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dielettrico ed elastico
Elettromagnetismo
Bergamaschini Roberto
20 aprile 2005
Dispensa realizzata in riferimento alle lezioni del corso di Fisica del Continuo
Dielettrico ed Elastico del Dott. Sanguinetti nell’anno accademico 2004/05
(Scienza dei Materiali - Università degli Studi di Milano Bicocca).
Le informazioni contenute sono ricavate dagli appunti delle lezioni e dai
seguenti libri:
2 Equazioni di Maxwell 27
2.1 Equazioni di Maxwell nel vuoto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27
2.2 Equazioni di Maxwell nella materia . . . . . . . . . . . . . . . . . 28
2.3 Equazioni di Maxwell in forma integrale . . . . . . . . . . . . . . 29
2.4 Condizioni al contorno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30
2.5 Equazioni di Maxwell in mezzi omogenei, isotropi e lineari . . . . 33
2.6 Potenziale vettore e scalare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34
2.6.1 Trasformazioni di gauge . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35
2.6.2 Condizione di Lorentz . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36
2.7 Teorema di Poynting . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38
3 Onde elettromagnetiche 41
3.1 Equazioni delle onde elettromagnetiche . . . . . . . . . . . . . . . 41
3.1.1 Onde elettromagnetiche piane . . . . . . . . . . . . . . . . 43
3.1.2 Polarizzazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46
3.2 Teorema di Fourier . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47
3.2.1 Sintesi di Fourier . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47
3
4 INDICE
B Operatori differenziali 67
B.1 Vettore Gradiente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67
B.2 Vettore Rotore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67
B.3 Divergenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 68
B.4 Laplaciano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 68
B.5 Proprietà degli operatori differenziali . . . . . . . . . . . . . . . . 68
B.6 Combinazioni di operatori differenziali . . . . . . . . . . . . . . . 69
B.6.1 Rotore di un gradiente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 69
B.6.2 Divergenza di un rotore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 69
B.6.3 Rotore di un rotore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 70
Fenomeni elettrici e
magnetici
1.1 ~
Campo elettrico E
Quando una particella ferma sperimenta una forza proporzionale alla sua stes-
sa carica elettrica è possibile definire l’esistenza di un campo elettrico E. In
generale, possiamo determinare l’intensità del campo elettrico come forza per
unità di carica, esercitata dal campo stesso su una carica esploratrice positiva.
Detta F la forza agente sulla carica esploratrice q il campo elettrico presente
5
6 CAPITOLO 1. FENOMENI ELETTRICI E MAGNETICI
♣ Dimostrazione
!
Q Q 1
−∇φ = −∇ = −∇ p =
4πε0 r 4πε0 x2 + y 2 + z 2
Q Dx y zE Q r
= · 3, 3, 3 = =E 2
4πε0 r r r 4πε0 r3
dove con ri∗ si considerano le distanze riferite allo spazio delle differenze (ri∗ =
r − ri0 ). Nella valutazione del potenziale occorre tenere presente quale spazio
delle distanze viene considerato nel calcolo del gradiente; indicando con x∗i =
x − xi una qualsiasi delle componenti di ri∗ valgono le seguenti relazioni:
∂f ∂f ∂x∗i ∂f ∂f ∂f ∂x∗i ∂f
= · = = · =− ∗
∂x ∂x∗i ∂x ∂x∗i ∂xi ∂x∗i ∂xi ∂xi
∇∗(i) f = ∇f = −∇i f
a zero. Tale conclusione può essere ricavata anche effettuando il calcolo diretto
del lavoro, nel caso in cui il punto iniziale A coincida con il punto finale B:
come evidente l’integrale di linea del lavoro è indipendente dal cammino e, per
qualsiasi percorso chiuso, fornisce risultato nullo, come atteso:
Z B
L
− =− E · dr = φB − φA = 0 (A ≡ B)
q A
♣ Dimostrazione
1 X ri∗ ri∗
I I
1 X
E= qi ∗ 3 ⇒ E · dA = qi ∗3
· dA
4πε0 i ri S 4πε0 i S ri
ri∗ ˆ∗ 1 ri∗ dA
3 = r i 2 ⇒ · dA = rˆi∗ · n̂ ∗ 2 = dΩs
ri∗ ri∗ ri∗ 3 ri
dove l’ultima uguaglianza deriva dalla definizione di angolo solido sotteso dal-
l’elemento di superficie dA e individuato dal vettore ri∗ . Se la carica qi è interna
alla superficie S, tenendo presente che l’angolo solido per una qualsiasi superficie
chiusa vale 4π:
I I P
1 X 1 X qi
E · dA = qi dΩs = qi · 4π = i 2
S 4πε 0 i S 4πε 0 i ε 0
ρ
⇒ ∇·E =
ε0
Dal punto di vista fisico l’equazione integrale del teorema di Gauss consiste
nel conteggio delle linee di campo che attraversano una superficie considerata e
in particolare descrive formalmente che, in generale, il numero di linee di campo
provenienti da una carica è proporzionale alla carica stessa. In base all’equazione
in forma differenziale possiamo ritenere il valore di ∇·E come una valutazione
del campo elettrico in prossimità del punto considerato.
Anche se la legge di Gauss è stata ricavata nel caso di campi elettrostatici,
essa è considerata sempre valida per qualsiasi tipo di campo elettrico, essendo
strettamente collegata al principio generale di conservazione della carica.
+q 1 −q 1
φP = + =
4πε0 |r − l| 4πε0 |r − l0 |
q 1 1
= − =
4πε0 |r − l| |r + l|
!
