discriminato e comprometterne l'immagine attraverso il passaparola.

15.2.2 Gli effetti delle decisioni di prezzo su impresa, consumatori e concorrenza


▪ Effetti sull'impresa. L'impresa, nella definizione dei prezzi, deve tenere conto delle relazioni che esistono fra i
prodotti che fanno parte della stessa linea, che in genere hanno qualche rapporto di complementarità o sostituibilità fra
loro. L'azienda quindi procederà alla determinazione del prezzo della linea di prodotto (product-line pricing), che
consiste nel fissare il prezzo di un singolo bene tenendo in considerazione tutti gli altri, perché al di là dei risultati
economici di ciascuno di essi contano i risultati complessivi dell'intera linea. Dovrà quindi stabilire: il prodotto a cui
attribuire il prezzo più basso; il prodotto a cui attribuire il prezzo più alto; i differenziali di prezzo per gli altri prodotti
della linea. Gli articoli con il prezzo più alto e più basso hanno un ruolo centrale. Il primo ha un posizionamento elevato
in termini di qualità e caratteristiche, il secondo è un generatore di traffico, quindi in grado di attirare l'attenzione
dell'acquirente indeciso o ancora da fidelizzare. I differenziali di prezzo tra gli altri articoli dovrebbero essere coerenti e
rispecchiare le differenze di valore percepito dai clienti.
▪ Effetti sui clienti. Il prezzo influenza le percezioni e le aspettative dei clienti, che spesso si creano dei punti di
riferimento per la valutazione di offerte alternative. Prezzi inferiori a quelli delle marche leader di oltre il 20-25% hanno
un effetto negativo sul posizionamento del prodotto, perché viene percepito come qualitativamente inferiore.
Un altro importante effetto si verifica nei rapporti fra i produttori e i loro intermediari commerciali. Il produttore
potrebbe fissare un prezzo di cessione che non consente agli intermediari di vendere i prodotti in modo remunerativo, a
causa dei vincoli concorrenziali che devono affrontare. Alcuni, quelli con più solida presenza nel mercato, potrebbero
reagire minacciando il fornitore di non acquistare più il suo prodotto e vendere solo quello della concorrenza.
▪ Effetti sulla concorrenza. Prima di fissare il prezzo è necessario valutare con attenzione le possibili reazioni dei
rivali, per scongiurare una guerra dei prezzi che provocherebbe l'erosione dei profitti per tutte le imprese coinvolte.
Una situazione simile inizia a causa di una impresa che fissa un prezzo più basso dei concorrenti per sottrarre loro quote
di mercato; loro reagiscono fissando un prezzo simile o più basso, e il rischio è di arrivare a operare a livello di pareggio,
a profitti zero. Una guerra dei prezzi può essere avviata solo se si è leader di costo, se la domanda è elastica e se la
riduzione di prezzo è confinata a specifici prodotti o segmenti, e non generalizzata.

15.2.3 Equilibrare costi e ricavi marginali


Quando si modifica un prezzo o si pianificano nuovi programmi pubblicitari si devono considerare gli effetti sulla quantità
venduta. Questa verifica, che si basa sull'analisi marginale, comporta un raffronto continuo fra costi e ricavi marginali.
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I ricavi marginali attesi dalla modifica di prezzo e dall'uso delle altre leve di marketing devono più che compensarne i
costi. Stimare i ricavi in anticipo non è semplice come stimare i costi, e non è semplice capire se un aumento delle
vendite sia dovuto a politiche di marketing efficaci o a fattori di natura ambientale. La misurazione dell'efficacia del
marketing, la redemption, è molto complessa, perché le azioni di marketing si svolgono in ambienti dinamici e isolare
l'effetto delle diverse leve da quello di tutti gli altri fattori che incidono sui comportamenti dei consumatori è molto
difficile.

15.3 Fase 6: modifiche al prezzo finale


Una volta fissato il prezzo finale, è necessario utilizzare una serie di tecniche per modificarlo in risposta a una serie di
situazioni particolari. Le modifiche possono essere realizzate per: adeguare il prezzo a costi di produzione che variano
nei diversi mercati serviti (differenziazione); sfruttare le differenze tra gruppi di consumatori in termini di disponibilità
economica per aumentare i profitti (discriminazione); rispondere al potere negoziale di alcuni grandi acquirenti.
Le variazioni del prezzo di listino possono essere ricondotte: agli sconti, agli abbuoni e alle aree di mercato servite.

15.3.1 Sconti
Gli sconti sono riduzioni del prezzo di listino concesse a un acquirente come corrispettivo per determinati comportamenti
che riducono i costi del venditore, come l'acquisto di grandi quantitativi di merce, il pagamento anticipato, acquisti fatti
in periodi in cui la domanda è bassa. Le tipologie di sconto più adottate sono: sconti sulla quantità; sconti stagionali;
sconti commerciali (funzionali); sconti per pagamenti in contante.
▪ Sconti sulla quantità. È una riduzione di prezzo per i clienti che acquistano quantitativi elevati. Chiedendo un
servizio più esteso generano infatti economie di scala che vengono compensate tramite lo sconto.
Gli sconti sulla quantità possono essere di due tipi:
- non cumulativi → si basano sulle dimensioni del singolo ordine di acquisto, incoraggiando il cliente a concentrare la sua
domanda in pochi grandi ordini (es. spedizioni);
- cumulativi → si basano sul numero totale di unità ordinate in un certo periodo di tempo, spingendo il cliente a essere
fedele per raggiungere le soglie che danno diritto allo sconto.
▪ Sconti stagionali. Servono a sostenere le vendite nei periodi dell'anno in cui queste sono più basse, migliorando in
questo modo l'uso della capacità produttiva. Possono essere applicati sugli acquisti anticipati per incoraggiare i clienti ad
accumulare scorte in anticipo rispetto alla effettiva necessità. Questa politica include anche un premio per gli
intermediari che, acquistando prima del necessario, si assumono i rischi derivanti dai costi di magazzino e dalle scorte
accumulate che potrebbero rimanere invendute.
Una tipica forma di sconto stagionale sono i saldi di fine stagione, utilizzati dai rivenditori per smaltire le scorte di
invenduto e mantenere operativa la capacità di vendita in periodi in cui resterebbe inutilizzata.
▪ Sconti commerciali (funzionali). Sono riduzioni del prezzo di listino offerte agli intermediari commerciali della filiera
in base a: la loro posizione nel canale distributivo; le attività di marketing che svolgeranno a favore del produttore.
▪ Sconti per pagamento in contanti. Possono essere concessi ai clienti che saldano subito quanto dovuto anziché
ricorrere a forme di pagamento posticipate o al credito al consumo. In questo modo il venditore riduce il tempo di
copertura dei costi e aumenta il tempo di maturazione di interessi attivi sui ricavi.

15.3.2 Abbuoni
Gli abbuoni sono riduzioni dei prezzi di listino concessi agli acquirenti che mettono in pratica un certo tipo di attività.
Comprendono gli abbuoni per permuta e gli abbuoni promozionali.
▪ Abbuoni per permuta. È una riduzione di prezzo concessa quando la cessione di un prodotto usato rappresenta una
parte del pagamento di un nuovo prodotto. È una pratica molto diffusa fra i concessionari di auto.
▪ Abbuoni promozionali. È un premio (in denaro o prodotti) riconosciuto ai clienti che aderiscono a specifiche
iniziative, per esempio a rivenditori che partecipano a programmi di promozione delle vendite. I diversi tipi di abbuono
possono prevedere un pagamento in contanti per la prestazione, uno sconto specifico per i prodotti oggetto della
promozione o una quantità aggiuntiva di prodotto gratuita. Spesso una parte di questo risparmio viene trasferita sui
consumatori finali.
Alcune imprese hanno scelto di sostituire gli abbuoni promozionali con una politica di every day low pricing (prezzi
bassi tutti i giorni), che consiste nel ridurre o eliminare le spese promozionali per poter offrire ai consumatori un prezzo
medio più basso. Infatti, se vengono eccessivamente utilizzate, le promozioni rischiano di perdere la loro funzione di
offerta straordinaria, e di rendere poco credibile il prezzo di un prodotto e il suo valore. L'every-day-low-price consiste
appunto nell'eliminare la promozione e investire le relative risorse in un prezzo stabilmente più basso.

15.3.3 Le modifiche dei prezzi su base geografica


Le modifiche dei prezzi su base geografica consistono in variazioni del prezzo di listino a seconda della localizzazione dei
clienti; i prezzi dipendono quindi dai costi di trasporto necessari per servire le diverse aree. Le due tipologie principali
sono: il prezzo d'origine uniforme (FOB, free on board); il prezzo di consegna uniforme.
▪ Prezzo di origine uniforme (FOB). Il produttore fa pagare lo stesso prezzo di vendita a tutti gli acquirenti e calcola a
parte le spese di trasporto. Il prezzo di origine è uguale per tutti, ma quello finale varia a seconda della localizzazione
geografica del cliente. Questa modalità di determinazione del prezzo è quindi non discriminatoria, perché a ogni
acquirente vengono addebitati i costi necessari a raggiungerlo, ma ha lo svantaggio di rendere il prodotto sempre meno
conveniente all'allontanarsi dall'area di mercato che si vuole servire, rendendo più probabile che i clienti lontani
ricorrano a un produttore della propria zona.
▪ Prezzo di consegna uniforme. L'impresa fa pagare lo stesso prezzo di consegna a tutti i clienti, a prescindere dalla
loro localizzazione geografica. In questo modo imputa a tutti un costo medio, ma con il risultato che i clienti più vicini
pagano un prezzo più alto di quello che avrebbero pagato con il metodo FOB. Comprende 4 metodi di prezzo:
- prezzo a zona unica → tutti gli acquirenti pagano lo stesso prezzo di consegna, indipendentemente dalla distanza dal
fornitore (es. francobollo).
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- prezzo a zone multiple → il territorio di vendita viene suddiviso in diverse zone o aree geografiche; il prezzo di
consegna varia a seconda della zona ma è uguali per clienti interni alla stessa zona (es. telefonate internazionali).
- prezzo FOB con trasporto concesso → o prezzo di assorbimento del trasporto; il venditore sostiene tutte o parte delle
spese di trasporto. È una strategia utilizzata quando il venditore vuole concludere una trattativa in una specifica area o
con un particolare cliente.
- metodo del punto base → il venditore sceglie una località geografica come base per calcolare i costi di trasporto che
applicherà a tutti i clienti, indipendentemente dal luogo in cui i prodotti sono effettivamente spediti.
15.3.4 Aspetti legali in merito alla determinazione dei prezzi
Date le ripercussioni sui consumatori e sulle dinamiche competitive, le decisioni di determinazione dei prezzi sono state
oggetto di regolamentazione. Lo Stato italiano e la Comunità Europea intervengono su questi temi attraverso la
legislazione in fatto di tutela del consumatore e della concorrenza. Tra le tematiche più rilevanti troviamo l'obbligo di
esposizione dei prezzi, le limitazioni alle vendite in sottocosto, il divieto per i produttori di imporre il prezzo di vendita ai
distributori, il divieto di price fixing (pratiche collusive), i prezzi ingannevoli e predatori, le politiche discriminatorie.
▪ Price fixing. Può essere orizzontale o verticale. Nel price fixing orizzontale, due o più concorrenti si accordano sul
prezzo da applicare; in questo modo evitano di farsi concorrenza e accettano di spartirsi le vendite preservando le
rispettive quote di mercato. Questa pratica, detta anche collusione di prezzo, ostacola il corretto funzionamento del
libero mercato, mantiene alti i prezzi e causa un danno ai consumatori. Tuttavia, non sempre le pratiche collusive sono
perseguibili per legge; i produttori di petrolio aderenti all'OPEC fissano un unico prezzo di vendita del greggio attraverso
un accordo di cartello, ma non è possibile intervenire perché si tratta di un accordo fra Stati.
Nel price fixing verticale il produttore convince o obbliga il rivenditore a praticare un determinato prezzo di vendita al
dettaglio, o a non scendere al di sotto di una determinata soglia. Anche questa pratica, detta prezzo imposto, è
illegale, poiché non consente alla concorrenza di agire liberamente e origina un danno economico per il consumatore. In
alcuni casi le aziende aggirano il divieto attraverso la comunicazione di un “prezzo consigliato”, affinché il distributore
appaia, agli occhi del consumatore, costretto a praticare quel prezzo, con un effetto di allineamento del prezzo che
garantisce margini adeguati a tutti gli intermediari.
▪ Prezzi ingannevoli. Comprende qualunque politica di prezzo intesa a ingannare il consumatore per ottenere un
indebito profitto. Un esempio di politiche di prezzo che possono diventare ingannevoli sono le promozioni che vengono
pubblicizzate senza indicare la quantità di pezzi disponibili; in questo modo il distributore attira i clienti nel punto
vendita che, non potendo ottenere il prodotto in promozione, ne acquisterà altri. In Italia i distributori sono obbligati per
legge a dichiarare nella comunicazione i quantitativi di prodotto in promozione disponibili.
In generale sono tendenzialmente ingannevoli tutte le situazioni in cui viene data al consumatore informazione limitata
o volutamente difficile da capire o da trovare; sono ingannevoli quelle in cui l'informazione data non corrisponde al vero.
▪ Prezzi predatori. Consiste nella fissazione di prezzi così bassi da fare sì che i concorrenti siano costretti a uscire dal
mercato, per poi sfruttare la condizione di monopolio rialzando i prezzi. Anche questa pratica è illegale.
▪ Discriminazione dei prezzi. Comprende numerose situazioni, alcune illegali, altre normalmente accettate.
Bisogna distinguere fra discriminazione e differenziazione dei prezzi: se le differenze tra i prezzi fatti pagare ai diversi
gruppi di consumatori riflettono le differenze di costo sostenute dall'impresa per fornire il prodotto ai vari gruppi, si
parla di differenziazione, altrimenti si tratta di discriminazione. Quest'ultima si verifica quando a costi di produzione
uguali corrispondono prezzi di fornitura diversi, o viceversa. Non è una pratica illegale, ma lo diventa se risulta tale da
compromettere le dinamiche concorrenziali.

● Appendice B – Aspetti finanziari del marketing

Il conto economico
Il conto economico sintetizza la redditività di un'impresa per uno specifico periodo di tempo, di solito un trimestre o un
anno. Lo scopo è mostrare come costi e ricavi concorrono alla determinazione dell'utile, informazioni che permettono di
valutare eventuali azioni per migliorare la redditività futura. I tre elementi chiave del conto economico sono:
i ricavi dalla vendita dei prodotti; i costi di produzione e commercializzazione; l'utile o la perdita.

Le vendite sono misurate attraverso 4 voci:


- vendite lorde, l'importo totale fatturato ai clienti;
- resi, il valore del materiale restituito dai clienti;
- abbuoni, riduzioni di prezzo riconosciute al cliente non soddisfatto dell'acquisto;
- vendite nette, il saldo ottenuto sottraendo alle vendite lorde il valore dei resi e degli abbuoni.
Un basso livello di resi e abbuoni dimostra che il negozio ha soddisfatto efficacemente i clienti, cosa essenziale per
fidelizzarli, consolidare la reputazione del negozio e garantire un duraturo successo.

Il costo del venduto è il costo totale dei prodotti venduti nel periodo considerato (costi di acquisto e di eventuale
lavorazione). Alcuni termini relativi al costo del venduto:
- magazzino, è il valore di materie prime, semilavorati, componenti e prodotti disponibili per l'esercizio corrente ma
acquistati o lavorati in quello precedente;
- sconti sull'acquisto, riduzioni sul prezzo di acquisto;
- manodopera diretta, il costo della manodopera impiegata per realizzare il prodotto finito;
- margine lordo, la differenza fra il valore delle vendite nette e il costo del venduto; corrisponde alle risorse a
disposizione dell'impresa per pagare le spese di vendita, amministrative e generali, lasciando un margine di profitto.
Le spese di vendita sono i costi di vendita del prodotto (retribuzioni degli addetti alla vendita, spesa pubblicitaria).
Le spese amministrative sono i costi di gestione dell'azienda (retribuzione del titolare e del contabile, forniture d'ufficio).
Le spese generali quei costi non inclusi altrove (affitto, attrezzature, interessi passivi, manutenzione, assicurazione...).

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Il guadagno dell'azienda, l'utile al lordo delle imposte, si calcola sottraendo il costo del venduto e le spese dalle
vendite nette.

Indici operativi per la valutazione delle attività


Le voci di conto economico che consentono la valutazione dei risultati dell'impresa sono le vendite lorde e nette, il
margine lordo e l'utile al lordo delle imposte. Questi indicatori percentuali sono utili per fare confronti con gli esercizi
precedenti, per fissare obiettivi futuri o confrontare le proprie performance con quelle dei concorrenti.
I confronti possono essere realizzati usando i valori in euro o gli indici operativi espressi come percentuale. I vantaggi
dell'impiego degli indici operativi sono la semplicità dell'utilizzo di valori percentuali anziché monetari e la possibilità di
confronto con gli stessi indici calcolati rispetto ad altre imprese del settore a prescindere da differenze dimensionali.

Indici per la determinazione del prezzo, per la valutazione delle rotazioni e il ritorno sugli
investimenti

Il mark-up è l'importo aggiunto al costo del venduto per determinare il prezzo di vendita, espresso in euro o in
percentuale. Ha un significato analogo a quello di margine lordo: quest'ultimo è più usato nella gestione contabile,
mark-up è più utilizzato nel marketing per le decisioni di prezzo.
Il mark-up percentuale sul prezzo di vendita è pari a: (Mark-up / Prezzo di vendita) x 100
Il mark-up percentuale sul costo del venduto è pari a: (Mark-up / Costo del venduto) x 100

Il mark-down è la riduzione del prezzo di vendita del prodotto, che si rende necessaria se l'impresa non riesce a
venderlo a prezzo pieno. La percentuale di mark-down si calcola come rapporto tra il mark-down in euro (il valore in
euro del prezzo di ribasso) e le vendite nette. Mark-down = (Mark-down / Vendite nette) x 100

Il tasso di rotazione del magazzino è una misura di quante volte lo stock di magazzino viene venduto nel periodo
considerato. È un indicatore importante della rapidità con cui l'impresa riesce a vendere l'assortimento di prodotti in
offerta e quindi anche un indicatore del successo dell'offerta nella clientela. Il valore dei beni di magazzino costituisce
una immobilizzazione di risorse economiche, perciò un miglioramento delle rotazioni ha effetti positivi anche sulla
redditività. Corrisponde al rapporto fra il costo del venduto e il valore medio del magazzino al prezzo di acquisto.
Il valore in euro del magazzino medio al prezzo di acquisto è calcolato come media dei valori del magazzino iniziale e di
quello finale. Tasso di rotazione = Costo del venduto / Magazzino medio al prezzo di acquisto.

Il ROI (Return On Investment; utile sul capitale investito) è una misura molto efficace dei risultati ottenuti da
un'azienda durante un esercizio. Corrisponde al rapporto fra l'utile netto e il valore degli investimenti effettuati per
ottenere quell'utile. ROI = Utile netto / Capitale investito
Il ROI può essere incrementato aumentando il tasso di rotazione degli investimenti (quindi aumentando il tasso di
rotazione del magazzino) o il margine di profitto (abbassando il costo del venduto rispetto alle vendite nette).

● Capitolo 16 – La gestione dei canali di marketing

16.1 Natura e importanza del marketing


I canali distributivi rappresentano una leva di marketing per le imprese di produzione (che raggiungono i potenziali
acquirenti) e una fonte di valore per il consumatore (che soddisfa le proprie necessità di approvvigionamento e ottiene
beni e servizi desiderati).

16.1.1 Cosa è un canale di marketing?


Il canale di marketing o canale di distribuzione (marketing channel) è l'insieme di soggetti (aziende o privati) che
svolgono le attività necessarie per trasferire un bene o servizio al consumatore. La gestione dei canali all'interno del
marketing mix è finalizzata a far sì che la distribuzione dei prodotti avvenga nei tempi, nei luoghi e secondo le modalità
desiderate dai consumatori.
Gli intermediari tra il produttore e l'acquirente possono avere diverse denominazioni e svolgere diverse funzioni:
- agente o broker → ha il potere legale di agire per conto del produttore; promuovono il prodotto, raccolgono gli ordini
- grossista → vende agli altri intermediari, in genere ai rivenditori
- rivenditore o dettagliante → vende ai consumatori finali
- distributore → termine generico per indicare intermediari che svolgono diverse funzioni di distribuzione
- concessionario → distributori che hanno ottenuto da uno o più produttori la facoltà di vendere i loro prodotti.

16.1.2 Il valore creato dagli intermediari


Gli intermediari svolgono un ruolo fondamentale, perché minimizzano il numero di relazioni di vendita che un'impresa
deve attivare per collocare sul mercato i prodotti, rendendo più efficiente la vendita di beni e servizi. Senza un
intermediario di vendita al dettaglio le imprese dovrebbero generare tanti tentativi di relazione commerciale quanti sono
i consumatori, senza avere la certezza che tutti vadano a buon fine. L'intermediario permette ai produttori di
raggiungere tutto il mercato attraverso un'unica relazione commerciale, e ai consumatori di valutare l'offerta disponibile
con una sola spedizione di acquisto. Ciò comporta benefici di costo per i produttori e vantaggi per i consumatori.
▪ Funzioni svolte dagli intermediari.
Funzione transazionale → acquisto; vendita; assunzione di rischio.
Funzione logistica → creazione dell'assortimento; stoccaggio; frazionamento; trasporto.
Funzione di agevolazione → finanziamento; valutazione; informazione (a clienti e fornitori) e ricerca di marketing.

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Un canale di marketing deve assicurare lo svolgimento di tutte queste funzioni che, al suo interno, possono essere
ripartite in vario modo tra i diversi membri del canale (produttori, intermediari, consumatori).
▪ I benefici che i consumatori ottengono dagli intermediari. Comprendono 4 tipi di utilità:
Utilità di tempo → disponibilità di un bene o servizio nel momento in cui se ne ha bisogno.
Utilità di luogo → disponibilità di un bene o servizio nel luogo in cui se ne ha bisogno.
Utilità di forma → la possibilità di avere un prodotto modificato sulla base delle proprie esigenze.
Utilità di possesso → la possibilità di ottenere facilmente un bene o servizio.
16.2 Struttura e organizzazione del canale
Per trasferire un prodotto dal produttore al consumatore finale, si può optare per canali di diversa lunghezza. L'obiettivo
del marketing è trovare la modalità di distribuzione più efficiente. Esistono molte differenze fra i canali di marketing per
i beni di consumo e per quelli destinati alle aziende.

16.2.1 I canali di marketing per i beni e servizi di consumo finale


A seconda del numero di intermediari coinvolti si definisce la lunghezza del canale. I 4 canali più comuni sono:
Canale diretto: il produttore non si avvale di altri intermediari e integra tutte le funzioni di canale.
1- Produttore → Consumatore. Settore assicurativo.
Canali indiretti: fra produttore e consumatore vi sono uno o più intermediari.
2- Produttore → Dettagliante → Consumatore . Beni di largo consumo; grande distribuzione; automobili.
3- Produttore → Grossista → Dettagliante → Consumatore . Articoli a basso costo; piccoli commercianti.
4- Produttore → Agente → Grossista → Dettagliante → Consumatore . Mercato frammentato; imprese agricole.

