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introduzione
L’ART BRUT
(Mar sul roche)
«L’arte non dorme nei letti che sono stati preparati per lei, fugge appena si pronuncia il
suo nome, ama l’incognito. I suoi momenti migliori sono quando si dimentica come si
chiama».
1 wikipedia
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un’opera prodotta da una persona sana e quella prodotta da una persona malata di
mente.
Dubuffet si schiera con forza contro quegli psichiatri che continuavano a
classificare le produzioni grafiche dei malati mentali in base alle loro rispettive
patologie, egli ritiene negativo criminalizzare e discriminare la follia come qualcosa di
alieno e negativo, la follia sarebbe, invece, una risorsa preziosa e feconda per la
collettività. I suoi presupposti anticulturali consentono a Dubuffet di sviluppare una
posizione che anticipa di almeno un decennio gli argomenti dell’ antipsichiatria.
Le successive trasformazioni all’interno degli ospedali psichiatrici, sono un
segno della profonda evoluzione culturale che ha investito la società dagli anni sessanta
in poi. In italia si moltiplicano le sperimentazioni e le esperienze artistiche negli
ospedali psichiatrici, espressione emergente del movimento si ha a Trieste, dove un
gruppo di operatori, guidata da Franco Basaglia, si dedica insieme ai pazienti ad attività
creative finalizzate al miglioramento delle qualità espressive e comunicative dei
partecipanti. Il grande cavallo azzurro di cartapesta costruito dai pazienti è diventato un
simbolo della grande rivoluzione culturale e della riforma psichiatrica che vede
l’attuazione di servizi psichiatrici territoriali, e chiude definitivamente il capitolo dei
vecchi manicomi istituzionali.
Attualmente numerose organizzazioni, si dedicano alla promozione e alla
diffusione dell'arte prodotta dai pazienti psichiatrici, di seguito vengono citati alcuni
centri in Europa. 2
2 Fonte: “DALLA CARTELLA CLINICA ALLA GALLERIA”atelier di creazione artistica per pazienti
psichiatrici e portatori di handicap, Conferenza del 5 aprile 2008 presso Clinica Psichiatrica di Belle
idée, Ginevra.
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sistema dell’arte. Le attività dell’Atelier sono coordinate dalla storica dell’arte Teresa
Maranzano e dall’educatrice Gabriella Vincenti, e sono volte a garantire il
funzionamento dello spazio lavorativo, seguire i percorsi riabilitativi dei pazienti
insieme al personale medico, curare i progetti espositivi che garantiscono visibilità alle
opere.
BLU CAMMELLO
L’Atelier Blu Cammello si trova nel suggestivo quartiere La Venezia di Livorno, al
centro delle attività culturali della città. Con i suoi laboratori e spazi espositivi,
rappresenta un luogo privilegiato per la creazione artistica di pazienti affetti da disagio
psichico o da handicap, che risiedono in famiglia, in case protette, o al Centro Basaglia.
Grazie alla direzione artistica di Riccardo Bargellini, diversi autori si sono fatti
apprezzare nel circuito delle Arti Outsider grazie alle numerose mostre cui hanno
partecipato, in Italia e all’estero. Blu Cammello è anche un centro di edizione di libri
d’arte e di produzione musicale. Una galleria propone regolarmente mostre con artisti
affermati , mentre nel giardino storico del Centro Basaglia è stato creato il Pac 180, un
parco d’arte contemporanea dove si svolge ogni anno una manifestazione aperta alla
pittura, alla scultura, alla musica e al video.
CREAHM FRIBURGO
Dal 1998 il Creahm mette a disposizione di un gruppo di persone portatrici di handicap
un luogo di lavoro dove possano esprimersi in tutta libertà nel campo della pittura,
dell’incisione e della scultura. Una perfetta complicità tra gli animatori dell’atelier e gli
artisti permette a questi ultimi di familiarizzarsi con diverse tecniche e di trarne il piú
grande profitto. Grazie a questa relazione stimolante, ognuno di loro ha potuto
sviluppare un linguaggio personale e presentare con grande talento un mondo interiore
estremamente ricco e colorato. Dal 2007, il Creahm ha potuto estendere le sue attività a
tre giorni settimanali. Possiamo affermare con grande soddisfazione che l’atelier è
all’origine della formazione di dodici autori che sono oggi parte integrante della vita
artistica di Friburgo.
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CEC LA HESSE
L’Atelier La Hesse ha dato vita alle sue attività nel 1992 a Vielsalm, nella regione belga
delle Ardenne. Una équipe di artisti-animatori coordinata da Anne-Françoise Rouche
propone a persone affette da handicap mentale laboratori di diverse discipline: disegno,
pittura, incisione, scultura, ceramica, musica, danza, animazione video.
Tra i numerosi frequentatori, diversi autori hanno maturato il loro stile e seguono un
compiuto percorso di creazione artistica.
Nel 2006, accanto ai locali dei laboratori, è stata aperta una nuova struttura polivalente,
dotata di quattro sale espositive modulabili, un teatro, il deposito e l’archivio per le
opere, una biblioteca e uno spazio per le proiezioni. “La S Grand Atelier” rappresenta
anche un luogo di incontro tra gli artisti che lavorano quotidianamente al CEC e il
pubblico delle mostre, gli alunni delle scuole, e diversi artisti periodicamente invitati in
residenza per realizzare delle produzioni site specific.
