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JOHN M. KELLY LIBDAKY

Donated by
The Redemptorists of
the Toronto Province
from the Library CoUection of
Holy Redeemer College, Windsor

University of
St. Michael's College, Toronto
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Ontario CounciI of University Libraries

http://www.archive.org/details/ilnuovotestament02sale
LA SACRA BIBBIA
LA

SACRA BIBBIA
COMMENTATA
DAL

P. MARCO M. SALES 0. P.
Professore ali* Università di Friburgo (Svizzera)

Testo latino della Volgata e versione italiana

DI

Mons. ANTONIO MARTINI


RIVEDUTA E CORRETTA

TORINO
L. I. C. E. T. TIPOGRAFIA PONTIFICIA
LEGA ITALIANA CATTOLICA EDITRICE E DELLA SACRA CONGREGAZ. DEI RITI
BERRUTI, SISMONDI & C. Cav. P. MARIETTI
Via Bellezia, 5 Via Legnano, 33
IL

NUOVO TESTAMENTO
COMMENTATO
DAL

P. MARCO M. SALES 0. P.
Professore all'Università di Friburgo (Svizzera)

Testo latino della Volgata e versione italiana

DI

Mons. ANTONIO MARTINI


RIVEDUTA E CORRETTA ^^ ^Sp,
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Volume II.

Le Lettere degli Apostoli - L'Apocalisse

TORINO
L. I.C. E.T. TIPOGRAFIA PONTIFICIA
LEGA ITALIANA CATTOLICA EDITRICE E DELLA SACRA CONGREGAZ. DEI RITI
BERRUTI, SISMONDI & C. Cav. P. MARIETTI
Via Bellezia, 5 Via Legnano, 23

^•LY KEDEÉÌÉN(j|iRARY, WINDSOR


Noi sottoscritti avendo letto La Sacra Bibbia commentata dal P. Marco Sales O. P.,
voi. II: Le Epistole degli Apostoli e l'Apocalisse di S. Giovanni; ne approviamo la stampa.

Roma, 7 Febbraio 1914.

Fr. Antonino Ricagno, O P.


Fr. Leonardo Lehu, O. P.

Imprimi potest.
Fr. Hyacinthus M. Cormier, M. G. O. P.

Visto: Nulla osta alla stampa.


Torino, 15 Marzo, 1914.
Can. Teol. L. Benna, R. D.

V. Imprimatur.
C. Francesco Duvina, provic. gen.

L'editore-proprietario G. B. Berruti si riserva tutti i diritti artistici e letterari garantiti


dalle vigenti leggi.

PROPRIETÀ LETTERARIA

Torino 1925 — Scuola Tipografica Salesiana.


PREFAZIONE

Il primo volume del Nuovo Commento della Bibbia fu accolto

con tanto favore dalla stampa e dal pubblico italiano, che in breve
tempo se ne diffusero più di duemila esemplari. Un esito così ina-
spettato ci incoraggiò a mettere mano al secondo volume, che
ora presentiamo ai lettori.

In esso ci siamo attenuti agli stessi criterii, che ci guidarono


nella compilazione del primo volume, procurando di seguire sempre
fedelmente tutti gli insegnamenti e tutte le direzioni della santa
Chiesa, sola legittima interprete delle S. Scritture.
Mirando allo scopo prefissoci, non abbiamo creduto conve-
niente abbondare nelle citazioni d'autori protestanti, ma ci siamo
ognora studiati di far comprendere il sacro testo seguendo le norme
dei Ss. Padri e degli altri autori cattolici. Per supplire alla bre-
vità del commento e delle introduzioni, abbiamo indicati ai luoghi

opportuni le principali opere cattoliche, che potranno essere utili

a chi desidera approfondire maggiormente i varii argomenti.


Nella speranza che anche questo secondo volume abbia ad
incontrare il favore dei lettori, rinnoviamo la dichiarazione di sot-
tomettere in tutto e per tutto noi e Topera nostra al giudizio e
all'autorità della S. Chiesa Cattolica, madre nostra e maestra in-

fallibile di verità.

Friburgo (Svizzera), Febbraio 191 4.


LETTERE DI S. PAOLO

INTRODUZIONE GENERALE

S. PAOLO. Dalla sua nascita alla sua trano nei suoi discorsi {Atti xvii, 28) e nei
CONVERSIONE. — S. Paolo nacque a Tarso suoi scritti(I Cor. xv, 33; Tit. i, 12), non
in Cilicia (Atti ix, 11; xxi, 39) da pil geni- sono sufficienti a provare che egli posse-
tori {Gal i, 15; II Tim. i, 3), appartenenti desse una conoscenza profonda della lette-
alla tribù di Beniamino {Filipp. in, 5), nei ratura greca. Anche la filosofia greca, nelle
primi anni dell'era cristiana. Suo padre era sue dovette rimanere pressoché sco-
fonti,
Fariseo {Atti xxiii, 6), e possedeva, non nosciuta a S. Paolo, e quel poco di essa,
sappiamo con' certezza per qual titolo, la che presso di lui si incontra, doveva già
qualità di cittadino romano {Atti xvi, 37 far parte del patrimonio intellettuale dei
e ss.; XXII, 25-28; Ved. n. ivi). Nell'ottavo Giudei ellenisti (Ved. la questione ampia-
giorno dopo la sua nascita fu circonciso {Fi- mente trattata presso Jacquier, Histoire des
lipp. Ili, 5), e ricevette il nome aramaico livresda N. T., t. i, p. 61 e ss. ; Prat, La
di Saulo (il desiderato), a cui fu poi ag- neologie de St-Paul, t. i, p. 18 e ss. ; Tous-
giunto il sopranome romano di Paolo (Ved. saint, Epitres de St-Paul. t. i, p. 6 e ss., ecc.
n. Atti XIII, 9). Per la tesi contraria V. Le Camus, L'oeuvre
Siccome Tarso era una città al tutto elle- des Apotres. t. i, p. 133 e ss.).
nizzata (Strabone, Geographica, xiv, 10, 13, La sua educazione, sia nella famiglia e sia
15), è probabile che la lingua materna di nella sinagoga di Tarso, fu esclusivamente
S. Paolo fosse il greco, o meglio quel dia- giudaica, e come
rabbini del tempo anche
i

letto volgare (uoivi']) che, dopo le conquiste egli imparò un'arte manuale dandosi a fab-
di Alessandro, era diventato comune in tutte bricar tende {Atti xviii, 3), il che gli giovò
le città delMediterraneo orientale. In questo poi durante le sue missioni a guadagnarsi il
dialetto egli scrisse le sue lettere, ma poi- suo sostentamento, senza essere di peso alle
ché in esse mostra di conoscere assai im- Chiese (I Cor. iv, 12; I Tess. ii, 9; II Tess.
perfettamente la sintassi e la rettorica e le Ili, 7, ecc.).
varie forme della lingua classica, è da cre- Mosso probabilmente dal desiderio di di-
dere che non abbia frequentato le famose ventare rabbino, si portò, giovane ancora, a
scuole di grammatica, che sorgevano nella Gerusalemme {Atti, xxvi, 4), e quivi ebbe
sua città natale (Strabone, loc. cit.). D'altra a maestro celebre Gamaliele (Ved. n. Atti,
il

parte, il suo zelo farisaico non gli avrebbe v, 34), dal quale fu istruito nella scienza
permesso di studiare autori pagani, e le della legge e della Scrittura {Atti, xxii, 3),
poche citazioni di poeti greci, che si incon- facendo così rapidi progressi e accenden-

1 — Sacra Bibbia, voi. II.


Lettere di S. Paolo

dosi di tanto zero per le tradizioni farìsaiclie, penitenza, in cui non prese né cibo, né be-
da superare molti suoi coetanei della sua vanda, ricevette il santo Battesimo, e da
condizione {Gal. i, 13). Alla scuola di Gama- lupo rapace che era, diventò un agnello
liele egli apprese quella conoscenza pro- mansuetissimo.
fonda delle Scritture che si ammira nelle sue (La conversione di S. Paolo è narrata tre
lettere, e quel modo speciale di ragionare e volte negli Atti degli Apostoli,
ix, 3-19;
di concatenare assieme le idee pieno di brio XXII, 6-18; XXVI, 12-18. Ved. n. ivi Cfr.
e di vigore che è proprio dei Semiti, ma as- I Gal i, 13-16 I Tim.
Cor. IX, 1 XV, 8-9
; ; ;

sieme la sua mente rimase come satura di I, Questo grande avvenimento, ebbe
13).
tutte le false idee e di tutti i preconcetti dei luogo probabilmente nell'anno 34 dell'era
Farisei intorno Messia. Non sappiamo
al volgare.
quanto tempo egli si sìa fermato a Gerusa-
lemme, sembra però che ne sia partito prima Preparazione all'Apostolato. Dopo —
che Gesù Cristo desse principio alla sua ilBattesimo, S. Paolo non restò a Damasco
pubblica missione, poiché è certo che egli che poco tempo, e poi si ritirò nell'Arabia
non vide il Signore durante la sua vita mor- {Gal. I, 17-18) per attendere all'orazione e
tale. Probabilmente era tornato a Tarso, se alla meditazione. Non sappiamo precisa-
pure non si era dato a correre la terra e il mente quanto vi si sia fermato, è certo però
mare affine di far proseliti {Matt. xxiii, 15). che dopo qualche anno egli era di nuovo a
Ad ogni modo noi lo troviamo nuovamente Damasco {Gal. 1. e. Atti, ix, 22 e ss.), dove
;

a Gerusalemme poco tempo dopo la Pente- confondeva i Giudei dimostrando che Gesù
coste, quando cioè i fedeli già formavano era il vero Messia. I Giudei arsero di sdegno
una comunità a parte, che sotto il governo contro di lui, e tentarono dì ucciderlo ma ;

degli Apostoli e mediante la loro predica- egli coli 'aiuto dei cristiani riuscì a fuggire
zione e quella dei Diaconi, tendeva a stac- e si portò a Gerusalemme (anno 37) a
carsi completamente dalla legge e dalle isti- vedere Pietro {Gal. i, 18). Anche a Gerusa-

tuzioni mosaiche. Vedendo il pericolo che lemme incontrò l'odio dei Giudei Ellenisti,
correva il Giudaismo, egli si sentì ripieno di i quali lo cercarono a morte {Atti, xxii, 17>,
zelo per la legge di Mosè e le tradizioni dei ed egli, dietro l'ordine del Signore e le pre-
padri {Gal. i, 14), e non contento di appro- ghiere dopo esservi rimasto
dei cristiani,
vare la morte di S. Stefano {Atti, viii, 1), si 15 giorni {Gal. i, 18), partì per Cesarea di
persuase di dover far molte cose contro il Palestina, e dì qui si portò a Tarso {Atti,
nome di Gesù Nazareno {Atti, xxvi, 9), e IX, 30).
come belva inferocita si mise a devastare la Essendo poi scoppiata più violenta la per-
Chiesa di Dio, entrando per le case e trasci- secuzione in Palestina, parecchi cristiani di
nando vìa uomini e donne e facendoli met- Gerusalemme sì recarono ad Antiochia, e vi
tere in prigione {Atti, vili, 3; xxii, 4, 5, 19; fondarono una Chiesa, che in breve divenne
XXVI, 9-11 ; I Tim. i, 13, ecc.). Non bastan- fiorentissìma. Gli Apostoli allora vi manda-
dogli perseguitare i cristiani in Gerusa- rono S. Barnaba, il quale, avendo veduto
lemme, egli sì presentò al principe dei sacer- qual vasto campo si offriva per l'evangeliz-
doti edomandò lettere per le sinagoghe di zazione, andò a Tarso a cercare S. Paolo, e
Damasco, con un mandato speciale di poter trovatolo lo condusse ad Antiochia, dove si
menare legati a Gerusalemme quanti ebrei trattenne con lui per un anno, facendo nu-
cristiani avesse trovati, uomini e donne merosissime conversioni. I due Apostoli si

{Atti, IX, 2-3). portarono in seguito a Gerusalemme a re-


Ma la grazia d
Dio lo aspettava. Mentre carvi alcune elemosine (anno 43), ma fecero
era già vicino a Damasco, sul mezzogiorno presto ritorno ad Antiochia, dove, per una
una vivissima luce gli folgoreggiò d'intorno, speciale rivelazione dello Spirito Santo, fu-
e, caduto per terra, sentì la voce di Gesù rono consecratì vescovi e mandati a predi-
che gli disse Saulo, Saulo, perchè mi per-
: care {Atti, XI, 19-30; XIII, 1-4).
seguiti? è cosa dura per te il ricalcitrare
contro il pungolo. A
tal voce egli si arrese Prima grande missione (anni 45-49). —
alla grazia e disse Signore che vuoi tu che
: S. Paolo, accompagnato da S. Barnaba, e per
io faccia? Il Signore gli comandò dì andare qualche tempo anche da S. Marco, partì da
da Anania, il quale lo avrebbe istruito e bat- Antiochia, e andò a Seleucia, e poi navigò
tezzato. Così egli fece, e dopo tre giorni di a Cipro, dove coovenì il Proconsole Sergio
Introduzione generale

Paolo. Indi per mare si recò a Perge nella stoli a Gerusalemme. Arrivato a Listri prese
Panfilia, e di là si portò ad Antiochia di con sé anche Timoteo, e scorse le varie
Pisidia, e poi a Iconio, a Lìstri, a Derbe, città già evangelizzate nella prima missione,
facendo dapertutto numerose conversioni, e e poi attraversò la Frigia e il paese della
sostenendo gravissime persecuzioni. Infine, Galazia e si portò nella Misia. Egli avrebbe
dopo aver visitate nuovamente le Chiese già voluto spingersi nella Bitinia, ma per di-
fondate, scese ad Attalia, e di li fece ritorno vina rivelazione scese invece a Troade, di
ad Antiochia di Siria {Atti, xiii xiv). ;
dove, in seguito ad una visione avuta, fece
vela per la Macedonia. Quivi evangelizzò
Concilio di Gerusalemme. All'arrivo — Filippi, e traversando Amfipoli e
poscia,
dei due Apostoli ad Antiochia, si radunò la Apollonia, recò a Tessalonica, indi a

Chiesa, ed essi cominciarono a raccontare Berea e poi ad Atene, e in seguito a Co^


quanto avevano operato, e come Dìo avesse rinto, fondando dapertutto Chiese fìorentis-
aperto ai pagani la porta della fede. Ciò sime. Imbarcatosi finalmente a Ceneri, si
diede occasione al rinnovarsi della questione diresse a Efeso, e poi subito si portò a Ce-
sul valore della legge mosaica, poiché alcuni sarea e a Gerusalemme e fece ritorno ad
pretendevano che, per essere salvi, si do- Antiochia di Siria {Atti, xv, 36-xviii, 22).
vesse ricevere la circoncisione, mentre San
Paolo e S. Barnaba proclamavano altamente, Terza grande missione (anni 55-58). —
che le istituzioni mosaiche non avevano più Dopo essersi fermato qualche tempo ad An-
alcun carattere di obbligatorietà. Per tron- tiochia, S. Paolone partì di nuovo, e, scorso
care definitivamente la questione, S. Paolo il paese della Galazia e la Frigia, giunse
e S. Barnaba vennero inviati a Gerusalemme ad Efeso, dove rimase per due anni interi,
a interrogare gli Apostoli. Nel loro viaggio facendovi innumerevoli conversioni. Co-
furono accompagnati anche da altri discepoli stretto a fuggire da questa città, a motivo
e specialmente da Tito {Gal ii, 1). A Geru- del tumulto provocato dall'argentiere De-
salemme, in pubblico concilio fu da San metrio, si portò nella Macedonia, e poi nel-
Pietro e dagli altri Apostoli, dichiarato che l'Acaìa, restando per quache tempo a Co-
i pagani non dovevano essere sottomessi alle rinto. Partito da questa città si recò a Fi-
prescrizioni della legge mosaica, benché, lippi, e poi a Troade, indi, imbarcatosi ad
per facilitare i mutui rapporti tra i cristiani Asson, fece vela per Mileto, e da Mileto
Ebrei e i cristiani Gentili, si raccomandasse sempre per mare giunse a Cesarea di Pa-
a questi ultimi di astenersi da alcune cose, lestina, e da Cesarea andò direttamente a
per le quali i Giudei provavano maggior Gerusalemme {Atti, xviii, 23-xxi, 16).
ripugnanza. S. Paolo e S. Barnaba, unita-
mente a Giuda Barsaba e a Sila, furono Prigionia a Cesarea (anni 58-60). —
incaricati di portare alla Chiesa d'Antiochia Paolo fu accolto con molta cordialità
S.
la decisione presa, il che fu tosto eseguito. dai fedeli di Gerusalemme, e per dimostrare
Qualche tempo dopo però, la Chiesa di ai suoi connazionali che egli non disprez-
Antiochia fu nuovamente turbata per l'inci- zava la legge di Mosé, si sottomise pubbli-
dente avvenuto tra S. Pietro e S. Paolo a camente a una cerimonia legale da com-
motivo delle osservanze legali (Ved. Gal. ii, piersi nel tempio. Appena però egli fu visto
12), ma la fermezza e l'energia dell'Apostolo nel tempio, il popolo, sobillato da alcuni fa-
delle genti fece sì, che in modo piìi chiaro natici, si mosse a tumulto, e, trascinatolo
ancora fosse riconosciuta la libertà dei pa- fuori del recinto sacro, avrebbe ucciso,
lo
gani (Ved. Aiti, XV, 1-35; Gal. ii, 1-13). senza il pronto ed energico intervento del
tribuno Lisia. Invano l'Apostolo cercò di
Seconda grande missione (anni 51-54). — arringare la folla inferocita, che le sue pa-
Mosso dal desiderio di visitare le Chiese role provocarono maggiore tumulto, ed egli
fondate nella prima grande missione, San dovette appellarsi alla sua qualità di citta-
Paolo, preso Sila per compagno, e lasciato dino romano, per costringere il tribuno a
S. Barnaba a motivo di un dissenso avuto rispettare i diritti di cui godeva. Trascinato
con lui a cagione di S. Marco, partì da An- davanti al Sinedrio, seppe difendersi colla
tiochia, e fec^ il giro della Siria e della più rara abilità, portando la discordia nel
Cilicia, confermando le Chiese e inculcando campo dei suoi avversarli. Ma poiché una
a tutti di osservare il decreto dato dagli Apo- mano di Giudei aveva ordito contro di lui
Lettere di S. Paolo

una congiura, il tribuno Lisia lo mandò, Frammento Maratoriano si trova scritto :

accompagnato da buona scorta di soldati, a pKofectionem Pauli ab urbe ad Spaniam prò-


Cesarea dal Preside Felice, affinchè vi fosse ficiscentis. La stessa affermazione si trova
giudicato. Felice non si curò gran che di presso S. Atanasio {Epist. ad Dracont., iv),
dare sentenza, poiché sperava che S. Paolo S. Giov. Cris. {Hom. x, 3 in II ad Tim. e
si sarebbe riscattato con denaro, e quindi in Matt. Lxxv, 2), S. Epifanio {Haeres.
lo tenne prigioniero per due anni. xxvii, 6), Teodoreto (in II Tim. iv, 17), San
A Felice essendo poi succeduto Porcio Gerolamo (in Isaiam, xi, 6), S. Gregorio M.
Pesto, questi propose a S. Paolo di farlo {Mor. in Job. xxxi, 53), ecc., e benché Eu-
condurre a Gerusalemme per esservi giu- sebio dica nulla in proposito, tuttavia con-
dicato dal Sinedrio. Ma l'Apostolo si op- viene nell 'affermare che, tra la prima e la
pose, e come cittadino romano, si appellò seconda prigionia romana, intraprese un'altra
all'imperatore. Prima di partire per Roma, missione (H. E. ii, 22) « Finalmente, dopo
ebbe ancora occasione di predicare Gesìj aver perorato la sua causa davanti ai giudici,
Cristo davanti al re Agrippa (Atti, xxi, 17- si dice che sia partito nuovamente per pre-
XXVI, 32). dicare, e che poi, tornato una seconda volta
a Roma, vi abbia subito il martirio)). Gli
stessi protestanti vanno sempre più arren-
Prima prigionia romana di S. Paolo
(anni 60-63). — Sul principio dell'autunno
dendosi a questa tradizione, e parecchi di
essi l'ammettono senza difficoltà (Zahn, Kii-
dell'anno 60, San Paolo, accompagnato da
bel. Spitta, Steimnetz, ecc. Ved. Belser. Ein-
S. Luca e da Aristarco, fu affidato assieme
leit. p. 584).
ad altri prigionieri alla custodia del cen-
Dalla Spagna, S. Paolo si portò ben presto
turione Giulio, e imbarcato su una nave
(lo stesso anno 64) in Oriente, coli 'inten-
alla volta di Roma. S. Luca descrive mi-
zione di visitare Chiese già fondate.
le
nutamente negli Atti (xxvii, 1-xxviii, 31)
Tutti i moderni sono pressoché d'accordo
tutte le peripezie di questo viaggio, che
nell 'ammettere questo viaggio, che solo può
durò parecchi mesi, e non fu terminato che
spiegare l'attività apostolica che é supposta
nella primavera dell'anno seguente 61. A
dalle lettere pastorali. S. Paolo: andò dap-
questo punto S. Luca interrompe brusca-
prima a Creta, e dopo avervi predicato il
mente la sua narrazione, contentandosi di
Vangelo, se ne partì lasciando Tito a gover-
dife che la prigionia dell'Apostolo nell'e-
narvi la Chiesa {Tit. i, 5), e sì recò ad
terna città durò due anni. Ma dalle lettere
Efeso, dove lasciò come vescovo il suo di-
che S. Paolo scrisse in questo tempo, pos-
scepolo Timoteo (I Tim. iv, 14; II Tim. l,
siamo conoscere alcun poco della sua atti-
6). Da Efeso si diresse nella Macedonia, ma
vità {Filipp. I, 4, 14; IV, 22), e dedurre con
poco dopo ritornò a Efeso (I Tim. in, 14).
certezza che la sua causa davanti all'impe-
Imbarcatosi poi a Mileto, parti nuovamente
ratore ebbe un esito felice, ed egli riac-
per la Macedonia e la Grecia, e pregò Tito
quistò la sua libertà {Filipp. i, 19, 26; ii,
di andarlo a trovare a Nicopoli nell'Epiro,
23, 24; Col. iv, 8; Efes, vi, 22; Filem. 22).
dove faceva conto di passare l'inverno {Tit.
Ili, 12). In seguito si portò a Corinto, dove,

Quarta grande missione (anni 64-67). — per testimonianza di S. Dionigi vescovo di


Pieno di zelo per la propagazione del Van- Corinto vissuto intorno al 170 (Euseb. H. E.
gelo S. Paolo appena fu libero intrapprese II, 24), si incontrò coli 'Apostolo S. Pietro, e

una grande missione. Conforme a desiderio assieme a lui andò poi a Roma e vi subì il
da tempo vagheggiato {Rom. xv, 28), egli martirio. Ecco le parole di S. Dionigi « Tutti
si portò, probabilmente nella primavera del- e due (Pietro e Paolo) entrati nella nostra
l'anno 64, nella Spagna, come attestano gli città di Corinto, ci istruirono colla predica-
antichi (Ved. Dict. Vig., Espagne). Così San zione del Vangelo, e poi partiti assieme per
Clemente R. scrivendo da Roma a quei di l'Italia, dopo aver similmente istruito voi

Corinto (I Cor. v), dice che S. Paolo colla Romani, subirono nello stesso tempo il mar-
sua predicazione arrivò sino al termine del- tirio )). S. Paolo arrivò a Roma, probabil-
l'Occidente {regima xfjs òvoeog). Ora, con mente verso la fine ma ben
dell'anno 66,
questa frase uno scrittore romano non tosto fu imprigionato econdannato a morte
poteva intendere che la Spagna, dove si assieme a S. Pietro, e ai 29 di giugno del-
ponevano le colonne di Ercole. Anche nel l'anno seguente ebbe troncata la testa, al
Introduzione generale

secondo miliare della via Ostiense, e quivi la sesta ai Filippesi, la settima a! Colos-
presso fu sepolto. nona ai Tessalonìcesi, la
sesi, l'ottava e la
Questo fatto oltreché da S. Dionigi e da decima e l'undecima a Timoteo, la dodice-
Eusebio (loc. cit.) è affermato da S. Gero- sima a Tito, la decimaterza a Filemone, e
lamo {De vir. ili. v), il quale scrive questi : l'ultima agli Ebrei. È indubitato però che,
(Paolo) adunque, l'anno 14 di Nerone (67 oltre a queste, S. Paolo ne scrisse parecchie
d. C), nello stesso giorno che S. Pietro ebbe altre, le quali andarono perdute. Egli stesso
troncato il capo a Roma sulla via Ostiense. infatti nella prima ai Corinti (v, 9) ricorda
Anche S. Clemente R. (I Cor. v) dice che una sua lettera precedente; e così pure in
S. Paolo subì a Roma il martirio sotto i pre- quella ai Filippesi (in, 1) ne ricorda un'al-
fetti. Ora è proprio nell'anno 67 che, trovan- tra, e in quella ai ColossesI (iv, 16) parla

dosi Nerone nell'Acaia, i prefetti del pre- di una lettera da lui scritta ai Laodicenì.
torio e Nimiidìo governavano la
Tigellino Di queste lettere però non sappiamo nulla.
città di Roma. Non va omesso il prete ro- Tutta l'antichità è unanime nel ricono-
mano Caio (Euseb. H. E. ii, 25), il quale scere l'autenticità e la divinità delle quat-
sul fine del secondo secolo dice ai suoi av- come ne fanno fede
tordici lettere ricordate,
versarli, che è in grado mostrar loro sia
di l'antichissima versione siriaca e le citazioni
al Vaticano, sia sulla via Ostiense i trofei dei Padri. Così ad esempio S. Policarpo,
(sepolcri) di coloro che hanno fondata la nella sua lettera ai Filippesi, cita 13 testi
Chiesa di Roma. (Ved. anche Tertulliano, De di otto lettere e fa allusioni a quattro altre
^ praescript, 36 Eusebio, H. E. i, 25 Lat-
; ; (Ved. Cornely, Introd. in, p. 380). Simil-
tanzio, De morte persec. 2 Teodoreto, In ;
mente S. Giustino le cita tutte eccettuata
Epist. ad Philipp, i, 25, ecc.). quella a Filemone (Id. Introd. i, p. 175), e
così pure fanno Sant'Irineo, Tertulliano,
Principali opere cattoliche intorno a Clemente A. e Origene (Id. Introd. iii,
S. Paolo. —
Non è possibile indicare tutte p. 379).
le opere uscite intorno all'Apostolo delle // Frammento Muratianoricorda una ad
genti. Una bibliografia abbastanza completa una le tredici prime
ed Origene {In.
lettere,
si può trovare presso Dict. Vig., Paul. Oltre los. hom. VII, 1) afferma, che San Paolo
alle Introduzioni di Cornely, Vìgouroux- colle quattordici trombe delle sue lettere
Brassac, Kaulen, Belser, Jacquier, Ba- ha fatto cadere le mura di Gerico, cioè la
bura, ecc., si potranno con utilità consul- idolatria, ecc., ed Eusebio (H. E. ni, 3, 25)
tare le seguenti opere Vidal, St-Paul, sa
: scrive Le quattordici lettere di S. Paolo
:

vie et ses ceuvres, Parigi, 1863 Rambaud, ;


sono note e manifeste a tutti, e benché poi
St-Paul, ecc., voi. I, Parigi, 1888; Fouard, soggiunga che alcuni hanno qualche diffi-
St-Paul, ses missions, Parigi, 1908 St-Paul, ;
coltà sulla lettera agli Ebrei, tuttavia egli
ses dernières années, Parigi, 1907 Le Ca- ;
non dubita poco dopo noverare le quat-
di
mus, L'oeuvre des Apotres, 3 voi., Parigi, tordici lettere tra le Scritture che da tutti
1905; Felten, Die Apostelgeschichte, Fri- sono riconosciute come divine. Anche Teo-
burgo B., 1892; Bourgine, La conversion doreto (Prcef. in ep. Paul.) afferma // Beato :

• de St-Paul, Parigi, 1902; Heim, Paulus, Paolo scrisse quattordici lettere, e la stessa
Salisburgo, 1905; Faye, St-Paul, St-Blaise, affermazione si trova pure presso S. Gero-
1908, ecc. Tutti i Commentatori degli Atti lamo {ad Paulin, ep. 53, 8), Sant'Agostino
degli Apostoli e delle Epistole di S. Paolo {De doct. S. Filastrio {De
christ, ii, 8),
trattano pure più o meno lungamente della hceres. 88, 89), Rufino{Symb. apost. 37) e
vita e delle principali azioni del grande nei Concini di Ippona (anno 393, can. 36),
Apostolo. Tra gli antichi sono da ricordarsi di Cartagine (anno 419, can. 29), ecc.
le Homiliae in laudem S. Pauli di S. Gio- L'ordine con cui sono disposte le varie
vanni Crisostomo. lettere nei diversi codici e nei diversi cata-
loghi, non è sempre lo stesso, e la disposi-
Numero e ordine delle lettere di San zione attuale, che tempi di Sant'Ago-
fin dai

Paolo. — Le lettere di S. Paolo contenute stino qominciò a prevalere nella Chiesa


* nelCanone del Nuovo Testamento sono in latina, é fatta avendo riguardo non alla
numero di 14, e sono indirizzate la prima : cronologia, ma alla dignità delle Chiese e
ai Romani, la seconda e la terza ai Corinti, delle persone a cui le lettere furono indi-
la quarta ai Calati, la quinta agli Efesini, rizzate, e alla gravità dell'argomento trattato.
Lettere di S. Paolo

Alla lettera agli Ebrei viene però dato l'ul- netta e precisa, come sì vedrà neiranalisi
timo posto, perchè fu l'ultima ad essere di ciascuna lettera.
conosciuta nelle Chiese occidentali. L'epilogo contiene generalmente alcune
Se si tien conto del tempo in cui furono notizie di carattere personale, a cui sono ag-
scritte, le quattordici lettere di S. Paolo giunti iPaolo e talvolta anche
saluti di S.
possono ordinarsi in tre gruppi, il primo dei suoi compagni. Come
fa bene osservare
dei quali comprende le lettere scritte prima Prat {La Théologie de St-P. t. i, p. 100),
della prigionia di Cesarea, cioè Rom., I e II l'antichità classica non ci offre nulla che
Cor., Gal, I e II secondo contiene
Tess.; il rassomigli alle lettere di S. Paolo, sia per
le lettere scritte durante la prima prigionia la struttura e sia per il tono. Qual compara-
di Roma o almeno dall'Italia, cioè Efes., zione si può infatti stabilire tra le forme di
Fìlipp., Coloss., Filem., Ebr.; il terzo com- saluto rigide e secche in uso presso i Romani
prende le lettere scritte dopo la liberazione {Atti, XXIII, 26) e le forme così libere, così
dalla prima prigionia di Roma, cioè I e II varie e così poco convenzionali, come sono
Tim. e Tit. quelle adoperate da S. Paolo? Per trovar
qualche cosa che loro rassomigli si deve ri-

Data delle varie lettere. — Non è pos- correre alle lettere conservateci nei papiri
egiziani e recentemente scoperte. In esse
sibile fissare la data precisa di tutte le let-
troviamo formole di saluti analoghe a quelle
tere di S. Paolo, e anche tra gli autori cat-
usate da S. Paolo, preghiere fatte agli dei per
tolici regna una certa divergenza su questo
la salute dei destinatarii, e lunghe file di
punto, benché in generale si convenga nel
nomi di persone da salutare (Ved. es. presso
determinare l'ordine cronologico con cui fu-
Prat, op. cit. p. 101).
rono scritte. Così infatti quasi tutti i moderni
È ancora da osservare, come benché le
si accordano nel ritenere, che le prime in
lettere di S. Paolo contengano parecchie no-
ordine di tempo siano quelle ai Tessaloni-
tizie di carattere particolare e privato, tut-
cesi (Belser e pochi altri pensano che la
tavia nella mente dell'Apostolo esse erano
prima sia quella ai Calati), a cui tengono
destinate alla pubblicità, ossia ad essere co-
dietro successivamente quelle ai Calati, ai
municate non già a una o più persone da
Corinti, ai Romani, ai Filippesi, agli Efe-
sini, ai Colossesi, a Filemone, agli Ebrei,
leggersi in secreto,ma a tutta la comunità
cristiana, per la quale erano scritte. Per
e poi la prima a Timoteo, quella a Tito e
questo vediamo che nella lettera a Filemone
la seconda a Timoteo.
(2) il nome del destinatario è associato a
Nelle introduzioni speciali si tratterà della
tutta la comunità, e in quelle a Timoteo e a
data più probabile di ciascuna lettera, e delle
Tito (II Tim. IV, 22; Tit ili, 15), S. Paolo
questioni principali che vi sono connesse.
saluta direttamente le Chiese di Efeso e di
Creta, e passa con facilità dal singolare al
Forma generale delle varie lettere. — plurale e viceversa. Similmente l'Apostolo
Le lettere dell'Apostolo S. Paolo hanno pres- vuole che la lettera ai Colossesi venga co-
soché tutte una forma identica, e compren- municata ai fedeli di Laodicea {Coloss. iv,
dono un prologo, ossia un'introduzione, un 16), e che quelle ai Corinti siano fatte cono-
corpo, e un epilogo o conclusione. scere a tutte le Chiese di Acaia, ecc. I Cor.
Nel prologo, giusta l'uso greco-romano, I, 2 II Cor. i, 1). Ben sapendo poi che le
;

vengono indicati prima il nome e la qualità sue lettere circolavano per le mani dei fedeli,
dell'autore {Paolo Apostolo, ecc.) e talvolta S. Paolo, lungi dall'opporvisi, pigliò la pre-
anche il nome e la qualità dei suoi compagni cauzione di porre un sigillo o segno speciale
{il fratello Timoteo, ecc.), e poi vi si aggiun- per impedire che essi fossero ingannati da
gono il nome dei destinatarii {alla Chiesa di, lettere a lui falsamente attribuite (II Tess.
oppure ai, ecc.) e alcune formole di saluto II, 2). Anche le lettere ai Romani, agli Efe-
e un ringraziamento a Dio per i benefìzi fatti sini, ai Calati, agli Ebrei, ecc., per il loro
ai destinatarii della lettera. stesso argomento sono destinate non solo a
corpo della lettera generalmente si com-
// una Chiesa particolare, ma a tutti ì cristiani
pone di due parti di ineguale lunghezza, in generale, poiché le questioni che solle-
runa dogmatica o apologetica e l'altra mo- vano e risolvono hanno un carattere univer-
rale. Talvolta però si hanno tre parti, e tal sale, sia per riguardo allo spazio e sia per
altra è difficile poter dare una divisione riguardo al tempo (Ved. Prat, op. cit. p. 94).
Introduzione generale

Si deve ancora aggiungere, che S. Paolo (V. Fabricius, Bìblioth. graeca, t. iv, p. 445)
generalmente non scriveva le sue lettere di ne celebrava la forza oratoria e il vigore dia-
proprio pugno, ma si serviva all'uopo del- lettico.Non si deve dimenticare che S. Paolo
l'uno o dell'altro dei suoi discepoli, conten- è un predicatore e un polemista, non già un
tandosi di aggiungere in fine qualche saluto narratore calmo e pacato; per conseguenza
di propria mano. ciò che domina in lui è l'ardore e la vita.
Nelle sue lettere egli ha trafuso tutto sé
Lingua e stile di S. Paolo. Tutte le — stesso, la sua immaginazione vigorosa e po-
lettere di S. Paolo furono scritte in greco, tente, il suo cuore squisitamente sensibile,
non però nella lingua classica, ma nel dia- e delicato, la sua volontà piena di energia e
letto ellenistico o koivi), che era comunemente di coraggio, la sua mente armata di una
parlato dai Giudei della Diaspora. Benché cognizione profonda delle verità cristiane e
S. Paolo stesso affermi, che il suo dire è ben di una dialettica poderosa e stringente. La
lungi dall'essere puro {iòiórrjs t(ò Xóycò parola e lo stile sono in lui interamente su-
II Cor. XI, 6), tuttavia è indubitato che dopo bordinati al pensiero, e il pensiero è sempre
S. Luca egli è lo scrittore del Nuovo Testa- grande, maestoso e profondo, sia quando
mento che meglio possiede la lingua greca. espone gli alti problemi della dottrina cri-
Il suo vocabolario (lasciando da parte la let- stiana, sia quando assale gli avversarli, o sì
tera agli Ebrei) non conta meno di 2478 voci difende dai loro attacchi, sia quando si ef-
diverse, delle quali 816 non sono usate da fonde in tenerezze ineffabili verso dei suoi
altro scrittore del N. T., e di queste 150 si neofiti. Carattere vivace e poco curante della
trovano per la prima volta presso dì lui {Cf. forma, egli si abbandona di frequente alle
Jacquier, Histoire, ecc., t. l, p. 51). antitesi, alle metafore ardite, alle interroga-
Grammaticalmente parlando, S. Paolo è zioni dirette, esce spesso in esclamazioni
uno scrittore abbastanza corretto, e le nume- drammatiche, ricorre al sarcasmo e all'i-
rose licenze permette sono dovute
che si ronia, all'enumerazione, alla gradazione, la-
all'uso comune dei tempi. Assai frequenti scia in sospeso un periodo incominciato, fa
sono i verbi composti, i participii, i giuochi lunghe digressioni non curandosi dell'oscu-
di parole, le paranomasie, le antitesi, ecc. rità che possono talvolta ingenerare le sue
Vi si osserva ancora una quantità di anacoluti parole.
{Rom. v, 12; ix, 22; xvi, 25, ecc.), dj Volentieri si ripete, e sovracarica la sua
asindeti {Rom. xii, 9, ecc.), di elissi {Rom. frase di congiunzioni e di preposizioni, e
Ili, 1 ; vili, 27, ecc.), di pleonasmi {Rom. allora il periodo diviene contorto e imba-
XV, 14, ecc.), di parentesi e digressioni razzante, ma ciò non ostante è sempre
(Rom. I, 1-7; vii, 1, ecc.), e non manfca pieno di vita e di vigore, attrae l'attenzione e
qualche solecismo (II Cor. vili, 23), ecc. Le scuote e convince. Ora un tale scrittore non
proposizioni e le frasi risentono spesso della sarà certamente un purista sotto l'aspetto
costruzioine ebraica, ed è pure frequente il filologico, ma non è nemmeno un barbaro,
parallelismo, specialmente antitetico (p. es., e perciò se deve confessare che lo stile
si
I Cor. XII, 26; II Cor. iv, 8, 9, ecc.). di S. Paolo ha difetti, si ha ancora tutto il
Per riguardo allo stile di S. Paolo si de- diritto di affermare, che è pure ricco di
vono evitare le esagerazioni e di coloro che numerose bellezze (Vedi sulla lingua e lo
non vi trovano alcuna bellezza, e di coloro stile di S. Paolo : Cornely, Introductio, in,
che lo vorrebbero assolutamente perfetto. p. 390; Jacquier, op. cit., t. i, p. 61 e ss.;
Già gli antichi S. Irineo {Adv. Haer. in, 7), Prat, op. cit., 24 e ss. Dict. Vig.,
t. I, p. ;

Origene {Com. in Rom. praef.), S. Epifanio


Grec biblique; Viteau, Étude sur le gre^
{Haer. Lxiv, 29), S. Giov. Cris. {In I Cor.
da N. T., ecc., 2 voi., Parigi, 1893, 1896;
hom. Ili, 4), S. Gerolamo {Comm. in Gal.
Boatti, Grammatica del greco del Nuovo
VI, 1), ecc., rimproverano all'Apostolo questo
Testamento, 2 voi., Venezia, 1910. In questo
o quel difetto di stile, ma
però S. Gerolamo
ultimo si troverà anche una ricca biblio-
{Ad Pammach. ep. XLViii, 13) ne vantava
l'energia e la forza come di tuono; S. Ago- grafia. Cf. anche (prot.) Nageli, Der Wort-
stino {De doct. christ. iv, 7) ne ammirava
schatz des Apostels Paulus, Gottinga, 1905.
l'eloquenza Giov. Cris. {De statuis, hom.
; S. Basti ancora indicare, fra i protestanti, le

I, 1) ne esaltava il fascino e la potenza di opere di Deissmann, Kennedy, Blass, Brug-


persuasione; e lo stesso pagano Longino mann, Burton, Meister,_ Moulton, Nestle,
Lettere di S. Paolo

Thackeray, Wìner, ecc., le quali però vanno cui deriva ogni grazia, ogni giustizia, ogni
lette e usate con molta precauzione). i tempi. 3° Tutti
salute negli uomini di tutti
gli uomini essendo contaminati dalla colpa
Oscurità delle lettere di S. Paolo. — di nessuno può conseguire la sa-
origine,
Già l'Apostolo S. Pietro faceva osservare lute se non per la grazia di Gesù Cristo,
(II Piet. Ili, che nelle epistole di San
16), la quale non può attenere se non per
si

Paolo « sono alcune cose difficili a capirsi, mezzo della fede viva in Lui e nel suo Van-
che gli ignoranti e poco fermi travolgono gelo. 4° La legge mosaica aveva per scopo
per loro perdizione », e chiunque ne ha di condurre gli uomini a Gesù Cristo, e
intrapresa la lettura ha dovuto convincersi quindi fu abolita, e perdette ogni suo valore,
della verità delle parole di S. Pietro. Queste colla mort© di Gesù Cristo. 5° Tutti i fedeli
oscurità e difficoltà provengono non solo sono intimamente uniti a Gesù Cristo, for-
dalla lingua e dallo stile, ma principalmente mando con lui un solo corpo, di cui Egli
dalla sublimità della dottrina insegnata dal- è il capo ed essi le varie membra gerarchi-
l'Apostolo. Nelle sue lettere infatti, al dire camente fra loro disposte. ,

di S. Tommaso d'Aquino (In Ep. ad. Rom. Da ciò si vede, che Gesù Cristo Figlio
prolog.), si contiene quasi tutta la dottrina di Dio, fatto uomo e redentore degli uomini,
della Teologia. S. Paolo discorre della na- è come il centro di tutta la dottrina di San
tura e delle perfezioni di Dio, della distin- Paolo, il che viene confermato dal fatto che
zione delle persone divine e dei loro mutui nelle 14 lettere dell'Apostolo, occorre più
rapporti, creazione dell'uomo e del
della di 300 volte il nome del Salvatore, e più
peccato, dell'incarnazione di Gesù Cristo e di 240 quello di Gesù, e più di 400 quello
della redenzione da lui operata. Egli tratta di Cristo.
dei misteri della predestinazione e della
grazia, della fede e della giustificazione, del Caratteri generali della dottrina di
valore della morte redentrice di Gesù Cri- S. Paolo. —
Andrebbe grandemente errato
sto, della nostra unione con lui, dei sacra- chi credesse di trovare nelle lettere di San
menti e della loro efficacia, della Chiesa e Paolo un'esposizione completa di tutta la dot-
della sua vita, e della sua gerarchia. La trina insegnata dal grande Apostolo. Si deve
risurrezione universale, l'ultimo giudizio, le infatti ritenere che tutte le lettere sono
condizioni dei corpi gloriosi, ecc., formano scritti di circostanza,determinate dai bisogni
l'oggetto dei insegnamenti, e nello
suoi o dalle condizioni speciali di coloro a cui
stesso tempo egli prende ancora a risolvere sono indirizzate. In nessuna di esse, S. Paolo
le questioni più pratiche della morale cri- ha voluto fare un compendio di tutti i suoi
stiana, discorrendo dei doveri sociali e fa- insegnamenti, ma vi ha trattato questo o quel
migliari dei cristiani, del matrimonio e dèlia punto della verità cristiana, a seconda che
sua indissolubilità, delle virtù teologali e richiedevano le circostanze. Ogni lettera
morali, dei vizi da fuggirsi, delle opere da inoltre, suppone i lettori in possesso di un
praticarsi, ecc., e tutto questo il più delle insegnamento dogmatico, morale e liturgico
volte con poche parole incisive e scultorie. ben determinato, sul quale l'Apostolo non ha
Non deve quindi far meraviglia che nelle bisogno di spiegarsi per iscritto, bastando
lettere si trovino difficoltà, e che, nonostante quanto ha predicato a viva voce.
tutti i commenti che su di esse furono Ciò non ostante però, è un fatto innegabile
scritti, molti punti rimangono tuttora oscuri, che la dottrina dell'Apostolo, sparsa nelle
e, nella interpretazione di parecchi altri, i diverse lettere, costituisce un tutto organico,
diversi esegeti siano ben lungi dall'essere le cui varie parti si connettono mirabilmente
d'accordo. tra loro, e vengono a concentrarsi in Gesù
Cristo Salvatore universale di tutti gli
Punti di dottrina cristiana sui quali uomini.
S. Paolo insiste maggiormente nelle sue
lettere. — In quasi tutte le sue lettere San Fonti a cui S. Paolo attinse la sua dot-
Paolo' insiste in modo speciale su queste trina. — La principalefonte a cui S. Paolo
grandi verità : 1° Gesù Cristo Figlio di Dio, ha sua dottrina, è da ricercarsi
attinto la
per mezzo della sua passione e della sua nelle rivelazioni a lui fatte da Dio, parecchie
morte di croce, ha redento tutti gli uomini, delle quali sono ricordate negli Atti e nelle
sia Ebrei che gentili. 2° Egli è la fonte da Lettere. Basti accennare a quelle avute a
/
7?ITR0DUZI0NS GENERALE

Damasco {Atti, ix, 3-6, 13 e ss.), a Gerusa- scritto Renan, Loisy, Harnak, ©ce, ma ha
lemme {Atli, XXII, 18; II Cor. xil, 2-4; Gal. predicato semplicemente quanto Gesù Cristo
II, 2), durante il corso della seconda mis- aveva insegnato.
sione {Atti, XVI, 10; xviii, 9), sul fine della S. Paolo potè inoltre attingere qualche
terza missione {Atti, xx, 22-23 xxi, 4) e poi ; parte della sua dottrina alla tradizione degli
a Cesarea {Atti, xxiii, 11), ecc. Apostoli e dei discepoli, che avevano visto
È indubitato che egli apprese per una ri- e udito il Signore, ma è ben difficile poter
velazione speciale quanto insegna riguardo distinguere quello che egli ha avuto per rive-
all'istituzione dell'Eucaristia (I Cor. xi, 23), lazione immediata, e quello che ha avuto per
riguardo alla salute di tutti gli uomini per mezzo della tradizione apostolica.
la fede e la grazia di Gesù Cristo, indipen- Akra fonte, a cui S. Paolo attìnse parte
dentemente dalle opere della legge mosaica della sua dottrina, sono i libri del Vecchio
{Gal. i, 12 e ss.), riguardo agli ultimi avve- Testamento, che egli mostra dì conoscere a
nimenti (I Tess. IV, 15) e all'indissolubilità perfezione, e che cita espressamente o tacita-
del matrimonio (I Cor. vìi, 10, 11), ecc. ecc. mente non meno di 250 volte, senza tener
In conseguenza S. Paolo, lungi dall'essere conto delle allusioni, delle reminiscenze, che
in opposizione a Gesù Cristo, ne è il fedele sì incontrano ad ogni momento (Ved. Prat,

discepolo (Cf. Decreto Lamentabili, prop. La Théologie di St-P. t. i, p. 35 e ss.).


31, 38). Se egli parla talvolta del suo Vangelo Coli 'Antico Testamento alla mano, egli prova
(Rom. II, 16; II Cor. iv, 3; Gal. Il, 2, ecc.), la divinità e la messianità dì Gesù Cristo,

questo però non è altro che il Vangelo di la vocazione dei pagani, la riprovazione par-

Cristo, il Vangelo del Figlio di Dio, il Van- ziale d'Israele, la giustificazione per mezzo
gelo di Gesù Signor nostro {Rom. xv, 19; della fede, l'universalità della colpa, i misteri
I Cor. IX, 12, 18; II Cor.
12; Gal. l,
li, della predestinazione e della riprovazione, la
7, ecc.). Gesù Cristo, prima di luì aveva pro- risurrezione dei morti, ecc. Le sue citazioni,
clamato l'universalità della redenzione {Matt. generalmente sono tolte dalla versione dei
X, 6; XV, 24; xxviil, 18-20; Lue. xxiv, settanta, ma in alcuni casi egli ricorre diret-

7, ecc.), la necessità di una giustizia supe- tamente al testo originale ebraico {Rom. xi,
riore a quella degli Scribi e dei Farisei {Matt. 35; I Cor. Ili, 19), e benché sì mantenga
v, 20), e la cessazione della legge mosaica sempre fedele quanto al senso, non sempre
nei suoi precetti ceremoniali {Matt. xv, 10- però riferisce alla lettera il testo sacro, ma
30; Mar. vii, 14-23). Nel discorso della mon- talvolta vi introduce qualche leggiera muta-
tagna. Gesù si è proclamato superiore a zione nelle parole, per rendere più chiaro
Mosè, ed ha sostituito all'antica legge i suoi il pensiero dell'autore ispirato {Rom. ix, 17;

comandamenti nel corso del suo ministero,


;
XI, 4, ecc.) e far meglio risaltare la prova

a più riprese ha insistito sulla necessità della che egli ne vuole dedurre (Ved. Jacquier,
fede per essere salvi e ai Farisei scandaliz-
;
Histoire des livres da N. T. t. l, p. 41 e ss.,
zati ha detto apertamente, che era venuto 6^ ed.).
per salvare i peccatori, e ai suoi discepoli ha Che Paolo abbia pure attinto alla Teolo-
S.

confessato, che avrebbe dato la sua vita e il gia giudaica del tempo alcune dottrine è
suo sangue in prezzo di redenzione per possibile, ma è assai diffìcile poterlo dimo-
molti, ecc. (Vedi Boysson, La Loi et la Foi, strare. Vi ha senza dubbio una certa affinità

p. 294 e ss. Van Combrugghe, De Soterio-


;
e identità tra alcuni insegnamenti dì S. Paolo
logiae christianae primis fontibus, pag. 24 e alcuni insegnamenti dei rabbini, ma sia
e ss., Lovanio, 1905; Rivière, La Rédemp- gli uni che gli altri hanno potuto derivare

tion, pag. 68 e ss.). Se sì paragona assieme dai libri dell'Antico Testamento, senza aver
quanto si ha nei Vangeli e quanto insegna avuto relazione tra loro.
S. Paolo intorno a Dio, a Gesù Cristo, allo D'altra parte sì deve pur ritenere, che la
Spirito Santo, ai sacramenti, alla reden- data di tutti gli apocrifi giudei, e dei trattati
zione, ecc., si vedrà subito che ben lungi talmudici, da cui si trae la Teologia giudaica
dall 'esservi opposizione, vi ha la più perfetta o rabbinica, è ben lungi dall'essere fissata
armonia e coerenza tra ì due insegnamenti, con certezza, e neppure è dimostrato che ì
e che S. Paolo non ha per nulla alterata la detti libri non abbiano subito influenze cri-

dottrina di Gesù Cristo, e per nulla ha mo- stiane fin dove queste sì estendano. Va poi

dificato la direzione del cristianesimo, come escluso assolutamente, che S. Paolo abbia
colla più grande leggerezza e malafede hanno date interpretazioni rabbiniche ossia arbi-
10 Lettere di S. Paolo

trarie e fantastiche, ai testi della Sacra Scrit- dati. S. Paolo a costoro non risparmia al-
tura, e abbia in qualche modo seguito i cuna riprensione nelle sue lettere. Con tutta
rabbini nei loro sogni e nelle loro favole, l'autorità che gli viene dalla sua missione,
benché si possa ammettere, che abbia tal- egli denunzia i difetti e gli abusi, ne mostra
volta adottati i loro metodi di argomentare la gravità e la malizia, insorge contro gli
per interrogazione e risposta, per raggrup- scandali, condanna e punisce coloro che
pamento di varii testi, ecc. (Ved. Jacquier, non si vogliono arrendere ai suoi ordini.
op. cit. (p. 43 e ss. ; Brassac, M. B., t. iv, Vigila in modo speciale sulla dottrina, mette
p. 565 e ss.) in guardia i fedeli contro le false conclu-
Se, come abbiamo detto, la fonte princi- sioni pratiche, che alcuni potevano dedurre
pale a cui S. Paolo attinse la sua dottrina deducevano dalle sue parole, proclama al-
furono le rivelazioni di Dio, e queste ebbero tamente che, se Gesù Cristo ci ha liberati
luogo successivamente in diversi tempi, si dalla servitù della legge, i precetti morali
comprende facilmente che egli abbia potuto non sono aboliti, ma sussistono in tutta la
progredire nella cognizione della verità cri- loro forza, e che, se è vero che le proibi-
stiana, e trattare nelle lettere posteriori con zioni della legge riferentesi ai cibi sono ces-
molta maggior ampiezza alcuni punti di dot- sate, rimane però l'obbligo di non scanda-
trina appena accennati nelle lettere antece- lizzare i fratelli deboli nella fede, e di non
denti, senza però che vi sia contraddizione partecipare a ciò che appartiene al culto
od opposizione tra le une e le altre. Se è idolatrico.
vero infatti, che nelle lettere ai Calati e ai / Giudaizzanti. Fin dai primi giorni della
Romani, S. Paolo espone a lungo il pro- Chiesa, era sorta la questione relativa ai

blema della giustificazione per mezzo della rapporti tra la nuova legge e l'antica. Benché
fede, e nelle lettere della cattività (Efes., infatti tutti allora ritenessero, che il Van-
Coloss., Filipp.) con maggior am-
tratta gelo era destinato a tutti gli uomini sia Giu-

piezza e profondità della persona e della dei che pagani, non appariva chiaro però
missione di Gesù Cristo, e nelle lettere se ì pagani, per entrare nella Chiesa di Gesù
pastorali (I e II Tim., Tit.) discorre a lungo Cristo, dovessero prima passare per il Giu-
dell'organizzazione gerarchica della Chiesa, daismo, ricevendo la circoncisione e assog-
è però indubitato che tali insegnamenti, per gettandosi alle altre prescrizioni mosaiche.
quanto riguarda i loro elementi essenziali, Ammaestrato da una visione divina, S. Pietro
si trovano già nelle prime lettere. Furono aveva proclamato, che i pagani potevano
circostanze speciali, che indussero l'Apo- senz'altro essere battezzati; mala questione
stolo a trattare diffusamente questo o quel risorse nuovamente più viva ad Antiochia,
punto della dottrina cristiana. Così l'oppo- e non fu definita che al Concilio di Geru-
sizione accanita dei Giudaizzanti, lo portò salemme, quando fu decretato solennemente
a discorrere a lungo del problema della che i pagani non erano tenuti alle istitu-
giustificazione; i varii errori sparsi nell'Asia zioni mosaiche. Parecchi Giudei non si ar-
minore, gli fornirono occasione dì parlare a resero alla decisione degli Apostoli, ma,
lungo di Cesù Cristo, la necessità di prov- troppo orgogliosi degli antichi loro privilegi
vedere le Chiese fondate di buoni pastori, nazionali, continuarono ad insegnare la ne-
lo spinse a scrivere le pastorali, ecc., senza cessità della legge mosaica, chi per ottenere
che da questo si possa dedurre, che egli la salute, e chi per essere perfetto cristiano.
abbia cambiato o modificato le sua dottrina. S. essendo stato in modo speciale
Paolo,
mandato a predicare ai pagani, si oppose
AVVERSARII PRINCIPALMENTE COMBATTUTI loro con tutte le sue forze, insegnando do-
5A S. Paolo nelle sue lettere. Come — vunque che la legge di Mosè non aveva più
nelle sue missioni,, così nelle sue lettere alcun valore per la salute, e non conferiva
S. Paolo, oltreché coi pagani e coi Giudei, più alcun privile^in e che il far dipendere
ebbe ancora a combattere coi cattivi cri- da essa la salute era un negare l'efficacia
stiani, coi Giudaizzanti e coi gnostici. della morte di Gesù Cristo. I Giudaizzanti
Fin dai primi tempi nella Chiesa, assieme presero quindi a combatterlo accanitamente,
ai fedeli pieni di fervore, si trovarono pur portando la discordia nelle Chiese da lui
troppo anche delle anime assai imperfette, fondate, suscitando persecuzioni violente e
e dei cristiani, che conducevano una vita tumulti nelle città dove egli si recava a pre-
per nulla conforme agii insegnamenti loro dicare. Dove non poteva giungere la vio-
\ Introduzione generale 11

lenza, adoperavano la calunnia, e andavano Cornelio Alapide, Comm. in omn. S. Pauli


dicendo che egli non era un vero Apostolo Epist.; Natale Aless., Comm. litt. in omn.
uguale ai Dodici, che non era stato istruito S. Pauli Epist; Bernardino da Piconio, Tri-
immediatamente da Gesù Cristo, che era plex expositio in omnes S. Pauli Epist.;
pieno di orgoglio, e un gran millantatore, di Calmet, Commentaire littéral, ecc..
carattere incostante, rozzo nel parlare, am- Tra i moderni basti nominare Dcach,
:

bizioso, Per conseguenza l'Apostolo,


ecc. Épitres de St-Paul, Parigi, 1874 Guillemon,
;

come nella sua predicazione, così nelle sue Clef des Épitres de St-Paul, Parigi, 1873;
lettere, si sentì obbligato, ora di assalire i M. Evilly, An exposition of the Epistles of
suoi avversarli, smascherando i loro errori S. Paul, Dublino, 1880; Maunoury, Comm.
e le loro ipocrisie, ora di difendere se stesso, sur les Épitres de St-Paul, voi. 4, Parigi,
mettendo in luce le sue prerogative, la sua 1878-1882; Rambaud, Épitres de St-Paul,
missione, il suo modo corretto di agire. A Parigi, 1888; Van Steefikiste, Comm. in
questo modo egli si studiava di preservare omnes. S. Pauli Epist.,
Bruges, 1899; Ceu-
i impedire
fedeli dall'errore, e di ai perversi lemans, Comm. in Epist. Pauli, Malines,
di propagare false dottine. 1901-03; Pòlzl, Der Weltapostel Paulus, Ra-
Paolo
/ gnostici. Oltre ai Giudaizzantì, S. tisbona, 1905; Lemonnyer, Épitres de Saint-
ebbe ancora a combattere, specialmente Paul, Parigi, 1908; Toussaint, Épitres de
negli ultimi anni di sua vita, un'altra classe St-Paul, Parigi, 1910-13, ecc.
di avversarli, cioè coi gnostici. È assai dif-
fìcire poter determinare con precisione quali Altre opere cattoliche relative a San
fossero allora le loro dottine e i loro errori, Paolo. — Simar, Die Theologie des heiligen
è però indubitato, che i principii di tutte le Paulus, Friburgo in B., 1883; Prat, La
eresie gnostiche del secondo secolo, ascen- Theologie de St-Paul, 2 voi., Parigi, 1906,
dono al tempo degli Apostoli. Nell'Asia mi- 1912 Sladeczek, Paulinische Lehre iiber das
;

nore, vi erano dei falsi dottori i quali si Moralsubjekt, als antropologische Vorschule
abbandonavano a strane speculazioni filo- zur Moraltheologie des. h. Ap. Paulus, Ra-
sofiche, al culto esagerato degli angeli, a un tisbona, 1899; Wieser, Pauli Apostoli doc-
ascetismo malinteso, insegnavano intermina- trina de justificatione ex fide sine operibus
bili genealogie, proponendo poi questioni et ex fide operante, Trento, 1874 Tobac, ;

futili e dannose, ecc., coli 'unico intento di Le problème de la jusiiflcation dans St-Paul,
menomare grandezza di Gesti Cristo, e
la Lovanio, 1908; Royet, Étiide sur la christo-
di da lui i fedeli. Contro di
allontanare logie des Epttres de S. Paul, Lione, 1907;
questi errori S. Paolo scrisse nelle lettere Van Crombrugghe, De soteriologice chri-
agli Efesini e ai Colossesi e poi ancora nelle stiancs primis fontibus, Lovanio, 1906; Cou-
lettere pastorali. get. La diviniti de Jesus Christi. L'ensei-
gnement de St-Paul, Parigi, 196; Ermoni,
Principali commenti cattolici sulle St-Paul et la prière, Parigi, 1907; Atzberger,
LETTERE DI S. Paolo. —
Oltre ai Commenti Die christliche Eschatologie, ecc., Friburgo
generali su tutto il Nuovo Testamento ricor- in B., 1890; Tillmann, Die Wiederkunft
dati nel volume precedente, vanno qui in Christi nach den paulinischen Briefen, Fri-
nrodo speciale segnalati tra gli antichi San : burgo in B., 1909; A de Boysson, La Loi et
Giov. Cris., Homiliae in Epist. S. Pauli; la Poi, Parigi 1912; Vigouroux, Les Livres
Teodoreto, Comm. in omn. S. Pauli Epist.; saints et la Critique, ecc., Parigi, 1906;
Ecumenio, Comm. in. Epist. S. Pauli; Teofi- Calippe, St-Paul et la cité chrétienne, Pa-
latto,Explanatio in omnes S. Pauli Epist.; rigi, 1902; Dausch, lesiis und Paulus, Mun-
Eutimio, Comm. in XIV Epist. S. Pauli; ster, 1910.
S. Tommaso
d'Aquino, In omnes Epist.
S. Pauli expontio; Gaetano, Litteralis expo- Si possono ancora consultare gli articoli
sitio; Salmeron, Comm. in omnes Epist. sulle singole lettere di S. Paolo o su que-
S. Pauli; Giustiniani, Explanationes in omm. stioni particolari nei Dizionari di Vigou-o^-
Epist. Pauli; Estio, Comm. in Epist. Pauli; e dì Vacant e di Hagen, ecc.

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LETTERE DI SAN PAOLO

LETTERA AI ROMANI

INTRODUZIONE

Le origini della Chiesa di Roma. — Gerusalemme sìansì rifugiati in


cristiani dì
I primordi del cristianesimo in Roma sono Roma, come è pure verisimile che alcuni
avvolti da una certa oscurità. È probabile soldati della coorte italica abbiano imitato
però che i primi cristiani fossero Ebrei il centurione Cornelio (Atti, x, 1) abbrac-
convertiti. Infatti dopo la presa di Gerusa- ciando la fede, e dopo la loro conversione
lemme da parte di Pompeo (67 -a. C.) un siano tornati a Roma, portandovi il nome
numero considerevole di Giudei venne a dì Gesù Cristo.
stabilirsi a Roma, godendovi poi il favore Tutto questo però non basta a spiegare
e la protezione di Cesare e di Augusto l'esistenza in Roma, a così breve distanza
(Filone, De legai, ad Caium 23 ; Giuseppe dalla morte dì Gesù Cristo, dì una Chiesa
FI., Ani, Giud. xvii, 11, 1 ; Guer. Giud. ii, così fiorente e così regolarmente costituita,
6,1 ; Cicerone, Pro Fiacco, xxviii; Svetonio, qual'è quella supposta dalla presente lettera
Caesar, 84). Come altrove, così nella capi- {Rom. I, 8; xv, 14; xvi, 19, ecc.). È neces-
tale dell'impero, questi Giudei non man- sario quindi ammettere quanto unanime-
carono di far proseliti, e di tenersi in intima mente hanno tramandato gli antichi, che
ci
relazione con Gerusalemme, specialmente cioè vero fondatore della Chiesa dì Roma
il

nelle occasioni della grandi feste annuali di sia stato l'Apostolo San Pietro (Cfr. Cle-
Pasqua e dì Pentecoste. Così avvenne che mente R., I Cor. 5; Sant'Ignazio, Ad Rom.,
alcuni di essi furono testimonii a Gerusa- 4; Sant'Irineo, Adv. Haer. ii, 1, 1, 3, 2;
lemme dei miracoli della Pentecoste cri- Caio presso Euseb. Hist. Eccl. ii, 25; Dio-
stiana {Atti, II, 10), ed è assai probabile che, nigi di Corinto presso Eusebio 1. e. ; Cle-
tocco dalla grazia di Dio, qualcuno si sia mente A. presso Eusebio, Hist. Eccl. vi, 14;
convertito, ed abbia così portato a Roma le Tertulliano, Cont. Marc, iv, 5 De Praescrip.
;

prime notìzie della fede cristiana. 32, 36. ecc.; Eusebio, Hist. Eccl. ii, 14;
Similmente non è improbabile che, a Chronic ad an, 43 S. Gerolamo, De vir.
;

causa della persecuzione scoppiata dopo la ili. I Orosìo, Hist adv. pagati, vii, 6, ecc.).
;

morte dì S. Stefano (Atti, viii, 1). alcuni È vero che parecchi dì questi autori danno
14 Lettera ai Romani - Introduzicwe

come fondatori della Chiesa di Roma i due Giudei (xi, 28, 31). Ora tutto questo non è
Apostoli Pietro e Paolo, ma, poiché essi spiegabile se la grande maggioranza dei fe-
non potevano ignorare che quando S. Paolo deli di Roma non si fosse convertita dal
arrivò a Roma, la Chiesa vi era già fiorente, paganesimo.
la loro testimonianza va intesa nel senso che Non si può negare però che la Chiesa Ro-
S. Pietro abbia seminato il campo romano, mana contasse pure tra i suoi membri un
S. Paolo lo abbia irrigato, e tutti e due poi certo numero di Giudei. San Paolo infatti
lo abbiano fecondato col loro sangue. Sono tratta parecchie questioni, le quali se pote-
infatti numerosi gli scrittori i quali parlano vano interessare sommamente i Giudei, non
dei solo S. Pietro come del fondatore della avevano gran che d'importanza per i pagani.
Chiesa di Roma (Papia presso Euseb. Hist. Tali sono p. es., le questióni che si riferi-
Eccl. II, 15; III, 39; Clemente A. presso scono al valore della legge mosaica, e al
Eusebio, op. cit, ii, 15; iv, 14; S. Cipriano, principio della giustificazione (iii-viii), al-
Ad Antoniam ep. 52, 8; Ad Cornei, ep. 55, l'elezione e alla missione d'Israele (ix-xi),
14, ecc.). e tali pure sono le regole date a coloro che
Per testimonianza di Eusebio (Chronìc. fanno distinzione tra i diversi cibi (xiv,
ad ann. 43), di S. Gerolamo (De Vir. ili. 1), 5 e ss.), e tra i diversi giorni (xiv, 2, 3) e
di Orosio (Hist. vii, 6), ecc. S. Pietro sa- che giudicano esservi delle cose per se
rebbe venuto a Roma nei primi anni di stesse immonde (xiv, 13-15). Si deve ancora
Claudio (verso il 42 d. C), probabilmente aggiungere che parecchie fra le persone sa-
dopo la miracolosa liberazione dal carcere lutate da S. Paolo (xvi, 3 e ss.) jportano
di Gerusalemme (Atti, xii, 17), e si può manifestamente nomi giudaici, e dovevano
credere che vi sia rimasto sino alla pubbli- quindi essersi convertite dal Giudaismo.
cazione dell'editto di Claudio contro i Giu-
dei (anno 49). Tornò in seguito a Gerusa- Stato della Chiesa Romana verso il 58.
lemme, dove presiedette il Concilio, ma — Fiorentissimo era lo stato della Chiesa
rivide l'eterna città qualche anno dopo^ e di Roma almomento in cui S. Paolo scri-
più tardi poi vi subì il martirio. Non è da veva. La fede dei Romani era celebrata in
credere però che S. Pietro fosse talmente tutto il mondo (i, 8), tra loro regnava la
stabilito a Roma da mai essersene allonta- carità (x, v, 14) ed era praticata l'obbe-
nato, anzi è molto probabile che abbia pure dienza (xvi, 19), e ben soda e profonda do-
intraprese parecchie altre missioni, e che veva essere la loro istruzione religiosa (xii,
perciò si trovasse assente quando S. Paolo 6-8; XV, 14). S. Paolo ringrazia Dio perchè
scrisse questa lettera è quando fu condotto i Romani hanno aderito con tutto il cuore
prigioniero a Roma. alla dottrina loro predicata (vi, 17), e nulla
Vedi sull'origine della Chiesa di Roma vi è nelle sue parole che possa far credere
Cornely, Epist. ad Rom. p. 1-8; Fouard, che nella Chiesa di Roma serpeggiassero
Sì-Pierre, edit. 10, p. 295 e ss. ; 402 e ss. ; errori anzi il tono continuamente affettuoso
;

Le Camus, L'oeuvres des Ap. t. i, chap. ix ; da lui usato, l'espansione con cui manifesta
P. Allard, Hist. des perséc. t. i, p. 1 e ss. ; i sentimenti del suo cuore, e tutto il carat-
Marucchi, Elementi di Archeologia sacra, tere della lettera mostrano chiaramente che
2 ed. p. 27 Duchensne, Les origines chré-
; la dottrina da lui predicata concordava per-
tiennes, chap. vii; Rinieri, S. Pietro in fettamente con quanto era stato insegnato ai
Roma, ecc. Romani. I Giudaizzanti, che della legge di
Mosè volevano fare una condizione neces-
Composizione della Chiesa di Roma saria di salute, non erano ancora arrivati in
VERSO IL 58. —
Da quanto si è detto si può Roma a spargervi le loro dottrine, e perciò
conchiudere che la Chiesa Romana nei suoi S. Paolo si astiene dal confutare i loro er-
principii era composta in gran parte di Giu- rori, contentandosi di mettere in guardia !
dei convertiti. Ben presto però, e special- fedeli contro di essi, se per caso si fossero
mente in seguito all'editto di Claudio, i spinti a Roma (xvi, 17 e ss.). S. Paolo non
fedeli venuti dal paganesimo furono in mag- si è certamente diportato in questo modo
gioranza, e tale è appunto la situazione che con quelle Chiese, nelle quali menavano
S. Paolo suppone nella sua Lettera. Se egli strage i Giudaizzanti; basta per convincer-
infatti scrive ai Romani, si è perchè è l'A- sene leggere le lettere ai Calati (i, ii, in) e
postolo dei gentili (i, 5), e se desidera di ai Corinti (II Cor. x, xi, xii).
vederli, si è per raccogliere anche presso di
loro come presso gli altri gentili qualche Autenticità della Lettera ai Romani.
frutto (i, 13, 14), e se scrive con un certo — Questa Lettera porta scritto in fronte il
ardimento, si è perchè è ministro di Gesù nome del suo autore <( Paolo servo di Gesà
Cristo presso i gentili (xv, 14-16). S. Paolo Cristo, chiamato Apostolo » e che essa ap-
inoltre parla ai Romani come a gentili (xi, partenga veramente all'Apostolo San Paolo
13, 22 e ss. ; xv, 14 e ss.), e loro oppone i è ammesso -non solo da tutti ì cattolici, ma
Lettera ai Romani - Introduzione 15

anche da tutti i protestanti e i razionalisti dei codici, non vi ha ragione sufl^cìente per
(Ved. Gregory, Einl. N. T., 1909, pag. 683 trasportarla alla fine del cap. xiv. È molto
e 693 Zahn, Einl N. T., t. I, p. 268-299
; : probabile infatti che i due capi xv e xvi,
queste introduzioni sono protestanti), ad ec- avendo un carattere piuttosto storico e per
cezione di pochissimi, che non meritano sonale, venissero omessi nelle letture li-
considerazione alcuna. turgiche, e quindi sicomprende che per ben
È certo infatti che questa lettera fu cono- terminare la pericope del cap. xiv, vi sia
sciuta e usata come divina fin dai primi stata aggiunta la dossologia finale, che ha
tempi. Così p. es., S. Clemente R. vi allude un carattere di tanta grandiosità.
manifestamente nella sua enumerazione dei Per quanto si riferisce ai due capi xv e
vizi dei pagani (I Cor. 35; Rom. i, 29-33), xvi, parecchi protestanti (Weiss, liilicher,
ed altre allusioni e citazioni si trovano pure Sabatier, ecc.), pensano che essi apparten-
in S. Policarpo {Ad Philipp. 6 Rom. xiv, ;
gano a una lettera indirizzata forse agli Efe-
10, 12), in Sant'Ignazio {Ad Smirn. i Rom. ;
sini, ma gli argomenti addotti non giusti-
I, 3; Ad Ephes. 15; Rom. li, 21), in San ficano tale conclusione. Se Marcione infatti,
Giustino {Coni. Triph. 23; Rom. iv, 10, al dire di Origene {Comm. in Rom. x, 43),

11), ecc. Verso il fine del secondo secolo non ammetteva questi due capi, la sua auto-
Sant'Irineo cita spessissimo questa lettera rità però non ha alcun valore, poiché noi
attribuendola a San Paolo {Adv. Haer. ili, sappiamo (S. Irin. Adv. Haer. in, 12, 12;
16, 3) ed altrettanto fanno Clemente A., 14, 4) qhe arbitrariamente egli troncava
Tertulliano, ecc. Si deve ancora ricordare pure parecchi altri passi del Nuovo Testa-
il Canone Muratoriano, il quale pone questa mento, che contradicevano alle sue dottrine.
lettera tra le Scritture ispirate ascrivendola Se si considera inoltre che questi due capi
all'Apostolo S. Paolo. Ora è chiaro che una non hanno grande importanza dogmatica, si
tradizione così universale e così ferma, che comprenderà facilmente perchè di essi non
sì trasmette poi identica di secolo in secolo si trovino citazioni presso Tertulliano e San-
non può essere tacciata di erronea, special- t'Irineo. Né vale il dire che Tertulliano
mente se si tien conto che gli stessi eretici {Coni. Marc, v, 14) afferma che il v. 10 del
del secondo secolo come Basilide {Philo- capo XIV, si trova nella chiusa della lettera,
soph. VII, 25), Valentino (S. Irin. Adv. Haer, poiché si fa osservare che Tertulliano argo-
I, 3), Marcione (Tert. Coni. Marc, v, 13, menta contro Marcione, e quindi non deve
14), ecc., non solo l'ammettevano come di far meraviglia che egli scenda sul terreno
S. Paolo, ma si servivano di essa per stabi- ammesso dal suo avversario.
lire i loro errori. Aggiungono ancora i protestanti che nella
lettera ai Romani vi sono quattro benedi-
zioni finali, XV, 33; xvi, 20, 24, 27, il che
Integrità. — Se quasi tutti i protestanti dimostra essere ì due capi xv e xvi una
convengono coi cattolici nell 'ammettere l'au- specie di compilazione di estratti da altre
tenticità della Lettera ai Romani, non è più lettere. Ma giova notare che il v. 24 del
così quando sua integrità, giac-
si tratta della cap. XVI, essendo una ripetizione del v. 20,
ché molti fra essi credono che si debbano manca nella maggior parte dei codici, e
rigettare perchè non appartenenti al testo quindi probabilmente non è autentico, e che
primitivo la dossologia finale (xvi, 25-27) il V. 27 dello stesso capo è una dossologia
e due capitoli xv e xvi.
i e non già una benedizione. Le altre due
Per quanto riguarda la dossologia (xvi, finali possono spiegarsi benissimo ammet-
25-27) è da osservare che essa sì trova in tendo che S. Paolo dopo aver terminata la
fine del capo xvi nei codici ^^ B C D E, lettera al cap. xv, 33, abbia poi aggiunti i

nelle versioni Volgata, Peschito, Boarica, saluti alle varie persone, conchiudendo con
Etiopica, ecc. Il codice L e parecchi codici una nuova benedizione e aggiungendo in
Bizantini e lezionarii, nonché S. Giovanni seguito i saluti dei suoi compagni.
Crisostomo, ecc., la pongono invece al fine Domandano ancora gli avversarli, come
del cap. xiv; I codici A P e due corsivi, mai S.Paolo, che non era ancora stato a
5, 17, la pongono sia al fine del capo xiv, Roma, potesse tuttavia già conoscere 24 per-
sia al fine del capo xvi. I soli due codici sone, quante sono quelle che manda a salu-
F e G la omettono interamente, lasciando tare. Si risponde però che 16 di queste per-
però uno spazio vuoto al fine del cap. xiv. sone portano nomi greci, e quindi erano
Come é chiaro questa dossologia ha in suo probabilmente Orientali, che S. Paolo aveva
favore la quasi totalità dei codici, e tutte avuto occasione di conoscere nel corso delle
le versioni, e i Padri, e quindi la sua auten- sue missioni. È noto infatti che a quei
ticità non può seriamente' essere recata in tempi erano vivissimi gli scambi tra Roma
dubbio. e rOriente, e che una folla di Orientali emi-
Siccome poi il luogo che occupa nella grava continuamente a Roma. Ninna me-
^^olgata è pure quello della maggior parte ravìglia pertanto che S. Paolo contasse tanti
10 Lettera ai Romani - Introduzione

conoscenti nella capitale dell'impero. Si mente su questo punto, non deve far mera-
deve che parecchi fra i nomi
inoltre notare non si accordano nel
viglia se gli interpreti
ricordati da S. Paolo hanno il loro riscontro determinarlo. Lasciando ora da parte le pic-
in alcune iscrizioni latine, il che dimostra cole divergenze, che sono innumerevoli, gli
essere per nulla inverosimile che tante per- autori che hanno cercato di determinare
sone di nome greco abitassero in Roma (Ve- questo fine, si possono dividere in due
dere Cornely, Ad Rom., p. 770 e ss. In- ; grandi classi. Gli uni, con Sant'Agostino,
trod. spec. in N. T., p. 450 e ss. Jacquier,
;
Sant'Ilario, l'Ambrosiastro... Estio, Alapide,
Hist des livres da N.T., tom. l, p. 271 ;
Calmet, Beelen, ecc., pensano che l'Apo-
Toussaint, L'Epìtre aux Romains, pag. 19 e stolo si sia proposto di conciliare assieme i
ss. Brassac, M. B., t. ii, p. 329 e ss., ecc.).
; cristiani giudei e i cristiani pagani. I primi
infatti avrebbero voluto che i pagani fossero
Tempo e luogo in cui fu scritta la assoggettati alla legge di Mosè, o per lo
Lettera Romani.
ai —
Tutti si accordano meno, attribuivano la propria giustificazione
nel ritenere che S. Paolo abbiascritta questa alla fedeltà nell 'osservare la legge ; invece
lettera da Corinto verso l'anno 58, sul fine i cristiani venuti dal paganesimo si gloria-
della sua terza grande missione. Infatti egli vano della loro filosofia, e ad essa forse
manda ai Romani i saluti di Gaio, suo al- ascrivevano il merito della loro vocazione.
bergatore, e di Erasto, tesoriere della città, Contro gli uni e gli altri, S. Paolo dimostra
ed ha per compagni Timoteo e Sosipatro la gratuità della giustificazione e l'impo-
(xvi, 21-23). Ora noi sappiamo che S. Paolo tenza della legge e della filosofia nel con-
battezzò a Corinto un certo Gaio (I Cor. i, durre gli uomini a salute.
14), e che in questa città viveva pure un Ma si fa giustamente osservare che gli
cristiano chiamato Erasto (II Tim. iv, 20), elogi della fede e della carità dei Romani
e che al fine della terza missione aveva com- fatti dall'Apostolo, non possono accordarsi
pagni Timoteo e Sosipatro {Atti, xx, 4). Di coli 'ipotesi di una Chiesa vittima dell'er-
più, lo stesso Apostolo raccomanda ai Ro- rore dei Giudaizzanti, e divisa intorno ad
mani Febe, diaconessa di Ceneri (xvi, 1) un punto così importante qual'è quello della
porto orientale di Corinto, la quale proba- giustificazione. Di più in tutta la lettera non
bilmente portò a Roma la lettera, e afferma vi è alcuna traccia di polemica, e se vera-
di aver già percorso, evangelizzando, tutto mente i Romani fossero stati infetti di giu-
il territorio tra Gerusalemme e l'Illirico, e daismo, S. Paolo non avrebbe mancato di
dì essere sul punto di passare in Occidente. rimproverarli apertamente come ha fatto coi
Prima però andrà a Gerusalemme a por- Calati e coi Corinti.
tarviil frutto di una colletta fatta nella Lasciata quindi da parte questa prima
Macedonia e nell'Acaia (xv, 19-26). Ora sentenza, numerosi autori con Teodoreto, E-
questa situazione corrisponde perfettamente cumenio, Teofilatto, S. Tommaso... Cornely,
a quella in cui si trovava S. Paolo a Corinto, Fillion, ecc.,pensano che S. Paolo nello scri-
verso il fine della sua terza missione (Cf. vere aÌ3bia avuto in mira uno scopo dogma-
Atti, XIX, 21 XX, 1-3; xxiv, 17), e perciò
; tico, quello cioè di dare ai Romani un comr
si deve conchiudere che la lettera ai Romani pendio di ciò che formava come la caratte-
sia stata scritta appunto in questo tempo, ristica della sua predicazione, vale a dire
vale a dire nell'anno 58 a Corinto. l'universalità della salute e la gratuità della
giustificazione da ottenersi per mezzo della
Occasione e fine della Lettera ai Ro- fede. S. Paolo infatti, essendo stato eletto
mani. — San Paolo stesso per ben due volte ministro di Gesù Cristo presso i gentili, si
(i, 10-15; XV, 22-33), indica le circostanze considerava come debitore a tutti (i, 14;
che l'indussero a scrivere questa lettera. XV, 15, 16) e quindi era pronto ad evangeliz-
Da molto tempo egli desiderava di veder zare anche Roma. Siccome però Roma aveva
Roma (Atti, xix, 21; xxiii, 11), e questo già ricevuto il Vangelo, S. Paolo si propo-
desiderio era divenuto più ardente dacché neva di fermarsi solo per qualche tempo (i,
considerava come finita la sua missione in 11, 12; XV, 24), non già per insegnare ai
Oriente, e portava i suoi sguardi all'Occi- Romani una nuova dottrina, ma per confer-
dente coli 'intenzione di recarsi nella Spa- marli nella fede ricevuta (xv, 24). Per meglio
gna. Essendo giunto il momento in cui cre- raggiungere questo fine, e disporre così i
deva di poter realizzare 1 suoi progetti e Romani a(J approfittare delle sue istruzioni,
recarsi a Roma e poi di lì nella Spagna, egli egli scrisse loro questa lettera, mostrando
scrisse questa lettera ai Romani affine di quali fossero i punti, sui quali principal-
prepararli alla sua venuta. È fuor di dubbio mente insisteva nella sua predicazione.
però che nello scrivere, S. Paolo si propose Questa lettera può ancora considerarsi
ancora un fine più alto da conseguire, come come un'anticipata giustificazione della pre-
risulta chiaro dal contenuto della lettera; dicazione di S. Paolo contro gli attacchi del
a siccome egli non si espresse chiara- Giudaizzanti».! quali non avrebbero mancato
Lettera ai Romani - Introduzione 17

df tentare d! spargere i loro errori anche in La parte morale (xii, 1-xv, 13) tratta della
Roma e screditare l'Apostolo che era
di vita che devono condurre i cristiani in forza
il loro grande avversario. della fede abbracciata, e si divide in due se-
zioni (XII, 1; xili, 14), (XIV, 5; XV, 13),
nella prima delle quali si contengono avvisi
Argomento e divisione della Lettera
AI Romani. —
In conformità del fine che si
generali valevoli per tutti i cristiani, nella
seconda invece contengono avvisi e con-
si
era proposto, S. Paolo tratta in questa lettera
della giustificazione per mezzo della fede in
sigli diretti in modo
speciale ai Romani.
Data una norma secondo cui deve disporsl
Gesìi Cristo. Dio chiama alla salute meritata
la vita cristiana (xii, 1-2) discorre dell'u-
da Gesù Cristo tutti gli uomini, sia Giudei
miltà (xii, 3-8) e della vicendevole carità
che pagani, e li chiama tutti alla stessa con-
(XII, &-21) e poi tratta dei doveri verso le
dizione. Questa condizione non è l'osser-
autorità (xiii, 1-7) e inculca di nuovo la ca-
vanza della legge mosaica, ma la fede in
rità e la vigilanza (xiii, 8-14). In particolare
Gesù Cristo Salvatore di tutta l'umanità.
poi raccomanda ai Romani di non giudicarsi
La lettera oltre a un prologo (i, 1-15) e un
epilogo (XV, 14-xvi, 36) comprende una e condannarsi gli uni cogli altri (xiv, 1-12) e
parte dogmatica (i, 16-xi, 36) e una parte ricorda ai forti l'obbligo di condiscendere ai
deboli (XIV, 13-23), proponendo a tutti l'e-
morale (xii, 1-xv, 13).
sempio di Gesù Cristo (xv, 1, 15).
prologo (i, 1-15) oltre a una lunga iscri-
//
zione (i, 1-7) in cui S. Paolo accenna al L'epilogo (XV, 14-xvi, 27) consta di tre
motivo per cui scrive ai Romani, contiene parti, nella prima delle quali (xv, 14-33) San
ancora un'azione di grazie (i, 8-15), in cui Paolo sue relazioni colla Chiesa
tratta delle
l'Apostolo loda la fede dei Romani cercando di Roma e dei suoi progetti di viaggio, nella
di cattivarsene la benevolenza. seconda (xvi, 1-24) pone i saluti, e nella
terza (xvi, 25-27) prorompe in una sublime
La parte dogmatica (i, 16-xi, 36) tratta
dossologia, colla quale chiude la lettera.
della giustificazione per mezzo deila fede e
Nel corso
della trattazione del suo tema,
si divide in tre sezioni (i, 16 ; iv, 25), (v, 1 ;
S. Paolo viene a toccare profondissimi mi-
vili, 39), (IX, 1 ; XI, 36).
steri della nostra religione, quali ad es. la
Paolo comincia col proporre il suo tema
S.
distinzione delle persone in Dio, la divinità
(l, 16-17) : la fede evangelica è l'unica via
di Gesù Cristo, la redenzione di tutto il ge-
di salute, e questa via di salute è aperta a
nere umano, il peccato di origine, la corru-
tutti gli uomini alle stesse condizioni. Prova
zione dell'umana natura, l'intima unione che
poi nella prima sezione (i, 18-iv, 25) la sua
per mezzo del Battesimo si viene a contrarre
tesi dimostrando dapprima (i, IS-iii, 20) che
con Gesù Cristo,, la gratuità della elezione,
senza la fede in Gesù Cristo non vi ha sa-
della giustificazione, e della salute, la neces-
lute, poiché tanto i pagani che i Giudei sono
sità della fede, i misteri della predestina-
peccatori, e meritevoli di castigo davanti a
zione e della riprovazione, ecc. Tutto poi è
Dio, e poi fa vedere (in, 21-iv, 25) che la
logicamente ordinato e sostenuto da una
salute si ottiene per fa fede in Gesù Cristo,
serrata argomentazione e da abbondanti cita-
offerta gratuitamente a tutti.
zioni e da uno stile conciso, per modo che si
Passa nella seconda sezione (v, 1-viii, 39)
a mostrare l'eccellenza della giustificazione
può dire essere questa lettera lo scritto più
profondo e più perfetto che abbia lasciato
per mezzo della fede, descrivendone i frutti
S. Paolo alla Chiesa.
mirabili (v, 1-viii, 39) il primo dei quali
;

consiste nella pace con Dio e nella speranza


della gloria futura (v, 1-21), il secondo nella Lingua in cui fu scritta la Lettera ai
liberazione dalla servitù del peccato (vi, Romani. —
È appena necessario ricordare
1-23) il terzo nella liberazione dalla ser-
;
che la lettera ai Romani, fu scritta in greco,
vitù della legge (vii, 1-25) il quarto nella ;
che per i due primi secoli restò come la
grazia per la vita presente e nella gloria per lingua ufficiale della Chiesa di Roma, come
la vita futura (viii, 1-39). è dimostrato, sia dalle iscrizioni sepolcrali,
Nella terza sezione (ix, 1-xi, 36) scioglie e sia dai primi scrittori, i quali tutti adope-
alcune difficoltà che potevano muovere ì Giu- rarono la lingua greca (Ved. Toussaint, L'É-
dei, e fa vedere che l'attuale esclusione di pìtre aux Romains, p. 29 e ss.).
Israele dalla salute messianica non è con-
traria alle promesse di Dio (ix, 1-29^, ma è Principali commenti cattolici recenti,
dovuta colpevolezza degli stessi Giudei,
alla sulla Lettera ai Romani. Oltre ai Com- —
J quali non vogliono accettare la fede (ix, menti già citati su tutte le Lettere di San
30-x, 21). La riprovazione d'Israele non è Paolo, si devono ancora ricordare i seguenti :

però totale, e Dio a suo tempo farà nuova- Card. Francisi Toleti, In ep. ad Rom. com-
mente risplendere la sua misericordia sul mentarii, ecc., Roma, 1602; Dom. Soto,
suo popolo (XI, 1-36). Comm. in ep. ad Rem., Anversa, 1530 H. ;

Sacra Bibbia, voi. II.


18 Romani, I. 1-3

Klee, Commentar ùber das Seudschr. an Epistola B. Pauli ad Rom., Ratisbona, 1888;
die Romer, Mainz, 1830; Fr. Xav. Rerth- Klofutar, Commentarius in ep... ad Rom.,
mayr, Commentar zum Briefe an die Ro- Laibacli, 1880; A. Schaefer, Erkldrung des
mer, Ratisbona, 1847; A. Maier, Commentar Briefes an die Rom., Mùnster, 1891 Cor- ;

Uber den B. an die Rom., Friburgo, 1847; nely, Comm. in ep. S. Pauli ap. ad. Rom.,
Theod. Beelen, Comment. Vi ep. ad Rom., Parigi, 1896; Niglutscii, Brev. comm. in ep.
Lovanio, 1854 Aug. Bisping, Erklàrung des
;
ad. Rom., Trento, 1909; C. Toussaint, L'È-
Br. an die Rom., Mùnster, 1853 los. Agus, ;
pìtre aux Romains, Parigi, 1913.

LETTERA AI ROMANI

CAPO I.

Iscrizione e saluto, 1-7. — Azione di grazie e affetto di S. Paolo per i Romaiii, 8-15*
— Proposizione dell'argomento, 16-17, — ^^ colpevolezza dei pagani, 18-23 —
// castigo di Dio, 24-32.

^Paulus, seryus Jesu Christi, vocàtus Apó- ^Paolo, servo di Gesù Cristo, chiamato
stolus, segregàtus in Evangélium Dei, ^quod Apostolo, segregato pel Vangelo di Dio, ^il
ante promiserat per prophétas suos in Scrip- qual (Vangelo) aveva egli anticipatamente
tùris sanctis ^De Filio suo, qui factus est promesso per mezzo dei suoi profeti nelle
ei ex sémine David secùndum carnem. sante Scritture, ^e riguarda il Figliuol suo

» Act. XIII, 2.

dola da tempo Dio promessa


e preannunziata per
CAPO I. mezzo dei cioè degli autori ispirati
suoi profeti,
(Ebr. I, 1 ; II Piet. I, 20). Nelle sante Scritture.
1. quest'epistola, l'iscrizione (1-7) e l'azione
In Le Scritture sono chiamate sante, perchè ispirate
di grazia (8-15) sono più lunghe e solenni dell'or- da Dio. Tutto l'A. T. era ordinato a Gesù Cristo,
dinario, perchè l'Apostolo, non essendo personal- onde si può dire che il Vangelo riempiè tutti i

mente conosciuto dai Romani, volle fin da principio tempi.


far conoscere i motivi che l'indussero a scrivere. 3. Riguarda il Figliuol suo. Mostra che il Van-
Paolo. V. n. Atti XIII, 9. Servo, cioè schiavo gelo ha per oggetto principale Gesù Cristo, di cui
(bov)\o^ dì Gesù Cristo e consecrato interamente al subito afferma la divinità, dicendo che è Figlio di
suo servizio (Deut. XXXIV, 5; Filipp. I, 1; Tit. I, Dio in senso proprio, come è indicato dall'articolo
1). Chiamato Apostolo, o meglio. Apostolo per vo- determinativo tou e dal contesto. Fatto a lui. Nel
cazione, perchè chiamato in modo speciale all'apo- greco mancano le parole, a lui. La parentesi che
stolato. Egli non è solo uno schiavo di Gesù Cristo, segue, e si estende a quasi tutto il v. seg., fu
come Timoteo (Filipp. I, 1), Epafra (Coloss. IV, posta solo per render più chiaro il pensiero. I
12), ecc., ma è Apostolo, uguale in dignità ai Do- due vv. 3-4 sono infatti assai oscuri, e danno luogo
dici, e com'essi, immediatamente chiamato, istruito a diverse interpretazioni. Tutti però si accordano
e mandato da Gesù Cristo (Atti XXVI, 16 e ss.; nel ritenere che l'Apostolo, con due proposizioni
I Cor. I, 1; IX, 1; XV, 8; Gal. I, 1, 12, ecc.). parallele, voglia far conoscere l'intima natura di
Segregato pel Vangelo, cioè messo da parte, Gesù Cristo. Gioverà a tal fine, richiamare alla
scelto, consecrato per la predicazione del Vangelo mente quanto l'Apostolo dice, Filipp. II, 6-9. tll
ai pagani 15; XIII, 2; Gal. I, 15). E' in
(Atti IX, quale (Gesù Cristo) essendo nella forma di Dio,
virtù di questamissione che egli scrive ai Romani. non credette che fosse una rapina quel suo essere
Di Dio. Il Vangelo viene detto di Dio, perchè rive- uguale a Dio, ma annichilò presa la
sé stesso,
lato da Dio e destinato a condurre gli uomini a forma uomini e per con-
di servo, fatto simile agli
Dio. dizione riconosciuto per uomo. Umilio se stesso,
2. Il qual Vangelo, ecc. Ecco alcune sue caratte- fatto obbediinte sino alla morte, e morte di croce.
ristiche. Esso non è cosa totalmente nuova, aven- Per la guai cosa Dio lo esaltò, e gli donò wi n^'^4
Romani, I, 4-6 19

*Qui praedestinàtus est Filius Dei in vir- (fatto a lui dal seme di David secondo la
tùte secùndum spìritum sanctificatìónìs ex carne, ^predestinato Figliuolo di Dio con po-
resurrectióne mortuórum Jesu Christi Do- tenza, secondo lo spirito di santificazione
mini nostri *Per quem accépimus gràtiam,
: per la risurrezione da morte) Gesù Cristo
et Apostolàtum ad obediéndum fideì in òm- Signor nostro ^Per cui abbiamo ricevuto
:

nibus géntibus prò nomine ejus, ^In quibus la grazia e l'Apostolato affinchè ubbidiscano

sovra ogni altro nome, affinchè nel nome di Gesù Per la risurrezione da morte. Il miracolo princi-
si pieghi ogni ginocchio in cielo, in terra, e nell'in- pale, per cui Gesù fu dichiarato, o manifestato, o
ferno, e ogni lingua confessi che il Signore Gesù costituito Figlio potente di Dio, è la risurrezione
Cristo è nella gloria del Padre ». Nei due vv. del- da morte. Sia il testo greco che il latino potrebbero
l'Epistola ai Romani l'Apostolo, con altre parole, anche tradursi : per la risurrezione dei morti. La
insegna la stessa dottrina che nell'Epistola ai risurrezione dei morti, della quale è causa e mo-
Filippesi. dello la risurrezione di Gesù Cristo, mostrerà in
Egli considera al v. 3 il Figlio di Dio nello stato tutta la sua grandezza, la potenza del Figliuolo
di umiliazione, e al v. 4 nello stato di glorifica- di Dio.
zione. Il Figlio di Dio che, come Dìo, preesisteva Gesù Cristo Signor nostro. Nella Volgata, invece
all'incarnazione, ed era personalmente distinto dal del genitivo lesu Christi, ecc., dovrebbe esservi
Padre, prese nel tempo umana carne nella discen- l'ablativo lesa Christo, ecc., perchè questi nomi
denza di Davide, e perciò secondo la carne, cioè, concordano con de Filio suo nel versetto prece-
secondo l'umana natura assunta, fa fatto, ossia fu dente.
generato, benché senza concorso di uomo, dalla po- Si osservi che la traduzione della Volgata : Prae-
sterità di Davide, cioè da Maria SS., come è chiaro destinàtus, etimologicamente parlando, è possibile,
dai Vangeli (Matt. I, 1-17; Lue. Ili, 23 e ss.) e ed è sostenuta da parecchi Padri, come Sant'Iri-
dalle antiche Scritture (II Re VII, 12 e ss.; Salm. neo, Sant'Ilario, Sant'Agostino, ecc., e da buoni
CXXXI, 11; Gerem. XXII, 5, ecc.). Si osservi teologi é Dottori, con a capo S. Tommaso d'Aquino.
come S. Paolo dicendo, che il Figlio di Dio fu fatto Secondo questa sentenza, sì avrebbe il senso : Il
secondo l'umana natura dal seme di Davide, dà a Figlio di Dio, il quale secondo l'umana natura, fu
vedere che il Figlio è distinto dal Padre, ha due fatto dal seme di Davide, secondo questa stessa
nature, una divina e l'altra umana, ed è una sola natura, fu predestinato ad essere Figlio di Dio. La
persona e un solo Figlio. predestinazione infatti, non è altro che l'eterna
4. Predestinato. greco óptoGévroq significa pro-
Il preordinazione fatta da Dio di tutte quelle cose
priamente costituito, oppure dichiarato. Nel primo che, per effetto della sua grazia, avverranno nel
senso è usato parecchie volte nel N. T. (Lue. XXII, tempo. Ora siccome avvenne nel tempo che, per
22; Atti II, 23; X, 42; XVII, 26; Ebr. IV, 7, ecc.); la grazia dell'unione ipostatica, un uomo fosse

nel secondo senso si trova presso gli scrittori pro- Dio, e un Dio fosse uomo, è chiaro che, un'opera
fani (Arist., Eth. Ili, 6; Senof., Memor. IV, 6, così sublime, dovette essere preordinata, ossia
4, ecc.). Molti interpreti con S. Giov. Cris., Teofì- predestinata da Dio da tutta l'eternità. Se si ri-
lat., Teodoret., ecc., preferiscono il secondo senso tiene questa interpretazione, allora è necessario
e spiegano Il: Figlio di Dio, umiliato secondo spiegare parole, secondo lo spirito di santifica-
le

l'umana natura, fu dichiarato Figlio di Dio colla zione, così Che Gesù Cristo sia figlio naturale di
:

forza dei miracoli operati, e specialmente colla sua Dio, apparisce dallo Spirito santificante diffuso da
risurrezione da morte. Altri invece spiegano Il : Lui nel cuore dei fedeli, e dalla risurrezione dei
Figlio di Dio, umiliato secondo l'umana natura, fu, morti.
nella sua glorificazione, costituito Figlio potente (in
5. Per cui abbiamo, ecc. "S. Paolo parla di sé
viriate) di Dio, in quanto cioè cominciò ad eser-
stesso, e dice di aver ricevuto da Gesù Cristo, la
citare in tutta la sua pienezza quella potestà che
grazia della conversione (Gal. I, 15) e l'Apostolato,
ebbe sempre, anche nei giorni della sua umilia-
oppure la grazia e la grazia dell'Apostolato, cioè
zione, ma che, secondo i disegni del Padre, non
la missione di predicare il Vangelo (XV, 5; Efes.
aveva pienamente manifestata. Tra le due interpre-
Ili, 8). Affinchè ubbidiscano, ecc. Fine dell'aposto-
tazioni non corre gran differenza, benché quella
lato conferito a S. Paolo é di trarre all'obbedienza
di S. Giov. Cris. sia più probabile.
alla fede, cioè alla dottrina cristiana, tutte le genti,
Con potenza. Queste parole da alcuni vengono cioè tutti i popoli pagani (II, 14, 24; HI, 29; IX,
riguardate come apposizione al participio dichia-
24; I I, 23; V,
Cor. 1, ecc.). II campo affidato
rato costituito: da altri invece, piii ragionevol-
in modo speciale a S. Paolo, fu quindi la conver-
mente, vengono unite a Figlio di Dio. Gesii fu
sione dei pagani (Gal. I, 16; II, 2, 8, 9, ecc.).
dichiarato Figlio potente (èv òuvà^Et) di Dio op- :
Nel nome di lui, cioè a gloria di Gesìj Cristo,
pure, fu dichiarato con potenza Figlio di Dio.
ossia, affinché anche i pagani lo conoscano e lo
Secondo (xatà) lo spirito di santificazione {àyi- amino.
«aevx^c santità). Queste parole non possono indi-
care lo Spirito Santo, chiamato ordinariamente da 6. Tra anche voi. I fedeli Romani,
le quali siete
5. Paolo, Syiov Jive«Ma (ved. V, 15; IX, 1; XIV, per la massima essendosi convertiti dal
parte,
17; XV, 13, ecc.) e mai con questo nome, ma paganesimo, venivano per ciò stesso a trovarsi
indicano la natura divina di Gesti Cristo (chiamata nel campo affidato all'Apostolo. Chiamati di Gesù
appunto col nome di ityeiniaxoq spirito in varii passi Cristo. I Romani, che già sono stati in modo ef-
della Scrittura. I Tim. Ili, 16; I Piet. Ili, 18; ficace chiamati alla fede e fatti membri del corpo
Ebr. IX, 14), fonte di ogni santità, per opposizione mistico di Gesù Cristo, ascoltino pertanto colui
a xarò odpxa, ossia alla natura umana. (Ved. Rev. che, per un'efficace vocazione di Dio, è stato fatto
Bib., 1903, p. 350-361). Apostolo dei gentili.
20 Romani, 7-11

estis et vos vocàti Jesu Christi 'Omnibus : alla fede nel nome di lui tutte le genti, "tra
qui sunt Romae, diléctìs Dei, vocàtis sanc- le quali siete anche voi chiamati di Gesù
tis. Gràtia vobìs, et pax a Deo Patre nostro, Cristo ^A
tutti quei che sono in Roma,
:

et Domino Jesu Christo. Dio, chiamati santi


diletti di grazia a voi, :

e pace da Dio Padre nostro, e dal Signore


Gesù Cristo.
"Primum quidem gràtias ago Deo meo per *E primieramente rendo grazie al mio Dio
Jesum Christum prò òmnibus vobìs quia : per Gesù Cristo a riguardo di tutti voi :

fides vestra annuntiàtur in univèrso mundo. perchè la vostra fede vien celebrata pel
'Testis enim mihi est Deus, cui sérvio in spi- mondo tutto. ^Poiché mi è testimone Dio,
ritu meo in Evangélio Filii ejus, quod sine a cui servo col mio spirito nel Vangelo del
intermissióne memóriam vestri fàcio ^°Sem- suo Figliuolo, come di continuo fo memoria
per in oratiónibus meis óbsecrans, si quó-
: di voi "sempre nelle mie orazioni : chie-
modo tandem aliquàndo prósperum iter hà- dendo che finalmente una volta mi sia con-
beam in voluntàte Dei veniéndi ad vos. "De- cesso, colla volontà di Dio, una buona via
sidero enim vidére vos ut aliquid impér-
: da venire a voi. "Poiché bramo di vedervi :

tiar vobis gràtiae spirituàlls ad conflrmàndos affine di comunicare a voi qualche parte di

7. A e poveri, padroni e schiavi, ,ecc.


tutti, ricchi Perchè vostra fede, ecc. Non rende grazie per
la
Diletti di Dio. di Dio precede ogni nostro
L'amore la potenza, le ricchezze concesse ai Ro-
la gloria,
merito, e non è causato da un bene che sia in noi, mani, ma per la loro fermezza nella fede. Pel
ma è causa di ogni nostro bene. Chiamati santi, mondo tutto. In tutte le Chiese fondate era noto
cioè consacrati in modo speciale al Signore, in non solo che il Vangelo era stato predicato a Roma,
forza della vostra vocazione (V. n. Atti, IX, 13). ma che la Chiesa Romana, già assai fiorente a
Grazia... e pace. S. Paolo usa spesso questa f or- questo tempo, fra tutte le altre si distingueva per
mola d'augurio (I Cor. I, 3; II Cor. I, 2, ecc.). la purezza e la fermezza della sua fede.
La grazia è il primo e più indispensabile dono di 9-10. Mi è testimone Dio, ecc. Trattandosi di
Dio, che ci rende partecipi della divina natura. cosa interna, di cui nessuno poteva essere testi-
monio, S. Paolo, per garantire la verità delle sue
parole, si appella alla testimonianza di Dio (II Cor.
I, 23; Filipp. I, 8; I Tess. II, 5). A cui io servo.