q 1 1
= p −p =
4πε0 (r − l) · (r − l) (r + l) · (r + l)
q 1 1
= √ −√ =
4πε0 r2 + l2 − 2r · l r2 + l2 + 2r · l
q 1 1
= r −r
4πε0 r l2 2r · l l2 2r · l
1+ − 2 1+ + 2
r2 r r2 r
Tenendo conto del fatto che l/r << 1 possiamo semplificare i termini tra pa-
rentesi definendo una variabile x = l/r → 0 e ricorrendo all’approssimazione di
12 CAPITOLO 1. FENOMENI ELETTRICI E MAGNETICI
Taylor:
− 21 2 !− 12
l2 − 12
2r · l l l
f= 1+ 2 ± 2 = 1+ ± 2r̂ · l̂ · = 1 + x2 ± 2r̂ · l̂x
r r r r
∂f 1 − 32
=− 1 + x2 ± 2r̂ · l̂x (2x ± 2r̂ · l̂)
∂x 2
∂ l
⇒ f ≈ f(x=0) + f(x=0) x = 1 ∓ r̂ · l̂ ·
∂x r
1.4.2 ~
Vettore spostamento elettrico D
Un mezzo dielettrico soggetto ad un campo elettrico esterno può essere conside-
rato come una distribuzione continua di dipoli elementari e quindi la sua carat-
terizzazione è possibile introducendo una densità di momento dipolare (dipolo
netto per unità di superficie), definita polarizzazione P :
PN
i=1 pi
P =
dV
E’ possibile allora definire il potenziale dovuto alla polarizzazione del dielettrico
estendendo estendendo l’equazione del dipolo all’intero materiale, mediante il
vettore di polarizzazione:
Z
1 1
φ=− P · ∇∗(i) ∗ dV 0
4πε0 V ri
D = ε0 E + P
∇·D = ρ
P = ε0 χe E
D = ε0 E + P = ε0 (χe + 1) E = ε0 εr E = εE
dq
I=
dt
Come descritto nella formula precedente, l’intensità di corrente è una grandez-
za scalare ed è indipendente dalla natura dei portatori di carica (essi possono
essere infatti sia cariche positive che negative). L’informazione fornita da I è
però insufficiente per poter caratterizzare compiutamente il flusso di carica. Si
definisce allora una grandezza vettoriale, detta densità di corrente J che descrive
la corrente che fluisce attraverso ciascun punto della superficie del conduttore,
sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo: J è definita nella direzione di
scorrimento della carica, orientata secondo il moto delle cariche positive (anche
1.5. CORRENTE ELETTRICA 15
J = σE
∂ρ
⇒ ∇·J + =0
∂t
16 CAPITOLO 1. FENOMENI ELETTRICI E MAGNETICI
Una corrente si dice stazionaria se non si hanno né accumuluni né sorgenti
di carica in qualsiasi punto del suo percorso. Tale condizione equivale a dire
∂ρ
=0 ⇒ ∇·J = 0
∂t
Nel caso di correnti stazionarie, quindi, la densità di corrente è solenoidale.
1.6 ~
Induzione magnetica B
I fenomeni magnetici sono differenti da quelli elettrici per il semplice fatto che
essi sono interpretabili in termini di interazioni tra correnti e non richiedono l’e-
sistenza di alcuna specifica carica magnetica. Lo studio del magnetismo è quindi
possibile definendo empiricamente le relazioni fondamentali che sussistono tra
elementi di corrente, intendendo con questo termine il prodotto di una corrente
I per una lunghezza elementare dr di conduttore in cui essa fluisce.
Se consideriamo due circuiti C1 e C2 percorsi rispettivamente dalle correnti
I1 e I2 possiamo esprimere la forza magnetica che il circuito 1 esercita sul circuito
2 mediante la seguente formula sperimentale:
dr2 ×(dr1 ×r21 )
I I
µ0
F2 = I1 I2 3
4π C1 C2 r21
dove r21 è un vettore che esprime la posizione dell’elemento di lunghezza dr2 del
circuito 2, rispetto alla posizione dell’elemento di lunghezza dr1 del circuito 1
(se le posizioni di dr1 e dr2 sono definite rispetto all’origine di un sistema di assi
cartesiani da due vettori r1 e r2 , il vettore r21 è pari alla loro differenza r2 −r1 ).
La costante µ0 è detta permeabilità magnetica del vuoto e, per definizione, è
esattamente pari a 4π · 10−7 H/m.
Anche se, nella forma in cui è riportata, l’equazione di interazione tra correnti
risulta asimmetrica rispetto agli indici 1 e 2, essa non presenta violazione della
terza legge di Newton (F2 = −F1 ).
In analogia con quanto già effettuato per il campo elettrico, possiamo definire
il campo magnetico, o più propriamente l’induzione magnetica, come il termine
dell’espressione della forza dipendente esclusivamente dalla sorgente (circuito 1)
e non dal circuito 2 che funge da sonda:
dr1 ×r21
I
µ0
B1 = I1 3
4π C1 r21
Idr = J dA · dr = J dV
1.6.1 ~
Calcolo della divergenza di B
Considerando una distribuzione continua di corrente, contenuta in un volume
V 0 , la divergenza del campo magnetico B è data da:
J ×r ∗ 0 J ×r ∗
Z Z
µ0 µ0
∇·B = ∇· dV = ∇· dV 0
4π V 0 r∗ 3 4π V 0 r∗ 3
dove lo spostamento dell’operatore divergenza all’interno del segno di integrale è
reso possibile dal fatto che, mentre la divergenza opera rispetto allo spazio delle
coordinate del campo (mantenendo fissi i punti sorgente), l’integrale è riferito
allo spazio delle sorgenti (e mantiene quindi inalterate le posizioni del campo).
Considerando che ∇·(F1 ×F2 ) = F2 · (∇×F1 ) − F1 · (∇×F2 ) (vedi proprietà
3 della divergenza riportata in Appendice), la nuova funzione integranda può
essere formulata come
J ×r ∗
∗ 1 1 1
∇· ∗ 3 = −∇· J ×∇ ∗
= − (∇×J ) · ∇∗ ∗ + J · ∇×∇∗ ∗
r r r r
dove con ∇∗ si intende che l’operazione è riferita allo spazio delle differenze
tra punti di campo e sorgenti. Considerando il primo termine dell’equazione
18 CAPITOLO 1. FENOMENI ELETTRICI E MAGNETICI
∇×J = 0
1.6.2 ~
Legge di Ampère e non conservatività di B
La valutazione del rotore di un campo magnetico B è particolarmente complessa
se trattata nella sua forma più generale. Una trattazione semplificata è possibile
considerando di operare con correnti stazionarie (∇·J = 0) introducendo la legge
di Ampère come dato sperimentale:
I Z
B · dr = µ0 J · dS = µ0 I
C S
⇒ ∇×B = µ0 J
Poichè ∇×B 6= 0 è possibile concludere che il campo magnetico non è conserva-
tivo, ovvero non può essere associato ad una funzione potenziale scalare.
