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Lo
studio
da
me
condotto
è
volto
ad
analizzare
la
disciplina
legale
nonché
le
eventuali
problematiche
e
tecniche
di
stima
riguardo
l’ipotesi
in
cui
a
seguito
della
morte
del
socio
di
società
di
persone,
si
verifichi:
1) La
liquidazione
della
società
per
scioglimento
anticipato
della
stessa
conseguente
alla
morte
del
socio;
2) la
liquidazione
della
quota
del
socio
defunto
all’erede/eredi.
LO
SCIOGLIMENTO
ANTICIPATO
DELLA
SOCIETA’
POSIZIONE DEI SOCI SUPERSTITI
Nel
caso
in
cui
i
soci
superstiti
preferiscano
sciogliere
la
società,
la
decisione
deve
essere
adottata
con
il
consenso
unanime
dei
soci
superstiti.
Nel
silenzio
della
legge,
si
ritiene,
infatti,
che
l’ipotesi
configuri
lo
scioglimento
anticipato
della
società
–
ex
art.
2272,
n.3,
c.c.
–
per
<<volontà
di
tutti
i
soci>>.
POSIZIONE DEGLI EREDI
Quanto
alla
posizione
degli
eredi,
la
giurisprudenza,
anche
di
recente,
afferma
che
gli
eredi,
aventi
causa
dal
socio
premorto,
sono
titolari
esclusivamente
di
un
diritto
alla
liquidazione
della
quota
del
loro
dante
causa.
(Più
correttamente,
è
stato
evidenziato
che
essi
vantano
non
un
diritto,
ma
un
<<aspettativa>>
a
ricevere
una
quota
dell’eventuale
attivo
residuo.)
diritto
che
sorge
indipendentemente
dal
fatto
che
la
società
continui
o
si
sciolga.
Ed
esclude,
peraltro,
che
gli
eredi
acquistino,
per
solo
effetto
della
successione,
la
posizione
di
quest’ultimo
nell’ambito
della
società.
In
altri
termini,
secondo
la
giurisprudenza
ormai
dominante,
gli
eredi
del
socio
premorto
sono
e
rimangono
estranei
alla
società.
Se
ne
desume:
In
particolare,
che
nel
caso
in
cui
soci
superstiti
si
avvalgano
della
facoltà
di
sciogliere
il
sodalizio,
gli
eredi
non
sono
titolari
degli
stessi
diritti
riconosciuti
ai
soci,
cioè
non
vantano
un
diritto
a
partecipare
alla
procedura
di
liquidazione
(non
partecipano
alla
decisione
di
liquidazione,
né
nominano
e
revocano
i
liquidatori).
Al
rigore
di
questa
norma
corrisponde
un
evidente
vantaggio
in
termini
di
RESPONSABILITA’
Gli
eredi,
non
subentrano
nella
posizione
del
socio
defunto,
di
conseguenza
non
rispondono
delle
obbligazioni
sociali
assunte
dalla
società
successivamente
alla
morte
del
socio.
In
definitiva,
per
vedere
soddisfatto
il
loro
diritto
alla
liquidazione
della
quota
del
socio
defunto,
gli
eredi
devono
attendere
che
si
compiano
le
operazioni
di
liquidazione
della
società
per
partecipare
con
i
soci
alla
divisione
dell’attivo
che
eventualmente
residua
dopo
l’estinzione
dei
debiti
sociali.
Liquidazione
della
quota
del
socio
defunto,
liquidazione
della
società
conseguente
alla
morte
del
socio.
2
La
causa
di
scioglimento
della
società
tout
court
-‐
nel
nostro
caso
–
volontà
di
tutti
soci
superstiti
di
sciogliere
la
società-‐
comporta
l’automatico
ingresso
della
società
nella
fase
di
liquidazione.
Es.:
-‐ si
decide
di
sciogliere
anticipatamente
quando
le
competenze
tecniche/professionali
del
de
cuius
erano
determinanti
e
dominanti
nella
conduzione
dell’attività
della
società.
-‐ Si
addiviene
ad
uno
scioglimento
anticipato
della
società
quando
entro
6
mesi
dalla
morte
del
socio,
non
si
ricostituisce
la
pluralità
dei
soci
-‐ Nelle
s.a.s.
nell’ipotesi
in
cui
non
venga
nel
termine
di
6
mesi
ripristinata
la
presenza
degli
accomandanti
o
degli
accomandatari.
La
liquidazione
è
la
fase
in
cui
si
procede
al
realizzo
del
patrimonio
aziendale,
alla
definizione
dei
rapporti
giuridici
ancora
pendenti,
all’estinzione
delle
passività
ed
alla
restituzione
dell’eventuale
residuo
attivo
ai
soci.
Solo
dopo
il
completamento
di
questa
fase
la
società,
non
avendo
più
alcun
parimonio
(né
alcun
socio
per
effetto
della
restituzione
del
conferimento)
si
estingue
mediante
la
cancellazione
dal
registro
delle
imprese.
Lo
scioglimento
anticipato
della
società
si
può
analizzare
nelle
sue
tre
fasi:
-‐ SCIOGLIMENTO
-‐ LIQUIDAZIONE
-‐ ESTINZIONE
SCIOGLIMENTO:
Intervenuta
una
delle
cause
di
scioglimento
–la
morte
del
socio-‐
la
società
non
si
scioglie
immediatamente,
ma
rimane
in
vita
allo
scopo
di
definire
i
rapporti
pendenti.
Il
verificarsi
di
una
causa
di
scioglimento
determina
un
mutamento
nello
scopo
del
contratto
sociale
che
non
è
più
quello
dell’esercizio
in
comune
di
una
attività
economica,
ma
solo
quello
di
realizzare
direttamente
il
patrimonio
sociale.
LIQUIDAZIONE:
Quanto alle concrete modalità della liquidazione, la legge si rimette in via generale alla volontà dei
soci. E' stato addirittura deciso nel senso della possibilità per costoro di liberamente determinarne
le modalità (Tribunale Lodi, 15 luglio 2005 n.474 Nelle società personali i soci possono
liberamente determinare, prescindendo da formalismi particolari, oltre allo scioglimento,
anche le modalità della liquidazione, ove necessaria, per addivenire, attraverso la
definizione dei rapporti pendenti, all'estinzione della società, poichè la liquidazione è
stabilita nell'interesse dei soci e non dei creditori sociali.). In difetto di speciali
statuizioni, questa è fatta da una o più persone appositamente incaricate e denominate
liquidatori (art. 2275 cod. civ. ). Spesso la persona di questi ultimi viene a coincidere con quella
dei precedenti amministratori. Infatti ragioni di praticità consigliano spesso di mantenere una linea
di continuità rispetto alla conduzione pregressa degli affari.