Il greco Xarpeuco significa adoro, presto culto reli-

gioso. Nel mio spirito, cioè, non solo esternamente,


ma con tutto l'intimo della mia anima. Nel Van-
gelo, ossia nella predicazione del Vangelo. S. Paolo
considera questa predicazione come un atto di
Fig. I. culto prestato a Dio. Come di continuo, ecc. Per
Roma divinizzata. sempre più guadagnarsi la benevolenza dei Ro-
mani, fa loro vedere l'affetto con cui li ama ;

affetto che si dimostra dalle continue preghiere che


fa per loro, e dal vivo desiderio che ha di visitarli.
Che finalmente, ecc. Da queste parole si vede
quanto ardentemente S. Paolo desiderasse visitare
la Chiesa di Roma. Colla volontà di Dio. Il suo
desiderio era però in tutto rassegnato alla volontà
di Dio. Una buona via, ecc. Quando scriveva, non
pensava certo che sarebbe stato condotto a Roma
fratelli di Gesù Cristo e coeredi della gloria del come un malfattore (Atti XXVIII).
Padre. La pace significa le opere buone, o meglio,
11. Affine di comunicarvi. Ecco il motivo, per
quella tranquillità interiore, che è causata dalla
cui desidera vedere i Romani. Qualche parte dì
pratica della virtù.
grazia, gr. n... Xdpio^o... «veunanxóv. Benché la
Da Dio Padre e dal Signore, ecc. S. Paolo as- parola carisma Xàpiana, indichi spesso, nel Nuovo
socia intimamente Gesù al Padre, venendo così
Testamento, le grazie gratis date (XII, 6; I Cor.
ad affermare la sua divinità e la sua perfetta ugua-
XII, 4, &, 28, 30, ecc.), è pure usata per signifi-
glianza col Padre
care ogni dono soprannaturale di Dio (V, 16; VI,
8. E primieramente rendo grazie. In quasi tutte 23; XI, 29; I Cor. I, 7; II Cor. I, 10, ecc.). In
le sue lettere (I Cor. I, 4; Efes. I, 16; Filipp. I, questo senso significa qui un aumento di fede,
3; Coloss. I, 3, ecc.). S. Paolo, dopo l'iscrizione come è chiaro dalle parole che seguono immedia-
e gli auguri, comincia a render grazie a Dio, per tamente, per confermarvi sempre più, s'intende,
tutti i benefizi concessi alla Chiesa a cui scrive. nella fede. Ammaestrati da S. Pietro, i Romani
Al mio Dio. Chiama Dio suo, perchè da lui aveva già conoscono la dottrina evangelica ; perciò non
ricevuti immensi benefizi, e si era consacrato inte- hanno bisogno di essere istruiti intorno a cose da
ramente al suo servizio (I Cor. I, 4; II Cor. XII, loro ignorate, ma solo di essere confermati nelle
21, ecc.). Per Gesù Cristo, il Mediatore e il Pon- verità loro già predicate; a quella guisa che, l'al-
tefice della nuova alleanza, per cui abbiamo accesso bero già piantato, non ha bisogno che di essere
al Padre (Efes. II, 18). irrigato.
Romani» I, 12-17 21

vos : ^'Id est, simul consolàri in vobìs per grazia spirituale per confermarvi; "vale a
eam, quae ìnvicem est, fidem vestram, atque dire, per consolarmi insieme con voi per
meara. la scambievole fede vostra e mia.

^^Nolo autem vos ignorare fratres quia : "Or io non voglio che
vi sia ignoto, o
saepe propósui venire ad vos, (et prohibitus fratelli, comespesso risoluzione di ve-
feci
sum usque adhuc) ut àliquem fructum hà- nir da voi per far qualche frutto anche tra
beam et in vobis, sicut et in céteris gènti- voi, come tra le altre nazioni, ma sono stato
bus. "Graecis, ac Bàrbaris, sapiéntibus, et sino a quest'ora impedito. ^^Sono debitore
insipiéntibus débitor sum "Ita (quod in : ai Greci e ai Barbari, ai saggi e agli stolti :

me) promptum est et vobis, qui Romae estis, ^•'così (quanto a me) sono pronto ad annun-
evangelizàre. ziare il Vangelo anche a voi, che siete in
Roma.
^^Non enim erubésco Evangélium. Virtus "Poiché io non mi vergogno del Van-
enim Dei est in salùtem omnì credènti, Ju- gelo; che esso è la virtù di Dio per dar
daéo primum, et Gracco. ^'Justìtia enim Dei salute a ogni credente, prima al Giudeo, e
in co revelàtur ex fide in fidem sicut scrip- : poi al Greco. "Poiché la giustizia di Dio in
tum est Justus autem ex fide vivit.
: esso si manifesta per la fede nella fede :

conforme sta scritto Il giusto poi, vive dì


:

fede.

" Hab. II, 4 ; Gal. Ili, 11 ; Hebr. X, 38.

12. Consolarmi, ecc. Non desidera solo di andar manifesta sua potenza, e di cui si serve per dar
la
a Roma per comunicar loro nuove grazie spirituali, salute, per dare la remissione dei peccati,
cioè,
ma anche per consolarsi e rallegrarsi dell'ardore la grazia santificante e la vita eterna a ogni cre-
della loro fede. La sua visita a Roma avrà quindi, dente. Queste ultime parole, indicano l'universalità
un doppio vantaggio spirituale ; l'uno per i Romani, della forza salvatrice del Vangelo, e la condizione
e l'altro per lo stesso Apostolo. necessaria affinchè possa operare. Questa condi-
13. Non voglio che vi sia ignoto. S. Paolo, usa
zione è la fondamento e radice di ogni giu-
fede,
spesso quest'espressione (XI, 25; I Cor. X, t; stificazione,senza della quale è impossibile piacere
XII, 1; II Cor. I, 8; I Tess. IV, 13). Feci spesso a Dio e partecipare alla sua eredità (Conc. Trid.,
risoluzione, ecc. Essendo l'Apostolo dei pagani, da sess. VI, de iust., cap. 8). Prima... e poi. Queste
gran tempo desiderava di predicare ai Romani, non parole, non indicano solo l'ordine del tempo, in
già per convertirli, ma per far qualche frutto, cioè cui fu predicato il Vangelo, ma fanno, in modo
per farli crescere sempre piii nella fede. Come speciale, risaltare i privilegi concessi ai Giudei,
in forza dei quali la salute messianica era, da
tra le altre nazioni. Queste parole dimostrano che,
la Chiesa Romana, era in gran parte composta di
parte di Dio, non solo un'opera di misericordia,
Gentili. Sono stato... impedito dalle gravi fatiche, ma anche di fedeltà alle promesse fatte. Al Giudeo
e... al Greco. Sotto l'aspetto religioso, l'umanità
dovute sostenere nell'evangelizzazione dell'Oriente
(XV, 22). poteva dividersi in due grandi classi i Giudei, :

che avevano avuto la legge da Dio, e i pagani che


14. Sono debitore. Come
Apostolo dei Gentili, tal legge ignoravano. I Giudei chiamavano Greci
io devo compiere il ministero affidatomi (I Cor. I, tutti i pagani, e S. Paolo qui si adatta a questo
17; IX, 16-17) presso i Greci, cioè i popoli di loro uso. In questo versetto e nel seguente, l'Apo-
lingua e coltura greca e tra questi i Romani, e stolo propone l'argomento, che intende svolgere
presso i Barbari, cioè i popoli di altre lingue nell'Epistola.
(V. n. Atti XXVIII, 1). Nel linguaggio comure le
due parole. Greci e Barbari, comprendevano tutta 17. La giustizia di Dio, cioè non la giustizia
l'umanità. Ai saggi e agli stolti. Anche queste personale di Dio, ma la giustizia che Dio comu-
parole significano tutta l'umanità, la quale, sotto nica al peccatore, rendendolo suo figlio e partecipe
l'aspetto della civiltà, si divide nelle due grandi della sua natura (Conc. Trid., sess. VI, cap. 7),
classi di popoli civili e popoli non civili. per esso, cioè per il Vangelo, si manifesta. Prima
di Gesiì Cristo non era chiaro il modo con cui si
15. Così,
cioè in conseguenza (quanto a me),
operasse la giustificazione del peccatore, poiché se
ossia, perquanto dipende dal mio volere, oppure,
da una parte la Scrittura insegnava che essa aveva
se ciò è conforme alla volontà di Dio (I, 10). luogo per mezzo della fede nel Messia futuro, dal-
Anche a voi, perchè anche voi, come Gentili, siete
l'altra sembrava fosse legata all'osservanza della
affidati al mio ministero. kgge Mosè
di (Gal. Ili, 11). Con Gesù Cristo si
16. Non mi
vergogno, ecc. Si poteva credere da è fatta ed ora è chiaro nel Vangelo che la
la luce,
qualcuno che S. Paolo non si fosse ancora recato giustificazione si opera per la fede, e si estende
a Roma perchè non asava, nella capitale dell'im- non solo ai Giudei, ma a tutti i credenti, a qua-
pero, centro della sapienza e della cultura mon- lunque popolo appartengano.
dana, predicare una dottrina, che, dai pagani ve- Non si accordano gli esegeti nell'interpretazione
niva giudicata stoltezza (Atti, XVII, 18; XVIII, 9; delle parole ex fide in fidem ex niaxecoq eie, mcrrtv.
I Cor. I, 18, 26). L'Apostolo rigetta energicamente Alcuni le uniscono a si manifesta, e le intendono
questa insinuazione, e passa ad esaltare il Vangelo, per la fede del Vecchio e del Nuovo Testamento.
li h virtù di Dio, cioè lo strumento con cui Dio Tutti gli uomini furono e sono giustificati per la
22 Romani, i, 18-20

"Revelàtur enim ira Dei de caelo super ^^Infatti l'ira di Dio si manifesta dal cielo
omnem impietàtem, et injustitiam hóminum contro ogni empietà e ingiustizia degli uo-
eórum, qui veritàtem Dei in injustitia dé- mini, i quali ritengono la verità di Dio nel-
tinent ^^Quia quod notum est Dei, mani-
: l'ingiustizia ^^giacchè quello che può cono-
:

féstum est in illìs. Deus enim illis mani- scersi di Dio, è manifesto in essi, poiché Dio
festàvit. ^"Invisibilia enim ipsius, a creatura lo ha loro manifestato. ^"Infatti le cose in-
mundi, per ea quae facta sunt, intellécta, visibili di lui, dopo creato il mondo, com-
conspiciùntur sempitèrna quoque ejus vir-
: prendendosi per le cose fatte, son diventate
tus, et divinitas : ita ut sint inexcusàbiles. visibili anche la eterna potenza e il divino
:

«1 Eph. IV, 17.

fede del Vangelo, poiché nell'Antico Testamento i frutti della giustificazione operata dalla fede, e
(ex fide), dovevano credere in Cristo venturo, e scioglie infine (IX, 1-XI, 36) alcune difficoltà.
nel Nuovo (in fidem), devono credere in Cristo Comincia col v. 18 a parlare dei pagani, e fa
venuto. Altri le riferiscono al progresso nella fede, vedere la loro colpevolezza (I, 18-23) e i castighi
e spiegano : Nel Vangelo si manifesta la giustizia loro da Dio (I, 24-32).
inflitti

di Dio, la quale comincia dalla fede e cresce e si Infatti, che la giustificazione si ottenga solo per
sviluppa nella fede. I migliori interpreti però, con- la fede, è provato dal fatto che, fuori di questa
siderano ex fide in fidem come un'apposizione a via, tutti gli uomini giacciono sotto i colpi della
giustizia di Dio, e ritengono che in fidem debba collera di Dio, perchè peccatori. Per una specie
essere inteso nel senso di credentes, in modo che di antropomorfismo si attribuisce a Dio l'ira, per
l'Apostolo dica, in altre parole, quanto ha detto indicare la sua giustizia vendicativa che punisce il
al cap. Ili, 21 : La giustizia di Dio per la fede peccato. Si manifesta. E' usato il presente per in-
in Gesù Cristo in tutti e sopra tutti quelli che cre- dicare che questo fatto si verifica tuttora. Dal cielo,
dono in lui, cioè : Nel Vangelo si manifesta che considerato come la sede di Dio. Contro ogni em-
la giustizia di Dio è causata, non dalle opere della pietà, ecc. Ciò che provoca la collera di Dio sono
legge o dalle opere buone naturali, ma dalla fede i peccati ; sia quelli commessi direttamente contro
(ex fide) e non è ristretta al popolo ebreo, ma si Dio (empietà), sia quelli commessi direttamente
estende a tutti coloro che credono (in fidem) in contro il prossimo (ingiustizia). Degli uomini. Ben-
Gesù, a qualunque nazionalità appartengano. Vedi ché non li nomini in modo chiaro, tuttavia dal con-
Tobac, Le problème de la justification, p. 208 testo sì scorge che l'Apostolo parla dei pagani.
e ss.; Prat, La Théol. de S. P., Tom. I, p. 231. Ritengono schiava (gr. KatéXctv), ossia impedi-
Conforme sta scritto, Per dimostrare che
ecc. scono alla verità di spandere la sua luce e di
la dottrina della giustificazione per la fede, benché diventare la regola pratica della loro vita morale.
non pienamente manifestata, tuttavia era già in La verità. Qui si tratta della verità religiosa, ri-

vigore nell'Antico Testamento, San Paolo cita il guardante nozione del vero Dio e del suo culto.
la

profeta Abacuc, II, 4. La citazione, piiì vicina al Di Dio, manca nel greco. NelV ingiustizia, cioè per
testo greco che all'ebraico, non è letterale. Dio fa la loro ingiustizia, ossia immoralità. La loro igno-

conoscere al profeta la norma del suo agire. ranza è quindi colpevole. Ved. Curluy, Spiclle-
L'empio perirà il giusto troverà la salvezza nella
:
gium. dogm. bibl., tom. I, p. 86 e ss. Prat,
sua fede. I Caldei orgogliosi saranno quindi di- op. cit., p. 267.
spersi i pii Israeliti invece, i quali credono alla
; 19. Quello che di Dio può conoscersi, ossia ciO
parola e alla promessa di Dio, per questa loro fede che la ragion naturale, senza rivelazione, può co-
otterranno la vita, ossia saranno liberati dai Caldei noscere di Dio, oppure, dando al greco tò -(vcoazòv
e conseguiranno quindi la vita eterna, di cui é Tov Geoi) il senso di r\ yv&atq tot) 0eoC, la cono-
figura la liberazione dai Caldei. Cf. Galat. Ili, 11. scenza di Dio, è manifesto in essi, cioè rifulge
Vive di fede. La fede, di cui parla qui S. Paolo, naturalmente alla loro mente e al loro cuore, perchè
non importa solamente una ferma adesione della Dio, per mezzo delle sue opere esteriori, fa loro
mente a quanto Dio ha rivelato, ma include ancora conoscere la sua esistenza, i suoi attributi, ecc.,
la sottomissione perfetta della propria volontà alla come è spiegato nel v. seg.
volontà di Dio. Perciò S. Paolo (Rom. I, 5; XVI,
20. Le cose invisibili, cioè la natura e le perfe-
26) parla dell'obbedienza alla fede, la quale è zioni di Dio, dette invisibili, perchè naturalmente
sinonima dclV Obbedienza al Vangelo (Rom. X, 16)
noi non possiamo conoscerle in se stesse, dopo
e dell'obbedienza a Cristo (II Cor. X, 5). Vedi
creato il mondo, sono diventate visibili per mezzo
Van Steenkiste, Ep. ad Rom., p. 216, ed. 6*. delle opere esterne di Dio; visibili però, non al-
Dal qui detto appare chiaro che il Vangelo è
fin l'occhio del corpo, ma a quello della mente (intel-
la virtù di Dio, perchè fa conoscere che la giusti- lécta — comprendendosi). Anche la eterna, ecc.
ficazione, senza della quale non si può ottenere Ecco quali sono le cose invisibili di Dio che si
la salute, si ha esclusivamente per la fede in Gesù
possono conoscere per mezzo delle creature.
Cristo, e non viene accordata se non a quelli che San Paolo afferma qui esplicitamente che, per
credono in Lui. mezzo delle creature, si può con certezza cono-
18. Stabilità così la sua tesi, S. Paolo passa a scere l'esistenza di Dio, principio e fine di tutte le
provarla, mostrando dapprima (I, 18-IV, 25) che cose {Conc. Vat., sess. 3. Const. de fide, cap. 2.
tutti uomini, pagani e Giudei, sono colpevoli
gli Conf. la formola del giuramento contro il Moder-
davanti Dio e meritevoli di castigo, e quindi
a nismo). V. Atti XIV, 17; XVIII, 26-28.
hanno bisogno della redenzione dì Gesù Cristo. Talché sono inescusabili. Essendo così facile ar-
In seguito (V, 1-VIII, 39) descrive le proprietà e rivare alla conoscenza di Dio, coloro che si trovano
Romani, I, 21-25 23

'^Quia cum cognovissent Deum, non sicut essere di lui, talché sono ìnescusabili. ^^Per-
Deum glorificavérunt, aut gràtìas egérunt : chè avendo conosciuto Dio, non lo glorifi-
sed evanuérunt in cogìtatiónibus suis, et carono come Dio, né a lui resero grazie :

obscuràtum est insìpiens cor eórum ^^Dì- : ma divennero stolti nei loro pensamenti, e
céntes enìm se esse sapiéntes, stuiti facti sì ottenebrò l'insensato loro cuore ^^Pt)ichè :

sunt. ^^Et mutavérunt glóriam ìncorruptibilis dicendo di esser saggi, diventarono stolti.
Dei in similitùdinem imàginis corruptibilis ^'E cangiarono la gloria dell'incorruttìbile
hóminis, et vólucrum, et quadrùpedum, et Dio per la figura di un simulacro dì uomo
serpéntium. corruttìbile, e di uccelli, e di quadrupedi, e
dì serpenti.

^^Propter quod tràdidìt ìllos Deus in desì- ^"Per la qual cosa Dio li abbandonò ai
dérìa cordis eórum, in immunditiam ut : desideri del loro cuore, alla immondezza :
contumélìis afficiant córpora sua in seme- sicché disonorassero in se stessi i loro pro-
tipsis ^^Qui commutavérunt veritàtem Dei,
: prii corpi ^"'Essi, che cambiarono la veiità
:

in mendàcium et coluérunt, et serviérunt


: di Dio per la menzogna e rendettero onore,
:

creaturae pótius quam Creatóri, qui est be- e servirono alla creatura, piuttosto che al

" Ps. CV, 20; Jer. XI, 10. =* Inf. I, 27 et VI, 19; Eph. IV, 19.

nell'ignoranza di tale verità, non hanno alcuna che vi ha uno stretto nesso tra l'idolatria e la per-
scusa, ma devono incolpare unicamente se stessi. versità morale. Li abbandonò (napéòcaxev). Quest'a-
Hanno chiuso volontariamente gli occhi alla luce. bisso corruzione è un vero castigo di Dio.
di

21. Avendo conosciuto. Non solo i pagani non L'uomo, nell'ebbrezza del suo orgoglio, attribuì
hanno voluto conoscere Dio dalle creature, ma, l'essere divino alle bestie, e Dio, per un giusto
giudizio, permise che la parte più nobile dell'uomo,
quelli fra loro che giunsero a conoscerlo, non gli
prestarono il culto dovuto. Glorificarono, resero
grazie. Queste parole comprendono tutti i doveri
che si hanno verso Dio, che consistono nel rico-
noscere la sua suprema maestà (glorificare), e
nella totale dipendenza della creatura di lui (ren-
dere grazie). Da ciò si comprende che l'idolatria
non fu lo stato primitivo dell'uomo, da cui, per
naturale evoluzione, sia poi nato il monoteismo ; Fig. 2.
che anzi, vi fu un tempo in cui gli uomini» pur
conoscendo Dio, si rifiutarono di prestargli il do- Divinità egiziana con testa
vuto onore. Solo in conseguenza di questa colpa, di cocodrillo.
gli uomini furono indotti a prestare le loro adora-
zioni agli idoli.
Divennero stolti, ecc. Dopo aver rigettato Dio
colla loro volontà, anche
loro intelletto cadde di
il

errore in errore. Si ottenebrò, ecc. In conseguenza


divennero sempre più dense le tenebre che avvol-
gevano l'insensato loro cuore. Il cuore, nella Scrit-
tura, viene usato in senso figurato per indicare
cioè la ragione, diventasse schiava delle passioni
l'animo, oppure la sola volontà, o il solo intel-
sensuali. S. Paolo afferma che Dio abbandonò gli
letto. Come è chiaro dall'epiteto insensato, qui
uomini all'impurità, non perchè abbia direttamente
significa l'intelletto.
inclinato il loro cuore al male, ma perchè con giu-
22. Poiché. Questa particella causale manca nel stiziasottrasse loro la sua grazia efficace, per
greco e nei migliori codici latini. S. Paolo aggiunge mezzo di cui erano rattenuti dal peccare (Salmo
semplicemente un nuovo membro al suo periodo, LXXX, 11; Atti XIV, 16; Efes. IV, 9). Avviene
per sempre più far comprendere l'abisso, in cui così spesso che il primo peccato è causa del
era precipitato il paganesimo. Le sue parole sono secondo, e il secondo è un castigo del primo. San
generali e non vanno perciò ristrette ai soli filosofi, Tom., h. 1.

come vorrebbero alcuni commentatori. Ai desidera del loro cuore, all'immondezza, cioè
23. Cangiarono, ossìa attribuirono la gloria del- all'impurità (VI, 19; II Cor. XII, 21, ecc.). In se
potenza e l'essere
l'incorruttibile Dio, cioè l'eterna stessi, vale a dire vicendevolmente. I loro proprii
divino (v. 20), a la figura di un simulacro, vale a corpi. I peccati di impurità, specialmente quelli
dire a statue senza senso e senza vita, fabbricate contro natura, dei quali qui parla S. Paolo, conta-
dalle loro stesse mani e rappresentanti non solo minano e disonorano non solo l'anima, ma anche
uomini, ma anche i più vili animali. Ved. Salmo il corpo. I pagani cercarono di disonorare Dio, e
CV, 20; Sap. XIII-XIV. Presso i Greci e i Romani Dio permise che disonorassero se stessi e nel-
gli idoli avevano la figura di uomo, invece presso l'anima e nel corpo.
gli Egizi avevano quella di animali. Ved. Gaston
25. Essi, ecc. Il castigo fu così grave, che
Boissier, La religion Romaine, t. I, p. 121 e ss.; l'Apostolo ricorda di nuovo la colpa. La verità di
Maspero, Hìstoire an. de l'Or., tom. I, p. 79, 621. Dio, cioè il vero Dio, per la menzogna, ossia per
24. ^AT la qual cosa. Queste parole mostrano gli idoli (dai profeti chiamati menzogna, Is. XLIV,
24 Romani, I, 26-32

Amen. ^^Proptérea trà-


nedictus in saécula- Creatore, il quale è benedetto nei secoli.
didit Deus in passiónes ignominiae.
illos Così sia. ^"Per questo Dio li diede in balìa
Nam féminae eórum immutavérunt natura- di ignominiose passioni. Poiché le stesse
lem usum in eum usum, qui est centra na- loro donne cambiarono l'ordine posto dalla
turam. ^^Similiter autem et màsculi, relieto natura in disordine contrario alla natura. ^^E
naturali usu féminae, exarsérunt in desidé- gli uomini similmente, lasciata la naturale
riis suis in invicem, màsculi in màsculos unione della donna, arsero scambievolmente
turpitudinem operàntes, et mercédem, quam nei loro desiderii facendo cose obbrobriose
opórtuit, erróris sui in semetipsis reci- l'un verso l'altro, e riportando in sé stessi
piéntes. la condegna mercede del proprio errore.

^^Et sicut non probavérunt Deum habére ^^E siccome non sì curarono di ricono-
in notitia : tràdidit illos Deus in réprobum scere Dio :Dio li abbandonò a un reprobo
sensum ut fàciant ea, quae non convé-
: senso, onde facciano cose non convenevoli,
niunt, ^^Replétos omni iniquitàte, malitia, ^"ricolmi di ogni iniquità, di malizia, di for-
fornicatióne, avaritia, nequitia, plenos in- nicazione, di avarizia, di "malvagità, pieni
vidia, homicidio, contentióne, dolo, maligni- d'invidia, di omicidio, di discordia, di frode,
tate ; susurrónes, '"Detractóres, Deo odibiles, di malignità, susurroni, ^"detrattori, nemici
contumeliósos, supérbos, elàtos, inventóres di Dio, oltraggiatori, superbi, millantatori,
malórum, paréntibus non obediéntes, ^^In- inventori di male cose, disubbidienti ai geni-
sipiéntes, incompósitos, sine affectióne, ab- tori, ^^stolti, disordinati, senza amore, senza
sque foédere, sine misericordia. '^Qui cum legge, senza compassione. ^H quali avendo
justitiam Dei cognovissent, non intellexér conosciuta la giustizia di Dio, non intesero
runt quóniam qui tàlia agunt, digni sunt come chi fa tali cose é degno di morte :

morte et non solum qui ea fàciunt, sed


: né solamente chi le fa, ma anche chi ap-
étiam qui conséntiunt faciéntibus. prova coloro che le fanno.

20; Gerem. XIII, 25, ecc.). Il quale è bene- parlato ai vv. 24, 26, 27. Pieni di invidia, ecc. Si
detto, ecc. In presenza di sì orribile peccato, hanno qui accennati varii peccati contro il pros-
l'Apostolo, per riparare da parte sua l'ingiuria simo. Susurroni sono coloro che occultamente
fatta a Dio, prorompe in questa dossologia assai spargono calunnie.
frequente nelle Scritture. 30. Detrattori sono coloro che apertamente spar-
Dio li diede, ecc. Ecco il castigo del-
26-27. gono calunnie. Nemici di Dio. Il greco GeooruY"?
Dio permise che gli idolatri diventas-
l'idolatria. ha qui il senso di odiatori di Dio. Inventori di male
sero schiavi di passioni ignominiose, cioè da non cose sono coloro che vanno studiando sempre
nominarsi. L'idolatria fu comune all'uomo e alla nuovi modi di sfogare le loro passioni.
donna, perciò comune all'uno e all'altra fu pure 31. Stolti, cioè empii (Sap. I, 5; Eccles. XV, 7).
i! castigo di Dio. Anche gli scrittori pagani parlano Disordinati (gr. dotsvòéTov? da avvxiaQeaQai far patti),
di questi vizi orrendi (Ved. Clem. A. Poed. Ili, 3). cioè fedifraghi. Senza amore verso i figli e i pa-
La condegna mercede. Hanno violato l'ordine na- renti in generale. Senza legge. Il greco àaTioxòoq
turale adorando gli idoli, e Dio permise che vio- significa senza alleanze. Senza compassione verso
lassero l'ordine naturale, facendo ingiuria alla i poveri e i miserabili. La verità di queste parole
loro stessa natura, in modo da essere peggiori è dimostrata dal modo crudele con cui erano trat-
non conoscono e non fanno
delle bestie, le quali tati gli schiavi. Ved. Champagny, Les Césars,
cose. Ved. Giovenale, Sai., VI, 292-300;
sì orribili tom. II, p. 206.
Fouard, St-Piene, pag. 300. Revue Bibl. 1911,
32. / quali, ecc. Anche qui, come al v. 25, San
pag. 534 e ss.
Paolo dopo aver descritto l'abisso di male, in cui
Siccome non sì curarono (owx èSoxtVacav).
28. erano precipitati i pagani, torna a ricordare la
I paganicol lume naturale conobbero Dio, ma colpa che ne fu la causa, Tacendone maggiormente
non lo credettero degno di essere più accurata- risaltarela gravezza. I migliori codici greci, pa-
mente conosciuto, perciò Dio punì la perversità recchie antiche versioni, e tutti gli interpreti greci
della loro mente permettendo che dessero in un presentano qui un testo preferibile a quello della
reprobo senso, cioè in un reprobo e falso giudizio Volgata. « / quali avendo conosciuto il giudizio di
(gr. à6óxt|Liov vow = reproba mente), per cui di- Dio, che (cioè) coloro i quali fanno tali cose sono
cessero lecito, e quel che è più, facessero, ciò degni di morte, tuttavia non solo le fanno, ma
che la stessa ragione dichiara illecito. Non vollero anche approvano quelli che le fanno ». Benché
riconoscere Dio, e furono puniti in modo da non quindi ipagani avessero conosciuto che Dio aveva
piti riconoscere i dettami pratici della ragione. stabilita la pena di morte contro coloro che aves-
29. Ricolmi, ecc. Nel latino, invece dell'accusa- sero commesse tali azioni (come consta dalle de-
tivo, dovrebbe esservi il nominativo. Dio ha ab- scrizioni dei supplizi dell'Hade tramandateci dagli
bandonati i pagani a un reprobo senso in modo antichi poeti e dagli antichi filosofi), tuttavia non
che, facendo cose non convenevoli, sono diventati solo le commisero essi stessi, ma applaudirono
ricolmi di ogni iniquità, ecc. L'Apostolo enumera coloro che le commettevano. Quale aberrazione!
varii peccati, in cui caddero i pagani. Di fornica- Il testo della Volgata può spiegarsi in modo ana-

zione. Queste parole, omesse nei principali codici logo. I pagani conobbero bensì in teoria che Dio
greci (B. K A. C.), sono probabilmente una glossa, è giusto, ma non lo conobbero in pratica, ossia
giacché dei peccati d'impurità l'Apostolo ba già non compresero che Dio avrebbe punito gli empi
Romani, II, 1-5 25

CAPO II.

La colpevolezza dei Giudei, i. —


Dio è giusto giudice e il suo giudizio sarà secondo
le opere di ciascuno, 2-11, —
/ pagani giudicati secondo la legge naturale e
i Giudei secondo la legge positiva, 12-16. —
La legge ricevuta rende piti grave
la condanna dei Giudei, 17-24, — La circoncisione non basta, se 7ion si osserva
la legge, 25-29.

^Propter quod inexcusàbilìs es homo ^Per la qual cosa chiunque tu sii, uomo,
omnis, qui jùdicas. In quo enim judìcas che giudichi sei inescusabile. Poiché nello
àlterum, teipsum condémnas éadem enim : stesso giudicare altrui condanni te stesso :

agis quae jùdicas. ^Scimus enim quónìam mentre fai le stesse cose delle quali giu-
judicium Dei est secundum veritàtem in eos, dichi. ^Ora noi sappiamo essere il giudizio
qui tàlia agunt. ^Existimas autem hoc di Dio secondo verità contro di coloro che
homo, qui jùdicas eos, qui tàlia agunt, et fanno tali cose. ^E pensi tu forse, uomo, il
facis ea, quia tu effugies judicium Dei? quale giudichi chi fa tali cose, e le fai, che
sfuggiraiil giudizio di Dio?

*An divìtias bonitàtis ejus, et patiéntiae, ^Disprezzi tu forse le ricchezze della bontà
et longanimitàtis contémnis? ignóras quó- e pazienza e tolleranza di lui? Non sai tu
niam benignitas Dei ad poeniténtiam te ad- che la bontà di Dio ti scorge a penitenza?
dùcit? ^Secundum autem duritiam tuam, et *Ma tu colla tua durezza e col cuore impe-

1 Matth. VII, 2.

colla morte eterna. Ne solamente chi le fa, ecc. 2. Ora noi sappiamo, ecc. Ciò che rende ancora
Mentre la Volgata lascia qui supporre essere meno più colpevoli i Giudei, è il sapere essi che Dio
grave approvare il male fatto che non il farlo, il pronunzia una condanna (giudizio), quale è voluta
greco induce a credere il contrario. A seconda dalla giustizia e dalla verità, contro coloro che
delle diverse circostanze può essere vera l'una o fanno tali cose, cioè vivono come i pagani.
l'altra cosa, tuttavia il senso del greco è general- 3. ri pensi tu, ecc. I Giudei degli ultimi tempi
mente preferito dagli interpreti.
credevano di salvarsi per il solo fatto di essere
discendenti di Abramo, ancorché avessero com-
messo qualsiasi delitto (Ved. Matt. Ili, 8-9; Giov.
CAPO II.
VII, 49; Vili, 33). S. Paolo protesta contro tale
aberrazione, e afferma che i Giudei, non meno dei
pagani, dovranno sottostare al severo giudizio di
1. Dopo aver mostrato che ì pagani giacciono
Dio.
sotto il peso dell'ira di Dio e hanno bisogno di
4. Disprezzi tu forse. Invece di forse (an) è
redenzione, l'Apostolo passa a fare la stessa dimo-
strazione per riguardo ai Giudei, mettendo in meglio leggere oppure {aut,r\). Colui che, cono
rilievo la loro maggior colpevolezza (II, 1-29).
scendo il terribile giudizio di Dio, persevera nel

Per la qual cosa, ecc. Se i pagani sono inescu- peccato, disprezza la bontà di Dio, quasi che il
sabili nei loro peccati, perchè fecero il male, pur ritardo, che Egli frappone alla punizione delle
conoscendolo come tale, sarà ancora senza scusa colpe, sia una promessa di impunità anche per
colui che condanna i pagani, e tuttavia imita la l'avvenire. Non sai tu, ecc. Dio tarda a punire il
loro condotta. O uomo. Quest'apostrofe non è di- peccato, perchè vuole che i peccatori facciano
retta ai principi e ai magistrati greci o romani,
penitenza (Sap. XI, 24), e a tal fine anche ai piii
induriti nel male dà sempre le grazie sufficienti
e neppure ai filosofi, ma a un Giudeo considerato
come rappresentante di tutti gli altri Giudei. Questi a convertirli.
nella loro superbia disprezzavano i pagani per la 5. Ma Il peccatore che di-
tu nella durezza, ecc.
loro idolatria e la loro scostumatezza, ma pur spreiza i Dio ostinandosi nell»
tesori della bontà di
troppo che ne imitavano i vizi. Che giudichi. Giu- colpa, si rende reo di maggiore delitto, e si accu-
dicare significa qui condannare. Condanni te stesso. mula tesori eterni di ira. —
Giorno dell'ira è il
Tu, o Giudeo, che sai così bene condannare gli giorno del giudizio universale (Ezech. XXII, 24;
altri, mostri con ciò di conoscere la legge morale, Sofon. II, 2, 3; Apoc. XVI, 17), in cui si farà
e quindi non puoi addurre a tua scusa l'igno'-anza, noto tutto il furore del giudice divino contro i
quando fai ciò che condanni negli altri ; anzi la malvagi (Is. XIII, 9; Am. V, 18; Gioel. I, 14;
sentenza di condanna che tu pronunzi contro i II, 1). Manifestazione, ecc. In quel giorno sarà
pagani, si rivolgerà contro te stesso, perchè tu manifesta a tutti la giustizia di Dio, che adesso
fai le stesse cose, cioè commetti gli stessi peccati sembra talvolta occultarsi, lasciando che i giusti
che biasimi nei pagani. siano oppressi e gli_^mpi trionfino.
26 Romani, II, 6-13

impoénìtens cor, thesaurizas tìbi iram in die nitente accumuli un tesoro d'ira pel giorno
ti

irae, revelatiónis justi judicii Dei, *Qui


et dell'ira della manifestazione del giusto
e
reddet unicuique secùndum opera ejus : ^is giudizio di Dio, ^il quale renderà a ciascuno
quìdem, qui secùndum patiéntiam boni ópe- secondo le opere sue ^a quelli, che co-
:

ris, glóriam, et honòrem, et incorruptiónem stanti nel bene operare cercano la gloria,
quaerunt, vitam aetérnam *Iis autem, qui : l'onore, e l'immortalità, (renderà) vita eter-
sunt ex contentióne, et qui non acquiéscunt na *a quelli poi, che sono pertinaci e non
:

veritàti, credunt autem iniquitàti, ira, et in- danno retta alla verità, ma ubbidiscono, al-
dignàtio. l'ingiustizia, ira e indignazione.
^Tribulàtio, et angùstia in omnem ànimam 'Affanno ed angustia per l'anima di qua-
hóminis operàntis malum, Judaéi primum, et lunque uomo che opera male, del Giudeo
Graeci ^"Gloria autem, et honor, et pax
: prima, poi del Greco "gloria e onore e :

omni operanti bonum, Judaéo primum, et pace a chiunque opera il bene, al Giudeo
Gracco "Non enim : est accéptio persona- prima, poi al Greco "Che non è dinanzi
:

rum apud Deum. a Dio accettazione di persone.


"Poiché tutti quelli che senza legge hanno
"Quicùmque enim sine lege peccavérunt, peccato, periranno senza legge e tutti quelli :

sine lege peribunt et quicùmque in lege : che con la legge hanno peccato, saranno
peccavérunt, per legem judicabùntur. "Non condannati dalla legge. "Giacché non quelli
enim auditóres legis justi sunt apud Deum, che ascoltano la legge sono giusti dinanzi a
sed factóres legis justiflcabùntur. Dio, ma quelli che mettono in pratica la
legge saranno giustificati.

« Matth. XVI, 27. ^i Deut. X, 17; II Par. XIX, 7; Job. XXXIV, 19; Sap.VI,8; Eccli. XXXV, 15;
i» Matth. VII, 21 ; Jac. I, 22.
Act. X, 34; Gal. II, 6; Col. Ili, 25.

6. Il ecc. Dio giudicherà colla


quale renderà, prima, a motivo delle speciali promesse che Dio
massima imparzialità, e la sua sentenza di premio aveva fatto ai Giudei.
o di castigo sarà quale è meritata dalle opere di 11. Non è, ecc. Dio non fa differenza tra Giudeo
ciascuno. e Gentile sia nel punire e sia nel premiare, ma
Si osservi che l'Apostolo non dice renderà a : solo riguarda alle opere che si sono fatte (Ved.
ciascuno secondo la sua fede, ma renderà " cia- Atti X, 34).
scuno secondo le sue opere, col che insegna contro Dio da
12. L'Apostolo dimostra l'imparzialità di
i protestanti che non basta la sola fede a salvarci,
questo, che Egli giudicherà gli uomini a seconda
se non è accompagnata dalle buone opere e dalla
della cognizione che ebbero della legge morale.
carità.
Così i pagani che senza legge, ossia senza a^ere
7. A
quelli, ecc. Dio darà la vita eterna a co- la legge di Mosè, hanno peccato, violando la legge
loro che, perseverando sino alla fine nel bene di natura stampata nei loro cuori, periranno senza
operare (Matt. X, 22; XXIV, 13), cercano non le legge, ossia saranno condannati non dalla legge di
cose periture, ma i beni del cielo designati sotto Mosè, che non ebbero, ma dalla stessa legge di
i nomi di gloria, di onore e d'immortalità (VIII, natura. Invece i Giudei, che con la legge di Mosè
18-21; II Cor. IV, 17; I Piet. I, 7; Sap. V, 1). hanno peccato, saranno condannati dalla stessa
Da questo versetto si deduce che è cosa buona legge di Mosè.
fare il bene per acquistarsi il premio eterno (Conc.
13. Anche nel dare il premio Dio non ha due
Trid. sess. VI de iust, e. 11 et e. 31).
pesi e due misure. I Giudei non devono credere
Pertinaci, cioè ribelli, faziosi, quali erano i
8.
di essere salvi dall'ira di Dio per il solo fatto di
Giudei nella loro opposizione al Vangelo. Il greco aver ricevuto da Lui la legge e di averne ascoltata
Totq è§ èpteeiaq (da èpiBeùco) potrebbe anche si-
la lettura ogni sabato (Luca IV, 16; Atti XIII, 15),
gnificare venale, e designare quei vili ed abbietti,
:
giacché non quelli che ascoltano la lettura della
i quali non cercano che le cose della terra. Non legge sono giusti (il contesto vuole il futu'-o sa-
danno retta alla verità conosciuta, ma ubbidiscono, ranno giusti come al fine del versetto, e nel ver-
cioè seguono Vingiustizia, ossia l'empietà. A tutti
setto precedente) dinanzi a Dio, benché possano
costoro è riserbato un castigo eterno. sembrar tali dinanzi agli uomini (Matt. VII, 26;
9. In questo e nel seguente versetto l'Apostolo Giac. I, 23). Ma quelli che mettono in pratica la
ripete sotto altra forma quanto ha detto ai vv. 7-8 legge, siano essi Giudei o pagani, saranno giu-
riguardo ai buoni e ai cattivi, e ne fa l'esplicita stificati nel giorno del giudizio (Matt. VII, 24;
applicazione ai Giudei e ai pagani, cominciando Giac. I, 25).
però da ciò che è riservato ai cattivi. Affanno ed Le parole essere giusto, essere giustificato val-
angustia significano il complesso di mali riservati gono qui essere riconosciuto o dichiarato giusto
al peccatore. Del Giudfo prima. I maggiori bene- e non già essere fatto giusto. S. Paolo quindi non
fizi, che Dio ha fatto ai Giudei, rendono più grave vuol già dire che la giustificazione sia dovuta alle
la loro colpa, e perciò più meritevole di castigo opere della legge (essa proviene dalla fede, IH,
(Ved. n. I, 16). 20), ma afferma solo che nel giorno del giudizio
Gloria e onore come al v. 7. L'Apostolo ha Dio dichiarerà giusti e meritevoli di vita eterna
10.
qui sostituito pace ad immortalità. Al Giudeo coloro che, rivestiti della grazia santificante e
Romani, II, 14-19 27

**Cum enim gentes, quae legem non ha- ^*Chè quando le genti, le quali non hanno
bent, naturàliter ea, quae legis sunt, fàcìunt, legge, fanno naturalmente le opere della
ejùsmodi legem non habéntes, ipsi sìbi sunt legge, costoro, che non hanno legge, sono
lex ^^Qui osténdunt opus legis scriptum in
: legge a se stessi ^^I quali mostrano scritto
:

córdibus suis, testimónium reddénte illis nei loro cuori il tenor della legge, testimone
consciéntia ipsórum, et inter se invicem la loro coscienza e i pensieri che a vicenda
cogitatiónìbus accusàntibus, aut etiam de- tra di loro accusano, od anche difendono,
fendéntibus, ^^In die, cum judicàbit Deus ^^in quel dì, nel quale Iddio giudicherà i
occulta hóminum, secùndum Evangélium segreti degli uomini per Gesù Cristo se-
meum per Jesum Christum. condo il mio Vangelo.
^^Si autem
tu Judaéus cognominàris, et ^^Che se tu porti il nome dì Giudeo, e
requiéscis in lege, et gloriàris in Deo, ^'Et riposi sopra la legge e ti glorii in Dio, ^^E
nosti voluntàtem eius, et probas utilióra, in- conosci la sua volontà, e addottrinato dalla
strùctus per legem, ^'Confidis teipsum esse legge distingui quel che più giova, ^'e ti

aiutati dalla sua grazia attuale, avranno messe in della loro coscienza. —
Parecchi esegeti uniscono
pratica le opere prescritte dalla legge. questo versetto ai vv. 12 e 13, supponendo una
14. Anche
i gentili potranno essere dichiarati parentesi tra i vv. 14 e 15; ma, come fa ben osser-
giustida Dio, quali osservatori della legge. Infatti vare Cornely, non vi è alcuna ragione di separare
quando le genti, cioè i pagani, che non harno tra loro ì vv. 15 e. 16, e niun interprete fra gli

legge, ossia ai quali non fu data legge scritta, antichi ha mai pensato a una parentesi. — / se-

fanno naturalmente (9iio;i) le opere della legge, greti. I Giudei facevano consistere la loro giustizia

vale a dire, seguendo il solo lume naturale di nell'esterna osservanza della legge ; Dio però non
ragione, osservano i precetti morali della legge giudicherà solo l'esterno, ma anche l'interno e i
pili segreti movimenti del cuore. Per Gesù Cristo,
di Mosè, sono legge a se stessi, cioè tengono a
se stessi luogo di legge, perchè collo stesso lume che Dio ha costituito giudice supremo degli uomini
della ragione si reggono e si indirizzano al bene. (Matt. XX, 31; Giov. V, 22, 27; Atti XVII, 31).
La parola naturalmente non esclude già l'aiuto Secondo il mio Vangelo. Queste parole indicano
soprannaturale della grazia, quasi che colle sole l'assieme della predicazione di S. Paolo, nella
forze naturali si possano osservare i precetti quale egli insisteva specialmente sul giudìzio che
morali della legge, come insegnava Pelagio, ma Gesiì Cristo avrebbe fatto dell'interno dell'uomo
esclude solamente l'aiuto di una legge scritta ri- (I Cor. Ili, 13; IV, 5; XIV, 25, ecc.).
cevuta da Dio. L'Apostolo parla di quei gentili, 17. Con enfasi veemente S. Paolo passa a com-
come p. es. Cornelio, i quali senza alcun soccorso battere (vv, 17-24) in modo più diretto l'illusione
di legge scritta, ma però coll'aiuto della grazia, dei Giudei di essere salvi per il solo fatto di aver
conobbero il vero Dio, e osservarono i precetti ricevuto la legge da Dio. Si osservi che il lungo
della legge naturale, e così giunsero a salvamento. periodo ipotetico (17-20) è rimasto incompleto,
15. / quali, ecc. Che i pagani siano legge a se ossia privo dell'apodosi. Con una punta di ironia,
stessi è provato dal fatto, che coll'onestà della S. Paolo enumera i privilegi che avevano i Giudei
loro vita conforme alla legge di Mosè, mostrano (17-18) e quelli che pretendevano di avere (19-20),
chiaramente portare scritto nei loro cuori il
di per mostrare poi la contraddizione che vi è tra
tenore legge (tò gprov xov vójiot)), vale a
della la loro dottrina e la loro vita (21-24).

dire ciò che la legge produce nel cuore degli Porti il nome di Giudeo, cioè un nome onorato
uomini, ossia la cognizione del bene e del male, (Giuda etimologicamente significa lodato) che ri-
di ciò che merita premio e di ciò che merita ca- corda il patriarca, dalla cui stirpe doveva nascere
stigo davanti a Dio. Gli stessi precetti morali dati il Messia, ed è usato per indicare il cultore del
ai Giudei sulle tavole di pietra sono pure impressi vero Dio, un membro del popolo eletto, in opposi-
nel cuore dei pagani. zione ai pagani. Riposi sopra la legge. Il princi-
Testimone (ovyinapvvpoi>ar\q testimone assieme pale benefizio fatto da Dìo ai Giudei era l'aver
alla loro vita onesta) la coscienza. Un'altra prova loro dato la legge, nella quale essi si riposavano,
che i pagani sono legge a se stessi sta nella testi- perchè senza alcuna fatica e senza alcuna esita-
monianza della loro coscienza, la qualé^ approva zione da essa potevano conoscere ciò che dovevano
o condanna ogni azione. La coscienza è come un fare e ciò che dovevano evitare. Ti glorii in Dio,
il quale, in forza dell'alleanza contratta, è divenuto
giudice che siede entro dì noi : i suoi dettami
(pensieri Aoyxojìódv) sono come litiganti che accu- in modo speciale il Dio d'Israele, e ha ricolmato
sano, se si è fatto il male, e difendono, se si è dei suoi benefizi i Giudei a preferenza degli altri
fatto il bene. « Tutti i filosofi gentili hanno rico- popoli.
nosciuto l'inevitabile autorità di questo interno 18. Addottrinato, ecc. Sentendo sempre leggere
giudizio della coscienza, intorno al quale un antico la legge, conosci la volontà del legislatore, e
poeta ha lasciato scritto, che la prima vendetta distingui quel che più giova (5oxifià!;ei<; tà 5ia<p-
che si faccia del male operare si è che niun scel- épovra), ossia sai discernere ciò che è migliore e
lerato dal suo proprio giudizio è assoluto giammai » più perfetto, oppure sai discernere le cose diffe-
Martini. renti,ossia il bene e il male, ciò che è lecito e
16. In quel dì, ecc. I dettami della coscienza, ciò che è illecito. Il greco si presta a tutte e due
che accusano o anche difendono le azioni dei pa- le interpretazioni.
gani, saranno manifestati nel giorno del giudizio, 19-20. Guida... luce... precettore... maestro.
in cui a condanna o a giustificazione dei pagani Con fina ironia S. Paolo enumera le orgogliose
non sarà chiamato altro testimonio che la voce pretensioni dei Giudei, i quali, non essendo svpe-
28 Romani, II, 20-27

ducem c&ecórum, lumen eórum, qui in té- confidi di essere guida dei ciechi, luce a
nebris sunt, -"Eruditórem insìpiéntium, ma- quei che sono nelle tenebre, ^"precettore
gistrum infàntium, Iiabéntem formam scién- degli stolti, maestro dei fanciulli, come que-
tiae, et veritàtis in lege. ^^ Qui ergo àlium gli che hai nella legge la regola della scienza
doces, teipsum non doces : qui praédicas non e della verità. ^^Tu adunque che insegni ad
furàndum, furàris ^^Qui dicis non moe-
: altri, non insegni a te stesso tu che pre-
:

chàndum, moechàris qui abominàris idóla, : dichi che non si deve fare il furto, lo fai.
sacrilégium facis ^'Qui in lege gloriàris,
: "^Tu, che dici non doversi commettere adul-
per praevaricatiónem legis Deum inhonóras. terio, sei adultero :tu che hai in abbomina-
^''(Nomen enim Dei per vos blasphemàtur zione gli idoli, fai sacrilegio ^^Tu che ti fai
:

inter gentes, sicut scriptum est). gloria della legge, violando la legge disonori
Dio. ^''(Perchè il nome di Dio per cagion
vostra è bestemmiato tra le Genti, come sta
scritto).

'*Circumcisio quidem prodest, si legem ^^Poichè la circoncisione giova, se osservi


obsérvÉS si autem praevaricàtor legis sis,
: la legge ma se tu sei prevaricatore della
:

circumcisio tua praepùtium facta est. ^^Si legge, tu con la tua circoncisione diventi
igitur praepùtium justitias legis custódiat : un incirconciso. ^^Se adunque uno non cir-
nonne praepùtium illius in circumcisiónem conciso osserverà i precetti della legge, non
reputàbitur? ^^Et iudicàbit id, quod ex na- sarà egli questo incirconciso reputato come
tura est praepùtium, legem consùmmans, te, circonciso? ^^E colui che per nascita è in-

a* Is. LII, 5; Ez. XXXVI, 20.

riori agli altri in fatto di morale, sì consideravano cevano i gentili a fare altrettanto. Come sta scritto.
però come maestri di onestà a tutti. Per essi i La citazione è tolta da Isaia, LII, 5, secondo i
pagani, che non conoscevano la legge, erano tanti Settanta. Ved. anche Ezech. XXXVI, 20-23.
ciechi, avvolti fra le tenebre dell'idolatria e del 25. La circoncisione, ecc. L'Apostolo passa a
vizio, e tanti stolti e tanti fanciulli privi della dimostrare che anche la circoncisione, nella quale
conoscenza di Dio e dei doveri che si hanno verso tanto confidavano i rabbini, da insegnare che nes-
di lui. Anche Gesù rivolgeva ai Farisei rimproveri sun circonciso sarebbe andato all'inferno, non ba-
analoghi a questi (Matt. XV, 14; XXIII, 16). La sterà a scampare i Giudei dall'ira divina, 25-29
regola (n^v nópcpcocsxv) cioè la norma secondo
, la {Qui circumciditur in gehennam non introibit.
quale si deve giudicare della verità delle cose. Lightfoot, Chronica, ecc. Act. XXI).
21. Tu adunque, ecc. Nauseato di tanto orgoglio Giova. Sino al tempo in cui per Gesù Cristo
S. Paolo interrompe bruscamente la sua enumera- furono realizzate le antiche promesse la circon-
zione per far subito risaltare l'opposizione stri- cisione conferiva dei grandi privilegi (III, 2, IV,
dente che vi è tra le loro pretensioni e la loro 11); importava però, quale condizione dell'alleanza
vita, mostrando così che la loro maggior cono- contratta con Dio, l'obbligo di osservare l'intera
scenza della legge non servirà che ad aggravare legge (Lev. XVIII, 5; Gal. V, 3). La circoncisione
la loro colpa. Non insegni a te, ossìa vivi come della carne doveva perciò essere accompagnata
se la legge ti fosse stata data solo perchè tu la dalla circoncisione del cuore (Atti, VII, 8). Dopo
insegni agli altri. 7/ furto, cioè ogni sorta di frodi Gesù Cristo la circoncisione non ha più alcun
e di ingiustizie specialmente nei commerci. valore (Gal. V, 2-6).
22. Adulterio, cioè ogni sorta di impurità. Fai Diventi un incirconciso, cioè la circoncisione ti
sacrilegio. Il greco ìepoovXeiv significa propriamente gioverà a nulla, e tu sarai riguardato com.e'un
spogliare tempii. Siccome si parla di idoli l'Apo- pagano.
stolo vuol dire : Tu che mostri di aver in tanta Uno non circonciso. II greco n dxpopraTi'o
26.
abbominazione gli idoli, da insegnare che non sì lat.praepùtium è usato per il concreto come se
debbono neppure toccare, né guardare, non hai poi fosse praeputiatus. Può avvenire che un pagano
nessuno scrupolo quando si tratta di impossessarti colla grazia osservi tutti i precetti della legge,
dell'oro e delle spoglie dei tempii (Atti XIX, 34- egli avrà allora la circoncisione del cuore, alla
37; Gius. FI. A. G. IV, 8, 10). Altri interpreti quale principalmente furono fatte le promesse, e
però ritengono il senso generale dì sacrilegio, e perciò il non essere egli circonciso nella carne
pensano che ì Giudei siano rimproverati o perchè non potrà impedirgli di entrare nella vita eterna.
non pagano il tributo al tempio, o perchè abusano 27. Per nascita incirconciso, cioè nato da genitori
di ciò che è stato offerto a Dio, ecc.
pagani e allevato nel paganesimo. Osservando la
23. Violando la legge, ecc. La pubblica viola- legge (tòv vófiou teXowoa), cioè adempiendo per-
zione della legge ridonda a disprezzo del legisla- fettamente quanto prescrive la legge. Giudicherà,
tore. ossia condannerà te nel finale giudizio. I santi,
24. Per cagion vostra^, ossia a motivo della assieme a Gesù Cristo, in quel giorno giudiche-
vostra perversa condotta. Come l'osservanza della ranno e condanneranno gli empi (I Cor. VI, 2).
legge dà motivo di lodare il legislatore, così la sua Con la lettera della legge scritta hai una maggior
trasgressione porge occasione di bestemmiarlo. I cognizione, e con la circoncisione hai maggior ob-
Giudei colla loro condotta mostravano dì disprez- bligo di osservare la legge, e tuttavia la trasgre-
zare il loro Dio, e col loro cattivo esempio indur disci. Gli antichi interpreti greci e la maggior
KOxMANI, li, za 111, 3 29

qui per litteram, et cìrcumcisiónem praeva- circonciso, osservando la legge, giudicherà


ricàtor legis es? ^"Non enìm qui in mani- te, che con la lettera e con la circoncisione
fèsto, ludaéus est neque quae in manifèsto,
: trasgredisci la legge? ^^Giacchè il Giudeo
«n carne, est circumcìsio ^^Sed qui in ab- : non è quegli che si scorge al di fuori né la ;

scóndito, Judaèus est et circumcìsio cordis


: circoncisione è quella che apparisce nella
in spìritu, non littera cujus laus non ex : carne : ^^Ma il Giudeo è quello che è tale
hóminibus, sed ex Deo est. interiormente e la circoncisione è quella
:

del cuore secondo lo- spirito, non secondo


la lettera questi ha lode non presso gli
:

uomini, ma presso Dio.

CAPO III.

Le promesse ricevute no?i libereranno i Giudei dall'ira di Dio, i-8. La Scrittura —


dimostra che i Giudei e i pagaiii sono peccatori, g-20. La vera giustizia —
è un dono gratuito dato mediante la fede in Gesù. Cristo, 21-31.

^Quid ergo àmplius ludaéo est? aut quae ^Che cosa adunque ha di piii il Giudeo?
utilitascircumcisìónis ? ^Multum per omnem O a che giova la circoncisione? ^Molto per
modum. Primum quidem quia eredita sunt ogni verso. E principalmente, perchè ad essi
illis elóquia Dei 'Quid enim si quidam
: sono stati confidati gli oracoli di Dio; ^E
ìllórum non credidérunt ? Numquid incredù- che importa se alcuni di essi non abbiano

II Tira. 13.

parte dei moderni esegeti ritengono che a tutto il adunque, ecc. Ecco la prima difficoltà. Se un pa-
periodo precedente si debba dare la forma di sem- gano, senza la legge e la circoncisione, può essere
plice affermazione, e non già la forma di interro- accetto a Dio più di un Giudeo, a che si riduce
gazione quale si ha nella Volgata. la superiorità dei Giudei ( ò sepiooòv rou 'louòaìov)

28-29. L'Apostolo conchiude confermando con sui pagani, che pure è ammessa da tutti? O a
un principio generale quanto finora ha detto. // che giova, ecc. S. Paolo ripete, con altre parole,
vero Giudeo non è quello che, a motivo della cir- la stessa interrogazione precedente, precisandola
concisione o
segno, apparisce esterior-
d'altro meglio.
mente come tale, né la vera circoncisione è quella 2. Molto (gr. JtoXù concord, con Jtepiooov). La
che apparisce nella carne ma il vero Giudeo è: superiorità dei Giudei sui pagani è grande sotto
quello che è tale interiormente, che possiede cioè ogni aspetto. E principalmente. Numerosi esegeti
le virtii convenienti a un membro del popolo di (Beeien, Reithmayr, Maier, Fillion, Crampon,
Dio, e la vera circoncisione è quella del cuore, Lemonnyer, ecc.) traducono il greco JtpSrov ^lév
che consiste nel completo distacco dal peccato primieramente, e suppongono che l' Apostolo
(Deut. X, 16; Gerem. IX, 26; Ezech. XLIV, 7; avesse intenzione di fare una numerazione dei
Atti VII, 51), e viene operata secondo lo spirito, varii privilegi dei Giudei, come al cap. IX, 4, 5;
cioè dalla grazia dello Spirito Santo, principio di ma, trascinato dalla foga dei pensieri, nel rispon-
ogni opera buona, e non già secondo la lettera, dere alla difficoltà, sia senza più passato a un
ossia dalla nuda osservanza esterna della lettera altro argomento. Non ci sembra però probabile un
della legge, la quale non possiede la virtù di tal modo di procedere in S. Paolo, perciò prefe-
trasformare il cuore dell'uomo. Questi ha lode. riamo la traduzione adottata, che fa concordare il
Questo vero Giudeo, che può essere tale anche jtpcòrov con nepiooóv, la principale superiorità.
senza la circoncisione esterna, ha lode non presso Gli oracoli di Dio (rà Xóyta xov 9eou). Queste
gli uomini, che non conoscono l'interno, ma presso parole significano qui non tanto la Rivelazione in
Dio, che per mezzo di Gesù Cristo giudicherà generale, oppure le sacre Scritture, quanto piut-
anche le cose più occulte (16). tosto le profezie relative al Messia, sulle quali si
appoggiava lo speciale diritto che, sopra i pagani,
competeva ai Giudei per riguardo alla salute mes-
sianica (XI, 1 e ss.).
CAPO III.
3. difficoltà. Che valore può ancora
Seconda
Provato che i pagani e i Giudei sono col-
1. avere superiorità dei Giudei, per essere i cu-
la
pevoli e hanno bisogno di giustificazione, l'Apo- stodi delle profezie messianiche, se una gran parte
stolo avrebbe potuto subito dimostrare, che la fede di essi rifiutandosi di credere a Gesù Cristo, è
in Gesù Cristo è l'unico mezzo di salute offerto a esclusa dal suo regno? L'incredulità di costoro
tutti però preferisce di fermarsi a rispondere
; egli potrà forse impedire, che Dio sia fedele nel man-
a qualche difficoltà, che poteva nascere da quanto tenere le promesse fatte al suo popolo? No certo
«veva precedentemente affermato. Che cosa (fin Y^voito); espressione cara a S. Paolo, che la
30 Romani, III, 4-8

litas illórum fidem Dei evacuàbit? Absit. creduto? Forse che la loro incredulità ren-
''Estautem Deus verax omnìs autem homo : derà vana la fedeltà di Dio? No certamente.
mendax, sicut scriptum est Ut justificéris : *Dio è verace gli uomini poi sono tutti
:

in sermónibus tuis et vincas cum judicàris.


: menzogneri, come sta scritto Onde tu sii :

*Sì autem iniquitas nostra iustitiam Dei com- giustificato nelle tue parole e riporti vittoria,
méndat, quid dicémus? Numquid iniquus quando sei chiamato in giudizio. *Che se la
est Deus, qui infert iram? *(Secùndum ho- nostra ingiustìzia innalza la giustizia di Dio,
minem dico). Absit quómodo iu-
: alióquin che diremo noi ? Non è ingiusto Dio che ca-
dicàbit Deus hunc mundum? ^Si enim véri- stiga? ^{Parlo alla maniera degli uomini).
tas Dei in meo mendàcio abundàvit in No certo altrimenti in che modo giudicherà
:

glóriam ipsius quid adhuc et ego tamquam


: Dio questo mondo? 'Se infatti per la mìa
peccàtor iùdicor? *Et non (sicut blasphe- menzogna la verità di Dio ridondò in gloria
màmur, et sicut àiunt quidam nos dicere) dì lui perchè sono io ancora giudicato qual
:

faciàmus mala ut véniant bona: quorum peccatore? ^E perchè (come malamente dì-
damnatio iusta est. cono di noi, e come alcuni spacciano che si
dica da noi) non facciamo il male, affinchè
ne venga il bene ? Dei quali è giusta la dan-
nazione.

* Joan. 111,33; Ps. CXV, 11 et L, 6.

usa ben 14 volte in questa epistola. L'Apostolo 5. Se la nostra, ecc. S. Paolo previene un'altra
respinge sdegnosamente la supposizione, come difficoltà, che avrebbe potuto nascere dalla sua
quella che verrebbe a negare un attributo di Dio. dottrina. Se la nostra ingiustizia (questa parola va
presa nel senso generale di peccato) innalza,
4. E. Nel greco ywécQco (fiat. San Gerolamo, ossia fa maggiormente risaltare la giustizia e la
S. Amb., ecc.). Non sia mai attribuita infedeltà a
fedeltà di Dio, non si dovrà dire Dio ingiusto,
Dio, ma piuttosto che egli sia verace, cioè sia
quando punisce il peccato, che torna a sua mag-
riconosciuto da tutti, come fermo e costante nel
gior gloria?
mantenere le sue promesse, quand'anche (non solo
alcuni, ma) tutti gli uomini fossero menzogneri,
6. Parlo alla maniera, ecc. Il solo pensare che
cioè, fossero, per un motivo o per un altro, infe-
Dio è una bestemmia, e San Paolo
sia ingiusto,

deli alle loro promesse. Nelle ultime parole, gli


perciò fa subito notare, che egli parla alla maniera
uomini poi, ecc., vi ha un riscontro col salmo degli uomini, i quali non hanno idee precise sulla
giustizia e santità di Dio, e non già come i Cri-
CXV, 11.
stiani (I Cor. II, 12), e poi respinge energicamente
Come sta scritto, ecc. A confermare che Dio è
la supposizione fatta. Altrimenti, ecc. Se Dio,
fedele, non ostante l'infedeltà degli uomini, l'Apo-
senza ingiustizia, non potesse punire il peccato
stolo cita, secondo i LXX, una parte del v. 6 del
dei Giudei, perchè esso torna a sua maggior
salmo L. Davide (li Re XII, 7 e ss.), ripreso da
gloria, in che modo potrà poi Egli condannare i
Natan per l'omicidio e l'adulterio commesso, si
pagani, come voi. Giudei, ritenete che farà nel
pente delle sue colpe, e spera di ottenerne da
giorno del giudizio? Il pagano non potrà dire ancor
Dio il perdono, non solo a motivo del dolore che
egli, che il suo peccato contribuisce alla gloria di
ne prova, ma anche perchè il perdono ottenuto
Dio e che perciò non può essere punito? Giudi-
farà maggiormente risplendere la fedeltà di Dio.
cherà. Il verbo xpivetv giudicare ha qui il senso
Dopo il peccato Davide poteva temere che Dio
di xaToxpiveiv = condannare. Questo mondo.
avesse ritrattato le promesse fattegli, ma Natan lo
Questo nome significa talvolta tutti gli uomini
assicurò del contrario ed egli allora disse
; Io :
(I Cor. I, 2), tal'altra tutti i nemici di Gesii
confesso il mio delitto, affinchè tu sii giustificato;
Cristo (I Cor. I, 20; I Cor. II, 12), e viene pure
cioè riconosciuto da tutti fedele nelle tue pa-
sii
usato per significare i pagani, in opposizione ai
role, ossia nel mantenere le promesse fatte (poi-
Giudei (XI, 12, 15). Nel caso presente ha que-
ché mantieni anche quelle fatte a me peccatore),
st'ultima significazione.
e riporti vittoria (ebr. sii trovato puro), cioè sii
riconosciuto giusto e fedele, da chiunque preten- 7. Se infatti, ecc. Per ribattere con più vivacità
desse chiamare a giudizio il tuo modo di agire. l'obbiezione, e farne meglio vedere l'assurdità,
Nel testo massoretico, invece di : quando sei l'Apostolo piglia, in certo modo, in sé stesso la
chiamato in giudizio, si ha : quanto tu giudichi, persona di un pagano, e domanda : Se per la
s allora si ha questo senso Confesso la mia :
mia menzogna, ossia per la mia idolatria (I, 25),
colpa affinchè tu..., e sii riconosciuto giusto nella la verità di Dio, ossia la cognizione del vero Dio,

sentenza che hai pronunziato contro di me. Il non fu offuscata, aozi splendette piii chiara, inquan-
contesto dell'epistola vuole la prima spiegazione, tochè il culto degli idoli servì a mostrare la stol-
poiché S. Paolo presenta la condizione degli Ebrei tezza dei saggi del paganesimo, col mio peccato
increduli, come analoga a quella di Davide pec- io non ho meno contribuito alla gloria di Dio, di

catore, per far vedere ,che, come il peccato di quel che abbia fatto il Giudeo colla sua infedeltà,
Davide non rese Dio infedele alle sue promesse, e allora perchè dovrò essere condannato qual
io

anzi fece maggiormente risaltare la sua giustizia peccatore, e il Giudeo dovrà essere libero da ogni
e la sua fedeltà, così sarà pure dell'inc-edulità pena?
degli Eb»ei. S. Paolo darà piiì tardi (IX) la dimo- 8. S. Paolo continua a mostrare l'assurdità della
strazione di quanto ora si contenta di affermare. supposizione fatta. Se il peccato restasse impu-
Romani, III, 9-17 31

•Quid ergo? praecéllìmus eos? Nequà- ^Che adunque ? siamonoi da più di essi ?
quam. Causati enim sumus ludaéos, et No certamente. Poiché abbiamo dimostrato
Graecos omnes sub peccato esse, ^"Sicut che e Giudei e Greci tutti sono sotto il pec-
scriptum est Quia non est justus quis-
: cato, ^"Come sta scritto Non v'ha chi sia :

quam "Non est intélligens, non est re-


: giusto "Non v'ha chi abbia intelligenza,
:

quirens Deum. ^^Omnes declinavérunt, si- non v'ha chi cerchi Iddio. ^"Tutti sono usciti
mul inutiles facti sunt, non est qui fàciat di strada, sono insieme diventati inutili, non
bonum, non est usque ad unum. ^^Sepùlcrum v'ha chi faccia il bene, non ve n'ha neppur
patens est guttur eórum, linguis suis dolóse uno. ^^La loro gola è un sepolcro aperto,
agébant Venenum àspidum sub làbiis eó-
: tessono inganni colle loro lingue chiudono :

rum : "Quorum os maledictióne, et amari- veleno di aspidi le loro labbra "La bocca :

tudine plenum est "Velóces pedes eórum : dei quali è ripiena di maledizione e di ama-
ad effundéndum sànguinem ^^Contritio, et : rezza ^^i loro piedi veloci a spargere il
:

infelicitas in viis eórum ^^Et viam pacis : sangue "nelle loro vie è afflizione e cala-
:

» 1» 13 Ps. V, 11 et CXXXIX, ^* Ps. IX, 7. i« LIX, 7;


Gal. Ili, 22. Ps. XIII, 3. 4. !s.
Prov. I, 16.

nito,perchè contribuisce alla gloria di Dio, allora gola, ecc. Con alcuni esempi fa vedere la pro-
non dovremmo noi fare peccati, essendo tenuti a fondità dell'umana corruzione, cominciando dai
procurare la gloria di parentesi, l'Apo-Dio? Nella peccati che si commettono colla bocca, e accen-
stolo si mostra sdegnato contro i suoi calun- nando perciò a tutti gli organi della parola ; gola,
niatori, i quali attribuivano a lui una tale dottrina; lingua, labbra, bocca. E' un sepolcro aperto, da cui
e annunzia loro l'eterna dannazione come giusta
punizione. Costoro pigliavano forse motivo da
alcune parole dell'Apostolo (Rom. V, 20 Gal. III, ;

22) male interpretate. Si osservi che il peccato,


né di sua natura, né da parte di colui che lo fa,
tende direttamente alla gloria di Dio, e se Dio
piglia argomento dal peccato, per manifestare le
sue perfezioni, p. es., la sua bontà, la sua fe-
deltà, la sua giustìzia, ecc., ciò è dovuto unica-
mente alla sua sapienza e alla sua potenza infi-
nita, e perciò il peccato non diventerà scusabile,
né cesserà di essere degno di pena.
9-20. S. Paolo prova colla S. Scrittura che tutti
gli uomini, tanto Giudei quanto pagani, sono sotto
il giogo del peccato. Che è adunque ? ossia che
cosa si deve concludere da ciò che abbiamo detto? Fig. 3. — Aspidi.
Questo solo, che i privilegi concessi ai Giudei,
non bastano a giustificarli davanti a Dio. Ciò posto,
si domanda Sotto l'aspetto morale siamo noi,
:

Giudei, da più di essi pagani? No certamente; esce un odore pestilenziale. Si accenna così, ai
perché pagani e Giudei, tutti sono sotto il pec- discorsi empi e lascivi. Tessono inganni, cioè
cato, ossia portano giogo del peccato attuale (dì
il
calunniano, o meglio colle lusinghe sollecitano al
questo solamente perchè lo hanno
si è parlato), sia
male. Chiudono, ecc., poiché si fingono amici, e
commesso, e sia perchè, tanto nella legge di na- ordiscono tradimenti e congiure. Le due prime
tura, quanto nella legge mosaica, non vi é alcun parti di questo versetto, sono tratte dal salmo V,
mezzo di per sé efficace a rimetterlo. La dimo- 11; la terza parte, chiudono veleno, ecc., appar-
strazione a cui l'Apostolo accenna, fu fatta nei tiene invece al salmo CXXXIX, 4.
capi I e II. Ciò non esclude che, nell'antichità, 14. dei quali, ecc. La citazione appar-
La bocca
vi siano stati veri giusti, per esempio. Abramo, tiene al salmo IX, 7, e come le precedenti e le
,;Giobbe, ecc. seguenti, non è letterale, ed è fatta sul testo greco

10-12. Tutta questa citazione è tratta dal salmo


dei LXX.
f^XIII, 1-3, secondo i LXX, ma non è letterale. Non 15. I vv. 15-17 sono una libera citazione di

ve n'ha neppur uno. Davide, autore di questo Isaia LIX, quale San Paolo descrive
7-8, colla
c-Salmo, afferma che tutti sono peccatori, e da questa alcuni peccati di opere. La corruzione è così
Saffermazione l'Apostolo conchiude che, dunque, grande, che i loro piedi sono veloci, ossia, per lie-
feia nella legge di natura, sia nella legge mosaica, vissimi motivi trascorrono a spargere il sangue
jnon si dava vera giustizia, e niuno poteva essere innocente.
^liberato dal peccato, se non per un mezzo supe- 16. Nelle loro vie, cioè nel loro modo di agire,
!fiore alla legge e alla natura, cioè per la fede in non fanno altro che opprimersi e recarsi danno
Gesù Cristo, predicato e annunziato dal Vangelo. gli uni cogli altri.

13. Benché
fS-lS, nella Volgata, facciano
i vv. 17. Non hanno conosciuta la via della pace,
seguito ai vv. precedenti nel salmo XIII, in realtà, perchè tra loro sono continui gli odii, le inimicizie,
essi appartengono a diversi altri salmi. La loro le risse, le guerre, ecc.
32 Romani, III, 18-24

non cognovérunt : "Non est timor Dei ante mità : ^^e non hanno conosciuta la via della
óculos eórum. pace : "non è dinanzi a' loro occhi il timore
di Dio.
^'Scimus autem quónìam quaecùmque lex "Ora noi sappiamo che tutto quel che
lóquìtur, iis, qui in lege sunt, lóquitur : ut dice la legge, lo dice per quelli che sono
omne os obstruàtur, et siibditus fìat omnis sotto la legge : onde si chiuda ogni bocca,
mundus Deo ^"Quìa ex opéribus legis non
: e tutto il mondo sia degno di condanna di-
iustifìcàbitur omnis caro coram ilio. Per le- nanzi a Dio : =^"perchè nessun uomo sarà
gem enim cognitio peccati. giustificato dinanzi a lui per le opere della
legge. Poiché dalla legge viene la cognizione
del peccato.
^^Nunc autem sine lege justitia Dei mani- ^^Adesso poi si è manifestata la giustizia
festata est a lege et prophétis.
: testificata di Dio senza la legge, comprovata dalla legge
^^Justitia autem Dei per fidem lesu Christi e da' profeti. ^^La giustizia di Dio per la fede
in omnes, et super omnes, qui credunt in di Gesù Cristo in tutti e sopra tutti quelli
eum non enim est distinctio : "Omnes
: che credono in lui poiché non v'ha distin-:

enim peccavérunt, et egent gloria Dei. zione, ^^perché tutti hanno peccato, e hanno
bisogno della gloria dì Dio.
'^^lustificàti gratis per gràtiam ipsius, per ^*E sono giustificati gratuitamente per la

" Ps. XXXV, 2. " Gal. II,

Non è dinanzi, ecc. La causa di tanti disor-


18. manifestata, mediante la predicazione del Vangelo,
dini, è la mancanza del timor di Dio. Questo e quindi si deve cercare, la giustizia di Dio senza
versetto è citato dal salmo XXXV, 2. la legge, cioè la giustificazione (I, 17) indipendente
dalla legge di Mosè, e dovuta solo alla grazia di
19. Ora noi sappiamo, ecc. I Giudei avrebbero
potuto opporre, che i testi citati riguardavano Dio. Comprovata, ecc. Questo sistema di giusti-
solo ì pagani, perciò l'Apostolo dimostra ora, che ficazione, benché indipendente dalla legge, non
essi riguardano principalmente i Giudei, poiché per è però in contraddizione con essa, anzi, ha in
loro furono scritti. La legge, cioè tutti i libri suo favore le testimonianze (IV, 3-8) della legge
sacri dell'A. T. Lo dice per quelli, ecc. Lo stesso e dei profeti, cioè di tutto l'Antico Testamento

buon senso dice, che la legge si rivolge principal- (Matt. V, 17).


mente a coloro a cui viene imposta ; se perciò. 22. La giustizia di Dio. L'Apostolo per meglio
Dio ha consegnato i libri sacri ai Giudei, Egli spiegarsi ripete, per modo di apposizione, il sog-
mirava principalmente a loro, e non già ai pagani, getto del V. precedente, e afferma che la giusti-
che ignoravano persino l'esistenza di tali libri. ficazione indipeodente dalla 4egge si ottiene per la
Onde si chiuda, ecc. Uno dei fini che Dio ebbe fede (28-30; Gal. II, 16) di Gesù Cristo, ossia per
nel dare la legge ai Giudei fu questo, che si la fede che ha per oggetto Gesù Cristo. Questa
chiuda ogni bocca, non solo dei pagani inescusa- fede però non è cosa naturale in noi, quasiché,
bili (I, 20 e ss.), ma
anche dei Giudei orgogliosi, colle sole forze naturali si possa meritare la giu-
e tutto il mondo, cioè tutti gli uomini, sia degno stificazione, come dicevano i Pelagiani ; ma è pro-
di condanna (il greco «^róòixoq, lat. subditus si- dotta in noi dalla grazia di Dio. Alla fede poi
gnifica reo, tenuto a subire una pena o a rendere viene attribuita la giustificazione, non come a causa
una soddisfazione), cioè si riconosca reo dinanzi formale (che è la grazia), ma come a radice e fon-
a Dio. damento della stessa giustificazione. In tutti, ecc.
20. Per le opere, ecc. Il Giudeo, poteva rispon- Questa via di salvezza per mezzo della fede, è
dere di aver osservata tutta la legge, e di aver aperta a tutti (Matt. XXVIII, 19; Marco XVI, 15),
quindi diritto alla vita promessa; ma l'Apostolo, e, riguardo alla giustificazione, non v'ha distinzione
tra Giudei e pagani. Le parole a sopra tutti:», ben-
colle parole del salmo CXLII, 2, afferma che
niuno sarà mai, o fu, giustificato dinanzi a Dio ché manchino nei più antichi codici greci e in
per le opere della legge. La giustificazione non è parecchie versioni, sono però da numerosi critici
altro che la santificazione, che si opera in noi per ritenute autentiche, essendo pienamente conformi
al modo di esprimersi dell'Apostolo. Le parole
mezzo dell'unione con Gesii Cristo. Se perciò gli
« in lui », mancano nel greco, in parecchie ver-
antichi furono giustificati, non lo furono in forza
delle opere della legge, ma in forza della fede che
sioni e anche in alcuni codici della Volgata, p. es.,
li univa a Gesù Cristo. La ragione di questo si è
l'Amiatino.
perchè la legge supplisce bensì all'ignoranza del- 23. Tutti,La giustificazione è offerta a
ecc.
l'uomo, dandogli la cognizione del peccato, ossia tutti alla condizione della fede in Gesù
stessa
di ciò che deve fare e di ciò che deve fuggire, Cristo, perchè tutti hanno peccato (I, II, III, 9-18),
ma non gli dà la forza necessaria ad osservarne e hanno bisogno della gloria di Dio, ossia sono
tutti precetti, e non gli offre alcun mezzo per libe-
i privi di quella gloria che Dio avrebbe loro data, se
rarsi dal peccato conimesso. L'Apostolo, come è non avessero peccato. Altri spiegano sono privi ;

chiaro, parla delle opere separate dalla fede e della grazia della giustificazione. La prima spiega-
dalla grazia di Gesù Cristo, e di queste afferma zione è da preferirsi.
che non possono giustificare l'uomo. 24. E sono giustificati, ecc. Questa giustificazione
21. Adesso^ dopo la venuta di Gesù Cristo, si è comune ai Giudei e ai pagani, che importa la re-
Romani, III, 25-27 33

redemptiónem, quae est in Christo lesu, grazia di luì, per mezzo della redenzione,
^'Queni propósuit Deus propitiatióiiem per elle è in Cristo -Gesù^ ^'il quale da Dio fu
fidem in sanguine ipsius, ad ostensiónem preordinato propiziatore ih virtù del suo
iustitiae suae propter remissiónem praece- sangue per mezzo della fede, affine di far
déntium delictórum ^*in sustentatióne Dei, conoscere la sua giustizia nella remissione
ad ostensiónem justìtiae éius in hoc tèm- dei precedenti delitti, "sopportati da Dio;
pore ut sit ipse iustus, et iustificans eum,
: affine di far conoscere la sua giustizia nel
qui est ex fide Jesu Ciiristi. ^^Ubi est ergo tempo d'adesso : onde sia egli giusto, e fac-
gloriàtio tua ? Exclùsa est. Per quam legem ? cia giusto chi ha fede in Gesù Cristo. "Dove
Factórum ? Non sed per legem fidei.
: è adunque il tuo vanto? E' tolto via. E per
qual legge? Delle opere? No: ma per la
legge della fede.

missione dei peccati e una interna rinnovazione, orribili peccati (I, 18; III, 20), e benché Dio lo
per cui l'uomo da nemico passa ad essere amico avesse punito col diluvio, e a Sodoma e Go-
di Dio, è concessa gratuitamente, cioè non pre- morra, ecc., tuttavia, durante tutto questo tempo,
suppone alcun merito in noi, ma è un dono pura- più che la giustizia si era manifestata la longa-
mente gratuito della bontà di Dio. Gratis autem nimità e pazienza di Dio, nel lasciare che le genti
justificari dicimur, dice il Concilio di Trento, ses- camminassero per le loro vie (Atti XIV, 15; XVII,
sione VI, cap. 8, quia nihil eorum quae justiflca- 30). Ora però. Dio volle che il suo Figlio versasse
tionem praecedunt, sive fldes, sive opera, ipsam tutto il suo sangue, affine di dimostrare la sua infi-
justiflcationis gratiam promerentur. Con questo non nita giustizia, che non si era abbastanza manife-
si esclude, che alla giustificazione si richiedano, stata, perchè nella sua pazienza (év tq dvoXq toO
come disposizioni, atti di fede, di timore, di spe- Geou = in sustentatióne Dei = sopportati con pa-
ranza, di dolore, ecc. Queste disposizioni però, zienza da Dio. Queste parole, che nella Volgata
oltreché non sono meritorie della giustificazione, appartengono al v. 26, devono essere unite al
sono già un effetto della misericordia e della grazia V. 25), Egli aveva lasciati impuniti (òià tt\v itàpeetv
di Dio (Conc. Trid., sess. VI, cap. 6). = propter neglectionem vel praetermissionem prae-
Per la grazia di lui. Dio è la causa eflSciente della cedentium delictórum. Vulg. propter remissìO'
giustificazione, la grazia ne è la causa formale, nem, ecc.) / precedenti delitti, cioè i peccati com-
la redenzione di Gesù Cristo la causa meritoria messi prima di Gesù Cristo. Il greco nàpeoii; non
(Conc. Trid., sess. VI, cap. 7). significa remissione; ma tralasciare di fare una
^
Redenzione. Il greco d^roAurpcócTK;, significa il cosa. Il perdono o la remissione si esprime nel-
riscatto che si fa di uno schiavo, mediante il paga- Nuovo Testamento colla parola ficpeoiq (Matt.
mento del prezzo (Matt. II, 28; I Tim. II, 16). XXVI, 28 Marco I, 4 Luca I, 77
; ; ; Coloss. I, 14 ;
L'uomo era schiavo del peccato, e impotente a Ebr. IX, 22; X, 18, ecc.).
liberarsi dal duro servaggio, ma Gesù Cristo lo 26. Affine di far conoscere, ecc. Proponendo
riscattò, a prezzo del suo sangue e della sua morte Gesù Cristo come vittima. Dio non volle solo la
(Matt. XX, 28; Marco X, 15; Cor. VI, 20; Gal. espiazione delle colpe, fino allora tollerate dalla
III, 13, ecc.); quindi se la giustificazione nostra sua pazienza, ma volle ancora manifestare la sua
è gratuita per riguardo a noi, non è tale per ri- giustizia nel tempo d'adesso, cioè nel Nuovo Testa-
guardo a Gesii Cristo, il quale pagò realmente, mento, affine di mostrarsi giusto, perchè esige
col suo sangue il prezzo del nostro riscatto. l'espiazione rigorosa della colpa, e assieme mo-
25-26. S. Paolo continua in questi due vv., a strarsi pieno di bontà e di misericordia, perchè

spiegare la natura della giustificazione. Nel com- senza alcun loro merito fa giusti, ossia santifica,
plesso il suo pensiero è chiaro, ma la frase è assai coloro che credono in Gesù Cristo. Nella morte
oscura e intricata. Fu preordinato. Il greco :rpoé08ro dolorosa del Salvatore si manifestano quindi, e la
può anche significare, propose pubblicamente. Dio somma giustizia, e la somma misericordia di Dio.
adunque preordinò, oppure propose, e mostrò pub- 27. Provato che la giustificazione non è frutto
blicamente Gesù Cristo propiziatore (ìXacrrripiov), delle opere dell'uomo, ma è dovuta alla bontà di
ossia come vittima di espiazione, che soddisfa per Dio e ai meriti di Gesù Cristo, l'Apostolo con-
i nostri peccati in virtù del suo sangue, cioè spar- chiude trionfalmente, domandandoal Giudeo Do- :

gendo il suo sangue, che ha la virtù di placare la v'è adunque il (tuo manca nel greco ma serve
collera di Dio offeso, e riconciliarlo cogli uomini. bene a spiegare il contesto) vanto, per cui ti
Invece dell'astratto propitiationem, alcuni codici credevi essere giustificato in forza delle opere
della Volgata, per es., Fuld., le versioni itala e della legge mosaica?
siriaca e numerosi interpreti, leggono il concreto E' é^exXeioGTi, lett. è messo fuori
tolto via (gr.
propitiatorem. della porta), ossianon può più avere luogo. E per
Per mezzo della fede. La fede è il mezzo per qual legge? cioè in forza di qual legge? Delle
cui ci vengono applicati i frutti dell'espiazione dì opere ? vale a dire : forse perchè all'antica legge,
Gesù. Alcuni traducono per mezzo della fede nel
: ne è stata sostituita un'altra dello stesso genere,
sangue di lui. La traduzione adottata però ri- la quale, imponendo opere di maggior merito e di
sponde meglio al contesto. maggior virtù, renda vano il gloriarsi delle an-
Affine di far conoscere, ecc. Ecco la causa finale tiche? No per certo; ma il tuo orgoglio è represso
di questa giustificazione per mezzo di Gesù Cristo. e annichilato da una legge nuova, cioè dalla legge
Dio volle far conoscere, o dimostrare la sua m fi- della fede, la quale fa dipendere la giustificazione
nita giustizia, la quale esige per la colpa, o un dalla fede in Gesù Cristo e prìchè questa fede,
adeguato castigo, o una rigorosa soddisfazione. è un dono gratuito di Dio, viene così ad essere
Prima di Gesù Cristo l'uomo era caduto nei più escluso ogai vanto ed ogni orgoglio. Si esservi

3 — S^cra Bibbia, voi. II.


34 Romani, III, 28 — IV, 2

^*Arbitramur enim justificàri hominem per "^Poiché riteniamo che l'uomo è giusti-
fidem sine opéribus legis. ^'An Judaeórum ficato per mezzo della fede senza le opere
Deus tantum? nonne et géntium? Immo et della legge. ^"E'egli forse Dio dei soli Giu-
géntìum ^"Quóniam quìdem unus
: est Deus, dei? Non è Dio anche delle gemi? Certa-
qui iustiflcat circumcisiónem ex fide, et mente anche delle genti ^"poiché uno è
:

praepùtium per fidem. Dio, il quale giustifica i circoncisi per mezzo


della fede, e gli incirconcisi per mezzo della
fede.
'^Legem ergo destrùimus per fidem ? Ab- ^'Distruggiamo noi adunque la legge con
sit :sed legem statùimus. la fede ? No certo : anzi confermiamo la
legge.

CAPO IV.

Abramo gi^tificato per la fede, i-8. prima di — ricevere la circoncisione, p- 12, —


Le promesse furono falle alla fede^ 13-25,

^Quid ergo dicémus invenìsse Abraham ^Che cosa diremo noi adunque che abbia
patrem nostrum secùndum carnem? ^Si ottenuto Abramo padre nostro secondo la

con Sant'Agostino (De spirita et liti., 13, 21) che 31. Questo versetto andrebbe unito al capo se-
legge delle opere, è quella che mostra ciò clie sì guente. S. Paolo ha detto, v. 21, che la giustifi-
deve fare e ciò che si deve fuggire, ma non d! cazione per mezzo della fede, aveva in suo favore
la forza di poter eseguire quello che essa impone, la legge e i profeti; ora passa a darne la dimo-
'ale era la legge mosaica. Legge della fede invece, strazione, proponendosi una difficoltà, che avrebbe
j quella che ci fa ricorrere a Gesù Cristo per potuto nascere da quanto finora ha ragionato. Se
avere da lui la vera giustificazione, e la grazia la giustificazione non è dovuta alle opere della
necessaria per fare la volontà di Dio. legge mosaica ma alia fede, non dovrà dunqr,*
28. Poiché riteniamo, ecc. L'enim della Volgata, dirsi che tutta l'economia della rivelazione nel
che si trova pure in buoni codici greci (S- A. D. Vecchio Testamento, era inutile e spoglia di ogni
E., ecc., Tisch., West.-Hor., Nestle, ecc.), è da autorità? L'Apostolo, respinge con forza una tal
preferirsi all' om ergo di altri codici. Infatti San conclusione, e, nel capo seguente, fa vedere che
la dottrina della giustificazione per mezzo della
Paolo non deduce una conclusione, appellama si
fede, indipendentemente dalle opere, già si tro\a
alla dottrina già esposta (v. 21 e ss.), per confer-
nella rivelazione dell'Antico Testamento, per modo
mare quanto ha detto nel v. prec.
L'uomo è giustificato per mezzo della fede, in che essa conferma pienamente, e non distrugge
l'antica economia. La parola legge, dev'essere qui
quanto la fede è la radice e il fondamento di ogni
giustificazione (Ved. n. 22). Senza le opere della
presa in senso largo, in quanto cioè significa tutta
legge mosaica. Le opere della legge mosaica, e
l'economia del Vecchio Testamento, come al ver-
sicolo 19; e la parola fede ìndica qui, la dottrina
più generalmente tutte le opere dell'uomo, non
possono essere causa della nostra giustificazione esposta della giustificazione per mezzo della fede,
(Tit. Ili, 5), la quale è dovuta alla fede, che è
indipendentemente dalle opere.
un dono gratuito di Dio. « Tutto questo però, non
esclude le opere che seguano e accompagnino la
fede, delle quali quando sia ella mancante, non è CAPO IV.
se non fede morta, e perciò incapace di far l'uomo
giusto dinanzi a Dio » Martini. 1. A prova che insegna, che l'uomo
già l'A. T.
29-30. Conferma che la non può
giustificazione è per la fede e non per le opere,
giustificato
dipendere dalle opere della legge mosaica. Se l'Apostolo cita l'esempio di Abramo, riconosciuto
infatti dipendesse, si dovrebbe dire che Dio è solo giusto dalla Scrittura (Is. XLI, 8), e riguardato
Dio dei Giudei, ai quali ha provveduto mezzi di i dai Giudei, non solo come loro padre, ma come
salute, e non dei pagani che, privi della legge il tipo della giustizia (IX, 35; Gal. IV, 22), e la
non avrebbero alcun mezzo di salvarsi. Forse. In- norma su cui dovevano modellarsi i suoi discen-
vece di an si deve leggere aut f{ o. Certamente denti, e fa vedere che egli non ottenne la giu-
anche delle genti. Se è così, come difatti gli stessi stificazion'e come un premio, o una mercede per
Giudei ammettevano. Dio ha provveduto che anche le sue opere, ma come un dono gratuito per la
i pagani potessero salvarsi. sua fede.
Uno è Dio, il qyale, senza accettazione di per- Dunque. La particella oùv
serve di connessione
sone, a tutti provvede e giustificherà (òixairóoei* tra questo e precedente. Se è vero che
il v.
tutti allo stesso modo, cioè per mezzo della tede. l'Antico Testamento insegna la giustificazione per
Le due frasi ex ritoTecoq, ex fide, e òxò. riìq nioTewq mezzo della fede, che diremo noi dunque, ossia,
per fidem, si equivalgono: poiché altrove (Ga quale giustificazione dovremo dunque dire ohe
III. 8K l'Anostolo dice che i pagani sono giustifi- abbia ottenuto Abramo? quella delle opere, o
cati ex fide. quella per mezzo della fede? La risposte eviden-

I
Romani, IV, 3-6 35

enim Abraham ex opéribus justificàtus est, carr^e? -Se Abramo infatti è stato giustifi-
habet glóriam, sed non apud Deum. ^Quid cato per mezzo delle opere, egli ha onde
enim dicit Scriptùra? Crédìdit Abraham gloriarsi, ma non presso Dio. 'Che cosa in
Deo et reputàtum est illi ad iustitiam.
: vero dice la Scrittura? Abramo credette a
Dio e gli fu imputato a giustizia.
:

*Ei autem, qui operàtur, merces non im- che opera, la ricompensa non
"^Or a colui
putàtur secundum gràtiam, sed secùndum è imputata per grazia, ma per debito. "A
débitum. ^Ei vero, qui non operàtur, cre- chi poi non opera, ma crede in colui che
dènti autem in eum, qui iustifìcat impium, giustifica l'empio, la sua fede è imputata a
reputàtur fides eius ad iustitiam secùndum giustizia secondo il proponimento della gra-
propósitum gràtiae Dei. '^Sicut et David dicit zia di Dio. ®Come anche David chiama beato
beatitùdinem hóminis, cui Deus accépto fert l'uomo cui Dio imputa la giustizia senza le

3 Gen.wXV, 6; Gal. Ili, 6; Jac. 11,23.

temente non può essere dubbia : Àbramo dovette l'atto di fede compiuto, ma nella sua bontà e mise-
essere giustificato per la fede. Secondo la carne. ricordia glielo computò per molto più di quel che
Queste parole, secondo la più probabile opinione, valeva, concedendogli a riguardo di esso la giu-
vanno unite a padre nostro. Àbramo viene chia- stificazione (a giustizia). La fede, infatti, non è
mato padre nostro carnale, per opposizione a una la giustificazione, e neppure esige o merita pro-
più estesa paternità spirituale, che gli compete a priamente la giustificazione, ma è una semplice
motivo della fede, che fece di lui il padre dei cre- disposizione ad essa. In sé stessa poi la fede è
denti (Ved. 11; IX, 8 e ss.). Parecchi esegeti le già un dono della misericordia di Dio. La citazione
uniscono invece ad abbia guadagnato, e le spie- è fatta sui LXX.
gano chi per le forze della natura, e chi per la 4-5. Con un esempio tolto dalla vita quotidiana,
circoncisione, come se si domandasse Qual van-
:
conferma che Abramo non ha di che gloriarsi da-
taggio ha avuto Abramo dalla circoncisione, oppure vanti a Dio. Un operaio (colui che opera) ha uno
dalle opere fatte colle forze naturali? La prima stretto diritto al suo salario (ricompensa), e quando
spiegazione però, risponde meglio al contesto ed questo gli viene dato, non gli si fa una grazia
è da preferirsi (V. Cornely, h. 1.). (non è imputata per grazia), ma si scioglie un
2. Se Abramo, ecc. Supponendo la risposta debito, a cui non si può venir meno senza ingiu-
che Abramo dovette essere giustificato per la fede stizia. L'operaio ha perciò di che vantarsi presso
e non per le opere, l'Apostolo passa a mostrare colui che lo deve pagare. Invece se a chi non
che fu veramente così. Se Abramo infatti fosse opera, ma tuttavia crede come Abramo in colui che
stato giustificato per mezzo delle opere naturali giustifica l'empio, cioè in Dio, la fede è imputata
(è chiaro che qui non può parlarsi delle opere a giustizia, allora non si scioglie un debito, ma gli
della legge mosaica non ancora data ai tempi di si fa un dono o un benefizio gratuito, di cui egli
Abramo), egli avrebbe onde gloriarsi davanti agli non ha alcuna ragione di vantarsi davanti a Dio.
uomini e davanti a Dio, perchè la giustificazione Vien detto che la fede è imputata a giustizia, non
sarebbe stata dovuta alle sue forze naturali e ai perchè essa meriti la giustizia, ma perchè è il
suoi meriti, e Dio senza ingiustizia non avrebbe primo atto della giustizia, che Dio opera in colui
potuto negargliela. Ma non presso Dio. Ora è cosa che crede.
certa che Abramo non ha onde gloriarsi presso Secondo il proponimento, ecc., ossia conforme-
Dio, dunque... mente al decreto della divina misericordia, con
Altri spiegano : Egli ha onde gloriarsi, ma non cui Dio da tutta l'eternità stabilì dì salvare gra-
presso Dio, perchè in tal caso la giustificazione tuitamente gli uomini per mezzo della fede in
non sarebbe più un benefizio e un privilegio di Gesù Cristo. Si osservi però che queste parole
Dio, che onora colui che lo riceve, ma una mer- mancano in tutti i codici greci, nei Padri e in
cede dovuta, una specie di salario obbligatorio. tutte le versioni, eccetto la latina ; esse perciò
3.Che cosa, Prova colla Scrittura che
ecc. vanno probabilmente considerate come una glossa
Abramo non ha di che gloriarsi presso Dio. In- infiltratasi nel testo. Optima tamen glossa (Cor-

fatti dove si parla del modo con cui Abramo fu nely) che rende più chiara l'opposizione tra questo
giustificato (Gen. XV, 6), non si fa alcuna men- versetto e il precedente.
zione delle sue opere, ma solo della sua fede. 6. Come
anche, ecc. Al cap. III, 21 S. Paolo
\Credette a Dio, che gli prometteva una numerosa aveva detto che la giustificazione per mezzo della
Posterità, mentre non aveva figli. S. Paolo però fede ha in suo favore la testimonianza della legg^
lon intende solo parlare della fede da Abramo e dei profeti, quindi dopo aver citato un passo
lostrata in questa circostanza, ma in generale della legge, passa ora a una citazione dei profeti,
jarla della fede che animò tutta la vita del Santo colla quale conferma ancora la esattezza della spie-
*atriarca a cominciare dal momento della sua gazione data del testo della Genesi. Il profeta
vocazione (Gen. XVII, 4, 15, 19-21; Giac. II, citato è Davide, il salmo a cui si allude è il XXXI,
li, ecc.). Gli fu imputato, ecc. Il greco Xori^eoGat 1-2. Il salmo appartiene senza dubbio al reale pro-
significa mettere a conto. Dio viene per metafora feta, come ne fanno fede le iscrizioni che lo pre-
talvolta rappresentato come se avesse un libro in cedono nell'ebraico e nel greco. Egli lo compose
:ui è accuratamente notato l'attivo e il passivo di dopo che, avvertito dal profeta Natan del suo
Jgnuno (Is. LXV, 6; Dan. VI, 10; Mal. Ili, doppio delitto, ne aveva fatto penitenza, e otte-
16, ecc ). Dio ad inque mise a copto di Abramo nuto il perdono da Dio (II Re XII, 1 e ss.). L'Ape-
36 Romani, IV, 7-12

iustitiam sine opéribus 'Beati, quorum re-


: opere 'Beati coloro, ai quali sono state ri-
:

missae sunt iniquitàtes, et quorum tecta sunt messe e i peccati dei quali sono
le iniquità,
peccata. *Beàtus vir, cui non imputàvit Dó- stati ricoperti. ^Beato l'uomo, cui Dio n n
minus peccàtum. imputò delitto.
'Beatitùdo ergo haec in circumcisióne ^Questa beatitudine adunque è ella sola-
tantum manet, an étiam in praepùtìo? Dìci- mente pei circoncisi, ovvero anche per gli
mus enim quia reputata est Abrahae fldes incirconcisi ? Noi diciamo infatti che la fede
ad iustitiam. "Quómodo ergo reputata est? fu ad Abramo imputata a giustizia. "Come
in circumcisióne, an in praepùtio? non in adunque fu ella imputata ? Dopo la circonci-
circumcisióne, sed in praepùtio. ^^Et si- sione, prima della circoncisione? Non
gnum accépit circumcisiónis, signàculum iu- dopo la circoncisione, ma prima di essa.
stitiae fidei, quae est in praepùtio ut sit
: "Ed egli ricevette il segnacolo della circon-
pater omnium credéntium per praepùtium, cisione, sigillo della giustizia ricevuta per la
ut reputétur et illis ad iustitiam ^^Et sit
: fede prima della circoncisione : onde dive-
pater circumcisiónis non iis tantum, qui sunt nisse padre di tutti i credenti incirconcisi,
ex circumcisióne, sed et iis, qui sectàntur affinchè ad essi pure sia imputata (la fede)
vestigia fidei, quae est in praepùtio patris a giustizia : ^^E sia padre dei circoncisi, di
nostri Abrahae. quelli i quali non hanno solo la circonci-
sione, ma di più seguono le vestigia della
fede che fu in Abramo padre nostro non
ancor circonciso.

