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com
CHRISTIAN
ZANON
IL
FIGLIO
NEGATO
IL DIFFICILE
CAMMINO
DEL
PERDONO
Vincitore Premio Letterario Internazionale Lilly Brogi Firenze ed. “2012”
Primo Classificato
www.christianzanon.com
christianzanon@hotmail.com
CHRISTIAN ZANON
IL FIGLIO NEGATO
- IL DIFFICILE CAMMINO DEL PERDONO -
Questo romanzo/saggio biografico è ispirato ad una storia vera.
AGAPE
“Poiché è donando che si riceve”
San Francesco
(preghiera semplice)
Questo libro è dedicato a te,
piccolo Christian Marie,
che tanto ho amato, voluto, aspettato.
Il tuo papà
Foxi, 19 marzo 2012
Questo libro è dedicato ovviamente
anche a te, Elisabetta,
Mamma del piccolo Christian Marie,
che tanto ho amato, amo e vorrò amare a prescindere.
Christian
Foxi, 29 giugno 2012
INDICE
Prefazione di S.E. Rev.mo Mons. Arrigo Miglio ............... 11
Presentazione di Padre Carlo Colonna s.j. ......................... 12
1. 8 febbraio ............................................................................. 15
2. Barcellona ............................................................................ 17
3. Il Principe e la Principessa ................................................ 20
4. Christian e Aida ................................................................. 35
5. L’aborto ............................................................................... 38
6. Conseguenze dell’aborto .................................................. 46
7. Amore .................................................................................. 50
8. Soluzioni all’aborto ............................................................ 52
9. Il perdono ............................................................................ 54
10. Cos’è il perdono ............................................................... 56
11.Nel Regno di Nessuno ..................................................... 61
12. Diritto alla Vita ................................................................. 71
13. Conclusioni ....................................................................... 73
Messaggi della Madonna di Medjugorje sull’aborto e lo
Spirito Santo ............................................................................ 78
Testimonianze ........................................................................ 82
Ringraziamenti………………………………………………83
Bibliografia .............................................................................. 85
Web Sites ................................................................................. 89
Voglio iniziare questo libro
con una
Preghiera alla Vergine
RICORDATI, O VERGINE MARIA,
CHE NON SI È MAI UDITO
CHE ALCUNO,
RICORRENDO AL TUO PATROCINIO,
IMPLORANDO IL TUO AIUTO
E LA TUA PROTEZIONE,
SIA STATO DA TE ABBANDONATO.
ANIMATO DA TALE CONFIDENZA,
A TE RICORRO,
O VERGINE DELLE VERGINI E MADRE MIA,
A TE IO VENGO E DAVANTI A TE ME NE STO,
POVERO PECCATORE GEMENTE.
NON DISPREZZARE LE NOSTRE SUPPLICHE,
MA ASCOLTACI, PROPIZIA,
ED ESAUDISCICI.
AMEN
San Bernardo
PREFAZIONE
Le pagine che seguono sono un vero percorso multidimensionale, come afferma
l’autore; il percorso di chi è affascinato dal mistero della vita. Un mistero non può
essere analizzato freddamente e non finiremo mai di esplorarlo. Il fascino della vita
emerge sia nei momenti in cui essa riesce a sorridere, sia quando è sparita per
sempre dalla scena di questo mondo, magari soffocata con violenza appena
dissimulata. Ma credo di cogliere, nelle parole del dott. Zanon, anche un altro tipo
di fascino e stupore: la scoperta che il precetto divino non si lascia cancellare, si
rivela inesorabilmente giusto e non lascia mai indenne chi lo calpesta, specialmente
se ciò avviene per leggerezza o presunzione. Le storie degli aborti insegnano. Ma è
bene tener presente che questo avviene per tutti gli altri Comandamenti divini,
anche se non ce ne accorgiamo subito. Per questo Mosè, sceso dal monte, frantuma
e riduce in polvere il vitello d’oro, poi versa la polvere nell’acqua e la fa trangugiare
al popolo caduto nell’idolatria, affinché non dimentichi mai il gusto amaro del
peccato e sia aiutato a non ricadervi. Forse queste pagine potranno avere funzione
analoga, specialmente nei passaggi più crudi, aiutando giovani e adulti a non
perdere mai di vista il fascino che proviene dal mistero della Vita, ma ad accoglierla
e viverla in ogni situazione, anche difficile, fino a quando essa non torni alla
Sorgente, dopo aver compiuto tutto il percorso che il Creatore le ha assegnato.
† Arrigo Miglio
Arcivescovo di Cagliari
PRESENTAZIONE
Mi sono ritrovato tra le mani il manoscritto de “Il figlio negato” del dott. Christian
Zanon all’improvviso. Premetto che fino a qualche momento prima, non conoscevo
affatto il dott. Zanon. Quand’ecco mi arriva una sua e-‐‑mail, con cui mi chiede di
scrivergli una presentazione teologica de “Il figlio negato”, che aveva intenzione di
pubblicare. Stava leggendo il mio libro sull’ultimo giorno della storia e il ritorno di
Cristo e pensò che fossi la persona adatta per questo compito. Prima di dargli il mio
assenso, mi misi a leggere il testo, che accompagnava la richiesta e, dopo poco, mi
trovai fortemente coinvolto dal racconto “appassionato” del dramma che ha
segnato la sua storia personale: l’improvvisa fine di un innamoramento perfetto,
prossimo alle nozze, e la perdita della sua paternità nei confronti del figlio, che la
fidanzata Aida, incinta prima delle nozze, abortì di sua decisione all’insaputa di
Zanon padre. Il fatto lo sconvolge completamente. La composizione di questo libro
appare come un grido di rivolta contro la paternità negata e, al di là del suo caso
personale, contro la grave offesa e violenza fatta alla vita umana che ogni aborto
contiene. Scrive l’autore: “C’era un solo modo affinché il piccolo Christian Marie (il figlio
negato) avesse giustizia: scrivere questo libro, non per vendetta, ma per non dimenticare.
Per esprimere la propria rabbia verso un figlio negato. Per esprimere il perdono alla
principessa Aida. Per esortare gli uomini a non praticare l’aborto. Per dare un senso alla
morte del piccolo Christian Marie. In cuor suo, il principe Christian (Zanon) voleva fare in
modo che venisse riconosciuto il diritto alla vita di un embrione e il diritto a essere padre,
affermando la condanna dell’aborto con il massimo della pena, dichiarandolo quindi
omicidio volontario”.
Il tema di perenne attualità, il modo autobiografico in cui Zanon lo svolge, i
diversi generi letterari della narrazione, tutti usati con maestria, rendono il libro di
grande interesse umano e letterario. Mi son deciso così a presentarlo, anche se
un’adeguata prefazione dovrebbe essere molto più lunga delle poche riflessioni che
ora farò, data la ricchezza di contenuto del libro.
Siamo di fronte ad un testo di natura essenzialmente autobiografica, la
testimonianza di un dramma vissuto dall’autore, da leggersi come scontro
tremendo tra la vita e la morte. La Liturgia della Chiesa del Venerdì Santo annunzia
che sulla croce si sono scontrati la Vita e la Morte e che la Vita, morendo, ha
sconfitto la Morte. Ebbene, il dramma di Zanon è una piccola storia rispetto a quella
di Cristo, ma riproduce in sé alcune caratteristiche dell’evento che ha salvato il
mondo dal dominio della Morte per introdurlo nelle dimensioni supersublimi della
Vita, che la Scrittura chiama “Regno dei Cieli”.
Nella storia dell’autore la Vita appare per prima. È narrata in modo fantastico
nella favola dell’innamoramento tra il principe Christian e la principessa Aida. Qui
tutto è luce, purezza, vita. Interessantissimi sono i significati simbolici della favola,
che intende raccontare una storia reale, l’amore tra Zanon e Aida, nelle sue
dinamiche più profonde e alte. Auguro ai lettori di saperli cogliere. Siamo nel
giardino dell’Eden dell’amore. La storia si sta concludendo nell’atto supremo della
Vita, quello di generare altra vita mediante il mistero dell’amore coniugale, che
arriva all’unione. Ma ecco che al posto della Vita nasce la Morte: l’aborto volontario
da parte di Aida del figlio concepito con tanto amore da parte dei genitori. Il
principe Christian (Zanon) è annientato da questa improvvisa presenza del
Maligno nella sua vita, così come Cristo -‐‑ la Vita -‐‑ fu annientato dalla improvvisa
congiura del Diavolo e della Morte contro di lui. L’innamoramento perfetto,
prossimo alle nozze, si dissolve in un attimo; il figlio atteso con tanto amore dal
padre è ucciso. A Zanon, marito abbandonato e padre negato, è lasciata in eredità la
lamentazione di Geremia: “Son rimasto lontano dalla pace, ho dimenticato il benessere. Il
ricordo della mia miseria e del mio vagare è come assenzio e veleno. Ben se ne ricorda la mia
anima e si accascia dentro di me. Questo intendo richiamare al mio cuore, e per questo
voglio riprendere speranza. Le grazie del Signore non sono finite, non sono esaurite le sue
misericordie. Si rinnovano ogni mattina, grande è la sua fedeltà. ‘Mia parte è il Signore – io
esclamo – per questo in lui spero’. Buono è il Signore con chi spera in lui, con colui che lo
cerca. È bene aspettare in silenzio la salvezza del Signore. È bene per l’uomo portare un
giogo nella sua giovinezza. Sieda costui solitario e resti in silenzio, poiché egli glielo impone.
Ponga nella polvere la bocca, forse c’è ancora speranza… Poiché il Signore non respinge per
sempre, ma se affligge avrà ancora pietà secondo il suo grande amore, poiché contro il suo
desiderio egli umilia e affligge i figli dell’uomo” (Lam 3,17-‐‑33).
Siamo alla fine del primo atto del dramma di Zanon. Il fallimento del suo folle
innamoramento per Aida e il ritrovarsi in mano non l’anello di nozze, ma le spoglie
del figlio ucciso dalla sposa e madre, lo conducono in un profondo deserto. Ma non
è solo. La fede e il Padre della Vita sono con lui come erano con Gesù sulla croce.
Da qui riprende speranza. Intravede una missione, un compito per la Vita, non più
da godersi anche se in modo giusto con la sua sposa, ma da impiegarsi in battaglia
contro la Morte, soprattutto quella morte che si riveste del volto dell’aborto.
Zanon non perde tempo nello scendere in campo, determinato a tutto.
Immediatamente compone i capitoli V, VI, VII del suo libro, in cui da studioso e
psicologo, con precisione scientifica, fa conoscere senza mezzi termini l’orribile
pratica dell’aborto e le sue conseguenze disastrose per quanti lo praticano e lo
fanno praticare, ma anche per quanti come lui vengono colpiti dai figli persi per
aborti non voluti, se non dall’altra parte.
Zanon, però, anche se lasciato da Aida, rimane sempre innamorato di lei e pensa
ad un possibile ripristino della relazione antica. Come potrà ricostituirsi un
rapporto così brutalmente offeso? Qua l’autore si abbandona alla fantasia e alla
favola della “grande sfera di cristallo”, che leggerete, ma più realisticamente medita
insieme con noi sulla realtà del perdono e delle sue condizioni, che solo può far
trionfare la vita dove prima ha regnato la morte, presentatasi col volto dell’offesa e
dell’egoismo, della totale attenzione per sé e della nessuna attenzione per l’altro, il
padre tradito e il figlio ucciso.
Questo libro di Zanon, autobiografia e messaggio per la Vita, sembra essere solo
il primo lancio di una campagna a favore della Vita, che egli intende manifestare
nella sua attività futura. La lotta tra la Vita e la Morte è il tessuto quotidiano di cui
sono intessute le storie di tutti gli uomini, a tutti i livelli, materiali e spirituali.
Sappiamo che a capo di questa lotta vi è lo stesso Dio e Padre della Vita, che noi
invochiamo come “Padre nostro che sei nei cieli”. Il suo inviato per far regnare la
Vita tra gli uomini è il Verbo della Vita fatto uomo, Gesù Cristo, il quale ha già
combattuto questa lotta e l’ha vinta nel giorno della sua Risurrezione. Egli ci ha
lasciato il suo Spirito, lo Pneuma della Vita, per risuscitarci dalla morte spirituale e
continuare in noi e attraverso di noi la sua battaglia contro la Morte fino alla sua
sconfitta definitiva. Quando il Risorto e il Vivente per sempre ritornerà nell’ultimo
giorno della storia, Egli completerà la sua vittoria sulla Morte, eliminandola per
sempre da quanti gli sono stati fedeli nella vita presente. Questi risorgeranno in
Cristo per non morire più e la morte sarà eliminata per sempre.
Alla luce di questa grande speranza apocalittica, che cambierà per sempre la
faccia della terra, ogni combattimento della Vita contro la Morte che noi, discepoli
di Cristo, intraprendiamo nel tempo presente, avrà la sua incoronazione, il suo
premio, la sua vittoria. Già da quaggiù, ma soprattutto nel giorno della vittoria
finale della Vita sulla Morte, si realizzerà quanto dice il profeta Isaia: “Anche i
giovani faticano e si stancano, gli adulti inciampano e cadono; ma quanti sperano nel
Signore riacquistano forza, mettono ali come aquile, corrono senza affannarsi, camminano
senza stancarsi” (Is 40, 30-‐‑33). Auguro a Zanon e a quanti leggeranno questo libro di
impegnarsi nella lotta della Vita contro la Morte con totale speranza nel Signore e
obbedienza a Lui, per sperimentare che la vita nel Padre della Vita è proprio questa:
“Riacquistare le forze, mettere ali come aquile, correre senza affannarsi, camminare senza
stancarsi”. L’opera del Maligno è il contrario di tutto questo fino all’annientamento
di ogni vita. Cristo vinca! Passi questo mondo di morte e venga a regnare per
sempre la Vita!
Padre Carlo Colonna s.j.
CAPITOLO I – 8 febbraio
Braga – Il sogno dell’8 febbraio 2009
Oggi è 11 febbraio 2012, festa della Madonna di Lourdes. Inizierò oggi un
cammino spirituale andando a messa ogni giorno, e ciò fino al 13 maggio 2012, festa
della Madonna di Fatima. Ho una forte necessità dell’intercessione della Madonna,
che guidi la mia mano, la mia mente e la mia lingua nella stesura di questo libro,
perché esso sia un messaggio di quell’amore e di quella fede così tanto denigrata ai
giorni nostri.
Qualche giorno fa, esattamente l’8 febbraio, ritrovo su un documento word del
2009 un promemoria di un sogno di quella notte. Mi trovo a Braga, in Portogallo e
frequento il mio 4º presso la Universidade do Uminho. Sono passati tre anni da
allora. Controllo il calendario dei santi: l’8 febbraio è la festa di San Gerolamo
Emiliani, un santo di cui non avevo mai sentito parlare. Mi domando chi sia. Faccio
delle ricerche su internet, e trovo la risposta: è il fondatore dell’ordine dei Chierici
Regolari di Somasca ed è venerato dalla Chiesa Cattolica, come il “patrono
universale degli orfani e della gioventù abbandonata”. Strana coincidenza, penso: 8
febbraio 2009 – 8 febbraio 2012…
Eccolo, il mio sogno.
“…Mi trovo in compagnia di una ragazza, non ricordo chi sia, ma è sicuramente una
persona a me vicina. Svolto con l’auto verso una località dove generalmente mi reco durante
i sogni, ma sporadicamente. Il mare è di un blu limpido e qui sulla spiaggia mi assopisco
ammirandone la bellezza. È ora davanti a me un monastero in rovina e forse è dentro il
mare, giacché le onde lo raggiungono e lo sommergono: come hanno potuto costruire un
monastero nell’acqua? Ma forse allora l’acqua non c’era e poi al suo sopraggiungere l’hanno
abbandonato? Lascio la mia amica, mi avvicino e mi aggiro dentro questo monastero
bellissimo, fatto forse per ricordare all’uomo la maestosità di Dio; l’acqua mi arriva alle
ginocchia. Un lungo e largo corridoio interno si lancia verso il mare e finisce con un grande
portale: che sia lì per lanciarsi a Dio affinché Egli possa scendere fra noi?... penso. Guardo le
mura di confine e tutta la costruzione, più alta per resistere alle intemperie e alla forza
dell’acqua. Ma d’improvviso arrivano due fiere, sono grigie e hanno un collare nero. Hanno
un passo determinato e sicuro, mi fanno paura e mi rifugio su un albero di pietra posto al
centro del corridoio, forse una quercia. Cerco qualcosa per difendermi, trovo un bastone di
legno, e quando la prima fiera si avvicina, con un colpo secco sulla testa la ammazzo. La
seconda fiera rimane ora a guardarmi, non mi attaccherà. Forse ce n’è anche una terza,
diversa. Per sicurezza decido di tenere sempre un bastone di legno per difendermi e non
abbassare la guardia. Mi ritrovo così a guardare il monastero, la chiesa in essa edificata,
meditando che è il caso di non restaurarlo, ma bensì sfruttare le sue rovine e l’esperienza
come base per costruire dentro una nuova chiesa che mai crollerà.
Burgos -‐‑ 11 novembre 2011
Oggi inizierò la stesura del mio libro, “Il figlio negato”. Il fatto che sia 11/11/11
non ha alcun significato, è una pura coincidenza. Ma l’11 novembre è la festa di San
Martino, il proverbio dice: “A San Martino ogni mosto diventa vino”. Il tempo della
maturazione del vino è di buon auspicio, forse anche per me è arrivato il tempo.
Ieri mi hanno dato una cabina de investigación all’Università per concentrarmi sulla
mia tesi dottorale. La stanza ha un’ampia finestra, un computer, una scrivania con
una sedia girevole con ruote, molto comoda. È qui che mi siedo per aprire a caso
“La Bibbia di Padre Pio”, un insieme di meditazioni del Santo di fronte al mistero
della Parola di Dio e del cammino di ogni anima verso la verità del cielo. Trascrivo
una lettura con il commento del Santo, è il metodo della Lectio Divina, e voglio
seguirla ogni giorno.
Vangelo Secondo Matteo 7,7 -‐‑ 11
Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto. Poiché chiunque
riceve, e chi cerca trova, e sarà aperto a chi bussa. Fra voi c’è chi, se suo figlio chiede del
pane, gli dà una pietra? O se chiede un pesce, gli porge un serpente? Se dunque voi che siete
malvagi date buoni doni ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli, darà cose
buone a coloro che lo richiedono.
Lectio Divina
Ecco come si esprimono i santi padri nell’esortare l’anima ad una tale lettura.
San Bernardo nella sua scala claustrale ammette esser quattro i gradini o i mezzi
per cui si sale a Dio e alla perfezione; e dice che sono la lezione (la lettura, la lectio)
e la meditazione, l’orazione e la contemplazione. E a provare ciò che egli dice,
apporta quelle parole del divin Maestro: ”Cercate e troverete, bussate e vi sarà
aperto”; e applicando ai quattro mezzi o gradi della perfezione, dice che con la
lezione della sacra scrittura e degli altri libri santi e devoti si cerca Iddio; con la
meditazione si trova, con l’orazione si bussa al di lui cuore e con la contemplazione
si entra nel teatro delle divine bellezze, aperto dalla lezione, meditazione e
orazione, agli sguardi della nostra mente.
La lezione, sèguita a dire altrove il santo, è quasi il cibo spirituale applicato al
palato dell’anima; la meditazione la mastica coi suoi discorsi; l’orazione ne prova il
sapore; e la contemplazione è l’istessa dolcezza di questo cibo di spirito che ristora
tutta l’anima e la conforta.
La lezione si ferma nella corteccia di ciò che si legge; la meditazione ne penetra il
midollo; l’orazione ne va in cerca con le sue domande; la contemplazione se ne
diletta come di cosa che già possiede. (A Raffaelina Cerase, 28 luglio 1914).
Capitolo II -‐‑ Barcellona
Febbraio 2010: mi affrettavo a scrivere la mia tesi di laurea magistrale in
Psicologia presso la Università Pontificia di Salamanca. Avevo fatto la richiesta
l’anno precedente per poter essere ammesso al programma SICUE (Sistemas de
Intercambio entre Centros Universitarios Españoles) e avevo dato, come prima
disponibilità, l’intercambio per l’Università di Barcellona (UB). La media dei miei
esami, piuttosto alta, mi ha dato per i nove mesi di intercambio un aiuto economico
di 500 euro al mese. Sono stato molto fortunato: ho trovato inizialmente, per i primi
mesi, una camera in un vecchio appartamento di un palazzo storico del 1800, nel
barrio Gotico. È un B&B di un tedesco di mezza età, Marc. L’appartamento, circa 180
mq, è molto bello, con un parquet originario dell’epoca e pochi arredi. Le vecchie
finestre con persiane, si affacciano sulla strada principale del Passage Escudellers,
proprio di fronte all’Universitat Pompeu Fabra.
