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L’Eneide di Virgilio

“Virgilio e la morte di Didone”


di Johann Heinrich Tischbein il Vecchio (1775)

I Libri di Didone
(Elissade)
Traduzione collettiva con testo latino a fronte
e indicazione sperimentale della natura della narrazione
Brevi note di coordinamento a cura di Salvatore Conte
(basate sulla dottrina ermeneutica della “doppia scrittura” virgiliana)

Lavoro a perfezionamento progressivo e collettivo:


contributi a info@queendido.org

Edizioni
QueenDido.org
2006
Quocumque dabunt se tempore vires
L’ENEIDE DI VIRGILIO – I LIBRI DI DIDONE

Legenda:
• evidenziati in giallo i brani la cui narrazione è ritenuta essere di natura virgiliana (onnisciente e
veritiera);
• evidenziati in grigio i brani la cui narrazione è ritenuta essere di natura cacozelica (onnisciente e
ambigua, con elementi di vero e di falso);
• evidenziati in rosso i brani la cui narrazione è ritenuta essere di natura eneadica (interna, con spiccata
propensione al falso e al crudele).
L’indicazione possiede carattere sperimentale.
La traduzione comporta il parziale scioglimento dell’ermetismo originale.

Libro Primo
PROTASIS (1.1-11) PROTASI ED INVOCAZIONE

Arma virumque cano, Troiae qui primus ab oris Canto le armi e l’eroe, che per primo dalle coste di Troia
Italiam fato profugus Laviniaque venit profugo per fato toccò l’Italia e le spiagge
litora, multum ille et terris iactatus et alto lavinie, lui molto sbattuto e per terre e per mare
vi superum, saevae memorem Iunonis ob iram, dalla forza degli dei, per l’ira memore di Giunone crudele,
multa quoque et bello passus, dum conderet urbem e tribolato molto anche da guerra, finchè fondasse la città
inferretque deos Latio; genus unde Latinum e portasse gli dei per il Lazio; donde (venne) la razza latina
Albanique patres atque altae moenia Romae. i padri albani e le mura dell’alta Roma.
Musa, mihi causas memora, quo numine laeso Musa ricordami le cause, per quale divinità lesa
quidve dolens regina deum tot volvere casus o che lamentando, la regina degli dei abbia spinto
insignem pietate virum, tot adire labores l’eroe famoso per pietà a dipanare tanti eventi, ad affrontar
impulerit. Tantaene animis caelestibus irae? tanti dolori. Forse così grandi (sono) le ire per i cuori celesti?

DE IUNONIS IRA (1.12-80) GIUNONE ADIRATA

Urbs antiqua fuit Tyrii tenuere coloni Vi fu un’antica città, Cartagine, la occuparono coloni
Karthago, Italiam contra Tiberinaque longe Tirii, lontano contro l’Italia e le bocche Tiberine,
ostia, dives opum studiisque asperrima belli, ricca di beni e fortissima per le passioni di guerra,
quam Iuno fertur terris magis omnibus unam che Giunone, si dice, abbia amato più ditutte le terre,
posthabita coluisse Samo. hic illius arma, posposta (anche) Samo. Qui le sue armi,
hic currus fuit; hoc regnum dea gentibus esse, qui il cocchio ci fu; la dea già allora, lo aspira e lo cura,
si qua fata sinant, iam tum tenditque fovetque. sia questo regno per (tali) popoli, se mai i fati permettano.
progeniem sed enim Troiano a sanguine duci Ma aveva sentito che una stipe di sangue troiano si formava,
audierat Tyrias olim quae verteret arces; 20 che un tempo muterebbe le fortezze tirie;
hinc populum late regem belloque superbum di qui sarebbe giunto un popolo ampiamente capo e superbo
venturum excidio Libyae; sic volvere Parcas. in guerra per la rovina di Libia; così filavan le Parche.
id metuens veterisque memor Saturnia belli, Temendo ciò e memore della antica guerra la Saturnia,
prima quod ad Troiam pro caris gesserat Argis: perchè per prima l’aveva mossa a Troia per la cara Argo -
necdum etiam causae irarum saevique dolores nè ancora eran cadute dal cuore le cause dell’ira e
exciderant animo; manet alta mente repostum gli acuti dolori: resta nascosto nell’alta mente
iudicium Paridis spretaeque iniuria formae il giudizio di Paride e l’oltraggio della bellezza sprezzata
et genus invisum et rapti Ganymedis honores: e la stirpe odiata e i favori di Ganimede rapito:
his accensa super iactatos aequore toto bruciata per questo, scagliati per tutto il mare,
Troas, reliquias Danaum atque immitis Achilli, spingeva lontano dal Lazio i Troiani, avanzi dei Danai
arcebat longe Latio, multosque per annos e del crudele Achille, e per molti anni
errabant acti fatis maria omnia circum. pressati dai fati erravano per tutti i mari.
Tantae molis erat Romanam condere gentem. Così tanto costava fondare la gente romana.
Vix e conspectu Siculae telluris in altum Appena alla vista della terra sicula in alto mare
vela dabant laeti et spumas salis aere ruebant, lieti alzavan le vele e ne rompevan le spume col bronzo,
cum Iuno aeternum servans sub pectore vulnus che Giunone serbando nel petto l’eterna ferita
haec secum: 'mene incepto desistere victam questo tra sè: “Io desistere forse dall’iniziativa, vinta,

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L’ENEIDE DI VIRGILIO – I LIBRI DI DIDONE

nec posse Italia Teucrorum avertere regem. nè poter deviar dall’Italia il re dei Teucri.
quippe vetor fatis. Pallasne exurere classem Son proprio bloccata dai fati. Ma Pallade potè bruciare
Argivom atque ipsos potuit submergere ponto 40 la flotta degli Argivi e sommergerli nel mare
unius ob noxam et furias Aiacis Oilei? per la colpa e le furie del solo Aiace Oileo?
ipsa Iovis rapidum iaculata e nubibus ignem Lei scagliato dalle bubi il rapido fuoco
disiecitque rates evertitque aequora ventis, frantumò e le barche e sconvolse le acque coi venti,
illum exspirantem transfixo pectore flammas con la bufera lo agguantò, trapassato il petto, esalante
turbine corripuit scopuloque infixit acuto; fiamme e lo inchiodò sullo scoglio aguzzo;
ast ego, quae divum incedo regina Iovisque ma io, che procedo regina degli dei e di Giove
et soror et coniunx, una cum gente tot annos sia sorella che sposa, con una sola razza tanti anni
bella gero. et quisquam numen Iunonis adorat faccio guerre. Ma nessuno adora la maestà di Giunone
praeterea aut supplex aris imponet honorem?' mai più o supplice porrà offerte su altari?”
Talia flammato secum dea corde volutans La dea cose meditando tali cose tra sè con animo acceso
nimborum in patriam, loca feta furentibus Austris, giunse in Eolia, patria di tempeste, luoghi pieni
Aeoliam venit. hic vasto rex Aeolus antro di Austri furenti. Qui Eolo in vasta caverna
luctantis ventos tempestatesque sonoras blocca i venti violenti e le roboanti tempeste
imperio premit ac vinclis et carcere frenat. con autorità e li frena con catene e prigione.
illi indignantes magno cum murmure montis Essi riluttanti con grande brontolio del monte
circum claustra fremunt; celsa sedet Aeolus arce fermono attorno le sbarre; Eolo siede sull’alta fortezza
sceptra tenens mollitque animos et temperat iras. tenendo gli scettri e placa i cuori e controlla le ire.
ni faciat, maria ac terras caelumque profundum Se non lo facesse, davvero rapidi prenderebbero mari
quippe ferant rapidi secum verrantque per auras; e terre ed il cielo profondo e con sè spazzerebbero per l’aria;
sed pater omnipotens speluncis abdidit atris 60 ma il padre onnopotente li nascose in nere caverne
hoc metuens, molemque et montes insuper altos temendo ciò, e sovrappose una mole ed alti monti
imposuit regemque dedit, qui foedere certo e diede un re, che con norma sicura sapesse
et premere et laxas sciret dare iussus habenas. sia bloccare che al comando allentare le briglie.
ad quem tum Iuno supplex his vocibus usa est: Ma con lui dunque supplice Giunone usò queste frasi:
“Aeole namque tibi divum pater atque hominum rex “Eolo, a te infatti il padre degli dei e re degli uomini
et mulcere dedit fluctus et tollere vento, concesse sia di calmare che alzare i flutti col vento,
gens inimica mihi Tyrrhenum navigat aequor una razza a me avversa naviga il mare tirreno
Ilium in Italiam portans victosque penatis: portando in Italia Ilio ed i vinti penati:
incute vim ventis submersasque obrue puppis, lancia una forza coi venti e copri le poppe sommerse
aut age diversos et dissice corpora ponto. o falli sbandati e disperdine i corpi nel mare.
sunt mihi bis septem praestanti corpore Nymphae, Io ho quattordici Ninfe di corpo formoso
quarum quae forma pulcherrima Deiopea di cui quella più bella d’aspetto, Deiopea,
conubio iungam stabili propriamque dicabo, legherò di unione stabile e donerò speciale,
omnis ut tecum meritis pro talibus annos che tutti gli anni passi per tali meriti
exigat et pulchra faciat te prole parentem”. con te e ti renda padre di bella prole”.
Aeolus haec contra: “Tuos, o regina, quid optes, Eolo questo rispose: “Tuo il disturbo, o regina,
explorare labor; mihi iussa capessere fas est. cercare quello che vuoi; per me è legge eseguire i comandi.
tu mihi quodcumque hoc regni, tu sceptra Iovemque Tu quel po’ di potere, tu gli scettri e Giove
concilias, tu das epulis accumbere divom mi accordi, tu mi fai sedere alle feste degli dei
nimborumque facis tempestatumque potentem”. 80 e mi rendi padrone di tempeste e bufere”.

PROCELLA (1.81-123) LA TEMPESTA

Haec ubi dicta, cavum conversa cuspide montem Come ciò detto, ribaltata la lancia, colpì
impulit in latus; ac venti velut agmine facto, alla costa il cavo monte; ed i venti come fatta una schiera
qua data porta, ruunt et terras turbine perflant. dov’è dato lo sbocco, corrono e flaggellan le terre col soffio.
incubuere mari totumque a sedibus imis Bloccarono il mare e tutto dal massimi fondi
una Eurusque Notusque ruunt creberque procellis insieme Euro e Noto vanno ed Africo denso
Africus, et vastos volvunt ad litora fluctus. di bufere, e riversan i vasti flutti sui lidi.
insequitur clamorque virum stridorque rudentum; Ne segue un grido di uomini ed uno stridio di cordami;
eripiunt subito nubes caelumque diemque subito le nubi strappano il cielo ed il giorno
Teucrorum ex oculis; ponto nox incubat atra; dagli occhi dei Teucri; nera sul mare sovrasta la notte;
intonuere poli et crebris micat ignibus aether Tuonarono i poli e l’etere splende di densi fuochi
praesentemque viris intentant omnia mortem. tutto minaccia sugli uomini una morte imminente.
Extemplo Aeneae solvuntur frigore membra; All’istante le membra di Enea si sciolgono dal brivido;

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L’ENEIDE DI VIRGILIO – I LIBRI DI DIDONE

ingemit et duplicis tendens ad sidera palmas geme e tendendo entrambe le mani alle stelle
talia voce refert: 'o terque quaterque beati, così esprime a voce: “O tre quattro volte felici,
quis ante ora patrum Troiae sub moenibus altis cui toccò affrontare la morte davanti ai volti dei padri e sotto
contigit oppetere. o Danaum fortissime gentis le alte mura di Troia. O Tidide, il più forte della razza
Tydide. mene Iliacis occumbere campis dei Danai. Io, non aver potuto cadere nelle piane iliache
non potuisse tuaque animam hanc effundere dextra e spendere questa vita per mano tua, dove giace
saevus ubi Aeacidae telo iacet Hector, ubi ingens il fiero Ettore per l‘arma dell’Eacide, dove Sarpedo gigante,
Sarpedon, ubi tot Simois correpta sub undis 100 dove sotto l’onde il Simoenta travolge tanti scudi strappati
scuta virum galeasque et fortia corpora volvit.' ed elmi e forti spoglie d’eroi.”
Talia iactanti stridens Aquilone procella A lui che grida così un turbine nemico stridendo per Aquilone
velum adversa ferit, fluctusque ad sidera tollit. ferisce la vela e solleva i flutti alle stelle.
franguntur remi, tum prora avertit et undis Si spaccano i remi, poi si rovescia la prora ed offre il fianco
dat latus, insequitur cumulo praeruptus aquae mons. alle onde, l’insegue un monte spezzato con la (sua) massa d’acqua.
hi summo in fluctu pendent; his unda dehiscens Questi pendono in cima l flutto; a questi un’onda aprendosi
terram inter fluctus aperit, furit aestus harenis. scopre tra i flutti la terra, il risucchio infuria sulle sabbie.
tris Notus abreptas in saxa latentia torquet Noto tormenta tre navi strappate nelle rocce latenti
saxa vocant Itali mediis quae in fluctibus Aras, rocce che gli Itali chiamano Are in mezzo ai flutti,
dorsum immane mari summo, tris Eurus ab alto enorme dorsale in cima al mare, tre le spinge Euro dall’alto
in brevia et Syrtis urget, miserabile visu, anche negli stretti di Sirte, miserevole (spettacolo) a vedersi,
inliditque vadis atque aggere cingit harenae. e le sbatte nelle secche e le cinge d’un muro di sabbia.
unam, quae Lycios fidumque vehebat Oronten, Una, che portava i Lici ed il fidato Oronte,
ipsius ante oculos ingens a vertice pontus sotto i suoi occhi l’enorme marea la ferisce dall’alto
in puppim ferit: excutitur pronusque magister sulla poppa: il pilota bocconi è sbalzato e rotolato
volvitur in caput, ast illam ter fluctus ibidem a capofitto, ma tre volte il flutto la tortura lì ancora
torquet agens circum et rapidus vorat aequore vertex. roteandola e un rapido vortice con l’acqua la divora.
apparent rari nantes in gurgite vasto, Pochi appaiono nuotando nel vortice vasto,
arma virum tabulaeque et Troia gaza per undas. armi d’eroi e tavole e tesori troiani tra le onde.
iam validam Ilionei navem, iam fortis Achatae 120 Ormai la robusta nave d’Ilioneo, ormai (quella) del forte Acate,
et qua vectus Abas, et qua grandaevus Aletes, e (quella) da cui (é) portato Abante, e (quella) da cui il vecchio Alete,
vicit hiems; laxis laterum compagibus omnes le ha vinte la bufera; tutte con l’insieme dei fianchi sfasciato accettano
accipiunt inimicum imbrem rimisque fatiscunt. la pioggia nemica e per le falle si aprono.

DE NEPTUNI INTERVENTU (1.124-156) NETTUNO, DIO DEL MARE, INTERVIENE

Interea magno misceri murmure pontum Intanto Nettuno s’accorse che il mare era sconvolto da grande
emissamque hiemem sensit Neptunus et imis rumore e che la bufera era scatenata e dai profondi abissi
stagna refusa vadis, graviter commotus, et alto le acque eran agitate, seriamente sdegnato, e affacciandosi
prospiciens summa placidum caput extulit unda. dall’alto alzò il capo maestoso sulla cima dell’onda.
disiectam Aeneae toto videt aequore classem, Vede la flotta d’Enea dispersa per tutto il mare,
fluctibus oppressos Troas caelique ruina; i Troiani sommersi dai flutti e dal disastro del cielo;
nec latuere doli fratrem Iunonis et irae. nè sfuggirono al fratello gli inganni e le ire di Giunone.
Eurum ad se Zephyrumque vocat, dehinc talia fatur: Chiama a sè Euro e Zefiro, poi parla così:
'Tantane vos generis tenuit fiducia estri? “Forse così tanta sicurezza della vostra razza vi sostenne?
iam caelum terramque meo sine numine, venti, ormai senza il mio volere osate sconvolgere cielo e terra,
miscere et tantas audetis tollere moles? venti, e alzare così grandi masse?
quos ego -bsed motos praestat componere fluctus. Perchè io vi...ma è meglio calmare i flutti sconvolti.
post mihi non simili poena commissa luetis. Poi mi pagherete i misfatti con pena non omparabile.
maturate fugam regique haec dicite vestro: Affrettate la fuga e così dite al vostro re:
non illi imperium pelagi saevumque tridentem, non a lui fu dato il potere del mare ed il severo tridente,
sed mihi sorte datum. tenet ille immania saxa, ma a me per fato. Lui possiede le enormi rocce,
vestras, Eure, domos; illa se iactet in aula 140 le vostre case, Euro; si sbatta in quella sede
Aeolus et clauso ventorum carcere regnet.' Eolo e regni sul chiuso carcere dei venti”.
Sic ait, et dicto citius tumida aequora placat Così parla, e con l’ordine ben presto placa il gonfio mare
collectasque fugat nubes solemque reducit. spazza via le nubi raccolte e riporta il sole.
Cymothoe simul et Triton adnixus acuto Cimotoe insieme e Tritone sforzandosi disincaglian
detrudunt navis scopulo; levat ipse tridenti le navi dallo scoglio aguzzo; lui le alza col tridente
et vastas aperit Syrtis et temperat aequor apre le vaste Sirti e placa il mare
atque rotis summas levibus perlabitur undas. e colle ruote leggere percorre le cime delle onde.
ac veluti magno in populo cum saepe coorta est E come in una grande folla quando spesso è nata

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L’ENEIDE DI VIRGILIO – I LIBRI DI DIDONE

seditio saevitque animis ignobile vulgus una sommossa ed il volgo plebeo infuria con violenze
iamque faces et saxa volant, furor arma ministrat; ed ormai volano incendi e sassi, la rabbia procura armi;
tum, pietate gravem ac meritis si forte virum quem allora, se per caso han visto un uomo serio per virtù
conspexere, silent arrectisque auribus astant; e meriti, tacciono e stanno con orecchie attente;
ille regit dictis animos et pectora mulcet: egli guida i cuori con le parole e addolcisce gli spiriti:
sic cunctus pelagi cecidit fragor, aequora postquam così tutto il frastuono del mare cessò, dopo che il padre
prospiciens genitor caeloque invectus aperto affacciandosi sull’acque e portato nel cielo aperto
flectit equos curruque volans dat lora secundo. piega i cavalli e volando col cocchio veloce dà le briglie.

