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Massimo Venturi Ferriolo

Paesaggio e narrazione

L’umanità ha creato la narrazione inserendo le sue storie temporanee nel costante


racconto di lunga durata, memoria aperta al futuro. La scrittura, come incisione degli
avvenimenti attraverso i racconti dell’accaduto nei luoghi, caratterizza i paesaggi
dando loro forma. Questi espongono gli eventi con racconti riconoscibili nello spazio
e nel tempo, aprendo all’esistenza e all’esperienza estetica di una tensione continua
che permette la conoscenza del divenire nella cornice narrativa dell’eternità.
Il mito è presente nel suo senso peculiare di trama, d’intreccio, di
concatenamento dei fatti in uno spazio teatrale, nella configurazione narrativa
leggibile con la sua connessione degli accadimenti che hanno dato e danno significato
ai paesaggi, fin dal Tempo del Sogno degli Antenati che vennero sulla terra per
creare.
Il mito, la trama, è un racconto sovratemporale che ci educa ad amare e curare i
paesaggi di appartenenza e renderli riconoscibili. È l’intreccio che attribuisce una
configurazione intellegibile a un insieme eterogeneo. Rappresenta l’azione e conserva
il significato pregnante di parola vera, evento, fatto legato al profondo pozzo del
passato, che si ripete nel tempo e col tempo. Il mito è narrazione, è «verità non
altrimenti dicibile», chiamata da Thomas Mann veste solenne del mistero, che rende
presenti il passato e il futuro.
Dobbiamo svelare questa veste solenne che copre i paesaggi per riconoscere il
loro processo. Riconoscere, quindi, vuol dire cogliere, afferrare collegando le
immagini fra loro, le percezioni che le concernono. Ciò significa distinguere,
identificare, connettere con la memoria per instradarla in direzione del futuro: di un
futuro inserito nel processo di paesaggio per svelare il solenne mistero che avvolge i
luoghi.
Dobbiamo salvare il loro carattere e la loro storia nella trasformazione

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governandoli. Paesaggio è trasformazione, tempo che corre. Ogni essere vivente non
può fermare il tempo per sottrarsi alla rapidità del mutamento. Come recita un antico
frammento presocratico, la vita ha la durata di un giorno e l’uomo ha gli occhi rivolti
alla luce per ammirare la bellezza del mondo con i suoi paesaggi,.
Faust vorrebbe arrestare e prolungare la sua istantaneità bloccando l’attimo
fuggente: «sei così bello, fermati!». L’uomo desidera arrestare la corsa della
temporalità di cui è una particella temporanea ma Crono ha i denti aguzzi, di
diamante e divora i suoi figli.
Il tempo, dunque, il suo scorrere è il nostro dramma. Agostino si trova in
difficoltà a definirlo. Il passo delle Confessioni è celebre. Se non è interrogato, sa
bene che cos’è. Lo stesso vale per il paesaggio: troppe parole scorrono. Inscindibile
dal mondo che comprende, nella sua unicità, tutto il visibile, il tempo è l’immagine
mobile platonica dell’eternità, il mito sovratemporale, la narrazione che ci precede, ci
sovrasta e svela il processo di paesaggio con il suo progetto del mondo umano. Il
tempo s’identifica con i paesaggi, luoghi del tempo. La loro essenza è data dagli
eventi trascorsi.
Agostino discute la natura del tempo e la pienezza del presente, la sua
lunga durata. Esso è ciò che è passato (memoria), ciò che è presente (percezione), ciò
che è futuro (aspettativa). Può predire il futuro, rafforzare il mantenimento della
durata evidenziando gli accadimenti. Il tempo ha le sue misure che fondano le nostre
preposizioni per il mantenimento del processo di paesaggio: temporalità e
temporaneità.
Demiurgo abile in ogni ambiente, l’uomo segna il suo spazio. Proietta la
sua effimera figura di vivente oltre il passaggio del tempo in una presenza di qualità
tra passato e futuro, con un’incessante attività: costruisce, abita e pensa. Crea e
caratterizza la sua dimora, perfezionandola nei secoli. Coltiva la terra e produce
cultura perseguendo il progetto del suo mondo, costituito dal patrimonio visibile e
invisibile, materiale e spirituale ricco di manufatti e di capitale intellettuale, un
patrimonio eterogeneo a volte inserito armonicamente, altre in antagonismo con la

