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Pulpito del Battistero di Pisa

Nel 1260 il Pulpito del Battistero di Pisa, Commissionato


attorno al 1254/1257 dal vescovo della città toscana,
Federico Visconti (ca 1200. 1277), l'opera ha un'inedita
forma esagonale che rompe con la tradizione dei pulpiti
quadrangolari ed è sorretto da sei colonne di granito rosso
poggianti alternativamente sul pavimento (attraverso le
basi marmoree) e su tre leoni stilofori. Una colonna
centrale appoggia su una base circondata da sculture
raffiguranti uomini e animali. Al di sopra dei ricchi capitelli,
a doppia corona di crochet, tra una colonna e l'altra sono
gettati degli archi a tutto sesto trilobati separati da statue
di profeti e di personificazioni di Virtù, che ricorrono anche
nei pennacchi. Dei pilastrini trìstili di granito separano le
cinque bianche lastre marmoree con i rilievi che
costituiscono le facce istoriate del parapetto del pulpito.
Nelle lastre sono rappresentati i seguenti episodi della
storia sacra: la Natività, l'Adorazione dei Magi, la
Presentazione al Tempio, la Crocifissione e il Giudizio
Universale.
Nell'Adorazione dei Magi una grande compostezza
pervade la scena, animata da un numero limitatissimo di
personaggi dai corpi compatti e decisamente volumetrici.
Alcuni di essi sono in primo piano, altri si dispongono in
piani via via più arretrati. La composizione si organizza
geometricamente, ed è proprio questo rigore geometrico a
consentirne la solidità. Al di orizzontale che divide in due
parti uguali la formella (linea coincidente con quella che
separa il corpo del Bambino dalle ginocchia della madre) le
figure seguono un andamento diagonale, ma continuo,
secondo le sequenze 1-2-3 e 3-4-5-6. La Vergine è seduta
su un trono la cui spalliera ha terminazioni a testa di leone;
inoltre le gambe del trono, conformate a zampa di leone,
emergono con evidenza dal panneggio. La Vergine, che ha
gambe e busto rivolti a sinistra, è affiancata da Giuseppe e
da un angelo e tiene in braccio il Bambino. Questi, inclinato
in avanti, prende con le manine il dono che uno dei Magi,
inginocchiato, gli porge, mentre un secondo e un terzo,
rispettivamente in ginocchio ed eretto, attendono di poter
omaggiare il Bambino divino a propria volta. I loro cavalli,
che prospetticamente emergono con la parte anteriore dal
fondo della formella, aspettano, occupando la semiarea
della metà di sinistra del campo a disposizione.
Il panneggio ampio che rivela le forme sottostanti e le
nobili teste dai profili precisi e dalle forme regolari sono un
chiaro riferimento all’Antico. Al mondo classico
riconducono anche altri elementi e persino la tecnica
esecutiva: ad esempio il frequente ricorso al trapano, per
accentuare i forti effetti chiaroscurali dei capelli e delle
barbe ricciute dei Magi. Per la Vergine velata è stato
possibile anche identificare la fonte di ispirazione. Si tratta
della figura femminile seduta (estremità sinistra) del
Sarcofago con Storie di Fedra e Ippòlito un tempo collocato
nella piazza dei Miracoli e attualmente nel Camposanto
Monumentale di Pisa. Il sacerdote sorretto da un fanciullo,
all’estrema destra della formella con la Presentazione al
Tempio deriva invece da un Dioniso raffigurato in un
cratere greco neo-attico marmoreo (II-I secolo a.C.), ora al
Camposanto Monumentale di Pisa. Al mondo classico
rinviano le due architetture della metà di destra della
lastra: un primo edificio con un timpano dentellato (ma
che include un rosone «moderno», gotico e un secondo a
pianta circolare, anch'esso con i dentelli che ne ornano la
cornice.