Vicino c’era la fermata della metropolitana Drassanes nelle Ramblas, dove passa
la linea verde che mi porta direttamente alla fermata di Mundet. In 20 minuti a piedi
arrivo alla mia Facoltà.
Barcellona è una città bellissima: l’appartamento dove vivo dista dal mare circa
400 metri, ed è sempre un viavai di gente. Adoro tutto di Barcellona.
Per me è un anno speciale, l’ultimo anno di università, l’anno delle grandi
soddisfazioni. Per sei mesi sono stato nell’ospedale San Joan de Deus nel reparto di
Salute Mentale per bambini/adolescenti dai cinque ai diciotto anni. Ho fatto
diagnosi e test, senza mai interrompere la tesi “Claves psycológicas del
Fundamentalismo Religioso”.
Ho fatto però una promessa a me stesso: se mi laureerò nella sessione del 1°
luglio farò, per ringraziare la Madonna, un pellegrinaggio da Lourdes a Fatima a
piedi. Decido anche per un blog, voglio scrivere del mio viaggio ogni giorno, e
pubblicarlo, perché chiunque possa partecipare almeno virtualmente a questa mia
esperienza. Do per scontata la mia laurea del 1° di luglio del 2010, così pubblico una
lettera nella pagina web di www.pellegrinando.it il 1° marzo del 2010.
Pellegrinaggio
da Lourdes a Fatima,
passando per Santiago de Compostela.
10 luglio 2010 -‐‑ 13 settembre 2010
Qui riassumo le motivazioni dell’iniziativa, sottolineo l’importanza per chi
viaggia da solo di entrare in sintonia col proprio ritmo, preciso che il pellegrinaggio
non è a fini di lucro e indico come partecipare a questa iniziativa.
Il mio pensiero ritorna però prepotente a Burgos, a questa bellissima città.
Burgos è piena di verde, la città in Europa con più verde. Le foglie cadono in
quantità, i loro colori sono bellissimi e tappezzano la terra formando un tappeto
dalle mille tinte autunnali.
Cammino per le sue strade e sollevo gli occhi al cielo: Dio Santo, Dio, Padre mio,
dimmi ti prego: perché, perché, perché è successo??! Cerco una risposta. Cammino,
penso, medito, “perché?” mi chiedo ancora. Mi fermo davanti ad una bellissima
fontana, illuminata; ci sono solo io, il parco è vuoto, non c’è nessuno, e godo di
tanta ricchezza dedicata solo a me. Riprendo il cammino. Intravedo degli archi,
sono archi senza casa, senza niente, di pietra bianca. Salgo tre gradini, c’è il vuoto.
Accarezzo le colonne erose dal vento e mi interrogo sulla pazienza dell’artista nel
farle, mi chiedo come mai gli sia venuta l’idea di far tondi i pilastri… Penso, mentre
li accarezzo: “È per far circolare l’energia, per fare in modo che tutto sia più
armonico, più… più con amore”. Penso a come sarebbe bello incastonare questi
archi in una costruzione. Riguardo ancora il cielo: “Perché, perché, dove sei Dio
mio?” e mi viene in mente Mosè, e l’agnello sacrificale; mi viene in mente Dio, e il
sacrificio di Gesù. C’è un legame con la morte di mio figlio? Non so, voglio scrivere
e forse alla fine capirò.
Arrivo davanti alla chiesa della Madonna del Carmen; entro, la luce del
confessionale è accesa. La chiesa è deserta, sembra mi aspettasse. Chiedo di
confessarmi e inizia il dialogo con Dio attraverso il suo ministro.
È poi la volta della chiesa della Mercede. Sul sagrato c’è sempre lo stesso povero,
con lo stesso cartello, lo stesso cappello, lo stesso vestito, lo stesso sorriso, lo stesso
cestino, così da un mese. Attraverso il ponte ed entro nell’arco che mi porta nella
piazza della cattedrale; tutto è pulito, tutto è perfetto in questa città. I bar sono
affollati, ed è bello andare de pinchos. Con due, tre euro mangi un pincho: un costilla,
oppure una tortilla, o un piattino di calamari. Le porzioni di cibo sono minime e si
mangiano in piedi con un bicchiere di vino o un’altra bevanda. Qui si usa più
andare de pinchos che andare a cena. Si ride, si scherza. Io seriamente passeggio,
osservo, mi fermo a comprare una bottiglia di vino rosso, El marques de la Concordia.
Incrocio la signora che vende le castagne arrosto: è nello stesso posto, con lo stesso
cappello, con lo stesso sorriso. Sono le 21.20 e il panificio è ancora aperto. Compro il
pane con i cereali e salgo a casa dove i miei compagni Paco, Tucho e Puerto mi
aspettano. Oggi è venerdì, non mangio carne come sempre e non ho voglia di
cucinare, come mi succede da un po’ di tempo. Mangio solamente perché mi piace
il vino rosso e non posso bere a stomaco vuoto. Mi chiedono tutti come sto. Li
guardo, sembra che il tempo si sia fermato, niente si muove. In un attimo tutto è
svanito, ma rispondo: “Ci sono, sto bene, sto bene”. Riprende tutto, il rumore della
televisione, la voce di Puerto, la risata di Paco, il sorriso di Myriam, la sua donna, e
poi la risata di Tucho. Vado in cucina, mangio pane con olio, apro la scatoletta di
tonno… non cucino, va bene così. E già ho voglia di scrivere, ma ho mal di testa e
sono stordito dal niente. Non ho più voglia di niente, di nulla. Voglio chiudere col
passato, con tutti, perché nessuno capisce e nessuno vuol capire il tuo dolore. Il
dolore della morte di un figlio negato, di un figlio desiderato, di un figlio voluto.
Ludovico Einaudi suona “Al di là del Vetro” e io mi lascio sommergere dalle sue
note.
Come scriverò questo libro, come lo imposterò? C’è tanto da raccontare, in una
storia bellissima, una storia triste, diversa dalle altre, ma anche una storia simile a
tante, una storia piena e carica di desiderio. Bisogna non farsi prendere dal panico.
Bisogna ritornare al passato, analizzare con un nodo alla gola punto per punto,
attimo per attimo.
Ora sono di nuovo a Barcellona, è il 27 giugno 2010. Ho appena ricevuto questa
e-‐‑mail alle 24.07:
Ciao Christian,
mi permetto di darti del tu pur non conoscendoti, poiché è fuori luogo un approccio
formale in questo momento.
Mi chiamo Aida xxxxxx ho trent’anni e vivo in xxxxx, ad xxxxxx. Ho letto sul sito del
pellegrinaggio che stai per iniziare il 10 luglio p.v. Voglio parteciparvi, ma ho dei vincoli
rispetto ai giorni. Posso unirmi al gruppo solo il 7 agosto sino al 22 dello stesso mese.
Sarebbe possibile?
Premetto che non ho mai fatto un percorso anche solo lontanamente simile a quello che tu
descrivi nelle modalità pratiche. Tuttavia a mio modo ho camminato anch’io. Vorrei adesso,
con la serenità conquistata, trovare il coraggio di intraprendere un viaggio che abbia anche
le caratteristiche fisiche di un viaggio.
Spero di ricevere un tuo cenno di risposta in merito, unitamente a qualunque
informazione aggiuntiva che tu possa darmi attinente al percorso.
Ti ringrazio in anticipo.
Questa e-‐‑mail, così semplice e scarna, ha dato l’avvio ad un grande amore e Aida
è diventata la mia principessa. Mai e poi mai avrei pensato che così come era
arrivato, improvvisamente svanisse, e il nostro amore diventasse una cosa mai
esistita. Un amore forse come tanti nella vita, o forse come pochi, ma unico, com’è
unica la vita di ognuno di noi. Quest’amore è iniziato virtualmente poiché oggi ci si
innamora attraverso e-‐‑mail, e con le nostre lettere arrivammo a scrivere anche una
storia, una favola. E forse tutto non è stato altro che una favola, appunto. La vita
non è virtuale: è materia, è reale. Alle favole possiamo cambiare il finale, alla vita
no.
Ma io scriverò ugualmente questa storia come una favola.
perché doveva difendere la porta del cuore; quindi incominciò a pensare che nel
mondo ci fosse chissà quale malattia. Infatti, le aspiranti principesse, quando
arrivavano, erano vuote: avevano le sembianze umane, però vi era solo la pelle, le
ossa, ma l’interno era vuoto. Mancava il sangue, non avevano carne, e soprattutto
mancava il cuore. Sembrava che si reggessero attraverso una nuova sostanza che
riempiva il corpo, era un miscuglio di niente, era il niente che aveva preso forma. Il
generale e tutto l’esercito, nel vedere ciò, erano felicissimi di rimanere nel giardino
reale e non avevano alcuna voglia di chiedere permessi per uscire.
Il principe era sempre più triste e il generale non sapeva più cosa fare. Il principe
aveva però già trovato la soluzione: “Presto partiremo alla conquista di nuove terre,
dove il sole sia un evento raro; andremo al nord, in un’altra isola, e lì costruirò un
nuovo regno, che non prevede la necessità di avere una principessa”. “Porterò la
mia spada” continuò il principe, “perché la speranza non la perderò mai, ma la vita
sarà riempita dall’amore per la vita”. Il principe aveva scoperto che nel suo cuore vi
era una sorgente d’amore, e non voleva privarne il mondo, ma voleva distribuirlo
in incognito, senza che nessuno lo sapesse, perché aveva timore che i suoi nemici,
invidiosi, lo facessero cadere in tentazione per farsi dare dei riconoscimenti,
inquinando così la fonte pura dell’amore, che ogni uomo possiede. La data della
partenza ancora non era certa; era certo invece che negli ultimi cinque anni il
principe aveva iniziato la conquista di nuove terre, e finiva una grande guerra di
conquista, durata cinque lunghi anni, dopo la quale fu accolto vittorioso in tanti
regni e gli fu data l’onorificenza riconosciuta con l’abito pregiato di colore rosa e la
banda bianco-‐‑gialla. Quindi il principe, adesso, era intenzionato ad organizzare la
sua nuova conquista: la terra del nord.
Ancora non aveva pianificato niente, ma il generale, che controllava il cuore nei
giardini reali, notò che qualcosa stava succedendo: la porta si era aperta, e non c’era
verso di richiuderla. Chiamarono i migliori fabbri del regno, ma qualcosa, una forza
che non si spiegava, spaccava le serrature, e la porta si spalancava, colpendo i
malcapitati che si trovavano nel suo raggio d’apertura. Il cuore poi, emanava un
calore incredibile, ed erano intervenuti i pompieri reali, dotati dei sistemi
tecnologici più avanzati; spruzzavano un liquido refrigerante che trasformava in
blocchi di ghiaccio piscine olimpiche in un secondo. Il cuore non ne voleva sentire,
sembrava fosse andato in tilt. Il generale poteva contare sul fatto che il principe
ancora non si era accorto di niente e non lo aveva chiamato a rapporto. Quindi egli
decise che doveva entrare nel cuore per capire chi ci fosse dentro; radunò alcuni dei
migliori tiratori scelti, pronti ad abbattere l’intruso che non era passato al controllo.
Entrarono, cercarono in ogni stanza, controllarono le valvole, ma non trovarono
nessuno; fino a che, scendendo nella parte più profonda, dopo aver fatto 10.559
scalini, videro una luce che, all’avvicinarsi, si faceva sempre più intensa, sempre di
più. Pensarono di aver trovato il motivo del calore immenso del cuore, invece si
sbagliavano. Incredibile! Non ci potevano credere, no: c’erano tre candele, piccole,
ma emettevano una luce così intensa che dovettero mettersi gli occhiali da sole
progettati per guardare il sole da vicino durante i viaggi spaziali. Il generale tirò un
sospiro di sollievo; non c’era nessuno nel cuore, non capiva però chi avesse potuto
accendere le tre candele. Decise quindi di spegnerle: ci soffiò sopra e finalmente
quella luce accecante sparì e il buio arrivò. Il generale era davvero contento e
sperava che il principe non si accorgesse che un intruso era entrato nel suo cuore
senza che le truppe reali se ne accorgessero. Non finì però neanche il pensiero, che
le candele si riaccesero; il generale le rispense subito, ma subito si riaccesero
un’altra volta, e ancora un’altra, e ancora, fino a che rimase senza fiato e si dovette
arrendere. Il generale non sapeva cosa fare: oramai doveva informare il principe;
non poteva neanche chiamare i pompieri reali, per paura di danneggiare
seriamente il cuore e farlo morire. Quindi si recò nel palazzo del principe (non
viveva più nel castello, ma in un grande palazzo, dove vi erano tanti quadri che
rappresentavano le sue vittorie). Il principe lo ricevette subito e lo abbracciò; però
costatò che il generale era rigido, guardava il pavimento e non riusciva a guardarlo
negli occhi. Gli domandò allora che cosa fosse successo, e il generale incominciò a
raccontargli del problema del cuore, che era sempre più caldo, delle tre candele
accese da qualcuno, che non avevano né visto né trovato e che non si spegnevano. Il
principe scoppiò in una grande risata lasciando a bocca aperta il generale, che non
sapeva cosa pensare. Il principe, amorevolmente, lo fece sedere sui sofà più comodi
del regno e iniziò a spiegargli che nel cuore, dove lui aveva trovato le candele, più
in là vi è nascosta una porticina. È un passaggio segreto, è un passaggio che porta
ad un viale lungo e alberato. È un viale della sofferenza, dove le persone si
ritrovano con se stesse, ma è anche un viale della rinascita, della sapienza, della
consapevolezza, dell’essere ciò che si vuole essere. Si tratta del Regno di Nessuno: è
di colui che ci va. È un regno magico, che per essere conquistato non deve essere
tolto agli altri, ma deve essere guadagnato attraverso una lotta con se stessi: un
nostro Io esce dal nostro corpo e dobbiamo ucciderlo. La lotta non è semplice, in
quanto entrambi sono forti, ma uno può utilizzare un’arma magica, l’arma
dell’amore, l’arma che sconfigge il suo avversario. Nel momento in cui si sta per
sferrare il colpo decisivo, i quattro occhi si fissano, e noi passiamo dall’altra parte;
allora capiamo che se lo ammazziamo, ammazziamo una parte di noi, e se non ci
fermiamo in tempo, in realtà ammazziamo noi stessi.
“Ma che duello è?” chiedo al principe. “Io non conoscevo tutto ciò”.
Dimenticavo di presentarmi: io sono lo gnomo scrittore, mi chiamo Irpus e
appartengo ad una generazione di scrittori; noi scriviamo per il principe. La nostra
terra è protetta dalle truppe reali, il nostro regno si chiama Rius; è cercato da tanti
invidiosi, ma nessuno lo trova perché per arrivarci bisogna passare per la valle dei
draghi, da cui nessuno esce vivo. Il principe può viaggiare fino al nostro regno,
perché quando era piccolo scrisse delle cose bellissime, ma nessuno gli credette e
così smise di scrivere. Poi, una fata del cielo chiamò un drago e gli raccontò cosa era
successo; il drago si commosse e incominciò a piangere, così tanto che adesso nella
valle dei draghi vi è un grande lago salato. Il drago ne parlò con i draghi anziani, e
decisero quindi di inviare Curnel, una draga piccolina, che prese il principe nel
sonno e lo portò nel regno di Rius, tutte le notti, per tantissimi anni. Qui gli
inginocchiato davanti a te, chiedo la tua mano affinché dalla nostra unione possa nascere
un nuovo regno; affinché dal nostro nuovo regno possa nascere un’unione con Nostro
Padre; affinché questa nuova unione possa far nascere il Regno Reale di Christian e Aida,
che avrà le basi nella solida roccia, pronti a combattere insieme, uniti nella spada, nella
conquista di nuovi regni. Sarà una unione aperta alla conquista del Creato, di tutto ciò che
ci è stato messo a disposizione, seme a disposizione per accogliere nuove vite, dove l’amore
non sarà una meta raggiunta, ma sarà il pane quotidiano, una meta che mai raggiungeremo,
perché non ci sarà amore che ci possa colmare, perché non vi è un limite nell’amore.”
Principe Christian
A questo punto, lo gnomo scrittore Irpus prende la lettera e passa, con
l’autorizzazione del principe, per la porta segreta, attraverso il Regno di Nessuno,
per recapitarla alla principessa Aida e per mettersi a sua disposizione e continuare
a scrivere la storia. 1Irpus ha un permesso speciale che gli consente di entrare in
tutti i Regni della terra, e giunge nel Regno Bianco dove abita la principessa Aida.
Qui il portone si spalanca all’ingresso appena lui pronuncia il suo nome. La
principessa lo riceve nelle sue stanze e con lui riceve la lettera del principe
Christian. La legge immediatamente. Poi lacrima. La principessa ha il cuore
allagato. Resta senza dire una parola. Irpus si avvicina e le porge un fazzoletto
perché possa asciugarsi. Ma lei non lo prende. Sono lacrime troppo rare per lasciare
che muoiano in un fazzoletto! La principessa desidera farle scendere fin dentro le
viscere della terra, nella carne del globo, perché dalla carne sono nate e lì è giusto
che ritornino, per appartenere agli altri viventi di nuovo… Così, bagnata d’amore,
lei si addormenta col cuore felice. Nel sonno sogna. Quante volte aveva sognato
l’amore!… E al suo risveglio tutto era sparito nel nulla, come neve sciolta al primo
sole. Quante volte aveva creduto… e poi la realtà s’era rivelata diversa dalla
credenza. Quante volte aveva sperato di parlare una lingua comune a quella di un
altro… e invece s’era dovuta ravvedere da quella speranza, perché continuava a
scandire una lingua solo sua. Adesso stava sognando di nuovo! Come se
improvvisamente, miracolosamente, avesse ritrovato la forza e la voglia di
riconcedersi i sogni, quelli delle fiabe, quelli di cui la vita le aveva insegnato a
diffidare perché dannosi e deleteri per il cuore, inesistenti in concreto, lontani dal
quotidiano, lontani da tutti i popoli della terra, regine e regnanti, servi e plebei,
principi e principesse che fossero.
Il sogno inesistente era l’Amore, quello che solo Dio Padre conosce. Quello che
può solo crescere e mai finire. L’amore per il creato, per gli esseri viventi, per
l’umanità intera. Quell’amore che solo chi Ama può provare.
Ma l’aveva sognato di nuovo. Dopo tante notti, l’amore era riapparso.
Appena fu sveglia, ebbe voglia di scrivere al Principe.
Notò che Irpus era ancora lì innanzi a lei. Lo guardò, poi lo invitò con un cenno
a sedersi di fianco alla sua seduta. Prese carta e penna da un angolino vicino, e
cominciò a segnare il foglio bianco di righe nere:
“Caro principe Christian,
la tua lettera mi ha riempito il cuore di amore. Un amore che non ho mai sentito così
prima d’ora. Un amore pulito, generoso, intenso.
Nessuno mai aveva scritto così coraggiosamente e teneramente ad una principessa,
nessuno mai aveva scritto così a me.
Le lettere sono strumenti obsoleti per i popoli dei regni moderni.
E per quanto da parte mia mi sforzi di trasferire loro un pezzo di verità, i popoli tutti
continuano a nascondersi dietro le bugie. Perciò non scrive più nessuno, per paura di
denudarsi. Per paura di lasciar traccia del proprio pensiero. Per il timore di non poter
cambiare idea repentinamente, senza sentirsi recriminare alcunché. Per il timore di
assumersi un rischio.
Invece tu, Principe Christian, coraggiosamente hai segnato con tratto indelebile le tue
parole, ti sei denudato.
Il tuo gesto è molto nobile. Solo da un principe forte e leale può nascere tanto.
L’onestà e il coraggio sono qualità rare e introvabili tra i viventi della terra. Solamente
per questo meriteresti un grande bacio. Ma… sarebbe poco per rappresentare l’Amore che
vorrei esprimerti.
Tu non puoi saperlo, non mi conosci abbastanza: io sono una principessa che ha imparato
a volare piano.
Con te nel cuore da che ti ho incontrato quella sera, in cui tu hai acceso la prima luce e io
ne ho messa un’altra vicina, e poi una terza è scesa dal Cielo con la benedizione di Dio, da
allora ho iniziato a planare. Ma lenta, per godere ogni minuto del sollevamento da terra.