La validità della legge di Ampère nella forma indicata è limitata al caso di
correnti stazionarie. Se nel circuito considerato sono presenti eventualmente dei
punti in cui si può verificare accumulo di carica oppure delle sorgenti, cadono le
ipotesi di stazionarietà e pertanto l’equazione non può essere più applicata. Tale
fatto può essere infatti evidenziato considerando un semplice circuito elettrico,
percorso da una certa corrente e contenente un condensatore a piatti paralleli:
calcolando la circuitazione relativa ad un percorso chiuso C che circonda un trat-
to del conduttore, se si valuta l’integrale utilizzando come superficie delimitata
da C una qualsiasi superficie S intersecante il conduttore, si ottiene un valore
non nullo (la corrente passante nel circuito è infatti concatenata alla superficie),
mentre, per superfici S, ugualmente delimitate da C ma passanti per lo spazio
~
1.6. INDUZIONE MAGNETICA B 19
∂ρ ∂ρ
∇·J + =0 ⇒ = −∇·J = −∇·(ρv)
∂t ∂t
In base alla definizione di momento di dipolo elettrico (vedi sezione 1.4.1),
sfruttando la relazione precedente, otteniamo che
Z Z Z
dp d ∂ρ
= ρrdV = rdV = − r∇·(ρv)dV
dt dt V0 V0 ∂t V0
carica della molecola sulla sua intera superficie, moltiplicato per ciascuna com-
ponente del vettore r; poichè le molecole del dielettrico sono complessivamente
neutre, ovvero la carica risultante all’interno della superficie è nulla, anche il
flusso espresso dall’integrale è nullo e pertanto la variazione della polarizzazione
del mezzo può essere semplicemente espressa mediante il secondo integrale di
volume: I Z
dp
rρv · dS = 0 ⇒ = ρvdV
S0 dt V0
da cui si può notare che la polarizzazione del mezzo può essere tenuto in conto
per semplice sostituzione di E con D.
Definita la densità di corrente equivalente J 0 possiamo esprimere il rotore
del campo magnetico B, in presenza di materiali polarizzabili, come
∂D
∇×B = µ0 J 0 = µ0 J + µ0
∂t
22 CAPITOLO 1. FENOMENI ELETTRICI E MAGNETICI
1.7.2 ~
Magnetizzazione M
Nella trattazione sin qui portata avanti abbiamo trascurato la possibilità che i
materiali presentino un carattere magnetico proprio. In realtà, la materia è di
per sè costituita da cariche in moto: all’interno di ciascun atomo (o molecola),
indipendentemente da stimoli esterni, gli elettroni sono in moto continuo al-
l’interno dei corrispondenti orbitali e pertanto generano correnti microscopiche
assimilabili a quelle generate da spire percorse da corrente. Queste correnti
intrinseche al materiale generano deboli campi magnetici caratterizzabili me-
diante una grandezza che, in analogia con la polarizzazione dei dielettrici, è
definita momento di dipolo magnetico m. Poichè ciascun atomo (o molecola) è
caratterizzato da un proprio momento dipolare, a livello macroscopico il com-
portamento complessivo del materiale si può caratterizzare mediante il vettore
magnetizzazione M , corrispondente al momento di dipolo magnetico netto per
unità di volume: PN
mi
M = i=1
dV
Se la magnetizzazione è uniforme (mezzo isotropo), tutte le correnti mi-
croscopiche relative a ciascun atomo (o molecola) sono identiche e, pertanto,
l’effetto complessivo è un trasferimento di carica solo sulla superficie esterna del
materiale in quanto, all’interno, le correnti relative a dipoli magnetici adiacenti
sono uguali ed opposte e non danno quindi luogo ad alcun effettivo sposta-
mento di carica. Nel caso in cui la magnetizzazione non sia uniforme (mezzo
anisotropo), non si verifica annullamento dei termini di corrente interni al ma-
teriale poichè la corrente associata a ciascun dipolo magnetico è differente. In
questo caso all’interno del materiale è presente una corrente risultante non nulla,
chiamata corrente di magnetizzazione, la cui densità è definita pari a
Jm = ∇×M
∂D
∇×B = µ0 J 0 = µ0 J + µ0 + µ0 ∇×M
∂t
1.7.3 ~
Intensità di magnetizzazione H
L’equazione precedentemente riportata per il rotore di B puó essere utilmente
riordinata, attraverso l’applicazione della proprietà distributiva dei rotori, in
modo da ottenere un singolo operatore:
∂D
∇×(B − µ0 M ) = µ0 J +
∂t
∂D
∇×H = J +
∂t
Quanto sin qui affermato è valido in generale per un qualsiasi mezzo ma-
teriale stazionario. Tuttavia, considerando mezzi isotropi, omogenei e lineari
possiamo ricavare l’esistenza di una relazione di proporzionalità tra l’intensità
magnetica H e la magnetizzazione M del materiale tale per cui:
M = χm H
B = µ0 H + M = µ0 (1 + χm )H = µ0 µr H = µH
Equazioni di Maxwell
1. Legge di Faraday-Lenz
27
28 CAPITOLO 2. EQUAZIONI DI MAXWELL
∂B ∂E
1. ∇×E = − 2. ∇×B = µ0 J + µ0 ε0
∂t ∂t
ρ
3. ∇·E = 4. ∇·B = 0
ε0
A queste si aggiunge anche l’equazione di continuità della corrente:
∂ρ
∇·J + =0
∂t
Confrontando tra loro le equazioni relative al campo elettrico e quelle rela-
tive al campo magnetico, si osserva una sostanziale asimmetria giustificata dal
fatto che mentre esistono cariche elettriche elementari, non esistono equivalenti
“cariche magnetiche” (ovvero monopoli magnetici). In quest’ottica è possibile
giustificare la differenza che sussiste tra le equazioni 3 e 4, considerando che,
mentre per E ha senso parlare di densità di carica ρ, ciò non è possibile con-
siderando B; analogamente, la presenza del termine relativo alla corrente elet-
trica nell’equazione 2, relativa a B, e non nell’equazione 1, riferita a E, trova
piena giustificazione in quanto non esistono equivalenti “correnti magnetiche”.
A dimostrazione di quanto sin qui affermato, si può facilmente notare che, in
assenza di cariche elettriche, e quindi di correnti, le equazioni diventano tutte
perfettamente simmetriche tra loro.
