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L'ORAZIONE CRISTIANA

1. Gradi della preghiera, facoltà dell’anima e virtù connesse


 

Li possiamo evincere dalle opere di Teresa d’Avila.

In fase ascetica le tipologie della preghiera sono tre: orazione vocale, orazione mentale o
meditazione e orazione di raccoglimento attivo o acquisito.

In fase mistica le tipologie della preghiera sono quattro: orazione di quiete (preceduta
dall’orazione di raccoglimento passivo o infuso e seguita dal sonno delle potenze), orazione di
unione semplice, orazione di unione piena, orazione di unione perfetta.

Esse ineriscono con le tre facoltà dell’anima: memoria, intelletto e volontà, chiamate a
semplificarsi e unificarsi sempre più, mano a mano che si procede nel cammino spirituale.

La memoria è la facoltà per cui ricordiamo i benefici ricevuti da Dio e riviviamo i motivi
della speranza cristiana.

L’intelletto è la facoltà per cui apprendiamo e impariamo a conoscere sempre maggiormente,


le realtà immateriali.

La volontà è la facoltà per cui ricerchiamo con costanza e perseveranza, il bene che abbiamo
conosciuto con l’intelletto.

A ciascuna facoltà corrispondono le virtù teologali e le virtù cardinali (le sette lampade della
vita spirituale):

alla memoria corrispondono la virtù teologale della speranza (per cui, con l’aiuto di Dio,
confidiamo con certezza di ottenere la vita eterna e i mezzi necessari per giungervi) e la virtù
cardinale della temperanza (che modera la nostra naturale inclinazione ai piaceri sensibili);

all’intelletto corrispondono la virtù teologale della fede (per cui, con l’aiuto di Dio, diamo
fermo assenso alle verità da Lui rivelate) e la virtù cardinale della prudenza (che attua il retto
governo delle nostre azioni in ordine al fine soprannaturale);

alla volontà corrispondono la virtù teologale della carità (per cui, amiamo Dio sopra tutto e
noi stessi e il prossimo per amor Suo) e le virtù cardinali della giustizia (che inclina la volontà a
dare a ciascuno ciò che gli appartiene, declinando il male e operando il bene) e della fortezza (che
non fa desistere dal conseguire il bene arduo e difficile, neppure quando fosse in pericolo la nostra
vita corporale). 
 

2. La preghiera vocale

Tale preghiera è descritta nella prima mansione del Castello interiore di Teresa d’Avila ed è
quella che si fa adoperando una formula prestabilita, perciò la sua essenza risiede proprio nella
appropriazione personale di una formula di incontro con Dio desunta da altri. Può essere espressa
anche verbalmente.

L’orazione vocale pertanto, necessita di attenzione e profonda pietà.

L’attenzione che si pone nell’orazione vocale può essere materiale, se si cerca di


pronunciare correttamente le parole; letterale se si bada al loro senso e spirituale se si bada al fine
dell’orazione, ossia a Dio e alle cose che si chiedono.

La profonda pietà serve a mettere il nostro cuore e la nostra volontà in contatto con Dio, essa
implica e suppone un insieme di virtù quali soprattutto, la carità, la fede, l’umiltà e la perseveranza.
Si devono recitare così le preghiere vocali, anche a costo di diminuirne il numero se necessario.

L’orazione vocale deve durare il tempo giusto al fine di aumentare il nostro fervore interiore
e non di più, altrimenti causa tedio o noia.

Da ciò emergono le seguenti conclusioni pratiche:

non è bene moltiplicare le parole, ma piuttosto è bene insistere sull’affetto interiore;

non si deve confondere la prolissità nelle formule di orazione, che deve assolutamente
cessare quando si è conseguito il fervore interiore, con la permanenza nell’orazione mentre
quest’ultimo permane;

In merito alle formule di orazione vocale, non si possono dare norme fisse che abbiano
valore universale per tutti. Ognuno deve seguire l’impulso interiore dello Spirito Santo e utilizzare
le formule che maggiormente lo aiutano, oppure non usarne nessuna data, qualora trovi la pace
parlando semplicemente con Dio come fa un bimbo con suo padre.

