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Separazione consensuale

Traccia
Tizio e Caia, con ricorso del 20 gennaio 2005,
promuovevano innanzi al Tribunale di Firenze procedimento di separazione consensuale. Il punto 3 del ricorso regolava i rapporti
patrimoniali, stabilendo a carico di Tizio un assegno mensile di 800 euro di cui 400 euro per ciascuno dei due figli con
rivalutazione annuale. Il provvedimento di omologazione interveniva il 10 maggio 2005. peraltro, i coniugi, con scrittura privata
del 18 gennaio 2005, ovvero due giorni prima del ricorso, avevano stabilito che, indipendentemente dea quanto sarebbe stato
fatto risultare in sede di omologa, Tizio avrebbe corrisposto mensilmente la somma di 1500 euro. Tizio corrisponde per qualche
mese la somma convenuta nella scrittura privata, successivamente riduce l’assegno alla misura omologata e infine si astiene dai
versamenti, assumendo di volere compensare i ratei in corso con le eccedenze precedentemente corrisposte. Caia, ritenendo
illegittimo il comportamento di Tizio, si reca dall’avvocato per la tutela dei propri diritti lesi.
Il candidato, assunta le vesti dell’avvocato di Caia, rediga parere motivato soffermandosi sulle problematiche sottese alla
fattispecie in esame.

Giurisprudenza
q Cass., sez. I, 8 marzo 2001, n. 3390
q Cass., sez. I, 28 luglio 1997, n. 7029
q Cass., sez. lav., 25 agosto 1990, n. 8719