DE LYBIAE LITORIBUS (1.157-222) GLI ENEADI SULLE COSTE DELLA LIBIA

Defessi Aeneadae quae proxima litora cursu Stanchi gli Eneadi cercan di raggiungere a gara
contendunt petere, et Libyae vertuntur ad oras. i lidi vicini e si volgono alle spiage di Libia.
Est in secessu longo locus: insula portum C’è un luogo in profonda insenatura: l’isola crea
efficit obiectu laterum, quibus omnis ab alto 160 un porto con la barriera dei fianchi, su cui ogni onda
frangitur inque sinus scindit sese unda reductos. dall’alto si grange e si scinde in seni appartati.
hinc atque hinc vastae rupes geminique minantur Di qua e di là vaste rupi e scogli gemelli minacciano
in caelum scopuli, quorum sub vertice late al cielo, e sotto la loro cima attorno
aequora tuta silent; tum silvis scaena coruscis le acque taccion tranquile; poi sopra una scena di selve
desuper, horrentique atrum nemus imminet umbra. brillanti, ed un nero bosco sovrasta con ombra terrificante.
fronte sub adversa scopulis pendentibus antrum; su fronte opposto una grotta con scogli incombenti;
intus aquae dulces vivoque sedilia saxo, dentro acque dolci e sedili di vivo sasso,
Nympharum domus. hic fessas non vincula navis una casa di Ninfe. Qui nessun cordame trattiene
ulla tenent, unco non alligat ancora morsu. le stanche navi, non le lega un’ancora con l’attacco adunco.
huc septem Aeneas collectis navibus omni Qui entra Enea raccolte stte navi da tutto
ex numero subit, ac magno telluris amore il numero, ed usciti col grande amore di terra
egressi optata potiuntur Troes harena i Troiani s’impossessano della sabbia bramata
et sale tabentis artus in litore ponunt. e adagiano sul lido le membra grondanti di sale.
ac primum silici scintillam excudit Achates Ma dapprima Acate cavò la scintilla dalla selce
succepitque ignem foliis atque arida circum suscitò il fuoco con foglie e diede attorno
nutrimenta dedit rapuitque in fomite flammam. secchi alimenti e dallo stimolo ghermì la fiamma.
tum Cererem corruptam undis Cerealiaque arma Poi preparano Cerere (grano) rovinato dalle onde e le armi
expediunt fessi rerum, frugesque receptas di Cerere stanchi dei mali, si accingono ad asciugare
et torrere parant flammis et frangere saxo. col fuoco i frutti raccolti e macinarli col sasso.
Aeneas scopulum interea conscendit, et omnem 180 Enea intanto ascende lo scoglio, e scruta tutta
prospectum late pelago petit, Anthea si quem la vista attorno nel mare, se mai vedesse qualcuno,
iactatum vento videat Phrygiasque biremis Anteo sbattuto dal vento e le frige biremi
aut Capyn aut celsis in puppibus arma Caici. o Capi o le insegne di Caico sulle alte poppe.
navem in conspectu nullam, tris litore cervos Nessuna nave in vista, intravede sul lido tre
prospicit errantis; hos tota armenta sequuntur cervi erranti; tutte le mandrie li seguono
a tergo et longum per vallis pascitur agmen. alle spalle e la lunga schiera pascola per le valli.
constitit hic arcumque manu celerisque sagittas Qui si fermò e afferrò con la mano l’arco
corripuit fidus quae tela gerebat Achates, e le frecce veloci, armi che il fedele Acate portava,
ductoresque ipsos primum capita alta ferentis abbatte anzitutto gli stessi capi sporgenti le alte teste
cornibus arboreis sternit, tum vulgus et omnem con le corna ramose, poi avanzando con le armi
miscet agens telis nemora inter frondea turbam; scompiglia il volgo e tutta la massa tra i boschi frondosi;
nec prius absistit quam septem ingentia victor nè si ferma prima che trionfante stenda per terra sette
corpora fundat humi et numerum cum navibus aequet; enormi corpi e adegui il numero con le navi;
hinc portum petit et socios partitur in omnis. di qui si reca al porto e spartisce tra tutti i compagni.
vina bonus quae deinde cadis onerarat Acestes Poi l’eroe divide i vini che il buon Aceste aveva caricato in barili e
litore Trinacrio dederatque abeuntibus heros aveva dato sul lido trinacrio ai partenti,
dividit, et dictis maerentia pectora mulcet: e placa con frasi gli animi dolenti:
'O socii neque enim ignari sumus ante malorum, “O amici certo non siamo ignari prima dei mali,
o passi graviora, dabit deus his quoque finem. o ne provaste più gravi, un dio pure ad essi darà una fine.
vos et Scyllaeam rabiem penitusque sonantis 200 voi avvicinaste anche la rabbia scillea e totalmente
accestis scopulos, vos et Cyclopia saxa gli scogli risonanti, voi anche provaste le rocce
experti: revocate animos maestumque timorem ciclopiche: rianimate i cuori e lasciate il triste
mittite; forsan et haec olim meminisse iuvabit. timore; forse un giorno gioverà ricordare anche questo.
per varios casus, per tot discrimina rerum Tra varie vicende, tra tanti rischi di eventi

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L’ENEIDE DI VIRGILIO – I LIBRI DI DIDONE

tendimus in Latium, sedes ubi fata quietas miriamo al Lazio, dove i fati mostrano dimore
ostendunt; illic fas regna resurgere Troiae. tranquille; là è giusto risorgano i regni di Troia:
durate, et vosmet rebus servate secundis.' resistete e mantenetevi per giorni migliori.”
Talia voce refert curisque ingentibus aeger Così dice a parole e triste per gli enormi affanni
spem vultu simulat, premit altum corde dolorem. finge col volto fiducia, reprime nel cuore il forte dolore.
illi se praedae accingunt dapibusque futuris: Essi si accingono alla preda ed ai banchetti futuri:
tergora diripiunt costis et viscera nudant; strappan dalle costole i dorsi ed apron le viscere;
pars in frusta secant veribusque trementia figunt, parte tagliano in pezzi e li infilano vibranti con spiedi,
litore aena locant alii flammasque ministrant. mettono caldaie sul lido ed altri forniscono fiamme.
tum victu revocant viris, fusique per herbam Poi col cibo riprendon le forze, e sparsi nell’erba
implentur veteris Bacchi pinguisque ferinae. si riempion di vecchio Bacco e ricca selvaggina.
postquam exempta fames epulis mensaeque remotae Dopo che fu tolta la fame e sgombrate le mense
amissos longo socios sermone requirunt, con lungo parlare rievocano gli amici perduti,
spemque metumque inter dubii, seu vivere credant tra la speranza e la paura del dubbio, sia li credano vivere
sive extrema pati nec iam exaudire vocatos. sia soffrire la fine nè più sentire, (anche se chiamati).
praecipue pius Aeneas nunc acris Oronti, 220 Soprattutto il pio Enea ora piange tra sè la sorte del fiero
nunc Amyci casum gemit et crudelia secum Oronte, ora di Amico ed i crudeli destini
fata Lyci fortemque Gyan fortemque Cloanthum. di Lico ed il forte Giante ed il forte Cloanto.

DE AENEADUM FATIS (1.223-304) DESTINO DEGLI ENEADI

Et iam finis erat, cum Iuppiter aethere summo Ed ormai era la fine, quando Giove dalla sommità del cielo
d espiciens mare velivolum terrasque iacentis guardando il mare, vi volan le vele, e le terre distese
litoraque et latos populos, sic vertice caeli ed i lidi e i vasti popoli, così si fermò al vertice
constitit et Libyae defixit lumina regnis. del cielo e fissò gli occhi sui regni di Libia.
atque illum talis iactantem pectore curas Ma parlò a lui che meditava in cuore tali pensieri Venere
tristior et lacrimis oculos suffusa nitentis piuttosto triste e sparsa gli occhi splendenti di lacrime:
adloquitur Venus:'o qui res hominumque deumque “O tu che reggi le sorti di uomini e dei
aeternis regis imperiis et fulmine terres, con poteri eterni ed atterrisci col fulmine,
quid meus Aeneas in te committere tantum, che poteron commetter di sì grave contro di te il mio Enea,
quid Troes potuere, quibus tot funera passis che cosa i Troiani, cui dopo aver patito tante stragi
cunctus ob Italiam terrarum clauditur orbis? si chiude tutto il mondo a causa dell’Italia?
certe hinc Romanos olim volventibus annis, Veramente che di qui un giorno i Romani, passando gli anni,
hinc fore ductores, revocato a sanguine Teucri, di qui sarebbero i capi, dal sangue rinnovato di Teucro,
qui mare, qui terras omnis dicione tenerent, che possedessero il mare, e tutte le terre con autorità,
pollicitus - quae te, genitor, sententia vertit? avendolo tu promesso - quale decisione , o padre, ti cambia?
hoc equidem occasum Troiae tristisque ruinas con questo davvero consolavo il tramonto di Troia e le tristi
solabar fatis contraria fata rependens; rovine ripagando i fati contrari con fati (nuovi);
nunc eadem fortuna viros tot casibus actos 240 Ora la stessa dorte perseguita eroi spinti da tante disgrazie.
insequitur. quem das finem, rex magne, laborum? Che termine dai delle fatiche, o gran re?
Antenor potuit mediis elapsus Achivis Antenore sfuggito di mezzo agli Achivi potè
Illyricos penetrare sinus atque intima tutus penetrare i golfi illirici e superare sicuro gli interni
regna Liburnorum et fontem superare Timavi, regni dei Liburni e la fonte del Timavo,
unde per ora novem vasto cum murmure montis da cui per nove bocche con vasto frastuono del monte
it mare proruptum et pelago premit arva sonanti. giunge il mare scosceso e rompe campi con massa ruggente.
hic tamen ille urbem Patavi sedesque locavit Qui almeno egli stabilì la città di Padova e le dimore
Teucrorum et genti nomen dedit armaque fixit dei Teucri e diede un nome al popolo fissò le armi
Troia, nunc placida compostus pace quiescit: troiane, ora assicurato da placida pace riposa:
nos, tua progenies, caeli quibus adnuis arcem, noi, tua progenie, cui prometti la fortezza del cielo,
navibus ( infandum) amissis unius ob iram perdute (cosa indicibile) le navi, per l’ira di una sola
prodimur atque Italis longe disiungimur oris. siamo traditi e siamo separati lontano dalle itale spiagge.
hic pietatis honos? sic nos in sceptra reponis?' Questo il premio della virtù? così ci rimetti ai comandi?”
Olli subridens hominum sator atque deorum A lei sorridendo il creatore di uomini e dei
vultu, quo caelum tempestatesque serenat, col volto, con cui rasserena cielo e tempeste,
oscula libavit natae, dehinc talia fatur: sfiorò le labbra della figlia, quindi parla così:
'parce metu, Cytherea, manent immota tuorum “ Risparmia la paura, Citerea, ti rimangono intatti i fati
fata tibi; cernes urbem et promissa Lavini dei tuoi; vedrai la città e le promesse mura
moenia, sublimemque feres ad sidera caeli di Lavinio, e sublime porterai alle stelle del cielo
magnanimum Aenean; neque me sententia vertit. 260 il magnanimo Enea, e la decisione non mi cambia.

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L’ENEIDE DI VIRGILIO – I LIBRI DI DIDONE

hic tibi fabor enim, quando haec te cura remordet, Orbene qui ti parlerò, poichè questo affanno ti tormenta,
longius et volvens fatorum arcana movebo e più lontano meditando i misteri dei fati (li) manifesterò:
bellum ingens geret Italia populosque ferocis farà una grande guerra in Italia e distruggerà popoli fieri
contundet moresque viris et moenia ponet, stabilirà leggi e mura per gli eroi, finchè
tertia dum Latio regnantem viderit aestas la terza estate lo vedrà regnante sul Lazio
ternaque transierint Rutulis hiberna subactis. e passeranno tre inverni, sconfitti i Rutuli.
at puer Ascanius, cui nunc cognomen Iulo Ma il fanciullo Ascanio, cui è aggiunto il nome Iulo
additur Ilus erat, dum res stetit Ilia regno, (era Ilo, fin che la realtà ilia restò al potere)
triginta magnos volvendis mensibus orbis compirà trenta grandi giri (del sole, anni) di potere,
imperio explebit, regnumque ab sede Lavini passando i mesi, e trasferirà il regno dalla sede
transferet, et Longam multa vi muniet Albam. di Lavinio, e munirà Alba Longa di grande potenza.
hic iam ter centum totos regnabitur annos Qui ormai si regnerà per trecento anni
gente sub Hectorea, donec regina sacerdos sotto il popolo ettoreo, finchè una regina sacerdotessa,
Marte gravis geminam partu dabit Ilia prolem. ilia, gravida di Marte darà con parto prole gemellare.
inde lupae fulvo nutricis tegmine laetus Quindi lieto per la fulva protezione della lupa nutrice
Romulus excipiet gentem et Mavortia condet Romolo raccoglierà un popolo e fonderà le mura mavorzie
moenia Romanosque suo de nomine dicet. e dal suo nome esprimerà i Romani.
his ego nec metas rerum nec tempora pono: Per questi non pongo nè limiti d’azione ne tempi:
imperium sine fine dedi. quin aspera Iuno, ho concesso un potere senza fine. Anzi la dura Giunone,
quae mare nunc terrasque metu caelumque fatigat, 280 che adesso sconquassa con paura e terre e cielo,
consilia in melius referet, mecumque fovebit riporterà in meglio le decisioni, con me favorirà
Romanos, rerum dominos gentemque togatam. i Romani, signori delle situazioni e popolo togato.
sic placitum. veniet lustris labentibus aetas Così si decise. Verrà un’epoca, passando gli anni,
cum domus Assaraci Pthiam clarasque Mycenas che la casa di Assaraco soggiogherà Ftia e la famosa
servitio premet ac victis dominabitur Argis. Micene e dominerà sulla vinta Argo.
nascetur pulchra Troianus origine Caesar, Nascerà trtoiano da bella stirpe Cesare,
imperium Oceano, famam qui terminet astris, che delimiterà l’impero con l’Oceano, ela fama con gli astri,
Iulius, a magno demissum nomen Iulo. Giulio, nome derivato dal grande Iulo.
hunc tu olim caelo spoliis Orientis onustum Costui tu l’accoglierai sicura in cielo carico delle spoglie d’Oriente;
accipies secura; vocabitur hic quoque votis. costui pure sarà invocato con voti.
aspera tum positis mitescent saecula bellis: Allora finite le guerre i secoli crudeli si mitigheranno:
cana Fides et Vesta, Remo cum fratre Quirinus la bianca Fede e Vesta, Quirini col fratello Remo
iura dabunt; dirae ferro et compagibus artis faranno le leggi; si chiuderanno col ferro e stretti strumenti
claudentur Belli portae; Furor impius intus le porte di Guerra; l’empio Furore dentro
saeva sedens super arma et centum vinctus aenis sedendo sulle crudeli armi e imprigionato da cento nodi
post tergum nodis fremet horridus ore cruento.' bronzei dietro la schiena fremerà con la bocca insanguinata.”
Haec ait et Maia genitum demittit ab alto, Così dice e manda dall’alto il figlio di Maia,
ut terrae utque novae pateant Karthaginis arces perchè le terre e le nuove fortezze di Cartagine si aprano
hospitio Teucris, ne fati nescia Dido per l’ospitalità ai Teucri, che Didone ignara del fato
finibus arceret. volat ille per aera magnum 300 non (li) cacciasse dai territori. Egli vola per l’ampia aria
remigio alarum ac Libyae citus astitit oris. col remeggio delle ali e pronto si fermò sulle spiagge di Libia.
et iam iussa facit, ponuntque ferocia Poeni Ed ormai esegue gli ordini, ed i Puni lasciano gli animi
corda volente deo; in primis regina quietum fieri, volendolo il dio; anzitutto la regina
accipit in Teucros animum mentemque benignam. ha un animo calmo ed un proposito benevolo verso i Teucri.

AENEAS CUM VENERE MATRE (1.305-339) VENERE ED ENEA

At pius Aeneas per noctem plurima volvens, Ma il pio Enea meditando moltissimo durante la notte,
ut primum lux alma data est, exire locosque appena fu data la luce vitale decise di uscire ed esplorare
explorare novos, quas vento accesserit oras, i nuovi luoghi, quali spiagge abbia raggiunto col vento,
qui teneant nam inculta videt, hominesne feraene, chiedere chi, se uomini o belve, poichè vede (luoghi) incolti,
quaerere constituit sociisque exacta referre. li abiti e riferire ai compagni cose esatte.
classem in convexo nemorum sub rupe cavata Occulta nella rientranza dei boschi sotto una rupe scavata
arboribus clausam circum atque horrentibus umbris la flotta chiusa attorno da alberi e fresche ombre;
occulit; ipse uno graditur comitatus Achate egli accompagnato dal solo Acate avanza
bina manu lato crispans hastilia ferro. brandendo in mano due giavellotti di largo ferro.
cui mater media sese tulit obvia silva Ma lui si offerse incontro la madre in mezzo al bosco
virginis os habitumque gerens et virginis arma tenendo un volto ed un portamento di ragazza ed armi
Spartanae, vel qualis equos Threissa fatigat di ragazza spartana, o quale la tracia Arpalice (che)

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L’ENEIDE DI VIRGILIO – I LIBRI DI DIDONE

Harpalyce volucremque fuga praevertitur Hebrum. affatica i cavalli e sorpassa in fuga il veloce Ebro.
namque umeris de more habilem suspenderat arcum Infatti secondo l’uso la cacciatrice aveva sospeso alle spalle
venatrix dederatque comam diffundere ventis, il comodo arco e aveva lasciato sciogliere la chioma ai venti
nuda genu nodoque sinus collecta fluentis. 320 nuda il ginocchio e raccolte con nodo le vesti fluenti.
ac prior 'heus,' inquit, 'iuvenes, monstrate, mearum E per prima disse: “Olè, giovani, mostrate se mai
vidistis si quam hic errantem forte sororum vedeste qui una delle mie sorelle errante,
succinctam pharetra et maculosae tegmine lyncis, cinta di faretra e della pelle di una lince chiazzata,
aut spumantis apri cursum clamore prementem.' o incalzante con grida la corsa d’un cinghiale schiumante”.
Sic Venus et Veneris contra sic filius orsus: Così Venere e così il figlio di Venere in risposta cominciò:
'nulla tuarum audita mihi neque visa sororum, “Nessuna delle tue sorelle fu da me vista nè sentita,
o quam te memorem, virgo? namque haud tibi vultus oh, come parlarti, ragazza? Infatti non hai volto
mortalis, nec vox hominem sonat; o, dea certe mortale, nè la voce richiama una creatura, oh, dea davvero
an Phoebi soror? an Nympharum sanguinis una?, o sorella di Febo? oppure una della famiglia delle Ninfe?
sis felix nostrumque leves, quaecumque, laborem Sii favorevole, qualunque (tu sia) e allevia il nostro affanno
et quo sub caelo tandem, quibus orbis in oris e rivela finalmente sotto che cielo, in quali spiagge del mondo
iactemur doceas: ignari hominumque locorumque siamo gettati: ignari sia delle persone che dei luoghi
erramus vento huc vastis et fluctibus acti. erriamo spinti qui dal vento e dai vasti flutti.
multa tibi ante aras nostra cadet hostia dextra.' Molta vittima cadrà per te davanti agli altari per nostra mano”
Tum Venus: 'haud equidem tali me dignor honore; Allora Venere: “Veramente non mi degno di tale onore;
virginibus Tyriis mos est gestare pharetram per ragazze tirie à costume portar la farestra
purpureoque alte suras vincire coturno. e legare col purpureo coturno legare le gambe.
Punica regna vides, Tyrios et Agenoris urbem; Vedi regni punici, Tirii e la città di Agenore;
sed fines Libyci, genus intractabile bello. ma territori libici, razza indomabile in guerra.