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realtà visibile e con la tradizione nascosta.
Soggetto a continue trasformazioni, questo patrimonio concorre a formare
la totalità di una cultura. Un uno in se stesso distinto, formato da una costellazione
concreta di elementi, denso di contemporaneità forma il quadro d’insieme del
fenomeno ampio e complesso dello spettacolo: un’unità comprensiva di tutto ciò che
ha luogo, tempo e carattere in un ambito circoscritto.
Paesaggio è il lavoro duraturo di un cantiere eterno, dove il tempo
s’interseca con la storia, con gli accadimenti che ne fanno un individuo unico
condizionato dalla sua particolare posizione e dal suo ambiente. Esprime la sensibilità
e lo spirito di un tempo nella sua relazione tra passato e futuro: «un tempo così
singolare, interiormente oscillante, misterioso, come mai ce ne furono, un tempo
infinitamente denso di rapporti, un tempo carico di passato e tremante per il
sentimento del futuro», come ha scritto Hugo von Hofmannsthal nel saggio sui
giardini1.
Seguiamo un progetto visibile nella profondità dei luoghi, nella loro
doppia, molteplice contemporaneità di presente e passato, nella trasformazione con le
architetture che completano l’universo della visione. Il suo profondo orizzonte svela
l’abissalità di un pozzo del passato contemporaneo all’osservatore.
La temporalità dell’arte e della natura accoglie ogni singola temporaneità
della vita umana. Spazio e tempo – come abbiamo accennato - aprono l’esistenza e
l’esperienza estetica di una tensione che svela il prima e il poi, permettendo la
conoscenza del divenire nella cornice dell’eternità. È la tensione dell’armonia
originaria di tre momenti: non ancora (futuro), non più (passato), adesso (presente). Il
passato è composto dalla memoria e dalle impressioni lasciate da ciò che è accaduto.
Il presente è duplice e molteplice contemporaneità. Racchiude il passato, l’adesso e il
futuro, costantemente attuale nel corso dell’accadere temporale, in una cornice, dove
gli eventi possono essere cronologicamente ordinati rafforzando il riconoscimento.
Tutto ciò è tensione dell’esistenza. I paesaggi sono ambiti economici e

1 H. von Hofmannsthal, Gärten., tr. it. in ID., L’ignoto che appare. Scritti 1891-1914, a cura di G.
Bemporad, Adelphi, Milano 1991, pp. 213-220.

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sociali, spazi di vita associata e di lavoro con i loro simboli, che subiscono un
continuo mutamento parallelo alla società della quale sono la viva espressione visiva
e mnemonica, producendo storia. Una costante, mutevole relazione tra società e
ambiente fisico, tra uomo e territorio, svela le misure di questa tensione.
L’esistenza, dunque, crea paesaggi. L’arte di costruire lega l’uomo a un
luogo, radicandolo. Per esistere dimora, ma deve ancora imparare ad abitare, quindi a
esistere, a vivere sistemando il proprio luogo di soggiorno con l’attenzione per la
terra, proteggendo e curando le cose che crescono, la cultura nel suo aspetto di
coltivazione del campo, e edificando in modo appropriato quelle che non crescono da
sé. La cura e l’edificare s’identificano nel costruire, che è la stessa natura umana2. In
che misura? La misura dell’esistenza, dell’abitare edificando cose, presso le quali e
con le quali gli esseri umani soggiornano in una trama di relazioni peculiare a un
luogo dove tutti vivono.
Tra le cose c’è un collegamento intrinseco, un legame che le unisce, a loro
volta, all’abitante percipiente: una costellazione di elementi eterogenei. Questa è
ecocompatibilità, vale a dire si accorda con la dimora (oikos), con l’esistenza stessa:
la garanzia di un ambiente di qualità dove si percepisce il benessere complessivo di
un dialogo antico tra uomini, piante e animali. Dove la natura, nella sua totalità,
prosegue il suo processo di riproduzione; dove la dialettica vegetale, animale e
minerale è rispettata anche quando vige il predominio di una di queste tre dominanti;
dove coesistono i quattro elementi aria, terra, acqua, luce. Sono questi i principi
basilari di un progetto, anche il più ardito e innovativo, inserito nel processo di
paesaggio, inteso come l’insieme dei movimenti interattivi di un luogo che fondano
un uno in se stesso distinto da governare. In assenza ogni dichiarazione di
ecocompatibilità è mendace. Lo stesso principio dovrebbe valere per la sostenibilità,
di per sé storicamente insita in ogni architettura, in ogni costruzione. Quando la
nominiamo vuol dire che il costruire ha raggiunto un alto grado di criticità.
L’opera deve essere duratura per entrare nella temporalità e non rimanere

2 Cfr. M. Hedegger, «Costruire Abitare Pensare», in Saggi e discorsi (tr. it. a cura di G. Vattimo), Mursia,
Milano 1991, pp. 96-108.

