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“Ho sentito dire o letto, si trattasse di parabola o di

racconto veritiero lascio ai miei lettori di scegliere, di


un uomo che, al pari di Teseo nella Favola Attica, si
avventurò in un Labrinito o Dedalo, di un tipo eseguito non
seguendo la Foggia dei nostri Odierni esperti in arte
Topiaria, ma piuttost di ampie proporzioni, in in cui si
riteneva comunemente che si celassero tali Insidie e
Tranelli, anzi, tali nefasti Abitanti che a incontrarli si
Rischiava la vita. Ora potete essere certi che in simile
Caso non venne meno la Dissuasione degli Amici. “Pensate al
tal-dei-tale,” dice un Fratello, “che se ne andò per la
strada che sapete, e mai più fu visto”. “O pensate a
quell'altro”, dice la Madre, “ che si avventurò solo per
poco all'interno, e da quel giorno il suo Intelletto è così
turbato che non è capace di dire ciò che vide, e non ha più
passato una Notte tranquilla.” “E non avete mai sentito
dire,” esclama un Vicino, “di quelle Facce che qualcuno ha
scorto al di là della Palizzata e fra le Sbarre del
Cancello?”. Ma niente era valsa la dissuasione: l'Uomo era
fermo nel suo Propostio; poichè la Comune Diceria del luogo
voleva che nel Cuore e al Centro di questo Labirinto si
trovasse un Gioiello di tale Prezzo e Rarità che avrebbe
arricchito per sempre colui che l'avesse Scoperto: e sarebbe
appartenuto di diritto a chi avesse perseverato nel
tentativo di impadronirsene. Cosa accadde? Quid multa?
L'Avventuriero passò i Cancelli, e per lo spazio di un
intero giorno gli Amici non ebbero sue notizie, se non per
alcune Grida distinte che si udirono in lontananza nella
Notte, tali da farli agitare negli inquieti Letti e coprirsi
di sudore dalla Paura, non dubtando certo che il Figlio e il
Fratello erano andati ad aggiungere il proprio nome al
Catalogo degli sventurati che avevano fatto naufragio in
quel Viaggio. Il giorno seguente, con gli occhi pieni di
Tacrime, essi si recaronodal Sagrestano della Chiesa, a
ordinare che venisse suonata la Campana a morto. Durante il
Tragitto si trovarono a passare accanto al cancello del
Labirinto, da cui si sarebbero affrettati ad allontanarsi,
per l'Orrore che avevano del luogo, se non fosse stato che
si avvidero d'improvviso del Corpo di un Uomo che giaceva
nel mezzo della Strada, e avvicinandosi ad esso (con quali
Presentimenti possiamo facilmente immaginare) scoprirono che
si trattava di colui che immaginavamo ormai perduto per
sempre; e non era morto, sebbene fosse in un Deliquio molto
simile alla Morte. E quindi coloro che erano partiti nel
Dolore fecero ritorno nella gioia, e si adoperarono in ogni
modo per rianimare il figliol Prodigo. Il quale, tornato in
sé, e venendo a sapere delle loro Ansie e della triste
Missione di quella Mattina: “E sia”, dice, “potete
condurre a termine il vostro incarico: poiché, sebbene abbia
riportato indietro il Gioiello (che mostrò loro, e si
trattava invero di un Oggetto pregiato), ho rinvenuto anche
ciò che non mi concederà più Riposo nella Notte, né Piacere
di Giorno”. Alla qual cosa essi lo pressarono perché
spiegasse il suo Intendere, e dicesse dov'era quella
Compagnia che tanto crudelmente gli opprimeva il Corpo.
“Oh”, dice egli, “ è qui nel mio Petto: da essa non posso
sfuggire, qualunque strada io tenti”. E così non vi fu
bisogno di un Mago per aiutarli a capire che era la Memoria
di quel che aveva visto a torturarlo tanto prodigiosamente.
