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1. LEOPOLDO TULLIO (a cura di), La nuova disciplina del trasporto aereo. Commento
della Convenzione di Montreal del 28 maggio 1999, 2006.
2. FABIO VECCHI, Gli accordi tra potestà civili ed autorità episcopali, 2006.
3. ANDREA LONGO, I valori costituzionali come categoria dogmatica. Problemi e ipo-
tesi, 2007.
4. BEATRICE SERRA, Arbitrium et aequitas nel diritto amministrativo canonico, 2007.
5. GIANLUCA BASCHERINI, Immigrazione e diritti fondamentali. L’esperienza italiana
tra storia costituzionale e prospettive europee, 2007.
6. LUIGI COLACINO CINNANTE, Pubblica amministrazione e trasformazioni dell’ordi-
namento, 2007.
7. G. CASSANDRO - A. LEONI - F. VECCHI (a cura di), Arturo Carlo Jemolo. Vita ed
opere di un italiano illustre. Un Professore dell’Università di Roma, 2007.
8. ROBERTA CALVANO (a cura di), Legalità costituzionale e mandato d’arresto europeo,
2007.
9. LAURA RONCHETTI, Il nomos infranto: globalizzazione e costituzioni. Del limite
come principio essenziale degli ordinamenti giuridici, 2007.
10. VINCENZO CERULLI IRELLI (a cura di), Il procedimento amministrativo, 2007.
11. FABIO FRANCESCHI, La condizione degli enti ecclesiastici in Italia nelle vicende
politico-giuridiche del XIX secolo, 2007.
12. SILVIA SEGNALINI, L’editto Carboniano, 2007.
13. VINCENZO MARINELLI, Studi sul diritto vivente. Prefazione di Augusto Cerri,
2008.
14. PAOLA COCO, L’imputazione del contributo concorsuale atipico, 2008.
15. MAURA GARCEA, I gruppi di società di persone, 2008.
16. FRANCO MODUGNO - PAOLO CARNEVALE (a cura di), Trasformazioni della funzione
legislativa. IV. Ancora in tema di fonti del diritto e rapporti Stato-Regione dopo la
riforma del Titolo V della Costituzione, 2008.
17. MARCO GAMBARDELLA, L’abrogazione della norma incriminatrice, 2008.
18. GIUSEPPE CRICENTI, I diritti sul corpo, 2008.
19. DONATELLA BOCCHESE, L’ipoteca sulla nave in costruzione, 2008.
20. ELEONORA RINALDI, Legge ed autonomia locale, 2008.
21. LUCIA GIZZI, Il getto pericoloso di cose, 2008.
22. GIANLUCA CIAMPA, Il delitto di riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù,
2008.
23. ROMOLO DONZELLI, La tutela giurisdizionale degli interessi collettivi, 2008.
ROMOLO DONZELLI
LA TUTELA GIURISDIZIONALE
DEGLI INTERESSI COLLETTIVI
JOVENE EDITORE
NAPOLI 2008
DIRITTI D’AUTORE RISERVATI
© Copyright 2008
ISBN 88-243-1778-2
Printed in Italy
Stampato in Italia
a papà
e
a Nicolò
Un sentito ringraziamento al Prof. Lucio Lanfranchi per gli inse-
gnamenti, il sostegno e l’esempio che mi ha regalato in questi anni.
INDICE
CAPITOLO PRIMO
LE VICENDE GIURIDICHE DELL’INTERESSE COLLETTIVO
NELL’ESPERIENZA PRE-COSTITUZIONALE:
DAL PERIODO TARDO-LIBERALE
ALL’ORDINAMENTO CORPORATIVO
CAPITOLO SECONDO
LE VICENDE GIURIDICHE DELL’INTERESSE COLLETTIVO
NELL’ESPERIENZA POST-COSTITUZIONALE
SINO ALL’INIZIO DEGLI ANNI SETTANTA
1. Considerazioni introduttive....................................................................... » 89
2. L’interesse collettivo nella Costituzione repubblicana............................. » 90
3. «La Costituzione inattuata» e i rapporti tra interessi collettivi e dot-
trina............................................................................................................. » 98
4. La nozione di interesse collettivo nella dottrina giuslavorista post-co-
stituzionale.................................................................................................. » 101
4.1. La nozione di interesse collettivo secondo Francesco Santoro Pas-
sarelli.................................................................................................... » 101
4.2. L’interesse collettivo come «combinazione» o «sintesi» degli inte-
ressi individuali ................................................................................... » 106
5. Altri studi sulla nozione di interesse collettivo ........................................ » 111
6. Interessi collettivi e processo: il giudizio di repressione della concor-
renza sleale ................................................................................................. » 116
6.1. Corsi e ricorsi storici: la sentenza della Corte di cassazione n. 171
del 5 febbraio 1948 ............................................................................. » 119
6.2. Le diverse tesi sulla natura del giudizio di repressione della concor-
renza sleale ex art. 2598 c.c.: tesi «soggettive» e tesi «oggettive».... » 125
6.3. La natura dell’azione collettiva ex art. 2601 c.c. per le tesi «sog-
gettive» dell’illecito ............................................................................. » 128
6.4. La natura dell’azione collettiva ex art. 2601 c.c. per le tesi «ogget-
tive» dell’illecito .................................................................................. » 136
7. Considerazioni conclusive ......................................................................... » 138
CAPITOLO TERZO
LE VICENDE GIURIDICHE DELL’INTERESSE COLLETTIVO
DAGLI ANNI SETTANTA AD OGGI
CAPITOLO QUARTO
IL CONCETTO DI INTERESSE
E DI INTERESSE COLLETTIVO
CAPITOLO QUINTO
LA TUTELA GIURIDICA DELL’INTERESSE:
LA TECNICA DEL DIRITTO SOGGETTIVO
CAPITOLO SESTO
PROFILI GENERALI
DELLA TUTELA GIURISDIZIONALE
DEGLI INTERESSI COLLETTIVI
CAPITOLO SETTIMO
LA TUTELA COLLETTIVA SINDACALE
CAPITOLO OTTAVO
LA TUTELA COLLETTIVA ANTIDISCRIMINATORIA
CAPITOLO NONO
LA TUTELA COLLETTIVA DELL’AMBIENTE
4. Gli interventi legislativi successivi alla l. n. 349 del 1986 ....................... p. 727
4.1. La l. 3 agosto 1999, n. 265 e il successivo d.legisl. 18 agosto 2000,
n. 267: il riconoscimento della legittimazione ad agire ai singoli e
alle associazioni ambientaliste ............................................................ » 727
4.2. Il d.legisl. 3 aprile 2006, n. 152.......................................................... » 730
4.2.1. Considerazioni introduttive...................................................... » 730
4.2.2. I Titoli I e II della Parte VI del d.legisl. n. 152/2006 ............ » 732
4.2.3. Il Titolo III della Parte VI del d.legisl. n. 152/2006 .............. » 735
4.2.4. L’azione pubblica del Ministero dell’ambiente e del terri-
torio in rapporto con l’interesse collettivo all’ambiente......... » 737
4.2.5. L’inevitabile supervalutazione delle tutele alternative ............ » 746
CAPITOLO DECIMO
LA TUTELA COLLETTIVA DEI CONSUMATORI
1 CAMMARATA, A.E., Limiti tra formalismo e dommatica nelle figure di qualificazione giu-
ridica [1936], in Formalismo e sapere giuridico, Studi, Milano, 1963, p. 345 ss.
XXIV PREMESSA
resse collettivo in senso ampio, ovvero privi dell’intenzione di contrapporlo al termine, o, più
precisamente al concetto, di interesse diffuso. Quando peraltro, per la natura degli argomenti
trattati, dovremo tenere con chiarezza distinte le due figure, allora, nel riferirci genericamente
agli interessi non esclusivamente individuali, utilizzeremo il termine più generico ed onni-
comprensivo di interessi sovraindividuali o superindividuali se non anche metaindividuali.
Solo nella parte ricostruttiva del lavoro, ovvero a partire dal capitolo IV, dimostrata l’indi-
stinguibilità ontologica tra l’interesse collettivo e l’interesse diffuso, il termine di interesse col-
lettivo verrà impiegato in senso proprio, ovvero indicante una precisa relazione logica tra più
interessi individuali.
INTERESSE COLLETTIVO NELL’ESPERIENZA PRE-COSTITUZIONALE 3
3 Per quel che qui interessa, cfr. Socialismo e diritto privato, Influenza delle odierne dot-
trine socialiste sul diritto privato [1906], Milano, 1980, edizione postuma a cura di P. Ungari.
4 CAPITOLO PRIMO
di fronte al proletariato e il diritto nuovo, Palermo, 1906, p. 91, per il quale la solidarietà «è la
INTERESSE COLLETTIVO NELL’ESPERIENZA PRE-COSTITUZIONALE 5
legge del mondo fisico e quello della società umana. La vita sociale è un assieme di solidarietà
che si incrociano. L’uomo non è isolato, ma vive, opera, produce, possiede, in quanto trovasi
in mezzo ad altri uomini ai quali deve coordinare la sua azione. Come ogni bene viene dalla
società, così ogni atto ha un valore sociale, una funzione sociale. Da ciò la norma della vita e
l’ideale etico devono coesistere nella composizione degli interessi». Per approfondimenti, v.
COSTA, P., Il «solidarismo giuridico» di Giuseppe Salvioli, in Quaderni fiorentini, 1974-1975, I,
Il «socialismo giuridico», Ipotesi e letture, p. 457 ss. Come si vedrà in questo capitolo, specie
nelle pagine dedicate alle esperienze giuridiche tardo-liberali nel diritto del lavoro e sinda-
cale, proprio il vincolo solidaristico tra gli interessi dei soggetti che facendo parte di un
gruppo contribuiscono alla nascita dell’interesse collettivo costituisce uno dei tratti maggior-
mente significativi delle prime prospettazioni della nozione. In particolare cfr. le posizioni di
Messina, Galizia, Barassi, ma anche talune posizioni espresse dalla dottrina riguardo le di-
verse prospettive di riforma della magistratura probivirale su cui ci intratteremo più avanti
nel testo ed in nota.
8 Ancora preziose sono le parole di SOLARI, G., Socialismo e diritto privato, cit., p. 202
s.: «il concetto nuovo che veniva a sconvolgere il criterio tradizionale di distinzione tra diritto
pubblico e privato fu il concetto di società. Né i Greci, né i Romani distinsero tra società e
Stato. La stessa indistinzione noi troviamo nelle teorie contrattualiste, le quali movendo dal
concetto atomistico dello Stato, cioè dal considerare questo come la somma degli individui
singoli, non potevano assorgere al concetto di società. Società e Stato in tali teorie che furono
predominanti nel periodo di elaborazione della nostra legislazione civile, dovevano apparire
come una cosa sola. Ma nel secolo XIX noi assistiamo a una ricostruzione storica e teorica del
concetto di società. La Rivoluzione sotto l’influenza dell’individualismo dominante aveva la-
vorato a distruggere ogni forma corporativa e associativa, tendente a limitare in qualche
modo l’individualità. L’individuo sciolto ormai dai vincoli che nel passato lo tenevano avvinto
alla famiglia, alla corporazione, veniva a trovarsi solo in rapporto diretto con lo Stato. Il pro-
blema dei rapporti tra diritto e Stato era sopratutto politico cioè riguardava l’individuo nei
suoi rapporti con la sovranità. Il concetto di diritto pubblico doveva pertanto avere un con-
tenuto esclusivamente politico, e avere una sfera di estensione limitata non essendo prevalsa
la dottrina di Rousseau che tendeva ad assorbire gli individui e i loro diritti nella personalità
dello Stato. Il secolo XIX ricostruiva quel concetto di società che la Rivoluzione aveva di-
strutto. Le esigenze della grande produzione determinarono un concentramento degli indivi-
dui dispersi in gruppi sociali tenuti insieme da unità di coscienza e di scopi. Accanto alla vita
degli individui e dello Stato vediamo sotto l’azione riorganizzatrice della grande industria ri-
costruirsi le associazioni professionali, vediamo agitarsi le classi sociali in vista di determinati
scopi. Né solo gli interessi economici, ma gli interessi intellettuali, religiosi, artistici determi-
nano la differenziazione sociale e producono lotte e contrasti non più di carattere politico,
non essendo più in gioco la costituzione dello Stato, ma essenzialmente di carattere sociale,
trattandosi d’interesse di classe» (c.vi miei).