^ Ps. XXXI, 1. " Gen. XVII, 10-U.

stolo suppone, come è veramente, che non si non può essere dubbia. Davide parla in generale
possa rimettere il peccato senza l'infusione della senza far distinzione tra gli uni e gli altri; perciò
grazia santificante, e argomenta in questo modo : la giustificazione senza le opere è destinata a tutti,
Davide proclama la remissione dei peccati senza sia Giudei che pagani. Questa verità è resa ancora
fare alcuna menzione delle opere, dunque la giu- pili evidente nel fatto di Abramo, il quale fu giusti-

stificazione del peccatore non è dovuta alle sue ficato per la fede e non per le opere. L'Apostolo
opere, ma è un dono gratuito di Dio. Davide ritorna così a parlare di Àbramo. Nel greco man-
stesso credette a Dio che gli parlava per mezzo di cano le parole tantum manet e si ha solo Questa :

Natan, e questa sua fede gli fu imputata a giu- beatitudine è essa per la circoncisione o anche per
stizia, la sua giustificazione è quindi dovuta alla gli incirconcisi?
fede non alle opere. 10. Come adunque, ecc. In quale stato si tro-
La frase latina dicit beatitudinem hominis equi- vava Abramo quando fu giustificato? Aveva egli
vale semplicemente a : dice beato l'uomo. L'ac- già la circoncisione, oppure era ancora incircon-
cepto manca nel greco in cui si ha semplicemente : ciso? La risposta è chiara : Abramo era ancora
a cui Dio imputa la giustizia senza le opere. incirconciso, e perciò se in questo stato egli fu
7-8. La citazione è letterale ed è fatta sui LXX. giustificato per mezzo della fede, è questa una
Beati, e quindi veramente giusti. I peccati rimessi, prova evidente che la giustificazione per mezzo
le iniquità rìcoperte, il delitto non imputato sono della fede si estende a tutti circoncisi e incirconcisi.
tre frasi sinonime, le quali significano la vera e La giustificazione di Abramo è narrata (Gen. XV,
interna giustificazione dell'anima, che si opera per 6), e solo 14 anni più tardi si parla della sua
mezzo dell'infusione della grazia santificante, la circoncisione (Gen. XVII, 10 e ss.).
quale da nemici di Dio rende suoi figli ed amici. 11. Egli ricevette, ecc. Se la circoncisione non
Rimesse le iniquità, ecc., fa d'uopo sottintendere : ebbe alcuna parte nella giustificazione di Abramo,
senza che abbiano fatto alcuna cosa che propria- allora perchè la ricevette? Ricevette il segna-
mente abbia meritato una tale remissione, ecc. colo ((TT\|LieTov) della circoncisione, ossia la circonci-
Non imputò, ecc. Si osservi che mentre il testo sione come un sigillo (cs(ppay\ba) o segno esterno,
della Genesi faceva risaltare il lato positivo della non come causa della giustificazione ottenuta per
giustificazione, cioè l'infusione della grazia, il la fede, mentre era ancora incirconciso. Onde
testo di Davide fa risaltare il lato negativo, cioè divenisse, ecc. Giustificando Abramo prima della
la remissione della colpa. Davide non parla espli- circoncisione, Dio volle fare di lui il padre di tutti
citamente della fede, ma, come fu osservato, egli i credenti incirconcisi, il modello cioè che tutti
non ottenne il perdono se non per mezzo della dovessero imitare affine di essere suoi eredi, e
fede, nello stesso senso che Abramo fu giustificato aver parte alla benedizione promessa alla sua po-
per mezzo della fede. V. n. 3 e 4-5. sterità.Affinchè, ecc. Altro motivo si fu affinchè
gli venissero giustificati nello stesso
incirconcisì
9-16. Coll'esempio di Abramo giustificato prima
modo che loro padre, cioè per la fede, e non
il
della circoncisione l'Apostolo prova l'universalità
per la circoncisione. La paternità di Abramo non
della giustificazione per mezzo della fede. Si fa
è quindi solo una paternità carnale, ma è una pa-
strada a ciò dalle parole di Davide. Questa beati-
ternità spirituale e universale che si estende a
tudine, ecc. Le parole, con cui Davide proclama
tutti ì credenti.
beati coloro a cui sono state rimesse le iniquità,
si intendono esse dei soli circoncisi (Giudei), op- 12. E sia padre, ecc. Abramo poi ricevette la
pure anche degli iacircoacisi (pagani)? La rispAAta circoncisione affine di essere anche padre dei cir-
Romani, IV, 13-17 37

"Non enim per legem promissio Abrahae, "Poiché non in virtù della legge fu pro-
aut semini eius ut heres esset mundi sed : messo ad Abramo e al seme di luì, che sa-
per iustitiam fidei. ^"Si enim qui ex lege, rebbe erede dell'universo, ma in virtii della
herédes sunt exinanìta est fides, abolita est
: giustizia della fede. '^Se infatti gli eredi
promissio. ^^Lex enim iram operàtur. Ubi sono quelli che vengono dalla legge è inu- :

enim non est lex nec praevaricàtio.


: tile la fede, è abolita la promessa. ^^Giacchè
ia legge produce l'ira. Dove poi non è legge,
non è prevaricazione.
^*Ideo ex fide, ut seciindum gràtìam firma ^Terciò dalla fede è la promessa, atflnchè
sit promissio omnì semini, non ei, qui ex (questa) sia gratuita e stabile per tutta la
lege est solum, sed et ei qui ex fide est Abra- discendenza, non solo per quella che è dalla
hae, qui pater est omnium nostrum. ^'(Sicut legge, ma anche per quella che è dalla fede
scriptum est Quia patrem multàrum gén-
: di Abramo, il quale è padre di tutti noi,
tium pósui te) ante Deum, cui crédidit, qui ^^(Come sta scritto : Ti ho stabilito padre di

1' Gen. XVII, 4.

concisi, non di tutti però, ma solo di quelli che, impegna ad osservare la legge, e Dio, che si
avendo la circoncisione, imitino la fede che egli impegna a dare l'eredità. La giustificazione, quindi,
ebbe, quando era ancora incìrconciso. La circon- .
e l'eredità non sarebbero più un dono gratuito di
cisione pertanto e la discendenza carnale da Dio.
Abramo, se siano scompagnate dalla fede, non 15. Conferma con altro argomento dedotto dalla
danno diritto a riguardare Abramo come padre. Il natura della legge, che l'eredità non dipende dalla
testo della Volgata è un po' differente affinchè... :
legge. Infatti la legge, considerata in sé per oppo-
sia padre dei circoncisi e non solo dei circoncisi sizione alle fede, produce, non in modo diretto, ma
(Giudei) ma anche di tutti quelli (pagani) che indiretto, Vira divina, poiché essa facendo cono-
seguono le vestigia^ ecc. scere il male, ma non dando la forza di evitarlo,
13. Non in virtù, ecc. Come Abramo non fu viene a stuzzicare maggiormente la concupiscenza
giustificato In virtù della circoncisione, così non (VII, 7; Gal. Ili, 19) e ad essere perciò all'uomo
per aver osservata la legge di Mosè (in virtù della occasione di nuovi e più gravi peccati, i quali, ecci-
Isgge) ebbe la promessa, ma bensì in virtù della tando la collera di Dio, gli impedirebbero di mante-
giustificazione (giustizia) causata dalla fede (della nere la promessa, qualora questa fosse stata legata
fede); e quindi non la legge di Mosè, ma solo la alla osservanza della legge. Dove poi ov bi non
fede conferisce il diritto ad essere partecipi della vi è legge, ossiadove vi ha una promessa assoluta
promessa fatta ad Abramo e ai suoi figli. Fu pro- non condizionata all'osservanza della legge, ivi non
messo, ecc. A più riprese (Gen. XIII, 15; XVIII, 8) può esservi prevaricazione, che impedisca a Dio
Dio promise in possessione eterna ad Abramo e di mantenere la sua promessa. Invece dell'u&i
alla sua discendenza la terra di Canaan, figura del enim della Volgata = ov y&p del testo greco ordi-
regno messianico e di tutti i beni spirituali, e pro- nario, codici B K AC, ecc., hanno ov bé = a ubi
i

mise pure (Gen. XII, 3-7; XVIII, 18; XXII, autem dell'antica Itala e di parecchi Padri. Que-
18, ecc.), che in Abramo e nella sua discendenza st'ultima lezione è da preferirsi.
(cioè nel Messia che doveva nascere dalla sua 16. Perciò dalla fede, ecc. Poiché la promessa
stirpe) sarebbero state benedette tutte le nazioni non poteva realizzarsi mediante l'osservanza della
della terra. Al Messia poi Dio aveva promesso il legge, perciò Dio la fece dipendere dalla fede,
dominio di tutti i popoli della terra. Salm. II, 8. affinché essa sia un dono al tutto gratuito e stabile,
Vaut della Volgata equivale ad e, poiché la parti- cioè non dipendente da alcuna condizione, come
cella ti greca corrisponde nelle frasi negative alla
é l'osservanza della legge. Per tutta la discendenza,
semplice congiunzione e (IX, 11; Efes. V, 3; e sia cioè estesa a tutti coloro, che hanno la fede
Act. I, 7; XI, 8, ecc.). di Abramo, siano essi Giudei o pagani. Il greco è
14. Se infatti, ecc. Da quanto si è detto, risulta un po' diverso e più chiaro Perciò dalla fede è
:

che la promessa fatta ad Abramo non dipende (l'eredità) iva xatà Xdpiv affinchè sia gratuita '^ìc
dalla legge mosaica, e si estende a tutti coloro TÒ elvai pépaiav, e ciò affinchè sia stabile, ecc.
che
imitano la d'Abramo. Se infatti non fosse
fede Padre di tutti noi. S. Paolo, Giudeo, associa a sé
così, ma
gli eredi della promessa fossero solo i Romani, molti dei quali erano pagani, e chiama
quelli che vengono dalla legge mosaica, cioè i Giu- Abramo padre di tutti noi a motivo della stessa
dei, che osservano i precetti di Mosè, allora l'ere- fede che aveva con loro, in virtù della quale an-
dità sarebbe una mercede dovuta alle loro opere ch'essi appartengono alla posterità spirituale del
e la fede è inutile, ossia non avrebbe alcuna effi- grande patriarca.
cacia per riguardo a questa eredità. Ora ciò è 17. Come sta (Gen. XVII, 4-5 secondo
scritto
falso,perchè la Scrittura dice che la giustificazione, i LXX). Ti ho ecc. Dio disse queste
stabilito,
e quindi l'eredità, proviene dalla fede. Similmente parole ad Abramo nel cambiargli il nome di
sarebbe abolita la promessa, perchè mentre questa Abram (padre eccelso) in quello di Abraham (pa-
è un contratto unilaterale, con cui Dio si impegna dre della moltitudine). Questo cambiamento, che
per pura liberalità a dare l'eredità a quelli che in senso proprio si riferiva alla paternità carnale
hanno la fede, la gi^ustificazione per la legge im- di Abramo, da cui infatti oltre gli Ebrei ebbero ori-
porta un contratto bilaterale tra il popolo, che si gine altri popoli (Gen. XXV, 1, 12; XXXVI,
,

38 Romani, IV, 18-25

viviflcat mórtuos, et vocat ea quae non sunt, molte genti) davanti a Dio cui credette, Il
tamquam ea quae sunt. "Qui contra spem quale dà vita ai morti, e chiama le cose che
in spem crédidit, ut fieret pater multàrum non sono come quelle che sono "Il quale :

géntium secùndum quod dictum est ei Sic : contro speranza credette alla speranza di di-
erit semen tuum. ^^Et non infìrmàtus est venir padre di molte nazioni, secondo quello
fide, nec consideràvit corpus suum emór- che a lui fu detto Così sarà la tua discen-
:

tuum, cum jam fere centum esset annórum : denza. "E senza vacillar nella fede non
et emórtuam vulvam Sarae ^°In repromis-
: considerò né il suo corpo snervato, essendo
sióne étiam Dei non haesitàvit difRdéntia, egli di circa cento anni, né l'utero di Sara,
sed confortàtus est fide, dans glóriam Deo : già senza vita. ^°Né esitò per diffidenza so-
^
^Pienissime sciens quia quaecùmque pro- pra la promessa di Dio, ma ebbe robusta la
misi!, potens est et fàcere. ^^Ideo et reputà- fede, dando la gloria a Dio ^^pienissima- :

tum est illi ad iustitiam. mente persuaso che qualunque cosa abbia
promesso, egli é anche potente a farla. "Per
il che (ciò) eziandio gli fu imputato a giu-

stizia.

^'Non est autem scriptum tantum propter ^^Or non fu scritto per lui solo che gli fu
ipsum quia reputàtum est illi ad iustitiam : imputato a giustizia: "''ma anche per noi,
^^Sed et propter nos, quibus reputàbitur cre- ai quali sarà imputato il credere in colui
déntibus in eum, qui suscitàvit lesum Chri- che risuscitò da morte Gesù Cristo nostro
stum Dóminum nostrum a mórtuis, ^^Qui Signore, ^^il quale fu dato a morte per i
tràditus est propter delieta nostra, et resur- nostri peccati e risuscitò per nostra giu-
:

réxit propter insti ficatiónem nostram. stificazione.

» Gen. XV, 5.

I e ss.), in senso spirituale si riferiva alla sua Perciò Dio non lo rimproverò, mentre invece ri-

paternità secondo lo spirito, la quale doveva esten- prese Sara (Gen. XVII, 10 e ss.).
dersi a tutti coloro che avrebbero imitato la sua 21. E' ancora potente per farla e la farà, essendo
fede. Davanti a Dio. Queste parole si riferiscono verace nelle sue promesse.
al v. precedente, è padre di tutti noi. Gli uomini
22. Per il che, ecc. Riassume tutta la precedente
in lui non vedono che il padre dei Giudei, ma
argomentazione. Abramo riconoscendo il suo nulla
davanti a Dio, cioè per decreto di Dio, egli è il
si sottomise interamente coU'intelletto e la volontà
padre di tutti i credenti a motivo della sua fede
a Dio, e questo suo grande atto di fede gli fu im-
(cui credette). Il quale dà, ecc. Questo Dio, a
putato a giustizia (V. n. 3).
cui credette Abramo, è onnipotente, dà vita ai
morti destando nuovo vigore nei corpi già vecchi 23-24. A giustizia. Queste parole mancano nei
di Abramo e di Sara, e chiama le cose, cioè ì migliori codici greci, si devono però sottintendere.
popoli, che ancora non erano nati e sembravano Anche per noi. Essendo stato Abramo costituito
non poter più nascere da Abramo, come se già da Dio padre di tutti i credenti, la sua storia non
fossero. ha solo un valore individuale, ma è come un tipo
e un modello per tutti coloro che in qualsivoglia
18. Descrive la grandezza della fede di Abramo.
tempo vorranno essere suoi figli ed eredi delle
Contro speranza, cioè contro ogni speranza umana,
promesse a lui fatte. Perciò come Abramo fu giu-
poiché egli era vecchio e Sara era sterile. Credette
stificato per mezzo della fede, e non per qualche
alla speranza. Sarebbe meglio tradurre sperando
suo merito precedente, così anche noi saremo gin-
credette. Contro ogni speranza umana, ma forte
stificati gratuitamente da Dio per mezzo della fedo'
della speranza soprannaturale, poggiata sull'onni-
in Gesii Cristo. La nostra fede però deve essefoj
potenza e sulla fedeltà di Dio, Abramo credette
simile a quella di Abramo, e, come Abramo cro-ij
alla parola di Dio che gli annunziava la paternità.
dette che Dio avrebbe dato nuovo vigore al suo
Così sarà la tua discendenza come le stelle del cielo
corpo snervato (v. 19), così noi dobbiamo credere
e l'arena del mare (Gen. XV, 5).
che Dio risuscitò da morte Gesù Cristo. Nella fede
19. Senza vacillar nella fede non considerò, eoe. alla risurrezione di Gesù Cristo è compresa la fede
La miglior lezione del testo greco è Senza vacil-
: a tutti i misteri rivelati, poiché Gesù Cristo colla
lare nella fede considerò, ecc. Abramo non si sua risurrezione pose come il sigillo a quanto
lasciò scuotere nella suafede dalla considerazione aveva fatto, detto e promesso per la nostra salute.
delle ragioni umane, che si potevano opporre in 25. // quale, ecc. Lt risurrezione- suppone la
contrario. Egli aveva infatti 99 anni e Sara ne morte, e sulla morte e la risurrezione di Gesù
aveva 90, quando Dio gli promise la nascita di poggia tutta l'opera dell'umana redenzione, perciò
Isacco (Gen. XVII, 15). l'Apostolo parlando della fede necessaria alla giu-
20. Né esitò, ecc. Benché la promessa abbia stificazione ricorda questi due fatti, sui quali anche
causato in lui una certa sorpresa, egli però non principalmente si svolgeva predicazione degli
la

esitò per diffidenza, ma pieno di fede nella pro- Apostoli (Atti II, 22 e ss.;Ili, 13 e ss.; V, 30;

messa di Dio, disprezzò tutte le difficoltà naturali XVII, 31; I Cor. XV, 1-1 1; II Cor. IV, 14, ecc.).

in contrario, dando gloria a Dio riconoscendo e Fa dato a mortA non solo da Giuda e dai Giudei
confessando la sur^nnipotenza e la sua veracità. (Matt. XX, 19; Giov. XIX, 11), ma principalmente
Romani, V, 1-4 39

CAPO V.

Primo frutto della giustificazioìie : la pace con Dio e la sicurezza del cielo, i-s- —
Amore mostratoci da Dio nel darci Gesù Cristo, 6-11.
Parallelo tra Gesti—
Cristo che ci ha salvati e Adamo che ci ha perduti, 12-21.

Mustifìcàtì ergo ex fide, pacem habeàmus ^Giustificati adunque per mezzo della fe-
ad Deum per Dóminum nostrum lesum de, abbiamo pace con Dio per mezzo del
Christum : "^Per quem et habémus accéssum Signore nostro Gesù Cristo-: ^Per cui ab-
per fidem in gràtiam ìstam, in qua stamus, biamo adito in virtù della fede a questa gra-
et gloriàmur in spe glóriae fìliórum Dei. zia, nella quale stiamo saldi, e ci gloriamo
nella speranza della gloria dei figliuoli di
Dio.
^Non solum autera, sed et gloriàmur in 'Né solo questo, ma ci gloriamo pure
tribùlatiónibus : sciéntes quod tribulàtiò pa- nelle tribolazioni sapendo : come la tribola-
tiéntiam operàtur *Patiéntia autem proba-
: zione produce la pazienza : "la pazienza la

» Eph. II, 18. » Jac. I, 3.

dal Padre (Glov. Ili, 16; Rom. Vili, 32). Altrove parte dei codici greci abbiano il soggiuntivo
(Gal. 20; Efes. V, 2) S. Paolo dice che Gesù
Il, éXco|iev habeàmus i commentatori però preferiscono
diede sé stesso alla morte volendo così far com- l'indicativo iXoiiev habemus, poiché l'Apostolo non
prendere che volontariamente Gesiì subì la morte. ma un'esposizione didattica.
fa qui un'esortazione,
Per i nostri peccati. Il Padre diede Gesù alla morte Per mezzo di Gesù. Ecco il Mediatore, che colla
affinchè in nostra vece soddisfacesse alla divina sua passione e morte ci ha meritato questa grazia
giustizia per i nostri peccati (II Cor. V, 20 I Piet. ; (II Cor. V, 18).
il, 22, 24). Risuscitò gr, nTÉpOn fu risuscitato dal
2. Per cui abbiamo adito. Il greco èoXqy.ajaev
Padre per nostra giustificazione. Colla sua morte
va tradotto habuimus, abbiamo avuto adito. Per
Gesù ci meritò la remissione dei peccati, la giu- opera di Gesù Cristo noi abbiamo anche avuto
stificazione e la glorificazione, ma affinchè tali
accesso (Ebr. X, 29) a questo stato di grazia, che
meriti ci potessero venire applicati era necessario
ora possediamo e in cui perseveriamo, ma vi ab-
che Egli risorgesse, perchè Dio aveva stabilito che
biamo avuto accesso per mezzo della fede, che è
solo dopo la risurrezione gli Apostoli si sarebbero
il principio della giustificazione. Gesù Cristo per-
recati nel mondo a predicare la fede, senza la
tanto, il quale ci ha dato la pace con Dio, è
quale niuno può godere dei frutti della redenzione.
ancora colui a cui dobbiamo il principio della
Si osservi ancora che la remissione dei peccati
nostra giustificazione.
e la giustificazione non sono due cose realmente
E ci gloriamo. Avendo ricuperata l'amicizia di
distinte, ma solo due aspetti, l'uno negativo e
Dio, abbiamo pure ricuperata la speranza perduta
l'altro positivo della stessa grazia santificante.
in Adamo, di essere un giorno partecipi della
Inoltre Gesù Cristo colla mòrte avendo cessato di
gloria di Dio, perciò ci rallegriamo in questa spe-
essere viatore, non potè propriamente meritare
ranza. Filiorum manca nel greco, è però conforme
nella sua risurrezione, benché questa possa consi-
al testo.
derarsi come causa esemplare o tipo della nuova
vita del cristiano giustificato. 3. Né solo questo. Non solo noi ci rallegriamo
nella speranza della vita eterna, ma godiamo e ci
gloriamo nelle stesse tribolazioni, che sono il re
taggio dei seguaci di Gesù (Matt. V, 4 e ss. ; Rom,
CAPO V.
Vili, 35-39; I Cor. IV, 11-13; VII, 26-32, ecc.)
La tribolazione, lungi dall'indebolire, fortifica la
1. Dopo aver dimostrato che la vera giustizia,
nostra speranza, perché, quando è sopportata cri
da cui dipende la vita eterna, non si può ottenere
stianamente, produce la pazienza, ossia offre un
che per mezzo della fede in Gesù Cristo, la quale
campo vastissimo all'esercizio della virtù della co-
è offerta a tutti. Giudei e pagani, l'Apostolo passa
stanza, per cui il cristiano non si lascia per alcun
ora a descrivere i frutti della giustificazione per
motivo smuovere dalla sua fede.
mezzo della fede (V, 1 ; Vili, 39), il primo dei
quali consiste nella {)ace con Dio e nella speranza 4. La pazienza, ecc. La costanza, con cui l'uomo
della gloria futura (V, 1-21). ,
sopporta le della vita presente per
tribolazioni
Abbiamo pace con Dio. Per natura noi eravamo conquistare beni del cielo, è una prova evidente
ì

figli nemici di Dio (Coloss. I,


di ira (Efes. II, 3) e che egli ama più i beni del cielo che quelli della
21), ma
ora per virtù della fede siamo riconciliati terra. Come si fa prova dell'oro e dell'argento col
con lui e divenuti suoi amici. L'anima non è più fuoco, così Dio fa prova degli uomini per mezzo
agitata dai rimorsi e dal terrore delle pene eterne, della tribolazione (Eccli. II, 5). La prova... la spe-
ma gode pace e tranquillità. Benché la maggior ranza. La virtù provata accresce la speranza. A
40 Romani, V, 5-10

tiónem, probàtio vero spem. ^Spes autem prova, la prova la speranza, 'la speranza poi
non conf.ùndit : quìa chàrìtas Dei diffusa est non porta inganno; perchè la carità di Dio
in córdiÌ5us nostris per Spiritum sanctum, è stata diffusa nei nostri cuori per mezzo
qui datus est nobis. dello Spirito Santo, che ci fu dato.
cum adhuc in-
'Ut quid enim Christus, *Per qual motivo infatti, mentre noi era-
firmi essémus secùndum tempus prò impiis vamo infermi. Cristo a suo tempo
tuttora
mórtuus est? 'Vix enim prò insto quis mó- morì per gli empii ? ^Ora a mala pena alcuno
ritur nam prò bono fórsitan quis àudeat
: muore per un giusto : ma pure forse vi
mori. ^Comméndat autem charitàtem suam è chi abbia cuore di morire per un uomo
Deus in nobis quóniam cum adhuc pecca-
: dabbene. *Ma Dio dà a conoscere la sua
tóres essémus, secùndum tempus, ""Christus carità verso di noi, mentre essendo noi tut-
prò nobis mórtuus est multo igitur magis
: tora peccatori, nel tempo opportuno, 'Cristo
nunc iustifìcàti in sanguine ipsius, salvi éri- per noi morì molto più dunque al presente,
:

mus ab ira per ipsum. "Si enim cum ini- che siamo giustificati nel sangue di lui, sa-
mici essémus, reconciliàti sumus Deo per remo salvati dairira per mezzo di lui. "Che

• Hebr. IX, 14: I Petr. Ili, 18.

quella guisa, infatti, che l'aver combattuto da forte si mostra ancor più chiara nel fatto, che Egli morì
e l'aver riportato vittoria accresce nel soldato la per gli empi, cioè in loro vece, a tutta loro utilità
speranza del premio, così l'essere stato fermo nelle e vantaggio, nonostante che gli fossero nemici.
tribolazioni accresce nel cristiano la speranza del Nel greco, il versetto non è sotto forma inter-
premio eterno da Dio promesso (Matt. V, 11-12). rogativa, ma viene presentato come semplice affer-
5. La speranza, ecc. Fa vedere come i cristiani, mazione, legata al v. p. da éti Y«p. La lezione
giustamente si gloriino nella speranza della gloria della Volgata è però antichissima, ed ha in suo
futura. La nostra speranza non porta inganno^ favore numerosi interpreti.
ossia non è fallace come la speranza umana, pog- 7. Ora a mala pena, ecc. Mette ancora in mag-
giata sul potere e la fedeltà degli uomini, i quali, giore evidenza la grandezza dell'amore di Gesù.
spesso vengono meno alla loro parola ma è sal- ; E' assai difficile che uno voglia sacrificare la pro-
dissima, perchè si appoggia sul potere e sulla fe- pria vita, per salvare quella di un giusto e dab-
deltà di Dio, ed è tale che, di sua natura, essa bene, tuttavia il caso può avvenire ; ma che uno
non manca ove noi a lei non manchiamo. Una muoia per salvare il suo nemico, come ha fatto
prova evidente di questo si ha nel fatto, che la Gesù Cristo, è cosa affatto inaudita, e che suppone
carità di Dio è stata diffusa nei nostri cuori, per in Gesù un amore immenso. Le due parole,
mezzo dello Spirito Santo dato a noi. « Questa giusto e dabbene, comunemente sono riguardate
carità, colla quale noi amiamo Dio; questa carità, come sinonime. Alcuni però, credono che giusto
che è dono di Dio, certi ci rende dell'amore che òi'xatoi;, significhi uomo onesto, e dabbene àyaQóq
Dio ha per noi, e certi, che egli darà a noi quei significhi invece uomo che fa del bene. L'Apostolo
beni che tiene preparati per chi lo ama, giusta direbbe allora : difficilmente sì muore per un uomo
quelle parole del Salvatore (Giov. XIV, 23) Chi :
onesto, ma si può morire per un benefattore.
ama me, sarà amato dal Padre mio, e io lo amerò
e gli manifesterò me stesso. Mirabilmente però
8. Ma Dio, ecc. Spiega chiaramente la conclu-
l'Apostolo, per dar maggior forza al suo argo-
sione, che già aveva lasciata intravedere nei ver-
mento, non dice che sono stati a noi comunicati sicoli 6-7. Mentre gli uomini, ben raramente danno
la vita per salvare un innocente Dio dimostra la
i doni dello Spirito Santo, ma che lo stesso divino ;

Spirito è stato a noi dato, affinchè egli abiti nei grandezza del suo amore verso di noi, poiché,
nostri cuori, onde consorti diveniamo della divina mentre eravamo peccatori, e non potevamo aspet-
tarci altro che castighi, Gesù Cristo è morto in
natura ». Martini.
Numerosi interpreti (p. es., Cornely, Beelen, vece nostra e a nostro vantaggio (Giov. Ili, 16;
I Giov. IV, 9). Nel tempo opportuno. Queste pa-
Maier, ecc.), spiegano le parole « la carità di Dio »
per l'amore che Dio porta a noi. La spiegazione role mancano nel greco.

adottata, che è pure quella di Sant'Agostino, ci 9. Molto più, ecc. Se adunque, mentre eravamo
sembra però più probabile. La produzione della nemici di Dio e meritevoli di ogni castigo, Gesù
carità in noi viene per appropriazione attribuita Cristo è morto per salvarci, quanto più adesso,
allo Spirito Santo, perchè egli procede dal mutuo che siamo stati giustificati e fatti amici di Dio per
amore del Padre e del Figlio, mezzo del sangue di lui, saremo scampati dall'ira,
cioè dalla vendetta eterna di Dio (Matt. Ili, 7;
6. Per qual motivo, ecc. Prova la certezza della
I Tess. I, 10). Chi ci ha dato il più, mentre era-
nostra speranza con un nuovo argomento, dedotto
dalla carità di GesCi Cristo morto per noi. Due
vamo piccatori, come potrà rifiutarci il meno, ora
considerazioni mostrano la grandezza di questo che siamo giusti?
amore cioè l'opportunità del tempo {mentre era-
: 10. Che se quando, ecc. Ripete, sotto forma più
vamo, ecc.), e il fine per cui morì (per gli empi). chiara, lo stesso pensiero. Se, quando eravamo
Mentre eravamo tuttora infermi, cioè, quando gli nemici di Dio e meritevoli di castigo (Efes. II, 3),
uomini, per propria esperienza, avevano conosciuta fummo riconciliati, ossia ottenemmo la pace con
la debolezza, e quasi disperavano di poter
loro lui,diventando suoi amici mediante la morte di
conseguire la salute, allora, opportunamente (a suo Gesù, quanto più adesso, che siamo amici di Dio,
tempo), Gesiì morì, e la grandezza del suo amore potremo essere certi di ottenere la vita eterna per
Romani, V, 11-12 41

mortem fìlii eius : multo magis reconciliàti, se quando eravamo nemici fummo riconci-
salvi érìmus in vita ipsius. liaticon Dio mediante la morte del suo Fi-
gliuolo molto più essendo riconciliati, sa-
:

remo salvi per lui vivente.


"Non solum autem : sed et gloriàmur in "Né solo questo ma ci gloriamo in Dio :

Deo per Dóminum nostrum lesum Christum, per Gesù Cristo Signor nostro, per mezzo di
per quem nunc reconciliatiónem accépimus. cui ora abbiamo ricevuto la riconciliazione.
"Proptérea sicut per unum hominem pec- ^^Per la qual cosa, come per un solo uomo
'^àtum in hunc mundum intràvit, et per pec- il peccato entrò in questo mondo, e pel pec-
càtum mors, et ita in omnes hómines mors cato la morte, e così a tutti gli uomini si
pertrànsiit, in quo omnes peccavérunt : stese la morte, nel qual (uomo) tutti pec-

mezzo di Gesù, risuscitato e immortale. Se la la morte spirituale, ossia lo stato di peccato, come
morte di Gesù ha fatto il più, la sua risurrezione risulta evidente dal v. 14, e dal passo parallelo
e la sua vita immortale non potranno fare il meno? I Cor. XV, 21.11 peccato è dunque la causa della
11. .Ve questo solo, ecc. Non solamente saremo morte, e la morte è il castigo del peccato (Gen. II,
salvi Dio, e otterremo la vita eterna,
dall'ira di 17; III, 19; Sap. I, 13, ecc.).
ma anche adesso, durante questa nostra vita mor- E così (xaì oì3tco<;). Richiamato alla mente dei
tale, noi ci gloriamo in Dio nostro Padre, a cui suoi lettori il fatto storico del nesso tra il peccato
siamo uniti dalla più tenera carità, e di cui siamo e la morte, mostra ora che lo stato delle cose cor-
figliuoli adottivi per i meriti di Gesù Cristo, che, risponde perfettamente a questo fatto. E così la
colla sua morte, ci ha ottenuta la riconciliazione morte si estese a tutti, perchè tutti hanno peccato.
con Dio. Tutti peccarono in Adamo, non solo perchè imita-
rono la sua colpa, ma perchè, essendo egli stato
12-21. Con brevi parole di altissimo valore
costituito capo di tutto il genere umano riguardo
dogmatico, S. Paolo presenta Adamo e Gesù Cri-
alla conservazione, o alla perdita della giustizia
sto, come due capi che si traggono dietro l'uma-
originale, il ipeccato da lui commesso fu un pec-
nità il
; primo, per condurla a perdizione e spo-
cato di tutta l'umana natura, e perciò, chiunque
gliarla di tutti i doni ricevuti; l'altro, per salvarla
viene a partecipare dell'umana natura proveniente
e arricchirla di nuovi doni più grandi di quelli
da Adamo, resta contaminato dalla colpa di origine.
perduti.
Per qual cosa. Dal fatto provato (V, 1-11) che,
la
San Paolo, nell'affermare l'universalità del peccato
originale non comprende però Maria SS., la quale
solo per mezzo di Gesù Cristo, si può ottenere
salute, consegue che, nella redenzione degli
benché nata da Adamo, fu, per uno speciale pri-
la
vilegio di Dio, preservata immune da ogni macchia
uomini per mezzo di Gesù Cristo, si tiene la stessa
di colpa di origine.
via seguita nella loro rovina per mezzo di Adamo.
Colla sua dìsobbedienza. Adamo introdusse il pec- Nel quale (uomo) tutti peccarono. Tutti pecca-
cato e la morte nei suoi discendenti, e Gesù, colla rono in Adamo loro padre, e perciò tutti sono col-
sua obbedienza, meritò e comunica la giustizia e pevoli e vanno soggetti alla morte. Queste parole,
la vita a tutti coloro che, per la fede, sono uniti in quo omnes peccavérunt, gr. éq?' ^ «dvTeq rinapiov

a Lui. Come, ecc. S. Paolo lasciò la frase incom- ricevettero due differenti spiegazioni, le quali però
pleta (forse perchè facile a capirsi), omettendo il lasciano intatta la dimostrazione scritturistica del-
secondo termine della comparazione, preceduto da, l'esistenza del peccato originale, e si riducono,
così. La frase va perciò completata a questo più che ad altro, a una questione grammaticale
modo « Così, per un solo uomo. Gesù Cristo, la
:
(Brassac, M. B. N. T., voi. II, p. 356, edit. 1911).
giustizia è entrata nel mondo, e per la giustizia La Volgata latini e quasi tutti
infatti, i Padri
la vita, e così la vita fu uo-estesa a tutti gli gli antichi ritennero 1'^, come un
esegeti latini
mini, ecc. ». Che tale sia la mente dell'Apostolo, pronome maschile riferentesi a àvOpdójtou, e inter-
si deduce dal v. 14 e poi ancora dal v. 18 e ss. pretarono a nel quale (uomo, cioè Adamo), tutti
Per un solo uomo, cioè per Adamo, come è in- peccarono ».
dicato al V. 14, e nel passo parallelo, I Cor. XV, 22. Padri greci invece, e quasi tutti i commenta-
I

// peccato r\ ànapxia. L'Apostolo non parla qui tori moderni, osservano che se « fosse un pro-
di un peccato qualunque, come è dimostrato dal- nome maschile, dovrebbe riferirsi a Odvatov morte,
l'articolo che lo precede, e neppure del peccato o a xóofioq mondo, che gli sono più vicini, non
attuale (il primo peccato attuale, fu commesso da già a àvépànov, che è troppo distante. Di più sog-
Eva e non da Adamo, del quale qui discorre l'Apo- giungono che èrti, non ha mai il significato di èv
stolo), ma del peccato originale, che, commesso da in, e che la stessa Volgata, in altri luoghi (II Cor.
Adamo, si propaga e trasfonde, assieme alla na- V, 4) ha tradotto 'ecp' V per eoquod: quindi inter-
tura umana, in tutti i suoi discendenti, per modo pretano « perchè, oppure, giacché tutti peccarono,.
che questi, fin dalla loro origine, sono contaminati e sottintendono, in Adamo. Come si vede, la dif-
e figliuoli di ira (Conc. Trid., sess. V, can. 3). In ferenza tra il testo greco e latino sta solo in questo,
questo mondo. Questo, manca nel greco. Mondo, che il latino dice esplicitamente, ciò che nel greco
significa qui il genere umano, e, in certo modo, è detto in modo implicito (Ved. Brassac, M. B.,
si può anche estendere alla natura fisica in gene- voi. II, p. 356; Prat, La Théologie de St-Paul,
rale anch'essa, in qualche senso, fu contaminata
; p. 296 e ss. Cornely, h. 1., ecc.). Ad ogni modo
;

dal peccato di Adamo (Vili, 20 e ss.). è indubitato, che in questo v. si parla del peccato
Per il peccato bià xr\c, àfiapnaq. Anche qui si originale, come ammettono anche parecchi prote-
parla del peccato ori£;inale, come è chiaro dal- stanti, p. es., Godet, h. 1.; Bovon, Théologie da
l'artiQjlo. La morte fìsica del corpo, e non già N. r., 2* ed., tom. II, p. 243, ecc.
42 Romani, V, 13-16

^'Usque ad legem enim peccàtum erat in carono ^'Poiché fino alla legge il peccato
:

mundo peccàtum autem non imputabàtur,


: era nel ma il peccato non s'impu-
mondo :

cum lex non esset. "Sed regnàvìt mors ab tava, non essendovi legge. ^''Eppure regnò
Adam usque ad Móysen étiam in eos, qui ia morte da Adamo fino a Mosè anche sopra
non peccavérunt in similitùdinem praevari- coloro che non peccarono di prevaricazione
catiónis Adae, qui est forma futuri. simile a quella di Adamo, il quale è figura
di lui che doveva venire.
^''Sed non sicut delìctum, ita et donum, si "Ma non quale il delitto, tale il dono :

enim unìus delieto multi mórtui sunt multo : poiché se pel delitto di uno molti perirono :
m*gis gràtia Dei et donum in gràtia unìus molto più la grazia di Dio e il dono som
hóminis lesu Christi in plures abundàvit. stati ridondanti molti in grazia di un
in
"Et non sicut per unum peccàtum, ita et uomo, (cioè) di Cristo. "E non è tale
Gesù
donum, nam iudicium quidem ex uno in il dono quale la prevaricazione di uno poi- :

13-14. Posto che la morte sia entrata nel mondo morente sulla croce. Se adunque la disobbedienza
a causa del peccato, passa a provare che se tutti di Adamo esercita la sua influenza su tutti, l'obbe-
sono morti, si è precisamente perchè tutti hanno dienza di Gesii deve esercitare su tutti un'efficacia
peccato in Adamo. Fino alla legge, cioè, fino al molto più intensa. Se pel delitto. La proposizione
momento in cui fu promulgata la legge di Mosè, ipotetica qui, come al v. 17, equivale a una pro-
il peccato (à^opna senza articolo, prova evidente posizione assoluta, perchè la condizione è piena-
che non si parla piii del peccato originale, ma del- mente verificata. Di uno gr. ToCévót; = di quell'uno,
l'attuale) era nel mondo: cioè, nel genere umano. cioè di Adamo. Molti gr. oì :roXXoi è un idiotismo
Ecco un fatto innegabile il peccato attuale esisteva
; che qui, come altrove (18, 19; XII, 15, ecc.), si-
nel mondo prima della legge di Mosè (Gen. IV-V). gnifica tutti coloro che discendono da Adamo, come
Ora questo peccato, non poteva causare negli uo- è manifesto dai vv. 12 e 18, dove si dice espres-
mini di quel tempo la morte, poiché // peccato samente che tutti sono morti. Perirono (gr. àné-
(ànaprta come sopra) attuale non si imputava, cioè GavoY= morirono). Si parla principalmente della
non era messo a conto di pena di morte, ossia morte fisica, considerata però come castigo del
non poteva causare la morte, non essendovi legge, peccato da tutti commesso in Adamo. Molto pia
vale 'a dire, non essendovi alcuna legge positiva perchè Dio è più inclinato alla bontà che non al
che infliggesse tale pena contro i peccatori. La rigore. La grazia di Dio (n Xàpiq), cioè la bontà,
legge naturale non è sanzionata dalla pena di morte l'amore gratuito di Dio (Efes. I, 7; II, 7, ecc.),
temporale, lo fu invece la legge positiva data ad da cui ci provengono tutti i beni e, prima d'ogni
Adamo (Gen. Ili), e quella data per mezzo di altro, il dono (òoopeà), ossia la giustificazione. Al
Mosè. Eppure la morte regnò sovrana da Adamo delitto di un solo, S. Paolo oppone qui la grazia
fino a Mosè, anche sopra coloro che non pecca- di Dio, per far subito comprendere che, se la colpa
rono di prevaricazione, simile a quella di Adamo, ha potuto esercitare un'influenza nefasta su tutta
che cioè, non trasgredirono alcuna legge sanzionata l'umanità, un'influenza salutare molto più efficace
da pena di morte, oppure che non peccarono di eserciterà la grazia di Dio. In molti (eie roù?
propria volontà, come peccò Adamo. Tali furono, itoWovq), cioè su tutta l'umanità, oppure su tutti
in modo speciale, i bambini e parecchi giusti del coloro che appartengono come membri a Gesù
Vecchio Testamento. Si deve quindi conchiudere, Cristo. In grazia (èv XàpiTi), ossia per la grazia.
che la morte, non è causata dai peccati personali Dio dona la sua grazia in modo, che tutti la rice-
degli uomini, ma è la conseguenza e il castigo del vano per mezzo di Gesù Cristo, che è il grande
peccato originale, che tutti hanno commesso in mediatore degli uomini. Di un solo uomo. Chiama
Adamo. La lezione della Volgata si imputava così Gesù, per far maggiormente risaltare l'oppo-
àveXoYeÌTo, che è pure quella dei codici X e A, sizione tra Lui e il vecchio Adamo. Come un solo
e delle versioni itala e siriaca, è da preferirsi alla uomo ha trascinato alla perdizione l'umanità, cosi |
lezione 'sWoyGÌxai, si imputa, di altri codici. un solo uomo la trae a salvamento. Alcuni, p. es.
Inoltre sì osservi, come dicendo l'Apostolo che Cornely, Lemonnyer, ecc., traducono così il testo
il peccato era nel mondo, sia chiaro che quando greco molto più la grazia di Dio e il dono che
:

afferma che il peccato non si imputava, non parla consiste nella grazia di un solo uomo. Gesù Cristo,
dell'imputabilità a colpa, ma solo dell'imputabilità sono stati ridondanti in molti.
a pena, come fu spiegato. 16. Secondo contrasto tra il dono e il peccato.
7/ quale è figura, ecc. Ritorna al v. 12 com- Non è tale il dono, ossìa l'effetto della grazia di
piendo, in qualche modo, la comparazione ivi Gesù Cristo sull'umanità, non è uguale all'effetto
incominciata. Adamo, che col suo peccato è causa dellaprevaricazione di uno, cioè del peccato di
di morte a tutti, è una figura di Gesìi Cristo, il Adamo. La grazia, essendo più potente, deve avere
quale, colla sua obbedienza e coi suoi meriti, è un'efficacia molto maggiore. Infatti il giudizio (rò
causa di vita a tutti (I Cor. XV, 44). xpiVa), ossia la punizione divina, procede o co-
15, Ma non quale il delitto, ecc. Acciò non si mincia da un delitto, cioè dal peccato dì Adamo,
creda che tra Adamo e Gesù Cristo vi sia una e va alla condannazione (et? xatàxoifio) di tutti
perfetta uguaglianza, per riguardo ai contrarli effetti l'umanità, rea dello stesso peccato; invece la gra-
in noi derivati dall'uno e dall'altro, S. Paolo fa zia (Xdpiofxa), che viene data per mezzo di Gesù
subito' notare, con cinque contrasti, la differenza Cristo, procede o comincia da molti delitti, ossìa
che corre tra Tinfluenza dell'uno e quella dell'al- non ci libera solo dal peccato di origine, ma anche
tro. Il delitto (gr. «apà«roo|ia = caduta), significa da tutti i peccati attuali che abbiamo commessi,
qui la disobbedienza di Adamo come ai vv. 18 e 19. e ha per termine la giustificazione, ossia la per-
il dono (gr.Xdpia^a), significa l'obbedienza di GesQ fetta riabilitazione dell'uomo davanti a Dio. Nu-
Romani V, 17-20 43

condemnatìónem gràtìa autem ex multis de-


: chè ilgiudizio da un delitto alla condanna-
lictis in iustifìcatiónem. ^^Sì enim unius de- zione la grazia poi da molti delitti alla
:

lieto mors regnàvit per unum : multo magis giustificazione, ^^nfatti se per il delitto dì
abundàntiam gràtiae, et donatiónis, et iusti- un solo, la morte regnò per un solo, molto
regnàbunt per unum
tìae accipiéntes, in vita più quei che hanno ricevuto l'abbondanza
lesum Christum. "Igitur sicut per unius de- della grazia, del dono e della giustizia, re-
lictum in omnes hómines in condemnatìó- gneranno nella vita pel solo Gesù Cristo.
nem sic et per unius iustitiam in omnes
: ^''Quindi come pel delitto di un solo la con-
hómines in iustifìcatiónem vitae. ^^Sicut danna è sopra tutti gli uomini così per la :

enim per inobediéntiam unius hóminis, pec- giustizia di un solo è la giustificazione vivi-
catóres constitùti sunt multi : ita et per ficante. ^* Siccome infatti per la disubbi-
unius obeditiónem, iusti constituéntur multi. dienza di un uomo molti sono costituiti
peccatori : così per l'ubbidienza dì uno molti
saranno costituiti giusti.

^°Lex autem subintràvit ut abundàret de- ^°La legge poi subentrò perchè abbondasse
lictum. Ubi autem abundàvit delictum, su- il peccato. Ma dove abbondò il peccato, so-

merosi codici greci B A C K L, ecc., e parecchie che discendono carnalmente da Adamo, incorrono,
versioni hanno la seguente variante bi' k\òq à^ap- : per il suo peccato, la condanna di morte, così
tT\oavToq = per uno che ha peccato. La lezione tutti coloro che rinascono spiritualmente da Gesù
della Volgata per unum peccatum = 5i' évòc; à^ap- Cristo conseguiscono, per i suoi meriti, la giustifi-
Tr\nazoq, si trova invece nei codici greci E F G. D cazione. Si può anche spiegare nel senso che i
Il senso, come si vede, non varia, benché, criti- meriti di Gesù sono più che sufficienti a salvare
camente parlando, la prima lezione sia da prefe- tutti gli uomini, benché pur troppo molti, per loro
rirsi. colpa, non vogliano approfittarne, e quindi i soli
17.Terzo contrasto dedotto pure dagli effetti fedeli siano di fatto giustificati (I Tim., IV, 10).
« Da questa dottrina dell'Apostolo deve ancora
del dono e del peccato. Se per il delitto, cioè per
la disubbidienza di Adamo la morte regnò da tiranna
inferirsi, che, siccome niuno muore se non a
nel mondo, con quanta maggior ragione dovrà dirsi cagione del peccato di Adamo così niuno è che sia
;

giustificato se non per la giustizia di Cristo, e


che, per l'obbedienza del solo Gesù, novello
Adamo, il regno della vita sia stato introdotto nel questa giustizia, come abbiamo veduto al cap. Ili,
mondo. Questo regno però suppone, in coloro che è dalla fede di Cristo in cui credettero e i giusti
ne fanno parte, la remissione dei peccati e la vera che l'incarnazione di lui precedettero, e quelli che
giustizia. Si osservi che, mentre per il peccato tutti
dopo di essa sono stati e saranno». Martini.
sono divenuti schiavi e solo la morte regna; in- 19. Quinto ed ultimo contrasto, che spiega e
vece nel regno della vita, i giusti non saranno conferma il v. precedente. La disubbidienza, colla
schiavi, ma regneranno assieme a Gesù Cristo. quale Adamo, nel paradiso terrestre, trasgredì la
A tanto onore però non sono elevati se non coloro legge di Dio, mangiando il frutto vietato (Gen.
che ricevono Vabbondanza della grazia e del dono Ili, 17-19), ecco il delitto (v. precedente) per cui
della giustizia, la quale non si può avere se non molti (oi :ioXXoi = i molti, cioè tutti. V. n. 15) sono
per mezzo di Gesù Cristo, che non solo ci ha costituiti peccatori (àfiaptoXoi ), ossia contraggono
meritato colla sua morte la gloria futura, ma anche il peccato originale e sono quindi rei davanti a Dio,

tutti i mezzi necessari! o utili per conseguirla. e condannati alla morte. L'ubbidienza, colla quale
Invece di a della grazia, del dono, e della giu- Gesù soffrì e morì sulla croce (Filipp. II, 8), ecco
stizia », la maggior parte dei codici greci ha « della la giustizia (v. precedente) per cui molti (oi jroX*
grazia e del dono della giustizia », il codice B Xoi) saranno costituiti giusti (Si'xaioi), ossia sa-
« della grazia e della giustizia ». ranno mondati dai loro peccati, e giustificati per
18. Quarto contrasto. Dopo aver accennato, al mezzo della grazia santificante. L'efficacia dell'ub-
V. 14, che Adamo era una figura di Gesù Cristo, bidienza di Gesù si estende agli uomini di tutti i
ritorna ora a sviluppare lo stesso pensiero, conti- tempi, benché, come già fu osservato n. pr., non
tutti ne approfittino. Anche in questo versetto si
nuando così la comparazione lasciata incompiuta
al V. 12. Quindi, cioè dal fatto che i giusti regne- insegna chiaramente l'esistenza del peccato ori-
ranno per Gesù Cristo, come la morte regnò per ginale.
Adamo, si deve conchiudere che, come per il 20. La legge poi subentrò. L'Apostolo finora ha
delitto di un solo (bh' kvòq jiapa:ia)|jatO(; corri- provato l'universalità del regno del peccato, dallo
spondente a 6i' évòq òixatcó^atoi; per la giustizia stato del mondo da Adamo a Mosé si poteva ;

di un solo. E meno esatta la traduzione « per un quindi domandare se la legge di Mosé non avesse
solo delitto) cioè di Adamo (è) la condanna alla già essa stessa distrutto, o almeno cominciata la
morte temporale e anche alla spirituale sopra tutti distruzione del peccato. S. Paolo, risponde a
gli uomini, così per la giustizia, ossia per gli atti questa domanda facendo brevemente vedere (ne
meritorii di un solo, cioè di Gesù Cristo, novello riparlerà al cap. VII, 7 e ss.) quale parte abbia
Adamo (è), o si estende a tutti gli uomini la giu- avuto la legge nell'economia della redenzione. Dice
stificazione, ossia la grazia santificante, che ri- adunque La legge mosaica subentrò (gr. viapeicry-
:

chiama l'uomo peccatore dalla morte spirituale X0EV = intervenne). Dopo che il peccato era entrato
alla vita dei figli di Dio, e gli conferisce il diritto nel mondo, v. 12, intervenne o entrò anche la
alla beata immortalità del cielo. La forza della com- legge, ma invece di distruggerlo, lo aumentò. Per-
parazione tra l'influenza di Adamo e quella di Gesù che abbondasse Ira. jiXeovdoTi. Non vuol già dire
Cristo consiste ia questo, che siccome tutti coloro che il fine, per cui I^ legge fu data, fosse la moU
44 Romani, V, 21 VI, 3

perabundàvit gràtia. '^Ut sicut regnàvit pec- vrabbondò ^'onde siccome regn''>
la grazia :

càtum in mortem ita et gràtia regnet per


: il peccato dando morte
così regni la
la :

iustitiam in vitam aetérnam, per lesum grazia mediante la giustizia, per dare la vita
Christum Dóminum nostrum. eterna per Gesù Cristo Signor nostro.

CAPO VI.

Secondo frutto della giustificazioìte ; la liberazione dalla servitù del peccato e l'intima
unione con Gesù, Cristo, 1-14. —
Divenuti schiavi della giustizia dobbiamo
vivere santamente, 15-23.

^Quid ergo dicémus? permanébimus in ^Che diremo noi dunque? Rimarremo nel
peccato ut gràtia abundet? ^Absit. Qui enim peccato, affinchè abbondi la grazia? ^Dio ne
mórtui sumus peccato, quómodo adhuc guardi. Poiché se noi siamo morti al peccato,
vivémus in ilio? ^An ignoràtis quia qui- come vivremo tuttora in esso? ^Non sapete
cùm;5ue baptizàti sumus in Christo lesu, in voi forse che quanti siamo stati battezzati in

tìplicazione delle colpe. La legge in sé è buona


(VII, IO),anzi conduce a Gesù Cristo (Gal. Ili, CAPO VI.
24), ma tuttavia è innegabile che, per la corruzione
dell'uomo, i peccati, dopo la legge, diventarono 1. Nei vv. 1-14 l'Apostolo parla del secondo
pili gravi e piìi numerosi, sia perchè gli uomini frutto della giustificazione, che consiste nella libe-
conobbero meglio i loro doveri e tuttavia li tra- razione dalla servitù del peccato. Il cristiano in-
sgredirono, e sia perchè la proibizione della legge, nestato in Gesù Cristo per mezzo del battesimo,
servì a irritare la concupiscenza. Dio ciò permise è morto alla colpa e risuscitato a una nuova vita,
affinchè l'uomo, umiliato, riconoscesse la sua im- nella quale non deve più peccare.
potenza, e desiderasse il Messia Salvatore. L'in- Che diremo. Avendo detto che, dove era abbon-
tenzione quindi di Dio, nel dare la legge, non era dato il peccato, sovrabbondò la grazia (V, 20), si
la moltiplicazione dei peccati, ma l'umiliazione del- poteva temere che qualcuno inferisse questa falsa
l'uomo, a ottener la quale veniva ordinata la per- conclusione dunque rimaniamo nel peccato, ag-
:

missione del peccato. Abbondasse il peccato. Il giungendo colpa a colpa, affinchè abbondi mag-
peccato (tò jtapàjrrcoua) è un singolare collettivo giormente la grazia di Dio. S. Paolo si propone egli
che indica tutti i peccati commessi dagli uomini stesso la difficoltà, e subito vi risponde. I migliori
sotto la legge. Ma dove abbondò il peccato { lì codici greci B A C D, ecc., invece del futuro hanno
àfiapiia) originale, il quale, per mezzo della con- il presente rimaniamo, èsifiévconev. Il peccato, di
cupiscenza, propaga il suo veleno in tutta l'uma- cui si parla, è quello stesso del capo precedente,
nità, e fa commettere numerose colpe, sovrab- v. 20, cioè il peccato originale, considerato però
bondò la grazia. La grazia non solo rimette il pec- nella sua conseguenza che è la concupiscenza, la
cato originale, ma anche gli attuali, non solo ci quale inclina al male e rimane anche nei battez-
Ubera dalla morte eterna, ma ci rende figli di zati. Questa vien detta peccato, non perchè sia
Dio, eredi del cielo, ecc., per modo che la grazia tale propriamente, ma perchè è effetto del pec-
ci dà mólto pili di quel che ci è stato tolto dal cato e inclina ad esso. Rimane nel peccato colui
peccato. il quale, anche dopo il battesimo continua a la-
sciarsi dominare dalla sua concupiscenza.
21. Onde siccome, ecc. Ecco per qual fine Dio
fece sovrabbondare la grazia. Il peccato introdotto 2. Rigetta come una bestemmia tal conclusione.
nel mondo da Adamo, fondò ed estese il suo regno Morti al peccato. Morire al peccato vuol dire non
in tutti gli uomini, come consta dal fatto che aver più nulla di comune con esso, e rigettare
tutti sono vittime della morte, conseguenza della tutte le sue opere. Vivere invece nel peccato
colpa (Dando la morte). La legge non valse a di- significa obbedire ai suoi desiderii, e lasciarsi domi-
struggere questo regno, anzi lo rese più forte e nare da esso. Se adunque noi cristiani, per il bat-
più saldo. Al regno del peccato, Dio oppose il tesimo ricevuto, siamo morti al peccato, non è
regno della grazia (regni la grazia) fondato da cosa assurda pretendere di volere ancora rimanere
Gesù Cristo. Gli uomini diventano membri di sotto la sua tirannia e obbedire ai suoi desideri!?
questo regno per mezzo della giustizia, che con- 3. Non sapete, ecc. Richiama alla loro mente
siste in un dono soprannaturale di Dio, per cui una dottrina da essi già conosciuta. Si ha qui una
da figlio di ira, l'uomo passa ad essere amico e prova dell'istruzione, che, fin dai primi tempi, si
figlici adottivo di Dio. Il fine, a cui tende questo impartiva ai catecumeni, intorno alla significazione
regno, è il conseguimento della vita eterna. Il e agli effetti del Battesimo. D'ordinario il Batte-
fondatore di esso è Gesù Cristo, nostro Media- simo, nei primi tempi, si amministrava per im-
tore, da cui proviene ogni grazia. Vedi presso mersione. Il catecumeno veniva immerso nel-
Lemonnyer, Epìtres de St-Paul, t. I, pag. 281, un l'acqua, dalla quale poi tosto usciva. L'immersione
saggio della teologia Giudaica sulla caduta dì non solo significa la morte e la sepoltura di Gesù,
Adamo e sui suoi effetti. ma anche la morte dei cristiano al peccato, la
Romani, VI, 4-7 43

morte ipsius baptizàti sumus? *Consepùlti Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella
enìm sumus cum ilio per baptìsmum in mor- morte di lui? ^Siarno stati infatti sepolti
tem ut quómodo Christus surréxit
: a mór- insieme con lui p^t Battesimo nella morte •

tuis per glóriam Patris, ita et nos in novitàte affinchè come Cristo risuscitò da morte per
vitae ambulémus. gloria del Padre, così noi viviamo una nuova
vita.
'Si enim compiantati factì sumus simili- ^Poiché se noi siamo stati innestati alla
tùdini mortis eìus simul et resurrectiónis
: raffigurazione della sua morte lo saremo :

érimus. "^Hoc sciéntes, quia vetus homo pure alla risurrezione. ^Sapendo noi, come il
noster simul crucifixus est, ut destruàtur nostro uomo vecchio è stato assieme croci-
corpus peccati, et ultra non serviàmus pec- fisso, affinchè sia distrutto il corpo del pec-
cato. ^Qui enim mórtuus est, iustiflcàtus est cato, onde noi non serviamo più al peccato.
a peccato. 'Poiché colui che è morto, è giustificato dal
peccato.

* Gal. Ili, 27; Col. II, 12; Eph. IV, 23; Hebr. XII, 1; I Petr. II, I et IV, 2.

morte e la sepoltura dell'uomo vecchio. L'uscita formar una sola pianta, e quindi essere innestati.
dall'acqua significa non solo la risurrezione di Per il Battesimo noi siamo stati innestati a Gesù
Gesù, ma anche la nascita dell'uomo alla vita Cristo morente, la nostra vita quindi e la sua,
spirituale della grazia. Forse, an. Né! greco vi è in certo modo, non ne formano che una sola. In
fi = aut, o. Siamo stati battezzati in Cristo. Essere conseguenza, se noi siamo stati partecipi della
battezzati in Cristo essere consecrati a
significa sua morte, morendo spiritualmente al peccato come
Gesil Cristo per mezzo del battesimo, divenire sua egli è morto fisicamente, avremo pure parte alla
proprietà e membri del suo corpo mistico. L'Apo- sua risurrezione, risorgendo spiritualmente a una
stolo spiega meglio questa nostra unione con nuova vita di santità, come Egli risorse a una
Gesù Cristo dicendo, che siamo stati battezzati nuova vita fisica. Il testo greco si potrebbe tra-
nella morte di lui, cioè che per mezzo del bat- durre : Se noi siamo stati innestati (a Cristo) per
tesimo noi siamo stati intimamente uniti e innestati la raffigurazione della sua morte, lo saremo eziandio
a Gesù morente, e abbiamo partecipato alla sua per quella della sua risurrezione.
morte facendo morire in noi l'uomo vecchio, ossia 6. Sapendo noi che per mezzo del Battesimo
l'uomo schiavo del peccato e delle sue passioni. siamo con
stati non nel senso
crocifissi Gesù,
Noi adunque siamo morti al peccato. Nel testo materiale, ma secondo il nostro uomo vecchio. San
latino invece di in Christo, in morte, si dovrebbe Paolo distingue in noi due uomini, l'uno vecchio
leggere in Christum, in mortem, come si ha ner e l'altro nuovo, non già nel senso che in noi vi
greco. S. Paolo non dice che lo stato di Gesù nei siano due soggetti, ma nel senso che in noi vi
diversi misteri della sua morte, della sua sepol- sono due stati l'uno in cui si è schiavi della
:

tura e della sua risurrezione sia solo una figura concupiscenza, dei vizi e del peccato, e questo
delie disposizioni che si ricercano nelle anime vien detto l'uomo vecchio, perchè conseguenza del
nostre, ma afferma che per il Battesimo noi siamo peccato di origine derivato dall'antico Adamo (Efes.
intimamente, benché in modo misterioso, uniti a IV, 22; Coloss. III, 5-9), l'altro in cui si obbedisce
Gesù Cristo, e quindi partecipiamo alla sua morte, a Dio, e si cammina nella giustizia e nella santità
alla sua sepoltura e alla sua risurrezione (Gal. II, Efes. IV, 24), e questo viene chiamato l'uomo
20; Coloss. II, 12, 13; Efes. II, 5, ecc. Cf. Rom. nuovo, perchè non è una conseguenza della nostra
VI, 4, 6, 8; VIII, 17). Se fosse diversamente, come nascita materiale, ma è dovuto alla grazia di
proverebbe che noi siamo in realtà morti al pec- Gesù Cristo, nuovo Adamo, a cui veniamo incor-
cato? (V. Cornely, h. 1.; Brassac, op. cit., p. 360). porati per mezzo del Battesimo. Ora il nostro uomo
Vedi EXict. Vig. Dict. Vac, Baptème.
;
vecchio carico del peccato originale, di pas-
4. Infatti. Invece di enim i migliori codici greci sioni, ecc., è stato assieme a Gesù
crocifisso
hanno ow =
adunque. Adunque per il Battesimo (gr. avveaxavpòQrx = concrocifisso), quindi è morto
nella morte di Gesù, ossia per il battesimo che ci assieme con Gesù, il quale realmente tolse sopra

ha resi partecipi della morre di Gesù unendoci a di sénostri peccati, morì in vece nostra, e per
i

lui intimamente, noi siamo stati sepolti assiew.e mezzo del Battesimo ci applica il frutto della sua
con lui. Questa sepoltura è significata dalla im- passione e morte.
mersione nell'acqua battesimale. Siccome però L'uomo vecchio poi è stato crocifìsso afiìnchè
Gesù non discese nel sepolcro per restarvi, ma sia corpo del peccato, ossia il nostro
distrutto il

risuscitò (gr. AvépOi) fu risuscitato) per gloria del corpo in quanto è strumento di peccato e foco-
Padre, o meglio fu risuscitato dalla potenza glo- laio di concupiscenza (Gal. V, 23; Coloss. II, li),
riosa del Padre (II Cor. XIIl. 4; Efes. I, 19; e affinchè noi non serviamo più al peccato, cioè
Coloss. II 12), così noi dobbiamo risorgere per non siamo più gli schiavi del peccato e dcfla con-
vivere una vita nuova. II Battesimo quindi ci ha cupiscenza, e non viviamo più sotto la loro tirannia.
fatto morire e seppellire con Gesù Cristo, affine di Alcuni spiegano il corpo del peccato come il pec-
farci ancora risorgere con lui. Alcuni spiegano : cato personificato, o più in generale la massa di
Siamo stati sepolti per il Battesimo, affinchè mo- tutti i peccati degli uomini. I migliori codici della
rissimo al peccato. La spiegazione da noi data è Volgata invece di et ultra, hanno ut ultra.
però più comune e risponde meglio al contesto. 7. Poiché colui, ecc. prova che colla crocifis-
5. Siamo stati innestati. Il greco cv>n(pvroi si- sione dell'uomo vecchio noi siamo stati liberati
gnifica crescere assieme, essere assieme uniti, dalla servitù dei peccato. Infattì>~come colui eh*
46 Romani, VI, 8-14

'Si autem mórtui sumus cum Christo : *Che se siamo morti con Cristo, crediamo
crédimus quia simul étiam vivémus cum che vivremo ancora con lui ^Sapendo noi
:

Christo ^Sciéntes quod Christus resùrgens


: che Cristo risuscitato da morte non muore
ex mórtuis iam non móritur, mors illi ultra più, la morte più non lo dominerà. ^"Poiché
non dominàbitur. ^"Quod enim mórtuus est quanto all'essere lui morto, morì per il pec-
peccato, mórtuus est semel quod autem : cato una sola volta quanto poi al vivere,
:

vivit, vivit Deo. "Ita et vos existimàte, vos egli vìve per Dio. "Nella stessa guisa anche
mórtuos quidem esse peccato, vìvéntes au- voi riguardatevi come morti al peccato, ma
tem Deo, in Christo lesu Dòmino nostro. vivi a Dio in Gesù Cristo Signor nostro.
^^Non ergo regnet peccàtum in vestro mor- "Non regni adunque il peccato nel vostro
tali córpore ut obediàtis concupiscéntiis corpo mortale, onde serviate alle sue con-
eius. "Sed neque exhibeàtis' membra vestra cupiscenze. "E non prestate al peccato le
arma iniquitàtis peccato : sed exhibéte vos vostre membra quali armi di iniquità ma :

Deo, tamquam ex mórtuis vìvéntes et : offrite a Dio voi stessi come viventi dopo
membra vestra arma iustitiae Deo. ^*Peccà- essere stati morti, e le vostre membra a Dio
tum enim vobis non dominàbitur non enim : come armi di giustizia. "Poiché il peccato
sub lege estis, sed sub gràtia. non vi dominerà atteso che non siete sotto
:

la legge, ma sotto la grazia.

è morto fisicamente è giustificato, ossia dichiarato voi riguardatevi come morti per sempre al peccato,
non ha più a temere da esso,
libero dal peccato, e a cui non dovete più servire, e come vivi per Dio.
perchè non è più in grado di commetterlo, così In Gesù Cristo, perchè per il Battesimo essendo
anche noi, che siamo morti con Gesù Cristo, non stati incorporati a Lui, siete divenuti partecipi
dobbiamo più avere alcuna relazione col peccato, della sua morte e della sua risurrezione; Egli ha
ma essere come morti per esso. Altri spiegano : fatto di voi una nuova creatura (II Cor. V, 17),
Colui che è morto mediante il Battesimo, è assolto e di più Egli stesso vive in voi (Gal. II, 20).
dal peccato e trasportato nello stato di giustizia. 12. Non regni, ecc. Conclusione ed esortazione
La prima spiegazione però risponde meglio al pratica. Risuscitati per il Battesimo a una vita
contesto. nuova, voi dovete adoperarvi affinchè il peccato,
Se siamo morti. Torna a sviluppare il pensiero
8. cioè la concupiscenza, detta peccato non perchè sia
del V. 5. Se siamo morti spiritualmente con Gesù tale propriamente, ma perchè proviene dal peccato
Cristo, crediamo, ossia abbiamo ferma fiducia di e inclina al peccato (Conc. Trid., sess. V, can. 5),
avere ancora ciò che è intimamente connesso colla non regni, ossia non riprenda l'antico suo dominio
morte di Gesù, ossia che vìvremo ancora con lui nel vostro corpo mortale. Anche dopo il Battesimo,
(gr. ouvi^Tioofiev convivremo) della vita della grazia e finché viviamo in questo corpo mortale (I Cor.
dapprima, e poi anche della vita della gloria. 15, 53), la concupiscenza rimane in noi. Essa spia
9.Sapendo che, ecc. Per il Battesimo noi siamo il momento per riconquistare il dominio perduto,
stati innestati a Gesù Cristo in modo che per la e, benché noi non possiamo distruggerla, dobbiamo
sii& grazia Egli vive in noi. Ma Gesù risuscitato
però porre ogni studio affinchè essa non regni in
da morte vive una vha immortale, quindi anche noi in modo che diveniamo schiavi delle sue con-
la vita che vive in noi, per quanto a lui appartiene, cupiscenze, ossia dei suoi perversi desiderii.
è eterna. Egli non abbandona un'anima se non 13. Non imprestate, ecc. Guardatevi dall'aiutare
ne è cacciato, e noi in conseguenza dobbiamo ado- la concupiscenza a riconquistare il suo dominio
perarci affine di perseverare in quello stato di coll'imprestarle le vostre membra quali armi di
grazia,, in cui siamo stati posti per il Battesimo. iniquità (XIII, 12; II Cor. VI, 7; X, 4). Se noi
Non lo dominerà, ossia non eserciterà più la acconsentiamo alle sollecitazioni della concupi-
sua tirannia sopra di Lui. I migliori codici greci scenza, usando delle nostre membra contro la
hanno il presente non lo domina. divina volontà, queste membra diventano tante
10. Prova che della grazia in noi per
la vita armi, con cui la concupiscenza riconquista il suo
parte di Gesù Cristo eterna. Se infatti Egli è
è dominio. Non basta però astenersi dal male, ma
morto, è morto per il peccato, ossia a cagione dei offrite a Dio voi stessi come viventi, ossia quali
nostri peccati, e una volta sola per tutte. Egli si siete realmente dopo il Battesimo, come morti al
era reso mallevadore a Dio per le nostre colpe, peccato e risorti con Gesù a una vita nuova
e col suo sangue pagò il prezzo del nostro riscatto tutta consacrata a Dio. Dovete quindi essere tutti
(Gal. Ili, 13; II Cor. V, 21 ; I Piet. II, 24). Il suo di Dio, e specialmente dovete consecrare a Lui
sacrifizio però, avendo un valore infinito, non è le vostre membra, affinchè siano armi di giustizia,

più necessario che sia ripetuto (Eb. VII, 27; IX colle quali Dio rassodi e propaghi il suo regno
12, 26, 28; X, 10), e quindi la morte ha perduto in voi.
ogni potere sopra di Lui. Quanto poi al vivere, ecc. 14. // peccato, ecc. Non crediate che un tale
Gesù una volta risuscitato vive una vita immortale precetto sia superiore alle vostre forze, quasi che
per Dio, cioè a onore e gloria di Dio. non possiate resistere alla violenza della concu-
Nella Volgata la virgola, che si trova dopo pec- piscenza, poiché io vi dico che il peccato, cioè la
cato, andrebbe prima, come si ha nel greco. Quod concupiscenza, come nei vv. prec, non vi domi-
enim mórtuus est, peccato mórtuus est semel, ecc. nerà (alcuni codici greci hanno : non vi dominerà
Nella stessa guisa, ecc. Applica ai fedeli la
11. più), ossia non avrà impero sopra di voi, atteso
dottr na esposta. Come adunque Gesù mori una che non siete sotto la legge, la quale imponeva
volta sola e risorse a vita immortale, così anche precetti, ma non dava la forza per osservarli, ma
Romani, VI, 15-20 47

"Quid ergo peccàbimus, quóniam non


: "E che adunque? Peccheremo noi, per-
sumus sub lege, sed sub gràtia? Absit. ^^Ne- chè non siamo sotto la legge, ma sotto la
scitis quóniam cui exhibétis vos servos ad grazia? Dio ce ne guardi. ^^Non sapete voi
obediéndum, servi estis eius cui obeditis, che di chiunque vi fate schiavi per ubbidire,
sive peccati ad mortem, sive obeditiónis ad siete schiavi di colui a cui ubbidite, sia del
iustitiam? ^'Gràtias autem Deo quod fuistis peccato per la morte, o sia della ubbidienza
servi peccati, obedistis autem ex corde in per giustizia? ^^Grazie però a Dio, che
la
eam formam doctrinae, in quam traditi estis. foste servi del peccato, ma avete ubbidito
"Liberati autem a peccato, servi facti estis di cuore a quella forma di dottrina, sulla
iustitiae. quale siete stati formati. "E liberati dal
peccato, siete divenuti servi della giustizia.
"Humànum dico, propter ìnfirmitàtem "Parlo da uomo a motivo della debolezza
carnis vestrae sicut enim exhibuistis mem-
; della vostra carne poiché siccome deste le
:

bra vestra servire immunditiae, et iniqui- vostre- membra a servire alla immondezza
tàti ad ìniquitàtem, ita nunc exhibéte mem- e all'iniquità per la iniquità, così date adesso
bra vestra servire iustitiae in sanctificatió- le vostre membra a servire alla giustizia
nem. ^°Cum enim servi essétis peccati, per la santificazione. ^"Giacché quando era-

!• Jean, vili, 34; II Petr. II, 19.

ora vivete sotto la grazia, mediante la quale potete e rendervi servi della giustizia. Foste servi, ecc.
resistere a qualsiasi assalto, e impedire che il Usa il tempo passato per indicare che ora il giogo
peccato venga nuovamente a farvi suoi schiavi. del peccato é già stato scosso. Avete ubbidito di
L'Apostolo, qui come in altri luoghi, considera la cuore. Elogio del trasporto con cui i Romani ac-
legge come separata dalla fede e dalla grazia del colsero e praticarono quella forma di dottrina,
Salvatore. Gli antichi giusti, benché sotto la legge cioè il Vangelo, che é la norma su cui si deve
perchè tenuti ad osservarla, appartenevano non- modellare la vita cristiana. Sulla quale siete stati
dimeno al regno della grazia, per la fede e la spe- formati, letteralmente si deve tradurre: alla quale
ranza che avevano nel Messia. siete stati consegnati, dalla grazia efficace di Dio.

15-23. giustificati devono


I produrre frutti di Liberati dalla schiavitù del peccato voi siete stati
giustizia. L'Apostolo, per meglio spiegare la vita consegnati quali schiavi al Vangelo, a cui in con-
che devono condurre i cristiani, si propone una seguenza dovete in tutto e per tutto obbedire.
difficoltà che alcuni maligni potevano muovere alla 18. Liberati, ecc. Ecco il termine a cui giunsero
sua dottrina. Se non siamo più sotto la legge ma colla loro obbedienza. Ora, se non si può servire
sotto la grazia, potremo dunque violare impune- a due padroni, é chiaro che i cristiani non devono
mente i precetti morali della legge? La difficoltà più peccare, ma il loro unico dovere è obbedire
non poteva nascere che nella mente di cristiani al Vangelo. Nel v. seg. passa a spiegare come si
ancora poco istruiti nella fede. L'Apostolo dap- debba servire alla giustizia.
prima la respinge sdegnosamente come una be- 19. Parlo da uomo, ecc. Considerata la debo-
stemmia Dio ce ne guardi.
:
lezza della vostra carne (nella quale rimane ancora
Mostra ora la falsità di questa conclu-
16-18. la concupiscenza), che rifugge dalle cose ardue e
sione col seguente argomento. Si deve obbedire a difficili, io non vi domando una cosa grave e supe-
quel padrone al cui servizio uno si è posto, v. 16. riore alle vostre forze, ma vi impongo solo un
{Questa maggiore è presentata sotto forma d'inter- precetto umano, che cioè come una volta impie-
rogazione, essendo evidente). Ora i cristiani avendo gaste il vostro corpo a servire all'immondezza e
scosso il giogo del peccato si sono consecrati inte- all'iniquità, ossia alla lussuria, il grande vizio dei
ramenti al servizio della giustizia, vv. 17 e 18. (La pagani (I, 24 e ss. ; 1 Cor. V, 1, 9, ecc.), così
minore è sotto la forma di un ringraziamento a ora, che siete liberi della servitù del peccato, im-
Dio). La conclusione (che, essendo evidente, è pieghiate le vostre membra nelle opere buone per
sottmtesa) è questa Dunque i cristiani sono ob-
: la vostra santificazione. L'Apostolo chiama umano
bligati a tenersi lontani dal peccato e a servire questo precetto, perchè ogni ragione vorrebbe che
unicamente alla giustizia. per la giustizia si facesse molto di più di quanto
Di chiunque vi fate schiavi, ecc. Colui che vo- si è fatto per il peccato. Altri, nelle prime parole
lontariamente si fa schiavo di un padrone affine del v., suppongono una parentesi nella quale
di obbedirlo in tutto, non può nello stesso tempo l'Apostolo cerca di scusare il suo modo di par-
essere schiavo e ubbidire a un altro padrone, sia lare, a Se ho detta schiavitù l'obbedienza alla giu-
che questo padrone sia il peccato che conduce alla stizia, adattandomi così al linguaggio comune degli
morte, o sia l'obbedienza alla volontà di Dio e uomini, l'ho fatto a motivo della debolezza della
al Vangelo, che conduce alla giustificazione per la vostra mente, che non è capace di intendere cose
vita eterna. Non si può servire a due padroni spirituali ». La prima spiegazione però risponde
(V. n. Matt. VI, 24), e chi fa il peccato diventa meglio al contesto.
schiavo del peccato (V. n. Giov. VIII, 30). Benché 20. Due motivi devono spingere i fedeli a ser-
adunque fedeli siano liberi dalla legge sono però
i
vire alla giustizia il primo dei quali viene dedotto
:

tenuti ad assoggettarsi alla volontà di Dio. dal loro passato. Voi siete stati schiavi del peccato,
17. Grazie a Dio, grande benefizio che
per il e durante tutto questo tempo avete servito unica-
vi ha fatto col liberarvi dalla schiavitù del peccato mente al vostro padrone, ed eravate francati dalla
48 Romani, VI, 21 — VII, 1

liberi fuistis iustitiae. "Quem ergo fructum vate servi del peccato, eravate francati dalla
habuistìs tunc In illìs, in quibus nunc erubé- giustizia. ^'E qual frutto adunque aveste
scitis? Nam finis illórum mors est. ^^Nunc allora da quelle cose, delle quali adesso
vero liberati a peccato, servi autem facti avete vergogna? Giacché il fine di esse è la
Deo, habétis fructum vestrum in sanctifica- morte. "Adesso poi liberati dal peccato, e
tiónem, finem vero vitam aetérnam. ^^Sti- fatti servi di Dio, avete per vostro frutto
péndia enim peccati, mors. Gràtia autem la santificazione per fine poi la vita eterna.
:
Dei, vita aetérna, in Christo lesu Domino "Poiché la paga del peccato è la morte.
nostro. Grazia di Dio (è) la vita eterna in Cristo
Gesù nostro Signore.

CAPO VII.

Terzo frutto della giustificazione; la liberazione dalla servitic della legge,


i-ó. —
La legge, benché santa, è occasione di nuove colpe, 7-1j —
ed è impotente nella
lotta della carne contro lo spirito, 14-25.

^An ignoràtis fratres (sciéntìbus enim le- 'Non sapete voi, fratelli (giacché io
gem loquor) quia lex in hómine dominàtur parlo con persone perite della legge), che

giustìzia, ossia non vi siete mai curati della giu- noi, e perciò S. Paolo chiama la vita eterna grazia
stizia perciò ora che siete passati ad essere
:^ di Dio. Iti Gesù Cristo fonte di ogni grazia e nostro
schiavi della giustizia, ad essa sola dovete servire, mediatore.
€ piii nulla aver di comune col peccato.
21. Il secondo motivo viene dedotto dai frutti
del peccato, v. 21, e della giustizia, v. 22. L'Apo- CAPO VII.
stolo si appella alla loro esperienza. Quale frutto
avete riportato servendo si peccato e facendo cose 1-6. Terzo frutto della giustificazione, ossia la
di cui adesso al lume della fede vi vergognate? liberazione dalla servitìi della legge. L'Apostolo,
Si deve sottindere nessuno, giacche quelle opere
:
che al v. 14 del cap. prec, aveva affermato che i
causarono la morte spirituale della vostra anima, giustificati non sono più sotto la legge, passa ora
e resero rei di morte eterna.
vi — Le edizioni cri- a darne la prova coU'esempio della legge matrimo-
niale. Si osservi però che, altro è dire che sia
tiche del testo greco (Tisch., Nestl., ecc.) traspor-
tano l'interrogazione. Quale frutto adunque aveste cessata la legge, e altro che sia cessato l'impero
allora? Tale che delle cose fatte dovete vergo- della legge. La legge di Mosè non è cessata nei
gnarvi, giacche il loro fine è la morte. Due sareb- suoi precetti morali, quali p. es., il Decalogo, che
bero quindi i frutti del peccato, cioè opere che sussiste anche nel Vangelo, ma è cessato l'impero
fanno vergogna e la morte. di essa che consisteva in questo, che la legge
mostrava bensì ciò che si doveva fare o evitare,
22. i4 desso, nel nuovo stato in cui vi trovate dì
ma non dava la forza necessaria per eseguire i
schiavi della giustizia, producete frutti di buone
suoi precetti. Noi siamo stati liberati dalla schia-
opere, le quali dispongono a una santità sempre
vitù della legge, perchè nello stato evangelico ci
più perfetta e infine conducono alla vita eterna.
vien data la grazia, colla quale non solo ci è dato
23. Il peccato è rappresentato come un generale di conoscere il bene e il male, ma anche di fuggire
crudele, il quale, ai soldati che per lui hanno l'uno e praticare l'altro. Benché quindi la legge
combattuto, dà come paga la morte. La paga, greco sussista ancora in alcuni suoi precetti, essa non
propriamente ciò che è dovuto al
óibtóvia, significa ci domina più e noi non siamo più suoi schiavi,
soldato per il suo sostentamento, e quindi una cosa perchè ora abbiamo la grazia. Anche gli antichi
a cui ha uno stretto diritto. La morte eterna (per patriarchi e tutti ì giusti dell'Antico Testamento
opposizione a vita eterna) è la giusta mercede che ebbero la grazia, ma non dalla legge, bensì dalla
il peccato dà ai suoi schiavi. Dopo ciò pare che fede viva che ebbero in Gesù Cristo Redentore, e
l'Apostolo avrebbe dovuto dire : La paga della sotto questo aspetto essi appartengono già al regno
giustizia è la vita eterna, ma invece egli dice : del Vangelo.
Grazia (Xdptona = dono gratuito) di Dio è la vita Non sapete voi, ossia voi sapete certamente. O
eterna, per far comprendere che non si deve cre- fratelli. Con questo nome sono indicati tutti i Cri-
dere che le opere buone dell'uomo inquanto pro- stiani. Parlo con persone perite della legge di
cedono dal libero arbitrio possano, di lor propria Mosè, quali erano tutti i cristiani. La legge di
natura, meritare la vita eterna. Se l'uon» opera il Mosè (gr. & vófioi;) essendo stata data da Dio. im-
bene, ciò è dovuto alla grazia ; la vita eterna quindi pera sull'uomo in qualsiasi parte del mondo si
viene data per i meriti che la grazia produce- in trovi, a differenza delle leggi umane che hanno un
KOMANI, Vii, 2-7 49

quanto tèmpore vivit? ^Nam quae sub viro la legge impera all'uomo sino che egli vìve?
est mùlier, vivènte viro alligata est legi si : ^Perocché la donna soggetta ad un marito è
autem mórtuus fùerit vir eius, soluta est a legata per legge al marito vivente che se :

lege viri. ^Igitur, vivènte viro, vocàbitur questi venga a morire, è sciolta dalla legge
adùltera fùerit cum alio viro
sì si autem : del marito. ^Per la qual cosa, vivente il
mórtuus fùerit vir eius, liberata est a lege marito, sarà chiamata adultera, se starà con
viri : ut non sit adùltera si fùerit cum alio altro uomo morto poi il marito, è sciolta
:

viro. ^Itaque fratres mei et vos mortificati dalla legge del marito onde non è adultera,
:

estis legi per corpus Christi ut sitis alté- : se sta con altro uomo. *Così anche voi,
rius, qui ex mórtuis resurréxit ut fructificé- fratelli miei, siete morti alla legge pel corpo
mus Deo. di Cristo affinchè siate di un altro, il quale
:

risuscitò da morte, onde portiamo frutti per


Dio.
^Cum enim essémus passìónes
in carne, ^Poiché, quando noi era^'amo (uomini)
peccatórum, quae per legem erant, opera- carnali, le affezioni peccaminose occasionate
bàntur in membris nostris, ut fructiflcàrent, dalla legge agivano nelle nostre membra per
morti. ''Nunc autem soluti sumus a lege produr frutti di morte : ^Ma adesso siamo
mortis, in qua detinebàmur, ita ut serviàmus sciolti dalla legge di morte, a cui eravamo
in novitàte spiritus, et non in vetustàte legati, affinchè serviamo secondo il nuovo
litterae. spirito,non secondo l'antica lettera.
^Quid ergo dicémus? lex peccàtum est? ^Che diremo adunque? La legge è ella
Absit. Sed peccàtum non cognóvi, nisi per peccato? No certo. Ma io non ho conosciuto

* I Cor. VII, 39. 7 Ex. XX, 17; Deut. V, 21.

determinato territorio. Essa però non ha più alcuna la produzione di opere buone (onde portiamo
forza di obbligazione sull'uomo morto. Anche i frutti) a gloria di Dio (per Dio).
rabbini solevano ripetere che colla morte l'uomo 5. Eravamo uomini carnali, ossia prima della
era liberato da tutti i precetti (V. Cornely, h. 1.). nostra conversione, quando eravamo tuttora schiavi
2. Spiega questo principio colla legge matrimo- del peccato e della morte ; le affezioni peccaminose,
niale. Soggetta ad un marito (gr. vna\bpoq termine ossia i moti disordinati della concupiscenza, che
tecnico per indicare la donna maritata). E legata inclinano e conducono al male; occasionate dalla
per legge al marito vivente. Qui si parla della legge, la quale mostrava il male ma non dava la
legge matrimoniale quale è stata promulgata da forza di evitarlo; agivano nelle nostre membra
Dio (Gen. II, 24) e da Gesù Cristo (Matt. V,' 31-32 ;
(VI, 12, 19), ossia muovevano le nostre membra
XIX, 4 e ss.), cioè della legge che impone il ma- onde servissero di strumenti a produrre frutti di
trimonio indissolubile, e non della legge mosaica opere malvagie, la paga delle quali è la morte
che permetteva il divorzio, benché come eccezione. eterna. Frutti di morte in opposizione a frutti per
In forza del matrimonio la donna diviene una carne Dio, v. precedente.
sola col suo marito, e perciò sinché questi vive, 6. Adesso, dopo che secondo l'uomo vecchio
non può legittimamente contrarre altra unione. schiavo del peccato e della legge siamo stati cro-
Ma se il marito venga a morire, rimane spezzata cifissi con Gesù Cristo, siamo sciolti dalla legge
la relazione di sposa che aveva con lui, e quindi
mosaica, la quale, eccitando in noi la concupi-
essa rimane sciolta dalla legge del marito, ossia scenza e non dandoci la forza di vincerla, era di-
dalla legge matrimoniale, e può legittimamente ventata di fatto una legge che conduceva al pec-
contrarre altra unione. cato e alla morte. I migliori codici greci hanno
3. Vivente Anche da questo v., come
il marito. un'altra lezione preferibile a quella della Volgata :

dal precedente, si deduce chiaramente che il vin- Ora noi siamo sciolti dalla legge, essendo morti a
colo matrimoniale non si scioglie che colla morte ciò che ci teneva legati. Noi siamo stati liberati
di uno dei coniugi. Dalla legge del marito. Il greco dalla legge affine di essere assoggettati a un'altra
ha solo dalla legge, ma é chiaro che si parla della
: servitù (affinchè serviamo) più nobile, quale è la
legge del marito. servitù di Dio e della giustizia. Noi però ser^'iamo
4. Anche voi, come la donna che per la morte a Dio secondo il nuovo spirito, ossia noi posse-
del marito ha cessato di essere sposa, siete morti diamo ora un nuovo principio di vita, che è la
alla cioè avete cessato di essere sotto il
legge, grazia dello Spirito Santo (V, 15; VIII, 15; Gal.
giogo della legge, ossia la legge ha perduto ogni IV, 6), e abbiamo cessato di vivere secondo l'antica
impero sopra di voi. Per il corpo di Cristo. Questa lettera, cioè secondo l'uomo vecchio soggetto al-

emancipazione l'avete ottenuta per il corpo di l'antica legge di Mosè (II Cor. Ili, 6).
Cristo, ossia per la passione e morte che Gesù 7-25. Dal fatto che la legge ha eccitato la con-
soffrì nel suo corpo, a cui siete stati innestati per cupiscenza (5), e che, per poter servire a Dio, è
mezzo del Battesimo (VI, 2, 3, 6; Gal. II, 19). necessario essere liberati dalla schiavitù della
In forza di questa unione voi siete morti con Gesù legge, come da quella del peccato (6 e VI, 22),
Cristo. !! fine prossimo di questa morte è di farvi si poteva da qualcuno conchiudere che. dunque,
contrarre una nuova unione con Gesù risuscitato la legge in sé stessa era cattiva e contraria alia
{affinchè siate di un il fine ultimo è
altro, ecc.), e volontà di Dio. S. Paolo risponde a questa difìi-

— Si era Bibbia, voi. II.