Senza fretta. Non ho messo il paracadute questa volta. Ho provato quella strana sensazione
che ti fa dimenticare l’inizio dell’uno e la fine dell’altro.
Mi voglio fidare di te, principe Christian.
Sono arrivata alla tua porta segreta senza neppure rendermene conto, e tu sei arrivato a
me. È successo così, per caso ti ho trovato.
Dopo il nostro incontro ho avuto un dialogo molto conciso col mio cuore: “Non essere
scettica!” mi ha detto. “Va avanti, non temere! Ci sono io qui con te! Come sempre!”.
Il mio cuore non ha generali al varco. Ho una grande considerazione di lui. Si
autogestisce. Quando mi parla lo ascolto senza remore se pur piena di paure, perché è troppo
ingenuo a volte, pensa in bene, è buono e generoso! Perdo la testa quando lui mi parla.
Tu, dolce Principe, hai iniziato a insinuarti anche nella mia testa; mentre lei partiva tu
l’hai raggiunta. Sei arrivato fino al Regno Bianco, che io governo, e stai lì davanti al grande
portone in attesa del lasciapassare. Quello che solo io sono autorizzata a concedere.
Per diventare principessa del mio regno ho valicato la terra dei Ciclopi. Terra piena di
insidie e pericoli, la terra di mezzo per giungere nei luoghi di pace. Lì ho incontrato un Elfo
Maestro che mi ha guidata fino al Regno Bianco: senza di lui i pericoli sarebbero stati
mortali. Nel mio regno non è mai entrato nessuno prima d’ora, a parte Irpus. Molti si sono
avvicinati abbagliati dalla luce che emana, ma non ce l’hanno fatta a restare, erano troppo
deboli e vuoti. E io li ho banditi. È troppo Bianco il mio regno, e spaventa. Gli uomini sono
abituati agli addobbi fluorescenti, che coprono le macchie. Qui invece tutto è visibile, non è
possibile celare nulla. Tanto che solo i cuori bambini hanno accesso, perché onesti e puliti.
Tu hai il permesso di entrare, dolce Principe! Sei già entrato, senza saperlo. E io voglio
che tu conosca il mio regno fino in fondo.
Perciò, nobile sovrano, la mia porta è aperta, affinché tu possa visitare liberamente ciò
che è al di qua di essa. Così io potrò conoscere Rius, il Regno che ti appartiene, viaggiando
dentro esso, se tu me lo concedi.
E alla fine, se dovessi accorgerti che il Regno Bianco è troppo bianco per te, allora potrai
riprendere la strada che hai percorso per arrivarci, nessuno ti chiuderà dentro. Se, invece,
avrai ancora voglia di inginocchiarti davanti a me, io sarò felice di ascoltare le tue dolci
parole e risponderti… per sempre… E i nostri regni saranno uniti… E cresceranno come
unico Regno, conquistando nuovi spazi, dove l’Amore non sarà una meta raggiunta, ma
sarà il pane quotidiano, una meta che mai raggiungeremo, perché non ci sarà amore che ci
potrà colmare, perché non vi sarà limite che ci potrà fermare.
A te, Principe Christian, con amore
Principessa Aida”
Irpus restò a guardare la principessa Aida per tutto il tempo. Non volle dirle
nulla. Sapeva che lei non amava ascoltare consigli, se non dal suo cuore e dalla sua
testa. Potevano solo loro guidare la sua penna.
…Poi era talmente assorta che sarebbe stato un oltraggio interromperla.
Con lo sguardo pieno di luce, la principessa, appena ebbe terminato, ripiegò il
foglio su se stesso per due volte, lo avvolse con un sottile nastro di seta verde, fissò
il piccolo e tenero gnomo per qualche secondo, restando ferma con la lettera tra le
mani, e poi gliela porse.
Baciò Irpus sulla fronte e non disse nulla; si voltò e svanì tra le stanze del Regno
Bianco.
Irpus, gnomo scrittore, che ha il permesso di sostare in tutti i Regni della terra,
corse dal Principe consapevole dell’importanza fondamentale del suo compito di
messaggero, oltre che di gnomo scrittore, uscendo dal grande portone del Regno
Bianco. Prese nuovamente la porta segreta del Regno di Nessuno e raggiunse il
palazzo del principe Christian.
Fu presto nelle sue stanze, ma prima di lasciargli la lettera tra le mani ebbe cura
di dirgli questo:
“Nobile Principe, nonostante non abbia udito una parola uscire dalla bocca della
Principessa Aida, i suoi occhi hanno parlato incontrovertibilmente. Mi hanno
confessato che lei è perdutamente innamorata di un Principe raro!”.
Poi pose il biglietto bianco avvolto nel nastro di seta verde, ai suoi piedi. E lo
lasciò solo.
…
Mentre il principe ancora non aveva conoscenza di ciò che la lettera contenesse,
la principessa non faceva che pensare a lui. Attendeva il giorno in cui l’avrebbe
visto vicino a lei, attendeva il giorno in cui avrebbe potuto abbracciarlo.
La principessa era ormai persa! Non c’era modo per farla tornare indietro:
doveva necessariamente iniziare a percorrere la strada che porta al regno di
Nessuno, perché solo così avrebbe potuto abbracciare il suo Principe raro. Sarebbe
stato un lungo e faticoso cammino, ma a lei non importava. Avrebbe fatto
qualunque cosa.
Perciò decise di partire col suo cavallo bianco e poche altre cose necessarie per il
viaggio.
Immediatamente iniziò i preparativi.2
Il principe Christian prese la lettera dallo gnomo Irpus e iniziò a leggerla. Non
disse nulla: una nuvola bianca lo avvolse e Irpus non poteva più vederlo. Il principe
voleva godere di ogni parola, senza che nessuno lo potesse disturbare, senza che
nessuno gli potesse rubare quell’attimo che apparteneva solamente a lui. Appena
finito di leggere la lettera, la nuvola bianca svanì, e Irpus poté nuovamente vedere
il principe. Aveva il viso piuttosto serio; si alzò, uscì dal palazzo reale, camminò per
un sentiero tra le montagne, fino ad arrivare ad un monastero benedettino dove
vigeva l’osservanza assoluta alla regola del silenzio. In questo monastero, i monaci
non parlavano mai; solamente la domenica, dopo pranzo, erano concesse nel
pomeriggio tre ore di pausa all’osservanza della rigida regola, e i monaci potevano
conversare fra di loro. Il principe arrivò al portone, bussò e gli fu subito aperto; fece
cenno di volere una cella e un abito da monaco. Lì si rinchiuse per tre giorni e per
tre notti, pregò, ascoltò tutte le funzioni religiose dei monaci e digiunò. Il terzo
giorno, si recò nella biblioteca del monastero e incominciò a disegnare un anello,
l’anello di fidanzamento per la principessa Aida. L’anello era piatto, non
rotondeggiante, leggermente più largo di una classica fede. Disegnò l’incisione di
una stella, il simbolo di Maria, Nostra Mamma Celeste, poi disegnò il simbolo della
spada di San Giacomo, e infine la croce cosmica di Gerusalemme. Tra ogni simbolo,
il principe disegnò l’intarsio di tre pietre preziose: il rubino, il simbolo della
passione, lo smeraldo, il simbolo della speranza, e il diamante, il simbolo della
perfezione e della Luce Divina. Ai bordi, scrisse, nella parte rivolta internamente,
“Ti Amo Principessa Aida, Ogni Attimo nell’Infinito”. Nella parte esterna, affinché
l’incisione potesse guardare l’universo, “Due cuori, la Luce, un Solo Cuore”.
All’interno dell’anello, il principe disegnò l’incisione del suo nome -‐‑ “Principe
Christian” -‐‑ col suo stemma reale, che raffigura tre spade, simbolo della triplice
alleanza: uomo, donna, Dio, e una stella, simbolo della protezione Materna. Fece
incidere anche una data, il 13 luglio 2010, e al suo fianco l’incisione di una
conchiglia, simbolo del cammino di Santiago de Compostela. Finito il disegno,
arrotolò il papiro, salutò con un cenno il priore, si tolse la tonaca, si mise i suoi abiti
da principe e uscì fuori, dove ad aspettarlo c’era il suo stalliere con il suo cavallo
nero.
Il principe salì a cavallo, si recò dall’orafo più rinomato del regno e gli fece
costruire l’anello per la futura Regina Aida. Durante la costruzione dell’anello, il
principe fece incastonare su tre lati tre frammenti di pietra del Gulgoleth “skull” -‐‑
dove fu crocifisso Gesù -‐‑ che era una pietra scartata dai costruttori. Questi
frammenti gli furono donati in sogno da San Francesco d’Assisi, e nell’anello hanno
il significato di essere testata d’angolo, roccia, dove costruire l’amore eterno, che
nessuna tempesta potrà mai travolgere. Appena finito l’anello, il principe lo avvolse
in un panno di velluto color porpora, ordinò la realizzazione di una cassa d’oro a
forma di stella e in ogni punta fece incastonare tante pietre di differenti colori, come
l’arcobaleno. Dentro la stella, nel guscio di una conchiglia rivestita internamente del
più soffice velluto color porpora, il principe fece posare l’anello di fidanzamento.
Quindi chiamò il comandante della fanteria e gli disse di preparare 500 cavalli neri
da dare in dono alla principessa. Il principe decise di regalarle i cavalli purosangue
arabi di colore nero, perché sapeva che lei avrebbe contraccambiato, per etichetta,
con 500 cavalli bianchi. Il nero attira la luce, il bianco scaccia la luce. Il principe
adorava il nero, perché aveva sete di luce. I maghi del regno di Christian vedevano
bene questo abbinamento, perché uno completava l’altro: erano due poli opposti e
si attraevano. Ma qualcosa li turbava: l’allineamento delle stelle non era perfetto,
qualcosa di catastrofico poteva accadere: era a rischio la nascita dell’erede al trono.
Non fecero parola col principe, perché sapevano che lui voleva vivere un amore
puro e non gli interessava cosa le stelle gli potessero dire; lui già sapeva ciò che
voleva, aveva deciso. Adesso tutto era nelle mani della principessa Aida. Il principe
Christian chiamò il generale in carica della difesa del regno e gli affidò la missione
dell’amore. Un esercito di 10.000 cavalieri si doveva dirigere al castello della
principessa Aida, vestiti con la divisa elegante, che usavano in occasione dei grandi
eventi del regno. La missione era scortare l’anello, ed evitare incursioni di esseri
maligni, di regni invidiosi, ché una simile unione non avrebbe certo portato
benessere per alcuni. Il principe, inoltre, sapeva che i terribili cavalieri della paura
lanciavano dubbi e perplessità su questa missione, il che avrebbe potuto
scoraggiare le truppe. Per questo motivo, decise di montare sul cavallo nero e
prendere il comando dell’esercito. Con lui fece viaggiare anche tutta la corte e uno
squadrone di 70.000 fanti, 30.000 cavalieri, più 20.132 persone che si dovevano
occupare dell’organizzazione del montaggio delle tende e della cucina. La cucina
era la tipica sarda: uno dei piatti che i 130.132 assaporavano ogni giorno, erano i
ravioli di ricotta, conditi con olio d’oliva sardo e pecorino sardo. La mamma del
principe, la regina Marinella, era anche lei in viaggio. La regina Marinella
presiedeva il club reale dei maghi, e già fece la sua profezia al regno, annunciando
presto la nascita di un erede maschio per il 12 dicembre del 2011.
Il regno della principessa Aida era molto lontano, e bisognava attraversare molte
vallate. In una vallata, una squadra della cavalleria avvistò i cavalieri della paura
appostati a circa 25 km, pronti per fare un’incursione a sorpresa. Subito fu
informato il principe Christian, che radunò i suoi migliori dodici cavalieri, e decise
di affrontarli senza far intervenire la cavalleria reale. Si diresse con il suo
purosangue nero verso i cavalieri della paura. Appena questi lo videro, sbiancarono
ma non scapparono. Incominciarono a lanciare le paure, che consistevano nei dubbi
sulla missione: che la principessa Aida non avrebbe retto alla realtà, per lei era pura
fantasia, un gioco; lei oramai giocava, era un suo meccanismo di difesa. Le sue
delusioni le avevano fatto credere che l’amore non esisteva, e non ci credeva, ma le
piaceva giocare, stuzzicare e vedere se qualcuno era come lei immaginava e voleva.
Il principe Christian si fermò ad ascoltare: il vento freddo soffiava forte, e si dovette
avvolgere nel suo mantello nero. Guardò con occhi di ghiaccio i cavalieri della
paura, ordinò ai suoi dodici uomini di rimanere fermi e si diresse con passo calmo e
sicuro verso i cavalieri della paura, che erano 666. Li guardò uno per uno, con occhi
glaciali, si fermò e disse loro: “Ciò che dite può essere vero, chi può dire il
contrario? Ma voi non esistete, voi siete dei fantasmi, non siete realtà; siete
solamente una proiezione di una possibile vera realtà prossima, ma ancora non si è
realizzata, e forse non si realizzerà mai. Voi non esistete, io non posso combattere
contro coloro che non esistono, per cui sparite dalla mia vista immediatamente!”.
Quelle parole furono trasportate con violenza dal vento, che era arrabbiato contro
quegli esseri contro cui nulla poteva fare; ma le parole erano delle armi fortissime, e
quando le sbatté con la stessa forza di un’onda che s’infrange su una roccia, i 666
cavalieri della paura si coprirono con i loro mantelli grigi. Nulla però poterono fare
contro la forza del verbo, e si sgretolarono diventando polvere che il vento pronto
disperse negli inferi, dove potessero bruciare eternamente. Così il principe
Christian, con i suoi dodici cavalieri, fece ritorno al suo esercito senza che nessuno
si accorgesse di niente.
Finalmente arrivarono alle mura del Regno Bianco: l’esercito s’accampò fuori
delle mura. Il principe Christian riunì i suoi dodici cavalieri; misero la stella con
l’anello di fidanzamento in un carro reale totalmente d’oro e lo scortarono fin a
metà strada tra l’esercito reale e il portone del Regno Bianco. Lì, tre cavalieri
piantarono una bandiera verde, bianca e rossa, poi un’altra bandiera, la bandiera
sarda dei quattro mori, e infine la bandiera del Regno Stellato, il regno del principe
Christian, che rappresentava l’infinito stellare, dove ogni desiderio poteva
diventare realtà. Al lato destro erano ordinati, senza cavaliere e senza sella, i 500
cavalli neri.
Ad un certo punto si aprì il portone d’argento tempestato di pietre gialle, verdi e
azzurre. Uscirono dodici cavalieri, 500 cavalli bianchi e la principessa Aida. Un suo
cavaliere piantò al suolo una bandiera verde, bianca e rossa. I cavalieri rimasero
indietro, e i due principi si incontrarono nel mezzo. Prendendo subito la parola, il
principe Christian comunicò alla principessa che le aveva portato l’anello di
fidanzamento: le specificò che non si trattava di un’opera teatrale ed era libera di
accettarlo o rifiutarlo. Le disse che aveva dovuto affrontare i cavalieri della paura,
che gli avevano lanciato le sue paure, ma lui non si era fatto distrarre e loro si erano
sgretolati in polvere.
“Cara Aida, ci sono sogni che sono alla nostra portata, che possono diventare realtà; però
chi non sa chiedere, chi non sa crederci, chi non sa sperare, non li realizzerà mai, resteranno
sempre sogni. Io, principessa Aida, ci credo, ma io non sono qui per convincere nessuno; qui
ho portato un anello, simbolo di una promessa di matrimonio, per creare un nuovo regno e
diventare Re Christian e Regina Aida. Un nuovo regno che dovrà essere organizzato, per
prepararsi a nuove battaglie. Io non sono qui per portarti un regno da governare, io sono qui
per proporti la conquista di un nuovo regno, il regno dell’amore, il regno di trasformazione
da due ad uno e l’unione con Dio. Non parlo di un regno utopico, non parlo di un sogno,
parlo di una realtà. Un regno che dovrà affrontare tante battaglie; io non ti porto la
tranquillità. Io ti porto l’essenza della vita, io ti porto una spada, io ti incito alla battaglia.
Mi fermo qui, distante dalla tua porta d’argento tempestata di pietre gialle, verdi e azzurre.
Solamente tu deciderai; guarda quei due cavalli: uno è il mio, con il corpo e lo sguardo verso
l’est, è il nero; l’altro è bianco ed è il tuo, con il corpo verso ovest; i corpi si volgono in due
direzioni opposte, ma le teste sono girate e guardano nella stessa direzione, dove sorge il
sole.
Adesso ti saluto, mia principessa Aida; io rimarrò accampato fuori del tuo regno, non
entrerò; il mio cocchiere ti porterà la carrozza reale, contenente l’anello di fidanzamento, e
poi andrà via. Io aspetterò tre giorni e tre notti: se tu ti affaccerai dalle mura con l’anello al
dito, significherà che hai accettato il fidanzamento e da quel momento saremo fidanzati. Io
rientrerò con il mio esercito al mio regno, per pubblicare l’evento, cosa che dovrai fare anche
tu nel tuo regno. Ma se tu vorrai ascoltare il cavaliere della paura, prendi l’anello e buttalo
nel fuoco, affinché nessuno possa cadere vittima dell’amore”.
La principessa Aida, con il suo cavallo bianco, rientrò nel suo Regno Bianco,
mentre il principe Christian ritornò all’accampamento ed entrò nella sua tenda
reale; lì c’era una Cappella ed egli vi andò a meditare, a parlare con Gesù, a trovare
conforto, perché vi era la possibilità che la principessa Aida rifiutasse la sua
proposta di fidanzamento. Invece così non fu: la principessa Aida non fece
aspettare un solo attimo il principe Christian, salì velocemente sulle mura del suo
castello bianco e infilò l’anello al dito. Un boato di gioia esplose nel regno della
principessa e nelle file dei 130.132 appartenenti al Regno del principe Christian,
accampati fuori dalle mura del Regno Bianco. Iniziarono i festeggiamenti e i
preparativi per il matrimonio.
3La principessa Aida, incantata da quella visione che visione non era più, visto e
importante per la stabilità del suo regno negli anni a venire. Anche la principessa
Aida aveva la necessità di conquistare una terra, la Terra della Giustizia. Da sei
anni era in guerra, ma ancora non era riuscita nella sua impresa. Il principe
Christian consigliò alla principessa Aida di aggirare il nemico e sorprenderlo alle
spalle: vi era un accesso che egli conosceva per sentito dire.
Il principe decise di inviare undici cavalieri in ricerca della valle nascosta. Una
volta che la valle fu scoperta, egli studiò un piano d’attacco per la principessa, la
quale ne fu entusiasta e decise di unirsi alla spedizione del principe. Infatti, la terra
che la principessa doveva conquistare confinava con la terra che doveva
conquistare il principe. La principessa e il principe stavano decidendo se vivere
nella stessa tenda, o in due tende separate. Questo era il tema della riunione. Anche
la principessa Aida fu invitata alla riunione nella Tavola Rotonda. Il principe della
Luce prese la parola e si oppose fermamente ad una vita comune prima del
matrimonio. Il principe Christian lo ascoltò con grande attenzione e voleva seguire
attentamente i consigli del principe della Luce. Il principe della Paura lanciava
continuamente le sue preoccupazioni, e insisteva sul fatto che, prima del
matrimonio, i due principi si dovessero conoscere, per cui era importante iniziare a
vivere insieme. Il principe della Paura non diceva ciò che era giusto, lanciava solo
paure, sia per una convivenza, sia per una vita separata e casta. La principessa Aida
ascoltava con attenzione il principe della Paura. Il principe del Coraggio incitava a
tener fede ai principi, ma le sue parole si confondevano nel definire ciò che era
coraggio. Era coraggio vivere insieme e affrontare la vita a due, oppure era
coraggio vivere separati? Il principe della Saggezza insisteva nel prendere esempio
dal passato, ma il passato offriva storie contrastanti di successi e fallimenti e
rendeva difficile capire la via saggia da seguire. L’unico a favore per una
convivenza era il principe delle Tenebre, che sputava in continuazione il suo alito
pesante e pieno di vermi che uscivano dalla sua carne in perenne putrefazione. Il
principe delle Tenebre, però, si rafforzava nella confusione, diventando più
piacevole alla vista: la sua carne sembrava guarire. Il principe della Luce non
poteva che guardare e insistere sulla via della speranza, della fede.