16.2.2 I canali di marketing per gli scambi fra imprese


I canali aziendali in genere sono più corti, con una prevalenze del canale diretto o la presenza di un solo intermediario,
dato che in questo mercato il numero di operatori è più piccolo e i volumi di vendita più elevati. I 4 canali più comuni:
Canale diretto: il produttore utilizza forza vendita propria, costituita da dipendenti e non agenti esterni, che svolgono
tutte le funzioni di canale. È una scelta possibile quando gli acquirenti hanno dimensioni elevate e la vendita richiede
trattative complesse in merito a prodotti ad alto valore unitario, che richiedono competenze tecniche sofisticate.
1- Produttore → Utente industriale.
Canali indiretti: uno o più intermediari per raggiungere gli utenti industriali.
2- Produttore → Distributore industriale → Utente industriale . Vendita, stoccaggio, consegna, finanziamento.
3- Produttore → Agente → Utente industriale . Intermediario esterno che rappresenta il produttore.
4- Produttore → Agente → Distributore industriale → Utente industriale . Il canale più lungo.

16.2.3 I canali di marketing elettronico


Sono basati sull'utilizzo di Internet, che mette a disposizione delle aziende un'interfaccia a basso costo per raggiungere
direttamente i propri clienti, permettendole quindi di fare a meno dei tradizionali intermediari o di creare configurazioni
miste. Gli intermediari online svolgono funzioni simili a quelli dei dettaglianti tradizionali, ma a costi molto bassi grazie
all'assenza di oneri per le strutture fisiche di vendita. Tuttavia, gli intermediari elettronici non sono in grado di svolgere
la funzione logistica, a meno che non si tratti di prodotti digitalizzabili (viaggi, assicurazioni, musica); la funziona
logistica viene assolta dall'impresa o da intermediari specializzati, come i corrieri espresso.

16.2.4 I canali di direct marketing


Consentono ai consumatori di acquistare i prodotti interagendo con diversi media, senza un incontro diretto con un
venditore. Alcune aziende vendono esclusivamente attraverso canali di direct marketing, altre li affiancano ai canali
tradizionali per aumentare le vendite. Comprendono la vendita per corrispondenza, la vendita da catalogo, il
telemarketing (per telefono), il teleshopping, l'uso di media interattivi come Internet.

16.2.5 Multicanalità e alleanze strategiche di canale


I produttori possono utilizzare più di un canale per la propria distribuzione; in questi casi si parla di distribuzione a
due o più canali, o di distribuzione multicanale (dual distribution o multiple channel distribution). In alcuni casi
associano una distribuzione multicanale a una strategia multimarca per sfruttare al meglio le diverse opportunità offerte
da ciascun canale ed evitare che si creino conflitti fra canali che offrono la stessa marca a prezzi diversi. In altri casi alla
multicanalità si associano politiche di commercializzazione differenziate per i prodotti di una stessa linea.
Attraverso le alleanze strategiche di canale, invece, il canale di marketing di un'azienda viene usato per vendere i
prodotti di un'altra azienda. Sono più diffuse nel marketing globale, perché sono spesso costose e richiedono tempo.

16.2.6 Un approfondimento sugli intermediari di canale


Nella categoria generale di grossisti e agenti rientrano diverse figure specifiche che ricoprono ruoli anche molto diversi.
▪ Grossisti (merchant wholesaler). Sono aziende indipendenti che acquisiscono la proprietà della merce e assumono
diversi nomi, come distributore industriale o rivenditore. Possono essere distinti in:
Grossisti a servizio completo:
- generalisti (general merchandise wholesaler) o a linea completa (full-line wholesaler). → Gestiscono un ampio
assortimento di merce svolgendo tutte le funzioni del canale, tuttavia offrono una limitata profondità di
assortimento all'interno delle diverse categorie di prodotto che trattano. (alimenti, abbigliamento, medicinali)
- specializzati (specialty merchandise wholesaler) o a linea limitata (limited-line wholesaler) → Propongono una
gamma ristretta di categorie di prodotto ma con un assortimento completo, svolgendo tutte le funzioni di
canale. (ricambi per auto, prodotti ittici)
Grossisti a servizio limitato:
- rack jobber → Riforniscono gli scaffali nei negozi al dettaglio, svolgono tutte le funzioni di canale e offrono i
beni che trattano in conto vendita ai dettaglianti, cioè mantengono la proprietà dei prodotti esposti e li fatturano
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solo se vengono venduti.
- cash and carry → Acquistano la merce ma vendono solo ad acquirenti che si recano nei loro punti vendita,
pagano in contanti e provvedono da sé al trasporto; offrono prezzi molto contenuti a piccole imprese.
- drop shipper o desk jobber → Acquisiscono la proprietà della merce che trattano ma non la gestiscono
fisicamente, semplicemente incoraggiano gli ordini di dettaglianti o grossisti e fanno spedire la merce direttamente
dal produttore all'acquirente.
- truck jobber → Piccoli grossisti con un piccolo magazzino da cui caricano i propri camion per la distribuzione ai
dettaglianti. Di solito hanno un assortimento limitato di prodotti a elevato tasso di rotazione o deperibili, che
vendono direttamente dal camion nelle confezioni originali.
▪ Agenti e broker. Non assumono titolo di proprietà sulla merce e svolgono un numero limitato di funzioni. Il loro
reddito deriva dalle provvigioni o commissioni pagate per i loro servizi. Gli agenti si distinguono in:
agenti plurimandatari o rappresentanti plurimandatari → lavorano per diversi produttori non in concorrenza e
spesso con prodotti fra loro complementari, su un territorio di cui hanno l'esclusiva. Sono la loro forza vendita sul
territorio di competenza e svolgono funzioni transazionali, in particolare raccogliendo gli ordini d'acquisto.
agenti monomandatari → rappresentano un unico produttore e sono responsabili dell'intera funzione di marketing
di quel produttore. Progettano i piani promozionali, fissano i prezzi, determinano le politiche di distribuzione,
suggeriscono la strategia di prodotto.
Gli agenti di vendita sono usati soprattutto dai piccoli produttori del tessile, dell'abbigliamento, dell'alimentare e
dell'arredamento.
I broker sono aziende o individui indipendenti la cui funzione principale è fare incontrare domanda e offerta. In genere
non hanno un rapporto continuativo con l'acquirente o il venditore, ma negoziano un contratto fra due parti e passano a
un altro incarico. Tendono a rappresentare gli acquirenti, per i quali cercano un fornitore che abbia il prodotto con le
caratteristiche più affini a ciò che il cliente desidera. I broker sono usati soprattutto dai produttori di beni stagionali
(frutta e verdura) e nel settore immobiliare e assicurativo.
▪ Filiali e uffici del produttore. Sono parte integrante dell'impresa produttrice, per la quale svolgono le attività di
vendita all'ingrosso. La filiale del produttore gestisce il magazzino e svolge le funzioni di un grossista a servizio
completo. L'ufficio vendite del produttore svolge una funzione di vendita e funge da alternativa agli agenti e ai broker.

16.2.7 Sistemi verticali di marketing e partnership di canale


Fra i diversi operatori sono possibili accordi finalizzati a migliorare l'efficienza e l'efficacia delle funzioni di canale.
Questi accordi rientrano in due tipologie: i sistemi verticali di marketing e le partnership di canale.
▪ I sistemi verticali di marketing sono canali gestiti e coordinati a livello centrale, che hanno l'obiettivo di permettere
economie nella gestione e di migliorare l'esecuzione delle politiche di marketing che svolgono. 3 sono i tipi principali.
• sistema verticale di marketing aziendale → l'impresa svolge direttamente tutte le fasi successive alla
produzione, commercializzando i suoi prodotti in una rete distributiva di sua proprietà; ciò implica una integrazione a
valle. Allo stesso modo una impresa di distribuzione può integrarsi a monte assumendo la proprietà degli impianti di
produzione che la riforniscono. I vantaggi riguardano un migliore controllo di tutte le fasi di distribuzione e delle fonti
di approvvigionamento. Gli svantaggi riguardano l'elevato investimento necessario per adottare questa strategia.
• sistema verticale di marketing contrattuale → imprese di produzione e distribuzione integrano i propri sforzi su
base contrattuale per raggiungere obiettivi simili a chi si avvale di sistemi aziendali. Comporta investimenti più bassi,
perciò è la tipologia più diffusa di sistemi verticali di marketing. Può assumere diverse forme:
- unione volontaria: un grossista lega a sé un insieme di dettaglianti indipendenti per standardizzare e coordinare le
politiche di acquisto, i programmi di marketing e il lavoro di gestione del magazzino. È un modo per cercare di far
fronte alla concorrenza delle grandi catene distributive.
- gruppi di acquisto: organizzazioni composte da piccole imprese commerciali al dettaglio indipendenti che
costituiscono una centrale di acquisto comune alla quale assegnano le funzioni d'ingrosso e alcune attività di
marketing.
- franchising: accordo contrattuale tra un'impresa che fornisce beni o servizi (il franchisor) e una rete di imprese
(i franchisee) che svolgono le funzioni di commercializzazione dei suoi prodotti con la possibilità di usare il suo
marchio. I sistemi di franchising più diffusi sono di 4: al dettaglio promossi dal produttore; all'ingrosso promossi dal
produttore; al dettaglio di servizi; di servizi.
• sistema verticale di marketing amministrato → il coordinamento concordato non è conseguenza di un titolo di
proprietà o di un contratto, ma dell'influenza che un il produttore esercita sui distributori in merito alle politiche
espositive, la promozione e il livello di prezzo dei suoi prodotti. Oppure, viceversa, può essere il distributore ad avere
elevato potere contrattuale e ad ottenere quindi la collaborazione dei produttori.
▪ Partnership di canale. Consiste in accordi e procedure concordate fra i membri del canale in merito alle modalità di
ordine, alla logistica, alla promozione e ad ogni altra funzione svolta al suo interno. Le partnership di canale si sono
sviluppate molto grazie alle tecnologie informatiche e di comunicazione, che consentono di definire procedure di
coordinamento sempre più efficaci. I progetti di collaborazione tra le imprese di produzione e distribuzione del largo
consumo, sviluppati in ambito ECR (Efficient Consumer Response) sono un esempio di questo tipo di pratiche.
Le partnership di canale permettono di sviluppare programmi congiunti di marketing. Per esempio attraverso le
informazioni raccolte dal distributore tramite le carte fedeltà, il produttore può pianificare iniziative promozionali
dedicate per ogni segmento obiettivo.

16.3 Scelta e gestione del canale

16.3.1 I fattori che influenzano la scelta e la gestione del canale


I fattori da valutare nella scelta e gestione del canale sono di 4 tipologie:
• Ambientali → cambiamenti socio-demografici, elementi di comunicazione nel punto vendita, tecnologie di
comunicazione, Internet, sistema di regolamentazione.
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• Legati ai consumatori → localizzazione, mobilità, tecnologie di cui dispongono, frequenza degli acquisti, fedeltà alle
insegne distributive, cambiamenti nelle abitudini di consumo.
• Legati ai prodotti → caratteristiche del prodotto e informazioni fornite su di esso ai clienti.
• Legati all'impresa → tipo di offerta, capacità tecnologiche, umane e finanziarie.

16.3.2 La progettazione dei canali di marketing


Gli obiettivi: migliore copertura del mercato obiettivo; soddisfare le esigenze degli acquirenti; ottenere maggiori profitti.
▪ Copertura del mercato obiettivo. Bisogna considerare la densità della rete (il numero di punti vendita in una zona)
e il tipo di intermediari da usare. Esistono 3 gradi di densità di distribuzione:
- intensiva → penetrare il maggior numero di punti vendita possibile. Adatta per i prodotti o servizi banali.
- esclusiva → i prodotti sono gestiti da un numero limitato di negozi, ciascuno localizzato in una area strategica. Adatta
per beni o servizi specializzati.
- selettiva → l'azienda seleziona alcuni dettaglianti di una specifica zona e affida loro la vendita dei suoi prodotti, perché
offrono garanzie di qualità del servizio. È la modalità più adottata, soprattutto per beni e servizi problematici.
▪ Soddisfare le esigenze degli acquirenti. Le esigenze legate al processo di acquisto comprendono:
- informazione → importante quando gli acquirenti hanno conoscenza limitata o bisogno di dati specifici su un prodotto.
- facilità di reperimento (convenience) → si definisce in base alla vicinanza e accessibilità del punto vendita, al tempo
necessario per l'acquisto, alla possibilità di ottimizzare la spedizione. Può risolversi nell'offerta di assortimento sotto
casa a qualsiasi ora, nel sollevare il consumatore da incombenze, nel facilitare la navigazione e usabilità dei siti web.
- varietà dell'offerta → avere a disposizione un assortimento ampio (molte categorie) e profondo (varietà interna alla
categoria).
- servizi aggiuntivi → sono un elemento di valore importante per prodotti che richiedano, per esempio, la consegna,
l'installazione, il credito, la garanzia.
▪ Redditività. È determinata dal margine ottenuto (vendite meno costi) per ciascun membro del canale e per il canale
nel suo complesso. È un elemento che stimola le partnership di canale, ma al tempo stesso genera attriti e conflitti fra
industria e distribuzione per la ripartizione dei costi. Per rendere più efficiente la supply chain e aumentare il margine di
profitto per tutti gli operatori, le imprese hanno sviluppato progetti di collaborazione finalizzati alla standardizzazione dei
flussi informativi e di materiali lungo la catena logistica. Oppure le grandi catene di distribuzione hanno aperto centri di
distribuzione in cui convogliano tutti i prodotti che servono ai punti vendita di una certa area. In questo modo il
produttore, con una sola consegna, può soddisfare gli ordini di tanti punti vendita; le piccole consegne saranno compito
dei distributori, che però subiranno costi maggiori.

16.3.3 Dimensioni globali dei canali di marketing


La struttura dei canali di marketing nei diversi Paesi riflette le tradizioni, la geografia e la storia economica di ciascuno di
essi; ciò rende difficile armonizzare le differenze quando un'impresa deve implementare politiche di canale globali.
Il grado di concentrazione degli intermediari è un fattore chiave di differenziazione delle scelte di canale. In Europa c'è
un livello elevato di concentrazione nella distribuzione al dettaglio, con pochi grandi operatori che dominano i mercati
nazionali; in alcuni Paesi è più elevata (Regno Unito), in altri meno (Italia). In Giappone, invece, sono ancora
numerosissimi i piccoli negozi indipendenti, nei quali è difficile entrare per la limitatezza dello spazio di esposizione
disponibile. Conoscere le peculiarità dei canali dei singoli Paese è fondamentale per avere successo.
Nei Paesi in via di sviluppo esistono tantissimi piccoli negozianti che operano in mercati locali e all'aperto. Inoltre le
famiglie acquistano ogni giorno piccoli quantitativi di merce, per la carenza di risorse economiche e l'impossibilità di
conservazione domestica. In questi Paesi è difficile organizzare una rete distributiva, per la presenza di barriere
economiche e culturali; è necessario ripensare e adattare le politiche di commercializzazione.

16.3.4 Relazioni di canale: conflitto, cooperazione e regolamentazione


▪ Conflitti nei canali di marketing. Sorgono quando uno dei soggetti che ne fanno parte ritiene di essere penalizzato
dai comportamenti di un altro membro, che non gli permettono di raggiungere i suoi obiettivi. Esistono 2 tipi di conflitto:
- verticale → avviene fra diversi livelli del canale (es. fra produttore e grossista). Le 3 cause più comuni:
disintermediazione (un membro del canale scavalca un intermediario nel canale lungo); ripartizione iniqua dei margini
di profitto; scarsa cura dedicata alla vendita dei prodotti da parte di grossisti e/o dettaglianti.
- orizzontale → avviene fra intermediari allo stesso livello del canale. Le 2 cause più comuni: un produttore aumenta la
sua copertura distributiva in un'area geografica, riducendo le vendite degli intermediari già presenti in quell'area;
scelte di multicanalità di un fornitore, che distribuisce uno stesso prodotto tramite dettaglianti con un diverso
posizionamento.
Conflitti di questo genere sono spesso inevitabili perché nascono da obiettivi incompatibili e da mutamenti nelle politiche
commerciali che riflettono cambiamenti di strategia di un membro del canale. Si può cercare di ridurli tramite una
maggiore trasparenza dei comportamenti, un maggiore scambio di informazione e valutando gli effetti delle proprie
scelte di marketing sugli altri membri del canale.
▪ Cooperazione nei canali di marketing. Si fonda sul presupposto che ciascun membro, collaborando con gli altri, sia
in grado di ottenere profitti più elevati di quanto potrebbe ottenere in assenza di cooperazione. Un modo per evitare o
risolvere i conflitti è ricorrere a un capitano di canale, cioè far sì che un membro assuma un ruolo di leadership e
coordini gli altri. Il capitano di canale può essere un produttore, un grossista o un dettagliante. Un'organizzazione
diventa capitano di canale quando ha maggiore capacità di influenza sul comportamento degli altri, in virtù della sua
forza economico-contrattuale (elevata quota di mercato), delle sue competenze tecniche e di mercato, del suo successo
nei confronti della domanda finale. Si aggiunge a questi un fattore legale, per cui un'impresa ha il diritto legittimo,
stabilito per contratto, di decidere in merito al comportamento di uno o più partner di canale. È il caso tipico del
franchisor che vincola i franchisee; allo stesso modo un distributore ha il diritto di imporre alle imprese che producono i
suoi prodotti a marca commerciale determinate caratteristiche tecniche, le modalità di consegna e i controlli di qualità
da effettuare.
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▪ La regolamentazione. I conflitti di canale possono sfociare in azioni legali, è quindi necessario conoscere le
regolamentazioni che influenzano le pratiche e le strategie di marketing con riferimento alle politiche di canale. Fra le
pratiche anticompetitive, alcune che riguardano accordi esclusivi o vincolanti e il rifiuto o le restrizioni alla vendita.
Gli accordi esclusivi o vincolanti sono proibiti quando limitano la concorrenza o creano condizioni monopolistiche.
Gli accordi esclusivi si verificano quando un fornitore chiede ai membri del canale di vendere solo i suoi prodotti, o
limita i distributori nel vendere i prodotti della concorrenza.
Gli accordi vincolanti si verificano quando un fornitore impone a un intermediario interessato a un prodotto di
acquistarne anche altri presenti nel portafoglio, di non acquistare prodotti dei concorrenti, di privilegiare i suoi
nell'assegnazione di spazio nei punti vendita, in generale di praticare condizioni che lo favoriscano ostacolando i rivali.
Un rifiuto a trattare con i membri di canale può essere considerato illegale, anche se un produttore ha il diritto legale
di scegliere gli intermediari che gestiscono i suoi prodotti.
Le restrizioni a rivendere si riferiscono invece al tentativo di un fornitore di accordarsi in merito a quali distributori
possono rivendere i suoi prodotti e alle specifiche aree geografiche o territori in cui possono essere rivenduti.

● Capitolo 17 – Supply chain management e gestione della logistica

17.1 Importanza del supply chain management


La distribuzione fisica (tutto ciò che occorre fare per trasferire un prodotto all'acquirente) è una funzione molto
importante nel marketing, sia per i costi che comporta, sia per il contributo che dà all'esecuzione delle politiche di
marketing.

17.1.1 Il rapporto fra canali di marketing, logistica e supply chain management


La logistica è l'insieme di attività tramite cui l'impresa, attraverso un canale di marketing, rende i prodotti disponibili agli
acquirenti. Gli obiettivi di efficacia ed efficienza della logistica si traducono nel fornire le quantità di prodotto richieste
nel tempo e nel luogo concordato al minor costo possibile. La gestione della logistica consiste quindi
nell'organizzazione di un flusso di prodotti e delle relative informazioni, dal punto di origine al consumo. Lo svolgimento
di queste attività deve soddisfare le esigenze dei clienti, mantenendo un elevato rapporto fra efficienza ed efficacia;
devono quindi essere cost-effective (efficaci dal punto di vista dei costi), perciò la soluzione migliore non è quella che
costa meno, ma quella più efficiente nel preservare il livello di servizio richiesto dal cliente. La gestione della logistica
richiede di controllare una serie di elementi di interdipendenza fra cliente e fornitore che è possibile solo ricorrendo alle
partnership di canale; la singola impresa da sola non è in grado di ottenere risultati soddisfacenti. Collaborazione,
coordinamento e condivisione delle informazioni fra tutti i partner di canale sono necessari per gestire il continuo flusso
di beni e servizi fra chi produce e chi consuma. All'interno di questa prospettiva si è sviluppato il supply chain
management.

17.1.2 Confronto fra supply chain e canali di marketing


Una supply chain si compone di una sequenza di aziende che svolgono le attività necessarie per creare e consegnare
un prodotto ai consumatori o ai clienti industriali. È un insieme che non include solo il produttore e gli intermediari come
nel canale di marketing, ma anche tutti gli altri soggetti che operano nella filiera, come i fornitori del produttore che gli
procurano materie prime e semilavorati, e le imprese che riforniscono quei fornitori. Il compito del supply chain
management è quello di integrare e organizzare le informazioni e le attività di logistica dei componenti della supply
chain; questo processo ha l'obiettivo di creare e consegnare prodotti che offrano valore al cliente e al consumatore. Una
caratteristica importante del supply chain management è il ruolo delle ICT (Information Comunication Tecnology -
Informazione Comunicazione Tecnologia) per la condivisione e gestione dei sistemi per elaborare gli ordini,
programmare il trasporto e gestire magazzino e strutture.

17.1.3 Supply chain management e strategia di marketing


Il supply chain management deve essere funzionale rispetto agli obiettivi di marketing della singola impresa; le diverse
configurazioni che può assumere devono essere studiate per finalizzarle al loro raggiungimento. Per individuare la
configurazione più adatta alle proprie esigenze, l'impresa deve attuare un processo in 3 fasi:

1 comprensione del cliente → capire le esigenze del segmento di clienti da servire aiuta l'impresa a decidere se dare
priorità all'efficienza (contenimento dei costi) o all'efficacia (alto livello di servizio).
2 comprensione della supply chain → è necessario comprendere le caratteristiche e le performance di una data
configurazione; possono essere orientate a reagire rapidamente alle esigenze del cliente o a contenere i costi.
3 armonizzazione della supply chain con la strategia di marketing → bisogna verificare che ci sia coerenza fra le
esigenze del cliente e la configurazione della propria supply chain. Se non c'è corrispondenza, l'impresa deve
riprogettare la supply chain in funzione della strategia di marketing perseguita.

17.2 La gestione delle informazioni e della logistica in una supply chain


L'obiettivo del supply chain management è ridurre al minimo i costi della gestione di flussi, una volta dato il livello di
servizio che si vuole garantire ai clienti. Per raggiungerlo è necessario capire il ruolo dell'informazione e della logistica,
e definire i parametri di customer service.

17.2.1 Il ruolo dell'informazione


Le informazioni comprendono i dati e le analisi relative al magazzino, al trasporto, alle strutture distributive e ai clienti
lungo tutta la supply chain. I continui progressi dell'informatica permettono di tracciare le attività logistiche e i
parametri di customer service, traducendoli in una gestione più efficiente e più reattiva alle esigenze dei consumatori.
Per trasmettere e gestire le informazioni in una supply chain si usano varie tecnologie. 54
I sistemi EDI (Electronic Data Interchange) consentono di scambiare tramite la rete, in formato elettronico, fatture,
pagamenti e informazioni tra i fornitori, i produttori e i rivenditori. Si basano su un'infrastruttura di telecomunicazione
apposita che, a partire dai sistemi di rilevazione scanner presso le casse dei punti vendita, fornisce un flusso continuo di
informazioni sulle vendite, che si sincronizza con le informazioni sulle scorte di prodotto del distributore, del produttore
e dei fornitori di materie prime.
L'Extranet invece si basa su Internet, e consente lo scambio di comunicazioni sicure fra un produttore e i suoi fornitori,
distributori e altri partner (come le agenzie pubblicitarie). L'Extranet è meno costosa e più flessibile da gestire rispetto
all'EDI, perché è progettata per essere implementata sulla rete pubblica di Internet.

