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Il fenomeno della frattura ha assunto una notevole importanza

solo in tempi relativamente recenti.

In passato, infatti, i materiali e le


tecnologie di costruzione non
avevano mai messo in luce questo
fenomeno....
…..finché non sono state realizzate
le prime grandi strutture metalliche.
Soprattutto quando si è cominciato a
fare ampio uso della saldatura

La saldatura, infatti, può introdurre nel componente che si sta realizzando un difetto,
ovvero una piccola mancanza di continuità del materiale, generalmente detta cricca.
La saldatura, inoltre, rende monolitica la struttura, consentendo alla frattura di
propagarsi senza ostacoli fino alla completa rottura.
Le giunzioni chiodate, sotto questo aspetto, garantiscono una maggiore sicurezza,
perché la frattura non può propagarsi da una lamiera all’altra.

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Il fenomeno della frattura ha assunto una notevole importanza
solo in tempi relativamente recenti.

In passato, infatti, i materiali e le


tecnologie di costruzione non
avevano mai messo in luce questo
fenomeno....
…..finché non sono state realizzate
le prime grandi strutture metalliche.
Soprattutto quando si è cominciato a
fare ampio uso della saldatura

Nel 1940 la saldatura fu introdotta nella tecnica delle costruzioni navali, soprattutto per
esigenze belliche.
Nelle strutture così realizzate, il fenomeno della frattura nei metalli, i cui effetti erano
stati, sino ad allora, contenuti, ebbe conseguenze importanti, spesso catastrofiche.

Frattura fragile di una nave tipo Liberty (T-2), avvenuta durante la seconda guerra mondiale.

2
La fratture erano
generalmente innescate
da difetti dovuti a
saldature non bene
eseguite.
Almeno 1000 navi da
carico di questo tipo furono
danneggiate, più o meno
seriamente, da fratture
fragili durante il secondo
conflitto mondiale.

Diciannove di esse furono


troncate in due, come
mostra questa foto.

In alcuni casi ciò avvenne


addirittura in porto e con la
nave scarica.

Rottura catastrofica
di una turbina
causata dalla rottura
di un anello di tenuta
(Φ 1350 mm)
realizzato in acciaio
fucinato.

SAE 3335
σS=690 Mpa
σR=854 MPa

3
Rottura catastrofica dell’albero di una turbina, realizzato in acciaio fucinato.
ASTM A293 σS=595 Mpa σR=777 MPa

Oltre alla possibilità di creare piccoli difetti (cricche), il processo di saldatura, se non
perfettamente eseguito, può generare, a causa dei forti gradienti termici che induce, tensioni
residue e variazioni delle caratteristiche meccaniche locali del materiale, sia nella zona fusa che
nella zona immediatamente circostante, detta zona termicamente alterata (ZTA).

Esempio di cricca prodotta da un colpo d’arco innescato su di un ferro di armatura


che ne ha causato la rottura fragile.

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La foto in alto mostra una porosità in una saldatura
di una tubazione di acciaio al carbonio tipo A106B
(254 mm di diametro e 16 mm di spessore).

Si osservi come ai suoi apici si siano prodotte


delle microcricche sotto l’azione delle tensioni
da ritiro del cordone di saldatura.
(50x)

La foto in basso mostra un ingrandimento della


cricca di sinistra.

(200x)

La frattura fragile si verifica improvvisamente, senza alcun segnale di preavviso


e si propaga rapidissimamente, con una velocità dell’ordine del migliaio di metri al secondo.

La rottura si può sviluppare in un campo di tensione nominale più basso, anche di molto,
della tensione di snervamento del materiale.

Inizialmente i progettisti tentarono di prevenire tale tipo di rotture applicando coefficienti di


sicurezza molto elevati (anche dell’ordine di 10) oppure utilizzando materiali ad alta resistenza.

Questa tendenza si rivelò decisamente sbagliata!


Infatti l’aumento del coefficiente di sicurezza comporta un inaccettabile aumento di peso delle
strutture, che ne fa lievitare il costo e ne riduce le prestazioni.

