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TESINA STORIA DELLA SCIENZA,

CHARLES DARWIN.

1.1 Brevi accenni alla vita di Charles Darwin.

Charles Darwin nacque a Shrewsbury, cittadina vicina a Birmingham, nel 1809 da una

famiglia agiata e culturalmente elevata.

Si iscrisse a Medicina all'università di Edimburgo, indirizzato a questi studi dalla volontà

del padre, ma non riuscì tuttavia portare a termine gli studi, e nel 1827 si trasferì a

Cambridge per intraprendere la vita ecclesiastica.


Fu proprio durante il suo soggiorno a Cambridge che Darwin entrò in contatto con due

personalità decisive per la sua futura formazione: il geologo Adam Sedgwick e il

naturalista John Stevens Henslow, i quali contribuirono a rafforzare i suoi interessi per

l'osservazione dei fenomeni naturali.

Il 21 dicembre 1831 Darwin riuscì a imbarcarsi sul Beagle, un brigantino britannico in

partenza per una spedizione di ricognizione scientifica intorno al mondo.

1.2 Il viaggio sul Beagle.

Il viaggio a bordo del brigantino intorno al mondo durò ben cinque anni, terminando nel

1836, e permise al giovane Darwin di compiere numerose osservazioni, di natura geologica

e biologica, sulle isole e sui continenti incontrati lungo il percorso. Ogni qual volta il

brigantino toccava terra infatti, il giovane Darwin ispezionava le zone più interne,

raccogliendo e catalogando campioni di flora e fauna locali.

Durante il viaggio raccoglieva fossili a lui ignoti ed esemplari di qualsiasi tipo di animali

attuali (uccelli, anfibi, crostacei, insetti), riuscendo così ad indicizzare nel suo catalogo,

terminato alla fine del viaggio, ben 3.907 esemplari diversi riportati a bordo.

Durante la catalogazione e lo studio degli esemplari raccolti, Darwin notò la presenza di

analogie tra alcuni fossili di specie estinte e le specie viventi appartenenti a una stessa area

geografica. Durante la sua permanenza sulle isole Galapagos, inoltre, riscontrò differenze

di struttura anatomica e di abitudini alimentari tra le popolazioni di animali simili presenti

sulle diverse isole. Partendo da queste osservazioni, Darwin cominciò ad interrogarsi sulla

possibile esistenza di legami di qualche genere tra organismi distinti, ma simili.

"Il viaggio del Beagle è stato l’avvenimento di gran

lunga più importante della mia vita, e ha determinato tutta la mia carriera.

Ho sempre pensato che è stato quel viaggio a formare e a educare la mia mente."

Darwin, Autobiografia
2 Le principali teorie.
La pubblicazione del rivoluzionario saggio darwiniano è datata al 1859, ma già prima di

quest’opera, molti erano stati gli studiosi che si erano confrontati riguardo al tema

dell’origine della vita e delle teorie evolutive.

Uno dei primi che si interrogò su queste tematiche fu sicuramente Cuvier (1769- 1832): il

fondatore della paleontologia dei vertebrati. Nonostante la paleontologia e

l’evoluzionismo siano ad oggi scienze correlate, Cuvier fu uno tra i più accesi avversari

dell’evoluzionismo: egli riconosceva che molte delle specie viventi della Terra non

esistevano più, ed imputava questa scomparsa a numerose catastrofi naturali che si erano

succedute sulla Terra nel corso dei tempi, ed ipotizzava inoltre che le specie animali

sopravvissute avevano colmato i vuoti lasciati dalle specie estinte ed avevano ripopolato la

Terra. Questa teoria andava a presupporre dunque, che la creazione di tutte le specie

animali fosse avvenuta in maniera sincronica, ovvero in un unico momento, e che la

morfologia della crosta terrestre fosse cambiata di colpo a causa delle catastrofi.

Proprio per questi presupposti, la teoria cuveriana prendeva il nome di catastrofismo e

venne messa in discussione in quegli stessi anni dagli enunciati presenti all’interno

dall'opera Principi di geologia del geologo britannico Charles Lyell.

Charles Lyell, si oppone al catastrofismo proponendo l’uniformitarismo.

Questa posizione scientifica fu fortemente influenzata dal pensiero di Hutton, che nel 1785

pubblicò il saggio Teoria della Terra. In questo saggio Hutton, oltre alle molte teorie sulla

datazione della Terra, affermò che i processi che avevano agito nel passato non differivano

né nel tipo né nell’intensità da quelli che sono attivi attualmente nel mondo. Questa teoria

fu chiamata attualismo.