∂B ∂D
1. ∇×E = − 2. ∇×H = J +
∂t ∂t
3. ∇·D = ρ 4. ∇·B = 0
∂ρ
∇·J + =0
∂t
E’ importante tenere presente che l’introduzione di D e H non è concettual-
mente necessaria in quanto le equazioni 2 e 3, nelle quali tali vettori compaiono,
possono comunque essere espresse in termini dei soli vettori E e B nella forma
seguente:
∂E ∂P
∇×B = µ0 ε0 + + ∇×M + J
∂t ∂t
1
∇·E = (−∇·P + ρ)
ε0
2.3. EQUAZIONI DI MAXWELL IN FORMA INTEGRALE 29
⇒ Dn2 − Dn1 = σ
dove l’indice n specifica che si considera la componente di B relativa alla
normale della superficie di interfaccia, diretta dal mezzo 1 al mezzo 2 e σ
rappresenta la densità di carica relativa all’interfaccia stessa (il passaggio
da ρ a σ è giustificato considerando che, per h → 0, il volume si appiattisce
su una superficie e, ammettendo, per ipotesi, che ρ sia uniforme, in modo
che anche σ sia uniforme). Il risultato ottenuto evidenzia quindi che la
componente normale dello spostamento elettrico D è continua al passaggio
tra due mezzi differenti a meno di una densità di carica superficiale.
C. Intensità elettrica E
D. Intensità magnetica H
La caratterizzazione dell’andamento dell’intensità magnetica in corrispon-
denza di una superficie di discontinuità tra mezzi materiali differenti,
può essere condotta facilmente applicando l’integrale dell’equazione 4 di
Maxwell ad un circuito chiuso C di proprietà pari a quelle descritte prece-
dentemente per E (in particolare, le dimensioni di C sono assunte suffi-
cientemente piccole da poter ritenere il campo costante H lungo ciascun
lato e, inoltre, la corrispondente superficie A è definita in modo da poter
ritenere costanti le correnti di conduzione J e quelle di spostamento Ḋ):
I Z
∂D
H · dr = + J · dA
C A ∂t
h h
H1 · t̂1 l + H1 · n̂1 + H2 · t̂2 l + H2 · n̂2 = J0 · h · l
2 2
Il passaggio al limite per h → 0 non comporta problemi per quanto riguar-
da il termine di sinistra dell’equazione; la parte destra dell’uguaglianza
invece introduce alcune problematiche legate alla possibile presenza di cor-
renti pellicolari. Mentre nel caso di campi a bassa frequenza la corrente
equivalente J 0 in corrispondenza della superficie tra i mezzi è limitata e
quindi, al limite, il termine di destra è nullo, in condizioni di correnti ad
alta frequenza si riscontra un’elevata concentrazione di corrente sull’inter-
faccia e pertanto si ottiene che, per h → 0, il prodotto J 0 · h → Il , dove Il
è una densità di corrente lineare, corrispondente alla corrente pellicolare
che fluisce attraverso l’interfaccia tra i mezzi. Considerando che t̂1 = −t̂2
si ricava allora:
⇒ Ht2 − Ht1 = Il
Si conclude quindi che, a meno della presenza di correnti pellicolari, al
passaggio da un mezzo all’altro, la componente tangenziale dell’intensità
magnetica H si conserva inalterata.
∂A
⇒ E=− − ∇φ
∂t
dove φ = φ(r,t) è la funzione potenziale scalare.
Per ottenere delle equazioni differenziali tali da correlare i potenziali vettore
e scalare con le sorgenti del campo elettromagnetico occorre sostituire nelle
restanti equazioni di Maxwell (2 e 3) le equazioni ottenute di B ed E in termini
dei potenziali. Per poter operare in modo semplice tali sostituzioni limitiamo la
nostra trattazione al caso dei mezzi omogenei, isotropi e lineari. Considerando
l’equazione 2 si ottiene
∂ ∂A
∇×(∇×A) = µJ − µε + ∇φ
∂t ∂t
∂2A ∂φ
∇(∇·A) − ∇2A = µJ − µε 2 − µε∇
∂t ∂t
2
∂ A ∂φ
⇒ ∇2A − µε 2 + µJ = ∇ ∇·A + µε
∂t ∂t
∂B ∂ ∂A0
∇×E = − = − (∇×A0 ) = −∇×
∂t ∂t ∂t
∂A0
⇒ E=− − ∇φ0
∂t
36 CAPITOLO 2. EQUAZIONI DI MAXWELL
∂A
E=−
− ∇φ
∂t
0
E = − ∂A − ∇φ0
∂t
∂ψ
⇒ φ0 = φ − + cost
∂t
Fissati i valori iniziali A, φ dei potenziali (in base alla configurazione particolare
delle sorgenti), definita la funzione ψ arbitraria, i valori dei nuovi potenziali A0
e φ0 (detti gauges) sono definiti di conseguenza dalle relazioni precedentemente
ricavate:
A0 = A + ∇ψ
∂ψ
φ0 = φ − + cost
∂t
Per una qualsiasi trasformazione di gauge la fisica è fissata; in particolare, le
equazioni di Maxwell mantengono la loro generale validità indipendentemente
dal sistema di riferimento considerato.
suddette
∂2A
∂φ
∇2A − µε + µJ = ∇ ∇·A + µε
∂t2 ∂t
∂A ρ
∇· + ∇2φ = −
∂t ε
∂φ0
∇·A0 + µε =0
∂t
Tale imposizione comporta una corrispondente trasformazione di gauge dai
potenziali iniziali (A, φ) a quelli desiderati (A0 , φ0 ), detti Lorentz gauges, de-
scritta a mezzo di una funzione scalare ψ. Ricordando le definizioni generali dei
potenziali trasformati A0 e φ0 , riportate in precedenza, per sostituzione nella
condizione di Lorentz si ottiene
∂ ∂ψ
∇·(A + ∇ψ) + µε φ− =0
∂t ∂t
∂2ψ ∂φ
−∇2ψ + µε 2 = ∇·A + µε
∂t ∂t
dove A e φ sono i potenziali non trasformati. La condizione di Lorentz è allora
soddisfatta applicando ai potenziali una trasformazione di gauge definita da una
delle funzioni ψ soluzione dell’equazione differenziale sopra riportata.
Il ricorso alla condizione di Lorentz comporta una notevole semplificazione
delle equazioni differenziali relative ai potenziali:
∂ 2 A0
∇2A0 − µε + µJ = 0
∂t2
∂ 2 φ0 ρ
∇2φ0 − µε 2 + = 0
∂t ε
Si noti che entrambe le equazioni cosı̀ ottenute sono espresse nella medesima
forma matematica (si tratta di equazioni d’onda non omogenee) e che le due va-
riabili A e φ sono definite indipendentemente tra loro. E’ importante osservare,
inoltre, che l’introduzione della condizione di Lorentz non permette di definire
dei valori univoci di potenziale: tutte le possibili soluzioni delle equazioni d’onda
disomogenee considerate soddisfano infatti le condizioni imposte. Se pertanto
consideriamo una funzione f che soddisfi l’equazione d’onda omogenea
∂2f
∇2f − µε =0
∂t
e poniamo
∂f
A0 = A − ∇f φ0 = φ +
∂t
0 0
i nuovi valori dei potenziali (A e φ ) soddisfano le equazioni ottenute dalle
Lorentz gauges.