L’utilizzo di materiali ad alta resistenza si rivelò poi disastroso perché l’elevata sensibilità ai
difetti che questi materiali presentano ne riduce drasticamente le prestazioni a valori
addirittura inferiori a quelli ottenibili con materiali meno “pregiati”.

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Frattura catastrofica, durante una prova pneumatica, di un razzo vettore
costruito con acciaio ad alta resistenza.

Caratteristica tensione deformazione di un acciaio


al carbonio al variare del tenore di C

La capacità di resistere alla frattura fragile


è, in linea generale, minore negli acciai ε max
che presentano un maggiore tensione di A=∫ σ dε
0
snervamento.
Come si vede nel grafico all’elevata
resistenza si associa una ridotta capacità di
assorbire energia prima della rottura.

La capacità di resistere alla frattura è


strettamente connessa alla capacità di
deformarsi plasticamente.

Per comprendere questo fatto è opportuno


fare alcune considerazioni sul campo di
tensione esistente nell’intorno di un difetto.

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Lastra piana soggetta a trazione con un foro ellittico

Il campo di tensione è alterato


nell’intorno del foro.

Il massimo valore della tensione dipende


dal raggio di curvatura minimo dell’ellisse.

 a
σ max = σ n 1 + 2 
 b
Il raggio di curvatura minimo dell’ellisse è

b2
ρ=
a
per cui si ha:

 a
σ max = σ n 1 + 2 
 ρ 

σ max
Il rapporto Kt = è detto generalmente fattore d’intaglio
σn

Lastra piana soggetta a trazione con intaglio acuto

Se l’intaglio diventa molto acuto,

ρ →0

la tensione locale in corrispondenza del


fondo intaglio tende a valori molto elevati.

Al limite, per ρ = 0 la tensione locale al


fondo intaglio, nell’ipotesi di comportamento
puramente elastico del materiale, diventa
infinita.

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Lastra piana soggetta a trazione con intaglio acuto

In realtà il materiale presenta sempre un


comportamento plastico, seppur minimo.

Si crea quindi una piccola zona plastica


all’apice dell’intaglio che contiene il
valore della tensione, entro il limite
elastico, nel caso di stato di tensione
piano, entro due o tre volte tale limite,
nel caso di stato di deformazione
piano (dipendentemente dal valore
del modulo di Poisson).

L’area plastica è assimilabile, in prima


approssimazione, ad un cerchio, il cui
raggio può essere espresso dalla
relazione:
2
a σ 
rp =  n 
2 σs 

essendo a la semilunghezza del difetto 2a

Frattura fragile transgranulare all’apice della cricca

Se la zona plastica è piccola


il livello locale di tensione
raggiunto è sufficientemente
elevato da provocare la rottura
dei primi grani cristallini adiacenti
alla zona plastica, dai quali poi si
propagherà la frattura fragile
transgranulare.

La capacità di deformarsi
plasticamente consente al
materiale di resistere alla
propagazione della frattura
ed è quindi strettamente
connessa alla tenacità.

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Come progettare un componente in sicurezza
rispetto al rischio di rottura per frattura fragile?

Perché la frattura fragile si verifichi è necessario il contemporaneo verificarsi


delle tre seguenti condizioni:
• livello di sollecitazione elevato (anche se inferiore alla tensione di rottura);
• presenza di un difetto (cricca) di dimensione sufficiente;
• bassa tenacità del materiale (bassa temperatura).

Stato di tensione
Dimensioni della cricca
Zona
Frattura
critica

Tenacità del materiale


(temperatura di esercizio)

Come progettare un componente in sicurezza


rispetto al rischio di rottura per frattura fragile?

Può accadere, quindi, che un difetto, anche molto esteso, rimanga stabile
mentre cricche di minori dimensioni provochino la rottura.
È necessario, infatti, che anche gli altri due parametri in gioco,
tenacità e livello tensionale, siano tali da innescare la rottura.