La riunione finì senza una decisione, se non quella che la principessa Aida si
unisse nella spedizione per la conquista della Terra della Giustizia, per cui decise di
recarsi insieme al suo esercito nell’accampamento del principe Christian, e da lì
sferrare gli attacchi per la conquista della terra agognata.
La principessa Aida venne in groppa al suo cavallo bianco, con il suo esercito.
Un gatto nero attraversò il viale, prima dell’entrata della principessa Aida e del suo
esercito. La principessa Aida odiava i gatti, ma non ne sapeva spiegare la ragione:
al solo vederli inorridiva e incominciava a sudare freddo.
Il principe Christian avrebbe voluto vivere separato prima del matrimonio, che
si sarebbe dovuto celebrare il 25 luglio del 2011. Era la fine di settembre del 2010: la
voglia di vivere insieme era così forte, che così fu. Fu un amore travolgente e
passionale, e l’unione dei corpi arrivò prima del matrimonio. Il principe Christian
non voleva che la principessa Aida rimanesse incinta prima del matrimonio, per cui
facevano l’amore solamente nei periodi non fertili; ma la passione incontrollabile
della principessa a volte si scatenava anche nei periodi fertili.
Il giorno delle nozze si avvicinava velocemente e i due regni si preparavano al
grande evento. Sia il principe Christian che la principessa Aida ottenevano ogni
giorno vittorie rispettivamente nel campo della Ricerca e della Giustizia. Il principe
Christian, inoltre, era stato contattato da un regno con postazioni avanzate, e gli
avevano chiesto un’alleanza speciale nella Ricerca che sarebbe durata tre anni. Il
principe ne era entusiasta, per cui decise di prendere un castello nella nuova terra
che stava cadendo sotto il suo controllo e andò a vederlo insieme alla principessa.
C’era un fiume da attraversare: la scorta reale, il principe Christian e la principessa
Aida -‐‑ rispettivamente in groppa al proprio cavallo, nero e bianco -‐‑ mentre
cercavano un punto dove l’acqua fosse più bassa per poterlo attraversare, videro
davanti a sé passare una barca funebre con sopra una bara vuota. Nel mentre, il
comandante della cavalleria Reale avvisava la coppia reale di aver trovato un punto
dove era possibile attraversare il fiume. Il castello era proprio lì davanti. Non era
bello come le residenze rispettive dei regni d’appartenenza dei principi, ma
comunque rispondeva alle future esigenze della coppia reale. I principi entrarono e
il castello fu fatto visitare dal maggiordomo, un uomo sulla sessantina d’anni, che
da oltre venti si occupava e viveva nel Castello della Torre -‐‑ così era chiamato, per
la sua altezza. Il Castello della Torre era molto bello, particolare: le sue torri erano
alte e strette, servivano per poter meglio osservare la valle. Aveva anche un
planetarium, da dove si potevano osservare le stelle. Non mancava ovviamente una
biblioteca con oltre 100.000 volumi.
Nel mentre che ci addentravamo al suo interno, si faceva sempre più forte
l’odore della morte. Il principe Christian si rivolse al maggiordomo chiedendogli
spiegazioni. Il maggiordomo spiegò che i vecchi proprietari avevano dimenticato
della carne che andò in decomposizione, e da giorni cercavano di far andar via
l’odore acre della morte, ma non era semplice. Il principe Christian aveva lo
sguardo pensieroso e preoccupato: pensava a ciò che potevano rappresentare la
barca funebre con una bara vuota e l’odore della morte. Il Castello della Torre
occupava un punto strategico, e corrispondeva alle future esigenze della coppia. La
principessa Aida non voleva il Castello della Torre, lei in cuor suo desiderava che il
principe si trasferisse nel suo regno. I principi andarono via e rientrarono nel loro
accampamento. Il principe Christian decise alla fine di rinunciare al Castello della
Torre, per non contrariare la principessa Aida, ma soprattutto perché aveva un
brutto presentimento e non voleva che qualcosa di male potesse accadere alla sua
amata. Ciò non lo rese felice: significava rinunciare al Progetto di Ricerca.
Un mese dopo, circa il 19 marzo del 2011, la principessa rimase incinta. Il
principe era entusiasta, e la principessa Aida decise che il nuovo erede si sarebbe
dovuto chiamare come il suo amato principe: Christian Marie. La data del parto era
prevista per il 12 dicembre del 2011, come la regina Marinella, madre del principe
Christian, aveva profetizzato.
Tutto era pronto per le nozze: in aprile i due principi firmarono gli ultimi
documenti e la data delle nozze fu pubblicata nei rispettivi regni, come prevedeva il
protocollo. Tutto andava secondo i piani: entrambi i principi ottenevano importanti
vittorie nelle rispettive battaglie, nessuno si era opposto alle nozze e tutto sembrava
perfetto. Però qualcosa non andava bene, la principessa Aida era turbata. Il principe
pensava che la causa di tutto ciò fosse l’ultima battaglia che la principessa doveva
affrontare per conquistare la terra della Giustizia. L’ultima battaglia era molto
impegnativa, e se non fosse riuscita sarebbe stato un altro anno d’insuccessi. Il
principe Christian la tranquillizzava, ma ciò non placava le turbolenze dell’anima
della principessa Aida. Il principe non sapeva come tranquillizzarla, erano i primi
giorni di maggio, e soprattutto era preoccupato per il piccolo Christian Marie;
consigliò alla sua futura sposa, su pressione anche dei genitori della principessa, di
rientrare nel suo regno. Essi l’avrebbero potuta tranquillizzare, e sarebbe potuta
ritornare i primi di giugno, pronta per lo scontro finale.
Così fu; la principessa Aida rientrò nel suo regno, ma fece ciò che di più grave
può fare la donna: ammazzò il piccolo Christian Marie, abortì. Il cielo divenne
grigio e il sole si nascose, voleva illuminare l’arrivo del piccolo Christian Marie in
Paradiso. Le nubi erano grigie e chiunque alzasse lo sguardo al cielo s’intristiva,
mentre dall’altra parte, le nubi erano bianco splendente, così bianche che non si
potevano guardare. Il principe Christian, informato dell’accaduto, cadde in un
grande sconforto. Non la vide più. Poco importa sapere che la principessa Aida
conquistò il Regno della Giustizia e che il Principe Christian conquistò il Regno
della Ricerca.
Il principe Christian soffrì tantissimo, pianse fino ad esaurire le lacrime. C’era
solo un modo affinché il piccolo Christian avesse giustizia: scrivere questo libro,
non per vendetta, ma per non dimenticare. Per esprimere la propria rabbia verso un
figlio negato. Per esprimere il perdono alla principessa Aida. Per esortare gli
uomini a non praticare l’aborto. Per dare un senso alla morte del piccolo Christian
Marie. In cuor suo, il principe Christian voleva fare in modo che venisse
riconosciuto il diritto alla vita di un embrione e il diritto a essere padre, affermando
la condanna dell’aborto con il massimo della pena, dichiarandolo quindi omicidio
volontario.
Il libro commosse il Re dell’Universo, il quale mandò a sostegno del principe
Christian 72 legioni di Angeli, affinché potesse sostenere la guerra sul diritto alla
vita. La guerra fu subito vinta: tutti capirono che l’aborto è un crimine contro
l’intera comunità; i loro cuori vennero toccati dall’Amore del Re dell’Universo, Dio,
e nessuno volle più abortire. E così vissero tutti felici e contenti. Il Re dell’Universo,
commosso, decise d’inviare pace e prosperità a tutti i popoli della terra.
CAPITOLO IV -‐‑ Christian e Aida
Io ed Aida vivevamo a Salamanca dalla fine di settembre del 2010. Io, come ho
già scritto, ero stato selezionato per il Master ufficiale in Neuropsicologia presso la
facoltà di Psicologia dell’Università di Salamanca. Il Master ufficiale dà diritto a
poter proseguire gli studi con un dottorato di ricerca. Aida invece, ad ottobre del
2010 iniziò un master proprio presso la facoltà di Giurisprudenza dell’Università di
Salamanca. Io avevo trovato e consigliato ad Aida questo master dal titolo: “Máster
en derecho español para juristas estranjeros”. Superare il master dava l’opportunità di
ottenere il riconoscimento della laurea italiana in Spagna, e così Aida aveva
l’opportunità di iscriversi all’albo ufficiale degli avvocati in Spagna senza sostenere
l’esame di abilitazione. Infatti in quell’anno ancora non era entrata in vigore la
legge che prevedeva l’esame di abilitazione per poter praticare la professione
d’avvocato. Aida si è laureata a ventitré anni, ma da sei anni cercava di superare
l’esame d’abilitazione come avvocato in Italia, senza successo, e ciò, a suo dire,
ovviamente l’aveva portata verso la depressione, verso la ricerca di un’alternativa
al proprio futuro. Aida, e ogni persona che è laureata in Giurisprudenza in Italia, sa
che l’esame d’avvocato non è semplice e purtroppo, a dire degli aspiranti, è una
questione di conoscenze e non di capacità.
Le energie di Aida si erano concentrate nella scrittura, ma nonostante le grandi
capacità, anche in quel settore non si sentiva né carne né pesce, perché essere
giornalisti -‐‑ ciò a cui ambiva -‐‑ non è così semplice. Io avevo consigliato ad Aida di
chiudere il primo cerchio: diventare avvocato. Se avesse superato il master, si
sarebbe potuta iscrivere all’albo degli avvocati spagnoli e dopo tre anni, se operava
anche in Italia, avrebbe potuto ottenere l’iscrizione all’albo italiano. In ogni caso,
poteva andare nei tribunali ed essere chiamata “avvocato”, non per una questione
d’importanza, ma per poter svolgere il suo lavoro come tale. L’importante era
chiudere un ciclo; se non avesse voluto in seguito lavorare come avvocato, sarebbe
stata una sua decisione e non una situazione imposta da un destino avverso, “made
in Italy”. Ciò che viveva Aida è comune in Italia a tanti giovani, che si ritrovano
non solo in una situazione economica non florida, ma anche in un sistema sociale
che seleziona non per le capacità, bensì con un metodo paragonabile alle caste
indiane. Ovviamente non è sempre così, ci sono le eccezioni, eccezioni che
purtroppo confermano la regola. Il mio consiglio fermo per Aida fu: “Prendi
l’abilitazione, poi sarai libera di decidere; sarai tu a decidere se lavorare come
avvocato oppure no. Potrai fare anche la casalinga, ma sarà perché l’hai scelto tu!”.
Per Aida non fu semplice: ha dovuto imparare lo spagnolo, e dedicare molte ore
allo studio, senza sapere se poi avrebbe potuto superare il master. Alla fine del
master, per ottenere il riconoscimento, avrebbe dovuto sostenere dieci esami in uno
-‐‑ modalità tipo test -‐‑ e superarli tutti e dieci; il non superamento anche di solo un
esame, significava non ottenere il riconoscimento. Ciò era come una spada di
Damocle, e doveva vivere con queste ansie, paure di poter nuovamente fallire.
Io cercavo in continuazione di tranquillizzare Aida, e le spiegavo che anche se
avesse fallito non era un problema, avrebbe potuto iscriversi all’università l’anno
successivo e preparare gli esami con più tranquillità. Ovviamente so e sono
consapevole che non è semplice accettare ciò, ma il nostro pensiero deve andare
oltre il problema e costruire mentalmente la nuova possibile realtà, nel caso in cui le
nostre aspettative non vengano raggiunte. Abbiamo il potere dell’immaginazione,
possiamo creare realtà che a noi possono piacere o no. Poi dobbiamo lasciarle lì,
prendere la propria spada e andare a combattere le nostre battaglie quotidiane.
Ogni battaglia vinta ci aiuta ad avvicinarci alla meta e ogni battaglia persa, è
solamente una battaglia persa, non la guerra. Bisogna rialzarsi e riprendere in mano
di nuovo la spada. Le piccole vittorie, la determinazione, sono il cammino che ci
porta alla vittoria. Una meta può essere lunga, 30 km per esempio, ma non
dobbiamo pensare che è impossibile; bisogna camminare, ogni passo è un
avvicinamento alla nostra meta. La vita in alcuni periodi non è semplice; molte
volte dobbiamo però lasciarci andare a lei, e arriveranno tempi migliori.
Per Aida non fu così, nonostante il nostro futuro sarebbe potuto essere
fantastico. Nel mese di marzo Aida rimase incinta; io ero felicissimo, lo avevamo
voluto fare insieme, ed eravamo contenti del grande dono che Dio ci fece. Io dentro
di me sapevo che era maschio, ma vi era anche la possibilità che fossero gemelli.
Avevamo già fatto il corso prematrimoniale ed espletato quasi tutte le pratiche per
convolare a nozze il 25 luglio 2011.
Nel mese di aprile, Aida incominciava a dare i primi segni di cedimento: paure
di vario genere, e nulla avrebbe potuto calmarla. Potrei elencare i problemi o
preoccupazioni, ma che senso avrebbe? Nel momento in cui si pensa di avere un
problema, è inutile dire che non è un grosso problema, perché ciò dipende anche da
una valutazione personale, da come lo si vive. Mi ricordo che durante il mese di
marzo mi proposero il dottorato di ricerca presso l’ospedale di Zamora nel reparto
psichiatrico, con i bambini affetti da ADHD (Sindrome da deficit d’attenzione e
iperattività). Trovai una casa molto bella a Zamora: un attico su due piani, due
bagni, due stanze da letto, in centro, completamente arredato con gusto, mobili
nuovi, il garage e uno scantinato, a soli 450 euro al mese. Lo feci vedere ad Aida, ci
accompagnò il titolare dell’agenzia. Eravamo fermi al semaforo, e ci passò davanti
un carro funebre vuoto; Aida, che è un po’ superstiziosa, mi guardò preoccupata: io
sorrisi. Quando arrivammo, la casa era veramente bella e il prezzo irrisorio;
aleggiava solamente un odore acre di morte. Il proprietario dell’appartamento
aveva dimenticato carne nel congelatore, lo aveva staccato per farlo sbrinare, ma
nonostante già fosse tutto pulito e in ordine, l’odore era forte. Aida era contraria a
prendere questa casa, forse in cuor suo voleva rientrare in Italia, mentre io volevo
continuare la ricerca: era un modo anche per poter aver maggiore esperienza, in
quanto avrei lavorato in ospedale. Io oramai avevo già deciso: mi fermava Aida, e
l’odore acre di morte che mi faceva paura. Avevo una strana sensazione, e così alla
fine non la prendemmo. Nel mese di aprile andammo in Italia e firmammo al
Comune la promessa di matrimonio. Devo dire che pensarci, anche oggi a distanza
di nove mesi, mi emoziona.
Ai primi di maggio del 2011, Aida continuava a non stare bene; eravamo tornati
da poco in Spagna, e i suoi genitori consigliarono di rientrare in Italia. Io consigliai
ad Aida di rientrare per alcune settimane e ritornare a Salamanca a metà giugno
per l’esame, così avrebbe avuto il conforto della sua famiglia e potuto meglio
concentrarsi sull’esame; ma mi sbagliavo. Ero preoccupato, e volevo che stesse bene
lei e il piccolo Christian Marie -‐‑ così Aida voleva chiamare il bambino, gli voleva
dare il mio stesso nome. Avremmo dovuto fare anche un pellegrinaggio a Fatima in
Portogallo, per chiedere alla Vergine di Fatima l’intercessione per i nostri esami.
Aida rientrò in Italia, io rimasi in Spagna e il 12 maggio mi recai a Fatima. Fu in
quei giorni che Aida decise di abortire senza dirmi assolutamente nulla. Io,
nonostante il grande sconforto, perché ancora non era chiaro cosa Aida avesse fatto,
chiesi alla Vergine di poter aiutare Aida a superare l’esame spagnolo per il
riconoscimento del titolo di laurea in Giurisprudenza e le promisi, in cambio, che le
avrei donato l’orologio -‐‑ un Baume&Mercier -‐‑ che i genitori di Aida un mi avevano
regalato per Natale.
Aida purtroppo aveva abortito, senza dirmi niente: né quando, né come, né
dove. Non la rividi più. Io subii un grosso trauma, ma nonostante tutto riuscii a
trovare la forza di continuare il master; oramai mi mancava solo la tesi, che avevo
già scritto, e la difesa davanti al tribunale Universitario.
Aida rientrò a Salamanca con i suoi genitori per dare l’esame, io preferii andare
via e rientrare in Italia; non ero pronto per vederla e preferivo in cuor mio che lei
passasse l’esame. Così fu: Aida passò l’esame e adesso è avvocato. Il 25 di giugno
circa, difesi la mia tesi e andò tutto bene. Adesso ero anche neuropsicologo: mi
sentivo nuovamente libero, assaporavo questa grande libertà, ma in cuor mio ero
distrutto. Avevo perso mio figlio e ciò oscurava tutto. Decisi di ripartire; sentii il
mio amico Alessandro a Leeds: mi aiutò a cercare una casa e così partii per
l’Inghilterra, nel West Yorkshire, a Beeston, Leeds. Alessandro capì subito la mia
situazione; purtroppo anche lui aveva subito lo stesso trauma: per coincidenza,
anche la sua fidanzata era avvocato. Rimase incinta; Alessandro era felice, ma lei un
giorno partì per alcuni mesi, rientrò nel suo paese di origine, abortì senza dire
niente e tornò a Leeds come se nulla fosse.
CAPITOLO V -‐‑ L’aborto
“L’aborto è l’interruzione prematura della gravidanza, che può avvenire per cause
naturali o volontariamente. Può essere quindi indotto, oppure spontaneo: consiste nella
rimozione o l’espulsione dall’utero di un feto (così chiamato dopo il 60º-‐‑70º giorno dal suo
concepimento, quando ha già gli organi, le forme e le caratteristiche della specie), o
dell’embrione (organismo pluricellulare non dotato tuttavia di tutti gli organi di un essere
già formato)”.
(Grimes et al. 2006).
Secondo il punto di vista psicologico, vi sono evidenziati “i sentimenti ambivalenti
d’accettazione e rifiuto nei confronti del nascituro, che causano situazioni conflittuali la cui
gravità è in relazione all’accettazione individuale e sociale dell’aborto. È frequente che il
ricordo di aborti provocati in epoca lontana e superati apparentemente senza difficoltà
ricompaia carico di sensi di colpa in occasione di episodi depressivi. Esiste infine una nevrosi
d’aborto in donne che rimpiangono di aver compromesso con l’aborto la possibilità di
ulteriori gravidanze”.
(Galimberti 2006, p.4)
La seguente definizione è molto esplicita e chiara: “L’aborto è il procedimento
volontario che interrompe lo sviluppo del bambino durante la gravidanza nell’utero
materno, attuato con lo scopo di sopprimere la vita. Aborto significa l’espulsione di un feto o
embrione vivo da una donna allo scopo di sopprimerlo”.
(Legge francese del 1975 sull’aborto)
Nel mondo si verificano circa 205 milioni di gravidanze: oltre un terzo sono
involontarie, e circa un quinto finisce con l’aborto (Cheng, 2008). Quindi significa
che in un anno si hanno circa 41 milioni di interruzioni di gravidanza; cioè, ogni
minuto si hanno 78 aborti, la media è di 1,3 al secondo. Un genocidio. Senza parole,
solo le lacrime agli occhi possono esprimere la mia tristezza e rivivere appieno il
mio dramma personale di padre a cui è stato negato un figlio.
Mi chiedo e mi sono chiesto in continuazione, dal principio, che tipo d’aborto
abbia fatto Aida. Com’è successo? Ma mi sono anche chiesto da subito che senso
aveva sapere come l’ha fatto; dicevo e ripetevo a me stesso che non aveva senso
sapere, era solamente un’azione autolesionistica, una maniera per soffrire di più.
Eppure, nonostante ciò, avevo bisogno, avevo bisogno di sapere: come, perché,
quando, dove, con chi. Io contro l’aborto, io per la vita, io con Dio, mi sentivo una
freccia in gola, bloccato. Non potevo più parlare, non potevo più dire niente, non
potevo più fare nulla. Vivevo quei momenti assorto, in una realtà che era irreale e
non ci credevo ancora, non era possibile. Alcune volte pensavo che forse era tutto
uno scherzo, forse Aida mi aveva fatto uno scherzo, una prova d’amore, e allora mi
veniva voglia di chiamarla, di pensare di riabbracciarla e di dirle quanto l’amavo.
Era difficile per me separare la sofferenza di aver perso un figlio e la sofferenza di
aver perso anche l’amore. Una donna, che non nego di aver amato tantissimo.