6 CAPITOLO PRIMO
2.1.1. Gli interessi collettivi in due progetti di riforma alle origini del si-
stema italiano di giustizia amministrativa
Le trame della vicenda politica, legislativa, dottrinale e giurispru-
denziale che dalla seconda metà dell’Ottocento ai giorni nostri ha dato
vita al sistema italiano di giurisdizione amministrativa «come uno dei si-
stemi [più] originali dell’esperienza giuridica dell’occidente» sono state
oggetto di ampi e numerosi studi in dottrina e sarebbe assolutamente
privo di significato ripercorrerle in questa sede12.
in Dig. disc. pubbl., VII, Torino, 1991, p. 502 ss.; MANNORI, L. - SORDI, B., Storia del diritto
amministrativo, Roma-Bari, 2006. L’essenzialità della prospettiva storico-ricostruttiva in or-
dine alla comprensione del sistema di giustizia amministrativa italiano fa sì che l’argomento
riceva ampia trattazione anche nella manualistica. Comunemente riconosciuta è poi la persi-
stente utilità scientifica dell’opera di SALANDRA, A., La giustizia amministrativa nei governi li-
beri: con speciale riguardo al vigente diritto italiano, Torino, 1904.
13 Così, SORDI, B., Giustizia e amministrazione nell’Italia liberale, cit., p. 39; ma, nello
stesso senso, v. anche GIANNINI, M.S. - PIRAS, A., Giurisdizione amministrativa e giurisdizione
ordinaria nei confronti della pubblica amministrazione, cit., p. 234, che evidenziano come il
punto di equilibrio tra garanzie del cittadino nei confronti degli atti della pubblica ammini-
strazione e potere autoritativo della stessa fu raggiunto a vantaggio del secondo e non delle
prime.
14 Come ricorda SALANDRA, A., La giustizia amministrativa nei governi liberi, cit., p. 324,
«nonostante la sua fede nella efficacia pratica dei principi razionali, la Commissione non di-
sconobbe la difficoltà di tradurre il suo “concetto astratto e scientifico in formule legislative”.
10 CAPITOLO PRIMO
Ma reputò d’avere, dopo molto studio, trovato un sicuro criterio di ripartizione della distin-
zione fra diritti dei cittadini, ai quali bisogna accordare ampia e piena difesa giurisdizionale,
ed i meri interessi, i quali di fronte al potere esecutivo non possono pretendere ad alcuna gua-
rentigia, da quella in fuori del ricorso in via gerarchica».
15 SALANDRA, A., La giustizia amministrativa nei governi liberi, cit., p. 325.
16 V. SALANDRA, A., La giustizia amministrativa nei governi liberi, cit., p. 325-326. Si leg-
gano anche le parole del discorso alla Camera di Mancini, riportato da Salandra a p. 329 ss.
(ma v. per il passo che segue p. 351), nei quali si rilevò quanto segue: «possono esserci inte-
ressi ragionevoli, rispettabili, legittimi nell’ordine delle convenienze e delle utilità private e
sociali; ma questi interessi non sono assicurati da una legge, che li innalzi al grado di diritti e
crei in loro favore un’azione esperibile in giudizio. Se dunque esistono semplici interessi di
questa specie, è chiaro che non tutti gli interessi sono diritti; ed arbitro regolatore ed estima-
tore appunto di questi interessi, che sono numerosissimi, non può essere che il potere ammi-
nistrativo […]. Questo, o signori, è il concetto informatore della proposta della commissione.
Esso è scolpito negli articoli secondo e terzo del progetto di legge, meritando in essi speciale
attenzione le due formule caratteristiche: cioè, nell’articolo secondo Controversie che riguar-
dano i diritti civili e politici; e nell’articolo terzo Atti di pura amministrazione riguardanti
gl’interessi individuali o collettivi degli amministrati. La Camera ha udito come il criterio fon-
INTERESSE COLLETTIVO NELL’ESPERIENZA PRE-COSTITUZIONALE 11
damentale, secondo il concetto della Commissione, della distinzione tra le funzioni dell’am-
ministrazione e le funzioni contenziose spettanti alla giustizia, consiste nell’elemento dell’in-
teresse, contrapposto all’elemento del diritto».
17 Il primo documento in cui è presente la distinzione-contrapposizione tra «interesse»
v. ancora SORDI, B., Giustizia e amministrazione nell’Italia liberale, cit., p. 111 ss.
19 GIANNINI, M.S. - PIRAS, A., Giurisdizione amministrativa e giurisdizione ordinaria nei
confronti della pubblica amministrazione, cit., p. 235, che ricordano, ad esempio, come la
riforma del 1865, con la formula dei «diritti civili e politici», avesse lasciato sguarnita di tu-
tela la materia del diritto pubblico relativa ai corpi morali legalmente riconosciuti, cioè quella
relativa ai comuni ed alle province.
20 Sul punto, v. SORDI, B., Giustizia e amministrazione nell’Italia liberale, cit., p. 31 nel
testo e a nota 10 che ricorda le critiche al progetto mosse da Cordova, Rattazzi e Crispi, il
quale ultimo si interrogava «se tra le questioni le quali insorgano nell’esercizio delle attribu-
12 CAPITOLO PRIMO
zioni che rimarranno all’amministrazione si debbano richiedere delle guarentigie che premu-
niscano i cittadini e la società da qualunque offesa che possa venire da parte degli agenti del
Governo»; rilievo quest’ultimo a cui replicava Mancini: «non è questa la legge in cui dob-
biamo occuparci delle garantie dell’esercizio dell’amministrazione pura».
21 Sull’iter formativo della legge, v. SALANDRA, A., La giustizia amministrativa nei go-
verni liberi, cit., p. 497 ss. Occorre d’altra parte far cenno al coevo progetto di legge n. 305
del 19 marzo 1885 presentato dall’on. Luchini in materia di azione popolare; il quale appunto
mirava ad introdurre un’ipotesi di azione popolare generale. Prospettiva di riforma, quest’ul-
tima, in grado di incidere profondamente sulla configurazione tradizionale dell’istituto, non-
ché sulla teoria generale delle situazioni giuridiche protette e del loro accesso alla tutela giu-
risdizionale. Sul progetto v. le osservazioni di BORGHESI, D., Azione popolare, interessi diffusi
e diritto all’informazione, in Pol. dir., 1985, p. 259 ss., spec. p. 264. Per il testo del progetto,
v. invece TROCCOLI, A., Un istituto giuridico da rivalutare: l’azione popolare, in Rass. parla-
mentare, 1971, p. 85 ss., spec. p. 90 s.
22 Cfr. l’art. 1 del Progetto riportato da SALANDRA, A., La giustizia amministrativa nei
23 SALANDRA, A., La giustizia amministrativa nei governi liberi, cit., p. 477, nota 2.
24 Sulla figura di Giuseppe Mantellini, v. le sottolineature di CANNADA BARTOLI, E., Giu-
stizia amministrativa, cit., p. 518 s.
25 SPAVENTA, S., Giustizia nell’amministrazione (Discorso pronunciato all’Associazione
27 Così, MANTELLINI, G., Lo Stato e il Codice civile, III, Firenze, 1879-1882, p. 307.
28 SORDI, B., Giustizia e amministrazione nell’Italia liberale, cit., p. 34.
29 Per la prima lettura, v. ad es. BENVENUTI, F., Giustizia: II) Giustizia amministrativa,
cit., p. 599 ss.; nonché BERTI, G., Amministrazione autonoma e giustizia amministrativa nella
legislazione unificatrice del 1865: il contributo del deputato Francesco Borgatti, in L’unificazione
amministrativa e i suoi protagonisti, a cura di Benvenuti e Miglio, Atti del congresso celebra-
tivo del centenario delle leggi amministrative dell’unificazione, Milano, 1969, p. 409 ss. Per la
seconda lettura v. SORDI, B., Giustizia e amministrazione nell’Italia liberale, cit., p. 30, nota 9
e poi p. 367, nota 66, per il quale «l’apparente perfezione del sistema era forse già compro-
messa, sin dalle scelte dell’unificazione dalla drammatizzazione e dall’eccessiva inafferrabilità
del criterio del riparto, dalla distinzione precaria e naturalmente conflittuale fissata dalla
INTERESSE COLLETTIVO NELL’ESPERIENZA PRE-COSTITUZIONALE 15
legge abolitiva del contenzioso tra diritto e interesse», ma «non è possibile […] passare sotto
silenzio l’importante funzione “creativa” svolta dalla scienza giuridica negli anni a cavallo tra
i due secoli che, attraverso una revisione globale dei modelli amministrativi, ispirò da una
parte l’intera sistematica amministrativa, dall’altra il “nuovo corso” giurisprudenziale che tro-
verà, negli anni ’30, nel concordato D’Amelio-Romano la definitiva consacrazione».
16 CAPITOLO PRIMO
30 V., infatti, le considerazioni avanzate da Bonaudi al riguardo e riportate infra, nel te-
sto § 2.1.3. Nel dibattito successivo agli anni Settanta la configurazione in chiave oggettiva
della tutela giurisdizionale innanzi al giudice amministrativo ha rappresentato la strada rico-
struttiva privilegiata in ordine al riconoscimento di più ampie possibilità di tutela degli inte-
ressi sovraindividuali in particolare nella posizione di A. Romano, su cui appunto, v. infra,
cap. III, 3.3.1.2., spec. nota 97.
31 Sul punto, v. il cap. III. Per un esame dell’evoluzione del concetto di interesse legit-
timo con specifica attenzione, da un lato, alla prospettiva storico-evolutiva della nozione e,
dall’altro, al rapporto della stessa con la tematica degli interessi collettivi e diffusi, v., in par-
ticolare, CRESTI, M., Contributo allo studio della tutela degli interessi diffusi, Milano, 1992, p.
9 ss.
32 BONAUDI, E., La tutela degli interessi collettivi, Milano-Torino-Roma, 1911, opera fre-
quentemente richiamata dalla dottrina successiva: cfr. ad es. TARZIA, G., Le associazioni di ca-
tegoria nei processi civili con rilevanza collettiva, in Riv. dir. proc., 1987, p. 774 ss. e CARAVITA,
B., Interessi diffusi e collettivi (Problemi di tutela), in Dir. soc., 1982, p. 167 ss., ma spec. p.
183, nota 39, il quale peraltro ammette quanto sia poco conosciuto dalla più recente dottrina
il lavoro ora richiamato, nonostante la sua impostazione «sorprendentemente moderna».
INTERESSE COLLETTIVO NELL’ESPERIENZA PRE-COSTITUZIONALE 17
riflessione sulle figure concettuali che per tradizione hanno rivestito il ruolo di strumenti ri-
costruttivi elementari del nostro sistema giuridico. Più precisamente, se in ambito ammini-
strativistico il tema della giustiziabilità degli interessi sovraindividuali ha in larga misura rap-
presentato un occasione per interrogarsi nuovamente sul concetto di interesse legittimo, in
ambito civilistico, il raffronto tra interessi lato sensu collettivi e diritto soggettivo non ha dato
luogo a tentativi di tal fatta; tanto che la dottrina nemmeno ha sentito il bisogno di verificare
l’armonizzabilità dei primi con il secondo distinguendo tra le pur diverse nozioni di diritto
soggettivo avanzate dall’inteso dibattito svoltosi in Italia nella prima metà del Novecento. Sul
punto, v. infra, capp. III e V.