Con il riferimento all’Antico, dare maggiore solennità e
autorevolezza ai getti da lui rappresentati, riconoscendo,
implicitamente, la "perfezione" dell'arte degli antichi. È il
caso, ancora, della rappresentazione della Fortezza,
interpretata come Ercole: un nudo all’antica in posa
lisippea, verosimilmente ripreso dal Sarcofago con le
Fatiche di Ercole oggi al Museo Nazionale Romano, un
reperto che Nicola ebbe la possibilità di vedere nel suo
viaggio di trasferimento dal Meridione federiciano verso la
Toscana. Tali riferimenti alla classicità, benché tanto in-
novativi e inediti nell'ambito della plastica della metà del
Duecento, trovarono un terreno fertile o con e già pronto
ad accoglierli a Pisa, che si identificava come Roma àltera
(«seconda Roma») e che, sin dall'XI-XII secolo, aveva
impiegato materiali di edifici antichi (spolia) per
l’edificazione e l'ornamento della propria cattedrale
prelevandoli dalla stessa Roma. Anche nella Presentazione
al Tempio le figure no pensate all’interno di una solida
costruzione geometrica: le loro dimensioni sono tali da
avere il busto nella metà superiore della lastra e il resto
nella metà inferiore. Peraltro la linea orizzontale divisoria è
suggerita dalla posizione delle braccia di Giuseppe, di
Maria, del vecchio Samuele con in braccio il Bambino, della
profetessa Anna e del sacerdote/Dioniso. Di grande
intensità è, infine, la figura della vecchia Anna: la sua testa
ha uno scatto nervoso verso l'alto (al pari della figura
femminile all'estremità superiore sinistra della formella)
che sottolinea le sue capacità profetiche, il suo essere in
grado di pronunciare le parole dell’Eterno che dai Cieli la
ispira e, come si legge nei Vangeli, per l'occasione, di
parlare del «Bambino Gesù a tutti quelli che aspettavano la
liberazione di Gerusalemme». La sua testa, infine, è sul
prolungamento dell’inclinazione del frontone dell'edificio
di destra, riportando, così, l'occhio dell'osservatore verso il
centro del campo figurato dove, all’incrocio delle diagonali,
le braccia di Samuele stringono il piccolo Gesù.
GIOVANNI PISANO
La lezione senese di Nicola viene bene assimilata dal figlio
Giovanni. Dopo la collaborazione con il padre di lui si
hanno notizie solo a partire dal 1278. Dal 1285 al 1297 è
attivo a Siena alla facciata del Duomo di cui, a partire forse
dal 1287, è capomastro, mentre dal 1298 al 1301 lavora al
Pulpito di Sant'Andrea a Pistoia, quindi, tra il 1302 e il 1310
si occupa del Pulpito della Cattedrale di Pisa.
Pulpito di Sant'Andrea a Pistoia
La forma esagonale del Pulpito di Sant’Andrea a Pistoia
ricorda l'opera pisana di Nicola e ne ripropone le
dimensioni. Nel pulpito pistoiese due delle sei colonnone
perimetrali sono sorrette da leoni stilofori, una da un
uomo ricurvo (telamóne o atlante) e altre tre poggiano
direttamente a terra sulle loro basi. Un leone alato,
un'aquila e un grifone simboleggianti rispettivamente
Cristo, la sua Ascensione al Cielo dopo la Resurrezione e il
suo Ritorno alla fine dei tempi si distribuiscono, invece,
attorno all'appoggio della colonna centrale. Figure dagli
atteggiamenti più diversi occupano gli spigoli fra due archi
consecutivi in prosecuzione delle colonne (sibille), quelli
fra le lastre (profeti, simboli degli Evangelisti e angeli
dell’Apocalisse) e i pennacchi degli archi (profeti). Nelle
lastre del parapetto, invece, sono rappresentati gli stessi
soggetti del Pulpito del Battistero di Pisa, con la
sostituzione della Strage degli Innocenti, alla Presenta-
zione al Tempio. L'esilità delle colonne e gli archi molto
acuti, con il loro verticalismo, dimostrano l'accettazione
piena, da parte di Giovanni, delle forme gotiche. Inoltre,
contrariamente alle imponenti figure di Nicola, le cinque
formelle pistoiesi sono dense di personaggi dalle
proporzioni minute i cui corpi sono per gran parte a tutto
tondo. Le sagome sono disegnate da una linea che ora è
morbida, ora è spigolosa, e i gesti riescono a essere
disperatio di grande grazia e delicatezza. Abbandonate le
pieghe larghe e un po' rigide di Nicola, tralasciata la
sicurezza della composizione a base geometrica, le figure
di Giovanni si coprono di abiti dalle pieghe decorative.
Infine, l’anatomia, pur sintetica ma solida, dei rilievi di
Nicola Pisano quasi si perde negli ammantati personaggi
del figlio Giovanni. E gli abiti hanno più la funzione, perciò,
di accompagnare i movimenti che non di suggerire i corpi
delle figure scolpite. Il rilievo con la Nativita’ offre, con la
Vergine annunciata che si ritrae con timoroso pudore, un
soggetto psicologico che sarà motivo di riflessione da parte
dei pittori senesi del Trecento. Di umana sensibilità è
invece il gesto di coprire il Bambino, compiuto da Maria
distesa al centro della composizione.
