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MINORI
In caso di rifiuto opposto dal padre alla vaccinazione anticovid 19 del figlio minore, il
conflitto genitoriale va risolto autorizzando la somministrazione del vaccino e
attribuendo alla madre la facoltà di condurre il minore in un centro vaccinale e
sottoscrivere il relativo consenso informato, anche in assenza del consenso dell’altro
genitore. Lo stabilisce il Tribunale di Monza, decreto 22 luglio 2021.
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI
La ricorrente ha evidenziato che, dopo essersi consultata con il pediatra che segue il
figlio ed aver acquisito il consenso verbale dell’ex coniuge, aveva fissato un
appuntamento presso il Centro Vaccinale per la somministrazione del vaccino al
figlio, che, a sua volta, aveva espresso la volontà di essere vaccinato per poter
partecipare liberamente alle attività scolastiche e sportive; inaspettatamente, alla
ricezione del modulo per il rilascio dell’autorizzazione, il padre aveva rifiutato il
consenso, adducendo motivazioni generiche. Il resistente, in via preliminare, ha
eccepito l’inammissibilità del ricorso al Giudice ai sensi dell’art. 709 ter c.p.c.,
essendo il Giudice sprovvisto del potere di sostituire la propria decisione alla
difforme valutazione del genitore e nel merito ha confermato la propria opposizione
alla somministrazione del vaccino.
Alla stregua di questi criteri sono state assunte decisioni in senso negativo laddove il
vaccino riguardava patologie che notoriamente in un numero rilevante di casi ha
avuto conseguenze gravi e/o mortali con un’amplissima diffusione non solo sul
territorio nazionale ma mondiale, con effetti gravissimi sui sistemi sanitari di molti
paesi. Nel caso di specie, non vi sono controindicazioni alla somministrazioni del
vaccino come certificato dal medico curante.
Ai fini della risoluzione del conflitto va inoltre considerata la volontà manifestata dal
minore che, in un sms inviato al padre, aveva espresso con chiarezza l’intenzione di
sottoporsi al vaccino per poter tornare ad una vita normale sia sul piano scolastico
che relazionale.
Di tale volontà deve tenersi conto, attesa l’età del minore (15 anni e 6 mesi). L’art. 3
della l. n. 219/2017 al comma 1 prevede che “la persona minore di età o incapace
ha diritto alla valorizzazione delle proprie capacità di comprensione e di decisione” e
al successivo comma 2 che “il consenso informato al trattamento sanitario del
minore è espresso o rifiutato dagli esercenti la responsabilità genitoriale o dal tutore
tenendo conto della volontà della persona minore in relazione alla sua età, al suo
grado di maturità e avendo come scopo la tutela della salute psicofisica della vita del
minore nel pieno rispetto della sua dignità”.
Il rifiuto opposto dal padre appare in contrasto con tale disposizione sia avuto
riguardo alla mancata considerazione della volontà manifestata dal figlio sia con
riferimento alla salvaguardia della salute psicofisica del minore, comportando la
mancanza di copertura vaccinale non soltanto un concreto rischio di contrarre la
malattia ma anche pregiudizievoli limitazioni alla sua vita di relazione nei più svariati
ambiti: scolastico, sportivo, ricreativo e più in generale sociale.
Per evitare tali conseguenze pregiudizievoli, il conflitto genitoriale viene risolto dal
Collegio brianzolo autorizzando la somministrazione del vaccino e attribuendo alla
madre la facoltà di condurre il minore in un centro vaccinale e sottoscrivere il relativo
consenso informato, anche in assenza del consenso dell’altro genitore.
Prima della l. n. 119/2017, quando ancora, pur nella formale obbligatorietà della
vaccinazione non era di fatto applicato un sistema sanzionatorio né procedure
coattive in caso di inottemperanza, era forse più complesso per il Giudice, chiamato
a decidere in ipotesi di disaccordo tra i genitori sulla vaccinazione al figlio minore,
bilanciare il diritto del singolo ad autodeterminarsi sulle scelte sanitarie con la tutela
della salute. Negli ultimi anni, infatti, l'idea dei vaccini quale "conquista di civiltà" è
sempre più messa in discussione, dato l'aumento dei casi di "danno da vaccino",
nonché pubblicazioni di studi scientifici volti a dimostrare la non-innocuità del
trattamento.
Il primo caso, balzato alle cronache nazionali, è stato affrontato dal Tribunale di
Padova, Seconda Sezione Civile, e risale all'ottobre 2016. Il contrasto tra i genitori
riguardava la decisione di sottoporre la figlia adolescente alla profilassi vaccinale
contro il papilloma virus (HPV), patologia che si trasmette per via sessuale e che è
ritenuta responsabile in molti casi di tumori all'apparato genitale femminile. Di fronte
alla madre favorevole ed al padre contrario, il Tribunale di Padova riconosceva
esclusivamente alla donna la facoltà di scelta, puntando l'attenzione sulla presenza
di un certificato del pediatra della minore che ribadiva l'importanza del vaccino alla
luce di pregressi familiari da cui si evinceva la familiarità con il Papilloma Virus. Il
Tribunale aderiva perciò al principio di diritto secondo il quale a prevalere deve
essere in ogni caso la tutela della salute dei figli. Nello stesso anno anche la Corte
d'Appello di Padova si uniformava al medesimo principio.