30 Romani, VII, 8-12

legem : nam concupiscéntiam nesciébam, il peccato, se non per mezzo della legge v

nisi lex diceret Non concùpisces. *Occa-


: imperocché io non conosceva la concupi-
sióne autem accépta, peccàtum per mandà- scenza, se la legge non avesse detto Non :

tum operàtum est in me omnem concupi- desiderare. *Ma il peccato, presa occasione
scéntiam. Sine lege enim peccàtum mórtuum da quel comandamento, cagionò in me ogni
erat. *Ego autem vivébam sine lege ali- cupidità. Poiché senza la legge il peccato e-a
quando. Sed cum venisset mandàtum, peccà- morto. 'Io poi una volta viveva senza le^ge.
tum revixit. ^"Ego autem mórtuus sum et : Ma venuto il comandamento, il peccato
invéntum est mihi mandàtum, quod erat ad tornò a rivivere. "E io morii e si rrovò che:

vitam, hoc esse ad mortem. "Nam peccàtum quel comandamento dato per vita fu morte
occasione accépta per mandàtum, sedùxit per me. "Poiché il peccato, presa occasione
me, et per illud occidit. ^^Itaque lex quidem da quel comandamento, mi sedusse, e per
sancta, et mandàtum sanctum, et iustum, et esso mi uccise. ^''Pertanto la legge (è) santa,

" I Tim.

colta mostrando, con una pagina della più acuta trascinare al male. E' cosa nota infatti che l'uomo
analisi psicologica, i rapporti che vi sono tra la è portato a ciò che gli è vietato : onde diceva
legge e il peccato. Ovidio, Amor, III, 4, 17, nitimur in veiitum semper
Si noti però : 1° che col nome di legge (ò \ó\xoz) cupimusque negata e II, 19, 3 quod licet ingratum
qui si intende tutto il complesso della legge mo- est, quod non licet acrius urit. A conferma di
saica, come è chiaro dall'articolo ò, e dal fatto quanto ha detto, l'Apostolo aggiunge che, senza la
che l'Apostolo spiega la natura di questa legge legge, il peccato era morto, non perché non vi
citando un precetto dell'Esodo (XX, 17) e del fosse, ma perché stava come nascosto e non si
Deuteronomio (V, 21). 2* Col nome di peccato manifestava, giacché prima della proibizione della
(t\ttnaptia) nei vv. 7, 11, 13, 17, 20, 23, 25, come legge non aveva avuto occasione di mostrare le sue
già nel cap. precedente, 1, 2, 17, si intende la forze e di prorompere nelle sue opere.
concupiscenza detta peccato, perchè nasce dal pec- 9. lo poi. Trasferisce nella sua persona ciò che
cato e inclina al peccato. 3' Benché S. Paolo, per è comune, e ai Giudei per riguardo alla legge di
dar maggior vivezza alla sua dimostrazione, usi la Mosé, e ai pagani per riguardo alla legge naturale,
prima persona, egli però non parla esclusivamente e così dà maggior risaho ai tristi effetti prodotti
di sé stesso, ma in sé stesso considera l'uomo dallaconcupiscenza in occasione della legge. Una
quale è stato ridotto dal peccato originale, e in volta, cioè prima dell'uso della ragione, viveva in
quanto è privo della grazia di Gesìi Cristo. uno stato di innocenza e di candore; allora io non
Che diremo, ecc. Si propone la difficoltà sotto conoscevo l'esistenza della legge, la quale per me
fo.-ma d'interrogazione, affine di renderla più viva. era come se non fosse. Ma venuto il comanda-
La legge mosaica (ó vónoq) è ella peccato (àjua-
.
mento, cioè ma avuto l'uso di ragione e cono-
pTi'a senza art.), ossia è ella cattiva in sé stessa?
sciuta l'esistenza del comandamento : Non deside-
Respinge come blasfema tal conclusione. No certo. rare, v. 7, allora i7 peccato, cioè la concupiscenza
La legge in sé non è cattiva, ma conduce alla che era in me come addormentata, tornò a rivivere,
cognizione del peccato. Non ho conosciuto il pec- ossia si risvegliò e riprese nuovo vigore.
cato {xr\\ àfiapnav coll'art.), cioè il peccato ori-
nefasta della concu-
10. Morii. Sotto l'influenza
ginale in quanto si manifesta per mezzo della
piscenza io fui trascinato al peccato attuale che
concupiscenza. Solo per mezzo della legge mosaica
è la morte dell'anima, e perdetti l'innocenza e il
io ho conosciuto che i moti della concupiscenza
candore, e di fatto avvenne che quel comandamento
sono perversi. Ciò che S. Paolo dice della legge
datomi per condurmi alla vita spirituale ed eterna
mosaica per rispetto ai Giudei, vale anche della
(Lev. XVIII, 5; Ezech. XX, 10), fu morte per me,
legge naturale per rispetto ai pagani. A conferma
ossia diventò occasione di morte spirituale per me.
della sua proposizione, cita un precetto della legge
La causa di un tanto male non è la legge, ma è la
mosaica. Io non conosceva la concupiscenza come
debolezza e la malizia di colui che ha ricevuto
malvagia, ossia non sapevo che i moti interni della
la legge.
concupiscenza, come pensieri, desiderii, ecc., non
ridotti ad effetto, fossero cattivi, se la legge mo- Spiega come abbia potuto avve-
11. Poiché, ecc.
saica (Esod. XX, 17; Deut. V, 18) non li avesse nire che la legge, buona
in sé, sia stata occasione
vietati. di morte. La concupiscenza, che in me era come
addormentata, nella promulgazione del comanda-
8. 7/ peccato, cioè la concupiscenza che è in noi
mento: Non desiderare, v. 7, trovò un'occasione
fin dalla nascita, e che è fonte e fomite di ogni
e un eccitamento a mostrare le sue forze, e mi
peccato attuale, presa occasione (gr.d(pop|iT(v= im-
sedusse (allusione a ciò che avvenne nel Paradiso
pulso, eccitamento) da quel comandamento (di cui
terrestre dove Eva fu sedotta dal serpente, Gen.
al V. precedente : Non desiderare) cagionò in me
Ili, 13; II Cor., XI, 3; I Tim. II, 14), colla vana
ogni cupidità, cioè ogni sorta di moti cattivi e di
speranza di felicità, facendomi credere più belle
desiderii perversi. Non è dunque la legge che abbia
e più buone le cose proibite, e così mi allontanò
eccitato questo disòrdine, ma è la concupiscenza
dalla via del comandamento, che conduce alla vita
che prese occasione dalla legge per fare tutto l'op-
eterna, e mi uccìse dando la morte alla mia anima.
posto di ciò che veniva comandato. La legge mo-
strava il male, e proibiva di farlo, e questo era 12. Da quanto si e detto si deve conchiudere
buono ed utile per l'uomo, ma la concupiscenza che, dunque, la legge mosaica, data da Dio agli
prese occasione dalla proibizione per spingere e uomini, in sé stessa è santa (si ha così la risposta
Romani, VII, 13-15 51

bonum. "Quod ergo bonum est, mihi factum e il comandamento santc>, e giusto, e buono.

est mors? Absit. Sed peccàtum, ut appàreat ^^Una cosa adunque che è buona, si fece
peccàtum, per bonum operàtum est mihi morte per me? No certo Bensì il peccato,
mortem : ut fiat supra modum peccans pec- affine di apparire peccato, per mezzo di una
càtum per mandàtum. cosa buona operò per me la morte affinchè :

per ragion del comandamento il peccato di-


venisse eccessivamente peccatore.
^^Scimus enim quia lex spirituàlis est : ^^Giacchè sappiamo che la legge è spiri-
ego autem carnàlis sum venùndatus sub tuale : ma io sono carnale, venduto (schiavo)
peccato. ^"Quod enim óperor, non ìntélligo, al peccato. ^'"Perocché non intendo quello
non enim quod volo bonum, hoc ago sed : che fo, dacché non fo il bene che amo :

diretta all'interrogazione del v. 7), perchè scopre altri Padri latini più recenti e numerosi interpreti
e fa conoscere il peccato fin nelle più intime latebre successivi, pensano che qui si parli delTuomo già
del cuore umano, e similmente il comandamento, rigenerato in Gesù Cristo. Senza negare ogni pro-
V. e in generale ogni precetto particolare della
7, babilità a questa seconda spiegazione, la prima
legge è santo, giusto e buono. Il quidem, gr. fiev, sembra tuttavia da preferirsi, poiché, mentre tutti
senza il corrispondente autem, gr. &e, mostra che ammettono che fino al v. 13 l'Apostolo parla del-
il pensiero non è completo e si deve sottintendere : l'uomo non rigenerato, non v'ha ragione per cui si
ma il peccato è veramente un male. debba dire che dal v. 14 cominci a parlare del-
13. Risponde a un'obbiezione tratta dai vv. 11 l'uomo rigenerato. Che se l'Apostolo usa qui il
e 12. Una cosa che è buona, cioè la legge mosaica, tempo presente, ciò proviene dal fatto che egli
si fece morte per me, ossia è diventata causa vuol dare maggior vigore alla sua argomentazione,
diretta di morte spirituale per me? No assoluta- e perciò passa da un tempo all'altro, come passa
mente. La causa vera e diretta della mia morte fu dall'una all'altra persona.
il peccato, f\ àfiaprta, cioè la concupiscenza, la Sappiamo, noi Giudei, fin dalla nostra infanzia,
quale affine di apparire peccato (ànapn'a senza art.) che la legge dì Mosé è spirituale (nvevyLaxi-KÓc),

ossia affine di manifestarsi malvagia in sé stessa ossìa data dallo Spirito Santo, e maestra di virtù
e contraria alla volontà di Dio, per mezzo di una e nemica del vizio. Al contrario, io sono carnale
cosa buona, quale era il precetto (v. 7) operò per (a'-,oy.\xo<;), cioè privo della grazia, e dominato
me la morte spirituale, avendo trovato nel detto dalla parte inferiore, la quale è nemica dì Dio e
precetto un eccitamento al male. Ora questo av- non cerca che le cose carnali. Io sono venduto
venne affinchè il peccato, cioè la concupiscenza, (schiavo) al peccato, cioè alla concupiscenza, in
abusando del comandamento (v. 7) buono e santo modo che fo quello che essa mi comanda. Come
in sé stesso, divenisse, ossia fosse riconosciuta è chiaro ciò non sì verifica dell'uomo giustificato,
dagli uomini, eccessivamente peccatore (xaG' vnep- il quale è stato liberato dal giogo del peccato e
fìoAriv), ossia al sommo malvagia e contraria alla fatto schiavo della giustizia (VI, 9, 11, 14, 17, ecc.).

volontà di Dio, come quella che convertì in istru- 15. Non


intendo, ecc. Prova di aver conosciuta
mento di morte quella legge che doveva essere la spiritualità della legge, e tuttavia dì essere
strumento di vita. stato schiavo del peccato. Come lo schiavo non si
Iddio nei suoi disegni permise un tanto disor- rende conto delle sue azioni, ma ubbidisce cieca-
dine, affinchè l'uomo conoscesse la profondità della mente al suo padrone, così anch'io non intendo,
corruzione morale in cui era precipitato, a ritrarlo ossia ho la mente ottenebrata a motivo dei mìei
dalla quale non fu bastevole la legge dì Mosé
sregolati appetiti, e non so spiegarmi io stesso il
divenuta essa stessa, benché santa e giusta, uno mio modo dì agire (quello che io fo). Io trovo
strumento di cui il peccato sì servì per estendere infatti che fo tutto il contrario dì ciò che vorrei.
e consolidare maggiormente il suo regno. Cono- (Qui si parla di atti di volontà imperfetti, ossia di
sciuta la sua miseria, l'uomo sentirà la necessità
velleità). La natura umana non fu totalmente cor-

del Salvatore (24).
rotta dal peccato, quindi, anche senza la grazia
14-25. L'Apostolo passa a descrivere la forza l'uomo può in molti casi conoscere il bene e il male
del peccato e l'impotenza della legge nell'uomo morale, e desiderare di far l'uno e di fuggire
decaduto, mostrando come nella lotta che in noi l'altro. Pur troppo però che, quando sì tratta di
si combatte tra la carne e lo spirito, l'uomo, benché venire all'esecuzione, mancano le forze e il co-
con alcuni atti inefficaci, riconosca la giustìzia e la raggio, perchè il peccato, dì cui l'uomo è schiavo,
santità della legge, tuttavia è vinto dalla concupi- quasi lo costrìnge a fare diversamente. Perciò dice
scenza, che lo trascina al male, e causa in lui l'Apostolo : Non fo il bene che amo, ossìa il bene
la morte. « Vi si possono distinguere tre gruppi che vorrei e che riconosco come tale, ma invece fo
di idee aventi una struttura letteraria pressoché quel male che odio, ossìa il male che riconosco
identica, 14-17, 18-20, 21-25, ciascuno dei quali come tale. Dicendo : amo e odio si parla, come è
comprende l'affermazione dì un fatto, 14, 18', 21 ; chiaro, di semplici velleità, dicendo invece fo e
la prova di questo fatto, 15, IS^ e 19, 22 e 23 una ; non fo sì parla dì azioni esterne, le quali proce-
conclusione, 16 e 17, 20, 24 e 25 » Brassac, M. B. dendo da una volontà assoluta, che ha superato
Tom. II, p. 366. quelle velleità, sono imputabili all'uomo.
Di tutto questo tratto 14-25 si danno due diffe- Nel greco mancano le parole bene e male, e si
renti spiegazioni. I Padri greci e ì più antichi legge solo : io non fo ciò che voglio, ma io fo ciò
Padri latini, a cui aderiscono quasi tutti ì moderni che odio. E chiaro però che non può parlarsi che
esegeti, ritengono che l'Apostolo descriva le lotte di bene e di male.
che si combattono nell'uomo non ancora rigenerato L'Apostolo, parlando in prima persona, descrive
in Gesù Cristo; Sant'Agostino invece, e con luì lo stato dell'uomo setto la legge, la quale gli mo«
52 Romani, VII, 16-23

quod odi malum, illud fàcio. "Si autem quod ma quel male che odio, quello io fo. "Che
nolo, illud fàcio :conséntio legi, quóniam se fo quello che non amo approvo : come
bona est. ^^Nunc autem iam non ego óperor buona la legge. "Adesso
poi non lo fo già
illud, sed quod habitat in me peccàtum. io, ma il peccato che abita in me.
^"Scio enim quia non habitat in me, hoc "Perocché so che il bene non abita in me,
est in carne mea, bonum. Nam
velie, àdia- vale a dire, nella mia carne. Perchè il volere
cet mihi : perficere autem bonum, non in- lo ho dappresso ma di fare il bene intera-
:

vénio. ^^Non enim quod volo bonum, hoc mente non trovo via. "Non fo infatti il bene
fàcio : sed quod nolo malum, hoc ago. ^"Si che voglio ma il male che non voglio,
:

autem quod nolo, illud fàcio : iam non ego quello io fo. ^'"Che se fo quel che non
óperor illud, sed quod habitat in me, pec- voglio non sono già io che lo fo, ma il
:

càtum. ^4nvénio igitur legem volènti mihi peccato che abita in me. ^^Trovo adunque
fàcere bonum, quóniam mihi malum àdia- esservi questa legge, che nel voler io fare
cet :^^Condeléctor enim legi Dei secùndum ilbene, il male mi sta dappresso "peroc- :

interiórem hominem
^^Video autem àliam
: ché mi diletto nella legge di Dio secondo
legem in membris meis, repugnàntem legi l'uomo interiore : ''ma veggo nelle mie

strava bensì ciò che doveva fare, ma non gli dava Nei codici B. }^ A. C, ecc. manca la parola
la forza di eseguire i suoi precetti. Lo stesso deve invenio, in tal caso si deve sottintendere adiacet
dirsi dei pagani rispetto alla legge naturale, che mihi. Anche qui, come nei vv. seguenti 19 e 20, i
loro faceva conoscere il bene, ma non dava la forza verbi volere e non volere significano velleità inef-
di praticarlo. Anche i pagani sentivano in sé stessi ficaci; invece fare significa l'azione esterna com-
questa lotta tra la parte superiore e la parte infe- pleta.
riore della loro natura, e a tutti sono noti i detti 19. Non
fo, ecc. Ripete quello che ha detto al
di Ovidio (Metam. VII, 20, 21). Video meliora pro- v. provando così che non trova via di fare il
15,
boque, Deteriora sequor e di Epitetto (Enchir. II, bene. L'Apostolo non nega già il libero arbitrio,
26) l'uomo « quod vult non facit, et facit quod e neppure suppone che l'uomo sia necessitato al
non vu/f ». male, ma dicendo che fa quel male che non vuole,
16. Che non amo, ossia odio come nel v. pre- afferma solo che egli stesso disapprova il male che
cedente. Se adunque fo commetto ciò che vorrei fa, e vorrebbe non farlo.

non commettere, perchè da me riconosciuto come 20. Che Ritorna alla conclusione del
se, ecc.
male, con ciò stesso io approvo la legge che mi V. 17. Se io non
quel bene, che colla parte
fo
proibisce quel male, e affermo con essa (aviK^mii) superiore approvo, ma fo quel male che disap-
che è santa e giusta (Deut. IV, 8). provo, vuol dire che nella mia carne, ossia nella
17. Adesso poi, ossia Stando così le cose che, parte inferiore di me, che dovrebbe seguire i
:

cioè, collamia parte superiore io vo d'accordo colla dettami della parte superiore, vi ha qualche cosa,
cioè il peccato, ossia la concupiscenza, che la
legge (16) e l'approvo, ma nell'atto pratico non
la osservo, ma fo tutto il contrario (15), si ha
spinge alla ribellione e la trascina al male.
una prova che in me vi sono due principìi, e quello 21. Trovo adunque, guardando a ciò che quoti-
che mi induce a fare il male non è il mio io, dianamente avviene in me (conf. vv. precedenti)
considerato secondo la sua parte superiore, ma esservi questa legge. Qui non si parla della legge
l'altro principio, cioè il peccato, ossia la concupi- di Mosè, e neppure di una legge propriamente
scenza che abita in me come padrone, e di cui detta, ma in generale di una norma o regola, o
io sono lo schiavo. L'Apostolo non vuole già negare meglio di una maniera costante di essere e di
o diminuire la colpevolezza dell'uomo, ma vuol agire. Allorché pertanto io voglio fare il bene
far conoscere la miseria in cui egli si trova sotto (nel voler io fare il bene), trovo sempre che il
la schiavitii del peccato, e la causa per cui fa ciò male mi sta dappresso e dappertutto mi segue e
che disapprova e riconosce come male. Questa mi eccita a peccare. Secondo la parte superiore mi
causa è la concupiscenza che proviene dal peccato è dappresso iJ bene (v. 18), ma secondo la parte
originale. inferiore mi è dappresso il peccato, per cui mentre
vorrei il bene, sono vinto dai perversi desiderii
18. So per una triste esperienza che il bene,
della carne e fo il male.
cioè l'inclinazione al bene, non abita in me, ma
piuttosto l'inclinazione al male. L'Apostolo spiega 22. Mi approvo con trasporto e mi
diletto, ossia
subito quell'm me, aggiungendo : vale a dire nella compiaccio nella legge di Dio, riconoscendo che
mia carne, ossia nel mio corpo e nelle sue potenze, è giusta e santa. Non è però tutto il mio essere
o, pili in generale, nella mia natura animale, che si compiace e approva, ma solo una parte,
in quanto è distinta e opposta alla mente. La cioè l'uomo interiore. Con queste parole non viene
prova di questo sta nel fatto che il volere il bene indicato l'uomo rigenerato, detto uomo nuovo
V. 19) lo ho dappresso, ossia è quasi in mano mia (Efes. II, 10; IV, 24) o spirituale (Rom. Vili,
e in mio potere, ma di fare il bene interamente 9 e ss.), perchè trasformato dallo Spirito Santo,
non trovo via, ossia non ho la forza di fare il bene, ma l'uomo considerato nella parte più nobile della
tanto è debole la mia volontà, e sì fortemente è sua natura, cioè nella sua mente (v^ 23), che
attratta dalla concupiscenza disordinata. 11 verbo conosce il bene, e nella sua volontà, che vorrebbe
xarepYàiJeaeai, tradotto nella Volgata perficere, farlo.

significa semplicemente fare, operare, come nei 23. Spiega perchè questo compiacimento sia ri-
vv. 8, 13, 15, 17, 20, dove fu sempre tradotto col masto sterile e inefficace. Quando secondo l'uomo
verbo op erari. interiore io mi compiaccio nella legge di Dio,

J
Romani, VII, 24 — Vili, 1 53

mentis meae, et captivàntem me in lege membra un'altra legge che si oppone alla
peccati, quae est in membris meis. legge della mia mente, e mi fa schiavo della
legge del peccato, la quale è nelle mie
membra.
ego homo, quis me liberàbit de
**Infélix ^''Infelice me ! chi mi libererà da questo
córpore mortis huius? ^^Gràtia Dei per corpo di morte? ^'La grazia di Dio per
lesum Christum Dóminum nostrum. Igitur Gesù Cristo Signor nostro. Dunque io stesso
ego ipse mente sérvio legi Dei carne autem, ; con la mente servo alla legge di Dio con :

legi peccati. la carne poi alla legge del peccato.

CAPO Vili.

Quarto frutto della giustificazione; l'uomo giustificato ha la grazia nella vita


presente, i-ii — e la gloria nella vita futura, 12-27. — Amore di Dio verso
l'uomo, 28-jg.

'Nihìl ergo nunc damnatiónis est iis, qui ^Non vi è dunque adesso alcuna condan-
sunt in Christo lesu qui non secùndum
: nazione per coloro che sono in Cristo Gesù,

vedo nelle mie membra, cioè nella parte inferiore per, ecc. Il senso non muta qualunque lezione si
de! mio essere (VI, 19), un'altra (gr. Eiepov = di- segua.
versa) legge, cioè la legge del peccato, che si Dunque, ecc. Riassume in una breve conclu-
oppone = schierarsi contro
(gr.- avTjarpaTeróiiievov sione quanto ha detto nei vv. 14-24. Io stesso,
in battaglia) legge della mia mente, che è la
alla cioè io abbandonato a me stesso senza il soccorso
stessa legge di Dio in quanto conosciuta e appro- della grazia, con la mente, ossia secondo l'uomo
vata dalla mente, e mi fa schiavo (gr, aiXnaAcoTiZ^o- interiore, servo alla legge di Dio approvandola
vta è proprio di un soldato fatto schiavo in guerra) (16-22), ma con la carne, ossia secondo l'uomo
della legge del peccato, ossia della concupiscenza, esteriore, io servo alla legge del peccato, di cui
la quale ha la sua sede nelle mie membra. sono schiavo, e fo quello che vorrei non fare.
La frase veggo un'altra legge... che mi fa schiavo V. Corluy, Spicilegium, tom. II, p. 287; Prat,
della legge del peccato è un ebraismo. L'Apostolo La Théol. de S. P., tom. I, p. 312 e ss.
vuol dire semplicemente : veggo un'altra legge, la
quale mi fa suo schiavo.
Se l'uomo è ancora schiavo del peccato, è
chiaro che qui non si parla dell'uomo rigenerato.
CAPO VIII.

24. Me
infelice! Grido angoscioso e straziante 1-39. In questo capo, che costituisce come il
di un uomo che si sente schiavo e impotente a centro dell'Epistola, S. Paolo parla del quarto
liberarsi dal giogo che lo opprime! Chi mi libe- frutto della giustificazione, ossia della felicità del-
rerà ? Altro grido invocante soccorso. Da questo l'uomo rigenerato in Gesù Cristo per mezzo del
corpo di morte (lett. dal corpo di questa morte). Battesimo. All'uomo così giustificato viene data la
Ved. n. VI, 6, dove si discorre del corpo del pec- grazia in questa vita, 1-11, e la gloria nella vita
cato. Col nome di morte qui si parla della morte futura, 12-27, L'Apostolo termina esaltando con
spiritualef dell'anima, alla quale conduce il peccato, linguaggio infuocato la carità di Dio verso gli uo-
quindi l'espressione questo corpo di morte non mini, 28-39.
vuol dir altro se non questo corpo in cui abita il 1. Non vi è dunque, ecc. Dopo aver dimostrato
peccato che è causa di morte. Dice pertanto l'A- che i giustificati per mezzo della fede in Gesù
postolo Chi mi libererà dal peccato che risiede
:
Cristo sono liberi dall'ira di Dio, dal peccato e
nelle mie membra, in modo che il mio corpo non
dalla legge, deduce una conclusione della più alta
sia più la sede di quella potenza nemica che con-
importanza. Adesso sotto la nuova legge, ossìa
duce alla morte? Come è chiaro dal contesto nello stato dell'uomo rigenerato, non vi è più al-
l'Apostolo non parla della morte fisica, poiché cuna condannazione, cioè non vi è più nulla che
altrimenti avrebbe detto Quando sarò io libe-
:
sia meritevole di condannazione, e quindi non vi è
rato, ecc.?
più nessuna macchia, e non viene più inflitta al-
25. La grazia, ecc. La risposta è formulata in un cuna pena (Conc. Trid., sess. V de pec. orig.
grido di riconoscenza che prorompe dal cuore can. 5) per coloro che sono in Cristo Gesù, ossia
dell'Apostolo. Non sarà né la forza naturale della per i fedeli che, per mezzo del Battesimo, sono
mia anima, né la legge di Mosè, ma la grazia di stati incorporati a Gesù Cristo (VI, 3 e ss.), e
Dio comunicatami per i meriti di Gesù Cristo. vivono della sua vita come membri del suo corpo
I codici greci presentano alcune varianti. La lezione (I Cor. XII, 13 e ss.; Gal. II, 20) e tralci della
della Volgata si trova in D. E; i codici X A. hanno vera vite (Giov. XIV, 19-20). / quali non cammi-
invece rendo grazie a Dio per Gesù Cristo, e i
: nano, cioè non seguono i dettami della carne.
codici B C e le edizioni critiche : Grazie a Dio Queste ultime parole mancano nei migliori codici
54 ROxMANI, Vili, 2-7

carnem àmbulant. ^Lex enim spìritus vitae i quali non camminano secondo
la carne.
in Christo lesu liberàvit me a lege peccati ^Poiché legge
dello spirito di vita in
la
et mortis. ^Nam quod impossibile erat legi, Cristo Gesù mi ha liberato dalla legge del
in quo inflrmabàtur per carnem Deus fi- : peccato e della morte. ''Perocché quello che
lium suum mittens in similitùdinem carnis la legge non poteva fare, perchè era inferma
peccati, et de peccato damnàvit peccàtum in per ragion della carne Dio avendo mandato
:

carne, *ut iustiflcàtio legis implerétur in il suo Figliuolo in carne simile a quella del

nobis, qui non secùndum carnem ambulà- peccato, per il peccato condannò il peccato
mus, sed secùndum spiritum. nella carne, ^Affinchè la giustizia della legge
si adempisse in noi, che non camminiamo
secondo la carne, ma secondo lo spirito.
'Qui enim secùndum carnem sunt quae : 'Poiché coloro che sono secondo la carne,
carnis sunt, sàpiunt, qui vero secùndum gustano le cose della carne coloro poi che:

spiritum sunt quae sunt spìritus, séntiunt.


: sono secondo lo spirito, gustano le cose
*^Nam prudéntia carnis, mors est prudén- : dello spirito. "Perocché la saggezza della
tia autem spìritus, vita, et pax. ^Quóniam carne è morte la saggezza dello spirito è
:

sapiéntia carnis inimica est Deo : legi enim vita e pace. ^Dacché la sapienza della carne

greci, e dalla maggior parte dei critici sono consi- ma non ci tiene più schiavi, e colla grazia di Gesù
derate come una glossa introdottasi dal v. 4. Cristo possiamo resistere a tutte le sue suggestioni.
2. Poiché, ecc. Motivo per cui il cristiano non 4. Affinchè, ecc. Dio distrusse il regno del pec-
ha più da temere alcuna condanna. La legge dello cato, affinchè la giustizia della legge, ossia, non
Spirito di vita, ossia lo Spirito Santo che vive nel- la operata dalla legge, giacché la
giustificazione
l'anima cristiana e le comunica la vita soprannatu- legge era impotente a vincere il peccato, ma i pre-
rale della grazia, in Cristo, cioè, in grazia della mia cetti della legge che, a causa della concupiscenza
unione con Gesù Cristo, mi ha liberato dalla legge ribelle, non poterono essere osservati (VII, 17, 22),
del peccato, ossia dalla servitù della concupiscenza, si adempissero in noi. L'Apostolo usa il passivo
che mi conduceva, al peccato e alla morte, sia spi- si adempissero, per far comprendere che l'osser-
rituale (VII, 9, 10, 13, 17, 20), sia temporale (v. 11). vanza della legge, più che alle nostre forze, è do-
3. La legge, ecc. La legge fu impotente a vin- vuta alla grazia di Dio, e soggiunge in noi, per
:

cere il peccato a motivo della carne ribelle. Buona mostrare che è pure necessaria la nostra coopera-
e santa in sé, la legge indicava all'uomo ciò che zione. La ragione, per cui in noi si adempie la
doveva fare, ma, non dandogli la grazia di ese- giustizia della legge, è perchè noi non seguiamo
guire i suoi precetti, la sua azione veniva paraliz- le concupiscenze della carne, ma seguiamo lo spi-

zata dalla resistenza della parte inferiore della rito, cioè l'istinto dello Spirito Santo che abita

nostra natura. Dio avendo mandato. Ma ciò che in noi.


non potè fare la legge, lo fece Dio col mandare il Che sia veramente così, è provato dal fatto
5.
suo Figliuolo (tòv éatJTou «ìóv, con enfasi il proprio che coloro che sono secondo la carne (espressione
Figlio) unigenito (Giov. I, 18) in carne simile a quasi identica a camminare secondo la carne), ossia
quella del peccato. Il Verbo di Dio prese vera che si lasciano dominare dalla concupiscenza, gu-
carne nel seno di Maria SS., ma essendo stato stano «ppovoCoiv = student, aspirano), ossia
(gr.
concepito per opera dello Spirito Santo, non ebbe mettono loro pensieri e ì loro affetti, nelle cose
i

nulla di quella corruzione che contamina la nostra (opere) della carne, quali sono l'impurità, ecc.
natura, perciò si dice che fu mandato non già in (Gal. V, 15-25), che sono contrarie alla legge.
carne di peccato, ma in carne simile a quella del Invece quelli che seguono l'istinto dello Spirito
peccato. Colla frase carne del peccato si intende Santo, mettono il loro studio nelle opere dello
la natura umana contaminata dalla colpa di origine. spirito, quali sono la carità, la pace, ecc. (Galat.
La natura umana di Gesù fu quindi santa e imma- V, 15-25), che sono secondo la legge. Nel greco
colata siccome però andò soggetta al dolore e
;
manca il séntiunt della Volgata.
alla morte, punizione del peccato, viene d^tta
6. Altra conferma del v. 4. La saggezza (greco
simile alla carne del peccato. Per il peccato (greco
^TEpì àiiapiiac,), cioè a motivo del peccato, affine
TÒ (ppóvtma = le aspirazioni, le tendenze) della carne

di distruggerlo. Queste parole vanno probabilmente


conducono alla morte spirituale ed eterna, invece
la saggezza, cioè le tendenze, le aspirazioni dello
unite con ciò che precede e indicano il fine
:

spirito, conducono alla vita spirituale ed eterna


per cui Dio mandò il suo Figlio. Lo mandò in
carne, ecc., e per il peccato. Altri le uniscono a ed alla pace. Vi è quindi un'opposizione tra il fine
a cui conduce la carne, e quello a cui conduce lo
ciò che segue e per il peccato, cioè, affine di
:

spirito, perciò anche le loro vie sono opposte.


distruggere il peccato, condannò, ecc. Qui si parla
del peccato in generale (nf.p\ àuapria^, senza arti- 7-8. Protra con due ragioni che le tendenze della
colo). Gesù fu mandato a togliere tutti i peccati. carne corducono alla morte eterna. La sapienza
Condannò, ossia distrusse i7 peccato (tt\v à\i.ap- (gr. rò 9p vqua = le aspirazioni, le tendenze) della
Ti'av), cioè l'impero del peccato che ci teneva carne è nemica a Dio, perchè non soggetta alla
schiavi. Nella carne di Gesù pura e santa im- volontà di Dio, e disubbidiente ai precetti che
molata nella croce, Dio distrusse il regno della Egli ha dati nella sua legge. La sapienza della
concupiscenza che ha sede nella carne, ed è la carne non solo non è soggetta a Dio, ma non
sorgente di tutti ì nostri peccati attuali. La concu- può esserlo, perchè essa cerca l'impurità, l'idola-
piscenza, benché indebolita, rimane -ancora in noi, tria, ecc., cose tutte vietate da Dio. Ora, la vera

I
Romani, Vili, &-14 55

Dei non est subiécta nec enim potest. *Qui: è nemica a Dio perchè non è soggetta alla
:

autem in carne sunt, Dee piacére non legge di Dio né può esserlo. "E quei che
:

possunt. sono nella carne, non possono piacere a Dio.


'Vos autem in carne non estis, sed in 'Voi però non siete nella carne, ma nello
spìritu tamen spiritus Dei liàbitat in
; si spirito; se pure lo spirito di Dio abita in
vobis. Si quis autem Spiritum Christi non voi. Che se uno non ha lo spirito di Cristo,
habet hic non est eius. ^"Si autem Christus
: questi non è di lui. ^°Se poi Cristo è in voi,
in vobis est corpus quidem mórtuum est
: il corpo veramente è morto per cagione del

propter peccàtum, spiritus vero vivit propter peccato, ma lo spirito vive per effetto della
iustiflcatìónem. "Quod si Spiritus eius, qui giustizia. "Che se lo spirito di lui, che risu-
suscitàvit lesum a mórtuis, habitat in vobis : scitò Gesù da morte, abita in voi, egli che
qui suscitàvit lesum Cliristum a mórtuis, risuscitò Gesù Cristo da morte, vivificherà
vivifìcàbit et mortàlia ,:órpora vestra, propter anche i vostrf corpi mortali per mezzo del
inhabitàntem Spiritum eius in vobis. suo Spirito abitante in voi.
sumus non carni,
^^Ergo fratres debitóres ^-Siamo adunque, o fratelli, debitori non
ut secùndum carnem vivàmus. "Si enim alla carne,sicché viviamo secondo la carne.
secùndum carnem vixéritis, moriémini si : "Poiché se vivrete secondo la carne, mor-
autem spiritu facta carnis mortificavéritis, rete se poi con lo spirito darete morte alle
:

vivétis. "Quicùmque enim spiritu Del agùn- azioni della carne, vivrete. **Tutti quelli in-

vita non può provenire che da Dio, il quale non lo Spirito Santo. I codici B D E, ecc. hanno la
la dà certamente ai suoi nemici. seguente lezione che è pure quella della Volgata :
8. Quelli che sono nella carne, ossia gli uomini
olà TÒ èvoixovv jcvev^a =
a motivo dello Spirito
abitante: invece i codici X A C, ecc., hanno òtà,
carnali, non possono piacere a Dio : litote che signi-
Tov évoixoGvToq nvEUfiatoq per il suo Spirito
,
fica sono condannati da Dio alla morte.
abitante, ossia per mezzo del suo Spirito, ecc. In
9. Applica ai Romani ladottrina esposta. Voi quest'ultima lezione, lo Spirito Santo viene pre-
non siete, ecc. Voi nella vostra vita non seguite sentato come causa immediata della risurrezione.
ì dettami della carne nemica di Dio, ma i dettami Lo Spirito Santo, essendo spirito di vita, a lui
dello spirito. Se pure, ecc., restrizione necessaria, appartiene portare la vita dovunque si diffonda, e
perchè la causa per cui l'anima segue i dettami quindi anche nei corpi dei giusti, che furono i
dello spirito, è lo Spirito di Dio, cioè lo Spirito suoi tempii. L'Apostolo non si occupa che della
Santo abitante in essa. Ora, benché il cristiano risurrezione dei giusti.
riceva nel Battesimo lo Spirito Santo, egli può 12. Conclusione ed esortazione. Di tutti questi
perderlo commettendo il peccato mortale. Lo Spi- benefizi di cui abbiamo parlato, non essendo debi-
rito di Cristo è lo stesso che lo Spirito di Dio a
tori alla carne, laquale ci aveva invece resi schiavi
del Padre, cioè lo Spirito Santo che procede ugual- del peccato e della legge non dobbiamo più vivere
;

mente dal Padre e dal Figlio (Giov. XV, 22). Non secondo la carne, ma vegliare affinchè non ci
è di lui, ossia non è membro vivo del corpo mistico riduca di nuovo in schiavitù.
di Gesù Cristo.
13. Se vivrete, ecc. Le opere della carne con-
10. Se Cristo è in voi. Chi possiede in sé lo ducono alla morte spirituale dell'anima in questa
Spirito Santo, possiede ancora Gesù Cristo, poiché vita, e alla morte eterna nell'altra. Se poi collo
le persone della SS. Trinità non si possono sepa- spirito darete morte alle opere della carne, oppo-
rare l'una dall'altra. Se adunque voi possedete lo nendo loro le opere dello spirito, vivrete ora della
Spirito dì Gesù Cristo e Gesù Cristo istesso, il vita della grazia, e poi della vita della gloria, alla
vostro corpo veramente è morto, ossia è soggetto quale parteciperà anche il vostro corpo. Invece di
alla morte a motivo del peccato originale (l'Apo- vixéritis, se vivrete, e mortificavéritis, se darete
stolo, per anticipazione, considera questa morte morte, si deve, secondo il greco, tradurre se vivete,
come già effettuata), ma il vostro spirito vive della se date morte.
vita della grazia per effetto della giustizia (greco
14. Continua a mostrare come per lo Spirito
&ixanciuvt\v =
giustificazione), ossia di quello stato
Santo ci sarà data una vita eterna e gloriosa, e
di giustificazione comunicatoci dallo Spirito Santo
prova quanto ha detto nel v. prec, che cioè, oppo-
nel Battesimo. Nel greco invece di : lo spirito
nendo le opere dello spirito a quelle della carne,
vive, si ha lo spirito è vita.
:
si otterrà la vita eterna. Tutti quelli che sono
11. I fedeli non godono solo
della vita spirituale mossi, ossia governati, dallo Spirito di Dio, cioè
della grazia, ma anche
loro corpi saranno un
i dallo Spirito Santo, e quindi reprimono l moti e
giorno richiamati a nuova vita. Se lo Spirito di lui i desiderii della carne, sono figliuoli di Dio, perchè

che risuscitò Gesù, ossia, se lo Spirito Santo la grazia santificante, loro comunicata dallo Spi-
abita in voi. Gesù, come Dio, risuscitò per propria rito Santo, li incorpora a Gesù Cristo e li fa vi-
virtù (Giov. X, 18); come uomo, fu risuscitato dal vere della sua vita come membri del suo corpo
Padre, a cui vengono appropriate tutte le opere mistico, e li rende suoi fratelli. Si osservi che
dell'onnipotenza, tra le quali é la risurrezione dei l'Apostolo dicendo, che per essere figli di Dio è
morti. Il Padre adunque che risuscitò Gesù, pri^ necessario essere governati dallo Spirito Santo, e
mizia dei dormienti (I Cor. X, 20), vivificherà, non solo averlo ricevuto, lascia chiaramente com-
ossia darà una vita gloriosa e nuova anche ai prendere che colui il quale, dopo aver ricevuto
vostri corpi mortali. Questa risurrezione dei corpi lo Spirito Santo, torna a peccare gravemente ces«t
avrà luogo, perchè essi furono tempii in cui abitò di essere figlio di Dio.
56 Romani, Vili, 15-18

tur, ii sunt fìlìi Dei. "Non enim accepistis fatti che sono mossi dallo Spirito di Dio,
spiritum servitùtis ìterum in timóre, &ed sono figliuoli di Dio. ^^Perocchè non avete
accepistis spiritum adoptiónis fìliórum, in ricevuto io spirito di servitù per di bel
quo clamàmus : Abba (Pater). "Ipse enim nuovo temere, r.na avete ricevuto lo spirito
Spiritus testimónium reddit spiritai nostro di adozione in figliuoli, mercè cui gridiamiO :

quod sumus filli Dei. ^^Si autem filii, et he- Abba (Padre). ''Poiciiè lo stesso Spirito fa
rédes herédes quìdem Dei, coherédes au-
: fede al nostro spirito, che noi siamo figliuoli
tem Christi si tamen compàtimur, ut et
: di Dio. ^^E se (siamo) figliuoli, (siamo) anche
conglorificémur. eredi eredi di Dio e coeredi di Cristo
: se :

però patiamo con lui per essere con lui


glorificati.

"Existimo enim quod non sunt condignae ^''Perocché io tengo per certo che i pati-
passiónes huius témporis ad futùram gló- menti del tempo presente non Hanno pro-

1» II Tim. I, 7; Gal. IV, 5.

15. I vv. 15 e 16, costituiscono una parentesi Santo, e non sia un'illusione della mente nostra
nella quale l'Apostolo prova che, i cristiani sono o un inganno del demonio (Cf. Conc. Trid., sess.
veramente figli di Dio. Non avete ricevuto nel bat- VI de iustìfic, cap. 9 e can. 14, 15).
tesimo lo spirito di servitù, cioè un dono che, 17. Ripiglia l'argomento interrotto al v. 14, e,
essendo proprio degli schiavi, farebbe supporre ragionando per analogia al diritto romano, deduce
che voi siate ancora schiavi, per di bel nuovo, la conclusione. Se siamo figli adottivi di Dio, siamo
come prima della vostra conversione, temere Dio anche gli eredi, perchè la legge romana riconosce
con timore servile. Timore servile è quello per 10 stesso diritto all'eredità tanto ai figli naturali
cui l'uomo si muove a fare il bene, unicamente come agli adottivi (Gal. IV, 7). Eredi di Dio, cioè
per timore della pena. Un tale timore, proprio dei beni che sono la proprietà di Dio, nostro padre
degli schiavi, non può essere causato dallo Spirito adottivo, ossia della sua vita, v. 13, e della sua
Santo. Tutte le religioni pagane erano dominate gloria, v. 18. Gesù Cristo, Figlio naturale di Dio,
dal timore servile. Anche la legge giudaica vien è già entrato al possesso di questi beni (VI, 8
detta legge dì timore, perchè da essa non era e ss.), e quindi noi, essendo stati a luì incorporati
esclusa ogni servilità, giacché da una parte non e vivendo della sua vita, siamo con lui coeredi,
conduceva gli uomini all'osservanza dei suoi co- ossia partecipiamo con luì a questi beni. Colle
mandamenti, se non colla minaccia dei castighi, e parole :eredi di Dio, coeredi di Gesù, l'Apostolo
la promessa di ricompense temporali (Ebr. VIII, 6; vuole eziandio far conoscere la grand3zza e la pre-
IX, 15); e dall'altra non dava loro la grazia santi- ziosità dell'eredità.
ficante (Rom. IX, 3; Gal. Ili, 12, 21). Voi adunque, Se però, ecc. Condizione essenziale, però, per
dice l'Apostolo, non avete ricevuto uno spirito per essere partecipi dì questa eredità sì è di patire con
cui, come prima della vostra conversione, siate Gesià Cristo, l'erede naturale. Come Egli, infatti,
mossi a fare il bene per timore della pena, ma ha meritato la sua glorificazione per mezzo del-
avete ricevuto lo spirito di adozione, cioè un dono l'umiliazione, dei patimenti e della morte; così
dello Spirito Santo, che è proprio dei figli adottivi anche noi, dobbiamo soffrire in unione dì senti-
(Gal. IV, 6), ed è come la caratteristica, a cui si menti con lui, se vogliamo avere parte alla sua
riconosce che sono figli dì Dio. In forza di esso, glorificazione (Luca XXIV, 26; Filipp. II, 5-11;
noi ci rivolgiamo a Dio e lo chiamiamo Padre, 11 Tim. II, 11; 1 Piet. I, 5-7, ecc.).
mostrando con ciò che, come figli, volontariamente
18-30. Provato che, come figli dì Dio, abbiamo
e per amore, ci sottomettiamo in tutto e per tutto
quale ci verrà data se avremo
diritto all'eredità, la
alla sua volontà.
patito con Gesìi, l'Apostolo dopo aver affermato,
Abba è una parola aramaica tradotta dallo stesso che ì patimenti di questa vita sono nulla a para-
S. Paolo con Padre (V. n. Marco XIV, 36; Gal. IV,
gone della gloria che ci aspetta, v. 18, passa a
6). Questa formola, appartiene probabilmente a
provare la certezza che abbiamo dì questa gloria,
qualche preghiera liturgica.
con una serie dì quattro argomenti progressivi, de-
L'Apostolo spiega meglio il suo pensiero.
16. dotti, il primo, dal desiderio delle creature irragio-
Lo stesso Spirito Santo in persona, fa fede (greco nevoli, 19-22; il secondo, dal desiderio dei fedeli,
cw^naprupei = attesta assieme) al nostro spirito 23-25; il terzo, dal desiderio dello Spirito Santo
cioè, la nostra coscienza vivificata dal dono che è abitante in noi, 26-27 il quarto,
; dal desiderio di
lo spirito dì adozione, che noi siamo figliuoli di Dio stesso, 28-30.
Dio, perchè è solo per suo impulso che noi, con L'Apostolo, che molto aveva sofferto (II Cor.
amore figliale, invochiamo Dio col nome di Padre XI, 23 e ss.), ed era pure stato rapito fino al terzo
(Gal. IV, 6). Oltre alla testimonianza del dono, noi cielo (II Cor. XII, 2 e ss.), parla per propria
abbiamo quindi anche quella del donatore. Si os- esperienza. Io tengo per certo, litote per è certis-
servi però, che noi non possiamo, salvo una spe- simo, che i patimenti del tempo, cioè della vita
ciale rivelazione, avere la certezza assoluta di presente, non hanno che fare (gr. otix d^ia eìvoi
essere figli dì Dio e dì possedere la grazia, poiché = non hanno alcun peso) colla gloria, ossia in
quantunque questa testimonianza dello Spìrito, in paragone della gloria che rivestirà tutto l'uomo in
sé stessa sia infallìbile, tuttavia, salvo speciale ri- anima e corpo. Che in (meglio secondo il greco
velazione,noi non possiamo sapere con certezza su) noi si scoprirà. Questa gloria, che adesso è
cb« essa realmente provenga in'noi dallo Spirito come-nascosta nel eielo (Coloss. JII^ 3-4 ;-I Piet.
Romani, Vili, 19-23 57

riani, quae revelàbitur in nobis. ex- "Nam porzione colla futura gloria che si manife-
pectàtio creatùrae, revelatiónem filiórum sterà in noi. "Poiché questo mondo creato
Dei exspéctat. -"Vanitati enim creatura su- sta alle vedette, aspettando la manifestazione
biécta est non volens, sed propter eum, qui dei figliuoli di Dio. ^°I1 mondo creato infatti
subiécit eam in spe ^^Quia et ipsa crea- : è stato soggettato alla vanità non per suo
tura liberàbìtur a servitùte corruptiónis in volere, ma di colui, che lo ha soggettato con
libertàtem glóriae filiórum Dei. ^^Scimus isperanza : ^^Chè anche il mondo creato sarà
enim quod omnis creatura ingemìscit, et pàr- renduto libero dalla servitù della corruzione
turit usque adliuc. ^^Non sdum autem illa, alla libertà della gloria dei figliuoli di Dio.
sed et nos ipsi primitias spiritus habéntes : ^^Giacchè sappiamo che tutte le creature
et ipsi intra nos gémimus adoptiónem filió- insieme sospirano, e sono nei dolori del
um Dei expectàntes, redemptiónem córporis parto fino ad ora. ^'E non esse sole, ma noi
nostri. pure che abbiamo le primizie dello Spirito :

anche noi sospiriamo dentro di noi, aspet-


tando l'adozione dei figliuoli dì Dio, la reden-
zione del corpo nostro.

2» Lue. XXI, 28.

si manifesterà in tutto il suo splendore, dopo


I, 4), mondo sarà liberato dalla servitù della corruzione,
che saremo risuscitati da morte. sia fisica che morale, introdotta per il peccato, e
Questo mondo creato xtiok;), perverrà, o sarà trasferito, alla libertà, che con-
19. (gr. cioè tutto
mondo siste nella glorificazione dei figli di Dio. Già gli
il sensibile inferiore all'uomo. Con bellis-
sima prosopopea, l'Apostolo rappresenta il mondo antichi profeti predissero per il tempo, in cui il

come una persona, che col capo levato e gli occhi Messia avrebbe vinto il peccato, una rinnovazione
fissi in lontananza (gr. xapaòoxelv da xdpa = capo
della natura (Is. LXV, 17), e nel Nuovo Testa-

e òoxeìv = osservare), aspetta con trepida ansia mento si parla esplicitamente di nuovi cieli e di
la glorificazione dei figli di Dio. La frase expecta- una nuova terra (II Pietr. III, 13; Apoc. XX, 1).
expectat è un ebraismo, che significa attende
tio... 22. Sappiamo noi cristiani, ammaestrati dalle
con vivo desiderio. La manifestazione (gr. cx:roxà- Scritture sullo stato violento in cui si trova la
Xvit)tv), cioè il giorno in cui i giusti, entrati in natura sensibile, che tutte le creature {nàaa f\
possesso della gloria, saranno manifesti a tutti %naiq, come nei vv. prec. tutta la natura sensibile)
come figli di Dio. insieme sospirano (gr. avaxsvàì^ex congemiscit)=
20.Dà ragione di questa attesa delle creature.
la e sono nei dolori del parto (ouvco&irei compar- =
Il mondo creato, ossia la creatura sensibile, è stato turit). Questi due verbi mostrano come tutta la

assoggettato, per la sentenza pronunziata da Dio natura sensibile soffra in certo modo
per lo stato
contro Adamo dopo il peccato (Gen. Ili, 17. La in cui si trova, ma assieme fanno vedere, special-
terra è maledetta per cagion tua, testo ebraico), mente il secondo, che essa attende una stato mi-
alla vanità, cioè alla mutabilità, al deperimento, e gliore. La natura soffre ora come una partoriente,
quindi alla corruzione e alla morte. Non per suo ma poi si rallegrerà come la madre quando ha
volere. Le cose sensibili sono soggette a tale muta- dato alla luce il figlio (Giov. XVI, 21). Sino ad ora.
bilità, « non per inclinazione della loro natura, per La natura prova questi dolori anche adesso, dopo
cui ben lungi dall'amare la corruzione e la vec- effettuata la redenzione, né sarà lieta se non
chiezza, che da tale mutabilità deriva, amano anzi quando gli uomini, cioè i figli di Dio, saranno glo-
la propria conservazione» (Martini), e oppongono rificati. La natura desidera quindi la glorificazione

resistenza a chi si attenta di distruggerla, ma per dei figli di Dio, perchè solo in seguito ad essa,
volere di colui che lo ha assoggettato con ispe- potrà essere libera da quello stato violento in cui
ranza, cioè per un'ordinazione di Dio, il quale si trova.
le ha rese partecipi della maledizione scagliata 23. Non esse sole, cioè non solo le creature
contro l'uomo, loro re e sovrano. Dio però ha sensibili, gemono, ecc. L'Apostolo passa così al
lasciato loro la speranza che, nella futura rinnova- secondo argomento. Ma noi pure, ecc. Con queste
zione, saranno liberate da questa dura legge, e parole sono indicati non solo gli Apostoli, come
saranno partecipi della glorificazione dell'uomo. vorrebbero alcuni, ma tutti i cristiani, dei quali si
Alcuni esegeti (Cornely, Crampon, Maunoury, è già parlato nei vv. prec. e si parla anche nei
ecc.) pensano, che le creature siano state sogget- vv. seg. Che abbiamo le primizie dello Spirito
tate alla vanità, nel senso che, dopo il peccato di (gr. TÌ\v d:rapXT\v tou jiveuiuaroq) cioè i primi doni
Adamo, esse invece di servire a glorificare Dio, dello Spirito Santo, quali la giustificazione, ecc.,
sono diventate, nelle mani dell'uomo, strumento di ma non possediamo ancora la pienezza della sua
peccato e di ribellione contro Dio. In questo caso effusione, che ci verrà solo comunicata alla futura
però, resta assai diflScile spiegare come abbiano risurrezione, quando anche il corpo nostro sarà
potuto essere assoggettate da Dio alla vanità. Si- glorificato ; oppure, noi che abbiamo già, come pri-
milmente alcuni riferiscono le parole ma di colui mizia ed arra e pegno, lo Spirito Santo abitante in
che lo ha assoggettato, ad Adamo. Non si capisce noi colla sua grazia, anche noi sospiriamo, perchè
però, in questo caso, come Adamo abbia potuto avendo solo una parte, desideriamo di avere la
infondere la speranza di rinnovazione alle creature. pienezza dei doni dello Spirito Santo.
21. Spiega in che consista questa speranza. L'adozione dei figliuoli di Dio. Qui si tratta del-
Anche, cioè assieme all'uomo, figlio di Dio, il l'adozione perfetta o consumata, che consiste nellt
58 Romani, Vili, 24-28

^*Spe enim salvi facti sumus. Spes autem, "Poiché in isperanza siamo stati salvati.
quae vidétur, non est spes nam quod videt
: Or la speranza che sivede, non è speranza :

quis, quid sperat? ^*Si autem quod non vi- come infatti sperare quel che uno vede?
démus, speràmus : per patiéntiam expec- ^^Che se speriamo quello che non vediamo,
tàmus. ^^Similiter autem et Spiritus àdiuvat lo aspettiamo per mezzo della pazienza.
infirmitàtem nostram nam quid orèmus,
: ^^Nello stesso modo lo Spìrito sostenta la
sicut opórtet, nescimus sed ipse Spiritus
: nostra debolezza poiché non sappiamo quel
:

póstulat prò nobis gemitibus inenarrabilibus. che convenientemente abbiamo da doman-


^^Qui autem scrutàtur corda, scìt quid de- dare ma lo Spirito stesso sollecita per noi
:

sideret Spiritus quia secùndum Deum pó-


: con gemiti inesplicabili. ^"E colui che è
stulat prò sanctis. scrutatore dei cuori, conosce quel che brami
lo Spirito mentre egli sollecita secondo Dio
:

pei santi.
^'Scimus autem quóniam diligéntibus De- ^''Ora noi sappiamo che tutte le cose tor-
um omnia cooperàntur in bonum, iis, qui nano a bene per coloro che amano Dio, per
secùndum propósitum vocàti sunt sancti. coloro, i quali secondo il proponimento (di

glorificazione dell'anima e del corpo, e non del- stesso, cioè muovendoci a sollecitare (Matt. X, 20),
l'adozione imperfetta, che sì conseguisce nella giu- e ponendo sulle nostre labbra gemiti inesplicabili,
stificazione. La redenzione, ecc. Queste parole ossia un linguaggio incomprensibile agli uomini (in
spiegano appunto in quale senso si debba inten- opposizione a Dio che conosce, v. seg.). Qui si
dere l'adozione, di cui si parla. Noi aspettiamo di tratta diun genere straordinario di orazione, in cui
godere di tutti i frutti dell'adozione, l'ultimo dei l'anima rimane come assorbita in Dio, e non sa
quali, in ragione di tempo, è la liberazione del più quel che dice e quel che fa (Rodriguez, Eser-
corpo dalla morte e la sua glorificazione. Dio non cizio di perfezione, I diss. V, cap. 4 Dict. Vig.,
;

può lasciare insoddisfatta una speranza che egli Langues). Questo stato è paragonabile a quello in
stesso, colla sua grazia, ha creato nel nostro cui si trovavano talvolta i primi fedeli, quando ri-
cuore. cevevano il dono di pregare in varie lingue, senza
24. Prova che noi aspettiamo ancora il comple- ricevere il dono dell'interpretazione (I Cor. XIV, 2,
mento della adozione dal fatto che, solo
nostra 4, 14).
in speranza e non ancora in realtà, siamo stati 27. Colui, ecc. Benché questi gemiti siano a noi
completamente salvati. Anche qui si parla della perché non sappiamo il termine a cui
inesplicabili,
pienezza della salute. Essendo giustificati, noi. pos- tendono. Dio però, che è scrutatore dei cuori,
sediamo già il principio della salute, ma questa ossia che possiede una scienza infinita a cui nulla
non sarà completa, che quando l'anima e il corpo sfugge, conosce quel che brami lo Spirito (rò
saranno glorificati. Quindi, solo in speranza, noi (ppóvnjia toG Tcvevuaxoq = il desiderio dello Spi-
possediamo ora il complemento della nostra salute, rito), ossia ciò a cui tende e che cosa abbraccia il
e perciò gemiamo aspettando. Ora la speranza, desiderio eccitato in noi dallo Spirito Santo.
cioè la cosa sperata, che si vede, ossia che è già Mentre (gr. ox\ può tradursi : perchè, quia, op-
presente, non è speranza, cioè non è più sperata, pure che, quod. Quest'ultima traduzione è da pre-
perchè la speranza è di un oggetto futuro. Come ferirsi). Dio conosce non solo il desiderio, ma sa
'

infatti sperare, ecc. Dire che si spera una cosa pure che ciò che domanda lo Spirito, è sempre
equivale ad affermare che non 1« si possiede conforme al divino beneplacito {Secondo Dio in
ancora. opposizione al sicut oportet del v. precedente).
25. Se speriamo, ecc., come avviene in noi che, Perciò è impossibile che tali gemiti, eccitati in
non possedendo ancora la pienezza dell'adozione, noi dallo Spirito Santo, non siano esauditi. Noi,
attendiamo di averla in futuro, ne segue che dob- in conseguenza, siamo sicuri della nostra glorifica-
biamo aspettare con perseveranza (àne-nbéXeaxai) zione. Santi sono i fedeli. Ved. n. I, 7.
la redenzione del nostro corpo, ossia la sua risur- 28-30. Quarto ed ultimo argomento dedotto dal
rezione a una vita gloriosa. Per mezzo della pa- decreto di Dio. Siccome l'Apostolo prova in tanti
zienza (òi* «»o|ìovt\(;). Con queste parole l'Apostolo modi la certezza della nostra glorificazione, affine
vuole eccitare i fedeli a sopportare con pazienza le di animare i cristiani a soffrire con pazienza le
tribolazioni della vita presente, colle quali possono tribolazioni, condizione necessaria per aver parte
meritare la gloria futura. alla eredità con Gesù Cristo, v. 17, perciò comincia
26. Terzo desiderio. Come le creature sensibili subito a mostrare che queste tribolazioni, lungi dal-
e le anime giuste desiderano la nostra glorifica- l'ostacolare, favoriscono invece la nostra salute.
zione, nello stesso modo, ossia parimenti, la desi- iVoi cristiani sappiamo che tutte le cose, e quindi
dera lo Spirito Santo, che abita nei nostri cuori. anche le tribolazioni, le avversità, la morte (e fin
Questo Spirito infatti, sostenta (gr. cfwvavn Xafipd- le cadute),conferiscono e sono ordinate da Dio
ve-ai, aiuta, assiste) la nostra debolezza (i migliori al vantaggio spirituale, alla salute e quindi alla
codici greci hanno il singolare, e non il plurale glorificazione dei santi. Per coloro che amano Dio,
come si legge nel greco ordinario), ossia la debo- cioè che hanno l'amor di Dio per lo Spirito che
lezza delle nostre preghiere. Benché infatti, sap- abita in essi (V, 5), ossia, per i cristiani che sino
piamo in generale ciò che si deve chiedere a Dio alla morte perseverano nella fede e nella carità.
(Matt. VI, 9 e ss.), spesso però ignoriamo quel Per coloro che, secondo il proponimento (gr. «rà
che in particolare, e in un dato momento, per noi jrpó9e(n> = disegno prestabilito e, nel caso, de-
sia utile e conveniente. Ora lo Spirito viene in creto eterno), sono stati chiamati. Col nome di
soccorso alla nostra debolezza, sollecitando Egli proponimento si intende il decreto, con cui Dio, da
KOMANI, Vili, 29-32 59

'®Nam quos praescìvit, et praedestinavit con- lui) sono


stati chiamati santi. ''Poiché coloro
fórmes fieri imàgìnis Fìlii sui, ut sit ìpse che ha preveduti, li ha anche predesti-
egli
primogénitus in multis fràtribus. ^"Quos au- nati ad essere conformi all'immagine del
tem praedestinavit, hos et vocàvit et quos : Figliuol suo, ond'egli sia il primogenito tra
vocàvit, hos et iustificàvìt quos autem iu- : molti fratelli. ^"Coloro poi che ha predesti-
stiflcàvit, ìllos et glorificàvit. nati, li ha anche chiamati e quelli che ha :

chiamati, li ha anche giustificati e quelli :

che ha giustificati, li ha anche glorificati.


'^Quid ergo dicémus ad haec? si Deus ^^Che diremo adunque a tali cose? Se
pronobis, quis contra nos? '^Qui étiam pró- Dio è per noi, chi sarà contro di noi? ^^Egli

tutta l'eternità, ha di dare a un certo


stabilito e a tutti comunicasse la sua figliuo-
varii fratelli,
numero di uomini
gloria del cielo e quindi la
la lanza, e della pienezza di lui tutti ricevessero la
grazia e i meriti a ciò necessarii, e tutto questo, grazia e la gloria (Giov. I, 18).
non perchè Egli fosse tenuto, o perchè gli uo-
30. Coloro poi che ha predestinati, ecc. L'Apo-
mini lo abbiano meritato colle loro opere, ma uni-
camente per un atto della sua bontà e della sua
stolo, dopo la previsione e la predestinazione che
sono ab eterno, enumera ora diversi atti con cui
i
misericordia (Rom. IV, 6; IX, 11; Efes. I, 11 ;
Dio eseguisce nel tempo i decreti di predestina-
III, 11; V, 9; II Tim. I, 9). Dicendo sono stati
zione dei santi. II primo di questi atti è la voca-
chiamati, l'Apostolo parla della vocazione nel
zione : Li ha chiamati. Qui si parla di una vocazione
tempo, colla quale Dìo eseguisce il suo eterno de-
efficace, poiché ad essa seguono la giustificazione
creto di predestinazione. Qui si tratta di una voca-
e la glorificazione. Dio chiama adunque efficace-
zione, efficace e perseverante, alla fede in Gesù
Cristo e alla santità. L'aggettivo santi, manca in
mente suoi eletti alla fede e alla virtù, sia ester-
i

namente, per mezzo della predicazione del Van-


tutti i codici greci, in tutte le versioni e anche in
gelo, e sia internamente, per mezzo della grazia.
diversi codici della Volgata, e quindi va consi-
Questa vocazione è necessaria, perchè il cuore del-
derato come una glossa introdottasi nel testo della
l'uomo non si rivolgerebbe a Dio, se Dio a sé non
Volgata.
l'attirasse colla sua grazia (Giov. VI, 44). Alla
29. Dopo aver detto che tutte le cose, tornano vocazione efficace segue la giustificazione: Li ha
a vantaggio di coloro che amano Dio e sono stati giustificati infondendo loro la sua grazia santifi-
predestinati e chiamati, passa a provare questa cante, e rendendoli giusti davanti a Dio (Ved. n.
verità, analizzando il decreto divino relativo alla HI, 24). Anche qui si tratta di una giustificazione
salute dei predestinati. efficace e perseverante, poiché è congiunta colla
Coloro che egli ha preveduto {iipoéyvo3= conobbe glorificazione. Alla vocazione e alla giustificazione
in antecedenza). La prescienza o previdenza di Dio, segue la glorificazione, o configurazione a Gesù
della quale parla l'Apostolo, non importa solo una trionfante, per cui il predestinato, entra nel pos-
cognizione dell'intelletto di ciò che avverrà in sesso della gloria che Dio, da tutta l'eternità, gli
futuro riguardo agli eletti, ma presuppone un atto ha preparata. Li ha anche glorificati. L'Apostolo
della volontà, con cui Dio, da tutta l'eternità, ha usa il tempo passato (gr. aoristo), affine di espri-
amati e scelti i predestinati, non per alcun loro mere la certezza e l'infallibilità della sorte riser-
merito, ma per pura sua benevolenza. Il verbo vata agli eletti. L'elezione, la predestinazione, la
wpoYtvcbcrxstv, qui come al cap. XI, 2 significa una vocazione, la giustificazione, la glorificazione;
cognizione che approva e si compiace, e quindi ecco i varii atti con cui Dio conduce i suoi eletti
che già presuppone un atto della volontà. Coloro alla salute, e fa sì che tutto ridondi a loro maggior
adunque che in tal modo Dio ha preveduti, da vantaggio.
tutta l'eternità, li ha anche predestinati (V. n. pre-
31. Provata la certezza della gloria degli eletti,
cedente) ad essere conformi all'immagine del Fi-
l'Apostolo, con eloquenza incomparabile, intona
gliuol suo. Questa conformità non è il motivo o la
l'inno del trionfo, in cui effonde tutta la carità e
causa della predestinazione, ma effetto e termine
l'ardore del suo cuore-, e termina così la seconda
della medesima. Essa consiste nella perfetta e
sezione della sua epistola, mostrando che i fedeli
consumata adozione (Efes. I, 5) in figliuoli, cioè
non hanno sulla a temere, e che nulla li potrà
nella configurazione a Gesii Cristo glorioso e
separare dalla carità di Gesù Cristo. Che diremo
trionfante in modo da essere, come Lui, glorificati
dunque noi cristiani a tali cose ? Quale conclu-
in anima e corpo, e importa ancora, come mezzo a
sione dedurremo noi da quanto abbiamo ragionato?
tanto fine, la configurazione a Gesù paziente (v. 17)
Se Dio è per noi, come sì vede nella predesti-
e modello di tutte le virtù. Per questo dice l'Apo-
nazione, nella vocazione, ecc., vv. 28-30, chi sarà
stolo, conformi all'immagine del suo Figliuolo,
contro di noi? Avremo sempre nemici da com-
acciò si comprenda che, come si è portata l'imma-
battere, ma la vittoria non ci può mancare, perchè
gine dell'uomo terreno (Adamo), si deve anche
da parte nostra abbiamo Dìo che ci protegge.
portare l'immagine del celeste, cioè di Gesù Cristo
(I Cor. XV, 49), per modo che, come Gesù Cristo 32. Prova con un fatto che Dio è
innegabile,
è l'immagine di Dio invisibile (Coloss. I, 15), così veramente per che da lui avremo forza per
noi, e
i predestinati siano, per la grazia e la gloria, l'im- vincere nostri nemici. // proprio Figliuolo. Dio
i

magine di Gesù Cristo. ci ha talmente amati che, per la nostra salute, ha

Onde il primogenito, ecc. Dio ha prede-


egli sia consegnato alla passione e alla morte il suo Figlio
a essere conformi a Gesù Cristo,
stinati gli eletti (Giov. Ili, 16 e ss.). Ora, chi può dubitare che
affine dare a Lui numerosi fratelli adottivi ed
di in un dono così eccelso non siano contenuti tutti
affinchè, per dignità e per merito. Egli fosse a gli altri minori doni che ci possono abbisognare?

tutti superiore, come Io era il primogenito tra i (V. n. V, 6 e ss.). Non ci ha donato. Il testo
60 Romani, Vili, 33-38

prio Filio suo non pepércit, sed prò nobis che non risparmiò nemmeno il proprio Fi-
omnibus tràdidit illum quómodo non étiam
: gliuolo, ma lo ha dato a morte per tutti noi :

cum omnia nobis donavi! ? ^^Quis accu-


ilio come non ci ha donate ancora con esso
sàbit advérsus eléctos Dei? Deus qui iusti- tutte le cose ? "Chi porterà accusa contro gli
fìcat. ^^Quis est qui condémnet? Christus eletti di Dio? Dio è, che giustifica, "Chi è
Jesus, qui mórtuus est, immo qui et resur- che condanni? Cristo Gesù è quegli che è
réxit, qui est ad déxteram Dei, qui étiam mòrto, anzi che è anche risuscitato, che sta
ìnterpéllat prò nobis. alla destra di Dio, che anche sollecita per
noi.
'^Quis ergo nos separàbit a charitàte Chri- '^Chi ci dividerà adunque dalla carità dì
8ti? tribulàtio? an angùstia? an fames? an Cristo? forse la tribolazione? forse l'an-
nuditas? an periculum? an persecutio? an gustia ? forse la fame ? forse la nudità ? forse
glàdìus? (^^Sicut scriptum est Quia propter : il pericolo? forse la persecuzione? forse la

te mortifìcàmur tota die aestimàti sumus


: spada? ^^(Conforme sta scritto Per te noi :

slcut oves occisiónis). ^^Sed in his omnibus siamo ogni dì messi a morte slam riputati
:

superàmus propter eum, qui diléxit nos. come pecore da macello). ^^Ma di tutte
'*Certus sum enim quia neque mors, neque queste cose siam più che vincitori per colui
vita, neque angeli, neque principàtus, neque che ci ha amati. ^*Poichè io son sicuro che

" Ps. XLIII, 22.

greco e le migliori versioni hanno il futuro non bensì di trascinarci al male, e renderci indegni
ci donerà, e questa lezione è voluta dal contesto. della protezione di Dio, ma Dio noo abbandona i
33-34. Svolge la seconda parte del v. 31. Chi suoi amici, e verrà in loro soccorso, se pure Egli
sarà contro di noi. Noi non abbiamo a temere il npn viene abbandonato.
giudizio. Infatti : Chi porterà accusa contro gli La tribolazione, ecc. Ecco alcuni mezzi che il

eletti di Dio, eletti cioè nel senso spiegato ai ver-


mondo adopera per allontanarci da Dio.
Eicoli 28-30? La risposta non può essere dubbia: La persecuzione, nel greco è posta nel terzo
nessuno. Dio è che giustifica, ossia qualora vi luogo, subito dopo l'angustia. La spada, cioè la
fosse chi ci accusasse, Dio ci dichiarerebbe giusti morte. Si pone la causa per l'effetto.
e ci assolverebbe da ogni accusa. Il verbo giustifi- 36. Conforme sta scritto, ecc. Queste tribola-
care, va preso qui, come II, 13; Gal. II, 16, ecc., zioni furono già predette. L'Apostolo cha, secondo
nel senso di dichiarare giusti, di assolvere, come i LXX, il versetto 23 del salmo XLIII, nel quale
si fa dai giudici nei tribunali. Niuno similmente il figlio di Core) descrive le persecu-
poeta (un
oserà condannarci, perchè Gesii Cristo, giudice zioni che popolo d'Israele doveva sostenere da
il
supremo dei vivi e dei morti (II, 16; II Cor. V, 10), parte di nemici potenti, persecuzioni che sono
è colui stesso che è morto per espiare le nostre figura di quelle che avrebbero dovuto sostenere i
colpe, che è risuscitato per aprirci *e porte del -
giusti dopo Gesii Cristo. Per te, cioè a motivo
cielo e renderci partecipi della sua immortalità della tua fede e della tua religione (o Dio). Ogni
(IV, 25), che sta alla destra di Dio per aiutarci dì, ossia di continuo. Siamo riputati, ecc. Zacc.
(I Cor. XV, 24), e che anche sollecita per noi, XI, 4.
come nostro avvocato (I Giov. II, 1). Pgr noi si
riferisce a tutto ciò che precede, e quindi alla
37. Benché siamo come pecore da macello, tut-
morte, alla risurrezione, ecc. Molti interpreti, se- tavia non temiamo, perchè di tutte queste cose,
cioè tribolazione, dell'angustia, ecc., siamo
della
guendo Sant'Agostino (De doctr. christ., III, 3),
aggiungono due interrogazioni e leggono Chi:
più che vincitori (gr. ijnepvixa>|uev == stravinciamo),
porterà accusa contro gli eletti di Dio ? Dio che
otteniamo cioè una completa vittoria, per colui
che ci ha amati, ossia grazie agli aiuti che ci ver-
giustifica? E chi è che condanni? Gesù Cristo
che è morto... per noi? Si avrebbe così un argo- ranno dati dalla carità di Gesù Cristo, dalla quale
mento ad absurdum. Il senso però non varia gran per conseguenza nulla varrà a separarci. La vit-
punteggiatura della Vol- toria è quindi un dono della grazia.
che, sia che si accetti la
gata, sia che si segua quella proposta da Sant'Ago- 38. Ritorna sullo stesso pensiero, ricorrendo
stino. In quest'ultimo caso il verbo giustificare può però alla propria esperienza. Sono sicuro. Se
ritenere la solita significazione. queste parole si intendono nel senso di una cer-
35. Ai fedeli non mancheranno, anche nella vita tezza assoluta, e si ammetta, come è piiì verosi-
presente, gli aiuti di Dio. Chi adunque, ecc. Questo mile, che l'Apostolo parli qui di sé stesso e non
adunque manca nel greco, dove si ha una serie in persona di tutti gli eletti, si deve conchiudere
di tre interrogazioni : Chi accuserà, v. 33, chi che tale certezza, l'Apostolo non potè averla se
condannerà, v. 34, chi ci dividerà, v. 35. Dalla non per divina rivelazione. Niuno infatti, senza
carità di Cristo, cioè, secondo gli uni, dall'amore una speciale rivelazione, può sapere con certezza,
che Dio ci porta, o, secondo altri, dall'amore che se sia degno di odio o di amore (Eccles. IX, 1),
noi portiamo a Dio. 'Siccome l'Apostolo prova e se sia predestinato (Conc. Trid. sess. VI, cap.
sempre la certezza che gli eletti hanno della loro XII). Ne la morte, il male piti terribile di questa
salute, pare piii probabile la prima spiegazione. "vita, ne la vita, il bene più desiderabile. Cf. XIV,
Nulla vi ha che possa distruggere quest'amore di 8. Sia che moriamo, sia che viviamo, siamo sem-
Dio, e quindi far sì che il Signore non sia piìi pre del Signore. Ne gli angeli, né i principati, né
per noi. Il mondo con tutte le sue forze, cercherà le virtù. Tre categorie di angeli (I Cor. XV, 24;
Romani, Vili, 39 - IX, 3 61

virtutes,ncque ìnstàntia, neque futura, nc- né la morte, né né gli angeli, né i


la vita,
que fòrtitùdo, "neque altitùdo, neque pro- principati, né le né ciò che ci so-
virtù,
fùndum, neque creatura alia póterit nos se- vrasta, né quel che ha da essere, né la
parare a charitàte Dei, quae est in Christo fortezza, *'Né l'altezza, né la profondità, né
lesu Domino nostro. alcun 'altra cosa creata potrà dividerci dalla
carità di Dio, la quale è in Cristo Gesù
Signor nostro.

CAPO IX.

Dolore di S. Paolo per la riprovaziorie d'Israele, i-s. — Dio manterrà le promesse


no7i ostante l'incredulità dei GÌ2idei, 6-13. — Dio non è ingiusto nel preferire
l'uno all'altro, 14-24. — Dio aveva predetto la riprovazione dei Giudei e la
vocazione dei Gentili, 25-29. — Colpevolezza dei Giudei, 30-33.

^Veritàtem dico in Christo, non méntior : ^Dico la verità in Cristo, non mentisco :

testimónium mihi perhìbénte consciéntia facendone a me fede la mia coscienza per


mea in Spiritu sancto ^Quóniam tristitia
: lo Spirito Santo ^che io ho tristezza grande
:

mihi magna est, et continuus dolor cordi e continuo affanno in cuor mio. ^Perocché
meo. ^Optàbam enim ego ipse anathéma esse bramava di essere io stesso separato da

3 Act. IX, 2; I Cor. XV, 9.

Efes. I, 21 ; Coloss. I, 16). Se qui si parla degli dignità di Gesù Cristo. Nella terza sezione di
angeli buoni, è chiaro che non sì tratta che di quest'Epistola, IX-XI, S. Paolo prende a sciogliere
una supposizione enfatica, poiché i buoni angeli questa difficoltà, e fa vedere la fedeltà dì Dio, nel
non potranno mai tentare alcuno per allontanarlo mantenere le sue promesse, IX, 1-29; la sua giu-
da Cristo. Molti interpreti però ritengono che stizia, nella riprovazione d'Israele, IX, 30-X ;la
l'Apostolo parli degli angeli ribelli, altri che parli sua attuale misericordia, a riguardo di molti Israe-
sia dei buoni (angeli) che dei cattivi (principati) liti e la sua misericordia futura, a riguardo di
(V. Cornely, h. 1.). Le virtù. Queste parole man- tutto il popolo, XI (Ved. Prat, op. cit., toni. I,
cano nei migliori codici greci e latini. Né ciò che pag. 332; Corluy, Spicil., tom. I, pag. 113).
ci sovrasta, cioè né le cose presenti, piacevoli o 1-5. Dopo aver esposto il nuovo sistema di
dolorose, né ciò che ha da essere, ossia né le cose giustificazione per la fede, e cantato, con up
future. Né la fortezza. Nel greco non v'è nulla di inno di trionfo, la certezza della salute degli
corrispondente. Alcuni codici hanno però o\5re eletti, l'Apostolo dà uno sguardo al popolo
è^o\3<jioi =
neque virtutes, né le virtù, ossia pro- d'Israele, e al vederlo escluso dalla salute m^essia-
babilmente i magistrati, i poteri civili ostili a nica, egli prorompe in un grido di dolore così
Gesù Cristo. Questa lezione fu ricevuta nelle edi- profx)ndo da non potersi concepire. Comincia col
zioni critiche. Nest., Tisch., West.-H. testimoniare il suo amore verso i suoi antichi
Né l'altezza, né la profondità, astratti per
39. correligionarii. Dico la verità... non mentisco, due
il concreto equivalente niuna cosa che è nello
;
formole l'una positiva e l'altra negativa di uguale
spazio. Né alcun'altra cosa creata... ricapitolazione significazione. In Cristo, che non mentisce, di cui
generale per dire, che nulla potrà dividerci dalla io sono ministro, e a cui sono unito come membro
carità di Dio, ossia dall'amore che Dio ci ha al corpo. Facendone a me fede (gr.ov|ii|aapTupoucri\q,
dimostrato per i meriti di Gesìi Cristo nostro me- rendere testimonianza assieme) la mia coscienza
diatore, per cui abbiamo la pace con Dio e la per lo Spirito, ossia la mia coscienza illustrata
speranza della gloria eterna (V, 1). dallo Spirito Santo, o in unione collo Spirito santo.
2. Tristezza e affanno. Benché per un certo
riguardo l'Apostolo non dica il perchè di un tanto
CAPO IX. dolore, è chiaro però, da tutto il contesto, che egli
è pieno di tristezza per l'infelice condizione di
L'Apostolo aveva affermato I, 16, che il Vangelo Israele escluso dalla salute messianica. L'Apostolo
era la forza di Dio per la salute di tutti i credenti, afferma con tanta energia la sua veracità per pro-
ma prima del Giudeo e poi del Greco. Ora il testare contro parecchi Giudei, i quali lo conside-
popolo Ebreo, non ostante tutto, non si era con- ravano come nemico d'Israele (Atti, XXI, 21), e
vertito al cristianesimo, e nella Chiesa, i fedeli perché tutti comprendessero, che egli non parlava
convertiti dal paganesimo, formavano la grande per malo animo, ma per sincero desiderio della
maggioranza. Questo stato di cose, che sembrava loro salute.
contrario alle divine promesse, costituiva una dif- 3. Bramava. 11 greco nvXó|LiT\v va tradotto col
ficoltà contro la verità del Vangelo e la stessa condizionale bramerei. Qui si parla di un desiderio
62 Romani, IX, 4-5

a Christo prò fràtribus meis, qui sunt cognati Cristo pei m.ìei fratelli, che sono de! sangue
mei secùndum carnem, *Qui sunt Israelitae, mio secondo carne, ^Che sono Israeliti,
la
quorum adóptio est fìlìórum, et glòria, et dei quali è l'adozione in figliuoli, e la gloria,
testaméntum, et legìslatio, et obséquium, et e l'alleanza, e l'ordinazione della legge, e
promissa ^Quorum patres, et ex quibus est
: il culto, e le promesse "dei quali sono ì :

Chrristus secùndum carnem, qui est super padri, e dai quali è (nato) il Cristo secondo
omnia Deus benedictus in saécula. Amen. la carne, che è sopra tutte le cose Dio bene-
detto nei secoli. Così sia.

irrealizzabile. Bramerebbe, se fosse possibile e ciali che competevano alsolo Israele e a nessun
necessario o utile alla salute degli Ebrei, essere altro popolo. Le promesse messianiche, ossia le
egli stesso separato da Cristo (dvdOefia etvat dn ó numerose profezie relative al Messia e ai beni
rou Xpusxov, essere anatema da Cristo) pur di che Egli avrebbe apportati.
vederli convertiti a Gesù Cristo. La parola ana-
5. Dei quali (sono) i padri. Fa vedere ora la
tema, traduzione dell'ebraico herem, nel V. T.,
dignità dei Giudei per la loro origine. Essi hanno
significa una cosa o una persona C9ntaminata e
per loro antenati i padri Abramo, Isacco, Giacobbe,
votata alla distruzione (Deut. VII, 1-6, 26; XX,
uomini cari a Dio sopra tutti gli altri (Esod. Ili, 6;
16-18; XIII, 15-17, ecc.). Presso S. Paolo (I Cor.
Deut. IV, 37; Atti, VII, 32). Dai quali è, ecc. La
XII, 3; XVI, 22; Galat. I, 8, 9) significa male-
maggior gloria dei Giudei consiste però in questo,
detto da Dio, destinato agli eterni supplizi (Vedi
che da essi è anche il Cristo, cioè ha voluto na-
Hagen, Dict. Bib., voi. I, p. 246 e ss.). A quella
scere il Messia, secondo la carne, cioè, per ciò
guisa che Gesiì Cristo, benché innocente, per
che riguarda la natura umana. Quel Gesù però
nostro amore prese sopra di sé 1 nostri peccati,
che secondo la natura umana è nato di stirpe
e* dal Padre fu costituito peccato (II Cor. V, 21)
Giudea, secondo l'altra sua natura è Dio e sovrano
e maledizione (Gal. Ili, 13) per noi, ossia vit-
di tutte le cose, e a lui competono le benedizioni
tima dei nostri peccati, anche S. Paolo, per l'amore
di tutti i Fa osservare S. Tommaso (h. 1.) che
secoli.
che porta ai Giudei e il desiderio che ha della loro
in questo versetto si distruggono quattro eresie :
salute, bramerebbe, se fosse possibile, pur di ve-
Primo, quella dei Manichei, i quali dicevano che
derli salvi, portare egli stesso la pena della loro
Cristo non aveva un corpo vero, ma solo un corpo
infedeltà, soffrire per sempre ed essere per sempre
apparente e fantastico. Contro di essi dice l'Apo-
separato esternamente da Gesìì Cristo, rimanendo
stolo, che Gesù discendeva dai Giudei secondo
però a lui unito internamente per la grazia.
la carne: Secondo, quella di Valentino, il quale
Un tale desiderio, benché irrealizzabile, è segno
diceva che il corpo di Gesù non era stato formato
della grande carità che ardeva nel cuore dell'Apo-
dalla comune massa del genere umano, ma venuto
stolo, e non ha nulla di meno conveniente. Anche
dal cielo. Contro quest'errore si dice che Gesù,
Mosè concepì un analogo desiderio (Esod. XXXII,
secondo la carne, è (nato) dai Giudei. Terzo,
32). Per i miei fratelli, ai quali sono legato da vin-
quella di Nestorio, il quale diceva altro essere il
coli di religione e di sangue.
figliuolo dell'uomo, e altro il Figliuolo di Dio :

4. Enumera le principali prerogative degli Ebrei. contro di esso dice l'Apostolo che quegli stesso il
Israeliti. Questo nome compendia tutti i loro pri- quale secondo la carne è dai Giudei, è Dio sopra
vilegi, ed era loro dato perchè discendenti da tutte le cose. Quarto, quella di Ario, che diceva
Giacobbe, a cui Dio aveva imposto il nome di Gesù Cristo minore del Padre e creato dal nulla,
Israele (Gen. XXII, 28). L'adozione in figliuoli, contro di che l'Apostolo afferma, che Gesù è Dio
per cui il popolo d'Israele era stato scelto, tra sopra tutte le cose, e che è benedetto per tutti i
tutti gli altri, per essere il popolo di Dio. a Israele secoli.
è il mio primogenito » diceva il Signore (Esod. IV, Alcuni critici razionalisti (Lachmann, Tregelles,
22; Deut. XIV, 1; XXXII, 6; Os. XI, 1, ecc.). Tischendorf, ecc.), per togliere ogni valore a
Quest'adozione però era molto imperfetta, e non questa chiara testimonianza dell' Apostolo sulla
è da paragonarsi coll'adozione, che viene nel divinità di Gesù Cristo, mettono un punto dopo
N. T. comunicata alle anime, per mezzo della secùndum carnem o dopo omnia, e considerano il
grazia di Gesiì Cristo, se non come figura al figu- resto del versetto come una dossologia ad onore
rato. La gloria. Questa parola significa la presenza di Dio. Essi cadono evidentemente in errore, poi-
sensibile "di Dio in mezzo ad Israele. Dio si mani- ché la lezione tradizionale, oltre al trovarsi in
festava presente per mezzo della nube luminosa numerossimi codici e in quasi tutte le versioni, ha
che ricoprì l'arca dell'alleanza (Esod, XL, 34) e in suo favore più antichi Padri, i quali si servi-
i

riempì il tempio di Salomone (III Re VIII, 10, 11), rono precisamente di questo testo per provare la
chiamato perciò « luogo di abitazione della gloria divinità di Gesù Cristo. Così, p. es., Origene
di Dio » Salmo XXV, 8. La manifestazione sensibile (Com. in Rom., h. 1.), Sant'Anastasio nella sua
della presenza di Dio, viene spesso chiamata nella seconda lettera a Serapione, S. Basilio (Cont.
Scrittura «gloria di Dio» (Esod. XL, 34 e ss.; Eunom., 1. IV, e. 2), S. Gregorio Niss. (Or., X,
III Reg. Vili, 10, 11; Ezech. X, 11; li Macab. Cont. Eunom.), S. Cirillo A. (Hom. de Virg.
I, 18, ecc.). L'alleanza. Nel greco vi è il plurale Deip.), ai quali si possono aggiungere S. Irineo,
le alleanze, contratte da Dio con Abramo, Isacco, Tertulliano, S. Cipriano, S. Agostino, ecc. D'altra
Giacobbe, e con tutto il popolo per mezzo di Mosé parte si osservi clie l'Apostolo, dicendo che Gesù
(Gen. VI, 18; IX, 9;' XV, 18, ecc.; Esod. Il, 24; è dai Giudei secondo la carne, lascia subito capire
Lev. XXVI, 42). L'ordinazione della legge, ossia che in lui, oltre alla natura umana, vi è un'altra
la legge mosaica data da Dio stesso. // culto, natura, la q-iale viene appunto indicata colle
gr. T) Xatpeia, ossia il culto divino prescritto e parole che è Dio, ecc. Ora le parole secondo
:

regolato da Dio stesso. Erano questi privilegi spe- la carne sarebbero inutili, se l'Apostolo non avesse
KOMANI, IX, t)-12 63

Non autem quod exciderit verbum Dei. ^Non


già che sia andata a vuoto la parola
Non enim omnes qui ex Israel sunt, ìi sunt di Imperocché non tutti quelli che
Dio.
Israelitae : ^Neque qui semen sunt Abrahae, vengon da Israele sono Israeliti ^Nè quei :

omnes filii : sed in Isaac vocàbitur tìbì se- che sono stirpe di Abramo (sono) tutti fi-
men : *Id est, non qui filii carnis, hi filii gliuoli ma in Isacco sarà la tua discen-
:

Dei sed qui fìlli sunt promissiónis, aesti-


: denza *Vale a dire, non i figliuoli della
:

màntur in sémine. carne sono figliuoli di Dio ma i figliuoli :

della promessa sono contati per discendenti.


'Promissiónis enim verbum hoc est Se- : ^Poiché la parola della promessa è tale :

cùndum hoc tempus véniam et erit Sarae : verrò circa questo tempo e Sara avrà un :

fìlius. ^"Non solum autem illa sed et Re- : figliuolo. "Né ella solamente : ma anche
bécca ex uno concùbitu habens, Isaac patris Rebecca avendo concepito in un atto (due
nostri. ^^Cum enim nondum fuissent,
nati figli)a Isacco nostro padre. ^^Perocchè non
aut àliquid boni egissent, aut mali, (ut se- essendo quelli ancora nati, -e non avendo
cundum electiónem propósitum Dei mané- fatto né bene, né male (affinchè stesse fermo
ret) ^^Non ex opéribus, sed ex vocànte dic- il proponimento di Dio, che è secondo Tele-

' Gen. XXI, 12. • Gal. IV, 28. Gen. XVIII, 10. " Gen. XXV, 24.

voluto mostrare Gesù Cristo anche come Dio (Vedi da Sara mentre erano già in età avanzata e senza
Cornely, h. 1.; Brassac, M. B. II, p. 373; Rev. speranza di aver figli (IV, 19 e ss.). Isacco quindi
Bib., 1903, p. 550-570). può essere chiamato figlio della promessa, e in
6-13. Giudei non impedisce a
L'incredulità dei qualche modo anche figlio di Dio. Ciò posto le
Dio di sue promesse. Non già, ecc.
mantenere le
parole dell'Apostolo sono chiare. Non i figliuoli
della carne, cioè i discendenti naturali, come
Ho parlato dell'afflizione che cagiona in me l'in-
credulità d'Israele, non già perchè io creda che sia Ismaele, sono figliuoli di Dio, cioè eredi delle pro-
andata a vuoto la parola di Dio, colla quale pro- messe, ma i figliuoli della promessa, come Isacco,
mise che il popolo Giudaico sarebbe stato partecipe ossia coloro che, uniti a Gesù Cristo per la fede,
della salute messianica. Quegli solo può credere
sono diventati figliuoli di Abramo imitandone le
virtù, questi sono i veri discendenti del S. Pa-
che l'incredulità dei Giudei abbia resa vana la
triarca, i quali avranno l'eredità promessa (Giov. I,
promessa di Dio, il quale ritiene, che essa sia stata
fatta per coloro che discendono carnalmente da 12; Gal. III, 26).

Israele. Ora ciò è falso, poiché non tutti quelli che Riferisce secondo i LXX, benché non in modo
9.
vengono carnalmente da Israele (cioè Giacobbe, letterale, un testo della Scrittura (Gen. XVOI, 10,
Gen. XXXII, 28), sono Israeliti secondo lo spirito, 14), dal quale apparisce che Isacco è figlio di
e perciò eredi della promessa (IV, 11 e ss. I Cor. ; Abramo, non secondo la carne, ma secondo la
X, 18; Gal. IV, 29; VI, 16). Nel greco, invece di promessa. Circa questo tempo, fra un anno.
Israeliti si legge Israele, e quindi si ha questo senso Questa parola manca nel greco, dove
10. Ella.
pressoché uguale Non tutti quelli che vengono da
:
si legge semplicemente: Ne solamente; ma, ecc.
Israele (Giacobbe) costituiscono Israele, popolo Anche Rebecca ricevette (Gen. XXV, 23), come
erede della promessa. Sara (Gen. XVIII, 9-15), la promessa. Con altro
7. Né Lo stesso pensiero appli-
quei che, ecc. fatto dimostra che Dio, nel chiamare gli uomini
cato ad Abramo
e alla sua discendenza. (Sono) tutti alla salute, non ha alcun riguardo né alla condi-
figliuoli, cioè eredi delle promesse fatte al santo zione della loro nascita, né ai loro meriti personali.
Patriarca (Gen. XXI, 18). Ma in Isacco, ecc. L'Apo- All'esempio dei figli di Abramo, si poteva forse
stolo termina la proposizione cominciata allegando, rispondere che Ismaele fu privato dell'eredità, per-
senza citarle esplicitamente, alcune parole della chè nato di donna serva, e perchè aveva maltrat-
Genesi, XXI, 12, secondo i LXX. Per essere eredi tato Isacco (Gen. XXI, 9 e ss. Gal. IV, 29), perciò
;

dellepromesse fatte ad Abramo, non basta avere l'Apostolo riporta ora l'esempio di due fratelli nati
nellevene il suo sangue. Isacco ed Ismaele di- dallo stesso padre e dalla stessa madre e per di
scendevano tutti e due carnalmente da Abramo, e più gemelli, ossia concepiti nello stesso tempo, dei
tuttavia, per comando di Dio, Ismaele fu cacciato, quali uno è eletto e l'altro riprovato, prima ancora
e solo Isacco venne dichiarato erede delle pro- che fossero nati. Da ciò si deduce, che la promessa
messe (Gen. XXI, 12; Gal. IV, 13). La parola non fu fatta per tutta la discendenza carnale di
semen onép|jia, in questo v. significa la prima volta, Abramo, e quindi non deve recar meraviglia il
ladiscendenza carnale, e la seconda, la discendenza vedere, che molti Giudei rimangono nell'incredu-
erede delle promesse. Isacco e Ismaele sono i due lità, e non conseguiscono la salute promessa. Padre

tipi delle due classi di figliuoli di Abramo. nostro, cioè padre di noi Giudei.
8. Vale a dire, ecc. Le parole citate, prese in 11-12. Non essendo quelli, cioè ì due figli di
senso tipico, significano questo vale a dire, ecc. : Isacco, Esaù e Giacobbe, ancora avendo nati e non
Si osservi che Ismaele è detto figlio di Abramo fatto ne bene, né male, e quindi antecedentemente
secondo la carne (Gal. IV, 23, 29), perchè nacque ad ogni previsione di futuro loro merito, Dio
da Abramo e dalla schiava Agar, mentre erano an- elesse Giacobbe a preferenza di Esaù, nonostante
cora in età vegeta ; Isacco invece viene chiamato che questi, come primogenito, sembrasse poter van-
figlio secondo la promessa (Gal. IV, 23, 29), perchè tare qualche speciale diritto. Colle parole non
nato ia virtù della promessa divini da Abramo e avendo fatto né bene, né- male si distrugge l'eresia
64 Romani, IX, 13-15

tum est ei : Quia maior sérviet minóri, "Si- zione), "Non per riguardo alle opere, ma a
cut scriptum est : lacob diléxi, Esaù autem colui che chiamò, fu detto a lei : ^^11 mag-
odio hàbuì. giore sarà servo del minore, conforme sta
scritto : Ho amato Giacobbe, e ho odiato
Esaù.
"Quid ergo dicémus? numquid iniquìtas "Che diremo noi dunque? E' in Dio in-
apud Deum ? Absit. ^^Móysi enim dicit : Mi- giustizia? No certo. ^^Poichè egli dice a
serébor cuius miséreor : et misericórdiam Mosè : Avrò misericordia di colui, del quale

" Gen. XXV. 23 : Mal. " Ex. XXXIII. 19.

dei Pelagiani i quali dicevano, che la grazia veniva alla libertà di Dio, il quale per puro amore, e
concessa da Dio per i meriti precedenti. Affinchè non per alcun merito precedente, elegge Giacobbe
stesse fermo il proponimento di Dio, cioè il decreto a preferenza di Esaù, e chiama alla fede, e quindi
eterno di predestinazione, con cui Dio aveva sta- alla giustificazione e alla glorificazione, l'uno piut-
bilito di esaltare Giacobbe sopra Esaìi. Che è tosto che l'altro.
secondo l'elezione. Questo decreto di Dio non ha Hoodiato Esaù. Dio come ama tutte le creature,
la sua ragione di essere nei meriti presenti o ama pure tutti gli uomini nel senso che a tutti
futuri degli uomini, ma nella libera elezione di Dio, conferisce qualche benefizio di natura o di grazia,
il quale liberamente elegge l'uno a preferenza del- non già nel senso che a tutti conferisca gli stessi
l'altro. Non per riguardo alle opere. Non per ri- beni. Ora siccome Dio, negli arcani disegni della
guardo adunque ad alcun suo merito, ma unica- sua sapienza e della sua giustizia, non dà a tutti
mente per grazia di Dio che lo chiamò, Giacobbe la vita eterna, si dice che egli odia coloro ai
fu prescelto, nonostante il diritto di primogenitura quali non conferisce tale benefìzio, e invece ama,
che spettava a Esaìi. Quasi tutti gli esegeti mo- in modo specialissimo, coloro ai quali lo concede.
derni omettono la parentesi della Volgata nel v. 11 Dio predestina alla gloria coloro che ama di un
e leggono : affinchè il proponimento di Dio secondo tale amore, riprova invece coloro che in tal guisa
l'elezione, stesse fermo, non per riguardo alle odia. Si deve però osservare come, benché la
opere, ma a colui che chiama, fu detto, ecc. Il predestinazione e la riprovazione convengano in
senso non muta e il pensiero dell'Apostolo è ugual- questo, che sono ab eterno in Dio, differiscono
mente chiaro. tuttavia grandemente tra loro. Infatti, la predesti-
nazione alla gloria porta con sé la preparazione
13. Il maggiore, cioè Esaiì primo nato, sarà
dei meriti, mediante i quali si conseguisce la gloria.
servo del minore, cioè di Giacobbe secondo nato.
La riprovazione invece non porta con sé la pre-
Queste parole citate secondo i LXX, si trovano
parazione dei peccati, che conducono alla pena
in Gen., XXV, 23. Esaiì infatti vendette la sua
eterna. Ciò posto ne segue che la prescienza dei
primogenitura a Giacobbe, il quale ottenne da
meriti non può, in alcun modo, essere causa o
Isacco la benedizione e fu costituito erede e si-
ragione della predestinazione, poiché i meriti hanno
gnore del fratello. Anche il popolo Edomita, che
origine dalla stessa predestinazione e possono quasi
discese da Esaù, fu quasi sempre sottomesso e
considerarsi come suoi effetti. Invece la riprova-
dominato dal popolo Giudeo discendente da Gia-
zione positiva, che importa, non solo l'esclusione
cobbe (II Re Vili, 13). Cf. G. F. A. G., XIII, 9, 1.
dalla gloria, ma anche la destfnazione alla pena
Conforme sta scritto presso Malachia, I, 3. Ho
eterna, non ha luogo che dopo la permissione e
amato, ecc. In queste parole è indicata la vera
la previsione della colpa. Dio propose « di punire
ragione, per cui Dio preferì Giacobbe a Esaù. Dio
i cattivi a motivo dei peccati che hanno da loro
amò Giacobbe, e quest'amore fu la ragione per cui
stessi e non da Dio, nella stessa guisa che dispose
lo elesse e lo predestinò ad essere l'erede delle
di ricompensare i giusti a motivo dei meriti che
promesse. Le parole del profeta, come quelle della
da loro stessi non hanno, ma per l'aiuto della
Genesi, si riferiscono sia alle persone dei due
grazia : La tua perdizione, o Israele, viene da te,
fratelli, Esaù e Giacobbe, e sia ai popoli che da
da me viene solamente il tuo soccorso, Osea XIII,
loro hanno avuto origine, cioè agli Ebrei discen-
9 ». Martini.
denti da Giacobbe, e agli Edomiti discendenti da
Esaù. Se adunque l'elezione di Giacobbe è dovuta 14-24. Dio non è ingiusto nell'accordare le sue
unicamente all'amore e alla libertà di Dio, anche grazie all'uno piuttosto che all'altro, senza riguardo
la vocazione alla fede è un dono libero di Dio, ai loro meriti. L'Apostolo ha provato contro i
che non dipende né dalla nascita, né dai meriti Giudei, che Dio non è stato infedele alle sue
personali. Si osservi però come l'Apostolo, benché promesse, perché esse furono fatte alla posterità
parli direttamente elezione alla eredità di
della spirituale, e non alla posterità carnale di Abramo.
Abramo, e quindi grazia del Vangelo, impli-
alla Ciò posto, i Giudei potevano forse rispondere :
citamente parla ancora dell'elezione alla gloria di Ma Dio nel preferire i gentili a noi, che abbiamo
cui era figura l'eredità di Abramo. cercato la giustizia e osservata la legge, non si
dopo aver mostrato nel cap. prec, che
Infatti
mostra Egli ingiusto? L'Apostolo si propone egli
tutto coopera al bene di coloro che amano Dio,
stesso la difficoltà Che diremo, ecc., e subito la
:

e che nulla può nuocere a coloro che sono prede-


respinge come blasfema. No certo. In Dio non v'è
ingiustizia alcuna {à&tvtto).
stinati alla gloria (glórificavit), si propone in prin-
cipio di questo capo la difficoltà, perchè mai molti Egli dice, ecc. Si appella alla stessa autorità
15.
Giudei siano esclusi dal godere tali benefìzi e dal- di Dio, ammessa da tutti i Giudei. La citazione
l'essere partecipi delle promesse fatte ad Abramo. (Esod. XXXIII, 19) è fatta sui LXX. Nel testo
Ia sua risposta è, in Ailtima analisi, un appello ebraico si legge : Userò misericordia con chi userò
Romani, IX, 16-18 65

praestàbo cuius miserébor. ^''Igitur non vo- ho misericordia e farò misericordia a co-
:

léntis, neqae curréntis, s6d miseréntis est lui, di cui avrò misericordia. ^''Non è dun-
Dei. ^'Dìcit enim Scriptùra Pharaónì Quìa : que né di chi vuole, né di chi corre,
(ciò)
in hoc ipsum excitàvi te, ut osténdam in te ma Dio che fa misericordia. "Perocché
di
virtùtem meam
et ut annunciétur nomen
: dice la Scrittura a Faraone Per questo ap- :

meum in univèrsa terra. ^®Ergo cuius vult punto ti ho suscitato, affine di far vedere
miserétur, et quem vult indùrat. in te lamia potenza e affinché annunziate :

sia mio nome per tutto il mondo. ^^Egli


il

ha adunque misericordia di chi vuole, e in-


dura chi vuole.

" Ex. IX, 16.

misericordia, e farò grazia a chi farò grazia. Con parlare per non contraddire all'Apostolo, rimane
queste parole, Dio rivendica la sua piena libertà adunque che intendasi avere in tal guisa parlato
e indipendenza nella distribuzione dei suoi doni lo stesso Apostolo, perchè tutto si attribuisca a
di grazia, che Egli non è tenuto a dare ad alcuno. Dio, il quale la buona volontà dell'uomo prepara
a Or dalle citate parole apparisce che la ragione per aiutarlo, e lo aiuta quando ella è preparata »
della misericordia e predestinazione di Dio, non è Martini.
nei meriti che precedano o seguano la grazia, ma 17. Dopo aver provato che Dio non è ingiusto
nella sola volontà divina, per cui alcuni libera con nell'usare misericordia coU'uno piuttosto che col-
misericordia. Or egli è da osservare, che dove l'altro, prova ora che Egli non è neppure ingiusto
non è debito, non havvi né obbligazione di dare, né nel riprovare i cattivi, ossia nell'usare giustizia
ingiustizia in non dare. Onde é, che se un uomo verso l'uno o l'altro. Dice la Scrittura, cioè Dio
di due poveri, che incontri in egual necessità, dia nella Scrittura, a Faraone, da cui Mosé, con tanto
all'uno tutto quel che può dare in elemosina, e stento, potè ottenere di condurre il popolo d'Israele
niente doni all'altro, egli fa misericordia al primo fuori dell'Egitto. Per questo, ecc. La citazione
e non fa ingiustizia al secondo. Essendo adunque (Esod. IX, 16) é fatta sui LXX, ma non è letterale.
gli uomini tutti pel peccato di Adamo rei di eterna
I LXX, infatti hanno òieTT\pTiOn<; = sei stato con-
dannazione, quelli che Dio libera per sola miseri- servato. S. Paolo invece ha è|t\Yeipà ce ti ho =
cordia sono liberati, e con questi é misericordioso, suscitato, il che si avvicina dì più al testo ebraico ;
con quelli che non libera usa di sua giustizia. Dov'è ti ho costituito o stabilito. Il senso non muta gran
adunque la pretesa ingiustizia di Dio? Si potrà che, sia che si dica sei stato conservato in vita,
ella arguire o dal bene che, per pura clemenza, oppure ho stabilito re di Egitto, oppure ti ho
ti
egli fa ad alcuni, o dalla giustizia stessa che egli suscitato, ossia eletto, affine di far vedere in te
esercita verso di altri? » Martini. Cf. S. Tom- la mia potenza. Si deve però ritenere che Dio non
maso, h. 1.
eccita l'uomo al peccato, causando in lui la malizia
16. Non
è dunque, ecc. Ecco la conclusione che e muovendolo al male ma, nei suoi arcani disegni,
:

sì deve dedurre dalla dottrina premessa. L'ele- permette che l'uomo, creatura finita e difettibile,
zione dell'uomo alla fede e all'eterna salute non abusi col suo libero arbitrio dì quelle stesse cose,
proviene né dal volere dell'uomo, né dalle sue le quali sarebbero atte a indurlo al bene. Così nel

esteriori operazioni, ma è puro effetto della mise- caso presente, è dovere di un re difendere lo Stato,
ricordia di Dio. Correre, significa qui l'esercizio Faraone di un tal sentimento, che viene da Dio,
delle buone opere nella via della salute, conforme si servì come di pretesto per opprimere il popolo
a ciò che si legge, I Cor. IX, 24. d'Israele e poi ribellarsi all'autorità di Dio stesso.
Né con ciò sì deve credere, che si venga a Dio quindi, non è causa della malizia di Faraone,
togliere la libertà dell'uomo. Dio, motore supremo,
ma, nella sua infinita sapienza che dal male sa
trarre il bene, Egli fece servire la malizia dì Fa-
muove tutte le cose in conformità della loro natura,
e poiché é proprio dell'uomo il libero arbitrio, Dio raone alla manifestazione della sua potenza e della
lo muove in modo che
liberamente vuole edegli
sua giustizia, quando, giunta al colmo la malizia
di quel monarca, punì coi castighi che tutti sap-
opera. Dio, colla sua grazia, chiama e previene
l'uomo, e l'uomo, sotto l'influsso efficace della piamo, la sua empietà e la sua crudeltà. Affinchè
grazia, liberamente acconsente alla vocazione, si
annunziato sia, ecc. Dio ordinò la malizia di Fa-
raone non solo alla manifestazione della sua
prepara alla giustizia e, divenuto giusto, opera il
potenza, ma anche alla glorificazione del suo nome
bene. A ragione pertanto, scrive S. Agostino (En-
chiridion, cap. XXXIII) « E in qual modo si dice
in tutto il mondo (Esod. XIV, 14-15; Gìos. II, 9;

egli che non è né di chi vuole, né di chi corre, ma


IX, 9; I Re IV, 8, ecc.).

di Dio che fa misericordia, se non perchè dal 18. Egliha dunque, ecc. Riassume i vv. 15-17.
Signore è preparata la volontà stessa dell'uomo ? Dio è perfettamente libero e perciò non è ingiusto
Imperocché se ciò fosse detto sul riflesso che (la se elegge e dà la sua grazia all'uno piuttosto che
elezione) viene dall'uno e dall'altro, cioè a dire, all'altro. Indura chi vuole. Dio non indura il cuore
e dalla volontà dell'uomo e dalla misericordia di dell'uomo direttamente, causando in lui l'ostina-
Dio, quasi dir volesse l'Apostolo, non basta la zione nel peccato, ma lo indura indirettamente,
sola volontà dell'uomo, se la misericordia divina permettendo che perseveri nel peccato e cada in
essa pure non intervenga, si potrebbe dire ancora peccati più gravi, e non dandogli la grazia efficace,
per converso non da Dio che fa misericordia, ma
: bio dà a tutti le grazie sufficienti per salvarsi,
dall'uomo che vuole, mentre la sola misericordia molti però ne abusano, e cor» ciò si rendono da
non fa il tutto. Che se niun cristiano osa dì così se stessi indegni di ricevere la grazia efficace senza

Sacra Bibbia, voi. II.