DE DIDONIS REBUS GESTIS (1.340-417) LA STORIA DI DIDONE

Imperium Dido Tyria regit urbe profecta, 340 Tiene il potere la tiria Didone partita dalla città
germanum fugiens. longa est iniuria, longae fuggendo il fratello.E’ un oltraggio lungo, lunghi
ambages; sed summa sequar fastigia rerum. gli intrighi; ma seguirò i sommi capi delle vicende.
huic coniunx Sychaeus erat, ditissimus auri A costei era marito Sicheo, il più ricco d’oro
Phoenicum, et magno miserae dilectus amore, dei Punici, e amato dal grande amore della misera,
cui pater intactam dederat primisque iugarat a lui il padre l’aveva data intatta e l’aveva unita
ominibus. sed regna Tyri germanus habebat inprime nozze. Ma teneva i regni di Tiro il fratello
Pygmalion, scelere ante alios immanior omnis. Pigmalione, per malvagità più feroce di tutti gli altri.
quos inter medius venit furor. ille Sychaeum Tra essi venne in mezzo il furore. Egli empio
impius ante aras atque auri caecus amore cieco per amore dell’oro abatte con l’arma Sicheo
clam ferro incautum superat, securus amorum di nascosto che non temeva davanti agli altari; sicuro degli affetti
germanae; factumque diu celavit et aegram della sorella; ed a lungo nascose il fatto e fingendo molto
multa malus simulans vana spe lusit amantem. il malvagio illuse con vana speranza l’afflitta amante.
ipsa sed in somnis inhumati venit imago Ma lo stesso fantasma del marito insepolto venne nei sogni
coniugis ora modis attollens pallida miris; alzando i pallidi sembianti in modi straordinari;
crudelis aras traiectaque pectora ferro svelò i crudeli altari ed il petto trafittodall’arma,
nudavit, caecumque domus scelus omne retexit. scoprì tutto il cieco delitto della casa.
tum celerare fugam patriaque excedere suadet Allora raccomanda di affrettare la fuga e andarsene dalla patria
auxiliumque viae veteres tellure recludit e come aiuto per la via rivelò vecchi tesori
thesauros, ignotum argenti pondus et auri. sotto terra, una ignota quantità di oro e argento.
his commota fugam Dido sociosque parabat. 360 Così sconcertata Didone preparava fuga e compagni.
conveniunt quibus aut odium crudele tyranni Si radunano quelli che avevano o crudele odio o
aut metus acer erat; navis, quae forte paratae, paura del tiranno; le navi, che per caso eran pronte,
corripiunt onerantque auro. portantur avari le prendono e le carican d’oro. I beni dell’avaro
Pygmalionis opes pelago; dux femina facti. Pigmalione son portati per mare; capo dell’impresa una donna
devenere locos ubi nunc ingentia cernes Raggiunsero i luoghi, dove ora vedraii le enormi
moenia surgentemque novae Karthaginis arcem, mura e la nascente fortezza della nuova Cartagine,
mercatique solum, facti de nomine Byrsam, e comprati il suolo, Birsa dal nome del fatto,
taurino quantum possent circumdare tergo. quanto potessero circondare con una pelle di toro.
sed vos qui tandem? quibus aut venistis ab oris? Ma voi chi mai (siete)? o da quali spiagge veniste?
quove tenetis iter?' quaerenti talibus ille Dove mai volgete il cammino?”Alla richiedente egli così
suspirans imoque trahens a pectore vocem: sospirando e traendo dal profondo (del) petto la voce:
'O dea, si prima repetens ab origine pergam “O dea, m’avviassi rifacendomi dal primo inizio

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L’ENEIDE DI VIRGILIO – I LIBRI DI DIDONE

et vacet annalis nostrorum audire laborum, e ci fosse tempo di sentire le storie delle nostre pene
ante diem clauso componet Vesper Olympo. Vespero, chiuso l’Olimpo, concluderebbe prima il giorno.
nos Troia antiqua, si vestras forte per auris Noi ci spinse dall’antica Troia, se per caso giunse alle vostre
Troiae nomen iit, diversa per aequora vectos orecchie il nome di Troia, portati per diversi mari
forte sua Libycis tempestas appulit oris. una tempesta, per suo disegno, alle spiagge libiche.
sum pius Aeneas, raptos qui ex hoste penatis Sono il pio Enea, che reco con me con la flotta
classe veho mecum, fama super aethera notus; i Penati strappati al nemico, per fama noto oltre il cielo;
Italiam quaero patriam, et genus ab Iove summo. 380 cerco la patria Italia e la mia stirpe dal sommo Giove.
bis denis Phrygium conscendi navibus aequor, Con venti navi affrontai il mare frigio,
matre dea monstrante viam data fata secutus; mostrandomi la via la madre dea seguendo i fati assegnati;
vix septem convulsae undis Euroque supersunt. appena sette strappate alle onde e ad Euro restano.
ipse ignotus, egens, Libyae deserta peragro, Io ignoto, bisognoso, percorro i deserti di Libia,
Europa atque Asia pulsus.' nec plura querentem cacciato da Europa ed Asia”. Ma non sopportando più
passa Venus medio sic interfata dolore est: il dolente Venere così in mezzo al dolore interruppe:
'Quisquis es, haud, credo, invisus caelestibus auras “Chiunque sia, lo credo, non odioso ai celesti respiri le arie
vitalis carpis, Tyriam qui adveneris urbem; vitali, tu che raggiungesti la città tiria;
perge modo atque hinc te reginae ad limina perfer. affrettati dunque e di qui recati alle porte della regina.
namque tibi reduces socios classemque relatam Infatti t’annuncio i compagni reduci e la flotta restituita
nuntio et in tutum versis Aquilonibus actam, e condotta al sicuro, cambiati gli Aquiloni,
ni frustra augurium vani docuere parentes. se i genitori falsi non rivelarono invano la profezia del falso.
aspice bis senos laetantis agmine cycnos, Osserva dodici cigni in fila festanti,
aetheria quos lapsa plaga Iovis ales aperto che dalla regione celeste l’uccello di Giove turbava nel cielo
turbabat caelo; nunc terras ordine longo aperto; ora sembrano in lunga schiera
aut capere aut captas iam despectare videntur: o prendere terra o già presa dominarla.
ut reduces illi ludunt stridentibus alis Come essi reduci giocano con l’ali sibilanti
et coetu cinxere polum cantusque dedere, ed hanno accerchiato il cielo in gruppo e levato i canti,
haud aliter puppesque tuae pubesque tuorum non altrimentile tue poppe ed i giovani dei tuoi
aut portum tenet aut pleno subit ostia velo. 400 o tiene il porto o affronta le entate a gonfia vela.
perge modo et, qua te ducit via, derige gressum.' Affrettati dunque e, dove la via ti guida, dirigi il passo”.
Dixit et avertens rosea cervice refulsit, Disse e girandosi splendette col roseo collo,
ambrosiaeque comae divinum vertice odorem le chiome spirarono dal capo profumo divino
spiravere; pedes vestis defluxit ad imos, d’ambrosia; la veste defluì alla punta dei piedi,
et vera incessu patuit dea. ille ubi matrem e dal potamento si rivelò vera dea. Quando egli riconobbe
agnovit tali fugientem est voce secutus: la madre inseguì (lei) fuggente con la frase:
'quid natum totiens, crudelis tu quoque, falsis “Perchè tante volte, crudele anche tu, inganni il figlio
ludis imaginibus? cur dextrae iungere dextram con false visioni? Perchè non si concede striger la destra
non datur ac veras audire et reddere voces?' alla destra ed ascoltare e rispondere vere parole?”
talibus incusat gressumque ad moenia tendit. Così la riprende e volge il passo alle mura.
at Venus obscuro gradientis aere saepsit, Ma Venere chiuse i partenti di aria oscura,
et multo nebulae circum dea fudit amictu, e la dea (li) circonfuse di spesso manto di nebbia,
cernere ne quis eos neu quis contingere posset nessuno potesse vederli e nessuno toccarli
molirive moram aut veniendi poscere causas. o macchinare un intoppo o chiedere i motivi del giungere.
ipsa Paphum sublimis abit sedesque revisit Ella se ne andò in alto a Pafo e rivisita lieta le sue
laeta suas, ubi templum illi, centumque Sabaeo dimore, dove per lei c’è un tempio, e cento altari
ture calent arae sertisque recentibus halant. son ardenti d’incenso sabeo e profumano di fresche ghirlande.

DE KARTHAGINIS AEDIFICATIONE (1.418-440) LA COSTRUZIONE DI CARTAGINE

Corripuere viam interea, qua semita monstrat, Intanto percorsero la via, dove mostra il sentiero,
iamque ascendebant collem, qui plurimus urbi e già salivano il colle, che altissimo sta sopra alla città
imminet adversasque aspectat desuper arces. 420 e dall’alto prospetta le fortezze dirimpetto.
miratur molem Aeneas, magalia quondam, Ammira la mole Enea, un tempo baracche,
miratur portas strepitumque et strata viarum. ammira le porte e lo strepito e le pavimentazioni delle vie.
instant ardentes Tyrii: pars ducere muros Si impegnano ardenti i Tirii: parte ad alzare le mura,
molirique arcem et manibus subvolvere saxa, e costruire la rocca e rotolare con le mani le pietre,
pars optare locum tecto et concludere sulco; parte a scegliersi il posto per la casa e circondarlo con solco;
iura magistratusque legunt sanctumque senatum. scelgono leggi e magistrati ed il sacro senato.
hic portus alii effodiunt; hic alta theatris Qui altri scavano il porto, qui altri mettono le fondamenta
fundamenta locant alii, immanisque columnas profonde ai teatri, scolpiscono dalle rupi

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L’ENEIDE DI VIRGILIO – I LIBRI DI DIDONE

rupibus excidunt, scaenis decora apta futuris: enormi colonne, adeguati ornamenti alle scene future:
qualis apes aestate nova per florea rura quali le api nella nuova estate per i campi fioriti
exercet sub sole labor, cum gentis adultos la fatica (le) stimola sotto il sole, quando fan uscire i figli
educunt fetus, aut cum liquentia mella cresciuti, o quando stipano i limpidi mieli
stipant et dulci distendunt nectare cellas, e colmano di dolce nettare le celle,
aut onera accipiunt venientum, aut agmine facto o accolgono i carichi delle arrivanti, o creata una schiera
ignavum fucos pecus a praesepibus arcent; cacciano dagli alveari i fuchi, razza ignava;
fervet opus redolentque thymo fragrantia mella. l’opera ferve ed i fragranti mieli profumano di timo.
'o fortunati, quorum iam moenia surgunt.' “Oh fortunati, le cui mura gà sorgono”.
Aeneas ait et fastigia suspicit urbis. Dice Enea e contempla i frontoni della città.
infert se saeptus nebula mirabile dictu Si porta, avvolto da nebia, mirabile ( cosa) a dirsi,
per medios, miscetque viris neque cernitur ulli. 440 in mezzo, e si mescola agli uomini e non è visto da alcuno.

DE IUNONIS TEMPLO (1.441-493) IL TEMPIO DI GIUNONE A CARTAGINE

Lucus in urbe fuit media, laetissimus umbrae, Un bosco vi fu in mezzo alla città, piacevolissimo d’ombra,
quo primum iactati undis et turbine Poeni dove dapprima i Puni sbattuti da onde e bufera
effodere loco signum, quod regia Iuno scavarono sul posto il segno, che la regale Giunone
monstrarat, caput acris equi; sic nam fore bello aveva rivelato, la testa di un fiero cavallo; così infatti in guerra
egregiam et facilem victu per saecula gentem. sarebbero stati popolo famoso e ricco di vitto per i secoli.
hic templum Iunoni ingens Sidonia Dido Qui la sidonia Didone fondava un immenso tempio
condebat, donis opulentum et numine divae, a Giunone, ricco per doni e maestà della dea,
aerea cui gradibus surgebant limina nexaeque soglie bronzee gli sorgevano dai gradini e travi connesse
aere trabes, foribus cardo stridebat aenis. con bronzo, il cardine strideva per le porte bronzee.
hoc primum in luco nova res oblata timorem Anzitutto in questo bosco una cosa nuova offertasi alleviò
leniit, hic primum Aeneas sperare salutem il timore, qui anzitutto Enea osò sperare la salvezza
ausus et adflictis melius confidere rebus. e confidare di più, (essendo) abbattute le circostanze.
namque sub ingenti lustrat dum singula templo Infatti mentre guarda ogni cosa sotto l’immenso tempio
reginam opperiens, dum quae fortuna sit urbi attendendo la regina, mentre ammira quale sia la ricchezza
artificumque manus inter se operumque laborem per la città, i gruppi di artisti fra loro e la fatica delle
miratur, videt Iliacas ex ordine pugnas imprese, vede le battaglie iliache per ordine
bellaque iam fama totum vulgata per orbem, e le guerre già diffuse per fama in tutto il mondo,
Atridas Priamumque et saevum ambobus Achillem. gli Atridi e Priamo ed Achille crudele per entrambi.
constitit et lacrimans 'quis iam locus,' inquit, 'Achate, Si fermò e piangendo”Quale luogo mai, disse, Acate,
quae regio in terris nostri non plena laboris? 460 quale regione sulle terre non piena del nostro affanno?
en Priamus. sunt hic etiam sua praemia laudi, Ecco Priamo. Qui pure ci sono per l’onore i suoi premi.
sunt lacrimae rerum et mentem mortalia tangunt. ci sono i pianti delle sorti e le cose mortali toccan l’anima.
solve metus; feret haec aliquam tibi fama salutem.' Sgombra le paure; questa fama ti porterà qualche salvezza
sic ait atque animum pictura pascit inani Così dice nutre il cuore con la pittura vana
multa gemens, largoque umectat flumine vultum. gemendo molto, ed irriga il volto di abbondante fiume.
namque videbat uti bellantes Pergama circum Infatti vedeva come, combattendo attorno a Pergamo,
hac fugerent Grai, premeret Troiana iuventus; di qua fuggissero i Grai, la gioventù troiana incalzasse;
hac Phryges, instaret curru cristatus Achilles. di qua i Frigi, col cocchio il crestato Achille inseguisse.
nec procul hinc Rhesi niveis tentoria velis E non lontano da qui riconosce piangendo le tende di Reso
agnoscit lacrimans, primo quae prodita somno dai bianchi drappi, che tradite nel primo sonno
Tydides multa vastabat caede cruentus, il Tidide insanguinato devastava con larga strage,
ardentisque avertit equos in castra prius quam e devia i cavalli ardenti nell’accampamento, prima che
pabula gustassent Troiae Xanthumque bibissent. gustassero i pascoli di Troia ebevessero lo Xanto.
parte alia fugiens amissis Troilus armis, Da un’altra parte Troilo, perdute le armi, fuggendo,
infelix puer atque impar congressus Achilli, sfortunato ragazzo e scontratosi impari con Achille,
fertur equis curruque haeret resupinus inani, è trascinato dai cavalli e riverso è legato al cocchio vuoto, ancora
lora tenens tamen; huic cervixque comaeque trahuntur tenendo le briglie; a lui il collo e le chiome son
per terram, et versa pulvis inscribitur hasta. tirate per terra, e la polvere è segnata dall’asta rigirata.
interea ad templum non aequae Palladis ibant Intanto le Troiane andavano al tempio di Pallade non giusta
crinibus Iliades passis peplumque ferebant, 480 coi capelli sciolti e portavano il peplo
suppliciter, tristes et tunsae pectora palmis; umilmente, tristi e battendo i petti con le palme;
diva solo fixos oculos aversa tenebat. la dea teneva gli occhi fissi al suolo ostile.
ter circum Iliacos raptaverat Hectora muros Achille tre volte aveva trascinato Ettore attorno le mura troiane e
exanimumque auro corpus vendebat Achilles. vendeva il corpo esamine per oro.

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L’ENEIDE DI VIRGILIO – I LIBRI DI DIDONE

tum vero ingentem gemitum dat pectore ab imo, Allora davvero dà un immenso gemito dal fondo del cuore,
ut spolia, ut currus, utque ipsum corpus amici come vide le spoglie, ed i cocchi, e lo stesso corpo dell’amico e
tendentemque manus Priamum conspexit inermis. Priamo tendente le mani inermi.
se quoque principibus permixtum agnovit Achivis, Pure riconobbe se stesso mischiato coi capi achivi,
Eoasque acies et nigri Memnonis arma. le schiere orientali e le armi del nero Memnone.
ducit Amazonidum lunatis agmina peltis Pentesilea furente guida le file delle Amazzonidi
Penthesilea furens mediisque in milibus ardet, dagli scudi lunati ed in mezzo a mille freme,
aurea subnectens exsertae cingula mammae guerriera, legando cinture auree alla mammella mozzata,
bellatrix, audetque viris concurrere virgo. e osa, ragazza gareggiare con uomini.

DE DIDONIS ADVENTU (1.494-519) L'ARRIVO DELLA REGINA DIDONE

Haec dum Dardanio Aeneae miranda videntur, Mentre queste cose sembrano ammirevoli al dardanio Enea, mentre
dum stupet obtutuque haeret defixus in uno, stupisce e resta fisso nello spettacolo unico,
regina ad templum, forma pulcherrima Dido, la regina, Didone bellissima d’aspetto, si diresse al tempio con una
incessit magna iuvenum stipante caterva. grande squadra avvolgente di giovani.
qualis in Eurotae ripis aut per iuga Cynthi Quale Diana guida le danze sulle rive d’Eurota o
exercet Diana choros, quam mille secutae lungo i gioghi di Cinto, che le mille Oreadi stringono seguendola di
hinc atque hinc glomerantur Oreades; illa pharetram 500 qua e di là; ella porta alla spalla
fert umero gradiensque deas supereminet omnis e procedendo sovrasta tutte le dee,
Latonae tacitum pertemptant gaudia pectus: le soddisfazioni invadono il tacito cuore di Latona:
talis erat Dido, talem se laeta ferebat tale era Didone, tale si portava lieta
per medios instans operi regnisque futuris. in mezzo vigilando sul lavoro e sui regni futuri.
tum foribus divae, media testudine templi, Poi sulle porte della dea, in mezzo alla volta del tempio,
saepta armis solioque alte subnixa resedit. scortata da armi appoggiandosial trono in alto sedette.
iura dabat legesque viris, operumque laborem Dava sentenze e leggi agli uomini, adeguava la fatica
partibus aequabat iustis aut sorte trahebat: dei lavori in parti giuste o tirava a sorte:
cum subito Aeneas concursu accedere magno quando improvvisamente vede avanzare con gran folla
Anthea Sergestumque videt fortemque Cloanthum Anteo e Sergesto ed il forte Cloanto
Teucrorumque alios, ater quos aequore turbo ed altri dei Teucri, che il nero turbine del mare
dispulerat penitusque alias avexerat oras. aveva disperso e portato addirittura ad altre spiagge.
obstipuit simul ipse, simul percussus Achates Egli tanto stupì, quanto Acate colpito
laetitiaque metuque; avidi coniungere dextras da gioia e paura; ardevan desiderosi di stringer
ardebant, sed res animos incognita turbat. le destre, ma il fatto insolito turba i cuori.
dissimulant et nube cava speculantur amicti Dissimulan e coperti da cava nube spiano
quae fortuna viris, classem quo litore linquant, quale sorte per gli uomini, in quale lido lascino la flotta,
quid veniant; cunctis nam lecti navibus ibant perchè giungano; infatti scelti da tutte le navi andavan
orantes veniam et templum clamore petebant. pregando pietà ed al tempio con grido si avviavano.

DE ILIONEI ORATIONE AD DIDONEM (1.520-560) IL DISCORSO DI ILIONEO

Postquam introgressi et coram data copia fandi, 520 Dopo che furon entrati e data la facoltà di parlare apertamente, il più
maximus Ilioneus placido sic pectore coepit: vecchio Ilioneo così cominciò con animo calmo: “O regina, cui
'o regina, novam cui condere Iuppiter urbem Giove concesse fondare una nuova città e moderar con giustizia
iustitiaque dedit gentis frenare superbas, popoli fieri,
Troes te miseri, ventis maria omnia vecti, (noi) miseri Troriani, portati in tutti i mari adi venti,
oramus: prohibe infandos a navibus ignis, ti preghiamo: allontana dalle navi gli orribili fuochi,
parce pio generi et propius res aspice nostras. risparmia un popolo pio e più da vicino guarda i nostri casi.
non nos aut ferro Libycos populare penatis Noi non siamo venuti o a saccheggiare con l’arma i penati
venimus, aut raptas ad litora vertere praedas; libici, o portare sui lidi le prede rubate;
non ea vis animo nec tanta superbia victis. il cuore non (ha) quella forza nè i vinti così tanta superbia.
est locus, Hesperiam Grai cognomine dicunt, C’è un luogo, i Grai lo chiaman col nome d’Esperia,
terra antiqua, potens armis atque ubere glaebae; terra antica, potente per armi e per riccheza di terra;
Oenotri coluere viri; nunc fama minores (la) curarono uomini enotri; ora è fama che i più giovani
Italiam dixisse ducis de nomine gentem. l’han chiamata Italia il popolo dal nome del capo.
hic cursus fuit, questa fu la rotta,
cum subito adsurgens fluctu nimbosus Orion quando Orione burrascoso sorgendo da flutto improvviso
in vada caeca tulit penitusque procacibus Austris (ci) portò in secche cieche e completamente ci disperse

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L’ENEIDE DI VIRGILIO – I LIBRI DI DIDONE

perque undas superante salo perque invia saxa coi violenti Austri e tra l’onde e tra rocce inaccessibili
dispulit; huc pauci vestris adnavimus oris. col mare vincente; qui pochi nuotammo alle vostre spiagge.
quod genus hoc hominum? quaeve hunc tam barbara morem Che razza di uomini questa? o quale patria così barbarapermette
permittit patria? hospitio prohibemur harenae; 540 simile usanza? siamo respinti dall’ospitalità della sabbia;
bella cient primaque vetant consistere terra. dichiaran guerre e vietano di fermarsi sulla terra più vicina.
si genus humanum et mortalia temnitis arma, Se disprezzate il genere umano e le armi mortali,
at sperate deos memores fandi atque nefandi. sperate almeno gli dei memori del bene e del male.
rex erat Aeneas nobis, quo iustior alter Ci era re Enea, di cui non ci fu altro più giusto
nec pietate fuit, nec bello maior et armis. per virtù, nè superiore in guerra ed in armi.
quem si fata virum servant, si vescitur aura Ma se i fati conservan quell’eroe, se si nutre di aria
aetheria neque adhuc crudelibus occubat umbris, celeste nè ancora giace nell’ombre crudeli,
non metus, officio nec te certasse priorem non (c’è) paura, nè ti dispiaccia di aver gareggiato per prima
paeniteat. sunt et Siculis regionibus urbes in un favore. Anche le regioni sicule hanno città
armaque Troianoque a sanguine clarus Acestes. ed armi ed il famoso Aceste da sangue troiano.
quassatam ventis liceat subducere classem Sia permesso attraccare la flotta sconvolta dai venti
et silvis aptare trabes et stringere remos, e coi boschi preparare travi e tagliare remi,
si datur Italiam sociis et rege recepto se è dato tendere all’Italia coi compagni, ripreso
tendere, ut Italiam laeti Latiumque petamus; il re, per dirigerci lieti in Italia e nel Lazio;
sin absumpta salus, et te, pater optime Teucrum, se la salvezza è troncata, ed il mare di Libia tiene te,
pontus habet Libyae nec spes iam restat Iuli, ottimo padre dei Teucri nè resta la speranza di Iulo,
at freta Sicaniae saltem sedesque paratas, ma almeno cerchiamo gli stretti e le sedi pronte di Sicilia
unde huc advecti, regemque petamus Acesten.' donde qui sbalzati, ed il re Aceste.”
talibus Ilioneus; cuncti simul ore fremebant Così Ilioneo; tutti insieme i Dardanidi fremevano
Dardanidae. 560 in volto.