Stato di tensione
Dimensioni della cricca

Frattura

Tenacità del materiale


(temperatura di esercizio)

9
Come progettare un componente in sicurezza
rispetto al rischio di rottura per frattura fragile?

Per progettare in sicurezza componenti, nei quali esistano le condizioni di una


possibile rottura per frattura, è necessario quindi poter individuare quella zona critica
entro la quale una particolare combinazione di valori per il carico applicato, le
dimensioni del difetto e la tenacità renda possibile l’innesco della frattura.

Stato di tensione
Dimensioni della cricca

Frattura

Tenacità del materiale


(temperatura di esercizio)

Quando non esiste il rischio di rottura per frattura fragile il dimensionamento di una struttura
nasce generalmente dal confronto di due quantità:
• lo stato di tensione che si verifica sotto l’applicazione dei carichi previsti;
• le “prestazioni” del materiale, in termini di tensione ammissibile.

Tensione di lavoro Tensione ammissibile

Nel caso sia necessario verificare la resistenza alla frattura, il progetto di una struttura richiede
di confrontare tre quantità:
• lo stato di tensione che si verifica sotto l’applicazione dei carichi previsti;
• le “prestazioni” del materiale, in termini di tenacità alla frattura;
• le dimensioni di un difetto, ovvero di una cricca.

Tenacità a frattura
Tensione di lavoro
(temperatura)

Dimensione del difetto

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La Meccanica della frattura può fornire gli strumenti e le metodologie
per progettare una struttura in modo che sia in sicurezza
ovvero fuori dalla zona critica.

Lo studioso inglese Griffith pubblicò nel 1920 una sua teoria


sul comportamento a frattura dei materiali, basata su considerazioni energetiche,
che può essere considerata la base storica della Meccanica della frattura

Teoria di Griffith Si consideri una lastra nella quale


sia presente un difetto passante

U0 Energia potenziale elastica della lastra integra


UD Energia rilasciata per la presenza del difetto
UA Energia acquistata per la presenza del difetto

U A = E E + EΓ + E p EE Energia di deformazione elastica


dovuta al lavoro delle forze esterne
Energia di tensione superficiale
EΓ associata alla superficie del difetto
Energia di deformazione plastica
Ep
localizzata all’apice del difetto

Bilancio energetico
B
U = U0 −U D +U A
2a

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Teoria di Griffith
U = U0 −U D +U A

U0 Energia potenziale elastica della lastra integra


UD Energia rilasciata per la presenza del difetto
UA Energia acquistata per la presenza del difetto

U A = E E + EΓ + E p EE Energia di deformazione elastica


dovuta al lavoro delle forze esterne
Energia di tensione superficiale
EΓ associata alla superficie del difetto
Energia di deformazione plastica
Ep
localizzata all’apice del difetto

Se i carichi non si spostano per


effetto della crescita del difetto.
EE = 0
B
Se il materiale è perfettamente
elastico ovvero se la zona di
2a plasticizzazione è nulla.

Ep = 0

Teoria di Griffith
U = U0 −U D +U A

U0 Energia potenziale elastica della lastra integra


UD Energia rilasciata per la presenza del difetto
UA Energia acquistata per la presenza del difetto

U A = E E + EΓ + E p EE Energia di deformazione elastica


dovuta al lavoro delle forze esterne
Energia di tensione superficiale
EΓ associata alla superficie del difetto
Energia di deformazione plastica
Ep
localizzata all’apice del difetto

Ammettendo vere entrambe le


ipotesi si conclude che:

U A = EΓ
B e quindi:

2a U = U 0 − U D + EΓ

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Teoria di Griffith Energia
Γ=
necessaria per
Quindi il bilancio energetico si EΓ = 4aBΓ generare 1 m2 di
può scrivere come: nuova superficie

U = U 0 − U D + EΓ π a 2σ 2
UD = B Plain stress
E

UD =
(πσ 2a 2 )(1 − υ 2 ) B Plain strain
E

B
Griffith valutò l’energia di
deformazione elastica sulla base
di un’analisi condotta da Inglis:

e UUDD ==
(ππσa aσ )(1B− υ ) B
22 2 2 2

E E
2a
stress
nel caso di plain strain

Teoria di Griffith

Quindi il bilancio energetico si EΓ = 4aBΓ


può scrivere come:

