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Il Vetro

la storia del vetro viene riportato da Plinio, dicendo che fu una scoperta fortunata, fatta da commercianti in
una spiaggia che, accendendo il fuoco, videro un fluido viscoso che si solidificava fortemente una volta tolto
dal fuoco; descrizione che probabilmente dice il vero poiché c’era la presenza di sabbia Silicia con
componenti carbonatiche e anche di Natron, un materiale naturale a base di sodio, e la mescolanza di questi
tre elementi (quarzo, calcite e natron) danno origine a CaO+Na2O+SiO2, ossia il vetro.
La composizione più semplice è quella del vetro calco-sodico, ovvero il vetro più comune:
Na2O+CaO+ 5SiO2
Il punto di fusione, ovvero la temperatura necessaria alla miscela per passare dallo stato solido a quello
liquido ad alta viscosità, varia fra i 1300°C ed il 1500°C; nell’antichità per l’impossibilità di ottenere tali
temperature si realizzava una fusione parziale intorno ai 1000°C, quindi non si intende proprio di una
temperatura di fusione ma di una T che si avvicina a quella di fusione e che comincia ad entrare nel “campo
di vetrificazione” -> rammollimento.
I reperti più antichi, che si conoscono da più tempo sono reperti di pasta vitrea; il materiale viscoso veniva
appoggiato in uno stampo, il più delle volte decorato, che ne riproduceva l’impronta in superficie. Sono stati
ritrovati in un’area geografica che va dal bacino mesopotamico all’Egitto, in gran parte era grani per collane
in paste policrome non trasparenti o scarabei.
La moda della pasta vitrea si diffonde in tutto il bacino del mediterraneo, estremamente diffuso nel periodo
romano e prodotti dal medioevo in poi.

Il vetro è un solido non cristallino, in genere trasparente e traslucido ma può avere anche altre colorazioni in
base alla lavorazione e al trattamento. È il risultato di un processo di fusione ad alte temperature, può essere
naturale ma anche artificiale e presenta proprietà fisiche importanti, inoltre è esteticamente bello e anche
funzionale.
È un minerale amorfo che presenta una struttura disordinata; presenta silice sempre circondata da quattro
ossigeni ma presenta una formazione di anelli con numero di silici differenti, perciò ha un aspetto disordinato
a lungo raggio. Quando si ha una sostanza più complessa gli anelli non sono regolari, ci sono anelli a sei o
quattro elementi quindi più grandi che contengono un catione sodio che viene agganciato da un ossigeno,
inoltre, esistono anche più cavità dove si possono sistemare altri cationi.

Il vetro al naturale può essere o l’ossidiana o le tectiti, oppure vetri di impatto (di impatto meteoritico) che si
trova in due tipologie differenti: Moldavite, che si trova in Europa, in Moldavia, dal colore verde intenso e
Lybian desert glass, ossia un vetro di impatto meteoritico che ha impattato sul deserto Libano, allo stato
naturale si presenta frammentato in tanti pezzi sulla superficie, inoltre, è un vetro alterabile e può essere
usato come gemma e in campo artistico.
Esistono anche le Fulgariti che si forma al di sotto della superficie della sabbia per mezzo di un fulmine che
la colpisce provocando una fusione. La maggior parte delle fulguriti naturali ricade in uno spettro dal bianco
al nero. Il ferro è un'impurità comune che può provocare una profonda colorazione verde-brunastra.

Le proprietà del vetro: condizionano l’utilizzazione, il processo produttivo e i successivi trattamenti sono
quelle meccaniche (durezza e elasticità), chimiche (responsabile corrosione), termiche (responsabile shock
termici e al calore quando è a contatto con i liquidi caldi), ottiche (quando la luce colpisce i vari tipi di vetro,
può dare origine a seconda della composizione o della lavorazione a fenomeni ottici diversi, come la
trasparenza, la diffusione, la riflessione, l'assorbimento) ed elettriche (isolante, che sono fondamentali in
epoca moderna).