Successivamente Lyell riprese queste stesse teorie, le studiò e le ampliò, affermando che i

lenti fenomeni naturali, possono adeguatamente spiegare i fenomeni geologici.

La concezione quindi che la Terra fosse molto antica e in continuo mutamento, supportava

il modello di evoluzione darwiniano.


Indubbiamente, la posizione scientifica che più influenzò Darwin per l’elaborazione della

teoria della selezione naturale, fu quella del contemporaneo Thomas Robert Malthus

(1766-1834), esposta all’interno del Saggio sui principi della popolazione.

Lo studioso sosteneva che l'aumento delle disponibilità di cibo necessarie alla

sopravvivenza della specie umana non potesse in alcun modo uguagliare il tasso di

crescita della popolazione e che quindi quest'ultima dovesse essere soggetta a limitazioni

del suo sviluppo attraverso ostacoli naturali o per mano d'uomo.

Prendendo le mosse da queste teorie, Darwin ipotizzò che tutte le specie animali e vegetali

dovessero inevitabilmente entrare in competizione l'una con l'altra per la loro esistenza e

per la perpetuazione della propria specie.

I due principali baluardi scientifici contenuti all’interno dell'opera di Darwin (1859)

Dell’origine delle specie mediante selezione naturale sono quelli della selezione naturale e della

lotta per l'esistenza.

“Nell'ottobre 1838 ... lessi per diletto il libro di Malthus sulla  Popolazione, e poiché, date

le mie lunghe osservazioni sulle abitudini degli animali e delle piante, mi trovavo nella

buona disposizione mentale per valutare la lotta per l'esistenza cui ogni essere è

sottoposto, fui subito colpito dall'idea che, in tali condizioni, le variazioni vantaggiose

tendessero ad essere conservate, e quelle sfavorevoli ad essere distrutte. Il risultato poteva

essere la formazione di specie nuove. Avevo dunque ormai una teoria su cui lavorare.”

Darwin, Autobiografia.

2.1 La selezione naturale

Il concetto introdotto da Darwin fu quello della "discendenza con modificazioni" attraverso

il quale intendeva dimostrare che se una razza o sottospecie tende a differenziarsi nel

corso del tempo, questo accade perché occupa un ambiente relativamente nuovo, al quale

dovrà adattarsi.
Affinché la razza possa ritenersi evoluta, è necessario che subisca il meccanismo della

selezione naturale: gli individui di una popolazione sono continuamente in concorrenza

per assicurarsi le risorse e devono inoltre relazionarsi in modo attivo con l’ambiente nel

quale vivono.

Gli individui più idonei sono coloro che possiedono un vantaggio, pur lieve, rispetto agli

altri della medesima razza.

La loro adattabilità maggiore all’ambiente garantisce una sopravvivenza più lunga e

quindi anche una maggiore possibilità di riproduzione, facendo sì che possa crescere il

numero dei discendenti che mantengono, secondo leggi dell’eredità, le stesse

caratteristiche vantaggiose.

Durante il corso delle generazioni, la nuova specie, sarà composta da individui sui quali

persisteranno queste caratteristiche vantaggiose. E’ questo il processo che determina la

progressiva evoluzione di una determinata specie.

2.2 La lotta per l'esistenza

Proprio a partire dal concetto di selezione naturale, Darwin sostenne che gli organismi

ingaggiano una metaforica lotta per l’esistenza, “per accedere alle risorse necessarie alla

sopravvivenza.”

2.3 Risonanza dell’opera

La risonanza che l’opera di Darwin ebbe fu immensa, costituendo una vera e propria

rivoluzione nel mondo scientifico, poiché rielaborò la concezione del ruolo occupato

dall’uomo durante i processi evolutivi.

Secondo Darwin, la nascita dell’uomo non sarebbe avvenuta mediante l’opera creazionista

di Dio, così come enunciato nella Bibbia, ma sarebbe apparso sulla Terra obbedendo allo

stesso meccanismo di tutte le altre specie animali, cioè discendendo da specie ancestrali

(probabilmente dalle scimmie). Sarà interessante porre un focus sull’importanza che


Darwin attribuì al ruolo dell’uomo all’interno del processo d’evoluzione all’interno della

sua opera L'origine dell'uomo.