DE DIDONIS RESPONSO (1.561-578) LA RISPOSTA DI DIDONE

Tum breviter Dido vultum demissa profatur: Allora Didone, abbassato ilvolto, brevemente afferma:
'solvite corde metum, Teucri, secludite curas. “Togliete la paura dal cuore, Teucri, esclidete gli affanni.
res dura et regni novitas me talia cogunt realtà dura e novità del potere mi obbligano a far tali
moliri et late finis custode tueri. cose e attorno guardar con guardia i confini.
quis genus Aeneadum, quis Troiae nesciat urbem, Chi ignora la stirpe degli Eneadi, chi la città di Troia,
virtutesque virosque aut tanti incendia belli? eroismi ed eroi o gli incendi di così grande guerra?
non obtunsa adeo gestamus pectora Poeni, Noi Puni non abbiamo cuori così ottusi,
nec tam aversus equos Tyria Sol iungit ab urbe. nè il sole aggioga i cavalli così lontano dalla città tiria.
seu vos Hesperiam magnam Saturniaque arva Sia che voi vogliate la grande Esperia e le piane saturnie
sive Erycis finis regemque optatis Acesten, sia i territori di Erice ed il re Aceste,
auxilio tutos dimittam opibusque iuvabo. vi congederò sicuri per l’aiuto e vi aiuterò con risorse.
vultis et his mecum pariter considere regnis? Volete anche fermarvi con me in questi regni?
urbem quam statuo, vestra est; subducite navis; La città che organizzo, è vostra; attraccate le navi;
Tros Tyriusque mihi nullo discrimine agetur. troiano o tirio per mè sarà trattato senza alcuna differenza.
atque utinam rex ipse Noto compulsus eodem E magari lo stesso re Enea spinto dallo stesso Noto
adforet Aeneas. equidem per litora certos si presentasse. Invierò certamente dei fidati
dimittam et Libyae lustrare extrema iubebo, per le spiagge e ordinerò di controllare le estremità della Libia, se
si quibus eiectus silvis aut urbibus errat.' vaga sbattuto in qualche selva o città”.

DE AENEAE INTERVENTU (1.579-612) ENEA SI RIVELA

His animum arrecti dictis et fortis Achates Animati in cuore da queste parole sia il forte Acate
et pater Aeneas iamdudum erumpere nubem 580 sia il padre Enea ormai ardevan di romper la nube.
ardebant. prior Aenean compellat Achates: Acate per primo richiama Enea:
'nate dea, quae nunc animo sententia surgit? “Figlio di dea, quale pensiero sorge in cuore?
omnia tuta vides, classem sociosque receptos. Vedi tutto sicuro, la flotta e i compagni accolti.
unus abest, medio in fluctu quem vidimus ipsi Manca uno, che noi stessi vedemmo in mezzo all’onda
submersum; dictis respondent cetera matris.' sommerso; il resto corrisponde alle parole della (tua) madre”.
vix ea fatus erat cum circumfusa repente Aveva appena detto ciò che subito la nube stretta attorno
scindit se nubes et in aethera purgat apertum. si rompe e si libera nell’etere aperto.

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L’ENEIDE DI VIRGILIO – I LIBRI DI DIDONE

restitit Aeneas claraque in luce refulsit Enea s’arrestò rifulse in luce splendente
os umerosque deo similis; namque ipsa decoram volto e spalle simili ad un dio; in fatti la stessa madre
caesariem nato genetrix lumenque iuventae aveva infuso sul figlio bella capigliatura e la luce
purpureum et laetos oculis adflarat honores: purpurea di giovinezza e dolce bellezza negli occhi:
quale manus addunt ebori decus, aut ubi flavo quale grazia le mani aggiungono all’avorio, o come
argentum Pariusve lapis circumdatur auro. l’argento ed il marmo pario è incastonato col biondo oro.
tum sic reginam adloquitur cunctisque repente Allora così subito si rivolge alla regina ed a tutti
improvisus ait: 'coram, quem quaeritis, adsum, improvviso dice: “Sono qui, colui che cercate,
Troius Aeneas, Libycis ereptus ab undis. il troiano Enea, strappato dalle onde libiche.
o sola infandos Troiae miserata labores, Oh tu sola che hai avuto pietà degli indicibili affanni di Troia, che
quae nos, reliquias Danaum, terraeque marisque associ noi, resti dei Danai, esausti ormai
omnibus exhaustos iam casibus, omnium egenos, per tutti i rischi di terra e di mare, bisognosi di tutto,
urbe, domo socias, grates persolvere dignas 600 con città, case, non è di nostra forza rendere grazie
non opis est nostrae, Dido, nec quidquid ubique est adeguate, Didone, nè della stirpe dardania, quel che cè ovunque, che
gentis Dardaniae, magnum quae sparsa per orbem. (è) dispersa per il vasto mondo.
di tibi, si qua pios respectant numina, si quid Gli dei ti offrano adeguate ricompense, se qualche divinità guarda i
usquam iustitiae est et mens sibi conscia recti, pii, se mai c’è un che di giustizia ed una volontà
praemia digna ferant. quae te tam laeta tulerunt cosciente del bene. Quali tempi così fortunati ti han
saecula? qui tanti talem genuere parentes? prodotto? Quali sì grandi genitori t’han generata?
in freta dum fluvii current, dum montibus umbrae Fin che i torrenti correranno nei flutti, fin che le ombre
lustrabunt convexa, polus dum sidera pascet, rischiareranno le cavità per i monti, fin che il cielo nutra le stelle,
semper honos nomenque tuum laudesque manebunt sempre resteranno l’onore e il tuo nome e le lodi, qualunque terra mi
quae me cumque vocant terrae.'sic fatus amicum chiami”. Detto così, cerca l’amico
Ilionea petit dextra laevaque Serestum, Ilioneo con la destra e con la sinistra Seresto,
post alios, fortemque Gyan fortemque Cloanthum poi gli altri, il forte Gia ed il forte Cloanto.

DE DIDONIS LIBERALI HOSPITIO ACCOGLIENZA OSPITALE DI DIDONE

Obstipuit primo aspectu Sidonia Dido, Didone sidonia prima si stupì per l’aspetto,
casu deinde viri tanto, et sic ore locuta est: poi per la sorte tanto grande dell’eroe, e così parlò:
'quis te, nate dea, per tanta pericula casus “Quale sorte, figlio di dea, ti perseguita attraverso
insequitur? quae vis immanibus applicat oris? sì grandi pericoli? che forza ti approda a spiagge feroci?
tune ille Aeneas quem Dardanio Anchisae Non sei tu quell’Enea che la madre Venere generò
alma Venus Phrygii genuit Simoentis ad undam? al dardanio Anchise presso l’onda del frigio Simoenta?
atque equidem Teucrum memini Sidona venire E davvero ricordo che Teucro venne a Sidone
finibus expulsum patriis, nova regna petentem 620 cacciato dalle patrie terre, cercando nuovi regni
auxilio Beli; genitor tum Belus opimam coll’aiuto di Belo; allora il padre Belo occupava
vastabat Cyprum et victor dicione tenebat. la ricca Cipro e vincitore la teneva in potere.
tempore iam ex illo casus mihi cognitus urbis Già da quel tempo mi era nota la sorte della città
Troianae nomenque tuum regesque Pelasgi. troiana ed il tuo nome ed i re pelasgi.
ipse hostis Teucros insigni laude ferebat Lo stesso nemico innalzava i Teucri con grande lode
seque ortum antiqua Teucrorum a stirpe volebat. e si voleva nato dall’antica stirpe dei Teucri.
quare agite, o tectis, iuvenes, succedite nostris. Perciò suvvia, o giovani, entrate nelle nostre case.
me quoque per multos similis fortuna labores Una situazione simile volleche io pure sbattuta tra tanti
iactatam hac demum volvit consistere terra; affanni mi fermarsi infine in questa terra;
non ignara mali miseris succurrere disco.' non ignara del male imparo a soccorrere i miseri”.
sic memorat; simul Aenean in regia ducit Così ricorda; insieme guida Enea nelle regali
tecta, simul divum templis indicit honorem. case, insieme indice lodi nei templi deli dei.
nec minus interea sociis ad litora mittit Intanto invia non di meno venti tori ai compagni
viginti tauros, magnorum horrentia centum sui lidi, cento irsute schiene di porci,
terga suum, pinguis centum cum matribus agnos, cento grassi agnelli con le madri,
munera laetitiamque dii. regali e gioia del giorno.
at domus interior regali splendida luxu Ma il palazzo interno splendido è parato
instruitur, mediisque parant convivia tectis: di lusso regale, preparano banchetti in mezzo alle case:
arte laboratae vestes ostroque superbo, Vesti ricamate con arte e splendida porpora,
ingens argentum mensis, caelataque in auro 640 ingente argento su mense, e le forti imprese dei padri
fortia facta patrum, series longissima rerum cesellate su oro, lunghissima serie di azioni fatta
per tot ducta viros antiqua ab origine gentis. da tanti eroi dall’antico inizio della stirpe. Enea, nè infatti l’amore
Aeneas neque enim patrius consistere mentem paterno permise che la mente

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L’ENEIDE DI VIRGILIO – I LIBRI DI DIDONE

passus amor rapidum ad navis praemittit Achaten, riposasse, manda alle navi il veloce Acate,
Ascanio ferat haec ipsumque ad moenia ducat; riferisca queste cose ad Ascanio e lo guidi alle mura;
omnis in Ascanio cari stat cura parentis. ogni cura del caro padre sta in Ascanio.
munera praeterea Iliacis erepta ruinis Ordina inoltre di portare doni strappati alle rovine
ferre iubet, pallam signis auroque rigentem iliache, un manto rigido per oro e ricami
et circumtextum croceo velamen acantho, ed un velo intessuto di croceo acanto,
ornatus Argivae Helenae, quos illa Mycenis, ornamenti dell’argiva Elena, che ella aveva portato
Pergama cum peteret inconcessosque hymenaeos, da Micene dirigendosi a Pergamo ed alle nozze
extulerat, matris Ledae mirabile donum; proibite, dono mirabile della madre Leda;
praeterea sceptrum, Ilione quod gesserat olim, inoltre uno scettro, che Ilione la maggiore delle figlie di Priamo, aveva
maxima natarum Priami, colloque monile portato un tempo, ed un monile per collo
bacatum, et duplicem gemmis auroque coronam. gemmato, ed una doppia corona di gemme ed oro.
haec celerans iter ad navis tendebat Achates. Così affrettando il cammino, Acate andava alle navi.

DE VENERIS DOLIS (1.657-694) VENERE PREPARA INGANNI

At Cytherea novas artis, nova pectore versat Ma Citerea medita in cuore nuovi artifici, nuovi
consilia, ut faciem mutatus et ora Cupido piani, perchè Cupido cambiato l’aspetto ed il volto
pro dulci Ascanio veniat, donisque furentem venga al posto del dolce Ascanio, e con doni accenda
incendat reginam atque ossibus implicet ignem. 660 la furente regina ed avvolga il fuoco alle ossa.
quippe domum timet ambiguam Tyriosque bilinguis; Certamente teme la casa ambigua ed i Tirii falsi;
urit atrox Iuno et sub noctem cura recursat. brucia la crudele Giunone e la pena ritorna di notte.
ergo his aligerum dictis adfatur Amorem: Perciò con queste parole parla ad Amore alato:
Nate, meae vires, mea magna potentia solus, “Figlio, mie forze, unico, mia grande potenza,
nate, patris summi qui tela typhoea temnis, figlio, che sprezzi le armi tifee del sommo padre,
ad te confugio et supplex tua numina posco. mi rifugio in te e supplice chiedo le tue volontà.
frater ut Aeneas pelago tuus omnia circum Come tuo fratello Enea sia sbattuto in mare per tutti
litora iactetur odiis Iunonis acerbae, i lidi per gli odi della feroce Giunone,
nota tibi, et nostro doluisti saepe dolore. ti sono cose note, e spesso ti dolesti del nostro dolore.
nunc Phoenissa tenet Dido blandisque moratur Ora la fenicia Didone lo tiene e lo ferma con blande
vocibus, et vereor quo se Iunonia vertant paroce e temo dove si volgano le ospitalità
hospitia: haud tanto cessabit cardine rerum. giononie: non cesserà in un momento così importante.
quocirca capere ante dolis et cingere flamma Perciò penso di prendere prima con inganni e legare
reginam meditor, ne quo se numine mutet, con fiamma la regina, che non si cambi per qualche divinità, ma sia
sed magno Aeneae mecum teneatur amore. bloccata con me dal grande amore d’Enea. Come tu possa far ciò senti
qua facere id possis nostram nunc accipe mentem: ora il nostro piano:
regius accitu cari genitoris ad urbem il regale fanciullo, mio grandissimo amore, si prepara ad andare su
Sidoniam puer ire parat, mea maxima cura, chiamatadel caro genitore nella città sidonia
dona ferens pelago et flammis restantia Troiae; portando doni restanti dal mare e dalle fiamme di Troia;
hunc ego sopitum somno super alta Cythera 680 io lo nasconderò assopito sugli alta Citera
aut super Idalium sacrata sede recondam, o su Idalio in luogo condacrato, che nessuno possa
ne qua scire dolos mediusve occurrere possit. sapere gli inganni o accorrere in mezzo.
tu faciem illius noctem non amplius unam Tu inganna il suo aspetto, per non più d’una notte
falle dolo et notos pueri puer indue vultus, con un raggiro e da ragazzo vesti le note fattezza del ragazzo, perchè,
ut, cum te gremio accipiet laetissima Dido quando la felicissima Didone ti
regalis inter mensas laticemque Lyaeum, prenderà in braccio tra le mense regali e il liquido lieo,
cum dabit amplexus atque oscula dulcia figet, quando darà abbracci e stamperà dolci baci,
occultum inspires ignem fallasque veneno.' tu ispiri il fuoco occulto e l’inganni col veleno”.
paret Amor dictis carae genetricis, et alas Amore obbedisce ai detti della cara madre, e sveste
exuit et gressu gaudens incedit Iuli. le ali gioendo avanza col passo di Iulo.
at Venus Ascanio placidam per membra quietem Ma Venere infonde ad Ascanio un placido sonno
inrigat, et fotum gremio dea tollit in altos per le membra, e scaldato in grembo la dea lo alza
Idaliae lucos, ubi mollis amaracus illum negli alti boschi di Idalia, dove il molle amaraco
floribus et dulci aspirans complectitur umbra. esalante lo abbraccia di fiori e dolce ombra.

DE LAETIS EPULIS (1.695-722) BANCHETTO REGALE

Iamque ibat dicto parens et dona Cupido Ed ormai Cupido andava obbedendo alla parola

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L’ENEIDE DI VIRGILIO – I LIBRI DI DIDONE

regia portabat Tyriis duce laetus Achate. e potava regali doni, lieto ai Tirii, sotto la guida di Acate.
cum venit, aulaeis iam se regina superbis Quando giunge, già la regina aurea si è adagiata sui superbi tappeti e
aurea composuit sponda mediamque locavit, collocata in mezzo sul divano,
iam pater Aeneas et iam Troiana iuventus già il padre Enea e la gioventù troiana
conveniunt, stratoque super discumbitur ostro. 700 s’uniscono e si distende su giaciglio e porpora .
dant manibus famuli lymphas Cereremque canistris I servi danno acqua alle mani e preparano Cerere
expediunt tonsisque ferunt mantelia villis. su canestri e portan salviette, rasati i tessuti.
quinquaginta intus famulae, quibus ordine longo dentro cinquanta serve, il cui compito preparar
cura penum struere et flammis adolere penatis; provviste in lunga fila e far fumare i focolari con fiamme;
centum aliae totidemque pares aetate ministri, cento altre ed altrettanti servi pari d’età,
qui dapibus mensas onerent et pocula ponant. che colmino le mense di vivande ed offrano calici.
nec non et Tyrii per limina laeta frequentes Ma anche i Tirii numerosi s’aggiunsero nelle liete sale;
convenere; toris iussi discumbere pictis pregati di acomodarsi sui letti dipinti
mirantur dona Aeneae, mirantur Iulum, ammiran i doni d’Enea, ammirano Iulo,
flagrantisque dei vultus simulataque verba, le splendenti fattezze del dio e le simulate parole,
pallamque et pictum croceo velamen acantho. ed il manto ed il velo dipinto di croceo acanto.
praecipue infelix, pesti devota futurae, Soprattutto l’infelice Fenicia, votata a futura sventura,
expleri mentem nequit ardescitque tuendo non può saziare la mente e s’accalora guardando
Phoenissa, et pariter puero donisque movetur. ed insieme è commossa dal ragazzo e dai doni.
ille ubi complexu Aeneae colloque pependit Egli come s’attaccò con l’abbraccio al collo d’Enea
et magnum falsi implevit genitoris amorem, e riempì il grande amore del falso genitore,
reginam petit. haec oculis, haec pectore toto si recò dalla regina. Questa con gli occhi, questa
haeret et interdum gremio fovet inscia Dido tutto il cuore si incolla ed intanto lo scalda col petto
insidat quantus miserae deus. at memor ille Didone ignara quale grande dio si posi sulla misera.
matris Acidaliae paulatim abolere Sychaeum 720 Ma quello memore della madre Acidalia comincia a poco
incipit et vivo temptat praevertere amore a poco a cancellare Sicheo e tenta cambiare con amore
iam pridem resides animos desuetaque corda. vivo i sensi già prima assopiti ed i cuori non avvezzi.

DE NOCTURNA LIBATIONE (1.723-756) LA FESTA NOTTURNA NELLA REGGIA

Postquam prima quies epulis mensaeque remotae, Dopo che (ci fu) una prima pausa al banchetto e le mense
crateras magnos statuunt et vina coronant. tolte, mettono grandi vasi e coronano i vini.
fit strepitus tectis vocemque per ampla volutant Si fa frastuono nelle case e fan echeggiare il suono
atria; dependent lychni laquearibus aureis per gli ampi atrii; pendono lampade accese dai soffitti
incensi et noctem flammis funalia vincunt. dorati e le torce vincon la notte.
hic regina gravem gemmis auroque poposcit Qui la regina chiese un vaso pesante d’oro e di gemme
implevitque mero pateram, quam Belus et omnes e lo riempì di vino puro, Belo e tutti (quelli) da Belo
a Belo soliti; tum facta silentia tectis: eran soliti riempirla; allora si fece silenzio in casa:
'Iuppiter, hospitibus nam te dare iura loquuntur, “ Giove, dicono che tu dai i diritti agli ospiti,
hunc laetum Tyriisque diem Troiaque profectis fa’ essere questo un giorno lieto per i Tirii e per i giunti
esse velis, nostrosque huius meminisse minores. da Troia, e ricordarne i nostri nipoti.
adsit laetitiae Bacchus dator et bona Iuno; Assista Bacco datore di gioia e la buona Giunone;
et vos o coetum, Tyrii, celebrate faventes.' e voi, Tirii, celebrate l’incontro festanti”.
dixit et in mensam laticum libavit honorem Disse e libò sulla mensa la gloria dei liquidi
primaque, libato, summo tenus attigit ore; e per prima, libato, toccò a fior di labbra;
tum Bitiae dedit increpitans; ille impiger hausit poi diede a Bizia incitandolo; egli sollecito bevve
spumantem pateram et pleno se proluit auro; la coppa spumante e tracannò col boccale aureo pieno;
post alii proceres. Cithara crinitus Iopas 740 poi gli altri nobili. Il chiomato Iopa con la cetra
personat aurata, docuit quem maximus Atlas. dorata suona, e lo istruì il sommo Atlante.
hic canit errantem lunam solisque labores, Costui canta la luna errante e le fatiche del sole,
unde hominum genus et pecudes, unde imber et ignes, donde la specie degli uomini e le bestie, donde pioggia
Arcturum pluviasque Hyadas geminosque Triones, e fulmini, Arturo e le Iadi piovose ed i gemelli Trioni,
quid tantum Oceano properent se tingere soles perchè i soli invernali tanto s’affrettino a bagnarsi d’Oceano,
hiberni, vel quae tardis mora noctibus obstet; o quale ritardo s0opponga alle lente notti;
ingeminant plausu Tyrii, Troesque sequuntur. i Tirii raddoppiano con l’applauso, li seguono i Troiani.
nec non et vario noctem sermone trahebat ed ancora l’infelice Didone protraeva la notte
infelix Dido longumque bibebat amorem, con vario parlare e beveva il lungo amore,
multa super Priamo rogitans, super Hectore multa; molto chiedendo su Priamo, su Ettore molto;
nunc quibus Aurorae venisset filius armis, ora con che armi fosse giunto il figlio d’Aurora,

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L’ENEIDE DI VIRGILIO – I LIBRI DI DIDONE

nunc quales Diomedis equi, nunc quantus Achilles. ora quali i cavalli di Diomede, or quanto grande Achille.
'immo age et a prima dic, hospes, origine nobis “Anzi orsù, ospite, e dicci dal primo inizio
insidias' inquit 'Danaum casusque tuorum le insidie” disse” dei Danai e le sorti dei tuoi
erroresque tuos; nam te iam septima portat ed il tuo errare; infatti ormai la settima estate
omnibus errantem terris et fluctibus aestas.' ti porta errante per tutte le terre ed i flutti”.

