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LEZIONE 9- L’ANTROPOLOGIA DEI MEDIA

Per parlare di antropologia dei media bisogna partire da 3 importanti assunti:


❖ Onnipresenza dei media→mezzi di comunicazione non necessariamente “moderni”. Siamo
circondati da segni che continuamente codifichiamo e mandiamo agli altri (con il linguaggio
verbale ma anche non verbale). L’uomo ha da sempre cercato dei mezzi di comunicazione
che trascendessero il linguaggio del corpo, essi sono stati chiamati media. (Da
medium=mezzo). Per media non non vanno solo intesi quei mezzi di comunicazione
moderni o premoderni che noi conosciamo: anche un messaggio scritto su un foglio ad
esempio è un media. È da bandire l’idea secondo la quale esisterebbe una gerarchia tra i
mezzi di comunicazione: nel mondo coesistono mezzi di comunicazione diversi, ma
nessuno nella vita sociale è meno significativo rispetto a un altro. L’antropologia dei media
si occupa di analizzarli all’interno al contesto in cui si collocano e analizzare le gerarchie
interne a quel contesto specifico che gli attori sociali stessi gli attribuiscono. Ogni contesto
organizza in modo diverso la circolazione e la gerarchizzazione dei media.
❖ Variano da un contesto all’altro→ i media sono culturalmente condizionati. Non esistono
media a-culturali (fuori da un contesto culturale), sempre uguali a se stessi. Ad esempio
l’evoluzione della televisione (dal bianco e nero fino ai giorni nostri), e il diverso ruolo che
ha rivestito nel corso degli anni. Propaganda live è un programma televisivo che nel
contesto attuale di pandemia di Covid ha rivestito un aspetto che era tipico della
televisione negli anni 50 e 60: ovvero riunire il pubblico di fronte a un evento mediatico.
Tuttavia questo programma presenta delle profonde differenze rispetto la tv del passato,
ovvero la sua connessione con i social media. Il contesto attuale di lockdown ha restituito
alla televisione una funzione che aveva decenni fa. Questo per dire quanto il contesto
cambi il modo di vivere i media. Non è il media che definisce il suo uso e il suo significato,
ma a definire ciò è il contesto.
❖ I media sono elementi centrali della vita sociale e culturale→ (educazione, economia ,
potere, cambio, eccetera). I media modificano la vita sociale, basti pensare a come i
telefoni cellulari abbiano cambiato le nostre abitudini nel corso degli anni. Allo stesso
tempo il telefono ha influito profondamente anche sui flussi migratori, adesso i migranti
hanno la possibilità di mantenere stretti i contatti con il proprio popolo di origine. I media
sono sottoposti a condizionamenti culturali, ma al tempo stesso modificano, distruggono e
creano nuove pratiche e forme di vita sociale.

Queste 3 premesse sull’antropologia dei media aiutano ad entrare nell’ottica secondo la quale non
bisogna avere una prospettiva etnocentrica sul modo in cui usiamo questi mezzi, e non bisogna
lasciarci condizionare dal modo in cui le grande aziende vorrebbero che li utilizzassimo. Uscire
dall’etnocentrismo per avvicinarsi alla diversità culturale con cui i media hanno a che fare.

Altre 3 nozioni importanti a cui l’antropologia dei media è arrivata sono:


❖ I media trasmettono messaggi e costruiscono relazioni→ mediano tra persone, gruppi,
società. È necessario uscire dalla sfera che i media rappresentano e guardare il modo in cui
impattano nelle nostre vite. È importante uscire dalla dimensione strettamente mediatica
per entrare in quella sociale. Non servono solo per inviare messaggi, ma sono dei luoghi
grazie ai quali si costruiscono relazioni (così come disfare).
❖ I media non sono neutri→ ma trasformano, promuovono, ostacolano azioni, conflitti,
collaborazioni. Ad esempio, nelle cosiddete Primavere arabe che a partire dal 2011 hanno
investito sul Nord Africa (fino a quel momento soggiogata da regimi dittatoriali) e hanno
promosso l’uso dei social media che hanno contribuito a mobilitare le persone sfuggendo
dal controllo dei governi (prima con la stampa erano controllati dai governi). Importante
distinzione tra mezzi di comunicazione di massa e i nuovi media. Nei primi l’informazione è
massificata e uguale per tutti (es giornale), nei nuovi media c’è una produzione
personalizzata di informazioni (es Instahram, Facebook.. che vanno in base alle nostre
preferenze). Questa grande distinzione ha permesso una forte ondata di mobilitazione
delle masse , aiutando a spezzare le catene di certi regimi.
❖ Nuovi e vecchi media coesistono → stratificazione complessa mediatica che cambia da un
contesto all’altro. Ad esempio possiamo ascoltare la radio mentre stiamo con il telefono su
Facebook, ecc. Non si può pregiudicare lo statuto di un media in base alla sua novità o
anzianità, perché molto spesso vecchi media possono giocare nuovi ruoli nella società.