I
66 Romani, IX^ 19-22

"Dicis itaque mihi Quid adhuc quéri- : "Mi dirai però : E perchè tuttora si que-
tur? voluntàti enim eìus quìs resìstìt? ^"O rela ? Chi ? ^°0
infatti resiste al voler di lui
homo, tu quis es, qui respóndeas Deo? uomo, chi sei tu, da entrare in discussione
Numquid flgméntum ei, qui se flnxit
dicit : con Dio? Dirà forse il vaso di terra al
Quid me sic? ^^An non habet pote-
fecìsti . vasaio Perchè mi hai fatto così? ^^Non è
:

stàtem figulus luti ex eàdem massa fàcere dunque il vasaio padrone della creta, per
àliud quidem vas in honòrem, àliud vero in far della medesima pasta un vaso per uso
contuméliam? ^^Quod si Deus volens ostén- onorevole, un altro per uso vile? ^^Che se
dere iram, et notam fàcere poténtiam suam, Dio volendo mostrar l'ira sua, e far cono-
sustinuit in multa patiéntia, vasa irae, apta scere la sua potenza, con molta pazienza

20 Sap. XV, 7; Is. XLV, 9; Jer. XVIII, 6.

della quale non è possibile giungere alla beati- 22. Che se, ecc. Dopo avere repressa con forza
tudine. l'impudenza del suo avversario, S. Paolo passa
ora a rispondere direttamente alla difficoltà, met-
19. Mi dirai, ecc. Le parole « indura chi vuole »
danno luogo a una difficoltà, che l'Apostolo sup-
pone gli venga presentata da qualche Giudeo. Se
Dio indura chi vuole, come dunque può lamentarsi
se alcuni non si convertono e peccano? L'uomo
non può resistere alla volontà di Dio, e perciò
non è responsabile delle sue azioni.
20. O uomo, ecc. L'Apostolo avrebbe potuto
rispondere che a ragione Dio si lamenta, perchè
il peccatore commette il peccato di sua libera vo-

lontà : ma preferisce di rispondere indirettamente,


negando dapprima all'uomo ogni diritto di entrare
in discussione con Dio. O uomo, pieno di igno-
ranza, di miseria e di peccato, che quanto di bene
possiedi tutto hai ricevuto da Dio, chi credi tu
di essere da voler misurare colla tua mente la
sapienza di Dio? Dirà forse, ecc. Questa compa-
razione è spesso usata nella Scrittura (Is. XXIX, Fig. 4. — Vasaio romano.
16 ;XLV, 8-10 Gerem. XVIII, 6 ; Eccli. XXIII, 13,
;

14; Sap. XV, 7), ed aveva quindi una forza spe-


ciale per i Giudei, che ammettevano l'ispirazione tendo in rilievo alcune ragioni, per le quali Dio
dei libri sacri. Perchè mi hai fatto così? cioè mi volle far misericordia ad alcuni e lasciar gli altr
hai data questa o quella forma destinandomi a nella miseria, ossia eleggere gli uni e riprovare gì
questo a quell'uso? Se infatti, osserva S. Tom- altri. Se Dio ha riprovato i Giudei ed eletti
maso (h. 1.), un artefice compone di vile materia pagani, non ha fatto altro che usare, con infinita
un vaso di suprema bellezza, degno di servire ai misericordia, la sua giustizia.
più nobili usi, tutto ciò si ascrive alla bontà del- Nel periodo che comincia con questo v., e si
l'artefice, che se della stessa materia fa un altro continua nel Seguente, manca l'apodosi ; è però
vaso, destinandolo ad usi inferiori, questo vaso non facile compietele il pensiero sottintèndendo : che
avrebbe certo né ardire, né diritto di lamentarsi. hai tu da opporre in contrario? oppure oserai tu
Potrebbe forse lagnarsi, se essendo composto di ancora accusare Dio d'ingiustizia?
materia nobile preesistente all'artefice, fosse desti- Volendo mostrar la sua ira. Il fine di tutte le
nato a usi inferiori. Ora l'uomo, creato di fango opere di Dio è la manifestazione della sua gloria
(Gen. II, 7) e paragonato al fango (Giob. XXX, 19), (Prov. XVI, 4). Ora Dio manifesta la sua giustizia
è diventato piii abbietto ancora per la corruzione in quelli che, per i loro demeriti, condanna alla
del peccato originale. In conseguenza se egli ha pena eterna, e manifesta invece la sua misericordia
qualche cosa di bene, deve riconoscere che è in quelli che, per sua grazia, conduce alla gloria. Se
dono della bontà e della misericordia di Dio, se adunque Dio volendo manifestare la sua ira, cioè
invece non è promosso a maggior grado, ma la- la sua giustizia vendicativa, e far conoscere la sua
sciato nella sua miseria e quindi ordinato agli usi potenza infinita, colla quale sa domare e assog-
inferiori, non riceve nessuna ingiuria e non ha di gettarsi i ribelli e i superbi, sopportò con molta
che dolersi. pazienza e longanimità, dando così loro tempo di
21. Non è dunque. Nel greco invece di an non convertirsi, mentre avrebbe avuto ogni diritto di
vi è aut non n oùx. Padrone della creta. Il vasaio subito punirli, i vasi di ira, cioè i pescatori (i
è perfettamente libero di adoprare la creta per Giudei) meritevoli di ogni vendetta e di ogni
qualsiasi vaso gli piaccia, e non fa ingiuria ad al- punizione, atti alla perdizione (gr. xarT\prta^iévo,
cuno se, della stessa creta, forma un vaso per uso formati, preparati eie, djióXetav. Il participio medio
onorevole e un altro per uso vile (II Tim. II, indica chiaramente che non è Dio che li abbia
20-21). Così Iddio è pienamente padrone di sce- formati o preparati, ma che da sé stessi si sono
gliere, senza far ingiuria ad alcuno, dalla stessa formati o preparati) all'eterna dannazione, della
massa corrotta del genere umano, alcuni per la quale si sono resi degni, per propria loro colpa,
glnvìa eterna e di lasciare altri nella loro miseria. chi potrà chiamare Dio ingiusto se ha riprovato I
S. Tommaso, h. 1. Giudei?
Romani, IX, 23-28 67

In intéritum, "ut osténderet divitias gióriae sopportò i vasi d'ira atti alla perdizione,
suae in vasa misericórdiae, quae praeparàvit "per far conoscere i tesori della sua gloria
in glóriam. a prò dei vasi di misericordia, i quali pre-
parò per la gloria.

^*Quos et vocàvit nos non solum ex lu- che di più egli chiamò non solo
''^Di noi,
daéis, sed étiam ex Géntibus, ^^Sicut in dal Giudaismo, ma anche dalle nazioni,
Osée dicit : Vocàbo non plebem meam, ple- ^''Come dice in Osea Chiamerò mio popolo :

bem meam : et non diléctam, dìléctam : et il popolo non mio e diletta la non diletta
: :

non misericórdiam consecùtam, miserìcór- e pervenuta a misericordia quella che non


diam consecùtam. ^®Et erit in loco, ubi : aveva conseguito misericordia. ^^E avverrà :

dìctum est eis Non plebes mea vos : : ibi che dove fu loro detto Non (siete) voi mio :

vocabùntur filìi Dei vìvi. ^Hsàias autem cla- popolo quivi saranno chiamati figliuoli di
:

mat prò Israel : Si fùerit nùmerus


filiórum Dio vivo. ^^Isaia poi esclama sopra Israele :

Israel tamquam aréna maris, reliquiae salvae Se sarà il numero dei figliuoli d'Israele come
fient. l'arena del mare, se ne salveranno gli avanzi.
^^Verbum enim consùmmans, et abbré- ^Toichè (Dio) compirà pienamente e pre-
vians in aequitàte quia verbum breviàtum : stamente la parola con equità parola presto :

Os. II. 24: I Petr. II. 10. =« Os. I, 10. 27 jg. x, 22.

23. Per far conoscere, ecc. Similmente chi oserà comando di Dio, Osea impose al suo figlio e alla
chiamare Dio ingiusto, per far conoscere i se, sua per significare che Dio non riguardava
figlia
tesori della sua gloria, ossia la grandezza della più come, suo popolo le tribù scismatiche. Perve-
sua bontà (II, 4 Efes. I, 18 III, 16 Coloss. I, 27),
; ; ; nuta a misericordia quella che non aveva conse-
ha ritratto dal male e condotti alla giustizia, e guito misericordia. Sia il testo ebraico che il testo
finalmente alla gloria alcuni, cioè i vasi di mise- greco di Osea, come anche il testo greco di San
ricordia, ossia (per opposizione a vasi di ira) i Paolo, non hanno che due membri, e quindi o
buoni, degni della misericordia di Dio, fossero quest'ultimo, o il precedente che gli è affine (di-
essi Giudei o pagani? / quali preparò per la gloria. letta la non diletta) nella Volgata è di soprappiù.
Parlando dei vasi di ira non disse che Dio li Così i codici Amiat. e Fuld. omettono, non diléctam
avesse preparati per la dannazione, ora invece diléctam, invece tutti i codici greci e i Padri con
afferma, dei vasi di misericordia, che Egli li pre- Sant'Agostino omettono, non misericórdiam conse-
parò per la gloria, chiamandoli alla fede e dando cùtam, ecc.
loro la grazia santificante e la perseveranza. La E Anche queste parole
26. avverrà, ecc. di Osea
ragione è quella già accennata. Dio non dispone (I, 10) in senso riferiscono alle dieci
letterale sì
l'uomo al male, ma solo permette che operi con- tribù scismatiche e, in senso spirituale, a tutti i
forme a perversi desiderii della sua natura cor- pagani. Dio castigherà coU'esiglio il popolo scisma-
rotta per il peccato originale, e così lo sopporta: tico, ma poi lo riguarderà nuovamente come suo
invece, per riguardo al bene della gloria, l'uomo, popolo e suo figlio : così i pagani, lontani da Dio,
non avendo una disposizione naturale, deve essere un giorno si convertiranno e diverranno figli di
disposto da Dio, e perciò viene detto, che Dio lo Dio.
prepara per la gloria eterna.
27. Isaia, ecc. Osea predisse la vocazione dei
24. Di noi, ecc. Il relativo quos gr. ovq, concorda similmente la ripro-
gentili alla fede. Isaia predisse
con vasi di misericordia, benché l'Apostolo lo vazione dei Giudei. Anche d'Isaia, l'Apostolo rife-
metta al maschile, invece che al neutro, per unirlo risce due passi seguendo, nel primo e nel secondo,
subito con noi. Questi vasi di misericordia, che assai liberamente (benché con fedeltà riguardo al
siamo noi cristiani. Dio li chiamò gratuitamente senso), i LXX. Esclama (xpdJJei), parola che indica
ed efficacemente alla fede non solo dai Giudei, la gravità della profezia (Is. X, 22-23). Invece di
molti dei quali pure si convertirono, ma anche dai prò, il greco ha vnép = super. Il profeta annun-
pagani, i quali anzi in maggior numero abbrac- ziava il terribile eccidio che, per mezzo di Sen-
ciarono il cristianesimo. nacherib. Dio avrebbe fatto dei Giudei al tempo di
25. Come dice, ecc. Con alcuni testi del V. T., Ezechia, eccidio dal quale solo pochi sarebbero
prova (25-29) che Dio già aveva predetta la voca- scampati. Questo piccolo numero di scampati rap-
zione dei gentili e la riprovazione dei Giudei. Il presenta figuratamente il piccolo numero di Giudei,
primo profeta citato è Osea, di cui si riportano, che riconobbero il Messia e così ottennero la
in modo libero ma fedele, due passi secondo i LXX, salute. Dio non volle distruggere tutto il suo
Chiamerò mio popolo, ecc. Queste parole (Osea, popolo, ma ne volle salvare un piccolo resto, come
II, 23-24), in senso letterale, si riferiscono alle tante volte promesso (Is. I, 10, 25; IV, 2, 3;
dieci tribiì scismatiche d'Israele cadute nell'ido- VII, 3, ecc.).
latria e in tutti i vizi dei pagani, alle quali Dio 28. Poiché (Dio), ecc. Continua la stessa cita-
promette misericordia e la restituzione dell'antico zione d'Isaia. La versione dei LXX, citata dall'Apo-
privilegio di popolo di Dio. se si convertiranno. stolo, si scosta assai dal testo massoretico. In
In senso spirituale, esse si riferiscono ai pagani, questo si legge o E stato decretato lo sterminio
:

dei quali erano figura le dieci tribii scismatiche apportatore di giustizia (pena o castigo), poiché lo
(I Piet. II, 10). Le due frasi « popolo non mio » e sterminio e il decreto il Signore Dio degli eserciti
t non diletta » sono i due nomi simbolici che, per farà (eseguirà) in mezzo di tutta la terra i. Anche

i
o8 Romani, IX, 29-33

fàciet Dóminus super terram : ^'Et sìcut compita farà il Signore sopra la terra *'E :

praedixit Isaias Nisi Dóminus Sabaoth re-


: come predisse Isaia Se il Signore degli
:

liquisset nobis semen, sicut Sòdoma facti eserciti non avesse lasciato di noi semenza,
essémus, et sicut Gomórrha similes fuissé- saremmo diventati come Sodoma, e saremmo
mus. stati simili a Gomorra.

^°Quid ergo dicémus? Quod gentes, quae '"Che diremo adunque? Che le genti, le
non sectabàntur iustitiam, apprehendérunt quali non seguivano la giustizia, hanno ab-
iustìtiam : iustitiam autem, quae ex fide est. bracciata la giustizia : quella giustizia che
'Msrael vero sectàndo legem iustitiae, in le- viene dalla fede. 'Israele poi, che seguiva
gem iustitiae non pervénit. ^^Quare? Quia la legge di giustizia, non è pervenuto alla
non ex fide, sed quasi ex opéribus offen- : legge di giustizia. ^^E perchè? Perchè non
dérunt enim in làpidem offensiónis, '^sicut (la cercò) dalla fede, ma quasi dalle opere :

29 Is. I, 9. a» Is. Vili. 14 et XXVIII, 16; I Petr. II, 7.

iltesto greco di S. Paolo presenta diverse varianti. (gr. e0vT\ senza articolo e quindi non tutti ì pagani)
Nei codici B t? A, e nelle edizioni critiche, si legge le quali non seguivano, ecc. I verbi non sectabàn-
semplicemente : Xóyoy y^p owvteXcÒY xal ouvtéh- tur,apprehendérunt, gr. xà |at\ òtóxovro, xatéXapev,
vcov jToincjei = verbum enim consummans
bre- et sono tratti per metafora dai giuochi atletici. Il

vians faciet. Questa lezione è criticamente prefe- alla meta e


primo si diceva del corridore anelante
ribile, e presenta un senso chiaro. Dio eseguirà al premio, adoperarsi per conse-
e qui significa
{noxiyaei) il detto, cioè la sentenza pronunziata guire, il secando si diceva del solo corridore, che
(XÓYov), interamente (ouvTeXeiv, significa compire aveva toccata la meta, e significa qui semplice-
interamente) e presto ( ovvTefiveiv, significa accele- mente conseguire. I pagani quindi, i quali non si
rare, fare in fretta). Anche il testo della Volgata, adopravano e non facevano alcun sforzo per con-
che è pure quello di numerosi codici greci, si seguire la giustìzia (I, 18 e ss.), conseguirono la
riduce a significare lo stesso, sottintendendo dopo giustìzia. L'Apostolo spiega subito questo para-
verbum, le parole Deus e est o erit. Dio eseguisce dosso, soggiungendo che essi conseguirono quella
o eseguirà con giustizia, interamente e presto ciò giustizia che non è frutto delle opere, ma viene
che ha detto = Deus erit consummans et abbre- data alla fede, ossìa è un dono puramente gratuito
vians verbum, perchè un detto accelerato (che di Dìo.
cioè deve tosto eseguirsi) farà il Signore sopra la 31. Israele invece, che seguiva (bidbxcov) la legge
terra. giustizia (vó|jov b\-x.atoavYr\q)
di non è perve-
,

29. Come
predisse, ecc. Questo secondo oracolo nuto, ecc. Legge della giustizia è la norma della
di Isaia è tolto dal cap. I, 9. Se il Signore, ecc. vera giustìzia, e qui è sinonima dì giustizia, come
al V. precedente. I Giudei, coU'osservanza dei pre-
Isaia annunziava l'imminente devastazione del
cetti esterni della la vera
legge mosaica, cercarono
regno di Giuda, da parte dei re alleati di Siria e
d'Israele. In questa devastazione sarebbe perito giustizia, ma non
conseguirono, perchè non eb-
la

un sì gran numero di Giudei, che i superstiti bero lo spìrito della legge, e si contentarono di
potevano essere paragonati a pochi semi. Questo una santità esterna, invece di attendere alla san-
fatto era una figura dì ciò che sarebbe avvenuto al tificazione interna del loro cuore.

tempo del Messia, quando la grande maggioranza 32. Perchè ? Per qual motivo Israele cercando la
del popolo d'Israele avrebbe rigettato Gestì Cristo non fu in grado dì trovarla? La risposta è
giustìzia
e solo un piccolo numero di essi si sarebbe conver- facile. Israele cercò di ottenere la giustìzia dalle
tito al cristianesimo. Questo piccolo numero, costi- opere della legge, e non dalla fede, mentre, come
tuito dagli Apostoli e da pochi altri, viene chiamato l'Apostolo ha dimostrato nella prima parte di questa
semenza, che richiama alla mente una messe futura, epìstola, solo per mezzo della fede essa può con-
messe che si compirà allorquando Israele, alla fine Niuna meraviglia pertanto che i Giudei,
seguirsi.
dei tempi, si convertirà in massa a Gesù Cristo rigettando la fede, non la trovino, e la trovino
(XI, 1). Sodoma e Gomorra, due città perverse invece ì pagani che abbracciano la fede. Quasi
che Dio distrusse interamente senza piiì lasciare (óq). L'Apostolo usa questa particella per subito
alcun superstite (Gen. XIX, 1 e ss.). far comprendere che sì trovarono in inganno. Urta-
rono, ecc. Il motivo per cui non cercarono la giu-
30. Che diremo adunque,
ecc. Dopo aver dimo-
stizia mediante la fede, fu la vita umile dì Gesù,
strato che Dìo non è stato infedele alle
finora
sue promesse, e dopo avere considerato il pro-
non conforme alle false idee che essi avevano
concepito del Messia (I Cor. I, 23; Gal. y, 11).
blema della riprovazione dei Giudei in riguardo
a Dio, ora passa a mostrare (IX, 30-X, 21) la
Gesù per i Giudei fu quindi una pietra d'inciampo^
in cui urtarono (Lue. II, 34).
responsabilità che incombe agli stessi Giudei,
facendo così meglio ancora risaltare la giustizia di 33. Come
sta scritto. Ciò non deve recar mera-
Dio. Nei vv. 30-33 dì questo capo comincia ad viglia,poiché era già stato predetto. L'Apostolo
affermare, che i Giudei non cercarono la salute riassume, abbreviandoli e combinandoli assieme,
là dove Dìo l'aveva posta. L'Apostolo perciò si due testi d'Isaia, XXVIII, 16 e VIII, 14, il primo
domanda Posto, come abbiamo provato, che Dìo
: dai LXX e il secondo dall'ebraico. Ora è fuor di
non è stato infedele, che cosa sì dovrà dire della dubbio che il primo testo d'Isaia, XXVIII, 16
vocazione dei pagani e della riprovazione dei (a Ecco io pongo nelle fondamenta di Sion una
Giudei? Sì dovrà dire che le genti, cioè i pagani. pietra eccellente, eletta, angolare, preziosa... colui
Romani, IX, 33 — X, 4 6Q

scriptum est Ecce pono in Sion làpidem


: poiché urtarono nella pietra d'inciampo,
offensiónis, et petram scàndali et omnia, : '^come sta scritto Ecco che io pongo in
:

qui credit in eum, non confundétur. Sion una pietra d'inciampo, pietra di scan-
dalo e chi crede in essa non resterà con-
:

fuso.

CAPO X.

Affetto di S, Paolo per i Giudei, 1-2. — La


legge conduceva i Giudei a Gesti
Cristo, via essi non lo vollero riconoscere, 3-8 —
e rigettarono la fede che è
l'unica via di salute ^ 9-13. — La loro ignoranza è colpevole, 14-21»

^Fratres, volùntas quidem cordis mei, et ^Fratelli, il desiderio deljnio cuore e l'ora-
obsecràtio ad Deum, prò illis in saliitem.
fit zione che fo a Dio è per la loro salvezza.
^Testimónium enim perhìbeo illis quod ae- ^Perocché fo loro testimonianza che hanno
mulatiónem Dei habent, sed non secùndum zelo di Dio, ma non secondo la scienza.
sciéntiam. ^Ignoràntes enim iustitiam Dei. et 'Poiché non conoscendo la giustizia di Dio,
suam quaeréntes statùere, iustitiae Dei non e cercando di stabilire la propria, non si
sunt subiécti. ^Finis enim legis, Christus, sono soggettati alla giustizia di Dio. "Il fine
ad iustitiam omni credènti. infatti della legge è Cristo, per dar la giu-
stizia a tutti coloro che credono.

che crederà in essa non resterà confuso »), è mes- stesso d'ignoranza, quando perseguitava la Chiesa
sianico, e la pietra, di cui si parla, non può essere (l Tim. I, 13), e S. Pietro (Atti, III, 7) dice che,
altri che il Messia. Il secondo testo, Vili, 14 («E' per ignoranza, i Giudei crocifissero Gesù Cristo.
sarà (il Dio degli eserciti)... in pietra d'inciampo e
3. Non conoscendoper loro colpa la giustizia di
di scandalo due case d'Israele, ecc. »), benché
alle Dio, cioè sistema di giustificazione gratuita per
il
parli di lahve, sideve tuttavia intendere del Messia, mezzo della fede in Gesù Cristo, che già si trova
come consta, non solo qui dall'autorità di S. Paolo, esposto nelle Scritture (Cf. III, 21 ; IV, e ss.), e
ma anche da S. Pietro (I Ep. II, 6-8) e dal con- cercando di stabilire, cioè difendendo come vera,
testo di Isaia, dove si parla del futuro Emmanuele. la propria (tt\v ìòi'av) giustizia, cioè un sistema
I Giudei vennero a urtare in questa pietra, per- di giustificazione basato sull'osservanza esteriore
chè, acciecati dai loro pregiudizi di un Messia della legge, e sullo sforzo e sul merito personale,
politico, non vollero nell'umiltà di Gesù riconoscere non si sono assoggettati alla giustizia di Dio, col-
la sua divinità. l'umiltà della fede.
4. Il fine, ecc. Il tentativo dei Giudei di stabi-
lire un sistema di giustificazione indipendente dalla
fede in Gesù Cristo, fu e sarà vano. Cristo infatti
CAPO X.
è il fine, cioè lo scopo della legge (xéXoq vó^ou).
Ancorché manchi l'articolo davanti
è a vónou,
chiaro dal contesto, che qui si parla della legge
1. Prima di procedere oltre, l'Apostolo, per cat-
mosaica. Tutta la legge coi suoi precetti, colle sue
tivarsi la benevolenza dei Giudei, protesta loro
ceremonie, ecc., era ordinata a rappresentare Gesù
nuovamente il suo affetto (Cf. IX, 1-3), e loda il
Cristo, e a preparare gli uomini alla sua venuta
loro zelo per le cose di Dio. Fratelli sono i cri-
(Gal. Ili, 24). Mentre adunque la legge conduce
stiani, ai quali scrive. Volùntas (gr. evòoxi'a) si-
a Gesù Cristo, e non ha ragione di essere che
gnifica voto, desiderio. Non solo internamente,
per Lui, i Giudei vorrebbero essere giustificati
Paolo desidera la loro salute, ma a tale scopo egli
senza di Lui. Quale cecità Di più, se la legge era
!
prega Dio.
ordinata a figurare Gesù Cristo, essa doveva ces-
2. Fo
loro testimonianza^ ecc. L'Apostolo cono- sare colla venuta e lo stabilimento del regno di
sceva a fondo i Giudei, e quindi la sua testimo- Gesù Cristo. Sotto questo aspetto. Gesù Cristo è
nianza ha un grande valore (Atti, XXII, 3; Gal. I, anche fine, ossia termine della legge, perchè con
14). Zelo di Dio è quello studio e quella cura che Lui la legge è stata compita (Matt. V, 17), e un
ebbero i Giudei di conservare e praticare la legge nuovo ordine di cose è stato istituito. I due sensi
di Dio, malgrado tutte le persecuzioni, a cui si della parola fine non si escludono, ma si comple-
trovarono esposti. Fu questo stesso zelo che mosse tano a vicenda. Per dar la giustizia, ecc. In tutti
S. Paolo, prima della sua conversione, a perse- i tempi, per essere salvi, fu necessaria la fede in
guitare i cristiani (Filipp. Ili, 6). Ma non secondo Gesù Cristo, a cui anche la legge era ordinata. I
la scienza. Promovevano bensì l'onore e la gloria Giudei non volendo credere in Gesù Cristo, non
di Dio, ma non sapevano in che cosa consistessero comprendono più il fine della legge, e di qui
e non si curavano di saperlo. La loro ignoranza proviene la loro colpevole ignoranza (II Cor. Ili,
è quindi colpevole. Anche S. Paolo accusa sé 13 e ss,).
70 Romani, X, 5-8

*Móyses enim scripsìt, quóniam iustitiam, ^ Invero Mosè scrisse che l'uomo, il quale

quae ex lege est, qui fécerit homo, vivet avrà adempiuta la giustizia che viene dalla
in ea. "Quae autem ex fide est iustitia, sic legge, per essa vivrà. "Ma la giustizia che
dicit ne dìxeris in corde tuo quis ascéndit
: : viene dalla fede dice così Non istare a :

in caelum ? id est, Christum dedùcere ^Aut ; dire in cuor tuo Chi salirà in cielo ? Vale
:

quis descéndet in abyssum? hoc est, Chri- a dire, per farne scendere il Cristo ^E chi :

stum a mórtuis revocare. scenderà nell'abisso? cioè, per risuscitare ^i


Cristo da morte.
*Sed quid dicit Scriptùra : Prope est ver- "Ma che dice la Scrittura? Ti sta presso

« Lev. XVIII, 5; Ez. XX, 11. • Deut. XXX, 12. « Deut. XXX, 14.

5. Prova che i Giudei, non possono più ora arri- aiutato dalla grazia di Dio. Secondo il parere di
vare alla salute per quella via per cui si arrivava nunyerosi esegeti (Gaetano, Salmeron, Toledo,
prima. Invero Mosè scrìsse (gr. ypàtpti = scrive). Estio, Maunoury, ecc.), S. Paolo farebbe qui una
La citazione è fatta sul Lev. XVIII, 5, secondo ì vera dimostrazione scritturistica, appoggiandosi sul
LXX, ma non è letterale. Il testo della Volgata, che senso tipico. Le parole di Mosè in senso letterale
è pure quello dei migliori codici greci e delle edi- si riferirebbero alla legge, ma in senso spirituale
zioni critiche, va ordinato così per l'interpreta- dovrebbero essere applicate a Gesù Cristo, Verbo
zione homo qui fecerìt justitiam, quae ex lege
: parola increata di Dio, del quale era partecipa-
est, vivet in ea. —
La giustizia, che viene dalla zione la legge scritta. Un numero però maggiore
legge è quella che si ottiene praticando tutti i di interpreti (Alapide, Calmet, Beelen, Cornely,
precetti della legge mosaica. Vivrà per essa legge. Fillion, ecc.) ritiene invece che qui si tratti di una
All'osservanza della legge era promessa la vita semplice accomodazione. Siccome vi è una certa
non solo temporale, ma anche eterna (Matt. XIX, analogia tra la facilità, con cui si poteva conoscere
17; Luca X, 28). Per ottenere la vita eterna si do- la legge, e la facilità con cui si può ottenere la
vevano però osservare tutti i precetti della legge, giustificazione per mezzo della fede, l'Apostolo sì
e specialmente quello dell'amor di Dio (Deut. VI, serve assai liberamente delle parole colle quali
5; Matt. XXII, 36; Rom. II, 13). Ora, siccome ciò veniva inculcata la prima, per far meglio conoscere
non era possibile alle forze dell'umana natura, de- l'altra. Così rimane assai facile spiegare le modi-
bole e corrotta per il peccato (VII, 14; Vili, 3), ficazioni assai notevoli, introdotte dall'Apostolo
ai Giudei, finché la legge ebbe valore, veniva data nelle parole del Deuteronomio, e d'altra parte il
la grazia necessaria per osservarla, non già in fatto, che in nessuna guisa si trova indicato, che
virtiì della legge, la quale di per sé non aveva altro l'Apostolo avesse intenzione di argomentare dalla
che far conoscere il bene e il male, ma in virtù Scrittura (mentre si trova al v. 5), avrebbe pure
della fede in Gesù Cristo che doveva venire. Così la sua naturale spiegazione. (La parola Scrittura
i giusti dell'Antico Testamento
conseguirono la nel V. 8, manca affatto nei migliori codici). Benché
salute, non per la ma per la
legge in sé stessa, non si debba negare ogni valore alla prima spiega-
fede in Gesù Cristo. Dopo la venuta del Messia, zione, questa seconda sembra tuttavia più pro-
la legge cessò di preparare gli uomini a Lui, e babile.
perdette ogni suo valore, e perciò i Giudei, che Chi salirà in cielo ? Come Mosè diceva agli an-
osteggiano Gesù Cristo e sperano tuttavia di poter tichi Ebrei, che non era necessario salire al cielo
ottenere la salute mediante l'osservanza della legge, per cercarvi la legge, giacché questa era vicina,
sono in inganno, perchè colle sole forze naturali così ancora dice l'Apostolo, non é necessario salire
e senza la grazia, la quale più non viene loro data, al cielo a cercarvi Gesù Cristo, Redentore nostro
non potranno mai osservare tutti i precetti della e causa della nostra giustificazione, poiché egli è
legge e ottenere la vita eterna. già venuto e la nostra redenzione è già compiuta.

Per mostrare come sia facile ottenere la giu-


6. 7. Chi scenderà nell'abisso, ecc. Nel Deutero-

stificazione permezzo della fede, con una bellissima nomio si legge Chi traverserà il mare, ecc. San
:

prosopopea fa parlare la stessa giustizia, ponendo Paolo modifica alquanto l'immagine affine di ren-

sulla sua bocca alcune parole del Deuteronomio dere più vivo contrasto tra cielo e abisso. Come
il

(XXX, 11-14). Non istar a dire. Qui comincia la Gesù si è già incarnato una volta per la nostra
citazione, per ben intendere la quale, é necessario
salute, e non è più necessario che si incarni
aver presente il testo di Mosè. « Questo comanda- un'altra, così, essendo già una volta risuscitato
mento, che oggi io ti annunzio, non è sopra di te, (V. n.IV, 25), non è più necessario che risusciti
né lungi da te, né è riposto nel cielo, onde tu un'altra; perciò non si deve dire chi scenderà
possa dire Chi di noi può salire al cielo per indi nell'abisso, cioè nel soggiorno dei morti, per ri-
:

recarcelo, affinchè lo ascoltiamo e lo poniamo in chiamare Gesù da morte? I due misteri principali,
esecuzione? Né è posto di là dal mare, onde tu sui quali si appoggia tutta l'opera della nostra
redenzione, e nei quali implicitamente si conten-
trovi pretesto e dica : chi di noi potrà traversare
il mare per portarlo onde possiamo
di là fino a noi,
gono tutti gli altri misteri di Gesù Cristo, sono
udirlo e fare quello .che è comandato? Ma la pa-
adunque già compiuti, e non è per nulla necessario
rola (il comando di Dio) è molto vicina a te, è che noi, coi nostri sforzi, operiamo la nostra re-
nella tua bocca e nel cuor tuo, affinché tu la ese-
denzione, poiché Gesù Cristo ci ha già redenti,
guisca». Queste parole, prese in senso letterale, e solo da noi si richiede che crediamo in Lui.
non sono altro che un'esortazione all'osservanza 8. Ma che dice la Scrittura ? Nel greco manca la
della legge, i cui precetti non sono difficili ad inten- parola a Scrittura », la quale va considerata come
dersi, e neppure impossibili a praticarsi dall'uomo una glossa. Chi i;arla, è ancora la ghistizia perso-
Romani, X, 9-14 71

bum in ore tuo,


et in corde tuo hoc est : nella ti a bocca e nel tuo cuore la parola :
verbum quod praedicàmus. ^Quia si
fidai, cioè la parola della fede che noi predichiamo.
conflteàris in ore tuo Dóminum lesum, et ^Perchè se con la tua bocca confesserai il
in corde tuo credìderis quod Deus illum su- Signore Gesù, e crederai in cuor tuo che Dio
scitàvit a mórtuis, salvus eris. ^"Corde enim lo ha ri<juscitato da morte, sarai salvo. "Pe-
créditur ad iustitiam ore autem conféssio
: rocché col cuore si crede a giustizia e con :

fitad salùtem. "Dicit enim Scriptùra Om- : la boo^a si fa confessione a salute. "Dice
nis, qui credit in illum, non confundétur. infatti la Scrittura Chiunque in lui crede
:

^^Non enim est distinctio ludaéi, et Graeci : non sarà confuso. ^^Poichè non vi ha distin-
nam idem Dóminus omnium, dives in om- zione di Giudeo o di Greco dacché lo :

nes, qui invocant illum. "Omnis enim, qui- stesse é il Signore di tutti, ricco per tutti
cùmque invocàverit nomen Domini, salvus colore che lo invocano. "Chiunque invero
erit. invocherà il nome del Signore, sarà salvo.
^"Quómodo ergo invocàbunt, in quem non "Ma come invocheranno uno, in cui non
credidérunt ? Aut quómodo credent ei, quem hanno creduto? E come crederanno in uno,

" Is. XXVIII, 16. - " Joel. Il, 32; Act. II, 21.

nificata.Come Mosè diceva che la parola (tò pn^a). al cap. IX, 33 (Ved. ivi). Chiunque (gr. ^ràq). Per
cioè la legge dì Dio, era facile a conoscersi e a far subito risaltare l'universalità della salute, l'Apo-
osservarsi (hai presso di te nella tua bocca, per la stolo aggiunse questa parola al testo d'Isaia. In
professione esterna di fede in Dio e nel tuo cuore, lui. Nel contesto del profeta, queste parole si
per l'amore e per le opere) così S. Paolo dice
; riferiscono alla pietra angolare, figura del Messia.
altrettanto della legge evangelica. La parola della Chi crede in Gesii Cristo non sarà confuso perchè,
fede, che noi predichiamo, sono le verità evange- giustificato permezzo della fede e riconciliato con
liche necessarie a credersi per conseguire la sa- Dio, ha la ferma speranza, nella quale non sarà
lute, le quali, per mezzo della predicazione degli deluso, di conseguire la salute (I Piet. II, 6).
Apostoli, sono alla portata di tutti, in modo, che
tutti possono dire di averle nella loro bocca e nel
12. Non vi ha distinzione, ecc. Ripete l'argo-
loro cuore, e non è necessario fare lunghi viaggi o
mento del cap. Ili, 29, e prova l'universalità della

sostenere gravi fatiche per apprenderle.


salute.Per conseguire la salute basta credere ; essa
è accessibile tanto ai Giudei come ai pagani. La
Perchè, ecc. Spiega piii chiaramente ciò che
9.
ragione si perchè oramai tuttigli uomini non
è,
sì deve fare per aver parte alla salute messianica.
formano piii che una sola famiglia, che ha per
Si deve confessare colla bocca il Signore Gesù, capo Gesii Cristo, il quale, col suo sangue avendo
cioè che Gesii è il Signore di tutto l'universo, ricomprato tutti, è il Signore di tutti (Matt. XVIII,
assiso alla destra del Padre (I Cor. XII, 3; Vili,
18; Atti X, 36; Efes. II, 13; Filipp. II, 11, ecc.).
6; Filip. II, 11) e vero Dio e vero uomo, e cre- Alcuni (Estio, Gaetano, ecc.) pensano che qui si
dere col cuore che Dio lo ha risuscitato da morte. parli piuttosto di Dio creatore ; la maggior parte
L'Incarnazione del Verbo e la sua risurrezione degli interpreti però ritiene con più ragione che
sono i misteri principali di Gesìì, nei quali si l'Apostolo parli di Gesii Cristo, poiché si tratta
contengono tutti gli altri. La fede, che esige l'A- della fede in lui. Ricco, ecc. Colla sua morte, Gesii
postolo, non è una semplice fiducia di non impu- ha accumulato un tesoro infinito di meriti (Efes.
tazione dei peccati per i meriti di Gesii Cristo, e Ili,8), che è pronto a distribuire a tutti all'unica
neippure è una sentimentalità morbosa e cieca, ma condizione che lo invochino, ossia credano col
è una fede viva a tutte le verità predicate dagli cuore e coJla bocca (v. 10).
Apostoli, accompagnata dalle buone opere, ossia
informata dalla carità. L'Apostolo parla prima della 13. Chiunque, ecc. Prova colla Scrittura che è

fede esterna e poi dell'interna, unicamente perchè necessaria e sufficiente una tal condizione. La cita-
Mosè aveva parlato prima della bocca e poi del zione è fatta sui LXX, ed è la conclusione della
cuore. profezia di Gioele (II, 32), che anche l'Apostolo
S. Pietro (Atti II, 17) applicò ai fedeli nel giorno
10. Col cuore si crede, ecc. I due atti della fede
della Pentecoste. Il profeta annunziava che, nel
sono qui ricordati nel loro ordine naturale, cioè
giorno del giudizio del Signore, l'invocazione del
prima l'interno e poi l'esterno. All'atto interno
nome di lahve sarebbe stato un mezzo di scampo
della corrisponde la giustificazione (giusti-
fede,
e di salute. Ora le parole del profeta si riferivano
zia), quale si comincia l'opera della nostra
colla
direttamente al Messia futuro, e perciò con tutta
salute. Per ottenerne però il compimento (V, 1, 2;
ragione l'Apostolo le applica a Gesti Cristo, mo-
VIII, 24; XIII, 11; I Tess.V, 8; Ebr. IX, 28, ecc.)
strando così che, chiunque, a qualsiasi nazione
si deve perseverare nella giustificazione fino alla
appartenga, invocherà il nome di Gesù, sarà salvo.
morte, e quindi si deve professare esternamente
colla bocca e colle opere la fede ricevuta. Alcuni 14-21. Fa vedere quanto Dio ha fatto per con-
esegeti (Alapide, Beelen, ecc.), nelle due espres- durre i Giudei alla fede. Dio ha offerto loro tutti
sioni credere a giustizia, confessare a salute, non i mezzi per conoscere il Vangelo in modo, che se
ravvisano che un semplice parallelismo, e ritengono essi non hanno creduto, la responsabilità cade tutta
che vi abbia identità di significazione. sopra di loro.
11. Dice la Questa dottrina non è
Scrittura, ecc. Come invocheranno, ecc. Per essere salvi
14.
nuova, ma si trova già nella Scrittura e precisa- si richiede una fede esterna, che sia conforme alla
mente in Isaia, XXVIII, 16, già citato una volta fede interna e di questa sia come emanazione.
72 Romani, X, 15-19

non audiérunt? Quómodo autem àudient di cui non hanno sentito parlare? Come poi
sine praedicànte? ^^Quómodo vero
praedi- ne sentiranno parlare senza chi predichi?
càbunt nisi mittàntur? sicut scriptum est: "Come poi predicheranno se non sono man-
Quam speciósi pedes evangelizàntium pa- dati ? Come sta scrìtto Quanto sono belli i
:

cem, evangelizàntium bona! ^^Sed non om- piedi di coloro che evangelizzano pace, che
nes obédiunt Evangélio. Isaias enim dicit : evangelizzano felicità! ^'^Ma non tutti ubbi-
Domine quis crédidit auditui nostro? ^^Ergo discono all'Evangelo. Mentre Isaia dice Si- :

fìdes ex auditu, auditus autem per verbum gnore, chi ha creduto quello che ha sentito
Christi. da noi? "La fede adunque dall'udito, l'udito
poi per la parola di Cristo.
"Sed dko Numquid non audiérunt? Et
: "Ma, dico io Forse che non hanno
:

quidem in omnem terram exivit sonus eó- udito? Anzi per tutta la terra si è sparso il
rum, et in fìnes orbis terrae verba eórum. suono di essi, e le loro parole fino alle estre-
"Sed dico: Numquid Israel non cognóvit? mità della terra. ^^Ma, dico io : Forse Israele

" Is. LII, 7; Nah. I, 15. " Is. LUI, 1; Joan. XII, 38. " Ps. XVIII, 5. " Deut. XXXII, 21,

quindi non si può invocare come si deve Gesù la predicazione, e la predicazione suppone una
Cristo, se non si ha fede in Lui, cioè non si crede missione divina. L'udito (gr, dxon) è qui, come
che Egli è il Verbo incarnato, che ci ha meritato al v. prec, sinonimo di predicazione. Per la pa-
e ci dà la salute. Come crederanno, ecc. Per cre- rola, cioè per il comando con cui Gesù mandò i
dere in Gesù Cristo è necessario aver sentito par- suoi Apostoli a predicare nel mondo. Altri spie-
lare di Lui. Come ne sentiranno parlare, ecc. Non gano. La fede viene dall'ascoltare e dall'ascoltare
si può sentir parlare di Lui se non vi è qualcuno la dottrina di Gesù Cristo. La prima spiegazione
che lo annunzi. La predicazione è la via ordi- risponde meglio al contesto. La conclusione sottin-
naria per cui gli uomini giungono alla salute, e il tesa si è che, dunque, tutti hanno il dovere di
Vangelo si propaga nel mondo. Con ciò non si ascoltare i predicatori.
esclude, che Dio possa anche in altre guise chia-
18. Ma dico, ecc. Per maggiormente mostrare
mare gli uomini alla fede. Si deve pure notare che la colpevolezza dei Giudei nella loro incredulità,
il predicatore, per aver diritto ad essere ascoltato,
fa vedere la vanità delle scuse che potrebbero
deve essere investito di una legittima missione, addurre. Forse che i Giudei non hanno udito la
poiché vi sono pure pseudo-apostoli e pseudo- predicazione del Vangelo? Respinge con energia
profeti (II Cor. XI, 13; Tit. I, 11).
tale scusa, e servendosi delle parole colle quali
15. Come
predicheranno in modo da poter esi- il Salmista (XVIII, 5) afferma, che i cieli annun-
gere che creda e si ubbidisca alla loro parola,
sì ziano a tutto il mondo la gloria del loro creatore,
se non sono mandati da Dio? Come sta scritto, ecc. mostra che la predicazione del Vangelo ha risuo-
Questo apostolato, il quale per mezzo della predi- nato in tutto il mondo, di modo che non può
cazione deve convertire le anime a Gesù Cristo, essere ignorata dai Giudei. Per tutta la terra, fino
è già stato predetto da Isaia, III, 7. La citazione alle estremità della terra sono manifeste iperboli
è libera e dipende più dal testo ebraico che dal se si riferiscono al tempo di S. Paolo. Le parole
greco. Le parole del profeta prossimamente si rife- del salmo sono citate secondo i LXX, ma nulla
riscono alla schiavitù di Babilonia. Isaia esalta i indica che si abbia qui una dimostrazione scrittu-
messaggieri che appaiono sulle montagne, e annun- ristica, e perciò la maggior parte degli interpreti
ziano la rovina di Babilonia e il ritorno dei Giudei ritieneche qui si tratti di una semplice accomoda-
dall'esiglio. La liberazione degli Ebrei dall'esiglio zione (V. n. 6).
non era però solo una figura della redenzione, ma
19. Posto pure che Israele abbia udito la predi-
era già come il principio del regno messianico, e
cazione del Vangelo, non potrebbe forse essere che
perciò con tutta ragione S. Paolo, nei messag-
non l'abbia capita? Tale è il senso più probabile
gieri d'Isaia, vede annunziati i banditori del Van-
dell'interrogazione. Altri invece spiegano Non po- :

gelo, che Dio ha inviati nel mondo.


trebbe essere che Israele non abbia conosciuto gli
Il Vangelo non deve essere solo
16. predicato, oracoli intorno alla vocazione dei Gentili, e all'u-
ma ancora ubbidito e messo in pratica ; ora benché niversalità della predicazione del Vangelo? L'Apo-
Dio l'abbia fatto predicare, i Giudei non gli hanno stolo risponde con alcuni testi del Vecchio Testa-
ubbidito. Non tutti. Si parla principalmente dei mento, dai quali risulta che era già stato predetto,
Giudei. Ubbidiscono. Nel greco hanno ubbidito. che i pagani, molto meno preparati dei Giudei,
Isaia, ecc. La citazione (Is. LUI, 1), pressoché avrebbero abbracciata la fede, dal che segue neces-
letterale, è fatta sui LXX. Il profeta, al principio sariamente che i Giudei non possono trovare nella
di vn magnifico oracolo, in cui descrive la passione oscurità del Vangelo, una scusa alla loro incre-
e le umiliazioni del futuro Messia, si domanda, dulità. E' il primo, in ragione di tempo, fra gli
pieno di meraviglia e di terrore Chi crederà a:
autori ispirati. San Paolo cita, secondo i LXX, il
quello che io annunzio? La risposta non è dub- V. 21, cap. XXXII del Deuteronomio. Dio diceva
bia nessuno o ben pochi (Giov. XII, 38). La
:
d'Israele « Essi hanno provocato la mia collera,
:

frase auditui nostro è un ebraismo, che significa la adorando ciò che non era Dio, e mi irritarono colle
nostra predicazione. loro vanità (idoli), ed io li provocherò ad invidia
17. La
fede, ecc. Ragionando su quest'ultimo per mezzo di un popolo che non è popolo (cioè un
testo, l'Apostolo conchiude di nuovo come al popolo pagano)L, e li irriterÒL per mezzo di una na-
T. 14, che la fede cioè, in via ordinaria, suppone zione insensata (pagana) ». Disprezzato da Israele,
Romani, X, 20 — XI, 1 73

Primus Móyses dicìt Ego ad aemulatiónem : non comprese ? Mosè è il primo a dire Vi :

vos addùcam in non gentem in gentem in- : farò gelosi di una nazione che non è na-
sipiéntem, in iram vos mittam. ^"Isaias au- zione contro una nazione stolta vi muoverò
:

tem audet, et dìcit Invéntus sum a non : a sdegno. ^"Isaia poi più francamente dice :
quaeréntibus me palam appàrui iis, qui
: Mi hanno trovato coloro che non mi cerca-
me non interrogàbant. ''^Ad Israel autem vano : mi sono fatto pubblicamente vedere a
dicit : Tota die expàndi manus meas ad pó- coloro che non domandavano di me. ^^A
pulum non credéntem, et contradicéntem. Israele poi dice : tutto il dì stesi le mìe
mani ad un popolo incredulo e contradditore.

CAPO XI.

La riprovazione d'Israele però è solo parziale y i-io ed ha servito alla conversione —


dei pagani, 11-24. —
Alla fine anche Israele si convertirà, 25-32. Lode —
a Dio, 33-3Ó'

^Dico ergo Numquid Deus répulit pópu-


: ^Adunque
io dico Forse che Iddio ha ri-
:

lum suum ? Absìt. Nam et ego Israelita sum gettato suo popolo? No certo. Poiché io
il

ex sémine Abraham, de tribù Béniamìn : pure sono Israelita, del seme di Abramo,

20 Is. LXV, 1. " Is. LXV. 2.

Dio rivolgerà il suo amore e i suoi benefizi ai


popoli pagani in modo da muovere a invidia e a
sdegno i Giudei. Ciò si verificò appieno quando CAPO XI.
Dio rigettò il popolo Deicida, e chiamò a far
parte della sua Chiesa i popoli pagani. Nazione Dopo aver mostrato la fedeltà e la giustizia
1.
stolta, cioè che sembra persino incapace di com- ora fa vedere
di Dio nella riprovazione d'Israele,
prendere le cose di Dio. Se un popolo stolto ha come ciò nonostante. Dio non abbia cessato di
capito il Vangelo, perchè non l'ha capito Israele
essere misericordioso verso il suo popolo. Infatti
intelligente, che tante rivelazioni aveva ricevuto
la riprovazione d'Israele è solo parziale, giacché
da Dio? parecchi si sono convertiti (1-10). Inoltre questa
20. Isaia, ecc. Cita secondo ì LXX, il v. 1 del riprovazione fu occasione a che i gentili si con-
cap. LV, cambiando però l'ordine delle due pro- vertissero, e i gentili convertiti alla loro volta sono
posizioni parallele. Più francamente (à7toroX|i4)i occasione della conversione degli Ebrei (11-24).
perchè senza nessun rispetto umano e senza timore Finalmente verrà giorno, in cui Israele si conver-
di irritare i suoi connazionali, così gelosi dei loro tirà in massa a Gesù Cristo (25-32). Sia quindi
privilegi, Isaia dice una verità cruda. Mi hanno lode alla sapienza e alla misericordia di Dio, i cui
trovato, per mezzo della predicazione apostolica, giudizi sono imperscrutabili alla mente umana
coloro, cioè i pagani, che non mi cercavano, ossia (33-36).
che acciecati dalle tenebre dell'idolatria, né mi ecc. Dagli oracoli precedenti di Mosè e
Adunque,
conoscevano, né mi adoravano; mi sono fatto pub- di e da tutto il complesso dell'argomenta-
Isaia,
blicamente vedere per mezzo della stessa predica- zione di S. Paolo, qualcuno avrebbe potuto con-
zione a coloro che non domandavano di me, cioè chiudere che, dunque Dio ha rigettato da sé tutto
non si curavano, né desideravano la mia rivela- il suo popolo senza alcuna eccezione, e così
zione. In quale più felice condizione si trovavano Israele ha cessato di essere il popolo di Dio.
i Giudei Quanto è grave quindi la loro colpa I
! Eppure sta scritto nel salmo XCIII, 14, che Dio
21. À Israele, ecc. Continua
stessa citazione la non rigetterà il suo popolo. L'interrogazione ripro-
d'Isaia. La ragione della infedeltà dei Giudei è duce le parole del salmo, e il ^n che la precede,
la continua loro disobbedienza e opposizione a Dio. lascia subito vedere che la risposta non può essere
La preposizione ^rpói;, può anche tradursi: ri- che negativa. No certo. Dio non ha rigettato il suo
guardo, oppure intorno a Israele poi, ecc. Tutto popolo. In prova l'Apostolo porta l'esempio di
il mani, come un padre amantissimo che
dì stesi le se stesso, e fa risaltare la sua qualità di membro
chiama e desidera abbracciare ì suoi figli. Ad un del popolo d'Israele, dicendo sono Israelita, del
popolo, cioè a Israele, incredulo, meglio disob- seme di Abramo, cioè discendente carnalmente da
bediente (gr. à«ei0o{5vTa), e contradditore, cioè ri- questo patriarca, sono membro della tribù di Be-
belle e ostinato. Israele si è dì continuo ribellato niamino, la quale, assieme con quella di Giuda
alla legge del Signore, e in modo speciale poi si e di Levi, restò fedele al Signore (II Cor. XI, 22 ;
è mostrato disobbediente, quando rigettò Gesii Cri- Filipp. Ili, 5). Se Dio avesse rigettato il suo po-
sto, e il suo Vangelo. Egli deve quindi incolpare polo, non avrebbe scelto tra gli Israeliti a i ministri
sé stesso della sua esclusione dal regno messianico di Cristo e i dispensatori dei suoi misteri » (I Cor.
(Cf. Matt. XXIII, 37; Luca XI, 15; Giov. Vili, 48; IV, 1) e non li avrebbe mandati a predicare la
IX, 10, ecc.). fede ai pagani (Rom. I, S)
74 Romani, XI, 2-6

^Non répulit Deus plebem suam, quam prae- della tribù di Beniamino. ^Dio non ha riget-
scivit. An nescitis in Elia quid dicit Scrip- tato quel popolo che egli ha preveduto. Non
tùra : quemàdmodum interpéllat Deum ad- sapete voi quel che dice la Scrittura in per-
vérsum Israel? ^Domine, Prophétas tuos oc- sona e come egli sollecita Dio con-
di Elia :

cidérunt, aitarla tua suffodérunt et ego re- : tro Israele? 'Signore, hanno uccisi i tuoi
lictussum solus, et quaerunt àriìmam meam. profeti, hanno rovinati i tuoi altari : e io
*Sed quid dicit illi divinum respónsum? Re- sono rimasto solo, e vogliono la mia vita. ^Ma
liquimihi septem millia vìrórum, qui non che dice a luì la risposta di Dio? Mi sono
curvavérunt génua ante Baal. 'Sic ergo et riserbato sette mila uomini, i quali non han
in hoc tèmpore reliquiae secùndum electió- piegato il ginocchio dinanzi a Baal. ^Nello
nem gràtiae salvae factae sunt. ^Si autem stesso modo adunque anche adesso quelli
iam non ex opéribus
gràtia, : alióquin gràtia che furono riserbati secondo l'elezione della
iam non est gràtia. grazia sono stati salvati. ?E se per grazia,
dunque non per le opere : altrimenti la gra-
zia non è più grazia.

» III Reg. XIX, 10. * III Reg. XIX, 18.

2. Risponde direttamente all'interrogazione. Dio altrove, sembra significare piuttosto un numero


non può aver rigettato tutto quel popolo, che fin indeterminato e grande (Gen. IV, 15; Lev. XXVI,
dall'eternità aveva scelto come suo popolo pre- 18, 24, ecc.). Baal è il nome di una divinità solare
diletto, perciò non solo io, ma anche altri Israeliti,
cioè quelli che Dio ha preveduto («poéyvco. Vedi
n. VIII, 29), ossia predestinati, non saranno riget-
tati. La vera ragione di questo fatto sarà data ai
vv. 28-29. Prova che la riprovazione d'Israele non
è universale, da ciò che avvenne ad Elia. Sembrava
allora, che tutto il popolo fosse caduto nell'ido-
latria, e il profeta, che si credeva di essere rimasto
solo nell'adorare Dio, sapendosi cercato a morte,
pensava che tutto il popolo di Dio stesse per es-
sere distrutto. Ma Dio gli rivelò che si era riser-
vato un certo numero di fedeli. Così anche adesso
benché sembri che Israele sìa riprovato, non v'ha
dubbio che parecchi Israeliti saranno salvi.
Fig- 5. — Il dio Baal sopra una moneta di Tarso.
Non sapete. L'Apostolo usa spesso questa for-
mola (Cf. II, 4; VI, 3; VII, 1; IX, 21). La Scrit- molto venerata dai Cananei e dai Fenici, ecc., il
tura in persona di Elia. Nel greco e nel latino culto della quale aveva pure messo profonde radici
la Scrittura in Elia, cioè la Scrittura a riguardo in Israele, al tempo degli ultimi re.
di Elia, o meglio in quella sezione del V. T. che
5. Fa l'applicazione quanto ha detto nei ver-
di
riguarda Elia (V. n. Mar. XII, 26; Luca, XX, 37).
sìcolì precedenti. Come
un resto del popolo
allora
Sollecita, cioè si rivolge a Dio contro Israele, cioè
rimase fedele a Dio, nello stesso modo anche
accusando Israele.
adesso, non ostante l'incredulità della maggioranza
3. Signore. Cita secondo i LXX, abbreviandole digli Ebrei, quelli che furono riserbati (gr. Xei^^a
un poco, le parole di Elia e la risposta del Signore = un resto, un avanzo) secondo l'elezione della
(III Re, XIX, 10, 14, 18). Gli Israeliti per comando grazia, cioè in virtù di una elezione indipendente
dell'empia Gezabele moglie di Achab hanno uccisi da ogni merito e dovuta in modo esclusivo alla
i tuoi profeti (III Re, XVIII, 4). Hanno rovinati i grazia di Dio, sono stati salvati. Nel greco, nelle
tuoi altari. Si tratta probabilmente di altari privati, antiche versioni, e nei migliori codici della Vol-
eretti con buon fine, benché contrariamente alla gata, mancano queste ultime parole e il testo viene
legge (Deut. XII, 4 e ss.), negli alti luoghi da semplicemente riferito così : Nello stesso modo
pii Israeliti, i quali, vivendo sotto re idolatri, non adunque, anche adesso ha un resto secondo
vi
potevano più recarsi ad adorare Dio a Gerusa- l'elezione della grazia. E
chiaro però, che questo
lemme (III Re XVIII, 30). Il distruggere questi resto è stato eletto per essere salvo. Che parecchi
altari per odio contro Dio era male. Sono rimasto Giudei si siano infatti convertiti, consta dagli Atti
solo ad adorare il vero Dio (III Re, XVIII, 30) e Apostolici, II, 41 ; IV, 4 ; VI, 7 ; XXI, 20, ecc.
vogliono la mia vita. Per sfuggire alle insidie di 6. Se per grazia, ecc. I Giudei credevano di
Gezabele, Elia dovette infatti fuggire fino al monte poter ottenere la giustizia coll'osservanza esterna
Oreb. della legge, l'Apostolo prende quindi occasione
4. La risposta (gr. ó Xp^j^anofióq = l'oracolo). dall'aver parlato della grazia, per ribattere nuova-
Mi sono Queste parole esprimono mira-
riservato. mente quest'errore. Se quelli che hanno conseguita
bilmente la virtiì della, grazia. In quella grande la giustizia, l'hanno conseguita per la grazia, dun-
persecuzione suscitata da Achab, quando sembrava que ne segue che non sono arrivati a tanto per
che tutto Israele fosse caduto nell'idolatria, Iddio le opere, e che queste sono affatto insufficienti.
colla sua grazia preservò dall'adorare gli idoli, e Altrimenti la grazia non è più grazia. Non possono
mantenne fermi nel suo culto sette mila uomini, stare assi< me queste due cose che l'elezione sia ;

cioè un gran nuniero. Il numero sette qui, come per grazia e sia per merito delle opere, poiché
Romani, XI, 7-11 75

'Quid ergo? quod quaerébat Israel, hoc 'E che adunque? Israele non ha conse-
non est consecùtus eléctio autem consecuta : guito quel che cercava lo hanno conseguito :

est : céteri vero excaecàti sunt 'Sicut scrip- : gli eletti tutti gli altri poi sono stati acce-
:

tum est Dèdit illis Deus spiritum com-


: cati ®Come sta scritto Dio diede loro uao
: :

punctióhis : óculos ut non vìdeant, et aures spirito di stordimento occhi, perchè non :

ut non àudiant, usque in hòdiérnum diem. veggano, e orecchi, perchè non odano fino
^Et David dicit : Fiat mensa eórum in là- al giorno d'oggi. ^E David dice La loro :

queum, captiónem, et in scàndalum,


et in mensa diventi per essi un lacciuolo, e un
et in retributiónem illis. ^"Obscuréntur óculi cappio, e un inciampo, e ciò per giusta loro
eórum ne videant et dorsum eórum semper : punizione. ^"Si offuschino i loro occhi, sic-
incurva. ché non veggano e aggrava sempre il loro
:

dorso.
"Dico ergo Numquid sic offendérunt ut : "Io dico adunque : Hanno essi inciam-
càderent? Absit. Sed illórum delieto, salus pato in tal guisa (solo) per cadere ? No certo.

• Is. VI, 9; Matth. XIII, 14; Joan. XII, 40; Act. XXVIII, 26. » Ps. LXVIII, 23.

grazia significa dono gratuito, merito invece dice Davide dice nel salmo LXVIII vv. 23-24, ci-
9.
ordine a mercede e ricompensa. Nel greco ordi- tatosecondo i LXX, ma non alla lettera. La loro
nario, nel codice B, in una versione siriaca e in mensa diventi per essi un lacciuolo, sia cioè come
parecchi codici minuscoli greci, segue quest'ag- l'esca che attira gli uccelli o le fiere al laccio,
giunta : a Se per
le opere, dunque non per la e un cappio, meglio una rete, che li avviluppi, e
grazia, l'opera non è più opera », la
altrimenti un inciampo o propriamente una trappola, ecc.
quale viene da tutti riguardata come una glossa Sotto forma di imprecazione Davide annunzia che
passata dal margine nel testo. quei beni, i quali erano destinati a prò d'Israele,
7. E
che adunque dovremo noi dire d'Israele? serviranno invece alla sua rovina. La loro mensa è
La risposta non può esser dubbia. Israele (come principalmente la Scrittura e la legge, nelle quali
i Giudei credevano di aver la vita eterna (Giov. V,
nazione) nella sua grande maggioranza non ha con-
seguito quel che cercava (greco quel che cerca), 30), ma che per loro diventarono un laccio, quando
si servirono di esse per rigettare il Messia.
cioè la giustizia, perchè la cercava per mezzo delle
opere. Gli eletti invece, ossia quel piccolo resto Anche qui, sotto forma di
10. Si offuschino, ecc.
eletto da Dio (v. 5), ha conseguita la giustizia, imprecazione, annunzia l'accìecamento dei Giu-
si
ma per la fede, ossia per la grazia della stessa dei, dimodoché non solo non intendano piìi la
elezione. legge, ma questa diventi per loro un giogo pe-
Tutti gli altri poi sono stati acciecati in modo, sante che aggravi il loro dorso. Altri spiegano :

che non riconobbero il Messia e la vera via della Che il castigo piombi loro addosso improvvisa-
salute. Il verbo é:rcopóencav, tradotto per sono stati mente, cioè mentre stanno a tavola mangiando, e
acciecati, viene da alcuni interpretato con sono siano assoggettati alla schiavitù dei Caldei, del
stati indurati. Il primo senso però risponde meglio Romani, ecc.
al contesto. 11-15. Come
la riprovazione d'Israele non è che
8. Come sta scritto, ecc. Questo acciecamento parziale, così ancora non è che temporanea. Dico
era già stato predetto. La citazione è fatta sui LXX, adunque, ecc. Dio non ha ripudiato interamente il
ma non è letterale, e risulta da una combinazione suo popolo, ma per riguardo a quelli che Egli ha
di un passo del Deut. XXIX, 4, e di un altro di rigettati, che cosa si dovrà conchiudere? Hanno
Isaia, XXIX,
10. In castigo della loro infedeltà Dio, essi, ecc. Forsechè Dio nei suoi disegni, sottraendo
sottraendo la sua grazia (IX, 7), diede loro uno le sue grazie e permettendo, in punizione delle loro
spirito stordimento o di torpore morale, che
di colpe, a molti Giudei di inciampare nella pietra
rende l'anima come incapace di vedere e di inten- angolare che è Gesù Cristo, non ebbe altro fine
dere la verità. Il greco xatàvtj^tq, tradotto com- fuori di quello di lasciarli cadere senza alcuna spe-
punctio significa, in senso proprio, puntura vio- ranza di risurrezione? No certo. L'Apostolo re-
lenta e poi anche dolore grande, in senso figurato spinge con forza una simile supposizione, e spiega
significa torpore, stordimento, ecc.). Cf. II Cor. IV, il disegno di Dio nella ostinazione dei Giudei. II
4; Efes. II, 2. Occhi perchè non vedano, ecc., loro delitto (:rapà;rT03|ua = caduta, ossia l'accìeca-
ossia organi incapaci di compiere le loro funzioni mento dei Giudei nel non voler riconoscere Gesù
naturali. In conseguenza di questo acciecamento, Cristo, è salute (meglio secondo il greco per la
a nulla valse per i Giudei la predicazione del Van- loro caduta è venuta la salute, ecc.), ossia è stato
gelo, benché accompagnata da tanti miracoli. Le occasione di salute, alle genti. Il Vangelo infatti
parole, diede loro uno spirito... occhi... orecchi, doveva primamente essere annunziato ai Giudei
devono intendersi in questo senso, che Dio in (Matt. XXI, 43 e ss.), e questi per i primi avreb-
punizione delle loro colpe permise, che cadessero bero dovuto entrare nel regno di Dio. Siccome
in questo spirito di stordimento, sottraendo loro però i Giudei non vollero ascoltare la predicazione
la sua grazia, e similmente permise che, pure del Vangelo, gli Apostoli sì rivolsero ai pagani, i
avendo gli occhi, non vedessero, ecc. V. n. I, 24: quali accolsero con trasporto la loro parola, e si
IX, 18. convertirono, e furono perciò surrogati agli Ebrei.
Fino giorno d'oggi. I Giudei del tempo di
al Si legge. Atti, XIII, 46, a A voi (Giudei) prima-
Mosè erano figura dei Giudei del tempo
e di Isaia mente doveva essere annunziata la parola dì Dio;
del Messia (Matt. XXIII, 32). ma giacché la rigettate e vi giudicate come indegni
76 Romani, XI, 12-17

est Géntibus ut illos aemuléntur. "Quod si Ma loro delitto è salute alle genti, onde
il

delìctum illórum divitiae sunt mundi, et di- essi prendano ad emularle. ^^Che se il loro
miniitio eórum divitiae Géntium quanto : delitto è ricchezza del mondo, e la loro scar-
magis plenitudo eórum? "Vobis enim dico sezza è ricchezza delle nazioni quanto più
:

Géntibus Quàmdiu quidem ego sum Gén-


: la loro pienezza? "Poiché dico a voi, Gen-
tium Apóstolus, ministérium meum honori- tili In quanto io sono Apostolo delle genti,
:

ficàbo, "si quómodo ad aemulàndum próvo- farò onore al mio ministero, "se mai pro-
cem carnem meam, et salvos fàciam àliquos vocassi ad emulazione il mio sangue, e sal-
ex illis. "Si enim amissio eórum, recon- vassi alcuni di loro. "Perocché se il loro
ciliàtio est mundi quae assùmptio, nisi
: rigettamento é la riconciliazione del mondo :

vita ex mórtuis? ^*Quod si delibàtio sancta che sarà il loro ricevimento, se non una ri-
est, et massa; et si radix sancta, et rami. surrezione da morte? "Che se le primizie
sono sante, lo è pur la massa e se santa
:

è la radice, santi sono pure i rami.


'Quod si àliqui ex ramis fracti sunt, tu ^'Che se alcuni dei rami sono stati svelti.

della vita eterna, ecco che ci rivolgiamo alle genti » vino, non essendo ancor venuto il tempo della loro
(Cf. Atti, XVIII, 6; XIX, 9). Anche il Signore conversione in massa (v. 25).
aveva ciò predetto nella parabola degli invitati 15. Se, ecc. Torna a esprimere con termini più
(Luca, XIV, 16). vivi ilpensiero del v. 12. 7/ loro rigettamento {ano-
Ond'essiy ecc. Iddio nel far convertire prima i poXii =
il gettar via, esclusione, ecc.), ossia se la
pagani ebbe ancora un altro scopo. Egli volle pro- riprovazione dei Giudei, o la loro esclusione dal
vocare la gelosia dei Giudei rimasti increduli, e regno di Dio, è stata occasione della riconcilia-
indurli così ad abbracciare anch'essi il cristiane- zione dei pagani (del mondo) con Dio, il loro rice-
simo. Vedendo trasportate ai pagani le promesse vimento (gr. npóoXTifn})iq) nel regno messianico ap-
fatte ai loro padri, i Giudei avrebbero dovuto porterà tanti beni e tanta gioia, come una risur-
accendersi di una santa invidia, e correre anche rezione da morte a vita (el un toon ex vexpfìv =
essi ad assoggettarsi al Vangelo. Cf» Deut. XXXI, se non vita da morte). Queste ultime parole, da
21 citato sopra, X, 19. Origene e da altri sono interpretate così La con-
:

12. Che se, ecc. Con un argomento a minori ad versione dei Giudei sarà un segno che è prossima
majus, mostra quante benedizioni apporterà al la risurrezione dei morti e il trionfo finale di Gesù

mondo la conversione in massa dei Giudei al cri- Cristo. Si fa però osservare che l'Apostolo, quando
stianesimo. Se il loro delitto (gr. jrap(x:rTcona = parla della risurrezione generale, usa un'altra frase,
caduta), ossia se la riprovazione dei Giudei incre- fi dvàoTacftì; vexpSv, oppure ex vexpfìv, e non
duli è la salute, meglio fu la salute del mondo, quella che qui si trova. Altri spiegano che la con-
cioè dei pagani, inquanto fu l'occasione che ai versione dei Giudei produrrà un accrescimento di
pagani venissero aperte le porte della fede e del vita spirituale negli stessi cristiani già convertiti.
regno di Dio, e la loro scarsezza (gr. rò T\xxr\yLa — E' più probabile però che l'Apostolo parli indeter-
disfatta, ma qui secondo tutti gli interpreti significa minatamente dei beni che apporterà la conversione
quel piccolo numero, resto, IX, 27, di Giudei che dei Giudei e li paragoni a una risurrezione.
si convertirono) ha portato inestimabile abbondanza 16. La speranza dell'Apostolo sulla conver-
di grazie ai gentili, quanto maggiore vantaggio non sione degli Ebrei, è fondata in questo, che i
recherà la loro pienezza, cioè la loro conversione Giudei, in forza delle loro relazioni coi patriarchi,
in massa, che avverrà alla fine del mondo? La hanno un certo diritto alla salute messianica. A
condizione dei Giudei non è dunque disperata. provare ciò, porta due argomenti tratti il primo
13. A Voi Gentili. Da queste parole si deduce dagli usi religiosi degli Ebrei, e l'altro dalla loro
chiaro, che la maggioranza dei fedeli a cui San origine. Se le primizie (gr. djrapXr) significa ordi-
Paolo scrive questa sua lettera, erano stati conver- nariamente primitiae e non delibàtio) sono
titi dal paganesimo. In quanto (gr. éq?* 6ao\) io sante, ecc. Gli Ebrei quando facevano il pane,
sono, ecc. L'Apostolo fa vedere come, benché egli mettevano a parte un po' di pasta per farne un
sia apostolo dei Gentili, si occupa tuttavia dei presente a Dio, offrendolo ai sacerdoti, oppure
Giudei, e si adopera per la loro conversione ; e bruciandolo (Num. XV, 19-21). Queste primizie,
perciò dà alcuni avvisi ai cristiani gentili, affinchè, divenute sante per la loro consacrazione a Dio,
col loro modo di agire, non pongano ostacoli all'en- facevano partecipe della loro santità tutta la massa
trata dei Giudei nella Chiesa. Dice adunque : In di pasta, a cui appartenevano. Parimenti i rami,
quanto sono Apostolo delle genti, cioè mandato per la stessa loro origine, sono partecipi della
dallo Spirito Santo specialmente a predicare ai natura e quindi della santità della radice, da cui
pagani (IX, 15; XXII, 21; Gal. II, 7; I Tim. II, sono nati. Se pertanto gli antichi patriarchi, che
7, ecc.), farò onore al ministero affidatomi, sacrifi- sono le primizie della massa dei Giudei, e la
candomi per voi, o gentili, e adoprandomi in tutti radice da cui gli stessi Giudei ebbero origine, fu-
i modi per convertirvi alla fede. rono santi, come consta dalle promesse loro fatte
da Dio, anche i Giudei, che sono la massa e i
14. Se mai, ecc. Facendo però entrare molti
rami, sono santi di una santità esterna e legale,
gentili nella Chiesa, io ho ancora un altro scopo,
la quale può considerarsi come quasi una disposi-
che è quello di cooperare
alla salute dei Giudei.
zione e una preparazione alla vera santità interna.
Io mi sforzo in tutti i modi di provocare ad emu-
lazione, cioè a gelosia, il mio sangue, cioè i Giudei, 17-18. Dopo aver mostrato che i Giudei, con
coi quali ho comune la discendenza carnale, IX, 3, maggior ragione dei gentili, possono essere fatti
nella speranza, che almeno alcuni di loro si sal- partecipi del regno di Dio e divenire santi, esorta
Romani, XI, 18-23 77

autem cum oleaster esses, insértus es in illis, e tu essendo olivo selvatico sei stato in loro
et sócius ràdicis, et pìnguédinis olivae factus luogo innestato e fatto consorte della radice
es, advérsus ramos. Quod si
^*noli gloriàri e del grasso dell'olivo, "non voler vantarti
gloriàris : non
radicem portas, sed radix
tu contro quei rami. Che se ti vantj non porti :

te. ^'Dìces ergo Fracti sunt rami


: ut già tu la radice, ma la radice porta te. "Di-
ego ìnserar. ^°Bene propter incredulitàtem
: rai però : Que' rami furono svelti perchè
fracti sunt. Tu autem fide stas noli altum : io fossi innestato. ^°Bene : sono stati svelti
sapere, sed time. ^^Si enim Deus naturàlibus per l'incredulità. E tu stai saldo per la fede :

ramis non pepércit ne forte nec tibi parcat.


: non levarti in superbia, ma temi. ^^ Poiché
se Dio non perdonò ai rami naturali non :

perdonerà neppure a te.


*'Vìde ergo bonitàtem, et severitàtem ^"Vedi adunque la bontà e la severità di
Dei :in eos quidem, qui cecidérunt, seve- Dio : severità verso di .quelli che cad-
la
ritàtem in te autem bonitàtem Dei, si per-
: dero la bontà di Dio verso di te, se ti at-
:

mànseris in bonitàte, alióquin et tu excide- terrai alla bontà, altrimenti sarai reciso
ris. *'Sed et illi, si non permànserint in anche tu. ^'Ed essi pure, se non resteranno

! gentili a non Inorgoglirsi della sorte loro toccata, vita del tronco e per il succo che da questo riceve,
e a non disprezzare i Giudei. L'Apostolo conce- così ancora i gentili non vivono ohe per il succo

pisce la Chiesa come un grande albero, il germe ricevuto dall'albero giudaico.


del quale fu gettato in terra colla promessa del 19. Dirai però, ecc. Se la ragione data mostra
Redentore i patriarchi
; furono come le radici, gli che tu, o gentile, non devi inorgoglirti, non cercar
Israeliti furono come il tronco e i rami. L'umanità altro motivo di vantarti con dire Dio permise la :

pagana è rappresentata come un albero selvatico, caduta dei Giudei affinchè io fossi innestato sul
che non produce alcun frutto per la salute. Adun- vero olivo, e ciò prova che Dio ama più i gentili
que se alcuni dei rami, cioè alcuni Giudei, per la ohe i Giudei.
loro infedeltà, sono stati svelti (gr. è^exAàoOtioav),
20. Bene. Il fatto constatato è vero; la wprova-
ossia tagliati dall'albero, e quindi esclusi dal regno
zione dei Giudei è stata l'occasione dell'avvenuta
messianico, a cui, come eredi dei patriarchi, ave- chiamata dei gentili. Ma l'Apostolo fa subito osser-
vano un certo diritto, e tu pagano, essendo un vare, che i, Giudei furono divelti dall'albero per
olio selvatico, per pura misericordia di Dio e
l'incredulità, cioè perchè non vollero credere al
senza alcun tuo merito sei stato innestato in loro Vangelo. Tu invece, o gentile, da olivo selvatico
luogo (meglio secondo il greco sei stato innestato che eri, sei stato innestato sul vero olivo, e "vl
tra loro), cioè tra i rami
uniti al tronco, ossia fra
stai saldo per la fede, cioè perchè hai creduto «
i Giudei convertiti cristianesimo, e sei stato
al
credi al Vangelo. Siccome però la fede che <:on-
fatto consorte (meglio compartecipe) della radice
duce un dono puramente gratuito di
alla salute, è
e del grasso (succo) dell'olivo, ossia di tutte le be-
Dio, e può perdere, se non è accompagnata
si
nedizioni che ricevono i membri del regno di Dio,
dall'umiltà, tu non devi insur-erbirti, ma temere.
non volere vantarti contro quei rami, cioè contro i
Giudei. Ricordati ohe una volta tu eri straniero 21. motivo per cui devi temere, si è, che è
11

all'alleanza, senza speranza, senza promesse, senza piij i rami innestati che
facile svellere dall'albero

Dio in questo mondo (Efes. II, 11-12), e che non non i rami naturali, e quindi, se I rami naturali

sei stato liberato da tanta miseria, se non quando iurono svelti, anche a te potrà accadere altret-
fosti innestato al vero olivo e fatto partecipe del tanto, se non temi e ti umilii.

suo succo : Tu non


hai quindi motivo d'inorgo- 22. Osserva, ecc. Affine di inculcare sempre più
glirti contro i rami naturali, se, per loro disgrazia, il timore e l'umiltà, invita il gentile a considerare

alcuni di essi furono tagliati. Che se pure ti vanti, attentamente i due aspetti della condotta di Dìo,
sappi che tu altro non sei che un ramo innestato verso i Giudei e verso i pagani. La bontà o la
alla fede e alla Chiesa dei -Giudei, e che essi nulla misericordia mostrata da Dio verso i pagani, col
debbono a te, mentre tu devi molto a loro, perchè chiamarli senza alcun loro merito alla grazia, la
la salute è dai Giudei (Giov. IV, 22) ai gentili, e severità, con cui Dio trattò i Giudei che urtarono
non dai gentili ai Giudei. nella pietra, che è Gesù Cristo, e non vollero cre-
Parlando dell'innesto dell'olivo selvatico sul dere Vangelo. Dio continuerà a mostrarsi mise
al
vero olivo, l'Apostolo alluderebbe, secondo alcuni, ricordioso verso di te, se ti atterrai alla bontà, cioè
all'uso di Oriente (pallad. de insitione XIV, v. 53) se persevererai in quella fede, la quale è un dono
dS innestare sul vecchio tronco dell'olivo vero. gratuito della bontà e misericordia di Dio; altri-
Polivo selvatico affine di dar nuovo vigore alla menti se non persevererai, anche tu come i Giudei,
pianta. Altri invece spiegano : a Secondo le regole sarai reciso dall'albero, e proverai gli effetti della
della natura, l'innesto non si fa se non di una giustizia di Dio. a Può adunque l'uomo giustificato
marza presa da pianta domestica, la quale si unisce decadere dallo stato di grazia e di giustizia, e niuno
a una pianta selvatica ; ma tu, ramo selvatico, non può essere infallibilmente certo della propria per-
buono ad altro che ad essere gettato sul fuoco, severanza n. Tale è la dottrina della Chiesa definita
sei stato innestato all'olivo domestico, e questa contro protestanti dal Concilio di Trento sess.VI,
i

stessa inusitata maniera d'innesto, la grandezza e. 16 e e. 23).


del benefìzio divino ti manifesta » Martini. 23. Eli essi pure, ecc. Come tu, se non ti mo-
Altri, e forse con più pensano che ragione, strerai fedele alla grazia sarai reciso, così al con-
l'Apostolo voglia semplicemente dire, che come il trario essi Giudei, se non resteranno nell'incredU'
ramo innestato non ha vha propria, ma vive della lità, ossia se abbraccieranno la fede di Gesù,
78 Romani, XI, 24-28

incredulitàte, potens est enim


ìnseréntur : nella incredulità, saranno innestati : poiché
Deus iterum insérere ^^Nam si tu ex illos. Dio è potente per di nuovo innestarli. ^''Pe-
naturali excìsus es oleàstro, et centra natti- rocché se tu sei stato staccato dal naturale
ram insértus es in bonam olivam quanto : olivastro, e contro natura sei stato innestato
magis ii, qui secùndum natùram, inseréntur al buon olivo quanto più quelli che sono
:

suae olìvae? della stessa natura saranno al proprio olivo


innestati ?
^°Nolo enim vos ignorare fratres mysté- ^^Poiché non voglio che vi sia ignoto, o
rìum tioc (ut non sitis vobis ipsis sapién-
: fratelli,questo mistero (affinchè dentro di
tes) quia caécitas ex parte cóntigit in Israel, voi non vi giudichiate sapienti), che l'indu-
donec plenitùdo Géntium intràret, ^'et sic ramento è avvenuto in una parte d'Israele,
omnis Israel salvus fieret, sicut scriptum fino a che sia entrata la pienezza delle genti,
est Véniet ex Sion, qui eripiat, et avértat
: ^^e così tutto Israele si salvi, conforme sta
impietàtem lacob. ^^Et hoc illis a me testa- scritto : Verrà
Sion il liberatore, e scac-
di
méntum cum abstùlero peccata eórum.
: cerà l'empietà da Giacobbe. ^^E avranno
essi da me questa alleanza, quando avrò
tolti via i loro peccati.
^^Secùndum Evangélium quidem, inimici ^^Riguardo al Vangelo, nemici per cagione
propter vos secùndum electiónem autem,
: dì voi riguardo poi alla elezione, carissimi
:

2« Is. LIX, 20.

Cristo, saranno di nuovo innestati sull'albero di la conversione dei gentili a suo tempo (Luca XXI,
Dio, e parteciperanno a tutti i beni messianici. La 24) sarà seguita dalla conversione in massa dei
potenza di Dio è infinita. Giudei.
24. Se tu, ecc. Se Dio ha innestato te sul tronco 26. E cosi si salvi tutto Israele. Allora Israele
d'Israele, col quale avevi nessuna affinità, molto avrà parte alla redenzione messianica, e abbraccierà
più facilmente, a nostro modo d'intendere, potrà la fede. Qui si parla del popolo Israelita nel senso
innestarvi i Giudei, che per natura sono figli di reale e non già nel senso spirituale. Similmente
Israele. la totalità, di cui è parola, in questo e nel prece-
25. Non
voglio che. L'Apostolo usa spesso que- dente versetto, è una totalità morale e non già
sta formola, quando vuole dare un insegnamento di assoluta. Da ciò si deduce che la fine del mondo
grande importanza (I, 13; I Cor. X, 1 ; XII, 1, ecc.). non verrà prima che tutti i popoli gentili e il

Sia ignoto a voi, cristiani gentili. Questo mistero. popolo giudaico si siano convertiti. Sta scritto in
La parola |iit50TT|pTov, presso gli scrittori profani, kaia, LIX, 20. La citazione è fatta sui LXX, ed è
significa una cosa nascosta, che non si deve mani- quasi letterale. Verrà di Sion. Nel testo ebraico sì
festare, ma nel Nuovo Testamento significa una legge verrà a Sion. Il senso però non muta. Il
:

verità, che l'intelletto umano non può conoscere liberatore (gr. ò puóiievoi;) il Messia salvatore,
naturalmente, ma solo per divina rivelazione. Quin- e scaccierà l'empietà (gr. doepeioq, plurale) da
di il nome di mistero, viene spesso usato per Giacobbe, cioè dal popolo d'Israele. L'Apostolo
significare i consigli di Dio nella redenzione del conferma così ai Romani la verità della sua rive-
mondo per mezzo di Gesù Cristo (Matt. XIII, 11; lazione, mostrando che la conversione in massa
Rom. XVI, 25; I Cor. II, 7, ecc.), o per indicare dei Giudei era già predetta.
certe verità divine più difficili a comprendersi
(I Cor. II, 13), o anche semplicemente per signifi-
27. E
avranno, ecc. Continua la stessa citazione
d'Isaia.Dìo promette che contrarrà cogli Israeliti
care un punto di dottrina rivelata, p. es. la futura
una nuova alleanza, colla quale conferirà loro per
gloriosa risurrezione dei morti (I Cor. XV, 51), il
sempre il suo spirito e la sua dottrina. Quando
simbolismo del matrimonio cristiano (Efes. V, 25-
avrò ecc. L'Apostolo, invece di continuare
tolti via,
32), ecc. Qui significa la grande verità rivelata a
col V. 21 cap. LIX dì Isaia, a descrivere i
del
S. Paolo, cioè la conversione in massa dei Giudei
caratteri positivi dì questa nuova alleanza, ricorre
al cristianesimo, che avverrà dopo la conversione
al cap. XXVII, 9, dello stesso profeta, e cita queste
dei gentili. Affinchè non vi giudichiate sapienti
parole : quando avrò tolti vìa, ecc., le quali met-
Prov, III, L'Apostolo svela questo mistero,
7),
tono in maggiore evidenza il lato negativo dell'al-
affinchè i gentili non si insuperbiscano, quasi siano
leanza, cioè la remissione dei peccati. La nuova
stati chiamati per loro merito, e non disprezzino i
alleanza, che Dio contrarrà col popolo d'Israele,
Giudei come indegni affatto della salute. L'indura- consisterà in questo, che toglierà ì loro peccati.
mento o accìecamento (greco nàpcoaic,). In una
parte, ecc. Non tutti gli Israeliti sono rimasti In- 28. L'incredulità presente dei Giudei, non impe-
creduli, ma parecchi di loro si sono convertiti. An- dirà la realizzazione di questa promessa. I Giudei
che l'acciecamento di quelli rimasti increduli non infatti, considerati riguardo al Vangelo, ossia con-
durerà sempre ma
durerà solo iinchè la pienezza
; siderati in quanto rigettano il Vangelo, che è
delle genti, cioè, la pagani, sia entrata
totalità dei l'unico mezzo di salute istituito da Dio, sono nemici
nella Chiesa. (Cf. Matt. XXIV, 14; Marco" XIII, (gr. èXGpoi = odiosi), cioè in odio a Dio, e quindi
10). Dio adunque nei suoi disegni ha chiamato una da lui severamente puniti ed esclusi dall'eredità
parte d'Israele alla fede, l'incredulità dell'altra messianica, perchè non vogliono assoggettarsi a
parte ha occasionato la conversione dei gentili, e lui. Per cagione di voi, cioè a vantaggio vostro.
Romani, XI, 29-33 79

charissimi propter patres. ^'Sine poe«iténtia per cagione dei padri. ^Toìchè i doni e la
enim sunt dona, et vocàtio Dei. ^"Sicut enim vocazione di Dio non vanno soggetti a penti-
aliquàndo et vos non credidistis Deo, nunc mento. ^"Perocché siccome anche voi una
autem miserìcórdiam consecùtì estis propter volta non credeste a Dio, e ora avete con-
incredulitàtem illórum ^^Ita et isti nunc
: seguito misericordia per la loro incredulità :

non credidérunt in vestram miserìcórdiam : '''Così anch'essi adesso non hanno creduto,
ut et ipsi miserìcórdiam consequàntur. affinchè per la misericordia fatta a voi con-
'^Conclùsit enim Deus omnia in increduli- seguiscano anch'essi misericordia. ^^Poichè
tate ut omnium misereàtur.
:
Dio restrinse tutti nella incredulità, affin dì
usare a tutti misericordia.

^^O altitùdo divitiàrum sapiéntìae, et ^^O profondità delle ricchezze della sa-
sciéntiae Dei quam incomprehensibilia sunt
:
pienza e della scienza dì Dio : quanto in-

o perchè la loro incredulità ha occasionato


gentili, Dio vi ha vostra vocazione gratuita
fatta, cioè alla

la vostra chiamata alla fede (vv. 11, 12, 15). Ciò alla fede, e perciò sono caduti nell'infedeltà affine
nonostante però per riguardo all'elezione, cioè al di conseguire ancor essi come voi la divina mise-
fatto che essi furono eletti fra tutti i popoli ad ricordia, a Lo scopo delle parole dell'Apostolo si è
essere i depositarli e ì custodi della rivelazione e di persuadere e agli Ebrei e ai gentili convertiti,
delle promesse, sono a Dio carissimi (gr. ò.-xa%r\xoi di non rimproverarsi reciprocamente il precedente
= cari) per cagione dei padri Abramo, Isacco, ecc., loro stato, ma che e gli uni e gli altri, conoscendosi
che erano amati da Dio, e dai quali essi discen- debitori alla stessa misericordia della nuova loro
dono (Cf. V. 16 e IX, 4). sorte, lodino con un sol cuore l'autore della sa-
lute » Martini.
29. Dio perciò non abbandonerà il suo popolo,
arricchito di tanti benefizi e di tanti privilegi, ma 32. Dalle considerazioni finora esposte, l'Apo-
un giorno avrà misericordia di lui, e lo convertirà stolo conchiude con una constatazione generale,
in massa fede. La vera ragione si è, perchè
alla che fa risplendere la grandezza della misericordia
doni Xapio|iaTa) e la vocazione (n xXT\m(;)
(TÒ di Dio. Dio permise che i gentili e gli Ebrei (presi
i
in genere e non per tutti e singoli gli individui)
dì Dio non vanno soggetti a pentimento («l^e-
To^éXT\Ta). Probabilmente l'Apostolo non annunzia cadessero vittime della disobbedienza (I, 18-32;
qui una norma generale della Provvidenza di Dio, II, 1, 3, 20), e fossero incapaci di risorgere da
ma parla semplicemente di quei doni o privilegi tanta abbiezione colle sole forze naturali, affine
che Dio concesse ad Israele (IX, 4-5), il primo dei di far risplendere negli uni e negli altri la gran-

quali è la vocazione alla dignità di figlio e di dezza della sua misericordia. Dio restrinse (c\)vé-
modo xXeioev = chiuse a chiave) tutti (i migliori codici
popolo di Dio (IX, 4). L'Apostolo nomina in
speciale la vocazione non solo perchè è il primo greci hanno il maschile Toùq Tiàvxac,, e non il neutro
privilegio, ma perchè contiene tutti gli altri. Questi come legge nella Volgata) nella incredulità ( ti?
si

doni non vanno soggetti a pentimento, perchè Dio


dneiGeiav =
disobbedienza, ribellione) affine, ecc.
si è impegnato con giuramento coi patriarchi (Deut.
L'Apostolo, ritorna così ad affermare quello che
fin da principio imprese a dimostrare, che cioè
VII, 6 e ss.), e quindi, benché per la sua infedeltà,
Israele sia ora rigettato, affinchè nel frattempo i tutti gli uomini, e Giudei e greci, sono peccatori,

gentili entrino nella Chiesa, Dio non verrà meno né hanno di che gloriarsi, e tutti hanno bisogno di
alla sua promessa (III, 3), e un giorno lo conver- essere giustificati per pura misericordia di Dio.
tirà, e farà vedere che Egli non ha abbandonato il 33. O
profondità. Dopo aver esaltata la mise-
suo popolo. ricordia di Dio, nel chiamare i Giudei e i pagani
alla salute, e celebrata la sua sapienza, nel far
30-31. Conferma quanto ha detto con un argo- servire l'incredulità degli uni alla salute degli altri,
mento dedotto dalla misericordia, che Dio ha l'Apostolo prorompe in un inno di ammirazione.
usato verso gli stessi gentili. Ricordatevi adunque
O profondità. Il greco ^àxoq può significare sia
che, come anche voi una volta non credeste (greco
altezza che profondità. Delle ricchezze della sa-
t\n6ierioaTe, meglio =
foste disobbedienti) a Dio,
pienza, ecc. Nel greco si ha della ricchezza, della
:

quando eravate avvolti nelle tenebre dell'ignoranza


sapienza, e della scienza. Questi tre sostantivi di-
(Atti XVII, 30), e immersi in ogni sorta di peccati pendono da profondità, e rappresentano i tre divini
(I, 18-32), ora però avete conseguito misericordia,
attributi ammirati dall'Apostolo. La ricchezza rap-
ossia siete stati chiamati alla grazia e alla fede,
presenta la bontà e la misericordia di Dìo (Roin. X,
per la loro incredulità (disobbedienza uTOiGetcf),
12; Efes. Ili, 8; Filipp. IV, 19, ecc.). La sapienza,
cioè iper il .fatto o in occasione dell'ostinato
colla quale Dio governa tutte le creature e le con-
rifiuto dei Giudei di assoggettarsi a Gesù Cristo,
duce al fine ab eterno prestabilito. La scienza, colla
così anch'essi, i Giudei, adesso non hanno creduto
quale conosce e sceglie i mezzi più acconci al fini
(meglio sono stati disobbedienti, gr. ri^reiGnoav),
che si è proposto. Questo fine, nel caso, è la sa
ossia Dio ha permesso l'incredulità dei Giudei
Iute del genere umano da ottenersi mediante la
affinchè per la misericordia fatta a voi, vale a
fede in Gesù Cristo. Quanto sono incomprensibili
dire acciò vedendo la vpstra conversione alla fede,
i suoi giudizi. Quanto sono inscrutabili alla mente
si sentano provocati a gelosia (Cf. vv. 11, 14, 26),
dell'uomo le ragioni dei giudizi di Dio, per cui
2 così anch'essi conseguiscano misericordia, cioè usa misericordia all'uno piuttosto che all'altro. E
si convertano. Tale è il senso più probabile di imperscrutabili le sue vie. Quanto astruse e incoirf-
questo v., e quello che meglio corrisponde al con- prensibilì sono le vie che >io tiene, e i mezzi di
testo. Altri però spiegano così anche i Giudei
: cui si serve per eseguire decreti della sua seleni*
i

ricusano adesso di credere alla misericordia che infinita 1

\
80 Romani, XI, 34 — XII, 1

iudicia eius, et investigàbiles viae elusi comprensibili sono i suoi giudìzi e imper-
'^Quis enìm cognóvit sensum Domini? Aut scrutabili lesue vie ^''Chi infatti ha cono-
!

quis consiliàrius eius fuit? *^Aut quis prior sciuto la mente del Signore ? O chi gli diede
dedit illi, et retribuétur ei? ^^Quóniam ex consiglio? ^^Ovvero chi è stato il primo a
ipso, et per ipsum, et in ipso sunt omnia : dare a lui, e gli sarà restituito? ^^Poichè da
ipsi gloria in saécula. Amen. lui, e per lui, e a lui sono tutte le cose :

a lui gloria pei secoli. Così sia.

CAPO XII.

La vita cristiana, 1-2. — Umiltà per cui ciascuno deve contentarsi del suo grado
e dei carismi ricevuti, 3-8. — Carità vicendevole, g-21.

^Obsecro ìtaque vos fratres per miseri- *Io vi scongiuro adunque, fratelli, per
córdiam Dei, ut exhibeàtis córpora vestra la misericordia di Dio, che presentiate i vo-
hóstiam vivéntem, sanctam, Deo placéntem. stri corpi ostia viva, santa, gradevole a Dio,

34 Sap. IX, 13; Is. XL, 13; I Cor. II, 16. i


Phil. IV, 18.