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temporanea, per inserirsi nella narratività di un luogo con le opere contemporanee,
idonee a rendere accessibile allo sguardo epoche diverse, che aprono al fluire del
tempo dove temporaneità e temporalità si compenetrano. Un valore che anticipa il
futuro da governare per migliorare un quadro di vita e favorire quel benessere
consegnabile alle generazioni future, che è il fine di ogni società ed è composto di
relazioni sociali, economiche e affettive.
L’accadere è ciò che ha luogo e rivela l’identità locale con la sua lettura,
dal presente verso il passato o proiettata nel futuro. La sua comprensione richiede un
pensiero senza bordi, paesaggistico, rivolto ai luoghi in ogni forma o aspetto, per
sondarne la profondità, entrarvi e aprire prospettive: uno sguardo potente proveniente
da lontano per svelare l’accaduto e anche l’incognita dell’avvenire; un futuro dove
opereremo per lasciare il nostro segno nel tempo, il nostro racconto. Questo pensiero
presuppone un progetto inserito nel processo di paesaggio per collocarvi l’apporto del
tempo che lo ha ideato e garantire la continuità della narrazione, dove l’attualità si
mostra contemporanea del passato rivolto al futuro: al processo di paesaggio,
appunto.
Entriamo in un luogo e leggiamo le sue geometrie palesi e nascoste. Il
primo elemento che cattura lo sguardo è il quadro d’insieme del fenomeno ampio e
complesso dello spettacolo: l’uno in se stesso distinto. Narra la formazione del cosmo
grazie alla potenza divina della natura nella cui armonia s’inserisce il demiurgo di
luoghi.
Il tempo, dice ancora Platone, è stato creato sul modello dell’eterna natura
in modo da assomigliarle quanto più è possibile. Essa, per Novalis, nel cuore stesso
del tempo, è insieme presente, passato e futuro. Il tempo di per sé non esiste, dice
Lucrezio: «non sussiste come entità: son le cose / stesse che creano il senso di ciò
ch’è scorso negli anni, / di ciò che dura al presente, di ciò che poi seguirà... Ciascun
evento, possiamo dire, è congiunto in parte agli uomini, in parte ai luoghi stessi dove
accade»3. Le «cose stesse», sono un paesaggio di opere temporanee, di racconti

3 Lucrezio I.458-469.

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collocati nei singoli capitoli di una narrazione eterna come il tempo, leggibile nel
processo di paesaggio.
Individuiamo delle linee progettuali nel contesto narrativo del tempo.
Partiamo dalle cose stesse rivelate dai luoghi dove sono letteralmente cadute
conformandoli.
Proponiamo cinque proposizioni condensate nei cinque cardini del processo di paesaggio: visibilità,
temporalità, temporaneità, accessibilità e narrazione.
La visibilità ricopre lo spazio dello sguardo con la sua profondità reale e immaginaria, costituendo la
premessa per una buona sistemazione del visibile che anima ogni sistemazione paesaggistica attenta ai luoghi. La sua
funzione estetica mira a quattro fattori essenziali: la percezione del bello, la cultura del gusto, la sensazione di
piacevolezza e una manifesta qualità della vita. Si fonda sulla capacità dello sguardo quale eccellenza del paesaggista
che sa disporre il visibile di una costellazione di elementi in relazione tra loro in: a) un quadro unitario – l’uno in se
stesso distinto; b) un’immagine senza confini; c) uno spettacolo; d) un orizzonte visivo; e) un insieme eterogeneo di
differenze.
La temporalità è la connessione arte – natura – storia nel fluire del tempo. Forma il substrato della trama
di un paesaggio nella sua trasformazione. Qui convergono natura, storia, tradizione, eternità, il flusso passato – presente
– futuro, lo sviluppo – trasformazione del territorio, la continuità delle generazioni e la vita nella sua accezione
universale.
La temporaneità è l’arco momentaneo di una vita con la sua con-temporaneità con le altre epoche
costitutive delle temporalità parziali, che abbiamo chiamato racconti. La temporaneità può occupare lo spazio di un
racconto, parte della temporalità dove tutto fluisce.
L’accessibilità rende possibile l’ingresso nella temporalità e nella temporaneità, per cogliere un panorama
con i suoi contenuti e conoscere il proprio ambiente di vita, ammirandolo; scoprire un paesaggio di qualità. È l’accesso
all’accadere: sono le trame e gli avvenimenti che hanno attraversato un luogo, la scoperta del patrimonio, l’accesso
all’identità.
La narrazione, infine, connette i racconti in una forma definitiva con il suo senso, leggibile nel percorso
contemporaneo, dal passato al futuro. È la pratica stessa che perpetua il processo di paesaggio, permettendo il
conservarsi delle condizioni di un’esperienza dello sguardo per entrare nei luoghi e provare emozioni; per scoprire un
sito e leggerlo nella sua totalità e particolarità.
La pratica di paesaggio entra così in un processo di sistemazione trasferibile su ogni realtà perfezionabile
con l’esperienza e la continua riflessione, seguendo le indicazioni del metodo tracciato, rivolto ai luoghi dove
s’interviene. Un processo che elabora relazioni, rapporti di paesaggio tra i vari spazi da sistemare in vista di un quadro il
più possibilmente unitario nella sua eterogeneità: una sistemazione che tiene conto del residente. Un progetto che
perpetua il processo di paesaggio, inserendo nella narrazione lo spirito del suo tempo.

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