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AIAS – ASSOCIAZIONE ITALIANA PER L’ANALISI DELLE SOLLECITAZIONI

41° CONVEGNO NAZIONALE, 5-8 SETTEMBRE 2012, UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA

AIAS 2012 - 133

CONSIDERAZIONI SULLA CARATTERIZZAZIONE A FATICA DI


MATERIALI COMPOSITI TERMOPLASTICI
G. Risitanoa, D. Corallob, L. Scappaticcia, D. Dozzoc, N. Bellatoc
a
Università degli Studi di Perugia - Dipartimento di Ingegneria Industriale,
Via G. Duranti 67, 06125 Perugia, e-mail: grisitano@mec.dii.unipg.it
b
Università degli Studi di Catania - Dipartimento di Ingegneria Industriale e Meccanica,
Viale A. Doria 6, 95125 Catania,
c
Magneti Marelli S.p.A. Powertrain, Via del Timavo 33, 40131 Bologna,

Sommario
Nell’ambito di un progetto di ricerca tra il Gruppo Automotive del Dipartimento di Ingegneria
Industriale di Perugia e Magneti Marelli Powertrain®, avendo l’esigenza di caratterizzare la resistenza
a fatica di materiali compositi a matrice poliammidica con fibre corte di vetro (PA66GF35), sulla base
delle indicazioni derivanti dalla vasta letteratura, si eseguono delle prove preliminari per avere
indicazioni sull’effetto delle tecnologie di realizzazione dei provini e dei parametri di prova. Vengono,
pertanto, eseguite prove di caratterizzazione statica.
Volendo caratterizzare a fatica il materiale tramite la metodologia del rilascio termico, con diverse
frequenze di prova, viene analizzato l’andamento della temperatura superficiale del provino, tenendo
costante il carico al di sotto del limite di fatica, al fine di avere indicazioni sulla quantità di energia
convertita in calore per effetto del solo smorzamento interno, fortemente presente per la natura
viscoelastica (lineare) del materiale stesso.

Abstract
Within a project research between the Automotive Group of the Department of Industrial Engineering
of Perugia and Magneti Marelli Powertrain®, in light of the results derived by the literature,
preliminary tests are performed to get information on the effects of manufacturing techniques of the
specimens and test parameters, carried out in order to characterize fatigue resistance of PA66GF35.
Hence, mono-axial static tests are performed.
The trend of the surface temperature of the specimen is analyzed at different test frequencies,
maintaining the load constant below fatigue limit in order to obtain an indication on the amount of
energy converted into heat due to the internal damping only, strongly present for the viscoelastic
nature (linear) of the material itself.

Parole chiave: PA66GF35, materiali compositi, IR image.