Oggettivamente parlando, sicuramente le migliori orazioni vocali sono quelle che la Chiesa
ci propone nella sua liturgia, soprattutto perché hanno una efficacia speciale e ricevono l’influsso
collettivo di tutti i membri del suo corpo mistico.

Le formule più conosciute e familiari sono quelle che hanno un contenuto più profondo,
come il Padre nostro, l’Ave Maria, il Credo, il Gloria, l’Angelus, le orazioni della mattina e della
sera…
Tra tutte la più perfetta è l’orazione del Padre nostro in quanto, se preghiamo in maniera
retta e conveniente, non possiamo dire assolutamente nulla che non sia contenuto in questa
orazione. In tale preghiera infatti, sono contenute tutte le cose che rettamente possiamo desiderare e
anche nell’ordine stesso con cui dobbiamo desiderarle e così essa non solo ci insegna a chiedere, ma
anche informa e rettifica tutti i nostri affetti e desideri.

Il disprezzo per le orazioni vocali che manifestano molte anime, è chiaro segno di una
spiritualità non rettamente vissuta.

La facoltà dell’anima che viene maggiormente esercitata in questo primo grado di preghiera
è la volontà, a scapito delle altre due.

3. La preghiera mentale

Tale preghiera è descritta nella seconda mansione del Castello interiore di Teresa d’Avila, e
consiste nell’applicazione della mente ad una verità soprannaturale al fine di averne una
convinzione sempre più profonda e quindi amarla, con l’aiuto della grazia.

Occorre evitare due scogli nella pratica della meditazione: l’eccessiva rigidità e l’eccessivo
abbandono. All’inizio della vita spirituale è indispensabile attenersi a un metodo particolareggiato.
Poi a mano a mano che si crescerà si sentirà sempre meno la necessità di ricorrere ad esso e arriverà
il momento nel quale il suo utilizzo rappresenterà un vero impedimento all’orazione.

Tra tutti i metodi quello ignaziano è il più noto e quindi lo riporto schematicamente:

la preparazione vespertina della preghiera, che comprende la lettura dei passi della Bibbia
sui quali verterà l’orazione e la consultazione di un commento che ne chiarisca il contesto;

le addizioni, che comprendono: prima di andare a dormire pensare brevemente a cosa si


mediterà l’indomani; la mattina appena svegli rimanere nella disposizione che meglio conviene alla
preghiera; prima di iniziare a pregare porsi alla presenza di Dio, compiendo un atto di riverenza e
poi scegliere l’atteggiamento corporeo che meglio si addice all’orazione e che aiuta a trovare quello
che si desidera; riprendere quindi, il brano scelto per la preghiera, e chiedere a Dio che tutte le
intenzioni, e operazioni della preghiera, siano ordinate al Suo servizio e lode;

i preamboli, ovvero richiamare alla memoria la storia sulla quale si prega; immaginare il
luogo in cui è ambientata, con i vari personaggi coinvolti e chiedere il frutto che si desidera ottenere
dalla preghiera. Circa l’ultimo punto, è pedagogicamente utile disporsi ad accogliere qualche dono
relativo a quello che si vuole raggiungere attraverso l’orazione. Poi si prega affinché Dio liberi da
ciò che si è chiesto, poiché Egli solo sa di cosa abbiamo veramente bisogno per relazionarci con
Lui;

il cuore dell’orazione, che implica l’applicazione delle tre facoltà dell’anima: memoria,
intelletto e volontà. La memoria si rivolge al passato attingendovi il ricordo delle meraviglie di Dio
e ponendosi in un atteggiamento ricettivo. L’intelletto cerca di leggere il significato della storia e di
trarne luce e conoscenza intima. La volontà cerca di far emergere la praticità dell’orazione, mirante
ad avviare un processo graduale di liberazione che apre alla novità di vita in Dio;

il colloquio, che chiude la preghiera con alcune invocazioni orali rivolte a Dio. Lo si
ringrazia per la preghiera e per quanto è accaduto in essa e si recita un Padre nostro o un’altra
preghiera vocale. Questo momento introduce in un dialogo io-tu con Dio e deve essere fatto
seguendo lo stato d’animo del momento, con grande affetto e tutto il cuore. Si raccomanda anche un
colloquio con Maria e un santo amico, che intercedano per noi e ci aiutino;