LE SOCIETA’ DI PERSONE POSSONO OMETTERE DI ATTUARE UNA FORMALE FASE DI
LIQUIDAZIONE
Giova al riguardo precisare che, nell'ambito delle società a base personale (al contrario di
quanto è dato di osservare relativamente alle società di capitali), la fase liquidativa si palesa,
secondo la prevalente opinione, come meramente eventuale e facoltativa
Liquidazione
della
quota
del
socio
defunto,
liquidazione
della
società
conseguente
alla
morte
del
socio.
3
Ben può darsi infatti il caso in cui i soci diano atto, contestualmente alla constatazione
dell'intervenuta verificazione di una causa di scioglimento, dell'insussistenza di elementi
patrimoniali passivi o attivi ovvero di aver proceduto alla sistemazione dei reciproci rapporti con
modalità alternative convenzionalmente predeterminate (cfr. Cass. Civ. Sez. II,860/921 ; Cass.
Civ. Sez. I, 6212/80 2). In una siffatta situazione si addiverrebbe direttamente allo scioglimento
della società senza farsi luogo ad alcuna fase liquidatoria, intesa come procedimento a sè stante.
E' anche possibile che i soci decidano di pervenire alla estinzione della società in esito a percorsi
alternativi, eventualmente ricorrendo all'intervento giudiziale (Cass. Civ. Sez. I, 2376/00 3 ).
La nomina potrà essere effettuata con il consenso di tutti i soci (art. 2275 cod. civ. ). La
possibilità che essa intervenga a semplice maggioranza potrà tuttavia scaturire da apposita
previsione del contratto sociale. In caso di disaccordo, la nomina è devoluta al Presidente del
tribunale, il quale vi provvede in esito all'istanza degli amministratori, di un singolo socio od anche
di un creditore sociale.
Con la successiva accettazione della nomina (che ben può intervenire anche tacitamente: Cass.
Civ. Sez. I, 1235/714 ) i liquidatori prendono il posto degli amministratori. La fase di liquidazione
1
Cass. civile, sez. II del 1992 numero 860 (27/01/1992) Nelle società di persone (così come nelle società di fatto e nelle società
irregolari), per cui le ragioni dei creditori sociali sono garantite dal regime di responsabilità illimitata dei soci, il divieto fatto ai liquidatori
di ripartire fra i soci, anche solo parzialmente, i beni sociali (art. 2280 cod.civ.) finchè non siano stati pagati i creditori sociali o non siano
state accantonate per il pagamento dei debiti non ancora scaduti le somme necessarie, non è imposto dalla legge in modo assoluto; il
procedimento di liquidazione, infatti, può essere omesso nel caso in cui lo statuto stabilisca quale destinazione debba avere il
patrimonio sociale, ovvero quando, in mancanza di apposito patto, i soci siano d' accordo nel procedere alla definizione integrale dei
loro rapporti preesistenti.
2
Cass. civile, sez. I del 1980 numero 6212 (22/11/1980) L'estinzione di una società di persone non richiede necessariamente un
formale procedimento di liquidazione (art. 2275 cod. civ.) e si verifica anche per effetto dell'accordo dei soci diretto alla cessazione
dell'ente sociale, previa definizione con libere modalità, dei rapporti ad esso inerenti.
3
Cass. civile, sez. I del 2000 numero 2376 (03/03/2000) Nelle società di persone (nella specie, società di fatto), il procedimento
formale di liquidazione non è imposto dalla legge in modo assoluto, in quanto i soci possono evitarlo decidendo di pervenire alla
estinzione dell'ente sociale con altre modalità, ed, eventualmente, con l'intervento di un giudice. L'esistenza di un tale accordo non è
esclusa da semplici divergenze nella determinazione della entità delle quote, ma solo dal rifiuto - anche implicitamente manifestato - di
addivenire alla definizione dei rapporti sociali secondo modalità diverse da quelle proprie del procedimento legale di liquidazione.
4
Cass. civile, sez. I del 1971 numero 1235 (26/04/1971) A norma dell'art. 2310 cod. civ., applicabile anche alle società di capitali in
forza dell'art. 2452 dello stesso codice, dall'iscrizione (e temporaneamente dall'adempimento delle formalità previste dall'art. 100 disp.
att. cod. civ.) della nomina dei liquidatori, la rappresentanza della società, anche in giudizio, spetta ai liquidatori medesimi.
L'accettazione della nomina di liquidatore di una società, pur non potendo presumersi, può tuttavia desumersi da atti che evidenzino in
maniera univoca una effettiva assunzione della veste di liquidatore, non essendo per essa prevista dalla legge una determinata forma
ed essendo, dall'altra parte, l'iscrizione nel registro delle imprese delle deliberazioni o dei provvedimenti di nomina diretta unicamente a
rendere opponibile ai terzi lo status della società conseguente al suo scioglimento.
Liquidazione
della
quota
del
socio
defunto,
liquidazione
della
società
conseguente
alla
morte
del
socio.
4
inizia con la sostituzione dell’organo amministrativo.
Una volta che il o i liquidatori siano stati nominati, essi sostituiscono in tutto e per tutto gli
amministratori, sia nella rappresentanza della società, sia nella titolarità del potere di gestione
(Cass. Civ. Sez. II, 6787/95 ).
Ai sensi dell'art. 2277 cod. civ. gli amministratori devono consegnare ai liquidatori:
-‐ i beni
-‐ i documenti sociali
-‐ presentando inoltre il conto della gestione precedente.
Contenuto: è relativo alla frazione di esercizio che va dalla data dell’ultimo bilancio alla data di
inizio della procedura di liquidazione.
Criteri di valutazione i criteri sono quelli tipici delle aziende in funzionamento ed hanno lo scopo
di determinare il risultato economico della gestione della frazione di esercizio.
La legge non prevede un termine per la presentazione del rendiconto da parte degli amministratori
ai liquidatori, che però non potrà coincidere con quello della consegna dei beni e dei documenti
contabili, a motivo dei tempi tecnici di redazione, anche se dovrà avvenire in tempi
ragionevolmente brevi.
Liquidazione
della
quota
del
socio
defunto,
liquidazione
della
società
conseguente
alla
morte
del
socio.
5
Viste le funzioni del rendiconto, si deve ritenere che il documento deve essere redatto anche nel
caso in cui le persone dei liquidatori coincidano con quelle degli amministratori.