Nonostante ciò, non riuscivo a provare un sentimento di tristezza per Aida, non ci
riuscivo; il dolore per la perdita del piccolo Christian Marie era così immenso da
offuscare la mia sofferenza per la mancata mamma e moglie. Volevo sapere dov’era
mio figlio, dove era finito; era stato sepolto? Com’era? -‐‑ no, no… il solo pensiero mi
fa star male. Sono passati già otto lunghi mesi, e diciamo che un piccolo
miglioramento ce l’ho: riesco a scrivere, per lo meno. Prima era impensabile, non
riuscivo a scrivere le mie emozioni, solo il pianto era possibile.
Mi ritorna in mente: come sarà successo? Faccio le mie ricerche perché voglio
cercare di capire come si pratica un aborto. Cosa fa una donna per abortire? Ci sono
vari metodi, che si possono riassumere in: svuotamento strumentale, isterosuzione,
dilatazione e revisione della cavità uterina, dilatazione e svuotamento, induzione
farmacologica (RU486), induzione del travaglio e parto prematuro, isterotomia,
nascita parziale ecc. Edward Saking, ex P.D.G. della Roussel Uclaf, diceva della
RU486 usata per avere un aborto farmacologico: “La RU486 non è di facile uso, una
donna che voglia porre fine alla propria gravidanza con questo metodo deve
‘vivere’ col proprio feto abortito durante almeno una settimana, si tratta di una
spaventosa prova psicologica” (Guardian Weekly, 19 august 1990). Nelle prime 15
settimane si può fare attraverso il metodo d’aspirazione. Decido di ritornare a
leggere ciò che lessi in alcuni siti web, per caso, digitando la parola “aborto” nel
motore di ricerca Google; mi è apparso un risultato che faceva riferimento ad un
video su Youtube, decido di guardarlo: è la prima volta. Il metodo utilizzato è
dilatazione e aspirazione. Si vede la donna che entra: ha un grembiulino celestino
chiaro e una cuffia verdina; è accompagnata da un’infermiera, divisa azzurra,
mascherina al viso, cuffia verdina: è l’angelo della morte. La mancata mamma ha
un sorrisino in viso, come se rasentasse un’incredibile felicità, ma le si legge in
faccia che è un sorrisino di nervosismo; infatti in un secondo diventa seria: la fanno
coricare nel lettino e divaricare le gambe, che vengono sostenute da delle forcelle.
Le mettono delle lenzuola verdi sulle gambe e sulla pancia, le tolgono il
grembiulino: rimane solamente visibile l’apparato femminile, la porta della vita,
che ahimè oggi è la porta della morte. Arriva il medico della morte: sembra quasi
tutto di routine, abituato a questi interventi.
Io ho un nodo in gola, un nodo anche allo stomaco, e una voglia di vomitare. Il
medico della morte disinfetta con alcool iodato la zona vaginale, i peli del pube
sono completamente rasati; le viene infilato uno speculum per tenere divaricate le
pareti della vagina, affinché si possa vedere chiaramente il collo dell’utero. La
mancata mamma, nei fotogrammi precedenti, appariva seria, con gli occhi chiusi e
penso a ciò che starà pensando lei; “Si rende conto di ciò che fa?” mi chiedo. Il
Dottor Morte fa due iniezioni all’interno della vagina, una nel lato destro e una nel
lato sinistro: si tratta dell’anestesia. Il canale vaginale è ben dilatato grazie anche al
tenaculum, che tiene a posto il collo dell’utero. Il collo dell’utero viene ancor di più
dilatato grazie a degli strumenti chirurgici chiamati dilatatori, fino a farlo aprire a
sufficienza e poter infilare l’estremità dell’aspiratore, il quale produce un vuoto e
risucchia il tessuto fetale dalle pareti dell’utero. L’aspirazione dura in questo caso
circa tre minuti, ma generalmente richiede dai due ai cinque minuti. Si sentono dei
guaiti della mamma assassina durante l’aspirazione: anche se è stata fatta
l’anestesia, la donna percepisce dei crampi mestruali forti. La donna contrae le
gambe dal dolore, si vede il sangue passare nella cannula d’aspirazione e finire
dentro una bottiglia. Il medico della morte si accinge a infilare nel collo dell’utero
batuffoli di cotone, che vengono estratti gonfi di sangue; controlla che tutto vada
bene. Son passati nove minuti da quando la mancata mamma è entrata: è tutto
finito. Un omicidio filmato, pubblico, e sotto la scritta:
“In questo video viene mostrato un vero intervento di interruzione volontaria di
gravidanza effettuato nelle prime settimane di gestazione, con il metodo della dilatazione e
dell’aspirazione. Come si può vedere nessun bambino viene fatto a pezzi. Nessun bambino
potrebbe entrare dentro una sottile e stretta cannula di plastica morbida, nessun bambino
potrebbe entrare in una cannula”.
(http://www.youtube.com/watch?v=H_-‐‑MEshSwGM&feature=related)
Mi chiedo se è normale scrivere ciò; fin dalle prime settimane è un embrione, è
una vita, il suo corso è già iniziato, esiste. È piccolo, è vero, i primi 15 giorni misura
circa 1,5 mm e verso i 30 giorni misura circa 5 mm.
Adesso mi viene però il desiderio di sapere com’è la nuova vita a otto settimane
di gestazione, come il piccolo Christian, Marie e che tipo d’aborto sarà stato fatto.
Il piccolo Christian Marie è stato privato della sua vita verso il 13 di maggio del
2011, quindi alla nona settimana di gestazione; purtroppo non mi è stata mai
comunicata la data esatta. Cerco nella mia libreria i vecchi libri della psicologia
dello sviluppo, e lì rimango in silenzio nel leggere lo sviluppo prenatale. Il piccolo
Christian Marie misurava circa 2,5/3 cm, si stava formando il viso con gli occhi
rudimentali, orecchie, bocca e le radici dei denti. Le braccia e le gambe si
muovevano, si stava formando il cervello, il battito del cuore si poteva già ascoltare
con gli ultrasuoni. Aveva appena finito lo sviluppo embrionale, era diventato un
feto.
Vicino al video dell’aborto, ce n’è un altro; leggo: un’autopsia di una donna.
Sono incuriosito e lo guardo. C’è una donna sdraiata su un lettino, ha al braccio
ancora gli aghi infilati: sembra che sia appena morta, ma potrebbe essere anche
viva, se non fosse che il medico legale le pratica subito due tagli obliqui dal lato del
collo, perpendicolari fino al basso ventre. La pelle della donna è abbronzata, lo si
capisce perché il seno è bianco e si scorge il segno del costume. È la prima autopsia
che vedo, ed è abbastanza forte, ma poi passa tutto, e sembra qualcosa di normale.
Un telo verde copre il viso, ma lascia intravedere la bocca. Avrà una trentina
d’anni, quaranta forse. Il medico legale sembra molto esperto, taglia con precisione
e sicurezza: sembra veramente un macellaio. Diciamo che non riesco a intravedere
differenze tra un medico legale e un macellaio. Dopo aver effettuato i tagli apre la
pelle, e un’infermiera si avvicina e fa cenno al medico di controllare il seno; così fa e
incontra una protesi per rimodellare il seno: si sente quasi una risatina, poi la
protesi le viene rimessa. In quel preciso istante mi rendo conto di come la vita corre
veloce, di come non lasciamo niente, di come tutto è nulla. In quel momento, ancor
di più, il mio pensiero rafforza la voglia di vivere, la voglia di lasciare un segno, di
lasciare amore in questa terra. Ciò, non perché si possa morire da un giorno
all’altro, perché le cose belle non si fanno nel tempo ma si fanno nell’attimo infinito.
Guardo il medico legale continuare ad aprire il corpo: si vede l’intestino, di color
rosa; tutto è fresco, tutto dà l’immagine di una morte recente, ma nello stesso tempo
sembra tutto routine, non c’e amore per quel corpo; viene smembrato senza grandi
precauzioni. Il medico legale prende delle cesoie, quasi uguali a quelle che uso in
giardino per tagliare i rami, o quelle che uso per tagliare il maialetto arrosto a
Natale, e taglia le costole affinché possa aprire la cassa toracica. Sembra quasi che
stia smontando un’auto. Le afferra il cuore e altri organi, poi velocemente solleva la
pelle del viso, lo gira, prende uno smeriglio, taglia il cranio ed estrae il cervello.
Tutto ciò in dieci minuti. Si vede sempre il braccio con gli aghi infilati, e da lì si
capisce ancora che è un corpo umano.
(http://www.youtube.com/watch?v=NJox2A1C62o&feature=related).
Non c’è assolutamente bisogno di vedere un’autopsia per capire come la vita è
nulla, è un attimo. Ciò che rimane è l’energia positiva, l’amore che abbiamo lasciato
in questa terra, che continuerà anche dopo la nostra morte. Come così anche il male
che facciamo, ahimè, rimane. Qualcuno si potrebbe chiedere come, ma per esempio
non amare un bambino quando è piccolo, maltrattarlo, gli creerà dei danni
importanti a livello cognitivo-‐‑emozionale, con conseguenze d’incapacità d’amare
quando sarà adulto. Amiamo perché abbiamo ricevuto amore, è impossibile amare
se non si è ricevuto amore.
Decido di guardare un altro video, il terzo: si tratta di un aborto per soluzione
salina. Non ho parole per descrivere ciò che ho visto, ma lo farò, le cercherò.
L’aborto per soluzione salina viene effettuato estraendo il liquido amniotico dentro
la borsa che protegge il bebè. S’introduce un lungo ago nell’addome della madre,
fino alla borsa amniotica e s’inietta una soluzione salina concentrata. Il piccolo
bambino ingerisce questa soluzione che produrrà la morte 12 ore più tardi per
avvelenamento, disidratazione, emorragia del cervello e degli altri organi. Ciò che
si vede nel video, se non è un omicidio, non saprei come definirlo. Si vede il
bambino, è dentro una sacca trasparente: sembra un uovo gigante che è tenuto con
due mani, di cui si riconosce esattamente la fisionomia; sarà lungo almeno 20 cm; io
penso che si tratti di un feto alla ventesima settimana. Viene preso nelle mani da
un’infermiera e si sente chiaramente che le dice che è vivo, e addirittura glielo porta
anche per farglielo vedere. Poi verrà lasciato su un tavolo, in attesa della morte.
(http://www.youtube.com/watch?v=p1uzPiALlRs&feature=related).
Senza parole.
Un paio di settimane fa, ebbi la fortuna di trovare nel web la storia di Gianna
Jessen, raccontata in una conferenza presso la Quenn’s Hall, a Melbourne l’8
settembre del 2008. Gianna racconta la sua storia, è una dei tanti bambini non
voluti, ma miracolosamente riesce a salvarsi dal tentativo di aborto della madre.
(http://www.youtube.com/watch?v=ZFGRiVGRFXQ&feature=player_embedded#!)
(www.youtube.com/watch?v=kCzKc_mSTlc&feature=player_embedded).
Faccio una ricerca e riesco a trovare le testimonianze di Gianna Jessen rilasciate il
22 aprile 1996 ed il 20 luglio 2000 davanti al Sottocomitato Giudiziario del
Congresso sulla Costituzione; le riporto testualmente:
“Mi chiamo Gianna Jessen. Vorrei dirvi grazie per la possibilità di parlare oggi. Non è
una piccola cosa, dire la verità. Dipende unicamente dalla grazia di Dio il poterlo fare. Ho
ventitré anni. Sono stata abortita e non sono morta. La mia madre biologica era incinta di
sette mesi quando andò da Planned Parenthood, nella California del sud, e le consigliarono
di effettuare un aborto salino tardivo. Un aborto salino consiste nell’iniezione di una
soluzione di sale nell’utero della madre. Il bambino inghiottisce la soluzione, che lo “brucia”
dentro e fuori, e poi la madre partorisce un bambino morto entro 24 ore. Questo è capitato a
me! Sono rimasta nella soluzione per circa 18 ore e sono stata partorita VIVA il 6 aprile
1977 alle 6.00 del mattino in una clinica per aborti della California. C’erano giovani donne
nella stanza che avevano appena ricevuto le loro iniezioni ed aspettavano di partorire
bambini morti. Quando mi videro, provarono l’orrore dell’omicidio. Un’infermiera chiamò
un’ambulanza e mi fece trasferire all’ospedale. Fortunatamente per me il medico abortista
non era alla clinica. Ero arrivata in anticipo, non si aspettavano la mia morte fino alle 9.00
del mattino, quando sarebbe probabilmente arrivato per il turno d’ufficio. Sono sicura che
non sarei qui oggi se il medico abortista fosse stato alla clinica dato che il suo lavoro è
togliere la vita, non sostenerla. Qualcuno ha detto che sono un “aborto mal riuscito”, il
risultato di un lavoro non ben fatto. Fui salvata dal puro potere di Gesù Cristo. Signore e
signori, dovrei essere cieca, bruciata… dovrei essere morta! E tuttavia, io vivo!
Rimasi all’ospedale per circa tre mesi. Non c’era molta speranza per me all’inizio. Pesavo
solo nove etti. Oggi, sono sopravvissuti bambini più piccoli di quanto lo ero io. Un medico
una volta mi disse che avevo una gran voglia di vivere e che lottavo per la mia vita. Alla fine
potei lasciare l’ospedale ed essere data in adozione.
Per via di una mancanza di ossigeno durante l’aborto, vivo con la paralisi cerebrale.
Quando mi fu diagnosticata, tutto quello che potevo fare era stare sdraiata. Dissero alla mia
madre adottiva che difficilmente avrei mai potuto gattonare o camminare. Non riuscivo a
tirarmi su e mettermi a sedere da sola. Attraverso le preghiere e l’impegno della mia madre
adottiva, e poi di tanta altra gente, alla fine ho imparato a sedere, a gattonare e stare in
piedi. Camminavo con un girello e un apparecchio ortopedico alle gambe poco prima di
compiere quattro anni. Fui adottata legalmente dalla figlia della mia madre adottiva, Diana
De Paul, pochi mesi dopo che cominciai a camminare. Il Dipartimento dei Servizi Sociali
non mi avrebbe rilasciato prima per essere adottata.
Ho continuato la fisioterapia per la mia disabilità e, dopo in tutto quattro interventi
chirurgici, ora posso camminare senza assistenza. Non è sempre facile. A volte cado, ma ho
imparato a cadere con grazia dopo essere caduta per diciannove anni.
Sono così grata per la mia paralisi cerebrale. Mi permette di dipendere veramente solo da
Gesù per ogni cosa.
Sono felice di essere viva. Ero quasi morta. Ogni giorno ringrazio Dio per la vita. Non
mi considero un sottoprodotto del concepimento, un pezzo di tessuto, o un altro dei titoli
dati ad un bambino nell’utero. Non penso che nessuna persona concepita sia una di quelle
cose.
Ho incontrato altri sopravvissuti all’aborto. Sono tutti grati per la vita. Solo alcuni mesi
fa ho incontrato un’altra sopravvissuta all’aborto. Si chiama Sarah. Ha due anni. Anche
Sarah ha la paralisi cerebrale, ma la sua diagnosi non è buona. È cieca e ha delle gravi crisi.
L’abortista, oltre ad iniettare nella madre la soluzione salina, la inietta anche nelle piccole
vittime. A Sarah l’ha iniettata nella testa. Ho visto il punto della sua testa dove l’ha fatto.
Quando parlo, non parlo solo per me stessa, ma per gli altri sopravvissuti, come Sarah, ed
anche per quelli che non possono parlare…
Oggi, un bambino è un bambino, quando fa comodo. È un tessuto o qualcos’altro quando
non è il momento giusto. Un bambino è un bambino quando c’è un aborto spontaneo a due,
tre, quattro mesi. Un bambino è chiamato tessuto o massa di cellule quando l’aborto
volontario avviene a due, tre, quattro mesi. Perché? Non vedo differenza. Che cosa vedete?
Molti chiudono gli occhi…
La cosa migliore che posso farvi vedere per difendere la vita è la mia vita. È stata un
grande dono. Uccidere non è la risposta a nessuna domanda o situazione. Fatemi vedere
come possa essere la risposta.
C’è una frase incisa negli alti soffitti di uno degli edifici del parlamento del nostro stato
(la California). La frase dice: “Ciò che è moralmente sbagliato, non è corretto politicamente”.
L’aborto è moralmente sbagliato. Il nostro paese sta spargendo il sangue degli innocenti.
L’America sta uccidendo il suo futuro.
Tutta la vita ha valore. Tutta la vita è un dono del nostro Creatore. Dobbiamo ricevere e
conservare i doni che ci sono dati. Dobbiamo onorare il diritto alla vita.
Quando le libertà di un gruppo di cittadini indifesi sono violate, come per i nascituri, i
neonati, i disabili e i cosiddetti “imperfetti”, capiamo che le nostre libertà come NAZIONE e
Individui sono in grande pericolo.
Vengo oggi a parlare in favore di questa legge a tutela della protezione della vita. Vengo a
parlare per conto dei bimbi che sono morti e per quelli condannati a morte. Learned Hand,
un giurista americano rispettato (del nostro secolo) disse: “Lo spirito della libertà è lo spirito
che non è troppo sicuro di essere giusto; lo spirito della libertà è lo spirito che cerca di capire
le opinioni degli altri uomini e donne; lo spirito della libertà è lo spirito che pesa i loro
interessi insieme ai propri, senza pregiudizi; lo spirito della libertà ci ricorda che neanche un
passero cade a terra inosservato; lo spirito della libertà è lo spirito di Colui che, circa 2.000
anni fa, ha insegnato all’umanità la lezione che non ha mai imparato, ma non ha mai
dimenticato; che c’è un regno dove gli ultimi saranno ascoltati e considerati accanto ai più
grandi”.
Dov’è l’anima dell’America?! Voi membri di questo comitato: dov’è il VOSTRO cuore?
Come potete trattare le questioni di una nazione senza esaminare la sua anima? Uno spirito
omicida non si fermerà davanti a nulla finché non avrà divorato una nazione. Il Salmo 52,2-‐‑
4 dice: “Lo stolto pensa: «Dio non esiste». Sono corrotti, fanno cose abominevoli, nessuno fa
il bene. Dio dal cielo si china sui figli dell’uomo per vedere se c’è un uomo saggio che cerca
Dio. Tutti hanno traviato, tutti sono corrotti; nessuno fa il bene; neppure uno”.
Adolf Hitler una volta disse: “L’abilità ricettiva delle grandi masse è solo molto limitata,
la loro comprensione è piccola; d’altro lato la loro smemoratezza è grande. Essendo così,
tutta la propaganda efficace deve essere limitata a pochissimi punti che a loro volta
dovrebbero essere usati come slogan finché l’ultimo uomo sia capace di immaginare che cosa
significhino tali parole”. Gli slogan di oggi sono: “Il diritto di una donna di scegliere”,
“Libertà di scelta” eccetera.
C’era una volta un uomo che parlava dall’inferno (ne parla il capitolo 16 di Luca) che
disse: “Sono tormentato da questa fiamma”. L’inferno è reale. Così lo è Satana, e lo stesso
odio che crocifisse Gesù 2.000 anni fa, ancora si trova nei cuori dei peccatori oggi. Perché
pensate che questa intera aula tremi quando menziono il nome di Gesù Cristo? È così perché
Egli è REALE! Egli può dare grazia per il pentimento e perdono a voi ed all’America. Noi
siamo sotto il giudizio di Dio – ma possiamo essere salvati attraverso Cristo. Dice la Lettera
ai Romani: 5,8-‐‑10: “Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo
ancora peccatori, Cristo è morto per noi. A maggior ragione ora, giustificati per il suo
sangue, saremo salvati dall’ira per mezzo di lui. Se, infatti, quand’eravamo NEMICI, siamo
stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più ora che siamo
riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita”.
La morte non ha prevalso su di me… e io sono così grata!!!
(http://www.abortionfacts.com/survivors/giannajessen.asp)
(http://www.godandscience.org/doctrine/jessen.html)
GiannaJessen.com
Read more: http://sursumcorda-‐‑dominum.blogspot.com/2010/09/io-‐‑gianna-‐‑jessen-‐‑
sopravvissuta.html#ixzz1kaDHJokn
Oggi è il 27 gennaio del 2012. Ascolto la musica degli indiani: mi trovo nella mia
casa a lato del mare, i tamburi echeggiano; Candy, il mio cucciolo di Labrador, che
proprio oggi compie quattro mesi, è sfinita e dorme sul divano come se nulla fosse.