Un altra importante considerazione relativa alle due equazioni dei potenziali
è che mentre A dipende solo dalla distribuzione di corrente specificata J , φ
38 CAPITOLO 2. EQUAZIONI DI MAXWELL
∂ 2 A0
2 0
∇· ∇ A − µε = −µ∇·J
∂t2
∂ 2 φ0
∂ ∂ ρ
µε ∇2φ0 − µε 2 = −µε
∂t ∂t ∂t ε
∂2
∇2 (∇·A0 ) − µε 2 (∇·A0 ) = −µ∇·J
∂t
0
∂2 ∂φ0
2 ∂φ ∂ρ
∇ µε − µε 2 µε = −µ
∂t ∂t ∂t ∂t
sommando membro a membro si ottiene
∂φ0 ∂2 ∂φ0
2 0 0 ∂ρ
∇ ∇·A + µε − µε ∇·A + µε = −µ ∇·J +
∂t ∂t ∂t ∂t
∂φ0 ∂ρ
∇·A0 + µε =0 ⇐⇒ ∇·J + =0
∂t ∂t
∂B
H · (∇×E) = −H ·
∂t
E · (∇×H) = E · J + E · ∂D
∂t
Sottraendo la prima equazione del sistema alla seconda si ottiene
∂D ∂B
E · (∇×H) − H · (∇×E) = E · J + E · +H ·
∂t ∂t
2.7. TEOREMA DI POYNTING 39
∂D ∂B
−∇·(E ×H) = E · J + E · +H ·
∂t ∂t
Considerando il mezzo in cui si opera omogeneo, isotropo e lineare valgono le
seguenti relazioni:
D = εE B = µH J = σE
2
1 ∂E 1 ∂ 1 ∂E ∂E ∂E ∂D
ε = ε (E · E) = ε ·E+E· = εE · =E·
2 ∂t 2 ∂t 2 ∂t ∂t ∂t ∂t
1 ∂H 2
1 ∂ 1 ∂H ∂H ∂H ∂B
µ = µ (H · H) = µ ·H +H · = µH · =H·
2 ∂t 2 ∂t 2 ∂t ∂t ∂t ∂t
N = E ×H
e il suo significato può essere interpretato in base alla sua divergenza, corrispon-
dente al teorema di Poynting:
∂ 1 2 1
∇·N + σE 2 = − εE + µH 2
∂t 2 2
dove, nel primo passaggio, si è fatto uso del teorema della divergenza. Analiz-
zando i termini che compaiono a destra si evidenzia che essi rappresentano valori
di potenza: l’integrale relativo alle densità di corrente corrisponde alla potenza
dissipata per effetto Joule; gli integrali corrispondenti alle densità di energia dei
campi elettrico e magnetico forniscono l’energia elettromagnetica contenuta nel
40 CAPITOLO 2. EQUAZIONI DI MAXWELL
Onde elettromagnetiche
∂2E ∂E
∇2E − µε − µε =0
∂t2 ∂t
41
42 CAPITOLO 3. ONDE ELETTROMAGNETICHE
fornita dall’equazione 1:
∂E
∇× ε +J = ∇×(∇×H)
∂t
∂
ε (∇×E) + ∇×J = ∇(∇·H) − ∇2H
∂t
∂ ∂H
ε −µ + ∇×J = ∇(∇·H) − ∇2H
∂t ∂t
∂2H
−µε 2 + ∇×J = ∇(∇·H) − ∇2H
∂t
Considerando l’equazione 4 di Maxwell e la legge di Ohm microscopica (J = σE)
si ottiene
∂2H
−µε 2 + σ∇×E = −∇2H
∂t
∂2H ∂H
∇2H − µε 2 − µε =0
∂t ∂t
che corrisponde all’equazione d’onda generale del campo magnetico.
Osservando le due equazioni ottenute per la propagazione del campo elet-
tromagnetico, occorre tener presente che, in generale, le due soluzioni non sono
indipendenti tra loro ma sono legate tranmite le equazioni di Maxwell: è quindi
sufficiente ricavare la soluzione relativa all’equazione d’onda di un campo per
ottenere l’espressione corrispondente per l’altro.
Dal punto di vista della struttura matematica è possibile rilevare che le
due equazioni ottenute sono caratterizzate dalla somma di un termine periodico
∂2 ∂
(dato da ∇2+ 2 ) e un termine aperidico (corrispondente a µε ) che esprime
∂t ∂t
un decadimento esponenziale dell’ampiezza dell’onda, dovuto allo smorzamento
indotto dal mezzo. A seconda del tipo di materiale in cui l’onda si propaga si
possono ottenere situazioni in cui uno dei termini presenti risulta praticamente
nullo. Nel caso di un dielettrico ideale il termine di smorzamento è trascurabile
in quanto σ ≈ 0 e pertanto le equazioni d’onda diventano
∂2E
∇2E − µε = 0
∂t2
∂2H
∇2H − µε 2 = 0
∂t
Se consideriamo invece che la propagazione del campo elettromagnetico avven-
∂2
ga all’interno di un materiale conduttore il termine µε 2 può essere a ragione
∂t
trascurato e pertanto le equazioni che ne derivano sono corrispondenti a quelle
di un fenomeno di diffusione, senza propagazione di onde.