Pulpito della Cattedrale di Pisa
Commissionato Giovanni dall’«operaio» Burgundio di
Tado, poco dopo l’ultimazione dei lavori a Pistoia, il Pulpito
della Cattedrale di Pisa (1302-1310) è quanto di più
grandioso e fastoso si fosse mai fatto sino ad allora. Più
d'una volta smontato e rimontato, a partire dal 1599/1600,
anche in maniera incompleta e frammentaria, l'opera
come oggi si presenta è così solo dal 1926. Il pulpito, con
cariatidi, figure accostate alle colonne, un corredo di
statue a tutto tondo, mensole a motivi vegetali al posto
degli archetti e lastre leggermente convesse nel parapetto,
si presenta più complesso ed esuberante del suo
precedente pistoiese. In esso si complica anche la
narrazione delle storie (più d’una ne compare in uno stesso
ri- quadro), che occupano anche i due tratti rettilinei
mente ricche. Esse sono nell´ordine: Annunciazione,
Visitazione e Nascita del Battista la Natività e l’Annuncio ai
pastori, il Viaggio, Adorazione e Sogno dei Magi, la
Presentazione al Tempio e Fuga in Egitto, la Strage degli
Innocenti, il Bacio del parapet di Giuda e Passione di Cristo,
la Crocifissione e il Giudizio Universale. Dovunque la forza
delle attitudini, le torsioni di corpi che sembrano volersi
liberare dal fondo delle formelle marmoree, l’intreccio
delle figure, il forte chiaroscuro definiscono una tensione
nuova e la qualità pittorica delle opere di Giovanni. Nel
rigoglioso pulpito pisano il naturalismo gotico conduce
Giovanni, nel pieno della sua maturità artistica, a suggerire
elementi paesaggistici come la palma della Fuga in Egitto o
a raffigurare diversi animali esotici nell’Adorazione dei
Magi. In quest’ultima formella la scena è divisa in due parti
distinte: in quella superiore sono raffigurati il viaggio dei
Magi e l’Adorazione del Bambino, in quella inferiore i Magi
addormentati ai quali un angelo consiglia di non fermarsi
da Erode durante il viaggio di ritorno. Mentre i Magi
riposano, il loro seguito di persone e animali da soma
aspetta In alto, per dare maggior risalto ai protagonisti
della storia, che quasi si perdono fra le tante figure,
Giovanni Pisano racchiude la Sacra Famiglia in una grotta di
forma quasi circolare. A tale forma ci adattano anche due
Magi e un angelo. Madonna col Bambino della Cappella
degli Scrovegni Fra le maggiori creazioni di Giovanni Pisano
è senza dubbio da annoverare anche la Madonna col
Bambino della Cappella degli Scrovegni a Padova, eseguita
nel 1306 circa. Raramente dalla fine del mondo classico era
stato dato di vedere statue isolate, soprattutto se di grandi
dimensioni. Nella sua quasi totalità, infatti, la scultura
romanica e gotica si è sempre espressa per mezzo di
bassorilievi o di statue-colonna: gli uni e le altre,
comunque, legati a un'opera architettonica. La Vergine di
Giovanni è invece libera da ogni costrizione e, se è
indubbia l'importanza dell'esercizio sui pulpiti pistoiese e
pisano, certamente anche la realizzazione di statuette
eburnee del tipo di quella ora al Museo dell’Opera di Pisa
ha giocato un ruolo importante nello sviluppo formale e
tipologico il cui alto esito ancora insegna dall'abside della
Cappella degli Scrovegni. Il profilo della Vergine padovana,
marcatamente romano, ci suggerisce che Giovanni dovette
aver studiato direttamente la statuaria classica, mentre la
forma complessiva, ad arco ritmato dalle pieghe del manto
e della veste, nonché il gesto leggiadro della mano destra
che solleva un lembo del manto che ricala a onde,
rivelandoci contatti dell’artista con la scultura francese. Il
gesto affettuoso del Bambino che appoggia un braccino
sulla spalla della madre è del tutto naturale. I loro sguardi
si incrociano ed essi sembrano colloquiare cosi come
avveniva nelle statue di Reims.

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