Per molto Tempo non poteron cavare da lui altro se non a
Pezzi e Bocconi. Tuttavia alla fine giunsero a intendere
qualcosa di questo tipo: che in principio, allorché il Sole
splendeva, egli si era spinto lietamente avanti, e senza
Difficoltà aveva raggiunto il Cuore del Labririnto e si era
impadronito del Gioiello, apprestandosi felice a far
ritorno: ma che come cadde la Notte, in cui tute le Belve
della Foresta si agitano, egli si accorse che una qualche
Creatura lo seguiva da Presso e, così parve, gli teneva lo
sguardo fisso addosso dal Sentiero vicino a quello che lui
andava percorrendo; quando si fermava, anche il Compagno si
arrestava; la qual cosa gettò il suo Animo in un Tumulto. E
invero, mentre l'Oscurità aumentava, gli parve che ce ne
fosse più di uno, anzi, si sarebbe detto, che vi fosse un
intera Banda di tali Seguaci: o così almeno gli sembrò di
intendere dal Fruscio e Calpestio che proveniva dai
Cespugli; e oltre a questo v'era ogni Tanto un Suono come di
un Mormorio, che sembrava significare un Consulto fra di
essi. Ma quanto a chi fossero, o quale fosse la loro Forma,
non lo si potè convincere a esprimere il suo pensiero. I
suoi Ascoltatori interrogandolo su cosa fossero le Grida che
si udiva nella Notte (come si è prima menzionato), egli
fornì solo questo Racconto: che intorno a Mezzanotte (per
quanto potesse valutare) aveva sentito chiamare il suo Nome
da molto lontano, e avrebbe giurato che era suo Fratello che
lo chiamava. Così si era fermato e aveva Gridato a
Squarciagola, pensando che l'Eco o il Suono delle sue Grida,
avessero per un Momento occultato I rumore più debol;
poiché, quando si fece di nuovo Silenzio, egli fu in grado
di distinguere un Calpestio ( appena accennato) di Piedi in
corsa che si avvicinavano sempre di più, alla qual cosa fu
atterrito a tal punto che si mise a correre, e non si fermò
fino allo spuntare dell'Aurora. A volte, quando l'Affanno
sembrava sopraffarlo, si gettava col Volto per terra, nella
speranza che gli Inseguitori gli passassero accanto
nell'Oscurità senza vederlo, ma proprio in quei Momenti essi
si Arrestavano, ed egli li sentiva ansimare e annusare come
Segugi che avessero Perso la strada; la qual cosa lo portò a
un tal eccesso di Orrore, da constringerlo a girare e
vagare, come se in qualche Modo fosse servito a far perdere
loro le Tracce. E, come se questo Sforzo non fosse stato già
di per sé terribile, aveva il Terrore costante di cadere in
qualche Fossa o Trappola, che aveva sentito menzionare, e
invero visto in quantità con i suoi Occhi, alcune ai lati, e
altre nel bel Mezzo dei Sentieri. Così che infine (è quanto
lui narra) nessuna Creatura Mortale passò una Notte più
terribile di quella che lui era toccata nel Labirinto; e né
il Gioiello che custodiva nella Bisaccia, né tutte le più
grandi ricchezze che mai fossero state riportate dalle
Indie, avrebbero potuto essere Ricompensa sufficiente per
tutte le Pene che aveva sofferto.
Farò a meno di trascrivere ulteriori Racconti dei Tormenti
di quell'Uomo, dal momento che sono certo che l'Intelligenza
dei miei Lettori avrà compreso che il Parallelo che desidero
ricavare. Poiché non è forse il Gioiello un adeguato Emblema
della Soddisfazione che un Uomo può portare con sé dal Corso
dei Piaceri del Mondo? E forse che il Labirinto non può
servire come Immagine del Mondo stesso in cui tale Tesoro
(se dobbiamo credere alla Voce comune) è celato?

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