17.2.2 L'infrastruttura logistica e i suoi costi


Per calcolare i costi totali della logistica bisogna considerare diversi fattori: le spese di trasporto, gestione e
stoccaggio dei materiali; i costi di magazzino e quelli dovuti alle mancate vendite per esaurimento scorte; i costi di
elaborazione, gestione ed evasione degli ordini; i costi di gestione dei resi. Molti fattori sono correlati fra loro, perciò
quando si prende una decisione di natura logistica su un fattore bisogna valutare l'impatto che avrà anche sugli altri.
Se per esempio decidiamo di aumentare i magazzini sul territorio, si ridurrà la distanza da percorrere per distribuire la
merce ai consumatori finali, quindi diminuiscono le spese di trasporto; tuttavia aumenteranno le spese di gestione dei
magazzini e delle scorte. Si determina quindi un controbilanciamento fra i due tipi di costo, e l'impresa dovrà decidere
quale soluzione può bilanciarli con risultati più efficienti.

17.2.3 Il concetto di customer service


Il customer service è importante per aumentare le vendite e il valore trasferito agli acquirenti.
Per valutare la qualità del servizio logistico si ricorre al monitoraggio di alcuni KPI (Key Performance Indicators), indici
quantitativi che permettono una misura sintetica delle performance di customer service sia rispetto alla concorrenza, sia
nel tempo. Esempi di KPI sono: la percentuale di prodotti fuori scorta; il numero di giorni necessari alla consegna dalla
ricezione dell'ordine; la percentuale di prodotti danneggiati nel trasporto; la percentuale di ordini evasi correttamente.
Nell'ambito di una supply chain, il customer service consiste nella capacità della logistica di soddisfare gli utenti in
termini di tempo, affidabilità, comunicazione e convenience. Il compito fondamentale di un responsabile della supply
chain è bilanciare questi fattori con quelli che influenzano i costi totali della logistica.
▪ Tempo. Il tempo di consegna (lead time) è l'intervallo di tempo che intercorre fra l'emissione dell'ordine da parte
del cliente e la ricezione del prodotto, pronto all'uso o alla vendita. Il valore associato a una riduzione del tempo di
consegna consiste nell'opportunità di lavorare con livelli di scorte più bassi, quindi con costi minori.
Il ciclo dell'ordine è composto da 4 fasi: 1-riconoscimento del bisogno (cliente), 2-trasmissione dell'ordine (cliente),
3-gestione dell'ordine (fornitore), 4-documentazione e trasporto (fornitore). Maggiori sono la tempestività e
l'accuratezza con cui le fasi sono gestite, maggiore sarà il valore per il cliente.
Per migliorare le performance logistiche su questo fronte si è diffusa l'automatizzazione del ciclo di riordino attraverso la
semplificazione e l'informatizzazione del processo.
▪ Affidabilità. È una misura di efficacia e si riassume in tre principali fattori: coerenza di consegna (percentuale degli
ordini consegnati nei tempi concordati); consegna sicura (percentuale di prodotti consegnati non danneggiati);
consegna completa (percentuale di ordini evasi senza merci mancanti).
L'affidabilità del fornitore permette al cliente di pianificare la gestione del magazzino e le azioni di marketing collegate,
senza incorrere in inefficienze organizzative o mancate vendite. Il fornitore dovrebbe sempre comunicare in modo
tempestivo eventuali problemi legati all'affidabilità, in modo che il cliente non si trovi impreparato all'inconveniente.
▪ Comunicazione. Riguarda il flusso di informazione a due vie (fornitore-cliente e viceversa) che aiuta a monitorare
l'andamento del servizio logistico e a prevedere le esigenze future. Un esempio è la possibilità per l'acquirente di
monitorare lo status della consegna.
▪ Convenience. Generare convenience per il cliente significa rendere il suo approvvigionamento più semplice possibile.
Affinché lo sforzo del cliente si riduca, dovrà aumentare quello del fornitore, che si prenderà l'impegno di svolgere
funzioni che in genere spettano all'acquirente (es. consegna a domicilio).

17.2.4 Standard del customer service


L'insieme dei KPI logistici costituisce una score-card attraverso la quale l'impresa può valutare le proprie competenze
rispetto a specifici benchmark (=punti di riferimento) interni o esterni (come i risultati dei concorrenti o della media del
settore). Inoltre le performance registrare per i singoli KPI possono essere confrontate con le attese dei clienti per
capire su quali aree è più urgente intervenire e quali sono quelle di eccellenza su cui si costruisce valore. Un customer
service efficace può generare un rendimento fondamentale.

17.3 Funzioni logistiche fondamentali nella supply chain


Le 4 funzioni fondamentali nella logistica di una supply chain sono: trasporto; messa a magazzino e movimentazione
della merce; elaborazione degli ordini; gestione del magazzino. Queste funzioni sono così complesse e correlate fra loro
che molte imprese oggi le affidano in outsourcing (=esternalizzazione del lavoro) a fornitori terzi di logistica, cioè
aziende specializzate nella loro esecuzione.

17.3.1 Trasporto
Può essere realizzato attraverso 5 modalità di base: ferrovia, strada, aereo, nave, condutture. Spesso le aziende
combinano più modalità insieme. Tutte possono essere valutate in base a 6 criteri: costo, tempo, capacità, affidabilità,
accessibilità (praticabilità del percorso), frequenza (di praticabilità).

17.3.2 Messa a magazzino e movimentazione della merce


Nella logistica si distingue fra magazzini di stoccaggio e centri di distribuzione (CEDI).
I magazzini di stoccaggio sono destinati a custodire i prodotti per un certo periodo (anche lungo).
I centri di distribuzione servono non solo a conservare le scorte in luoghi decentrati, ma anche ad agevolare la
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movimentazione puntuale delle merci e costituire un nodo presso cui far convergere grandi carichi di prodotti da
fornitori diversi, che vengono scomposti e riorganizzati in carichi più piccoli per essere spediti nel più breve tempo
possibile alla destinazione finale. Nei CEDI possono avere luogo anche alcune trasformazioni fisiche, come la miscelatura
di ingredienti diversi, l'etichettatura e il reimballaggio. I centri di distribuzione sono una parte molto importante della
supply chain e ne costituiscono la seconda voce di costo più significativa.
La movimentazione delle merci comporta lo spostamento dei prodotti all'interno e fuori dai magazzini e dagli impianti
produttivi; è una parte fondamentale delle operazioni di immagazzinamento. I due principali problemi di questa attività
sono i costi di manodopera elevati e l'alta incidenza di perdite e danni. Il lavoro umano è indispensabile anche se
affiancato dall'automazione di macchinari e sistemi informatizzati.

17.3.3 Gestione degli ordini


La gestione di un ordine, o evasione dell'ordine, è un processo costituito da più fasi. Inizia con la trasmissione
dell'ordine dal cliente al fornitore, il quale sincronizza le informazioni ricevute con il proprio sistema informativo per
generare le azioni richieste. Si dovrà controllare il magazzino più vicino al cliente per predisporre il materiale da inviare,
o ordinarlo se non è disponibile. Se tutto funziona correttamente l'ordine è evaso, altrimenti si crea un ordine inevaso.
La gestione di quest'ultimo richiede un ulteriore impiego di risorse e tempo, per tenere traccia del materiale mancante
rispetto all'ordine e provvedere al suo reperimento per completare l'evasione. Prima di evadere la merce si dovrà
predisporre tutta la documentazione necessaria (aziendale e fiscale) che dovrà accompagnare la spedizione e verificare
che il cliente sia in regola con i pagamenti. L'informatizzazione del processo di evasione è oggi sempre più necessaria
per favorirne la precisione e la velocità di esecuzione.

17.3.4 Gestione delle scorte


La gestione delle scorte è un'altra attività critica della supply chain, necessaria per diversi motivi:
- costituisce una protezione contro le variazioni della domanda
- permette di offrire un servizio migliore e più rapido ai clienti
- consente di gestire gli impianti in modo più efficiente
- permette al cliente di sfruttare offerte di beni a prezzi scontati
- consente al venditore di promuovere campagne sconto sugli acquisti e sul trasporto
- tutela l'azienda da eventi straordinari come scioperi o carenza di materie prime.
La tendenza attuale è quella di movimentare il più possibile il magazzino, cioè aumentare il tasso di rotazione per
ridurre al minimo l'immobilizzo di risorse finanziarie.
I costi di magazzino sono di 4 tipologie:
- costo del capitale (costo-opportunità della merce tenuta in magazzino)
- costi per il servizio delle scorte (assicurazione e imposte)
- costi di gestione (dello spazio e della movimentazione, quindi costo del lavoro)
- rischio connesso alla detenzione di scorte (perdite, danni, furti, deperimento, obsolescenza di materiali e prodotti).
▪ Strategie di gestione delle scorte. La più tradizionale è la just-in-case, per cui le scorte possedute servono a
fronteggiare l'incertezza del mercato. La tendenza maggiore però è adottare il modello del just-in-time e del magazzino
gestito dal fornitore.
Il just-in-time si basa su livelli di scorte molto contenuti e richiede consegne rapide e puntuali. Quando servono dei
componenti per la produzione, arrivano dai fornitori “giusto in tempo”, nel momento in cui devono essere immessi nel
ciclo produttivo. È quindi usato nelle situazioni in cui la previsione della domanda è affidabile. L'interscambio di dati
elettronici hanno contribuito a ridurre i tempi di risposta, rendendo più efficiente il rifornimento dei clienti. Grazie ad essi
è infatti possibile utilizzare l'approccio del magazzino gestito dal fornitore, che prevede che sia quest'ultimo a
determinare la quantità e l'assortimento di prodotti che servono a un cliente, provvedendo automaticamente alla
consegna. È un sistema che si adatta bene al rifornimento dei CEDI e dei dettaglianti.

17.4 La logistica inversa


Nella logistica inversa il flusso di beni in una supply chain non termina quando il prodotto raggiunge il cliente finale, ma
continua in senso contrario. Essa prevede il recupero dei materiali riciclabili e riutilizzabili, o dei prodotti resi, per la
riparazione, la rilavorazione, la ridistribuzione o lo smaltimento.
L'effetto sono un miglior controllo ambientale, la riduzione dei rifiuti e minori costi operativi. Anche la logistica inversa
può essere attuata direttamente dall'impresa o da un partner esterno.
In alcuni casi la logistica inversa è obbligatoria per legge. Per esempio in Danimarca i consumatori ricevono un rimborso
per ogni bottiglia di vetro e plastica (vuoti a rendere) restituite presso i punti vendita; le aziende sono obbligate a
recuperare e riutilizzare le bottiglie.

● Capitolo 18 – La distribuzione al dettaglio

18.1 Il valore della vendita al dettaglio


La distribuzione al dettaglio (retail) è oggi fondamentale per il marketing perché rappresenta il momento di contatto,
fisico o virtuale, con il consumatore finale. Questa possibilità è importante perché è spesso il presupposto per costruire
una relazione forte e duratura. La distribuzione non serve solo allo scambio di prodotti, ma è in grado di generare
ulteriore valore sia per i clienti (attraverso i servizi offerti) sia per l'industria (che trasferisce a valle i suoi obiettivi di
marketing).

18.1.1 L'utilità per il consumatore


Le imprese di distribuzione, attraverso i punti vendita, forniscono all'acquirente quattro forme di utilità (di tempo, di
luogo, di forma, di possesso) combinate in modi diversi a seconda della strategia perseguita e delle politiche di formato
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e di insegna. Negli ultimi anni è emersa la rilevanza di altre dimensioni del valore che il consumatore ricava dalla visita
al punto vendita, come quelle legate all'informazione e all'esperienzialità.

18.1.2 La struttura del settore commerciale


Il commercio è una componente importante di tutte le economie sviluppate; negli ultimi anni si è assistito alla
progressiva sostituzione dei piccoli negozi a gestione familiare con grandi imprese a succursali che operano con reti di
vendita molto estese, spesso in più Paesi.
In Italia le imprese commerciali contribuiscono in modo consistente sia alla produzione di ricchezza sia all'occupazione;
è un settore con un peso rilevante, che ha il compito di facilitare lo scambio di prodotti fra i diversi soggetti economici.
Non tutte le aziende commerciali svolgono questo compito nello stesso modo; possiamo distinguere tre sottoinsiemi:
uno ha una caratterizzazione settoriale, perché raccoglie tutte le attività legate alla vendita e alla manutenzione di
veicoli, compresi i distributori di carburante. Le altre due principali componenti del commercio sono l'ingrosso e il
dettaglio, individuate rispetto ai soggetti economici a cui sono destinati i prodotti commercializzati.
Nell'ingrosso lo scambio avviene fra imprese e nel comparto sono incluse varie figure di intermediari, come gli agenti e
i rappresentanti. Molti produttori esteri hanno aperto filiali commerciali in Italia e vengono registrati nel commercio, non
avendo in Italia impianti produttivi. Lo stesso accade se un produttore italiano, anche all'interno del Paese, decide di
creare una società indipendente a cui viene demandata la vendita dei suoi prodotti.
Il settore dell'ingrosso tradizionale sta vivendo una serie di difficoltà determinate dalla riduzione degli stadi di
intermediazione sia a monte che a valle: a monte i produttori cercano un rapporto diretto con il dettaglio, per avere
maggiore controllo sulle politiche commerciali; a valle le imprese di distribuzione cercano rapporti diretti con i produttori
per ridurre i costi di acquisto. Su entrambi i fronti l'integrazione è facilitata dalla crescita della dimensione aziendale: per
i produttori la crescita porta allo sviluppo di politiche di marca; nella distribuzione porta a volumi di acquisto maggiori e
alla costruzione di magazzini propri destinati allo stoccaggio delle merci.
Nel dettaglio, oltre ai punti vendita in sede fissa (negozi) una larga parte del settore è costituita dal commercio
ambulante e dalla vendita per corrispondenza (compreso il commercio elettronico). Le dimensioni aziendali della
distribuzione italiana sono piccole; le imprese hanno mediamente poco più di due dipendenti e non sono molte le
imprese a succursali. Appare evidente l'ancora marcata caratterizzazione artigianale della distribuzione al dettaglio, che
mostra un grado di frammentazione elevato rispetto al contesto europeo. Il commercio italiano mostra quindi un ritardo
nel processo di industrializzazione, da attribuire a forti barriere all'entrata create da una normativa che ha scoraggiato la
diffusione di grandi superfici di vendita per proteggere il commercio tradizionale.
Il grado di evoluzione di una rete distributiva è valutabile in base a due fondamentali trasformazioni: le tipologie di
punto vendita e le modalità di aggregazione dell'offerta.
Un indicatore utile per stimare il livello di sviluppo del settore è il grado di densità della rete: più la rete è densa, più è
forte la presenza di piccoli esercizi e bassa la presenza di quelli più grandi (in genere imprese succursali).
L'industrializzazione del commercio è iniziata nel comparto alimentare, caratterizzato dall'inarrestabile crescita dei punti
vendita di maggiore superficie (ipermercati) che negli ultimi venti anni hanno triplicato la propria quota di mercato in
Europa, arrivando a coprire più di un terzo dei consumi delle merceologie di riferimento.
Il comparto non alimentare vive un processo di trasformazione simile a quello dell'alimentare: nascita di grandi superfici
decentrate; forti economie sui costi di spazio e lavoro; crescita per succursali con la possibilità di sfruttare economie
sugli acquisti e sulle funzioni centrali dell'impresa. In Italia questo processo è stato rallentato non solo dalle normative
che limitano lo sviluppo di grandi punti vendita, ma anche dal ritardo nello sviluppo del despecializzato alimentare
(supermercati e ipermercati). L'Italia è divenuta quindi un mercato di insediamento per grandi gruppi esteri.

18.2 La classificazione delle imprese di distribuzione


Le numerose tipologie di imprese di distribuzione possono essere classificate in base a 3 criteri fondamentali:
la forma di proprietà; il livello di servizio al consumatore; la specializzazione/despecializzazione dell'assortimento.

18.2.1 Forma proprietaria


Possiamo distinguere tra: distributori indipendenti; succursalisti o catene distributive; affiliati a sistemi verticali di
marketing contrattuale.
▪ Indipendenti. Sono piccole imprese di distribuzione che operano con un singolo punto vendita o con un numero
limitato di unità. In Italia sono ancora la maggioranza sia nella distribuzione, sia nelle attività che coniugano retail e
servizi (parrucchieri, lavanderie, calzolai). Prevede una gestione tradizionale dell'impresa, in genere mediante la
collaborazione di familiari, dimensioni limitate dei negozi, politiche commerciali semplici, assortimenti specializzati ma
non molto profondi, gestione accentrata nella figura del titolare.
▪ Succursalisti. Sono grandi imprese commerciali, la cosiddetta “grande distribuzione”, che hanno la proprietà e il
controllo di una rete estesa di punti vendita gestiti con la stessa insegna. Hanno grande potere contrattuale nei confronti
dei produttori ed elevati livelli di efficienza. Grazie a maggiori volumi di vendita sfruttano le economie di scala e possono
praticare prezzi più contenuti (inferiori rispetto ai distributori indipendenti).
Per i succursalisti la tecnologia è una risorsa strategica su tutti i fronti operativi. La diffusione dei lettori dei codici EAN
posti alle casse e delle carte fedeltà consentono di raccogliere informazioni dettagliate sui clienti e di utilizzarle nella
gestione aziendale. Sul fronte logistico le nuove tecnologie informatiche hanno consentito una maggiore efficienza.
▪ Affiliati. I distributori indipendenti possono aderire a sistemi verticali di marketing contrattuale affiliandosi. La
variante di affiliazione più diffusa è il franchising, in base al quale una impresa (franchisor o affiliante) concede ad
altre imprese (franchisee o affiliate) il diritto di sfruttare la propria insegna, il marchio e i metodi gestionali, in cambio di
un corrispettivo annuale (royalty). Il franchisee rinuncia quindi a parte della propria autonomia imprenditoriale, ma ne
ricava una riduzione del rischio commerciale e un incremento della capacità di reddito di medio-lungo periodo.
Il franchising si presenta oggi in tre principali forme:
- franchising di distribuzione → l'affiliante mette a punto tecniche e metodi commerciali che costituiscono il know-how
trasferito all'affiliato; il corrispettivo per l'uso di marchi, servizi e beni è commisurato ai risultati di vendita.
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- franchising di servizi → l'affiliato presta servizi inventati e messi a punto dall'affiliante. Il campo di attività di questo
sistema è molto vario (ristorazione, turismo, tempo libero, stampa, parrucchieri, istruzione, noleggio).
- franchising industriale → affiliante e affiliato sono due imprese industriali (produttori). L'affiliante concede la licenza
dei brevetti di fabbricazione e i marchi, gli trasmette la sua tecnologia e gli assicura un'assistenza tecnica costante;
l'affiliato fabbrica e commercializza le merci prodotte nel proprio stabilimento applicando il know-how e le tecniche di
vendita dell'affiliante.

18.2.2 Livello di servizio


Possiamo distinguere tra negozi a: libero servizio (self service); servizio limitato; servizio completo (vendita assistita).
▪ Libero servizio. Il consumatore effettua da solo tutte le funzioni necessarie per confrontare e scegliere i prodotti da
acquistare, ottenendo in cambio un risparmio sui prezzi (es. supermercati).
▪ Servizio limitato. Il cliente è responsabile della maggior parte delle attività di acquisto, ma il personale di vendita è
disponibile a intervenire a suo supporto, soprattutto per le categorie di prodotto che richiedono un'adeguata
informazione dell'acquirente (es. gastronomia, librerie, elettronica).
▪ Servizio completo. Il personale di vendita assiste il cliente in tutte le fasi del processo d'acquisto. Riguarda
soprattutto i beni problematici e ad alto coinvolgimento. È una tipologia di vendita onerosa; ha elevati costi di personale
e offre sistemi di pagamento dilazionato, consegne a domicilio, riparazioni e altre prestazioni aggiuntive che elevano i
costi di erogazione del servizio commerciale, e quindi il prezzo di vendita (moda, gioiellerie, macchine fotografiche).

18.2.3 Assortimento
I punti vendita al dettaglio si differenziano anche in base all'ampiezza (numero di categorie) e profondità (numero di
varianti nella categoria) dell'assortimento. Il distributore può quindi specializzarsi o despecializzarsi.
▪ Specializzazione. I punti vendita specializzati presentano un assortimento profondo (tante varianti per tipologia).
La specializzazione può riguardare una certa categoria merceologica (single-line store) o un certo processo di consumo
(limited-line store). Quando ad essa si unisce una politica di prezzo aggressiva il distributore può arrivare a dominare il
mercato. In questi casi si parla di category killer: grandi superfici specializzate (GSS) su specifici comparti, localizzate in
aree extraurbane con grandi parcheggi. Queste puntano inoltre a curare l'ambientazione di vendita e l'esperienza di
acquisto, e a integrarsi con centri commerciali pianificati.
▪ Despecializzazione. I punti vendita despecializzati gestiscono un'ampia varietà di categorie merceologiche con
profondità limitata, e sono i grandi magazzini, gli ipermercati e i supermercati; la loro caratteristica comune è la
combinazione nello stesso assortimento di merceologie che non sono complementari dal punto di vista del consumo, ma
che lo possono essere rispetto ai processi d'acquisto. Questa estensione della varietà di categorie offerte porta a un
assortimento despecializzato; l'esempio principale è l'ipermercato, che comprende reparti alimentari e non. Il
vantaggio dell'ipermercato per il consumatore è poter acquistare una grande varietà di prodotti in una unica spedizione
d'acquisto, abbinando un buon livello qualitativo e prezzi convenienti. Negli Stati Uniti gli ipermercati non hanno avuto
successo, mentre è diffusa la formula del discount department store e del supercenter, che hanno una forte vocazione
nell'offerta non alimentare, pur proponendo anche un assortimento alimentare completo. Un'altra formula
despecializzata diffusa in Europa è il superstore: punti vendita simili a grandi supermercati, con un'offerta alimentare
ricca integrata dalle principali categorie non alimentari di largo consumo.
La diffusione delle formule despecializzate consente al consumatore di acquistare lo stesso prodotto in diverse tipologie
di punti vendita. Questa concorrenza fra formati distributivi diversi è detta concorrenza intertype (o inter-formula) e
si contrappone a quella di concorrenza intratype (o intra-formula) che è quella fra punti vendita dello stesso tipo.