U = U 0 − U D + EΓ π a 2σ 2
UD = B Plain stress
E

π a 2σ 2 UD =
(πσ 2a 2 )(1 − υ 2 ) B Plain strain
U = U 0 + 4aBΓ − B E
E

∂U 2π aσ 2 π aσ 2
= 4 BΓ − B =0 = 2Γ
∂a E E
Condizione critica

∂U 2
2π σ 2
2⋅ E ⋅Γ
=− B σ a=
∂a 2
E π
La derivata seconda è sempre negativa, dunque il
Kc
punto in cui si annulla la derivata prima è un massimo

σ a = Kc

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Teoria di Griffith

EΓ = 4aBΓ

U = U 0 − U D + EΓ π a 2σ 2
UD = B Plain stress
E

π a 2σ 2 UD =
(πσ 2a 2 )(1 − υ 2 ) B Plain strain
U = U 0 + 4aBΓ − B E
E

∂U 2π aσ 2 π aσ 2
= 4 BΓ − B =0 = 2Γ
∂a E E
Griffith ottenne sperimentalmente il valore di Γ per il vetro,
dal quale ricavò la quantità:

2⋅ E ⋅Γ 2⋅ E ⋅Γ
= 0.15 MPa m σ a=
π π
Studiando la rottura di tubi e sfere di vetro contenenti Kc
difetti di dimensioni misurabili valutò il prodotto:

σ a = 0.25 ÷ 0.26 MPa m σ a = Kc

Teoria di Griffith

Materiale E (GPa) Γ ( J / m2 )
Alluminio 70 1.6
Ferro 200 2.0
Magnesio 40 1.2
Nichel 140 1.65
Rame 130 1.65
Stagno 42 1.2
Silicio 180 1.2
Vetro 50-85 1.2

Griffith ottenne sperimentalmente il valore di Γ per il vetro,


dal quale ricavò la quantità:
2⋅ E ⋅Γ 2⋅ E ⋅Γ
= 0.15 MPa m σ a=
π π
Studiando la rottura di tubi e sfere di vetro contenenti Kc
difetti di dimensioni misurabili valutò il prodotto:

σ a = 0.25 ÷ 0.26 MPa m σ a = Kc

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Teoria di Griffith

In generale K può essere calcolato come segue:

K = f ( a )σ a a = dimensione del difetto

dove f (a) è un fattore geometrico dipendente da a e dalla geometria del


componente.

Teoria di Griffith

Il rateo di rilascio di energia, per unità di spessore, relativo ad un accrescimento


infinitesimo da delle dimensioni del difetto, è generalmente indicato come segue:

∂U D π aσ 2  J  dipendente linearmente dalle


G = =  2 dimensioni del difetto
∂a E m 

oppure, nel caso di plain strain: G =


(π )(
aσ 2 1 − υ 2 )
E

L’assorbimento di energia dovuto alla creazione di nuova superficie, sempre nel caso di
spessore unitario e per un materiale idealmente elastico, è indicato come segue:

∂EΓ  J 
R = = 2Γ  2 indipendente
∂a m  dalle dimensioni del difetto

La condizione critica è rappresentata dall’uguaglianza G =R


Il difetto è stabile se G <R
mentre si propaga in modo instabile per G ≥R

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Teoria di Griffith


UD ∂U D πσ 2 a
G = =
Energia ∂a E

∂EΓ
R =
∂a
Massimo U − U 0 = EΓ − U D

acr Lunghezza del difetto a

In condizioni critiche: G =R

G =
(π )(
aσ 2 1 − υ 2 )
K 1 −υ 2
= I
( ) K I = Yσ a
E E

Teoria di Griffith

σ3
σ 3 > σ 2 > σ1 σ2
acr3 < acr2 < acr1 ∂U D πσ 2 a
σ1 G = =
∂a E
Energia

∂EΓ
R =
∂a

acr3 acr2 acr1 Lunghezza del difetto a

In condizioni critiche: G =R

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Anche per
Teoria di Griffith ∂E p ∂EΓ
materiali fragili è >>
possibile che sia: ∂a ∂a
σ 2 > σ1 σ2
G