3 L’uomo nei processi evolutivi


Nell’elaborazione della riflessione riguardo il ruolo assunto dall’uomo all’interno

dell’evoluzione, sicuramente un caposaldo fu per Darwin la lettura e lo studio dell’opera

di Huxley Il posto dell'uomo nella natura, del 1863. A conclusione dell’opera Huxley

asserisce che "le differenze strutturali che separano l'uomo dal gorilla e lo scimpanzé non sono così

grandi come quelle che separano il Gorilla dalle scimmie inferiori ", escludendo dunque che vi

sia la possibilità di tracciare una netta linea di distinzione dagli animali.

Nel 1871 Darwin pubblica L'origine dell'uomo dove si dedica, tra le altre cose, anche al

ruolo della selezione naturale nell'evoluzione umana e del ruolo che facoltà intellettive e

morali abbiano rivestito nello sviluppo dell’“animale sociale”.

All’interno di quest’opera, che possiamo tematicamente dividere in due sezioni, Darwin si

prefigge l’obiettivo di rispondere a tre importanti quesiti: in primis, se l’uomo sia disceso o

meno da una forma di vita preesistente; in secundis in quale modo quest’ultimo si sia

sviluppato e, in ultimo, quale valore abbiano le differenze tra le razze umane.

"Scopo unico di quest’opera è il considerare primieramente se l’uomo, come tutte le altre

specie, sia disceso da qualche forma preesistente;

secondariamente, il modo del suo sviluppo; ed in terzo luogo il valore delle

differenze fra le cosiddette razze umane."

Darwin "L'origine dell'uomo" (1871)


3.1 L’origine dell’uomo

Il primo campo di ricerca a cui Darwin si dedica è quello della comparazione delle

strutture anatomiche tra uomo ed animali inferiori.

In primo piano è lo studio del corpo umano, delle sue caratteristiche e in principal modo

del suo rapporto con le strutture anatomiche delle altre specie animali. Darwin illustrò

come gli uomini fossero anatomicamente omologhi agli altri mammiferi dal punto di vista

osseo, circolatorio, e del cervello.

Questa osservazione va ben oltre una semplice comparazione e prevede anche studi

immunologici e comportamentali.

Darwin documenta in modo peculiare anche lo studio embrionale, dimostrando, ancora

una volta, la presenza di similarità tra uomo e animale.

Dagli studi compiuti Darwin osserva che la cellula uovo dell’uomo è uguale a quella

animale per dimensioni e aggiunge inoltre che, nelle fasi iniziali, un embrione umano non

si distingue molto da un embrione di un qualsiasi animale vertebrato.

Di seguito lo studio anatomico comparatistico darwiniano si sofferma sullo studio degli

organi rudimentali.

Darwin distingue quegli organi rudimentali che all’apparenza non rivestono alcun ruolo

significativo a livello funzionale, (come le mammelle nei maschi dei mammiferi), da quelli

che invece posseggono una specifica funzione, ma che rendono un così scarso servizio ai

loro possessori che tendono ad essere inutilizzati tanto da essere soppressi dai meccanismi

di selezione naturale. In questa parte dell’esposizione si evidenzia il ruolo principe del

processo di selezione naturale, che opera attraverso la conservazione e l'accumulo di

modificazioni ereditarie piccolissime e all’apparenza insignificanti, e si sottolinea come,

nella lotta per la sopravvivenza, qualsiasi variazione utile, seppur minima, contribuirà alla

lunga alla conservazione di un dato individuo e alla sopravvivenza della sua discendenza.
L'ultima parte di questa prima sezione è basata sullo studio dei muscoli, degli organi di

senso, delle ossa del cranio e degli organi riproduttivi.

Per comprendere come l’uomo si sia evoluto e da quali forme di vita inferiore ciò sia

accaduto, bisognerà consultare l’opera darwiniana del 1878 La variazione degli animali e delle

piante allo stato domestico.

All’interno di quest’opera vengono esposte le principali argomentazioni che indagano lo

sviluppo dell’uomo: l'ereditarietà dei caratteri acquisiti tramite le strutture adattive, la

reversione, la variazione correlativa e la selezione naturale, le conseguenze del progressivo

uso o disuso delle parti.