18.3 Non-store retailing


Sono sistemi di vendita al dettaglio che non fanno uso di punti vendita in sede fissa, e comprendono: distributori
automatici (vending machine); vendita per corrispondenza e su catalogo; per televisione; online; telefonica; porta a
porta.
▪ Distributori automatici. Non richiedono interazione fra acquirente e personale, ma fra acquirente e macchina.
Permettono di superare vincoli di tempo (funzionano 24ore al giorno) e di spazio (sono presenti in molti spazi pubblici)
tipici dei negozi. Sono utilizzati per la vendita di svariate categorie merceologiche, legate soprattutto agli acquisti di
impulso e di occasione. Gli svantaggi riguardano gli alti costi di gestione dei rifornimenti, manutenzione e riparazione.
▪ Vendita per corrispondenza e su catalogo. Può essere applicata a qualsiasi prodotto che possa essere ordinato e
consegnato a domicilio con relativa rapidità. La vendita per corrispondenza si avvale dell'invio di lettere o pieghevoli
contenenti offerte mirate che riguardano pochi prodotti (libri, abbonamenti, cibi di alta qualità); la vendita su catalogo
propone un'offerta più ampia e profonda.
Uno dei principali ostacoli in questo canale di vendita riguarda la legge sulla privacy, che rende sempre più difficile per le
imprese ottenere nominativi e indirizzi dei potenziali clienti a cui inviare le offerte senza averne avuto il consenso.
▪ Vendita televisiva. I prodotti sono proposti al consumatore attraverso la televisione; l'ordine avviene per telefono.
Può essere attuata su canali generalisti o su canali specializzati in televendite.
▪ Commercio elettronico. La vendita online permette ai consumatori di cercare, confrontare e ordinare i prodotti
sfruttando la tecnologia di rete. Il vantaggio è poter effettuare acquisti 24ore al giorno ovunque ci si trovi, e poter
accedere a una grande varietà di offerta confrontando prodotti concorrenti senza dover visitare più punti vendita.
Negli ultimi anni la quantità di imprese e consumatori che scambiano beni e servizi online è fortemente aumentata.
Questo successo è legato al valore funzionale che offre al consumatore, ma sempre più spesso le imprese migliorano
anche l'esperienza di acquisto aggiungendo attività interattive ai loro siti (come la personalizzazione del prodotto).
▪ Vendita telefonica (telemarketing). L'intero processo di acquisto avviene per telefono. Rispetto alla vendita per
corrispondenza è considerata più efficiente ed è impiegata per una maggiore varietà di prodotti. Le criticità riguardano
l'invasività del mezzo, che può irritare il consumatore ed avere effetti controproducenti sull'immagine dell'impresa.
▪ Vendita porta a porta (vendita diretta). Gli incaricati si recano presso i domicili dei potenziali clienti per proporre e
dimostrare il funzionamento e i pregi dei loro prodotti. Anche questa tecnica è impiegata in settori molto diversi e alcune
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imprese hanno basato su di essa il loro successo. Il punto di forza consiste nel contatto diretto ed esclusivo fra venditore
e consumatore, che permette di trasferire meglio l'informazione ed esercitare una influenza personale. Le criticità
riguardano i costi elevati e le preoccupazioni in merito alla privacy e alla sicurezza. Nei paesi industrializzati il porta a
porta sta conoscendo una crisi dovuta allo sviluppo delle altre forme di non-store retailing, soprattutto di quelle online.

18.4 Strategie della distribuzione


Il distributore può adottare diverse strategie di posizionamento e perseguirla in diversi modi attraverso l'uso delle leve
operative di marketing che, nel caso del retail, prendono il nome di retailing mix.

18.4.1 Posizionamento di una rete distributiva


La matrice di posizionamento consente di collocare le diverse formule distributive sulla base di due dimensioni:
l'ampiezza dell'assortimento (il numero di differenti categorie merceologiche vendute); il valore aggiunto (il livello di
servizio prestato, che include localizzazione, informazione e comfort di acquisto. Si definiscono 4 posizionamenti base:
• Despecializzazione e alto valore aggiunto → grandi magazzini, con ampia varietà d'offerta e servizio elevato. Prestano
molta attenzione al design e all'ambientazione. I prodotti vengono venduti con un margine medio elevato e sono di alta
qualità.
• Despecializzazione e basso valore aggiunto → ipermercati, con ampia varietà d'offerta e convenienza di prezzo. Bassi
margini, grandi volumi di vendita e alta rotazione.
• Specializzazione e alto valore aggiunto → negozi specializzati, di lusso, con prodotti di qualità, alto servizio e valore
aggiunto legato allo status.
• Specializzazione e basso valore aggiunto → discount, negozio single-line o limited-line con assortimento poco ampio e
prezzi convenienti.
Per posizionare efficacemente un punto vendita è necessario che abbia una identità precisa, riconosciuta dai
consumatori, e vantaggi distintivi rispetto ai concorrenti. Una stessa impresa può gestire più reti di punti di vendita con
insegne diverse, con la stessa formula distributiva o formule differenti, assegnando a ciascuna di esse un diverso
posizionamento. Come per i prodotti, anche i punti vendita possono essere riposizionati ridefinendone la strategia.

18.4.2 Retailing mix


Il retailing mix nel commercio è l'equivalente del marketing mix nell'industria; va definito per implementare il
posizionamento del punto vendita.
Comprende 4 leve: la politica di prezzo; la localizzazione; la comunicazione; la gestione dell'assortimento.
▪ Livello dei prezzi. Nel fissare i prezzi della merce i distributori devono decidere i ricarichi da applicare (mark-up) e
l'entità e la tempistica delle offerte promozionali (mark-down). Spesso nella definizione dei prezzi di vendita anziché il
termine ricarico si usa il termine margine: mentre il ricarico viene calcolato a partire dal prezzo di acquisto, il margine
commerciale lordo (gross margin) si calcola rispetto al prezzo di vendita. L'entità del ricarico e del margine è il
compenso che il distributore riceve per i servizi che ha prestato e deve essere sufficiente per coprire i suoi costi e
generare un utile.
Nel definire i ricarichi e quindi i prezzi, il distributore dovrà tenere conto del fatto che periodicamente sarà necessario
offrire degli sconti ai propri clienti, per smaltire rimanenze o vendere più prodotti complementari abbassando il prezzo di
uno di essi; perciò, in fase di pianificazione, dovrà tenere presente la differenza fra il livello di ricarico normale e quello
dei periodi di sconto o promozioni, per compensarne l'effetto.
Gli sconti promozionali sono una componente importante delle politiche di prezzo della distribuzione. Una delle principali
ragioni che portano a offrire sconti sono le modalità con cui si formano le valutazioni di convenienza di un'insegna da
parte del consumatore; egli si basa sui prezzi dei beni e delle marche che conosce e utilizza, per valutare se sono più o
meno convenienti, e scegliere quindi il punto vendita. Il distributore sarà spinto a scontare questi prodotti, confidando
nel fatto che il consumatore, una volta nel punto vendita, comprerà anche prodotti non in promozione. È una politica
basata sui prezzi civetta che, applicati ad alcuni prodotti di riferimento, servono a creare traffico nel punto vendita.
Nel breve periodo praticare sconti porta effetti positivi, ma nel lungo periodo può diventare nociva e compromettere
l'immagine dell'insegna; è quindi necessario valutare attentamente la loro tempistica e la loro frequenza. Una eccessiva
pressione promozionale può portare il consumatore a comportamenti di cherry picking, cioè a cambiare continuamente
punto vendita per per acquistare i soli prodotti scontati; in tal modo viene compromessa la possibilità di fidelizzarlo.
Alcuni distributori cercano di abbandonare una politica di prezzo high low (HiLo, basata su una successione di
promozioni) per puntare a una politica di every day fair prices (EDFP, prezzi equi tutti i giorni).
Nello scegliere fra le politiche di prezzo (HiLo, EDLP, EDFP) è bene ricordare che il prezzo è non solo un indicatore di
convenienza, ma anche di qualità, quindi su alcune categorie di prodotti non sempre un prezzo basso è garanzia di
risultati di vendita nel lungo periodo.
Un'altra politica di sconto è quella della vendita a prezzi di realizzo (off-price retailing), cioè la vendita di beni, spesso
di marca, a prezzi inferiori rispetto a quelli regolari. Gli off-price retailer acquistano eccedenze di magazzino a prezzi
scontati, sulle quali, pur praticando margini elevati, fissano un prezzo finale conveniente. La tipologia più nota sono i
factory outlet: i produttori usano questo canale per eliminare la merce in eccesso e raggiungere i consumatori orientati
al prezzo, senza il rischio di danneggiare un'immagine di qualità e prestigio. Un'altra variante di off-price consiste nel
vendere tutto l'assortimento a un solo livello di prezzo molto basso, come i negozi “Tutto a un Euro”.
Sulla definizione dei prezzi incidono anche le differenze inventariali, cioè le mancate vendite dovute al furto o alla
rottura dei prodotti.
▪ Localizzazione del punto di vendita. Riguarda il sistema ambientale, sociale e commerciale (il contenitore) in cui
verrà inserito. Questa scelta implica differenze in termini di capacità di attrazione, flussi di clientela, frequenza di visita
e immagine. I contenitori possono essere naturali o pianificati, a seconda che siano frutto di un processo di sviluppo
spontaneo o che siano stati progettati da un'impresa.
Inizialmente il commercio al dettaglio si è sviluppato nelle localizzazioni urbane, soprattutto nel centro città e
successivamente nei diversi quartieri. In seguito, la diffusione delle automobili e l'aumento della mobilità hanno favorito
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lo sviluppo dei punti di vendita in localizzazioni extraurbane, i quali devono sostenere costi più bassi e possono
quindi offrire prezzi più convenienti.
Le principali tipologie di contenitore sono: centro storico, negozi di vicinato, grandi vie commerciali, centri commerciali
urbani ed extraurbani.
Il centro storico (central business district), nel contesto europeo, è la più vecchia tipologia di contenitore commerciale.
I negozi localizzati in centro città hanno un contatto privilegiato con i flussi di cittadini, lavoratori e turisti, ma devono
affrontare costi di affitto e di trasporto più alti. I punti di debolezza sono prezzi alti, mancanza di servizi (soprattutto
parcheggio), scarsa clientela residente. Ciò ha favorito i grandi centri commerciali pianificati, che sono diventati
concorrenti del commercio urbano, mettendolo spesso in crisi. Tuttavia di recente si sono moltiplicati i processi di
riqualificazione di molti centri città (town centre management) che prevedono una gestione centrale e pianificata del
contenitore naturale, per renderlo più attrattivo e competitivo.
Gli aggregati di vicinato (strip location) si collocano nei quartieri al di fuori del centro città e comprendono negozi che
soddisfano bisogni che richiedono elevata prossimità (alimentari, farmacie, cartolerie, edicole).
Nelle grandi vie commerciali invece si localizzano sia i punti vendita di qualità simili a quelli del centro storico, sia
un'offerta alimentare tipica dei negozi di vicinato.
Queste tre tipologie si originano in modo spontaneo e sono urbane. Le altre sono pianificate ed extraurbane.
I centri commerciali pianificati nascono seguendo la crescita della popolazione in aree lontane dal centro città. In
Europa la formula più diffusa ha come attrattore principale un ipermercato, integrato con altre grandi superfici
specializzate e da una galleria di piccoli punti vendita. A questi si aggiungono servizi di ristoro e di intrattenimento; a
quest'ultimo viene rivolta una crescente attenzione da parte dei consumatori.
Altre due localizzazioni extraurbane sono i parchi commerciali e i factory outlet centre.
I parchi commerciali (retail park) sono situati lungo i grandi assi viari periferici e sono prevalentemente composti da
GSS di categorie diverse (bricolage, arredamento, elettronica) non integrate in un singolo edificio, ma che condividono
alcuni servizi e un parcheggio.
Nei factory outlet centre operano le stesse insegne del centro storico, prevalentemente di grandi marche della moda,
ma con prezzi più bassi.
Parchi commerciali e outlet centre attraggono clientela anche da molto lontano.
Ulteriori punti vendita sono situati negli attrattori di grandi flussi di persone, come aeroporti, stazioni, musei, parchi
divertimento.
▪ Comunicazione. Può avere un ruolo decisivo nel realizzare un posizionamento efficace del punto vendita e nella
creazione della sua immagine. Per la distribuzione, il primo strumento di comunicazione è lo stesso punto vendita.
L'immagine nasce dal modo in cui il negozio viene definito nella mente degli acquirenti, in parte in base alle sue qualità
funzionali (livello dei prezzi, layout della superficie di vendita, assortimento) e in parte in base a un insieme di attributi
di natura psicologica (elementi intangibili come il senso di appartenenza, le emozioni, il calore). Alla creazione
dell'immagine del punto vendita concorrono anche: il vissuto del consumatore circa la categoria merceologica, ciò che
sa e pensa dell'azienda, la qualità della merce e del servizio, la presenza di marchi noti, il marketing del e nel negozio.
Strettamente connessi all'immagine sono anche l'atmosfera o l'ambiente del negozio: tutti gli elementi che
caratterizzano l'esperienza d'acquisto sollecitando i cinque sensi influenzano la percezione del posizionamento
dell'insegna, e quindi i risultati di vendita. Infatti l'attenzione verso questi elementi è in continua crescita.
▪ Assortimento. Nel gestire la profondità e l'ampiezza dell'assortimento, il distributore deve saper decifrare i bisogni
della clientela e saper selezionare le referenze da offrire nelle categorie merceologiche di riferimento. Un approccio
diffuso nella gestione dell'assortimento è il category management, che consiste nell'assegnare a un manager la
responsabilità della selezione di tutti i prodotti utili alla soddisfazione di un certo bisogno di consumo, nonché quelli
complementari e succedanei, con l'obiettivo di massimizzare le vendite e gli utili della categoria.

18.5 L'evoluzione della distribuzione al dettaglio


La vivace innovazione nel settore distributivo è testimoniata dalla diffusione di formule distributive sempre nuove.
Le dinamiche di evoluzione del retail si possono spiegare tramite due teorie: la ruota del dettaglio (wheel of retailing) e
il ciclo di vita dei formati distributivi (retail life circle).
La teoria della ruota del dettaglio descrive il modo in cui nuove forme di vendita entrano nel mercato.
I formati distributivi entrano nel mercato con un posizionamento iniziale basato sulla convenienza di prezzo:
assortimento limitato, basso livello di servizio, margini commerciali ridotti, orientamento all'efficienza (Fase 1). In
questo modo guadagnano quote di mercato a scapito dei formati già presenti, che sono meno efficienti e quindi meno
convenienti. Successivamente il distributore aumenta il livello di servizio, la qualità dell'offerta e i prezzi (Fasi 2 e 3) fino
a raggiungere il livello di prezzi praticato dalle forme distributive tradizionali (Fase 4). In questo modo si crea un vuoto
nell'offerta di convenienza che consente l'ingresso di una nuova formula distributiva orientata al prezzo, che avvia un
nuovo giro della ruota.
La teoria del ciclo di vita dei formati distributivi è un'applicazione del CVP al settore commerciale.
La crescita iniziale vede un graduale aumento della quota di mercato, benché i profitti siano ancora bassi.
Nella fase di sviluppo accelerato la quota di mercato e il profitto raggiungono il loro massimo; l'azienda cerca quindi di
aprire quanti più punti vendita possibile per saturare il mercato e ostacolare l'imitazione da parte dei concorrenti.
Nella fase di maturità si cerca di mantenere la propria quota di mercato, ricorrendo spesso a politiche di prezzo
aggressive. L'obiettivo è ritardare la fase di declino, in cui la quota di mercato e il profitto calano rapidamente. Per
evitare un ulteriore declino, il distributore dovrà ridefinire la propria strategia, abbandonando la logica del mass market,
per evitare che gli acquirenti si spostino verso formati o insegne più convenienti o di maggiore qualità.

18.6 Il futuro della distribuzione


Attualmente sono 3 i trend di maggior rilievo nella distribuzione al dettaglio: la diffusione della multicanalità; il
crescente impatto della tecnologia; i cambiamenti nei comportamenti d'acquisto.

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18.6.1 Multicanalità
È l'impiego di diversi formati di distribuzione per rispondere meglio alle specifiche esigenze dei diversi gruppi di clienti,
offrendo uno spettro più ampio di benefici ed esperienze. Uno degli aspetti più importanti è l'integrazione fra canali fisici
e virtuali, che permette ai clienti maggiore comodità nei processi di acquisto e all'impresa di raggiungere un bacino di
clientela più ampio, riducendo i propri costi. Inoltre Internet è un ottimo mezzo per la raccolta, gestione e condivisione
delle informazioni, oltre che uno strumento dalle crescenti potenzialità di interazione.

18.6.2 L'impatto della tecnologia


L'impatto della tecnologia sulla distribuzione è stato notevole e continuerà ad esserlo. Lettori dei codici di prodotto,
sistemi informatizzati, carte fedeltà, politiche di CRM, etichettatura elettronica dei prezzi, sono alcune delle applicazioni
tecnologiche che hanno contribuito a migliorare i processi aziendali delle imprese di distribuzione.
È uno sviluppo che contribuisce alla gestione delle imprese sia sul fronte della logistica interna che su quello del
marketing. Dalla logistica dipende l'efficienza dell'impresa: le applicazioni informatiche consentiranno un'integrazione
ancora più forte fra distributore e fornitori per ridurre le scorte sintonizzando i flussi di merce con quelli di informazione.
Dal marketing dipende l'efficacia del servizio reso e la capacità di fidelizzare il cliente: la tecnologia consentirà di
migliorare la raccolta e analisi delle numerose informazioni di cui oggi i distributori possono disporre a costi bassi.

18.6.3 La trasformazione dei comportamenti di acquisto


Negli ultimi anni le esigenze e le attese dei consumatori sono cambiate in funzione dei nuovi ritmi di vita, di nuclei
familiari differenti, e nuove modalità di impiego del tempo libero. La distribuzione dovrà trasformare la propria offerta
per rispondere alle richieste di maggiore comodità, offrire un servizio meno impersonale e migliorare tutti i fattori che
incidono sulla percezione e sulla durata dell'esperienza d'acquisto.

● Capitolo 19 – Comunicazione integrata di marketing e direct marketing

19.1 Una premessa sulla comunicazione nel marketing


Il concetto di comunicazione nel marketing ha una valenza molto più ampia della sola promozione delle vendite, poiché
include anche le attività legate alla gestione delle relazioni con i pubblici di riferimento delle imprese, alla costruzione
dell'identità di marca e della reputazione dell'impresa. Vi è una stretta interrelazione fra tutti gli atti di comunicazione di
un'impresa, che riguardano la comunicazione istituzionale, di prodotto, sociale e organizzativa.
L'impresa può comunicare con i suoi pubblici impiegando diversi strumenti e tecniche all'interno di un piano di
comunicazione coerente. La combinazione di più strumenti dà origine al mix di comunicazione, che ha l'obiettivo di:
informare i potenziali clienti sui benefici del prodotto; convincerli alla prova; consolidare il vissuto positivo associato al
consumo del prodotto.
Sarà quindi necessario predisporre un piano di comunicazione integrata di marketing che permetta di gestire in
modo coerente i diversi strumenti (pubblicità, promozioni, vendita personale, relazioni pubbliche, direct marketing) e
migliorare i risultati.
Accanto al concetto di comunicazione integrata si è diffuso quello di cross-comunication, cioè l'impiego coordinato di
mezzi diversi per veicolare parti di uno stesso piano di comunicazione a seconda delle potenzialità di ciascun mezzo.
L'obiettivo della cross-comunication è raggiungere un consumatore con un certo mezzo, per stimolare la sua curiosità e
indurlo a esporsi ad altri media, affinché l'effetto combinato raggiunga la massima efficacia.

19.2 Il processo di comunicazione


La comunicazione è il processo attraverso cui un soggetto trasmette ad altri un messaggio; è costituita da 6 elementi:
fonte, messaggio, canale di comunicazione, processo di codifica, decodifica, destinatario. Ad essi si aggiungono risposta,
feedback e rumore.

19.2.1 Codifica e decodifica


La codifica è il processo mediante il quale la fonte trasforma un'idea in un insieme di simboli (verbali, sonori, grafici).
La decodifica è il processo tramite cui il destinatario attribuisce un significato ai simboli trasmessi dalla fonte; viene
effettuata sulla base degli atteggiamenti, valori e convinzioni dei destinatari.
Non sempre il processo di comunicazione ha successo, a causa di errori nella codifica, nella scelta del canale, nella
decodifica. Realizzare una comunicazione efficace è molto difficile. Per farlo è necessario che mittente e destinatario
abbiano uno stesso campo di esperienza, ovvero una capacità di comprensione e un sapere che permettano di
stabilire una corrispondenza fra i criteri di codifica e di decodifica dei messaggi. Infatti l'appartenenza a culture e campi
di esperienza diversi possono creare problemi nella ricezione dei messaggi e portare a decodifiche scorrette.

19.2.2 Feedback
Risposta e feedback sono due elementi del processo di comunicazione che insieme creano un circuito di retroazione
(feedback loop).
La risposta consiste nell'impatto che il messaggio ha avuto sulla conoscenza, sugli atteggiamenti o sui comportamenti
del destinatario.
Il feedback è l'interpretazione della risposta da parte del mittente e fornisce un'indicazione sulla corretta decodifica del
messaggio da parte del ricevente.

19.2.3 Rumore
Il rumore è costituito dai fattori che operano una distorsione non pianificata del messaggio, che quindi potrà non essere
recepito correttamente dal destinatario. Può consistere in un semplice errore o nell'uso di termini e immagini che non
comunicano con chiarezza il messaggio. Può presentarsi anche quando l'utilizzo di termini gergali, accenti particolari o
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stili di comunicazione non adeguati rendano difficile la comprensione del messaggio.

19.3 Le leve per la promozione del prodotto


Le leve di comunicazione possono essere raggruppate in: pubblicità, vendita personale (personal selling), relazioni
pubbliche, promozione delle vendite, direct marketing.
Pubblicità, promozioni e relazioni pubbliche sono destinati a raggiungere un pubblico di massa; la vendita personale e il
direct marketing prevedono una interazione personalizzata fra il venditore e un potenziale acquirente.
Le attività di vendita personale includono la comunicazione diretta, quella telefonica e la comunicazione elettronica
interattiva.

19.3.1 Pubblicità
La pubblicità è qualunque forma di comunicazione non personale a pagamento relativa a un'organizzazione, un bene,
un servizio o un'idea da parte di un soggetto chiaramente identificato.
La mancanza di personalizzazione è una delle caratteristiche principali della pubblicità: i mass media trasmettono il
messaggio a gruppi di individui e non generano un feedback loop immediato. Prima dell'invio del messaggio è quindi
necessaria un'approfondita ricerca di marketing per avere chiaro cosa comunicare, a chi e come. Si dovranno condurre
dei pre-test per selezionare gli elementi visivi, testuali e di marca da utilizzare per raggiungere il target scelto ed evitare
errori di decodifica.
La pubblicità richiede quindi una pianificazione molto accurata; è un processo complesso e molto costoso.
I principali svantaggi della leva pubblicitaria sono gli elevati costi di elaborazione e realizzazione della campagna, la
mancanza di feedback diretto e la scarsa personalizzazione.
I vantaggi riguardano invece la possibilità di raggiungere larghi insiemi di individui.

19.3.2 Vendita personale


La vendita personale (personal selling) si basa su un flusso di comunicazione bidirezionale fra venditore e acquirente,
mirata a influenzare la decisione di acquisto di una persona o di un gruppo; è quindi una comunicazione diretta fra
mittente e destinatario.
I vantaggi risiedono nell'elevato controllo sul processo di interazione con il destinatario. Chi trasferisce il messaggio può
cogliere immediatamente la reazione negativa o il fraintendimento da parte del destinatario e modificarlo, ottenendo
così una corretta comunicazione.
Questa flessibilità nella definizione e modifica del messaggio, se utilizzata in modo inappropriato, può avere effetti
negativi. Può infatti generare una comunicazione incoerente nei confronti dei diversi gruppi di riferimento o dello stesso
individuo. Ciò può compromettere il posizionamento del prodotto offerto.
Un altro svantaggio della vendita diretta è il suo costo: l'interazione diretta richiede tempo e si giustifica solo se è
elevato il valore della transazione o le prospettive di riacquisto.

