Sei sulla pagina 1di 2

Alessandro Borin, chitarrista, è uno dei più importanti filologi musicali italiani.

Tra i suoi lavori più


significativi spicca l’edizione dell’opera omnia di Antonio Vivaldi per la casa editrice Ricordi.

Maestro Borin, so che lei è un musicista poliedrico e che è impegnato su più fronti, tutti inerenti
alla musica ma diversissimi tra loro. Quest’anno arriva a Verona nel festival INCHIOSTRO VIVO in
qualità di docente di chitarra. Ci spiega il suo percorso artistico e professionale?

Ho iniziato a suonare la chitarra da bambino, affascinato dal suono di questo strumento così
popolare. Gli anni del conservatorio sono stati fra i più entusiasmanti e ricchi di fascino che un
ragazzo potesse desiderare. Ho avuto la fortuna di conoscere e studiare con tanti importanti
maestri, fra cui il grande chitarrista venezuelano Alirio Diaz. L’incontro con Piero Bonaguri, col
quale mi sono diplomato nell’ormai lontano 1990, ha segnato un punto di svolta nella mia vita,
non solo a livello musicale. Penso che anche la passione per la musicologia e la scoperta sia nata
durante gli ultimi anni di conservatorio, anche se è fiorita solo molto tempo dopo. L’aver
affrontato gli studi musicologici in età ‘matura’ non è stato un limite, ma una grande
opportunità. Ho potuto scegliere i miei maestri, frequentare alcune delle università più
prestigiose al mondo e lavorare a fianco di alcuni mostri sacri della filologia musicale. Oggi cerco
di dare il mio contributo, sempre con un occhio di riguardo per i giovani, che sono destinati a
raccogliere il nostro testimone. E’ importante che il patrimonio di incontri e di umanità che
rende ricca e feconda la nostra vita non vada disperso.

Il vostro sarà il primo concerto nel Chiostro (le recite de “La donna serpente” saranno a Villa Buri
ndr) e si esibiranno dei giovanissimi chitarristi che eseguiranno le difficili musiche di Villa -Lobos. Ci
spiega come è stato possibile arrivare a questo traguardo con i giovanissimi?

Nei confronti di Villa-Lobos, come di altri grandi compositori del passato, nutro una autentica
venerazione. A un certo punto ho avvertito il bisogno di condividere questa passione coi miei
allievi delle scuole medie. In una età in cui non è sempre possibile affrontare lo studio dei grandi
classici del nostro repertorio in veste di solisti, per ovvie ragioni anagrafiche, ho cercato di
percorrere una strada nuova: trascrivere le opere pianistiche, cameristiche e orchestrali di Villa-
Lobos per piccoli ensembles di chitarre, in maniera tale che i limiti di una tecnica ancora in via di
formazione non pregiudicassero la possibilità di eseguire questi capolavori. Il concerto del 5
giugno è una occasione per ascoltare i frutti di questo lavoro e comunicarlo agli altri.

A.LI.VE. ha nel suo DNA la crescita artistica delle nuove generazioni, quindi dovreste trovarvi quasi
come se foste a casa vostra. Come ha preparato i giovani chitarristi per questo evento importante
dopo tanto tempo passato a chiusi a casa? Come avete provato?

La pandemia che ha condizionato così pesantemente le nostre vite, ci ha costretti a trovare


nuove forme e nuove strade per portare avanti il lavoro iniziato nelle aule scolastiche e in tante
esperienze vissute insieme. La passione di un giovane che si affaccia alla vita e cerca di seguire
quello che di buono e di vero ha incontrato non si ferma davanti a nessun ostacolo! Con tanta
disponibilità e un po’ di fantasia abbiamo gradualmente ripreso a suonare insieme, prima a
distanza e poi in presenza, anche al di fuori della scuola. Questo tempo, posso dirlo con certezza,
non è trascorso invano. La vita non si è fermata!

Come ha conosciuto il Maestro Facincani e cosa pensa della realtà di A.LI.VE.?

In realtà io e Paolo ci conosciamo da poco. Ma fin dalla nostra prima chiacchierata al telefono ho
avvertito una sintonia di fondo sulle questioni veramente importanti e che ci stanno più a cuore.
Credo che A.LI.VE., prima ancora che una apprezzatissima associazione musicale che si occupa di
didattica e di spettacolo, sia soprattutto la ‘casa’ di tanti ragazzi giovani e meno giovani. Una
‘casa’, vale a dire un luogo dove è nata – grazie alla passione di Paolo e dei suoi collaboratori –
una storia particolare, a cui ciascuno è affezionato a cui ciascuno si sente di appartenere.

Può darci un suo parere sulla crescita musicale delle nuove generazioni in Italia? Può indicarci
secondo lei la strada da percorrere nel prossimo futuro?

Sarei tentato di rispondere alla sua domanda con le parole del maestro Piero Rattalino, che in
una sua recentissima intervista (Tracce, maggio 2021) scrive: “La grande musica nasce dalle
grandi questioni, dalle domande sull’amore, sulla vita, sulla morte”. Ecco, io credo che il cuore
dei giovani sia lo stesso di sempre: affamato di giustizia, di bellezza, di verità. Oggi, però, più che
in altre epoche storiche, viviamo sulla lama di un rasoio. “Mi chiedo insistentemente – prosegue
infatti Rattalino – come comunicare alla coscienza dei giovani? Bisogna trovare nuove formule,
raccontare storie, muovere emozioni, recitare suonando, fare un teatro di suoni, o il pubblico
scomparirà. Se vogliamo che la gente esca di casa e non si accontenti del web dobbiamo
cambiare”. Detto da un novantenne, credo sia una grande lezione!

Potrebbero piacerti anche