1. INTRODUZIONE E SCOPO DEL LAVORO

Negli ultimi anni, i materiali compositi hanno trovato sempre maggiore impiego nell’ambito
industriale in quanto, le elevate caratteristiche meccaniche unite ad elevate doti di leggerezza,
risultano fondamentali per l’incremento delle prestazioni e la riduzione delle emissioni inquinanti. Ad
oggi vi è un grosso utilizzo nel campo automotive di materiale compositi a matrice poliammidica (PA)
ed a fibre corte di vetro (GF); tuttavia la trattazione di materiali non convenzionali di questo genere
nella meccanica industriale risulta molto complessa a causa di diversi motivi. Il primo è figlio
dell’effetto della fluidodinamica sviluppata all’interno dello stampo durante il processo di injection
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molding, il quale conferisce una direzionalità alle fibre di rinforzo; direzionalità che si ripercuote sulle
proprietà meccaniche dell’intero componente. In [1], avvalendosi di prove sperimentali ed anali
numeriche basate sulla teoria di Folgar e Tucker [2], gli autori hanno dimostrato come le capacità di
vibrare di un semplice componente (una piastra 200 mm x 200 mm) siano fortemente influenzate dalla
disposizione delle fibre nella matrice stessa. Inoltre, gli input tecnologici (pressione di iniezione,
temperatura dello stampo, temperatura della troclea, etc.) dello injection molding, per uno stesso
materiale, (come ad esempio il PA66GF35 oggetto di studio) cambiano da produttore a produttore,
variando così, inevitabilmente, le caratteristiche macro-meccaniche del composito. Infatti, una seconda
motivazione che rende difficile la caratterizzazione meccanica di questa tipologia di materiali e,
quindi, comporta un’elevata dispersione dei dati, è proprio figlia della natura stessa degli elementi
costitutivi (fibre GF e matrice in PA). Sia Thomason [3] che Ahmet et al. [4] mostrano come le
caratteristiche macro-meccaniche di materiali compositi a matrice poliammidica sono fortemente
influenzate dalla percentuale delle fibre corte di vetro disperse. Sempre Thomason in [5], dimostra
l’influenza della lunghezza e del diametro delle fibre corte di vetro sulle caratteristiche strength-strain
del materiale composito a matrice poliammidica nylon 6,6 (PA66).
I meccanismi di rottura di questi materiali non convenzionali sono molto complessi; il fenomeno del
debonding tra fibra e matrice, il comportamento fortemente viscoelastico, il determinante effetto della
temperatura ambientale, sono alcuni dei diversi fattori che rendono complessi le modalità di
cedimento, sia in campo statico che, soprattutto, in campo dinamico.
In [6], Noda et al. mostrano come il comportamento viscoelastico di provini di PA66GF33 sia
determinante per la caratterizzazione della rottura per fatica. Nello stesso lavoro, gli autori, lavorando
con frequenza tra i 10 Hz ed i 20 Hz, si accorgono dell’innalzamento della temperatura superficiale del
provino e suggeriscono di monitorarla al fine di verificare che non arrivi alla temperatura Tg di
transizione vetrosa della matrice; oltrepassata questa, il materiale cambia sostanzialmente
comportamento.
Mallick et al. in [7], lavorando su provini di PA66GF33 ricavati da una piastra 150 mm x 150 mm,
osservano come durante prove statiche, la curva sforzi-deformazioni e il valore della tensione ultimate
u, variano al variare della strain rate. Gli autori in questo caso, trovano variazioni della u del 11% e
21% passando da strain rate di 0.05 min-1 a 0.5 min-1 e 5 min-1. Sempre nello stesso lavoro,
effettuando prove di fatica con frequenza di 1 Hz, viene formulata una nuova equazione di Gerber per
questi materiali, dove la mean stress viene normalizzata non più dalla static tensile strength, ma dalla
creep rupture strength in quanto gli autori ritengono il creep come la causa principale della rottura per
fatica. Gli stessi autori, due anni più tardi, in [8], lavorando sempre sul PA66GF33, mostrano gli stessi
risultati al variare della strain rate. Ancora più interessante è vedere come cambiano sostanzialmente
le curve sforzi-deformazioni (ed i connessi valori static tensile strength e di failure strain) al variare
della temperatura ambiente Ta rimanendo costante la strain rate di prova; passando da una Ta di 23°C
ad una di 50°C, la static tensile strength e failure strain presentano una variazione, rispettivamente,
del 36% e del 56%. Questo mette in risalto l’importanza del parametro temperatura per prove su
materiali di questa natura. Sempre nello stesso lavoro, gli autori testano provini del medesimo
materiale, ma con le fibre disposte parallelamente al flusso di iniezioni e perpendicolarmente; la
variazione della static tensile strength è del 37% e della failure strain è del 45%. Zhou et al. effettuano
anche prove di fatica con frequenza di prova f di 1 Hz e rapporto di carico R uguale a 0.1, trovando un
limite di fatica (maximum stress) di 75 MPa a 2·106 cicli. Sulla base dei risultati di [7], con una R di
0.1 ed una maximum stress pari a 82 MPa, essi indagano su come cambiava il numero di cicli al
fallimento Nf al variare della f di prova (0.5÷20 Hz), trovando sostanziali riduzioni; da 10 5 cicli con
frequenze di prova f uguale a 2 Hz, a 2·103 con f uguale a 20 Hz. Gli autori, a tal punto, ipotizzano che
la rottura per fatica avvenga anche per sostanziali effetti termici.
Sonsino et al. [9], lavorando sul PA66GF35, specificano l’importanza di monitorare la temperatura
durante test di fatica per materiali compositi a matrice poliammidica, indicando come limite per la
temperatura superficiale raggiunta dal provino durante la prova un valore non superiore ai 35°C per