KUNSTHAUS KANNEN
La Kunsthaus-Kannen si trova all’interno dell’ospedale psichiatrico Alexianer a
Münster, in Germania. È stata creata con l’obiettivo di promuovere il lavoro di pazienti
dotati di un talento artistico eccezionale. La loro creatività è incoraggiata e sostenuta fin
dall’inizio degli anni ’80. Con il materiale raccolto in piú di vent’anni di attività, la
Kunsthaus-Kannen ha organizzato numerose mostre in Germania e all’estero, e vanta
una collezione di circa 5.000 opere tra disegni, dipinti e sculture. Dal 2000, un nuovo
edificio di 300m² ospita i laboratori e gli spazi espositivi, ed è aperto a progetti, work
shop, incontri e conferenze legati soprattutto alle tematiche relative all’arte e alla
psichiatria. La Kunsthaus-Kannen è un luogo d’incontro e d’integrazione culturale per
tutti gli artisti.
3 Fonte: Maria A. Azzola, “La tinaia alla Biblioteca di Scienze Sociali dell'Università di Firenze”
Edizioni Polistampa (2004)
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Sulla scia delle teorie antipsichiatriche dell’epoca, essi si proponevano di sottrarre i
pazienti più bisognosi di attenzioni alle strutture manicomiali. Ben presto La Tinaia è
divenuta uno dei pochi casi al mondo di comunità terapeutica in cui l’arte è praticata
liberamente e quotidianamente da un gruppo di malati mentali. In più, analogamente,
essa si impone, coincidenza assai rara, per il rilevante numero di pazienti di grande
statura artistica. E sono proprio le cifre stilistiche tipicamente brut degli artisti de La
Tinaia, unitamente a quelle provenienti da altri atelier psichiatrici italiani e esteri a
costituire un’ulteriore traccia per approfondire sia la specifica relazione esistente in
questa forma d’arte con la dimensione psichica provocata dalla malattia mentale,
l’emarginazione sociale, la medianità o l’isolamento carcerario, sia le ragioni delle
analogie con le sperimentazioni formali delle avanguardie.
Margherita Cinque 4
Figure femminili con vaso senza data tecnica mista cm 268x149 (collezione La Tinaia)
4 Fonte: Maria A. Azzola, “La tinaia alla Biblioteca di Scienze Sociali dell'Università di Firenze”
Edizioni Polistampa (2004)
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2 Arte e infanzia
2.1 Il segno primitivo
“L'espressione
Arno Stern 5
Nel cuore di Parigi, per oltre quaranta anni, la figura di un educatore infantile
alquanto estroversa e bizzarra, si è dedicata ad un'attività molto avvincente, quella di
essere un “silenzioso testimone” dell'attività grafica di intere generazioni di bambini
creando un modello assolutamente originale: il “closlieu”, uno spazio libero, con le
pareti rivestite di fogli, dove i bambini possono tracciare segni in piena libertà,
utilizzando esclusivamente i colori e i pennelli messi a disposizione e condivisi da tutti i
partecipanti. Questo personaggio di nome Arno Stern, comincia il suo lavoro nel 1946,
in un istituto per orfani di guerra, facendo dipingere i bambini, intuendo subito il ruolo
primordiale del gioco. Successivamente apre un atelier nel quartiere Saint-Germain-des-
pres di Parigi a cui faranno seguito numerosi altri dislocati in ospedali, scuole e centri
sociali, ed in cui viene estesa la partecipazione a persone di tutte le età.
Egli rileva come, a differenza di quanto avviene nelle nostre scuole e nella
nostra cultura, sia in realtà importante stimolare l'autonomia dell'individuo, e quanto lo
sviluppo personale sia legato all'esperienza sociale. Quello che avviene nel Closlieu,
permette all'individuo di realizzarsi “insieme agli altri” e non in un clima di
competizione.
Nel suo saggio “Homo vulcanus” Arno Stern affronta il tema dell’Espressione
come di una “scrittura selvaggia”, quella che le emozioni imprimono al gesto istintivo e
primordiale, prima che esso venga condizionato con varie tecniche espressive dal
sistema educazionale: ”L’Espressione è l'eco delle prime vibrazioni dell'organismo.
Esse sono state registrate e conservate, ma non c'è riflessione che possa accedervi, il
nostro linguaggio razionale non può farsene interprete”.
Diverse ricerche sono state fatte dall'autore, con popolazioni africane rimaste
isolate dalla cultura occidentale, per ritrovare segni comuni e tracce che hanno parlato
una lingua universale: “Sarebbe bene che tutti potessero vedere il bambino primitivo
davanti al suo foglio! Egli traccia senza avere un'idea predefinita, la sua mano è spinta
da una forza non addomesticata. Traccia e scopre, con rapimento, i segni che emanano
da una facoltà ignorata (... )La scrittura selvaggia, è quella che, in presa diretta, le
sensazioni imprimono al gesto prima che l'addomesticamento degli apprendisti grafici
non la devii da questa funzione per farne del disegno; e anche quella che rinasce
nell'uomo adulto (il bambino di ogni età) quando ritrova, in questo luogo, l'uso
primitivo delle sue facoltà. Allora io parlo di Espressione” 6 .
6 op.cit.pag.23, 56.
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rappresentare?” Egli penserebbe che disegnare equivalga a tracciare l'immagine delle
cose. Non si dovrebbe elargire lodi per la sua bravura, finirebbe col disegnare quello
che gli altri si aspettano da lui. Occorre invece liberare l'Espressione da queste influenze
affinché diventi una formulazione piena, come “una lingua materna nel luogo in cui si
dischiude e non una lingua straniera balbettata un po' dovunque”.
7 op.cit.pag.80, 81.