35 V. in particolare infra, cap. III, § 3.1. e 3.2., in cui ripercorreremo i rilievi che la dot-
trina da più parti – sostanzialista e processualista – ha mosso nel corso del dibattito generale
avviatosi a seguire degli anni settanta sul fondamentale quesito concernente la possibile giu-
ridicizzazione degli interessi a carattere sovraindividuale. Per il superamento delle problema-
tiche attinenti al profilo della giuridicizzazione degli interessi, ovvero, più precisamente, per
il superamento degli scogli che la dogmatica tradizionale sembrerebbe opporre al riconosci-
mento degli interessi lato sensu collettivi, v. infra, cap. V e VI.
36 V. infra, cap. IV, § 2. ss.
INTERESSE COLLETTIVO NELL’ESPERIENZA PRE-COSTITUZIONALE 19
37 BONAUDI, E., La tutela degli interessi collettivi, cit., p. 5-6 (c.vo mio).
38 Il concetto è successivamente approfondito da BONAUDI, E., La tutela degli interessi
collettivi, cit., p. 20, in sede di distinzione tra l’interesse individuale e l’interesse collettivo; si
sostiene, infatti, la necessità di operare questa ferma contrapposizione in virtù della circo-
stanza secondo cui, se così non fosse, «tutti gli interessi collettivi verrebbero in fin dei conti
a trasformarsi in interessi individuali e cadrebbe perciò la distinzione tra gli uni e gli altri: il
che non può ammettersi perché la distinzione non è semplicemente formale ma di sostanza,
e deriva dal fatto che l’interesse collettivo, se in taluni casi può eventualmente consistere nella
somma o nella risultante di interessi individuali, cosicché, per esprimere più chiaramente il
concetto, si può dire che è in rapporto a questi ultimi qualcosa di sostanzialmente identico,
ma di maggiore estensione, in altri casi invece, e specialmente in una società progredita, esso
è affatto distinto e non può trovare riscontro con l’interesse individuale, o tutt’al più que-
st’ultimo può riscontrarvisi, ma attenuato di tanto da apparire radicalmente diverso». Come
si può agevolmente notare sin d’ora le affermazioni riportate non vanno oltre la mera decla-
mazione, essendo assolutamente prive di qualsiasi capacità dimostrativa ed al contrario affi-
date – come peraltro avviene tuttora – ad una impostazione intuitiva del quid da definire.
Mancano, infatti, nelle riflessioni di Bonaudi sia il tentativo di cogliere nell’aspetto unitario
dell’interesse collettivo (inteso alla luce del vincolo solidaristico che unisce gli interessi del
gruppo) il discrimen che lo separa dai singoli interessi individuali (v., al contrario, infra, la di-
versa impostazione di Giuseppe Messina), sia il tentativo di rinvenire un’eventuale ragione di
distinzione nel processo di tipizzazione/astrazione degli interessi concreti individuali (v. infra,
specialmente la posizione di Francesco Carnelutti).
39 Più in generale Bonaudi osserva (p. 8) come «la tutela degli interessi di siffatte col-
lettività speciali o classi [possa] quindi attuarsi in due modi diversi: o per iniziativa dello
Stato (inteso in senso largo e cioè comprendente gli organi della pubblica amministrazione in
generale […]), ovvero per opera diretta degli interessati». Ma precisa anche come sia effetti-
20 CAPITOLO PRIMO
42 BONAUDI, E., La tutela degli interessi collettivi, cit., p. 13-14 (corsivi dell’A.).
43 In Vittorio Emanuele ORLANDO (La giustizia amministrativa, in Primo trattato di di-
ritto amministrativo completo, a cura di V.E. Orlando, III, Milano, 1901, p. 784 ss.) l’attività
della IV sezione del Consiglio di Stato è ricostruita in termini oggettivi e l’«interesse» richia-
mato dall’art. 24, lungi dall’assumere le vesti di una situazione giuridica soggettiva, appare
come mero interesse a ricorrere sulla falsa riga di ciò che dispone l’art. 36 del codice civile di
rito del 1865. Al contrario, in Lodovico MORTARA (Commentario del codice e delle leggi di pro-
cedura civile, I, Teoria e sistema della giurisdizione civile, Milano, s.d ma 1905, p. 29 ss.) l’ac-
centuazione del carattere rigorosamente giurisdizionale dell’attività espletata dalla IV sezione
passa attraverso una svalutazione della sfera di discrezionalità della pubblica amministrazione
a vantaggio del riconoscimento di diritti pubblici soggettivi in capo ai cittadini in ordine al ri-
spetto della legalità negli atti dello Stato (posizione che riecheggia – almeno in parte – anche
in CAMMEO, F., Commentario delle leggi sulla giustizia amministrativa, Milano, s.d., p. 129). In
22 CAPITOLO PRIMO
Oreste RANELLETTI (A proposito di una questione di competenza della IV sezione del Consiglio
di Stato, Avezzano, 19892, p. 33 ss.; ID., Nota a Cass. Roma, S.U., 27 marzo 1893, in Foro it.,
1893, I, p. 470 ss., opere alle quali Bonaudi rinvia, essendo stato pubblicato il primo volume
dei Principi di diritto amministrativo, Introduzione e nozioni fondamentali, a Napoli nel 1912)
la concezione soggettiva della giurisdizione amministrativa, coniugandosi con la valorizza-
zione del potere discrezionale della pubblica amministrazione, conduce all’elaborazione della
figura dell’interesse legittimo nelle due species dell’interesse occasionalmente protetto e del
diritto affievolito. L’eterogeneità delle soluzioni teoriche, nonché la diversa cornice ideologica
e culturale che contraddistingue l’opera degli AA. ora indicati, dimostra – a noi sembra piut-
tosto inequivocabilmente – il vero limite del lavoro di Emilio Bonaudi; il quale, trovatosi ad
affrontare il tema della giustiziabilità degli interessi collettivi in un momento in cui una sta-
bile sistemazione dei requisiti legittimanti il ricorso innanzi al giudice amministrativo era an-
cora lontana da venire, evitò nella sostanza la prospettiva propriamente ricostruttiva (che al
contrario ancora presentava ampie possibilità argomentative in ordine ad una visione meno
personalistica della tutela), attestandosi in una posizione di sostanziale chiusura esegetica, at-
tenuata – se non effettivamente contraddetta – dalla rilevazione dell’assoluta necessità di ri-
conoscimento giuridico dei nuovi interessi materiali emergenti.
44 BONAUDI, E., La tutela degli interessi collettivi, cit., p. 24 (corsivi dell’A.).
INTERESSE COLLETTIVO NELL’ESPERIENZA PRE-COSTITUZIONALE 23
45 «Una attenta disamina ci induce […] a rilevare come la determinazione degli inte-
ressi, tutelabili in sede amministrativa, possa uscire assai più difficile di quella concernente gli
interessi che sono fondamento dell’azione giudiziale. Ciò proviene dal fatto che, a differenza
dei diritti (i quali sono comunemente definiti interessi forniti d’azione), gli interessi ammini-
strativi sono di regola di difficile individualizzazione»: così, BONAUDI, E., La tutela degli inte-
ressi collettivi, cit., p. 29-30.
46 Le incerte coordinate dogmatiche in cui opera l’Autore (cfr. retro, nota 43) sembrano
emergere con chiarezza laddove (La tutela degli interessi collettivi, cit., p. 26) si rileva che «sif-
fatto interesse personale non può essere arbitrario: esso deve valutarsi secondo l’opinione me-
dia degli uomini nei casi normali, poiché altrimenti il giudizio sull’esistenza o meno dell’inte-
resse riuscirebbe impossibile, dovendo aversi riferimento all’apprezzamento soggettivo della
parte. Perciò […] l’indagine relativa costituisce spesso una questione di fatto, che va risolta
caso per caso. Senza approfondire l’indagine – continua l’A. –, basti ricordare come l’inte-
resse personale, secondo la dottrina e la giurisprudenza ormai prevalenti, deve concretarsi in
un vantaggio positivo per l’individuo, senza che per ciò occorra che il medesimo sia di natura
economica o patrimoniale, bastando che esso abbia un contenuto effettivo e non soltanto
ideale o morale».
47 Come risulterà più chiaro negli svolgimenti successivi del lavoro, se numerosi osta-
coli alla tutela degli interessi collettivi sono derivati dall’impiego di talune concezioni dogma-
tiche tradizionali tanto in sede di diritto sostanziale, quanto in sede di diritto processuale, al-
trettanti ostacoli sono discesi dall’utilizzo di nozioni dell’interesse collettivo talora lontane da
quella corretta o anche semplicemente abbozzate; nozioni comunque ritenute adeguatamente
appaganti per poter procedere alla complessiva ricostruzione degli strumenti di tutela del me-
desimo. Nello studio di Bonaudi, la nozione di interesse collettivo non solo è contraddittoria
nel suo volersi proporre alternativamente come somma o risultante di interessi individuali,
ma è anche ritenuta ontologicamente distinta dall’interesse individuale. Questa concezione,
tanto frequentemente riproposta dalla dottrina successiva, si coordina perfettamente con
l’impostazione tradizionalista-individualista-esclusivista, conducendo l’A. ad escludere che
l’interesse di individui richiamato dalla legge istitutrice della IV sezione del Consiglio di Stato
sia compatibile con la tutela dell’interesse collettivo, ovvero che l’interesse collettivo non sia
sufficientemente individualizzato da poter costituire idonea condizione d’accesso alla tutela
giurisdizionale nei confronti della pubblica amministrazione.
24 CAPITOLO PRIMO
popolare nel nostro ordinamento trova origine nelle decisioni del Consiglio di Stato ancor
prima della legge del 1889, ovvero in materia di Ricorsi al Re, come ricordano GIANNINI, M.S.
- PIRAS, A., Giurisdizione amministrativa e giurisdizione ordinaria nei confronti della pubblica
amministrazione, cit., p. 236 s., richiamati da CRESTI, M., Contributo allo studio della tutela de-
gli interessi diffusi, cit., p. 10, nota 1. Sul punto, v. anche infra, cap. III.
51 Così, BONAUDI, E., La tutela degli interessi collettivi, cit., p. 54, che anticipa una delle
osservazioni più comuni riguardo alla giustiziabilità degli interessi collettivi: piuttosto di re-
INTERESSE COLLETTIVO NELL’ESPERIENZA PRE-COSTITUZIONALE 25
cente, v. CASSESE, S., Gli interessi diffusi e la loro tutela, in La tutela giurisdizionale degli inte-
ressi collettivi e diffusi, a cura di L. Lanfranchi, Torino, 2003, p. 569.
52 BONAUDI, E., La tutela degli interessi collettivi, cit., p. 25.
53 BONAUDI, E., La tutela degli interessi collettivi, cit., p. 25.
54 La possibilità di individuare nei comuni i soggetti collettivi idonei a porsi come enti
portatori degli interessi sovraindividuali ha trovato particolare svolgimento anche nel dibat-
tito avviatovi a partire dagli anni Settanta: cfr. in particolare ANGIULI, A., Interessi collettivi e
tutela giurisdizionale, Le azioni comunali e surrogatorie, Napoli, 1986, su cui v. infra, cap. III,
nota 123.
55 Per lo studio delle azioni riservate agli enti, v. BONAUDI, E., La tutela degli interessi
56 Su quest’aspetto v. BONAUDI, E., La tutela degli interessi collettivi, cit., p. 118 ss. (i
passi riportati nel testo si trovano a p. 121). In particolare si vedano le decisioni del Consiglio
di Stato riportate dall’A. a p. 122 ss.