avere valori attendibili non influenzati da possibili cambiamenti strutturali del materiale. Inoltre, gli
autori effettuando prove di fatica con frequenza di prova f di 0.5÷2 Hz, ricavano un limite di fatica
(maximum stress) di 70 e 55 MPa a 2·106 cicli rispettivamente per un R di 0 e -1.
Contemporaneamente, vi sono stati altri autori che hanno sin dall’inizio monitorato la temperatura
superficiale del provino durante test di fatica su materiali compositi. In [10], infatti, Handa et al. hanno
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investigato sulla variazione di temperatura di provini in PA66GF33 durante test di fatica condotti con
frequenza di prova f di 5÷50 Hz ed R variabile. Il lavoro risulta interessante per ben due motivi. Il
primo, perchè individuano su questo materiale il tipico andamento a scalino della temperatura
superficiale durante test di fatica (tratto ascendente, stabilizzazione della temperatura, nuovo tratto
ascendente con maggiore pendenza) già mostrato e ben spiegato per materiali convenzionali in [11]. Il
secondo perchè gli autori identificano nelle caratteristiche viscoelastiche della matrice poliammidica il
motivo del comportamento prima detto. Essi propongono un modello che lega la stabilizzazione della
temperatura superficiale con i parametri E’ (storage modulus), E’’(loss modulus) e tan (loss factor)
dei materiali viscoelastici. Inoltre, gli autori effettuando prove di fatica con rapporto di carico R pari a
0, ricavano un limite di fatica (maximum stress) di 78 MPa (per 2·106 cicli) con una f di 20 Hz.
In [12], Jia et al. mostrano le temperature superficiali di provini in PA66GF33 con fibre disposte
parallelamente alla direzione del flusso di iniezione durante test a fatica con frequenza variabile; pur
essendo poche le frequenze di prova indagate (solo tre, 5, 10 e 50 Hz) la tendenza della temperatura
rispetto alle f è di tipo lineare. Inoltre, gli autori effettuando prove di fatica con frequenza di prova f di
5 Hz, ricavano un limite di fatica (maximum stress) di 83 MPa a 2·106 cicli con una R di 0.1.
Anche in [13], viene legata l’andamento di temperatura Ṫ durante test di fatica con la natura
viscoelasticoa della matrice polimerica di un materiale composito a fibre di rinforzo al carbonio
(CFRP). È mostrato come sia possibile connettere la Ṫ con i valori di  e di  (rapporto tra l’energia
assorbita dal materiale e convertita in energia termica e l’energia stessa assorbita [14]). Steinberger et
al. mostrano, anche in questo caso, il tipico andamento a scalino della temperatura superficiale durante
test di fatica. Inoltre, confrontano la metodologia “classica” definita passive thermographic con la
“nuova” pulse thermographic, mostrando i limiti di quest’ultima per la difficile implementazione in
prove di fatica.
In [15], Toubal et al. effettuando test di fatica su materiali compositi a matrice epossidica a fibre di
carbonio, definiscono un parametro di danno D funzione di E (residual Young’s modulus) e di E0
(initial Young’s modulus). L’evoluzione di D durante test di fatica viene comparata all’evoluzione del
T superficiale del provino, trovando una buona correlazione tra i dati. In seguito, Risitano et al. [16]
utilizzeranno l’evoluzione del T come vero e proprio parametro del danno per fatica arrecato al
materiale (in quel caso acciaio).
In [17], Bellenger et al. effettuano test di fatica su provini in PA66GF30. Anche in questo caso
l’evoluzione della temperatura superficiale del provino viene monitorata, puntando l’attenzione
soprattutto su i possibili cambiamenti di stato subiti dal materiale (con f di 10 Hz, il provino raggiunge
anche temperature oltre i 160°C) durante test di fatica. Inoltre, gli autori effettuando prove di fatica
con rapporto di carico R pari a -1, ricavano i limiti di fatica (maximum stress) di 48 MPa e 62 MPa
(per 2·106 cicli) rispettivamente con una f di 2 Hz e 10 Hz.
In [18], Meneghetti et al. effettuano test di fatica su provini in PA66GF35 e costruiscono i relativi
diagrammi di Wohler del materiale utilizzando la metodologia proposta da Meneghetti in [19]. I
risultati ottenuti sono similmente comparabili con quelli ottenuti da altri autori [9]. Gli autori,
lavorando con frequenze di prova di 2÷7.5 Hz, trovano un valore del limite di fatica (maximum stress)
di 76 MPa a 2·106 cicli con una R di 0.1.
La ricca letteratura, da un lato mette in evidenza il grande interesse verso questa tipologia di materiali,
dall’altro, presenta dispersione e differenze di risultati che consigliano analisi sistematiche e
definizioni di precisi protocolli di prova prima di passare alla caratterizzazione meccanica di tali
materiali. Si nota in particolare come la temperatura raggiunta durante le prove di fatica diventi per
questi materiali elemento da tenere sotto controllo ancora più che per i materiali metallici se si
vogliono evitare errori nei valori caratterizzanti.
Nell’ambito di un progetto di ricerca tra il Gruppo Automotive del Dipartimento di Ingegneria
Industriale di Perugia e Magneti Marelli Powertrain®, che ha visto come primo step un’indagine sulla
capacità di vibrare di componenti in materiale composito [1], scopo del presente lavoro è quello di
analizzare il comportamento del materiale composito a matrice poliammidica PA66GF35, prima di
passare a prove di caratterizzazione sistematiche, non solo per la scelta dei parametri di costruzione
dei provini, ma anche per valutare l’effetto dei parametri di prova (carichi applicati, frequenza di
prova) che più influiscono sull’aumento della temperatura durante l’esecuzione di prove dinamiche.
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2. MATERIALI E METODI