A proposito di quest’ultima deduzione, Darwin postula la teoria del disuso, con la quale

afferma che nel progredire del processo evolutivo, l’uomo ha perduto delle strutture

prettamente anatomiche divenute inutili a causa delle variazioni ambientali, a cui si deve

adattare.

Partendo dagli assunti di Lamarck che intendeva spiegare come si fosse giunti alla

selezione delle giraffe a collo lungo, - evolutesi per necessità alimentare di raggiungere il

fogliame posto più in alto, essendo esaurito quello più basso - Darwin vi si oppone

proponendo una ulteriore spiegazione.

Secondo Darwin tra le giraffe esistevano individui dal collo più lungo e quelli dal collo un

po’ più corto, la lunghezza maggiore del collo garantiva a questi individui un vantaggio,

poiché riuscivano più facilmente a raggiungere il fogliame di cui si cibavano. Essendo

avvantaggiate, e generando più progenie, nel corso delle generazioni, le giraffe a collo

lungo soppiantano definitivamente quelle a collo corto, che vanno così incontro ad

estinzione.

Dal punto di vista anatomico, i meccanismi di selezione animali erano analoghi a quelli

degli uomini. Ma un aspetto che non poteva essere tralasciato era quello delle facoltà

mentali e cognitive umane, che ancora oggi ci distinguono dagli animali. Questa
differenza, per Darwin, al di là di quanto potesse essere grande, era da individuare nel

grado e non nel genere.

Ciò che spinse Darwin a porre un focus sulla storia evolutiva umana furono alcune teorie

esposte nel 1864 da Wallace, che Darwin riteneva fraintendibili e confutabili.

Wallace, non nega la natura animale dell’uomo, ma sostiene che l’uomo ha una sorte di

unicità rispetto agli altri animali, poiché intesse un rapporto bidirezionale con a natura:

non è solo la natura che modifica l’uomo, ma l’uomo stesso è in grado di modificarla. Per

poter spiegare questo, Wallace raggiunse posizioni nettamente spiritualistiche, da Darwin

non condivise, affermando che “un Potere che ha guidato l’attività di tali leggi (naturali) in una

precisa direzione e con uno specifico scopo”.

Per Darwin invece, l’uomo possiede istinti comuni agli animali inferiori: la volontà di

auto-conservarsi, la pulsione sessuale, così come condivide con essi anche le principali

emozioni.

Ciò che differenzia dunque l’uomo dall’animale risiede nella facoltà dell’uomo di

compiere e tendere a determinate azioni quali il ragionamento, il senso del bene, del bello

etc...

Darwin passa in rassegna le varie facoltà intellettive umane, quali l’imitazione che riveste

un ruolo educativo ed adattivo; l’attenzione, fondamentale per la caccia e quindi per la

sopravvivenza; la memoria, grazie alla quale l’uomo tiene conto dei suoi comportamenti

per guidare il suo futuro.

Ma la facoltà intellettiva forse più interessante è quella del linguaggio: è vero che gli

animali utilizzano numerose forme di comunicazione, ma è nella capacità di connessione

dei concetti in un linguaggio articolato che l’uomo e gli animali si differenziano in maniera

abissale.

L'utilizzo delle facoltà comunicative nell'uomo ha fatto sì che il linguaggio si sviluppasse

sempre di più, modificando così anche la struttura degli apparati vocali.

Anche il senso del bello è per Darwin una caratteristica decisiva che differenzia gli uomini

dagli animali.
Il culmine del progresso delle facoltà immaginative umane, si raggiunge per Darwin

attraverso il senso religioso, definita come facoltà immaginativa, poiché non era possibile

affermare che la fede fosse innata o istintiva nell’uomo.

Al senso religioso è connesso per Darwin il quello morale.

Gli istinti complessi che guidano il senso morale determinano l'agire umano verso azioni

definite, producendo importanti emozioni quali l'amore e la "simpatia", che partendo dal

greco συν-παθέω (soffrire insieme) descrive la partecipazione emotiva dell’uomo ai

sentimenti altrui. Il senso morale ci fa percepire inoltre la componente sociale dell’uomo, il

suo bisogno d’approvazione da parte dei suoi simili.

Lode e biasimo costruiscono il senso morale dell'uomo e lo guidano nell'instaurazione di

rapporti sociali, come fossero un istinto.