19.3.3 Relazioni pubbliche


Le relazioni pubbliche sono una forma di gestione della comunicazione volta a influenzare le opinioni, gli
atteggiamenti o le convinzioni dei clienti effettivi e potenziali e degli altri stakeholder, relativamente all'impresa stessa e
ai suoi beni o servizi. Data la crescente importanza delle relazioni pubbliche, sempre più spesso all'interno delle imprese
vi è un ente preposto alla loro gestione, generalmente chiamato Ufficio Relazioni Esterne o Ufficio Stampa.
Fra le sue attività tipiche rientrano gli eventi speciali, le attività di lobby, le investor relations, le relazioni con i media
(conferenze e comunicati stampa), la publicity.
La publicity consiste in azioni finalizzate a dare visibilità all'impresa e ai suoi prodotti attraverso forme di
comunicazione impersonale veicolate dai mass media, come articoli redazionali e servizi o citazioni in programmi
televisivi. Ciò che la distingue dalla vendita personale e dalla pubblicità è la modalità di pagamento, che avviene in
maniera indiretta: l'impresa non paga lo spazio per un messaggio pubblicitario, ma cerca di far sì che informazioni
favorevoli relative all'impresa vengano veicolate attraverso un mezzo di comunicazione di massa.
Uno dei vantaggi della publicity è la sua credibilità, dato che il giudizio sull'impresa o i suoi prodotti viene espresso da
una terza parte.
Lo svantaggio è l'impossibilità per il mittente di controllare l'uso che il destinatario farà del messaggio. Inoltre non vi è
garanzia circa l'effettiva pubblicazione di un comunicato inviato dall'impresa a una testata giornalistica.
Le relazioni pubbliche sono fondamentali per la costruzione della reputazione d'impresa; esse hanno il compito di
sostenere e guidare l'impresa nell'attività di ascolto dei suoi pubblici di riferimento (ruolo riflessivo delle relazioni
pubbliche) e di comunicare con essi in modo trasparente.

19.3.4 Promozione delle vendite


La promozione delle vendite viene solitamente utilizzata insieme alla pubblicità o alla vendita personale e può essere
indirizzata sia agli intermediari commerciali (trade promotion) sia ai consumatori finali (consumer promotion); alcuni
esempi sono i buoni sconto, le riduzioni di prezzo, i campioni gratuiti, le raccolte punti, i concorsi a premi.
L'obiettivo è stimolare le vendite attraverso la concessione al cliente di un vantaggio che ha durata temporale limitata,
di natura tattica. Sono molto efficaci nell'aumentare l'acquisto dei clienti fedeli e nello stimolare l'acquisto di prova nei
non acquirenti.
Meno frequente è l'uso delle promozioni, più esse potranno essere efficaci: una promozione continua farebbe venire
meno quell'elemento di eccezionalità su cui si basa lo stimolo alla vendita, eroderebbe la percezione di valore del
prodotto e potrebbe generare nel consumatore comportamenti di cherry picking.
La promozione delle vendite è efficace solo nel breve periodo, quindi il supporto della pubblicità è necessario per
fidelizzare il cliente.

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19.3.5 Direct marketing
Il direct marketing comprende varie forme di comunicazione che portano il consumatore a contatto diretto con
l'azienda, per: generare un acquisto dei suoi prodotti, la richiesta di ulteriori informazioni o la domanda di un campione
del prodotto; indirizzare il consumatore verso un determinato punto vendita; ottenere informazioni circa le
caratteristiche di un determinato target e i suoi comportamenti d'acquisto.
Il direct marketing può assumere diverse forme, come la vendita diretta, il direct mail, i cataloghi, la vendita telefonica
e il marketing online.
I vantaggi comprendono una comunicazione interattiva e la possibilità di adattare e personalizzare il messaggio per
soddisfare le esigenze di mercati obiettivo anche molto piccoli.
Gli svantaggi riguardano invece la necessità di database esaurienti e sempre aggiornati, che richiedono elevati
investimenti di sviluppo e manutenzione, e la possibile inefficacia della comunicazione, causata dall'eccessiva pressione
che le imprese esercitano sul consumatore, la quale genera fastidio e bassi tassi di risposta. Ciò ha anche portato a
regolamentare l'uso del direct marketing per garantire la difesa della privacy.

19.4 La comunicazione integrata di marketing: lo sviluppo del mix di comunicazione


Il mix di comunicazione è la combinazione di più strumenti di comunicazione; spetta al marketing costruirlo in modo da
assicurare un uso equilibrato e sinergico delle leve a disposizione. I fattori che più influiscono sullo sviluppo del mix di
comunicazione sono: il target, lo stadio del CVP, le sue caratteristiche, le fasi del processo di acquisto su cui si vuole
incidere, la politica distributiva utilizzata.

19.4.1 Il target
I piani di comunicazione posso essere indirizzati al consumatore finale, a un cliente industriale o ad entrambi.
Le attività promozionali dirette ai consumatori finali prevedono spesso l'utilizzo dei mass media.
La pubblicità viene poi integrata da iniziative e promozioni periodiche per mantenere vivo l'interesse dei potenziali
clienti, per premiare i clienti fidelizzati e per incentivare alla prova i non acquirenti o i clienti della concorrenza.
La vendita personale viene invece utilizzata per la comunicazione con gli acquirenti industriali, dove i volumi di vendita
giustificano l'investimento in una relazione diretta e personalizzata, integrata con promozioni che servono a fidelizzare
gli intermediari. Anche i distributori al dettaglio usano la vendita diretta. Chi utilizza il libero servizio invece fa un uso
intenso della promozione al consumo, in sinergia con i fornitori o su iniziativa propria.
Pubbliche relazioni e direct marketing sono usati in modo più omogeneo e dipendono meno dal target di riferimento.

19.4.2 Il ciclo di vita del prodotto


Nella definizione del piano di comunicazione è necessario tenere in considerazione la fase del ciclo di vita in cui si trova il
prodotto, date le diverse condizioni di mercato e i diversi obiettivi di marketing associati a ciascuna fase. I diversi
strumenti di comunicazione possono contribuire al raggiungimento degli obiettivi associati alle diverse fasi del CVP.
Nella fase di introduzione l'obiettivo è informare i consumatori potenziali circa l'esistenza del nuovo prodotto e le sue
caratteristiche, suscitare curiosità e convincerli alla prova. Sarà necessario combinare strumenti come la comunicazione
della forza di vendita, l'offerta di campioni gratuiti (sampling),la pubblicità e le relazioni pubbliche nei confronti di
influenzatori e opinion leader.
Nella fase di crescita l'obiettivo è convincere i consumatori a comprare il prodotto anziché le marche concorrenti
(ripetizione dell'acquisto), consolidare la preferenza dei consumatori e il rapporto con i distributori. In questo caso è
molto importante la pubblicità, per comunicare al mercato gli elementi di differenza che danno identità al prodotto a
aiutarlo a trovare un posizionamento distintivo. La vendita personale è invece fondamentale per comunicare con i
distributori, per assicurarsi che il prodotto sia presentato nei punti vendita con uno spazio a scaffale sufficiente e
visibile.
Nella fase di maturità l'obiettivo della comunicazione è contribuire a mantenere la quota di mercato. La pubblicità può
essere utilizzata per richiamare il prodotto e l'esperienza di consumo che lo connota alla mente dei consumatori. La
promozione delle vendite, sotto forma di sconti ai consumatori e agli intermediari, è fondamentale per fidelizzare i
consumatori e contrastare la concorrenza. Il direct marketing è invece importante per mantenere una relazione con i
clienti e stimolare il riacquisto.
Nella fase di declino le vendite diminuiscono e l'investimento in comunicazione è basso, perché vengono sempre meno
le risorse per finanziarlo.

19.4.3 Caratteristiche del prodotto


Gli elementi da considerare circa il prodotto sono 3:
- Complessità → le specifiche tecniche del prodotto e/o il grado di conoscenze necessarie per il suo utilizzo. Più è
complesso, più si dovranno preferire strumenti di comunicazione che garantiscano un'interazione diretta.
- Rischio percepito → può essere finanziario (rapporto qualità/prezzo), fisico (possibilità di danni a persone o cose),
sociale (implicazioni per l'immagine di sé o il proprio status). Anche in questo caso è importante stabilire una
interazione diretta tramite la vendita personale.
- Servizi ausiliari → l'assistenza offerta al consumatore dopo l'acquisto. Più è rilevante e qualifica il prodotto, più dovrà
essere comunicata; bisognerà quindi usare strumenti che consentano di personalizzare il rapporto con il cliente,
come il direct marketing o la vendita personale.

19.4.4 Le fasi del processo decisionale


Nel pianificare le azioni di comunicazione bisogna valutare su quale fase del processo decisionale del consumatore agire:
1 Pre-acquisto → pubblicità, campioni gratuiti e relazioni pubbliche possono essere efficaci nel diffondere conoscenza
circa il prodotto e suscitare curiosità.
2 Acquisto → la vendita personale è importante per offrire consigli e orientare le scelte del consumatore; l'impiego di
coupon e sconti stimola l'acquisto.
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3 Post-acquisto → personale di vendita e pubblicità devono rassicurare il consumatore circa la scelta effettuata;
promozioni delle vendite e direct marketing possono favorire la ripetizione dell'acquisto.

19.4.5 Strategie di canale: strategie push e pull


A seconda delle caratteristiche degli intermediari, della tipologia di domanda e di prodotto e della situazione
competitiva, si dovrà scegliere se adottare una strategia di tipo push, pull o una combinazione di entrambe.
La strategia push consiste nel privilegiare le attività di comunicazione ai membri del canale (gli intermediari) per
ottenere la loro collaborazione; prevalgono quindi la vendita personale (per incoraggiare gli ordini e fornire assistenza) e
la promozione delle vendite (premi e sconti per gli intermediari). Una strategia push è quindi caratterizzata da uno
sforzo per spingere il prodotto da uno stadio del canale a quello successivo, definendo ogni volta gli incentivi che
consentono di farlo con la maggiore efficacia.
La strategia pull prevede l'operazione opposta: ci si rivolge all'acquirente finale, si cerca di convincerlo del valore del
proprio prodotto e si lascia che sia lui a domandarlo alla distribuzione, affinché quest'ultimo lo inserisca nel proprio
assortimento. Una strategia pull è quindi basata sulla costruzione del valore della marca, per renderla una referenza
obbligata per i membri del canale, affinché i consumatori non si rivolgano ai distributori concorrenti. Tutte le grandi
marche adottano un approccio pull, per garantirsi rapporti bilanciati con le grandi imprese di distribuzione. Più sarà
efficace questa strategia, più sarà basso l'impegno di risorse push.

19.5 Lo sviluppo del piano di comunicazione integrata di marketing


La realizzazione del piano di comunicazione dovrà prevedere 3 fasi: pianificazione, attuazione, controllo.
La prima fase dovrà essere focalizzata sulle 4W: chi (pubblico obiettivo), cosa (obiettivi, budget, media), dove, quando.

19.5.1 Identificazione del pubblico obiettivo


Il pubblico obiettivo (target) verrà individuato sulla base delle ricerche di mercato condotte. Maggiori sono le
informazioni a disposizione sul target di riferimento (stile di vita, comportamenti d'acquisto, valori, media a cui sono
esposti), più sarà facile sviluppare un piano di comunicazione adeguato.

19.5.2 Definizione degli obiettivi della comunicazione


Bisogna definire gli obiettivi della comunicazione e i risultati attesi.
Secondo la teoria della gerarchia degli effetti vi sono 5 tipologie di effetti che la comunicazione può suscitare, i quali
si manifestano necessariamente in sequenza:
1 consapevolezza → il consumatore sa che il prodotto esiste, lo riconosce e lo ricorda
2 interesse → il consumatore è incuriosito dal prodotto e vuole conoscerne le caratteristiche
3 valutazione → il consumatore valuta il prodotto rispetto a quelli dei concorrenti
4 prova → il consumatore effettua il primo acquisto e prova il prodotto
5 adozione → il consumatore è soddisfatto della prova e ripete l'acquisto.
Un piano di comunicazione può comprendere obiettivi inerenti più di un effetto, per esempio quando l'impresa si rivolge
a segmenti diversi che si trovano in fasi diverse. Solitamente, però, il piano è incentrato su un solo effetto.
In ogni caso, la comunicazione dovrà: essere studiata per un pubblico obiettivo ben definito; essere misurabile; coprire
un arco temporale specifico.

19.5.3 Determinazione del budget


Esistono 4 diverse metodologie di fissazione del budget promozionale:
Metodo della percentuale sulle vendite → l'ammontare delle risorse da investire in comunicazione è fissato facendo
riferimento alle vendite passate o previste. Il vantaggio di questo approccio deriva dal fatto che l'investimento è
costantemente misurato in base all'andamento dei profitti aziendali e del ciclo economico. Il difetto sta invece nel fatto
che questo approccio si basa su un rapporto di causa/effetto fra vendite e comunicazione e non viceversa; quindi ad un
calo delle vendite, situazione in cui la comunicazione potrebbe essere più necessaria, conseguirebbe una riduzione del
budget promozionale.
Metodo della parità competitiva → il budget viene stabilito con l'obiettivo di mantenere un equilibrio con i
concorrenti; è detto anche metodo del confronto con i concorrenti o della quota di mercato. Si fonda sul presupposto
che l'efficacia della propria comunicazione sia influenzata anche da quella delle imprese rivali. Questo approccio evita di
investire troppo o troppo poco, ma si dovrà basare su un'attenta valutazione della spesa dei concorrenti e dei loro
obiettivi specifici.
Metodo del budget disponibile → è comune a molte medie-piccole imprese che definiscono il budget di
comunicazione in modo residuale, dopo aver coperto tutte le altre voci di costo. Tuttavia è difficile che chi lo segue
possa essere in grado di perseguire con coerenza ed efficacia obiettivi di comunicazione, visto che le risorse sono incerte
e fluttuanti e alla comunicazione stessa viene attribuito un ruolo marginale.
Metodo dell'obiettivo da conseguire → prevede 3 fasi: 1- determinazione degli obiettivi di comunicazione;
2- definizione delle azioni da effettuare per raggiungere gli obiettivi; 3- stima dei costi da sostenere per attuare la
comunicazione necessaria. La sequenza logica delle decisioni rispecchia i rapporti di causa/effetto, quindi questo metodo
garantisce meglio degli altri un'azione efficace e coerente. Nel caso in cui i costi superassero l'effettiva disponibilità
economica si dovranno modificare gli obiettivi e/o la scelta degli strumenti, per creare un piano di comunicazione
compatibile con la situazione finanziaria. La difficoltà sta spesso nello stabilire cosa sia necessario fare per realizzare gli
obiettivi stabiliti.

19.5.4 Selezionare gli strumenti di comunicazione da adottare


Una volta determinato il budget, si potrà definire la combinazione dei cinque strumenti di base della comunicazione
integrata di marketing: pubblicità, vendita personale, promozione delle vendite, relazioni pubbliche e direct marketing.
Il numero di combinazioni possibili è infinito, poiché uno stesso risultato può essere raggiunto attraverso diverse
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alternative; in fase decisionale sarò necessario un approccio analitico unito al know how maturato sulla base
dell'esperienza. Inoltre la scelta del mix di comunicazione può comportare l'utilizzo di una sola leva o di tutte quante.

19.5.5 Progettare la comunicazione


L'elemento centrale di un piano di comunicazione è costituito dai suoi contenuti, e quindi dal messaggio che si vuole
comunicare. Quest'ultimo, secondo il modello AIDA (attenzione, interessa, desiderio, azione), per essere efficace deve
attirare l'attenzione del consumatore, suscitarne l'interesse, sollecitare il desiderio e spingerlo all'azione. Il messaggio
dovrà quindi essere formulato in base a tre tipi di richiamo: razionale (evidenzia le caratteristiche del prodotto e la sua
capacità di risolvere un problema), morale (stimola il senso di giustizia dell'audience in merito a problematiche sociali),
o emozionale (suscita emozioni positive o negative che inducono all'acquisto).
Altro fattore fondamentale nella formulazione di un messaggio è la sua struttura, il che comporta decisioni in merito a
come esprimere il concetto che si vuole trasmettere. Tra gli aspetti strutturali rientrano l'esplicitazione delle conclusioni,
le argomentazioni, l'ordine di esposizione degli argomenti.
Inoltre chi comunica deve decidere la forma del messaggio e impostarla in modo che risulti efficace.
Infine è di fondamentale importanza decidere la fonte del messaggio; infatti il modo in cui il messaggio viene recepito è
influenzato da come il pubblico percepisce la fonte della comunicazione. I fattori su cui si basa la credibilità della fonte
sono:
- attendibilità → quanto la fonte è ritenuta onesta e obiettiva
- competenza professionale → conoscenza di tipo specialistico
- simpatia → può rendere più accattivante una fonte.
La fonte più credibile per il ricevente sarà quella che possiede un elevato livello di tutte e tre le caratteristiche.

19.5.6 Definire la tempistica


Bisognerà quindi pianificare la tempistica più efficace per trasferire i messaggi al target obiettivo, definendo quindi
l'inizio, la durata e la frequenza della campagna. I fattori che influenzano la pianificazione del calendario di
comunicazione sono molti, come la stagionalità e l'attività della concorrenza (che potrebbe richiedere un'intensificazione
degli investimenti di contrasto concentrati nel tempo).

19.6 Esecuzione e valutazione del programma promozionale


Attuare un piano di comunicazione può essere costoso e richiedere tempo (da uno a cinque anni). Per supportare le
imprese nella gestione di queste attività complesse sono nate apposite agenzie di comunicazione, alcune specializzate
su una singola forza di comunicazione (come quella pubblicitaria), altre in grado di fornire un servizio completo. Data la
crescente rilevanza di un controllo integrato delle leve di promozione, le agenzie che non erano in grado di offrirlo hanno
acquistato o sviluppato partnership con web-agency e agenzie di relazioni pubbliche per offrire una consulenza completa
ai propri clienti.
Formalizzare il processo di esecuzione e valutazione del piano di comunicazione integrata di marketing è importante per
il suo successo. Sono quindi state sviluppate tecniche di audit finalizzate a valutarlo e predisporre le eventuali azioni
correttive necessarie. Un audit: si basa sull'analisi della rete di comunicazione interna; identifica il pubblico obiettivo;
valuta i database esistenti sui clienti; verifica il livello di coerenza fra i messaggi pubblicitari, i comunicati stampa, il
packaging dei prodotti, le strategie di promozione delle vendite e le attività di direct mail; misura le competenze interne
all'impresa e dell'agenzia esterna utilizzata. Serve quindi a far emergere i punti di debolezza.
Prima di iniziare la fase di implementazione devono essere condotti dei pre-test del piano di comunicazione per
consentire di attuare correzioni e cambiamenti prima di metterlo in pratica. Allo stesso modo, alla fine del processo
dovrebbero essere condotti dei test di verifica dei risultati.
L'elemento centrale della valutazione dovrebbero essere le sinergie createsi dall'uso combinato di più leve di
comunicazione.

19.7 Direct marketing


Il direct marketing consiste in un dialogo diretto effettuato a distanza con clienti effettivi o potenziali, per sollecitarne
una reazione interattiva e misurabile. Negli ultimi anni ha avuto un forte sviluppo. Si serve di diverse tecniche e diversi
mezzi di comunicazione.

19.7.1 Crescita e valore del direct marketing


La grande crescita del direct marketing è da attribuirsi alla centralità attribuita oggi alla gestione dei rapporti con i
clienti.
In termini di valore per il consumatore il direct marketing offre un servizio di convenience. L'impresa, infatti, raggiunge
il cliente con una comunicazione personalizzata, sottoponendogli offerte o iniziative promozionali che gli permettono di
venire a conoscenza di prodotti o occasioni che è in grado di acquistare o che può cogliere senza sostenere costi di
ricerca. A questo potenziale vantaggio corrisponde un onere se poche delle offerte che raggiungono il consumatore sono
per lui realmente interessanti.
L'esempio più evidente sono le comunicazioni commerciali via e-mail. L'e-mail consente di entrare in contatto
direttamente con il singolo utente a un costo medio inferiore rispetto al direct mail o al telemarketing; un uso efficace e
corretto può portare rilevanti benefici sia per il consumatore che per le imprese. Tuttavia si verificano spesso lamentele
da parte dei consumatori, sommersi da messaggi non richiesti. Per ovviare a questo problema sono state ipotizzate
diverse soluzioni che si basano su due diverse modalità di gestione delle mail: il sistema opt-in (l'utente dichiara il suo
consenso a ricevere il messaggio) e quello opt-out (il consumatore deve esprimere il suo dissenso affinché venga
cancellato dal database dell'impresa). Il sistema opt-in è il più efficiente ed efficace.
Dal punto di vista dell'impresa il valore del direct marketing può essere misurato dall'indice di redemption, cioè il
numero di casi in cui il destinatario della comunicazione si è comportato secondo lo stimolo proposto dal messaggio,
ovvero con la generazione di ordini diretti (acquisto), di interesse (richiesta di info) o di traffico (visita al punto vendita).
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19.7.2 Problematiche tecnologiche ed etiche del direct marketing
Strumenti informatici e database sono elementi fondamentali per ogni programma di direct marketing. Per poter
sviluppare un rapporto diretto con il cliente è necessario avere molte informazioni dettagliate; i database che le
contengono dovranno essere precisi, pertinenti, accessibili e organizzati in modo da poter aiutare il responsabile
marketing nelle decisioni in merito alle azioni da progettare.
Alcuni dati sono già in possesso dell'azienda (come quelli relativi agli acquisti), altri possono essere ottenuti solo con il
consenso e la collaborazione del consumatore (stili di vita e fruizione dei media). Su entrambi i fronti il contributo della
tecnologia è fondamentale e si riflette nei numerosi momenti di contatto con i clienti effettivi e potenziali: carte di
credito, carte fedeltà, telefonate per richieste di info o lamentele. Queste tracce possono essere registrare e diventare
parte dei database utilizzati per i programmi di CRM, che costituiscono la base per lo sviluppo efficiente ed efficace di
programmi di direct marketing che abbiano valore per il cliente e per l'impresa.
La crescente facilità nella raccolta e archiviazione delle informazioni ha fatto emergere anche problemi etici. Oltre al
fastidio che alcune attività di marketing possono generare (spam, telefonate) si presentano anche preoccupazioni circa
la tutela della privacy; per questo sono state create delle linee guida che permettano di trovare il giusto equilibrio fra gli
interessi dei consumatori e quelli delle aziende (come la Direttiva sulla tutela dei dati personali approvata dall'UE).

● Capitolo 20 – Pubblicità, promozione delle vendite e relazioni pubbliche

20.1 Le diverse forme di pubblicità


La pubblicità è qualsiasi forma di comunicazione a pagamento di carattere non personale che abbia per oggetto
un'organizzazione, un bene, un servizio o un'idea, promossa in modo esplicito da un'organizzazione.
Tutte le pubblicità possono essere ricondotte a due tipologie principali: la pubblicità di prodotto e quella istituzionale.

20.1.1 Pubblicità di prodotto


La pubblicità di prodotto può essere incentrata sulla vendita di un bene o di un servizio e assume 3 forme differenti:
• pionieristica (o informativa) → è utilizzata nello stadio introduttivo del ciclo di vita del prodotto; fornisce informazioni
ai potenziali acquirenti circa le caratteristiche del prodotto e i luoghi in cui è possibile reperirlo.
• competitiva (o persuasiva) → promuove le caratteristiche e i vantaggi di una marca; l'obiettivo è sollecitare il
mercato di riferimento a scegliere la propria marca anziché quella dei concorrenti. Una forma sempre più comune è la
pubblicità comparativa, che mostra i punti di forza della marca rispetto ai rivali. In Italia non è molto utilizzata,
anche a causa di specifiche restrizioni che consentono solo comparazioni su caratteristiche oggettive e documentate;
in altri Paesi è più diffusa ed è possibile anche per evidenziare differenze soggettive. La pubblicità comparativa
permette lo sviluppo di un maggior livello di attenzione verso il prodotto e aumenta la percezione della qualità della
marca di riferimento. Anche nei contesti meno regolamentati la comparazione deve avere una base di verità, per non
incorrere nel reato di concorrenza sleale o denigrazione.
• promemoria → è indicata per i prodotti in fase di maturità; viene utilizzata per rafforzare la consapevolezza circa un
determinato prodotto. Una tipologia di messaggi promemoria, quella degli spot di rafforzamento, serve a rassicurare
i clienti attuali sulla bontà della loro scelta.