57 Come vedremo in numerose occasioni nel prosieguo del lavoro, l’alternativa confi-
2.2. L’interesse collettivo nelle origini del diritto del lavoro nello Stato
tardo-liberale
2.2.1. Le riflessioni di Giuseppe Messina sull’interesse da tutelarsi in sede
di concordato collettivo
Operato questo breve excursus sul processo amministrativo, occorre
volgere il nostro sguardo al campo dell’esperienza giuridica che – tra
tutti – specie nel periodo storico ora in esame, ha dimostrato la più spic-
cata propensione ad interrogarsi sul possibile riconoscimento giuridico
di interessi metaindividuali. Il riferimento è, come ovvio, al diritto so-
stanziale e processuale del lavoro.
Ciò risulta, d’altra parte, assai comprensibile alla luce del rapporto
di massima prossimità, che legava detto settore a quell’area dei rapporti
sociali che si era presentata come terreno di elezione per l’attivarsi dei
nuovi conflitti e per l’esprimersi dei nuovi interessi.
La contraddizione tra dinamica reale e disciplina giuridica era, in-
fatti, riguardo la regolamentazione dei rapporti di lavoro, insopportabile.
61 Su questo aspetto v. CASTELVETRI, L., Il diritto del lavoro delle origini, Milano, 1994,
che rileva come i pur diversificati contributi degli Autori anteriori all’opera di BARASSI «pro-
spettarono […] regolamentazioni variamente articolate delle diverse forme di lavoro, deri-
vando pur sempre la configurazione negoziale della fattispecie di riferimento alla definizione
codicistica di lavoro d’opera, per tutti positivamente vincolante. Basti pensare che al di là
della ricorrente critica del codice civile, gli autori sopra citati subirono la suggestione […] di
procedere alla costruzione scientifica della fattispecie attraverso la tecnica della classificazione
per genere e per differenze specifiche, sulla scorta più o meno coerente e fedele, della traccia
fornita dal sistema di definizioni e classificazioni concatenate dei negozi locativi di cui agli ar-
ticoli 1568-1570 e 1627 del codice civile del 1865»; cfr. anche SPAGUOLO VIGORITA, L., Subor-
dinazione e diritto del lavoro. Problemi storico-critici, Napoli, 1967; ROMAGNOLI, U., Alle ori-
gini del diritto del lavoro: l’età preindustriale, in Riv. it. dir. lav., 1985, I, p. 514 ss.; ID., All’o-
rigine dei rapporti tra capitale e lavoro: locazione d’opere e società, in Lavoratori e sindacati tra
vecchio e nuovo diritto, Bologna, 1974, p. 13 ss.
62 V., sul punto, SOLARI, G., Socialismo e diritto privato, cit., p. 198, che descrive le con-
dizioni che in Germania favorirono l’introduzione della legislazione sociale: «il salario rap-
presenta per l’operaio la condizione stessa della vita, e il più delle volte l’operaio disoccupato
premuto dal bisogno non discute i patti del lavoro ma li subisce e cede la sua forza di lavoro
per quel tempo e quel prezzo che l’imprenditore vuole. Il presupposto giuridico della libera
volontà e dell’uguaglianza delle parti non vale per il contratto di lavoro industriale. In realtà
il rapporto di lavoro non sancisce l’uguaglianza ma la dipendenza dell’operaio ossia il predo-
minio dell’imprenditore. La contraddizione tra la forma giuridica e il contenuto economico
diventa evidente. È vero che l’operaio ha consentito al contratto: coactus sed tamen voluit: ma
non sempre quando l’accordo di volontà di due persone è richiesto per formare un negozio
giuridico, la dichiarazione di volontà ha per entrambi lo stesso significato. Ciò vale pel for-
malismo dei giuristi, ma chiunque guarda al contenuto reale del rapporto non potrà a meno
che constatare che nel contratto di lavoro si consacra un vero e proprio dominio dell’im-
prenditore sugli operai, dominio che esclude la libertà e l’uguaglianza giuridica».
INTERESSE COLLETTIVO NELL’ESPERIENZA PRE-COSTITUZIONALE 29
notare come già in essi sia possibile scorgere i primi tentativi, più o meno
definitoriamente orientati, di apprezzamento concettuale dell’interesse
collettivo; già in questi prodromi, infatti, è agevole rilevare i tratti costitu-
tivi che verranno a far parte anche dei successivi sforzi definitori.
Si pensi, ad esempio, ad alcuni fondamentali passaggi che si riscon-
trano negli scritti di Giuseppe Messina, cioè di colui che, come efficace-
mente sostenuto, «ha avuto il merito – nel nostro Paese – di far uscire il
pensiero giuridico-sindacale dalla minore età»65.
Sul piano nominalistico, ad esempio, l’interesse non si presenta an-
cora stabilmente qualificato come collettivo, bensì sovente si presenta in
termini di interesse comune ai membri del gruppo66. Ma al di là di que-
st’ultimo profilo, numerosi sono i suggerimenti rivolti, nella sostanza, alle
successive elaborazioni.
65 Così, ROMAGNOLI, U., Le origini del pensiero giuridico-sindacale in Italia, in Lavoratori
e sindacati tra vecchio e nuovo diritto, cit., p. 161; e cfr. anche ID., I «concordati» di Giuseppe
Messina: nota introduttiva, in Giorn. dir. lav. rel. ind., 1986, p. 107 ss. Per l’esame del dibat-
tito dottrinale in materia di contrattazione collettiva nel periodo tardo-liberale, oltre al con-
tributo più volte richiamato della CASTELVETRI, L., Il diritto del lavoro delle origini, cit., p. 291
ss., v. PASSANTI, P., Storia del diritto del lavoro, I, La questione del contratto di lavoro nell’Ita-
lia liberale (1865-1920), Milano, 2006, spec. p. 446 ss. per l’esame della posizione di Messina.
Sul tema, cfr. anche ROMAGNOLI, U., Le origini del pensiero giuridico-sindacale in Italia, cit., p.
123 ss.; ID., Per uno studio sul contratto collettivo: il contributo del Consiglio superiore del la-
voro, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1969, p. 446 ss.; VENEZIANI, B., I conflitti collettivi e la loro
composizione nel periodo precorporativo, in Riv. dir. lav., 1972, I, p. 208 ss.; CAPPELLETTO, M.,
Per una storia del diritto del lavoro: il contratto collettivo ed i probiviri, in Riv. trim. dir. proc.
civ., 1977, p. 1198 ss.; VARDARO, G., L’inderogabilità del contratto collettivo e le origini del pen-
siero giuridico-sindacale, in Giorn. dir. lav. rel. ind., 1979, p. 537 ss.; CASANOVA, M., Il diritto
del lavoro nei primi decenni del secolo: rievocazioni e considerazioni, in Riv. it. dir. lav., 1986,
I, p. 231 ss.; MENGONI, L., Il contratto collettivo nell’ordinamento giuridico italiano, ora in Di-
ritto e valori, Bologna, 1985, p. 247 ss.; CASTELVETRI, L., Le origini dottrinali del diritto del la-
voro, cit., p. 246 ss.; VENEZIANI, B. - VARDARO, G., La rivista di diritto commerciale e la dottrina
giuslavoristica delle origini, in Quaderni fiorentini, 1987, p. 441 ss.; CAZZETTA, G., Leggi so-
ciali, cultura giuridica ed origini della scienza giuslavoristica in Italia tra Otto e Novecento, in
Quaderni fiorentini, 1988, p. 155 ss.; ID., L’autonomia del diritto del lavoro nel dibattito giuri-
dico tra fascismo e Repubblica, in Quaderni fiorentini, 1999, p. 385 ss. Per un profilo più pro-
priamente storico del fenomeno sindacale in generale, v. CRAVERI, P., Sindacato (storia), in Enc.
dir., 1990, XLII, p. 659 ss.
66 V. MESSINA, G., I concordati di tariffe nell’ordinamento giuridico del lavoro, in Riv. dir.
comm., 1904, I, p. 458 ss., e successivamente – fonte dalla quale prenderemo le citazioni – in
Scritti giuridici, IV, Scritti di diritto del lavoro, Milano, 1948, in cui l’illustre A., oltre che al-
l’interesse «collettivo» si riferisce a «interessi comuni da soddisfare» (p. 5), a «interessi co-
muni della classe operaia» (p. 11), piuttosto che a «interessi […] al miglioramento di una
classe, di una professione». Il celebre saggio a cui ci riferiamo è stato successivamente ripub-
blicato nel Giorn. dir. lav. rel. ind., 1986, p. 113 ss., con la già citata presentazione di ROMA-
GNOLI, U., I «concordati» di Giuseppe Messina: nota introduttiva.
INTERESSE COLLETTIVO NELL’ESPERIENZA PRE-COSTITUZIONALE 31
67 MESSINA, G., I concordati di tariffe nell’ordinamento giuridico del lavoro, cit., p. 9-10.
Per l’indicazione riassuntiva degli AA. che successivamente valorizzeranno l’aspetto unitario
dell’interesse collettivo lungo la linea del vincolo solidaristico che abbraccia i diversi interes-
sati, v. infra, cap. IV, nota 42.
68 MESSINA, G., I concordati di tariffe nell’ordinamento giuridico del lavoro, cit., p. 24.
69 MESSINA, G., I concordati di tariffe nell’ordinamento giuridico del lavoro, cit., p. 24 ss.
70 MESSINA, G., I concordati di tariffe nell’ordinamento giuridico del lavoro, cit., p. 25.
32 CAPITOLO PRIMO
71 MESSINA, G., I concordati di tariffe nell’ordinamento giuridico del lavoro, cit., p. 26.
72 GALIZIA, A., Il contratto collettivo di lavoro, Napoli, 1907, ora nella ristampa con pre-
sentazione di Napoli, Milano, 2000, p. 73.
73 GALIZIA, A., Il contratto collettivo di lavoro, cit., p. 78 (c.vo mio). Può essere oppor-
tuno chiarire che, sia la dottrina di Messina, sia quella di Galizia – per potersi ben compren-
dere – necessitano di essere proiettate sullo sfondo del dibattito che li vede partecipi. L’o-
biettivo essenziale che, difatti, dà ragion d’essere alle riflessioni della dottrina ora indicata è –
come noto – rappresentato dall’obiettivo di elaborare una nozione di contratto collettivo non
coincidente con la mera sommatoria di pur separati contratti individuali; e ciò – ovviamente
– allo scopo di impedire che la contrattazione delle condizioni di lavoro si svolgesse in regime
di concorrenza tra lavoratori, fenomeno quest’ultimo disastroso per i lavoratori che, costretti
dalle ineluttabili necessità del sopravvivere, erano disposti, se colti individualmente, ad accet-
INTERESSE COLLETTIVO NELL’ESPERIENZA PRE-COSTITUZIONALE 33
del suo pensiero che a noi maggiormente interessano in questa sede – «in
tare condizioni miserrime. E questo risultato poteva essere raggiunto appunto sostenendo,
per un verso, che i lavoratori venissero, per via dell’accordo, ad obbligarsi non solo rispetto
al datore, ma anche tra loro, e, dall’altro, che per il datore, la violazione delle disposizioni del
patto in relazione ad un singolo rapporto di lavoro, costituisse violazione dell’accordo in toto.