Si tenga a riguardo presente che, il documento va redatto soprattutto per rispettare un preciso
adempimento fiscale.
Art. 2277 c.c secondo comma: i liquidatori devono prendere in consegna i beni e i documenti sociali, e redigere,
insieme con gli amministratori, l'inventario dal quale risulti lo stato attivo e passivo del patrimonio sociale. L'inventario
deve essere sottoscritto dagli amministratori e dai liquidatori.
Tutti insieme provvedono poi alla redazione ed alla sottoscrizione dell'inventario dal quale
risulti lo stato attivo e passivo del patrimonio sociale.
In una prospettiva diversa, la dottrina ritiene che l'inventario non avrebbe una funzione estimativa, ma
soltanto ricognitiva dello stato in cui si trova il patrimonio sociale.
In altri termini, l'inventario servirebbe solo per individuare le responsabilità facenti capo ad amministratori e
liquidatori in relazione alla gestione di rispettiva competenza .
Cosa dire dell'eventualità, del tutto usuale, in cui le persone dei liquidatori vengano a coincidere con quelle
dei precedenti amministratori? V'è chi ipotizza in questo caso la permanenza del solo obbligo di procedere
all'inventario . Se tuttavia si sostenesse il parere, da ultimo riferito, secondo il quale l'inventario avrebbe la
mera utilità di scandire le responsabilità tra amministratori e liquidatori, appare chiaro come non vi sarebbe
alcuna ragione per procedere alla redazione dello stesso.
Criteri di valutazione:
-‐ per le Attività: presunto valore di realizzo
Liquidazione
della
quota
del
socio
defunto,
liquidazione
della
società
conseguente
alla
morte
del
socio.
6
il radicale mutamento dei criteri di valutazione rispetto al bilancio di esercizio determina che alcune
voci tipicamente presenti nel primo, non possono essere iscritte nel bilancio di liquidazione.
Quindi tutti i costi pluriennali che non si traducono in beni materiali o immateriali suscettibili di
autonomo realizzo, quali:
.spese d’impianto e di ampliamento
. spese di pubblicità
. spese di ricerca e sviluppo
vanno STRALCIATE.
Di contro, il radicale mutamento dei criteri di valutazione rispetto al bilancio di esercizio, impone di
iscrivere anche eventuali valori presenti nel patrimonio, suscettibili di essere autonomamente
realizzati sul mercato, ma non iscritti in bilancio poiché generati internamente senza il
sostenimento di alcun costo:
. know-how aziendale
. la rete vendita
. il marchio.
Per le voci già presenti nel bilancio di esercizio e che continuano a permanere anche
nell’inventario di liquidazione i nuovi criteri di valutazione da applicare determineranno
mutamenti spesso consistenti nei loro valori.
-‐ Si pensi alle IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI es impianti e macchinari, il cui
valore di realizzo diretto sul mercato si approssima spesso a zero, tenuto anche
presente dedlle spese di smontaggio e dismissione, che dovranno essere
considerate a decurtazione del valore di realizzo diretto.
-‐ Per contro, per le IMMOBILIZZAZIONI IMMATERIALI il criterio di presunto
realizzo potrebbe evidenziare valori maggiori rispetto al criterio del costo.
-‐ Anche per le GIACENZE DI MATERIE E PRIME E DI PRODOTTI FINITI O MERCI,
nonostante i criteri di valutazione impongono di adottare il minor valore fra
quello di costo e quello desumibile dall’andamento del mercato, l’esigenza di
procedere al realizzo dell’intera giacenza e la prospettiva di cessazione
dell’attività, determinerranno valori di realizzo probabilmente inferiori a quelli di
bilancio.
-‐ Anche i CREDITI devono essere valutati al valore di presunto realizzo, ma è
noto che la cessazione dell’attività aziendale e la conseguente interruzione dei
rapporti commerciali con i clienti, determina maggiori difficoltà di incasso, con
la conseguente necessità, molte volte, di addivenire a transazioni o sconti per
evitare azioni legali lunghe e costose.
-‐ Dal lato delle PASSIVITA’ occorre valutare con attenzione i rischi potenziali
gravanti sull’impresa alla luce della nuova situazione in cui questa viene a
Liquidazione
della
quota
del
socio
defunto,
liquidazione
della
società
conseguente
alla
morte
del
socio.
7
trovarsi, procedendo eventualmente all’iscrizione fra i fondi rischi e spese future
di partite prima indicate solamente fra i conti d’ordine.
-‐ I DEBITI dovranno essere valutati secondo il loro valore nominale, salvo che
non sia ipotizzabile definire alcune posizioni mediante pagamento a saldo e
stralcio.
Il PATRIMONIO NETTO DI LIQUIDAZIONE =ATTIVITA’ – PASSIVITA’
Una volta che il o i liquidatori siano stati nominati, essi sostituiscono in tutto e per tutto gli
amministratori, sia nella rappresentanza della società, sia nella titolarità del potere di gestione
(Cass. Civ. Sez. II, 6787/95 ).
L'art. 2278 cod. civ. dettato espressamente in tema di poteri dei liquidatori, riserva ad essi ampio
spazio di manovra, riconoscendo loro la facoltà di compiere tutti gli atti necessari per la
liquidazione, in particolare esplicitando la possibilità di vendere anche in blocco i beni sociali,
di fare transazioni e compromessi.
l'unica autentica limitazione generale posta dalla legge ai poteri dei liquidatori (fatte salve, si
intende, le preclusioni di cui agli artt. 2279 e 2280, I comma, cod. civ.) è connessa alla finalità della
fase in esame. Occorre che ciascuno dei singoli atti posti in essere siano compiuti per
soddisfare lo scopo liquidativo.
Ai sensi dell'art. 2280 cod. civ. , norma dettata in materia di liquidazione della società
semplice, onde procedere al pagamento dei creditori sociali, qualora i fondi disponibili
risultino insufficienti, i liquidatori possono chiedere ai soci i versamenti ancora dovuti.