Darwin afferma che questo istinto, come tutti gli altri, venne acquisito per selezione

naturale, evidentemente perché utile nella lotta per l'esistenza. L'utilizzo e quindi lo

sviluppo del senso morale hanno permesso all'uomo di raggiungere sentimenti ancor più

elevati come il patriottismo, il coraggio, la fedeltà, lo spirito di sacrificio, che costituiscono

dei punti di forza per una comunità in lotta per la sopravvivenza.

In conclusione di questa sezione della teoria darwiniana riguardante prettamente l’uomo,

nata dalla smentita e dal rimaneggiamento di teorie altrui, si può notare che il parere dello

studioso si è imposto come quello più autorevole: ogni punto indagato ed approfondito

dallo stesso si incentra sull’uomo in quanto essere “superiore”, la forma ultima e più

avanzata dell’evoluzione e della selezione naturale. Tuttavia, il rigore scientifico di Darwin

non trascura affatto la menzione delle origini e delle radici dell’essere umano, ovvero le

forme animali.

3.2 Scelta sessuale e teoria di razza

Nell’ultima parte dell’opera, Darwin si dedica all’esposizione del suo studio riguardo la

selezione sessuale e le razze.


Quello di Darwin si può definire come un autentico ed autorevole manifesto

antirazziale, cioè il primo contributo chiaro che il pensiero scientifico propone contro

le discriminazioni tra le razze.

Queste, sostiene Darwin, sostanzialmente non esistono. Tutte le specie viventi, infatti,

per Darwin non sono delle entità statiche, ma sono in continua trasformazione, si

adattano, perciò, ai cambiamenti dell’ambiente circostante. Le caratteristiche esteriori

che differenziavano una “razza” da un’altra erano per Darwin semplicemente la

risultante di adattamenti storici agli ambienti abitati.

Darwin si opponeva apertamente ai numerosi sostenitori della teoria secondo cui le

razze umane fossero già state create separate e fosse quindi naturale che una razza

avesse il predominio sulle altre.

Darwin propone come esempio del principio del concetto di razza, l'instaurazione presso i

membri di una tribù di una qualche forma di unione.

In seguito a questa "unione" si dividerebbero in tribù distinte, sperimentando condizioni di

vita e costumi diversi dalle proprie, accogliendo gli usi e i costumi della nuova tribù

d’appartenenza e subendo quindi delle variazioni seppur minime.

Una volta avvenute le variazioni, subentrerebbe una selezione inconscia, che

comporterebbe la sopravvivenza dei migliori.

Altro caposaldo darwiniano è quello della scelta sessuale e del ruolo che essa ha rivestito:

la selezione sessuale viene attivata per il possesso della femmina; questo prevede il

soccombere dell'individuo più debole, che non sarà destinato dunque a lasciare progenie.

“Nello stesso modo in cui l’uomo può migliorare la razza dei suoi galli da combattimento

scegliendo quegli individui che riescono vincitori nella tenzone, così sembra che i maschi

più forti e più vigorosi, o quelli sprovvisti delle armi minori, abbiano prevalso in natura,

ed abbiano prodotto il miglioramento delle razze naturali o specie.”

Darwin, L’origine dell’uomo


Darwin distingue due tipologie di selezione sessuale: quella intrasessuale ovvero la lotta

tra individui dello stesso sesso, in genere maschi, per l’assoggettamento della femmina che

nel processo riveste un ruolo passivo; l'altra è intersessuale, che vede i maschi impiegati in

combattimento al fine di indirizzare la scelta della femmina, mostrando le proprie

caratteristiche migliori.

Lo studio darwiniano vira anche su un’attenta analisi sui caratteri sessuali femminili e

maschili: per Darwin soggetti femminili e maschili hanno caratteristiche sessuali diverse

ed assumono inoltre comportamenti diversi sia durante il corteggiamento, sia nell’atto

riproduttivo.

Traendo delle conclusioni si può affermare che per Darwin l’uomo è un individuo che

discende da animali a lui inferiori e che, insieme ad altri mammiferi, ha origine da un

progenitore comune.

Le variazioni susseguitesi durante l'evoluzione dell'uomo diverranno adattative e quindi

ereditarie, contribuendo alla formazione delle differenti razze.

"La conclusione principale, cui si è pervenuti in questa opera, cioè che l’uomo è disceso da

qualche forma meno organizzata, mi dispiace pensarlo, riuscirà assai disgustosa per

molti. Ma difficilmente si può dubitare che noi siamo discesi dai barbari."

Darwin - Origine dell'uomo (1871)

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