La lavorazione del vetro: può essere fatta in diversi modi, antichi e moderni, come il taglio a freddo
ovvero una lavorazione superficiale intensa e con l’ausilio di mole. Talvolta veniva aiutato da certe forme
sulla quale veniva plasmato e lasciato solidificare in modo da avere una parte concava che verrà poi scavata
per togliere l’eccesso (nel caso di recipienti o bicchieri); si trattava principalmente di vetri molto spessi per
via della lavorazione.
Lo stampaggio veniva fatto con un corpo solido, un blocco di vetro, plasmato in una forma e poi lavorato e
raffinato ed eventualmente dipinto (esempio: teste di faraone). Questa procedura ha bisogno di un sacco di
materiale e portare a fusione, a rammollimento, una tale quantità era molto costoso e dispendioso; era un
materiale difficile da correggere e che con il tempo tende a devetrificare, ossia perdere l’amorficità e tende a
cristallizzare delle fasi cristalline all’interno, assumendo delle patine particolari, iridescenti (poco comune
come lavorazione).
La colatura, probabilmente la prima ad entrare nell’uso sino alla scoperta del vetro; il sistema più semplice
di colatura consisteva nel far colare la pasta vitrea fusa entro stampi chiusi o cavi, premodellati, mantenuti
caldi poiché si solidificherebbe ancor prima di arrivare in fondo. Una volta solidificato si apre il modello e si
scava all’interno con uno strumento apposito, talvolta un bastone.
La colatura moderna si fa più o meno nello stesso sistema per fare bottiglie o contenitori. In questo caso si
ha un forno di fusione sul quale viene fatto colare il liquido all’interno del contenitore sulla quale viene
soffiata aria e poi si ottiene una forma cava.
L’avvolgimento o colatura su anima consisteva nell’immersione dell’anima, in genere fatta di argilla, in un
bacino con del vetro mantenuto fluido, viene avvolto dalla consistenza vetrosa fino ad ottenere la forma
desiderata. Per le decorazioni superficiali si usava una colatura di colore differente, arrotolata sul vaso e
quando è ancora caldo vengono tirate con delle lame e infine limate per eliminare gli eccessi.
Tali procedimenti però riscontravano numerose difficoltà a partire dalla scarsa trasparenza, alla presenza di
colorazioni ed impurità, all’eccessivo spessore degli oggetti e alla scarsa produzione che ne limitava molto il
commercio.
Per questo motivo la soffiatura del vetro andava a risolvere tutte queste problematiche; sembra si sia
sviluppata in Siria intorno al I sec. a.C. e da qui, tramite l’Impero Romano, si diffuse molto rapidamente in
tutto il bacino del mediterraneo e nell’Europa centro settentrionale. Consisteva nel soffiare la pasta vitrea
fusa, ossia il bolo, che veniva messa diverse volte nei forni in modo da mantenere la temperatura durante la
lavorazione e viene soffiato attraverso una canna di ferro lunga, chiamata canna da soffio, dall’operatore
stesso fino ad ottenere la forma richiesta. In questa fase talvolta ci si serviva di stampi per accelerare il
processo ma anche per creare le decorazioni e variare le forme.

Più tardi si capì che si poteva aggiungere pigmenti per ottenere delle decorazioni particolari o il colore del
manufatto stesso.
Bisognava prima di tutto far attenzione ai componenti delle miscele (silice, calce, soda o natron) in particolar
modo ad altre sostanze quali i coloranti, in genere ossidi metallici (creano colori diversi) ed altri elementi che
ne modificano in parte o sostanzialmente la struttura medesima del vetro. Infatti, i vetri antichi sono
principalmente impuri con colorazione il più delle volte verdastre per la presenza di ossidi d ferro nelle
sabbie.