Il materiale utilizzato per questo studio è un materiale composito a matrice termoplastica


poliammidica e fibre corte di vetro disperse al 35%, PA66GF35. In tabella 1 sono riportate le
caratteristiche del materiale, direttamente fornite dalla casa produttrice (il cui nome, per motivi di
segretezza industriale non può essere indicato).

Tabella 1: Caratteristiche del materiale oggetto di studio PA66GF35


Tensione
Diametro Lunghezza
Densità Calore di Modulo di Failure
fibre fibre
Materiale (medio)  specifico c rottura Young E strain
(medio)
R
[m] [m] [kg/m3] [kJ/(kg·K)] [MPa] [GPa] [%]
PA66
10 280 1410 1.5 150 8.7 (Ta= 23°C) 4
GF35

Per le prove mono-assiali di trazione statica e ciclica sono stati utilizzati dei provini a sezione
rettangolare, senza presenza di intagli (figura 1). Essi (in seguito “provino base”) sono stati ottenuti
direttamente per formatura con inezione di testa in modo da essere certi della disposizione
longitudinale delle fibre.
Per verificare la dipendenza dei valori della tensione ultimate u in funzione della direzione delle
fibre, come fatto in [7, 8], da una piastra 200 x 200 mm (spessore 3 mm) sono stati ricavati dei provini
utili per le prove statiche (figura 2). Questi ultimi, per forma e dimensioni del tratto utile, erano
identici a quelli di figura 1.

Figura 1: Forma e dimensione del provino [mm].

Figura 2: Piastra (a); disposizione delle fibre (b); suddivisione della piastra in provini (c) e (d).