Il caminetto è acceso, emana calore, mi fa compagnia, è bellissimo, e ha un punto in
comune con gli indiani d’America: immagino le notti invernali dentro i tipi, il fuoco
emana il suo calore, fa compagnia, illumina la mente e l’ambiente. Sono le 23.21 e
56 secondi. Sono rientrato circa un’ora fa da una conferenza a Cagliari svolta da
degli indiani d’America, la tribù dei Lakota: essi dicono che l’11/11/11 è iniziato il
tempo di divulgare un messaggio nel mondo. “Che coincidenza” penso adesso: è lo
stesso giorno in cui ho iniziato a scrivere questo libro. Durante la conferenza
pensavo a quale domanda porre al gruppo dei Lakota… non sapevo; volevo porre
una domanda sullo sciamanesimo, cercavo le parole giuste… non mi venivano:
cosa volevo sapere? Nella mia biblioteca avevo diversi libri sullo sciamanesimo,
sapevo tante cose, cosa volevo sapere di più che non fosse già scritto? Ad un certo
punto uno degli indiani Lakota intonò un canto con i tamburi, seguito dagli altri
nativi americani, facendoci rivivere un rituale del passato: bastava chiudere gli
occhi e venire trasportati lontano nel tempo, in una notte in cui, ancora, l’uomo
bianco in nome della libertà distruggeva un grande popolo che viveva in armonia
con la terra e Dio. Uno degli indiani Lakota ci parlò prima dell’energia positiva e
negativa, che contagia le opere vive e non, tipo le pietre. Anche le pietre
s’impregnano di negatività o di positività, di memoria storica, e ciò influisce su di
noi, sugli esseri viventi. Durante il canto, mi arrivò una voce: “Non devo porre
domande, nessuna”. Così feci: non posi nessuna domanda.
Per puro caso, al finale, mi avvicinai al capo dei Lakota e gli chiesi sullo
sciamanesimo: “Che differenza c’è con la psicologia, o cosa pensa di essa?”. Lui mi
guardò e mi rispose: “È amore; questo hanno in comune, l’amore, ciò che cura
l’anima”. Eh sì… l’amore è ciò che cura, lo penso anch’io: l’amore cura, guarisce.
Gli indiani Lakota hanno una frase di due parole per definire l’amore, la loro
spiritualità, verso il creato e il Creatore: “Mitakuye oyasin”, che significa “tutto è mio
Parente”.
CAPITOLO VI -‐‑ Conseguenze dell’aborto
In questo nuovo capitolo del libro, vorrei affrontare il tema delle conseguenze a
cui le donne vanno incontro a causa dell’aborto.
La donna che decide di avere un aborto volontario della gravidanza, affronta
un’esperienza traumatica, sia dal punto di vista fisico che sul piano psichico. Colei
che interrompe la gravidanza va incontro a problemi psicologici e ciò è anche causa
di disturbi mentali (Kendall-‐‑Tackett KA, 2004; Fergusson DM et al., 2006). Varie
produzioni letterarie evidenziano l’aborto nella nosogenesi di disturbi
psicopatologici (Bernard C. 1990). Secondo una ricerca neozelandese (Fergusson
DM et al., 2006) le donne che abortiscono una gravidanza indesiderata soffrono di
depressione con frequenza maggiore rispetto alle donne che non abortiscono.
Alcuni studi hanno evidenziato che la giovane età aumenta il rischio di reazioni
psicologiche negative (Adler 1975; Bracken et al. 1974). L’aborto si associa ad una
maggiore probabilità di depressione nel corso di una successiva gravidanza (Suri et
al. 2004). Una ricerca realizzata su donne che hanno interrotto la gravidanza otto
settimane prima del termine naturale, ha mostrato come il 44% manifestava
disturbi mentali, il 36% insonnia, il 31% erano pentite e l’11% necessitava la
prescrizione di psicofarmaci dal proprio medico di famiglia (Ashton, 1980).
Un’altra ricerca fatta da Badgley (1977), evidenzia come il 25% di coloro che hanno
interrotto la gravidanza volontariamente, necessitano di visite psichiatriche, contro
il 3% del gruppo di controllo. Un altro studio, condotto da Somers R. (1979) e
successivamente da David H. (1981), e venti anni dopo da Ostbye et al. (2001),
mostrano come nella donna che commette l’aborto volontario, vi siano maggiori
possibilità di un ricovero psichiatrico rispetto a chi non ha abortito. Dopo otto
settimane dall’aborto il 15,3% delle donne ha riportato una riduzione del desiderio
sessuale e il 6.0% una riduzione della capacità di raggiungere l’orgasmo (Boesen et
al. 2004). “Le donne che abortiscono al primo trimestre di gravidanza raddoppiano
il rischio di contrarre un cancro al seno, in rapporto alle donne che portano a
termine la gravidanza” Cain M. (1995). L’aborto si associa ad una maggiore
probabilità di depressione nel corso di una successiva gravidanza (Suri et al. 2004).
La difficoltà a decidere se abortire rappresenta uno dei fattori predittivi più forti di
disturbo psicologico post-‐‑abortivo e può far precipitare dopo l’aborto in sensi di
colpa, ansia, rifiuto, depressione e senso di rabbia (Coleman 2005). Le donne che
abortiscono hanno una maggiore mortalità (Reardon DC et al 2002) e hanno un
tasso di suicidio nettamente più elevato rispetto alle donne che partoriscono, alle
donne che hanno un aborto spontaneo e alla popolazione in generale (Gissler et al.
1996; Speckhard A., 1987). Uno studio finlandese ha analizzato i suicidi delle donne
finlandesi dal 1987 al 1994, divise per gruppi d’età, mettendo in risalto i seguenti
risultati: 5,9% associato alla nascita del bebè, il 18,1% all’aborto avvenuto per cause
Se è possibile, arrivare vergini al matrimonio. Consiglio la lettura del Deus Caritas
Est, l’enciclica di Papa Benedetto XVI.
A questo punto, vorrei forse riportare ancora notizie su gravi conseguenze per
chi commette l’aborto. Ma non ha senso, vado più nell’elementare e cito ciò che
hanno detto gli indiani Lakota: “Qualsiasi azione d’amore s’impregna nella
memoria, vivente e non, per l’eternità, così qualsiasi azione cattiva”. Da qui nasce
l’idea di scrivere un capitolo sull’amore. Cos’è l’amore? Lo possiamo misurare? Lo
possiamo creare?
Concludo con questa preghiera di Papa Giovanni Paolo II:
O Maria, Aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi, affidiamo a Te la causa della
vita: guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere, di
poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani
e malati uccisi dall’indifferenza o da una presunta pietà. Fa’ che quanti credono nel Tuo
Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo
della vita.
(Giovanni Paolo II)
MADONNA DEL PARTO -‐‑ PIEVE S. LORENZO, MONTEFIESOLE (FI)
esseri umani, animali, della natura, della vita? Tutto è vita sulla terra, anche la terra
stessa. Attenzione però: noi dobbiamo essere messi al centro di tutto. Sembra una
contraddizione rispetto alla frase precedente, invece non lo è. Noi siamo ciò che è
più importante nel mondo. Se noi moriamo, muore tutto. La vita continua, ma noi
non esistiamo più. Noi lasciamo alla vita amore o odio, e chi verrà dopo di noi
riceverà ciò che ognuno di noi lascia. Quando ero imprenditore, pensavo che
guadagnando molti soldi avrei potuto cambiare il mondo, eliminare la fame nel
mondo. Non era così purtroppo. Il mondo si può cambiare, se ognuno cambia se
stesso: il mondo non cambia perché vogliamo cambiare il mondo. Ognuno di noi
deve scendere le scale del proprio cuore, e lì incontrare se stesso, l’amore, Dio. La
prima persona che dobbiamo amare siamo noi stessi; se noi ci amiamo, amiamo per
via indiretta, non perché vogliamo amare ma perché emaniamo amore. L’amore è
per via indiretta, non per via diretta. Amare la vita che si sviluppa dentro di noi,
dentro un essere umano, è una grande manifestazione d’amore per noi stessi; se noi
amiamo noi stessi, non abortiamo e non consigliamo l’aborto. Perché sopprimere
una vita se la possiamo donare? Dobbiamo ricordare ed essere consapevoli che la
vita la dà Dio, e solamente Dio può toglierla secondo i suoi progetti Divini. È
semplice: non abortiamo, ma doniamo nostro figlio, se non lo vogliamo. Dio ci
ricompenserà di tutto ciò, Dio ci ricolmerà di bene, così tanto che non sapremo
neanche da dove ci arriva.
Mi ricordo poi di aver letto un articolo particolare tanti anni fa; lo cerco e lo
trovo. Il 29 settembre del 1994, Nicholas Green, un bambino di sette anni, rimase
ferito nel tentativo di una rapina, sull’autostrada A3 Salerno-‐‑Reggio Calabria,
mentre si dirigeva in Sicilia a bordo di una Autobianchi Y10. Nicholas morì
purtroppo il 1° ottobre nel centro neurochirurgico dell’ospedale di Messina. I
genitori decisero di donare gli organi: un atto d’amore. Così gli alunni della classe
V C del I Circolo di San Nicola la Strada hanno voluto ricordare Nicholas:
Classe V C
Donare
Donare non è una cosa che fanno in molti. Le poche persone che lo fanno, come i genitori
di Nicholas, sono molto speciali perché donano una parte di loro o di una persona a loro
molto cara a gente che ne ha bisogno. Donando gli organi di Nicholas sono state salvate
sette persone ed ora una parte di lui vive in sette persone, che grazie a lui vivono ancora.
Nicholas era un bambino molto speciale, talmente speciale che forse anche lui avrebbe voluto
che i suoi organi fossero donati a persone malate per farle continuare a vivere.
Questo grande gesto d’amore contagia, rende felici tutti, e la morte violenta è
cancellata dall’amore!
Roberta, una bambina della V A, così invece scrive:
Nicholas era un bambino... Nicholas era un bambino che adorava i miti e le leggende e
anche se non sapeva tutta la storia del mondo si interessava molto agli dèi, ai Romani, ai
Greci ecc… Ma Nicholas oltre alla lettura amava sicuramente i suoi amici e la sua famiglia
che gli dimostravano affetto e tantissimo amore. Era un bambino che amava l’Italia, ma era
anche un bambino molto gentile, generoso, amichevole. La tragica notte, quando Nicholas
morì, era stata la notte più brutta che potesse succedere a tutti. Ma il padre non si rattristò e
donò sette organi a sette bambini che stavano per morire. Ma oltre a donare sette organi a
sette persone, il padre costruì un monumento formato da campane ed ogni volta che suonano
gli ricordano il cuore di Nicholas che è come se dicesse che si sta divertendo in paradiso.
Il perdono, ma cos’è il perdono? Il perdono è donare? E perché il perdono è
importante? Il perdono, ancora penso… Il perdono ha diversi significati, per cui è
importante scrivere un nuovo capitolo sul perdono.
Dio dell’Amore” (Easwaran, 1991:40). Beck scrive che il potente dio Varuna era
indulgente con quelle persone che si pentivano ed eliminava i peccati delle varie
generazioni. Nelle differenti tradizioni dell’Induismo, negli scritti come il
Dharmaśāstra, oggi si discutono concetti come il perdono, la compassione, la
pazienza, che si considerano qualità essenziali per tutte quelle persone che
desiderano seguire il dharma, il sentiero della rettitudine (Rye et al., 2000). Nell’idea
buddhista è difficile incontrare la parola “perdono”, ma l’idea buddhista sulla
pazienza include sia sopportare un male come rinunciare alla ira contro le persone
che ti hanno offeso (Ibidem). Una storia buddhista del Mahvagga raccontata da
Soares-‐‑Prabhu (1986:57), narra del principe di Kosola, che ricordandosi il consiglio
che gli diede il padre moribondo, perdonò la vita dell’uomo che aveva assassinato
la sua famiglia e usurpato il suo regno: “Non guardare lontano (cioè, non lasciare che il
tuo odio duri troppo tempo), non guardare vicino, (significa non avere fretta di discutere
con i tuoi amici), poiché l’odio non si placa con l’odio, l’odio si placa solamente con l’assenza
dell’odio”. Nella tradizione ebraica, il malfattore deve pentirsi ed espiare le sue colpe
prima di poter ricevere il perdono. La tradizione ebraica quindi non vede di buon
occhio il perdono gratuito, cioè a prescindere se il malfattore si sia pentito oppure
no. Gli ebrei pensano che per chi non si è pentito aumenta la probabilità che ripeta
l’errore commesso. Nel Cristianesimo è fondamentale la predisposizione a
perdonare ed essere perdonati. Così anche nell’Islam, il Corano invita a perdonare
a prescindere se la persona sia pentita o no. Alcuni eruditi ritengono che il Corano
indica che la ricerca del perdono è “più virtuosa e vicina a Dio” della ricerca della
giustizia.
Oggi è venerdì 3 febbraio 2012, il primo venerdì del mese, per cui adesso devo
interrompere lo scritto per andare in chiesa perché dal mese d’agosto, quando mi
trovavo a Leeds, sto facendo la novena dei primi nove venerdì del mese, per la
“Grande Promessa” che Gesù ha rivelato a Margherita Maria Alacoque, pratica che
consiglio a tutti per usufruire delle promesse di Gesù e affinché il mio nome possa
essere scritto nel suo cuore e mai cancellato per l’eternità:
1. Io darò loro tutte le grazie necessarie al loro stato.
2. Metterò e conserverò la pace nelle loro famiglie.
3. Li consolerò in tutte le loro pene.
4. Sarò loro sicuro rifugio in vita e specialmente in punto di morte.
5. Spanderò copiose benedizioni su di ogni loro impresa.
6. I peccatori troveranno nel mio Cuore la sorgente e l’oceano infinito della misericordia.
7. Le anime tiepide si infervoreranno.
8. Le anime fervorose giungeranno in breve tempo a grande perfezione.
9. La mia benedizione poserà anche sulle case dove sarà esposta ed onorata l’immagine
del mio Cuore.
10. Ai sacerdoti io darò la grazia di commuovere i cuori più induriti.
11. Le persone che propagheranno questa devozione, avranno il loro nome scritto nel mio
Cuore e non ne sarà cancellato mai.
12. A tutti quelli che, per nove mesi consecutivi, si comunicheranno al primo venerdì
d’ogni mese, io prometto la grazia della perseveranza finale: essi non morranno in mia
disgrazia, ma riceveranno i Santi Sacramenti (se necessari) ed il mio Cuore sarà loro sicuro
asilo in quel momento estremo.
L’avevo già fatta in passato, ma avevo la necessità di ripeterla. Per chi volesse
intraprenderla, le condizioni sono le seguenti:
1. Accostarsi alla Comunione. La Comunione va fatta bene, cioè in grazia di Dio;
quindi, se si è in peccato mortale, bisogna premettere la confessione.
2. Per nove mesi consecutivi. Quindi chi avesse incominciato le Comunioni e poi
per dimenticanza, malattia ecc. ne avesse tralasciata anche una sola, deve
incominciare da capo.
3. Ogni primo venerdì del mese. La pia pratica si può iniziare in qualsiasi mese
dell’anno.
Oggi è anche la festa di San Biagio, per cui al finale della messa c’è stata la
benedizione delle gole, in quanto egli è protettore dalle malattie della gola e anche
da altri mali fisici.
La preghiera scritta nel retro della sua immaginetta, invoca l’impiego della
nostra lingua a difendere la verità della fede, e io mi raccomando anche a lui,
affinché questo scritto sia redatto secondo queste intenzioni.
Che cos’è il perdono? Cos’è? Watson (1984, p.149) scrive che il perdono è in
relazione con l’amore e cita alcune parole di McCall: “Il perdono è un amore dato
prima che l’altro lo abbia dato, guadagnato, accettato o incluso, capito. È il naturale amore
di Dio, che inviò Suo Figlio molto prima di quando noi neppure avessimo pensato ad
amarlo. L’amore prende l’iniziativa”. Watson continua scrivendo che, quando ci hanno
ferito gravemente, forse non abbiamo la capacità d’amare la persona che ci ha
ferito, però possiamo ottenere la forza dell’amore di Dio, che “può essere
costantemente sentito nel nostro cuore per mezzo dello Spirito Santo”. Secondo Hargrave
(1994), il perdono è la liberazione del risentimento verso colui che ci ha offeso,
mentre per Di Blasio y Proctor (1993), è il restauro delle relazioni e la cura delle
ferite emozionali interne. Due belle definizioni. Tanti anni fa giustificavo sempre un
comportamento altrui, e cercavo sempre le cause del perché, e in quel perché
perdonavo, forse. Ma no, non penso che fosse perdono; io non considero il perdono
una giustificazione. La giustificazione è importante, ci aiuta a capire perché un
evento si è verificato, ma il perdono va molto al di là. Non dobbiamo basarci sul
perché un’azione è stata fatta, e quindi agevolare un perdono. Il perdono in sé è
molto di più, è una forza travolgente, che va a prescindere da qualsiasi scusante. Se
noi giustifichiamo, stiamo in qualche modo giudicando: il valore del nostro
giudizio, alla fine, influisce sul perdono.
Il perdono, invece, è a prescindere da tutto.
Mi avvicinai ancora di più e gli chiesi chi fosse. Lui mi disse, con voce sorpresa,
come facessi a non riconoscerlo. Io gli risposi che mi dispiaceva, ma non lo
conoscevo. E lui, ancor più sorpreso, mi disse: “Come?! Se ogni giorno leggi il mio
poema!
Son proprio io, sì… non aver paura,
non è arrivata la tua ora,
son venuto qui mandato da
“Colui, lo cui saver tutto trascende,
fece li cieli e diè lor chi conduce,
sì ch’ogni parte ad ogni parte splende,
distribuendo igualmente la luce:
similmente a li splendor mondani
ordinò general ministra e duce,
che permutasse a tempo li ben vani
di gente in gente e d’uno in altro sangue,
oltre la difension di senni umani;
per ch’una gente impera ed altra langue,
seguendo lo giudicio di costei,
che è occulto come in erba l’angue.
Vostro saver non ha contasto a lei:
questa provede giudica e persegue
suo regno, come il loro li altri dei.
Le sue permutazion non hanno triegue:
necessità la far esser veloce;
sì spesso vien chi vicenda consegue.
Quest’è colei ch’è tanto posta in croce
pur da color che le dovrien dar lode,
dandole biasmo a torto e mala voce.
Ma ella s’è beata e ciò non ode:
con l’altre prime creature lieta
volve sua spera e beata si gode.
Or discendiamo ormai a maggior pietà:
già ogni stella cade che saliva
quand’io mi mossi, e ‘l troppo star si vieta”
Finito di parlare, Dante volse il suo sguardo a me, Irpus, senza proferir nulla.
Presi la parola:
“Dio è Colui che tutto trascende, va al di là di tutti i saperi del mondo, non
potete saper chi è Dio, fece i cieli e la Sua Intelligenza Celeste produsse altre
intelligenze Celesti e Angeliche che conducevano ad altre parti dei Cieli, ma sempre
si tratta di Dio. Ogni parte splende, distribuendo ugualmente la luce; non ci sono
parti buie, quando c’è il buio, arriva sempre la luce. Ordinò con una legge
un’amministrazione Sua, di fare così anche con gli splendori del mondo, con le
fortune, con le grazie, con le ricchezze che ci sono nel mondo, “fate che esse girino”.
Che cambino nel tempo i poteri, la fortuna; ciò l’ha deciso Dio: non si può cambiare.
Una persona sta bene e l’altra soffre, seguendo il giudizio della fortuna che è
un’emanazione dell’intelligenza Divina, il giudizio è occulto, non si vede, come il
serpente nell’erba. Ciò che volete fare voi, non ferma la fortuna; ciò è decisione e
volere di Dio: questa provvede, giudica e persegue, su tutti i regni, cioè, di come
sempre Dio ha deciso che vada. Non si ferma mai su un punto la fortuna, la
necessità la fa esser veloce, così passa il potere da quello all’altro. È provvidenziale
la fortuna, perché bisogna fare tutti i percorsi, bisogna star male, bisogna soffrire,
bisogna capire che cos’è la vita in tutti i suoi aspetti; questa è la provvidenza che va
sia nei popoli che nelle singole persone. Adesso scendiamo giù ad un più grande
dolore, perché le stelle già scendono, siamo nell’Inferno e non c’è dato rimaner più
di ventiquattr’ore”.
Il principe Christian si rivolse a Dante: “Io so, caro Dante, lo che tu comunicar
vuoi. Io sempre pensai d’esser l’uomo più fortunato della terra nell’aver incontrato
la principessa Aida. Sempre considerai un gran regalo del Ciel, un dono di Colui
che tutto trascende. La mia felicità era così immensa, che non potevo far altro che
ringraziar il mio Padre Celeste del gran dono che mi fece”. Oh Papà, Papà Celeste…
Io t’amo ugualmente e nelle tue mani ripongo la mia completa fiducia, fede in Te.
