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Il Secolo contro le Storie

scritto da Ljiljana Blagojević

Nel suo libro Le Siècle, Alain Badiou chiede: “Ma, quanti anni sono, un secolo? Cento?”1
Infatti, quanti? Il tema della 14° Mostra Internazionale di Architettura, Fundamentals,
imposta il conteggio del secolo a partire dal 1914, l’anno della Grande Guerra, e a terminare
con il numericamente analogo numero del 2014. In somma, quello ammonta a 101 anni,
cominciando con un punto definitivo della Storia e finendo con un punto indefinitivo nel
tempo di un oggi globale e della sua moltitudine di storie. Quello che sostiene tale conteggio
è il suggerimento della Fundamentals che “l’architettura, una volta era specifica e locale, sia
diventata intercambiabile e globale. Pare che l’identità nazionale sia stata sacrificata alla
modernità.”2 Il tempo, la grande padrona della storia, suggerisce conteggi alternativi, sia per
la modernità e per il secolo.

Il secolo breve, secondo lo storico Eric Hobsbawm, si riduce a 77 anni lunga età degli
estremi, con il suo teatro di guerra impostato a Sarajevo, aperto con un colpo di pistola e
terminato nell'annientamento del passato in una città in piedi per la desintegrazione del paese
al fianco delle linee di identità nazionalista.3 Badiou propone altri tre plausibili conteggi,
ognuno più breve del precedente. Il primo, secolo comunista, e i suoi 72 anni, che comincia
nel mese di ottobre e termina con il fine del Freddo, il secondo, totalitario, il secolo di terrore
che dura 59 anni, dal 1917 di Lenin fino alla morte di Mao Zedong nel 1976, e finalmente, il
più breve di tutti, il secolo liberale, che comincia con la vittoria del Capitalismo e dura
all'incirca 30 anni come, direbbero alcuni, un secolo felice. Bernardo Bertolucci riduce il
Novecento a quasi 45 anni nel suo film epico con lo stesso titolo.4 Le scene che mostrano il
fine della Seconda Guerra Mondiale con il giorno della Liberazione come fine dell'era del
secolo, permettono allo spettatore di vedere quel giorno unico sulla cuspide di due età che si
toccano in un punto di chiusura e di apertura.

Tra i suoi molti esiti, il secolo ha generato uno stato degli slavi del sud, la Jugoslavia – un
regno, democratico federale, i popoli federali, federal socialisti e federali – solo per vedere la
sua frammentazione traumatica e il collasso negli anni 1990 e 2000. Il suo nome sritto in
italiano, Jugoslavia, rimane ancora sulla porta del Padiglione della Serbia nei Giardini della
Biennale, dove lo spettacolo, in risposta al tema“Modernismo assorbito, 1914 – 2014”chiede:
un secolo, quante architetture sono? Per l'architettura della Serbia, il conteggio non è quello
linere, siccome qui il modernismo si è svolto sotto l'“identità nazionale”, dentro “l'universale”
del secolo jugoslavo. Analogamente con il verdetto di Natacha Michel dove “il 20° secolo è
avvenuto”,5 e contro la corrente di tutti gli anatemi lanciati contro esso, la Jugoslavia è
avvenuta. Pertanto il conteggio della sua architettura non è quello semplice. Nel presente
riassumere, presentato nel Padiglione della Serbia, io posso contare una e cento e una
architettura. Una per il progetto moderno incompiuto, i lineamenta del Museo della
Rivoluzione in un momento filmato come liberazione della forma dell'architettura, suggestivo
di cosa potrebbe essere visto come architettura nel secolo della Jugoslavia. E oltre a essa,
cento e una per il modernismo assorbito con brio, attraverso una multitudine di storie che si
svolgono all'interno di un secolo estremo, breve, comunista, totalitario, liberale, felice e
traumatico.

Riferimenti:
1
Alain Badiou, Il Secolo ([Le Siècle 2005], Cambridge: Polity, 2007), p. 1
2
http://www.labiennale.org/en/architecture/news/25-01.html, 12/05/2014
3
Eric Hobsbawm, Età degli Estremi: Il Secolo Breve, 1914-1991 (1994, Londra: Abacus,
2004), p. 2-3
4
Il film Novecento, 1976, diretto da Bernardo Bertolucci
5
Badiou, “Dedicazione”, nel suo libro Il Secolo, non impaginato

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