Nell'ipotesi in cui neppure in questo modo i debiti sociali risultassero appianati, ai liquidatori è in
ogni caso consentito domandare ai soci le somme a tal fine necessarie, seppur nei limiti
della rispettiva responsabilità ed in proporzione della parte di ciascuno nelle
perdite (art. 2280, II comma, cod. civ. )
Si tratta infatti di una conseguenza della responsabilità personale ed illimitata (salva, per
quest'ultimo aspetto, una diversa convenzione), tipica della società semplice. Quest'obbligo di
eseguire ulteriori versamenti non si confonde con quello dell'apporto conferitario: il socio non è
tenuto ad aumentare il proprio apporto, cioè ad aumentare la propria quota sociale, ma è tenuto a
versare somme oltre detta quota, quando il patrimonio sociale non sia sufficiente ad estinguere le
passività
Occorre notare che i liquidatori possono rivolgere la richiesta di ulteriori versamenti solo ai
soci e non anche ai loro eredi: i diritti della società verso l'erede del socio, che non sia
subentrato nel rapporto sociale, possono infatti essere esercitati solo dopo eseguita la liquidazione
della quota del socio defunto e sempre che detta liquidazione si chiuda in passivo, con un credito a
favore della società (Cass. Civ. Sez. I, 2669/67 )
Liquidazione
della
quota
del
socio
defunto,
liquidazione
della
società
conseguente
alla
morte
del
socio.
8
Responsabilità dei liquidatori (società di persone)
5
Ai sensi dell'art. 2276 cod. civ. gli obblighi e la responsabilità dei liquidatori delle società a base personale, fatte
salve le speciali prescrizioni di cui alle norme immediatamente successive (ed eventualmente ai patti sociali sono
ricavabili con riferimento alle disposizioni stabilite per gli amministratori.
La prescrizione vale dunque anzitutto quale rinvio recettizio all'art. 2260 cod. civ. , che a propria volta richiama la
disciplina del mandato. Analogamente varrà il richiamo anche per l'art. 2261 cod. civ. ai sensi del quale i liquidatori
saranno tenuti a dare notizia ai soci dello svolgimento delle operazioni inerenti la liquidazione, garantendo loro la
consultazione dei documenti e provvedendo alla redazione di un rendiconto annuale qualora le operazioni di
liquidazione si protraggano oltre un anno.
In questo quadro del tutto generale e salva l'analisi che verrà condotta in relazione al problema del compimento di
nuove operazioni, è possibile distinguere tra responsabilità del/dei liquidatore/i nei confronti dei terzi e responsabilità
verso i soci (similmente a quanto prescritto dall'art. 2395 cod. civ. in materia di società di capitali). Il tutto con una
significativa differenza quanto alla natura giuridica: mentre infatti l'eventuale pregiudizio arrecato al socio (che desse
conto di essere stato direttamente danneggiato: cfr. Tribunale di Milano, 26/11/1981 ) costituisce violazione degli
obblighi ex mandato, quello prodotto al terzo non può non avere natura extracontrattuale (Cass. Civ. Sez. I, 3216/94 ).
La responsabilità che incombe al liquidatore della società rinviene il proprio fondamento nella funzione. Perciò egli
risponde non soltanto per gli atti personalmente compiuti, ma anche per tutti quelli che abbia demandato a terzi o
quantomeno consentito o tollerato che altri ponesse in essere, omettendo di vigilare sulla loro esecuzione ed accettando
che i relativi effetti venissero riferiti alla società (Cass. Civ. Sez. III, 365/74 ).
E' di tutta evidenza come fonte di responsabilità per il liquidatore sia qualsiasi condotta contraria alla ragion d'essere
della funzione. La legge ha comunque tipizzato alcune condotte che, per la propria rilevanza antigiuridica, possiedono
speciale evidenza: il compimento di nuove operazioni (art. 2279 cod. civ. ) ed il riparto tra i soci dei beni sociali prima
del pagamento dei creditori (art. 2280 cod.civ.).
E' tuttavia escluso che i patti sociali possano conformare i poteri dei liquidatori in senso eccessivamente
limitativo, come inversamente di ampliarli stravolgendone la funzione (ad esempio rimuovendo il divieto del
compimento di nuove operazioni).
L'attività dei liquidatori è volta in primo luogo al reperimento delle liquidità necessarie per
far fronte ai debiti sociali. Si spiega così agevolmente perchè la legge faccia loro
espressamente divieto di intraprendere nuove operazioni (art. 2279 cod. civ. ).
5
ART. 2276 c.c. Obblighi e responsabilità dei liquidatori. Gli obblighi e le responsabilità dei liquidatori sono regolati dalle disposizioni stabilite
per gli amministratori (2260), in quanto non sia diversamente disposto dalle norme seguenti o dal contratto sociale (2452)
Art. 2260 c.c. Diritti ed obblighi degli amministratori. I diritti e gli obblighi degli amministratoti sono regolati dalle norme sul mandato ( 1703,
1710). Gli amministratori sono solidalmente (1292) responsabili verso la società per l’adempimento degli obblighi ad essi imposti dalla legge e dal
contratto sociale. Tuttavia la responsabilità non si estende a quelli che dimostrino di essere esenti da colpa.
Art. 1703 c.c. Nozione.Il mandato è il contratto con il quale una parte si obbliga a compiere uno o più atti giuridici per conto dell’altra.
Art. 1710 c.c Diligenza del mandatario Il mandatario è tenuto a eseguire il mandato con la diligenza del buon padre di famiglia.
Liquidazione
della
quota
del
socio
defunto,
liquidazione
della
società
conseguente
alla
morte
del
socio.
9
Che cosa si intende per nuove operazioni? Secondo la prevalente opinione ci si riferisce ad
operazioni tipicamente e fisiologicamente comprese nell'attività d'impresa relativa all'oggetto
sociale ed affari non finalizzati all'attività di liquidazione
Cosa accade nel caso in cui il liquidatore non rispetti la prescrizione in esame? La violazione del
divieto relativo al compimento di nuove operazioni comporta la responsabilità personale e
solidale tra i liquidatori per l'operazione conclusa (art. 2279cod. civ. ).
I liquidatori non possono ripartire fra i soci, neppure parzialmente, i beni sociali finché i
creditori sociali non siano stati interamente soddisfatti o non siano accantonate le somme
necessarie per pagarli (art. 2280 cod. civ. ).
II comma dell'art. 2280 cod. civ. prevede infine che, qualora i fondi disponibili risultino insufficienti
per il pagamento dei debiti sociali, i liquidatori hanno la possibilità di chiedere ai soci i
versamenti ancora dovuti sulle rispettive quote e, se occorre, le somme necessarie, nei
limiti della rispettiva responsabilità e in proporzione della parte di ciascuno nelle
perdite. Nella stessa proporzione si ripartisce tra i soci il debito del socio insolvente. La
disposizione da un lato è orientata ad una corretta esecuzione del procedimento di liquidazione,
assicurando che i liquidatori possano assicurarsi le attività con le quali fare fronte al passivo
sociale nota4, dall'altro è dettata anche nell'interesse dei soci. Data la responsabilità personale degli
stessi, infatti ben potrebbe il patrimonio di ciascuno essere aggredito dai creditori sociali
insoddisfatti. Soltanto successivamente, una volta eseguito il pagamento, ciascuno dei soci
escussi potrebbe agire in via di regresso nei confronti degli altri, ciò che appunto mira ad evitare la
norma in considerazione, attribuendo al liquidatore il potere di richiedere a ciascuno di essi le
risorse necessarie per sistemare ogni rapporto passivo. Non risulta tuttavia possibile rivolgere
una siffatta richiesta all'erede del socio defunto, a propria volta non divenuto socio,
nell'ipotesi in cui si tratti del pagamento di debiti relativi alla attività esplicatasi quando il
socio defunto era ancora in vita (Cass. Civ. Sez. I, 2669/67 ).