Ecco, dunque, che MESSINA, G., I concordati di tariffe nell’ordinamento giuridico del lavoro,
cit., p. 40-41, avanza la tesi del concordato di tariffa come atto complesso – cfr. sul punto an-
che GALIZIA, A., Il contratto collettivo di lavoro, cit., p. 87 – grazie al quale viene a configu-
rarsi un accordo interno tra lavoratori, a cui consegue «la riduzione della pluralità dei mem-
bri di una parte contraente ad un unico pasciscente» e che GALIZIA, A., Il contratto collettivo
di lavoro, cit., p. 78, viene a parlare della «volontà organica e unica» di cui nel testo. In que-
sti AA. si assiste dunque allo sforzo di trasportare nel mondo del diritto quel vincolo di soli-
darietà che emergeva prepotentemente dalla realtà delle relazioni. Contra, cfr. BARASSI, L., Il
contratto di lavoro nel diritto positivo italiano, II, Milano, 1917, p. 98 ss., che critica le posi-
zioni di Messina e Galizia per ciò che riguarda la possibilità di avanzare una concezione uni-
ficante delle singole posizioni individuali mediante la loro conversione in un «unico pasci-
scente» o in una «volontà organica e unica». Per Barassi infatti occorre opporsi a «questa si-
stematica artificiosa che utilizza giochi di parole per travisare la realtà». Come afferma
l’illustre Autore: «è un po’ una sistematica da prestigiatore, che riesce a nascondere più og-
getti in uno solo come se un solo oggetto complessivamente sussista». Così Barassi preferisce
riferirsi all’associazione sindacale come ad un «organismo plurimo, ma vivente, con tratta-
mento giuridico prevalentemente atomistico» (p. 96), ma, d’altra parte, non nega la necessità
di dar riconoscimento giuridico a «quella solidarietà e indivisibilità che stringe i membri della
collettività contraente»; ciò che contesta è la strada seguita dalla dottrina criticata per rag-
giungere detto risultato interpretativo. In ordine alle nostre finalità di studio, peraltro, non
sussiste un interesse primario all’approfondimento della struttura del contratto collettivo
avanzata nella dottrina di Barassi, ma preme piuttosto investigare su quale sia la nozione ac-
colta di interesse collettivo. Proprio quest’ultimo, infatti, viene chiamato in causa per dare
fondamento giuridico al nesso di interdipendenza che lega i diversi vincoli contrattuali dei
singoli lavoratori. Rileva Barassi che detto vincolo può derivare o da una espressa previsione
in sede di accordo, o, qualora questa manchi, dall’insieme delle circostanze ed in particolar
modo dal fatto che l’affare per cui si contrae sia «comune obiettivamente, in modo da creare
una indivisibilità tra i partecipanti» (p. 99). Ma nel contratto collettivo, in assenza delle con-
dizioni or ora accennate, può raggiugersi il medesimo risultato alla luce del vincolo solidari-
stico sussistente tra gli interessi dei lavoratori. Afferma, difatti, Barassi: «la sussistenza di una
solidarietà interna reagente anche esternamente sui singoli rapporti giuridici non è dubbia an-
che, e specialmente, quando si tratti di un concordato preliminare di lavoro. Si dice infatti
che questo tutela appunto l’interesse comune, e non i singoli interessi individuali. Ora, io vo-
glio anche ammettere che questa sia qualità caratteristica […] di tutti gli accordi con colletti-
vità […] a tipo sindacale, per cui […] l’accordo collettivo è arma pacifica nella competizione
con l’altro contraente, per far valere un interesse solidale […]. Ciò posto mi par certo che
questa caratteristica del concordato lo compenetri così sostanzialmente da creare un legame
tra le singole posizioni contrattuali parallele” (p. 99-100), con la conseguenza che “questo ri-
sultato […] si possa generalizzare a qualunque accordo con collettività di persone preordi-
nata appunto a far valere con quell’accordo un interesse collettivo» (p. 100; si noti anche qui
il profilo lessicale, evidenziato dai corsivi appositamente introdotti). Insomma sembra possi-
bile ritenere che anche per Barassi, l’interesse collettivo, sebbene non operi nel senso di ren-
34 CAPITOLO PRIMO
dere unitaria la posizione contrattuale dei lavoratori assieme, comunque serva a gettare i
ponti tra i vari vincoli individuali ed inoltre – cosa che a noi interessa maggiormente – sem-
bra effettivamente plausibile assimilare la posizione di Barassi a quella di Messina e di Gali-
zia per ciò che specificamente attiene alla configurazione dell’interesse collettivo in una veste
unitaria e distinta dagli interessi individuali. Considerazione – quest’ultima – che trae con-
ferma dall’effetto unificante che comunque, sebbene in diversa forma e misura, appartiene al-
l’interesse ed anche dall’adesione espressa di Barassi alle tesi che sostengono che il contratto
collettivo «tutela appunto l’interesse comune, e non i singoli interessi individuali».
74 GALIZIA, A., Il contratto collettivo di lavoro, cit., p. 79 (c.vo mio). Si noti con atten-
zione come dalle parole di Galizia emerga uno degli aspetti fondamentali delle successive ela-
borazioni, per ciò che riguarda i rapporti tra interesse collettivo e interesse individuale, tanto
durante il periodo corporativo, quanto nelle evoluzioni dottrinali post-costituzionali. Il feno-
meno è il seguente e sarà approfondito più avanti (v. infra), ma è utile farvi un cenno sin
d’ora: allorché si configura un interesse collettivo distinto dalla somma degli interessi indivi-
duali, viene a crearsi un’ontologica frattura tra interesse collettivo ed interesse individuale e
da ciò ne consegue il problema del coordinamento tra le due entità. Galizia parla a tal pro-
posito di rapporto di subordinazione, come nei medesimi termini vi si riferisce anche MES-
SINA, G., I concordati di tariffe nell’ordinamento giuridico del lavoro, cit., p. 10 ss., per il quale
«la lotta acuta di concorrenza impegnata nelle relazioni industriali giustifica il sacrificio di
parte dell’indipendenza e della libertà individuale a favore del gruppo». Sarà interessante tra
breve notare come questa problematica venga ripresa e sapientemente sfruttata dall’ideologia
del regime fascista: su cui v. infra, § 3 ss.
75 V. ad esempio le ben limate definizioni avanzate durante il periodo corporativo da
77 CAPRIOLI, S., Redenti giurista empirico, introduzione alla ristampa di REDENTI, E.,
Massimario della giurisprudenza dei probiviri, Torino, 1992, p. 9.
78 Sui probiviri industriali, v., tra i primi interventi di commento, LESSONA, C., Codice
dei probiviri, Firenze, 1894; successivamente si tenga presente l’opera di sistemazione di RE-
DENTI, E., Sulla funzione delle Magistrature industriali, Introduzione al Massimario della giuri-
sprudenza dei probiviri, Roma, 1906, ora in Scritti e discorsi giuridici di mezzo secolo, Milano,
1962, II, p. 577 ss. Attualmente si veda la citata ristampa del Massimario, a cura e con l’in-
troduzione di CAPRIOLI, S., Redenti giurista empirico, cit., a cui si riferiscono i richiami che se-
guono; l’ampia voce di DI FRANCO, L., Probiviri, in Dig. it., XIX, 2, Milano, 1908-1913, p.
260-339. Per la dottrina successiva, sebbene in relazione a prospettive d’indagine non ricon-
ducibili ad unità, v. GRANDI, M., Profilo storico della composizione delle controversie di lavoro
in Italia nel periodo pre-fascista, in Lavoro e sicurezza sociale, 1959, p. 89 ss.; VENEZIANI, B., I
conflitti collettivi e la loro composizione nel periodo pre-corporativo, in Riv. dir. lav., 1972, I, p.
208 ss.; CAZZOLA, G., Valutazioni critiche sull’esperienza italiana dei collegi dei probiviri alla
luce della riforma del processo del lavoro, in Riv. giur. lav., 1973, I, p. 361 ss.; MONTELEONE,
G., Una magistratura del lavoro: i collegi dei probiviri nell’industria (1883-1911), in Studi sto-
36 CAPITOLO PRIMO
rici, 1977, p. 88 ss.; CAPPELLETTO, M., Per una storia del diritto del lavoro: il contratto collet-
tivo e i probiviri, cit., p. 1198 ss.; BORGHESI, D., Contratto collettivo e processo, Bologna, 1980;
OFFEDDU, M., Attualità di una ricerca storica: Probiviri industriali e licenziamenti, in Giorn. dir.
lav. rel. ind., 1981, p. 59 ss.; PROTO PISANI, A., Controversie individuali in materia di lavoro,
Cenni sulla storia della giustizia del lavoro, in Noviss. Dig. it., Appendice, IV, Torino, 1983, p.
612 ss.; CECCHELLA, C., L’arbitrato nelle controversie di lavoro, Milano, 1990, p. 35 ss.; CA-
STELVETRI, L., Il diritto del lavoro delle origini, cit., p. 173 ss. Sul tema, v. di recente PASSANTI,
P., Storia del diritto del lavoro, cit., p. 355 ss. cfr. anche CAZZOLA, G., La giustizia del lavoro in
crisi: dal passato un rimedio possibile, in Dir. lav. rel. ind., 2006, p. 379 ss.
79 REDENTI, E., Sulla funzione delle Magistrature industriali, cit., p. 86, che aggiunge:
«quanto avviene oggidì dei nostri probiviri ci è documento anche di ciò, giacché, rimanendo
tuttora inalterato il loro ordinamento primitivo, essi falliscono il loro compito di pacifica-
zione, ma come organi giurisdizionali (sia “in via giudiziaria”, sia in via di conciliazione stricto
sensu), funzionano effettivamente […]».
80 «La lacuna appare intollerabile – rileva ROMAGNOLI, U., Le associazioni sindacali nel
processo, Milano, 1969, p. 4 ss. – non appena si prende coscienza, ancorché in maniera ap-
prossimativa, che la controversia di cui può essere investito il collegio probivirale in qualità
di organo giurisdizionale è in realtà una controversia pseudo-individuale o, quanto meno, una
controversia individuale nei risvolti della quale si cela normalmene un interesse collettivo
(non meglio identificato)». Su quest’aspetto della legislazione probivirale, v., anche per i rela-
tivi riferimenti bibliografici, CASTELVETRI, L., Il diritto del lavoro delle origini, cit., p. 185 ss.;
CECCHELLA, C., L’arbitrato nelle controversie di lavoro, cit., p. 67 ss.
81 MORTARA, L., Sui collegi dei probiviri per le industrie, in Annali di statistica, Atti della
Commissione per la statistica giudiziaria e notarile, sessione del giugno 1902, Roma, 1903, p.
181 ss., cit., p. 182.
INTERESSE COLLETTIVO NELL’ESPERIENZA PRE-COSTITUZIONALE 37
82 MORTARA, L., Sui collegi dei probiviri per le industrie, cit., p. 182; per l’esame ap-
profondito del dibattito, colto nelle sue diverse implicazioni, specie in riferimento alla con-
nessione sussistente tra l’allora dominante nozione di contratto collettivo di lavoro ed effica-
cia della sentenza, v. innanzitutto ROMAGNOLI, U., Le associazioni sindacali nel processo, cit., p.
4 ss.; e BORGHESI, D., Contratto collettivo e processo, cit., p. 24 ss.