20.1.2 Pubblicità istituzionale


L'obiettivo della pubblicità istituzionale è favorire un atteggiamento positivo verso un'impresa o rafforzarne
l'immagine e l'identità; è utile per costruire un rapporto di fiducia fra la marca e i consumatori. Ne esistono 4 tipologie:
• advocacy advertising → serve a dichiarare la posizione dell'impresa circa un determinato tema, a stimolare
l'adesione a una causa socialmente importante e a rafforzare il rapporto con chi si riconosce in quella causa.
• pionieristica → serve a informare il target di riferimento circa il tipo di attività dell'azienda e la sua localizzazione.
• competitiva → serve a promuovere i vantaggi di una categoria di prodotti rispetto a un'altra o la superiorità di
un'azienda nel suo complesso rispetto alla concorrenza.
• promemoria → serve a rafforzare la consapevolezza circa la marca corporate nel suo complesso.

20.2 Lo sviluppo del piano pubblicitario


Le campagne pubblicitarie vengono gestite attraverso le fasi di pianificazione, esecuzione e valutazione.

20.2.1 Definizione del target della pubblicità


Per sviluppare un piano pubblicitario efficace, bisogna individuare qual'è il pubblico di riferimento, in modo che la
campagna sia coerente rispetto alle caratteristiche socio-demografiche, psicografiche e valoriali dei potenziali acquirenti.

20.2.2 Determinazione degli obiettivi pubblicitari


Le linee guida per determinare gli obiettivi della pubblicità sono le stesse utilizzate per stabilire gli obiettivi della
comunicazione integrata di marketing.

20.2.3 Determinazione del budget pubblicitario


I metodi di fissazione del budget pubblicitario seguono gli stessi criteri del budget di comunicazione integrata di
marketing. Anche in questo caso si potrà ricorrere alla parità competitiva, alla percentuale sulle vendite, al metodo del
budget disponibile o a quello degli obiettivi da conseguire.

20.2.4 Progettazione del messaggio pubblicitario


Un messaggio pubblicitario sottolinea, fra i vari benefici offerti dal prodotto, i key benefit, cioè quelli che sono più
rilevanti come criteri di valutazione e scelta per il consumatore e che meglio lo differenziano da quelli concorrenti.

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Il messaggio varierà a seconda della forma adottata, del tipo di interesse stimolato e delle parole utilizzate.
▪ Contenuto del messaggio. La maggior parte dei messaggi pubblicitari contiene sia elementi informativi che
persuasivi. I contenuti informativi e persuasivi si possono però fondere sotto forma di stimolazione emotiva, per
offrire al consumatore una ragione di fondo per agire. Esistono diversi approcci per la stimolazione emotiva. I più diffusi
sono:
- appelli alla paura (fear appeal) → inducono il consumatore a pensare di poter evitare una qualche esperienza
negativa attraverso la modificazione di un comportamento, come l'acquisto di un bene o l'aumento o diminuzione del
suo consumo. Nell'utilizzare appelli alla paura il pubblicitario dovrà accertarsi che il messaggio sia abbastanza forte da
catturare l'attenzione e l'interesse del pubblico, ma non al punto da spingerlo ad ignorarlo.
- appelli al sesso (sex appeal) → stimolano l'attenzione e favoriscono l'associazione cognitiva fra il consumo del
prodotto e la carica di sensualità ed erotismo del consumatore; tuttavia difficilmente riescono ad influire sul suo modo
di pensare, sentire ed agire. Inoltre spesso questo genere di appelli ostacola la trasmissione del messaggio perché
distrae dal contenuto promozionale. È un approccio molto diffuso in ogni categoria di prodotto.
- appelli all'ironia (humorous appeal) → fanno leva sull'umorismo e il divertimento per attirare l'attenzione del
pubblico nei confronti del prodotto e generare associazioni positive. È molto diffuso in numerose categorie di prodotti.
Un impiego riuscito dell'ironia può dar luogo a dei tormentoni e risultare quindi particolarmente memorabile. Tuttavia
l'ironia può stancare, finendo per annoiare il consumatore se non si rinnova nei codici e nelle espressioni. Inoltre la sua
efficacia varia a seconda della cultura di riferimento a cui è indirizzata la campagna pubblicitaria.
▪ Realizzazione del messaggio (esecuzione). La realizzazione del messaggio pubblicitario prevede la collaborazione
di diversi professionisti. Le figure principali sono l'art director (per la parte visiva) e il copy writer (per i testi).
Nel caso della pubblicità online si aggiunge una figura esperta in progettazione grafica di messaggi multimediali.
Il reparto creativo di un'agenzia si compone di più coppie creative (art&copy) che lavorano sotto la supervisione di un
direttore creativo. Un'altra figura molto importante è l'account executive, che ha il ruolo di comprendere le esigenze
di comunicazione del cliente e definire il piano di comunicazione. Il piano viene poi trasferito al reparto creativo sotto
forma di briefing. L'account ha anche un ruolo importante di mediazione fra creativi e clienti. Una volta definito il
messaggio, per la realizzazione effettiva entra in gioco la figura del producer, che ha il compito di contattare tutti i
fornitori (case di produzione, registi, attori, tipografie) necessari all'esecuzione materiale del messaggio.
Sempre più spesso i creativi ricorrono all'uso di testimonial per aumentare l'efficacia di un messaggio; tuttavia alcuni
critici sostengono che si tratti di una scorciatoia per la creatività, usata per rimediare alla mancanza di idee originali.
Inoltre nel ricorrere ai testimonial bisogna fare attenzione all'effetto boomerang che potrebbe generarsi nel caso in cui la
persona che svolge questo ruolo assumesse un comportamento in contrasto con il valore della marca, con un effetto
negativo sulla sua immagine.

20.2.5 Selezione dei mezzi di comunicazione


I fattori sulla base dei quali vengono scelti i media tramite cui veicolare il messaggio sono: il pubblico a cui ci si rivolge;
la tipologia di prodotto; la natura del messaggio; gli obiettivi della campagna; il budget disponibile e i costi delle diverse
opzioni.
▪ Mezzi di comunicazione e tipologie di annuncio pubblicitario. Oltre a scegliere tra diversi media, per ciascuno di
essi sarà possibile utilizzare diverse tipologie di annuncio pubblicitario. Spesso gli inserzionisti utilizzano un mix di
diversi mezzi di comunicazione e differenti alternative al fine di minimizzare i costi e massimizzare l'esposizione al
messaggio del pubblico di riferimento. Questi due obiettivi contrastanti, massimizzazione dell'esposizione e
minimizzazione dei costi, hanno un'importanza fondamentale nella pianificazione dei media.
▪ Termini di base. Il media planning (la scelta dei media e delle tipologie di annuncio) prevede l'utilizzo preciso di un
linguaggio tecnico. Vediamo i termini più importanti:
Reach (penetrazione) → indica il numero di unità di target esposte al messaggio in rapporto al mercato obiettivo.
L'unità di target, a seconda della tipologia di prodotto, può essere un individuo, un nucleo familiare o un'organizzazione.
A seconda della tipologia di media può cambiare il modo di misurare la penetrazione. Nella stampa si fa riferimento al
numero di copie vendute; le reti televisive e radiofoniche usano gli indici di ascolto (rating) per indicare la percentuale di
unità di target che si sintonizzano su un determinato programma. Obiettivo della pianificazione è ottenere il massimo
livello di reach con il minimo investimento possibile.
Frequency (frequenza) → è il numero medio di volte in cui la singola unità di target è stata esposta a un messaggio.
L'esposizione ripetuta favorisce la probabilità che l'individuo noti il messaggio e che ne comprenda i contenuti.
Gross Rating Point (GRP) → è una misura del livello di pressione pubblicitaria; si ottiene moltiplicando il valore
percentuale di reach per quello di frequency. Maggiore è il valore dell'indice, più forte è la pressione esercitata sul
target. Valori elevati di GRP possono essere ottenuti aumentando il numero di persone esposte al messaggio (reach) e il
numero di esposizioni medie per unità (frequency).
Costo per Migliaia (CPM) → è il costo necessario per far sì che il messaggio pubblicitario raggiunga 1000 unità di
target, attraverso un determinato media. È utile per confrontare i costi di diversi piani media.

20.2.6 I diversi mezzi di comunicazione


• Televisione → è uno dei mezzi più efficaci perché sfrutta la comunicazione audio e video. Consente di raggiungere
una percentuale di utenti più elevata; di conseguenza molti spettatori non fanno parte del target dell'azienda: sarà
possibile profilare il target a seconda del canale o della fascia oraria. La diffusione di canali tematici permette oggi una
maggiore segmentazione del pubblico. Il principale svantaggio è il costo elevato; ma annunci di breve durata (da 10 a
60 secondi) e trasmessi in programmi e fasce orarie meno costosi permettono di ridurre i costi, ma comportano una
diminuzione della quantità di informazioni e sensazioni trasmissibili.
• Radio → il vantaggio principale è la possibilità di segmentazione che offre: ognuna delle diverse reti viene ascoltata
da un differente segmento di mercato. Ha costi bassi e può rivolgersi a un pubblico locale specifico. Il tempo di
esposizione è spesso prolungato e diluito nell'arco della giornata, può avvenire in diversi contesti. Ciò comporta però
che spesso l'ascolto sia disattento, per cui l'utente presta poca attenzione agli annunci. Un altro svantaggio è
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l'impossibilità di usare la comunicazione visiva, che è più impattante e immediata. Si può compensare utilizzando in
modo opportuno l'audio, l'ironia e un tono confidenziale. Un vantaggio è che gli annunci possono essere pianificati
rapidamente.
• Periodici → ne esiste un numero elevatissimo, il vantaggio che ne deriva è l'elevato livello di specializzazione
tematica, che a sua volta permette una chiara profilazione del target. In genere sono conservati per più tempo e letti
per più tempo, quindi l'individuo è esposto allo stesso annuncio più volte. Hanno il vantaggio della comunicazione
visiva e di un'alta qualità di stampa. Gli annunci possono trasmettere informazioni complesse, ma richiedono un
tempo lungo di pianificazione. I costi sono elevati.
• Quotidiani → la cadenza giornaliera consente di pubblicizzare eventi specifici che avvengono in quella giornata.
Tuttavia ciò comporta anche la rapida obsolescenza del quotidiano, che in genere dopo un giorno viene buttato via.
Consente una buona copertura dei mercati locali. Gli annunci possono essere pianificati in breve tempo. La qualità è
bassa e i costi contenuti.
• Internet → permette di costruire messaggi multimediali, interattivi e personalizzati. Grazie all'interattività, la
componente di intrattenimento della pubblicità è maggiore rispetto ad altri media. Anche le potenzialità di
informazione sono superiori, in quanto il consumatore può scegliere di approfondire i contenuti. Nonostante la grande
diffusione, la pubblicità via Internet può raggiungere solo alcune tipologie di individui; in molti Paesi vi è scarsa
diffusione di PC e connessioni, e ridotta alfabetizzazione informatica. Inoltre l'utilizzo della rete è più diffuso fra alcuni
segmenti di popolazione piuttosto che altri (es. giovani).
• Pubblicità esterna (affissioni) → consente una buona penetrazione ed elevata frequenza. La sua visibilità è un
valido sostegno aggiuntivo per prodotti che godono di buona reputazione; è un'alternativa pubblicitaria economica e
flessibile. Lo svantaggio principale è l'impossibilità di utilizzare testi pubblicitari lunghi; devono essere brevi e semplici.
Inoltre la buona collocazione di un cartellone dipende da fattori legati al traffico e alla visuale. Un altro svantaggio è
l'impossibilità di selezionare il target. I costi sono contenuti. Una forma di pubblicità esterna è la pubblicità
dinamica, ovvero quella affissa sull'interno o esterno dei mezzi di trasporto pubblico; lo svantaggio riguarda gli orari
di massima affluenza, quando il pubblico è più numeroso e l'attenzione per i messaggi pubblicitari è scarsa.
• Altri media → i media ad hoc sono nati come opzioni pubblicitarie alternative, dato il crescente aumento dei costi e
dell'affollamento dei media; gli annunci vengono collocati in luoghi o punti che attirano un pubblico specifico (es.
aeroporti, studi medici, centri benessere, cinema).
▪ Criteri di selezione. La scelta del media tramite cui comunicare dipende da vari fattori. Bisognerà valutare quali sono
i mezzi più fruiti dal pubblico di riferimento, considerare se le caratteristiche del prodotto richiedono l'utilizzo di un
media specifico, confrontare i diversi media relativamente ai loro costi e al tasso di penetrazione.

20.2.7 La pianificazione pubblicitaria


Per la pianificazione pubblicitaria bisogna considerare 3 diversi fattori:
- il tasso di rotazione degli acquirenti → la frequenza con cui entrano nel mercato i nuovi acquirenti del prodotto;
più è alta, maggiore sarà la quantità di pubblicità necessaria a dare visibilità al prodotto.
- la frequenza degli acquisti → più è alta, minore sarà il livello di ripetizione pubblicitaria necessario.
- il tasso di abbandono → la velocità con cui gli acquirenti dimenticano la marca in assenza di pubblicità.
Per definire un piano pubblicitario efficace serve la comprensione del mercato in cui si opera; 3 i possibili approcci:
• Piano continuo (stabile): la pianificazione pubblicitaria è continua nel corso di tutto l'anno.
• Piano stagionale (intermittente): le campagne pubblicitarie sono intervallate da periodi di silenzio in base alla
stagionalità della domanda.
• Piano a impulsi (a martello): prevede una copertura pubblicitaria di base lungo tutto l'anno, che si fa più intensa a
seguito di eventi particolari.
La strategia a impulsi da' risultati migliori rispetto agli altri approcci. Inoltre l'efficacia dei messaggi pubblicitari si
esaurisce rapidamente, perciò bisogna rinnovarne i contenuti di frequente.

20.3 La realizzazione del piano pubblicitario


La realizzazione del piano richiede la verifica preventiva dell'efficacia del messaggio e la sua attuazione. Vi sono diversi
metodi impiegati nelle fasi di formulazione e sviluppo del messaggio.

20.3.1 Pre-test del piano pubblicitario


I pre-test servono per verificare, prima che la campagna vada in onda, che l'annuncio pubblicitario sia in grado di
trasferire il messaggio desiderato, e per individuare quale tra le alternative comunica in modo più efficace.
Le 3 tipologie principali sono:
1 test di portafoglio → serve a individuare fra più alternative quella più adatta agli obiettivi di comunicazione.
Al consumatore vengono sottoposti più testi pubblicitari, per poi raccogliere le sue impressioni circa i diversi aspetti.
2 test di giuria → il testo pubblicitario viene mostrato a un gruppo di consumatori, che ne valuteranno il gradimento e
il livello di attenzione suscitata. Poi vengono raccolte le loro reazioni.
3 test a teatro → i consumatori vengono invitati a guardare nuovi programmi televisivi o film durante i quali vengono
trasmessi spot pubblicitari da testare. Il pubblico registra le proprie sensazioni e opinioni durante o dopo la visione.

20.3.2 L'attuazione del piano pubblicitario


L'attuazione del piano pubblicitario può essere gestita in maniera diversa da 3 diversi tipi di agenzie:
- agenzie a servizio completo: svolgono una gamma completa di servizi, fra cui ricerche di mercato, selezione dei
media, sviluppo dei messaggi, illustrazioni, produzione. Il sistema di remunerazione si basa su una percentuale del
budget investito o sulle performance raggiunte in seguito alla campagna.
- agenzie a servizio limitato: specializzate in un particolare aspetto del processo pubblicitario. La retribuzione si basa
su un accordo contrattuale per i servizi svolti.
- agenzie interne: costituite dal personale aziendale, possono occuparsi di tutti gli aspetti della comunicazione
68
pubblicitaria o solo di alcune fasi del processo.

20.4 Valutazione del piano pubblicitario


Una volta realizzato il piano pubblicitario bisogna valutarne a posteriori l'efficacia dei messaggi, per verificare il
raggiungimento degli obiettivi ed attuare le opportune correzioni.

20.4.1 Post-test del piano pubblicitario


Vi sono 5 tipologie di post-test pubblicitario:
1 Ricordo spontaneo (unaided recall). Consiste nel chiedere a un campione di membri del target quali pubblicità
ricordano di aver visto/sentito il giorno precedente. Si valuta quindi se l'annuncio è stato in grado di raggiungere il
target, catturarne l'attenzione e imprimersi nella mente.
2 Ricordo stimolato (aided recall). Al consumatore viene chiesto se nel giorno precedente ha visto una determinata
pubblicità. Il ricordo è quindi stimolato nominando il brand o mostrando la pubblicità. Il ricordo stimolato può essere
analizzato misurando la percentuale di: chi ha visto l'annuncio (riconoscimento); chi ha visto una qualsiasi parte
dell'annuncio che identifica il prodotto o marchio (associazione); chi ha letto più della metà dell'annuncio (lettura).
3 Verifica degli atteggiamenti (attitude test). Serve a verificare se la pubblicità è stata in grado di modificare gli
atteggiamenti dei consumatori nei confronti della marca/prodotto, in che direzione e in che misura.
4 Verifica sulle richieste (inquiry test). Gli annunci che generano un maggior numero di contatti da parte dei
consumatori (richiesta di informazioni, campioni omaggio o premi) sono ritenuti più efficaci.
5 Test sulle vendite (sales test). Consistono nella misurazione delle vendite di un prodotto a seguito di una campagna
pubblicitaria, per esempio confrontando le vendite medie dei periodi di silenzio con quelle dei periodi successivi alla
campagna, o confrontando le vendite nel mercato in cui è stata fatta la pubblicità rispetto a uno in cui non è stata fatta.

20.4.2 Attuazione dei cambiamenti necessari


Se i post-test mostrano che un annuncio è poco efficace, si può valutare di modificare il livello di GRP, o di cambiare
parte del messaggio, o addirittura utilizzare una nuova pubblicità. Se invece l'annuncio ha riscosso successo, l'azienda
può decidere di riproporlo o di utilizzarlo come format di base per un piano pubblicitario più ampio.

20.5 La promozione delle vendite


La promozione delle vendite è una leva sempre più importante, perciò i programmi di comunicazione integrata
comprendono spesso un'ampia serie di strumenti promozionali. Per selezionare ed integrare le tecniche promozionali
bisogna però valutare vantaggi e svantaggi legati a ciascuna di esse.

20.5.1 Promozioni delle vendite orientate al consumatore


Sono utilizzate per sostenere la campagna pubblicitaria e le vendite di un'azienda. Comprendono buoni sconto, offerte
speciali, omaggi, concorsi a premi, estrazioni, campioni omaggio, programmi fedeltà, espositori nei punti vendita, saldi,
product placement.
• Buoni sconto → permettono al consumatore di acquistare un prodotto a prezzo ridotto, invogliandolo alla prova. È
una pratica diffusa fra le imprese del largo consumo. I buoni sconto come mezzo di promozione incidono nel breve
termine sull'aumento della quota di mercato; tuttavia, quando utilizzati da consumatori già fedeli al marchio, possono
generare una riduzione del fatturato lordo. Il loro impiego ottimale è quindi quello di invito alla prova; la loro
distribuzione dovrebbe avvenire a vantaggio dei soli non acquirenti.
• Offerte speciali → consistono in una riduzione del prezzo e vengono utilizzate per aumentare la prova di un prodotto
fra i potenziali clienti o in reazione alle iniziative di un concorrente. A differenza dei buoni sconto, le offerte speciali
sono rivolte a tutti i clienti e non richiedono che venga presentato alcun buono alla cassa.
• Omaggi → consiste nell'offerta gratuita di un prodotto insieme a quello che si acquista, o nella possibilità di
risparmiare sul suo prezzo (aggiungendo una somma inferiore al suo costo). Gli omaggi sono utilizzati come incentivo
per i consumatori a tornare spesso nel punto vendita o a utilizzare una maggiore quantità del prodotto.
• Concorsi → richiedono un qualche impegno da parte del consumatore al fine di vincere un premio. Servono ad
aumentare l'acquisto e la fedeltà alla marca.
• Estrazioni a premio → non richiedono sforzo razionale o creativo da parte del consumatore, si basano sulla fortuna.
• Campioni di prova (sampling) → consistono nell'offerta gratuita o fortemente scontata di un prodotto al
consumatore finale. Vengono spesso utilizzati per il lancio di un nuovo prodotto e offerti in formato ridotto. Lo scopo è
far sì che, una volta testato il prodotto, il consumatore decida di acquistarlo. Lo svantaggio sta negli elevati costi per
l'impresa.
• Programmi fedeltà (loyalty program) → consiste nell'offrire un premio al consumatore in seguito al sommarsi
degli acquisti effettuati; viene quindi utilizzato per priemiare i consumatori fedele i stimolare la ripetizione all'acquisto.
Sono molto diffusi nelle catene di distribuzione al dettaglio (carte fedeltà) e nelle compagnie aeree (viaggiatori
frequenti).
• Espositori nei punti vendita → sono costituiti da cartellonistica pubblicitaria, talvolta accompagnata da prodotto,
collocati nelle aree interessate da un maggior flusso di clienti e di maggiore visibilità. Alcuni esempi sono la
floorgraphics (animazioni grafiche e sonore collocate sul pavimento), i selfscents (espositori che rilasciano l'aroma di
un prodotto) e i chioschi interattivi. Il vantaggio di questi strumenti è che non dipendono dalla capacità di ricordo del
messaggio da parte del consumatore.
• Abbuoni → consistono nel rimborso di una parte del prezzo pagato tramite l'invio della prova d'acquisto. È uno
strumento più adatto a prodotti di prezzo elevato, in quanto i consumatori preferiscono non sprecare tempo a inviare
la prova d'acquisto per prodotti poco costosi.
• Product placement → comporta l'utilizzo di un prodotto di marca all'interno di un film, programma televisivo, video o
spot relativo a un altro prodotto. Il costo è molto elevato, ma compensato dall'alta visibilità ed efficacia.
20.5.2 Promozioni delle vendite orientate alle aziende
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Sono utilizzate per sostenere le campagne pubblicitarie e le vendite rivolte ai grossisti, ai rivenditori o ai distributori.
Le tipologie più comuni sono: abbuoni e sconti, pubblicità cooperativa, formazione della forza di vendita dei distributori.
• Abbuoni e sconti → gli strumenti prevalenti sono 3:
- Abbuono sulla merce = riduzione percentuale del prezzo di listino dei prodotti ordinati da un rivenditore, in cambio
del suo supporto nel mettere in evidenza il marchio del produttore (attraverso modalità specificate).
- Abbuono sui lotti di prodotto = applicazione di uno sconto su ciascun lotto ordinato durante un dato periodo di
tempo; viene poi detratto dalla fattura. Una variante è il sistema dei “prodotti omaggio”, che consente ai rivenditori di
ricevere una quantità di prodotto in omaggio sulla base dell'importo dell'ordine effettuato.
- Abbuono finanziario = rimborso ai rivenditori delle spese o delle perdite finanziarie associate alle promozioni rivolte
ai clienti finali. Prevede diverse varianti, come il programma di protezione delle scorte minime o il rimborso delle spese
di trasporto.
• Pubblicità cooperativa → prevede che il produttore paghi una percentuale sulla spesa pubblicitaria sostenuta dal
rivenditore per promuovere i suoi prodotti nel mercato geografico locale. Così il produttore ha visibilità e il distributore
ha un supporto finanziario nella promozione della propria attività.
• Formazione della forza di vendita dei distributori → è importante affinché il personale di vendita sia in grado di
presentare e valorizzare al meglio i beni e servizi del produttore. Le attività di formazione comprendono manuali e
brochure, incontri di preparazione, visite al punto vendita per informare e motivare il venditore, programmi di
incentivazione.