Le industrie culturali non occidentali


Uno dei primi oggetti di studio dell’antropologia dei media è stata quella delle produzioni
cinematografiche non occidentali. Non esiste solo il cinema industriale come lo intendiamo
noi, la produzione cinematografica presenta una grande variabilità in giro per il mondo.
In particolare due grandi industrie culturali, non solo cinematografiche ma anche
produttrici di video destinati alla televisione, sono state quelle Bollywoodiane (in India) e
Nollywoodiane (in Nigeria). La Nigeria è un paese dell’Africa occidentale, nel golfo di
Guinea, che nel corso degli anni 70 ha subito una grave crisi economica. Il colonialismo
aveva impiantato sale cinematografiche nei grandi centri urbani per le classi benestanti, e
in queste sale venivano proiettati film occidentali. Tuttavia nel secondo dopo guerra iniziò
a fiorire anche la produzione di film d’autore africano, un cinema pan africano che cercava
di ricopiare il modello occidentale ma in modo che esprimesse valori africani volti a
riscattare la loro identità. Questo tipo di cinema, però, non raggiunse subito grande
popolarità: si trattava di film che venivano proiettati nei festival del cinema in Occidente e
non destinati alle sale cinematografiche, un cinema elitario. Durante la crisi degli anni
70/80 che colpì i paesi africani, ci furono delle riforme tese al taglio dei fondi pubblici e alla
privatizzazione delle economie africane e ciò ha comportato la scomparsa di questo tipo di
contesto elitario portato dal colonialismo. All’inizio degli anni 90, l’emergere delle nuove
tecnologie (ad esempio il digitale) più economiche rispetto ai supporti del cinema
analogico (pellicole), hanno permesso ai piccoli produttori di cominciare a montare film a
basso costo. Questi produttori non erano registi formati nelle scuole di cinema e ispirati
alla grande letteratura, ma erano ispirati a modelli della tradizione popolare africana di
prodotti culturali. Questi film iniziarono ad avere successo di pubblico, non erano film
destinati alle sale cinematografiche (che in quel momento storico stavano fallendo a causa
della crisi economica), ma erano destinati alla distribuzione in forma di videocassette e più
avanti in DVD. In poche parole si trattava di film destinati all’ “home cinema”, cioè una
forma di cinema casalingo la cui distribuzione era estremamente facile: questo ha
permesso l’espansione di questa industria. A partire degli anni 90 fino ad oggi, hanno
cominciato a circolare film venduti in maniera formale, spesso direttamente dal regista
stesso che ne stampava una serie di copie, ma anche in maniera informale attraverso la
pirateria. Anche se illegale, il diffondersi della pirateria ha sicuramente contibuito alla
diffusione di questi film che divennero popolari. L’avanzamento della tecnologia, inoltre, da
un lato rendeva possibile abbassare i costi di produzione e dall’altro migliorare la qualità
video (il digitale). Iniziò a proliferare quest’industria ma non era di tipo autoriale, ma
commerciale l’obbiettivo era quello di vendere il più possibile. I generi dominanti erano
quelli del melodramma, i fil d’azione, i thriller. Riassumendo→ si trattava di film
autoprodotti a bassissimo costo e distribuiti sia in maniera formale che informale, diffusi su
larga scala. Questo modello di home cinema si è poi diffuso in tutta l’Africa causando la
creazione di nuove industrie locali che adottavano lo stesso modello.
Nel frattempo, iniziarono ad emergere anche nuovi tipi di festival del cinema alternativi
che imitavano il modello degli Oscar di Hollywood, ma all’interno di contesti
completamente diversi. Questi festival divennero molto popolari in Nigeria e altrove, di cui
però noi non sappiamo nulla. Nonostante il tipo di produzione, si tratta di un’industria
globale e non solo locale, transnazionale, che ci costringe a marginalizzare l’Occidente.
Oggigiorno, per quantità di film prodotti Bollywood e Nollywood si pongono al primo e
secondo posto scavalcando la famosa Hollywood che è solo al terzo posto. È transnazionale
perché connette comunità diasporiche e comunità di origine. Perché quest’industria ci
costringe a marginalizzare l’Occidente? Perché ancora una volta dovremmo uscire dal
nostro etnocentrismo (la nostra concezione di film) e riconoscere che in quei contesti
culturali sono film di grande valore.

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