l’esame della preghiera, ovvero la sintesi di ciò che si è conseguito o meno al termine
dell’orazione. Esso comprende: annotare come ci si è disposti e come si è collaborato all’andamento
della preghiera (scelta del luogo della preghiera, della posizione corporea assunta); segnare i punti
nei quali si è provato maggior gusto spirituale (stupore, fiducia, desiderio di conversione); segnare i
punti nei quali si è provato minor gusto spirituale (resistenze, distrazioni, tentazioni); annotare come
si è conclusa la preghiera (maggior consolazione o desolazione, nuove decisioni prese).

Non tutti gli argomenti convengono a tutti e neppure alla stessa persona in condizioni
diverse. Conviene scegliere, per la preghiera, argomenti semplici, brevi e chiari.

L’efficacia della meditazione dipende molto dalla costanza, dalla regolarità nel suo esercizio
e dalla necessità di un tempo determinato.

Ordinariamente il luogo deputato è una cappella, ma si può pregare in qualsiasi posto che
inviti al raccoglimento, nel silenzio e nella solitudine. In essa è Dio infatti, che parla al cuore.

Anche la posizione del corpo è importante nell’orazione. Chi prega è l’anima, non il corpo,
ma data la loro relazione, la posizione del corpo si ripercuote nell’anima, che ne risulta influenzata.

La durata della meditazione non può essere la stessa per tutti e per tutte le tipologie di vita.
Tale è un principio generale, in concreto non si deve imporre ai principianti più di una mezz’ora di
meditazione al giorno e si aumenterà il tempo a misura che cresceranno le forze del soggetto.

La facoltà dell’anima che viene maggiormente esercitata in questo secondo grado di


preghiera è l’intelletto, a scapito delle altre due.

 
4. La preghiera di raccoglimento attivo

Tale preghiera corrisponde alle terze mansioni del Castello interiore di Teresa e consiste in
una semplice attenzione amorosa a Dio in se stesso o a qualche sua perfezione, a Cristo o a qualche
suo mistero.

Essa è una orazione ascetica estremamente semplificata, nella quale il discorso si è


trasformato in semplice sguardo intellettuale e gli affetti in semplice attenzione amorosa a Dio.

L’orazione continua ad essere ascetica ma comincia già a sentire le prime influenze


dell’orazione infusa alla quale dispone. E sono presenti elementi acquisiti e infusi che si mescolano
in proporzioni diverse.

A causa della sua semplicità, non esiste in questa orazione, un metodo propriamente detto.
Tutto si riduce a guardare e ad amare. Possono però, essere utili alcuni consigli su come porsi.

Meglio che la persona non preceda in tale orazione quando può discorrere e ricavare frutto
dalla meditazione, non cerchi poi, di paralizzare il discorso, altrimenti cadrebbe in ozio.

Eviti però anche l’estremo opposto, non si aggrappi alla meditazione e nemmeno alla
moltitudine di atti dell’orazione precedente, se avverte chiaramente che il suo spirito rimane con un
certo gusto nell’amorosa presenza di Dio, senza moltiplicazione di atti.

Conviene che essa abbia preparato una data materia, come se si trattasse di una semplice
meditazione e poi, sia disposta ad abbandonarla immediatamente, se così avverte.

Deve inoltre cercare di mantenersi in amorosa attenzione verso Dio, lottando contro le
distrazioni. E se necessario, ricorrere anche al discorso della ragione, perchè a motivo della
semplicità di tale orazione, è difficile permanere a lungo in essa, per cui la persona, dovrà essere
eventualmente pronta a passare nuovamente alla meditazione per evitare, eventualmente anche di
perdere tempo.

Non si dimentichi poi, che il frutto della preghiera si deve tradurre sempre in un
miglioramento generale della vita cristiana.

Siccome la grazia tende sempre più a semplificare la nostra condotta fino a ridurla all’unità
nell’amore, dobbiamo accrescere questa tendenza nelle nostre relazioni con Dio e con il prossimo.

