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C'è un contrasto, o almeno sembra, tra i discorsi importanti, realtà complesse, problematiche
esistenziali e il racconto che segue. Si avvicinarono, alcuni farisei, ma con lo scopo di
metterlo alla prova; domandavano a Gesù non per sapere ma per trarlo in inganno. Gesù
mette loro davanti: la durezza del vostro cuore. I discepoli non sono tanto convinti,
conoscono la realtà della vita e quanto questa sia complicata; allora, nella intimità della casa,
liberi da condizionamenti e sotterfugi domandano ancora, quando i loro discorsi vengono
interrotti perché gli presentavano dei bambini.
I discepoli, in ansia per le domande che ancora dovevano fare e per le risposte da ascoltare li
rimproverarono.
Così Marco prepara un quadretto con grande maestria, mette avanti discorsi importanti,
atteggiamenti da adulti, sotterfugi e inganni, per presentare dei bambini: la durezza e la
semplicità del cuore.
S'indignò
proviamo a immaginare, senza troppa difficoltà, perché i bambini di allora non sono molto
diversi dai bambini di oggi: sono pieni di energia, hanno bisogno di giocare, di relazionarsi, di
muoversi... e i discepoli? Come gli adulti di oggi li rimproverarono: state fermi, state buoni,
non alzate la voce, non correre... anche in chiesa succede la stessa cosa, quello è un mondo
per adulti, si fanno cose serie, discorsi importanti, si affrontano problematiche esistenziali.
Gesù, al vedere questo, s'indignò. Fa bene agli adulti e al mondo, troppo spesso sussiegoso
del clero, contemplare questa indignazione (gli altri vangeli nel raccontare lo stesso fatto non
riportano questa indignazione).
Il verbo indignarsi [aganakteō] descrive una situazione interiore di collera, un atteggiamento
deciso, forte. Come alla richiesta di occupare i primi posti (Mc 10,41) o come per lo speco di
profumo (Mc 14,4). Sembra una reazione eccessiva, l'intenzione dei discepoli era buona,
volevano tutelare il Signore (la dignità del luogo sacro, la serietà della azione liturgica),
l'importanza di ciò che si stava facendo. Gesù si indigna per l'ambizione egoistica degli adulti,
del loro mondo, dei loro pensieri, della complessità delle loro problematiche.
Gesù non intende redigere altre norme, piantare nuovi paletti. Non vuole regolamentare
meglio la vita, ma ispirarla, accenderla, rinnovarla. E allora ci prende per mano e ci
accompagna dentro il sogno di Dio, sogno sorgivo, originario, a guardare la vita non dal punto
di vista degli uomini, ma del Dio della creazione. Dio non legifera, crea: «dall'inizio della
creazione li fece maschio e femmina, per questo l'uomo lascerà il padre e la madre, si unirà a
sua moglie e i due diventeranno una carne sola». Il sogno di Dio è che nessuno sia solo,
nessuno senza sicurezza, più che di padre, senza tenerezza, più che di madre. Gesù ci porta a
respirare l'aria degli inizi: l'uomo non separi quello che Dio ha congiunto. Il nome di Dio è dal
principio “colui-che-congiunge”, la sua opera è creare comunione.
La risposta di Gesù provoca la reazione non dei farisei, ma dei discepoli che trovano
incomprensibile questo linguaggio e lo interrogano di nuovo sullo stesso argomento. «Chi
ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio verso di lei». Gesù risponde
con un'altra presa di distanza dalla legislazione giudaica: «E se lei, ripudiato il marito, ne
sposa un altro, commette adulterio». Nella legge non c'era parità di diritti; alla donna, la parte
più debole, non era riconosciuta la possibilità di ripudiare il marito. E Gesù, come al suo
solito, si schiera dalla parte dei più deboli, e innalza la donna a uguale dignità, senza
distinzioni di genere. Perché l'adulterio sta nel cuore, e il cuore è uguale per tutti. Il peccato
vero più che nel trasgredire una norma, consiste nel trasgredire il sogno di Dio. Se non ti
impegni a fondo, se non ricuci e ricongiungi, se il tuo amore è duro e aggressivo invece che
dolce e umile, tu stai ripudiando il sogno di Dio, sei già adultero nel cuore.