Giova infine precisare che la possibilità per il liquidatore di richiedere al socio i versamenti in
parola non è condizionata all'inesistenza di attività, bensì soltanto anche alla situazione di
illiquidità, onde il socio non potrebbe legittimamente rifiutarsi di darvi corso (Tribunale di Reggio
Emilia, 10/08/1994 ).
Una volta che le passività sociali siano state estinte è finalmente possibile per il liquidatore
effettuare il riparto delle attività rimaste nel patrimonio della società. A questo scopo sono dettate
le norme di cui agli artt. 2281 , 2282 e 2283 cod. civ..
La prima assume in considerazione l'ipotesi in cui taluno di soci avesse conferito beni in semplice
godimento, la seconda si occupa del riparto dell'attivo, l'ultima dell'eventualità in cui detto riparto
intervenga mediante assegnazione di beni in natura. Rimane inoltre da esaminare la posizione del
socio d'opera, priva di una disciplina legale.
Liquidazione
della
quota
del
socio
defunto,
liquidazione
della
società
conseguente
alla
morte
del
socio.
10
Rendiconto finale e Piano di Riparto
Terminata la fase liquidatoria del patrimonio ed estinte tutte le passività, i liquidatori devono
presentare il BILANCIO FINALE DI LIQUIDAZIONE che per le società di persone trova la sua
disciplina nell’art. 2311 c.c..
Il rendiconto finale di liquidazione sarà formato da S.P. e corredato da C.E. relativo alla gestione
dell’ultimo esercizio.
Quanto alla PUBBLICITA’ Per le società di persone, ai sensi dell’art. 2311 c.c. il bilancio finale di
liquidazione deve essere portato a aconoscenza dei soci /eredi mediante invio a mezzo lettera
raccomandata. Non è prevista l’approvazione.
Per le società di persone, anorma dell’art. 2311 il PIANO DI RIPARTO DELL’ATTIVO è documento
formalmente distinto dal BILANCIO FINALE DI LIQUIDAZIONE.
ESTINZIONE
Liquidazione
della
quota
del
socio
defunto,
liquidazione
della
società
conseguente
alla
morte
del
socio.
11
a)Scioglimento senza liquidazione e contestuale cancellazione della società E'
possibile omettere la fase della liquidazione qualora la società non abbia debiti e
crediti (crediti IVA, autoveicoli o immobili intestati, rapporti pendenti).
In questo caso con un’unica domanda, deve essere depositato l’atto del notaio, con la
richiesta di iscrizione dello scioglimento e della cancellazione. Nell'atto di scioglimento
della società, predisposto dal notaio occorrerà indicare la persona (tra i soci) che per
dieci anni conserverà i documenti e i libri della società
Liquidazione
della
quota
del
socio
defunto,
liquidazione
della
società
conseguente
alla
morte
del
socio.
12
LA
LIQUIDAZIONE
DELLA
QUOTA
DEL
SOCIO
DEFUNTO
La
disciplina
legale
della
liquidazione
del
socio
deceduto
è
contenuta
nell’art.
2289
c.c.
che
si
applica
all’ipotesi
di
scioglimento
del
rapporto
sociale
limitatamente
ad
un
socio
(per
morte,
recesso
e
esclusione
del
socio).
A
norma
dell’art.
2289,
1°
co.
C.c.
:
nel
caso
di
morte,
i
suoi
eredi,
hanno
diritto
soltanto
ad
una
somma
di
denaro
che
rappresenti
il
valore
della
quota,
il
che
tra
l’altro
significa,
per
concorde
dottrina
e
pacifica
giurisprudenza,
che
il
socio
non
può
pretendere
la
restituzione
dei
beni
conferiti
in
proprietà
o
in
godimento.
Ciò
significa
che
gli
eredi
vantano
esclusivamente
un
diritto
di
credito
pecuniario
nei
confronti
della
società
e
che
salvo
patto
contrario
non
possono
pretendere
la
restituzione
dei
beni
conferiti
in
proprietà
(
se
ancora
presenti
nel
patrimonio
sociale)
ovvero
in
godimento
(fino
a
quando
dura
la
società)
La
ratio
della
norma
si
ravvisa,
sotto
il
profilo
giuridico,
nel
principio
dell’intangibilità
del
conferimento
e,
sotto
il
profilo
operativo,
nell’intento
di
consentire
la
continuazione
dell’impresa,
impedendo
la
sottrazione
dei
beni
sociali
alla
loro
destinazione
produttiva.
Breve
analisi
Liquidazione
della
partecipazione
del
socio
che
ha
conferito
beni
in
godimento
Il caso è disciplinato in maniera assai succinta soltanto nell'ambito del procedimento di liquidazione
dell'intera società dall'art. 2281 cod. civ. . La norma prevede il diritto del socio conferente a riprendere il
bene nello stato in cui si trova nota1. Il perimento o il deterioramento consentono di ottenere il risarcimento
del danno a valere sul patrimonio sociale (e salva l'azione contro gli amministratori) soltanto nell'ipotesi in cui
essi derivino da causa imputabile agli amministratori.
Secondo un'impostazione, il godimento del bene dovrebbe essere capitalizzato in base alla
durata. Così al tempo dello scioglimento della società, ovvero (il che ai nostri fini è equivalente) dello
scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad uno soltanto dei soci (a cagione della morte, del recesso o
dell'esclusione), colui che avesse precedentemente apportato il godimento del bene non soltanto ne
riacquisirebbe la disponibilità, ma avrebbe anche diritto ad una somma di denaro ragguagliata al valore del
prorio apporto ed alla situazione patrimoniale della società. Seguendo invece una differente
prospettazione, il socio che avesse conferito il mero godimento di un cespite non avrebbe
altro diritto all'infuori di quello legato alla restituzione di esso. In altri termini, il socio avrebbe
diritto alla restituzione del bene semplicemente nello stato in cui si trova.