34-35. Conferma la profondità degli attributi di-


vini con tre interrogazioni, desunte le due prime CAPO XII.
da Isaia, XL, 13, citato quasi suiletteralmente
LXX, e la terza da Giobbe, XLI, 2, citato libera-
1. Dopo
aver dimostrato fin qui che la fede in
mente sul testo ebraico. Chi ha conosciuto la
Gesù Cristo è l'unica via di salute per tutti, l'Apo-
mente del Signore ? Questa interrogazione si rife-
stolo passa ora nella seconda parte della sua epi-
risce alla scienza di Dio. Nessuno è capace di scru-
stola, a esporre praticamente, quale tenore di vita
tare il pensiero di Dio. Chi gli diede consiglio ? si
esiga dai cristiani, la fede che hanno abbracciata.
riferisce alla sapienza di Dio, che è sì grande da Questa seconda parte può suddividersi in due
non aver bisogno di consiglieri, per governare e sezioni, nella prima delle quali, XII, 1-XIII, 14, si
dirigere le cose. Chi è stato il primo, ecc. Questa contengono avvisi generali valevoli per tutti i cri-
interrogazione si riferisce alla misericordia di Dio. stiani; nella seconda invece, XIV, 1-XV, 13, si
Chi è che possa credere d'aver dato a Dio qualche hanno avvisi e consigli particolari valevoli, in modo
cosa del suo, in modo da essere creditore verso speciale, per i Romani.
Dio, e di aver Dio come debitore? Dio non deve Nel cap. XII parla in generale dei doveri dei
nulla ad alcuno, perchè niuno può dargli qualche cristiani nelle loro vicendevoli relazioni, ma prima,
cosa, se prima da Lui stesso non l'ha ricevuta. nei vv. 1-2, traccia in poche parole una norma,
Questa verità viene ancora confermata nel versetto secondo la quale dovfebbe essere disposta la vita
seguente. di tutti i cristiani.
36. Da lui, come da causa che le ha tratte dal Vi scongiuro. Il greco «apaxaXS significa piut-
nulla, e ha dato loro l'essere; per lui, come da tosto vi esorto. Per la misericordia, o meglio,
causa che le conserva, le muove e le governa ;
secondo il greco, per le misericordie (II Cor. I, 3)
a lui, come ad uhimo fine, per cui sono create, che Dio vi ha usate, e che furono accennate nel
sono tutte le cose senza eccezione. Tutto ciò che cap. precedente. Prega quindi i cristiani affinchè,
ha l'essere è da Dio, e tende a Dio ; tutto dipende ricordandosi di quanto Dio ha fatto per loro,
da lui, ed Egli non dipende da alcuno. In queste vogliano condurre una vita quale è voluta dal
tre particelle da, per, a, alcuni, con Origene e nuovo stato che hanno abbracciato.
Sant'Agostino, vogliono vedere adombrato il mistero Presentiate. Il greco Jiapaorfìvai è un termine
della SS. Trinità. « Da lui significherebbe il Padre, tecnico per significare il condurre e il presentare
che è principio senza principio; per lui significhe- che faceva, negli antichi sacrifizi, la vittima al-
si
rebbe il Figlio, che è la persona di mezzo, per la l'altareper la immolazione (Lev. XVI, 6; Luca, II,
quale l'operazione ricevuta dal Padre si trasmette 22). I vostri corpi, 'ì cristiano deve consecrare al
allo Spirito Santo; a lui significherebbe lo Spirito servizio di Dio tutto sé stesso, cioè tutto il suo
Santo, il quale nella SS. Trinità è cerne fine, perchè corpo e tutta la sua anima. L'Apostolo comincia a
non si va più avanti ad alcun'altra persona ». Mar- parlare prima del corpo, perchè la rovina spirituale
tini. Giova però notare, che qui non può trattarsi dell'uomo ha cominciato dai sensi. Ostia viva.
che di sola appropriazione, poiché le opere tutte Negli antichi sacrifizi la vittima veniva uccisa, e
della creazione, della conservazione, ecc., sono nell'uccisione consisteva principalmente la sua
comuni a tutte e tre le persone divine, e conven- consecrazione a Dio. Il nostro corpo invece deve
gono ugualmente all'una e all'altra. essere un'ostia viva, perché nel battesimo noi
A lui gloria, ecc. Dopo aver detto, che tutte le siamo morti al peccato e siamo rinati e risorti a
creature sono ordinate alla gloria di Dio, l'Apostolo una nuova vita al tutto opposta al peccato, che ci
termina la parte dogmatica della sua epistola con teneva in uno stato di morte. Santa, cioè pura e
questa dossologia, colla quale invita tutti a glorifi- senza macchia. Gli animali da immolarsi a Dio do-
care Dio buono e misericordioso. vevano essere senza difetto (Lev. XIX, 2). Gradt-
Romani, XII, 2-5 81

rationàbìle obséquium vestrum. ^Et nolite (che è) il razionale vostro culto. ^E non
conformàri huic saéculo, sed reformàmini in vogliate conformarvi a questo secolo, ma
novità te sensus vestri ut pròbétis quae sit
: riformatevi col rinnovamento della vostra
vóluntas^Dei bona, et beneplàcens, et per- mente per ravvisare quale sia la volontà di
fécta. 'Dico enim per gràtiam quae data est Dio, buona, gradevole e perfetta. 'Dico
mihi, òmnibus qui sunt inter vos Non plus : dunque, per la grazia che mi è stata data,
sapere quam opórtet sapere, sed sapere ad a quanti sono tra voi Che non siano saggi
:

sobfietàtem et unicuique sicut Deus divisit


: più di quel che convenga esser saggi, ma
mensùram fidei. siano moderatamente saggi, e secondo la
misura della fede distribuita da Dio a cia-
scuno.
enim in uno córpore multa membra
*Sicut *Poichè come in un solo corpo abbiamo
habémus, omnia autem membra non eùm- molte membra, e non tutte le membra hanno
dem actum habent *Ita multi unum corpus
: la stessa azione 'Così siamo molti un solo
:

2 Eph. V, 17; I Thess. IV, 3. ^ i Cor. XII, 11 ; Eph. IV, 7.

vote a Dio. Un tale sacrifizio non può mancare di rettamente intorno al bene, e quindi deve rinno-
essere accetto a Dio. Il vostro- culto razionale (gr. varsi affine di conoscere la volontà di Dio.
tì\v XoYixT\v XaTpeiov v^iwv). Queste parole ser-
3. Questo sacrifizio e questo rinnovamento si
vono di apposizione a tutta la proposizione prece- manifestano nell'umiltà 3-8 e nella carità 9-21, da
dente. L'Apostolo vuol dire che questo sacrifizio,
cui devono essere animati i cristiani nelle loro
che noi facciamo a Dio offrendogli il nostro corpo,
mutue relazioni. Dico, meglio comando, per la
è il vero culto ragionevole {XoyixTiv, meglio spiri-
grazia che mi è stata data, ossia in forza dell'au-
tuale, come nella I Piet. II, 2), che proviene dal- torità che ho come Apostolo dei gentili (I, 5;
l'uomo interiore, e non già un sacrifizio puramente XV, 15), a quanti sono tra voi, cioè a ognuno di
esteriore e materiale, come erano i sacrifizi che voi in particolare («avn t^ óvn èv vfiTv). Non
si facevano coU'uccisione degli animali.
siano saggi, ecc. Nel greco vi è un giuoco di
2. Non vogliate, ecc. Ripete sotto altra forma Io parole assai espressivo : uh ù«ep<ppov6Ìv itap' o bti
stesso pensiero, applicandolo però in modo spe- (ppoveìv, dXXà (ppoveTv eiq tò ococppoveìv, che non
ciale all'anima. Il cristiano non deve modellare la è possibile tradurre letteralmente né in latino, né
sua vita secondo i dettami di questo secolo, cioè in italiano. Il senso però è questo : Nessuno abbia
del mondo, schiavo del peccato e del demonio, di sé una stima maggiore di quella che deve avere,
ossia non deve imitare i pensieri, gli affetti, i sen- ma ognuno si stimi secondo quella misura, con cui
timenti, gli esempi degli uomini corrotti. L'Apo- deve stimarsi. E secondo, ecc. Questo e manca
stolo usa spesso la frase « questo secolo, oppure nel greco. Ognuno deve stimarsi secondo la misura
questo mondo » per significare l'uomo schiavo del della fede. Queste ultime parole, secondo la mag-
peccato originale, e non ancora partecipe della gra- gior parte degli esegeti, significano non tanto la
zia di Gesù Cristo (I Cor. I, 20; II, 6, 8; III, 18; fede in sé, quanto piuttosto i variì carismi o doni,
II Cor. IV, 4; Gal. I, 4; Giac. I, 27, ecc.). Ma ri- dì cui sì parla nei vv. seguenti (I Cor. VII, 7), e
formate (meglio secondo il greco netanopcpoCoGn, che in quei primi tempi erano spesso concessi da
trasformate) voi stessi, col rinnovamento (dvaxaivo)- Dio insieme alla fede, a coloro che si converti-
cei) della vostra mente (ro{5 voó<;). Il cristiano vano. Distribuita da Dio a ciascuno. Questi ca-
deve, in certo modo, cambiar forma, egli deve spo- rismi, che nulla aggiungono alla santità dì colui
gliarsi dell'uomo vecchio e rivestirsi dell'uomo che lì possiede, e sono dati per l'utilità della
nuovo, rinnovando, per mezzo della grazia, la Chiesa, sono variì e molteplici in sé stessi, e Dio
mente, ossia l'intelligenza pratica, la coscienza che è colui che lì dispensa a seconda della sua volontà.
inclina a fare il bene e a fuggire il male. Questo Ognuno sia dunque contento dei doni ricevuti, e
rinnovamento è ordinato al fine (per ravvisare) di non si ingerisca nelle cariche o nelle funzioni degli
conoscere bene la volontà di Dio, cioè che cosa Dio altri, ma adempia fedelmente quell'ufficio che Dio
voglia da noi. Questa volontà di Dio, nella Volgata, gli ha affidato, senza cercar altro.
viene detta buona, perchè non prescrìve se non 4-5. Con una similitudine assai famigliare (Cf.
quello che è buono e onesto; gradevole, perchè I Cor. XII, 12-14; Efes. IV, 5), inculca ai fedeli
ogni cuore ben disposto trova piacere nel seguirla ; che, per il bene della Chiesa, ciascuno si contenti
perfetta, perchè ci unisce a Dio, fonte e modello del suo grado e dei suoi doni. Nell'epistola I ai
di ogni perfezione, anzi la stessa perfezione. Il Cor. (1. e), porta questa stessa similitudine, per
testo greco ha un senso un po' diverso, poiché le dimostrare come la varietà dei doni sia ordinata
tre parole non sono tre aggettivi, ma tre sostantivi da Dio a vantaggio della Chiesa. L'Apostolo con-
che esprimono in particolare, quale sia la volontà sidera la Chiesa come un corpo mistico vivente,
di Dio Per ravvisare quale sia la volontà di Dio,
:
e la paragona al corpo naturale. Come nel corpo
vale a dire, ciò che è buono (tò óyoGóv) e grade- naturale sono molte membra, le quali, benché
vole (eùctpeoTov) e perfetto ( téXeiov) davanti a vivificate tutte dallo stesso principio vitale, non
Dio. Le nostre azioni possono essere buone, o mi- hanno però la stessa funzione e lo stesso ufficio,
gliori, o ottime, e questa gradazione viene indicata ma p. es., all'occhio sì appartiene di vedere, al-
nei tre sostantivi. Come chi ha guasto il palato l'orecchio di udire, ecc. Nella stessa guisa ì molti
non può giudicare dei sapori, così la mente del- fedeli formano un solo corpo in Cristo, per la loro
l'uomo schiavo del peccato, non può gindicare unione con Lui, che è il capo, e perchè vivificati

6 — Sacra Bibbia, voi. IL


82 Romani, XII, 6-9

sumus in Christo, singuli autem alter alté- corpo in Cristo, e a uno a uno membra gH
riùs membra. ^Habéhtes autem donatiónes uni degli altri. ^Abbiamo però doni diversi
secùndum gràtiam, quae data est nobis, dif- secondo la grazia che ci è stata data chi la :

feréntes sive prophetiam secùndum ratió-


: profezia, (la usi) secondo la regola della
nem fideì, ^sive ministérium in ministrando, fede, ^Chi il ministero, eserciti il ministero :

sive qui docet in doctrina, *qui exhortàtur chi l'insegnare, insegni, '^L 'ammonitore am-
in exhortàhdo, qui tribùit in simplicitàte, monisca, chi fa altrui parte del suo (lo fac-
qui praeest in solicitùdine, qui miserétur in cia) con semplicità, chi presiede sia solie-
Iiilaritàte. cito, chi fa opere di misericordia (le faccia)
con ilarità.
'Diléctio sine simulatióne. Odiéntes ma- 'Dilezione non fìnta. Abborrimento del

» Am. V. 15.

tutti dallo stesso Spirito. Di più tra loro i fedeli chiama con questo nome il suo apostolato tra i
sono membri l'uno dell'altro, perchè l'uno giova gentili, e dice (XV, 31) di aver esercitato il suo
all'altro, e l'uno abbisogna dell'altro. Perciò nella ministero, nel recarsi a Gerusalemme a portare le
Chiesa vi sono diversi gradi e diverse funzioni, e elemosine delle Chiese di Macedonia e di Acaia
non tutti possono esercitare lo stesso ufficio, ma (Cf. I Cor. XII, 5; XVi, 15; II Cor. Vili, 4, ecc.).
ognuno deve contentarsi di quel grado, in cui Dio Qui si parla di una speciale attitudine sopranna-
l'ha collocato. turale a esercitare i varii ministeri ecclesiastici.
6. Nei vv. 6-8 conferma con alcuni esempi, la
Eserciti il ministero come si deve, e non ambisca,
raccomandazione fatta al v. 3 di contentarsi cioè né cerchi altro. Chi l'insegnare (gr. ó òiòàcxcov =
ciascuno dei carismi ricevuti. Doni Xapiatiaia. Con il dottore). Il dottore possedeva il dono di sapere
questa parola sono indicate quelle, che i Teologi insegnare con facilità e con frutto le verità della
chiamano grazie gratis datae, ossia quei doni so- fede (V. n. Atti, XIII, 1). Il profeta parlava per
prannaturali e straordinarii, che Dio concede tal- divina ispirazione il dottore invece parlava spesso
;

volta alle anime, non tanto per loro utilità privata, di propria scienza; il primo consolava, edificava
quanto piuttosto per il vantaggio generale della ed esortava i fedeli, l'altro spiegava e dimostrava
Chiesa (Ved. n. 3). Nei primi tempi, quando erano la verità. Insegni, ossia compia fedelmente questo

molto maggiori le necessità della Chiesa, questi suo ministero.


doni erano assai più frequenti che non adesso. 8. L'ammonitore ammonisca. Questo dono, di
L'Apostolo, nell'epistola I ai Cor. XII, 8-10 (Cf. cui altrove non è mai fatta parola, sembra con-
anche XIII, 1-3; XIV, 26, ecc.), ne ricorda nove, sistesse in una grazia speciale di scuotere e muo-
qui invece fa solo parola di sette ma è certo che
; vere, mediante acconcie parole, i cuori e le volontà
né in un luogo, né nell'altro l'Apostolo ha voluto degli uomini alla pratica della virtù. Chi fa parte
darne la lista completa ma ne ha ricordati alcuni,
;
altrui del suo (gr. ò ineTaòiòouq = colui che comu-
affine di richiamare in modo speciale sopra di essi, nica o dà), ossìa colui che è mosso dallo Spirito
l'attenzione dei fedeli. Santo a elemosina dei suoi beni (I Cor.
fare
Secondo la grazia, ecc. Il conferimento di questi XIII, 3). Con
semplicità, ossia non cerchi il suo
doni dipende, non già dai proprii meriti, ma uni- proprio interesse, ma attenda unicamente ad aiu-
camente dalla libera volontà di Dio, che li distri- tare il suo prossimo, per onore e gloria di Dio.
buisce a chi vuole e come vuole. Ognuno sìa quindi Chi presiede (gr. ò jrpovotàftevoq). Qui non si
contento di quello che ha, e non desideri altro. parla del ministero ecclesiastico propriamente
Chi la profezia, ecc. Benché il pensiero dell'Apo- detto, di cui al v. 7, ma del dono speciale di gover-
stolo sia abbastanza chiaro, tuttavia la costru- nare e di dirigere, che veniva conferito a coloro
zione della frase, a cominciare da questo punto che erano preposti alle varie opere di carità, per
diviene assai irregolare, e si devono supplire alcune es., alla cura delle vedove, degli orfani, dei pò
parole, come si vede nella traduzione e nel com- veri, ecc. Sia sollecito, cioè ponga ogni zelo nel
mento. La profezia (V. n. Atti, XI, 27, e XIII, 1), compiere quest'ufficio. Chi fa le opere di miseri-
ossia un dono soprannaturale di eccitare e stimolare cordia, cioè attende alla cura dei malati, dei pelle-
alla virtù gli altri per mezzo di discorsi ispirati, grini, degli schiavi, ecc. Le
faccia con ilarità, abbia
nei quali talvolta si prediceva anche il futuro, e cioè quella maniere, quell'ilarità di
soavità di
si manifestavano i secreti dei cuori. Affinchè però spirito, che dimostra la pienezza dell'affetto, con
non avvenga che colui, il quale ha cominciato a cui si fanno tali opere. (II Cor. IX, 7).
parlare sotto l'ispirazione dello Spirito Santo, parli 9. Anche qui come nella I Cor. XII, 31; XIII,
in seguito per ispirazione propria e induca gli altri 1 e ss., dopo aver parlato dei carismi, passa a
in errore, l'Apostolo soggiunge, che colui il quale trattare della carità, che è il dono più eccellente
possiede il dono della profezia, lo usi secondo la che lo Spirito Santo possa fare alle anime. La frase
regola (greco analogia) della fede, ossia nulla vi dell'Apostolo è assai irregolare, e non v'é sempre
mescoli che non sia conforme alle verità rivelate, un nesso logico tra i varii precetti. Tuttavia si può
contenute nella tradizione e nelle sacre Scritture. dire che l'Apostolo tratta prima (9-16) dei doveri
Se avvenisse diversamente, sarebbe una prova evi- vicendevoli dei cristiani, e poi (17-21) dei doveri
dente che non è vero profeta. verso gli altri e specialmente verso i nemici.
7. Il ministero (gr. òiaxovi'a, senza articolo) è Dilezione (n àyàitry), cioè la carità verso Dio e
un termine generale e indeterminato, che significa verso il prossimo. Non finta (meglio secondo il
non tanto il Diaconato, quanto piuttosto ogni mini- greco senza ipocrisia), ossia sincera e non solo di
•tero ecclesiastico. Difatti l'Apostolo (XI, 13) lingua, ma di cuore e di opere (II Cor. VI, 6;
Romani, XII, 10-16 83

lum, adhaerentes bono ^"Charitàte frater- : male, adesione al bene "Amandovi scam- :

nìtàtis invicem dilìgéntes Honóre invicem : bievolmente con fraterna carità prevenen- :

praeveniéntes ^^Solìcitùdine non pigri :,


: dovi gli uni gli altri nel rendervi onore :
Spìrìtu fervéntes Dòmino serviéntes : : ^^Per sollecitudine non tardi fervorosi di :

^^Spe gaudéntes In tribulatióne patiéntes


: : spirito servendo al Signore
: "Lieti per la :

Oratióni instàntes "Necessìtàtibus sanc- : speranza pazienti nella tribolazione


: as- :

tórum communicàntes Hospitalitàtem sec- : sidui nella orazione "Entrando a parte :

tàntes. dei bisogni dei Santi praticando ospitalità.


:

^''Benedicite persequéntibus vos : be- "Benedite coloro che vi perseguitano :

nedicite, et nolìte maledicere. ^^Gaudére benedite, e non vogliate maledire. ^^Ralle-


cum gaudéntibus, fiere cum fléntibus : "I- grarsi con chi si rallegra, piangere con chi
dipsum invicem sentiéntes Non alta sa- : piange : "Avendo gli stessi sentimenti l'uno

10 Eph. IV, 3; I Petr. II, 17. " Hebr. XIII, 2; I Petr. IV, 9.

I Giov. III, 18). La carità importa Vabborrimento (V. n. V, 2). Pazienti nella tribolazione. Nel greco
del male, ossia del peccato, e l'affezione al bene, si legge v:ronévovTe<; =
perseveranti. Siate quindi
cioè all'onestà. A ognuno dei tre membri di questo costanti nella tribolazione, la quale giova ad accre-
versetto si deve sottintendere abbiate. scervi i meriti (II Cor. IV, 17) e serve ancora a
rassodarvi nella speranza (V. n. V, 3). Assidui
10. Amandovi scambievolmente con fraterna ca-
nella orazione, colla quale potrete ottenere da Dio
rità. greco tq qjiXaòeXqpi'cf eì^ dXXriXot)^ 91X60-
Il
la grazia necessaria, per osservare gli altri precetti
TopYoi, potrebbe meglio essere tradotto: Per ciò
della legge.
che riguarda la carità fraterna, siate pieni di tene-
rezza gli uni verso degli altri. I Cristiani sono tutti 13. Torna a parlare dei doveri verso il prossimo.

membri di una stessa famiglia, nella quale Gesiì è Entrando a parte, ossia riguardando come vostri
il primogenito l'amore quindi che si portano a proprii i bisogni dei santi, col venire loro in soc-
;

vicenda, dev'essere un amore di famiglia. Nel corso colle vostre sostanze. Praticando l'ospitalità,
rendervi onore. Quando si ama sinceramente una che tanto viene inculcata nel Nuovo Testamento
persona, allora le si danno, anche esternamente, (Ebr. XIII, 3; Tit. I, 8; I Tim. Ili, 2; I Piet.
testimonianze di stima. I cristiani devono quindi IV, 9), anche a motivo delle speciali condizioni, in
andare a gara, nello stimarsi l'un l'altro degni dì cui si trovavano i primi cristiani, perseguitati so-
essere prevenuti nelle testimonianze di onore vente dai proprii parenti, e costretti talvolta ad
<Filipp. II, 3). Anche qui il greco potrebbe essere
abbandonare la patria e a cercare altrove rifugio.
tradotto Per riguardo all'onore, prevenitevi l'un
: 14. Benedite, ecc. I cristiani saranno sempre
l'altro. esposti alla persecuzione ; essi però devono per-
11. Per sollecitudine, ossia riguardo alla solle- donale e desiderare ogni bene ai loro persecutori,
citudine, non siate, pigri nell'aiutarvi scambievol- e domandarlo a Dio per essi. Così aveva coman-
mente. Fervorosi, ecc. Alcuni riferiscono queste
dato Gesù Cristo (V. n. Matt. V, 44; Luca, VI,
parole alla frase precedente, e quindi all'amore 27 e ss.), il quale aveva pure chiamati beati coloro
del prossimo, mentre altri vorrebbero che anche che avessero sofferto persecuzione per la giustizia

le parole per sollecitudine, ecc., si riferissero al- (Matt. V, 10). Benedite, non maledite. Con questa
ripetizione rende più pressante la sua esortazione.
l'amore di Dio. E' piii probabile però, che l'Apo-
« Ed è da notare come egli non dice, amate coloro
stolo cominci solo con fervorosi a parlare dell'amor
dì Dio.
che vi perseguitano, ma benedite, perchè egli vuole
Spirito. Qui non si parla direttamente dello Spi-
che all'affetto interiore, vadano unite le esteriori
rito Santo, ma dell'anima umana. Dice pertanto
dimostrazioni di carità, delle quali la massima è
l'Apostolo : Siate fervorosi di spirito, cioè pieni di quella di pregare II Signore a illuminare e conver-
tire gli stessi persecutori » Martini.
ardore nel compiere tutto ciò che piace a Dio.
Questo fervore è causato dalla grazia dello Spirito 15.Rallegrarsi... piangere, ecc. Questi due infi-
Santo. Servendo al Signore. Un tale fervore è niti vanno interpretati come due imperativi, a La
voluto dalla vostra stessa condizione. Voi vi siete comunione sociale dei membri dì uno stesso corpo
assoggettati interamente a Gesù Cristo, e quindi porta, di sua natura, che del bene di un membro
non dovete più in alcun modo servire al vizio e gli altri pur godano, e nella stessa guisa, ne risen-
al peccato (VI, 16). tano il male » Martini. Quindi il cristiano dovrà
La lezione Volgata Domino serviéntes -
della farsi tutto a tutti. L'Apostolo però, raccomanda
gr. T(p òouXevovteq, è pure quella dei mi-
xupi'cp prima di rallegrarsi con chi si rallegra, perchè, fa
gliori codici greci e delle edizioni critiche, e va osservare S. Giovanni Crisostomo, è cosa più dif-
preferita alla lezione t^ xotp^ tempori ser- = ficile a praticarsi, stantechè il bene degli altri
viéntes, servendo al tempo, cioè approfittando di provoca spesso l'invidia e la gelosia, mentre, per
tutte le occasioni, che si trova in alcuni codici compatire chi soffre, basta non avere un cuore di
greci. pietra.

12. Lieti per la speranza. Si deve sottintendere 16. Inculca di nuovo la modestia e l'umiltà.
siate. II gaudio spirituale conferisce molto a mante- Avendo gli stessi sentimenti, ecc. Abbiate la stessa
nere l'anima nel fervore (XIV, 17; Gal. V, 15), e stima l'uno dell'altro, e l'uno non si preferisca
perciò l'Apostolo lo raccomanda, e assieme ricorda all'altro, a motivo delladelle sue
sua nascita,
il fondamento su cui poggia, che è la certa spe- ricchezze, ecc., perchè, in Gesù Cristo, tutti siamo
ranza dei beni celesti, che hanno tutti i cristiani uno (Gal. III, 28), e in Lui non vi ha né Giudeo,
84 Romani, XII, 17-21

pìéntes, sed humilibus consentiéntes. Nolìte per l'altro non aspirando a cose sublìmi,
:

esse prudéntes apud vosmetipsos ^^Nulli : ma adattandovi alle cose basse. Non vogliate
malum prò malo reddéntes providéntes : essere sapienti negli occhi vostri ^^non :

bona non tantum coram Deo, sed étìam co- rendendo male per male avendo cura di :

ram omnibus hominibus. fare bene non solo negli occhi di Dio, ma
anche in quelli di tutti gli uomini.

^*Si fieri potest, quod ex vobis est, cum "Sepossibile, per quanto da voi di-
è
òmnibus hominibus pac^m habéntes : ^®Non pende, avendo pace con tutti gli uomini :
vosmetipsos defendéntes diarissimi, sed "non vendicandovi da voi stessi, o caris-
date locum irae, scriptum est enim Mihi : simi, ma date luogo all'ira poiché sta :

vindìcta ego retribuam, dicit Dóminus.


: scritto A me la vendetta io farò ragione,
: :

^°Sed si esurierit inìmicus tuus, ciba il- dice il Signore. ^°Se pertanto il tuo nemico
lum : si sitit,hoc enim fà-
potum da ìUi : ha fame, dagli da mangiare se ha sete, :

ciens, carbónes ignis cóngeres super caput dagli da bere poiché così facendo, radu-
:

eius. ^^Noli vinci a malo, sed vince in bono nerai carboni ardenti sopra la sua testa.
malum. -'Non voler essere vinto dal male, ma vinci
colbene il male.

" II Cor. Vili, 21. " Hebr. XII, 14. 1» Basii XXVIII, 1, 2, 3; Matth. V, 39; Deut.
XXXII, 35; Hebr. X, 30. 20 Prov. XXV, 21.

né greco, né schiavo, né libero, né ricco, né èxòixoGvTeq . Proibisce anche qui ogni vendetta pri-
povero. Non aspirando a cose sublimi, cioè non vata. Date luogo
all'ira divina, ossia lasciate che
cercando, né desiderando sòpraerainenze e distin- la giustizia vendicativa di Dio, ristabilisca l'ordine,
zioni, ma adattandovi, ossia compiacendovi degli turbato dai peccati degli uomini (Cf. I, 18), e ven-
uffici, dei doni più umili, e non ricusandovi di ab- dichi le ingiurie fatte ai santi. Alcuni interpretano :
bracciare tutto ciò che il mondo reputa vile e reprimete lo sdegno, dategli luogo di calmarsi,
basso. Invece di adattandovi alle cose basse, si altri : date luogo all'ira del vostro nemico, cedete,
potrebbe anche tradurre adattandovi agli umili.
: lasciate che si sfoghi, ecc. La prima spiegazione
L'Apostolo, raccomanderebbe allora ai cristiani, di sola però risponde bene al contesto, poiché, im-
compiacersi nello stare cogli uomini di bassa con- mediatamente prima, si vieta la vendetta privata,
dizione e di minore coltura. La prima interpreta- e subito dopo si porta un testo in cui si parla della
zione però é più probabile, perché risponde meglio vendetta di Dio. Sta scritto nel Deuteronomio
al contesto. Vi ha infatti una opposizione tra cose XXXII, 35. La citazione non è letterale ed é fatta
sublimi e cose basse. Non vogliate, ecc. Non ab- sui LXX-
biate tanta stima di voi stessi, da disprezzare gli
20. Non basta però non vendicarsi da sé, ma
altri e da credere di non aver bisogno degli altrui
se il tuo nemico ha fame, ecc. Tutto questo passo
consigli.
é tolto dai Proverbi XXV, 21 e ss., secondo i LXX.
17. Torna a parlare del modo con cui devono a Sotto quei due esempi (della fame e della sete),
diportarsi coi loro nemici, i quali erano assai viene compresa qualunque specie di necessità, in
numerosi a quei tempi. Non rendendo male per cui si ritrovi il nemico, cui siamo tenuti di pre-
male ad alcuno, sia fedele o infedele. Resta così stare il convenevole soccorso, perché il non farlo
proibita ogni vendetta privata (Matt. V, 38; I Tess. sarebbe una specie dì vendetta » Martini.
V, 15; I Piet. Ili, 9, ecc.). Avendo cura di far Radunerai carboni ardenti, ecc. Con questa con-
bene davanti a tutti gli uomini. Tale é la lezione dei dotta generosa verso il tuo nemico, tu lo farai
non tantum coram
migliori codici greci, e le parole, riempire prima di confusione, e poscia di penti-
Deo sed probabilmente una glossa
etiam, sono mento, e di un dolore così grande, come se avessi
desunta dalla II Cor. VIII, 21. Il cristiano deve radunato carboni ardenti sulla sua testa, e così
vivere in modo che vi sia nulla nella sua condotta, egli sarà condotto a penitenza e a conversione. E*
che possa essere di scandalo ad alcuno, sia fedele da rigettarsi la spiegazione : facendo benefizi al
o infedele, anzi tutti devono rimanerne edificati tuo nemico tu attirerai su lui più fiera vendetta,
(V. n. Matt. V, 15). se non si convertirà. L'Apostolo infatti, esorta i
18. In conseguenza i cristiani devono procurare, cristiani a essere generosi coi loro nemici, e non
per quanto sta da loro, di vivere in pace con tutti, già a far loro del bene affinchè siano maggiormente
salvi sempre però i diritti della coscienza e della puniti. Anche il v. seg. esclude questa spiegazione.
fede. Vi sono infatti degli uomini coi quali non é Non voler essere vinto dal male che un altro
21.
possibile aver pace, se non secondando le loro ti ha fatto, in modo da vendicarti, facendo a luì
passioni; in tal caso, chi turba la pace non sarà del male, ma vinci col bene, cioè colla tua bontà
già il cristiano; ^a l'empio, che vuole far trionfare e coi tuoi benefìzi, il male che egli ti ha fatto,
la passione o l'ingiustizia. ritraendolo così dal peccato e conducendolo a
19. Non vendicandovi da voi stessi, gt.nhtavxoò^ penitenza.
Romani, XIII, 1-4 85

CAPO XIII.

Doveri verso le autorità, i-y, — Carità e vigilanza y 8-14.

*Omnis ànima potestàtibus sublimióribus ^Ogni anima sia soggetta alle potestà su-
sùbditasit Non est enim potéstas nisi a
: periori perchè non è potestà se non da
:

Deo quae autem sunt, a Deo ordinàtae sunt.


: Dio e quelle che sono, son da Dio ordinate.
:

^Itaque qui resistit potestàti, Dei ordina- ^Pertanto chi si oppone alla potestà, resiste
tióni resistit. Qui autem resistunt, ipsi sibi all'ordinazione di Dio. E quei che resistono,
damnatiónem acquìrunt; *Nam principes si comperano la dannazione ^Poiché i prin- :.

non sunt timóri boni óperis, sed mali. Vis cipi sono il terrore non delie opere buone,
autem non timére potestàtem ? Bonum f ac : ma delle cattive. Vuoi tu non avere paura
et habébis laudem ex Illa ^Dei enim mini- : della potestà? Opera bene, e da essa avrai
ster est tibi in bonum. Si autem malum lode : "perocché essa è ministra di Dio per
féceris, time non enim sine causa glàdium
: te per il bene. Che se fai male, temi : giac-
portat. Dei enim minìster est vindex in : ché non indarno porta la spada. Essa infatti

Sap. VI, 4; I Petr. II, 13.

tiva, la verità del suo precetto. Ogni potestà, nella


CAPO XIII. sua istituzione, viene da Dio, per cui regnano i re
(Prov. VIII, 15). Dio ha voluto che gli uomini
1. Dopo
aver dato alcuni precetti riguardanti la vivessero in società, e avessero perciò un capo che
vita viene ora l'Apostolo a parlare dei
privata, li dirigesse al bene comune. Quelle che sono, ossia

doveri verso le autorità civili, 1-7. Così fa anche le autorità che adesso esistono, sono da Dio ordi-
S. Pietro (II Piet. II, 11-14). La dottrina dell'Apo- nate, cioè sono state costituite da Dio, e quindi si
stolo è generale, e non fu determinata dalle spe- deve loro obbedienza, sempre che non escano dai
ciali condizioni della Chiesa romana. Il problema limiti del loro potere.
infatti dell'obbedienza all'autorità civile, i cui depo- 2. Chi si oppone, ecc. Deduce, dai principi!
sitari erano spesso mostri di empietà, non potè posti,una conseguenza nella quale mostra la colpa
non imporsi fin da principio alla coscienza cri- morale, in cui incorre chi non vuole obbedire. Chi
stiana. E' vero che fino allora, niuna persecuzione si oppone (gr. ó dvnracoónevoq), ossia non sta
era ancora scoppiata nell'impero, e che anzi l'auto- soggetto (gr. vjroTacoé<j0cD, v. 1) alla potestà, re-
rità romana aveva accordato spesso a S. Paolo, siste (gr. dvGéoTTixev = si oppone) alla ordina-
la sua protezione contro i Giudei, ma era a preve- zione di Dio, quale è l'autore della potestà, e
il
dere che le cose non sarebbero sempre andate così. l'ha conferita agli uomini che di essa sono inve-
D'altra parte, i cristiani essendo, a quei primi stiti. Ribellarsi all'autorità è quindi contrario alla
tempi, considerati come una setta giudaica, vi virtìj, e il ribelle, non pecca solo contro gli uo-
era a temere che non venissero anch'essi travolti mini, ma anche contro Dio, e perciò si compra
nelle repressioni severe, con cui i romani punivano la dannazione, ossia diventa meritevole di pena,
le ribellioni dei Giudei, i quali macchinavano ai che gli verrà inflitta e al tribunale degli uomini e,
danni dell'impero, e rifiutavano spesso di pagare principalmente poi, al tribunale di Dio.
il tributo loro imposto (Atti V, 37). Era necessario
3. Prova che i principi hanno, in forza del loro
quindi premunire i cristiani contro siffatto pericolo,
ufficio, e il dovere di punire i ribelli.
il diritto
e separare nettamente la loro causa dalla causa
dei Giudei. Perciò l'Apostolo raccomanda con sì
I principi (gr. fipXovteq i capi), =
chiunque siano,
gravi parole l'obbedienza alle potestà civili, e
sono il terrore, non delle buone opere, ossia non
istruisce i cristiani sull'origine e la natura dell'au-
incutono timore a coloro che fanno il bene, ma a
torìtà.
coloro che fanno il male. Essendo stati costituiti
Ogni anima, ebraismo che significa ogni uomo, da Dio per promuovere il bene nella società e
ossia tutti, niuno eccettuato (Atti allontanarne il male, hanno diritto, col timore delle
II, 43). Sia sog-
getta, cioè ubbidisca, restando
pene, di tener lontani i loro sudditi dal male, di
però salvi i diritti
punire coloro che fanno il male, e di premiare e
della coscienza e della fede, e rendendo sempre
a Dio quello che è di Dio, Alle potestà, astratto lodare quelli che fanno il bene (I Piet. II, 14).
per il concreto, a coloro che hanno potestà. Supe- Vuoi tu, ecc. Chi vuole non temere la pena minac-
vnepeXovaaiq = ciata non ha che a fare il bene. Chi fa il bene,
riori (gr. eminenti). L'Apostolo
non vuol già dire, che si debba solo obbedire ai non solo non ha da temere la pena, ma^ ha tutti
diritti di aspettarsi lode e premio.
superiori maggiori, ma vuole far comprendere, che i

ilvero motivo per cui gli inferiori devono obbedire, 4. E


ministra di Dio. L'autorità venendo da Dio,
sta precisamente nella superiorità, in cui si tro- gli investiti di essa, sono rappresentanti
uomini
vano, rispetto ad essi, coloro che sono investiti di Dio. Ma questa autorità è ordinata a vantaggio
dì autorità. Ogni superiore adunque, buono o cat- tuo e di tutti, cioè al mantenimento dell'ordine
tivo, maggiore o minore, dev'essere obbedito nel- pubblico nella società, il che si ottierie promovendo
l'ambito del suo potere. ilbene e reprimendo il male. Chi adunque fa il
Non vi è potestà, ecc. Prova con due ragioni, bene non ha da temere, ma chi fa il male tema.
l'uaa generale e negativa, l'altra particolare e posi- Porta la spada. La potestà approva, protegge e
86 Romani, XIII, 5-9

iram ei, qui malum agit. "Ideo necessitate è ministra di Dio vendicatrice per punire
sùbditi estetenon solum propter iram, sed chiunque fa male. ^Per la qual cosa siate
étiam propter consciéntìam. ''Ideo enim et soggetti, com'è necessario, non solo per
tributa praestàtis ministri enim Dei sunt,
: tema dell'ira, ma anche per riguardo alla
in hoc ipsum serviéntes. ^Réddite ergo òm- coscienza. ^Infatti per questo pure voi pa-
nibus débita : cui tribùtum, tribùtum cui : gate i tributi giacché sono ministri di EMo,
:

vectigal, vectigal : cui timórem, timórem : che in questo stesso lo servono. ^Rendete
cui honòrem^ honorem. adunque a tutti quel che è dovuto a chi il :

tributo, tributo a chi la gabella, la ga-


il :

bella : a chi il timore, il timore a chi :

l'onore, l'onore.
^Némini ouidquam debeàtis nisi ut invì- : ^Non abbiate con alcuno altro debito, che
cem diligàtis qui enim diligit próximum,
: quello dello scambievole amore poiché chi :

legem implévit. ^Nam Non adulteràbis : : ama il prossimo, ha adempiuta la legge. ®In-
Non occìdes : Non furàberis : Non falsum fatti il non commettere adulterio non am- :

testimónium dices : Non concupisces : et si mazzare non rubare non dire il falso testi-
: :

' Matth. XXII, 21. 9 Ex. XX, 14; Deut. V, 18; Lev. XIX, 18; Matth. XXII, 39; Marc. XII, 31;
Gal. V, 14; Jac. II, 8.

diiende la vita di coloro che fanno il bene, invece 7. Fa alcuive applicazioni pratiche, mostrando
reprime e punisce, e manda anche a morte chi fa assieme che ha parlato di tutti i superiori e mag-
il male, e a tal fine ha in mano la spada, simbolo giori e minori, e che l'obbedienza loro dovuta, è
del diritto di vita e di morte, di cui è investita ristretta all'ambito della loro potestà. A tutti i
per il mantenimento dell'ordine sociale. La potestà superiori quel che è dovuto. Si tratta quindi di un
è ministra di Dio, anche nel vendicare il male coi obbligo di giustizia. A chi (è dovuto) il tributo
castighi e colle pene, poiché, in tal caso, soddisfa (rendete) il tributo. Non si hanno gli stessi doveri
alle esigenze della giustizia di Dio, provocata verso tutti i superiori. Nel greco, si ha tv ^òv
all'ira dai delitti commessi contro la società. cpópov (sott. àTtanovvxi), a chi (reclama) il tributo
Per la qual casa, ossia per il fatto che l'auto-
5. (rendi) il tributo. Il tributo, cpópov, è l'imposta che
rità viene da Dio ed è ministra di Dio, siate sog- grava sulla persona, o sui beni stabili da essa
getti come è necessario, stante che tale è la volontà posseduti. La gabella, vectigal, xeXoq, è l'imposta
di Dio. Nel greco, la frase è più chiara. E* adun- che grava sulte mercanzie da importarsi o da
que necessario stare soggetti {biò àvayx.r\ vnoxàcsa- esportarsi. Timore, cioè rispetto e riverenza do-
eaQai), non solo per timore dell'ira, cioè della vuta alle autorità superiori.
pena minacciata se non si obbedisce, ma anche L'Apostolo torna a inculcare il dovere della
8.
per riguardo alla coscienza, la cui voce dice, che Non abbiate con alcuno altro de-
carità verso tutti.
si deve ubbidire a coloro che sono rappresentanti bito. La proposizione è generale, e si estende a
di Dio. Da questa sentenza dell'Apostolo, si infe- tutti gli uomini. Pagate a tutti quello che è loro
risce che le leggi umane, legittimamente promul- dovuto, di guisa che non vi resti altro debito che
gate, obbligano anche nell'interiore della coscienza, quello dello scambievole amore, cioè della carità.
in modo che il trasgredirle non solo rende degno Gli altri debiti, pagati una volta, restano estinti;
del castigo temporale, ma anche fa reo di peccato non così il debito della carità, il quale, per quanto
e degnò dei castighi di Dio. si paghi, rimane sempre, perchè rimane sempre
6. Infatti, ecc. Continua a provare il dovere viva la causa da cui nasce, che è il precetto di
dell'ubbidienza alle autorità costituite, argomen- Dio e la somiglianza di natura e di grazia, che ha
tando dal modo di agire degli stessi cristiani. Per con noi il nostro prossimo. La ragione, per cui dob-
il fatto stesso che, secondo il precetto del Signore biamo sempre pagare questo debito al nostro pros-
(Matt. XXII, 21), voi pagate i tributi, che le auto- simo, si è perchè chi ama il prossimo (gr. chi
rità civili vi impongono, venite a confessare che ama un altro uomo), chiunque sia, amico o nemico,
dovete loro ubbidire. L'argomento riceve nuova fedele o infedele, ecc., e lo ama nel modo che Dio
forza, se si considera che si pagano i tributi ai comanda, non solo osserva il precetto della ca-
principi, precisamente perchè sono ministri di rità, ma ha adempiuta la legge mosaica, perchè

Dio, ossia rivestiti di un carattere sacro. Tale è l'amore del prossimo importa, di natura sua, l'os-
il senso dell'espressione greca XevTovpyol ©eov, servanza di tutti i precetti della legge come si
usata qui dall'Apostolo (al v. 4 li aveva semplice- dimostra nel cap. seg. (Cf. Gal. V, 14). Nel vero
mente chiamati òidxovol ©eou, cioè ministri di amore del prossimo è compreso l'amore di Dio,
Dio). Le autorità civili esercitano quindi un mini- poiché il vero amore del prossimo è causato dal-
stero sacro, benché assai differente dal ministero l'amore di Dio, e non può stare senza dì esso
dei sacerdoti propriamente detti, e perciò, come a (Giov. XV, 17). A sua volta però, anche l'amore di
sacerdoti, si pagano loro i tributi, affinchè possano Dio importa l'amore del prossimo (I Giov. IV, 20).
compiere il dovere loro imposto da Dio, di prov- '
9. precetti della legge, e fa vedere
Novera alcuni
vedere al pubblico bene (XV, 16; Ebr.,VIII, 2, ecc.). come sono contenuti nell'amore del prossimo. Non
Che in questo stesso lo servono. Il testo greco è dire falso testimonio. Queste parole mancano nei
il

un po' differente giacché sono ministri di Dio


: migliori codici greci sono però comprese in queste
;

che attendono con tutta assiduità a questo, cioè al alti'e : e se vi è alcun altro comandamento. I tre
dovere loro imposto da Dio. primi precetti riguardano le opere ; il quarto, se è
Romani, XIII, 10-14 87

quod est aliud mandàtum, in hoc verbo in- monio non desiderare e se vi è alcun altro
: :

stauràtur : Diliges próxìmum tuum sicut comandamento, è riassunto in^uesta pa-


teipsum. "Diléctio próxìmi malum non ope- rola Amerai il tuo prossimo co^ te stesso.
:

ràtur. Plenitùdo ergo legis est diléctio. ^"L'amore del prossimo non fa alcun male.
L'amore adunque è il compimento della
legge.
^^Et hoc sciéntes tempus
quia hora est : "E questo (fate) avendo riguardo al
iam nos de somno sùrgere. Nunc enim pró- tempo perchè è già ora che ci svegliamo
:

pior est nostra salus, quam cùm credidimus. dal sonno. Poiché più vicina è adesso la
^^Nox praecéssit, dies autem appropinquà- nostra salute, che quando credemmo. "La
vit. Abiiciàmus ergo opera tenebràrum, et notte è avanzata, e il giorno si avvicina. Get-
induàmur arma lucis. "Sicut in die honéste tiamo adunque via le opere delle tenebre, e
ambulémus non in comessatiónibus, et
: rivestiamoci delle armi della luce. "Cam-
ebrietàtibus, non in cubilibus, et impudi- miniamo con onestà, come di giorno non :

citiis, non in contentióne, et aemulatióne : nelle crapule e nelle ubbriachezze, non nelle
^"Sed induimini Dóminum lesum Christum, morbidezze e nelle disonestà, non nella di-
et carnis curam ne fecéritis in desidériis. scordia e nella invidia : ^''ma rivestitevi del
Signore Gesù Cristo, e non abbiate cura
della carne nelle sue concupiscenze.

" Lue. XXI, 34. 1* Gal. V, 16; I Petr. II, 11.

autentico, riguarda le parole, il quinto le opere. le energie alla propria santificazione per mezzo
I comandamenti non sono qui riferiti nell'ordine dell'osservanza della grande legge della carità. Al-
in cui si trovano, Esod. XX, 13 e ss. Deut. V, ;
cuni codici greci, B A X> ecc., hanno : è già ora
17 e ss., ma come si hanno presso S. Marco, X, 19 che vi svegliate, ecc., la lezione della Volgata
e S. Luca, XVIII, 20. Se vi è alcun altro, ecc. però, che è pure quella di alcuni codici greci, D
L'Apostolo vuole far notare, che egli non ha in- E F, ecc., e delle migliori versioni antiche, è da
tenzione di dare una enumerazione completa dei preferirsi.
comandamenti. E' riassunto. Tale è il senso del 12. La notte è avanzata. Numerosi codici latini
greco dvaxecpaXatourat, lett. è ricapitolato, tradotto hanno invece di praecéssit, processit, e questa le-
dalla Volgata instauratur. Amerai, ecc. Queste pa- zione corrisponde meglio al greco ed è
JipoSxoijjev,
role sono prese dal Lev. XIX, 18, e significano :
da preferirsi. La notte rappresenta questo secolo
Amerai tutti gli uomini con un amore simile a pieno di tenebre d'ignoranza e di peccato. Essa
quello che porti a te stesso. sta per finire per noi. e si avanza il giorno della
Riassume in poche parole, quanto ha detto
10. nostra glorificazione; oppure la notte di igno-
:

sulla L'amore del prossimo (gr. al pros-


carità. ranza e di errore, cominciata col peccato di Adamo,
simo) non fa alcun male, cioè chi ama il prossimo, sta per finire. Colla morte di Gesù Cristo, è co-
non gli fa alcun male, anzi gli desidera e procura minciata l'aurora di un nuovo giorno, che avrà il
ogni bene donde segue che l'amore del prossimo,
;
suo meriggio nella glorificazione in anima e corpo
riassume e compendia tutti i precetti della legge, dei Santi. Gettiamo via (gr. deponiamo) adunque
e, osservato questo, si ha la piena e perfetta osser- le opere delle tenebre, cioè i peccati (v. 13), così

vanza (il compimento) di tutta la legge. chiamati non solo perchè non si osa commetterli
alla luce del giorno (Giov. Ili, 20), ma perchè
11-14. Con un altro motivo, dedotto dalle spe- assoggettano l'uomo al principe delle tenebre
ciali circostanze del tempo in cui si trovano, in- (Efes. VI, 12), e conducono alle tenebre eterne.
culca nuovamente la carità. E ciò «cti touro. Queste Rivestiamoci delle armi della luce, cioè delle armi,
parole si riferiscono al v. 8 (i vv. 9-10 formano che siano convenienti al prossimo regno della luce,
come una parentesi) : Non abbiate altro debito e possano distruggere le opere delle tenebre.
con alcuno, fuori di quello della scambievole ca- Queste armi non sono altro che le virtù cristiane,
rità, e ciò specialmente avendo riguardo al tempo; delle quali altrove (I Tess. V, 8; Efes. VI, 11),
meglio però, conoscendo il tempo (tòv xatpóv), in parla l'Apostolo.
cui ci troviamo. L'Apostolo spiega quale sia questo
13. giorno essendo vicino, i cristiani devono
Il
tempo, dicendo che è già l'ora che ci svegliamo
vivere se fosse già presente. Come l'uomo,
come
dal sonno della tiepidezza e della negligenza, in
che si rispetta, non si fa vedere di giorno, se non
cui, dopo
il fervore dei primi giorni, molti cri-
vestito con ogni decenza e perfezione, così ì cri-
stiani pur troppo cadevano. La ragione si è, perchè
stiani devono già fin d'ora comparire adorni di
la salute, che Gesù Cristo ci ha meritata, è molto
onestà e di ogni virtù. Non nelle crapule, ecc.
più vicina a noi adesso, che quando ci siamo con-
Novera sei opere delle tenebre, dalle quali deve
vertiti. In conseguenza dobbiamo, non già lasciar
rifuggire ogni cristiano: le prime due riguardano
languire, ma accrescere il nostro fervore, come il
i vizi della gola (Ved. Gal. V, 21), le altre due si
soldato raddoppia il suo ardore quanto più si sente
riferiscono ai peccati di lussuria (Gal. V, 19), e;
vicino alla vittoria. Ogni giorno che passa, l'uomo
le ultime riguardano vizi contro la carità del pros-
si avvicina sempre più alla morte, colla quale
cessa il tempo di meritare, e resta irrevocabilmente
Simo (I Cor. Ili, 3; II Cor. XII, 20; Gal. V, 20).
fissatala sua sorte. Ora, la morte può sorpren- 14. Rivestitevi, ecc. Nel v. prec. ha spiegato
derci da un momento all'altro, e quindi è neces- quali siano le opere delle tenebre, che si devono
sario scuotere ogni torpore, e attendere con tutte rigettare; ora mostra quali siano le armi della luce.
88 Romani, XIV. 1

CAPO XIV.

Non giudicarsi e condannarsi a vicenda, i-i2. — Condiscendenza verso i


deboli, 13-23.

^Infirmum autem in fide assumite, non in ^Porgete la mano a colui che è debole di
disceptatiónibus cogitatiónum. lede, non disputando delle opinioni.

che si devono rivestire. Dobbiamo rivestirci di non poteva, senza contraddirsi, affermare poco
Gesù Cristo, cioè delle sue virtù, del suo spirito, dopo, che il mondo era per finire. A quella guisa
della sua grazia. Il cristiano si è già rivestito di invece, che il Signore prendeva motivo dalla in-
Gesù Cristo nel Battesimo, egli però, non solo certezza, in cui ci troviamo per riguardo ^1 giudizio,
deve conservare la conformità con Gesù Cristo, affine di inculcare a tutti la vigilanza (Matt. XXIV,
ricevuta nel Battesimo, ma deve perfezionarla col- 36; Luca XXI, 34), anche l'Apostolo esorta i Ro-
Tesercizio e coU'imitazione di quelle virtù, di cui mani a scuotere la tiepidezza, pigliando motivo
Gesù ci ha dato sì nobili esempi. Non abbiate Benché
dall'avvicinarsi della futura glorificazione.
cura della carne nelle sue concupiscenze, ossia, per di questa non conosciamo il giorno e l'ora, é fuor
soddisfare alle sue concupiscenze, o meglio, se- di dubbio però che, il tempo passando veloce, essa
condo il greco, in modo da eccitarne i perversi si va sempre più avvicinando, ed e pure certo,
desiderii. L'Apostolo vuol dire : Non vi proibisco che vanno sempre diminuendo i giorni ^he ci sono
di avere quella cura moderata della vostra carne, concessi per meritarla. E' quindi necessario scuo-
che è necessaria per il mantenimento della vita, tere ogni torpore, e darci, con tutto il trasporto
dovete però guardarvi da ogni eccesso, afiSne di del cuore, alla pratica della virtù, come inculca in
non far sorgere in voi desiderii perversi e passioni questo luogo l'Apostolo.
sregolate.
E' noto a tutti, come Sant'Agostino si sia con-
vertito alla lettura di questi ultimi due vv. (Ved. CAPO XIV.
Confess., Vili, 12, 22).
Molti protestanti e parecchi cattolici (Maier, 1. Dal precetto della carità esposto di sopra,
Bisping, Le Camus, Lemonnyer, Magnien, Tous- l'Apostolo deduce adesso alcune conseguenze molto
saint, ecc.), poggiandosi su alcuni passi del Nuòvo opportune, per il mantenimento della pace nelle
Testamento (Rom. XIII, 11-12; I Cor. XV, 51-53; Chiese, che, come quella di Roma, erano composte
I Tess. IV, 15-16; II Tess. II, 1-2; Filipp. IV, per la massima parte di gentili, ma contavano
5; Ebr. X, 25-27; I Piet. IV, 7; II Piet. Ili, 4-12; pure un certo numero di Giudei. Questi ultimi
i Giov. II, 18, ecc.), ritengono che gli Apostoli e infatti, ben difficilmente sapevano vincere le loro
i primi cristiani avessero la falsa persuasione della abitudini inveterate, e distaccarsi completamente
prossima fine del mondo, e della imminente ve- dall'amore e dall'osservanza della legge, e di certe
nuta di Gesù Cristo giudicatore, e pensano quindi pratiche dovute agli insegnamenti degli Scribi. Essi
che S. Paolo nei vv. 11-14 di questo capo, racco- continuavano quindi a praticare i precetti mosaici
mandi il fervore a motivo che il tempo (v. 11) e relativi alla differenza dei cibi e alle feste, anzi,
il giorno (v. 12), del giudizio universale sono vi- nel timore, che la carne esposta al mercato fosse
cini. Una tale esegesi, a nostro modo di vedere, stata prima offerta agli idoli, e che le primizie del
non è compatibile col concetto cattolico dell'ispira- vino fossero state libate agli idoli, non mangiavano
zione scritturistica. Se infatti S. Paolo, affermando che legumi e si astenevano completamente dal
solennemente che il giorno è vicino, avesse voluto vino. E' probabile che anche qualche cristiano
parlare dell'imminenza del giudizio finale, egli sa- gentile li imitasse. Da questo stato di cose nasce-
rebbe caduto in grave errore, e questo errore, vano due pericoli v'era infatti a temere, che i
:

sarebbe imputabile a Dio stesso, autore principale cristiani, chiamati forti dall'Apostolo, perché su-
della Sacra Scrittura, il che è contrario all'insegna- periori a tali meticolosità, disprezzassero gli altri,
mento della Chiesa. Né si dica che l'Apostolo e venisse così turbata la pace nelle Chiese e vi ;

propone una semplice congettura, e non già un'af- era pure a temere, che i cristiani detti deboli,
fermazione, poiché nulla vi é nel contesto che pre- perché ancora schiavi di questi pregiudizi, non
senti un qualche fondamento per tale supposizione, pigfiassero motivo di agire contro la loro coscienza,
giacché, come si trova affermato che il giorno è e così cadessero in peccato. Per evitare ogni male,
vicino, si trova pure affermato che l'amore è il l'Apostolo prende ora a trattare quest'argomento,
compimento della legge, e se alla prima afferma- e dapprima inculca agli uni e agli altri, di non giu-
zione si dà il carattere di una semplice congettura, dicarsi e condannarsi a vicenda, ma di lasciare
non vi sarà alcun motivo per negare questo carat- ogni giudizio a Dio. 1-12; poi raccomanda ai forti
tere alla seconda, e a qualsiasi altra che non la condiscendenza verso i deboli per non scandaliz-
talenti. zarli, 13-23. Infine coll'esempio di Gesù Cristo
Rimettendo, ai varii testi da commentarsi, le op- raccomanda la mutua tolleranza, XV, 1-13.
portune spiegazioni, basterà, per riguardo a questo Porgete la mano (gr. :rpooXanpàveo0e), meglio
passo della lettera ai Romani, far notare che l'Apo- accogliete con bontà, trattate come fratello. L'Apo-
stolo, al cap. XI, 25, avendo predetto, per un stolo comincia coll'esortare all'indulgenza
i forti
tempo ancora lontano, la conversione d'Israele, verso i deboli. Colai che è debole nella fede, ossia
Romani, XIV, 2-6 89

''Alius enim credit se manducare omnia : ^Poiché uno crede di mangiare qualunque
qui autem infirmus est, olus mandùcet. 'Is, cosa quegli poi che è debole, mangi degli
:

qui mandùcat non manducàntem non sper- erbaggi. ^Colui che mangia, non dispregi
nat et qui non mandùcat, manducàntem
: coluiche non mangia e colui che non man-:

non iùdicet : Deus enim illum assùmpsit. gia,non condanni uno che mangia perchè :

Dio lo ha preso per sé.


*Tu quis es, qui iudicas aliénum servum? *Chi sei tu che condanni il servo altrui ?
Domino suo aut cadit
stat,stabit autem :: Egli sta ritto o cade pel suo padrone ma :

potens est enim Deus statuere illum. ^Nam egli starà ritto perchè Dio è potente per
:

àlius iiidicat diem Inter diem; àlius autem sostenerlo. ^Imperocché uno distingue tra
iùdìcat omnem diem : unusquisqiie in suo giorno e giorno un altro poi ritiene tutti i
:

sensu abùndet. "Qui sapit diem, Etómino giorni uguali : ognuno segua il proprio pa-
sapit Et qui mandùcat, Domino mandùcat :
: rere. "Chi tien conto dei giorni ne tien conto
gràtias enim agit Deo. Et qui non mandùcat, per il Signore. E chi mangia, mangia pel
Domino non mandùcat, et gràtias agit Deo. Signore poiché rende grazie a Dio. E chi
:

* Jac. IV, 13.

colui, che ammette bensì il grande principio della il precedente argomento. Tutto ciò che fa il servo
mezzo della fede in Gesù Cristo,
giustificazione per torna a vantaggio o a danno del padrone, e quindi
ma non ne comprende bene ancora tutta la por- al padrone appartiene approvare o disapprovare
tata, e, per una coscienza erronea e timida, si le sue azioni. Così se il cristiano sta fermo nel
crede obbligato a certe pratiche della legge, e ad bene, dà gloria al suo padrone ; se invece opera
astenersi dalla carne e dal vino, affine di non male, disonora il suo padrone, cioè Dio, al quale
contaminarsi, venendo a mangiare o bere qualche in conseguenza appartiene giudicare, se il cristiano
cosa che prima sia stata offerta agli idoli. Non sta ritto nella fede e nella pietà, oppure cade nel
disputando (gr. non per disputare) delle opinioni. peccato. Ma egli starà ritto. Con queste parole sem-
Dovete adunque accogliere fraternamente i deboli, bra quasi, che l'Apostolo voglia correggere la con-
senza però volervi fare loro giudici e sentenziare cessione fatta o cade. Nel greco, invece di starà
sulle loro opinioni, ma lasciando che seguano la ritto, vi è il passivo otaGrioerai = sarà mantenuto
loro coscienza, benché erronea. fermo dalla grazia di Dio.
2. Poiché, manca nel greco. Uno, cioè il cri- 5. Poiché, manca nei migliori codici e nelle più
stiano forte, crede, ossia è convinto e persuaso, antiche versioni. L'Apostolo espone un altro mo-
di poter mangiare qualsiasi sorta di cibo, invece tivo, che avrebbe potuto far nascere discordie.
quegli che è debole nella fede, per tema di con- Uno distingue .tra giorno e giorno, ossia giudica un
taminarsi, mangiando carne offerta agli idoli, man- giorno più sacro dell'altro. Qui si parla dei cri-
gia solo degli erbaggi. Nel greco non vi è il sog- stiani Giudei, i quali continuavano a osservare i
giuntivo èo9ieTco, mangi, ma l'indicativo iaQiei, precetti della legge, relativi al Sabato e alle Neo-
mangia. L'Apostolo espone in questo versetto, lo menie, e alle altre feste, benché non vi fossero
stato, in cui si trovavano le due classi di cristiani. più obbligati. Un altro, cioè il cristiano forte,
3. Passa a dare la norma pratica da seguire. ritiene tutti i giorni ugualmente sacri e della stessa
Colui che mangia, cioè il cristiano forte nella fede, dignità. Siccome
si tratta di cosa indifferente, sulla

non disprezzi colui che non mangia, cioè il cristiano quale nulla era stato deciso, l'Apostolo non pro-
debole. I cristiani forti erano naturalmente por- nunzia il suo giudizio, ma dice ognuno segua il :

tati a riguardare con disprezzo i deboli, e a bur- suo parere. La frase latina, unusquisque in suo
larsi dei loro scrupoli e delle loro perplessità, sensu abundet, non esprime tutta la forza del
mentre a loro volta i deboli erano portati a giu- greco, che deve essere tradotto ciascuno sia certo
:

dicare e condannare nei forti quella libertà, che nella propria mente, ossia abbia una convinzione
essi, per la loro falsa coscienza, credevano licenza, certa, e non agisca con coscienza praticamente
perciò l'Apostolo soggiunge : colui che non mangia dubbia.
non condanni, non giudichi trasgressore della di- 6. Torna a inculcare la mutua tolleranza, mo-
vina legge, colui che mangia. Il debole deve aste- strando che uni e gli altri sono animati dalla
gli
nersi da questa condanna, perchè Dio ha preso stessa buona intenzione di servire e di piacere a
per sé, come suo servo e come membro della sua Dio. Chi tien conto, ecc. Il cristiano debole, che
famiglia, il forte, e la condanna pronunziata contro pone differenza tra giorno e giorno, fa così perchè
di lui viene a ricadere su Dio stesso. crede con ciò, di far piacere al Signore. Il Cristiano
4. Chi sei tu ? ecc. Queste parole sono indiriz- forte, che usa della libertà dataci da Cristo, e
zate al cristiano debole, come è chiaro dalla parola mangia indifferentemente di ogni cibo, fa così per
condanni, già applicata nel v. prec. al cristiano dar gloria a Dìo, come è dimostrato dal fatto, che
debole. 7/ servo (gr. oix^tnq = domestico). Il solo prega e rende grazie a Dio prima di mangiare,
padrone è il legittimo giudice dei servi addetti seguendo in ciò l'esempio di Gesù Cristo (Matt.
alla sua persona, e che sono come membri della XV, 36; XXVI, 26, ecc.); il che non potrebbe
sua famiglia. Ora il vero padrone dei cristiani è avvenire se, mangiando carni, fosse persuaso di
Gesù Cristo quindi colui che condanna un cri-
;
andar contro la volontà di Dio. Lo stesso deve
stiano servo altrui, cioè di Gesù Cristo, si usurpa dirsi, di chi si astiene dalle carni : anch'egli è per-
i diritti del padrone. Egli sta ritto^ ecc. Conferma suaso di f«re la volontà dì Dio.
90 Romani. XIV, 7-14

^Nemo enim nostrum sibì vivit, et nemo non mangia, non mangia pel Signore, e
sìbi móritur. ^Sive enim vivimus, Domino rende grazie a Dio. ^Niuno infatti di noi
vivimus sive mórimur, Domino mórimur.
: vive per se medesimo, e niuno muore per
Sive ergo vivimus, sive mórimur, Domini se. ^Poiché se viviamo, viviamo per il
sumus.^In hoc enim Christus mórtuus est, Signore se muoiamo, muoiamo per il Si-
:

et resurrixit : ut et mortuórum et vivórum gnore. O muoiamo adunque, o viviamo,


dominétur. siamo del Signore. 'Cristo invero è morto
ed è risuscitato affine di essere Signore dei
:

vivi e dei morti.


^"Tu autem quid iùdicas fratrem tuum? "Ma tu perchè giudichi il tuo fratello?
aut tu quare spernis fratrem tuum? Omnes e tu perchè disprezzi il tuo fratello? Poiché
enim stàbimus ante tribunal Christi. "Scrip- tutti compariremo davanti al tribunale di
tum est enim Vivo ego, dicit Dóminus,
: Cristo. "Sta scritto infatti Vivo io, dice
:

quóniam mihi flectétur omne genu : et om- il Signore, a me si piegherà ogni ginocchio :

nis lingua confìtébitur Deo. ^^Itaque unus- e tutte le lingue confesseranno Dio. ^^Ognun
quisque nostrum prò se ratìónem reddet Deo. di noi adunque renderà conto di sé a Dio.
"Non ergo àmplius ìnvicem iudicémus sed : "Non ci giudichiamo dunque più gli uni gli
hoc indicate magìs, ne ponàtis offendiculum altri ma proponete piuttosto di non porre
:

fratri, vel scàndalum. inciampo o scandalo al fratello.


^^Scio, et confido in Domino lesu, quia ^*Io so, e confido nel Signore Gesù, che

" II Cor. V, 10. 11 Is. XLV, 24 ; Phil. II, 10.

7-8. Niuno di noi cristiani vive o muore per suo che tutti gli uomini dovranno comparire davanti al
comodo, e per fare la sua propria volontà. Sap- tribunale di Dio. Vivo io. Presso i LXX, si legge :
piamo per fede, di essere servi -di Gesù Cristo, Io giuro per me stesso. Le due espressioni, quanto
da Lui ricomprati col suo sangue, e quindi passati al senso si equivalgono, poiché io vivo significa :
in sua proprietà (I Cor. VI, 20). Noi in conse- io giuro per la vita che possiedo in tutta la sua
guenza, non apparteniamo più a noi stessi, ma pienezza. Dio, non avendo alcuno maggiore di sé,
tutta la nostra vita, cioè tutte le nostre azioni e non può giurare che per se stesso (Ebr. VI, 13,
la stessa nostra morte, sono regolate dalla volontà 16). A me si piegherà ogni ginocchio, ossia tutti
di Dio, e non cerchiamo più altro che la gloria e gli uomini dovranno rendermi omaggio come a loro
l'onore del nostro padrone, che è Gesù Cristo. Sovrano, e riconoscere in conseguenza, che io sono
9. Prova la verità enunziata nei due vv. prece- loro giudice supremo. E tutte le lingue confesse-
denti. Colla sua morte e risurrezione, Gesù ac- ranno Dio. Presso i LXX : ogni lingua giurerà per
quistò il dominio universale su tutti gli uomini Dio. Il senso è lo stesso. Il giuramento infatti,
(Filipp. II, 8 e ss.). Egli cominciò ad esercitare è un atto di culto verso Dio, perchè con esso si
questo diritto quando disse, che gli era stata data viene a riconoscere l'onniscienza di Dio e la sua
ogni potestà in cielo e in terra. Egli è Signore suprema giustizia, vindice di ogni male. S. Paolo
dei morti, perchè morendo vinse la morte, e di- quindi potè benissimo alla parola giurare, che
strusse il suo regno, ed è Signore dei vivi perchè solo indirettamente esprime il culto, sostituire
colla sua risurrezione, ha riparato la vita. È* rìsu- confessare che lo esprime direttamente.
scitato, gr. àyè<STr\. Questa lezione della Volgata si 12. Ognuno, ecc. Ecco la conclusione generale:
trova pure in alcuni buoni codici greci, e presso Noi dovremo rendere conto delle nostre azioni non
Origene e S. Cirillo A., ecc. I codici B K A C agli uomini, ma a Dio, e perciò, non dobbiamo
hanno invece ??noev, vìsse. Altri codici riuniscono giudicarci e condannarci tra noi. Ognuno di noi,
assieme le due lezioni : risuscitò e rivisse. Il senso cioè tutti senza alcuna eccezione. Renderà conto
non muta. di sé, cioè delle proprie azioni, a Dio come a giu-
10. Giacché siamo tutti sotto il dominio di Gesù dice supremo. Guardiamoci quindi da ogni giudizio
Cristo, niuno ha diritto di erigersi a giudice del temerario.
suo prossimo. Ma tu, o cristiano debole nella fede, 13-23. L'Apostolo raccomanda ai forti, di tol-
perchè giudichi, ossia condanni, come empio e lerare i deboli e di evitare il loro scandalo. Non
trasgressore della legge, il tuo fratello, col quale ci giudichiamo, ecc. Queste parole riassumono
devi essere legato dai vincoli della più stretta quanto ha detto precedentemente. Proponete. L'A-
carità? E tu, cristiano forte nella fede, perchè postolo si volge ai forti, cioè ai cristiani gentili,
disprezzi il tuo fratello debole, trattandolo come che costituivano la grande maggioranza della
superstizioso? Sia l'uno che l'altro vi usurpate un Chiesa Romana. Se volete giudicare dei vostri fra-
diritto che appartiene a Dio, il quale è il nostro telli sia questo il giudizio che pronunziate non
:

giudice, davanti a cui dovremo comparire tutti, porre inciampo o scandalo, ossia non dare volon-
per rendere ragione di tutte le nostre azioni. I tariamente occasione di caduta al fratello, man-
migliori codici greci, invece di tribunale di Cristo, giando, con ostentazione, ogni sorta d'alimenti
hanno tribunale di Dio. 'Il senso non muta, perchè in sua presenza.
Dio giudicherà il mondo per mezzo di Gesù 14. Anche qui, come nella I Cor. Vili, 1-6,
Cristo (Giov. V, 22, 27). l'Apostolo espone chiaramente ciò che pensa della
11. Sta scrìtto, ecc. Con un passo d'Isaia (XLV, questione. Egli approva la dottrina dei cristiani
23), citato assai liberamente secondo '
LXX, prova forti nella fede; si può quindi in teoria, man-
Romani, XIV, 15-18 91

nihil commùne per ipsum, nisi ei qui existi- non v'è cosa impura per se stessa, se non
mat quid commùne esse, illi commùne est. per chi tiene che una cosa è impura, per
^"''Si enim propter cibum frater tuus con- lui essa è impura. ^^Ma se il tuo fratello
tristàtur iam non secùndum charitàtem
: resta conturbato per un cibo, tu non cam-
àmbulas. Noli cibo tuo illum pèrdere, prò mini più secondo la carità. Non volere per
quo Cliristus mórtuus est. "Non ergo blas- il tuo cibo mandar in perdizione uno per cui

phemétur bonum nostrum. ^^Non est enim è morto Cristo. "Non sia adunque bestem-
regnum Dei esca, et potus sed iustitia, et : miato il bene nostro. ^^Poichè il regno di
pax, et gàudium in Spiritu sancto ^*Qui : Dio non è cibo e bevanda ma giustizia e :

enim in hoc servit Christo, placet Deo, et pace e gaudio nello Spirito Santo "Peroc- :

probàtus est hominibus. ché chi in queste cose serve a Cristo, piace
a Dio, ed è approvato dagli uomini.

« I Cor. Vili. 11.

giare qualsiasi cibo, ma in pratica, talvolta sarà stargli la quale, Gesù è morto (Cf. I Cor. VIII, 4,
necessario astenersi dall'uno o dall'alti o, affine di 8, 13).
evitare lo scandalo. Io so e confido (gr. :ré:reicynai 16. Non sia dunque bestemmiato il bene nostro.
= sono certo) nel Signore Gesù, cioè come mi- Parecchi codici greci A B C X. ecc., hanno il
nistro e apostolo dì Gesù. L'Apostolo vuol dire : vostro bene. Il senso non muta se si ritiene, come
Quanto affermo, non è una semplice mia opi- deve ritenersi, che queste parole sono rivolte ai
nione, ma è dottrina che ho ricevuto da Gesù forti nella fede. Gli antichi interpreti pensarono,
Cristo stesso. Non vi ha cosa impura di per sé che l'Apostolo parlasse qui della fede cristiana, o
stessa, cioè di propria natura, I migliori codici del regno di Dio o del Vangelo, ecc. i moderni :

greci hanno bi' éaurou = per semetipsum, per sé invece aderiscono quasi tutti alla sentenza di San
stesso. La lezione di altri codici, bx aÙToG, per Tommaso (h. 1.), il quale, per bonum nostrum,
ipsum (lesum), s£guita dalla Volgata, è probabil- intende la libertà ricevuta da Gesù Cristo, di
mente una correzione. Per Gesù Cristo non v'ha poter mangiare qualsiasi cibo. L'Apostolo scon-
nulla di impuro, perchè Egli ha abolito i precetti giura quindi i forti, a non voler dare occasione
mosaici relativi alla distinzione dei cibi. che sia bestemmiata, cioè vituperata e calunniata
I Farisei credevano, che i cibi proibiti dalla legge dai deboli la libertà, che abbiamo ottenuto da
fossero immondi per loro natura, e di per sé Gesù Cristo. Questa libertà è senza dubbio un
contaminassero chi ne usava. Da questa dottrina, bene, ma se non venga usata prudentemente, può
assai comune fra i Giudei, avvenne che alcuni essere occasione di scismi e divisioni, e dar motivo
cristiani, convertiti dal Giudaismo, riguardassero ai deboli di calunniare i forti, come intemperanti
le cose offerte agli idoli come contaminate in sé e violatori della legge di Dio.
stesse, e causa di contaminazione per chi ne usava. 17. Il regno di Dio, ecc. Per regmdi Dio, alcuni
Come Gesù Cristo (Matt. XV, 11), anche qui l'A- (Fili., Maier, Gaetano, ecc.), inte^ono l'essenza
postolo dichiara apertamente, che niuna cosa in del cristianesimo o del Vangelo la maggior parte
;

sé stessa è impura. Se non che, ecc. Benché però degli interpreti però (V. Cornely, h. 1.), ritiene che
niuna cosa sia impura per sé stessa, tuttavia se l'Apostolo usi qui una metonimia, e chiami regno
alcuno è intimamente persuaso che un cibo sia di Dio quelle cose, mediante le quali, Dio regna
contaminato, e non sia lecito mangiarlo, un tale in noi e noi arriviamo al suo regno, come dice San
cibo allora è impuro per lui, a motivo della falsa Tommaso (h. 1.). Nel numero di tali cose non
coscienza in cui si trova, e se egli ne mangia, sono da computarsi il cibo e la bevancTa, poiché il
senza deporre la sua falsa coscienza, cade in pec- mangiare e il bere, o l'astenersi dal mangiare e dal
cato, perché fa ciò che crede essere male.
bere, non sono cose che, per sé stesse, rendano
l'uomo più o meno accetto a Dio, In conseguenza,
15. Ma se. I migliori codici greci hanno ei fàp
l'uso del diritto di mangiare qualsiasi cibo, non
= sienim, poiché se; altri codici invece hanno
è necessario alla salute, anzi diventa illecito quando
eì 6é =
si autem, ma se. Quest'ultima lezione, che
è di scandalo, perché in questo caso, la carità e la
si trova pure presso parecchi Padri (Origene,
giustizia comandano di non dare occasione di '

Crisost., Teódoret., ecc.), risponde meglio al con-


rovina al fratello. Se per
regno di Dio, sono cose
il
testo ed é da preferirsi. Se per un cibo, ossia,
indifferenti il cibo e la bevanda, non sono però
se per vederti a mangiare un cibo che egli crede
tali le virtù, quali la giustizia, che consiste nella
illecito, il tuo fratello, debole nella fede, resta
ferma volontà di rendere a ciascuno ciò che gli
conturbato in modo sì grave, da essere come tra-
è dovuto, e importa l'osservanza di tutti i coman-
scinato a condannare severamente la tua condotta,
damenti, la pace con tutti, la quale proviene come
e ad accendersi d'ira contro di te, oppure ad agire
effetto dalla giustizia il gaudio, con cui si fanno
;
contro coscienza e commettere così un peccato
volentieri le opere della giustizia. Questo gaudio
mortale, allora tu, o forte, non cammini più se-
è prodotto in noi dalla carità, che lo Spirito Santo
condo la carità, perchè preferisci un tuo vile e
diffonde nei nostri cuori, e che ci spinge a procu-
passeggiero godimento, alla salute eterna del tuo
rare la gloria di Dio e il bene dei nostri fratelli.
fratello. Se adunque, per la falsa sua coscienza,
iltuo fratello giudica proibito un cibo, non volere 18. In queste cose, ecc. Chi nella giustizia,
tu, mangiandone in sua presenza, essergli occa- nella pace e nel gaudio serve a Gesù
Cristo, piace
sione di perdizione. Non volere per un cibo, far a Dio, perchè procura la sua gloria, ed è appro-
perdere al tuo prossimo quella salute per conqui- vato dagli uomini, perchè con essi mantiene la
92 Romani, XIV, 19-23

"Itaque quae pacis sunt, sectémur et : ^"Atteniamoci dunque a ciò che giova alla
quae aedìficatìónis sunt, in ìnvicem custo- pace : e osserviamo quello che fa per la
diàmus. ^*^Noli propter escam destrùere opus mutua edificazione. ^°Non volere per un
Dei. Omnia quidem sunt munda sed ma- : cibo distruggere l'opera di Dio. Tutte le
lum est hómini, qui per offendiculum man- cose veramente sono monde fa però male
:

dùcat. ^^Bonum non manducare carnem,


est un uomo che mangia con iscandalo. ^^E'
et non bibere vinum, neque in quo frater bene non mangiare carne e non bere vino,
tuus offénditur, aut scandalizàtur, aut inflr- né (far) cosa per cagion della quale il tuo
màtur. ^^Tu fidem habes ? penes temetipsum fratello inciampa, o è scandalizzato, o si in-
habe coram Deo Beàtus, qui non iùdicat se-
: debolisce. ^^Tu hai la fede? Tienila presso
metipsum in eo, quod probat. ^'Qui autem di te dinanzi a Dio beato chi non condanna
:

discérnit, si manducàverit, damnàtus est : se stesso in quello che elegge. ^^Ma chi fa
quia non ex fide. Omne autem, quod non est distinzione, se mangia, è condannato per- :

ex fide, peccàtum est. chè non secondo la fede. Or tutto quello che
non è secondo la fede è peccato.

2« Tit. I. 15. 21 I Cor. VITI, 13.

pace, e perchè non può a meno di essere rico- a inciampare e a scandalizzarsi e a indebolirsi nella
nosciuto come uomo di Dio. fede (Cf. I Cor. Vili, 13).
19. Atteniamoci. Invece di sectémur Sicóxojiiev, 22. Risponde a una tacita obbiezione. Il forte
i migliori codici hanno sectamur òia)xo)jev. L'Apo- può dire : Ma io ho la ferma convinzione che
stolo esorta i forti a porre ogni studio nel fare tutto ogni cibo è lecito, perchè dunque non potrò usare
ciò, che può contribuire a mantenere la pace coi della mia libertà? L'Apostolo comincia dapprima
deboli. Osserviamo, manca nei migliori codici a interrogarlo : Hai tu la fede ? (Col nome di fede
greci. Quello che fa per la mutua edificazione, qui si intende la ferma convinzione sulla liceità
ossia tutto quello che è utile a promuovere e ras- di tutti gli alimenti). E supponendo che egli ri-
sodare il debole nella virtù. L'Apostolo usa spesso sponda di sì, l'Apostolo non condanna una tale
la metafora dell'edificazione per significare la per- convinzione, ma gli comanda di ritenerla per sé
fezione : quindi la frase edificarsi scambievolmente , stesso davanti a Dio, lasciando così intendere, che
equivale ad aiutarsi l'un l'altro nell'edifizio della qualora non vi sia pericolo di scandalo per i deboli,
spirituale perfezione. potrà farne uso, ma dovrà invece astenersene
20. Non
volere per un cibo, che è cosa sì cor- quando vi sia pericolo di causare danno agli altri.
ruttibile e sì vile, distruggere Vopera di Dio, cioè Beato, ecc. Mostra quanto sia felice lo stato di
la grazia, la carità e la pietà del tuo fratello debole, un'anima, che colla libertà della fede, senza scru-
o meglio Non volere per un cibo rovinare l'edi-
:
poli e perplessità, sa dirigersi nelle sue azioni.
fizio di Dio, cioè il tuo fratello debole nella fede, Beato adunque colui, che non condanna sé stesso,
che Dio ha fatto cristiano (Efes, II, 10). Tutte le cioè non prova dubbii, perplessità, scrupoli in
cose, ecc. L'Apostolo torna a ripetere ciò che ha quello che elegge, cioè nelle sue azioni, se siano
detto al V. 14. Tutte le cose, di loro natura e per lecite o illecite, ma agisce sempre colla coscienza
la permissione di Gesii Cristo, sono monde. Fa certa della liceità dell'azione che fa. Costui è
però male un uomo, ecc. Queste parole da alcuni beato, perchè non pecca.
sono riferite al cristiano forte, il quale fa male 23. Stato infelice di colui che è pieno di esita-
quando, mangiando un cibo anche lecito, è occa- zione. Chi fa distinzione. Il greco ò òè òiaxpivó-
sione di scandalo e di rovina per il fratello. La ^evo(; significa : Colui che esita o è perplesso, se
maggior parte degli interpreti però, le riferisce al un cibo sia lecito o illecito e quindi ha una co-
cristiano debole, il quale, dall'esempio dei forti, scienza praticamente dubbia, se lo mangia, è con-
si lascia andare a mangiare dei cibi colla falsa dannato da Dio e questo, perchè non ha mangiato
coscienza che siano illeciti, e cade così in peccato. con coscienza certa dell'onestà dell'azione (se-
Dopo aver mostrato il grave male che fa il
21. condo la fede), oppure perchè ha mangiato contro
forte distruggendo, per un cibo, l'opera di Dio, la convinzione della propria coscienza. Da questo
deduce ora una conseguenza affermando, che è fatto particolare, l'Apostolo passa a un principio
cosa buona, utile e santa il non mangiar carne, generale : Tutto quello che non è secondo la fede,
il non bere vino e il non fare qualsiasi altra cosa, ossia tutto ciò che non si fa secondo il dettame
p^r ragion della quale, il fratello debole, venga della coscienza è peccato. V. n. 14.
Romani, XV, 1-6 93

CAPO XV.

Coiresempio di Gesti Cristo inculca la mutua tolleranza, i-tj, — kS*. Paolo si scusa
per aver scritto a una Chiesa da lui non fondata y 14-21, — Espone i suoi
progetti di viaggio, 22-33.

^Debémus autem nos firmióres inbecillì- ^Ora noi più forti dobbiamo sostenere la
tàtes infirmórum sustinére, et non nobis fiacchezza dei deboli, e non compiacerci di
piacére. ^Unusquisque vestrum próximo suo noi stessi. ^Ognuno di voi si renda grato al
plàceat inbonum, ad aediflcatiónem. ^Ete- suo prossimo nel bene per edificazione.
nim Christus non sibi plàcuit, sed sicut ^Cristo infatti non ebbe riguardo a sé, ma
scriptum est Impropéria improperàntium
: come sta scritto Gli improperii di coloro
:

tibi cecidérunt super me. *Quaecùmque che ti oltraggiavano caddero sopra di me.
enim scripta sunt, ad nostram doctrinam "^Poiché tutte ie cose che sono state scritte,
scripta sunt ut per patiéntiam, et consola-
: furono scritte per nostro ammaestramento :
tiónem Scripturàrum, spem habeàmus. affinchè mediante la pazienza e la consola-
zione delle Scritture abbiamo speranza.
^Deus autem patiéntiae, et solàtii det vobis ^11 Dio poi della pazienza e della consola-

idipsum sapere in altérutrum secùndum le- zione dia a voi di avere uno stesso sentire
sum Christum ^Ut unànimes, uno ore ho-
: gli uni per gli altri secondo Gesù Cristo :

noriflcétìs Deum, et patrem Domini nostri "Onde d'uno stesso animo con una sola

» Ps. LXVIII, 10. « I Cor. I, IO.

per il suo zelo della casa di Dio, tutti gli impro-


perii, ossia le scelleratezze epeccati che sì com-
CAPO XV. i

mettono contro Dìo, sono caduti sulle sue spalle,


1-13. Inculca nuovamente ai forti la tolleranza, col che dimostra chiaramente, che Egli non ha

adducendo l'esempio di Gesù Cristo. Noi che siamo cercato la sua gloria, ma la gloria del Padre e la
più forti nella fede (XIV, 1) dobbiamo sostenere salute degli uomini. Il salmo citate^ certamente
(gr. paotàì^etv = portare qualche cosa
sollevare, messianico (V. n. XI, 9, 10).

di pesante) la fiacchezza (greco rà doGevrijiaTa = 4. Dà motivo per cui ha citato la Scrittura.


il

le debolezze, le infermità) dei deboli nella fede Tutte le cose che sono state scritte (Il gr. :rpo6Y-
(XIV, 1, 2; II Cor. XII, 10). E' nostro dovere pàq)T) significa tutto quello che fu scritto prima di
:

quindi non solo non scandalizzare i deboli, ma noi), ossia tutto l'Antico Testamento, furono scritte
anche sopportare con pazienza le loro debolezze^ per nostro ammaestramento, cioè sono destinate
cioè i loro scrupoli, i loro giudizi meno retti, e da Dio all'istruzione religiosa e morale dei cri-
anche le loro ingiurie. Dobbiamo inoltre non stiani (IV, 23-24; I Cor. IX, 10; X, 11; II Tim.
compiacerci di noi stessi gloriandoci della nostra Ili, 16-17). La pazienza e la consolazione che sono

fede, disprezzando e contristando i deboli (XIV, 3, prodotte in noi dalla Scrittura, la quale ci presenta
15), e cercando unicamente i nostri comodi senza sublimi modelli dì tutte le virtù, ci parla della
badare al pericolo a cui li esponiamo col nostro bontà dì Dìo, del premio che ci attende, ecc., e
modo di agire (I Cor. X, 33). accresce così in noi la speranza della celeste ere-
dità, dovuta ai figli adottivi di Dio quali noi siamo
2. Ognuno di voi. I migliori codici greci hanno :

(V. n. V, 4 e ss.).
ognuno di noi, e questa lezione è da preferirsi.
Ogni cristiano si renda grato, cioè cerchi di pia- 5. D&po la breve digressione del v. 4, l'Apo-
cere al suo prossimo, rinunziando ai proprii co- stolo torna a raccomandare la pace e la concordia.
modi, e adattandosi alle sue esigenze, sempre che Il Dio della pazienza e della consolazione, ossia
non sono contrarie alla legge di Dio. Dobbiamo Dìo che, colla sua grazia, dà la pazienza e riempie
però usare questa condiscendenza, non per ambi- di consolazione, faccia cessare fra voi ogni disputa,
zione, ma per bene e per edificazione dello stesso e vi dia uno stesso sentire gli uni per gli altri,
prossimo, il quale sarà così più facilmente indotto ossia vi conceda dì avere gli stessi sentimenti, e
ad abbracciare quel che è più perfetto. uno stesso modo dì pensare e dì giudicare secondo
3. Propone l'esempio di Gesù Cristo, il quale
Gesù Cristo, cioè secondo che vuole Gesù Cristo,
oppure, secondo l'esempio dì Gesù Cristo.
non ebbe alcun riguardo a se stesso, ossìa non
badò solo a sé stesso, disinteressandosi degli 6. II fine per cui l'Apostolo desidera ai fedeli
altri, come fanno gli egoisti, ma, per la nostra sa- questa concordia, si è che « divenuti tutti un solo
lute, si sottomise alle pene più dure e più ripu- spirito per l'unione nella fede e nella carità, da
gnanti all'umana natura. Come sta scritto nel salmo una sola bocca si parta il sacrifizio di lode che
LXVIII, secondo i LXX. In questo salmo,
10, citato offrono a Dio » Martini. —
Dio Padre del Signor
il-gìusto per eccellenza (Gesù Cristo), afferma che. nòstro Gesù Cristo (gr. ò 0eò<; xai Ilatnp tou Ko-
94 Romani, XV, 7-12

lesu Christi. ^Propter quod suscìpite invi- bocca glorifichiate Dio, Padre del Signor
cem, sìcut et Christus suscépit vos in honò- nostro Gesù
Cristo. ^Per la qual cosa acco-
rem Dei. glietevi gli uni gli altri, come anche Cristo
accolse voi per gloria di Dio.
*Dico enim Christum lesum mìnistrum ^Poiché io dico che Gesù Cristo fu mini-
fuìsse circumcisiónìs propter veritàtem Dei, stro dei circoncisi per riguardo della veracità
ad conflrmàndas promissiónes patrum : di Dio, affine di dar effetto alle promesse
'Gentes autem super misericordia honoràre fatte ai padri "le genti poi rendono gloria
:

Deum, sicut scriptum est Proptérea con- : a Dio per la misericordia, come sta scritto :

fltébor tibì in Géntibus Domine, et nomini Per questo io ti confesserò tra le genti, o
tuo cantàbo. ^°Et iterum dicit Laetàmini : Signore, e canterò lode al tuo nome. ^"E
Gentes cum plebe eius. ^^Et iterum Lau- : di nuovo dice Rallegratevi, o nazioni, col
:

date omnes Gentes Dóminum et magnifi- : popolo di lui. "E di nuovo Nazioni, tutte, :

cate eum omnes pópuli. ^^Et rursus Isaìas lodate il Signore popoli tutti, magnificatelo.
:

ait : Erit radix lesse, et qui exùrget régere ^-E di nuovo Isaia dice Spunterà la radice :

• II Reg. XXII, 50 ; Ps. XVII, 50. Ps. CXVI, " Is. XI, 10.

piov r||iia>v Inoou Xpiotou). Come si vede, nel greco fatto constatato, della lode che i gentili rendono a
i due nomi Qeóq e naTTJp, hanno un solo articolo Dio, era da lungo tempo stato predetto (9-12).
e perciò tutta la frase seguente Kupiou, ecc., di- Per questo, ecc. La citazione quasi letterale è
pende assieme dall'uno e dall'altro. Dio è Dio di tolta dal salmo XVII, 50 secondo i LXX. In questo
Gesìj Cristo considerato secondo la natura umana, salmo Davide canta la bontà di Dio, che non solo
ed è Padre di Gesù Cristo considerato secondo la lo ha liberato da tutti i suoi nemici, ma ha ancora
natura divina. L'Apostolo usa spesso questa frase consolidato il suo trono per modo, che egli può
(II Cor. I, 3; XI, 31; Efes. I, 3; Coloss. I, glorificare Dio tra i popoli a lui soggetti, e invita
3, ecc.). questi a unirsi con lui nel cantare la misericordia
7. Per
qual cosa, ossia affine di glorificare
la di Dio. Ora, Davide era una figura del Messia, e
Dio vostra unione e concordia, interna ed
colla perciò l'Apostolo pone direttamente sulla bocca di
esterna, accoglietevi con bontà (gr. ^rpocXanPàveoGe, Gesù Cristo, le parole del santo re. Dice per-
V. n. XIV, 1), e quindi sopportatevi, aiutatevi tanto Gesù Cristo Io ti confesserò, ossia cele-
:

scambievolmente, forti e deboli nella fede, come brerò la tua misericordia, tra le genti, cioè tra i
anche Cristo accolse voi tutti con lo stesso amore, pagani, che, per mezzo dei miei Apostoli, conver-
per gloria di Dio, cioè affinchè Dio sia glorificato. tirò alla fede, e canterò lode al tuo nome per la
bontà che hai dimostrata verso di loro. In altre
8. Spiega come Gesù
Cristo abbia accolto as-
parole. Gesù annunzia che i pagani si uniranno
sieme, per la
i Giudei e i pagani
gloria di Dio,
a Lui, per ringraziar Dio della misericordia loro
di cui era composta la Chiesa di Roma. Io
usata.
dico, ecc. Comincia a parlare di ciò che Dio ha
fatto per i Giudei. Gesù fu ministro ( òvàxovov) dei 10. Dice la Scrittura. Questa seconda citazione
circoncisi, ossia dei Giudei. Benché il Figliuolo è tolta dal Deuteronomio, XXXIII, 43, ed è fatta
dell'uomo, non sia venuto per essere servito, ma sui LXX. Mosè invita tutti i popoli pagani (nazioni)
per servire (Matt. XX, 28) tutti gli uomini e tutti a unirsi al popolo d'Israele e a rallegrarsi, ossia
condurli a salvamento, tuttavia Egli può essere a glorificare Dio, per la misericordia usata all'uno
chiamato, in modo speciale, ministro o servo dei e agli altri.
Giudei, perchè ad essi soli, predicò immediata-
Di nuovo, dice la Scrittura. La citazione fatta
11.
mente la sua dottrina, e ad essi soli disse di essere
secondo i LXX, è tolta dal salmo CXVI, 1. Il sal-
stato inviato (Matt. XV, 24), tra essi visse, e
mista invita direttamente i pagani a lodare Dio, e
osservò la loro legge. Per riguardo, ecc. Così fa-
a celebrare la sua bontà e la sua misericordia,
cendo. Gesù ha mantenute le promesse fatte agli
lasciando così intendere, che sarebbe venuto un
antichi Patriarchi, che sarebbe stato inviato il
giorno, in cui anche i pagani avrebbero ricono-
Messia, ecc., ed ha dimostrato la veracità di Dio,
sciuto Dio.
ossia la fedeltà, colla quale Dio mantiene la parola
data agli antichi Patriarchi. I Giudei devono quindi 12. La quarta citazione è fatta sul cap. XI, 10
glorificare la fedeltà di Dio, d'Isaia, secondo LXX. Nel testo ebraico si legge :
i

e in quel giorno sarà (o spunterà) la radice di lesse


9. Le genti poi, ecc. La frase della Volgata :

Gentes autem, ecc., dipende ancora dal verbo che sta come segno (vessillo) ai popoli, essa cer-
dico del v. precedente. L'Apostolo constata un cheranno le genti. Il senso è uguale. Spunterà la
fatto. I cristiani pagani rendono gloria a Dio^ per radice, cioè un rampollo spunterà dalla radice di
la misericordia, ossia glorificano la bontà di Dio, lesse, padre di Davide. Questo rampollo è il
n quale, senza alcun loro merito, li ha chiamati Messia. Egli (secondo l'ebraico), sarà un vessillo
dalle tenebre dell'ignoranza e della corruzione alla attorno al quale correranno a schierarsi tutti i
pura luce del Vangelo. Ecco in qual modo gli popoli per seguirlo e marciare sotto di lui, oppure
Ebrei e i Gentili, sono stati accolti da Gesù e (secondo il testo greco) sorgerà per governare i
ordinati alla gloria di Dio. popoli, i quali perciò gli dovranno essere soggetti.
Come sta scritto, ecc. Adducendo quattro testi In esso spereranno le genti, perchè da Lui «olo
dell'Antico Testamento, "apostolo orova che il potranno avere ogni sorta di beni.
Romani, XV, 13-18 95

Gentes, in eum Gentes speràbunt. "Deus di Jesse, e colui che sorgerà per governare
autem spei répleat vos omni gàudio, et pace le nazioni, in esso spereranno le genti.
in credendo ut abundétis in spe, et virtùte
: "E il Dio della speranza vi ricolmi di ogni
Spiritus sancti. gaudio e di pace nel credere onde abbon- :

diate dì speranza e di virtù dello Spirito


Santo.
"Certus sum autem fratres mei et ego "Per me io sono persuaso riguardo a voi,
ì ipse de vobis, quóniam et ipsi pieni estis
dilectióne, repléti omni sciéntia, ita ut pos-
fratelli miei, che voi siete pieni di carità,
ricolmi di ogni scienza, così che potete am-
sitis altérutrum monére. ^^Audàcius autem monirvi gli uni gli altri. "Ma vi ho scritto
scripsi vobis fratres ex parte, tamquam in un po' arditamente, o fratelli, quasi per ri-
memóriam vos redùcens propter gràtìam,
: svegliare la vostra memoria, a motivo della
quae data est mihi a Deo, ^^ut sim minister grazia che mi è stata data da Dio, ^"^perchè
Christi lesu in Géntibus sanctìficans Evan-
: sia ministro di Gesù Cristo" presso le na-
gélium Dei, ut fiat oblàtio Géntium accépta, zioni facendola da sacerdote del Vangelo di
:

et sanctificàta in Spiritu sancto. ^^Hàbeo igi- Dio, affinchè l'oblazione delle genti diventi
tur glóriam in Christo lesu ad Deum. accetta e santificata dallo Spirito Santo. ^^Ho
adunque di che gloriarmi in Cristo Gesù
presso Dio.
"Non enim àudeo àliquid loqui eórum, ^^Perocchè non sosterrei di raccontar cosa
quae per me non éfflcìt Christus in obe- che Cristo non abbia operato per mezzo mio

13. L'Apostolo termina questa seconda parte modo più forte di quel che esigesse la vostra bontà
della sua lettera con una specie di benedizione. e la vostra scienza, non già per insegnarvi cose
Il Dio della speranza, cioè il Dio autore di ogni a voi finora sconosciute, ma quasi per risvegliar
speranza, e quindi anche di quella per cui i gentili la vostra memoria, o meglio richiamare alla vostra
spereranno nel Messia (v. precedente), vi ricolmi memoria ciò che già sapete. E benché foste in
di ogni gaudio e di pace nel credere, ossia riempia grado di far da voi, tuttavia ho voluto scrivervi
il vostro cuore di quel gaudio, che nasce dalla a motivo della grazia che mi è stata data da Dio,
cognizione dell'immensa misericordia usatavi da quando sono stato costituito Apostolo dei gentili
Dio nel riconciliarvi con Lui, e vi conceda quella (1,-5; XII, 3).
pace, che ha il suo fondamento nella fede. Onde 16. Descrive la natura, ossia il fine della grazia
abbondiate, ossia andiate sempre crescendo nella ricevuta. Perchè sia ministro. Il greco Xenovpyóq,
speranza d,ela vita eterna. E di virtù. Il testo greco significa ministro sacro, ossia sacerdo^' La predi-
deve essere tradotto per la virtù dello Spirito cazione del Vangelo presso i pagani, viene qui
Santo. Viene così indicata la causa, che deve pro- presentata dall'Apostolo come un sacrifizio. Il pre-
durre questo accrescimento di speranza. Se si ri- dicatore è il sacerdote; i gentili sono la vittima da
tiene il testo latino, la virtù non può essere altro offrirsi a Dio la predicazione è l'azione con cui
;

che la carità diffusa nei nostri cuori dallo Spirito la vittima è condotta all'altare e immolata. Facen-
Santo. dola da sacerdote. Il greco lepoupyowTa, è una
14. Terminata la parte dogmatica e morale della espressione tecnica che significa l'atto con cui si
sua lettera,l'Apostolo vi aggiunge un epilogo o compie un'azione liturgica, o meglio si fa il sacri-
conclusione, in cui parla di alcune cose che lo fizio. Predicando il Vangelo di Dio, l'Apostolo
riguardano personalmente (XV, 14-XVl, 27). Co- compie un'azione sacrificale, il cui scopo si è di
mincia dapprima a far le sue scuse per aver scritto preparare e disporre le genti, affinchè possano
a una Chiesa da lui non fondata, e si giustifica essere un'oblazione accetta a Dio. Santificata dallo
appellandosi alla sua qualità di apostolo dei gen- Spirito Santo. Come negli antichi sacrifizi, la vit-
tili, 14-21, e poi espone i suoi progetti di viaggio, tima, prima di essere immolata, veniva mondata e
raccomandandosi in seguito alle preghiere dei Ro- purificata, affinchè fosse grata a Dio, così i gentili,
mani, 22-33. per diventare oblazione accetta a Dio, devono
Per me io sono persuaso, ecc. I Romani avreb- prima, per mezzo del S. Battesimo, essere puri-
bero potuto credere, che l'Apostolo avesse loro ficati da tutte le loro sozzure morali, ed essere
indirizzata questa lettera, perchè dubitasse, o della riempiti di grazia, ossia essere santificati dallo
purezza della loro fede, o della santità della loro Spirito Santo. Nei migliori codici latini e greci
vita, perciò egli comincia a dissipare una tale manca Ve che precede santificata.
prevenzione, affermando di essere certo che i Ro- 17. Ho adunque, ecc. Essendo dunque così ec-
mani sono pieni di carità e di fede. Di carità. Il celso e fruttuoso il ministero affidatomi, io posso
greco dYaeo30t»vT\ significa propriamente la bontà gloriarmi in Gesù Cristo, di cui sono ministro e
morale in quanto opposta al vizio (Gal. V, 23 ; strumento, non per quello che ho fatto io, ma per
Efes. V, 9, ecc.), e quindi importa ogni virtù. Di quello che egli ha fatto per mezzo mio, cosicché
ogni scienza, ossia conoscano profondamente tutte tutta la gloria ridonda in suo onore. Presso Dìo.
le verità della fede, così che non hanno bisogno II greco Tà :rpòi; tòv 0eóv, deve essere tradotto •

di essere istruiti da un estraneo, ma possono av- nelle cose che riguardano Dio. L'Apostolo indica
vertirsi e istruirsi tra loro. L'Apostolo parla della così quali siano le cose di cui può gloriarsi.
Chiesa Romana nel suo complesso, non dei singoli
18. Colla più grande modestia, l'Apostolo parla
membri.
brevemente dei frutti del suo apostolato. Dapprima
15. Ma vi ho scritto un po' arditamente^ cioè in protesta che non oserebbe raccontar- cosa alcuna,
96 Romani, XV, 19-24

dìéntiam Géntium, verbo et factìs "In vìr- : per ridurre all'ubbidienza le genti colla pa-
tùte signórum, et prodigiórum, in virtùte rola e coi fatti "colla virtù dei miracoli e
:

Spirìtus sanctì ita ut ab lerùsalem per cir-


: dei prodigi, colla virtù dello Spìrito Santo :

cùitum usque ad Illyricum repléverim Evan- talmente che da Gerusalemme e dai paesi
gélium Christi. ^°Sic autem praedicàvi Evan- all'intorno sino all'Illirico tutto ho ripieno
gélium hoc, non ubi nominàtus est Christus, del Vangelo di Cristo. ^"Studiandomi così
ne super alìénum fundaméntum aedificà- di predicare questo Vangelo, non dove era
rem sed sicut scriptum est ^^Quibus non
: : stato nominato Cristo, per non fabbricare
est annunciàtum de eo, vidébunt et qui non : sopra gli altrui fondamenti ma come sta
:

audiérunt, intélligent. scritto :


^^ Quelli che non hanno sentite
nuova di lui, lo vedranno e quei che non
:

l'hanno udito, l'intenderanno.


^^Propter quod et impediébar plùrimum *^Per il qual motivo pur molte volte mi
venire ad vos, et prohibitus sum usque fu impedito il venir da voi, e mi è impedito
adhuc. ^^Nunc vero ultérius locum non Iia- sino adesso. ''^Ora poi non essendovi più
bens in bis regiónibus, cupiditàtem autem luogo per me in questi paesi, e avendo da
habens veniéndi ad vos ex multis iam prae- molti anni in qua desiderio di venir da voi :
cedéntibus annis ^*Cum in Hispàniam pro-
: ^^quando mi incamminerò verso la Spagna,
ficisci coépero, spero quod praetériens vì- spero che di passaggio vi vedrò, e da voi
deam vos, et a vobis deducar illuc, si vobis avrò compagnia per colà, dopo essermi in
primum ex parte frùitus fùero. parte saziato di voi.