83 Come vedremo tra breve nel testo, l’opinione di Mortara era destinata ad influire in-
satta posizione di Mortara, sembra d’altra parte opportuno riportare anche ciò che emerge
dai verbali della seduta della Commissione, in cui appunto Mortara, dopo le osservazioni –
talora perplesse – degli altri membri della Commissione suscitate dalla lettura della Relazione,
si trovava a precisare che la possibilità di estendere gli effetti della sentenza ultra partes tro-
vava la sua ragion d’essere nel fatto che «avviene sovente che nei rapporti tra industriali ed
operai si svolga contemporaneamente uno stesso fatto contenzioso che ha per conseguenza o
il licenziamento di operai, o il riconoscimento delle loro ragioni o altra decisione diversa»;
circostanza, quest’ultima, dalla quale poteva derivare che «una serie di controversie consimili
le quali allo stato delle cose potrebbero essere decise con giudicati opposti». Da qui la ne-
cessità di prevedere l’estensione ultra partes degli effetti della sentenza in relazione ai «con-
flitti sorti in un dato momento, per un identico fatto controverso, non essendovi diversità che
nelle parti contendenti» (Annali di statistica, Atti della Commissione per la statistica giudizia-
ria e notarile, sessione del giugno 1902, Roma, 1903, p. 26-27). Per Mortara, insomma, l’ac-
certamento la cui vincolatività doveva andare ad estendersi oltre le parti del giudizio concer-
neva precisamente l’evento storico rappresentante il cuore di pur consimili controversie. Pro-
prio laddove si rimarca l’identità oggettiva dei giudizi, messi appunto da parte gli elementi
soggettivi degli stessi, le precisazioni di Mortara inducono a ritenere che, sebbene la natura
del processo collettivo prospettato fosse indicata con rapidi e sintetici cenni, questo dovesse
intendersi come un giudizio su questioni, ovvero come un giudizio precisamente orientato al-
l’accertamento della questione comune a più controversie. Ciò conferma l’assoluta modernità
del pensiero di Lodovico Mortara sul punto, nonché la sua capacità di adeguare i principi del
processo alle emergenti esigenze di tutela. Sulla natura del giudizio collettivo su questioni, v.
infra, cap. VI, § 5.1.3.
84 Atti parlamentari, Camera dei deputati, leg. XXI, sessione 1902-1903, p. 7693 ss.
85 I probiviri industriali. Inchiesta dell’Ufficio del Lavoro per la riforma della legge 15
giugno 1893, Pubblicazioni dell’Ufficio del Lavoro, Serie B - N. 1, Roma, 1904. L’inchiesta si
sviluppò nell’invio di tre questionari, di cui il terzo, il Questionario C, fu inviato, come detto
nel testo, alle Camere di commercio, alle organizzazioni industriali, alle organizzazioni di la-
voratori ed ai cultori delle scienze giuridiche tra cui in particolare i professori di diritto pro-
cessuale civile. Per approfondimenti sui diversi quesiti avanzati, v. DI FRANCO, L., Probiviri,
cit., p. 260 ss.
INTERESSE COLLETTIVO NELL’ESPERIENZA PRE-COSTITUZIONALE 39
89 «A ben vedere – rileva BORGHESI, D., Contratto collettivo e processo, cit., p. 26 – ciò
che falsava i termini del dibattito era una concezione ancora generica e fluttuante di contro-
versia collettiva e una estrema difficoltà nel segnare i confini tra questa e la controversia in-
dividuale». Non a caso si era acutamente osservato, in relazione al Progetto Cabrini (TURATI,
F., Per la riforma della legge sui Probiviri Industriali, Relazione, in Atti del Consiglio superiore
del lavoro, seconda sessione, marzo 1904, Roma, 1904, p. 30 ss.), che tale progetto, «pure
menzionando le controversie collettive all’art. 1°, se ne dimentica affatto nei successivi 59 ar-
ticoli […]. Onde tutti i gravissimi problemi, che si riconnettono a così importante materia, ri-
mangono non soltanto insoluti, ma quasi diremo neppure sospettati. È questo questo difetto
massimo del progetto: difetto che trae origine dall’esser voluto attenersi alla vecchia e fragile
trama di una legge concepita in vista dei conflitti strettamente individuali per inserirvi una
materia tanto più vasta e complicata per via di rappezzi e cuciture». E ancora, dubitanto del-
l’opportunità di lasciare insolute le delicate questioni processuali connesse alla risoluzione
delle controversie collettive, si avanzavano polemicamente i seguenti quesiti: «Come si conte-
sta la lite e si investono di giurisdizione i conciliatori o i giudici? Come se ne determina il
mandato? E chi ha esso potere di vincolare? Tutti gli interessati nella controversia, tutti co-
loro che intervennero a un’assemblea deliberante, anche gli assenti e i dissenzianti? Il dis-
senso si presume dal silenzio o come deve farsi constatare? Come le parti collettive si citano
a vicenda? Come sono rappresentate nelle successive vicende della causa? Ogni atto dei rap-
presentati, ogni ammissione, ogni transazione, concessione o rinunzia obbligherà i rappresen-
tati? Come e da chi si notificano le sentenze? Come se ne assicura l’efficacia?».
90 In questo senso, cfr. ROMAGNOLI, U., Le associazioni sindacali nel processo, cit., p. 10.
INTERESSE COLLETTIVO NELL’ESPERIENZA PRE-COSTITUZIONALE 41
21, che, dalle controversie aventi ad oggetto gli accordi già stipulati, tiene separate «le con-
troversie logicamente distinte», ovvero quelle «extracontrattuali», cioè «destinate a provocare
nuovi accordi contrattuali», rispetto alle quali «esula totalmente la funzione del giudice, e
mancherebbero del resto criteri di giustizia da applicarsi, perché la stessa vertenza in due cen-
tri industriali diversi può esigere opposta soluzione»; non altrettanto chiara la distinzione in
LESSONA, C., La giurisdizione dei probiviri rispetto al contratto collettivo di lavoro, in Riv. dir.
comm., 1903, I, p. 224 ss., spec. p. 233 ss. Sul punto, v. anche TURATI, F., Per la riforma della
legge sui Probiviri Industriali, cit., p. 33 ss.
42 CAPITOLO PRIMO
94 Cfr. I probiviri industriali. Inchiesta dell’Ufficio del Lavoro per la riforma della legge
del Lavoro per la riforma della legge 15 giugno 1893, cit., p. 84; ma si veda anche il saggio Le
riforme processuali e le correnti del pensiero moderno [1907], in Saggi di diritto processuale ci-
vile, III Milano, 1993, p. 379 ss., spec. p. 389, in cui la critica delle opinioni di Mortara e
Ratto assume toni decisamente più sprezzanti che vale la pena richiamare: «a riguardo dei
probiviri si sono dette e proposte cose inesatte o esagerate. Taluno ha voluto ravvisare nella
giuria dei probiviri un potere quasi-legislativo, evocando il pretore romano. Altri ha propo-
sto, come cosa richiesta dalle esigenze del contratto collettivo, e dei conflitti fra industriali e
operai, la soppressione dei limiti soggettivi della cosa giudicata, cioè l’estensione delle sen-
tenze dei probiviri a tutti gli interessati in questioni affini; e rifuggendo dai ricordi dei classici
ha cercato precedenti nella Nuova Zelanda, ed è tornato da questo lontano viaggio giuridico
proclamando i nuovi orizzonti della cosa giudicata! Per conto mio, credo che i probiviri siano
giudici come tutti gli altri; e che non vi sia nessuna ragione di sacrificare alla questione sociale
l’antico principio – per ciò solo che è antico – della res inter alios acta. Tutto sta ad intenderlo
a dovere; e soprattutto a non confondere problemi e istituti processuali diversi». Quanto ora
riportato potrebbe dar conferma di come l’impostazione di Giuseppe Chiovenda possa ben
rappresentare la non completa consapevolezza che la dottrina interpellata sul Questionario
dimostrò con riguardo alla stretta relazione intercorrente tra l’estensione dell’efficacia della
sentenza ultra partes e la configurazione di controversie non individuali, ma appunto collet-
tive. Le parole di Chiovenda – per dirla in altri termini – sembrerebbero dar fondamento alle
critiche di ROMAGNOLI, U., Le associazioni sindacali nel processo, cit., p. 10, che ha evidenziato
come la maggior parte degli interpellati «preferiscono “leggere” il quesito come se contenesse
la proposta di estendere gli effetti della pronuncia a chi non è stato parte del giudizio instau-
rato tra singolo datore e singolo prestatore di lavoro». Per altro verso, pare difficile immagi-
nare che ad uno studioso dalla sensibilità tecnico-dogmatica di Chiovenda potesse sfuggire la
distanza concettuale che separa la controversia avente ad oggetto il singolo rapporto di lavoro
INTERESSE COLLETTIVO NELL’ESPERIENZA PRE-COSTITUZIONALE 43
e quella avente al contrario ad oggetto il contratto collettivo. Sicché pare più plausibile rite-
nere che proprio l’estensione ultra partes del giudicato fosse il risultato interpretativo valutato
negativamente e comunque superabile tramite la corretta applicazione dell’istituto dell’inter-
vento o dell’integrazione del contraddittorio; opzione, quest’ultima, che peraltro Chiovenda
avrebbe di lì a breve sostenuto potersi compiere anche mediante l’uso della notificazione per
pubblici proclami (Sul litisconsorzio necessario [1904], in Saggi di diritto processuale civile, II,
cit., p. 427 ss., spec. 449, in nota). Siamo, insomma, di fronte ad uno dei casi che ben dimo-
strano il rapporto tra concezione liberale e impronta pubblicistica assegnata al processo; due
anime che sovente all’interno del pensiero del Maestro si scontrano e si fondono, disegnando
– in occasione dei diversi istituti – differenti punti di equilibrio. Anche in questa occasione,
infatti, la posizione di Chiovenda si dimostra strettamente ossequiosa della piena libertà di
azione in capo alle parti, preferendo operare un coordinamento delle decisioni mediante la
via dell’intervento o dell’integrazione del contraddittorio; strade processuali che comunque,
nell’impostazione chiovendiana, assegnavano direttamente ai soggetti coinvolti nella lite il po-
tere di attivazione del rimedio processuale. Ciò è ancor più vero se si riflette sul fatto che an-
che in materia di litisconsorzio necessario, ad esempio, l’autorevole processualista riteneva
non spettasse al giudice ordinare l’integrazione, afferendo detta questione al tema della legit-
timazione ad agire, ovvero al potere di azione di titolarità delle parti (cfr. CHIOVENDA, G., Sul
litisconsorzio necessario, cit., spec. p. 435). E non è un caso, forse, che in una posizione più
aperta a fenomeni di estensione ultra partes del giudicato si fosse posto – come vedremo tra
breve – Enrico Redenti, che proprio sulla questione ora indicata, da un lato, riteneva che la
legittimazione ad agire non si ponesse come condizione dell’azione (ma in posizione interme-
dia tra rito e merito) e, dall’altro, proprio al giudice – argomentando sulla base del disposto
dell’art. 205 c.p.c. – attribuiva il potere di integrare il contraddittorio nei giudizi in cui non
fossero state chiamate o presenti tutte le parti legittimate (REDENTI, E., Il giudizio civile con
pluralità di parti, 1911, p. 311 ss.).
96 MORTARA, L., Per la riforma della legge sui probiviri (15 giugno 1893), (Risposta ad al-
cuni dei quesiti proposti dall’onorevole Ufficio del lavoro per la riforma della legge predetta), in
Giur. it., 1904, IV, p. 25 ss.
44 CAPITOLO PRIMO
98 MORTARA, L., Per la riforma della legge sui probiviri (15 giugno 1893), cit., p. 31.
99 MORTARA, L., Per la riforma della legge sui probiviri (15 giugno 1893), cit., p. 32.
100 MORTARA, L., Per la riforma della legge sui probiviri (15 giugno 1893), cit., p. 32.
101 Osserva BORGHESI, D., Contratto collettivo e processo, cit., p. 28, in relazione alla po-
sizione di Mortara da noi richiamata nel testo, che il rinvio operato all’istituto dell’azione po-
polare «presupponeva il carattere collettivo di un buon numero di azioni proposte da singoli
46 CAPITOLO PRIMO
ancora immaturo e ben descritto dalla dottrina recente col rilevare il rap-
porto di identificazione generalmente instaurato agli inizi del Novecento
tra pronunce equitative dei probiviri e contratto collettivo in ragione del
fatto che anche la «sentenza-contratto» aspirava a proporsi come regola-
mentazione dotata di validità generale103.
tenze nelle controversie del lavoro, cit., p. 21-22. ROMAGNOLI, U., Le associazioni sindacali nel
processo, cit., p. 38 ss., rileva come solo in questo momento si acquisisca definitiva consape-
volezza circa l’importanza della distinzione tra controversie giuridiche e controversie econo-
miche; distinzione che in effetti era già stata colta da Messina, ma al quale, come osserva Ro-
magnoli (p. 39), «essa appariva astratta e scolastica».