Nel Secondo e Terzo Libro, Enea narra le proprie avventure alla Regina Didone.
Egli è spesso voce narrante anche nel Quarto Libro.

Libro Quarto
DE DIDONE ET ANNA SORORE (4.1-53) DIDONE E LA CARA SORELLA ANNA

At regina gravi iamdudum saucia cura Ma la regina ormai ferita da grave affanno
vulnus alit venis et caeco carpitur igni. alimenta nelle vene la ferita ed è rosa da cieco fuoco.
multa viri virtus animo multusque recursat Ricorre nel cuore il forte eroismo dell’eroe ed il forte
gentis honos; haerent infixi pectore vultus onore della stirpe; s’attaccan fisse alla mente le fattezze
verbaque nec placidam membris dat cura quietem. e le parole nè l’affanno dà alle membra placida quiete.
Postera Phoebea lustrabat lampade terras L’aurora seguente colla lampada febea illuminava
umentemque Aurora polo dimoverat umbram, le terre e dal cielo aveva cacciato l’umida ombra,
cum sic unanimam adloquitur male sana sororem: quando impazzita così parla alla sorella amatissima:
'Anna soror, quae me suspensam insomnia terrent. “Anna, sorella, che incubi mi atterriscono ansiosa.
quis novus hic nostris successit sedibus hospes, Che ospite strano, questo, (che) è giunto alla nostra
quem sese ore ferens, quam forti pectore et armis. casa, presentandosì come d’aspetto, di così forte petto
credo equidem, nec vana fides, genus esse deorum. e di armi. Lo credo davvero, non è vana certezza che è stirpe di dei.
degeneres animos timor arguit. heu, quibus ille La paura rivela i cuori vili. Ah, da quali
iactatus fatis. quae bella exhausta canebat. fati egli è sbattuto. Che guerre compiute raccontava.
si mihi non animo fixum immotumque sederet Se non mi stesse fisso ed immobile in cuore
ne cui me vinclo vellem sociare iugali, di non volermi unire a nessuno col vincolo coniugale,
postquam primus amor deceptam morte fefellit; dopo che il primo amore mi lasciò tradita con la morte;
si non pertaesum thalami taedaeque fuisset, se non avessi disgusto per il rito di nozze,
huic uni forsan potui succumbere culpae. forse avrei potuto cedere a quest’unica colpa.
Anna fatebor enim miseri post fata Sychaei 20 Anna, lo confesserò, dopo i destini del povero marito
coniugis et sparsos fraterna caede penatis Sicheo ed i penati dispersi dalla strage del fratello
solus hic inflexit sensus animumque labantem solo costui piegò i sentimenti e scosse il cuore
impulit. agnosco veteris vestigia flammae. che vacilla. Conosco i segni della antica fiamma.
sed mihi vel tellus optem prius ima dehiscat Ma per me vorrei o che prima la terra si spalanchi infima
vel pater omnipotens adigat me fulmine ad umbras, o il padreonnipotente mi cacci col fulmine alle ombre,
pallentis umbras Erebo noctemque profundam, le pallide ombre nell’Erebo e la notte profonda,
ante, pudor, quam te violo aut tua iura resolvo. prima che violi, Pudore, o dissolva le tue leggi.
ille meos, primus qui me sibi iunxit, amores Lui i miei amori, lui che per primo a sé mi unì,
abstulit; ille habeat secum servetque sepulcro.' prese; lui li tenga con sé e li serbi nel sepolcro”
sic effata sinum lacrimis implevit obortis. Espressasi così, riempì il seno di lacrime dirotte.
Anna refert: 'o luce magis dilecta sorori, Anna riprende:”Oh più cara della luce, per tua sorella,
solane perpetua maerens carpere iuventa forse sola soffrendo sarai divorata per tutta la giovinezza
nec dulcis natos Veneris nec praemia noris? né conoscerai i dolci figli ed i regali di Venere?
id cinerem aut manis credis curare sepultos? Credi che questo ami la cenere ed i mani sepolti?
esto: aegram nulli quondam flexere mariti, Sia: un tempo nessun marito piegò l’addolorata,
non Libyae, non ante Tyro; despectus Iarbas non in Libia, non prima a Tiro: Iarba respinto
ductoresque alii, quos Africa terra triumphis e gli altri principi, che l’Africa, terra ricca di trionfi,
dives alit: placitone etiam pugnabis amori? alimenta: forse contrasterai ad un amore gradito?
nec venit in mentem quorum consederis arvis? Né viene in mente nei campi di chi dimori?
hinc Gaetulae urbes, genus insuperabile bello, 40 Di qui città getule, stirpe insuperabile in guerra,
et Numidae infreni cingunt et inhospita Syrtis; ti cingono e indomiti Numidi e la Sirte inospitale;
hinc deserta siti regio lateque furentes di là una regione deserta per sete ed i furibondi

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L’ENEIDE DI VIRGILIO – I LIBRI DI DIDONE

Barcaei. quid bella Tyro surgentia dicam Barcei. Perché nominare le guerre nascenti da Tiro
germanique minas? e le minacce del fratello?
dis equidem auspicibus reor et Iunone secunda Certamente con gli dei favorevoli e Giunone concorde
hunc cursum Iliacas vento tenuisse carinas. credo che le navi di Ilio col venti ha tenuto questa rotta. Quale città,
quam tu urbem, soror, hanc cernes, quae surgere regna sorella, tu vedrai sorgere, questa, e che regni
coniugio tali. Teucrum comitantibus armis con tale unione! Alleandosi le armi dei Teucri,
Punica se quantis attollet gloria rebus. la gloria Punica a quali imprese si innalzerà!
tu modo posce deos veniam, sacrisque litatis Tu intanto chiedi aiuto agli dei, celebrati i sacrifici,
indulge hospitio causasque innecte morandi, accorda l’ospitalità ed inventa motivi per fermarsi,
dum pelago desaevit hiems et aquosus Orion, mentre sul mare infuria l’inverno ed il piovoso Orione,
quassataeque rates, dum non tractabile caelum.' e le navi sconquassate, mentre il clima è intrattabile.”

DE DIDONE AMORE INCENSA (4.54-88) L'AMORE DI DIDONE

His dictis impenso animum flammavit amore Con tali parole infiammò l’animo di intenso amore
spemque dedit dubiae menti solvitque pudorem. e diese speranza al cuore dubbioso e dissolse il pudore.
principio delubra adeunt pacemque per aras Prima visitano i templi ed implorano pace
exquirunt; mactant lectas de more bidentis attorno agli altari; sacrifican pecore scelte di rito
legiferae Cereri Phoeboque patrique Lyaeo, per Cerere legislatrice e per Febo e per il padre Lieo,
Iunoni ante omnis, cui vincla iugalia curae. per Giunone fra tutti, cui stanno a cuore i vincoli coniugali.
ipsa tenens dextra pateram pulcherrima Dido 60 Lei, la bellissima Didone, tenendola con la destra, versa
candentis vaccae media inter cornua fundit, la coppa tra le corna d’una candida vacca,
aut ante ora deum pinguis spatiatur ad aras, o presso le statue degli dei si aggira tra carichi altari,
instauratque diem donis, pecudumque reclusis ed inizia il giorno con doni, e nei petti squarciati
pectoribus inhians spirantia consulit exta. degli animali, ansiosa consulta le viscere palpitanti.
heu, vatum ignarae mentes. quid vota furentem, Ahi, mente ignara degli indovini! A che giovano i voti
quid delubra iuvant? est mollis flamma medullas ad una folle, a che i templi? La fiamma divora le molli midolla
interea et tacitum vivit sub pectore vulnus. intanto e tacita vive sotto il petto la ferita.
uritur infelix Dido totaque vagatur Si brucia l’infelice Didone e vaga pazza
urbe furens, qualis coniecta cerva sagitta, per tutta la città, quale cerbiatta colpita da freccia,
quam procul incautam nemora inter Cresia fixit che da lontano un pastore, ignaro, cacciando con armi,
pastor agens telis liquitque volatile ferrum incauta trafisse tra i boschi cretesi e lasciò il ferro
nescius: illa fuga silvas saltusque peragrat alato: ella in fuga percorre le selve e le gole
Dictaeos; haeret lateri letalis harundo. dittee; la punta letale aderisce nel fianco.
nunc media Aenean secum per moenia ducit Ora conduce Enea con sé in mezzo alle mura
Sidoniasque ostentat opes urbemque paratam, ed ostenta i beni sidonii e la città pronta,
incipit effari mediaque in voce resistit; inizia a dire e si blocca in mezzo alla frase;
nunc eadem labente die convivia quaerit, ora tramontando il giorno chiede uguali conviti,
Iliacosque iterum demens audire labores e di nuovo invoca di ascoltare, pazza, i dolori di Ilio
exposcit pendetque iterum narrantis ab ore. e di nuovo pende dalla bocca del narratore.
post ubi digressi, lumenque obscura vicissim 80 Poi quando, divisi, anche la luna oscurata a sua volta
luna premit suadentque cadentia sidera somnos, copre la luce e le stelle tramontando invitano ai sogni,
sola domo maeret vacua stratisque relictis sola geme nella vuota reggia e sui tappeti abbandonati
incubat. illum absens absentem auditque videtque, si sdraia. Pur lontana, lui lontano lo ode e lo vede,
aut gremio Ascanium genitoris imagine capta o trattiene Ascanio in grembo, presa dall’immagine
detinet, infandum si fallere possit amorem. del padre, se mai potesse ingannare l’indicibile amore.
non coeptae adsurgunt turres, non arma iuventus Le torri iniziate non s’alzano, la gioventù non s’allena
exercet portusve aut propugnacula bello alle armi o non preparano i porti le difese sicure
tuta parant: pendent opera interrupta minaeque per la guerra: pendono le opere interrotte e minacce
murorum ingentes aequataque machina caelo. ingenti di muri ed una macchina eguagliata al cielo.

DE IUNONIS ET VENERIS FOEDERE (4.90-128) PATTO TRA GIUNONE E VENERE

Quam simul ac tali persensit peste teneri Ma appena s’accorse la cara consorte di Giove che ella era posseduta
cara Iovis coniunx nec famam obstare furori, da tale peste e l’onore non bloccava la follia,
talibus adgreditur Venerem Saturnia dictis: la Saturnia affronta Venere con tali parole:
'egregiam vero laudem et spolia ampla refertis “Davvero enorme gloria e ricchi bottini riportate
tuque puerque tuus magnum et memorabile numen, sia tu che il tuo fanciullo, grande e momorabile potenza,

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L’ENEIDE DI VIRGILIO – I LIBRI DI DIDONE

una dolo divum si femina victa duorum est. se una donna, da sola fu vinta dall’inganno di due dei!
nec me adeo fallit veritam te moenia nostra Né proprio mi inganno che tu temendo le nostre mura
suspectas habuisse domos Karthaginis altae. Abbia stimato sospette le case della grande Cartagine.
sed quis erit modus, aut quo nunc certamine tanto? Ma quale sarà la regola o dove adesso, con sì grave rivalità?
quin potius pacem aeternam pactosque hymenaeos Perché piuttosto non concludiamo eterna pace e nozze
exercemus? habes tota quod mente petisti: 100 pattuite? Hai ciò che con tutto il cuore cercasti:
ardet amans Dido traxitque per ossa furorem. Brucia Didone amante ed ha tirato la follia fin al midollo.
communem hunc ergo populum paribusque regamus Guidiamo dunque questo comune popolo con uguali
auspiciis; liceat Phrygio servire marito protezioni; possa servire a marito frigio
dotalisque tuae Tyrios permittere dextrae.' e affidare alla tua destra i Tiri in dote.”
Olli sensit enim simulata mente locutam, Capì che le aveva parlato con mente ipocrita,
quo regnum Italiae Libycas averteret oras per volgere il regno d’Italia alle spiagge libiche,
sic contra est ingressa Venus: 'quis talia demens così di rimando Venere rispose: “Chi pazza rifiuterebbe
abnuat aut tecum malit contendere bello? tali cose o preferirebbe contendere in guerra con te?
si modo quod memoras factum fortuna sequatur. Purchè la sorte favorisca l’evento che tu ricordi.
sed fatis incerta feror, si Iuppiter unam Ma son mossa incerta per i fati, se Giove voglia che ci sia
esse velit Tyriis urbem Troiaque profectis, una sola città per i Tirii e gli esuli da Troia,
miscerive probet populos aut foedera iungi. o approvi che i popoli si mischino o uniscano alleanze.
tu coniunx, tibi fas animum temptare precando. Tu da consorte, per te è possibile prgando tentarne il cuore.
perge, sequar.' tum sic excepit regia Iuno: Va avanti, seguirò”. Allora così riprese la regale Giunone:
'mecum erit iste labor. nunc qua ratione quod instat “Per me sarà questo impegno. Ora in che modo si possa
confieri possit, paucis adverte docebo. concludere quello che incombe, acolta, ti insegnerò.
venatum Aeneas unaque miserrima Dido Enea e insieme l’infelicissima Didone si preparano ad andare
in nemus ire parant, ubi primos crastinus ortus a caccia nel bosco, quando il Sole di domani alzerà
extulerit Titan radiisque retexerit orbem. i primi inizi e ricoprirà di raggi il mondo.
his ego nigrantem commixta grandine nimbum, 120 Su di essi io dall’alto rovescerò una oscurante nube,
dum trepidant alae saltusque indagine cingunt, con mista grandine, mentre i battitori s’affannano e cingon
desuper infundam et tonitru caelum omne ciebo. le gole con la rete e muoverò tutto il cielo col tuono.
diffugient comites et nocte tegentur opaca: Scapperanno i compagni e saran coperti di opaca notte:
speluncam Dido dux et Troianus eandem Didone ed il capo troiano giungeranno alla stessa
devenient. adero et, tua si mihi certa voluntas, spelonca. Presenzierò, e se la tua volontà mi è garantita,
conubio iungam stabili propriamque dicabo. li unirò in stabile unione e la dichiarerò sua.
hic hymenaeus erit.' non adversata petenti Qui ci sarà Imeneo.” Senza opporsi alla richiedente
adnuit atque dolis risit Cytherea repertis. annuì e Citerea rise per gli inganni inventati.

DE DOLOSA VENATIONE (4.129-159) LA CACCIA INSIDIOSA

Oceanum interea surgens Aurora reliquit. Intanto Aurora alzandosi lasciò Oceano.
it portis iubare exorto delecta iuventus, La gioventù scelta, spuntato il raggio, esce dalle porte.
retia rara, plagae, lato venabula ferro, Reti rade, lacci, spiedi da caccia ddi ferro largo,
Massylique ruunt equites et odora canum vis. cavalieri massili e l’irruenza fiutante dei cani irrompono.
reginam thalamo cunctantem ad limina primi I capi dei Fenici aspettano sulle soglie la regina che si attarda
Poenorum exspectant, ostroque insignis et auro in camera, bello di porpora e d’oro sta lo scalpitante
stat sonipes ac frena ferox spumantia mandit. e morde fiero i morsi spumegganti.
tandem progreditur magna stipante caterva Finalmente avanza, accalcandosi una grande schiera,
Sidoniam picto chlamydem circumdata limbo; avvolta in clamide sidonia con orlo ricamato;
cui pharetra ex auro, crines nodantur in aurum, ha una faretra d’oro, i capelli si annodan nell’oro,
aurea purpuream subnectit fibula vestem. una fibbia d’oro allaccia la veste purpurea.
nec non et Phrygii comites et laetus Iulus 140 Pure i compagni frigi ed il raggiante Iulo
incedunt. ipse ante alios pulcherrimus omnis avanzano. Lo stesso Enea il più bello di tutti gli altri
infert se socium Aeneas atque agmina iungit. si offre come compagno ed unisce le schiere.
qualis ubi hibernam Lyciam Xanthique fluenta Quale Apollo quando lascia l’invernale Licia e le onde
deserit ac Delum maternam invisit Apollo di Xanto e rivede la materna Delo ed inizia
instauratque choros, mixtique altaria circum le danze, ed uniti Cretesi e Driopi ed i dipinti Agatirsi
Cretesque Dryopesque fremunt pictique Agathyrsi; s’agitano attorno agli altari;
ipse iugis Cynthi graditur mollique fluentem egli avanza sui gioghi del Cinto e blocca la chioma fluente
fronde premit crinem fingens atque implicat auro, con tenero ramo aggiustandola e l’annoda nell’oro,
tela sonant umeris: haud illo segnior ibat le frecce risuonano sulle spalle: non più lento di lui
Aeneas, tantum egregio decus enitet ore. andava Enea, sì gran bellezza risalta sul nobile volto.

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L’ENEIDE DI VIRGILIO – I LIBRI DI DIDONE

postquam altos ventum in montis atque invia lustra, Come si giunse sugli alti monti e le impervie tane,
ecce ferae saxi deiectae vertice caprae ecco selvatiche capre lanciate dalla cima della rupe
decurrere iugis; alia de parte patentis corsero giù dai gioghi; da un’altra parte i cervi
transmittunt cursu campos atque agmina cervi attraversano le piane aperte e formano colla fuga
pulverulenta fuga glomerant montisque relinquunt. schiere polverose e lasciano i monti.
at puer Ascanius mediis in vallibus acri Ma il piccolo Ascanio in mezzo alle valli gode
gaudet equo iamque hos cursu, iam praeterit illos, per il fiero cavallo ed ora sorpassa questi, ora quelli
spumantemque dari pecora inter inertia votis al galoppo e brama con voti che si offra tra i timidi branchi
optat aprum, aut fulvum descendere monte leonem. uno spumante cinghiale o che scenda dal monte un rosso leone.

DE SECRETO CONUBIO. DE FAMA (4.160-197) LE NOZZE SEGRETE. LA SOZZA DEA

Interea magno misceri murmure caelum 160 Intanto il cielo comincia turbarsi con un gran
incipit, insequitur commixta grandine nimbus, brontolìo, avanza una nube con mista grandine,
et Tyrii comites passim et Troiana iuventus ed i compagni tirii e la gioventù troiana ed il dardanio
Dardaniusque nepos Veneris diversa per agros nipote di Venere dappertutto con paura per i campi
tecta metu petiere; ruunt de montibus amnes. cercarono diversi ripari; torrenti corron dai monti.
speluncam Dido dux et Troianus eandem Alla stessa spelonca giungono Didone ed il capo
deveniunt. prima et Tellus et pronuba Iuno troiano. Sia la Terra per prima sia Giunone pronuba
dant signum; fulsere ignes et conscius aether danno il segnale; rifulsero vampe e l’etere complice
conubiis summoque ulularunt vertice Nymphae. nell’unione e le Ninfe ulularon sulla cime del monte.
ille dies primus leti primusque malorum Quel giorno fu il primo della morte e per primo fu
causa fuit; neque enim specie famave movetur la causa dei mali; infatti non è distolta da decoro
nec iam furtivum Dido meditatur amorem: o fama Didone, né medita un amore furtivo:
coniugium vocat, hoc praetexit nomine culpam. lo chiama connubio, con tal nome nascose la colpa.
Extemplo Libyae magnas it Fama per urbes, Subito Fama va per le grandi città di Libia,
Fama, malum qua non aliud velocius ullum: Fama, male di cui nessun altro è più veloce:
mobilitate viget virisque adquirit eundo, si rafforza colla mobilità ed acquista forze andando,
parva metu primo, mox sese attollit in auras piccola alla prima paura, poi s’innalza nell’aria,
ingrediturque solo et caput inter nubila condit. ed avanza sul suolo, ma nasconde il capo tra le nubi.
illam Terra parens ira inritata deorum La Madre Terra, irritata dall’ira degli dei,
extremam, ut perhibent, Coeo Enceladoque sororem la generò, come raccontano, ultima sorella di Ceo
progenuit pedibus celerem et pernicibus alis, 180 ed Encelado, veloce a piedi e con ali infaticabili,
monstrum horrendum, ingens, cui quot sunt corpore plumae, mostro orrendo, enorme, quante ha penne nel corpo,
tot vigiles oculi subter mirabile dictu, tanti sotto sono gli occhi vigili, mirabile a dirsi,
tot linguae, totidem ora sonant, tot subrigit auris. tante le lingue, altrettante bocche risuonano, tante orecchie drizza.
nocte volat caeli medio terraeque per umbram Vola di notte nel mezzo di cielo e terra nell’ombra
stridens, nec dulci declinat lumina somno; stridendo, né abbassa gli occhi nel dolce sonno;
luce sedet custos aut summi culmine tecti con la luce sta sentinella o in cima alla sommità del tetto
turribus aut altis, et magnas territat urbes, o sull’alte torri, e terrorizza le grandi città,
tam ficti pravique tenax quam nuntia veri. tenace portatrice di falso e di male che di vero.
haec tum multiplici populos sermone replebat Costei allora riempiva i popoli di molteplice chiacchiera
gaudens, et pariter facta atque infecta canebat: godendo e parimenti decantava cose fatte e non fatte:
venisse Aenean Troiano sanguine cretum, esser giunto Enea, nato da sangue troiano,
cui se pulchra viro dignetur iungere Dido; cui la bella Didone si degna di unirsi come a marito;
nunc hiemem inter se luxu, quam longa, fovere ora durante l’inverno, quanto è lungo, si tengon caldi nel lusso
regnorum immemores turpique cupidine captos. immemori dei regni e rapiti da turpe passione.
haec passim dea foeda virum diffundit in ora. Questo qua e là la sporca dea diffonde sulle bocche degli uomini.
protinus ad regem cursus detorquet Iarban Poi storce i passi verso il re Iarba
incenditque animum dictis atque aggerat iras. gli incendia il cuore con le dicerie ed accumula le ire.