Poniamo che in sede di costituzione della società Tizio abbia conferito 100, Caio il godimento di un
immobile sul quale siano state effettuate durante societate migliorie per 50. Al termine del rapporto, liquidate
tutte le passività, residua nell'attivo 150 oltre alle migliorie sull'immobile. Quid juris? È stato deciso, in
un'ipotesi di questo segno, che, una volta restituiti i conferimenti, la distribuzione di ciò che residua tra i soci
in proporzione all'entità dei conferimenti, deve essere effettuata computando anche il valore delle
migliorie (Cass. Civ. Sez. I, 5876/796 ). Ciò sia pure nella misura, conformemente alle indicazioni di cui
6
Cass. civile, sez. I del 1979 numero 5876 (13/11/1979) A seguito dello scioglimento di una società di persone, il socio, che abbia
conferito in godimento beni immobili, ha diritto di riprenderli nello stato in cui si trovano, ritenendo le migliorie e le addizioni che siano
intervenute con il suo consenso, ma è tenuto ad indennizzare la società per tali migliorie ed addizioni, nella minor somma fra l' importo
della spesa ed il valore del loro risultato utile al momento della riconsegna, secondo i criteri dettati dagli artt. 1592 e 1593 cod. civ. in
tema di locazioni, atteso che, per effetto di detto conferimento, la società ha acquisito una detenzione dei beni medesimi analoga a
quella del conduttore sulla cosa ricevuta in locazione.Il diritto del socio di una società di persone a partecipare alla distribuzione del
residuo attivo del patrimonio sociale, in conseguenza dello scioglimento della società stessa, non può essere fatto valere prima del
verificarsi di tale scioglimento, il quale, pertanto, segna il dies a quo per il decorso del relativo termine di prescrizione.In tema di
scioglimento di società di persone, il diritto del socio a partecipare alla distribuzione del residuo attivo del patrimonio sociale, dopo che
siano stati pagati i debiti, restituiti i beni ricevuti in godimento e rimborsati i conferimenti, investe tutte le entità patrimoniali ed i profitti
della società stessa, ivi compresi, pertanto, quegli incrementi derivanti da migliorie ed opere di trasformazione di beni sociali.
Liquidazione
della
quota
del
socio
defunto,
liquidazione
della
società
conseguente
alla
morte
del
socio.
13
agli artt. 1592 e 1593 cod. civ. ) della minor somma fra l'importo della spesa ed il valore del risultato utile al
momento della riconsegna del bene conferito. Nell'esempio effettuato, le utilità ulteriori rispetto ai
conferimenti iniziali sono pari a 100 (50 liquidità, 50 valore delle migliorie): questo valore dovrebbe essere
ripartito tra i soci proporzionalmente al valore dei conferimenti. Ne segue l'indispensabile esigenza, in
sede di conferimento del godimento del bene, di fissare un valore convenzionale del
medesimo.
Potrebbe anche verificarsi una diversa situazione in cui residuassero corpose plusvalenze liquide. Un esempio
pratico potrà valere a meglio illustrarne la dinamica. Si ipotizzi che, in sede di costituzione della società,
Tizio abbia apportato il godimento per anni venti di uno stabile industriale a fronte della quota di metà della
partecipazione nella società della quale è socio anche Caio, il quale vi ha apportato a propria volta la somma
di denaro pari a 1000. Giunto il termine previsto per la durata della società, la società presenta nelle casse un
attivo netto di 9000. Seguendo quest'ultima tesi Tizio vanterebbe unicamente il diritto alla restituzione
dell'opificio, mentre Caio, una volta rimborsato della somma di 1000 siccome originariamente versate, si
gioverebbe dell'ingente residuo di cassa. E' palese l'iniquità di una siffatta situazione.
In giurisprudenza è stato deciso che, nell'ipotesi di scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad un
socio, la liquidazione vada commisurata all'utilità che la società ha ricavato dal fatto di essere stata titolare di
un diritto di godimento sul bene (Cass. Civ. Sez. I, 5853/84 7 ).
nota1
Anche quando il vincolo sociale si sciolga limitatamente ad un solo socio, non può comunque essere revocato
in dubbio il diritto di costui alla restituzione in natura del bene oggetto del conferimento in mero godimento
(Cass.Civ.Sez.I, 2171/8).
Breve
analisi
Scioglimento
della
società
e
liquidazione
della
quota
del
socio
che
ha
conferito
la
propria
opera
Quando il socio di una società a base personale ha conferito semplicemente la propria opera si
pone la questione di determinarne le spettanze economiche in esito allo scioglimento della società.
In tal caso la regola generale di cui all'art. 2282 cod. civ. prevede che, dopo esser state estinte le
passività, "l'attivo residuo è destinato al rimborso dei conferimenti. L'eventuale eccedenza è
ripartita tra i soci in proporzione della parte di ciascuno nei guadagni". Quale ulteriore regola per i
conferimenti diversi dal denaro, la stessa norma prosegue affermando che l'ammontare di essi "è
determinato secondo la valutazione che ne è stata fatta nel contratto o, in mancanza, secondo il
valore che essi avevano nel momento in cui furono eseguiti."
7
Cass. civile, sez. I del 1984 numero 5853 (17/11/1984) n ipotesi di uscita del socio da una società di persone la conseguente
definizione dei rapporti fra socio e società, che va attuata attraverso la liquidazione della quota del socio uscente, deve essere
effettuata tenendo presenti i criteri stabiliti in relazione alla divisione del patrimonio sociale, con la conseguenza che ove oggetto del
conferimento non sia stata la proprietà della cosa conferita, ma solo il godimento della stessa, oggetto della liquidazione - cui ha diritto il
socio uscente - non può essere una somma di denaro pari al valore della proprietà del bene - mai entrata nel patrimonio della società -
ma una somma che corrisponda all'utilità che la società ricava dall'essere titolare di un diritto di godimento.
8
Cass. civile, sez. I del 1953 numero 2171 (08/07/1953) La disposizione dell'art. 2289 cod. civ., la quale dispone che nei casi in cui il
rapporto sociale si scioglie limitatamente a 1 socio, questi o i suoi eredi hanno diritto soltanto a una somma di denaro che rappresenti il
valore della quota, non mira ad escludere il diritto del socio recedente alla restituzione del bene di cui ha conferito in società soltanto il
godimento e l'uso, ma tende unicamente a porre il principio generale che la determinazione della quota spettante al socio uscente
sull'attivo sociale non va fatta in natura.
Liquidazione
della
quota
del
socio
defunto,
liquidazione
della
società
conseguente
alla
morte
del
socio.