σ1
∂EΓ ∂E p
R = +
∂a ∂a
Energia

∂EΓ
R =
∂a

acr acr a

Se il materiale è fragile e la
In condizioni critiche: G =R plasticizzazione è modesta è
lecita l’ipotesi: E p = C ⋅ a

Se c’è plasticizzazione ∂E p
e quindi si ha: =C
U A = EΓ + E p ∂a
Zona plasticizzata
R è ancora indipendente da a

Teoria di Griffith R
σ3
σ 3 > σ 2 > σ1 σ2
G

σ1
∂EΓ ∂E p
R = +
∂a ∂a
Energia

∂E
R = Γ
∂a

acr acr acr a

∂G ∂R
In condizioni critiche: G ==R
∂a ∂a
All’aumentare della duttilità del materiale la zona plastica al
fondo intaglio diventa sempre più importante.
Poiché le sue dimensioni dipendono con legge non Anche G cambia la sua legge
lineare da a , ne consegue che: R dipende da a di dipendenza da a

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Approccio tensionale nella MFLE
Meccanica della frattura lineare elastica

La criticità di un difetto può essere valutata anche per altra via:


studiando il campo di tensione che si verifica nell’intorno dell’apice del difetto.
σy

r
ϑ
x σy

Approccio tensionale nella MFLE


Meccanica della frattura lineare elastica

Analisi del campo di tensione che si genera all’apice di un difetto:


MODI di apertura del difetto.

F F

Modo I
di apertura

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Approccio tensionale nella MFLE
Meccanica della frattura lineare elastica

Analisi del campo di tensione che si genera all’apice di un difetto:


MODI di apertura del difetto.

Modo II
di taglio nel piano della cricca

Approccio tensionale nella MFLE


Meccanica della frattura lineare elastica

Analisi del campo di tensione che si genera all’apice di un difetto:


MODI di apertura del difetto.

Modo III
di taglio fuori dal piano della cricca

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Approccio tensionale nella MFLE

MODI di apertura del difetto.

Tra i diversi modi di rottura descritti, il modo I è il più interessante per chi progetta strutture.
Rappresenta, infatti, la forma di apertura più comune che si osserva nella realtà
che è anche la più critica, poiché richiede la minore tensione nominale per innescare la frattura.
Qualunque caso reale può essere ricondotto ad uno dei tre modi
oppure ad una loro combinazione.

Modo I di apertura
1 1
− 0 −
r r r
f1ij (ϑ ) + C2   f 2ij (ϑ ) + C3   f 3ij (ϑ ) + .......
2 2
σ ij = C1  
a a a

σy

σy
y Zona di singolarità

r
θ
x σy

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Teoria di Irwin Modo I di apertura

y
a
r

ϑ x

Lo stato tensionale nell’elementino


infinitesimo, in funzione di r e di ϑ è
z dato dalle relazioni:

a ϑ ϑ 3ϑ 
Per ϑ =0 si ha: σx =σ cos 1 − sen sen 
2r 2 2 2 
a
σy =σ a ϑ ϑ 3ϑ 
2r σy =σ cos 1 + sen sen 
2r 2 2 2 
a ϑ ϑ 3ϑ
τ xy = σ sen cos cos
2r 2 2 2

Teoria di Irwin Modo I di apertura

y
a
r

ϑ x

Irwin raggruppò il prodotto σ π a


e pose KI = σ π a
z
che chiamò fattore di intensità delle tensioni.
Le relazioni precedenti possono quindi essere riscritte come segue:
KI ϑ ϑ 3ϑ 
In generale possono essere
σx = cos 1 − sen sen 
scritte nella forma: 2π r 2  2 2 
KI
σ ij = f ij (ϑ ) KI ϑ ϑ 3ϑ 
2π r σy = cos 1 + sen sen 
Per ϑ = 0 la componente σ y vale:
2π r 2 2 2 
KI KI ϑ ϑ 3ϑ
σy = τ xy = sen cos cos
2π r 2π r 2 2 2

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Teoria di Irwin Modo I di apertura

y
a
r

ϑ x

Irwin raggruppò il prodotto σ π a


e pose KI = σ π a
z
che chiamò fattore di intensità delle tensioni.