La composizione del vetro: formata da una serie di materiali ossia i formatori, o vetrificanti, che sono
delle sostanze che sotto l’azione del calore assumono una struttura vetrosa; nell’antichità si ha la silice,
quello più comune, mentre oggi si aggiungono anche acido borico e acido fosforico che sono quelli che
formano i tetraedri che vanno a formare la struttura tridimensionale.
Ci sono gli stabilizzanti che servono ad aumentare la resistenza agli agenti atmosferici e all’azione dell’acqua
(più utilizzato è il carbonato di calcio per la resistenza all’acqua). Inoltre, si è visto che aggiungendo
magnesio si ha una fusione più semplice e se si aggiunge piombo si ha una elevata trasparenza.
Gli opacizzanti danno un effetto opaco alla superfici, quando viene messo nel vetro si formano gli opalini
che sono vetri colorati ma opachi e che non presentano trasparenza.
Gli affinati sono sostanze che sviluppano gas, come il fluoruro di calcio che se usato in un certo modo ed in
una certa quantità contribuisce alla formazione di bolle che sono intrappolate all’interno del vetro stesso
(principalmente usato come effetto decorativo)
La colorazione: parlando delle variazioni che intervengono nei vetri modificandone le componenti si
ricorda l’addizione delle sostanze coloranti.
Nell’antichità le colorazioni erano involontarie, non si sapeva di preciso il comportamento delle sostanze
coloranti in relazione alle componenti del vetro né tanto meno le variazioni termiche che potevano avere. Il
molte delle volte il colore era legato alla difficile eliminazione di tutti gli ossidi di ferro presenti nelle sabbie
che davano, in base alla quantità diverse colorazioni (verde al bruno).
Solo più in là, con i Romani, si imparò a dare una colorazione voluta al ferro, reso possibile dai progressi
della chimica che ne permisero uno studio più approfondito.
La colorazione avveniva con l’addizione alla miscela di ossidi metallici, ad esempio il colore blu era ottenuto
con l’aggiunta di ossido di cobalto, il rosso porpora con l’ossido di manganese, i rossi con il ferro e il rame, i
gialli sempre con il ferro e il verde sempre con il rame. C’erano anche alcune sostanze che reagivano
diversamente a seconda del tipo di vetro in cui si immettono come ad esempio il nichelio che dava una
colorazione che va dal bruno al verde, al grigio e al porpora brillante, altre sostanza ancora, invece, danno
colorazioni diverse a seconda delle condizioni termiche a cui sono sottoposte (solfuro di cadmio: in aria
liquida è incolore, a t ambiente è giallo, se scaldato è arancione e poi rosso).
I vetri romani avevano una colorazioni al quasi incolore, al giallo verdastro, al verde al bruno ma comunque
aveva colorazioni uniformi, successivamente si presentano con colorazioni molteplici e volute, opalescenti e
brillanti.
Già dai tempi antichi esistevano anche i decoloranti, principalmente risale alla vetraria veneziana, con l’uso
di biossido di manganese, anche detto sapone dei vetrai o pirolusite, che va ad ossidare i Sali ferrosi facendo
assumere al vetro una colorazione giallastra, inoltre, il biossido di manganese ha una colorazione violetta ed
essendo il giallo complementare del viola si annullano e di conseguenza il vetro risulta incolore -> reazione
di ossido-riduzione.

Tipi di vetri
 Calcosodici (quelli per bottiglie, finestre oggi)
 Potassici (con PbO) un esempio è il cristallo, da non confondere con il cristallo minerale.
 Vetro comune che contiene magnesio e un po' di alluminio.
 Vetro da bottiglia che presenta alluminio.
 Vetro con boro che si adattano ad alte T.

Le coppe diatretiche romane del III-IV sec. d.C. esistono in quantità limitate: si tratta di coppe
trasparenti con diverse colorazioni e presentano un reticolo in superficie che sono attaccati con un sottile
filamento quando il materiale era ancora caldo; la retina fatta in precedenza viene fusa con la superficie
(decorazioni o scritte).
La coppa di Licurgo è un vetro con reticolo decorato, staccato dalla superficie ad eccezione di alcune parti
che sono in contatto (base e bordo sono recenti); la sua particolarità è quella di avere un effetto decorativo
differente a seconda dell’illuminazione, rosso quando è illuminato da dietro e verde quando è illuminato dal
fronte. Ciò è dovuto dalla presenza nel vetro di particelle disperse di oro e argento inoltre provoca anche un
effetto opacizzante.