" Is. LII, 15.

che non fosse stata operata da Gesù Cristo, di cui tengo onorato di predicare, ecc. Ecco la regola
egli è ministro e strumento, mostrando così, che se impostasi dall'Apostolo. Egli non doveva predi-
parla del suo apostolato, lo fa unicamente perchè care dove Cristo era stato nominato, ossia dove
ciò torna a gloria di Gesù Cristo. Per ridurre, ecc. Gesù Cristo era già conosciuto, amato e invocato,
Si accenna al fine del suo apostolato, che è di far e ciò affine di non fabbricare sopra gli altrui fon-
sì che le genti ubbidiscano al Vangelo. I mezzi damenti (I Cor. III, 10), ma doveva porre egli
di cui si è servito per raggiungere tale fine, sono stesso i fondamenti di nuove Chiese, come si con-
la parola, ossia la predicazione, e i fatti (greco veniva alla sua condizione di Apostolo, lasciando
opere), cioè i miracoli. poi ad altri di continuare l'opera da lui incomin-
ciata (I Cor. Ili, 10; XII, 28). Come sta scritto
19. Colla virtù dei miracoli e dei prodigi. Ecco
quali sono le opere colle quali Gesù Cristo, per
in Isaia, LII, 15, citato secondo i LXX.
Il profeta annunzia che le genti, le quali non
mezzo Paolo, ha convertito i pagani! Colla
di S.
virtù dello Spirito Santo, che rese efficace la predi-
hanno ancora sentito parlare di lui, cioè del Messia,
cazione dell'Apostolo. Da Gerusalemme... sino, ecc. resteranno piene di meraviglia, quando sentiranno
Fa vedere quale sia stato il campo del suo aposto- annunziarsi la sua venuta, le sue umiliazioni e la
Iato. Esso si estende da Gerusalemme (Atti IX, 28
sua gloria. L'Apostolo si serve di queste parole
del profeta, per far conoscere, che la norma ordi-
e ss.) e dai paesi all'intorno, cioè la Giudea, la
naria del suo apostolato era quella di predicare
Siria, la Fenicia, l'Arabia (Atti XXVI, 20) al sud,
fino alVIllirico al nord. L'Illirico era una provincia
Gesù Cristo, là dove altri Apostoli non avevano
dell'impero romano, che si estendeva dall'Adriatico
ancora predicato.
all'ovest, sino al Danubio all'est, e dalla Tracia e 22. Per il qual motivo, ossia per la regola im-
dalla Macedonia al sud, sino alla Germania al nord. postami di non fabbricare sopra gli altrui fonda-
Alcuni spiegano le parole per circuitum, gr. xaì menti (v. 20), molte volte che pure avrei potuto,
xuxXtp, come se volessero dire, per tutto intorno. mi fu impedito di venire a voi, nonostante il desi-
Da Gerusalemme per tutto intorno sino all'Illi- derio che ho di vedervi (1,13). Mi è impedito sino
rico, ecc. L'Apostolo direbbe allora, che non si adesso. Queste parole mancano nei codici greci,
è contentato di andare in linea retta da Gerusa- nelle antiche versioni, e in parecchi codici della
lemme all'Illirico, ma che ha girato da una parte Volgata, e vanno considerate come una glossa tolta
e dall'altra, evangelizzando il Ponto, la Tracia, ecc. dal cap. I, 13.
La prima spiegazione però è preferita generalmente 23. Non essendovi più luogo, ossia avendo già
dagli esegeti. L'Apostolo arrivò ài confini dell'Illi- fondate Chiese nelle principali città delle provincie
rico, nel suo viaggio attraverso la Macedonia (Atti orientali dell'impero. Desiderio gr. èjrwioGtov =
XX, 1-3; Tit. III, 12), ma è incerto se li abbia desiderio ardente.
passati. Tutto ho ripieno, ecc., ossia ho predicato
24. Quando mi incamminerò verso la Spagna.
dappertutto il Vangelo, oppure ho compiuto o ter-
Evangelizzato l'OrienTe, l'Apostolo aveva portato i
minato la predicazione del Vangelo. In quest'ul-
suoi occhi sull'Occidente e scelta la Spagna, dove
timo caso, l'Apostolo direbbe di aver terminata la
non era ancora stato annunziato il Vangelo, come
sua missione nel camjJo sopra detto.
campo del suo apostolato. Passando per l'Italia,
20. I vv. 20-21, spiegano la regola di condotta, egli voleva fermarsi alcun poco a Roma, e avere
che l'Apostolo seguiva nel compiere il suo mini- da quella Chiesa qualche fedele, pratico della
stero. Studiatomi così di predicare. Il greco <piXo« Spagna, che lo accompagnasse nel viaggio. Prima
TiiAovjiai, significa ripongo il mio onore o mi di partire da Roma però, egli voleva godere al-
Romani, XV, 25-31

'"Nunc igitur proficìscar in lerùsalem mi- -^Adesso poi andrò a Gerusalemme in ser-
nistrare sanctis. ^"^Probavérunt enim Mace- vizio dei Santi. -^Poiché la Macedonia e
donia, et Achàia collatiónem àliquam fàcere l'Achaia Iianno stimato bene di fare qualche
in pàuperes sanctórum, qui sunt in lerù- colletta pei poveri, che sono tra i santi di
salem. ^^Plàcuit enim eis et debitóres sunt : Gerusalemme. ^'Hanno, dico, stimato bene :

eórum. Nam
spirituàlium eórum partici-
si e sono debitori ad essi. Perocché se i Gen-
pes facti sunt Gentiles debent et in car- : tili sono stati fatti partecipi delle cose spiri-

nàlibus ministrare illis. ^*Hoc igitur cum tuali di essi debbono ancora sovvenirli
:

consummàvero, et assignàvero eis fructum colle temporali. -''Terminato adunque que-


hunc per vos proficìscar in Hispàniam.
: sto, e consegnato che avrò loro questo
"^Scio autem quoniam véniens ad vos, in frutto, partirò per la Spagna passando da
abundàntia benedictiónis Evangélii Ciiristi voi. ^^lo poi so, che venendo da voi, verrò
véniam. con la pienezza della benedizione del Van-
gelo di Cristo.
^"Obsecro ergo vos fratres per Dóminum ^°Vì scongiuro adunque, o fratelli, per il
nostrum lesum Christum, et per charitàtem Signor nostro Gesù Cristo, e per la carità
sancti Spiritus, ut adiuvétìs me in oratióni- dello Spirito Santo, che mi aiutiate colle
bus vestris prò me ad Deum, ^^ut lìberer ab vostre orazioni per me dinanzi a Dio, ^'af-
infldélibus, qui sunt in ludaéa, et obséquii finchè io sia liberato dagl'infedeli che sono

" I Cor. IX, 11.

quanto della compagnia dei Romani. Dopo essermi debito di giustizia, perchè i gentili sono stati fatti
in parte saziato di voi. Quanta delicatezza in que- partecipi delle cose spirituali, cioè del Vangelo e
ste parole, e quale testimonianza d'affetto per la di tutte le grazie del Vangelo, a cui i Giudei ave-
Chiesa Romana Io, dice l'Apostolo, non potrò
!
vano un certo diritto, per mezzo di uomini mandati
testare presso di voi quanto desidererei, quindi il dalla Chiesa di Gerusalemme a predicare, ecc. Se
mio cuore, non potendo essere saziato in tutto, dunque i gentili hanno avuto dai Giudei i beni spi-
strà almeno sazio in parte. Sul viaggio dell'Apo- rituali (tà jtveunattxà), è più che giusto che fac-
stolo nella Spagna, vedi Introd. Dal modo con — ciano parte ai Giudei dei loro beni carnali (tà
cui parla, l'Apostolo, della Chiesa Romana, è oapxixd), ossia delle loro ricchezze. Quest'opera
chiaro, che essa doveva già essere stata fondata così bella di carità è, agli occhi dell'Apostolo, un
da parecchi anni, e che con tutta ragione si suole ministero sacro, XeirovpYnoai. V. n. XIII, 6.
addurre questo passo per provare la sua fonda- 28. Terminato adunque, ecc. Portato che avrò
zione da parte di S. Pietro nell'anno 42. Di piii, questa colletta a Gerusalemme. Consegnato... que-
vi ha nulla, in questa epistola, che faccia supporre sto frutto, a Chiama frutto quella colletta, quasi
essere stata la Chiesa Romana infetta di qualche produzione d'una pianta coltivata con molta cura
errore, anzi, il modo con cui l'Apostolo parla di da lui, vale a dire della fede dei gentili della Mace-
essa, e il fatto di volere da essa ricevere compagni donia e dell'Acaia » Martini.
per la missione di Spagna, mostrano ad evidenza 29. L'Apostolo è persuaso che il suo passaggio
l'alta stima che di essa aveva. a Roma sarà utile ai Romani. La pienezza della
25. Adesso poi, ecc. Affinchè non credano che benedizione di Cristo significa tutte le grazie, che i
subito voglia partire per Roma, l'Apostolo dà loro Romani avrebbero ottenuto, ascoltando la sua pre-
alcuni ragguagli intorno ai suoi prossimi viaggi. dicazione (I, 1 1). Del Vangelo, manca nei migliori
Prima di intraprendere il viaggio di Roma, andrò codici greci e nelle versioni.
a Gerusalemme per compiere un'opera di carità
30. Vi scongiuro, ecc. L'Apostolo prevedeva ì
in servizio (òiaxovóòv dei santi, cioè dei cristiani
pericoli e le persecuzioni a cui si sarebbe trovato
di Gerusalemme. esposto in questo viaggio a Gerusalemme (Atti XX,
26. Spiega quale sia l'opera di carità che ha da 22; XXI, 10 e ss.); perciò si raccomanda con tanta
compiere. Egli deve andare a Gerusalemme a por- insistenza ai Romani. Per il Signore Gesù Cristo,
tarvi la colletta (xotvcoviav iivà comunicazione, = in cui noi siamo una cosa sola come membri del
partecipazione) delle chiese di Macedonia e di suo corpo, e per la carità dello Spirito Santo che
'"Acaia. L'Apostolo parla di questa colletta anche è diffusa nei nostri cuori e tutti ci tiene uniti,
I Cor. XVI, 1 II Cor. Vili, 1 e ss., e il suo viag-
; che mi aiutiate (gr. ouvaYoovioaoOai che com- =
jio aGerusalemme è descritto negli Atti XX, 3 ; battiate con me) colle vostre orazioni, affinchè
[XI, 17; XXIV, 17, Per i poveri che sono tra possa superare tutti i pericoli, e le insidie e le
santi, cioè tra cristiani di Gerusalemme. Questa
i persecuzioni che mi attendono.
)overtà era dovuta non solo al fatto, che molti
31. Affinchè sia liberato, ecc. La prima grazia
ivevano messo in comune i loro beni (Atti IV, 32),
che chiede, è di essere liberato dagli infedeli, cioè
la specialmente alle persecuzioni violente a cui
dai Giudei increduli, i quali, pieni d'odio contro
irono esposti, durante le quali, spesso venivano
di lui, mentre gli tendevano già insidie per tutte
mfìscati i beni (Atti VIII, 1 Ebr. X, 34).
le città dove passava, non avrebbero mancato di
;

27. Hanno stimato bene di fare la detta colletta, dare sfogo al loro odio nella loro capitale Geru-
)erchè si sono creduti debitori ad essi, cioè ai salemme (Atti, XXI, 11 e ss.). La seconda grazia
fedeli di Gerusalemme. Non hanno quindi agito desiderata, si è, che le elemosine portate siano
)sì per pura liberalità, ma anche per un certo accette ai cristiani di Gerusalemme. Pur troppo

Sacra Bibbia, voi. II.


9S Romani, XV, 32 - XVI, 2

mei oblàtio accépta fiat in lerùsalem sanctis, nella Giudea, e affinchè l'oblazione del mio
^^Ut véniam ad vos in gàudio per voluntà- ministero sia accetta in Gerusalemme ai
tem Dei, et refrigerer vobiscum. "Deus santi, ^^affinchè con gaudio io venga a voi
autem pacis sit cum omnibus vobis. Amen. per volontà di Dio, e con voi mi riconforti.
^Ml Dio della pace sia con voi tutti. Così
sia.

CAPO XVI.

Saluti e raccomandazioni, 1-24, — Dossologia finale, 25-2^,

'Commendo autem vobis Phoeben soró- ^Vi raccomando la nostra sorella Febe,
rem nostram, quae est in ministério Ecclé- che serve la Chiesa di Cenere ^affinchè
:

siae, quae est in Cenchris : ^Ut eam susci- l'accogliate nel Signore, come si convicf^
piàtis in Dòmino digne sanctis : et assistàtis ai santi : e l'assistiate in qualunque coìj
ei in quocùmque negótio vestri indigùerit : avrà bisogno di voi poiché ella pure ha
:

étenim ipsa quoque àstitit multis, et mihì assistito molti, e anche me stesso.
ipsi.

che anche alcuni di questi, troppo attaccati alla sia dal testo di S. Paolo, I Tim. Ili, 2-12, e sia
legge, prestavano orecchio alle calunnie, che si da Plinio il giovane (Ep. X, 97), il quale scrive
spargevano contro S. Paolo, e perciò lo riguarda- a Traiano, a proposito della persecuzione contro i
vano come nemico delle loro patrie istituzioni (Atti, cristiani : a Necessarium credidi ex duabus ancillis,
XXI, 20-21). L'Apostolo temeva quindi, che non quae minisirae dicebantur, quid esset veri et per
volessero accettare dalle sue mani le offerte delle tormenta quaerere » dove è chiaro, che col nome
Chiese pagane. Affinchè l'oblazione del mio mini- di ministrae, si intendono le diaconesse. Probabil-
stero. Vi è una certa varietà accidentale nei diversi mente fin da principio, esse erano incaricate della
codici, riguardo a queste parole. B D E, ecc., la cura dei malati, dei poveri, dei pellegrini, aiutavano
mia oblazione del dono: molti altri codici; il mio a catechizzare le donne (non però nelle assemblee
ministero relativamente a Gerusalemme. religiose), e assistevano i ministri per il battesimo

32. Affinchè con gaudio, ecc. La terza grazia delle donne. E' certo però che esse non eserci-
domandata è di poter vedere la Chiesa di Roma,
e andarvi, non in qualunque modo, ma con gaudio.
Siccome però tutto dipende dalla volontà di Dio,
l'Apostolo si abbandona totalmente nelle mani del
Signore, il quale lo liberò bensì dagli infedeli di
Giudea, e gli concesse di veder Roma, ma dopo
esser stato prigioniero per due anni a Cesarea
ed avere sofferto ogni sorta di persecuzioni, come
è narrato negli Atti degli Apostoli, cap. XXII e ss.
Mi riconforti. Il gr. otsvavaJiaijeoGai equivale n^
ricrearsi, edificarsi scambievolmente.
33. Presentendo da parte sua prossimi combat-
timenti, l'Apostolo da Dio, autore della pace,
invoca la pace sui Romani, terminando così la sua Fig. 6. — Cenere (Moneta antica).
lettera collo stesso augurio con cui l'aveva comin-
2iata (I, 7).

tavano il ministero della parola (I Tim. Il, 12), e


molto meno il ministero liturgico. (V. Man. Bi&.,
CAPO XVI. ^ Brassac, Tom. IV, n. 968-969 Le Camus, L'oeuvre
;

des Apòtres, voi. Ili, pag. 453; Van Steenkiste,


Act. A^. Append.; Hagen, Dict. Bibl.; Vigouroux,
1. Febe, gr. ^oipn. Si ritiene comunemente che
Dici. Bibl., eoe.). Cenere, piccola città sul mare
questa pia donna, dovendo recarsi a Roma, sia
Egeo, che serviva di porto alla città di Corinto.
stata incaricata dall'Apostolo di portar la lettera
ai Romani. L'Apostolo la chiama sorella nostra, 2. L'accogliate nel Signore, cioè per amore del
cioè cristiana, e celebra la sua carità dicendola, Signore, come si conviene ai santi, ossia come si
v. seguente, protettrice o patrona jrpootàTii;, di molti conviene a cristiani, che sanno di essere tutti
cristiani e di se stesso. Soggiunge di pììi, che essa membri di uno stesso corpo, e di avere la stessa
serve (gr. òtàxovov =
diaconessa della Chiesa) la fede e la stessa carità. La assistiate, ecc. Febe
Chiesa, ecc. E' assai difficile poter determinare in doveva avere in Roma qualche grave negozio da
che cosa consistesse l'ufficio delle Diaconesse nella spedire, e perciò l'Apostolo raccomanda ai Romani
Chiesa primitiva. Alcuni (p. es., Prat, La Théoiogìe di prestarle ogni aiuto ed ogni assistenza, tanto più
de St-Panl, t. I, p. 482-483) negano persino la loro che essa è pure stata patrona di molti e dello
esistenza questa però è sufficientemente provata,
: stesso Apostolo.

I
Romani, XVI, 3-8 90

^Salutate Priscam et Aquilani adiutóres ^Salutate Prisca e Aquila miei cooperatori


meos in Cliristo lesu ^(Qui prò ànima mea
; in Gesù Cristo; "(I quali hanno esposto le
suas cervices supposuérunt quibus non
: loro teste per mia salvezza ai quali non :

solus ego gràtias ago, sed et cunctae ecclé- solo io rendo grazie, ma anche tutte le
siae Géntium) ^et domésticam Ecclésiam chiese dei Gentili) ^e anche la Chiesa della
eórum. Salutate Epaenétum diléctum mihi, loro casa. Salutate Epeneto mio diletto,
qui est primitivus Asiae in Christo. '^Salu- frutto primaticcio dQil'Asia in Cristo. ^Salu-
tate Mariam, quae multum laboràvit in vobis. tate Maria, la quale molto ha faticato tra di
"Salutate Andrónicum, et lùniam cognàtos, voi. ^Salutate Andronico e Giunia miei pa-
et concaptivos meos qui sunt nóbiles in
:
renti, stati con me in prigione i quali sono :

Apóstolis, qui et ante me fuérunt in Christo. illustri tra gli Apostoli, e prima di me furono
^Salutate Ampliàtum dilectissimum mihi in in Cristo. ^Salutate Ampliato a me carissimo

» Act. XVITT, 2, 26.

L'Apostolo aggiunge qui una lista di 24 nomi


3. DBF, ecc., tra di voi èv v^tv; ì codici B K A C
di persone, alle quali incarica i Romani di fare i eiq per voi. Quest'ultima lezione è da pre-
t)|Liaq,

suoi saluti ripetendo per 15 volte salutate. Prisca ferirsi. Non possiamo sapere quali siano i grandi
è la stessa persona che Priscilla, e questa era servizi resi da questa pia donna alla Chiesa di
moglie di Aquila (V. n. Att. XVIII, 2). Due altre Roma. Il nome di Maria, benché giudaico, si trova
volte S. Paolo (I Cor. XVI, 19; II Trm. IV, 19) pure in alcune iscrizioni latine, come anche il nome
ricorda questi suoi amici di vecchia data, i quali, greco di Epeneto, Corpus. Inscrip. Lat., VI, 17171.
cacciati da Roma per l'editto di Claudio, dopo Dis Man. Epaeneti Epaeneti F., ecc. e 22223
essersi incontrati coll'Apostolo e averlo aiutato a D. M. Mariae Ampliatae.
Corinto e ad Efeso, erano nuovamente tornati nella 7. Andronico e Giunia. Il greco 'Iot5viav, può
capitale dell'impero. essere un accusativo di 'louvi'a, e allora significhe-
4. Hanno esposto le loro teste (gr. hanno sot- rebbe la moglie o la sorella di Andronico, ma
toposto al ferro il loro collo) per mia salvezza. potrebbe anch'essere un accusativo di 'lowvt'a!; o
Non sappiamo a quale fatto particolare si alluda» 'lovvìai;, Giuniano, e allora si tratterebbe dì un
se a quello avvenuto a Corinto (Atti, XVIII, 12 uomo. Anche i SS. Padri seguono chi l'una, e chi
e ss.), oppure a quello di Efeso (Atti, XIX, 23 l'altra spiegazione. Miei parenti iavyyeyEÌq), cioè
e ss. ; I Cor. XV, 23), o a qualchedun altro (II probabilmente della mia stessa tribii di Beniamino.
Cor. XI, 26). E' certo però, che essi esposero la Non sembra che voglia dire semplicemente ebrei,
loro vita per salvare quella dell'Apostolo. Anche poiché erano tali anche Aquila e Priscilla, a cui
tutte le chiese dei gentili, le quali sono riconoscenti tuttavia non dà questo appellativo, e neppure che
per quanto essi hanno fatto per loro a Corinto, a voglia indicare una stretta parentela, poiché ven-
Efeso e a Roma, e per quanto hanno fatto per me, gono chiamati così anche Giasone di Tessalonica
aiutandomi in tutti i modi a compiere il mio mi- (v. 21 Atti, XVII, 5 e ss.), e Sosipatro di Berea
;

nistero. (v. 20; Atti, XX, 4). Stati con me in prigione. Non

5. La Chiesa della loro casa, ecc. Nei primi sappiamo quando, né come L'Apostolo ricorda
:

tempi, non avendo i fedeli ediflzi speciali per cele- (II Cor. XI, 23) di essere stato piiì volte messo in

brarvi i divini misteri, solevano radunarsi nelle prigione, quattro delle quali sono ricordate dagli
case private, e quivi assistere al^anto Sacrifizio, Atti. Clemente R. (I Cor. V) dice che fu sette

comunicarsi, pregare, ecc. (Atti, XII, 12; I Cor. volte in carcere. Sono illustri tra gli Apostoli, cioè
XVI, 19; Coloss. IV, 15; Filem. 2). In Roma e tra gli operai evangelici, oppure sono stimati dagli

nelle grandi città, esistevano parecchie di queste Apostoli, perché appartengono alle primizie della
Chiese domestiche. L'Apostolo manda a salutare Chiesa. Furono in Cristo, cioè abbracciarono il
quella che si radunava nella casa di Aquila e cristianesimo.
Priscilla. Ampliato. Nome che si trova spesso
latino
8.
Epeneto. Non sappiamo nulla di questo perso- nelle iscrizioni della casa imperiale. Così, p. es.,
naggio. Probabilmente fu convertito a Efeso da (C. I. L. VI, 4899) Ampliatus Restituto Fratri
:

Aquila e Priscilla, e poscia venne con loro a Roma. suo fecit moerenti. A Roma, nel cimitero di Domi-
Frutto primaticcio (gr. d7tapXT\ =
primizia) dell'Asia
tilla, che era in origine il sepolcreto domestico dei
proconsolare (V. n. Atti, II, 9). Alcuni codici greci Flavii cristiani, esiste un cubicolo riccamente deco-
hanno : dell' Acaia. Questa lezione contraddice a rato dove, nell'arcosolio, è ancora al suo posto
I Cor. XVI, 15, dove l'Apostolo dà il titolo di riscrizione in marmo AMPLIATI, appartenente alla
primizia dell'Acaia, alla casa di Stefana da lui prima metà del n secolo. Quest'Ampliato non può
stesso battezzata. Benché non vi sia ripugnanza, essere altri che uno schiavo ; poiché i cittadini ro-
che Epeneto appartenesse alla casa di Stefana, e mani non erano mai designati con un nome solo.
che poi siasi portato a Roma, tuttavia è più proba- A spiegare come mai uno schiavo abbia potuto
bile, che egli appartenesse alla provincia dell'Asia
essere deposto in un luogo così nobile, il De Rossi
proconsolare. La lezione della Volgata che è pure (Bullettino, 1881, p. 57-74) suppose che fosse stato
quella dei migliori codici greci e delle versioni, è in intimi rapporti con S. Paolo, e che a lui fosse
quindi preferibile. diretto il saluto dell'Apostolo nell'Epistola ai Ro-
6. Maria era probabilmente una cristiana d'ori- mani, e che per divozione verso S. Paolo si si»
gine giudea. Tra di voi. Il codice^ L e parecchi co- voluto onorare il suo discepolo (Ved. Marucchi,
dici minuscoli, hanno : per noi eìq w^-^ : i codici Manuale di Archeologia cristiana, 2' ediz., p. 34 e
iOO Romani, XVI, 9-17

Domino. 'Salutate Urbànum adiutórem no- nel Signore. 'Salutale Urbano nostro coope-
strum in Cliristo lesu, et Stachyn diléctum ratore in Cristo Gesù, e Stachi mio diletto.
meum, "Salutate Apellen probum in Chri- "Salutate Apelle, che ha dato saggio di sé
sto. "Salutate eos, qui sunt ex Aristóboli in Cristo. "Salutate quei che sono della
domo. Salutate Herodiónem cognàtum casa di Aristobolo. Salutate Erodione mio pa-
meum. Salutate eos, qui sunt ex Narcissi rente. Salutate quelli della casa di Narciso,
domo, qui sunt in Domino. che sono nel Signore.
^"Salutale Tryphaénam, et Tryphósam :
^^Salutate Trifena e Trifosa, le quali fati-
quae labórant in Dòmino. Salutate Pérsidem cano nel Signore. Salutate la diletta Perside,
charissimam, quae multum laboràvit in Do- la quale ha faticato molto nel Signore. ^^Sa-
mino. ^^Salutàte Rufum eléctum in Domino, lutate Rufo eletto nel Signore, e la madre di
et matrem eius, et meam. "Salutate Asyn- lui e mia. ^"Salutate Asincrito, Flegcnte,
critum, Phlegóntem, Hermam, PatFóbam, Erma, Patroba, Ern>e, e i fratelli che sono
Hermen : et qui cum eis sunt, fratres. ^^Sa- con essi. ^^Salutate Filologo e Giulia, Neref-
lutàte Philólogum, et lùliam, Néreum, et e la sua sorella, e Olimpiade, e tutti i Santi
sorórem eius, et Olympiadem, et omnes, che sono con essi. "Salutatevi scambievol-
qui cum eis sunt, sanctos. "Salutate invi- mente col bacio santo. Vi salutano tutte le
cem osculo sancto.
in Salùtant vos omnes Chiese di Cristo.
Ecclésiae Christi.
^^Rogo autem vos fratres, ut observétis "Io poi vi prego, o fratelli, che abbiate

180; Le Camus, op. cit., p. 456). Doveva questo 13. Rufo è probabilmente figlio di Simone Ciri-
Ampliato essere ricco di molte virtù, se l'Apostolo neo, e fratello di Alessandro. Di esso parla San
lo chiama carissimo. Marco, XV, 21 (V. n. ivi e Introd. al Vang. di
9. Urbano, nome latino comune tra gli schiavi,
S. Marco, p. 137). Eletto nel Signore, cioè cri-
che si incontra spesso nelle iscrizioni C. I. L., VI, stiano distinto per le sue virtù. La madre di lui
4237 5604 5505, ecc. Di lui non sappiamo culla. e mia. La madre di Rufo ebbe occasione di pre-
; ;

Nostro cooperatore. Siccome non lo dice mio coo- stare all'Apostolo, come a un suo figlio, impor-
peratore, come p. es., al V. 3 e 21, è probabile che tanti servizi, e l'Apostolo nutriva verso di lei un

Urbano non fosse proprio discepolo dell'Apostolo. affetto figliale. Forse l'Apostolo allude al tempo

Stachi, nome greco, che si trova però in qualche della sua gioventù, quando frequentava la scuola
iscrizione latina, appartenente alla famiglia impe- di Gamaliele (Le Camus, op. cit., p. 456).

riale (C. I. L., VI, 8607). Secondo la tradizione 14. Asincrito. Questo nome si trova in un'iscri-
sarebbe stato il primo vescovo di Bisanzio. zione latina. C. L. I. VI, 12565. Flegonte, non
10. Apelle. Nulla sappiamo di lui. Egli non deve compare finora in alcuna iscrizione. Erma, da non
essere confuso con Apollo, come ha fatto Origene. confondersi coH'autore del Pastore, scritto nel se-
Che ha dato saggio (gr. ròv òóxtfiov), ossia cri- condo secolo. Patroba. Nulla sappiaflìO intorno a
stiano a tutta prova. questa persona. Erme, nome assai comune tra gli
schiavi. i fratelli, cioè i cristiani, che sono con
E
11. Quelli che sono della casa, cioè i servi, gli
essi, cioèprobabilmente che fanno parte delle loro
schiavi cristiani di Aristobolo. Può essere che si
chiese domestiche. V. n. 1.
tratti di Aristobolo, nipote di Erode il Grande, il
quale fu educato a Roma assieme ai suoi fratelli 15. Filologo esua moglie, o sorella. I
Giulia
cinque nomi di questo si trovano spesso nelle
v.,
Agrippa ed Erode, e visse poi quivi da privato
(Gius.F!. G. G. II, 11, 6; A. G. XX, 1, 2). Ero- iscrizioni latine. Anche presso di loro si erano
dione era forse uno schiavo affrancato della casa formate delle Chiese domestiche.
di Erode. Mio parente, cioè della tribù di Benia- 16. Dopo numerate persone che voleva
tutte le
mino (V. n. 7). Narcisso. Probabilmente si tratta particolarmente salutare, dà a tutti i romani una
del famoso di Claudio (Tacit. Ann. XI,
liberto testimonianza del suo affetto, e li prega perciò
29 e per ordine di Agrippina, il primo
ss.) ucciso, di salutarsi scambievolmente a suo nome. Col bacio
anno di Nerone. I suoi schiavi passarono in pro- santo. Il bacio, presso gli Orientali e i Giudei,
prietà dell'imperatore, e continuarono a chiamarsi, faceva parte delle cerimonie solite a farsi nei saluti
quei della casa di Narcisso o Narcissiani. Che sono (Matt. XXVI, 48; Luca, VII, 45; XXII, 48). Dai
nel Signore, cioè cristiani. Giudei l'uso del Ijacio passò ai cristiani, e divenne
12. e Trifosa, madre e figlia, oppure
Trifena anche una cerimonia liturgica, come simbolo di
due Erano probabilmente due diaconesse,
sorelle. unione e di carità (V. S. Giust. I Ap. 65; Tertul.
consecrate servizio della Chiesa Romana con
al De Orat. 18; Const. Ap. II, 57; S. Cir. Hier. Cat.
opere di carità e di apostolato. I due nomi si incon- 23 Mistag. 5, 3, ecc.). Vi salutano, ecc. Manda ì
trano nelle iscrizioni latine C. L. I. VI, 5035; saluti delle varie Chiese, per le quali era passato,
20715. e alle quali doveva aver parlato del suo progetto
di viaggio a Roma.
Perside. Non sappiamo nulla di essa. Siccome
l'Apostolo usa il passato, ha faticato molto, mentre 17. Questiscambievoli saluti tra Chiesa e
per Trifona e Trifosa usa il presente : faticano, è Chiesa, segni di pace e di unione, richiamano alla
probabile che Perside, come Maria, v. 6, fossero mente dell'Apostolo, un pericolo per l'unità della

già avanzate in età, e avessero già. per così dire Chiesa, e fanno sì che egli inserisca alcuni avvisi
consumate tutte le loro forze in servizio della per mettere in guardia Romani, prima di aggiun-
i

Chitsai gere 1 saluti dei suoi compagni. Il pericolo veniva


Romani, XVI, 18-22 101

eos, qui dissensiónes, et offendicula praeter gli occhi addosso a quelli che pongono dis-
doctiinam, quam vos didicistis, fàciunt, et sensioni e inciampi contro la dottrina che
declinate ab illis. ^^Hujuscémodi enim Chri- voi avete imparata, e ritiratevi da loro.
sto Dòmino nostro non sérviunt, sed suo ^^Poichè questi tali non servono a Cristo
ventri et per dulces sermónes, et benedic-
: Signor nostro, ma al proprio lor ventre e :

tiónes sedùcunt corda ìnnocéntium. "Vestra con le melate parole e con l'adulazione se-
enim obediéntia in omnem locum divulgata ducono i cuori dei semplici. ^^Imperocchè
est. Gàudeo igitur in vobis. Sed volo vos la vostra ubbidienza è divulgata per ogni
sapiéntes esse in bono, et simplices in malo. dove. Mi rallegro adunque per riguardo a
^"Deus autem pacis cónterat Sàtanam sub voi. Ma bramo che voi siate sapienti nel
pédibus vestris velocitar. Gràtia Dòmini bene, semplici quanto al male, ^"^ll Dio poi
nostri lesu Chrìsti vobiscum. della pace strìtoli satana sotto dei vostri piedi
tostamente. La grazia del Signore nostro
Gesù Cristo con voi.
^'Salùtat vos Tìmòtheus adiùtor meus, et ^^Vi saluta Timoteo mio cooperatore, e
Lucius, et lason, et Sosipater cognati mei. Lucio, e Giasone, e Sosipatro miei parenti.
^^Salùto vos ego Tértius, qui scripsi epìsto- "^Vi saluto nel Signore io Terzo che ho

i Act. XVI, ì.

da parte Giudaizzanti, i quali, spargendo le


dei siate ingannati e distolti dal bene : tanto buoni
loro false dottrine sulla necessità di osservare la che non sappiate ingannare chicchessia » Martini.
legge di Mosè per essere perfetti cristiani, veni-
20. Affinchè i Romani non si lascino spaventare,
vano a turbare la pace della Chiesa (II Cor. X,
l'Apostolo afferma che Dio non mancherà di aiu-
7 e ss. ; XI, 12 e ss.; Gal. I, 6 e ss.; Ili, 1
tarli. 7/ Dio della pace, cioè autore della pace,
e ss., ecc.). Non sembra che essi avessero già
stritoli (i migliori codici hanno stritolerà) satana,
sparse in Roma le loro dottrine, ma vi era pericolo
principe dei demonii, del quale sono emissarii i
che presto o tardi avrebbero cercato di far proseliti
Giudaizzanti, sotto i vostri piedi. Sì ha qui una
anche nella capitale dell'impero. L'Apostolo si
allusione a Gen. Ili, 15. L'Apostolo annunzia così
crede quindi in dovere di dare alcuni avvisi in
la completa disfatta di tutti i nemici di Gesù Cristo,
proposito. Abbiate gli occhi addosso, cioè osser-
disfatta che sarà operata dalla forza di Dio, ma a
viate attentamente, affine di poterli subito cono-
cui concorrerà anche la Chiesa Romana. La gra-
scere. Dissensioni... scandali. Nel greco, vi è l'ar-
zia, ecc. Augurio pieno di pietà cristiana, che
ticolo TÒq &iXooTaoiai;... tà oxdvòaXa, il che mostra
l'Apostolo ama spesso ripetere nelle sue lettere
che e di scandali, che suppone
si tratta di divisioni
(I Cor. XVI, 23; II Cor. XIII, 13; Gal. VI, 8;
conosciuti dai suoi lettori, e che non possono
Efes. VI, 24; I Tessal. V, 25; II Tessal. III,
essere altri che quelli dei Giudaizzanti.
18, ecc.). Siccome però egli suole spesso porre
La dottrina che avete imparata da S. Pietro e da
questo augurio in fine, alcuni codici trasferirono
coloro che vi hanno predicato il Vangelo. Riti-
queste parole dopo il v. 23. La lezione della Vol-
ratevi. L'Apostolo non comanda di disputare con
gata però, che è pure quella dei migliori codici
questi seminatori di zizzania, ma vuole che si fug-
greci, è da preferirsi.
gano.
21. Timoteo. L'Apostolo, pone ora i saluti del
18. Non servono
a Cristo, ossia non cercano la suoi discepoli e collaboratori. Il primo è Timoteo
gloria di Cristo, ma cercano di vivere lauta-
Gesù (V. Introd. Epist. a Tim.), di cui si parla negli
mente, e di saziare la loro gola e il loro ventre Atti (XVI, I e ss. XX, 4), e che S. Paolo associa
;

(II Cor. XI, 20; Tit. I, 10; Filipp. Ili, 2, 19^. Il talvolta a sé stesso nelle sue lettere (II Cor. ;
ministero evangelico, per costoro è un mezzo di Filipp. Coloss.
; I e II Tessal. ; Filem.).
;

guadagno e nulla più. Lucio. E' incerto se debba identificarsi con Lucio
di Cirene (Atti, XIII, 1). Essendo detto parente,
19. La vostra obbedienza,cioè la fama della
o meglio della stessa tribù dì S. Paolo, è chiaro
docilità, con cui avete abbracciato il "Vangelo, è
che, anche prescindendo dal diverso nome, non
arrivata all'orecchie di tutti. Ecco il motivo per
può identificarsi coU'Evangelìsta S. Luca, che era
cui l'Apostolo dà questi avvisi ai Romani. Mi ral-
gentile. Giasone è forse quegli stesso che, a Tes-
legro, ecc. L'Apostolo aggiunge queste parole, af-
salonica, diede ospitalità a S. Paolo (Atti, XVII, 5).
finchè i Romani non pensino che egli dubiti della
Sosipatro probabilmente è lo stesso che Sopatro di
loro fede. Ma bramo, ecc. Siccome però i Giudaiz-
Berea (Atti, XX, 4). Timoteo e Sosipatro sì trova-
zanti di astuzia, l'Apostolo desidera che
sono pieni
vano a Corinto, di dove fu scrìtta questa lettera,
ì Romani abbiano tutta la prudenza del serpente,
per accompagnare l'Apostolo a Gerusalemme. Può
e semplicità della colomba (Matt. X, 16), e
la
essere che anche gli altri vi si trovassero per lo
siano perciò sapienti nel bene, ossìa non si lascino
stesso motivo (Atti, XX, 4; II Cor. Vili, 18).
ingannare dalle false apparenze, e trascinare a una
dottrina diversa da quella che fu loro insegnata, 22. Terzo. L'apostolo era solito a dettare le sue
e siano semplici quanto al male, ossia non cono- lettere, come è manifesto dal fatto che, alcune
scano e non facciano il male. « In una parola, dice volte, vi aggiunge in fine un ultimo saluto o
l'Apostolo, vi desidero tanto prudenti, che non alcune parole di propria mano (II Tess. Ili, 17;
102 Romani, XVI, 23-26

lam, in Domino. ^''Salutai vos Càius iiospes scritto la lettera. ^'Vì saluta Cajo mio alber-
meus, et univèrsa Ecclèsia. Salùtat vos Erà- gatore, e tutta quanta la Chiesa. Vi saluta
stus arcàrius civitàtis, et Quartus, frater. Erasto tesoriere della città, e il fratello
Quarto.
^''Gràtia Dòmini nostri lesu Christi cum ^"•La grazia del Signor nostro Gesù Crisro
omnibus vobis. Amen. ^*Ei autem qui potens con tutti voi. Così sia. ^^A lui poi, che è po-
est vos confirmàre iuxta Evangèlium nieum, tente per rendervi costanti nel mio Vangelo
et praedicatiónem lesu Christi, secùndum e nella predicazione di Gesù Cristo, secondo
revelatiónem mystérii temporibus aetérnis la rivelazione del mistero che fu taciuto pei
tàciti, -^(Quod nunc patefàctum est per secoli eterni, ^®e ora poi è stato svelato per
Scriptùras Propbetàrum secùndum praecép- mezzo delle Scritture dei profeti giusta l'or-
tum aetérni Dei, ad obeditiónem fidei) in dinazione dell'eterno Iddio, affinchè si ubbi-

Gal. VI, 11; I Cor. XVI, 21; Col. IV, 18; Filem. Ecco in che cosa desidera che siano fermi. Vuole
19). Per la lettera ai Romani gli servì come di che aderiscano pienamente a quella forma di pre-
segretario, un certo Terzo, del quale sappiamo dicazione da lui sempre seguita, nell'insegnare e
nulla. Che ho scritto la lettera sotto la dettatura difendere che Gesii è il Salvatore di tutti gli uomini
di S. Paolo, e che per suo comando vi aggiungo Ebrei e Gentili, e la salute è data a tutti non per
i miei saluti. alcun merito personale, ma gratuitamente, e per la
23. Caio (greco Gaio). Nel Nuovo Testamento sola fede in Gesù Cristo, indipendentemente dalle
sono ricordate quattro persone di questo nome ;
opere della legge. L'Apostolo si affretta però ad
una di Corinto battezzata da S. Paolo (I Cor. I, 14; aggiungere, che questo suo Vangelo non è altro che
Atti, XIX, 29) l'altra di Dérbe, che accompagnò
;
la predicazione di Gesù Cristo, ossia quanto GesQ

l'Apostolo a Gerusalemme (Atti, XX, 24) l'altra di ;


ha predicato e ha comandato agli Apostoli di pre-
Macedonia, che si trovava a Efeso quando scoppiò dicare, oppure, e forse meglio, la dottrina che ha
il tumulto contro S. Paolo (Atti, XIX, 29), e l'ul- per oggetto Gesù Cristo, morto e risuscitato. Se-
tima a cui è indirizzata la III epist. di S. Giovanni. cóndo la rivelazione del mistero. Questo mistero
Tutto induce a credere che qui si tratti di Caio non è altro che il disegno eterno di Dio, di salvare
di Corinto, presso cui era ospite l'Apostolo, il mondo per mezzo della fede in Gesù Cristo (Efes.

quando scriveva questa lettera. E tutta la Chiesa. Ili, 5-6; Tit. I, 2, 3). Le parole secondo la rivela-
Nel greco queste parole si trovano al genitivo. zione, vengono da alcuni (Crampon, ecc.) conside-
Caio, che doveva essere un personaggio ragguar- rate come un'apposizione di Vangelo, come se vo-
devole, dava non solo ospitalità all'Apostolo, ma lesse dire Il mio Vangelo che è la rivelazione, ecc.
:

accoglieva nella sua casa tutta la Chiesa; cioè i Altri (Fillion, ecc.) pensano che esse significhino
fedeli si radunavano nella casa di lui per udire la la regola della predicazione dell'Apostolo. Egli si
parola di Dio e per il servizio religioso. Erasto, da conformava alla rivelazione, ecc. Altri (Cornely,
non confondersi con quel Erasto inviato da San ecc.), più ragionevolmente, le uniscono a rendervi
Paolo in Macedonia assieme a Timoteo (Atti, XIX, costanti nel mio Vangelo... rivelandovi il mistero
22), e di cui probabilmente si parla nella II Tim. della salute universale per mezzo di Gesù Cristo.
IV, 20. Tesoriere, ossia questore o amministratore Secoli eterni, espressione popolare per significare
delle finanze della città di Corinto. Era quindi un una durata, che comincia da tutta l'eternità. Da
personaggio assai ragguardevole. Quarto è un tutta l'eternità Dio aveva decretato di salvare tutto
nome latino, come Terzo. Di lui non sappiamo
,
il mondo per mezzo di Gesù Cristo, ma questo
nulla, L'Apostolo lo chiama fratello, cioè cristiano, grande mistero non fu manifestato ad alcuno, finché
e non già fratello di Erasto, poiché se così fosse, non venne Gesù Cristo, e lo fece predicare per
l'Apostolo avrebbe dovuto dire suo (atroC) fratello. mezzo dei suoi Apostoli.
Doveva essere conosciuto dai Romani.
26. Ed
ora, per opposizione ai secoli in cui fu
24. La Ripete l'augurio del v. 20.
grazia, ecc. taciuto, grande mistero è stato svelato colla ve-
il
Questo V. manca nei manoscritti piii antichi e in nuta di Gesù Cristo, e la predicazione degli Apo-
numerose versioni. stoli. Per mezzo delle Scritture. L'Apostolo aveva
25. L'Apostolo aggiunse probabilmente di pro- già detto (I, 2), che il Vangelo era stato promesso
prio pugno (Le Camus, op. cit., p. 460) questa da Dio per mezzo dei profeti, ed ora torna ad
solenne conclusione, 25-27, in cui riassume tutta affermare, che questo grande mistero era adom-
la sua dottrina, esaltando l'onnipotenza di Dio che brato nelle Scritture delle quali infatti si servivano
solo può confermare i neofiti nella fede. Benché gli Apostoli, per confermare la verità delle loro
le parole della Volgata siano alquanto oscure, tut- parole (Efes. III, 21 ; IX, 25; X, 13; XV, 9). Giusta
tavia il pensiero dell'Apostolo è abbastanza chiaro. l'ordinazione, ecc. Dio stesso è colui che ha co-
A lui, si deve probabilmente sottintendere sia mandato ora di svelare il grande mistero. Questo
gloria. L'Apostolo usa spesso nelle sue lettere for- comando fu dato agli Apostoli, quando furono
mole di lode, analoghe a questa (Gal. I, 1 Efes. ;
mandati a predicare (I, 1-5; X, 15, ecc.; Matt.
Ili, 21 Filipp. IV, 20
; I Tim. I, 17 Ebr. XIII, 20).
; ;
XXVIII, 18). Affinchè si ubbidisse alla fede. Ecco
Che è potente per rendervi costanti (XIV, 4 ; Efes. lo scopo che Dio volle raggiungere nel far svelare
III, 20). Andando a Roma, l'Apostolo sperava di il grande mistero indurre tutti gli uomini a credere
;

confermare i Romani nella fede (I, 11), ma sapendo in Gesù Cristo (V. n, I, 5). Notificato a tutte le
che nulla avrebbe potuto fare, senza la grazia di genti. Il grande mistero dev'essere svelato a tutti
Dio, prega ora tacitamente il Signore, a voler donar i pagani (I, 18), perchè tutti sono chiamati alla
loro la costanza e la fermezza. Nel mio Vangelo. salute. -
Romani, XVI, 27 103

cunctis Géntìbus cògniti, ^^Soli sapiènti Deo, disse alla fede, fed è stato) notificato a tutte
per lesum Christum, cui honor, et gloria in le genti, ^^a Dio solo sapiente onore e gloria
saécula saéculorura. Amen. per Gesù Cristo nei secoli dei secoli. Così
sia.

27. Dopo
aver celebrata la potenza di Dio nel Dio solo sapiente. Si avrebbe allora questo senso :

far predicare a tutti il Vangelo, passa ad esaltare A Dio, la cui sapienza si è manifestata in modo
ancora la sapienza divina, che si è mostrata così specialissimo nella venuta nel mondo e nella morte
grande nel concepire un disegno così mirabile di di Gesìi Cristo, sia la gloria per tutti i secoli. La
salute, per tutti gli uomini. Onore e gloria. Nel prima spiegazione è però migliore. L'Apostolo ter-
greco manca onore e vi è l'articolo davanti a mina così la sua magnifica epistola lodando e bene-
gloria, la gloria. Per Gesù Cristo, nostro media- dicendo la potenza, la sapienza e, sopra tutto, la
tore presso Dio. Alcuni uniscono queste parole a bontà di Dio.

II.

PRIMA LETTERA AI CORINTI

INTRODUZIONE
Corinto. —
La città dì Corinto, distrutta S. Paolo, dopo aver predicato con scarso
da L, Mummio (146 a. C.) e riedificata da frutto ad Atene, partì per Corinto giungen-
Giulio Cesare (44 a. C), sorge sull'istmo dovi nell'anno 52 e rimanendovi almeno 18
che univa il Peloponneso alla Grecia pro- mesi. Fin dai primi giorni cominciò a dispu-
priamente detta. Popolata da abitanti venuti tare nella sinagoga convincendo alcuni Giu-
da ogni parte del mondo, ai tempi di San dei e alcuni Greci. Ma dopo l'arrivo di Ti-
Paolo, era forse la città più grande di tutto moteo e di Sila dalla Macedonia si diede a
il Mediterraneo orientale. Con i suoi due predicare con più ardore, trovando però forte
porti, l'uno all'est e l'altro all'ovest, attirava opposizione nei Giudei, si rivolse diretta-
a sé il comimercio dell'Oriente e dell'Occi- mente ai Gentili, e fece numerose conver-
dente, ed era perciò diventata un centro in sioni. I Giudei però suscitarono contro di
cui il lusso, la ricchezza e la corruzione lui un tumulto, e lo trascinarono davanti al
dominavano sovrani (Ved. n. Atti, xviii, 1). tribunale dì Gallione. Ma questi non li volle
Le grandi feste religiose e specialmente ì fa- ascoltare, e perciò essi sfogarono la loro
mosi giuochi che vi si celebravano facevano rabbia contro Sostene, capo della sinagoga.
afrluire tra le sue mura un gran numero di S. Paolo sì allontanò allora per breve tempo
forestieri (Ved. Strabone, vili, 6 Pausania,
; da Corinto (II Cor. ii, 1), ma vi tornò presto,
n. 1 Plutarco, Caesar). I Giudei, come in
; e corretti gli abusi che già si erano intro-
tutti i centri commerciali, vi avevano una dotti nella Chiesa, sì imbarcò a Ceneri di-
colonia assai fiorente, con una importante retto a Efeso e a Gerusalemme (Ved. Atti,
sinagoga frequentata anche da parecchi pro- xviii, 1h18).
seliti Gentili (Filone, Leg. ad Caium, 36). Da quantosì è detto apparisce chiaro che
Capitale della provìncia romana di Acaia, la Chiesa Corinto doveva essere composta
di
Corinto era la sede dì un Proconsole (Atti, in gran parte dì Gentili. I fedeli però in
XVIII, 12) che durava in carica per un anno. maggioranza erano di bassa condizione, come
si può arguire da I Cor. i, 26; vii, 21 xii,
Fondazione della Chiesa di Corinto. — 13, benché non mancassero tra loro alcune
;

Nel corso della sua seconda grande missione. persone ragguardevoli, come ad es. fra I
104 Prima lettera ai Corinti - Introduzione

Gentili Gaio, Eraste {Rom. xvi, 23 I Cor.


: ; con quanto ci é riferito negli Atti degli Apo.
XI, 21), (1 Cor. i, 11) e fra i Giudei
Cloe il : stoli, e che non è assolutamente possibile
capo della sinagoga Crispo {Atti, xviii, 8), che un falsario abbia potuto parlare in modo
e probabilmente anche il suo successore So- così severo ai Corinti, e sia riuscito a far
stene (I Cor. i, 1). Il fervore in generale accettare da loro il suo scritto, come sap-
era grande, ma tra i fedeli si noveravano piamo da Clemente Romano (loc. cit.), es-
pure alcuni uomini dati ai vizi più vergo- sere avvenuto di questa lettera (Ved. Jac-
gnosi (I Cor. V, 1-13 VI, 9-20), che amavano
; quier, Histoire des livres da N. T., t. l,
le discussioni, e apprezzavano troppo l'u- pag. 160 e ss.).
mana sapienza (I Cor. i, 17-31), che erano
ricchi, ma non avevano troppa carità verso Luogo e tempo
in cui fu scritta la
i poveri (I Cor. xi, 21-22). Basta leggere prima Lettera Corinti. ai —
S. Paolo stesso
la lettera per subito vedere quale fosse lo ci fa conoscere (I Cor. xvi, 8) che egli
stato della Chiesa di Corinto, e convincersi scrisse questa lettera da Efeso, e siccome
che se da una parte trionfava la grazia di parla (I Cor. xvi, 5) di un suo prossimo viag-
Dio, dall'altra si poteva scorgere tutta la gio nella Macedonia, si può ragionevolmente
debolezza e la miseria umana. conchiudere che egli abbia scritto sul fine
del suo soggiorno in Efeso, ossia verso
Autenticità della prima Lettera ai Co- l'anno 57. Se si osserva inoltre che al mo-
rinti. —Nessuno può seriamente recare in mento in cui l'Apostolo scriveva, la Pen-
dubbio l'autenticità e l'integrità della prima tecoste non doveva essere lontana (I Cor.
lettera ai Corinti. Infatti, Clemente Romano, XVI, 8), e che egli parla della rinnovazione
discepolo immediato! degli Apostoli, scri- spirituale togliendo le figure dalle cerimonie
vendo nell'anno 95 ai Corinti, li invita pasquali (I Cor. v, 7-8), si potrà ancora pro-
(xLvii, 1-3) a rileggere attentamente la let- babilmente conchiudere che la Lettera sia
tera indirizzata loro da S. Paolo, soggiun- stata scritta nel tempo pasquale, come ri-
gendo « Certamente per divina ispirazione tengono quasi tutti gli interpreti.
jrvevjLiarincòs (egli vi ha scritto di sé stesso) La lettera fu portata a Corinto probabil-
di Cefa e di Apollo, perchè anche allora vi mente da Stefana, Fortunato e Acaico, i
erano tra voi fazioni e partiti ». Anche San quali si erano recati a Efeso a visitare San
Policarpo, discepolo dell'Evangelista S. Gio- Paolo (I Cor. xvi, 17).
vanni, nella sua lettera ai Filippesi,. xi, 2,
cita un testo della prima Lettera ai Corinti, Occasione e fine della prima Lettera
attribuendolo direttamente a S. Paolo « Non : AI Corinti. —
Come già fu osservato. San
sapete voi che i santi giudicheranno il mon- Paolo dopo aver corretti gli abusi introdot-
do, come insegna S. Paolo (I Cor. vi, 2) ? ». tisi a Corinto durante la sua breve assenza,
Sant'Irineo cita più di 60 volte questa let- era partito per Efeso. Poco dopo la sua par-
tera ricordando spesso e S. Paolo e ì Co- tenza arrivarono a Corinto altri dottori cri-
rinti (Adv. Haer, ni, 2, 9-1 Cor. xi, 4, 5; stiani a predicarvi la buona novella, e tra
ibid. IV, 27, 3; I Cor. x, 1-12; ibid. in, 23, questi Apollo {Atti, xviii, 24-28; I Cor. in,
8-1 Cor. XV, 22, ecc.). Clemente A. la cita 4; XVI, 12). Uomo eloquente, dotato di vasta
circa 150 volte, designandola talora come cultura, e versatissimo nelle Sacre Scritture,
prima lettera ai Corinti (Poed. i, 6), e più egli credette, nella sua predicazione, di do-
di 400 citazioni si trovano pure presso Ter- versi adattare, più che non avesse fatto San
tulliano (Ved. p. es. De resur. mori., xviii). Paolo, all'eloquenza greca, e forse insegnò
A queste testimonianze si deve ancora ag- pubblicamente alcuni punti più alti di dot-
giungere quella del Canone Muratorìano, e trina cristiana, che San Paolo non aveva
l'autorità degli stessi del ii secolo,
eretici ancora creduto conveniente insegnare ai Co-
come si ha da Ippolito {Philosoph., v, 8, 12) rinti. Da ciò nacquero tra i fedeli due par-
e da Sant'Irineo {Adv. Haer., i, 3, 5). titi gli unì si schierarono per Apollo, giu-
:

L'esame interno conferma pienamente i dicandolo superiore a S. Paolo, m.ente gli


dati della tradizione. Benché infatti questa altri rimasero fedeli al loro primo maestro.
lettera come le altre, abbia le sue partico- Tra i due partiti non si venne però a uno
larità, noi vi troviamo però la stessa lingua, scisma propriamente detto.
le stesse frasi caratteristiche di S. Paolo, Quasi contemporaneamente giunsero a
le sfesse figure, la stessa dottrina della giu- Corinto i falsi apostoli giudaizzanti, i quali
stificazione per mezzo della fede, della ri- scorrevano le Chiese fondate da S. Paolo
surrezione di Gesù
Cristo, modello della portandovi il disordine. Facendosi forti del-
nostra, dell'unità della Chiesa, di cui Gesù l'autorità di S. Pietro, essi cominciarono a
è il capo e i fedeli le membra, ecc. impugnare la dignità apostolica di S. Paolo,
Sìaggiunga ancora che tutti dati storici i e benché (da quanto si può arguire dalle
relativi alla vita di S. Paolo fornitici .da lette?e ai Corinti), non insegnassero ancora
questa 'ettera, si accordano perfettamente apertamente la necessità della legge per es-
Prima lettera ai Corinti - Introduzione 105

sere salvi, tuttavia si preparavano la strada tare che Timoteo avesse compiuta la sua
esaltando i privilegi dei Giudei (II Cor. x, missione, scrisse subito questa lunga let-
XI, xii). Vi era quindi a temere che i neofiti tera, nella quale biasim.a severamente tutti
convertitisi dal Giudaismo cadessero in er- gli abusi introdotti, e risponde ai quesiti
rore, tanto più che alcuni di essi avevano che gli erano stati proposti.
cominciato a formare un terzo partito, che
si racoglieva sotto il nome di Pietro (Cefa). Argomento e divisione della prima
Una tale condizione di cose, che portava Lettera Corinti.
ai Da quanto si è —
con sé il pericolo di un vero scisma (I Cor. detto apparisce chiaro che l'argomento di
i, 12), non potè a meno di eccitare lo zelo questa lettera è vario e molteplice, ma per
di S. Paolo. Ma questo non era tutto. Pa- ciò stesso sommamente im..portante, perchè
recchi fra i convertiti non avevano per nulla da una parte ci fa conoscere lo stato delle
lasciati i vizi carnali del paganesimo, e San Chiese primitive, la vita dei cristiani, il
Paolo aveva già scritta su questo punto una loro culto, ecc., e dall'altra ci mette sotto
lettera severa (I Cor. v, 9-11), ma senza occhio la sollecitudine e lo zelo degli Apo-
notevole risultato. Le cose erano quindi stoli verso le Chiese da loro fondate.
giunte a tal segno, che un neofito aveva Questa lettera, oltre a una introduzione
tentato di sposare la m.oglie del suo padre (I, 1-9) e a un epilogo (xvi, 1-24), contiene

defunto, senza che dalla Chiesa di Corinto due parti, la prima delle quali, che va dal
fosse preso alcun provvedimento contro di cap. I, 10 al vi, 20, è un rimprovero ai Co-
lui (I Cor. V, 1 e ss). Altri abusi gravissimi rinti per lo spirito che lì anima,
di partito
si erano pure introdotti a Corinto. I neofiti per la mancanza di orrore verso ì vizi im-
non solo litigavano fra loro, ma quel che è puri, e per la poca fiducia che hanno gli uni
peggio portavano le loro questioni davanti negli altri a proposito delle liti ; la seconda,
ai tribunali pagani, invece di ricorrere al- che va dal cap. vii, 1 al xv, 18, è una rispo-
l'arbitrato dei cristiani (I Cor. vi, 1 e ss.). sta ai quesiti e ai dubbi dei Corinti, e quindi
Le donne nelle pubbliche assemblee dei fe- tratta del matrimonio e del celibato, della
deli,non solo sì toglievano il velo dal capo, manducazìone delle carni immolate, del de-
ma pretendevano il diritto di parlare e di coro da tenersi nelle adunanze sacre, dei
insegnare (I Cor. xi, 3 e ss.). Le adunanze carismi e della risurrezione dei morti.
dei cristiani e la stessa celebrazione dei dì-
L'introduzione (i, 1-9), comprende una
vini misteri davano occasioni a gravi disor-
iscrizione (i, 1-3) e un'azione di grazie
dini (I Cor. XI, 17 e ss.), come pure i doni
(i, 4-9).
che Santo diffondeva abbondante-
lo Spirito
mente a quei primi tempi, non erano con- La prima parte (i, 10-vi, 20) è in modo
venientemente apprezzati di Cor. xiì, I speciale destinata a correggere gli abusi.
e ss.). Erano inoltre nate dispute e dubbi! L'Apostolo comincia dallo spirito di partito
su diversi punti di dottrina, cioè sul matri- (I, 10-iv, 21), esponendo dapprima i fatti
monio e la verginità (I Cor. vìi, 1 e ss.), (i, 10-12), che diedero origine al formarsi
sulla manducazìone delle carni immolate agli di fazioni, e poi (i, 13-17) mostrando quanto
Cor. vili, 1 e ss
idoli (I ), sulla risurrezione
le fazioni siano pregiudizievoli all'unità della
dei morti (I Cor. xv, 1 e ss.), ecc. Gli Chiesa. Se egli ha creduto di dover predi-
stessi Corinti avevano scritto una lettera a care il Vangelo con semplicità, non è questo
S. Paolo domandando spiegazioni e avevano im motivo per fare partiti. Il Vangelo infatti
mandato a portargliela ad Efeso Stefana, For- non è una sapienza umana (i, 17-ii, 5),
tunato e Achaico (I Cor. xvi, 17). ma una sapienza divina (ii, 6-111, 4), e i
Ma ancora prima del loro arrivo, S. Paolo predicatori del Vangelo sono semplici mi-
venne informato dello stato della Chiesa di nistri e strumenti dì Dio, a cui dovranno
Corinto, forse da Aquila e Priscilla, e da rendere ragione del loro operato (in, 5-9).
Apollo, ma certamente da alcuni membri S. Paolo piglia quin'di occasione per mo-
della famiglia di Cloe (I Cor. i, 11). Su- strare quanto sia grande la responsabilità dei
bito egli scrisse ai Corinti una sua prima predicatori 10-17), e conchiude esor-
(in,
lettera andata perduta, ed essendo sul punto tando i a non gloriarsi dell'uno
fedeli
di mandare in Macedonia Timoteo ed Erasto, dell'altro predicatore, ma a gloriarsi in Dio
impose al primo dì passare a Corinto a (ili, 18-23), il quale solo è giudice 3ei suoi

visitarvi la Chiesa, e a correggervi gli predicatori (iv, 1-6). Rivolgendosi poi ai


abusi (Atti, xix, 22; I Cor. iv, 14). predicatori inculca loro l'umiltà (iv, 7-13),
Poco dopo che Timoteo era partito, ar- e mostrato il suo affetto per i Corinti (iv,
rivarono ad Efeso, Stefana, Fortunato ed 14-16), annunzia loro dì aver mandato Ti-
Acaico colla lettera e ì dubbi dei Corìnti. moteo a visitarli, e che presto andrà egli
Da essi S. Paolo fu meglio ancora infor- stesso (iv, 17-21).
mato dello stato della Chiesa di Corinto, e Il secondo abuso era la mancanza di orrore

vedendo la gravità dei pericoli, senza aspet- per i vizi carnali. S. Paolo (v, 1-13) riprende
106 Prima lettera ai Corinti - Introduzione

severamente i Corinti di non avere scomu- oggetto di superbia e di invidia. S. Paolo


nicato l'incestuoso, e lo scomunica egli impiega i capi xii, xiii e xiv, a trattare
stesso (v, 1-5), e poi mostra le funeste con- questo argomento. Stabilito un principio ge-
seguenze di sì grave scandalo, e spiega il nerale per giudicare se un fatto straordi-
precetto dato nella lettera perduta di evi- nario provenga da Dio (xii, 1-3), mostra che
tare i peccatori (v, 6-13). i varii doni non distruggono l'unità della
Il terzo abuso era il ricorrere che face- Chiesa, perchè tutti sono effetti dello stesso
vano i fedeli nelle loro questioni ai tribunali Spirito (xii, 4-11). Per mezzo di una stu-
pagani. S. Paolo mostra la sconvenienza di penda allegoria, tratta del corpo umano, fa
un tal modo di procedere (vi, 1-6), osser- poi vedere che i fedeli in possesso di doni
vando che è già cosa sconveniente che tra più umili non devono invidiare quelli che
i cristiani si abbiano liti (vi, 7-11). Biasi- hanno doni più eccellenti (xii, 12-20), e
mato questo abuso, torna a parlare del vizio similmente quelli che hanno doni più ec-
impuro, mostrando la vanità delle scuse ad- cellenti non devono disprezzare quelli che
dotte (vi, 12-14), e la grandezza della ma- hanno doni più umili (xii, 21-30). Benché
lizia in sé racchiude (vi, 15-20). ciascuno debba essere contento dei doni che
ha, non é vietato però desiderare i doni
La seconda parte (vii, 1-xv, 58) è desti- migliori (xii, 31). Ora la carità è più eccel-
nata a rispondere ai quesiti e ai dubbi dei lente dei doni, perchè i doni giovano a nulla
Corinti. S. Paolo comincia a parlare del
per chi li possiede, se non sono accompa-
matrimonio e del celibato (vii, 1-40). Affer- gnati dalla carità (xiii, 1-3). Caratteri della
mata in genere l'onestà del celibato, tratta carità (xiii, 4-7), la quale è superiore ai
dell'onestà e dell'uso del matrimonio (vii,
doni, perchè non verrà mai meno (xiii, 8-
1-9), della sua indissolubilità (vii, 10-24), e
13). I dono delle lin-
Corinti preferivano il
dell'eccellenza del celibato sul matrimonio
gue al dono della profezia, e S. Paolo prova
(vii, 25-40).
che la profezia è più eccellente che il de no
La questione delle carni immolate occupa delle lingue, perchè più utile ai fedeli (xiv,
i capi viii, IX, X, XI, 1. San Paolo risponde 1-20) e agli infedeli (xiv, 20-26), e termina
prima in generale che le carni immolate dando alcune norme pratiche per l'uso dei
per se stesse non sono contaminate (vili, diversi doni (xiv, 26-36), e avvertendo che
1-7) ma che talvolta si dovrà astenersi dal
ha parlato per divina autorità (xiv, 37-40).
mangiarle affine di evitare lo scandalo (vili, Intorno alla risurrezione dei morti, sulla
8-13). Mostra poi col suo esempio come tal-
quale alcuni dubitavano, S. Paolo risponde
volta si debba rinunziare anche ai proprii
affermandone la realtà, e spiegandone il
diritti per non essere di scandalo. Così egli
modo. La realtà della risurrezione è provata
ha rinunziato ad essere mantenuto dai fe- dall'esempio di Cristo (xv, 1-2^) e dalla vita
deli (ix, 1-18), e nel corso del suo aposto-
dei fedeli e degli Apostoli (xv, 29-34) il ;

lato è andato incontro a mille privazioni, e


modo della risurrezione viene spiegato ana-
a mille sacrifizi, affine di salvare le anime lizzando le qualità dei corpi gloriosi (xv,
(IX, 19-23). Anche i Corinti devono quindi
36-49), e dichiarando la trasformazione che
far sacrifizi per assicurare la loro salute
si opererà nei giusti alla venuta di Gesù
(rx, 24-27) e non già lusingarsi di essere
Cristo (xv, 50-53). Termina la sua esposi-
salvi per il fatto che hanno ricevuto da Dio
zione inneggiando alla vittoria di Gesù
grandi benefìzi (x, 1-13). Tornando all'ar- Cristo sulla morte (xv, 54-58).
gomento risponde che a motivo dello scan-
dalo non è lecito ai cristiani pigliar parte ^epilogo (xvi, 1-24) parla della colletta
ai banchetti dati nelle dipendenze dei tempii da farsi per i poveri di Gerusalemme (xvi,
idolatrici (x, 14-22), e poi scioglie alcuni 1-4) promette una prossima visita di San
;

casi pratici relativi a conviti privati, in cui Paolo (xvi, 5-9) ; raccomanda dì far buona
fossero servite carni immolate (x, 23 xi, 1).
; accoglienza a Timoteo e dà notizie di Apollo
Per riguardo al decoro da osservarsi nelle (xvi, 10-14). San Paolo raccomanda inoltre
sacre adunanze, S. Paolo vuole assoluta- ai Corinti la carità e la gratitudine verso i
mente che le donne abbiano il velo, e giu- loro legati (xvi, 15-18), e poi aggiunge i
stifica in varii modi la sua ordinazione (xi, saluti e la benedizione (xvi, 19-24).
2-16). Passando poi a trattare delle agapi,
biasima gli abusi introdottisi nella loro cele-
brazione (xi, 17-22), mostrando che così Principali commenti cattolici recenti
fatte le agapi, non possono essere una de- SULLE DUE Lettere ai Corinti. Oltre —
bita preparazione per la santa Comunione allecelebri omelie di S. Giovanni Criso-
(XI, 23-32), e dando poi alcune norme pra- stomo e ai commenti già citati su tutte le
tiche (xi, 33, 34). Lettere di S. Paolo, vanno ricordati i se-
Un altro abuso introdottosi a Corinto, ri- guenti A. Bispino; Erkldrung des ersten
:

guardava i carismi, i quali erano diventati Korintherbr, Mùnster, 1863; Erkl des
r Corinti, I, 1-3 107

Zrveiten B. an die Kor., Miinster, 1863 ;


Cornely, Commentarius in S. P. priorem
A. Maier, Commentar iiber den ersten Ko- Epist. ad Cor. In alteram Epist. ad Cor.,
rintherbr., Friburgo B., 1857 Commentar ; Parigi, 1890, 1892; Toussaint, Lettres aux
iiber den 2 Br. Pauli an die Cor., Fri- Thess., aux Galat., aux Corint, Parigi,
burgo B., 1865; Rohr., Paulus un die Ge- 1910; Couard, Die Brief Pauli a. d. Ko-
meinde von Korinth., Friburgo B., 1899; Potsdam, 1901.
rinth.,

PRIMA LETTERA AI CORINTI

CAPO I.

Iscrizione e saluto, 1-3. —


Azione di grazie, 4-9, —
Breve esposizione dei fatti, 10-12
— Le fazioni soìio pregiudiziali all'unità della Chiesa^ 13-17 Opposizione > —
tra il Vangelo e la sapienza umana, 18-31.

^Paulus vocàtus Apóstolus lesu Christi ^Paolo chiamato Apostolo dì Gesù Cristo
per voluntàtem Dei, et Sósthenes frater, per volontà di Dio, e Sostene fratello, ^alla
^Ecclésiae Dei, quae est Corinthi, sanctifi- Chiesa di Dio, che è in Corinto, ai santificati
càtis in Christo lesu, vocàtis sanctis, cum in Gesù Cristo, chiamati santi, con tutti
omnibus, qui invocant nomen Dòmini nostri quelli che invocano il nome del Signor no-
lesu Cliristì, in omni loco ipsórum, et stro Gesù Cristo, in qualunque luogo loro
nostro. ^Gràtia vobis, et pax a Deo Patre e nostro. ^Grazia a voi, e pace da Dio padre
nostro, et Domino lesu Christo. nostro, e dal Signor Gesù Cristo.

2. Chiesa significa assemblea. I LXX chiamarono


chiesa di Dio il popolo d'Israele, perchè in modo
speciale scelto e radunato da Dio (Num. XVI, 3 ;
CAPO I.
XX, 4, ecc.). S. Paolo dà questo stesso nome, ora
a tutti i cristiani in generale (X, 32; Gal. I,
1. Nell'introduzione (1-9) si può distinguere una 13, ecc.), ora a qualche gruppo particolare di essi,
iscrizione (1-3) e un'azione di grazie (4-9), Chia- come nel caso presente. In Corinto. V. Introd.
mato Apostolo, cioè per vocazione Apostolo (Ved. Santificati. 1 membri della Chiesa sono santifi-

n. Rom. I, 1). Per volontà di Dio e non per vo-


cati per mezzo del Battesimo, che li purifica dai
lontà umana (Gal. I, 1, 15, 16). L'Apostolo insiste peccati, e li incorpora e unisce a Gesiì Cristo.
spesso sul fatto, che egli fu chiamato imme- In Gesù Cristo. Con queste parole si indica la
diatamente da Dio all'apostolato (Atti, XXVI, 16; causa meritoria della nostra santificazione, e colle
XXII, 21 II Cor. I, 1 Efes. I, 1
; Coloss. I, 1),
;
altre :chiamati santi, si accenna alla sua origine.
;

forse per far comprendere che per lui, era un La santificazione non è dovuta ai nostri meriti, ma
dovere l'evangelizzare. alla gratuita vocazione di Dio (Rom. Vili, 30). Le

Sostene, fratello, cioè cristiano. Nulla sappiamo parole santificati, chiamati, vanno considerate come
di lui, se non che dovette essere un collaboratore
apposizione al nome Chiesa di Dio. Con tutti —
quelli, ecc. Queste parole non vanno estese ai
di S. Paolo, molto conosciuto dai Corinti. Alcuni
(V. Le Camus, op. cit., p. 49; Crampon, h. 1.), fedeli di tutto il mondo, ma solo a quelli del-
pensano che sìa quel Sostene archisinagogo di l'Acaia (II Cor. I, 1), come è chiaro dalle parole

Corinto, che accusò S. Paolo a Gallione (Atti, seguenti; in qualunque luogo loro. L'Apostolo si
XVIII, 17) e che convertitosi in seguito, sia diven- volge solo a tutti i fedeli, che ai trovano in qua-
tato uno dei personaggi piìi importanti della Chiesa
lunque luogo dei Corinti, cioè in tutta la provincia
di Acaia, di cui Corinto era la capitale. Nostro.
di Corinto, e abbia poi accompagnato l'Apostolo
ad Efeso, di dove fu scritta questa lettera. Inoltre, Chiama nostro tutto il territorio di Acaia, perchè
egli e Sostene vi avevano predicato il Vangelo e
egli sarebbe stato il segretario, di cui l'Apostolo
si servì per scrivere. Tutto questo però è ben lungi
fondato le varie Chiese. Tale sembra l'interpreta-
dall'essere certo (V. Fouard, St-Paul ses missions,
zione più probabile dì questo v. (V. Cornely, h. L).
IO edit., p. 295). 3. Grazia e pace, ecc. V. n. Rom. I, 7>
108 I Corinti, I, 4-10

"Gràtìas ago Deo meo semper prò vobìs "Rendo grazie al mio Dio continuamente
in grafia Dei, quae data est vobis in Christo per voi per la grazia di Dio che vi fu data
lesu : ^Quod in omnibus divites facti estis in Gesù Cristo ^perchè in lui siete diven-
:

in ilio, in omnì verbo, et in omni sciéntia : tati ricchi in tutte le cose, in ogni dono
"Sicut testimónìum Christi confirmàtum est di parola e in ogni scienza ^così fu tra voi :

in vobis Hta ut nihil vobis desit in ulla


: confermata la testimonianza di Cristo ^Di :

gràtia, expectàntibus revelatiónem Dòmini modo che nulla di alcuna grazia manchi a
nostri lesu Christi, "qui et conflrmàbit vos voi, che aspettate la manifestazione del Si-
usque in finem sine crimine, in die advén- gnor nostro Gesù Cristo, *il quale ancora
tus Dòmini nostri lesu Christi. ''Fidélis vi renderà saldi sino al fine irreprensibili
Deus per quem vocàti estis in societàtem
: per il giorno della venuta del Signor nostro
filli eius lesu Christi Dòmini nostri. Gesù Cristo. ^Fedele Dio per cui siete stati :

chiamati alla società del suo Figliuolo Gesù


Cristo nostro Signore.
"Obsecro autem vos fratres per nomen "Or io vi scongiuro, o fratelli, pel nome

• I Thess. V, 24.

4. Rendo grazie, ecc. V. n. Rom. I, 8. Per la ricchezza delle grazie concesse a quei di Corinto,
grazia èni t^ Xàpttt =
prò grafia o super grafia, in paragone con quelle date alle altre Chiese.
cioè per tutti i doni soprannaturali, di cui Dio li Aspettate con viva attesa e ardente desiderio, come
aveva arricchiti. In Gesù Cristo. Tali doni furono indica il greco djrexòéXeceai. La manifestazione
loro dati per mezzo di Gesù Cristo, e perchè uniti (gr. à«oxàX«\|)iv), cioè la seconda venuta di N. S.
a Gesù Cristo. Gesù Cristo, come giudice supremo (V. Rom. II,
5. Spiega quale sia la grazia, di cui intende 5; II Tessal. I, 7; I Piet. I, 7, 13). Anche qui,
parlare. Perchè in lui, cioè per mezzo di Gesù l'Apostolo parla in generale; niuna sorta di grazia
Cristo, e a motivo della vostra unione con Lui, mancava tra quei di Corinto, presi assieme ; ciò
siete diventati ricchi, ossia avete ricevuto grande però non esclude, che tra loro vi fossero pure
abbondanza di doni celesti, come indicano le pa- degli spiriti turbolenti e assai imperfetti, che die-
role in tutte le cose (gr. èv navxi, in senso distri- dero occasione alle forti riprensioni di questa
butivo). In ogni dono di parola. Accenna a due lettera.

doni, o grazie speciali ; la prima è la parola (XoyÓ(;). 8. 7/ quale. Queste parole non si riferiscono a
Qui non si tratta del dono delle lingue, che non Gesù Cristo, ma
a Dio (v. 4), poiché altrimenti
viene mai chiamato col semplice nome di XoYÓq, avrebbe dovuto dire per il giorno della sua ve-
:

ma, o del dono di spiegare con eloquenza le nuta, e non per il giorno della venuta del N. Signor
verità divine nelle pubbliche assemblee (S. Giov. Gesù Cristo. L'Apostolo dice Ringrazio Dio, che :

Gris., Teofilat., Est., Crampon, ecc.), oppure sem- vi ha arricchiti di ogni grazia, e che vi renderà
plicemente del dono delle verità evangeliche. In saldi, ossia continuerà, colla sua grazia, a mante-
questo caso, l'Apostolo si rallegrerebbe perchè i nervi saldi nella fede e nella pratica delle virtù
Corinti conoscono profondamente la parola, cioè cristìar>e,sino al fine della vostra vita, oppure di
la dottrina evangelica (Gal. VI, 6; Efes. I, 13; questo mondo, affinchè siate trovati irreprensibili,
Coloss. III, 16, ecc.). Quest'ultima sentenza, che cioè senza alcuna colpa, nel giorno della venuta
è quella di S. Tommaso, di Cornely, Fillion, ecc., del Signor Nostro Gesù Cristo per il giudizio
ci pare più probabile. finale. « Siccome lo stato in cui ci troveremo il
La secónda grazia è la scienza, cioè, o la scienza dì del finale giudizio, sarà quello stesso, in cui
della religione in generale, o meglio un dono spe- saremo trovati all'ora della morte, così, senza
ciale di saper rendere ragione della propria fede. parlare di questa, (l'Apostolo) rivolge le mire dei
L'Apostolo parla della Chiesa in generale, non dei fedeli a quel gran giorno, in cui, del bene e del
singoli individui. male operato dall'uomo, sarà fatta pubblica, so-
6. Mostra quale causa di questa do-
sia la vera lenne ed universale discussione » Martini.
vizia di doni, Chiesa di Corinto. Essa è da
nella 9. Fedele, ecc. La ragione, per cui l'Apostolo
ricercarsi nel modo, con cui loro fu predicato il spera che saranno mantenuti saldi nella fede, è
Vangelo. Così. II greco xaOóq significa qui come la fedeltà di Dio, il quale non mancherà di com-
altrove infatti, siquidem. La testimonianza di
: piere l'opera della sua grazia, cominciata nei neofiti
Cristo, cioè la predicazione del Vangelo, fatta dagli colla loro vocazione alla fede. Dio non sarebbe
Apostoli (Atti, I, 8; XXVI, 16; II Tim. I, 8, ecc.). fedele, se, dopo averci chiamati ad abbracciare la
Fu confermata, ossia solidamente stabilita, tra voi sua fede, ed averci aggregati alla società del suo
per mezzo di prodigi e di miracoli, di modo che Figliuolo, non ci desse gli aiuti necessarii a perse-
la fede ha posto radici profonde nel vostro cuore. verare in essa, e a raggiungere poi l'eterna beati-
7. Nulla di alcuna grazia. Col nome di grazia tudine. Alla società del suo Figliuolo, cioè a parte-
(XàpicjLio), non si intendono solo le grazie gratis cipare la sua figliazione, e ad essere ancora noi
figli di Dio, per mezzo della grazia in terra, e della
datae, di cui al cap. XII é ss., ma anche la grazia
santificante, che dispone l'anima ad aspettare con gloria in cielo (Rom. Vili, 17-21; II Tessal. II,

fede e con amore la manifestazione di Gesù Cristo. 14; Coloss. Ili, 4, ecc.).

Il testo greco è un po' differente Di modo che ; 10. Dopo aver lodato il bene che vi era nella
voi non siete inferiori (alle altre Chiese o agli altri Chiesa diCorinto, passa a riprenderne il male
fedeli), in alcuna grazia. L'Apostolo mostra così la {I, 10-VI, 20), e prima parla delle divisioni origi-
I Corinti, I, 11-12 109

Domini nostri lesu Chrìsti ut idipsum di-: de! Signor nostro Gesù Cristo, che diciate
càtis omnes, et non sint in vobis schismata : tutti il medesimo, e non siano scismi tra
sitis autem perfécti in eódem sensu, et in voi ma siate perfetti nello stesso spirito e
:

eàdem senténtia. ^^Signìficàtum est enim nello stesso sentimento. ^^Poichè riguardo a
mihi de vobis fratres mei ab iis, qui sunt voi, fratelli miei, mi fu significato da quei
Cliloes, quia contentiónes sunt inter vos. di Chloe, che sono tra voi contese. "Parlo
"Hoc autem dico, quod unusquisque ve- di quello, che ciascuno di voi dice Io sono :

12 Act. XyiII, 24.

nate a motivo dei diversi predicatori del Vangelo L'Apostolo comincia a parlare di quelli, che si
(I, 10-IV, 21) e le biasima severamente. Comincia vantavano di lui. Egli, infatti, era stato il fondatore
a esporre brevemente i fatti (10-12). della Chiesa di Corinto (Atti XVIII, 1 e ss.), e
Or vi scongiuro, ecc. Voi siete chiamati a essere in principio tutti i fedeli si erano stretti attorno a
uniti in Cristo, ma non potrete esserlo se non lui, come a loro padre nella fede. Ma partito egli
siete uniti tra voi, io quindi vi scongiuro, o fratelli. per l'Asia, arrivò a Corinto, per continuare l'opera
Quanta finezza di carità e di bontà in queste pa- da lui incominciata, Apollo, nativo di Alessandria,
role Pel nome del Signor nostro Gesù Cristo, che,
! uomo eloquente e potente nelle Scritture (Atti
invocato da voi tutti, deve essere come il segno XVIII, 24 e ss. V. n. ivi), il quale fu di molto
esterno della vostra unità, ed è la cosa più sacra vantaggio ai fedeli di quella città «poiché con
che vi sia, perchè fuori di lui non v'è salute. gran forza convinceva pubblicamente i Giudei, mo
Che diciate tutti il medesimo. Raccomanda prima strando con le Scritture che Gesù è il Cristo».
l'unione esterna : unico dev'essere il linguaggio L'eloquenza del nuovo Apostolo, il suo modo alle-
dei cristiani, quanto alle cose che appartengono gorico di interpretare la Scrittura, e la sublimità
alla fede : tra loro, non vi devono essere scismi. dei suoi insegnamenti (in contrasto col modo di
Scisma, in senso proprio significa squarcio, fen- procedere di S. Paolo, il quale aveva creduto bene,
ditura, ecc. ; in senso figurato, significa dissen- nella sua predicazione a Corinto, di insistere piut-
sione, dissidio, ecc. ; presso i Teologi, indica se- tosto sulle verità più elementari e di sdegnare ogni
parazione completa dalla Chiesa. Qui va preso nel vano ornamento di eloquenza, II Cor. XI, 6 e ss.»,
senso di dissensione, poiché il fatto che l'Apostolo entusiasmarono talmente alcuni fedeli, che attorno
scrive alla Chiesa di Corinto, mostra chiaro che in al suo nome si formò un partito, il quale riteneva
essa non era rotta l'unità fra i diversi partiti for- lui superiore ad ogni altro predicatore del Van-
matisi. L'unità esterna non può mantenersi, se non gelo. Molti però rimasero fedeli a S. Paolo, dichia-
procede dall'unione interna, perciò l'Apostolo rac- randosi apertamente per lui, e formando cosi un
comanda : siate perfetti, ossia abbiate una perfetta altro partito. Alcuni (Maier, Bisping, Lemonnyer,
unione nello stesso spirito (gr. voi = mente, intel- h. 1.) pensano, che i due partiti avessero anche
ligenza, ecc.). Eissere uniti nella stessa mente, equi- tendenze dottrinali diverse, e che il partito d'Apollo,
vale a professare gli stessi principii. Essere uniti ellenizzasse troppo il Vangelo, e facesse troppa
nello stesso sentimento (gr. Yvcójuij = sentenza, opi- parte all'allegoria in ciò che si riferiva alla per-
nione), equivale a dedurre dagli stessi principii, sona e ai fatti più essenziali delia vita di Gesù,
le stesse conseguenze, sia teoriche e sia pratiche. mentre il partito di Paolo aveva tendenze un po'
Vuole quindi l'Apostolo che, nella Chiesa di Co- troppo liberali nella pratica. La maggior parte
rinto, vi sia la pili grande armonia. nei pensieri e degli interpreti però, ritiene che tra i due partiti
nelle parole, per tutto ciò che riguarda !a dottrina non vi fossero divergenze dottrinali, ma solo que-
cristiana. stioni di persone, che ben presto svanirono, e alle
quali gli Apostoli rimasero affatto estranei. Questa
11. Poiché, ecc. Spiega perchè raccomandi l'u-
ultima sentenza è da preferirsi (Ved. Cornely, Fil-
nione. Fratelli miei. Li chiama così, affine di non
lion, h. 1., Brassac, M. B. t. IV, p. 250).
inasprirli, e indurli ad accettare i rimproveri severi
Io di Cefa. Ai due partiti precedenti, ben presto
che sta loro per fare. Mi fu significato. Il greco
se ne aggiunse un terzo, detto di Cefa. L'uso di
éÒT\Xcó0n, indica un'informazione sicura, e non solo
questo nome aramaico, per indicare S, Pietro (III,
fondata su di un vano rumore. Da quei di Chloe.
Indica la fonte, a cui ha attinte le sue informazioni.
22; IX, 5; XV, 5; Gal. I, 18; Giov. I, 43), e le
ragioni e le considerazioni svolte dall'Apostolo,
Non sappiamo chi sia questa Chloe. Probabilmente
specialmente nella II Cor., mostrano chiaro, che
era qualche pia donna, molto conosciuta a Corinto,
qui si parla dei Giudaizzanti. Costoro infatti, si re-
la quale aveva poi trasferito il suo domicilio a
cavano nelle Chiese gentili, fondate dall'Apostolo
Efeso, oppure da Corinto aveva mandato a Efeso,
(Atti XV, 1 e ss.), per seminarvi le loro false dot-
dove si trovava S. Paolo, qualche suo figlio o qual-
trine, cominciando a screditare S. Paolo, opponen-
che suo schiavo, il quale aveva portato all'Apo-
dogli S. Pietro, e dicendo, che egli non era uguale
stolo notizie precise sullo stato della Chiesa di
ai dodici, e non era stato mandato da tjesù Cri-
Corinto. Contese, cioè discussioni, contestazioni,
sto, ecc. Alcuni di costoro che, forse in Palestina
che producono scismi e divisioni.
o altrove, avevano udito la predicazione di San
12. Parlo, ecc. Precisa meglio il suo pensiero, Pietro, arrivarono a Corinto, e trassero nelle loro
spiegando che consistano queste contese. Invece
in reti alcuni fedeli, convertiti probabilmente dal Giu-
di dire tutti lo stesso (v. 9), ecco che ciascuno di daismo, i quali così formarono il partito di Pietro.
voi dice Io sono di Paolo, ecc. Il motivo princi-
: Il modo con cui S. Paolo parla di loro (III, 10 e ss.,

pale di divisione tra i Corinti, consisteva nel van- e II Cor.) lascia suporre, che essi non fossero an-
tarsi che facevano chi dell'uno, e chi dell'altro cora caduti nell'errore di credere necessarie alla
predicatore, che loro aveva annunziato il Vangelo. salute, la circoncisione e la legge di Mosé. L'esi*
llb I Corinti, I, 13-17

strum dicit Ego quidem sum Pauli


: ego : di Paolo e io di Apollo
: e io di Cefa : :

autem Apollo ego vero Cephae : ego au- : ed io di Cristo. "E' egli diviso Cristo? E'
tem Christi. "Divisus est Christus? Num- forse stato crocifìsso per voi Paolo? Ovvero
quid Paulus crucifixus est prò vobis ? aut in siete stati battezzati nel nome di Paolo?
nomine Pauli baptizàti estis? ^''Gràtias ago ^''Rendo grazie a Dio che ho battezzato nes-
Deo, quod néminem vestrum baptizàvi, nisi suno di voi, fuori che Crispo e Caio ''per- :

Crispum, et Càium -^Ne quis dicat quod


: chè alcuno non dica che siete stati battezzati
in nomine meo baptizàti estis. ^^Baptizàvi nel mio nome. *^E battezzai pure la famiglia
autem et Stéphanae domum céterum néscio : di Stefana del resto non so se abbia bat-
:

si quem àlium baptizàverim. tezzato alcun altro.


^^Non enim misit me Christus baptizàre, ^^Perocchè Cristo non mi ha mandato a
sed evangelizàre non in sapiéntia verbi, ut
: battezzare, ma a predicare il Vangelo : non

1* Act. XVIII, 8. " II Petr. I, 16; Inf. II, 1, 4, 13.

stenza di un partito di Pietro in Corinto, non prova molti per modo, che uno sia il Cristo dì Paolo,
che il principe degli Apostoli vi abbia predicato il un altro quello di Apollo, e un altro quello di Cefa?
Vangelo (S. Paolo (IV, 5) rivendica a sé l'onore Gesù Cristo non ha fondato che una sola Chiesa,
d'aver fondato la Chiesa di Corinto), ma suppone di cui egli è il capo, e tutti fedeli sono membri.
i

che vi abbiano predicato alcuni, i quali si facevano Ora se nella Chiesa si ammettono diverse fazioni
forti della autorità di Pietro e avevano ascoltate' che si escludano a vicenda, si dovrebbe conchiu-
le sue predicazioni. Con ciò non si esclude tuttavia, dere, che Cristo è divìso in sé stesso, perché come
che S. Pietro, nel corso dei suoi viaggi, abbia po- capo di una fazione, combatterebbe contro sé stesso
tuto fermarsi qualche tempo a Corinto, come af- come capo dell'altra, il che non solo è assurdo,
ferma S. Dionigi, vescovo di questa città (Euseb. ma distrugge ogni unità della Chiesa.
H. E. II, 25, 8). E' forse stato crocifisso... Paolo, ecc. L'Apostolo
Io di Cristo. Se si considera solo la costruzione parla di sé stesso, ma ciò che dice, vale anche per
grammaticale di questo v., si sarebbe indotti a gli
altri. Voi siete di colui che, morendo sulla
credere, che l'Apostolo voglia qui parlare di un croce, vi ha ricomprati col suo sangue, e che a sé
quarto partito, che si diceva di Cristo. Così infatti vi ha incorporati per mezzo del Battesimo. Ora,
pensarono Gaetano e parecchi altri interpreti, i né Paolo, né altri è stato crocifisso per voi, e si-
quali ritengono che un tal partito fosse dovuto ad milmente né a Paolo, né ad altri siete stati incor-
alcuni Giudei di Palestina, i quali, facendosi forti porati nel Battesimo quindi é assurdo il dire
: :

delle relazioni personali, che forse avevano avuto io sono di Paolo, o dì Apollo, o di Cefa. Solo Gesù
col Signore, e di alcune pretese rivelazioni, tende- ci ha ricomprati col suo sangue (VI, 20, ecc.), e
vano a sopprimere ogni intermediario tra loro e solo a Gesù siamo stati consacrati nel Battesimo
Gesti Cristo, e a non dipendere da alcuna autorità (Rom. VI, 3) quindi uno solo é il Salvatore di
;

umana, ma solo da Dio (Ved. Lemonnyer, h. 1. ;


tutti, e non devono esservi diverse fazioni.

Jacquier, Hist. des Liv. du N. T., voi. I, p. 115; 14. Qualche neofito meno .istruito, avrebbe pò
Fili., h. 1., ecc.).
tuto credere dì essere di colui, che gli aveva dato
Tuttavia, ci sembra più probabile l'opinione di il Battesimo. L'Apostolo fa vedere che ciò è falso,
Cornely, Le Camus, ecc., nonché di tutti gli an- mostrando che egli stesso, benché fondatore della
tichi, i quali pensano, che a Corinto non vi fossero
Chiesa di Corinto, non aveva battezzato che po-
propriamente che tre partiti, e che l'Apostolo di- chissimi. Rendo grazie a Dio, per non avervi dato
cendo : Io sono di Cristo, voglia semplicemente motivo a creare divisioni, col battezzarvi dì mia
alludere a quel gruppo di fedeli, i quali, alieni da mano. Crispo era un Giudeo, che esercitava a
ogni disputa di persone, dichiaravano di apparte- Corinto la funzione di archisinagogo (Ved. Matt.
nere a Gesù Cristo. L'Apostolo infatti, in nessun XVIII, 8). Caio è colui che a Corinto diede ospi-
luogo biasima questi fedeli, che anzi al cap. Ili talità a S. Paolo (V. n. Rom. XVI, 23).
(22-25), parla solamente di tre partiti e dichiara,
15. Motivo per cui ringrazia Dio, di non aver
che tutti i fedeli appartengono a Gesù Cristo. SI
battezzato che pochissimi.
aggiunga inoltre, che S. Clemente R. (Ad Corinth.
XLVII, 1), parla solo di tre partiti e non già di 16. La famiglia, e quindi anche i servi, di Ste-
quattro (Ved. Cornely, h. 1. ; Le Camus, op. cit., fana. S. Paolo al cap. XVI, 15, ricorda questo
voi. II, p. 51; Jacquier, op. cit., p. 112; Brassac, discepolo, come una primizia di Acaia. Al momento
M. B., t. IV, p. 249; Toussaint, h. 1., ecc.). Chec in cui l'Ap. scriveva questa lettera, egli si trovava

che sia di ciò, è certo che tra i varii partiti non ad Efeso. Del resto non so, ecc. Fa questa riserva
era rotta l'unione, e, al tempo in cui scriveva per il caso, che avesse dimenticato qualcuno, e per
l'Apostolo, non vi erano ancora errori formali in far vedere, che non annetteva alcuna importanza

materia di fede, ma si trattava di semplici divisioni, al fatto che uno fosse stato da luì battezzato.

analoghe a quelle delle varie scuole filosofiche se- Spiega perché facesse così. La missione a
17.
guite dai Greci, alcuni dei quali si dichiaravano lui da Gesù Cristo era principalmente di
affidata
peripatetici, altri platonici, ecc. S. Giovanni Gris. predicare il Vangelo; per battezzare egli poteva
pensava che Apollo, P^olo e Cefa fossero i tre servirsi e si serviva del ministero e dell'aiuto dei
capi delle fazioni. suoi collaboratori. Così avevano pure fatto Gesù
13. L'Apostolo dimostra ora quanto le fazioni Cristo (Giov. IV, 2) e S. Pietro (Atti X, 4Sk Gli
siano pregiudiziali all'unità della Chiesa (13-17). Ebrei per esprimere una preferenza, si servono
E* diviso Cristo? Gesù Cristo è forse diviso In spesso di una affermazione e di una negazione :
1 Corinti, I, 18-21 111

non evacuétur crux Christi. ^^Verbum enim con la sapienza delle parole, affinchè non di-
crucis pereiintibus quidem stultitia est iis : venti inutile la croce di Cristo. ^Toichè la
autem, qui salvi fiunt, id est nobis, Dei vir- parola della croce è stoltezza per quei che
lus est. ^^Scriptum est enim Perdam sa- : si perdono per quelli poi che sono salvati,
:

piéntiam sapiéntium, et prudéntiam prudén- cioè per noi, è la virtù di Dio. "Perocché
tium reprobàbo. sta scritto Sperderò la saggezza dei savi, e
:

rigetterò la prudenza dei prudenti.


^"Ubi sapiens? ubi scriba? ubi conquisi- ^"Dov'è il savio? dov'è lo scriba? dov'è
tor huius saéculi ? Nonne stultam fecit Deus l'indagatore di questo secolo? Non ha Dio
sapiéntiam huius mundi? ^^Nam quia in Dei resa stolta la sapienza dì questo mondo?
sapiéntia non cognóvit mundus per sapién- ^^Poìchè infatti nella sapienza di Dìo il

1» Is. XXIX, 14. Is. XXXIII, 18.

in questo caso però, la negazione non è assoluta, in evidenza l'efficacia del Vangelo, il quale non è
ma relativa (Matt. V, 39; IX, 13; X, 20, ecc.). Così una dottrina sterile e vuota, come quella dei filo-
fa anche qui l'Apostolo, quando afferma di non sofi,che niuna influenza ha esercitato sulla vita;
essere stato mandato a battezzare, ma a predicare ma è una dottrina vivificatrice, che trasforma tutta
(Atti IX, 15; Gal. I, 15-16; Efes. III, 7-9, ecc.). la vita di coloro che vi credono sinceramente.
Con mirabile artifìcio, l'Apostolo passa ora a Ved. n. Rom. I, 16.
combattere lo spirito di partito e a mostrare, che
19. Dopo aver provato col fatto che il Vangelo
se egli ha predicato con semplicità il Vangelo, non
non è una sapienza umana, passa a confermarlo,
è questa una ragione sufficiente perchè sì debbano
con un passo d'Isaia, XXIX, 14, citato quasi lette-
formare divisioni e scismi (I, 17-III, 4). A tal ralmente secondo i LXX. Dio aveva promesso al
fine comincia a parlare dell'opposizione che vi è
suo popolo di liberarlo, per mezzo di un grande
tra il Vangelo e la sapienza umana (I, 17-11, 5),
prodigio, dall'invasione di Sennacherib, re di As-
e poi spiega il motivo per cui abbia predicato con
siria. Parecchi Israeliti però, più che in Dio, pone-
semplicità ai Corinti, e mostra come il Vangelo sia
vano le loro speranze nei soccorsi che attendevano
una sapienza divina (II, 6-III, 5). Tutta questa dall'Egitto. Dio, per mezzo del profeta, fa annun-
parte dell'Epistola è diretta, in modo speciale, con-
ziare che Egli sconvolgerà tutti i loro piani, e libe-'
tro i partigiani di Apollo, i quali, abbagliati dalla rerà il suo popolo senza alcun mezzo suggerito
sua eloquenza, avevano dimenticato la vera natura dalla prudenza e dalla saggezza umana. Questo
del Vangelo.
oracolo, in senso spirituale, si riferisce alla con-
Non con la sapienza. Nel greco manca l'articolo versione del mondo al Vangelo, a compiere la quale
(èv oocpia). La sapienza della parola (Xóyov, senza
Dio non volle usare alcuna saggezza umana, ma
articolo), significa qui non solo una forma elegante
piuttosto ciò che dagli uomini del mondo è riputato
di parlare, ma la sapienza umana in generale,
stoltezza e follia.
quella stessa sapienza cioè, che al v. 19 viene ri-
provata dal profeta, e al v. 20 è chiamata sapienza 20. Dove è il savio, ecc. La profezia d'Isaia, si
dì questo mondo. Dio non ha volato che il Vangelo è avverata nella conversione del mondo. L'Apo-
fosse predicato ricorrendo alla sapienza umana, ai stolo dà uno sguardo ai predicatori del Vangelo
sistemi dei filosofi, all'eloquenza dei retori, e ciò inviati da Gesù Cristo, e con un grido di trionfo,
affinchè non diventi inutile (gr. xevoDGfi = sia pri- domanda Dov'è il savio, ossia il sapiente in
:

vata della sua efficacia) la croce di Cristo, cioè la generale, dov'è lo scriba, cioè il dottore Giudeo,
dottrina di Gesti crocifìsso. Se nella predicazione dov'è l'indagatore {avyXT\xr\xi\^ = colui che disputa),
del Vangelo si fossero usati artifizi umani, si sa- ossia il filosofo o il sofista greco, solito a discu-
rebbe potuto credere, che la croce da sola non tere il prò e il contro in ogni questione? Ninno
avrebbe bastato a convertire il mondo, o almeno di costoro si trova fra i predicatori del Vangelo.
le si sarebbe impedito di mostrare tutta la sua Di questo secolo. Queste parole, secondo i migliori
efficacia. esegeti, vanno unite a tutti e tre i nomi precedenti,
e significano il mondo preso in cattivo senso, in
18. La parola della croce, cioè la predicazione
quanto cioè resta incredulo e fuori del regno di
di un Dio crocifìsso. Per quei che si perdono (tovi;
dnoXXtj^évoK;), che sono cioè nella via della perdi- Gesù Cristo (V. n. Rom. XII, 2; I Cor. V, 10; li
zione, a motivo della loro infedeltà (II Cor. II, 15;
Cor. IV, 4; Efes. II, 2, eoe). Da ciò è chiaro, che
IV, 4) siano essi pagani o Giudei, è stoltezza;
Dio ha riprovato la saggezza di questo mondo, e
perciò l'Apostolo conchiude domandando : Non ha
poiché per loro è incredibile, che un Dio siasi fatto
uomo e sia morto sulla croce per salvarci. La Dìo resa stolta, ossia non ha forse mostrato che è
stolta, e che da Lui è ritenuta come tale, la sa-
croce era uno strumento di supplizio riservato agli
pienza di questo mondo, per il fatto stesso, che
schiavi e ai più vili malfattori (Ved. Dict. Vig.,
Croix), e ispirava orrore a tutti.
non volle di essa servirsi nella propagazione del
Per quelli poi che sono salvati (toù<; oojJJoinévoK;, Vangelo?
«he sono cioè sulla via della salute, ossia per :
21. Dàmotivo per cui Dio non ha eletti i
il

quelli che hanno fede come noi, e sono in grado di saggi del mondo
a propagare il Vangelo Essi :

comprendere h Vangelo, essa è la virtìj, cioè la erano incapaci di compiere un tanto ministero.
forza di Dio, che salva il mondo. L'Apostolo non Essi infatti, si sono rifiutati di riconoscere Dio
dice, come si aspetterebbe, che il Vangelo è sa- quando loro si era rivelato. Poiché nella sapienza
pienza di Dio (in opposizione a stoltezza), ma af- di Dio, che si manifesta nelle meraviglie della na-
ferma che è la virtù di Dio, per subito mettere tura per i pagani, e in tutta la rivelazione del
112 I Corinti, I, 22-26

tiam Deum
placuit Deo per stultitiam prae-
: mondo non conobbe Dio per mezzo della sa-
dicatiónissalvos fàcere credéntes. ^^Quó- pienza piacque a Dio di salvare i credenti
:

niam et ludaéi signa petunt, et Graeci sa- per mezzo della stoltezza della predicazione.
piéntiam quaerunt ^^Nos autem praedicà-
: ""Dacché e i Giudei chieggono i miracoli, e
mus Christum crucifixum ludaéis quidem : i Greci cercano la sapienza "ma noi pre- :

scàndalum, Géntibus autem stultitiam, ^^Ip- dichiamo Cristo crocifisso scandalo pei :

sis autem vocàtis ludaéis, atque Graecis, Giudei, stoltezza pei Gentili ^*per quelli :

Christum Dei virtùtem, et Dei sapiéntiam : poi che sono chiamati e Giudei e Gentili.
^^Quia quod stultum est Dei, sapiéntius est Cristo virtù di Dio, e sapienza di Dio :

hominibus et quod infirmum est Dei, fór-


: ^^perocchè la stoltezza di Dio è più saggia
tius est hominibus. degli uomini e la debolezza di Dio è più
:

forte degli uomini.