La pratica di questa orazione deve cominciare con un atto di fede in Dio, presente ovunque e
in Cristo, il cui sguardo non ci lascia mai. E continuare poi per tutta la giornata, per cui, pur
attendendo agli ordinari doveri, la persona permane unita a Dio, lo guarda e lo ama.
Questo raccoglimento è eccellente disposizione alla contemplazione infusa, della quale per
altro, partecipa già in parte. L’anima con minore sforzo ottiene risultati santificanti più intensi e la
sua vita spirituale va semplificandosi e perfezionandosi sempre più, perché ogni nuovo grado di
orazione rappresenta un nuovo avanzamento.

Ricordiamo infine, che non possiamo comunque, parlare in senso esclusivo di tappa ascetica
e di tappa mistica. Entrambi gli aspetti della vita cristiana si compenetrano vicendevolmente, di
modo che gli asceti ricevono a volte certe influenze mistiche e i mistici procedono a volte
asceticamente.

L’unica cosa certa è che nella prima tappa, predominano gli atti ascetici e nella seconda i
mistici, ma senza che questi si possano attribuire esclusivamente a una data fase della vita
spirituale.

La facoltà dell’anima che viene maggiormente esercitata in questo terzo grado di preghiera è
la memoria, a scapito delle altre due.

5. La preghiera di quiete

Tale preghiera corrisponde alle quarte mansioni del Castello interiore di Teresa e consiste in
uno stato di conoscenza e di amore, infusi direttamente da Dio.

Consta di due fasi: una precedente, detta di raccoglimento passivo o infuso, che produce
nella persona, un grande amore sensibile e una successiva, detta di sonno delle potenze, che produce
una grande concentrazione in Dio.

Tale orazione è la forma più completa e ricca di vita mistica in senso stretto. Quella che
trascende ogni sapere discorsivo, compreso quello teologico, per cui quantunque in se, cioè circa
l’oggetto, la persona che prega, niente sappia di Dio che il teologo non conosca o possa conoscere
mediante la sua indagine speculativa, tuttavia, essa possiede dei misteri divini, una conoscenza
infinitamente più intima e profonda.

Dio si rivela attraverso la Sua azione nella persona, in modo tale che questa diviene
consapevole di siffatta presenza divina. Dio si fa intimo al soggetto, agendo sul suo centro, ovvero
attirando a se tutte le sue forze, illuminandolo e accendendolo di una luce e di un ardore
soprannaturali.

Tale è l’esperienza viva della presenza di Dio che illumina, infiamma e inebria l’essere
umano ed è un dono completamente gratuito, legato alla vita della persona e dipendente dalle scelte
della libertà di Dio.

Il motivo per cui sono pochi coloro che giungono a questo grado di preghiera, va ricercato
nella scarsa disponibilità delle persone a disporvisi prima e poi a lasciarvisi portare da Dio.

Ciò accade, non perché Lui vuole che siano poche le persone che vi giungono, che anzi
vorrebbe che tutti vi arrivassero, ma perché trova molte persone fiacche e rifuggenti subito da ogni
minima forma di mortificazione e che non desiderano progredire nella loro purificazione ed
elevazione dalle realtà meramente terrene, per le quali si richiedono fermezza e costanza molto
superiori a quelle che esse dimostrano.

Le tre facoltà dell’anima sono ormai semplificate ed esercitate finalmente insieme e con la
pratica di questo tipo di orazione, il cammino spirituale della persona entra compiutamente nella
vita mistica.