KI σ π a
σy = = dove con σ si intende la tensione nominale
2π r 2π r
In generale il valore del fattore di intensità della tensione può essere espresso nella forma:
dove Y è un fattore di forma dipendente dalla
K I = Yσ a
geometria del difetto.

Nel caso particolare di un difetto passante, di lunghezza 2 a, in una piastra le cui


dimensioni possano essere considerate infinite rispetto ad a il fattore Y vale: Y= π

K I = Yσ a espressione di validità generale

Cricca passante centrale

F per w >> a Y= π KI = σ π a

per w > a

2a π a π a
Feddersen Y = π sec K I = σ π a ⋅ sec
w w
w
w π a w π a
Irwin Y= π tan KI = σ π a ⋅ tan
π a w π a w
F

22
K I = Yσ a espressione di validità generale

Cricca passante al bordo

F
per w >> a Y = 1.12 ⋅ π K I = 1.12 ⋅ σ π a

a
per w > a
2 3 4
a a a a
w Y = 1.12 ⋅ π − 0.41 + 18.7  − 38.48  + 53.85 
w w
  w
   w

F
Y = 1.12 ⋅ π

Y= π

Confronto tra i diversi andamenti dei fattori di forma

23
K I = Yσ a espressione di validità generale

Cricca passante ad entrambi i bordi

per w >> a Y = 1.12 ⋅ π

a a per w > a
2 3
a a a
Y = 1.12 ⋅ π + 0.76 − 8.48  + 27.36 
w w
   w
w

K I = Yσ a espressione di validità generale

Trave appoggiata con cricca passante in


corrispondenza del centro del bordo teso.

F
B
w
a

PL   a  2
1 3 5 7 9
a 2 a 2 a 2 a 2
KI = ⋅ 29.6  − 185.5  + 655.7  − 1017.0  + 63.9  
B w   w  w  w  w  w  

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K I = Yσ a espressione di validità generale

Cricca ellittica interna


Y

π 4
2
β a
KI = σ a ⋅ ⋅ (sen β ) +   (cos β )
2 2
2a
Φ c
2c
π
2
c2 − a2
Φ= ∫ 1− (sen β )2 dβ
0
c2

π  1 c2 − a2 3  c2 − a2  
2

Φ = 1 − −   
 − ..........
Vista dall’alto 2 4 c 2
64  c 2
 

Se il rapporto a/c è piccolo si 3π π a2


può utilizzare una espressione Φ= +
approssimata: 8 8 c2

K I = Yσ a espressione di validità generale

Cricca ellittica interna


Y

π 4
2
β a
KI = σ a ⋅ ⋅ (sen β ) +   (cos β )
2 2
2a
Φ c
 
2c

Il valore del KI è massimo per β = π /2 :

π
KI = σ a ⋅
Φ
Vista dall’alto

Se il rapporto a/c è piccolo si 3ππ a2


può utilizzare una espressione Φ= +
approssimata:
2 8 c2

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K I = Yσ a espressione di validità generale
Più frequente è il caso della
cricca semiellittica superficiale
Anche in questo caso il valore del
KI è massimo per β = π /2 :

a π
β K I = 1.12 σ a
Q
2c
Y
2
σ 
Q = Φ − 0.212 
2

σS 
B 3π π a2
a β Φ= +
Vista dall’alto
2 8 c2

Per tener conto dell’effetto della prossimità della supeficie, π


sullo stato tensionale nell’intorno della cricca, si introduce il K I = 1.12 M K σ a
fattore correttivo di Kobayashi: Q

π
K I = 1.12 M K σ a Il fattore correttivo
Q di Kobayashi

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Meccanica della Frattura

Lavori in corso…..

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