20.6 Le relazioni pubbliche


Le relazioni pubbliche costituiscono una forma di gestione della comunicazione che mira a influire sull'immagine e sui
prodotti di un'impresa, per costruire la reputazione dell'organizzazione, veicolare la sua immagine e mantenerla nel
tempo presso i pubblici di riferimento. Il personale delle relazioni pubbliche deve quindi saper fronteggiare anche
l'impatto negativo derivante da situazioni di crisi. Il ruolo delle relazioni pubbliche è mutato negli anni; di conseguenza
si è evoluto anche l'insieme delle competenze professionali e degli strumenti, distinguibili fra strumenti di base e
specialistici. Fra le attività di base troviamo la gestione delle relazioni con i media e l'organizzazione di eventi.
Negli strumenti specialistici rientrano siti web, comunicazione interna, sponsorizzazioni e partnership, public affairs,
comunicazione per la gestione delle crisi, comunicazione finanziaria, comunicazione ambientale.

20.6.1 Gli strumenti base delle relazioni pubbliche: la gestione delle relazioni con i media
La gestione delle relazioni con i media è una delle attività principali delle relazioni pubbliche; l'obiettivo è creare e
rafforzare l'immagine aziendale. Le relazioni con i media possono essere gestite da un ufficio interno all'impresa o
esternalizzate e affidate a un'agenzia di relazioni pubbliche. I principali strumenti sono:
• Media list → consiste in una raccolta di informazioni relative ai giornalisti e alle redazioni con i quali l'impresa è
interessata a mantenere buone relazioni. Oltre ai dati generici come nominativo, indirizzo e testata di appartenenza,
includono informazioni relative alle tematiche trattate, alla loro specializzazione nella redazione e agli articoli già
scritto in merito all'azienda o ai concorrenti.
• Comunicato stampa → è un testo indirizzato ai giornalisti il cui contenuto è relativo a eventi aziendali di particolare
interesse e il cui scopo è far sì che la notizia venga diffusa al grande pubblico.
• Conferenza stampa → consiste in un incontro di alcuni esponenti aziendali con i giornalisti di varie testate per
divulgare notizie rilevanti e approfondirne contenuti e implicazioni rispondendo alle varie domande. I costi sono molto
elevati.
Per verificare l'impatto del comunicato stampa o di una conferenza si utilizza la rassegna stampa, una raccolta di tutte
le pubblicazioni conseguenti alla divulgazione di una notizia, che permette di valutare come i media hanno percepito e
veicolato quanto l'azienda ha comunicato.
• Intervista → in questo caso bisognerà preparare l'intervistato (in genere una figura di rilievo dell'impresa) circa le
modalità con cui avverrà il dialogo con il giornalista e raccogliere tutte le informazioni di cui l'intervistato potrebbe
necessitare per rispondere alle domande.
La misurazione dei risultati è fondamentale, perché permette di verificare la validità di ogni strumento utilizzato e di
modificare le attività di relazione messe in atto. Le tecniche di misurazione possono essere quantitative o qualitative;
nel primo caso ci si limita a calcolare il numero dei partecipanti alla conferenza o degli articoli scritti su una determinata
notizia; nel secondo caso entrano in gioco componenti soggettive di valutazione, per valutare se un dato articolo è
positivo o negativo per l'impresa. Infine i risultati della valutazione quantitativa e qualitativa vengono uniti e utilizzati
per stendere la relazione finale, che terrà conto degli aspetti positivi e negativi emersi.

20.6.2 Gli strumenti di base delle relazioni pubbliche: l'organizzazione di eventi


L'organizzazione di eventi acquisisce un ruolo sempre più importante per stabilire relazioni di lungo termine con gli
stakeholder. Perché un evento abbia successo è necessario pianificare accuratamente gli aspetti strategici e quelli
operativi. Si comincerà individuando gli obiettivi specifici che si vogliono raggiungere, come aumentare la visibilità
dell'azienda, rendere noto il suo impegno su tematiche di interesse sociale, divulgare informazione su nuovi prodotti.
L'obiettivo generale sarà invece trasferire un preciso messaggio all'interlocutore. Fra i principali tipi di eventi troviamo:
congressi e convegni, tavole rotonde, fiere, inaugurazioni, convention, visite alle aziende, open day, feste aziendali.
A seconda degli obiettivi che ci si pone, si dovrà scegliere lo strumento più efficace.

20.6.3 Le relazioni pubbliche: strumenti specialistici


• Siti web → offrono la possibilità di instaurare una comunicazione bidirezionale con i propri interlocutori, diventando
anche un ottimo strumento di servizio orientato al cliente.
• Comunicazione interna → consiste nell'insieme di attività di comunicazione rivolte all'interno dell'azienda; l'obiettivo
è coinvolgere il personale nella vita e nei valori aziendali, motivarlo o semplicemente informarlo di cambiamenti in
corso. Affinché sia efficace è necessario valutare quanto i dipendenti siano allineati con i valori e le strategie aziendali.
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• Sponsorizzazioni → consistono nell'associare il nome di un'azienda o di un prodotto (sponsor) a un particolare
evento o iniziativa (sponsee). Se coerenti con gli obiettivi e l'immagine aziendali, permettono di ottenere elevata
visibilità, di veicolare efficacemente i propri valori e di instaurare relazioni stabili con i pubblici di riferimento.
• Public affair → servono a sviluppare e mantenere relazioni di reciprocità durature fra le organizzazioni e le istituzioni
pubbliche. Sarà quindi necessario conoscere la regolamentazione del settore di appartenenza, verificare che le norme
siano rispettate ed essere in grado di sfruttare le opportunità che possono scaturire dal contesto istituzionale.
• Crisis management → l'attività di comunicazione per la gestione della crisi serve a far fronte a un evento di crisi
dell'impresa, cioè un avvenimento che ha ricadute negative sull'immagine aziendale.
• Comunicazione economico-finanziaria → ha l'obiettivo di fornire informazione veritiera e trasparente alla comunità
finanziaria, per far sì che gli investitori attuali e potenziali sviluppino un rapporto di fiducia verso l'impresa.
• Comunicazione ambientale → ha l'obiettivo di informare la comunità e i clienti relativamente a iniziative, progetti e
prodotti che hanno implicazioni di carattere ambientale.

20.7 Come aumentare il valore delle attività di promozione


Tutte le attività di promozione possono contribuire a sviluppare una relazione stabile con il consumatore rendendolo
fedele alla marca del produttore o al punto vendita. I nuovi mezzi di comunicazione e gli sviluppi tecnologici offrono la
possibilità di personalizzare i messaggi pubblicitari e l'offerta al consumatore. Ciò comporta una sempre maggiore
necessità di riposta alle preoccupazioni dei consumatori in merito alla privacy. Inoltre, per comunicare in modo efficace
a un pubblico differenziato, sarà necessario un approccio che integri vari mezzi e tecniche; per questo motivo le agenzie
pubblicitarie continuano ad accrescere il livello integrazione tra relazioni pubbliche, attività di direct marketing,
messaggi pubblicitari e promozioni.
Negli anni si sono sviluppati numerosi dibattiti circa la condotta etica delle imprese nelle loro comunicazioni. In Italia
esiste un organismo di autoregolamentazione, l'Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria (IAP) a cui sono associate tutte le
principali agenzie di comunicazione, che devono rispettare le regole sulla correttezza e trasparenza delle azioni
promozionali di marketing.

● Capitolo 21 – Vendita personale e sales management

21.1 Ruolo e rilevanza della vendita personale e del sales management


La vendita personale si basa su un flusso di comunicazione bidirezionale fra acquirente e venditore, che ha il fine di
influenzare la decisione di acquisto di una persona o di un gruppo. Ha notevoli vantaggi ma anche costi elevati. I
progressi nel campo delle telecomunicazioni (fax, computer, cellulari, videoconferenze, Internet) hanno però consentito
una maggiore efficienza.
L'interazione fra venditore e acquirente svolge un ruolo chiave; è quindi necessario che l'azienda operi un'attenta
gestione di questa attività. Il sales management consiste nella pianificazione, attuazione e controllo del piano di
vendita personale; gli aspetti critici sono costituiti da fattori quali la determinazione degli obiettivi, l'organizzazione della
forza vendita, la selezione, assunzione e formazione del personale, la valutazione delle sue performance e la relativa
retribuzione.

21.1.1 La vendita personale nel marketing


La vendita personale, nel marketing di un'impresa, ha tre funzioni:
- collegamento → perché è un nodo informativo a due vie fra impresa e cliente; il personale di vendita è un'importante
antenna di marketing.
- rappresentanza → i venditori, agli occhi dei clienti, sono l'azienda; perciò devono rappresentarla al meglio.
- spinta → consiste nel supporto alle vendite dato dai venditori; devono saper tradurre i contatti in transazioni.

21.1.2 La creazione del valore per il cliente: vendita relazionale e partnership


La forza di vendita è una importante fonte di valore per l'acquirente, perché è con essa che il cliente instaura una
relazione. Questo contributo alla creazione di valore consiste in tre attività: facilitazione del processo di acquisto;
consulenza e supporto in fase di consumo; assistenza post-acquisto.
Il valore per i clienti si genera quindi grazie alla vendita relazionale, che consente di costruire rapporti duraturi basati
sulla dedizione del venditore nei confronti del cliente, favoriti da un clima di fiducia e rispetto fra le parti. Perciò il vero
obiettivo della forza di vendita non è solo la promozione delle vendite nel breve periodo, ma soprattutto la costruzione
della relazione e della fedeltà del consumatore.
Alcune aziende hanno creato delle vere e proprie partnership con i propri acquirenti. La partnership di vendita
prevede che clienti e venditori condividano risorse e competenze per creare soluzioni su misura e generare un reciproco
vantaggio, anche attraverso la condivisione di informazioni sui concorrenti e sullo scenario di riferimento.
Vendita relazionale e partnership di vendita sottolineano l'importanza di conoscere le esigenze dei clienti per creare
soluzioni personalizzate e trasferire loro maggiore valore.

21.2 Le molte forme/tipologie della vendita personale


Esistono 3 tipologie di vendita personale:

-la raccolta degli ordini;


-la vendita tecnico-commerciale;
-le attività di supporto alla clientela.
L'impresa può ricorrere a uno solo di questi strumenti o a una combinazione dei tre...

21.2.1 La raccolta degli ordini


Gli addetti alla raccolta degli ordini svolgono attività di routine, contattando clienti già acquisiti per raccogliere ed 71
evadere i loro riordini. L'obiettivo principale è preservare la continuità del rapporto con il cliente e delle vendite.
Gli addetti alla raccolta degli ordini possono essere:
- esterni → visitano periodicamente i clienti e provvedono al rifornimento dei rivenditori. Spesso svolgono anche attività
di consulenza e assistenza tecnica.
- interni → operano nella sede dell'impresa o nei negozi e si occupano di processi più semplici e routinari; sono meno
coinvolti nella risoluzione di problemi e la loro efficacia è maggiore nel caso di prodotti con poche opzioni o altamente
standardizzati.

21.2.2 La vendita tecnico-commerciale


Un venditore tecnico-commerciale svolge l'attività di vendita in senso stretto. Le sue mansioni consistono
nell'individuare i potenziali clienti, fornire informazioni a quelli attuali, persuaderli ad acquistare, chiudere le vendite e
seguire l'uso del bene o servizio da parte del cliente.
La vendita tecnico-commerciale comporta un alto livello di creatività e di empatia con il cliente. Viene solitamente usata
per prodotti complessi o tecnici, caratterizzati da diverse opzioni, che richiedono una conoscenza approfondita e una
formazione di vendita elevata.
Nell'ambito della vendita b2b, un venditore tecnico-commerciale funge da risolutore dei problemi, individuando il modo
in cui un particolare prodotto può soddisfare l'esigenza specifica di un cliente.

21.2.3 Il personale di supporto ai clienti


Si occupa di integrare il lavoro svolto dai venditori tecnico-commerciali, fornendo diversi servizi.
I promotori si occupano delle attività promozionali e dell'introduzione dei nuovi prodotti. Sono particolarmente usati
nel settore farmaceutico.
Un sales engineer è una figura professionale specializzata che mette a disposizione il proprio know-how per aiutare la
forza vendita nella comprensione e soluzione dei problemi e dei bisogni dei clienti.
I team di vendita interfunzionali sono gruppi all'interno dei quali vengono combinate diverse figure di personale di
vendita e/o di supporto alle vendite. L'obiettivo dei team è garantire una maggiore assistenza e soddisfazione del
cliente; si impiegano nei casi in cui le competenze necessarie non sono coniugabili in un'unica figura professionale.
Il supporto alle vendite può essere svolto efficacemente attraverso 2 modalità:
il conference selling → un venditore e altri dipendenti della società si incontrano con gli acquirenti per discutere i
problemi e le opportunità.
il seminar selling → un team della società svolge un programma di formazione per il personale tecnico di un cliente,
durante il quale vengono fornite informazioni sull'uso e sulle caratteristiche dei prodotti.

21.3 Il processo della vendita personale: la costruzione dei rapporti


La vendita personale è costituita da 6 fasi: prospecting, preapproccio, approccio, presentazione, chiusura, follow-up.

21.3.1 Prospecting
Consiste nella ricerca di potenziali clienti qualificati (prospect). Per alcune tipologie di beni o servizi che vengono
acquistati una sola volta, il prospecting continuo è necessario per sostenere le vendite.
In genere l'impresa fornisce alla forza di vendita una serie di linee guida per orientare l'attività di prospecting.
I prospect possono essere distinti in 3 diversi livelli:
- clienti lead → coloro che hanno le caratteristiche per diventare clienti potenziali
- clienti potenziali → coloro che desiderano o hanno bisogno del prodotto
- clienti qualificati → coloro che sono interessati al prodotto e sono in grado di acquistarlo.
Al fine di acquisire l'informazione necessaria a riconoscere i clienti lead, potenziali e qualificati si possono usare diversi
mezzi: la richiesta di nominativi ai clienti attuali, la partecipazione a eventi di settore, la consultazione di annuari e
guide specializzate. Una volta identificata la lista di prospect, l'impresa può ricorrere a diversi modi per farsi conoscere,
come la visita da parte di un agente o un pre-contatto a mezzo telefono o posta. Questa fase è anche utile per
selezionare ulteriormente i prospect ed escludere quelli poco rilevanti.

21.3.2 Preapproccio
Dopo aver identificato il cliente qualificato, il venditore deve raccogliere ulteriori informazioni per poter pianificare
l'approccio di vendita più adatto, come il ruolo dell'individuo all'interno del processo di acquisto o la sua capacità di
spesa. È anche importante individuare il momento migliore per contattare un potenziale cliente.
Nel caso l'impresa sia entrata in un nuovo mercato, in un altro Paese o in una regione con importanti differenze rispetto
all'area di provenienza, è fondamentale raccogliere informazioni sui comportamenti e la cultura del cliente per
comprendere il protocollo di relazione corretto.

21.3.3 Approccio
Consiste nell'incontro iniziale fra il venditore e il potenziale cliente. Gli obiettivi consistono nell'ottenere l'attenzione del
cliente, stimolarne l'interesse e costruire le basi per la presentazione di vendita e per il successivo rapporto. Dare una
buona impressione è fondamentale; a questo scopo il venditore può ricorrere a una serie di espedienti retorici e di
comunicazione interpersonale che facilitano la costruzione di un clima disteso e di confidenza, per esempio iniziando la
conversazione con un riferimento a conoscenze comuni o a un referente autorevole.
Nelle situazioni internazionali la sensibilità e la capacità richieste al venditore sono maggiori, per via delle possibili
differenze culturali. In alcuni contesti è importante dedicare del tempo alla conversazione non lavorativa; in altri casi
anche la gestualità o lo scambio dei biglietti da visita assumono particolare rilevanza.

21.3.4 Presentazione
L'obiettivo è convertire un potenziale cliente in un cliente acquisito, creando il desiderio del bene o servizio.
Le principali modalità di presentazione sono 3: stimolo-risposta; formula selling; bisogno soddisfazione.
La presentazione stimolo-risposta presume che sulla base dello stimolo dato dal venditore aumenti la probabilità di
72
acquisto da parte del cliente. Tuttavia non è sempre adatta: in alcuni contesti è più opportuna una presentazione più
strutturata; in altri casi può risultare una modalità aggressiva che indispone il cliente.
La presentazione formula selling prevede che il venditore trasferisca al cliente informazioni strutturate, complete e
dettagliate, secondo uno schema preordinato. In questo modo la conversazione è standard per tutti i clienti. Può essere
utile quando non si conoscono le differenze fra i potenziali clienti, per cui il venditore non ha informazioni su cui
modellare il contenuto e lo stile della comunicazione. Garantisce una presentazione completa ma manca di flessibilità e
spontaneità.
In questi due approcci il venditore domina la conversazione.
La presentazione bisogno-soddisfazione si basa invece sull'ascolto del cliente. L'obiettivo è comprendere le reali
esigenze e gli interessi del cliente, per adattare la comunicazione alle sue caratteristiche. Comprende due stili di vendita
principali:
- l' adaptive selling → il venditore deve saper gestire i momenti di ascolto, in cui stimola il cliente a fornire informazioni,
e i momenti in cui offre soluzioni, attraverso la proposta del prodotto più adatto alle sue esigenze.
- la consulenza di vendita → si concentra sull'individuazione dei problemi rispetto ai quali il venditore svolge un ruolo di
risolutore; in questo modo il valore per il cliente supera quello associato all'acquisto del prodotto, poiché spesso
emergono nuove soluzioni che creano un valore unico. È molto usata nel marketing b2b.
▪ La gestione delle obiezioni. Durante la presentazione, il cliente potrebbe esprimere valutazioni negative o
osservazioni critiche che possono compromettere il processo di vendita. Alcune obiezioni sono valide perché relative alle
caratteristiche del bene o servizio, altre sono dovute a fattori relazionali o limiti del prodotto. La forza di vendita dovrà
gestire efficacemente le obiezioni, per favorire la ripresa della relazione e la prosecuzione del processo, ma dovrà farlo
sempre in maniera etica, cortese e professionale. A questo scopo, le tattiche relazionali più comuni sono 6:
1 Accettare e convertire l'obiezione. Usare l'obiezione come ragione per l'acquisto (es. prezzo alto = alta qualità).
2 Posporre. Rimandare a un momento successivo la discussione sull'obiezione; è utile quando questa interrompe
un'argomentazione chiave o anticipa un argomento previsto in una fase successiva.
3 Concordare e neutralizzare. Sottolineare come il problema sia secondario rispetto ad altre caratteristiche del
prodotto.
4 Accettare l'obiezione. Quando è sensata e valida, il venditore può accettarla e discuterla adottando il punto di vista
del cliente; in questo modo darà un'immagine di professionalità, correttezza e onestà.
5 Negazione. Affrontarla negandola con decisione quando è frutto di disinformazione ed è falsa.
6 Ignorare l'obiezione. Può essere fatto quando l'obiezione ha portato la trattativa in una fase di stallo o quando non è
realmente importante per il potenziale cliente.
La gestione efficace delle obiezioni richiede senso della tempistica, capacità di valutazione dello stato d'animo del
potenziale cliente e abilità nella comunicazione, competenze che si acquisiscono con l'esperienza e la preparazione.
La presentazione dovrà sempre essere guidata da eticità e correttezza: mentire o rappresentare in modo ingannevole le
caratteristiche di un prodotto è controproducente nel lungo periodo.

21.3.5 La chiusura
Consiste nell'ottenere un impegno di acquisto da parte del potenziale cliente. È la fase più importante e la più
complicata in quanto il venditore deve capire il momento in cui il potenziale cliente è pronto ad acquistare. I segnali
rivelatori comprendono il linguaggio corporeo, le dichiarazioni e le domande. Le 3 possibili tecniche di chiusura sono:
- chiusura di prova → consiste nel chiedere al potenziale cliente di prendere una decisione su alcuni aspetti relativi
all'acquisto del prodotto (es. il colore, il modello, etc)
- chiusura ipotetica → consiste nel chiedere al potenziale cliente di fare una scelta circa le condizioni di consegna, di
garanzia o di finanziamento, nell'ipotesi in cui la vendita dovesse avvenire.
- chiusura d'urgenza → consiste in uno stimolo forte al convincimento del cliente (es. citando la scadenza di una
offerta).
Nell'utilizzare queste tecniche, il venditore deve prestare attenzione a non indisporre il cliente, che potrebbe sentirsi
forzato all'acquisto; perciò va attentamente valutato il momento in cui chiudere il processo di vendita e proporre
esplicitamente l'ordine al cliente.

21.3.6 Il follow-up
L'obiettivo è assicurarsi che il prodotto sia stato consegnato, installato correttamente e funzionante. È una fase
fondamentale per consolidare il rapporto acquirente-venditore e assicurarne una lunga durata.

21.4 Il processo di sales management


È costituito da 3 fasi: formulazione del piano vendita; attuazione del piano; valutazione e controllo della forza vendita.

21.4.1 La formulazione del piano di vendita: scegliere la direzione


Il piano di vendita è un documento nel quale vengono descritti i risultati che dovranno essere raggiunti e le modalità
con cui dovranno essere svolte le attività della forza di vendita. Per formulare un piano di vendita è quindi necessario:
determinare gli obiettivi; organizzare la forza di vendita; sviluppare le politiche di account management.
▪ La determinazione degli obiettivi consiste nello specificare i risultati che ciascun venditore e la forza di vendita nel
suo insieme dovranno raggiungere. Gli obiettivi possono essere:
- output-related → collegati ad aspetti di efficacia (come le vendite in valore o a volume, il numero di nuovi clienti
acquisiti, gli utili)
- input-related → collegati ad aspetti di efficienza (come ottimizzare il rapporto fra numero di contatti e numero di
vendite concluse, o minimizzare le spese legate alla forza di vendita e al suo supporto).
Un terzo tipo di obiettivi riguarda le capacità e le competenze del venditore; comprende obiettivi come il livello di
conoscenza del prodotto, il customer service e le doti relazionali e di comunicazione.