Le prove mono-assiali di trazione statica sui provini sono state effettuate a diversi test speed (velocità
della traversa: 3, 6, 9 12 e 18 mm/min). La macchina utilizzata per le prove statiche è stata una
Zwick® Z100 opportunamente strumentata e in questa fase sono stati testati 15 provini. I test con i
provini ricavati dalla piastra, sono sempre stati effettuati utilizzando la stessa macchina con un test
speed di 3 mm/min.
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Per le prove a fatica a trazione ciclica, sono stati testati i provini delle medesime dimensioni delle
prove statiche. La macchina adottata per i test di fatica è una Instron® 8872 idraulica strumentata con
una cella di carico da 25kN. I test si sono suddivisi in due distinti fasi. In una prima fase, il provino è
stato provato con un carico fisso (maximum stress 20 MPa) ed un rapporto di carico R pari a -1 e sono
state provate cinque distinte frequenze f (1, 3, 6, 9 e 12 Hz). Durante tutta la prova, la temperatura
superficiale del provino è stata monitorata con una camera IR Flir SC 3000. Tra una step e l’altro, la
temperatura superficiale del provino raggiungeva la stabilizzazione, come indicato da [11]; pervenuta
la temperatura di stabilizzazione, la macchina veniva fermata e si aspettava che il provino
raggiungesse di nuovo un equilibrio termico con l’ambiente prima di passare allo step successivo con
una frequenza di prova maggiore. Nella seconda fase, sono stati testati quattro distinti provini con
frequenze di prova di 5, 6, 9 e 12 Hz e stesse condizioni di carico (maximum stress 20 MPa con R=-1)
monitorando anche in questo caso la variazione di temperatura superficiale. Sia nella prima fase che
nella seconda fase la prova veniva ripetuta su un secondo provino per verificare la ripetitività del
comportamento.

3. CENNI SUL DANNEGGIAMENTO PER FATICA, RISCALDAMENTO E SMORZAMENTO


ISTERETICO

Nei materiali compositi a matrice polimerica rinforzati il danneggiamento per fatica avviene per
accumulo delle rotture delle fibre, la formazione di cricche nella matrice, lo scorrimento tra le fibre e
la matrice, carichi trasversali e effetti di delaminazione [20]. L’accumulo del danno per fatica ha
diversi effetti come la riduzione della rigidezza, come mostrato anche in [15], la riduzione della tensile
strength residua e il cambiamento dello smorzamento del materiale stesso. I primi due effetti sono
usualmente usati per la caratterizzazione degli effetti del danno su materiali di questa natura; il terzo,
invece, è difficile da definire, anche se la sperimentazione da parte di alcuni gruppi di ricerca è viva
[21].
I meccanismi principali dello smorzamento in materiali compositi a matrice polimerica rinforzati
possono essere attribuiti alla natura viscoelastica della matrice polimerica, allo smorzamento dovuto
all’interfaccia tra fibre e la matrice, allo smorzamento a causa dei danni e dello smorzamento
termoelastico [22].
Il lavoro totale W assorbito dal materiale durante un ciclo può essere determinato dalla curva di isteresi
di un diagramma stress-strain. Per effetto dello smorzamento, una parte del lavoro meccanico è
irreversibile ed è assorbito dalla macchina durante un generico test di fatica (carico e scarico). Questo
lavoro si trasforma in calore e può essere misurato attraverso camere IR.
Se consideriamo un comportamento lineare viscoelastico del materiale, lo smorzamento può essere
legato al calore ceduto, come viene suggerito in [23], nel modo seguente. Sotto un carico sinusoidale,
tensione  e la deformazione  possono essere così scritte in funzione del tempo:

   0ei t   (1)

   0 eit (2)

dove 0 e  sono le ampiezze della tensione e della deformazione,  la velocità angolare e t il tempo.
Facendo il rapportando della (1) con la (2), si ottiene il complex modulus E*:

 0 ei t  
E*   E * ei (3)
 0 eit

La (3) può essere scritta in una componente reale E’ ed una immaginaria E’’:

E *  E ' jE ' ' (4)


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Il loss factor  è quindi definito come:

E' '
tan   (5)
E'

Integrando la tensione rispetto alla deformazione, otteniamo il lavoro W assorbito dal materiale
durante un ciclo di lavoro:

W   d (6)

Sviluppando l’integrale, troviamo la relazione tra il lavoro nel tempo e il loss factor:

.
W  f 0 0 sin  (7)

Come mostrato in alcuni lavori, tra cui [14], solo una parte dell’energia assorbita dal materiale si
trasforma in calore. Se si definisce Wt come l’energia convertita in calore, il rapporto tra W e Wt nel
tempo è espresso da:

.
Wt
 .
(8)
W

In condizioni di adiabaticità, l’energia convertita in calore nel tempo può essere legata alla
temperatura superficiale del materiale:

.
. W
T t (9)
c
dove  e c sono rispettivamente la densità e il calore specifico del materiale.