Adesso, caro Dante, capisco ancor di più. Mi sono sempre chiesto il perché, e forse è
perché già Dio ha deciso; ma perché ha deciso che la principessa Aida cadesse nel
peggior peccato che l’umanità può conoscere?”
“Dio non ha deciso” rispose Dante. “Dio ha dato il potere alla principessa Aida
di decidere e lei un dio si sentì, si sentì il potere nelle mani di decidere ciò che era
giusto e ciò che non lo era, e così uccise il piccolo Christian Marie”.
“Caro Dante, se come tu dici, la fortuna è provvidenziale, per cui io, che
fortunato son stato, adesso soffro per ciò che fu e che non fu. Soffro, soffro tanto; in
questa sofferenza però voglio rinascere a nuova vita, e dare ancor più amor, amare
ancor di più Dio, il mio Papà Celeste”.
“Ma dimmi, principe Christian, perché sei disceso qui, di nuovo, nel Regno di
Nessuno?” domandò Dante al principe. Egli con gli occhi umidi, rispose: “Per
trattar del ben ch’io vi trovai. La principessa Aida è una persona che amo, amo nel
suo animo, perché il suo animo è una sorgente di gemme preziose, una cascata
d’oro, il suo cuore è un diamante puro, perfetto”.
“Oh, ahimè, mio principe Christian, notizia brutta io portar ti devo. A gran dolor
dobbiamo andar…
Noi ricidemmo il cerchio a l’altra riva
Sovr’una fonte che bolle e riversa
Per un fossato che da lei deriva.
L’acqua era buia assai più che persa:
e noi, in compagnia de l’onde bige,
entrammo giù per una via diversa.
abortito; alla fine, non contenta, si spezza le ossa e se le rosicchia fino a che non
rimane nulla. Dante spiega che il suo comportamento è dettato dall’isteria, è
alimentato dall’ira che ha scagliato contro il piccolo Christian Marie, uccidendolo.
Quest’ira ha condannato la principessa Aida al perpetuo spezzettamento del suo
corpo, facendola diventare una bestia che sputa e si mangia in eterno.
Vi è vicino anche suo fratello: vicino anche nell’età e vicino ancora nella
condanna eterna. Un demone lanciatosi nello Stige, strappa gli attributi del fratello
e li lancia a quella bestia di sua sorella, che incurante se li divora con avidità, perché
neanche sa che cosa siano. Il fratello è condannato eternamente a cercare i suoi
genitali, ma trovarli è impossibile, perché la principessa se li è divorati. Egli quindi
viene catturato dai demoni, che iniziano a scuoiarlo con le unghie, staccandogli la
pelle, la carne, consumandogli le ossa con i denti fino a che non rimane nulla. Dante
spiega che la principessa Aida non aveva avuto il coraggio nella vita, e non solo:
nella sua vita accusava chi poteva di non avere gli attributi. Per questo è
condannata a mangiarsi i genitali del fratello, che perde perché non aveva avuto il
coraggio di imporsi nella sua famiglia e salvare così la vita a suo nipote.
I resti dei due fratelli sprofondano nello Stige, e lì due anime immerse mangiano
il tutto, prese dall’ira della loro sorte. Sono i genitori della principessa Aida,
irriconoscibili. Quando hanno finito di divorare i figli, arrabbiati per ciò che la sorte
gli ha riservato, maledicendo il giorno in cui li hanno messi al mondo, il padre della
principessa è attaccato da alcuni demoni che gli infilzano gli attributi con un
forcone staccandoglieli. Per riaverli deve rispondere alle domande dei demoni, che
gli chiedono quando e perché la principessa Aida ha ucciso il piccolo Christian
Marie. Ma lui non riesce a rispondere; non si capisce se sa o non vuole parlare,
emette guaiti da bestia, e quindi i demoni lo scuoiano fino alle ossa e buttano tutto
nello Stige. La madre della principessa Aida, anche lei accecata dall’ira, si dimena
nella melma; lei che nella vita voleva tutto pulito, tutto bianco, si trova immersa
nell’acqua torbida, puzzolente; si dimena sotto la melma, cercando di pulire i resti
del feto abortito della figlia, che le si attacca alla pelle, e per pulirsi deve scuoiarsi.
Lei è condannata anche a cercare il crocifisso, che non può stare nell’inferno: è la
fede che lei diceva di avere, ma era solamente un’ipocrita; infatti aveva aiutato la
principessa Aida ad abortire, mettendosi contro Dio. Cerca il crocifisso e maledice
tutto e tutti, si dimena nella melma e si stacca la pelle cercando di pulirsi dal feto
abortito che le divora le membra, facendola guaire dal dolore immenso. Non riesce
a trovare il crocifisso, è adirata, isterica. Due demoni la prendono per i capelli
sostenendola nell’aria, le chiedono il crocifisso; lei domanda del tempo, “ancora un
po’!” implora, ma i due scoppiano in una gran risata: “Ti diamo tutto il tempo che
vuoi, per l’eternità!”. La prendono e la scuoiano, le staccano la carne, le rosicchiano
le ossa fino a non lasciare nulla. I resti di questa famiglia infame cadono quindi
nell’acqua stagnante e puzzolente dello Stige, arrivando fino al fondo ancor più
melmoso, puzzolente e schifoso, e qui si ricompongono a bestie e inizia
nuovamente la loro condanna per tutta l’eternità.
Dante spiega al principe che i genitori della principessa Aida sono stati
condannati perché colpevoli insieme alla figlia dell’omicidio del piccolo Christian
Marie. Il principe Christian aveva una grande stima dei genitori della principessa
Aida, e quando vide che la sua amata non stava bene, aveva pensato che il posto
migliore dove i suoi due Grandi Amori potessero trovare rifugio, fosse nelle braccia
dei genitori della sua diletta sposa. Dante inoltre spiega che essi si sarebbero dovuti
trovare nel quarto cerchio dell’Inferno, poiché la scelta di non opporsi all’aborto
della principessa Aida fu dettata anche da ragioni economiche e perché
disconobbero il gran valore umano, la vita. Si fecero beffa della gran fortuna che
Dio gli aveva dato: l’agiatezza economica, la salute dei figli. A causa di un
problema durante il parto, alla principessa Aida era stata diagnosticata una
demenza permanente alla nascita, ma grazie alle preghiere dei genitori, Nostro
Signore Eterno concesse la grazia. Grazia concessa anche al figlio più piccolo della
coppia, quando a tre anni un’infermiera sbagliò una puntura e colpì un nervo,
danneggiandolo seriamente, tanto che gli impedì di camminare. Le preghiere alla
Madonna del Miracolo furono ascoltate ed esaudite, ed oggi il fratello più piccolo
può camminare. Questa grande ricchezza che il Padre Celeste gli ha donato, se la
sono tenuta tutta per loro, con avarizia e ingordigia. Non hanno avuto la capacità di
donare l’amore ricevuto, la clemenza di salvare la vita al proprio nipotino, il piccolo
Christian; per questo adesso sono condannati e resi irriconoscibili a causa della loro
vita condotta nell’ingordigia e avarizia d’amore. Sono condannati però nel quinto
cerchio, poiché la loro fu una risposta attuata per affrontare una situazione a loro
sfavorevole: si è trattata di una rabbia frettolosa e improvvisa, dettata dall’impulso
di autoconservazione, con l’aggravante di essere deliberata. La rabbia è una forza
sia positiva che negativa, che agisce sulle risorse psicologiche e ciò porta in due
direzioni opposte: la giustizia o l’ingiustizia, il bene o il male.
“Ma dimmi Dante, che fine ha fatto il fratello più piccolo della Principessa
Aida?” chiede il principe Christian.
“Il fratello più piccolo della principessa Aida si trova nell’Antinferno; ciò perché
ha assunto una posizione neutrale davanti all’aborto di sua sorella. Adesso corre
nudo dietro ad una bandiera senza alcuna insegna, è punto da vespe e mosconi e il
suo sangue misto alle lacrime è raccolto dai vermi: è un ignavo. Con lui corre anche
il Sacerdote del Regno Bianco, reo di non aver preso, di fronte alla decisione della
principessa, una forte e capace posizione a favore della vita e degli ideali a cui ha
dato i voti”.
Poi, presolo per mano, lo conduce nella Città di Dite, dove gli mostra le tombe
infuocate degli eretici. Vi erano sepolti i medici e le infermiere del Regno Bianco,
che praticarono l’aborto poiché non credevano che il feto e l’embrione avessero vita,
e non credevano in una vita dopo la morte. Erano degli eretici e condannati a stare
vivi nelle tombe aperte, perché pensavano che la vita finisse con la morte stessa.
Attendevano il Giudizio Universale per riunirsi col proprio corpo; il sepolcro allora
sarà chiuso e la condanna sarà definitiva: restare eternamente vivi dentro la tomba.
Il principe Christian inizia a preoccuparsi; quindi pensa che tutti coloro che non
si oppongono all’aborto, che sono indifferenti davanti a questo genocidio, non
avranno speranza. “Caro Dante, dimmi perché mi hai mostrato tutto ciò: io non ho
condannato la principessa Aida, la sua famiglia e i loro complici alla condanna
eterna, bensì ho perdonato l’offesa che mi hanno fatto. Io gli ho inviato il mio
amore eterno” dice rivolto a Dante.
“Caro principe Christian, A me la vendetta, sono Io che ricambierò, dice il Signore. È
Dio che condanna, ma condanna perché essi vogliono essere condannati. Ad ogni
uomo è concessa la via della salvezza. Ciò vuol dire che ancora hanno una
speranza, ancora sono vivi. Principe, la condanna già è scritta, io non posso
prevedere il futuro, ciò non dipende da me”.
All’improvviso tutto scompare ed il principe si trova di nuovo nel Regno di
Nessuno. A questo punto, si sente un gran rumore: forti passi si odono. Tutto è
buio. Il sole sta per risorgere. Da lontano si scorgono sette luci che si avvicinano. Il
principe Christian rimane a guardare e ad aspettare. Finalmente arrivano le sette
luci, portate da sette frati incappucciati. Si mettono tutti e sette di fronte al principe
Christian e lo guardano in silenzio. Si fa avanti un frate: “Mi presento a te, principe
Christian: io sono San Alessio Falconieri, e sono stato uno dei sette Santi fondatori
dell’Ordine dei Servi di Maria; arriviamo dal Monastero di Monte Senario”. Il
principe capisce che si trova davanti a sette Santi: c’erano infatti anche San
Buonagiunta, San Buonfiglio, San Amadio, San Manetto, San Uguccione e San
Sostegno. Il principe Christian si butta in ginocchio e chiede quale notizia gli
portano. San Alessio gli spiega che dal Cielo gli è stata data la missione di venire
qui, nella Terra di Nessuno, per portargli la Parola di oggi, 17 febbraio. San Alessio
gli dice che lui è morto in questo giorno: oggi in Cielo e nella Terra si celebra la
festa dei Sette Santi Fondatori, e invita il principe Christian e i lettori a seguire le
seguenti letture. Appare un altare; ad un certo punto sono in una chiesa: la sua
architettura è semplice, con il tetto in legno come nelle case di montagna. Tutto è in
penombra: solamente le sette fiaccole dei sette Santi illuminano la chiesa. Il principe
Christian è seduto nel banco a sinistra in prima fila. Ma c’è un’altra persona seduta:
sei tu, o lettore, che ti accingi a leggere in questo momento.
La preghiera del mattino la legge San Amadio:
Padre, fonte della vita, ti ringrazio per avermi conservato nell’essere e per avermi donato
questo nuovo giorno. “Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde se
stesso?”: il tuo Santo Spirito scriva queste parole del tuo Figlio nel mio cuore. Che io non
perda oggi me stesso, dandomi in cambio dei beni limitati e passeggeri.
Sii per me difesa, o Dio, rocca e fortezza che mi salva, perché tu sei mio baluardo e mio
rifugio; guidami per amore del tuo nome. (Sal 31,3-‐‑4)
San Sostegno prende la parola:
“O Dio, che hai promesso di essere presente in coloro che ti amano e con cuore retto e
sincero custodiscono la tua parola, rendici degni di diventare tua stabile dimora. Per il
nostro Signore Gesù Cristo, tuo figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello
Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.
San Buona Giunta legge la prima lettura (Gc 2,14-‐‑24.26):
Come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta.
Dalla lettera di San Giacomo apostolo:
A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere fede, ma non ha le opere? Quella fede può
forse salvarlo? Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano
e uno di voi dice loro: “Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi”, ma non date loro il
necessario per il corpo, a che cosa serve? Così anche la fede: se non è seguita dalle opere, in
se stessa è morta. Al contrario uno potrebbe dire: “Tu hai la fede e io ho le opere; mostrami
la tua fede senza le opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede”. Tu credi che ci sia
un Dio solo? Fai bene; anche i demoni lo credono e tremano! Insensato, vuoi capire che la
fede senza le opere non ha valore?
Abramo, nostro padre, non fu forse giustificato per le sue opere quando offrì Isacco, suo
figlio, sull’altare? Vedi: la fede agiva insieme alle opere di lui, e per le opere la fede divenne
perfetta. E si compì la Scrittura che dice: Abramo credette a Dio e gli fu accreditato come
giustizia, ed egli fu chiamato amico di Dio. Vedete: l’uomo è giustificato per le opere e non
soltanto per la fede. Infatti, come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le
opere è morta.
Parola di Dio.
San Buon Figlio legge il Salmo Responsoriale (dal Salmo 111):
R. La tua legge, Signore, è fonte di gioia.
Beato l’uomo che teme il Signore
e nei suoi precetti trova grande gioia.
Potente sulla terra sarà la sua stirpe,
la discendenza degli uomini retti sarà benedetta. R.
Prosperità e ricchezza nella sua casa,
la sua giustizia rimane per sempre.
Spunta nelle tenebre, luce per gli uomini retti:
misericordioso, pietoso e giusto. R.
Felice l’uomo pietoso che dà in prestito,
amministra i suoi beni con giustizia.
Egli non vacillerà in eterno:
eterno sarà il ricordo del giusto. R.
San Manetto intona il Canto al Vangelo (cf. Gv 15,15b):
R. Alleluia, alleluia.
Vi ho chiamato amici, dice il Signore, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto
conoscere a voi.
R. Alleluia.
VANGELO (Mc 8,34 -‐‑ 9,1)
Chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà.
San Uguccione si appresta a leggere il Vangelo:
Dal Vangelo secondo Marco:
In quel tempo, convocata la folla insieme ai suoi discepoli, Gesù disse loro: “Se qualcuno
vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole
salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del
Vangelo, la salverà. Infatti quale vantaggio c’è che un uomo guadagni il mondo intero e
perda la propria vita? Che cosa potrebbe dare un uomo in cambio della propria vita?
Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e
peccatrice, anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre
suo con gli angeli santi”. Diceva loro: “In verità io vi dico: vi sono alcuni, qui presenti, che
non morranno prima di aver visto giungere il regno di Dio nella sua potenza”.
Parola del Signore.
San Alessio si alza in piedi e prende la parola per l’omelia. “Siamo qui riuniti,
leggendo questo libro, che parla del dolore di Dio e del principe Christian per il
figlio che a loro è stato negato. Non solo, siamo qui per ricordare tutte quelle vite
che ogni giorno vengono negate. Gesù, nel Vangelo, ci spiega la grande importanza
della nostra persona. Noi siamo importantissimi: non vi è nulla nell’universo che
possa valere quanto noi. Perdere la vita però è facile. La vita è fatta di spirito, di
fede, ma anche di opere. Non ha senso credere in Dio e poi non fare la volontà di
Nostro Signore. La principessa Aida crede in Dio, va in chiesa, come anche i suoi
genitori, ma ciò nonostante la loro fede non è seguita dall’opera. Gesù in questa
lettura del Vangelo ci dice di seguirlo, di rinnegare se stessi e prendere la propria
croce. La principessa Aida avrebbe dovuto prendere la propria croce e dare alla
luce suo figlio. I genitori dovevano glorificare Dio, non solamente andando in
chiesa, ma anche operando secondo i precetti di Dio. Avrebbero dovuto allontanare
la principessa Aida dal regno e ripudiarla come figlia. Lei, vedendo il diniego della
famiglia, non avrebbe più abortito. Era difficile, ne sono consapevole: era una croce,
ma così si sono resi complici in un omicidio, e hanno meritato il castigo all’inferno.
Cos’hanno guadagnato con l’aborto? Cosa guadagna una donna abortendo? Hanno
voluto salvare la loro vita, ma l’hanno persa. Chi segue il Signore nella rinuncia a sé
per il dono agli altri, entra nella vita. La vita non è eterna, è limitata. Non solo,
s’invecchia velocemente; il tempo scorre veloce. Nessuno di noi è obbligato a fare
qualcosa che non ci va, a tenere un figlio se non lo si vuole, ma dobbiamo darlo alla
luce. Nessuno ha il diritto di togliere la vita. Dio non dice che devi crescere tuo
figlio, dice che non devi uccidere. Prendi tuo figlio e dallo in adozione. In questo
modo, glorifichi Dio nello spirito e con l’opera, e Dio ti ripagherà per l’eternità,
come ha fatto con l’Arcangelo Michele. Io vi posso garantire che Dio vi sommergerà
di bene se non abortite e propagate e vi prodigate per difendere la vita”.
San Alessio e gli altri sei Santi si mettono in piedi, invitano il principe
Christian -‐‑ e te, lettore -‐‑ e iniziano le preghiere della sera:
“Al termine di questo giorno, o Padre, sii misericordioso con me peccatore. La luce è
tramontata; la morte si avvicina; che mi giova guadagnare il mondo intero, se poi perdo me
stesso? Il Figlio tuo unigenito ha versato il suo sangue perché non perdessi me stesso: che il
suo sacrificio non sia vano. Perdonami se oggi mi sono vergognato di Cristo e delle sue
parole davanti a questa generazione adultera e perversa”.
Poi tutto svanisce. In lontananza si vedono le sette luci ritornare al Monastero
del Monte Senario…
Il principe Christian e il lettore si ritrovano fra le mani tre santini: il primo
raffigurante la Madonna di Fatima, il secondo con l’effigie di Papa Giovanni Paolo
II, nel terzo vi è invece Santa Faustina Kowalska insieme con l’immagine della
Divina Misericordia, e vi è scritto nel retro:
Gesù disse a Santa Maria Faustina Kowalska: “Figlia Mia, parla a tutto il mondo della
Mia inconcepibile Misericordia. Desidero che la festa della Misericordia sia di riparo e
rifugio per tutte le anime e specialmente per i poveri peccatori. In quel giorno sono aperte le
viscere della Mia Misericordia, riverserò tutto un mare di grazie sulle anime che si
avvicinano alla sorgente della Mia Misericordia. L’anima che si accosta alla Confessione ed
all’Eucarestia, riceve il perdono totale delle colpe e delle pene. Che nessuna anima
tema ad avvicinarsi a Me, anche se i suoi peccati fossero come porpora. Questa causa è Mia
ed è scaturita dal seno della Santissima Trinità, che attraverso il Verbo vi fa conoscere
l’abisso della Divina Misericordia. Desidero che questa Festa venga celebrata solennemente
la prima Domenica dopo la Pasqua.”
È consigliato preparare la festa con una novena che consiste nella recita,
cominciando dal Venerdì Santo, della Coroncina alla Divina Misericordia, seguita
da altre preghiere.
principe Christian e la principessa Aida si uniranno in matrimonio, in un cuore solo
insieme a Dio e inizieranno una nuova vita. Io non posso raccontarvelo in questo
regno terreno” spiega Irpus, “dove tutto passa, ha un inizio e una fine, dove nulla è
eterno e nulla è deciso, tutto è in continuo cambiamento, è vivo”.