∂ 2 Ex ∂ 2 Ex
2
− µε =0
∂x ∂t2
considerando la funzione g = g(u) e u = x − vt per le regole di derivazione della
funzione composta otteniamo
∂g ∂g ∂u ∂g
= = −v
∂t ∂u ∂t ∂t
∂g ∂2g
∂ ∂g ∂ ∂g ∂ ∂g
2
= = −v = −v −v = v2 2
∂t ∂t ∂t ∂t ∂u ∂u ∂u ∂u
∂g ∂g ∂u ∂g
= =
∂x ∂u ∂x ∂u
∂2g ∂2g
∂ ∂g ∂ ∂g ∂ ∂g
= = = =
∂x2 ∂x ∂x ∂x ∂u ∂u ∂u ∂u2
∂2g ∂2g
u
− µεv 2 2 = 0
∂u ∂u
∂2g
1 − µεv 2
= 0
∂u2
per far sı̀ che l’equazione sia soddisfatta occorre quindi che
1
v=√
µε
∂2E
∇2E − µε =0
∂t2
si riduce a due equazioni scalari relative alle componeneti del campo non nulle:
mentre sull’asse x il campo è, per ipotesi, uniformemente e costantemente nullo,
lungo la direzione dell’asse y esso è dato da
∂ 2 Ey ∂ 2 Ey ∂ 2 Ey ∂ 2 Ey
2
+ 2
+ 2
− µε 2 = 0
∂x ∂y ∂z ∂t
2
∂ Ey ∂ 2 Ey
2
− µε 2 = 0
∂x ∂t
secondo l’asse z, invece, si ottiene
∂ 2 Ez ∂ 2 Ez ∂ 2 Ez ∂ 2 Ey
2
+ 2
+ 2
− µε 2 = 0
∂x ∂y ∂z ∂t
∂ 2 Ez ∂ 2 Ez
− µε 2 = 0
∂x2 ∂t
Come si può notare le due equazioni sono a variabili separate ovvero non esiste
alcuna dipendenza funzionale tra la componente del campo elettrico sull’asse y
(Ey ) e quella relativa all’asse z (Ez ).
Analogamente si ricavano le equazioni relative alla propagazione del campo
magnetico
∂ 2 Hy ∂ 2 Hy
− µε = 0
∂x2 ∂t2
2
∂ Hz ∂ 2 Hz
2
− µε = 0
∂x ∂t2
anche in questo caso le equazioni sono disaccoppiate tra loro e quindi non esiste
alcuna interdipendenza tra i valori che il campo assume sull’asse y e quelli
relativi all’asse z. Si noti che, come previsto dalla definizione di onda piana il
campo elettromagnetico ha valore non nullo solo nelle direzioni perpendicolari
a quella di propagazione (rappresentata dal vettore velocità v).
In virtù delle equazioni 1 e 2 di Maxwell, i campi elettrico e magnetico non
sono indipendenti tra loro. Se consideriamo l’equazione 2 e ci limitiamo alla
sola componente lungo l’asse y otteniamo:
∂Ey
(∇×H)y = ε
∂t
∂Hx ∂Hz ∂Ey
− =ε
∂z ∂x ∂t
∂Hz ∂Ey
− =ε
∂x ∂t
46 CAPITOLO 3. ONDE ELETTROMAGNETICHE
3.1.2 Polarizzazione
Considerazione particolarmente importante è legata al concetto di polarizzazione.
In generale un onda elettromagnetica è definita linearmente (o planarmente)
polarizzata se il campo elettrico (e di conseguenza il campo magnetico) è carat-
terizzato da una direzione di oscillazione fissata e invariante nel tempo. La pos-
sibilità di ottenere onde elettromagnetiche polarizzate è mostrata direttamente
dal fatto che le due equazioni relative alle componenti del campo elettrico su
due assi ortogonali alla direzione di propagazione sono disaccoppiate e pertan-
to fissata l’oscillazione del campo nella direzione di uno degli assi (y), rispetto
all’asse ortogonale (z) il campo si mantiene inalterato e costantemente nullo. Il
piano all’interno del quale avviene l’oscillazione del campo elettrico viene detto
piano di polarizzazione e, di conseguenza, il campo magnetico oscilla perpendi-
colarmente ad esso. Un onda elettromagnetica si definisce invece non polarizzata
o polarizzata casualmente se la direzione di oscillazione del campo elettrico (e
quindi del campo magnetico) varia in ogni istante e in ogni punto in maniera
completamente irregolare. In questo caso l’onda ha uguale probabilità di oscil-
lare lungo qualsiasi direzione del piano yz e pertanto le componenti Ey ed Ez
presentano, in media, la stessa intensità ma sono in relazione di fase completa-
mente casuale; l’onda non polarizzata può allora essere descritta tramite le due
componenti ortogonali del campo elettrico Ey ed Ez , definite dalla medesima
ampiezza ma da sfasamento del tutto casuale: si tratta quindi di considerare
l’onda non polarizzata come composizione di due identiche onde linearmente
polarizzate i cui piani di polarizzazione sono mutuamente perpendicolari.
3.2. TEOREMA DI FOURIER 47
dove l’uso di funzioni seno e coseno per ciascuna armonica è legato all’eventuale
differenza di fase tra l’una e l’altra. La sommatoria può essere espressa in
maniera più semplice sfruttando le seguenti relazioni:
An = Rn cos φn Bn = Rn sin φn
T T
Z
Bm = F (t) sin (2πmν0 t)dt
2 0
Ripetendo quindi il calcolo per tutte le m frequenze considerate si ricavano
tutti i coefficienti relativi alle armoniche sinusoidali. L’espressione relativa ai
coefficienti delle funzioni coseno può essere direttamente ricavata dagli integrali
di sovrapposizione di F (t) con ciascuna componente armonica cosinusoidale.
Ripetendo gli stessi calcoli precedenti si ricava allora
Z T
F (t) cos (2πmν0 t)dt =
0
∞
( )
Z T
A0 X
= + [An cos (2πnν0 t) + Bn sin (2πnν0 t)] cos (2πmν0 t)dt =
0 2 n=1
Z T Z T
T
= Am cos2 (2πmν0 t) = Am cos2 (2πmν0 t) = Am
0 0 2
Z T
T
⇒ Am = F (t) cos (2πmν0 t)dt
2 0
Occorre allora procedere al calcolo dei coefficienti Am relativi alle sole armoniche
cosinusoidali. Applicando la formula precedentemente ricavata si ottiene
1
Z T Z
2 2ν0
Am = F (t) cos (2πmν0 t)dt = 2ν0 F (t) cos (2πmν0 t)dt
T 0 − 2ν1
0
tenendo presente che l’ampiezza della pulsazione è h entro il solo tempo b, mentre
per il resto del periodo la funzione d’onda è nulla possiamo sostituire gli estremi
di integrazione ottenendo
Z b
2
Am = 2ν0 h cos (2πmν0 t)dt
− 2b
2 T
Z
Cn = F (t)e−2πinν0 t dt
T 0
La relazione qui riportata è del tutto generale nel senso che t e ν possono essere
due variabili qualsiasi. Essa sancisce, in particolare, una relazione di intima cor-
rispondenza tra tali variabili al punto che esse si possono correttamente definire
3.3. PROPAGAZIONE DELLE ONDE ELETTROMAGNATICHE 53
Φ(ν) ⇐⇒ F (t)
Dal punto di vista pratico si può notare che, in generale, anche se F (t) è reale,
Φ(ν) può essere sia reale che complessa. Per evitare che Φ(ν) sia definita da una
parte immaginaria è necessario allora che F (t) sia simmetrica (F (−t) = F (t)),
ovvero che essa contenga solamente termini coseno:
Z ∞
F (t) = a(ν) cos (2πνt) dν
−∞
Come già notato quindi la soluzione è definita da una funzione qualsiasi applicata
alla coordinata spaziale u = x ± vt. Tuttavia, spesso è particolarmente utile
definire la dipendenza funzionale dell’onda da una coordinata temporale che
può essere cosı̀ ottenuta:
u x
t0 = = ± t
v v
Se limitiamo la nostra analisi al caso di un onda progressiva, che si propaga
lungo la sola direzione positiva, possiamo esprimere il campo elettrico come
ovvero otteniamo una relazione che lega il campo al tempo e ciò permette di
descrivere l’onda rispetto allo spazio delle frequenze, mediante calcolo della
corrispondente trasformata di Fourier:
0
E(x, t) = Ey (x − vt) ⇐⇒ fy (ν)
Z ∞ Z ∞
0
Ey (vt ) = fy0 e2πiνt dν = y (ν, vt0 )dν
−∞ −∞
kx − vt = nπ
n ω
xn = + t
k k
dove nk rappresenta la posizione del minimo rispetto alla lunghezza d’onda e
ω
k = v, velocità di propagazione dell’onda.