4. RISULTATI

4.1. Test statici

In figura 3 sono mostrati i diagrammi sforzi-allungamenti di tre distinti “provini base” testati con una
test speed di 3 min/min. Le prove sono state condotte ad una temperatura ambiente Ta di 23°C. Come
si può vedere dalla figura, il materiale presenta un’ottima ripetibilità sia per i valori della tensione
ultimate (media pari a 161 MPa) che per i valori degli allungamenti (media pari a 6,55 mm).
In figura 4 sono mostrati i diagrammi sforzi-allungamenti per “provini base” al variare della test
speed. Ogni curva è la media di tre provini testati con la stessa velocità di prova. Anche in questo caso,
le prove sono state condotte ad una temperatura ambiente Ta di 23°C. Al variare della test speed, il
materiale presenta diversi valori della tensione ultimate u, con un aumento di circa 8% passando dalla
velocità più piccola (3 mm/min) a quella più grande (18 mm/min); risultati similari a quelli forniti da
Mallick et al. [7] (aumento della u del 11% passando da 1.25 mm/min a 12.5 mm/min).
In figura 5 sono riportati i diagrammi sforzi-allungamenti in funzione della direzione delle fibre per le
tre tipologie di provini (“provino base” e “provini da piastra”). Anche in questo caso, le prove sono
state condotte ad una temperatura ambiente Ta di 23°C e con una velocità di prova di 3 mm/min.
Come si può notare, i provini ricavati dalla piastra non hanno, come il “provino base”, una
disposizione delle fibre “ordinate”. Il provino che ha “tendenzialmente” le fibre in direzione
longitudinale, presenta un tensione ultimate più piccola di circa il 22% rispetto al “provino base”. Il
provino con “tendenzialmente” fibre in direzione ortogonale, ha una tensione ultimate più piccola di
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circa il 56% rispetto al “provino base”. La differenza della u fra i due provini ricavati dalla piastra è,
invece, del 43%, in linea con quanto riportato in [8]. Curve di confronto praticamente uguali a quelle
di figura 5 che qui per ragioni di spazio non vengono riportate, si sono ottenute per le prove ripetute su
altre due serie di provini.

Figura 3: Andamento della curva sforzi-allungamenti con una test speed di 3 mm/min.

Figura 4: Andamento della curva sforzi-allungamenti al variare della test speed.

Figura 5: Andamento della curva sforzi-allungamenti in funzione della direzione delle fibre.

4.2. Test ciclici a fatica


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Il test di fatica, come precedentemente detto, aveva in questo caso lo scopo di valutare l’influenza
della frequenza sull’incremento di temperatura superficiale del provino al fine di avere indicazioni sul
calore sviluppato per il classico smorzamento interno “elastico” di un tale tipo di materiale. Per tale
motivo si è applicato sempre un carico di parecchio più basso (20 MPa) del limite di fatica (da
letteratura superiore a 30 MPa). Come detto nel paragrafo 2, i test di fatica a trazione ciclica sono stati
eseguiti sui provini delle dimensioni riportate nella figura 1, con temperatura ambiente Ta pari a 23°C.

Figura 6: Andamento della temperatura durante test di fatica al variare della frequenza.

La temperatura superficiale del provino è stata monitorata per tutta la durata dello step di carico. La
prima fase è stata condotta sullo stesso provino. Per ogni step, il carico (maximum stress 20 MPa) ed il
rapporto di carico R (-1) sono sempre i medesimi. Si è, quindi, indagato sul comportamento della
temperatura superficiale del provino al variare della frequenza di prova durante test ciclici a trazione.
A titolo di esempio, in figura 6 sono riportate le T e le T per ogni step. Nella seconda fase, la
modalità di prova erano le medesime della prima (R=-1, maximum stress 20 MPa) , ma per ogni step di
carico si è usato un nuovo provino. Sono stati indagati gli effetti termici di quatto differenti frequenze
di prova (5, 6, 9 e 12 Hz).
I figura 7 (a) sono riportate le temperatura di stabilizzazione della fase 1, in figura 7 (b) le temperatura
di stabilizzazione della fase 2 e in figura 7 (c), per tutte e due le fasi, il T vs f. Si può notare come vi
sia una buona ripetibilità della prova anche cambiando provino. Inoltre, analizzando la figura 7 (c), la
tendenza dellaT rispetto alla frequenza è di tipo lineare, come era stato mostrato anche in [12].