106 Lo osserva con immediatezza REDENTI, E., La riforma dei probiviri, in Riv. dir.
108 REDENTI, E., La riforma dei probiviri, cit., p. 637 (c.vo mio).
109 ROMAGNOLI, U., Le associazioni sindacali nel processo, cit., p. 37.
110 REDENTI, E., La riforma dei probiviri, cit., p. 636, che si richiama alla dottrina di
MESSINA, G., I concordati di tariffe nell’ordinamento giuridico del lavoro, cit., p. 41, per il
quale, lo si ricorda, «il concordato di tariffa ha questa caratteristica che o nella proposta o
nell’accettazione, almeno, risulta da un atto complesso». Si noti, dunque, come Redenti
giunga alle conclusioni che riportiamo nel testo, solo dopo aver determinato l’esatta consi-
stenza strutturale dell’oggetto del giudizio e solo dopo aver superato la sua originaria conce-
zione del contratto collettivo come atto meramente cumulativo (Contratto «cumulativo» di la-
INTERESSE COLLETTIVO NELL’ESPERIENZA PRE-COSTITUZIONALE 49
voro e licenziamento, in Riv. dir. comm., 1907, II, p. 145 ss.) a vantaggio dell’atto complesso,
caratterizzato appunto dall’inscindibilità della regolamentazione pattizia. Per un approfon-
dito ed ampio esame dei rapporti tra configurazione giuridica della contrattazione collettiva
e sentenza con efficacia collettiva, v. ancora ROMAGNOLI, U., Le associazioni sindacali nel pro-
cesso, cit., spec. p. 13 ss.
111 REDENTI, E., La riforma dei probiviri, cit., p. 637; ma vedi anche Il giudizio civile con
il disagio dell’A. nell’esame delle restanti disposizioni a carattere processuale del progetto di
riforma del 1909. In esso, non solo mancavano le auspicate innovazioni in tema di legitti-
mazione e limiti del giudicato, ma erano presenti disposizioni che risultano poco comprensi-
bili. Così, ad esempio, la possibilità, prevista dall’art. 38 del progetto – secondo la quale
«nelle controversie collettive e in quelle individuali che coinvolgono un interesse collettivo,
tanto i lavoratori quanto l’altra parte contendente possono conferire ad uno o più interessati
50 CAPITOLO PRIMO
con introduzione di Lombardi, 1995, Torino; nonché ORNAGHI, L., Stato e corporazione, Mi-
lano, 1984; TARELLO, G., Corporativismo, in Enc. Feltrinelli-Fischer, Milano, 1970, p. 68 ss.;
JOCTEAU, G.C., L’ordinamento corporativo, in Storia del sindacato, Dalle origini al corporativi-
smo fascista, Venezia, 1982, 192 ss. Sulle connessioni tra ideologia nazional-fascista e legisla-
zione corporativa, v., per tutti, UNGARI, P., Alfredo Rocco e l’ideologia giuridica del fascismo,
Brescia, 1963. Di recente, anche per ulteriori indicazioni ed approfondimenti, v. MARTONE,
M., Governo dell’economia e azione sindacale, Padova, 2006, in particolare l’ampio e com-
pleto cap. III, intitolato Ordine totalitario e sindacato pubblico.
INTERESSE COLLETTIVO NELL’ESPERIENZA PRE-COSTITUZIONALE 51
Nel rinnovato contesto sociale e politico c’è, come si suol dire, chi
vince e chi perde; quasi tutti perdono, siano persone o siano valori. L’in-
teresse collettivo no; l’interesse collettivo ha in destino la buona sorte;
come molte nozioni ideali, infatti, ben si presta ad esser servo dei nuovi
padroni.
Al fenomeno ora descritto contribuirono essenzialmente due fattori.
Sul piano politico la nozione rispondeva ad un’esigenza ben defi-
nita, vale a dir quella, nutrita dall’intelligentia del regime, di individuare
i concetti che più degli altri potessero contribuire all’edificazione del
nuovo apparato ideologico. In ciò l’interesse collettivo rivestiva un ruolo
di non poco conto, poiché rappresentava lo strumento capace di consen-
tire la subordinazione degli interessi particolari a quello dello Stato in
un’armonica visione di generale elevazione spirituale; rappresentava lo
strumento di mediazione tra Stato ed individuo114, in un radicale muta-
114 Per avere un’idea di questa «mediazione» si legga in particolare BATTAGLIA, F., Dal-
l’individuo allo Stato, in Riv. int. fil. dir., 1933, p. 302 ss.; ID., Il Corporativismo come essenza
assoluta dello Stato, in Arch. studi corporativi, 1935, p. 312 ss., che, in relazione al rapporto
tra Stato e individuo, afferma: «se vogliamo ora chiarire l’originalità della concezione fascista
dello Stato, diremo che essa sta nel porre tra l’un termine e l’altro del rapporto un medio in
cui quelli si inverino, infine nel riguardare individuo e Stato non due ma uno. Lo Stato, non
più astratta entità soprordinata ed altra dai soggetti individui, si estende ad abbracciare il più
vasto mondo sociale, a conoscere una infinità di rapporti i più vari, etici, religiosi, culturali,
economici, tutto un ordine di posizioni umane dianzi ignote alla pubblica autorità; l’indivi-
duo esce dalla sua puntualità, costituisce a sé nuovi campi di azione, si foggia nuove pretese
e nuovi obblighi giuridici, svolge quel mondo sopra visto su cui lo Stato opererà. Sul terreno
sociale, nell’organizzazione, individuo e Stato si incontrano» (p. 321); «nello Stato, totalitaria
organizzazione corporativa, si compie il ciclo dialettico, per cui, attraverso la società, lo Stato
fa suo l’individuo e l’individuo si riconosce nello Stato. Mediazione assoluta fonda l’assolu-
tezza dello Stato nell’assolutezza del principio corporativo». Significativi, tra i tanti, sono gli
scritti di FOVEL, N.M., L’individuo e lo Stato nell’economia corporativa, e di VOLPICELLI, A., I
fondamenti ideali del corporativismo, entrambi in Arch. studi corporativi, 1930, rispettiva-
mente a p. 101 ss. e 196 ss., fortemente orientati nella dimostrazione di quella unità formale
tra Stato ed individuo, posta come fondamentale pilastro programmatico nella Prima Dichia-
razione della Carta del lavoro del 1927, in cui si leggeva che «La Nazione italiana è un orga-
nismo avente fini, vita, mezzi di azione superiori a quelli degli individui divisi o raggruppati
che la compongono. È unità morale, politica ed economica, che si realizza integralmente nello
Stato». Per una lettura più attenta a distinguere – per quanto fosse possibile – i profili giuri-
dici da quelli puramente ideologici, v. le osservazioni critiche avanzate da Widar Cesarini
Sforza nei confronti della posizione di Volpicelli, (Corporativismo e scienza del diritto, in Arc.
studi corporativi, 1932, p. 199 ss. ed a p. 422 ss., v. la replica di Volpicelli allo scritto ora ci-
tato), il quale precisa che «in realtà, quando si assevera tout court l’identità di individuo e
Stato, si fanno nascere grossi equivoci. Comunemente – osserva il filosofo del diritto – si
pensa a ragione che una cosa può essere identica soltanto a sé stessa […]. Quando invece la
filosofia idealista afferma che individuo e Stato (o società) s’identificano, allude ad una iden-
52 CAPITOLO PRIMO
tificazione, come suol dirsi dialettica […]. Senonché, qual senso può avere, codesta dialettica,
per la scienza del diritto? Secondo me nessuno. Finché si resta nella dialettica, cioè nella fi-
losofia, individuo e Stato sono momenti di un infinito processo di reciproca conversione […].
Ma alla scienza codesto processo di ascesa e discesa sfugge necessariamente; ciò che essa co-
glie e può cogliere è solo il punto di partenza o quello di arrivo. La logica scientifica è preci-
samente la logica formale: A=A, individuo=individuo, Stato=Stato. Quindi la scienza del di-
ritto potrà soltanto stabilire delle coincidenze fra individuo e Stato, cioè fra volontà, interessi
e fini individuali e volontà, interessi e fini statali: coincidenze che sono appunto la traduzione,
in termini empirici e contingenti, dell’identità ideale».
115 Basti pensare che, se l’interesse collettivo delle classi lavoratrici era nello Stato
tardo-liberale il vessillo intorno a cui stringersi per contrapporsi al datore di lavoro, con il
corporativismo l’interesse collettivo, nel divenire interesse di categoria, si trasforma in stru-
mento per impedire la lotta di classe e per permettere la pacificazione e l’istituzionalizzazione
del conflitto. L’interesse collettivo – insomma – nella nuova cornice ideologica acquisisce un
ruolo determinante per la costruzione giuridica del sistema. Difatti, sia l’interesse della cate-
goria, che l’interesse della nazione sono species del comune genus «interesse collettivo»; sic-
ché, quest’ultimo, permette di ricostruire il processo di ascensione dall’interesse individuale a
quello generale come processo di successive sintesi di interessi relativamente particolari. Ma
tale processo può essere invertito di segno se: a) la sintesi non è altro che attività interpreta-
zione degli interessi particolari – come avviene per l’associazione dei lavoratori che interpreta
l’interesse della categoria, a cui partecipano anche coloro che non sono iscritti –; e soprat-
tutto, b) l’interpretazione non è libera ma vincolata alla direttiva di subordinazione degli in-
teressi particolari all’interesse nazionale; cosicché il processo è formalmente ascendente (da-
gli interessi particolari all’interesse nazionale attraverso successivi momenti di sintesi), ma so-
stanzialmente discendente; il processo non ha natura induttiva, ma deduttiva; e proprio
l’interesse collettivo maschera sul piano formale l’inversione sostanziale dei nessi di determi-
nazione dell’interesse. Si veda a tal riguardo anche la definizione di «corporativismo» che
avanza JAEGER, N., Principi di diritto corporativo, Padova, 1939, p. 74: «l’insieme dei comandi
giuridici diretti a regolare l’attività e i rapporti professionali secondo un indirizzo unitario de-
terminato dal contemperamento degli interessi delle categorie apprezzati in funzione degli in-
teressi generali nella Nazione» (c.vo mio). Sul punto, v. le attente riflessioni di EINAUDI, L.,
Lezioni di politica sociale, Torino, 2004, spec. p. 101.
INTERESSE COLLETTIVO NELL’ESPERIENZA PRE-COSTITUZIONALE 53
sul regolamento dei rapporti collettivi del lavoro. Voglio invece tentarne
una sistemazione teorica. Questo è ora il compito più urgente e più alto
della scienza. Sindacato, contratto collettivo, magistrato del lavoro, reato
di sciopero e di serrata sono nuove figure giuridiche, che occorre prima
di tutto, mettere al loro posto nell’ordine degli istituti, che costituiscono
il nostro diritto»116.
Ecco dunque che la sostanza incontrava la forma; che i contenuti
trovavano la veste strutturale che più si addiceva loro.