Tale orazione comprende anche i doni dello Spirito Santo, che perfezionano le singole
facoltà dell’anima, per cui:

la facoltà dell’intelletto è perfezionata dall’intelletto (che intuisce le verità rivelate e le verità


naturali in ordine al fine soprannaturale), dalla scienza (che giudica rettamente delle cose create in
ordine al fine soprannaturale) e dal consiglio (che giudica rettamente nei casi particolari, ciò che
conviene fare in ordine al fine ultimo);

la facoltà della memoria è perfezionata dal timor di Dio (che comporta una docilità a
sottomettersi al volere di Dio, a motivo della riverenza a Lui dovuta);

la facoltà della volontà è perfezionata dalla fortezza (che irrobustisce l’anima affinché
pratichi le virtù eroiche con fiducia e superi le difficoltà che possono sorgere), dalla pietà (che
tributa a Dio, considerato Padre, il servizio dovutogli e l’affetto filiale, che poi estende anche ai
fratelli) e dalla sapienza (che aiuta a giudicare rettamente di Dio e delle realtà divine nelle loro
cause e ce le fa gustare per una certa connaturalità).

6. Le orazioni di unione: piena, semplice e perfetta

Tali orazioni corrispondono alle quinte, seste e settime mansioni del Castello interiore di
Teresa e si chiamano rispettivamente: unione semplice, unione piena e unione perfetta.

L’unione semplice è l’orazione  nella quale le facoltà dell’anima sono interamente occupate
in Dio; l’unione piena estende tale occupazione in Dio anche ai sensi e l’unione perfetta infine,
allarga questa occupazione anche all’io profondo, rendendo veramente l’orante, una cosa sola con
Dio.

L’esperienza dell’unione con Dio è caratterizzata dai seguenti punti:

l’avvicinarsi a Lui è sconcertante. Nessun essere umano può essere avvicinato dalla santità
di Dio senza venirne sopraffatto. Sulla persona giunta a questo grado di orazione, grava ormai
qualcosa del peso stesso di Dio, ed essa non può sopportarlo. Il lampo della luce divina è troppo
intenso e brucia i suoi occhi. L’abisso di Dio è vertiginoso e lo sguardo non riesce a fissarlo;

l’esperienza dell’unione con Dio è illuminante. Ogni cosa ritorna alla verità: Dio su tutto,
tutto da Dio. Investiti da una luce suprema, i soggetti qui giunti, diventano le guide spirituali più
sicure per aiutare altri a guardare dentro la realtà e oltre la realtà, sono loro i veri mistagoghi, al pari
degli esploratori che entrarono per primi nella terra promessa e poi tornarono a riferire ciò che
avevano visto;

tale stadio spirituale è anche rettificante. Non ha niente della paura o del timore dei primi
stadi della vita spirituale, né si accomuna al terrore di ricevere un qualche castigo, piuttosto produce
effetti di vita: dissolve la pretesa dell’uomo di bastare a se stesso, lo decentra e lo stana
completamente da se;

la percezione sperimentale di Dio induce a lodarlo. La persona ormai coglie qualcosa della
infinita eccellenza di Dio, che si impone come assoluta e suprema perfezione. E al suo cospetto,
viene travolta dall’onda di una lode grande e incondizionata;

tale fase ultima della vita spirituale è anche purificante. Che cosa è il peccato lo sanno i
santi, non i peccatori, poiché il peccato è disprezzo della volontà di Dio e solo chi comprende
quanto questa volontà sia degna di essere amata, si rende conto della sua gravità. In verità,
riconosciamo il bene solo se lo facciamo e riconosciamo il male solo se lo evitiamo. E in tal modo
l’avvicinarsi a Dio è anche un fuoco purificatore;

l’essere in Dio è dinamico. Nello spirito dei soggetti qui giunti, resi ormai cristallini
dall’avvenuta purificazione e liberi dai vincoli caduchi, esplode l’amore; rappresentato dalla realtà
di cui traboccano le loro opere;

Dio ormai è la loro gioia. La conoscenza alla quale conducono le orazioni di unione, è
beatificante ed elargisce alle persone, una gioia che supera e trascende qualsiasi altro gaudio. Il suo
eccesso colma questi soggetti oltre ogni immaginazione: essi hanno veramente ormai trovato in Dio,
la pace e l’unico necessario;

Dio ha dilatato il loro amore. Egli ha scavato in questi soggetti, una capacità nuova e più
grande di comunione, lasciandoli nel contempo, sempre sazi e sempre affamati: le orazioni di
unione accomunano infatti, il riposo e il movimento. Esse costituiscono l’anticamera
sperimentabile, qui in terra, della visione beatifica.

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