Ad un certo punto, come per magia, apparve una grande sfera di cristallo. Irpus
si avvicinò e domandò il futuro dei due principi. La sfera incominciò ad illuminarsi
di sgargianti colori, ed ecco apparire il responso:
Si vedono il principe Christian e la principessa Aida presi per mano; adesso si vedono
vestiti con gli abiti da cerimonia all’interno di un’antica e maestosa cattedrale, si riconosce:
è la Cattedrale di San Giacomo di Compostela; un uomo con gli abiti color porpora li unisce
in matrimonio, si vede la colomba di Dio discendere su di loro, unirsi alla coppia Reale e
trasformarli in una sola carne. Scorre il tempo… Dio concede alla coppia reale tre figli, due
maschi e una femmina, rispettivamente Emunah, Giacomo, Aida (così volle chiamarla il
Re Christian, in ricordo del piccolo principe Christian Marie, e a testimonianza del
perdono e amore che nutriva per la regina Aida). Crescono, arrivano i nipotini e i
pronipoti, la barba bianca, invecchiano insieme. Una notte arriva la carrozza Reale e prende
con sé la Regina Aida. Il re, oramai vecchio, di nuovo separato dal suo amore, fiducioso però
che l’avrebbe rincontrata presto, abdica in favore di suo figlio primogenito, che si chiama
Emunah, che significa “fede”: così fu chiamato per dimostrare la loro fede in Dio. Il Re
Christian lascia il Regno, si spoglia di tutti i suoi beni e va ad aspettare la carrozza Reale del
Padre Celeste, nel monastero della Grande Chartreuse situato a 1.190 metri d’altitudine,
nelle Alpi appartenenti al regno che fu; indossa l’abito monacale. Passano gli anni. Il Re
Christian invecchia bene, ha adesso già novantasei anni: è il mese d’aprile, la domenica dopo
Pasqua. La sfera di cristallo mostra l’arrivo della grande carrozza Reale all’imbrunire, prima
che fosse nuovo giorno: è scolpita nel diamante perfetto, unico nell’universo, splendente più
del bianco, ed è trainata da cavalli bianchi più splendenti del sole. All’interno della carrozza
c’è la Regina Aida: è giovanissima e bellissima, vestita con una tonaca di color grigio, giallo
e rosso, e viene per ricongiungersi con il suo amato Re Christian per l’eternità,
accompagnata da una legione d’Angeli che scorta la Carrozza Reale. Con la Regina Aida è
venuta anche la Madre Celeste in compagnia di Gesù Misericordioso, per accogliere il Re
Christian nel Regno Eterno e ricongiungerlo al Padre Eterno.
La palla di vetro diventa lucente più della luce, non si può più guardare, e tutto
in una volta svanisce, ritorna trasparente, e così come è apparsa sparisce. Un fascio
di luce illumina Irpus. Le menti guardano e pensano che tutto sia finito. Irpus
chiede se adesso sono contenti: sanno il finale. Le parole di Irpus toccano
profondamente il cuore delle menti; gli occhi verdi sono lucenti: qualcuno si è
emozionato per il finale, altri sono indifferenti, alcuni forse avrebbero voluto un
finale drammatico. Ehi! Ladies and Gentlemen, pensate sia tutto finito qui? Come
un film, avete il finale; avete voluto conoscere come sarebbe finita. Però attenzione,
perché è un futuro predetto non dalla sfera di cristallo, ma dalle vostre emozioni,
che sono state proiettate nella sfera di cristallo. Vi piace il finale? Ad un certo
punto, tre merli iniziano a cantare, e portano tutti in mondi paralleli in contatto con
loro stessi. Non è più la storia del principe Christian e della principessa Aida: è la
storia d’ognuno di loro, della loro vita, unica e diversa al mondo.
“Cosa succede?” s’iniziano a sentire voci, urla. “Vogliamo scappare, nooo... Cosa
succede, Irpus?”.
“Niente, non succede niente; vi disperate perché state perdendo il vostro tempo,
e non ne siete consapevoli: per questo vi dimenate. Le vostre menti sono
concentrate sul futuro, su cosa capiterà; per questo avete voluto sapere come finiva
la storia del principe Christian e della principessa Aida. Ma il futuro non è lo scopo
della vita, non esiste uno scopo nella vita, ed inseguire un ipotetico scopo è quanto
di più assurdo esista. Una cosa sola è importante: vivere, camminare verso la
perfezione. La perfezione non è un qualcosa che si raggiunge, perché non esiste
nella Terra, per cui non può essere il nostro scopo. Il cammino stesso è il nostro
futuro, perché determinerà il nostro essere del domani. Ognuno di noi deve vivere
la propria vita e non quella di qualcun altro; ricercare il dono che c’è in noi, per
poterlo offrire a noi stessi e al mondo. Ogni caduta significa che stiamo
camminando. Dobbiamo rialzarci e riprendere il nostro cammino. La principessa
Aida, quando ha abortito, ha abortito il suo futuro, perché ha avuto paura del
futuro, si è creata un futuro nella sua mente. Il futuro però non esiste. Il passato è
esistito, non si può modificare, perché oramai è passato. La principessa Aida ha
abortito, nel passato, ma adesso può ricostruire il suo futuro perché niente è
perduto. In questo caso il cammino è nel perdono di se stessa, accettare la sua
debolezza, le sue paure, affinché esse non siano un intralcio nel suo futuro.
L’elemento importante è la fede in Dio, affinché guidi i nostri passi. Il principe
Christian ha dovuto fare un cammino nel perdono, affinché il trauma, il lutto subito
non bloccasse la sua vita, il suo percorso.
Il dovere di ogni essere umano è lottare nel rispetto della vita, ognuno con i suoi
credo: Ebraismo, Cristianesimo, Islamismo, Buddismo, Induismo, Taoismo,
Jainismo, Scintoismo, Confucianesimo… L’amore è una parola universale, non c’è
credo che sia favorevole all’aborto. Il Concilio Vaticano II dice esplicitamente che il
Regno di Dio è per tutte le persone che conducono una vita secondo i principi
cristiani, che sono comuni a tutte le religioni. Per cui, anche se una persona non ha
potuto conoscere Dio, però la sua vita è all’insegna dell’amore, anch’essa andrà in
Paradiso”.
Le menti capiscono che l’Amore universale non ha un credo specifico: l’Amore
di Dio è per ognuno di noi, e così si sente il cuore pieno d’amore, talmente pieno
che hanno necessità d’emanarlo per non scoppiare. Più emanano amore e più si
sentono felici e ricevono sempre più amore, e tutto dentro di loro è amore. C’è una
così grande felicità che vanno in estasi e prendono a librarsi nell’aria.
Ad un certo punto, Irpus sente un rumore, si gira e vide Sua Altezza Reale, il
principe Christian. Gli fa l’inchino e gli domanda a quale onore deve la sua visita. Il
principe Christian prende la parola: “Carissimi lettori, lettrici, siamo arrivati alla fine di
questo racconto. Il finale non si conosce. Forse si potrà avverare la profezia della sfera di
cristallo, forse no. Non sempre le cose vanno come vogliamo; ciò perché abbiamo il libero
arbitrio, ma non solo. C’è chi cresce di più a livello spirituale e chi no; “il segreto è nel
lasciarsi guidare dalla Madonna verso il Paradiso, mettendo suo figlio Gesù al primo posto
nella nostra vita. Questo mondo è passeggero, bisogna decidere per la pace e vivere in pace e
pregando ogni giorno”5.
Voglio, in questo finale, solamente chiedervi a nome mio e di Maria, di non abortire, ma
di rispettare la vita, anche se fosse frutto di una violenza, ‘perché il figlio che nascerà non è
un aggressore, bensì la seconda vittima innocente”6. So che non è semplice, ma Dio vi
ripagherà tantissimo per ogni vita salvata. Io non so se riuscirò a creare un’organizzazione
d’aiuto che si occupi di dare il sostegno psicologico e monetario per le ragazze, donne, che
non vogliono avere un bambino. Un’associazione che possa selezionare i futuri genitori dei
piccoli, sempre che la mamma non cambi idea, e una struttura anche in grado d’accogliere i
bambini abbandonati e bisognosi d’affetto. Non conosco il mio futuro: può essere che la
principessa Aida decida d’aiutarmi in questa impresa, o forse che trovi tante persone
desiderose di dare amore e aiuto. Io vivrò la vita, ogni respiro, ogni attimo, ogni giorno,
cercando di fare tutto ciò che mi rende felice e mettermi a disposizione come umile
strumento nelle mani di Dio. Lascerò i dati della vita reale a fine pagina, per chiunque si
voglia mettere in contatto, anche solo per un ciao. Ringrazio tutti coloro che hanno onorato,
con la lettura, questo racconto scritto in memoria del piccolo Christian Marie, sperando che
ciò serva a far sì che abbiate fede in Dio, e con l’intercessione della Madonna abbiate la forza
di dire sì alla vita”.
Grazie.
Aborto
Lui. Lasciatevi guidare dallo Spirito Santo. E allora vedrete che anche il vostro
lavoro andrà meglio e avrete pure maggior tempo libero”. (02.05.83)
“Consacratevi al mio Cuore Immacolato. Abbandonatevi totalmente a me e io vi
proteggerò e pregherò lo Spirito Santo perché si effonda su di voi. Invocatelo anche
voi”. (02.08.83)
“La gente si sbaglia quando si rivolge unicamente ai santi per chiedere qualcosa.
L’importante è pregare lo Spirito Santo perché scenda su di voi. Avendolo si ha
tutto”. (21.10.83)
“Cominciate a invocare ogni giorno lo Spirito Santo. La cosa più importante è
pregare lo Spirito Santo. Quando lo Spirito Santo discende su di voi, allora tutto si
trasforma e vi diventa chiaro”. (25.11.83)
“Prima della Messa bisogna pregare lo Spirito Santo. Le preghiere allo Spirito
Santo devono sempre accompagnare la Messa”. (26.11.83)
“Pregate e digiunate. Desidero che approfondiate continuamente la vostra vita
di preghiera. Ogni mattina in famiglia rinnovate le preghiere di consacrazione ai
sacri Cuori di Gesù e di Maria. Pregate ogni giorno l’Angelus, il Credo, cinque
Pater, Ave e Gloria in onore della passione di Gesù, un sesto per il nostro Santo
Padre, il Papa, e un settimo per l’effusione dello Spirito Santo su di voi. Poi la
preghiera di invocazione dello Spirito Santo. Se vi è possibile, pregate anche il
Rosario”. (27.01.84)
“Pregate e digiunate. Chiedete allo Spirito Santo di rinnovare le vostre anime e
di rinnovare il mondo intero”. (05.04.84)
“Per tutte queste domande che mi rivolgete vi do una sola risposta: pregate lo
Spirito Santo che vi illumini e poi capirete”. (26.05.84)
“Cari figli, dovreste rinnovare le vostre preghiere allo Spirito Santo. Partecipate
alla Messa. E, dopo la Messa, fareste bene a pregare in chiesa il Credo e sette Pater,
Ave e Gloria come si fa per Pentecoste”. (02.06.84)
“Miei cari figli sacerdoti. Pregate incessantemente e chiedete allo Spirito Santo
che vi guidi sempre con le sue ispirazioni. In tutto ciò che chiedete, in tutto ciò che
fate, cercate solo la volontà di Dio”. (13.10.84)
“Cari figli, vi invito ad una preghiera più attiva e all’ascolto della Santa Messa.
Desidero che ogni vostra Messa sia esperienza di Dio. Voglio dire in particolare ai
giovani: siate aperti allo Spirito Santo, poiché Dio vi vuole attirare a sé in questi
giorni in cui Satana è all’opera. Grazie per aver risposto alla mia chiamata”.
(16.05.85)
“Cari figli, voi siete troppo presi dalle cose materiali e, a causa loro, perdete tutto
quello che Dio desidera darvi. Vi invito a chiedere i doni dello Spirito Santo, che
adesso vi sono necessari per poter testimoniare la mia presenza e tutto quello che io
vi sto dando qui. Cari figli, abbandonatevi totalmente a me, affinché io possa
guidarvi pienamente. Non preoccupatevi delle cose materiali. Grazie per aver
risposto alla mia chiamata”. (17.04.86)
“Cari figli, oggi vi ringrazio per tutti i sacrifici che mi avete offerto in questi
giorni. Figlioli, vi invito ad aprirvi a me e a decidervi per la conversione. I vostri
cuori, figlioli, non sono completamente aperti a me. Per questo vi invito di nuovo
ad aprirvi alla preghiera, perché lo Spirito Santo vi aiuti a pregare, in modo che i
vostri cuori diventino di carne e non di pietra. Figlioli, grazie per aver risposto alla
mia chiamata e per aver deciso di camminare con me verso la santità”. (25.06.96)
“Cari figli, desidero condividere con voi la mia gioia. Nel mio Cuore
Immacolato io sento che ci sono tanti che si sono avvicinati a me e portano in
maniera particolare nei loro cuori la vittoria del mio Cuore Immacolato, pregando e
convertendosi. Desidero ringraziarvi e stimolarvi a lavorare di più per Dio e il suo
Regno, con l’amore e la forza dello Spirito Santo. Io sono con voi e vi benedico con
la mia benedizione materna. Grazie per aver risposto alla mia chiamata”. (25.08.00)
“Cari figli, in questo tempo di grazia vi invito alla preghiera. Figlioli, lavorate
tanto, ma senza la benedizione di Dio. Benedite e cercate la sapienza dello Spirito
Santo, affinché vi guidi in questo tempo per poter comprendere e vivere nella
grazia di questo tempo. Convertitevi, figlioli, e inginocchiatevi nel silenzio del
vostro cuore. Mettete Dio al centro del vostro essere, così che possiate testimoniare
nella gioia le bellezze che Dio vi dona continuamente nella vostra vita. Grazie per
aver risposto alla mia chiamata”. (25.05.01)
“Cari figli, anche oggi vi invito a vivere ancora più fortemente i miei messaggi
nell’umiltà e nell’amore affinché lo Spirito Santo vi riempia con la sua grazia e
forza. Soltanto così sarete testimoni della pace e del perdono. Grazie per aver
risposto alla mia chiamata”. (25.05.04)
“Cari figli, anche oggi c’è gioia nel mio Cuore. Desidero ringraziarvi perchè
rendete realizzabile il mio progetto. Ognuno di voi è importante. Perciò, figlioli,
pregate e gioite con me per ogni cuore che si è convertito ed è diventato strumento
di pace nel mondo. I gruppi di preghiera sono forti: attraverso loro posso vedere,
figlioli, che lo Spirito Santo opera nel mondo. Grazie per aver risposto alla mia
chiamata”. (25.06.04)
Messaggio a Mirjana 2 Novembre 2007: “Cari figli! Oggi vi invito: aprite il vostro
cuore allo Spirito Santo e permettetegli di trasformarvi. Figli miei, Dio è Bene
supremo e per questo come Madre vi prego: pregate, pregate, pregate, digiunate e
sperate, che questo Bene è possibile raggiungere, perché da questo Bene nasce
l’Amore. Lo Spirito Santo rinforzerà questo amore in voi e potrete chiamare Dio
vostro Padre. Attraverso questo supremo amore amerete sinceramente tutte le
persone e attraverso Dio le considererete fratelli e sorelle. Grazie
Durante la benedizione, la Madonna ha detto: “La via sulla quale io vi porto a mio
Figlio, accanto a me camminano coloro che lo rappresentano” (Mirjana). (02.11.07)
TESTIMONIANZE
Una donna profondamente ferita viene a trovare Marija (Marija Pavlovic è una
delle veggenti di Medjugorje) e le dice:
“Vengo da te perché non ho il coraggio di andare da un prete e non oso confessarmi. Ho
abortito otto volte e ho paura che il prete si arrabbi con me e mi cacci dal confessionale. Ma
penso che tu possa fare qualcosa, puoi chiedere alla Santa Vergine di aiutarmi. Non riesco
più a dormire, sono depressa, ho tanti disturbi e soffro terribilmente. Tu capisci, mio marito
era talmente contrario alla vita. Avevamo molti mezzi. Ma ora non posso più avere figli.
Puoi confidare tutto questo alla Madonna?”.
Marija si è sempre mostrata attiva nel fare amare e proteggere la vita. Ascolta
quella donna con amore e la sera stessa la affida alla Vergine. Allora la Madonna ci
ha sconvolto ancora una volta con la straordinaria speranza che sa infondere in noi
suoi figli, soprattutto quando tutto sembra umanamente impossibile.
Rispose a Marija: “Ora sarà lei a portare la vita per aiutare gli altri”.
La donna si riconciliò con Dio, si confessò e il suo cuore venne così trasformato
che oggi testimonia con forza la guarigione di tutta se stessa, ottenuta per la
misericordia di Dio. Ora prova una gran gioia di vivere e fa un grande bene; con la
sua testimonianza ha già incoraggiato molte madri a tenere il bambino che
aspettavano. È in questo modo che Maria desidera agire in ognuno di noi. Dalle
nostre ferite di morte vuole fare delle fonti di vita! Se solo noi offriremo a Gesù
tutto il male che ci si è accumulato dentro, Lui ci guarirà attraverso le Sue piaghe,
eternamente gloriose.7
Ringraziamenti
Una delle pagine più belle è quella dei ringraziamenti. È la fine di un lavoro, è la
parte in cui prende il sopravvento il piacere di ringraziare tutti coloro che mi sono
stati vicini:
Il primo posto è per le donne che danno la vita: prima di tutto la mia Mamma
Celeste e poi quella terrena che ha avuto il coraggio di dire no all’aborto nonostante
le pressioni ricevute nella sua stessa famiglia, e a mia sorella Federica, a me sempre
vicina.
Un ringraziamento particolare non può che andare all’Arcivescovo di Santiago
de Compostela, S.E. Julian Barrio Barrio che mi ha sostenuto e incoraggiato non
solo di persona ma anche attraverso una fitta corrispondenza.
Un ringraziamento pieno d’affetto è per il mio caro padre spirituale del convento
di San Estebán a Salamanca, il domenicano Manuel Ángel Martinez Juán, sempre
presente nelle vicissitudini della mia vita, e guida dei miei scritti in lingua
spagnola.
Ringraziamenti sentiti a Franca Pala che, sempre e gratuitamente, è stata mia
ospite nella mia casa in riva al mare per correggere le bozze del manoscritto.
Franca, piacevolmente sorpresa dalla mia scrittura, è stata artefice della mia forte
autostima.
Un contributo decisivo è arrivato dall’amico Matteo Marcelli, che mi ha regalato
il libro “L’ultimo giorno della storia” scritto da Padre Carlo Colonna, autore della
prefazione nonché di diversi libri di spiritualità e catechesi.
Ringrazio il prof. Matteo Calisi, che pur non conoscendomi, mi ha messo in
contatto con padre Carlo Colonna.
Non ci sono parole per esprimere il profondo ringraziamento per la preziosa
prefazione di padre Carlo Colonna, sacerdote gesuita che ha scritto, cogliendo in
maniera profonda, tutti quegli aspetti del romanzo che ha evidenziato con efficacia.
Un altro sentito grazie alla mia cara amica Norma Renda, per aver scritto
un’ottima sinossi, elogiata da tanti, e per essermi stata vicina nei miei momenti di
forte dolore.
Sono riconoscente a mia figlia Nicole per i suggerimenti ricevuti a fine stesura e
per essermi costantemente vicina nella mente e nel cuore.
A Elena Caravello, un grazie per l’attenzione che mi ha rivolto ogni volta che le
raccontavo gli sviluppi del progetto.
Non posso non citare la mia amica, collega ed ex compagna di studi del master,
Claudia Aybar che dall’altra parte del mondo mi è sempre stata vicina e mi ha
incoraggiato a continuare a lottare, dandomi sempre un forte appoggio
disinteressato.
Impossibile non ringraziare Claudia Saba, Lucrezia Zedda e Valentina Ligas per
l’interesse mostrato attraverso le interviste fatte ancor prima che il libro uscisse.
Un forte sentimento d’amore e ringraziamento è per tutti voi lettori che siete
arrivati alla fine del libro e, attraverso la vostra lettura, avete fatto vivere e dato un
senso al piccolo Christian Marie e a tutti quei bambini che ogni giorno vengono
rifiutati dal cuore dell’uomo, incapace a volte d’esprimere un sentimento d’amore
incondizionato. Vi invio un forte augurio e un invito affinché, con l’intercessione
della Nostra Madre Celeste, possiate propagare questo messaggio per la vita.
Proponete e regalate questo libro, a chi pensate ne abbia bisogno e non, ai ragazzi
che sono il futuro della nostra società, ai genitori, ai nonni, educatori, a tutti, finché
l’aborto diventi solamente un triste ricordo.
A conclusione di questi ringraziamenti il mio pensiero corre all'ʹarcivescovo di
Cagliari, S.E.Monsignor Arrigo Miglio che, senza conoscermi personalmente, mi ha
dedicato la sua attenzione. Le parole da lui scelte per la prefazione di questo mio
lavoro, toccano per la loro incisiva essenzialità e aprono ad ulteriori riflessioni.
Grazie!
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