Svolgimento
Nel nostro ordinamento giuridico è ammessa la separazione personale dei coniugi (art. 250 c.c.).
Questi separandosi non pongono nel nulla l’atto matrimoniale, né ex tunc (la separazione non equivale ad una sentenza di
annullamento), né ex nunc (la separazione non equivale allo scioglimento del matrimonio), ma ne sospendono gli effetti sul
piano soprattutto dei rapporti personali, in attesa o del divorzio (l. 898/1970) o di un’eventuale riconciliazione (art. 154 c.c.),
fermo restando la possibilità di far permanere in modo definitivo lo stato di separazione (ad es. per motivi religiosi).
Nel nostro codice civile è disciplinata solo la separazione personale che può essere consensuale o giudiziale a seconda che ci sia
o meno accordo tra i coniugi.
In entrambi i casi, sarà necessario l’intervento del giudice: nella separazione personale per omologare gli accordi intercorsi tra i
coniugi e renderli esecutivi; in caso di separazione giudiziale, invece, per emettere una sentenza che si imponga sulla volontà
delle parti.
Non è disciplinata, al contrario, la separazione di fatto che si verifica quando i coniugi trovano un’intesa su come regolare i loro
rapporti personali e patrimoniali senza ricorrere all’intervento del giudice; tale separazione è lecita ma no ha rilevanza di fronte
alla legge.
La separazione consensuale inizia con la proposizione del ricorso e consta di due fasi: la prima si svolge innanzi al presidente
del tribunale, il quale tenterà la riconciliazione dei due coniugi dandone atto a verbale, sia in caso di riuscita che di fallimento.
In quest’ultima eventualità, egli trascriverà nel verbale il consenso dei coniugi alla separazione e le condizioni pattuite riguardo
alla prole e ai rapporti patrimoniali.
Successivamente, in camera di consiglio, il tribunale decide sulla omologazione.
Sia nel giudizio di separazione consensuale che giudiziale, la qualità di parte spetta esclusivamente ai coniugi, i quali non
potranno avvalersi di un rappresentante ma tutt’al più di un nuncius ; anzi, nella separazione consensuale, gli accordi raggiunti
dai coniugi saranno vincolanti solo se manifestati personalmente, d’avanti al presidente del tribunale.
La separazione consensuale comporta delle conseguenze per i coniugi sia sul piano personale che su quello patrimoniale.
In ordine al primo profilo, successivamente alla separazione, vengono meno gli obblighi reciproci dei coniugi derivanti dal
matrimonio (art. 143, co. 2, c.c.): l’obbligo di fedeltà, di assistenza morale e materiale, di collaborazione e di coabitazione.
Ai sensi dell’art. 156 bis c.c. “il giudice può evitare alla moglie l’uso del cognome del marito quando tale uso sia a lui gravemente
pregiudizievole, e può parimenti autorizzare la moglie a non usare il cognome stesso, qualora dall’uso possa derivare grave
pregiudizio”.
I rapporti sul piano patrimoniale sono regolati, invece, dagli accordi raggiunti dai coniugi.
L’accordo è un negozio di diritto di famiglia ed in quanto tale personalissimo, che trova la sua disciplina nell’ambito delle norme
sul contratto, in quanto compatibili; per acquistare efficacia l’accordo deve essere omologato dal giudice con decreto. Tale
decreto è un atto di controllo, privo di contenuto decisorio, perché incide, ma no decide su diritti soggettivi (Cass. 01/3390;
90/8712).
La separazione consensuale produce i suoi effetti anche nella sfera dei rapporti intercorrenti fra genitori e figli, senza per questo
far venir meno gli obblighi di mantenere, istruire ed educare i figli, costituzionalmente previsti (art. 30. co. 1, cost.) e
positivizzati nel codice all’art. 147.
Anche in questo caso i rapporti personali e patrimoniali tra genitori e figli saranno regolati dagli accordi intercorsi tra i coniugi e
se tale accordo, “ relativamente all’affidamento e al mantenimento della prole è in contrasto con l’interesse di questi, il giudice
riconvoca i coniugi indicando ad essi le modificazioni da adottare nell’interesse dei figli e, in caso di inidonea soluzione, può
rifiutare allo stato l’omologazione” (art. 158, co. 2, c.c.).
Il genitore non affidatario, è tenuto al mantenimento dei rapporti con i figli, tramite incontri e visite periodiche, salvo che, i
figli ormai adolescenti, non dimostrino ostilità verso quel genitore, così com’è sancito nella convenzione di New York dell’89 sui
diritti dell’infanzia.
La potestà continua ad essere congiunta nonostante la separazione, tuttavia l’esercizio spetterà al genitore cui i figli vengono
affidati, fermo restando l’interesse e la partecipazione dell’altro genitore.
Il genitore non affidatario, anche nella separazione consensuale, ha l’obbligo di mantenimento nei confronti dei figli minori o
comunque non autosufficienti, ancorché maggiorenni, fino a quando questi non percepiranno un reddito corrispondente alla
professionalità da questi acquisita.
Nel caso di specie, Tizio paga a Caio (da cui è separato consensualmente) ed ai suoi due figli un assegno di 800 euro mensili,
però i due coniugi avevano stabilito che, indipendentemente da quanto sarebbe fatto risultare in sede di omologa, egli avrebbe
corrisposto 1500 euro, somma che ora si rifiuta di pagare. Per risolvere il caso in esame, è necessario fare riferimento al valore
ed all’efficacia che l’ordinamento attribuisce ai patti tra i coniugi che non vengono omologati.
A parere della dottrina, le pattuizioni che intercorrono tra i coniugi, precedentemente o contemporaneamente rispetto
all’omologazione, sono valide se:
1) non interferiscono con il contenuto dell’accordo omologato anzi, ne specificano meglio la portata;
2) sono più rispondenti al raggiungimento dell’interesse che i coniugi si prefiggono di perseguire.
De medesimo avviso è la giurisprudenza, la quale stabilisce che in tema di separazione consensuale le pattuizioni convenute dai

1 di 2 12/12/2014 18:15
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coniugi antecedentemente o contemporaneamente all’accordo omologato sono operante soltanto se si collocano in posizioni di
non interferenza rispetto a quest’ultimo (perché concernano un aspetto che non è disciplinato nell’accordo formale, oppure
perché hanno un carattere meramente specificativo di disciplina secondaria) ovvero in posizione di conclamata ed incontestabile
maggiore rispondenza rispetto all’interesse tutelato, come per l’assegno di mantenimento concordato in misura superiore a
quello sottoposto ad omologazione (Cass. 97/7029).
Nel caso de quo Tizio dovrà quindi pagare la somma accordata con Caio prima del giudizio di omologazione: 1500euro e non
800, in virtù delle ragioni di cui sopra.
In conclusione, Caio potrà validamente agire in giudizio contro Tizio per l’esecuzione degli accordi relativi alla separazione,
conclusi ma non trasfusi nel verbale di separazione.

2 di 2 12/12/2014 18:15

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