Con ordinanza del 16.2.2017, il Tribunale di Roma, I sezione civile stabiliva che se i
genitori non sono d'accordo sulle cure mediche a cui deve essere sottoposto il figlio,
prevalgono le ragioni di chi predilige la medicina tradizionale in luogo di quella
omeopatica. Se il contrasto investe anche le scelte sulla vaccinazione del minore, la
decisione va rimessa al pediatra del Servizio Sanitario Nazionale.
Il conflitto genitoriale si verificava a seguito della diagnosi di otite della figlia minore
della coppia, degenerata in ipoacusia. Secondo il padre andavano seguite le cure
indicate dall'Ospedale presso cui la bambina era stata visitata, per la madre, invece,
si sarebbero dovute continuare le cure omeopatiche prescritte da un pediatra privato
da lei scelto. Altro contrasto da risolvere era sorto circa le vaccinazioni a cui
sottoporre la piccola. Anche in questo caso il Tribunale incaricava un consulente per
approfondire la questione, il quale evidenziava che i genitori erano incapaci di
collaborare decidendo ciascuno per la figlia autonomamente con il rischio che gli
interventi non coordinati producessero danni per la minore. Nel dirimere la
controversia genitoriale, il giudice disponeva che la minore eseguisse
immediatamente le cure prescritte per l'otite dall'Ospedale Pediatrico e ordinava che
i genitori dovessero congiuntamente rivolgersi ai medici del nosocomio per la
prosecuzione della cura per la ipoacusia rilevata, recandosi alle visite insieme o con
autorizzazione al genitore più diligente a recarsi agli appuntamenti con la minore
anche in assenza dell'altro.
Il Tribunale per i Minorenni di Milano, con decreto del 31 luglio 2017, ha ritenuto di
demandare al servizio sociale territorialmente competente, quale ente affidatario del
minore, tutte le scelte relative alla sua salute, all'educazione ed all'istruzione,
limitando così la responsabilità genitoriale. In questa situazione di elevata
conflittualità genitoriale, ove il padre era stato accusato di abusi sul figlio, mentre la
madre veniva censurata di rifiutare le vaccinazioni ed essere responsabile di
carenze vitaminiche nel bambino, avendogli imposto una rigida dieta vegana,
l'Autorità Minorile ha esautorato il ruolo genitoriale con riguardo alle decisioni di
maggiore interesse, che saranno conseguentemente assunte dall'Ente affidatario.
Posizione altrettanto netta ed uniforme al prevalente orientamento della
giurisprudenza di merito è quella assunta dalla Corte d'Appello di Napoli, Sezione
Minorenni, con decreto del 30 agosto 2017.
La madre infatti contestava che nel periodo delle inoculazioni non erano stati
adeguatamente verificati né le risposte sierologiche ai tanti vaccini ricevuti né
l'assetto immunologico del bambino. Sicché, l'encefalopatia manifestatasi,
verosimilmente innescata dalla amplificazione della risposta immunologica e
infiammatoria ai vaccini iniettati, era progredita danneggiando profondamente
l'organismo del minore. La madre non sapeva con certezza se la causa della
patologia del bambino fosse o meno ascrivibile ad un vaccino, ma avendo letto le
controindicazioni dei vaccini nei casi di malattie neuro-metaboliche, aveva
semplicemente chiesto al marito separato di procrastinare la somministrazione delle
ulteriori dosi di vaccini all'esito di esami di laboratorio sul minore, assumendo che
nel caso specifico i rischi legati alla somministrazione dei vaccini fossero maggiori
dei potenziali benefici.
Con ricorso alla Corte di Cassazione, la moglie separata riteneva che detta
esclusione era stata effettuata nei gradi precedenti senza indicare alcun nocumento
derivante ai minori dall'esercizio della funzione parentale materna rispetto a tali
profili. A parere della madre, l'esclusione sarebbe avvenuta non in base al
parametro di giudizio costituito dal superiore interesse dei minori, ma in ragione dei
convincimenti espressi dalla donna in ragione alla non opportunità di sottoporli a
vaccinazione.
Doveva, quindi, condividersi quanto stabilito dalla corte territoriale, la quale, dopo
aver esaminato entrambi i genitori nei rapporti fra loro e con i figli e aver verificato
sia l'ambiente materno che quello paterno, aveva individuato in quella prescelta la
soluzione più tutelante per gli interessi dei minori, dato che la madre non aveva
ancora dimostrato di essere in grado di assumere i comportamenti più adeguati nei
confronti dei discendenti.
Esito:
Autorizza la somministrazione del vaccino anticovid 19 attribuendo a tal fine alla
madre la facoltà di accompagnare il figlio presso un centro vaccinale e sottoscrivere
il relativo consenso informato, anche in assenza di consenso dell’altro genitore.
Riferimenti normativi:
Art. 709 ter c.p.c.
Art. 3, L. n 219/2017