DE IARBAE IRA (4.198-228) IL RE IARBA SDEGNATO

Hic Hammone satus rapta Garamantide nympha Questi nato da Ammone e dalla ninfa rapita Garamantide
templa Iovi centum latis immania regnis, creò per Giove cento immensi templi nei vasti regni,
centum aras posuit vigilemque sacraverat ignem, 200 cento altari e aveva dedicato il fuoco vigile,
excubias divum aeternas, pecudumque cruore eterne guardie degli dei, un suolo ricco di sangue
pingue solum et variis florentia limina sertis. di mandrie ed ingressi fiorenti di varie ghirlande.

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L’ENEIDE DI VIRGILIO – I LIBRI DI DIDONE

isque amens animi et rumore accensus amaro E lui pazzo in cuore e accesso dall’amara diceria,
dicitur ante aras media inter numina divum si dice, avesse pregato molto Giove supplicando con mani alzate
multa Iovem manibus supplex orasse supinis: davanti agli altari in mezzo alle immagini degli dei:
'Iuppiter omnipotens, cui nunc Maurusia pictis Giove onnipotente, cui ora il popolo marusio
gens epulata toris Lenaeum libat honorem, banchettando su ricamati letti liba l’offerta lenea,
aspicis haec? an te, genitor, cum fulmina torques vedi questo? Forse, padre, quando lanci i fulmini, invano
nequiquam horremus, caecique in nubibus ignes ti temiamo, vampe cieche tra le nubi
terrificant animos et inania murmura miscent? atterriscono gli animi producono vuoti mormorii?
femina, quae nostris errans in finibus urbem Una donna, che errando creò nei nostri paesi una piccola
exiguam pretio posuit, cui litus arandum città col danaro, cui concedemmo il litorale da arare,
cuique loci leges dedimus, conubia nostra cui pure le leggi del luogo, respinse le nostre nozze
reppulit ac dominum Aenean in regna recepit. ed accolse come signore Enea nei regni.
et nunc ille Paris cum semiviro comitatu, Ed ora quel Paride con un codazzo effeminato,
Maeonia mentum mitra crinemque madentem allacciando il mento e la chioma fradicia con mitra
subnexus, rapto potitur: nos munera templis meonia, è padrone del furto: noi davvero ai tuoi templi
quippe tuis ferimus famamque fovemus inanem.' portiamo doni e nutriamo un culto vuoto?”

DE IOVIS IUSSU (4.219-295) ORDINI DI GIOVE AD ENEA

Talibus orantem dictis arasque tenentem Lo sentì che pregava con tali parole e tenendo
audiit Omnipotens, oculosque ad moenia torsit 220 gli altari l’Onnipotente, storse gli occhi alle mura regali
regia et oblitos famae melioris amantis. ed agli amanti dimentichi di fama migliore.
tum sic Mercurium adloquitur ac talia mandat: Allora così parla a Mercurio e questo gli affida:
'vade age, nate, voca Zephyros et labere pennis “Su, va’, figlio, chiama gli Zefiri e scendi a volo
Dardaniumque ducem, Tyria Karthagine qui nunc e parla al capo dardanio, che ora aspetta nella tiria
exspectat fatisque datas non respicit urbes, Cartagine e non guarda alle città concesse dai fati
adloquere et celeris defer mea dicta per auras. e riferisci veloce le mie parole nel cielo.
non illum nobis genetrix pulcherrima talem Non ce lo promise tale la bellissima madre
promisit Graiumque ideo bis vindicat armis; e lo protegge perciò due volte dall’armi dei Grai;
sed fore qui gravidam imperiis belloque frementem ma che guidasse l’Italia gravida di potenze e fremente
Italiam regeret, genus alto a sanguine Teucri di guerra, che propagasse la stirpe dal grande sangue
proderet, ac totum sub leges mitteret orbem. di Teucro e mettesse sotto leggi il mondo intero.
si nulla accendit tantarum gloria rerum Se nessuna gloriadi sì grandi imprese lo accende
nec super ipse sua molitur laude laborem, né lui si smuove all’impegno per il suo onore,
Ascanione pater Romanas invidet arces? come padre invidia forse ad Ascanio le rocche romane?
quid struit? aut qua spe inimica in gente moratur Che combina? O con quale mira si ferma tra gente nemica
nec prolem Ausoniam et Lavinia respicit arva? e non guarda alla prole ausonia ed ai campi di Lavinio?
naviget. haec summa est, hic nostri nuntius esto.' Navighi! Questa è la conclusione, questo sia il nostro avviso”.
Dixerat. ille patris magni parere parabat Aveva sentenziato. Egli si preparava ad ubidire all’ordine
imperio; et primum pedibus talaria nectit del gran padre; e prima si allaccia i calzari d’oro ai piedi,
aurea, quae sublimem alis sive aequora supra 240 che lo portano altissimo con le ali sia sopra le acque
seu terram rapido pariter cum flamine portant. e la terra ugualmente con veloce soffio.
tum virgam capit: hac animas ille evocat Orco Allora prende la verga: con questa egli richiama le anime
pallentis, alias sub Tartara tristia mittit, pallide dall’Orco, altre le invia sotto i tristi Tartari,
dat somnos adimitque, et lumina morte resignat. dà i sonni e li toglie, e libera gli occhi dalla morte.
illa fretus agit ventos et turbida tranat Munendosi di essa spinge i venti e trapassa le torbide
nubila. iamque volans apicem et latera ardua cernit nuvole. Ormai volando vede la vetta ed i fianchi ripidi
Atlantis duri caelum qui vertice fulcit, del duro Atlante che regge col capo il cielo,
Atlantis, cinctum adsidue cui nubibus atris di Atlante, cui la testa ricca di pini frequentemente
piniferum caput et vento pulsatur et imbri, è cinta di nere nubi ed è battuta da vento e da pioggia,
nix umeros infusa tegit, tum flumina mento la neve scesa copre le spalle, poi fiumi precipitano dal mento
praecipitant senis, et glacie riget horrida barba. del vecchio e l’ispida barba s’irrigidisce pel ghiaccio.
hic primum paribus nitens Cyllenius alis Qui dapprima il Cillenio splendente si fermò con l’ali
constitit; hinc toto praeceps se corpore ad undas appaiate; di qui con tutto il corpo si lanciò capofitto nell’onde
misit avi similis, quae circum litora, circum simile ad uccello, che attorno alle spiagge, attorno
piscosos scopulos humilis volat aequora iuxta. ai pescosi scogli vola basso vicino alle acque.
haud aliter terras inter caelumque volabat Non diversamente volava tra cielo e terra
litus harenosum ad Libyae, ventosque secabat verso il lido sabbioso di Libia, e la prole cillenia
materno veniens ab avo Cyllenia proles. provenendo dall’avomaterno tagliava i vemti.

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L’ENEIDE DI VIRGILIO – I LIBRI DI DIDONE

ut primum alatis tetigit magalia plantis, Appena con le piante alate toccò i sobborghi,
Aenean fundantem arces ac tecta novantem 260 vede Enea che fonda le rocche e crea nuove case.
conspicit. atque illi stellatus iaspide fulva Egli aveva pure una spada costellata di rosso
ensis erat Tyrioque ardebat murice laena diaspro ed un mantello di porpora tiria,che scendeva
demissa ex umeris, dives quae munera Dido dalle spalle, splendeva: questo dono l’aveva fatto
fecerat, et tenui telas discreverat auro. la ricca Didone e l’aveva trapuntato la stoffa d’oro sottile.
continuo invadit: 'tu nunc Karthaginis altae Subito l’assale: “Tu adesso poni le fondamenta della grande
fundamenta locas pulchramque uxorius urbem Cartagine e ligio alla moglie costruisci una bella città.
exstruis? heu, regni rerumque oblite tuarum. Ahimè, dimentico del regno e delle tue imprese.
ipse deum tibi me claro demittit Olympo Lo stesso re degli dei mi invia dallo splendido
regnator, caelum et terras qui numine torquet, Olimpo, lui che con potenza volge cielo e terra,
ipse haec ferre iubet celeris mandata per auras: lui ordina di recare questi ordini nei cieli veloci:
quid struis? aut qua spe Libycis teris otia terris? cosa combini? O con che speranza rovini il tempo in terre libiche?
si te nulla movet tantarum gloria rerum Se non ti smuove nessuna fama di tante imprese
[nec super ipse tua moliris laude laborem,] né tu affronti l’impegno per la tua gloria,
Ascanium surgentem et spes heredis Iuli guarda ad Ascanio che cresce ed alle speranze dell’erede
respice, cui regnum Italiae Romanaque tellus Iulo, cui è dovuto il regno d’Italia e la terra
debetur.' tali Cyllenius ore locutus Romana.” Dopo aver parlato con tale espressione il Cillenio
mortalis visus medio sermone reliquit lasciò le sembianze mortali nel mezzo del discorso
et procul in tenuem ex oculis evanuit auram. e disparve dagli occhi nell’aria leggera.
At vero Aeneas aspectu obmutuit amens, Ma Enea davvero alla vista ammutolì, fuor di sé,
arrectaeque horrore comae et vox faucibus haesit. 280 e le chiome dritte e la voce s'attaccò alle fauci.
ardet abire fuga dulcisque relinquere terras, Brucia di andarsene in fuga e lasciare le dolci terre,
attonitus tanto monitu imperioque deorum. attonito per sì grande monito e ordine degli dei.
heu quid agat? quo nunc reginam ambire furentem Ahi, che fare? Con quale parola osare avvicinare
audeat adfatu? quae prima exordia sumat? la regina impazzita? Quali iniziative prender per prime?
atque animum nunc huc celerem nunc dividit illuc Ed ora divide la mente veloce ora qui ora là
in partisque rapit varias perque omnia versat. la strappa in vari pezzi e si volge dappertutto.
haec alternanti potior sententia visa est: A lui altalenante questo parere parve migliore:
Mnesthea Sergestumque vocat fortemque Serestum, chiama Mnesteo e Sergesto ed il forte Seresto,
classem aptent taciti sociosque ad litora cogant, zitti allestiscan la flotta e spingan ai lidi i compagni,
arma parent et quae rebus sit causa novandis preparino armi e dissimulino quale sia la causa
dissimulent; sese interea, quando optima Dido per cambiare i piani; lui intanto, poiché l'ottima Didone
nesciat et tantos rumpi non speret amores, non sa e non spera che sì grandi amori si spezzino,
temptaturum aditus et quae mollissima fandi tenterà le strade ed i momenti più teneri
tempora, quis rebus dexter modus. ocius omnes di parlare, quale sia il modo adatto alle cose. Subito tutti
imperio laeti parent et iussa facessunt. lieti obbediscano all'ordine ed eseguono i comandi.

DE DIDONIS QUAESTU (4.296-330) LAMENTO DI DIDONE

At regina dolos quis fallere possit amantem? Ma la regina (chi potrebbe ingannare un amante?)
praesensit, motusque excepit prima futuros presentì, per prima colse i movimenti futuri
omnia tuta timens. eadem impia Fama furenti temendo ogni sicurezza. La stessa empia Fama riferì
detulit armari classem cursumque parari. a lei impazzita, che si allestiva la flotta e si preparava la rotta.
saevit inops animi totamque incensa per urbem 300 Impazza annichilita nel cuore e furiosa per la città
bacchatur, qualis commotis excita sacris smania come baccante, come Tiade scossa, iniziati i riti,
Thyias, ubi audito stimulant trieterica Baccho quando udito Bacco, le orge triennali la stimolano
orgia nocturnusque vocat clamore Cithaeron. ed il notturno Citerone la chiama col frastuono.
tandem his Aenean compellat vocibus ultro: Infine spontaneamente affronta Enea con queste frasi:
'dissimulare etiam sperasti, perfide, tantum "Sperasti pure poter dissimulare, perfido, sì gran
posse nefas tacitusque mea decedere terra? sacrilegio e zitto allontanarti dalla mia terra?
nec te noster amor nec te data dextera quondam Né ti trattiene il nostro amore né la destra data un giorno
nec moritura tenet crudeli funere Dido? né una Didone destinata a morire di morte crudele?
quin etiam hiberno moliri sidere classem Anzi anche con stella invernale allestisci la flotta
et mediis properas Aquilonibus ire per altum, e ti affretti ad andare al largo in mezzo agli Aquiloni,
crudelis? quid, si non arva aliena domosque crudele? Che? Se non cercassi campi stranieri e
ignotas peteres, et Troia antiqua maneret, case ignote e restasse l'antica Troia, Trioa sarebbe
Troia per undosum peteretur classibus aequor? cercata con flotte per il mare ondoso?
mene fugis? per ego has lacrimas dextramque tuam te Forse fuggi me? Io per queste lacrime e la tua destra te,

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L’ENEIDE DI VIRGILIO – I LIBRI DI DIDONE

quando aliud mihi iam miserae nihil ipsa reliqui, poiché io stessa non lasciai null'altro a me misera,
per conubia nostra, per inceptos hymenaeos, per i nostri vincoli, per le nozze incominciate,
si bene quid de te merui, fuit aut tibi quicquam se per te meritai bene qualcosa, o per te ci fu qualche
dulce meum, miserere domus labentis et istam, mia tenerezza, abbi pietà d'una casa che crolla e cancella,
oro, si quis adhuc precibus locus, exue mentem. ti prego, se ancora c'è un posto per le preghiere, questa idea.
te propter Libycae gentes Nomadumque tyranni 320 A causa di te i popoli libici ed i tiranni dei Nomadi
odere, infensi Tyrii; te propter eundem mi odiano, contrari i Tiri; proprio a causa di te
exstinctus pudor et, qua sola sidera adibam, fu estinto il pudore e la fama per prima, per la quale io sola
fama prior. cui me moribundam deseris hospes salivo alle stelle. A chi mi abbandoni moribonda, ospite,
hoc solum nomen quoniam de coniuge restat? solo questo nome da un marito mi resta?
quid moror? an mea Pygmalion dum moenia frater Che aspetto? Forse fin che il fratello Pigmalione distrugga
destruat aut captam ducat Gaetulus Iarbas? le mie mura o il getulo Iarba mi porti prigioniera?
saltem si qua mihi de te suscepta fuisset Almeno se prima della fuga mi fosse nato da te
ante fugam suboles, [si quis mihi parvulus aula un figlio, [se un piccolo Enea mi giocasse
luderet Aeneas,] qui te tamen ore referret, nella reggia,] che ti richiamasse col volto,
non equidem omnino capta ac deserta viderer.' non mi sembrerei del tutto delusa e abbandonata"

DE AENEAE RESPONSO (4.331-461) LA RISPOSTA DI ENEA

Dixerat. ille Iovis monitis immota tenebat Aveva detto. Egli teneva gli occhi immobili agli ordini
lumina et obnixus curam sub corde premebat. di Giove e sforzandosi premeva il dolore dentro il cuore.
tandem pauca refert: 'ego te, quae plurima fando Finalmente proferisce poche cose: "Io mai negherò che tu
enumerare vales, numquam, regina, negabo hai meriti, i maggiori che parlando sei in grado di enumerare,
promeritam, nec me meminisse pigebit Elissae o regina, né mi rincrescerà ricordarmi di Elissa, fin che io stesso
dum memor ipse mei, dum spiritus hos regit artus. sia memore di me, fin che lo spirito regga queste membra.
pro re pauca loquar. neque ego hanc abscondere furto Per il fatto dirò poco. Né io sperai nasconder con frode
speravi ne finge fugam, nec coniugis umquam questa fuga, non credere, né mai ho alzato fiaccole
praetendi taedas aut haec in foedera veni. di marito o venni a tali patti.
me si fata meis paterentur ducere vitam 340 Io se i fati permettessero di condurre la vita secondo miei
auspiciis et sponte mea componere curas, desideri e e calmare gli affanni di mia scelta,
urbem Troianam primum dulcisque meorum anzitutto onorerei la città troiana ed i dolci resti dei miei,
reliquias colerem, Priami tecta alta manerent, si manterrebbero le alte regge di Priamo, e con mano
et recidiva manu posuissem Pergama victis. ostinata avrei rifatto Pergamo per i vinti.
sed nunc Italiam magnam Gryneus Apollo, Ma ora Apollo grineo e gli oracoli dei Licia mi han
Italiam Lyciae iussere capessere sortes; comandato di raggiungere Italia;
hic amor, haec patria est. si te Karthaginis arces questo il mio amore, questa è la mia patria. Se le rocche
Phoenissam Libycaeque aspectus detinet urbis, di Cartagine e la vista d'una città libica trattiene te, Fenicia,
quae tandem Ausonia Teucros considere terra quale invidia c'è che finalmente i Teucri si fermino su terra
invidia est? et nos fas extera quaerere regna. ausonia? E' fato che anche noi cerchiamo regni stranieri.
me patris Anchisae, quotiens umentibus umbris Me terrorizza la sconvolta immagine del padre Anchise e mi
nox operit terras, quotiens astra ignea surgunt, ammonisce in sogno, quando, piovendo le ombre,
admonet in somnis et turbida terret imago; la notte ricopre le terre, quando gli astri ignei sorgono;
me puer Ascanius capitisque iniuria cari, Me, pure, i piccolo Ascanio ed il torto del caro volto
quem regno Hesperiae fraudo et fatalibus arvis. che defraudo del regno d'Esperia e dei campi fatali.
nunc etiam interpres divum Iove missus ab ipso Ora anche l'interprete degli dei mandato dallo stesso Giove,
testor utrumque caput celeris mandata per auras lo giuro sul capo d'entrambi, inviò ordini attraverso i cieli
detulit: ipse deum manifesto in lumine vidi veloci: io stesso vidi il dio in chiara visione che penetrava
intrantem muros vocemque his auribus hausi. le mura e ne assorbii la voce con queste orecchie.
desine meque tuis incendere teque querelis: 360 Smetti di incendiare me e te coi tuoi pianti;
Italiam non sponte sequor.' l'Italia la inseguo non spontaneamente."