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▪ L'organizzazione della forza di vendita comporta 3 scelte fondamentali:
1 scegliere fra l'impiego di una forza vendita interna o il ricorso ad agenti indipendenti, come gli agenti plurimandatari;
2 decidere se organizzare i venditori interni in base all'area geografica, al tipo di cliente o di prodotto;
3 determinare il numero totale di venditori interni da impiegare.
1 In genere la decisione in merito all'impiego di forza vendita interna o esterna è di lungo periodo e viene modificata
raramente. I parametri di valutazione sono economici e comportamentali.
- Sotto l'aspetto economico bisognerà valutare che tipo di venditori impiegare in relazione ai volumi di vendita stimati.
Gli agenti esterni hanno un alto costo variabile ma non comportano costi fissi; i venditori interni hanno un costo
variabile inferiore ma comportano costi fissi. Considerando il volume di vendita che rende indifferenti le due alternative,
al di sotto di esso conviene ricorrere ad agenti esterni, se invece il volume di vendite è superiore conviene avvalersi di
forza di vendita interna.
- Sotto l'aspetto comportamentale bisognerà valutare questioni relative alla possibilità di controllo, alla flessibilità e alla
disponibilità dei venditori indipendenti e interni.
2 Se l'impresa decide di utilizzare forza vendita interna, può definirne la struttura organizzativa in base a 3 criteri:
- per area geografica → è la struttura più semplice: a ciascun venditore è associata un'area di competenza, con confini
geografici definiti, in cui visiterà tutti i clienti e rappresenterà tutti i prodotti venduti dall'azienda. Consente di
raggiungere un'elevata efficienza perché riduce gli spostamenti e la ripetizione delle visite presso il singolo cliente.
- per tipo di cliente → più adatta quando i clienti di una certa area sono molto eterogenei e occorre quindi una
specializzazione per tipo di acquirente o di canale di marketing. Consente di raggiungere una maggiore efficacia, ma
comporta maggiori costi amministrativi e una duplicazione del lavoro di vendita, perché si usano più team per
presentare gli stessi prodotti. Una variante dell'organizzazione per tipo di cliente è il key account management, che
consiste nel dedicare dei team di vendita ad alcuni clienti particolarmente importanti, per migliorare la relazione
commerciale ed instaurare una collaborazione a lungo termine.
- per prodotto → più adatta quando i prodotti richiedono conoscenze specialistiche elevate. Consente alla forza di
vendita di sviluppare competenze specifiche sulle caratteristiche tecniche, le applicazioni e i metodi di vendita relativi a
un prodotto. I costi amministrativi e operativi sono elevati.
3 Una volta scelta la struttura, l'impresa dovrà stabilire il numero di venditori da utilizzare, in base a: struttura
organizzativa, numero di clienti serviti, frequenza di visita prevista, durata media di visita, tempo necessario a
completare una vendita. A questo scopo è utile applicare il metodo del carico di lavoro: NS = (NC x CF x CL) / AST
NS= numero di venditori; NC= numero di clienti; CF= frequenza di visite necessarie per ogni cliente ogni anno;
CL= durata media di una visita; AST= quantità media di tempo di vendita disponibile ogni anno.
▪ Lo sviluppo delle politiche di account management consiste nello stabilire chi dovrà essere contattato dai
venditori, i tipi di attività di vendita e di customer service da svolgere e le modalità con cui dovranno essere svolti.
I diversi clienti possono essere raggruppati in base al loro livello di attrattività e alla posizione competitiva
dell'organizzazione di vendita; ne deriva una matrice che costituisce un supporto nella definizione di politiche di account
management:
- alta attrattività / alta posizione competitiva → alti livelli di frequenza di visita e di servizio per fidelizzare il cliente.
- bassa attrattività / alta posizione → contenere gli investimenti e le visite per difendere la posizione competitiva.
- alta attrattività / bassa posizione → migliorare la posizione competitiva o disinvestire e orientarsi verso altri clienti.
- bassa attrattività / bassa posizione → limitare investimenti, passare al telemarketing o dismettere il contatto.

21.4.2 L'attuazione del piano di vendita: l'implementazione


I compiti principali nell'attuazione del piano di vendita sono 3:
l'assunzione e selezione; la formazione; la motivazione e retribuzione della forza di vendita.
▪ L'assunzione e la selezione consistono nell'individuare le persone che corrispondono al tipo di posizione richiesta.
Inizialmente bisognerà descrivere la tipologia di lavoro prevista per la posizione e le caratteristiche che il candidato
ideale deve avere. È quindi necessario condurre un'analisi dei processi e delle routine lavorative previste per ciascuna
posizione, rilevando i compiti e le modalità di svolgimento, individuando poi i profili individuali, interpersonali e di
competenza specialistica necessari per un efficace svolgimento del lavoro.
Le informazioni fornite da questa analisi sono usate per redigere le job description, documenti che specificano i requisiti
che caratterizzano ciascuna posizione di vendita. Ogni job description illustra: il soggetto a cui fa riferimento il
venditore; la modalità di interazione con gli altri dipendenti; i clienti da visitare; le attività da svolgere; le caratteristiche
fisiche e mentali richieste; i tipi di beni e servizi da vendere.
La descrizione del lavoro viene quindi tradotta in un prospetto delle qualifiche, che include gli atteggiamenti, le
conoscenze, le capacità e le diverse caratteristiche comportamentali necessarie per quel lavoro.
Le qualifiche per le posizioni di venditore tecnico-commerciale in genere riflettono le aspettative dei clienti:
immaginazione e capacità di problem solving; onestà; conoscenza approfondita del prodotto; empatia e dedizione verso
il cliente. Quest'ultima caratteristica riguarda l'intelligenza emotiva, cioè la capacità di comprendere le proprie
emozioni e quelle delle persone con cui si interagisce; è una qualità che permette di adattare il proprio comportamento
a seconda del cliente ed è quindi una importante fonte di efficacia.
▪ La formazione, la motivazione e la retribuzione. La formazione di nuovo personale commerciale è un processo
costoso, che richiede all'impresa un grande investimento in risorse umane in condizioni di elevata incertezza; è difficile
prevedere se chi viene formato sarà effettivamente in grado di applicare le conoscenze acquisite e per quanto tempo
resterà nell'azienda. Inoltre è molto importante l'aggiornamento, per consentire a venditori già esperti di mantenere
adeguate competenze relative a innovazione tecnologica, comunicative e commerciali. La formazione è quindi un
processo continuativo.
La motivazione, l'impegno e l'efficacia dei venditori sono legate a diversi elementi chiave: una job description chiara;
pratiche di sales management efficaci a supporto della loro attività; caratteristiche personali orientate al successo;
retribuzione e incentivi adeguati.
La retribuzione può essere impostata attraverso 3 modalità: stipendio fisso; provvigione; combinazione di entrambi.
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21.4.3 La valutazione e il controllo della forza di vendita: la misurazione dei risultati
I venditori sono valutati sulla base del contributo dato al raggiungimento degli obiettivi di vendita e sul rispetto delle
politiche di account management definiti dall'impresa. La valutazione si fonda su elementi quantitativi e qualitativi. Le
valutazioni quantitative si basano sugli obiettivi definiti in termini di efficienza e di efficacia.
Fra i principali criteri riguardanti l'efficienza si considera il numero di visite effettuate, il costo della forza di vendita in
rapporto ai risultati e il numero di report presentati ai superiori.
Come misura di efficacia si considera la quota di vendita, cioè il contributo del singolo venditore o team al fatturato
complessivo (in termini di vendite a valore o a volume, o come variazione rispetto alla quota dell'anno precedente). Il
periodo di riferimento varia fra il mese e l'anno.
Le valutazioni qualitative si basano sul comportamento, l'attenzione dedicata ai clienti, la conoscenza dei prodotti, le
capacità di vendita e di comunicazione, l'aspetto e la condotta professionale.

21.4.4 L'automazione della forza di vendita e il customer relationship management (CRM - gestire relazioni con i clienti)
Le nuove tecnologie dell'ICT (Information Comunication Tecnology - Informazione Comunicazione Tecnologia) hanno
avuto un forte impatto anche nella gestione delle attività di vendita. Hanno infatti permesso di automatizzare alcune
delle mansioni svolte dalla forza di vendita e di legarne l'attività con i processi di customer relationship management.
L'automazione della forza di vendita consiste nell'utilizzo di vari supporti tecnologici per rendere la funzione di
vendita più efficiente ed efficace, intervenendo su diverse attività: dal processo di vendita e coinvolgimento dei clienti
all'organizzazione e gestione della forza di vendita.
I computer portatili e i palmari consentono di svolgere diverse procedure amministrative durante la visita ai clienti.
Internet e i cellulari permettono di comunicare in tempo reale con la sede dell'azienda e scambiare dati e informazioni.
Intranet permette di accedere a distanza ai dati sul cliente, a contenuti di marketing o a presentazioni.
Le routine amministrative vengono così semplificate e rese più veloci, i venditori dispongono di maggiore informazione,
vengono perciò ridotti i tempi sottratti all'attività di vendita vera a propria; questo porta a vantaggi di costo e al
miglioramento dell'efficacia del processo di vendita.

● Capitolo 22 – Il marketing online e la multicanalità

22.1 Il marketing online


Oggi molte aziende pianificano e implementano le attività di marketing online per sfruttare l'unicità di Internet.
Le tecnologie di rete contribuiscono a creare valore per il consumatore, gestire le relazioni e influenzare l'esperienza del
cliente; hanno anche effetti importanti sul comportamento del consumatore e sulle politiche di marketing.
Inoltre le imprese integrano i canali tradizionali con quello online negli aspetti di comunicazione e distribuzione.

22.2 Creare valore, relazioni ed esperienze nel marketspace


Oggi imprese e consumatori interagiscono in due tipologie di mercati: il marketplace (un mercato fisico, fatto di relazioni
dirette face-to-face in ambienti reali con infrastrutture materiali) e il marketspace, un mercato virtuale, fatto di
relazioni a distanza face-to-screen in un ambiente digitale, basato su infrastrutture di rete.
I due mercati costituiscono un'opportunità in più per i consumatori che hanno un canale aggiuntivo a cui rivolgersi per
avere informazioni e fare acquisti. Sempre più persone fanno un uso integrato dei canali fisici e di quello virtuale, un
trend che è destinato a consolidarsi con il crescere dell'accessibilità e della familiarità dei consumatori con la rete.
L'esistenza di due ambienti di mercato pone alle aziende nuove importanti sfide, ma costituisce una grande opportunità.
Per affermarsi e avere successo nel marketspace ogni impresa deve mettere a punto e implementare un programma di
marketing che sfrutti appieno le possibilità offerte da Internet per creare valore per il cliente.

22.2.1 Creare valore per il cliente


Nonostante la percentuale di beni e servizi commercializzata via Internet sia ancora contenuta, le potenzialità attribuite
a Internet come generatore di valore per il consumatore sono più elevate di quelle del mercato tradizionale. Infatti, se il
valore reso dal marketing consiste in utilità di tempo, spazio forma e possesso, Internet ne estende la portata, senza
vincoli di spazio e di tempo.

22.2.2 La relazione con il cliente: interattività e personalizzazione


L'interattività e la personalizzazione sono due caratteristiche peculiari di Internet che ne definiscono il ruolo unico nel
costruire relazioni con il cliente.
L'interattività permette lo scambio e la comunicazione a due vie.
La personalizzazione permette al consumatore di decidere i contenuti e le modalità dello scambio con l'azienda, per
esempio modificando le caratteristiche del prodotto , scegliendo quali informazioni approfondire, decidendo quando
connettersi al sito.
Il marketing interattivo, quindi, è una forma di comunicazione a due vie mediata dai computer in cui l'acquirente
controlla la tipologia e la quantità di informazione ricevuta dal venditore. Si basa su interfacce e sistemi di
personalizzazione dei contenuti che permettono di tradurre le informazioni fornite dal cliente in risposte personalizzate
sui suoi specifici bisogni.
Una interfaccia (choiceboard) è un sistema interattivo attraverso il quale i consumatori possono specificare le
caratteristiche desiderate dei bene e servizi che vogliono acquistare e scegliere i termini di consegna e di pagamento.
Alcune imprese hanno sviluppato anche sistemi di collaborative filtering, che permettono di analizzare in automatico
le similitudini fra consumatori e di definire e veicolare messaggi promozionali su misura.
La personalizzazione dei contenuti consiste in un processo attraverso il quale l'utente di un prodotto mediale può
definirne le caratteristiche in termine di contenuti informativi e di intrattenimento.
Il choiceboard, il collaborative filtering e la personalizzazione dei contenuti sono strettamente legati: per poter
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personalizzare i contenuti di una pagina web, l'utente utilizza una choiceboard e nel fare ciò rilascia informazioni
personali, grazie ai quali l'azienda potrà definire un sistema di collaborating filtering con messaggi mirati.

22.2.3 L'esperienza online


Con riferimento al marketing interattivo, per customer experience si intende la somma di interazioni totali che un
consumatore effettua sul sito di un'azienda, a partire dalla homepage e lungo l'intero processo di visita. La customer
experience online è generata attraverso 7 elementi:
- contesto → esprime la vocazione del sito definito in termini di layout e impostazioni visuali. Può avere una vocazione
funzionale (punta a mettere in evidenza l'offerta online dell'impresa) o una vocazione esperienziale (punta sul valore
estetico del sito e sulla sua capacità di stimolare i sensi e le emozioni del consumatore per sorprenderlo e coinvolgerlo).
- contenuti → tutti gli elementi che contribuiscono a generare informazioni (testi, immagini, video, suoni, etc).
- personalizzazione → la capacità del sito di rispondere alle esigenze e alle aspettative di consumatori diversi o alla
possibilità di scegliere i contenuti.
- connessione → l'insieme di link fra il sito di un'impresa e gli altri siti.
- comunicazione → lo scambio di informazioni fra l'utente e il sito (questionari; operatori per supporto alla
navigazione).
- comunità → la possibilità di comunicare con altri utenti in modo sincronico (chat) o diacronico (forum) per scambiare
opinioni, informazioni e consigli.
- commercio → la possibilità di acquistare beni e servizi online, e quindi la capacità del sito di stimolare e guidare il
processo di acquisto. La tecnologia one click shopping permette di completare l'intera transazione con un unico click.
Non tutti i siti impiegano tutti i driver: solo il contesto e i contenuti sono elementi necessari affinché il sito esista.

22.3 Comportamento del consumatore e azioni di marketing nel marketspace

22.3.1 Il consumatore online


I consumatori online sono chiamati con nomi diversi: cybershoppers, netizen, e-shoppers. Sono costituiti dal
sottosegmento di utenti di Internet che usano la rete per cercare informazioni sui prodotti e fare acquisti.
Dal punto di vista socio-demografico comprendono sia uomini che donne, sono giovani e di istruzione elevata.
Dal punto di vista psicografico sono caratterizzati da una tendenza all'affluenza e costituiscono quindi un target di
grande interesse per il marketing.
Dal punto di vista comportamentale si possono identificare 6 tipologie di consumatori online:
- click-and-mortar → visitano i siti dei distributori al dettaglio, ma poi acquistano nei punti vendita fisici.
- hunter-gatherer → confrontano online prezzi e caratteristiche di prodotti di marche diverse.
- brand loyalist → visitano regolarmente i siti preferiti e vi effettuano molti acquisti.
- time-sensitive materialist → utilizzano Internet solo per comodità (acquisti di libri, musica, elettronica di consumo).
- hooked, online and single → passano molto tempo online; utilizzano servizi bancari, aste e giochi online.
- ebivalent newbies → cercano informazioni ma raramente acquistano.
I prodotti acquistati online si dividono in 6 tipologie:
- prodotti per i quali la raccolta di informazioni è cruciale, ma la possibilità di provare il prodotto non è rilevante
(elettronica di consumo, libri)
- prodotti per i quali è fondamentale avere una dimostrazione audio o video prima dell'acquisto (cd, dvd)
- prodotti che possono essere consegnati per via digitale (software, prenotazioni, biglietti, e-banking)
- prodotti unici (oggetti da collezione, specialty goods)
- beni ad acquisto frequente (la vendita online offre comodità di acquisto)
- prodotti fortemente standardizzati (necessitano perlopiù di informazione sul prezzo).

22.3.2 Motivazioni di shopping online


I consumatori indicano 6 motivazioni per cui fanno acquisti in rete:
Comodità. I consumatori possono accedere all'assortimento di un negozio e scegliere fra numerosi prodotti senza dover
uscire di casa. Grazie ai bots è anche possibile confrontare simultaneamente l'offerta di più siti per scegliere il prodotto
migliore o più conveniente, senza doversi muovere da un negozio all'altro. Perché ci sia comodità i siti devono essere
facilmente individuabili, semplici da navigare e rapidi da scaricare: secondo la regola degli otto secondi, se il tempo
necessario a caricare la homepage di un sito supera gli otto secondi, i consumatori lo abbandonano.
Scelta. Comprende due tipi di utilità offerte dagli acquisti online: la varietà di prodotti disponibili e la possibilità di
ricevere assistenza durante il processo di acquisto.
Adattamento. La customization permette ai consumatori di avere prodotti realizzati con specifiche che definiscono essi
stessi. Ciò è reso possibile dall'integrazione di Internet con processi produttivi che coniugano standardizzazione e
flessibilità. Il cliente interviene quindi a monte del processo produttivo. La customerization consiste invece
nell'adattamento di tutte le leve del marketing mix alle caratteristiche del singolo cliente.
Comunicazione. La grande capacità di comunicazione di Internet si manifesta in 3 modalità principali: notifiche via
email dall'azienda al consumatore; richieste di acquisto dal consumatore all'azienda; comunicazione fra consumatori.
La comunicazione via Internet permette di ridurre i costi di ricerca, acquisizione e scambio delle informazioni; allo stesso
tempo però, per via del suo basso costo, può generare un sovraccarico di informazione spesso inutile. Un esempio è lo
spam, e-mail non richieste che intasano la casella di posta elettronica. Tra gli effetti positivi di Internet sulla
comunicazione bisogna considerare le web community (comunità virtuali composte da persone che condividono gli stessi
interessi o bisogni) e i blog (diari personali che un utente scrive online rendendoli pubblici agli altri navigatori).
Per le aziende le web community e i blog sono importanti per conoscere meglio i consumatori e per diffondere messaggi
attraverso il buzz, il passaparola via Internet.
Costi. In primo luogo Internet riduce i costi relativi alla ricerca di informazioni sui prodotti; inoltre il prezzo di vendita
del prodotto sul web è spesso più basso di quello in negozio. Ciò è reso possibile anche grazie alla facilità di
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implementazione sul web di politiche di dynamic pricing, ovvero la modifica in tempo reale dei prezzi di vendita, a
seconda della sensibilità al tempo (time-sensitivity) del prodotto (es. pacchetti last minute).
Controllo. I consumatori online possono individuare, confrontare, valutare e scegliere i prodotti con autonomia di
decisione, senza dover dipendere da altri o sentirsi sotto pressione.
▪ Un disincentivo allo shopping online è invece costituito dai cookies, file che si installano nel computer di un utente nel
momento in cui questi si collega a un determinato sito e che consentono al marketing di ricostruire il comportamento di
navigazione dell'utente; l'informazione viene poi utilizzata per riprogettare o migliorare l'offerta. Il problema è che i
cookies registrano anche informazioni personali relative alla preferenza dei prodotti, password, numero di carta di
credito, etc. Quindi per il marketing i cookies sono una preziosa fonte di informazione, ma per alcuni navigatori
costituiscono un deterrente ad acquistare online.

22.3.3 Dove e quando i consumatori online fanno acquisti


Anche nel mercato virtuale gli acquisti mostrano una certa stagionalità su base settimanale. Gran parte degli acquisti su
Internet si svolge nei giorni feriali, il picco si ha il mercoledì e gli orari sono prevalentemente diurni.

22.4 Il marketing online: permission, viral e multicanale


La maggior parte dei consumatori naviga su Internet per raccogliere informazioni, ma poi acquista nel mercato reale.
Le imprese devono quindi integrare il marketing online con quello tradizionale: devono trarre vantaggio dalla
multicanalità, un approccio di marketing che prevede l'uso integrato degli strumenti tradizionali e di quelli messi a
disposizione da Internet per la costruzione e la gestione dei rapporti con i consumatori.
Permission e viral marketing sono altri due concetti che evidenziano limiti e opportunità del marketing online.

22.4.1 Il permission marketing


Il permission marketing prevede che un'azienda possa contattare un potenziale cliente solo se questi ha espresso il suo
consenso, che può essere esplicito o tacito: nel primo caso il consumatore riceve la comunicazione dell'impresa solo se
ne ha autorizzato l'invio (opt-in), nel secondo la riceverà se non si è dichiarato contrario a riceverla (opt-out).
La ricerca del consenso del potenziale cliente è un efficace strumento per costruire relazioni di lungo periodo, a patto
che rispettino 3 principi: assicurarsi che i clienti che hanno dato il consenso ricevano informazioni realmente rilevanti;
garantire ai consumatori il diritto di opt-out; tutelare le informazioni personali dei clienti, non vendendole o cedendole
ad altre imprese o organizzazioni. Seguire questi principi garantisce anche il rispetto della normativa sulla privacy, oltre
a rassicurare il consumatore.

22.4.2 Il viral marketing


Il viral marketing consiste in una strategia promozionale in cui la diffusione di un contenuto relativo a una marca viene
attivata dai consumatori attraverso scambi di mail e segnalazioni. È una forma di passaparola online.
Esistono 3 approcci:
- incorporare un messaggio promozionale nel prodotto e determinarne così la diffusione quasi inconsapevole;
- stimolare la condivisione di contenuti riferiti a una marca;
- offrire incentivi promozionali agli utenti che diffondono un certo contenuto.

22.4.3 Il marketing multicanale


La multicanalità (multiple channel marketing) o distribuzione multicanale (dual distribution) è una tecnica che
consiste nell'adottare più canali di marketing per distribuire i propri beni o servizi; l'obiettivo è massimizzare l'efficacia
della leva distributiva, facendo sì che un prodotto possa essere acquistato presso formati di vendita diversi che offrono
differenti livelli di servizio.
Diverso è il concetto di marketing multicanale, che consiste nell'integrare diversi canali di comunicazione e
distribuzione in modo sinergico, rafforzare la costruzione di relazioni con i consumatori e permettere loro di accedere
all'offerta dell'impresa attraverso le modalità che preferiscono.
Per esempio, nelle logiche della multicanalità un sito Internet è considerato un canale distributivo e l'obiettivo sarà
stimolare il traffico e l'acquisto su di esso per creare valore per il cliente e marginalità per l'impresa.
La logica del marketing multicanale è invece più generale e considera il sito come uno dei possibili mezzi per costruire e
gestire la relazione con il consumatore, che poi potrà acquistare sul sito o tramite un altro canale.
Mentre nel caso della multicanalità l'attenzione è posta sulle differenze fra i canali distributivi, nel marketing multicanale
l'obiettivo è integrare i diversi canali per far sì che il consumatore possa entrare in relazione con l'azienda e acquistarne
i prodotti “sempre, dovunque e comunque” ottenendo lo stesso livello di soddisfazione a prescindere dal canale scelto.
La multicanalità prevede che per ogni processo di acquisto il consumatore scelga uno specifico canale e ricorra a esso
per l'intero processo; il marketing multicanale invece prevede che il consumatore impieghi nello stesso processo di
acquisto più canali, sfruttando le peculiarità di ciascuno per trarre il massimo beneficio.
▪ Siti di vendita e siti promozionali nelle strategie di marketing multicanale.
Un sito di vendita consiste in una vetrina di prodotti il cui obiettivo è convertire un navigatore online in un cliente
dell'azienda, indipendentemente dal fatto che acquisti sul sito o presso altri canali (qui sta la differenza con le logiche
della multicanalità). Sono usati tipicamente dalle imprese commerciali e dai produttori che praticano la vendita diretta.
Il rischio è un possibile fenomeno di cannibalizzazione fra il sito e gli altri canali distributivi.
L'utilizzo di siti di vendita da parte dei produttori può generare conflitti con le imprese di distribuzione, che rischiano di
perdere clientela. Per ovviare a questo problema spesso vengono stipulati accordi con i distributori, per esempio
limitando l'assortimento di prodotti venduti online o praticando prezzi non inferiori a quelli dei negozi. Nella maggior
parte dei casi, comunque, i produttori limitano la propria presenza sul web alla sola funzione promozionale.
I siti promozionali hanno come obiettivo primario quello di pubblicizzare la marca e la sua offerta, dando informazioni
sui prodotti e sui punti di vendita in cui si possono acquistare.

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