Se le due componenti non differiscono di molto tra loro né per frequenza (ω1 =
ω2 + dω) né per lunghezza d’onda (k1 = k2 + dk) si ottiene
dk · x − dω · t
E(x, t) = 2E0 cos sin [(k1 + dk)x − (ω1 + dω)t] ≈
2
dk · x − dω · t
≈ 2E0 cos sin (k1 x − ω1 )
2
Osservando la formula ottenuta si può facilmente notare che essa consiste nel
prodotto della prima componente per un termine modulante legato alla differen-
za tra le due componenti:
x · dk − t · dω
E(x, t) = 2 cos E1 (x, t)
2
Onde modulate secondo le modalità descritte dando luogo al fenomeno dei bat-
timenti. Nel caso di sovrapposizione qui descritto occorre allora introdurre una
distinzione sui termini di velocità: la velocità con cui l’onda nel suo insieme si
propaga è detta velocità di fase e, in un dato mezzo di permettività elettrica ε
e permeabilità magnetica µ è pari a
ω 1
vf = =√
k εµ
E = E0 ei(k·r−ωt)
0 0
E0 = E00 ei(k ·r−ω t)
00
·r−ω 00 t)
E 00 = E000 ei(k
dove la notazione senza apici si riferisce all’onda incidente, quella con un apice
0
corrisponde all’onda rifratta mentre le grandezze con due apici 00 sono rela-
tive all’onda riflessa. Se consideriamo le condizioni al contorno ricavate dalle
equazioni di Maxwell per il campo elettrico, ipotizzando l’assenza di corren-
ti pellicolari all’interfaccia tra i mezzi, possiamo affermare che la componente
tangenziale del campo elettrico relativo alle onde presenti nel primo mezzo (l’on-
da incidente e quella rifratta) si conserva al passaggio nel secondo mezzo (cioé
nell’onda rifratta):
Et + Et00 = Et0
ω = ω 0 = ω 00
k⊥r ⇒ k · r = k0 · r = k00 · r = 0
il che permette di concludere che i tre raggi incidente, riflesso e rifratto sono
tutti perpendicolari alla direzione del vettore posizione r e giacciono tutti su uno
stesso piano. Anche la normale n alla superficie di incidenza è perpendicolare
a r, essendo quest’ultimo un vettore di S cui n è normale per definizione:
n⊥r ⇒ n·r=0
Anche n giace quindi nel piano in cui sono contenuti i raggi d’onda considerati.
Tale piano è pertanto caratteristico dell’incidenza dell’onda elettromagnetica su
una qualsiasi superficie ed è detto piano di incidenza. Possiamo allora enunciare
la prima delle leggi di Snell: i raggi incidente, riflesso e rifratto e la normale
all’interfaccia appartengono ad uno stesso piano. Nel caso particolare di inci-
denza normale i vettori k, k0 , k00 e n sono collocati sulla stessa retta e pertanto
il piano di incidenza non e univocamente definito ma è un qualunque piano
normale a S, contenente la direzione di tali vettori.
Per definire le posizioni reciproche dei raggi relativamente al fenomeno di in-
cidenza obliqua occorre modificare opportunamente il sistema di riferimento
considerato, come mostrato in figura: fissata l’origine in un qualsiasi punto del-
la superficie S si orienta l’asse x parallelamente al piano di incidenza e l’asse y
parallelo
In base alalla normale
sistema n. Le direzioni
di coordinate dei raggi iincidente,
cosı̀ riportato vettori r,riflesso
k, k0 ee k
rifratto,
00
possono sul
piano di incidenza
essere descritti come possono allora essere definite, rispettivamente, mediante gli
angoli θ, θ0 e θ00 , riferiti alla direzione di n.
r = hx, 0, zi k = hk sin θ + x, −k cos θ, zi
0 0 0 0
k = hk sin θ + x, −k cos θ , zi k00 = hk 00 sin θ00 + x, k 00 cos θ00 , zi
k·r = k sin θx + x2 + z 2
k0 · r = k 0 sin θ0 x + x2 + z 2
k00 · r = k 00 sin θ00 x + x2 + z 2
√
Tenendo presente che k = k 00 = ωv = ω µ1 ε1 in quanto entrambi i vettori sono
riferiti allo stesso mezzo di propagazione, uguagliando tra la loro i due prodotti
scalari relativi ai raggi incidente e riflesso, in base a quanto detto sopra, è
possibile ricavare la legge di Snell relativa alla riflessione:
k·r = k00 · r
k sin θx + x + z 2
2
= k 00 sin θ00 x + x2 + z 2
sin θ = sin θ00
3.4. FENOMENI DI RIFLESSIONE E RIFRAZIONE 59
⇒ θ = θ00
Si è allora dimostrato che raggio incidente e riflesso formano angoli uguali rispet-
to alla normale nel punto di incidenza.