DE REGINAE DIDONIS DESPERATIONE LA DISPERAZIONE DI DIDONE


(4.362-392)

Talia dicentem iamdudum aversa tuetur Girata ormai lo guarda dir tali cose
huc illuc volvens oculos totumque pererrat girando qua e là con gli occhi e tutto lo squadra
luminibus tacitis et sic accensa profatur: con sguardi muti e così accesa prorompe:
'nec tibi diva parens generis nec Dardanus auctor, "Né una dea ti fu genitrice né Dardano capostipite,

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L’ENEIDE DI VIRGILIO – I LIBRI DI DIDONE

perfide, sed duris genuit te cautibus horrens perfido, ma ti generò da duri macigni l'orrendo
Caucasus Hyrcanaeque admorunt ubera tigres. Caucaso e tigri ircane offriron le mammelle.
nam quid dissimulo aut quae me ad maiora reservo? Ma che dissimulo o a quali cose maggiori mi riservo?
num fletu ingemuit nostro? num lumina flexit? Forse che gemette al nostro pianto? Forse chinò gli sguardi?
num lacrimas victus dedit aut miseratus amantem est? Forse, vinto, versò lacrime o commiserò l'amante?
quae quibus anteferam? iam iam nec maxima Iuno Cosa opporrò acosa? Ormai neppure la massima Giunone
nec Saturnius haec oculis pater aspicit aequis. né il padre saturnio guarda questo con occhi giusti.
nusquam tuta fides. eiectum litore, egentem In nessun luogo lealtà sicura. L'ho accolto buttato sul lido,
excepi et regni demens in parte locavi. bisognoso ed io pazza lo misi a parte del regno.
amissam classem, socios a morte reduxi Riportai la flotta perduta ed i compagni da morte.
heu furiis incensa feror: nunc augur Apollo, Ahi, incendiata dalle furie son portata..: ora Apollo augure,
nunc Lyciae sortes, nunc et Iove missus ab ipso ora i responsi di Licia, ora anche l'interprete degli dei
interpres divum fert horrida iussa per auras. mandato dallo stesso Giove porta per i cieli i comandi.
scilicet is superis labor est, ea cura quietos Senz'altro questa è la pena per i celesti, tale affanno affatica
sollicitat. neque te teneo neque dicta refello: 380 i tranquilli. Né ti trattengo né ribatto le parole:
i, sequere Italiam ventis, pete regna per undas. Va, insegui coi venti l'Italia, cerca regni attraverso le onde.
spero equidem mediis, si quid pia numina possunt, Spero davvero che in mezzo a scogli, se le pie preghiere
supplicia hausurum scopulis et nomine Dido posson qualcosa, berrai i supplizi e spesso chiamerai per nome
saepe vocaturum. sequar atris ignibus absens "Didone!". Assente t'inseguirò con neri fuochi
et, cum frigida mors anima seduxerit artus, e, quando la morte separerà le membra dall'anima,
omnibus umbra locis adero. dabis, improbe, poenas. io, ombra sarò in tutti i luoghi. Pagherai, malvagio, il fio.
audiam et haec Manis veniet mihi fama sub imos.' Sentirò anche sotto i profondi Mani verrà tale notizia".
his medium dictis sermonem abrumpit et auras Con queste parole ruppe a metà il discorso ed i cieli
aegra fugit seque ex oculis avertit et aufert, fugge, malata, e si fira e si toglie dagli occhi,
linquens multa metu cunctantem et multa parantem lasciandolo molto tentennante di paura e preparandosi a dire
dicere. suscipiunt famulae conlapsaque membra molto: la sorreggono le ancelle e riportano le membra crollate
marmoreo referunt thalamo stratisque reponunt. sul letto di marmo e le ripongono sui cuscini.

DE AENEAE APPARATU AD DISCESSUM PREPARATIVI PER LA PARTENZA


(4.393-407)

At pius Aeneas, quamquam lenire dolentem Ma il pio Enea, benchè brami lenire la dolente
solando cupit et dictis avertere curas, consolandola e allontanare con parole gli affanni,
multa gemens magnoque animum labefactus amore molto gemendo travolto nell'animo dal grande amore
iussa tamen divum exsequitur classemque revisit. esegue tuttavia i comandi degli dei e rivisita la flotta.
tum vero Teucri incumbunt et litore celsas Allora davvero i Teucri lavorano e portan le alte navi
deducunt toto navis. natat uncta carina, su tutto il lido. Galleggia la carena unta,
frondentisque ferunt remos et robora silvis e portano remi frondosi dai boschi e tavole
infabricata fugae studio. 400 non lavorate per la smania di fuga.
migrantis cernas totaque ex urbe ruentis: Li vedresti migrare e correre da tutta la città:
ac velut ingentem formicae farris acervum e come quando le formiche saccheggiano un gran mucchio
cum populant hiemis memores tectoque reponunt, di farro memori dell'inverno e lo ripongono in casa,
it nigrum campis agmen praedamque per herbas va per i campi la nera schiera e trascinano la preda tra l'erbe
convectant calle angusto; pars grandia trudunt per angusto sentiero; parte spingono enormi grani
obnixae frumenta umeris, pars agmina cogunt portandoli sulle spalle, parte spingono le schiere
castigantque moras, opere omnis semita fervet. e sgridano le pigre, tutta la strada ferve di lavoro.

DE EXTREMO DIDONIS INCEPTO (4.408-449) ULTIMO TENTATIVO DI DIDONE

quis tibi tum, Dido, cernenti talia sensus, Quale sensazione allora per te, Didone, che osservavi tali cose
quosve dabas gemitus, cum litora fervere late che gemiti mandavi, spiando dall'alto della rocca attorno
prospiceres arce ex summa, totumque videres animarsi i lidi e vedendo davanti agli occhi
misceri ante oculos tantis clamoribus aequor. tutto il mare sconvolgersi di così alte grida.
improbe Amor, quid non mortalia pectora cogis. Malvagio Amore, a cosa non spingi i cuori mortali?
ire iterum in lacrimas, iterum temptare precando Ancora è costretta a gettarsi in lacrime, ancora a tentare
cogitur et supplex animos summittere amori, supplice, pregando, di soggiogare all'amore i sentimenti,
ne quid inexpertum frustra moritura relinquat. per non lasciare invano qualcosa destinata a morire.
'Anna, vides toto properari litore circum: "Anna, vedi che ci si affretta attorno a tutto il lido:

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L’ENEIDE DI VIRGILIO – I LIBRI DI DIDONE

undique convenere; vocat iam carbasus auras, si son radunati da ogni parte; ormai la vela invoca i venti,
puppibus et laeti nautae imposuere coronas. e allegri i marinai misero sulle poppe le corone.
hunc ego si potui tantum sperare dolorem, Se io potei immaginare questo sì gran dolore,
et perferre, soror, potero. miserae hoc tamen unum 420 sorella, potrò pure sopportarlo. Per me misera tuttavia,
exsequere, Anna, mihi; solam nam perfidus ille Anna, esegui solo questo: quel perfido infatti te sola
te colere, arcanos etiam tibi credere sensus; onorava, a te pure affidava arcani sentimenti;
sola viri mollis aditus et tempora noras. tu sola conoscevi le tenere vie ed i momenti dell'uomo.
i, soror, atque hostem supplex adfare superbum: Va, sorella, e supplice parla al superbo nemico:
non ego cum Danais Troianam exscindere gentem non io giurai con i Danai di sterminare il popolo troiani
Aulide iuravi classemve ad Pergama misi, in Aulide o mandai a Pergamo la flotta,
nec patris Anchisae cinerem manisve revelli: né violai il cenere o i Mani del padre Anchise:
cur mea dicta negat duras demittere in auris? perché rifiuta di accogliere nelle dure orecchie i miei detti?
quo ruit? extremum hoc miserae det munus amanti: Dove scappa? Dia questo ultimo dono alla misera amante:
exspectet facilemque fugam ventosque ferentis. aspetti una fuga facile e venti che aiutano.
non iam coniugium antiquum, quod prodidit, oro, Non chiedo più l'antica unione, che tradì,
nec pulchro ut Latio careat regnumque relinquat: né che si privi del bel Lazio e abbandoni il regno.
tempus inane peto, requiem spatiumque furori, Chiedo un tempo vuoto, quiete e spazio al furore,
dum mea me victam doceat fortuna dolere. fin che la mia sorte mi insegni a soffrire, vinta.
extremam hanc oro veniam miserere sororis, Questa ultima grazia prego, abbi pietà della sorella,
quam mihi cum dederit cumulatam morte remittam.' e se me la concederà la restituirò accresciuta dalla morte."
Talibus orabat, talisque miserrima fletus Con tali parole pregava, e la miserrima sorella
fertque refertque soror. sed nullis ille movetur porta e riporta tali pianti. Ma lui non è smosso da alcun
fletibus aut voces ullas tractabilis audit; pianto o arrendevole ascolta alcuna espressione;
fata obstant placidasque viri deus obstruit auris. 440 i fati lo vietanoed un dio chiude le calme orecchie dell'eroe.
ac velut annoso validam cum robore quercum E come quando le Bore alpine gareggiano tra loro a
Alpini Boreae nunc hinc nunc flatibus illinc sradicare una forte quercia di annosa forza con soffi
eruere inter se certant; it stridor, et altae ora di qui ora di là; va lo stridore e le alte fronde
consternunt terram concusso stipite frondes; cospargono la terra, essendo scosso il tronco;
ipsa haeret scopulis et quantum vertice ad auras lei aderisce ai macigni e quanto colla cima tende
aetherias, tantum radice in Tartara tendit: ai cieli, altrettanto con la ratice al Tartaro:
haud secus adsiduis hinc atque hinc vocibus heros non diversamente l'eroe è colpito da una parte e dall'altra
tunditur, et magno persentit pectore curas; da frasi continue, e nel gran petto recepisce gli affanni;
mens immota manet, lacrimae volvuntur inanes. la mente resta immota, le lacrme scorrono inutili.

DE INFELICIBUS DIDONIS FATIS (4.450-473) PRESAGI FUNESTI PER DIDONE

Tum vero infelix fatis exterrita Dido Allora davvero l'nfelice Didone, atterruta dai fati
mortem orat; taedet caeli convexa tueri. prega la morte; l'infastidisce guardare la convessità del cielo.
quo magis inceptum peragat lucemque relinquat, Per concluder meglio il proposito e lasciare la luce,
vidit, turicremis cum dona imponeret aris, vide, ponedo i doni sugli altari fumanti incenso,
horrendum dictu latices nigrescere sacros (orribile a dirsi) annerirsi le sacre acque ed i vini
fusaque in obscenum se vertere vina cruorem; versati cambiarsi in lurido sangue.
hoc visum nulli, non ipsi effata sorori. A nessuno raccontò questa visione, neppure alla stessa sorella.
praeterea fuit in tectis de marmore templum Ancora ci fu nella regga un tempio di marmo
coniugis antiqui, miro quod honore colebat, del vecchio marito, che venerava con grande onore,
velleribus niveis et festa fronde revinctum: addobbato di nivee lane e fronde festiva:
hinc exaudiri voces et verba vocantis 460 di qui sembrò si sentissero voci e parole del marito
visa viri, nox cum terras obscura teneret, che chiamava, mentre la notte copriva le terre,
solaque culminibus ferali carmine bubo ed unico il gufo dai tetti con canto funereo
saepe queri et longas in fletum ducere voces; spesso lamentarsi e volgere in pianto lunghi versi;
multaque praeterea vatum praedicta priorum ed inioltre molte predizioni di antichi indovini
terribili monitu horrificant. agit ipse furentem con terribile monito terrificano. Lo stesso Enea nei sogni
in somnis ferus Aeneas, semperque relinqui crudele tormenta la furiosa, sempre si vede sola,
sola sibi, semper longam incomitata videtur abbandonata, sempre andare per una lunga via,
ire viam et Tyrios deserta quaerere terra, senza seguito, su terra deserta cercare i Tirii,
Eumenidum veluti demens videt agmina Pentheus come Penteo, pazzo, vede mostrarsi le schiere
et solem geminum et duplices se ostendere Thebas, delle Eumenidi e doppio sole e doppia Tebe,
aut Agamemnonius scaenis agitatus Orestes, o come l'agamenninio Oreste spinto sulle scene,
armatam facibus matrem et serpentibus atris quando fugge la madre armata di fiaccole e neri

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L’ENEIDE DI VIRGILIO – I LIBRI DI DIDONE

cum fugit ultricesque sedent in limine Dirae. serpenti e le Dire vendicatrici siedono sulla soglia.

DE CATABASIS APPARATU (4.474-503) PREPARAZIONE DELLA CATABASI

Ergo ubi concepit furias evicta dolore Perciò come accolse le furie, vinta dal dolore,
decrevitque mori, tempus secum ipsa modumque e decise di morire, lei stessa tra sé sceglie tempo
exigit, et maestam dictis adgressa sororem e modo, e rivolgendosi con parole alla mesta sorella
consilium vultu tegit ac spem fronte serenat: copre la decisione in volto ed in fronte rasserena speranza.
'inveni, germana, viam gratare sorori "Trovai, sorella, la via (tallegrati con la sorella),
quae mihi reddat eum vel eo me solvat amantem. che mi restituisca lui o da lui sciolga me che l'amo.
Oceani finem iuxta solemque cadentem 480 Vicino al confine dell'Oceano ed al sole cadente
ultimus Aethiopum locus est, ubi maximus Atlas c'è un luogo, l'ultimo degli Etiopi, dove il massimo Atlante
axem umero torquet stellis ardentibus aptum: a spalla gira l'asse unito alle ardenti stelle:
hinc mihi Massylae gentis monstrata sacerdos, Di qui mi fu mostrata una sacerdotessa del popolo massilo,
Hesperidum templi custos, epulasque draconi custode del tempio delle Esperidi, che dava cibo al drago
quae dabat et sacros servabat in arbore ramos, e conservava sacri rami su di una pianta,
spargens umida mella soporiferumque papaver. spargendo umidi mieli e soporifero papavero.
haec se carminibus promittit solvere mentes Costei promette con canti di sciogliere le menti,
quas velit, ast aliis duras immittere curas, che vuole, anzi di mandare ad altri i duri affanni,
sistere aquam fluviis et vertere sidera retro, fermar l'acque nei fiumi e volgere indietro le stelle,
nocturnosque movet Manis: mugire videbis e muove i Mani notturni: vedrai muggire la terra
sub pedibus terram et descendere montibus ornos. sotto i piedi e gli orni scendere dai monti.
testor, cara, deos et te, germana, tuumque Giuro, cara, per gli dei e per te, sorella, e la tua
dulce caput, magicas invitam accingier artis. dolce persona, che contro voglia mi accingo ad arti magiche.
tu secreta pyram tecto interiore sub auras Tu innalza silenziosa nell'interno della casa un rogo
erige, et arma viri thalamo quae fixa reliquit sotto i cieli e le armi dell'uomo, che lasciò fisse sul letto,
impius exuviasque omnis lectumque iugalem, l'empio, e tutte le spoglie ed il letto coniugale,
quo perii, super imponas: abolere nefandi per cui morii, metti sopra: giova cancellare tutti
cuncta viri monimenta iuvat monstratque sacerdos.' i ricordi dell'uomo nefando e lo dichiara la sacerdotessa"
haec effata silet, pallor simul occupat ora. Ciò detto, tace, intanto il pallore occupa il volto.
non tamen Anna novis praetexere funera sacris 500 Tuttavia Anna non crede nasconda coi riti strani
germanam credit, nec tantos mente furores la morte, né con la mente concepisce sì grandi pazzie
concipit aut graviora timet quam morte Sychaei. o teme cose più gravi della morte di Sicheo.
ergo iussa parat. Perciò esegue gli ordini.

DE DIDONIS PIETATE (4.504-521) LA PIA DIDONE

At regina, pyra penetrali in sede sub auras Ma la regina, eretto il grande rogo nella parte interna
erecta ingenti taedis atque ilice secta, sotto i cieli con rami di pino e leccio tagliato,
intenditque locum sertis et fronde coronat riveste il luogo di ghirlande e l'incorona di fronda
funerea; super exuvias ensemque relictum funerea; pone sul letto le spoglie e la spada lasciata
effigiemque toro locat haud ignara futuri. l'effigie non ignara del futuro.
stant arae circum et crinis effusa sacerdos Gli altari stanno attorno e la sacerdotessa, sciolta i capelli,
ter centum tonat ore deos, Erebumque Chaosque trecento volte grida gli dei, Erebo e Caos
tergeminamque Hecaten, tria virginis ora Dianae. e la triplice Ecate, i tre volti della vergine Diana.
sparserat et latices simulatos fontis Averni, Aveva pure sparso le acque simulate della fonte d'Averno,
falcibus et messae ad lunam quaeruntur aenis si cercano erbe rigonfie con latte di nero veleno
pubentes herbae nigri cum lacte veneni; mietute sotto la luna con falci di bronzo ;
quaeritur et nascentis equi de fronte revulsus si cerca anche l'amore strappato dalla fronte d'un cavallo
et matri praereptus amor. nascente rubato alla madre.
ipsa mola manibusque piis altaria iuxta Lei stessa con farina e mani pie presso gli altari,
unum exuta pedem vinclis, in veste recincta, toltasi un piede dai calzari in veste discinta,
testatur moritura deos et conscia fati destinata a morire invoca gli dei e le stelle consce
sidera; tum, si quod non aequo foedere amantis 520 del fato; poi se c'è una qualche potenza, giusta e benevola,
curae numen habet iustumque memorque, precatur. ha a cuore gli amanti con sorte ingiusta, la prega.

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L’ENEIDE DI VIRGILIO – I LIBRI DI DIDONE

QUID TUM ? (4.522-552) CHE DUNQUE?

Nox erat et placidum carpebant fessa soporem Era notte ed i corpi stanchi prendevan placido riposo
corpora per terras, silvaeque et saeva quierant sulle terre, le selve ed i mari crudeli eran quieti,
aequora, cum medio volvuntur sidera lapsu, quando le stelle volgono a metà del giro,
cum tacet omnis ager, pecudes pictaeque volucres, quando ogni campo tace, le mandrie e gli uccelli variopinti,
quaeque lacus late liquidos quaeque aspera dumis che occupano attorno i limpidi laghi e campagne aspre
rura tenent, somno positae sub nocte silenti. di spini, riposti nel sonno sotto notte silenziosa.
[lenibant curas et corda oblita laborum] [addolcivano gli affanni ed i cuori dimentichi delle fatiche]
at non infelix animi Phoenissa, neque umquam ma non la Fenicia infelice nel cuore, né mai
solvitur in somnos oculisve aut pectore noctem si scioglie nel sonno o coglie negli occhi e nel cuore
accipit: ingeminant curae rursusque resurgens la notte: si raddoppiano gli affanni e di nuovo risorgenso
saevit amor magnoque irarum fluctuat aestu. incrudelisce amore e vacilla nella gran vampa delle ire.
sic adeo insistit secumque ita corde volutat: Così di più insiste e tra sé così medita in cuore:
'en, quid ago? rursusne procos inrisa priores "Ecco, che faccio? Forse di nuovo derisa affronterò
experiar, Nomadumque petam conubia supplex, i vecchi pretendenti, supplice cercherò le nozze dei Nomadi,
quos ego sim totiens iam dedignata maritos? quei mariti che ormai tante volte ho sdegnato?
Iliacas igitur classis atque ultima Teucrum Inseguirò dunque le flotte iliache e gli ultimi ordini
iussa sequar? quiane auxilio iuvat ante levatos dei Teucri? Forse perché serve sian stati prima alleviato da
et bene apud memores veteris stat gratia facti? aiuto e sta bene la riconoscenza presso i memori d'un vecchio fatto?
quis me autem, fac velle, sinet ratibusve superbis 540 Chi poi, ammetti di volerlo, permetterà o accoglirà me odiata
invisam accipiet? nescis heu, perdita, necdum sulle superbe barche? Ahimè, non sai, disperata e non capisci
Laomedonteae sentis periuria gentis? i tradimenti del popolo laomedonteo?
quid tum? sola fuga nautas comitabor ovantis? Che dunque? Da sola in fuga accompagnerò marinai festanti?
an Tyriis omnique manu stipata meorum O attorniata dai Tiri e da ogni schiera dei miei
inferar et, quos Sidonia vix urbe revelli, mi trascinerò e, quelli che a stento portai dalla città sidonia,
rursus agam pelago et ventis dare vela iubebo? di nuovo porterò per il mare e ordinerò di dare la vele ai venti?
quin morere ut merita es, ferroque averte dolorem. Muori piuttosto come hai meritato, cancella con la spada il dolore.
tu lacrimis evicta meis, tu prima furentem Tu vinta dalle mie lacrime, sorella, tu per prima mi aggravi
his, germana, malis oneras atque obicis hosti. di questi mali e butti me pazza davanti al nemico.
non licuit thalami expertem sine crimine vitam Mi dolgo di non aver vissuto libera come una fiera, selvatica e
degere more ferae, talis nec tangere curas; solitaria, senza amore né colpa, e priva di questi tormenti;
non servata fides cineri promissa Sychaeo.' non fu salvata la fede promessa alla cenere di Sicheo".