14
A proposito del conferimento dell'opera sono state al riguardo prospettate due opinioni. Secondo la
prima occorrerebbe innanzitutto procedere al rimborso del valore nominale del
conferimento ai soci che hanno compiuto apporti di capitale. Soltanto successivamente a
questa operazione l'eventuale differenza potrebbe essere ripartita in proporzione alla
misura della partecipazione agli utili fissata nel contratto sociale, coinvolgendo così anche
il socio d'opera nota1.
Secondo altra opinione, si sottolinea che la mancata distinzione nell'art. 2282 cod. civ. del tipo di
conferimento, impone di trattare in modo eguale tanto i soci di capitali quanto i soci d'opera.
In tal modo nell'ambito della prima fase, quella cioè volta a restituire a ciascun socio quanto
oggetto dell'originario conferimento, occorrerebbe rimborsare al socio d'opera il valore
dell'opera prestata, appositamente capitalizzata nota2.
E' palese, a causa di queste incertezze, l'opportunità di disciplinare la vicenda in forza di appositi
patti in sede di costituzione della società. In difetto di una siffatta previsione potrà farsi ricorso alla
determinazione giudiziale secondo equità ai sensi dell'art. 2263 cod. civ. (cfr. Cass. Civ. Sez.
II, 3980/01 9; Cass. Civ. Sez. I, 9392/99 10).
L’art.
2289
c.c.
stabilisce,
inoltre,
le
modalità
di
determinazione
e
di
pagamento
della
quota.
MODALITA’
DI
DETERMINAZIONE
E
PAGAMENTO
DELLA
QUOTA
Il
parametro
per
determinare
il
valore
della
quota
è
costituito
dalla
<<situazione
patrimoniale
della
società
nel
giorno
in
cui
si
verifica
lo
scioglimento>>
del
rapporto
sociale,
ovvero,
nel
caso
in
esame,
dalla
data
della
morte
del
socio.
Quanto
al
termine
entro
il
quale
adempiere
l’obbligazione
relativa
alla
liquidazione
della
quota
in
favore
degli
eredi,
il
quarto
comma
dell’art.
2289
c.c.
stabilisce,
come
detto,
che
il
pagamento
in
favore
degli
eredi
deve
essere
effettuato
entro
sei
mesi
dal
giorno
in
cui
si
verifica
lo
scioglimento
del
rapporto
sociale.
Occorre
soffermarsi
ulteriormente
sulle
disposizioni
in
commento.
9
Cass. civile, sez. II del 2001 numero 3980 (20/03/2001)
Il criterio di ripartizione dei guadagni e delle perdite, stabilito dal comma
secondo dell'art. 2263 cod. civ. per il socio che ha conferito la propria opera, vale anche all'atto dello scioglimento della società
limitatamente al socio predetto per la determinazione della quota da liquidare a questo o ai suoi eredi. Pertanto, se nel contratto sociale
sia riconosciuta, ai soci che conferiscono soltanto il loro lavoro, parità di diritti nella ripartizione dei guadagni e delle perdite, siffatto
criterio deve seguirsi anche all'atto dello scioglimento del rapporto sociale nella liquidazione della quota al socio uscente. Se, viceversa,
manchi una tale determinazione convenzionale, il valore della quota già spettante al socio conferente la propria opera è, ai fini della sua
liquidazione, fissato dal giudice secondo equità, assumendo a base la situazione patrimoniale della società nel giorno in cui si è
verificato lo scioglimento.
10
ICass. civile, sez. I del 1999 numero 9392 (04/09/1999) In sede di liquidazione della quota di partecipazione al socio uscente di una
società di fatto (nella specie composta da due soci), deve ritenersi viziata da inadeguata motivazione la sentenza di merito, la quale
consideri esclusivamente come socio d'opera il socio uscente, ancorchè egli avesse conferito capitali in misura paritaria rispetto all'altro
socio all'atto della costituzione della società, nonché trascuri, nel procedere alla liquidazione equitativa della quota, la circostanza che,
fino al momento dello scioglimento della società gli utili sociali erano stati divisi in misura eguale fra i due soci (con riferimento a questo
secondo profilo la Suprema Corte, nel cassare con rinvio la sentenza di merito, ha precisato che, in ogni caso, se alla liquidazione
equitativa della quota del socio d'opera uscente può procedersi equitativamente, in applicazione del criterio indicato dall'art. 2263 cod.
civ., per la ripartizione delle perdite dei guadagni, nella relativa valutazione non può mancare la motivata considerazione della misura
della sua partecipazione in via di fatto agli utili).
Liquidazione
della
quota
del
socio
defunto,
liquidazione
della
società
conseguente
alla
morte
del
socio.
15
Il
2°
comma
dell’art.
2289
c.c.
statuisce
che
la
liquidazione
della
quota
va
fatta
in
base
alla
situazione
patrimoniale
della
società
nel
giorno
in
cui
si
verifica
lo
scioglimento.
La
liquidazione
del
valore
della
quota
del
socio
defunto
a
favore
degli
eredi,
impone
di
individuare
il
valore
reale
attuale
del
patrimonio
della
società.
In
altri
termini,
la
determinazione
della
quota
deve
avvenire
sulla
base
della
situazione
patrimoniale
che
registri
la
effettiva
consistenza
economica
del
patrimonio
sociale
(vale
a
dire
i
valori
effettivi
delle
attività
e
delle
passività)
al
momento
in
cui
il
rapporto
sociale
si
è
sciolto
(la
data
della
morte
del
socio).
Per
giungere
alla
determinazione
della
situazione
patrimoniale
si
deve
tener
conto,
quindi,
del
valore
dei
beni
materiali
e
immateriali
posseduti
dalla
società
(l’avviamento,
il
marchio,
le
eventuali
licenze,
i
contratti…)
ed
anche
delle
operazioni
ancora
in
corso
al
momento
della
morte
del
socio.
La
dottrina
ritiene,
inoltre,
necessaria
la
redazione
di
un
vero
e
proprio
bilancio
volto
ad
individuare
il
netto
patrimoniale
della
società
nel
giorno
di
riferimento.
Si
tratta
di
un
bilancio:
.
straordinario
perché
almeno
in
linea
di
principio,
diretto
a
stabilire
l’effettivo
valore
dei
beni
che
compongono
il
patrimonio
sociale,
(non
quello
prudenziale
risultante
dal
bilancio
di
esercizio,
ove
redatto,
o
dalle
altre
scritture
contabili).