Per ottenere la legge di Snell relativa ai fenomeni di rifrazione occorre intro-
durre l’indice di rifrazione del mezzo, ovvero il rapporto tra la velocità della
luce e la velocità effettiva di propagazione dell’onda elettromagnetica nel mezzo
considerato:
c 1 √
n= = √ · µε
v µ0 ε0
Occorre notare, in particolare, che poiché la costante dielettrica del mezzo ε è in
generale sensibilmente dipendente dalla frequenza del campo elettromagnetico
considerato, l’indice di rifrazione sarà anch’esso variabile con la frequenza della
√
radiazione incidente. Ricordando che, per definizione k = ωv = ω µ1 ε1 e k 0 =
ω √
v 0 = ω µ2 ε2 possiamo eguagliare tra loro i prodotti scalari relativi all’onda
incidente e a quella rifratta, ottenendo
k · r = k00 · r
k sin θx + x2 + z 2 = k 0 sin θ0 x + x2 + z 2
√ √
ω µ1 ε1 sin θ = ω µ2 ε2 sin θ0
√ √
µ1 ε1 sin θ = µ2 ε2 sin θ0
√ √ √
sin θ µ2 ε2 µ2 ε2 µ0 ε0 n2
⇒ 0
=√ =√ ·√ =
sin θ µ1 ε1 µ1 ε1 µ0 ε0 n1
L’ultima uguaglianza ottenuta corrisponde alla legge di rifrazione di Snell: rag-
gio incidente e raggio rifratto formano angoli, rispetto alla normale, il cui rap-
porto è il reciproco degli indici di rifrazione dei rispettivi mezzi di propagazione.
Et + Et00 = Et0 ⇒ E + E 00 = E 0
3.4. FENOMENI DI RIFLESSIONE E RIFRAZIONE 61
Poichéq
il campo magnetico H è legato al campo elettrico E dalla relazione
ε
H = µ k̂ × E, tenendo presente che nell’onda elettromagnetica E, k̂
e H sono mutuamente perpendicolari, possiamo riscrivere la relazione
precedente in funzione del campo elettrico:
r r r
ε1 ε1 00 00 ε2 0
E cos θ − E cos θ = E cos θ0
µ1 µ1 µ2
r r
ε1 ε2
(E − E 00 ) cos θ = E cos0 θ0
µ0 µ0
√
ε2 cos θ0
E − E 00 = √ E 0
ε1 cos θ
E − E 00 = E 0
0
E − E 00 = E 0 cos θ sin θ
cos θ sin θ0
da cui si ricava, svolgendo i calcoli opportuni
2 sin θ0 cos θ sin(θ0 − θ)
E0 = E E 00 = E
sin(θ0 + θ) sin(θ0 + θ)
Ht + Ht00 = Ht0 ⇒ H − H 00 = H 0
62 CAPITOLO 3. ONDE ELETTROMAGNETICHE
Considerando la
q relazione che lega il campo magnetico H al campo elet-
trico E (H = µε k̂ × E) e tenendo presente che nell’onda elettromagne-
tica E, ĥ e H sono mutuamente perpendicolari, possiamo riscrivere la
relazione precedente in funzione del campo elettrico:
r r r
ε1 ε1 00 ε2 0
E− E = E
µ1 µ1 µ2
r r
ε1 ε2 0
(E − E 00 ) = E
µ0 µ0
√
ε2
E − E 00 = √ E 0
ε1
cos θ0
E + E 00 = E 0
cos θ
E − E 00 = E 0
sin θ
sin θ0
da cui si ricava, svolgendo i calcoli opportuni
65
66 APPENDICE A. OPERAZIONI SUI CAMPI VETTORIALI
Operatori differenziali
∂Fz ∂Fy ∂Fx ∂Fz ∂Fy ∂Fx
⇒ rotF = − î + − ĵ + − k̂
∂y ∂z ∂z ∂x ∂x ∂y
Dal punto di vista formale il rotore pu essere definito come il prodotto vettoriale
dell’operatore ∇ con il campo vettoriale F :
î ĵ k̂
∂ ∂ ∂
rotF = ∇×F =
∂x ∂y ∂z
F Fy Fz
x
67
68 APPENDICE B. OPERATORI DIFFERENZIALI
B.3 Divergenza
Dato un campo vettoriale F = Fx î + Fy ĵ + Fz k̂ su <3 , se esistono le derivate
parziali prime di Fx , Fy e Fz è possibile definire la divergenza di F come la
funzione scalare in tre variabili data da:
I
1 ∂Fx ∂Fy ∂Fz
divF = lim F · dA = + +
V →0 V S ∂x ∂y ∂z
dove V rappresenta il volume racchiuso dalla superficie S. Dal punto di vista
formale la divergenza pu essere definita come il prodotto scalare dell’operatore
∇ con il campo vettoriale F :
divF = ∇·F
B.4 Laplaciano
Data una funzione scalare f (x, y, z) il suo Laplaciano è una funzione scalare
definita come:
∂2f ∂2f ∂2f
∇2f = + +
∂x2 ∂y 2 ∂z 2
L’operatore Laplaciano pu essere esteso anche a campi vettoriali F = Fx î +
Fy ĵ + Fz k̂ su <3 e, in tal caso, esso opera su ciascuna componente:
• Divergenza
1. ∇·(F1 + F2 ) = ∇·F1 + ∇·F2
B.6. COMBINAZIONI DI OPERATORI DIFFERENZIALI 69
2. ∇·(ψF ) = F ∇ψ + ψ∇·F
3. ∇·(F1 ×F2 ) = F2 · (∇×F1 ) − F1 · (∇×F2 )
• Rotore
♣ Dimostrazione
î ĵ k̂
∂ ∂ ∂
∇×∇f = ∂x ∂y ∂z =
∂f ∂f ∂f
∂x ∂y ∂z
2
∂2f
2
∂2f
2
∂2f
∂ f ∂ f ∂ f
= − î + − ĵ + − k̂ =
∂y∂z ∂z∂y ∂z∂x ∂x∂z ∂x∂y ∂y∂x
div(rotF ) = ∇·(∇×F ) = 0
♣ Dimostrazione
∂ ∂Fz ∂Fy ∂ ∂Fx ∂Fz ∂ ∂Fy ∂Fx
∇·(∇×F ) = − + − + − =
∂x ∂y ∂z ∂y ∂z ∂x ∂z ∂x ∂y
∂ 2 Fz ∂ 2 Fy ∂ 2 Fx ∂ 2 Fz ∂ 2 Fy ∂ 2 Fx
= − + − + − =0
∂x∂y ∂x∂z ∂y∂z ∂y∂x ∂z∂x ∂z∂y
70 APPENDICE B. OPERATORI DIFFERENZIALI
71
72 APPENDICE C. TEOREMI SUI CAMPI VETTORIALI