L’operare congiunto dei due fattori contribuì, quindi, per un verso,
a favorire l’affinamento della nozione e, dall’altro, ad assegnare definiti-
vamente all’interesse collettivo il ruolo di strumento indispensabile per la
ricostruzione dei fenomeni giuridici: l’interesse collettivo non è più solo
una chiave di lettura dei meccanismi sociali, bensì entra a pieno titolo nel
mondo del diritto.
Certo è, peraltro, che l’elaborazione dottrinale era un’elaborazione
vincolata; vincolata – cioè – alle finalità del regime, ovverosia l’istituzio-
nalizzazione e la pubblicizzazione della gestione del conflitto di classe.
Così, l’interesse collettivo si presenta in questa fase storica del no-
stro Paese essenzialmente sub specie di interesse di categoria o interesse
professionale e, in quanto tale, risente dei vincoli imposti dal nuovo si-
stema corporativo.
Come recitava la III Dichiarazione della Carta del lavoro del 1927
«l’organizzazione professionale o sindacale è libera. Ma solo il sindacato
legalmente riconosciuto e sottoposto al controllo dello Stato ha il diritto
di rappresentare legalmente tutta la categoria di datori di lavoro o di la-
voratori per cui è costituito, di tutelarne, di fronte allo Stato o alle altre
associazioni professionali, gli interessi; di stipulare contratti collettivi di
lavoro obbligatori per tutti gli appartenenti alla categoria, di imporre
loro contributi e di esercitare rispetto ad essa funzioni delegate di inte-
resse pubblico».
Ugualmente orientata la legge n. 563 del 3 aprile del 1926 (Disci-
plina giuridica dei rapporti collettivi del lavoro). Si prevedeva, infatti, al-
l’art. 5 che «le associazioni legalmente riconosciute hanno la personalità
giuridica e rappresentano legalmente tutti i datori di lavoro, lavoratori,
artisti e professionisti della categoria, per cui sono costituite, vi siano o
non vi siano iscritti, nell’ambito della circoscrizione territoriale, dove
operano». Inoltre, stando all’art. 6 della medesima legge, «non può es-
116 CARNELUTTI, F., Teoria del regolamento collettivo dei rapporti di lavoro, Padova, 1930,
p. 3 (corsivo mio).
54 CAPITOLO PRIMO
117 I due Autori svolgono profonde ed articolate riflessioni sulla nozione di interesse
collettivo, offrendo preziosi elementi di riflessione anche a coloro che si cimentano nello stu-
dio delle attuali tematiche relative alla tutela degli interessi collettivi e diffusi. Nella lettura
dei contributi di Cesarini Sforza e di Carnelutti è infatti possibile approfondire la nozione di
interesse tout court, di interesse individuale e di interesse collettivo, saggiando le diverse pro-
spettive ricostruttive adottate dagli Autori. L’elevato grado di elaborazione delle nozioni che
si riscontra nei loro contributi induce quindi a svolgere un esame dettagliato delle due di-
stinte prospettive. A mo’ di avvertenza si può sin d’ora anticipare come i due illustri giuristi
indicati nella sostanza convergano su una nozione composita di interesse, costituita da un ele-
mento oggettivo ed uno soggettivo, dovendosi attenuare le divergenze che potrebbero diver-
samente emergere da una prima lettura delle due ipotesi ricostruttive. Una eterogeneità più
marcata di prospettiva è, invece, sensibilmente percepibile riguardo la nozione di interesse
collettivo, configurata da parte di Cesarini Sforza in senso soggettivo e da parte di Carnelutti
in senso rigorosamente oggettivo. Più in generale – come già accennato nel testo – occorre os-
servare come i riferimenti più o meno ampi alla nozione di interesse collettivo siano frequen-
tissimi nella letteratura coeva, quasi a mo’ di atto dovuto o invocazione benaugurale. D’altra
parte i rinvii alla nozione si trasformano raramente in articolate riflessioni. Eccezione signifi-
cativa sono di certo gli studi di Nicola Jaeger, che, pur aderendo nella sostanza alle posizioni
del Carnelutti, avanza considerazioni dotate di un elevato grado di approfondimento (v. infra,
nota 152).
INTERESSE COLLETTIVO NELL’ESPERIENZA PRE-COSTITUZIONALE 55
Chiarisce ulteriormente l’A. che «se questo apprezzamento positivo è impossibile, allora l’in-
teresse manca (giudizio d’inutilità); se diventa negativo dopo essere stato positivo, allora l’u-
tilità si converte nel suo contrario, cioè nella dannosità, e il bene diventa male».
120 CESARINI SFORZA, W., Lezioni di teoria generale del diritto, cit., p. 127 (c.vo mio).
L’A. approfondisce ulteriormente la nozione rilevando le variazioni che la nozione subisce al-
lorché, nella relazione tra soggetto e bene, interviene l’agire di un secondo soggetto; elemento
quest’ultimo esseziale per la comprensione del trapasso della nozione di interesse dai rapporti
pre-giuridici a quelli giuridici. In tale ambito, infatti, sia l’interesse che la nozione di bene,
tendono a mutare natura. Infatti il bene giuridico non è più «la cosa utile», ma «la possibilità
di utilizzarla» e l’interesse giuridico non è più «l’apprezzamento dell’utilità della cosa», ma
«l’apprezzamento dell’azione altrui» in quanto è condizione per l’utilizzazione della cosa
stessa.
56 CAPITOLO PRIMO
sce: «trattasi di tanti interessi identici […] ai quali potrà essere attribuito più peso pratico che
a un interesse isolato; spesso accade, infatti, che si distingua quantitativamente tra l’interesse
di una sola persona, e quello che, appartenendo invece a cento od centomila persone, sembra
INTERESSE COLLETTIVO NELL’ESPERIENZA PRE-COSTITUZIONALE 57
più degno di essere preso in considerazione; ma dal punto di vista quantitativo nessuna di-
stinzione è possibile, nessuna trasformazione dell’interesse interviene per il fatto che invece di
appartenere a una sola persona, appartiene a cento od a centomila» (c.vo mio).
124 CESARINI SFORZA, W., Studi sul concetto d’interesse generale, cit., p. 146.
125 CESARINI SFORZA, W., Studi sul concetto d’interesse generale, cit., p. 134.
126 CESARINI SFORZA, W., Studi sul concetto d’interesse generale, cit., p. 135.
127 Su quest’aspetto v. anche CESARINI SFORZA, W., Corso di diritto corporativo, Padova,
1935, p. 96. L’A. fa l’esempio in cui all’interno di una categoria di cento persone, novanta-
nove abbiano un interesse comune contrapposto all’interesse solitario del soggetto restante.
«È evidente – sottolinea CESARINI SFORZA, Studi sul concetto d’interesse generale, cit., p. 136 ss.
– che la valutazione dei novantanove non potrà essere qualificata come valutazione o inte-
resse della categoria in opposizione alla valutazione o interesse dell’uno, perché l’ipotesi è che
la categoria sia formata non da novantanove persone, ma da novantanove più una. Potrà dirsi
che i novantanove aventi un solo e identico interesse formano una categoria a sé, ma allora il
contrasto sarà tra un gruppo di d’interessi individuali comuni […] e un altro interesse indi-
viduale». In altri termini, «quando, identificata una categoria […], appariscano entro di essa
degli interessi divergenti […] nulla vieta logicamente di pensare che esistano non più una, ma
due, tre … categorie distinte». Conclude dunque l’A. che, «come non si può derivare la no-
zione di categoria da quella di interesse, così non si può assolutamente derivare la nozione
d’interesse da quella di categoria».
58 CAPITOLO PRIMO
128 «Concepire gli individui – sintetizza efficacemente CESARINI SFORZA, W., Studi sul
concetto d’interesse generale, cit., p. 142 – come parti di un tutto equivale a concepirli nella
loro unificazione entro il tutto, ma se invece da questo si staccano le parti ossia gli individui
e ciascuno di essi viene considerato fuori dal tutto, quest’ultimo scompare».
129 CESARINI SFORZA, W., Studi sul concetto d’interesse generale, cit., p. 144.
130 CESARINI SFORZA, W., Preliminari sul diritto collettivo, cit., p. 105.
131 «Se una collettività o comunità d’individui – spiega CESARINI SFORZA, W., Preliminari
sul diritto collettivo, cit., p. 107 – non viene entificata, ossia non viene pensata come distinta
non solo da ciascuno dei singoli che la compongono, ma anche dalla totalità dei singoli stessi:
o si definiscono tanti interessi individuali (che potranno essere comuni), o si definiscono de-
gli interessi che pur essendo individuali, sono anche collettivi».
INTERESSE COLLETTIVO NELL’ESPERIENZA PRE-COSTITUZIONALE 59
132 Questa mi pare l’interpretazione più plausibile del pensiero dell’A., che in effetti
tratta della questione a più riprese, rendendo non sempre di immediata comprensione la sua
tesi. Negli Studi sul concetto d’interesse generale, cit., infatti, l’indagine procede in una pro-
spettiva ricostruttiva che pone sul medesimo piano, sia per ciò che riguarda l’oggetto di stu-
dio, sia per quel che riguarda i risultati interpretativi, l’interesse generale della categoria e
l’interesse generale nazionale, ma non dando rilevanza al processo di entificazione, che però
sembra esserne un presupposto necessario, né avanzando la definizione di interesse collettivo;
nei Preliminari sul diritto collettivo, cit., invece, l’attenzione dell’A. è rivolta essenzialmente a
distinguere l’interesse comune e quello collettivo – in questa sede introdotto – dall’interesse
generale, operazione che è affidata in gran parte al processo di entificazione, ma con partico-
lare riguardo all’interesse nazionale. Nel testo si propone una lettura del pensiero dell’A. che
tenga conto degli apporti che derivano da entrambi gli scritti, in una prospettiva di compe-
netrazione e reciproco chiarimento degli apparati argomentativi presentati da Cesarini Sforza
nei due saggi, operazione quest’ultima che si è svolta massimizzando i punti in comune e mi-
nimizzando quelli quanto meno apparentemente di conflitto.
133 Così CESARINI SFORZA, W., Studi sul concetto d’interesse generale, cit., p. 144, che
d’altro canto osserva che in tal caso «la soluzione – alla conversione dell’interesse comune o
collettivo in generale – è presupposta, la quale rimane naturalmente estranea a quella o a
quelle soggettive; si tratta, perciò, di un surrogato di soluzione. La definizione dell’interesse
di categoria ad opera dell’associazione professionale che deve tutelarlo e che serve innanzi-
tutto a delimitare la categoria, è un tipico esempio di tale pseudosoluzione, empiricamente
sufficiente».
134 CESARINI SFORZA, W., Corso di diritto corporativo, cit., p. 98.
60 CAPITOLO PRIMO
(1920), Padova, rist. 1930, p. 3 ss., per il quale «la nozione fondamentale per lo studio del di-
ritto è la nozione di interesse» (anche in Sistema di diritto processuale civile, I, Funzione e com-
posizione del processo, Padova, 1936, p. 7).
137 CARNELUTTI, F., Lezioni di diritto processuale civile, cit., p. 3.
INTERESSE COLLETTIVO NELL’ESPERIENZA PRE-COSTITUZIONALE 61
di chiarimento: «il godimento di una casa è un interesse individuale perché ciascuno può
avere una casa per sé; il godimento di una grande via di comunicazione è un interesse collet-
tivo perché questa non può aprirsi per la soddisfazione isolata dei bisogni di un uomo solo,
ma solo per la soddisfazione contemporanea dei bisogni dei più, di molti uomini». V. anche
ID., Teoria generale del diritto, Roma, 1951, p. 12, in cui si precisa che «nel campo, come si
suol dire, intersoggettivo la solidarietà si risolve in ciò che un bisogno dell’uno non può es-
sere soddisfatto se non sia soddisfatto anche un bisogno dell’altro […]. Si delinea per tal
64 CAPITOLO PRIMO