Vetro cammeo, il vaso Portland (o vaso barberino) è un vaso di vetro oscuro dal colore bluastro intenso
con l’applicazione di vetro bianco sulla superficie. La tecnica del cammeo prevedeva l'immersione del corpo
colorato in un bagno di vetro bianco fuso. Dopo cottura e raffreddamento, la parte esterna bianca veniva
modellata a seconda del disegno desiderato (erosione senza deturpazione). Oggi il vaso non è completo
poiché a seguito di una rottura manca la base originale.
Un altro vaso in vetro cammeo è il vaso blu, ritrovato a Pompei nel I sec. d.C., ha la forma allungata con
delle scene mitologiche. Nel 1770, dal vetro cammeo si passa alla porcellana Wedgewood o jasperware che
simula il vaso Portland.
Nel medioevo il natron, componente della miscela, non era più disponibile e andò a limitare la produzione,
così il commercio si spostò dal mediterraneo all’Europa continentale; il vetro, dunque, divenne più grezzo e
più opaco, meno decorato e anche più verde. Da questo momento si introduce il potassio al posto del sodio
ottenendo il così detto vetro potassico.
Ciò avvenne appunto con l’esaurimento delle scorte di natron che indusse alla ricerca di nuove soluzioni,
nuovi materiali facilmente reperibili nel territorio.
Si tratta dunque di una miscela purificata di sabbia e di materiali vegetali come faggi e felci inceneriti, fusi
insieme e mescolate per ventiquattro ore in modo da non formare grumi.
Questa tipologia di vetro si presenta impuro, con colorazione verdastra e talvolta giallo-bruno e gli oggetti
che se ne ricavano sono piuttosto grossolani, con pareti spesse (decorazioni a bugne spesse).

Il primo tipo di vetro indicato come cristallo è Il vetro cristallino veneziano, introdotto dal vetraio murano
Angelo Barovier nel 1461, portò all’apice la vetreria veneziana facendola trionfare in tutta Europa; si tratta di
un vetro incolore, molto leggero e sottile e particolarmente adatto ad essere soffiato.
Nel 1675 l’industria vetraia inglese, con l’aiuto di un chimico, produsse un nuovo tipo di vetro chimicamente
diverso da quelli precedenti chiamato vetro piombico che conteneva il 35 % di silice, il 32 % di ossido di
piombo e il 12% di potassa. Data l’alta componente piombica era un vetro molto duro e pesante del vetro
veneziano, era trasparente, brillante e luminoso; per queste caratteristiche si prestava ad essere molto
decorato.
Nel 1667 in Boemia si ha la fabbricazione del cristallo potassico o Boemo con l’introduzione della calce, o
della creta, nella miscela ottenendo un vetro molto più duro, resistente ma al contempo leggero ed era
facilmente lavorabile ma privo di colorazione.

Le decorazioni del vetro sono:


 Pittura a smalto, uno dei sistemi più diffusi nell’antichità, si trattava di eseguire motivi decorativi
dipinti sulle pareti degli oggetti che si intendono abbellire. Nel caso del vetro i colori sono di una
miscela di ossidi metallici, polvere vitrea e di un coibente grasso. Una volta che l’oggetto è stato
decorato a freddo lo si sottopone al calore. La componente vitrea dello smalto fa si che l’insieme del
colore venga a aderire alle pareti dell’oggetto in vetro (parziale fusione, o rammollimento). Si
trasmise principalmente nel medioevo attraverso i centri vetrai medio-orientali poi a Venezia fra la
metà del Quattrocento e la prima metà del Cinquecento, poi tra il Cinquecento e il Seicento con i
tedeschi e infine nel Settecento grazie alla bottega di Brussa.
 Pittura a freddo, consisteva nella semplice applicazione a freddo di colori alle pareti vitree; non
trattandosi di colori vetrosi e non verificandosi la ricottura, ne risultava una durevolezza molto
limitata e talvolta per farla durare si colava uno strato di vetro trasparente sull’oggetto decorato in
modo che la pittura era protetta fra due strati vitrei.
 Decorazione applicata, tecnica molto semplice e proprio per questo si diffuse tanto nei tempi antichi
e anche in epoche più recenti. Consisteva nell’applicare delle parti premodellate agli oggetti vitrei
con funzione decorativa: applicazione avveniva quando l’oggetto e le decorazioni non erano del tutto
solidificate andando a verificare un processo di adesione reciproca fra le due parti, unite, messe poi
in un forno di ricottura affinché attraverso un lento processo di raffreddamento divengano tutt’uno
alla temperatura ambiente.
 Incisione, tecnica che andava ad intervenire direttamente sul corpo degli oggetti vitrei (solo su vetri
che posseggono sufficienti doti di durezza e spessore). Fra i più comuni sistemi di incisione abbiamo
l’incisione alla mola, che consiste nel sottoporre le pareti vitree all’azione di mole di diversa
grandezza e spessore provocando degli intagli di profondità più o meno sensibile.
Intaglio a sbalzo, consiste nell’agire con la mola sulle pareti vitree facendo emergere il motivo
decorativo (inverso di quello precedente).
L’incisione graffita o a punta di diamante, consiste nel sottoporre le pareti vitree all’azione della
punta di diamante per tracciare motivi decorativi, principalmente applicata a vetri dalle pareti sottili.
In tempi più recenti abbiamo due tipi di incisione, quella ad opera di acido fluoridrico, introdotta per
la prima volta ne, 1670, e consisteva nel coprire con pitture resinose, cera ecc. l’oggetto in vetro e a
tracciare per mezzo di una punta di acciaio i motivi decorativi, poi, l’azione dell’acido fluoridrico
intaccava le pareti scoperte producendo i motivi decorativi sulle pareti vitree.
In fine, il sistema di incisione a getto di sabbia, introdotto 1871, che consisteva nel produrre motivi
decorativi incisi proiettando a grande velocità un getto di sabbia continuo sulle pareti vitree secondo
disegni prefissati.
Intagli di vetri a cammeo consisteva sulla possibilità di utilizzare gli effetti cromatici di due strati di
materie vitree sovrapposti.