Quindi
che
tenga
conto
dell’avviamento
e
dei
valori
effettivi
degli
elementi
patrimoniali
alla
data
considerata.
Siano
all’istante
t(in
cui
si
verifica
lo
scioglimento
del
rapporto
col
socio
uscente:
-‐ W
(t)
=
il
valore
economico
o
globale
della
società
-‐ CS
(t)
=
il
capitale
sociale
-‐ RS
(t)
=
le
riserve
-‐ δ
quota
di
partecipazione
del
socio
uscente
(
0<
δ
<1)
-‐ UP
(t)
=
l’utile
di
periodo
maturato
dal
1°
gennaio
a
(t)
AV
(t)
=
W
(t)-‐
[CS
(t)
+
RS
(t)
+
UP
(t)]
QL
(quota
di
liquidazione
spettante
al
socio
uscente)
=
δ
W
(t)
=
δ *
CS
(t)
+
δ
[
RS
(t)
+
AV
(t)
]
+
δ
*
UP
(t)
.
aperto
in
quanto
deve
comprendere
la
valutazione
di
situazioni
in
fieri
al
momento
dello
scioglimento.
Al
fine
di
assicurare
la
congruità
della
valutazione,
il
legislatore
ha
cura
di
precisare
poi
che,
se
esistono
operazioni
in
corso,
gli
eredi
sono
chiamati
a
partecipare
agli
utili
e
alla
perdita
correlati
a
queste
operazioni
(art.
2289,
terzo
comma,
c.c.
).
Quanto
alla
nozione
di
operazioni
in
corso
ai
cui
utili
e
alle
cui
perdite
partecipa
l’erede,
essa
ricomprende,
secondo
la
Corte
di
Cassazione,
tutte
le
operazioni
che,
pur
se
non
in
atto
al
momento
dello
scioglimento
del
rapporto
sociale,
debbono
considerarsi
conseguenza
necessaria
ed
inevitabile
dei
rapporti
giuridici
preesistenti
(esempio
rata
di
mutuo
stipulato
prima
dello
scioglimento
del
rapporto
sociale
cui
la
scadenza
si
verifichi
successivamente).
In
latri
termini,
gli
eredi
del
socio
defunto
partecipano
anche
ai
guadagni
e
delle
perdite
contratte
durante
lo
svolgimento
dell’attività
sociale
e
fino
al
momento
dello
scioglimento
del
rapporto
sociale
relativo
al
socio
premorto.
Quanto
ai
beni
conferiti
in
proprietà
ovvero
in
godimento,
durante
societate,
l’erede
non
può,
come
già
detto,
pretendere
la
loro
restituzione,
ma,
salvo
patto
contrario,
ha
diritto
esclusivamente
ad
ottenere
il
controvalore
dell’utilità
che
la
società
ricava
dal
bene.
Liquidazione
della
quota
del
socio
defunto,
liquidazione
della
società
conseguente
alla
morte
del
socio.
16
IN CASO DI VALORE NEGATIVO DELLA QUOTA:
Infine,
si
deve
notare
che
la
norma,
pur
se
con
riferimento
alle
operazioni
in
corso
accenna
alla
evenienza
di
perdite,
nulla
dice
sulla
possibilità
che
a
causa
di
perdite
il
valore
della
quota
risulti
essere
negativo.
A
riguardo,
si
rileva
che
il
debito
liquidatorio
deve
essere
trattato
alla
stregua
di
qualsiasi
altro
debito
sociale
e
perciò
soddisfatto
mediante
l’utilizzo
dell’attivo
patrimoniale
netto
(utili
e
riserve
esistenti
nel
patrimonio
sociale
eccedenti
il
capitale
sociale
nominale).
Ne
discende
che,
in
caso
di
incapienza
del
patrimonio
sociale,
gli
eredi
non
possono
ottenere
alcuna
liquidazione
dalla
società.
Parallelamente,
si
deve
ritenere
che
la
società
non
può
chiedere
all’erede
di
effettuare
versamenti
per
reintegrare
proporzionalmente
le
perdite
accertate.
Articolo 2289
Liquidazione della quota del socio uscente
Nei casi in cui il rapporto sociale si scioglie limitatamente a un socio, questi o i suoi eredi hanno diritto soltanto ad una somma di
danaro che rappresenti il valore della quota.
La liquidazione della quota è fatta in base alla situazione patrimoniale della società nel giorno in cui si verifica lo scioglimento.
Se vi sono operazioni in corso, il socio o i suoi eredi partecipano agli utili e alle perdite inerenti alle operazioni medesime.
Salvo quanto è disposto nell'art. 2270, il pagamento della quota spettante al socio deve essere fatto entro sei mesi dal giorno in cui si
verifica lo scioglimento del rapporto
SCIOGLIMENTO SOCIETÀ DI PERSONE (S.N.C. E S.A.S.) PRATICHE CCIAA
SCIOGLIMENTO CON ATTO NOTARILE E CONTESTUALE CANCELLAZIONE
(ARTT. 2272, 2308 C.C.)
TERMINE: 30 giorni data atto
codice atto: A13 e A14
Modulo S3. La distinta dovrà essere sottoscritta dal notaio o da un socio amministratore
Modulo NOTE con indicazione del luogo di conservazione delle scritture contabili
Atto notarile di modifica dei patti sociali
Diritti di segreteria pari a Euro 90,00 (con floppy digitale Euro 120,00)
Imposta di bollo pari a Euro 59,00
Liquidazione
della
quota
del
socio
defunto,
liquidazione
della
società
conseguente
alla
morte
del
socio.
17
SCIOGLIMENTO PER PERMANENZA DI SOLI SOCI ACCOMANDANTI O ACCOMANDATARI PER
OLTRE 6 MESI E CONTESTUALE CANCELLAZIONE
(ART. 2323 C.C.)
Ipotesi valida solo per società in accomandita semplice
TERMINE: nessuno
• codice atto: A13 e A14
• Modulo S3. La distinta dovrà essere sottoscritta da un amministratore
• dichiarazione sostitutiva di atto notorio, sottoscritta da tutti i soci nella quale si attesta
l’avvenuto scioglimento, la non prosecuzione dell’attività a seguito dello scioglimento e
l’avvenuta definizione dei rapporti giuridici attivi e passivi facenti capo alla società (vedi
fac-simile).
• Diritti di segreteria pari a Euro 90,00 (con floppy digitale Euro 120,00)
Imposta di bollo pari a Euro 59,00
D.ssa
Rosalba
Di
Virgilio
Liquidazione
della
quota
del
socio
defunto,
liquidazione
della
società
conseguente
alla
morte
del
socio.
18