DE SUBITO AENEAE DISCESSU (4.553-583) IMPROVVISA PARTENZA DI ENEA

Tantos illa suo rumpebat pectore questus. Ella prorompeva dal suo cuore così grandi lamenti.
Aeneas celsa in puppi iam certus eundi Enea sull'alta poppa ormai sicuro di andare
carpebat somnos rebus iam rite paratis. prendeva sonno, già ben preparate le cose.
huic se forma dei vultu redeuntis eodem A lui si offrì nei sogni l'immagine del dio che tornava
obtulit in somnis rursusque ita visa monere est, con lo stesso volto e di nuovo parve ammonire così:
omnia Mercurio similis, vocemque coloremque in tutto simile a Mercurio, e voce e colore
et crinis flavos et membra decora iuventa: e biondi capelli e membra belle di giovinezza:
'nate dea, potes hoc sub casu ducere somnos 560 "Figlio di dea, puoi continuare il sonno in questa situazione,
nec quae te circum stent deinde pericula cernis, né vedi quali pericoli poi stiano attorno a te,
demens, nec Zephyros audis spirare secundos? pazzo, né senti gli Zefiri spirare favorevoli?
illa dolos dirumque nefas in pectore versat Lei macchina tranelli incuore e crudele delitto,
certa mori, variosque irarum concitat aestus. sicura di morire, ed eccita varie tempeste di ire.
non fugis hinc praeceps, dum praecipitare potestas? Non fuggi di qui di fretta, mentre c'è possibilità di affrettarsi?
iam mare turbari trabibus saevasque videbis Ormai vedrai il mare scuotersi di legni e brillare fiamme
conlucere faces, iam fervere litora flammis, crudeli, ormai i lidi ribollire di fiamme, se Aurora
si te his attigerit terris Aurora morantem. ti coglierà ad indugiare su queste terre
heia age, rumpe moras. varium et mutabile semper Orsù vai, rompi gli indugi. E' sempre un essere vario e mutevole
femina.' sic fatus nocti se immiscuit atrae. la donna". Detto così, si confuse nella nera notte.
Tum vero Aeneas subitis exterritus umbris Allora Enea atterrito dalle ombre improvvise
corripit e somno corpus sociosque fatigat strappa il corpo dal sonno e sprona i compagni
praecipitis: 'vigilate, viri, et considite transtris; rapidi: "Vigilate, uomini, e sedete ai remi;
solvite vela citi. deus aethere missus ab alto svelti sciogliete le vele. Un dio inviato dall'alto cielo

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L’ENEIDE DI VIRGILIO – I LIBRI DI DIDONE

festinare fugam tortosque incidere funis ecco di nuovo ci stimola ad affrettare la fuga
ecce iterum instimulat. sequimur te, sancte deorum, e tagliare le corde attorcigliate. Ti seguiamo, santo tra gli dei,
quisquis es, imperioque iterum paremus ovantes. chiunque sia, e di nuovo festanti obbediamo al comando.
adsis o placidusque iuves et sidera caelo Oh, assistici, aiutaci benevolo e porta dal cielo
dextra feras.' dixit vaginaque eripit ensem stelle propizie." Disse ed estrae dal fodero la spada
fulmineum strictoque ferit retinacula ferro. 580 fulminea e, impugnata l'arma, taglia gli ormeggi.
idem omnis simul ardor habet, rapiuntque ruuntque; Insieme lo stesso ardore prende tutti, si buttano e corrono;
litora deseruere, latet sub classibus aequor, lasciarono i lidi, il mare è nascosto sotto le flotte,
adnixi torquent spumas et caerula verrunt. sforzandosi taglian le spume e spazzan l'azzurro.

DE DIDONIS IMPRECATIONE (4.584-629) L’INVETTIVA DI DIDONE

Et iam prima novo spargebat lumine terras E già la prima Aurora lasciando giaciglio di croco
Tithoni croceum linquens Aurora cubile. di Titone spruzzava le terre di nuova luce.
regina e speculis ut primam albescere lucem La regina dalle vedette come vide biancheggiare la prima
vidit et aequatis classem procedere velis, luce e la flotta procedere a vele spiegate,
litoraque et vacuos sensit sine remige portus, e s'accorse dei lidi e dei porti vuoti senza un rematore,
terque quaterque manu pectus percussa decorum percuotendo il bel petto con la mano e tre e quattro volte
flaventisque abscissa comas 'pro Iuppiter. ibit e sciolta nelle biondeggianti chiome " Oh Giove. Andrà
hic,' ait 'et nostris inluserit advena regnis? costui, dice, e lo straniero si befferà dei nostri regni?
non arma expedient totaque ex urbe sequentur, Gli altri non prenderanno le armi e inseguiranno da tutta la città
diripientque rates alii navalibus? ite, e strapperanno le barche dagli arsenali? Andate,
ferte citi flammas, date tela, impellite remos. rapidi portate fiamme, date armi, spingete i remi.
quid loquor? aut ubi sum? quae mentem insania mutat? Che dico? O dove sono? Che pazzia cambia la mente?
infelix Dido, nunc te facta impia tangunt? Infelice Didone, ora i fatti sacrileghi ti colpiscono?
tum decuit, cum sceptra dabas. en dextra fidesque, Allora andò bene, quando davi lo scettro. Ecco destra e lealtà,
quem secum patrios aiunt portare penatis, quello che dicono portare con sé i sacri penati,
quem subiisse umeris confectum aetate parentem. che dicono aver sostenuto sulle spalle il padre logorato dall'età.
non potui abreptum divellere corpus et undis 600 Non ho potuto strappare il corpo maciullato e spargerlo
spargere? non socios, non ipsum absumere ferro sulle onde? Non branare i compagni, lo stesso Ascanio
Ascanium patriisque epulandum ponere mensis? con la spada e metterlo da mangiare sulle mense paterne?
verum anceps pugnae fuerat fortuna. fuisset: Davvero era dubbia la sorte della battaglia. Lo fosse stata:
quem metui moritura? faces in castra tulissem chi temetti, destinata a morire? Avrei portato le fiamme
implessemque foros flammis natumque patremque nell'accampamento, riempito di fuochi le tolde, estinto
cum genere exstinxem, memet super ipsa dedissem. il figlio ed il padre con la stirpe, e posto me stessa su quelli.
Sol, qui terrarum flammis opera omnia lustras, Sole, che illumini di raggi tutte le opere delle terre,
tuque harum interpres curarum et conscia Iuno, tu pure mediatrice e consapevole di questi affanni,
nocturnisque Hecate triviis ululata per urbes Ecate ululata nelle città nei trivi notturni
et Dirae ultrices et di morientis Elissae, e Dire vendicatrici e dei della morente Elissa,
accipite haec, meritumque malis advertite numen accettate questo, volgete ai malvagi la giusta vendetta
et nostras audite preces. si tangere portus e ascoltate le nostre preghiere. Se è necessario che l'infame
infandum caput ac terris adnare necesse est, persona tocchi i porti e navighi su terre
et sic fata Iovis poscunt, hic terminus haeret, e così chiedono i fati di Giove, questo traguardo è fisso,
at bello audacis populi vexatus et armis, però oppresso dalla guerra d'un popolo fiero e dalle armi,
finibus extorris, complexu avulsus Iuli esule dai territori, strappato dall'abbraccio di Iulo
auxilium imploret videatque indigna suorum implori aiuto e veda le indegne morti dei suoi;
funera; nec, cum se sub leges pacis iniquae né, consegnatosi sotto leggi di iniqua pace, goda
tradiderit, regno aut optata luce fruatur, del regno o della luce desiderata, ma cada
sed cadat ante diem mediaque inhumatus harena. 620 prima del tempo ed insepolto in mezzo alla sabbia.
haec precor, hanc vocem extremam cum sanguine fundo. Questo prego, verso questa ultima frase col sangue.
tum vos, o Tyrii, stirpem et genus omne futurum Poi, voi, o Tirii, trattate con odio la stirpe e tutto
exercete odiis, cinerique haec mittite nostro il popolo futuro, ed inviate alla nostra cenere questi
munera. nullus amor populis nec foedera sunto. regali. Per i popoli non ci siano alcun amore e patti.
exoriare aliquis nostris ex ossibus ultor Sorgi tu, un vendicatore, dalle nostre ossa
qui face Dardanios ferroque sequare colonos, sì, insegui i coloni dardanii col ferro e col fuoco,
nunc, olim, quocumque dabunt se tempore vires. ora, in futuro, ed ovunque nel tempo si presenteranno le forze.
litora litoribus contraria, fluctibus undas Prego lidi opposti a lidi, onde a flutti,
imprecor, arma armis: pugnent ipsique nepotesque.' armi ad armi: combattano sia loro, sia i nipoti."

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L’ENEIDE DI VIRGILIO – I LIBRI DI DIDONE

HAURIAT HUNC IGNEM (4.630-666) BEVA QUESTO FUOCO

Haec ait, et partis animum versabat in omnis, Questo disse, e volgeva la mente in tutte le parti,
invisam quaerens quam primum abrumpere lucem. cercando troncare l'odiata luce al più presto.
tum breviter Barcen nutricem adfata Sychaei, Poi brevemente si rivolse a Barce, nutrice di Sicheo
namque suam patria antiqua cinis ater habebat: (ed infatti un’urna nera teneva la sua nell'antica patria):
'Annam, cara mihi nutrix, huc siste sororem: "Nutrice a me cara, chiama qui la sorella Anna:
dic corpus properet fluviali spargere lympha, di' che s'affretti a cospargersi il corpo di acqua fluviale,
et pecudes secum et monstrata piacula ducat. e porti con sé gli animali ed i sacrifici indicati.
sic veniat, tuque ipsa pia tege tempora vitta. Venga così, tu pure con la pia benda copri le tempie.
sacra Iovi Stygio, quae rite incepta paravi, L'idea è di completare i riti, che iniziati preparai bene,
perficere est animus finemque imponere curis a Giove stigio e porre fine agli affanni ed
Dardaniique rogum capitis permittere flammae.' 640 affidare il rogo dell'uomo dardani alla fiamma".
sic ait. illa gradum studio celebrabat anili. Così disse. Quella affrettava il passo con lena senile.
at trepida et coeptis immanibus effera Dido Ma trepidante e furente per i propositi atroci, Didone
sanguineam volvens aciem, maculisque trementis volgendo lo sguardo di sangue, chiazzata le guance
interfusa genas et pallida morte futura, frementi di chiazzee pallida della futura morte,
interiora domus inrumpit limina et altos irrompe nelle stanze interne della casa e sale
conscendit furibunda rogos ensemque recludit impazzita gli alti roghi e sguaina la spada
Dardanium, non hos quaesitum munus in usus. Dardania, regalo chiesto non per questi usi.
hic, postquam Iliacas vestis notumque cubile Qui, dopo che guardò le vesti iliache ed il noto
conspexit, paulum lacrimis et mente morata letto, fermatasi un po' per lacrime e pensiero
incubuitque toro dixitque novissima verba: si adagiò in incubazione sul letto e disse strane parole:
'dulces exuviae, dum fata deusque sinebat, "Dolci spoglie, fin che i fati ed il dio permetteva,
accipite hanc animam meque his exsolvite curis. accogliete quest'anima e scioglietemi da questi affanni.
vixi et quem dederat cursum Fortuna peregi, Vissi ed il corso che la sorte mi diede, l'ho compiuto,
et nunc magna mei sub terras ibit imago. ed ora la mia immagine gloriosa andrà sotto le terre.
urbem praeclaram statui, mea moenia vidi, Fondai una città famosa, vidi le mie mura,
ulta virum poenas inimico a fratre recepi, vendicato il marito, ricevetti soddisfazione dal fratello nemico,
felix, heu nimium felix, si litora tantum felice, ahi, troppo felice, se soltanto le carene
numquam Dardaniae tetigissent nostra carinae.' dardanie non avessero mai toccato i nostri lidi".
dixit, et os impressa toro 'moriemur inultae, Così disse, con la bocca impressa sul letto, "moriremo senza vendetta,
sed moriamur' ait. 'sic, sic iuvat ire sub umbras. 660 eppur moriamo" concluse. "Così, così giova scendere tra le ombre.
hauriat hunc oculis ignem crudelis ab alto Il disumano dardano beva con gli occhi questo fuoco
Dardanus, et nostrae secum ferat omina mortis.' dall'alto, e porti via con sé i presagi della nostra morte".
dixerat, atque illam media inter talia ferro Aveva detto, e gli Eneadi fuggiaschi in mezzo a tali parole
conlapsam aspiciunt comites, ensemque cruore la vagheggiano crollata sull'arma, e la spada
spumantem sparsasque manus. it clamor ad alta spumeggiante di sangue e cosparse le mani. Va il grido alle alte
atria: concussam bacchatur Fama per urbem. stanze: la Fama furoreggia per la città sconvolta.

IUNO PARTICEPS EST (4.667-705) LA COMPLICITA’ DI GIUNONE

lamentis gemituque et femineo ululatu Di lamenti e di pianto e di ululare femminile


tecta fremunt, resonat magnis plangoribus aether, fremono le case, l'aria risuona delle alte grida.,
non aliter quam si immissis ruat hostibus omnis non diversamente che, entrati i nemici, Cartagine
Karthago aut antiqua Tyros, flammaeque furentes tutta o l'antica Tiro crolli e le fiamme furiose
culmina perque hominum volvantur perque deorum. s'avvolgano per i tetti degli uomini e degli dei.
audiit exanimis trepidoque exterrita cursu Sente esanime la sorella e atterrita con tremante corsa
unguibus ora soror foedans et pectora pugnis rovinandosi il volto con le unghie ed il petto coi pugni
per medios ruit, ac morientem nomine clamat: corre in mezzo e chiama la morente per nome:
'hoc illud, germana, fuit? me fraude petebas? "Questo fu proprio, sorella?Mi colpivi con l'inganno?
hoc rogus iste mihi, hoc ignes araeque parabant? Questo mi riservava tale rogo, questo i fuochi e gli altari?
quid primum deserta querar? comitemne sororem Abbandonata di che mi lamenterò prima? Morendo spregiasti
sprevisti moriens? eadem me ad fata vocasses, la sorella come compagna? Mi avessi chiamata agli stessi fati, lo
idem ambas ferro dolor atque eadem hora tulisset. stesso dolore e la stessa ora avesse prese entrambe con la spada.
his etiam struxi manibus patriosque vocavi 680 Costruii anche con queste mani ed invocai con la voce
voce deos, sic te ut posita, crudelis, abessem? gli dei patrii perché fossi, crudele, posta lontano da te?
exstinxti te meque, soror, populumque patresque Uccidesti, sorella, te e me ed il popolo e gli antenati

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L’ENEIDE DI VIRGILIO – I LIBRI DI DIDONE

Sidonios urbemque tuam. date, vulnera lymphis sidonii e la tua città. Date, con le acque laverò
abluam et, extremus si quis super halitus errat, le ferite e, se un ultimo sospiro vaga ancora, lo raccoglierò
ore legam.' sic fata gradus evaserat altos, con la bocca." Detto così aveva scalato gli alti gradini,
semianimemque sinu germanam amplexa fovebat ed abbracciatala scaldava sul petto la sorella semiviva
cum gemitu atque atros siccabat veste cruores. con gemiti ed asciugava colla veste il nero sangue.
illa gravis oculos conata attollere rursus Ella tentando di alzare i pesanti occhi di nuovo
deficit; infixum stridit sub pectore vulnus. sviene; nel petto la piaga impressa stride.
ter sese attollens cubitoque adnixa levavit, Tre volte alzandosi e appoggiandosi al gomito si levò,
ter revoluta toro est oculisque errantibus alto tre volte si riversò sul letto e con gli occhi erranti in alto
quaesivit caelo lucem ingemuitque reperta. cercò in cielo la luce e gemette ritrovatala.
Tum Iuno omnipotens longum miserata dolorem Allora Giunone onnipotente commmiserando il lungo tormento
difficilisque obitus Irim demisit Olympo e la difficile discesa mandò Iride dall'Olimpo
quae luctantem animam nexosque resolveret artus. perchè sciogliesse l'anima lottante e le membra incatenate.
nam quia nec fato merita nec morte peribat, Infatti poiché moriva né per fato nè per morte meritata,
sed misera ante diem subitoque accensa furore, ma infelice prima del giorno e accesa da improvviso furore,
nondum illi flavum Proserpina vertice crinem non ancora Proserpina le aveva strappato dal capo il biondo
abstulerat Stygioque caput damnaverat Orco. capello e condanata la persona all'Orco stigio.
ergo Iris croceis per caelum roscida pinnis 700 Perciò Iride rugiadosa con le penne di croco per il cielo
mille trahens varios adverso sole colores traendo mille vari colori nel sole davanti vola giù
devolat et supra caput astitit. 'hunc ego Diti e si fermò sopra la testa. "Io comandata porto questo
sacrum iussa fero teque isto corpore solvo': sacro a Dite e sciolgo te da questo corpo":
sic ait et dextra crinem secat, omnis et una così disse e con la destra taglia il capello, tutto il calore
dilapsus calor atque in ventos vita recessit. d’un tratto svanì e la vita temporeggiò tra i venti.

Libro Quinto

DE PYRA (5.1-7) IL ROGO

Interea medium Aeneas iam classe tenebat Intanto ormai Enea sicuro teneva il centro della rotta
certus iter fluctusque atros Aquilone secabat e tagliava i neri flutti con Aquilone
moenia respiciens, quae iam infelicis Elissae osservando le mura, che già splendono per le fiamme
conlucent flammis. quae tantum accenderit ignem dell'infelice Elissa. Si ignora quale motivo abbia acceso
causa latet; duri magno sed amore dolores tanto fuoco; ma i crudeli dolori per un amore
polluto, notumque furens quid femina possit, macchiato ed il sapere cosa possa una donna furente,
triste per augurium Teucrorum pectora ducunt. conducono ai cuori dei Teucri un triste presagio.

Proseguono quindi le avventure di Enea.


Didone ed Enea si incontrano ancora nel Sesto Libro, nell’Ade.
Non vi è tuttavia discontinuità cronologica - nella fabula narrativa – tra questo incontro ed il
momento in cui ci troviamo ora (apertura del Quinto Libro).
Didone è infatti in catabasi (dopo il taglio del capello d’oro), mentre lo spirito di Enea si trova
nella sua sede propria.
Ritroviamo quindi Didone, confusa tra le Ombre dei Campi del Pianto, intenta nella ricerca
dell’Ombra di Sicheo.

Libro Sesto

DE DIDONIS CATABASE (6.450-474) LA CATABASI DELLA REGINA DIDONE

Inter quas Phoenissa recens a vulnere Dido Tra queste la fenicia Didone, dalla ferita recente
errabat silva in magna; quam Troius heros vagava per la grande selva; appena l'eroe troiano

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L’ENEIDE DI VIRGILIO – I LIBRI DI DIDONE

ut primum iuxta stetit agnovitque per umbras le fu vicino e la riconobbe tra le ombre
obscuram, qualem primo qui surgere mense indistinta, come quella luna che all'inizio del mese
aut videt aut vidisse putat per nubila lunam, uno pensa di vedere o d'aver visto tra le nubi,
demisit lacrimas dulcique adfatus amore est: versò lacrime e parlò con dolce amore:
'infelix Dido, verus mihi nuntius ergo "Infelice Didone, dunque mi era giunto vero il presagio
venerat exstinctam ferroque extrema secutam? che eri morta e con la spada avevi raggiunto la fine?
funeris heu tibi causa fui? per sidera iuro, Ahi, ti fui causa di morte? Per le stelle giuro;
per superos et si qua fides tellure sub ima est, per i celesti e se c'è lealtà sotto il più profondo della terra,
invitus, regina, tuo de litore cessi. 460 contro voglia, o regina, me ne andai dal tuo lido.
sed me iussa deum, quae nunc has ire per umbras, Ma gli ordini degli dei mi spinsero, coi loro poteri,
per loca senta situ cogunt noctemque profundam, quelli che ora spingono ad andare tra queste ombre
imperiis egere suis; nec credere quivi per luoghi orridi di squallore e per la notte profonda,
hunc tantum tibi me discessu ferre dolorem. davvero non potei credere ch'io ti recassi sì forte dolore:
siste gradum teque aspectu ne subtrahe nostro. Ferma il passo ed il tuo aspetto non sottrarre al nostro sguardo.
quem fugis? extremum fato quod te adloquor hoc est.' Chi fuggi? Questa è l'ultima volta che ti parlo, per fato!"
talibus Aeneas ardentem et torva tuentem Con tali parole Enea alleviava l'anima ardente
lenibat dictis animum lacrimasque ciebat. e che guardava torvo e chiamava pianto.
illa solo fixos oculos aversa tenebat Lei, scontrosa, teneva gli occhi fissi al suolo,
nec magis incepto vultum sermone movetur né è commossa in volto dal discorso iniziato più
quam si dura silex aut stet Marpesia cautes. che fosse dura roccia o scoglio marpesio.
tandem corripuit sese atque inimica refugit Infine si sottrasse ed ostile si rifugiò
in nemus umbriferum, coniunx ubi pristinus illi nel bosco ombroso, dove il primo marito Sicheo
respondet curis aequatque Sychaeus amorem. ne corrisponde l’attesa e ne eguaglia l'amore.

Segue l’anabasi di Didone.

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