Esistono anche tipologie di vetri speciali come i vetri che imitano le pietre dure, sviluppato dalla
vetreria romana imperiale che si interessò alla produzione di vetri che imitassero in particolare le agate e il
calcedonio. Si sviluppò lungo il Medioevo e si diffuse non solo in tutta Italia, soprattutto Venezia, ma in tutta
Europa. Altri tipi di vetro erano il vetro agata, il vetro alabastrino e il vetro diaspro che imitavano i caratteri
cromatici e strutturali delle rispettive pietre dure.
Altra tipologia di vetro sono quelli a strati, ossia l’uso di sovrapporre più strati di vetro policromi in un
medesimo oggetto ad effetto decorativo, soprattutto nella produzione di vetri a cammeo e dei fondi d’oro.
Consisteva nel decorare il fondo del recipiente con una sottilissima foglia d’oro su cui si incidevano
decorazioni e una volta freddo si applicava un’ulteriore strato di vetro incolore, quando si consolida il motivo
decorativo poteva essere visto in trasparenza.
Ci sono anche vetri particolari come il lattimo, già noto all’epoca romana e sviluppato a Venezia, era
ottenuto con piombo e stagno calcinati insieme (o piombo e arsenico e ceneri d’ossa) messi nella miscela
vitrea.
I vetri smaltati, ossia vetri opachi, per via dello stagno calcificato, e di colore differente.
Vetri opalini, ossia vetri bianchi opalescenti, utilizzati per l’imitazione delle porcellane.
L’avventurina o avventuria, prodotto per la prima volta a Murano, si presenta come un vetro trasparente con
colorazione giallo-cannella o ambrato in cui erano presenti minuscole pagliuzze che sembravano d’oro, in
realtà erano dei minuti ottaedri di rame cristallizzati durante il raffreddamento della miscela vitrea.
Vetro ghiaccio, che nasce da modifiche meccaniche della pasta vitrea: sottoponendola a sbalzi di T o
immergendola calda in acqua fredda presentava un particolare effetto del vetro, ossia la sua tendenza a
cristallizzarsi, rugoso e screpolato successivamente riscaldato e lucidato.
In fine, l’aspirale d’aria che consisteva nel decorare il vetro con minutissime bollicine d’aria disposte a
spirali.
Esistono tipologie di vetro in lastre data la necessità di schermare finestre con materiali trasparenti, già in
epoca romana e poi diffusasi con l’utilizzazione delle vetrate policrome.
Esistevano diverse tecniche di produzione, quella più recente si chiama float-glass (vetro galleggiante),
ovvero si versava un nastro continuo di vetro fuso su una superficie di metallo liquido e riscaldato da ambo
le parti, poi viene introdotta nella camera a lento raffreddamento.
Gli specchi, che hanno due procedimenti; da una parte l’apprestamento di una lastra perfettamente
trasparente e lucidata, dall’altra la copertura della lastra con l’incorporazione di uno strato metallico che lo
renda riflettente.
Lampadari, principalmente Veneziani, tipico rococò divenne l’elemento primario nell’arredamento degli
interni non solo Veneziani ma Europei. Si trattava di lampadari pensili in vetro soffiato con la presenza di
elementi decorativi disposti intorno ad un asse centrale.

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