Figura 7: Tendenza della temperatura superficiale rispetto alla frequenza di prova.


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5. ANALISI DEI DATI

I provini, ricavati per iniezione da testa, denominati “provini base”, per i quali la direzione delle fibre
era sicuramente longitudinale, hanno mostrato nelle prove statiche perfetta ripetitività qualitativa e
quantitativa.
I provini ottenuti da piastra hanno mostrato ai test statici, fra di loro, buona ripetibilità ma, come era
logico aspettarsi, differenze sostanziali nei valori delle tensioni di rottura a seconda dell’orientamento
delle fibre.
Differenze sostanziali nei valori dei carichi di rottura sono stati rilevati fra i provini base e i provini
ricavati da piastra.
Le prove dinamiche a basso carico (R=-1, maximum stress 20 MPa) e a frequenza si sollecitazione f
diversa, hanno evidenziato una poca sensibilità del materiale alla modalità di applicazione del carico
(a scalino o continuo). Infatti gli incrementi di temperatura registrati al variare della frequenza erano
praticamente indipendenti se la frequenza si faceva variare usando lo stesso provino o usando provini
diversi. Per tutte e due le modalità di prova, gli incrementi di temperatura erano praticamente
coincidenti e risultavano sempre proporzionali alla frequenza di prova adottata.
I valori di temperatura registrati, considerando che il carico applicato era al di sotto del limite di fatica,
indicano al contrario di quanto avviene nei materiali metallici, quantità significative di energia persa
per il classico smorzamento interno (“elastico”). Tenuto conto della sensibilità strutturale di questa
tipologia di materiali alla temperatura, si può estrapolare che la frequenza di prova deve essere
opportunamente scelta specialmente quando si vuole indagare sulla resistenza a tempo degli stessi.
Infatti, in tali indagini si va con i carichi al di sopra del limite di fatica ed i valori di temperatura che si
possono raggiungere possono uguagliare quelli critici di cambiamento di struttura del materiale.

6. CONCLUSIONI

Nell’ambito di un progetto di ricerca tra il Gruppo Automotive del Dipartimento di Ingegneria


Industriale di Perugia e Magneti Marelli Powertrain®, sono state eseguite prove statiche e dinamiche
sul materiale composito a matrice poliammidica PA66GF35 al fine di avere indicazioni sulla influenza
delle modalità di formatura dei provini e dei parametri di prova in test di fatica.
I risultati delle prove statiche hanno confermato quanto ormai è noto da letteratura, ovvero,
l’importanza della modalità di realizzazione dei provini sui risultati. Hanno tuttavia evidenziato, a
parità di tipologia di preparazione dei provini, una buona ripetitività dei parametri caratteristici e più
in generale delle curve statiche sforzi-deformazioni.
I risultati delle prove dinamiche effettuate a bassi carichi (minori del limite di fatica) al variare della
frequenza di prova e della modalità di applicazione del carico, hanno mostrato un incremento della
temperatura superficiale del provino proporzionale alla frequenza di prova ed una non dipendenza dei
suddetti incrementi dalle modalità di applicazione del carico (stesso provino con carico applicato a
frequenza di carico variabile, o provini diversi con stesso carico e con diversa frequenza di carico).
I valori di incrementi di temperatura ottenuti, per i bassi valori di carico applicato, diretta conseguenza
dello smorzamento “elastico” interno, mentre indicano una relativa importanza della scelta della
frequenza di prova se si cerca il limite di fatica del materiale, suggeriscono scelte adeguate della
frequenza di prova nel caso di definizione di curve a tempo. Infatti, in tali prove, i carichi applicati, più
elevati del limite di fatica, combinati con i valori di frequenza di prova, possono produrre incrementi
di temperatura paragonabili a quelli critici di modifica strutturale di questa tipologia di materiali.

BIBLIOGRAFIA

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