^^Vidéte enim vocatiónem vestram fratres, ^^Considerate infatti la vostra vocazione, o
quia non multi sapìéntes secundum carnem. fratelli, come non molti sapienti secondo la

Vecchio Testamento per i Giudei (Atti XIV, 17; ma è virtù, cioè forza di Dio e sapienza
stoltezza,
XVII, 27; Rom. I, 20, ecc.), il mondo, cioè l'uomo Forza di Dio, perchè con mezzi così deboli,
di Dio.
di questo mondo, sia esso Giudeo o pagano, non e umanamente destinati a produrre piuttosto ef-
conobbe Dio per mezzo della sapienza, ossia non fetti contrarli, riuscì a convertire il mondo e a libe-
seppe valersi di quella scienza, di cui pure an- rarlo dalla servitù di Satana; Sapienza di Dio,
dava orgoglioso, per arrivare alla vera cognizione perchè nel modo più conveniente, seppe portar
di Dio e della sua volontà, piacque a Dio, cioè rimedio ai mali dell'uomo, chj, caduto per la su-
Dio nella sua sapienza, giustizia e misericordia perbia, fu riscattato per mezzo dell'umiltà. Così
credette bene di aprire una nuova via alla salute sono soddisfatti e i Giudei, che volendo un Messia
dell'uomo, e questa è la stoltezza della predica- potente, trovano, nell'umiltà della croce, il più
zione, ossia la predicazione di una dottrina, che grande miracolo, e Greci, che cercando
i un
appare come insensata. Tale è la dottrina della maestro sapiente trovano nel Vangelo la più alta
croce. Per essere salvi, è necessario credere a dottrina.
questa dottrina, a Così, alla inutile umana sapienza,
25. Spiega perchè una cosa debole e stolta pro-
Dio sostituì la semplicità della fede evangelica, duca effetti così sorprendenti. La stoltezza di Dio,
piena di virtù e di efficacia per la salute del
ossia ciò che nei consigli di Dio appare all'uomo
mondo ». Martini. come stoltezza, è più saggia degli uomini, cioè
22. Continua a spiegare come Dio abbia voluto supera di gran lunga tutta la sapienza degli uomini,
chiamare gli uomini a salute, non colla sapienza e debolezza di Dio, ossia ciò che all'uomo
la
umana, ma colla stoltezza della croce. Infatti i sembra debolezza nei consigli di Dio è più robusta,
Giudei chiedono (a Dio) f miracoli. Essi credono ossia è più forte della fortezza di tutti gli uomini.
di avervi diritto, e non vogliono prestar fede alla La predicazione deP.a croce ha confuso infatti la
dottrina loro presentata, se Dio non fa ì miracoli sapienza dei filosofi, ed ha rinnovato il mondo,
che essi chiedono (Matt. XII, 38; XVI, 1; XXVII, strappandolo dalla servitù del demonio.
40-42; Giov. VI, 30, ecc.); i Greci invece, cioè i
pagani, privi del lume della rivelazione, non chie- 26. Dopo
aver provato (20-25), che per confon-
dono mÌTiroVi, ma colle forze della loro ragione
d-ere sapienza umana, Dio non ha chiamato i
la
saggi del mondo a predicare il Vangelo, passa ora
naturale, cercano la sapienza e vogliono che, con
a mostrare (26-30), che anche i primi discepoli
naturali e filosofiche ragioni, si renda loro conto
di quel che si annunzia.
non furono eletti tra i saggi del secolo. Se il Van-
gelo fosse una sapienza umana, si sarebbe rivolto
23. I Giudei, e i pagani, non possono quindi principalmente ai sapienti: l'aver invece reclutato
essere soddisfatti della predicazione del Vangelo. la maggior parte dei suoi primi seguaci tra il volgo,
Vogliono miracoli e sapienza umana, e noi Apo- prova sempre di più che esso è sapienza di Dio.
stoli, predichiamo Gesù Crocifisso (Gal. Ili, 1), il
Considerate la vostra vocazione alla fede, in rela-
quale per i Giudei carnali è di scandalo, cioè un zione alle persone che sono diventate cristiane, e
pretesto per non riconoscerlo come Messia. Essi vedrete come tra voi non sono molti sapienti se-
aspettavano un Messia glorioso e potente monarca condo la carne, cioè dotati di umana sapienza, non
terreno, operatóre di grandi prodigi, ecc., e si pre- molti potenti per ricchezze o dignità di pubblici
senta loro un uomo crocifisso, umile, povero, ecc. uffici, non molti nobili di nascita. Accenna alle tre
La loro superbia umiliata, si rifiuta di assogget- cose che sono più stimate nel scienza, mondo : la
tarsi a Per ì Gentili Gesù crocifisso è stol-
Lui. la ricchezza, la nobiltà, e benché non neghi che,
tezza, perchè sembra contrario ad ogni umana sag-
anche fra i grandi del mondo, alcuni abbiano ab-
gezza che un Dio muoia, e che la salute si debba bracciato il cristianesimo, afferma però che rela-
ottenere per mezzo di un uomo, morto sopra un tivamente sono pochi. La maggior parte dei primi
patibolo infame. cristiani, appaneneva alle classi inferiori della
24. Se Giudei e i Greci non trovano ciò che
1 società, e ì rimproveravano infatti
gentili alla
desiderano nel Vangelo, si è perchè essi rigettano la Chiesa di essere composta di bassa gente, di
fede, che è condizione necessaria per conoscere schiavi, di artigiani, ecc. Ann., XV,
(V. Tacito,
tutta la forza e la sapienza della croce Infatti, sia 44 ; S. Giustino, ApoL, 11,9; Origene, Cont. Cels.,
per i Giudei e sia per Greci, che, secondo l'eterna
i II, 79, ecc.). D'altra parte però, ciò era conforme a
predestinazione di Dio (Rom. Vili, 30Ì, sono chia- quanto aveva predetto Isaia, e a quanto di sé stesso
mati alla fede (v. 21), e sono perciò sulla via della aveva affermato il Signore (Isai. LXI, 1 ; Matt. XI,
salute (v. 18), Gesù Cristo non è più scandalo e 5; Lue IV, 17, ecc.).
I Corinti, I. 27 — II, 1 113

non multi poténtes, non multi nóbiles ^^Sed : carne, non molti potenti, non molti noùiii r

quae stulta sunt mundi elégit Deus, ut con- "^ma le cose stolte del mondo elesse Dio pei
fiindat sapiéntes : et infirma mundi elégit confondere i sapienti e le cose deboli del
:

Deus, ut confùndat fórtia ^*Et ignobilia : mondo elesse Dio per confondere le forti :

mundi, et contemptìbilia elégit Deus, et ea, ^*e le ignobili cose del mondo, e le sprege-
quae non sunt, ut ea quae sunt destrueret : voli elesse Dio, e quelle che non sono, per
^^Ut non glorìétur omni caro in conspéctu distruggere quelle che sono ^^afflnchè nes- :

eius. suna carne si dia vanto dinanzi a lui.


^°Ex ipso autem vos estis in Christo lesu, ''"Ma da esso voi siete in Cristo Gesìi, il
qui factus est nobis sapiéntia a Deo, et iusti- quale è stato fatto da Dio sapienza per noi,
tia, et sanctiflcàtio, et redémptio ^^Ut que- : e giustizia, e santificazione, e redenzione :

màdmodum scriptum est Qui gloriàtur, in


: ^^onde, come sta scritto : Chi si gloria, si
Domino gloriétur. glorii nel Signore.

CAPO II.

S. Paolo vero predicatore del Vangelo, 1-5. — // Vangelo è la sola vera sapienza, 6-12,
la cui profondità deve essere manifestata ai soli perfetti, 13-16.

^Et ego, cum venissem ad vos, fratres, ^lo poi quando venni a voi, fratelli, ad
veni non in sublimitàte sermónis, aut annunziarvi la testimonianza di Cristo, venni

»» Jer. XXIII, 5. " jer. IX, 23-24; II Cor. X, 17. ^ Sup. I, 17.

27. Spiega il motivo per cui Dio abbia fatto cosi. 30. Se gli uomini non hanno alcun diritto di glo-
Nell'ebbrezza del suo orgoglio, l'uomo attribuiva riarsi dei loro beni davanti a Dio,
Corinti però ì

a sé stesso i beni che possedeva, e credeva con possono, a tutta ragione, gloriarsi nel Signore per
essi di bastare a sé stesso e conseguire la salute ; ibeni che da Lui hanno ricevuto. L'Ap. quindi,
perciò Dio volle che toccasse con mano la vanità dopo aver dimostrato che i Corinti non devono la
e l'impotenza di tutti questi beni. loro salute ad alcuna prerogativa umana, conchiude
Elesse, cioè chiamò a essere discepoli del Van- dicendo che da esso, cioè da Dio, voi siete in Cristo
gelo. Le cose stolte... le cose deboli. Nel greco, Gesù, cioè siete stati incorporati a Gesù Cristo.
vi é il neutro plurale, che però sta per il maschile La frase, essere in Gesù Cristo ha questo senso
plurale (V. altri esempi Giov. VI, 37; Ebr. VII, 7; presso S. Paolo (IX, 1 Rom. XVI, 7; Gal. 1,
;

Gal. III, 22, ecc.), e significa gli uomini privi di 22, ecc.). Il quale da Dio, ecc. Incorporati a Gesù
umana sapienza gli uomini privi di umana potenza.
;
Cristo, noi partecipiamo ai suoi beni, e per Lui
Dio chiamò costoro alla fede, per far arrossire i non solo diventiamo sapienti, ma egli diviene nostra
sapienti e i forti, i quali si videro così posposti a sapienza, che dissipa dalla nostra mente le tenebre
coloro che essi disprezzavano. dell'ignoranza e dell'errore ; diviene nostra giustizia
28. Le cose ignobili... le spregievoli, ecc. Aache e santificazione, perchè per mezzo della sua grazia
qui, questi plurali neutri stanno per i plurali ma- egli ci comunica la vera giustizia e la vera santità,

schili. Le cose ignobili sono gli uomini, che non mondandoci dal peccato e arricchendoci di virtù ;
possono vantare nobiltà di natali; le cose spregevoli diviene nostra redenzione {ànoXvxpcoaiq = libera-
sono gli uomini abietti, stimati come nulla le cose zione compiuta mediante il pagamento di un
;

che non sono, sono gli uomini che venivano riguar- prezzo), perché, incorporati a Lui, non siamo più
dati piuttosto come cose che come persone. Tutti servi del peccato e del demonio, avendo egli sbor-
costoro furono chiamati da Dio alla fede, per sato il prezzo del nostro riscatto.
distruggere (il greco xorapteìr significa togliere 31. Onde, ecc. II cristiano ha ricevuto tutto da
ogni forza, rendere nullo e dice assai piiì che non Dio; se vuole quindi gloriarsi, non può gloriarsi
il confondere del v. p.), le cose che sono, cioè che nel Signore, come si deduce da un passo di
coloro che si credono di essere qualche cosa. Geremia (IX, 23-24) citato, o meglio compendiato,
Il fine che si propose Dio nell'agire
29. Affinchè. sui LXX.
in questo modo, fu di far comprendere che l'uomo
non ha cosa alcuna, di cui possa gloriarsi davanti
a Dio, e che la sua salute non può essere dovuta CAPO II.
né alla sua scienza, né alla sua potenza o ricchezza,
né alla sua nobiltà, ma unicamente alla bontà e 1. Dopo aver provato (I, 17 e ss.) che Dio l'a-
misericordia di Dio; il quale deve così essere da veva mandato a predicare il Vangelo, non colla
tutti riconosciuto come l'unico autore della nostra sapienza della parola, l'Apostolo passa ora (1-5) a
salute. I b*ni del mondo non che giovare, possono mostrare come egli abbia sostenuto bene presso i
evolta essere di ostacolo al conseguimento di ess«. Corinti, il carattere di predicatore evangelico,

S — Sacra Bibbia, voi. II.


114 I Corinti, IL 2-6

sapìéntìae, annuncians vobis testimónium non con sublimità di ragionamento o di sa-


Christi. -Non enim iudicàvi me scire àliquìd pienza. ^Poiché non mi credetti dì sapere
inter vos, nisi lesum Christum, et hunc cru- altra cosa tra di voi, se non Gesù Cristo, e
cifixum. ^Et ego in inflrmitàte, et timóre, et questo crocifisso. ^Ed io fui tra voi con ab-
tremóre multo fui apud vos : *Et sermo battimento e timore e molto tremore *e il :

meus, et praedicàtio mea non in persuasi- mio parlare e la mia predicazione fu non
bilibus humànae sapiéntiae verbis, sed in nelle parole persuasive della umana sa-
ostensione spiritus, et virtùtis ^Ut fides : pienza, ma nella manifestazione di spirito e
vestra non sit in sapiéntia hóminum, sed in di virttì '^affinchè la vostra fede non posi
:

virtùte Dei. sopra l'umana sapienza, ma sopra la potenza


di Dio.
"Sapiéntiam autem lóquimur inter perféc- ^Tra i perfetti poi noi parliamo una sa-
tos sapiéntiam vero non huius saéculi, ne-
: pienza : ma una sapienza non di questo
que principum huius saéculi, qui destruùn- secolo, né dei principi di questo secolo, i

« Act. XVIII, 1. * II Petr. I. 16.

usando una forma semplice e aliena da ogni arti- stolo .di fronte alle persecuzioni esterne, e il suo
umano.
fizio stato di animo in presenza dell'evangelizzazione di
Io poi, come esigeva la natura del ministero Corinto!
evangelico affidatomi, quando venni a voi la prima 4. E il mio parlare nei discorsi privati, e la mìa
volta (Atti, XVIII, 1 e ss.). La testimonianza di predicazione nei discorsi pubblici, non furono nelle
Cristo, o meglio, secondo il greco, la testimonianza persuasive parole dell'umana sapienza (umana
di Dio, cioè il Vangelo, la cui verità è attestata manca nel greco), come sogliono fare i retori e i
da Dio. Se si ritiene la lezione della Volgata, allora filosofi per attrarre a sé la gente. Io non ho usato
vuol dire la testimonianza che noi rendiamo del-
:
né la sapienza umana, n« gli artifizi umani per con-
l'essere di Gesù Cristo. Venni non con subli- vincervi, ma ho predicaììky nella manifestazione (gr.
mità, ecc., non ebbi cioè ricorso né alla dialettica ànóbti^u; =
dimostrazione) di spirito e di virtù;
dei filosofi, né all'eloquenza dei retori, né ad altro ossia, nella mia predicazione sono stato sostenuto
umano artifizio, per guadagnarvi alla fede. dallo Spirito Santo, il quale illustrava la mia mente,
2. Non mi credetti, o meglio, secondo il greco, e mi muoveva a dire ciò che era più utile a voi,
Non giudicai bene di sapere, ecc. Benché altrove, e nello stesso tempo colla sua grazia moveva i
p. es., ad Atene (Atti, XVII, 18 e ss.), avesse mo- vostri cuori ad essere docili agli insegnamenti della
strato di non ignorare le scienze umane, disputando fede (Rom. I, 16; II Cor. IV, 7). Così l'Apostolo,
cogli Stoici e cogli Epicurei, e parlando anche nel- dopo aver (v. prec.) parlato della sua persona, è
l'Areopago, tuttavia a Corinto (tra voi), volle tornato a discorrere del suo modo di predicare.
lasciar da par^e ogni artifizio umano (forse anche Alcuni intendono le ultime parole di virtù, per i :

a motivo del poco frutto ottenuto ad Atene (Atti miracoli operati a conferma della predicazione.
XVII, 33-34), e non giudicò bene di sapere altra 5. Affinchè, ecc. Lasciai da parte ogni artifizio
cosa se non Gesù Cristo, e questo crocifisso. Egli umano, affinchè la vostra fede non posi come su
ridusse tutta la sua predicazione ad annunziare la fondamento sopra l'umana sapienza, che è vana e
vita, la passione, la morte e la dottrina di Gesù stolta, ma sopra la potenza di Dio, il quale né può
Cristo (XI, 23 e ss.; XV, 3 e ss.; Atti, XVIII, cadere in errore, né può ingannare, e così la vostra
4» 5) e di Gesù Cristo stesso non predicò i fede sarà ferma e incrollabile (V. Prat, La Théol
misteri più alti, ma bensì i più umili, quelli cioè de St-Paul, tom. I, p. 128).
che specialmente si riferiscono ai suoi patimenti
6. Se l'Apostolo ha predicato con semplicità, non
e alla sua morte.
è già perchè il Vangelo non sia una sapienza, anzi
3. L'Apostolo a Corinto non solo predicò le cose è la sola vera sapienza, la quale però è così alta
più semplici, ma le predicò anche in modo sem- che, per essere conosciuta, dovette essere rivelata
plice. Fui tra voi con abbattimento, ecc. Il poco dallo Spirito Santo (6-12). Le profondità di questa
frutto ottenuto ad Atene, l'idolatria e la scostu- sapienza, non devono però essere manifestate a
matezza della vita greca, e forse anche le esigenze tutti, ma solo ai perfetti (13-16), e per questo
intellettuali del nuòvo uditorio, e le difficoltà e le motivo, l'Apostolo si astenne dal predicarle ai
persecuzioni incontrate da ogni parte, fecero sì Corinti (III, 1-4).
che l'Apostolo sentisse talmente la propria insuf- Tra i perfetti. I cristiani vengono dall'Apostolo
ficienza (II Cor. X, 10; XI, 6; XII, 10) nell'evan- distinti in due classi : gli incipienti, detti anche
gelizzazione di Corinto, da cadere in un tale abbat- animali, o carnali, o fanciulli bisognevoli di latte
timento, da cui non potè sollevarsi se non dopo (II, 14; III, 1, 2; Ebr. V, 12), e i perfetti, ossia
una visione di Gesù Cristo (Atti, XVIII, 9). Alcuni quelli che sono arrivati alla maturità nella vita
pensano che l'Apostolo alluda qui a qualche suo cristiana, e sono detti spirituali e capaci di un
difetto fisico, cioè alla debolezza della sua costitu- cibo più solido (II, 13; III, 2). Questi ultimi sono
zione non vi è però pulla nel testo, che giustifichi
; capaci di una cognizione più profonda dei misteri
una tale supposizione. Da questo stato d'animo m cristiani, mentre ai primi è necessaria una cogni-
cui l'Apostolo si trovava, nascevano in lui il timore zione più elementare. Se adunque, dice l'Apostolo,
e il tremore di non essere pari alla grandezza della tra voi io ho creduto di non dover saper altro che
missione affidatagli, e di non poterla compiere. Gesù crocifisso, tuttavia tra i cristiimi già forti
Quale contrasto tra il coraggio mostrato dall'Apo- nella fede, naif predicatori del Vangelo, parliamo
I Corinti, II, 7-11 115

tur 'Sed lóquimur Dei sapiéntiam in my-


: quali sono distrutti ^ma parliamo della sa-
:

stério, quae abscóndita est, quam praedesti- pienza di Dio in mistero, di quella occulta,
nàvit Deus ante saécula in glóriam nostrani. di quella preordinata da Dio prima dei secoli
*Quam nemo principum huius saéculi cognó- per nostra gloria, *la quale da ninno dei
vit si enim cognovìssent, numquam Dómi-
: principi di questo secolo fu conosciuta se :

num glóriae cruciflxissent. infatti l'avessero conosciuta, non avrebbero


giammai crocifìsso il Signore della gloria.
®Sed sicut scriptum est Quod óculus non : "Ma come sta scritto Né occhio vide, né
:

vidit, nec auris audivit, nec in cor hóminis orecchio udì, né entrò in cuor dell'uomo,
ascéndit, quae praeparàvìt Deus iis, qui di- quali cose ha Dio preparate per coloro che
ligunt illum ^°
Nobis autem revelàvit Deus
: lo amano ^"a noi però Dio le ha rivelate
:

per Spiritum suum Spìritus enim omnia


: per mezzo del suo Spirito lo Spirito infatti
:

scrutàtur, étiam profùnda Dei. ^^Quis enim penetra tutte le cose, anche la profondità di

• Is. LXIV, 4.

una sapienza, cioè facciamo conoscere le profondità sero conosciuta questa sapienza divina, non avreb-
dei misteri divini predicati anche agli imperfetti, bero mai crocifisso il re della gloria Gesià Cristo,
e sveliamo nuovi misteri. Anche ora la stessa dot- perchè in Lui avrebbero scorto il Verbo e la
trina, p. es., mistero dell'incarnazione, in altro
il Sapienza del Padre. Gesìi è chiamato Signore della
modo viene proposta ai fanciulli, e in altro in una gloria, non solo perchè da tutta l'eternità Egli è
scuola di teologia, e anche il numero dei misteri, glorioso, ma anche perchè è causa della gloria
esplicitamente conosciuti, è maggiore in un adulto che noi aspettiamo (Col. III, 4; Ebr. II, 10, ecc.).
che non in un fanciullo. Sapienza non, ecc. De- Anche in queste parole, si ha una prova della divi-
scrive l'eccellenza di questa sapienza, cominciando nità di Gesìi Cristo.
dal lato negativo. Essa non è di questo secolo, 9. Come Prova colla Scrittura, che
sta scritto.
cioè non è un trovato dall'umana ragione, e non tale sapienza non
fu veramente conosciuta dai
ha per oggetto le cose di questo mondo, e neppure sapienti e dai potenti del mondo. Siccome il passo
è quella sapienza di cui fanno professione i prin- citato non si trova tale e quale nella Bibbia, Ori-
cipi di questo mondo, cioè i filosofi, i dottori della gene (in Math. XXVII, 9) e alcuni protestanti, pen-
legge, i pontefici (8), i depositari! della potestà sano che l'Apostolo citi l'Apocalissi di Elia :
politica, e anche i demonii, chiamati principi di altri invece, per es.. Crisostomo, Teodoreto, ecc.,
questo mondo (II Cor. IV, 4; Efes. II, 2). La ritengono che si tratti di qualche libro sacro ora
sapienza di costoro è vana, perchè, essendo inven- perduto. Ma, come ha provato S. Girolamo (In.
zione dell'uomo, dovrà perire cogli uomini che la Isai. LXIV, 3), l'Apostolo cita qui liberamente,
professano, i quali già fin d'ora sono distrutti, benché in modo fedele, il profeta Isaia (LXIV, 4).
ossia sono condannati alla rovina. Né entrò in cuore dell'uomo, e quindi non fu og-
7. Parliamo, L'Apostolo considera ora il
ecc. getto dei suoi pensieri e dei suoi desiderii. Queste
Iato positivo sapienza cristiana. In opposi-
della parole sono un'aggiunta dell'Apostolo, tratta proba-
zione alla sapienza di questo secolo, essa è sapienza bilmente da Is. (LXV, 17). Quali cose ha Dio pre-
di Dio, perchè proviene da Dio e riguarda le cose parato. Dio ha preparato l'incarnazione del Verbo,
di Dio. E' sapienza in mistero, perchè consta di la sua passione, la sua morte, la sua dottrina, ecc.,
misteri così alti che la mente umana non potrà la fede, la gloria, ecc., per coloro che lo amano,
mai giungere a conoscerli, colle sole sue forze, cioè per i cristiani che aderiscono al Vangelo e ne
ma solo mediante la divina rivelazione. E' occulta, praticano gli insegnamenti. Tutti questi misteri
perchè, anche dopo la rivelazione, i misteri in essa sono inaccessibili non solo ai sensi, ma anche alla
contenuti rimangono oscuri per noi, e non li pos- ragione umana, non illuminata e sorretta dalla fede.
siamo ritenere se non per la fede. E' preordinata In Isaia si legge : per coloro che confidano in lui.
da Dio per nostra gloria. La nostra gloria consiste 10. Benché tale sapienza non sia conosciuta dai
nel veder Dio faccia a faccia come è in sé stesso, grandi del mondo, e a più forte ragione dagli altri,
e nel conoscere perfettamente tutti quei misteri, cne essa tuttavia viene predicata dagli Apostoli, ai quali
ora sono oggetto della nostra fede. Da tutta l'eter- fu rivelata dallo Spirito Santo. A noi Apostoli, che
nità Dio ci ha predestinati all'ordine soprannatu- debbiamo predicare, (non già a noi cristiani). Dio,
rale, e quindi alla visione della sua essenza, che per mezzo del suo Spirito {suo manca nei codici
ci verrà concessa dopo la vita terrena. Egli però X B A, ecc., ma si trova in D E F, ecc.), cioè dello
ha voluto che anche quaggiiì, noi avessimo, per Spirito Santo, ha rivelato i grandi misteri della sua
mezzo della fede, un saggio di quella sapienza, che sapienza. Lo Spirito Santo era in grado di far
dovrà formare la nostra beatitudine eterna (II Cor. questa rivelazione, perchè Egli penetra (èpetjv^),
III, 18), e a tal fine ci manifestò alcuni misteri cioè conosce perfettissimamente, tutte le cose
riguardanti la sua natura, la Trinità, l'Incarnazione, (Rom. Vili, 27), anche le profondità di Dio, cioè
la grazia, ecc. Questa sapienza di Dio non perirà l'intima sua natura e i segreti suoi consigli. In-
come la sapienza del mondo. tanto lo Spirito può, di virtù propria, conoscere
8. Da niuno, ecc. Questa sapienza, non solo le profondità di Dio, in quanto Egli stesso è Dio,
viene da Dio, ma è anche tale che, prima della uguale al Padre e al Figlio. In questo e nel versetto
sua rivelazione, non fu conosciuta da niuno dei seguente, si ha una prova della divinità dello Spi-
principi di questo mondo (V. n. 6). Se infatti i dot- rito Santo.
tori delh legge, i pontefici, i membri del Sinedrio 11. Chi, ecc. Con una similitudine tratta dalla
presso i Giudei, e Pilato presso i pagani, aves- nostra coscienza, dimostra che il solo Spirito di
116 I Corinti, II, 12-14

hómirxum scit quae sunt hóminis, nisi spirì- Dio. ^^Per fermo chi tra gli uomini conosce
tus hóminis, qui in ipso est? ita et quae le cose dell'uomo, fuorché lo spirito del-
Dei sunt, nemo cognóvit, nisi Spiritus Dei. l'uomo, che sta in lui? Così pure le cose di
Dio ninno le conosce, fuorché lo Spirito
di Dio.

"Nos autem non spiritum huius mundi ac- ^^Noì però abbiamo ricevuto non lo spi-
cépimus, sed Spiritum, qui ex Deo est, ut rito diquesto mondo, ma lo Spirito che é da
sciàmus quae a Deo donata sunt nobis : Dio affinchè conosciamo le cose che a noi
:

"Quae lóquimur non in doctis humànae


et furono donate da Dio ^Melle quali pur di-
:

sapiéntiae verbìs, sed in doctrina Spiritus, scorriamo non coi dotti sermoni dell'umana
spirituàlibus spirituàlia comparàntes. ^''Ani- sapienza, ma colla dottrina dello Spirito, adat-
màlis autem homo non pércipit ea, quae sunt tando cose spirituali a cose spirituali. ^'^Ma
Spiritus Dei stultitia enim est illi, et non
: l'uomo animale non capisce le cose dello
potest intelligere quia spirituàliter exami-
: Spirito di Dio : giacché per lui sono stol-

" Sup. I, 17 et II, 1, 4; Il Petr. 16.

Dìo, che ha la stessa natura con Dio, può conoscere L'uomo animale. L'Apostolo distingue nell'uomo
rintima natura di Dio, i suoi consigli, ecc. Come due parti costitutive, il corpo e l'anima alle quali
;

solo il nostro spirito conosce ciò che si agita nella però dà diversi nomi, a seconda dei diversi aspetti
nostra mente e nel nostro cuore, così solo lo Spi- sotto cui le considera e così le chiama, carne
;

rito di Dio (ad esclusione di ogni creatura e non aàp^, corpo cs&na, anima ^vXr\, spirito nveGua,
già del Padre e del Figlio) conosce i segreti di mente rovq.
Dio. Si osservi come l'Apostolo dice, chi tra gli La carne è spesso sinonimo di corpo (Rom. VI,
uomini, e non assolutamente chi conosce, ecc. 12; VII, 23, ecc.), talvolta però, quando è opposta
affinchè niuno pensi che Dio in qualche modo ignori a spirito, significa la parte inferiore del nostro es-
ciò che avviene nel cuore dell'uomo. sere, viziata dal peccato di origine, dominata dalla
12. Noi apostoli, in opposizione ai saggi del concupiscenza, ribelle allo spirito e schiava della
mondo, abbiamo ricevuto non lo spirito del {questo legge del peccato (Rom. VII, 23, 25, ecc.). In con-
manca nei migliori codici greci) mondo, cioè la seguenza si dice che i peccati sono opere della
sapienza mondana, oppure un modo di sentire e di carne (Gal. Ili, 19).
pensare proprio dei mondani. Secondo Cornely, Uomo carnale (gr. capxixóq) è quindi colui che
questo spirito del mondo sarebbe il demonio, con- è schiavo della concupiscenza, o perchè non è
siderato come autore della sapienza umana (II Cor.
ancora stato rigenerato dalla grazia del Battesimo
IV, 4; Efes. Il, 2, ecc.). La prima spiegazione
(Rom. VII, 14, ecc.), o perchè quantunque rigene-
rato, tuttavia non agisce per un principio sopran-
però, che è pure quella di S. Tommaso, ci sembra
naturale, ma si lascia dominare ancora dalla concu-
pili probabile. Ma lo Spirito che è da Dio, che cioè
procede dal Padre e dal Figlio, affinchè, illuminati piscenza.
da Lui, conosciamo le cose che a noi sono state Lo opposto alla carne, e col nome di
spirito è

donate gratuitamente (Tale è il senso del greco tà spirito, in questo caso si deve intendere l'anima,
XapioOévra) da Dio, cioè i grandi benefizii fatti agli o meglio, la parte superiore del nostro essere, in
uomini da Gesù Cristo. quanto è ornata della grazia santificante, illuminata
e diretta dallo Spirito Santo, ed è principio delle
13. Gli Apostoli devono comunicare agli altri la
opere buone soprannaturali. In questo senso si
dottrina ricevuta, e quindi l'Apostolo soggiunge :
dice, che le virtii sono frutti dello Spirito (Gal. V,
delle quali, cioè delle cose a noi donate da Dio, 22). Uomo spirituale (jrveonanxó?), viene quindi
discorriamo non coi dotti sermoni dell'umana sa- chiamato colui, che si lascia guidare dallo Spirito
pienza, ossia cogli artifizi dell'umana eloquenza,
Santo abitante in lui. Questo titolo però non con-
ma colla dottrina dello Spirito, ossia con quelle viene a tutti nello stesso modo, ma l'uno è più e
parole e in quel modo che detta a noi interiormente meno spirituale a seconda della grazia ricevuta e
lo Spirito. Questo senso è chiaramente espresso
della docilità con cui si lascia dirigere dallo Spirito
nel greco ma coi sermoni insegnati dallo Spirito.
:
divino.
Adattando cose spirituali, ecc., ossia esponendo le L'anima è principio della vita naturale, e si-
il
dottrine rivelate dallo Spirito Santo con quella ma- gnifica ora la stessa vita (Rom. XI, 3, ecc.), ora
niera appropriata di discorso, che a noi è suggerita l'uomo dotato di vita (Rom. II, 9, ecc.), e ora, in
dallo stesso Spirito Santo. Secondo altri : dimo- opposizione a spirito, l'uomo che vive della sola
strando le dottrine del N. Testamento per mezzo vita naturale e segue il solo lume di ragione, senza
dei tipi e delle figure del Vecchio Testamento; lasciarsi guidare da alcun principio soprannaturale
oppure, esponendo le cose spirituali solo agli uo- dello spirito. Quest'uomo viene chiamato psichico
mini spirituali e perfetti. La prima spiegazione è la t|)t)Xixó<;, ossia da anima animale. Talvolta però
migliore, mentre l'ultima non ha fondamento nel ^vXr\, anima è sinonimo di aàp^, carne, e uomo
testo, poiché né il latino comparare, né il greco animale è sinonimo di uomo carnale (V. Cornely,
«rovcpiveiv, hanno il senso di insegnare. h. 1.; Fillion, h. 1.; Brassac, M. B., tom. IV,
14. La dottrina
cristfana, essendo tutta spirituale pag. 577 e ss., edit. 13; Prat, La Théol de St-P.,
per lasua origine, per il suo contenuto e per il p. 315-326; Tobac, Le problème de la justification
modo con cui viene predicata, non deve recare me- dans S. P., p. 34 e ss.; Zorell, Novi Test. Lexicon
raviglia che sia disprezzata e »ot> conosciuta dagli graecum, p. 467, 512, 633; Rev. Bib., 1898,
uomini carnali. pag. 209-212. ecc.).
I Corinti, II, 15 — III, 2 117

nàtur. ^"Spìrituàlìs autem iùdicat omnia et : tazza, né può intenderle perchè si giudi-
:

ipse a némine iudicàtur. ^^Quis enim cognó- cano spiritualmente. ^^Ma lo spirituale giu-
vit sensum Domini, qui instruat eum? Nos dica di tutte le cose ed egli non è giudicato
:

autem sensum Christi habémus. da alcuno. ^^Poichè chi ha conosciuta la


mente del Signore, onde lo ammaestri? Noi
però abbiamo il senso di Cristo.

CAPO III.

^S*. Paolo giustifica il suo modo di predicare, 1-4, / ministri del Vangelo, s-9* —
— Gra?idezza della loro responsabilità, lo-iy, Condanna della saggezza —
uma7ia, 18-20, —
/fedeli devono gloriarsi solo di Gesti Cristo ^ 21-23.

*Et ego, fratres, non pótui vobis loqul ^E fratelli, non potei parlare a voi,
io,
quasi spirituàlibus, sed quasi carnàlibus. come a spirituali, ma come a carnali, come
Tamquam pàrvulis in Christo, ^Lac vobis a pargoletti in Cristo, ^vi nutrii con latte,

" Sap. IX, 13; Is. XL, 13; Rom. XI, 34.

L'uomo animale {^vXxytóq), che cioè si guida coi La risposta non può essere dubbia. Ora noi, sog-
soli lumi della sua ragione, non capisce (meglio, giunge l'Apostolo, abbiamo la mente (gr. vouv)
secondo il greco, non riceve, ossia ricusa di ammet- di Cristo, il quale è Dio. In conseguenza niuno
tere beXÉTai) le cose dello Spirito di Dio, cioè
ov) può giudicarci, e chi ci giudicasse o condannasse,
i grandi misteri che Dio, per mezzo del suo Spirito, verrebbe a giudicare e condannare Dio stesso. Si
ha rivelato agli Apostoli. La ragione si è perchè osservi che se chi ha la sapienza dello Spirito, ha
subito, prima ancora di averli esaminati, egli li la sapienza di Cristo, e chi ha la sapienza di
stima stoltezza (I, 18). Quand'anche però li esa- Cristo ha la sapienza di Dio, segue necessaria-
minasse, non li potrebbe intendere, giacché a ben mente che una stessa è la sapienza di Dio, di
intendere le cose spirituali, è necessario nella Cristo e dello Spirito, e che Gesiì Cristo e lo
mente un lume soprannaturale, cioè la fede, di Spirito Santo sono col Padre un solo Dio.
cui egli è privo. Come il senso non può giudicare
delle cose dell'intelletto, e il cieco non può giudi-
care dei colori, così l'uomo animale, privo dello CAPO III.
spirito di Dio, non può giudicare de' misteri rive-
Iati dallo Spirito di Dio. Si osservi che nel testo 1. Dopo aver giustificato (II, 1 e ss.) il suo me-
latino, invece di est e examinatur, dovrebbe esservi todo di predicazione a Corinto, passa ora (1-4) a
il plurale sunt e exaniinantur, poiché il soggetto è giustificarne l'argomento. Ed io, come spirituale
ea quae sunt Spirìtus Dei. che giudica di tutto, non potei, ossia non dovetti,
15. Ma l'uomo spirituale (gr.
lo spirituale, ossia perchè non era utile e conveniente, parlare a voi
^vEuuarixói;), che
dirigere dallo Spirito
si lascia come a spirituali, cioè come a cristiani perfetti e
Santo, ed ha la fede e la grazia, è capace di giu- adulti nella fede (V. n. II, 6), ma come a carnali,
dicar bene di tutte le cose, che hanno rapporto cioè parlai come a deboli nella fede, e tali che la
colla sua salute e colla sua perfezione. Egli sa carne, colle sue tendenze, vi domina ancora al-
discernere il vero dal falso, ciò che è bene da ciò quanto, non ostante che abbiate ricevuto il Bat-
che è male, e in tutto si regola, non secondo i det- tesimo, e siate stati incorporati a Cristo.
tami della saggezza umana, ma secondo gli insegna- Come a pargoletti. Con queste parole tempera
menti dello Spirito. Egli poi non è giudicato da tutto ciò che poteva sembrare un po' duro nella
alcuno privo dello Spirito, che lo illumini e lo espressione precedente, e assieme fa vedere, che
guidi. L'uomo animale manca di criterio per giudi- carnali qui non è sinonimo di psichico o animale
care delle cose spirituali, che non comprende e (V. n. II, 14). L'uomo animale non ha ricevuto
deride. Di ciò sono prova i Santi, che spesso non lo Spirito di Dio, mentre invece i Corinti, come
raccolgono dal mondo, che derisioni e persecuzioni. tutti i fedeli. Io posseggono. Essi però nella vita

16.Prova quest'affermazione con un passo di spirituale in Cristo, sono fanciulli, perchè, non
Isaia (XL, 13) citato assai liberamente, benché in ostante la fede, hanno ancora alcuni abiti cattivi.
modo fedele quanto al senso, secondo i LXX. Il Praticamente quindi, sono ancora incapaci di com-
profeta, per animare gli Ebrei a confidare in Dio, prendere i pili alti misteri della sapienza di Dio.
che loro aveva promessa la liberazione dalla schia- 2. Mirando unicamente al vostro vantaggio vi
vitù, esalta la potenza e la sapienza di Dio, e do- nutrii con latte, ossia vi predicai i soli primi ele-
manda Chi ha conosciuto la mente (gr. vouv),
: menti della dottrina cristiana (Ebr. V. Il), non
cioè i pensieri, i consigli, ecc., del Signore, cioè con cibo solido, ossia non vi feci conoscere le pro-
di Dio, in modo da ammaestrarlo e correggerlo? fondità dell'alta sapienza cristiana. Anche adesso
118 I Corinti, III, 3-8

potum dedi, non escam : nondum enim po- non con cibo perocché non eravate ancora
:

teràtis : sed nec nunc quidem potéstis : capaci non lo siete neppur adesso
: anzi :

adhuc enim carnàles estis. ^Cum enim sìt dacché siete ancora carnali. ^Poiché essendo
Inter vos zelus et conténtio nonne carnàles : tra voi gelosia e dissensione, non siete voi
estis, secùndum hominem ambulàtìs?
et carnali, e non camminate secondo l'uomo?
^Cum enim quis dicat Ego quidem sum : ''Poiché quando uno dice Io sono di :

Pauli. Alius autem Ego Apóilo nonne iió-


: : Paolo e un altro ; Io sono di Apollo non : :

mines estis?. Quid ìgitur est Apollo? quid siete voi uomini? Che è dunque Apollo?
vero Paulus? ^Ministri eius, cui credidistis, e che è Paolo? ^Ministri di colui cui voi
et unicuique sìcut Dóminus dedit. *Ego pian- avete creduto, e secondo quel che a ciascuno
tavi. Apollo rigàvit sed Deus increméntum
: ha concesso il Signore. °Io piantai. Apollo
dedit. ^Itaquencque qui plantat est àliquid, inafflò ma Dio diede il crescere. ^Di modo
:

ncque qui rigat sed, qui increméntum dat,


: che non è nulla né colui che pianta, né co-
Deus. Qui autem plantat, et qui rigat, unum
* lui che inaffia; ma Dio che dà il crescere.
sunt. Unusquisque autem própriam mercé- *E una stessa cosa é quegli che pianta e

• Ps. LXI, 13; Matth. XVI, 27; Rom. II, 6; Gal. VI, 5.

non credo conveniente di parlarvi dì così grandi che il Signore gli ha concesso, o comandato. Come
misteri, perchè non ostante siano passati alcuni adunque essi non hanno da gloriarsi del loro
anni dacché ho cominciato a predicare tra voi, ministero, così voi, o Corinti, non avete diritto di
voi siete ancora carnali, e non siete giunti all'età gloriarvi dì loro e di fare scissioni.
adulta nella vita cristiana. piantai, ecc. Voi siete come un campo.
6. Io

che non hanno cessato In questo campo io piantai l'albero della fede,
3. Il fatto dimostra, in-
leranienie di «seguire gli istinti della carne, e sono
poiché per il primo vi predicai il Vangelo. Quando
io mi allontanai, venne Apollo, il quale colla sua
ben lungi dalla perfezione. Tra loro vi è gelosia,
predicazione inaffiò i semi che lo avevo sparso
o invidia, e vi sono dispute aeil'anD coU'altro, a
(Atti, XVIII, 27 e ss. Vedi anche Introd. a questa
motivo dei diversi predicatori. Ora l'inv.dia, le
lettera). Ma sia il piantare che l'inaffìare, sono
dispule sono opere della carne (Gal. V, 20 e cf.
Rom. XIII, 13), quindi essi sono ancora carnali operazioni puramente esteriori, la vera operazione
interiore, che fa crescere e germinare in pianta
e camminano, non secondo Dio e i dettami della
rigogliosa la fede ne: vostri cuori, appartiene a
sua sapienza, ma secondo i dettami della parte
inferiore dell'uomo corrotta e guasta dal peccato.
Dìo, come il barbicare e il crescere della pianta
naturale, appartiene non a chi pianta o inauìa,
4. Spiega quali siano le dissensioni. Io sono di ma alla virtù della terra.
Paolo... io sono di Apollo (V. n. I, 12). All'Apo-
Di modo che, ecc. Tutto ciò che può
7. fare
stolo bastava qui accennare a due partiti, per pro-
il ministro del Vangelo, è nulla a confronto del-
vare la sua affermazione, e quindi lascia da parte
l'azione interna di Dio. Senza la grazia di Dio,
quello di Cefa, forse anche per deferenza al capo
che dispone e muove le anime, inutili e vani sono
della Chiesa. Uomini carnali, che giudicate delle tutti gli sforzi dei predicatori, di modo che la
cose non secondo la sapienza di Dio. L'Apostolo nostra salute è da attribuirsi interamente alla
torna ora a parlare direttamente delle fazioni for- grazia di Dio.
matesi a Corinto, e dimostra (III, 4-1 V, 5) che il
8. E una stessa cosa, ecc. Sìa colui che pianta
voler f«r capìpartito i predicatori del Vangelo, è
e sìa colui che inaffia, tendono allo stesso fine,
disconoscere la natura del loro ministero. Che è
adunque Apollo e che, ecc. (I codici C. D. E., ecc. che è di farvi crescere nella fede, lavorano nello
hanno rtq ... n'q = chi... chi; la lezione della stesso campo e per lo stesso padrone, onde è cosa
Volgata è però da preferirsi, poiché si trova anche assurda metterli in conflitto l'uno coll'altro, come
fate voi, e supporre che l'uno abbia interessi di-
nei codici B. X» A., ecc.). Dopo mostrato che i
versi da quelli dell'altro. I predicatori del Van-
Corinti sono carnali, nello schierarsi l'uno per
gelo, che, per riguardo a Dio, sono nulla, para-
Paolo e l'altro per Apollo, domanda l'uno con un
gonati tra loro sono uguali, giacché tendono allo
po' di ironia, che è dunque Apollo, ecc., ossia
stesso fine. Alcuni infatti, traducono il greco Iv
quale ufficio esercitano essi, che cosa hanno fatto
eìoxv sono uguali.
;
perchè abbiate a farne dei capìpartito?
E ognuno
riceverà, ecc. Se ì cristiani non devono
5. Ministri (gr. òiàxovot) e quindi non padroni, far distinzione tra predicatore e predicatore, questa
ma semplici servi, semplici strumenti nelle mani distinzione però la farà a suo tempo Dio, dì cui
dì Dio. Di colui cui voi avete creduto, o meglio i predicatori sono ministri. Ciascuno allora rice-
secondo il greco : ministri per cui avete creduto. verà la propria mercede (ròv ibiov utaGóv), non
Gli Apostoli non sono quindi gli autori della vostra a seconda del ministero esercitato o del frutto
fede, e questa si appoggia, non sulla loro auto- ottenuto, perché l'uno e l'altro dipendono unica-
rità, "ma su quella di Dìo che li ha mandati, e mente da Dio (v. 5, 7), ma a proporzione della
sì serve di essi per farvi annunziare il Vangelo. propria fatica (xarà tòv liiov xójtovK cioè del-
Che se tra loro vi ha qualche differenza nell'eser- l'impegno messo nel procurare la salute delle
cizio del ministero, e l'uno ha cominciato l'opera anime, senza badare a fatiche, a dolori, a perse-
della vostra conversione, e l'altro l'ha continuata, cuzioni. Si osservi però, che anche la fatica, per
anche questa differenza è da attribuirsi a Dio, essere meritevole di premio, deve essere congiunta
perchè ognuno di essi non ha fatto se non cIO colla carità, la quale è dono di Dio, e che U

J
I Corinti, III, 9-13 119

dem accipìet secundum suum labórem. "Dei quegli che inaffia. E ognuno riceverà la sua
enim sumus adiutóres Dei agricultùra estis, : mercede a proporzione di sua fatica. "Poiché
Dei aedificàtio estis. siamo cooperatori di Dio cultura di Dio
:

siete voi, voi edifizio di Dio.

^"Secundum gràtiam Dei, quae data est ^"Secondola grazia di Dio, che è stata a
mihi, ut sapiens architéctus fundaméntum me concessa, da perito architetto io gettai
pósui àlius autera superaedifìcat. Unusquis-
: il fondamento un altro poi vi fabbrica sopra.
:

que autem videat quómodo superaedifìcet. Badi però ognuno come vi fabbrichi sopra.
^
^^Fundaméntum enim àliud nemo potest pó- ^Poiché niuno può porre altro fondamento
nere praeter id, quod pósitum est, quod est fuori di quello che è stato posto, che è
Christus lesus. Cristo Gesù.
^^Si quis autem superaedifìcat super fun- ^^Che se uno sopra questo fondamento
daméntum hoc,aurum, argéntum, làpides fabbrica oro, argento, pietre preziose, legna,
pretiósos, ligna, foenum, stipulam, "unius- fieno, stoppie, "si farà manifesto il lavoro

premio delle fatiche è più o meno grande, a ossia continuano l'opera da me incominciata. Badi
seconda della carità, con cui si sono sopportate. però ognuno, quali siano i materiali di cui si
serve per continuare la fabbrica, ossia badi ogni
Poiché siamo, ecc. Prova l'ultima parte del
9.
predicatore, quale sia la dottrina che egli aggiunge
V. p.Ognuno riceverà la sua mercede, perchè noi
alle verità fondamentali della fede da me annun-
predicatori siamo cooperatori di Dio, e perciò le
ziate, a se tratta da private opinioni, se attinta
nostre fatiche non possono restare senza ricom-
dalla mondana filosofia, se finalmente più arguta
pensa. Non siamo schiavi (òovXox), che non hanno
che solida » (Martini), poiché da ciò dipenderà
alcun diritto a mercede, ma siamo liberi operai
la sua mercede.
cwvepYoi), i quali hanno un vero diritto alla mer-
cede. Il campo in cui lavoriamo non è nostro, ma 11. Spiega perchè parli solo dei continuatori
di Dio, e similmente a Dio appartiene l'edifizio dell'opera sua. Nell'edifizio della Chiesa e della dot-
attorno al quale noi impieghiamo l'opera nostra, trina cristiana, non può porsi altro fondamento fuori
e quindi, anche per questo titolo, noi riceveremo di quello che è stato posto da me e questo fon-
:

la mercede da Dio. In questo passo si ha un damento è Gesù Cristo, che io ho predicato, e


argomento chiarissimo per dimostrare il merito a cui voi avete creduto. Egli è la pietra angolare,
delle opere buone fatte per Dio. su cui si appoggia tutto l'edifizio, e se alcuno cre-
Cultura. Il greco YetópYto^*! significa piuttosto desse di poter far a meno di lui, o di fabbricare
campo, podere coltivato. Edifizio di Dio. Il greco sopra altro fondamento, costui invece di essere
oìxoòofiTJ, significa un edifizio in costruzione (Vedi cooperatore (9), sarebbe distruttore dell'opera di
Cornely, h. 1.). Dio.
Poiché Dio giudicherà di ciò che avranno
10. 12. Se il fondamento posto è immutabile, non
fatto ministri del Vangelo, l'Apostolo piglia oc-
i rimane altro ai predicatori, che adoprare buoni
casione per mostrare quanto sia grande la loro materiali per continuare la fabbrica. Questa infatti
responsabilità (10-17). può essere continuata, o con materiali buoni e
Secando lagrazia di Dio che è stata a me con- resistenti al fuoco, quali l'oro, l'argento, le pietre
ces!:n vdi essere cioè l'Apostolo dei Gentili, da preziose, oppure con materiali scadenti e facile
sapiente architetto, che bada prima di tutto alle preda delle fiamme, quali sono il legno, il fieno,
la stoppa. La maggior parte degli interpreti antichi
e moderni ritiene, che le due classi di materiali
significhino le diverse dottrine aggiunte al dogma
fondamentale di Gesù crocifisso, o da esso deri-
vate. L'oro, l'argento, le pietre preziose signifi-
cano sode dottrine, che servono a confermare i
le
fedeli nella fede e ad eccitarli al bene; il legno,
il fieno, la stoppa non indicano già vere eresie,
che non potrebbero essere fabbricate sopra il fon-
damento Gesù Cristo, ma certe dottrine inutili,
superflue e un po' mondane, destinate piuttosto a
pascere la curiosità degli uditori, che non a con-
fermali nella fede e a farli crescere nella carità
(Ved. Cornely, h. 1.; Prat, op. cit,, t. I, p. 131-
138; Curluy, Spicil. dog. bibl, t. I, p. 269-277;
— Brassac, M. B.,vol. IV, p. 257 Le Camus, op.
;
Fig. 7. Architetto e muratori.
cit., t. Ili, p. 65). L'Apostolo probabilmente in-
tende parlare, in modo speciale, dei partigiani di
fondamenta dell'edifizio, che vuol inalzare, per- Cefa, i quali cominciavano a decantare troppo i
che da esse dipende la solidità della costruzione privilegi dei Giudei, cosa inutile, e talvolta anche
(Matt. VII, 24-27), io gettai tra voi il fondamento nociva, tra i pagani (II Cor. XI, 21 e ss.).
della fede, predicandovi per il primo Gesù croci- 13. Nel tempo presente è assai difficile poter
fisso, e fondando così la vostra Chiesa un altro ; conoscere, chi lavori usando buoni materiali e chi
poi, cioè Apollo, e quei che dopo di me si sono no, ma a suo tempo si farà manifesto il lavoro
recati a predicare « Corinto, vi fabbricano sopra, di ciascuno, ossia il modo con cui ha lavorato
120 I Corinti, I!I, U-16

cuiùsque opus maniféstum erit : Dìes enim di ciascuno : perchè il dì del Signore ìd
Domini declarabit, quia in igne revelabitur : porrà in chiaro, dappoiché sarà disvelato per
et uniuscuiùsque opus quale sit, ignis pro- mezzo del fuoco ed il fuoco proverà quale
:

bàbit. ^*Sì CUÌU3 opus mànserit quod super- sia il lavoro di ciascuno. ^"Se sussisterà il
aedificàvit, mercédem accipiet. ^^Si cuius lavoro che uno vi ha sopra edificato, ne
opus àrserit, detrlméntum patiétur : ipse au- avrà ricompensa. ^'Se il lavoro di alcuno
tem salvus erit sic tamen quasi per ignem.
: arderà, egli ne soffrirà il danno ma sarà
:

salvato, così però, come per mezzo del fuoco.

"Nescitis quia templum Dei estis, et Spi- "Non sapete voi che siete tempio di Dio,

nella costruzione dell'edifizio di Dio. Il giorno del 15. Se il lavoro, ossia l'effetto prodotto dalle
Signore (gr. f\ rmépa, coirarticolo), cioè il giorno dottrine insegnate, arderà, cioè sarà consumato dal
dell'universale giudizio, in cui saranno pubblica- fuoco per non essere che legno, fieno, ecc., il
mente manifestate le virtù e i meriti, i difetti e ministro evangelico ne soffrirà il danno, perchè
le imperfezioni della condotta di ciascuno (I, 8; non avrà la speciale ricompensa promesssa agli
IV, 3; Rom. II, 16; XIII, 12; II Tessal. I, 10; Apostoli. Benché però vada perduta la sua opera,
II Tim. I, 12, 18; Ebr. X, 35; II Piet. II, 9, ecc.). tuttavia,perchè ha edificato sul vero fondamento
Nel greco mancano le parole del Signore, tut-
: Gesù Cristo, quantunque abbia edificato male, egli
tavia è chiaro dal contesto che qui si parla del sarà salvo, ma non senza dolore e senza pena,
giorno del Signore. Lo porrà in chiaro, cioè farà bensì per mezzo del fuoco. L'Apostolo ci presenta
conoscere a tutti il modo con cui si è fabbricato. l'immagine di un edifizio invaso dal fuoco. Ntlla
Sarà disvelato per mezzo del fuoco. Nel greco, parte di questo edifizio costrutta con oro, ar-
il verbo è al presente àito'KaXvmexax. Il soggetto gento, ecc., il fuoco non trova alimento e gb'
di questo verbo non è « il lavoro », ma « il dì del operai intenti al lavoro rimangono illesi; ma nella
Signore » altrimenti si avrebbe una tautologia. Il
; parte costrutta con legno, fieno, ecc., il fuoco in
giorno del Signore si rivelerà nel fuoco, ossia sarà breve tutto distrugge, e gli operai riescono bensì
circondato di fuoco (II Tess. I, 8), oppure sarà a salvarsi, ma attraversando le fiamme e rima-
illuminato dal fuoco, che consumerà e purificherà nendo più o meno ustionati.
tutto l'universo (II Piet. III, 10). Questo fuoco, In questo testo si ha una prova evidentissima
quale strumento della divina giustìzia, proverà le dell'esistenza del Purgatorio. Se infatd i ministri
opere di tutti gli uomini in modo però che alcune del Vangelo, trovati dal giorno del Signore, e
(oro, argento, pietre preziose) resteranno illese, quindi dalla morte, negligenti nel loro dovere,
mentre altre andranno distrutte (legno, paglia, ecc.), vedranno non solo distrutte le loro opere, ma essi
ed altre saranno tormentate in eterno. L'Apostolo stessinon arriveranno a salvarsi se non mediante
qui non parla di quest'ultime, poiché discorre il fuoco, ossia dopo aver espiata la loro colpa, ciò

degli operai che fabbricano su legittimo fonda- dimostra che vi sono peccati, i quali, benché non
mento, ma di esse tratta, II Tess. (I, 8) e vi allude impediscano, tuttavia ritardano la salute, e che se
(vv. 16-17). Tale è l'interpretazione di Origrne, l'uomo viene a morire prima di averli espiati, do-
di S. Basilio, di S. Cirillo G., di S. Gerolamo, di vrà per essi soddisfare dopo morte nel Purga-
Sant'Ambrogio, di Estio, di Tirino, di Menoc- torio, luogo intermedio tra il cielo e l'inferno.
chio, ecc., e, fra i moderni, di Cornely, di Fil- Gioverà tuttavia notare che l'Apostolo non parla
lion, ecc., ed è pure una di quelle riferite da direttamente del Purgatorio, poiché da una parte
S. Tommaso, h. I. discórre solo dei predicatori del Vangelo, e dal-
Alcuni però (Sant'Agostino, San Gregorio Ma- l'altra si riferisce al giudizio universale. Ved. Cor-
gno, ecc.), per giorno del Signore, intendono il nely, h. 1.; Fillion, h. 1.; Brassac, M. B., t. IV,
giorno della tribolazione o della persecuzion-, e p. 259 Corluy, SpiciL, t. 1, p.- 275-277.
;

altri (Gaetano, Lirano, ecc.), il giorno della morte,


ossia del giudizio particolare. Qui però, l'Apostolo
16. Non
sapete, ecc. L'Apostolo usa spesso di
queste apostrofi, quando vuol richiamare alla
parla di un giorno che si manifesterà nel fuoco,
che farà chiare le opere, ecc., il che conviene solo mente qualche verità importante, sulla quale in-
tende parlare. Egli vuol dire : Voi vi meravigliate
al giorno del giudizio universale.
che un grande castigo attenda i predicatori che
Similmente il fuoco, dì cui si parla, non può
fabbricano con legno, ecc., ma non sapete voi che
essere quello dell'inferno, che non lascia sfuggire
siete tempio di Dio ? Queste ultime parole, benché
le sue vitdme, né direttamente quello del purga-
direttamente si riferiscano alla Chiesa di Corinto,
torio, che è piuttosto un fuoco di espiazione e
si avverano pure di ogni cristiano in particolare.
non di prova, ed è riservato ai soli colpevoli, né
I sono tempii di Dio, perchè Dio fa in essi
fedeli
quello della persecuzione, a cui non tutti, alm-no
dimora, mediante la fede e la carità. Ora, non è
nello stesso giorno, sono sottoposti, ma è il fuoco
forse cosa indegna fabbricare un tempio a Dio con
della conflagrazione universale, oppure, secondo
legno, fieno, ecc., quando si può edificarlo con
altri, è lo stesso giudizio di Dio, rappresentato
materia più nobile? Lo Spirito di Dio, cioè lo
sotto la figura di un fuoco che brucia e con^suma
Spirito Santo, abita in voi. Il tempio è l'abita-
quanto trova di meno puro o perfetto (Ved. Cor-
zione di Dio, e quindi se in voi abita lo Spirito
nely, h. 1.; Brassac, M. B., t. IV, p. 258).
Santo, voi siete veramente tempii di Dio. In
Se sussisterà, cioè se resisterà al fuoco d'
14. queste ultime parole, si ha pure una prova della
quel giorno, il lavoro, che il ministro evangelico, divinità dello Spirito Santo, poiché l'Apostolo de-
sul fondamento che è Gesù Cristo, ha sopra edi- duce, che i cristiani sono tempii di Dio perchè
ficato, allora ne avrà ricompensa, cioè non solo lo Spirito abita in essi, il che suppone precisa-
sarà salvo, ma godrà di speciali privilegi. mente che lo Spirito Santo sia Dio.
I Corinti, III, 17-22 121

ritusDei habitat in vobis? ^^Sì quìs autera e che lo Spirito di Dio abita in voi? *^Se
femplum Dei violàverit, dispérdet illum akuno violerà il tempio di Dio, Iddio lo
Deus. Templum enim Dei sanctum est, quod sperderà. Poiché santo è il tempio di Dio
estis vos. che siete voi.

^^Nemo se sedùcat quis vidétur inter


: sì "Ninno inganni se stesso se alcuno tra
:

vos sapiens esse in hoc saéculo, stultus fiat voi si tiene per sapiente secondo questo se-
ut sit sapiens. "Sapìéntia enim huius mundi, colo, diventi stolto, affine di essere sapiente.
apud Deum. Scriptum est enim
stultitia est : "Perocché la sapienza di questo mondo è
Comprehéndam sapiéntes in astùtia eórum. stoltezza dinanzi a Dio. Poiché sta scritto :

'"Et iterum Dóminus nòvit cogitatiónes sa-


: Io impiglierò i sapienti nella loro astuzia.
piéntium quóniam vanae sunt. ^°E di nuovo Il Signore conosce
: come sono
vani i pensamenti dei sapienti.
^^Nemo itaque gloriétur in hominibus. -^Niuno adunque si glorii negli uomini.
"Omnia enim vestra sunt, sìve Paulus, sive ^-Infatti tutte le cose sono vostre, sia Paolo,

" Inf. VI, 19; II Cor. VI, 16. i»


Job. V, 13. 2» Ps. XCIII, 11

17. Dopo aver parlato del premio riservato a ghidizio non va soggetto ad errore, e quindi il
coloro che fabbricano con oro, ecc., e del castigo vero cristiano deve riprovarla.
che attende gii operai negligenti e trascurati, Sta scritto, ecc. Prova l'affermazione precedente
viene ora a discorrere di coloro, i quali non edifi- con due testimonianze dell'Antico Testamento. La
cano, ma distruggono, perchè tolgono il fonda- prima è tratta dal libro di Giobbe (V, 13) secondo
mento, senza del quale niun edifizio può sussistere. i LXX, ed è alquanto modificata e resa più con-
Se alcuno violerà (nel greco : se alcuno distrug- forme al testo ebraico. Io impiglierò, o meglio,
gerà o disperderà) il tempio di Dio, predicando io prenderò. Nel greco non vi è il futuro, ma
dottrine perverse e allontanando gli uomini da il participio presente 6pa<yoo|ievóq = (Dio) che
Gesù Cristo, lidio lo sperderà o lo distruggerà prende, ecc. Queste parole nel loro contesto
(nel greco vi è lo stesso verbo precedente (pQeipti) significano, che Dio rende vani tutti i calcoli e
ossìa lo priverà della salute eterna. Dio applicherà le astuzie degli uomini, facendo sì che i trovati
a questo disgraziato la pena del taglione. La ra- dell'umana sapienza, contrariamente a quel che
gione di una pena così severa è, che santo è il essi desiderano, servano all'adempimento dei di-
tempio di Dio, perchè ivi abita Dio, e ogni viola- segni divini.
zione del tempio di Dio è un sacrilegio meritevole 20. E nuovo, ecc. Questa seconda testimo-
di
di gravissimo castigo. Se la violazione del tempio nianza è dal salmo XCIll, 11, secondo i
tratta
materiale era gravissimamente punita, quanto LXX, ed è leggermente modificata. Nel contesto
maggior pena non sarà riservata a colui, che pro- si parla di uomini nemici d'Israele, i quali, da
fana il tempio vivo di Dio e lo distrugge? Che stolti, credono che Dio ignori i loro disegni contro
siete voi. Torna a inculcare la grande dignità dei il popolo eletto. Costoro erano falsi sapienti, e
fedeli, ripetendo che essi sono tempio di Dio. perciò l'Apostolo ha cangiato la parola uomini in
18-20. L'Apostolo riassume brevemente ciò che quella di sapienti. Se vani sono i pensamenti dei
ha detto al cap. I, intorno alla causa principale, sapienti, vana è pure la loro sapienza, perchè
che aveva dato origine alla formazione dei diversi incapace di condurli al fine, a cui pure dovrebbero
partiti, e torna di nuovo a condannare la saggezza tendere.
umana per conchiudere poi (21-23), che i fedeli 21. Se adunque Dio disprezza come vana, la
non devono gloriarsi dell'uno o dell'altro predica- sapienza dì questo mondo, anzi fa che sia dì rovina
tore, ma solo di Dio e di Gesù Cristo. per coloro stessi che la professano, ì Corinti non
Niuno inganni se stesso, pensando che non sia devono lasciarsi guidare da questa falsa sapienza,
vero quello che ho detto. Se alcuno tra voi si gloriandosi dei varii predicatori, e traendo motivo
tiene per sapiente secondo questo secolo, ossia se da Paolo, da Apollo, o da Cefa, per creare partiti
qualche cristiano tra voi, pretende di giudicare e divisioni. V. I, 12 e ss.
dell' cose secondo i criterii del mondo, e vuole 22. Tutte le cose sono vostre, ossia sono ordi-
parteggiare per Paolo, o per Apollo, o per Cefa, nate dalla Provvidenza a vostro vantaggio e alla
diventi stolto,, cioè rinunzi a questa falsa sapienza vostra salute spirituale. Voi andate dicendo : Io
del mondo, affine di essere saggio della vera sa- sono di Paolo, io di .apollo, io di Cefa, quasi che
pienza di Dio. La sapienza del mondo e quella dì essi fossero i vostri padroni e voi la loro pro-
Dio sono nemiche tra loro, e non possono trovarsi prietà; ma vi ingannate, perchè i discepoli non
assieme nello stesso soggetto. Il testo greco e sono per i maestri, ma i maestri per i discepoli, e
l'antica versione latina sono un po' differenti dalla ognuno dì voi dovrebbe piuttosto dire : Paolo e
Volgata : Se alcuno tra voi si tiene per sapiente, Apollo, e Cefa sono miei, perchè tutti sono stati
diventi stolto secondo questo secolo, affine di mandati per me. E non solo i predicatori sono
essere sapiente. Il senso non varia gran che. ordinati al vostro vantaggio, ma anche il mondo,
19. Spiega perchè chi vuole avere la vera sa- cioè il complesso di tutte le creature visibili, e
pienza cristiana, deve rinunziare alla sapienza del la vita, ossìa tutto il tempo concessovi per farvi
mondo. La sapienza di questo mondo (V. n. I, dei meriti, e la morte, cioè il tempo in cui Dio
18 e ss.), che attende unicamente alle cose dì vi chiamerà a ricevere il premio; tutti i beni
quaggiù, senza curarsi di Dio e della via per arri- quindi e tutti i mali della vita presente, e le cose
vare fine a lui, è stoltezza dinanzi a Dio, il cui presenti delle quali ci serviamo per meritare, e
122 I Corinti, IH, 23 — IV, 3

Apòllo, sive Cephas, sive mundus, sive vita, sia Apollo, sia Cefa, sia il mondo, sia la
sive mors, sive praeséntia, sive futura om- : vita, sia la morte, siano le
cose presenti,
nia enira vestra sunt "^Vos autem Christi
: : siano le future perocché tutto è vostro :
:

Cliristus autem Dei. ^^Voi poi di Cristo e Cristo di Dio.


:

CAPO IV.

I fedeli non sono giudici dei predicatori, i-6. —


Umiltà e abnegazio7ie necessaria
ai predicatori, y-13. — Esortazione ai fedeli, 14-21.

^Sic nos existimet homo ut ministros Chri- ^Così ognuno ci consideri come ministri di
sti, et dispensatóres mysteriórum Dei. ^Hic Cristo, e dispensatori dei misteri di Dio.
jam quaéritur Inter dispensatóres ut fìdélis ^Del resto poi nei dispensatori si ricerca che
quis inveniàtur. ^Mihi autem prò minimo est siano trovati fedeli. ^A me poi importa po-
ut a vobis iùdicer, aut ab humàno die sed : chissimo di essere giudicato da voi, in giu-

II Cor. VI, 4.

le cose future che formeranno il vostro premio e ordine inferiore, dedicato come schiavo a prestar
la v^.jtra felicità. Dopo questa enumerazione, l'opera sua al padrone. Dispensatori, gr.oìxovójnouq.
l'Apostolo ripete con nuova forza tutto è vostro
: L'economo era incaricato dell'amministrazione
e ordinato alla vostra salute (V. n. Rom. Vili, 28). della casa, e a lui apparteneva distribuire agli altri
Se sì grande è la vostra dignità, come oserete servi ciò che loro era necessario. Ora, tanto il
ancora riguardarvi come proprietà dell'uno o del- servo che l'economo, non sono obbligati a rendere
l'altro predicatore e fare scismi e partiti? ragione del loro operare ad altri che al padrone,
23. Voi poi di Cristo. Non crediate però di e perciò anche i ministri del Vangelo da Gesù
potervi gloriare in voi stessi; voi infatti siete Cristo solo dipendono, e devono essere giudicati
proprietà non vostra, ma di Gesù Cristo, il quale unicamente per relazione a Cristo, di cui sono
non solo vi ha creati (Giov. I, 8), ma col suo legati (II Cor. V, 20; Efes. VI, 20). Misteri di

sangue vi ha ricomprato dalla servitii del demonio Dio sono prima di tutto, le verità evangeliche pre-
(VI, 20; VII, 23), ed è l'unico vostro capo e dicate dagli Apostoli (II, 7 e ss. ; III. 5 e ss.;

l'unico vostro maestro. Se volete quindi gloriarvi, Rom. XI, 25; Efes. I, 9; Matt. XIII, II, ecc.), e
gloriatevi in Gesù Cristo, a cui appartenete. Gesù poi anche i mezzi di salute e principalmente ì
Cristo è di Dio, e secondo la sua divinità, che sacramenti (Conc. Trid., sess. XXI, cap, 2); la
riceve per eterna generazione dal Padre (V. n. cui amministrazione fu affidata agli Apostoli.
XI, 3), e secondo la sua umanità, che fu creata da Del resto, gr. coòe Xoinóv, ossia stando così
2.
Dio, e perchè, come uomo, non cercò che la gloria le cose, da noi non si deve cercar altro fuori di
di Dio, e, per obbedire alla volontà di Dio, morì quei che si richiede in ogni economo e in ogni
sulla croce. E' chiaro che non nello stesso modo servo, che amministra cose non sue, cioè la fedeltà
il mondo è nostro, e noi siamo di Gesù Cristo, e nel salvaguardare gli interessi del padrone, pur
Gesù Cristo è di Dio. dando a ciascuno tutto ciò che gli è dovuto. Nel
caso nostro, si può esigere che noi siamo fedeli
nel servire a Gesù Cristo e nel dispensare i
misteri di Dio; del resto poco importa, che le
nostre doti naturali siano maggiori o minori.
CAPO IV.
3. Se questa fedeltà si trovi nell'uno o nel-
l'altro, è cosa il cui giudizio non appartiene al-
1-6. Corinti avevano formato varii partiti, glo-
I
l'uomo, ma a Dio solo, che è il padrone. Perciò
riandosi dei loro maestri, perchè ritenevano l'uno a me importa pochissimo di essere giudicato da
superiore all'altro. L'Apostolo fa ora vedere quale voi, cioè di essere preferito o posposto agli altri,
sia la vera norma, per giudicare un ministro evan- perchè voi non siete giudici competenti della mia
gelico superiore all'altro, osservando però subito, fedeltà. Per lo stesso motivo, nulla mi importa di
che Dio solo è in grado di applicare, come si essere giudicato in giudizio umano, ossia da qual-
conviene tale norma, e che perciò i fedeli devono siasi altro tribunale umano. La frase vnò ayQpconi'
astenersi dal giudicare i ministri del Vangelo, e vr\c, lìfiépaq = ab humano die = dal giorno umano,
lasciare ogni cosa al giudizio di Dio. in opposizione al giorno di Dio (III, 13), è tratta
Così, ecc. Nei due primi vv., l'Apostolo dà la dagli usi giudiziarii, per cui si destinavano alcuni
norma per giudicare dei ministri del Vangelo. giorni per i giudizi. Non solo mi importa poco del
Ognuno. L'homo del latino — &yQp(oito<; del greco, giudizio degli uomini, ma non ardirei nemmeno
è un ebraismo per significare ognuno. Ci consideri io di portar giudizio sopra me stesso, sulle mie
quindi ognuno così come siamo, cioè come mi- opere e sulle mie intenzioni, perchè noa sono
nistri. Il greco vm\péxr\q, significa un servo di sicuro di non pigliare abbaglio.
I Corinti, IV, 4-8 123

oeque meipsum ludico. *Nihil enim mihi dizio umano : anzi nemmeno fo giudizio dì
cónscius sum; sed non in hoc iustìficàtus me medesimo. "Perocché non mi sono con-
sum qui autem iùdìcat me, Etóminus est.
: sapevole di cosa alcuna ma non per questo
:

^Itaque nolìte ante tempus indicare, quoad- sono e chi mi giudica è il


giustificato;
ùsque véniat Dóminus qui et illuminàbit
: Signore. ^Per la qual cosa non vogliate giudi-
abscóndita tenebràrum, et manifestàbit Con- care prima del tempo, finché venga il
silia córdium et tunc laus erit unicuique
: Signore il quale rischiarerà i nascondigli
:

a Deo. delle tenebre, e manifesterà i consigli dei


cuori : e allora ciascuno avrà lode da Dio.
*Haec autem, fratres, transfiguràvi in me ^Or queste cose, o fratelli, le ho in figura
et Apollo, propter vos ut in nobìs discàtis,
: trasportate sopra di me e di Apollo per ri-
ne supra quam scriptum est, unus advérsus guardo a voi affinché in noi impariate, oltre
:

àlterum inflétur prò alio. ^Quis enim te dis- quel che è scritto non si levi in superbia
cérnit? Quid autem habes quod non acce- l'uno sopra l'altro per cagion di un altro.
pisti ? Si autem accepisti, quid gloriàris ^Perocché chi é che ti differenzia ? E che hai
quasi non accéperis? *Iam saturati estis, tu che non lo abbi ricevuto? E se lo hai

4. Non mi sono consapevole, ecc. Benché la mia nella fede. Alcuni pensano, che l'Apostolo alluda
coscienza non mi riprenda di nulla, nell'esercizio semplicemente a quello che ha scritto ai vv. 1
del mio apostolato, non per questo sono giustifi- e 2 di questo capo, ed altri, che citi solo un pro-
cato, ossia non per questo oserei dichiararmi verbio rabbinico. La prima spiegazione però é più
fedele nell'adempimento del mio ministero, giacché comune. Non si levi, ecc. L'uno si leva in su-
sì grande è l'umana debolezza, che niuno può in perbia per l'altro, quando si gloria di aderire al-
queste cose fidarsi del proprio giudizio, ed essere l'uno piuttosto che all'altro, e si leva poi contro
sicuro di non ingannarsi. l'altro, quando per esaltare il maestro, a cui
Chi mi giudica è il Signore. Colui solo può di- aderisce, deprime e disprezza gli altri maestri.
chiararmi giusto e fedele, che conosce le più L'Apostolo descrive vivamente l'agitarsi dei diversi
intime latebre del cuore umano, e a cui nulla di partigiani per l'uno contro l'altro.
ciò che é in me è nascosto. Ciò che l'Apostolo 7. Raccomanda ai capi dei diversi partiti in modo
dice di sé stesso, per riguardo al suo ministero, speciale l'umiltà, proponendo loro da imitare gli
ogni cristiano può e deve dirlo per riguardo ai suoi esempi dei veri Apostoli (7-13). L'Apostolo usa
doveri morali e a tutta la sua vita. L'uomo, senza qui di una pungente ironia. Chi e cne ti diffe-
una speciale rivelazione, non può avere la certezza renzia? chi ti dichiara superiore agli altri; chi
assoluta di essere in grazia di Dio (Cf. Conc. Trid. trova in te qualche cosa che non si trovi anche in
sess. VI de just., cap. 16). altri? Con questa prima interrogazione, fa subito
5. L'Apostolo conchiude, dicendo che i Corinti vedere che non hanno di che gloriarsi gli uni
devono quindi cessare dal giudicare iloro predi- sugli altri. Le prerogative, le doti e anche i doni
catori, e dal preferire l'uno all'altro. Non vogliate soprannaturali che hanno, sono comuni a molti.
giudicare prima del tempo, ossia prima di cono- Che se alcuno, ciò non ostante, volesse gloriarsi, o
scere bene tutte le cose aspettate finche venga il
; pretendere di aver qualche prerogativa speciale,
Signore a fare l'universale giudizio degli uomini; l'Apostolo gli fa una seconda domanda Che hai :

allora egli rischiarerà i nascondigli delle tenebre, tu che non lo abbi ricevuto ? Tutto ciò che hai è
ossia metterà in luce le opere buone e cattive, un dono gratuito di Dio, sia l'eloquenza, sia la
anche fatte in segreto, manifesterà i consigli dei fede, sia la dottrina, sia la grazia, siano doni i

cuori, cioè farà palesi non solo le opere esterne, dello Spirito Santo, ecc., e nulla puoi attribuire ai
ma anche le intenzioni che hanno guidato a farle, tuoi meriti personali. Se lo hai ricevuto, perchè
e pronunzierà una giusta sentenza, e allora ciascun te ne glorii come se non l'avessi ricevuto ? e abusi
predicatore avrà lode da Dio, e anche voi, senza dei doni di Dio attribuendoli a te stesso? Le pa-
pericolo di errare, loderete assieme a Dio l'uno o role dell'Apostolo, benché dirette in modo speciale
l'altro, e preferirete l'uno all'altro. ai capi partito di Corinto, si estendono però a tutti

6. Queste cose che ho detto (III, 4»>-IV, 5) sulla i fedeli. L'uomo, tanto nell'ordine naturafe, quanto
condizione degli operai evangelici, benché riguar- nel soprannaturale, non ha da se stesso alcuna
dino tutti i predicatori, le ho in figura trasportate cosa, per cui l'uno possa essere superiore all'al-
(gr. |ieteaXn|iàTi(ja = mutar forma o figura), o tro e di cui possa gloriarsi come di cosa che gli
meglio, per un cambiamento di forma le ho appli- sia dovuta ma tutto ha ricevuto e riceve da Dio.
;

cate solo a me e ad Apollo, per riguardo a voi, Con ragione pertanto, Sant'Agostino e alcuni an-
ossia per vostro vantaggio, affinchè impariate in tichi Concini, si servirono di questo testo contro
i Pelagiani e i Semipelagiani, che negavano la ne-
noi, abbiate cioè un esempio in cui possiate impa-
rare : oltre quello, ecc. Nei migliori codici greci cessità della grazia.
si legge :affinchè in noi impariate quel (detto) : 8. Con fina ironia, passa a deridere la loro stolta
Non oltre quello che è scritto, non si levi in presunzione. Già siete satolli, ecc. E' tanta la com-
superbia Vuno per l'altro contro l'altro. Questa piacenza che avete in voi stessi, che si direbbe che
lezione presenta un senso piii chiaro. Dice adunque siate già partecipi di tutti i beni del regno glorioso
l'Apostolo : Non 'stimatevi, oppure non andate di Gesù Cristo. Tali beni, agl'altri sono promessi
oltre i limiti dell'umiltà, quali sono tracciati in per la vita avvenire, ma voi già li godete nella vita
mille luoghi della Sacra Scrittura, la quale inculca presente. Senza di noi regnate. Il greco 'rar;i-
sempre agli uomini di essere umili con Dio e col XeiJoare, significa siete arrivati al regno. Nella vita
prossimo; e perciò non giudicate i vostri maestri futura, i fedeli saranno associati alla regia dignità
124 I Corinti, IV, 9-13

iam divites facti estis sine nobis regnàtis : : ricevuto, perchè te ne glorii, come se non
etùtinam regnétis, ut et nos vobiscum re- lo avessi ricevuto? ''Già siete satolli, già
gnéraus. siete arricchiti senza dì noi regnate
: e :

voglia Dio che regniate, affinchè noi pure


regniamo con voi.

•Puto enim quod Deus nos Apóstolos no- 'Poiché io penso che Dio ha esposti noi
vissimos osténdit, tamquam morti destinà- ultimi Apostoli,come destinati alla morte :

tos quia spectàculum facti sumus mundo,


: perchè siamo fatti spettacolo al mondo, agli
et Angelis, et hominibus. "Nos stulti prop- Angeli ed agli uomini. ^°Noi stolti per
ter Christum, vos autem prudéntes in Chri- Cristo, e voi prudenti in Cristo noi deboli, :

sto nos infirmi, vos autem fortes vos nó-


: : e voi forti voi gloriosi, e noi disonorati.
:

biles, nos autem ignóbiles. ^^Usque in liane ^'Fino a questo punto noi soffriamo la fame
horam et esurimus, et sitimus, et nudi su- e la sete, e siamo ignudi, e siamo schiaffeg-
mus, et cólaphis caédimur, et instàbiles su- giati, e non abbiamo dove fermarci, ^-e ci
mus, ^^et laboràmus operàntes mànibus affanniamo a lavorare colle nostre mani ma- :

nostrls maledicimur, et benedìcimus


: per- : ledetti,benediciamo perseguitati, abbiamo
:

secutiónem pàtimur, et sustinémus "Blas- : pazienza "bestemmiati, porgiamo sup-


:

phemàmur, et obsecràmus tamquam pur- : pliche siamo divenuti come la spazzatura


:

gaménta huius mundi facti sumus, omnium del mondo, la feccia di tutti fino a questo
peripséma usque adliuc. punto.

" Act. XX, 34; I Thess. II, 9; II Thess. 111,8.

di Gesù Cristo, e regneranno assieme con Lui (II e predicando una dottrina ritenuta come stoltezza
Tim. II, 12; Apoc. III, 21; V, 10). I capipartito dal mondo, siamo noi pure riputati stolti. Noi
di Corinto sono sono
già arrivati a tale regno, e vi deboli, perchè privi di ogni umano sussidio, ed
arrivati senza di noi, veri Apostoli; che pure li esposti a tutte le persecuzioni. Noi disonorati, ossia
abbiamo fatti cristiani, e abbiamo loro aperta la derisi e diprezzati, perchè privi di ogni scienza,
via. Noi siamo ancora lontani da tanta felicità, essi di ogni eloquenza mondana. Tutto ciò però, noi
già ne sono in possesso. Voglia Dio che regniate, sopportiamo per amore di Gesù Cristo e del Van-
meglio Piacesse a Dio che foste già arrivati al
: gelo. Voi al contrario siete prudenti, meglio saggi,
regno, e foste già nella beatitudine, perchè allora in Cristo, ossia voi siete considerati dai vostri se-
noi Apostoli, fondatori della vostra Chiesa, re- guaci come dotati di sapienza umana in Cristo. E
gniamo con voi, meglio regneremmo con voi, giac- una vera contraddizione, perché chi vuol essere
ché siamo sicuri che voi ci chiamereste a parte saggio o forte o nobile secondo il mondo non può
della vostra felicità. essere tale secondo Gesù Cristo. Forti, che non
9. Alla vana compiacenza
e all'orgoglio dei avete bisogno dell'aiuto altrui, ma bastate a voi
maestri di Corinto, l'Apostolo oppone ora i pa- stessi e da voi tenete lontana ogni persecuzione.
timenti, l'umiltà, la mansuetudine dei veri Apostoli. Gloriosi, perché per la vostra eloquenza e dottrina
Poiché io penso, ecc. Sarebbe veramente deside- siete stimati e onorati.
rabile per noi, aver subito con voi parte alla feli- 11. Fino, ecc. Non crediate che quanto ho detto
cità, di cui già godete, poiché io penso che Dio ha sia stato vero in passato, e non lo sia più attual-
esposti (il greco significa esporre pubblicamente) mente, perchè anche ora che vi parlo, soffriamo la
noi ultimi Apostoli. Sarebbe meglio tradurre : ha mancanza di ciò che è più necessario alla vita,
esposti pubblicamente noi Apostoli come gli ul- del cibo cioè, della bevauda e del vestito. Soffriamo
timi, ossia ci ha posti in tale condizione, da com- inoltre ogni sorta di maltrattamenti,' siamo cioè
parire come i più abbietti e ì più vili fra gli uomini. schiaffeggiati, e non abbiamo dove fermarci, co-
Come destinati alla morte. Davasì il nome di stretti come siamo dalle persecuzioni a fuggire da
ÉmGavdTtoq = destinato alla morte, ai gladiatori, un luogo all'altro.
che combattevano negli anfiteatri contro le fiere, o
12. E quasi che ciò non bastasse, ci affanniamo
agli schiavi e ai rei di alcuni delitti, che negli
a lavorare colle nostre mani, per guadagnarci il
stessi anfiteatri venivano offerti in pascolo "alle
fiere. Applicato agli Apostoli, indica le continue
pane e non essere d'aggravio alle Chiese, dove
persecuzioni e i pericoli d'ogni genere, a cui do-
predichiamo (IX, 6 e ss. ; Atti XVIII, 2; XX, 34;
vevano sottostare per adempiere il loro ministero. II Cor. XI, 7; II Tessal. Ili, 8, ecc.). Male-
detti, ecc. Alla brutalità e alla ferocia dei nostri
L'anfiteatro, in cui gli Apostoli sono dati in spet-
nemici, opponiamo la dolcezza, la mansuetudine,
tacolo, é il mondo, gli spettatori che assistono al
l'umiltà, ecc.
loro combattimenti sono gli angeli e gli uomini,
dei quali gli uni ammirano la loro fortezza, la loro 13. Bestemmiati con parole di improperio e di
mansuetudine e la loro umiltà ; gli altri invece si insulto, porgiamo suppliche a Dio per chi ci in-
rallegrano e gioiscono delle loro pene e della loro sulta, rendendo così bene per male, oppure ri-
morte. spondiamo con parole di dolcezza e di supplica.
Continua 1 ironia. Voi siete ben diversi da
10. Siamo divenuti come la spazzatura, ecc. Siamo ri-

noi Noi Apostoli siamo stolti per Cristo, poiché


!
guardati come gli uomini più vili ed abbietti, come
•vendo rinunziato a tutto ciò che il mondo stima. indegni di appartenere al consorzio umano.
I Corinti, IV, 14-20 125

"Non ut confùndam vos, haec scribo, sed "Non scrivo queste cose per farvi ver-
ut fiiios meos charissimos móneo. ^•'Nam si gogna; ma vi ammonisco come miei figliuoli
decem millia paedagogórum habeàtis in Chri- carissimi. "Poiché quando voi aveste dieci
sto sed non multos patres. Nam in Christo
: mila precettori in Cristo, non avete però
lesu per Evangélium ego vos génui. '*Rogo molti padri. Perocché in Cristo Gesù io vi
ergo vos, imitatóres mei estete, sicut et ego ho generati per mezzo del Vangelo. ^^Per la
Christi. qual cosa siate (vi prego) miei imitatori,
come io di Cristo.
^^Ideo misi ad vos Timótheum, qui est ^^Per questo vi ho mandato Timoteo, che
filius meus charissimus, et fidélis in Do- è mio figliuolo carissimo e fedéle nel Si-
mino qui vos commonefàciet vias meas,
: gnore, il quale vi ridurrà a memoria le vie
quae sunt in Christo ìesu, sicut ubique in che io seguo in Cristo Gesù, conforme in-
omni Ecclèsia dóceo. "Tamquam non ven- segno dappertutto in tutte le Chiese. "Come
turus sim ad vos, sic inflàti sunt quidam. se io non fossi per venire a voi, taluni si
sono gonfiati.
^'Véniam autem ad vos cito, si Dóminus ^^Ma verrò in breve da voi, se il Signore
voluerit et cognóscam non sermónem eó-
: vorrà ed esaminerò non ì discorsi di quelli
:

rum, qui inflati sunt, sed virtùtem. -"Non che si sono gonfiati, ma la virtù. ^"^Perocchè
enim in sermóne est regnum Dei, sed in il regno di Dio non sta nelle parole, ma sì

14. Dopo aver così severamente rimproverati ì già partito,doveva però attraversare la Macedonia,
capi dei vari partiti, si volge ora a tutti i fedeli e quindi non si sarebbe trovato a Corinto che più
di Corinto, mostrando loro la grandezza del suo tardi (XVI, 10-16). L'Apostolo lo chiama figliuolo
affetto, e invitandoli a tornare a migliori consìgli carissimo, non solo perchè egli lo aveva conver-
(14-16), e poi annunzia loro di aver mandato a tito (I Tim. I, 2), ma anche perchè gli era stato
Corinto Timoteo, e che presto andrà egli stesso compagno nella sua seconda missione (Atti, XVI,
a visitarli. 1 e ss.). Fedele nel Signore, cioè in tutte le cose
Non scrivo, ecc. Io non scrivo a voi queste cose che si riferiscono al Signore (V. n. IV, 2). Vi
per umiliarvi, e farvi arrossire della preferenza ridurrà a memoria le vie che io seguo, cioè la
data sopra di noi ai vostri maestri ma per indurvi
; condotta che io tengo in tutte le Chiese, nell'adem-
al ravvedimento. Come un padre non castiga il pimento del mio ministero, condotta che è tutta
figlio, se non affinchè si emendi, così anch'io vi in Cristo Gesù, perchè non cerco che la sua gloria
ho rimproverati, perchè desidero che vi emendiate. e non sono aiutato che dalla sua grazia. Timoteo,
Mostra quanto li ami, chiamandoli figli carissimi. meglio d'ogni altro, conosce il mio modo di agire,
15. L'Apostolo rivendica a sé la dignità di padre e perciò potrà riferirne a voi, o Corinti, con piena
a riguardo dei Corinti, e quindi il diritto di ammo- cognizione di causa. Conforme insegno, ecc. Que-
nirli e di riprenderli. Dieci mila è un iperbole pro- ste parole sì riferiscono al modo di agire dell'Apo-
verbiale, per indicare un numero grande e inde- stolo, come predicatore del Vangelo. Alcuni spie-

terminato. Precettore o pedagogo, era d'ordinario gano le vie che io seguo, come se l'Apostolo avesse
detto il mio sistema di dottrina. La prima spie-
uno schiavo, a cui era affidata dal padrone l'edu- :

cazione dei figli (Gal. Ili, 24). Col nome di pre- gazione però è più comune.
cettori o pedagoghi, l'Apostolo intende qui i di- 18. Come se, ecc. Gli avversarli dell'Apostolo,
versi predicatori, che avevano annunziato il Van- avevano sparso a Corinto la voce che S. Paolo,
gelo a Corinto, dopo che egli vi aveva fondata la dopo che Apollo ed altri lo avevano superato nel-
Chiesa. Dice adunque l'Apostolo Qualunque sia
:
l'eloquenza, non osava più farsi vedere in città
il numero di coloro che vi istruiscono nella dottrina
(Ved. II Cor. X, 1, 9-10 e ss.). Affine di non accre-
cristiana, e si adoperano a modellare la vostra vita ditare questa voce coll'invio di Timoteo, l'Apostolo
su quella di Gesù Cristo, non avete però molti annuncia solennemente una sua prossima visita.
padri, perchè io solo, prima di ogni altro, ho pre- Si sono gonfiati, hanno cioè pigliato motivo dalla
dicato tra voi il Vangelo, e vi ho generato alla mia assenza, per inorgoglirsi e turbare la pace
nuova vita della grazia in Cristo Gesù; cioè per della Chiesa colla loro superbia.
la virtii di Gesìj Cristo, di cui sono Apostolo
(Gal. IV, 19; V, 6; VI, 15; Filem. 10). 19. Se il Signore vorrà (Atti XVI, 7; Rom. I,
10; XV, 32; Giac. IV, 15). Esaminerò. Verrò come
16. Siate, ecc. Come
padre ama i suoi figli
il

più di qualunque pedagogo, anche il figlio deve


un giudice, e darò sentenza, non già esaminando
le belle parole e gli studiati ragionamenti di questi
amare il suo padre e imitarlo più di qualsiasi pe-
maestri pieni di superbia, ma la virtù, ossia l'effi-
dagogo. Come buoni figliuoli, o Corinti, imitate
cacia e i frutti della loro predicazione, vale a dire
dunque me vostro padre, e siate umili, modesti,
ciò che hanno fatto per l'incremento del regno dì
pazienti come sono io. Come io di Cristo Queste
parole mancano in tutti i migliori codici greci, in
Gesù Cristo.

parecchie versioni, nell'Itala, nonché nei più an- 20. // regno di Dio,cioè la Chiesa, o anche
tichi codici della Volgata. Probabilmente sono una la per cui Dio regna nelle
perfezione cristiana,
glossa trasportata qui dal cap. XI, 1. anime, non deve sua esistenza e il suo incre-
la
17. Per questo vi ho mandato, ecc. Affinché mento alla parole più o meno eloquenti usate dai
impariate meglio la maniera di imitarmi, io ho spe- predicatori o alle loro doti naturali, ma la deve
dito a voi Timoteo. Questa lettera doveva arrivare alla grazia di Dio fin* agisce sul cuore degli
R Corinto prima di Timoteo, il quale, benché fosse uominL
125 I Corinti, IV, 21 — V, 3

virtùte. ^^Quid vultis? in virga véniam ad nella virtù. ^^Che volete? che io venga a
vos, an in charitàte, et spiritu mansuetù- voi colla verga, o con amore e spinto di
dinis ? mansuetudine?

CAPO V.

. L' incestuoso, 1-13,

^Omnino auditur Inter vos fornicàtio, et ^Insomma sì parla di fornicazione tra voi,
talis fornicàtio,qualis nec ìnter Gentes, ita e di tale fornicazione, quale neppur tra i
ut uxórem patris sui àliquìs hàbeat. 'Et vos gentili, talmente che uno ritenga la moglie
inflàti estis et non magis luctum habuìstis
: del proprio padre. ^E voi siete gonfi e non
:

ut tollàtur de mèdio vestrum qui hoc opus piuttosto avete pianto, affinchè fosse tolto di
fecit. mezzo a voi chi ha fatto tal cosa.
^Ego quidem absens córpore, praesens au- ^lo però assente corporalmente, ma pre-

Lev. XVIII, 7, 8 et XX, 11. « Col. 11,5.

21. Che volete? A voi è lasciata libertà di scelta. di un tanto scandalo (6-8) e spiegando poi, come
Volete che io venga a voi colla verga come un debbano evitarsi i peccatori (9-13).
austero pedagogo, o meglio, come un padre che Si parla, ecc. Si sente ripetere da persone degne
di fede, che tra voi regna l'impudicizia, e non
già un'impudicizia qualunque, ma una perversità
tale, che non si trova neppure presso i pagani. Le
parole inter vos, tra voi, vanno unite non col
verbo si parla, ma col nome fornicazione. L'Apo-
stolo spiega quale sia il delitto di cui parla : tal-
mente che uno di voi ritenga la moglie del proprio
padre. Non nomina il copevole perchè era noto a
tutti. Costui teneva come fosse sua moglie, la
moglie del padre, ossia la matrigna, mentre il
padre con tutta probabilità (II Cor. VII, 12) era
ancora vivo, il che aumentava molto l'enormità
della sua colpa, la quale era condannata non solo
dalla legge mosaica (Lev. XVIIl, 8; Deut. XXII,
30), ma anche dalle leggi greche e romane. Ecco
Fig. 8. Fanciullo flagellato nella scuola. quel che dice Cicerone (Pro Cluentio V, 6) : « Nu-
(Pittura dì Ercolano). bit genero socrus. O mulieris scelus incredibile,
et praeter hanc unam in omni vita inauditum ! »
Si ritiene generalmente che la donna non fosse
vuole castigare il suo figlio? oppure con amore cristiana, perchè l'Apostolo non pronunzia contro
e spiritò di mansuetudine come si conviene a un di essa la sentenza dì scomunica.
padre che vi ama e che vorrebbe comparire tra
voi, non dandovi altro che dimostrazioni di affetto?
2. E
voi siete gonfi. Mentre tra voi si commette
un voi vi andate insuperbendo della
tale delitto,
Tutto dipende dalla vostra condotta. Emendatevi
vostra eloquenza e della vostra scienza, e tollerate
prima che io venga.
un disordine così grave ! Avreste dovuto piangere,
e allontanare dal vostro consorzio il colpevole;
invece avete chiuso gli occhi sopra di lui !
CAPO V. 3. Quello che non hanno fatto i Corinti, lo fa
ora l'Apostolo colla più severa maestà. Benché
K ICorinti, assorbiti dal loro spirito di partito, io col corpo sia assente da Corinto, e mi trovi a
non badavano più gran che alla santità della vita. Efeso, tuttavia in spirito sono presente e ho cura
I disordini morali erano divenuti gravi, e l'Apo- delle Chiese da me fondate, e perciò appena sa-
stolo, in una lettera andata perduta, già aveva puto di tale delitto, ho giudicato, ossia ho pro-
rimproverato i colpevoli e prese misure severe con- nunziato questa sentenza. Che colui il quale ha
tro di loro. Le cose però invece di mutarsi in attentato tal cosa sia dato nelle mani di Satana.
bene, si erano aggravate al punto, che un pubblico Alcuni (Cornely, h. 1. ; Prat., op. cit., voi. I,
incestuoso era tollerato nella Chiesa, con scandalo p. 140 e ss.), pensano che l'Apostolo voglia solo
di tutti. L'Apostolo piglia ora da ciò occasione dire io ho risoluto di infliggere questa pena, qua-
per flagellare nuovamente l'orgoglio dei Corinti, e lora voi non provvediate, scacciando il colpevole
insieme dà alcune severe disposizioni contro il dal vostro consorzio. La maggior parte degli in-
colpevole (1-5), mostrando le funeste conseguenze teroreti ritiene invece, che l'Apostolo pronunzi
I Corinti, V, 4-7 127

tem ìam iudìcàvì ut praesens, eum,


spìritu, sente in ispirito, ho già come presente giu-
qui operàtus est, ^In nòmine Domini
sic dicato che colui, il quale ha attentato tal
nostri lesu Christi, congregàtis vobis et meo cosa. ^(Congregati voi e il mio spirito nel
spìritu, cum virtute Dòmini nostri lesu, nome del Signor nostro Gesìj Cristo) con
'Tràdere liuiusmodi sàtanae in intéritum car- la potestà del Signore nostro Gesù, ^sia dato
nis, ut spiritus salvus sit in die Dòmini questo tale nelle mani di satana per morte
nostri lesu Christi. della carne affinchè lo spirito sia salvo nel
dì del Signore nostro Gesù Cristo.
"Non est bona gloriàtio vostra. Nescitis "Voi vi gloriate senza ragione. Non sapete
módicum ferméntum totam massam
i quia
rùmpit? ^Expurgàte vetus ferméntum, ut
sitis nova conspérsio, sicut estis àzymi. Ete-
cor- voi che un poco di lievito fa fermentare tutto
l'impasto? ^Togliete via il vecchio fermento,
affinchè siate una nuova pasta, come siete
nim Pascha nostrum immolàtus est Chri- senza fermento. Perocché il nostro agnello

• Gal. V, 9.

propriamente una sentenza, e incarichi quei di versi e scandalosi, e che questa potestà le viene
Corinto di farla eseguire. da Gesù Cristo.
4. Congregati, ecc. Trattandosi di una pena gra- 6. Voi vi gloriate ; ossia vi compiacete senza ra-
vissima, vuole che sia inflitta con tutta la solen- gione della scienza dei vostri maestri (IV, 6, 18-19),
nità esteriore. I fedeli devono radunarsi, e all'adu- mentre avreste mille motivi di arrossire, poiché
nanza convocata nel nome di Gesù Cristo, il quale ritenete tra voi un uomo reo di tale delitto, che
si troverà presente, benché in modo invisibile disonora voi tutti. Non sapete voi quanto sia con-
(Matt. XVIII, 20), presiederà in ispirito Io stesso tagioso il cattivo esempio? Un poco dì lievito, ecc.
Apostolo, e coll'autorità ricevuta da Gesù Cristo Spiega il suo pensiero con una similitudine. Un
pronunzierà la sentenza. poco di lievito comunica il suo sapore e la sua
5. Sia dato, ecc. Dare nelle mani di Satana, si-
acidità a tutta quanta la pasta, così basta un pec-

gnifica separare uno dalla comunione della Chiesa, catore per contaminare un'intera società, perché i
ossia escluderlo dalla partecipazione di tutti quei suoi cattivi esempi servono agli altri di eccita-
beni di cui la Chiesa ha l'amministrazione. L'in- mento al mal fare, e perchè getta il discredito su
cestuoso scacciato così dal regno di Gesù Cristo, coloro che lo avvicinano. L'Apostolo non usa la
verrà a cadere nuovamente sotto il dominio di metafora del lievito che in cattivo senso (Gal. V,
Satana, per morte della carne, per essere cioè tor- 9), mentre Gesù Cristo la usa indifferentemente

mentato nel suo corpo da Satana, per mezzo di per significale l'influenza del bene (Matt. XIII, 33;
malattie e di altri dolori, in modo che nel suo Luca XIII, 21) o l'influenza del male (Matt. XVI,
cuore si sveglino buoni sentimenti. Affinchè lo 6; Marco Vili, 15, ecc.).
spirito sia salvo. La pena, benché gravissima, è Alcuni pensano che col nome di lievito l'Apo-
tuttavia medicinale, perché destinata all'emenda- stolo voglia significare non già l'incestuoso, ma
zione del reo, • reprimere la petulanza della quelle tendenze viziose che erano rimaste nei Co-
rinti dall'antico paganesimo. La sentenza contraria
sua carne, a indurlo a pentirsi del male fatto e
a riconciliarsi con Dio, per essere salvo nel giorno però sembra più probabile.
del giudizio. Si osservi che l'Apostolo, dando l'in- 7. Togliete via, ecc. Dalla similitudine portata
cestuoso nelle mani di Satana, per morte della l'Apostolo deduce un precetto della più grande
carne, non solo gli infligge la scomunica sepa- importanza, servendosi di immagini tratte da quanto
randolo dalla Chiesa, ma lo consegna ancora a prescriveva la legge mosaica per la celebrazione
Satana affinchè lo affligga e lo tormenti. Dicono della Pasqua. I Giudei infatti durante le feste pa-
infatti i Padri, osserva Cori>ely, h. 1., che gli Apo- squali non dovevano mangiare che pane azzimo, e
stoli avevano non solo potestà di cacciare i demoni! perciò, nella sera che precedeva la festa, facevano
dagli ossesi, ma anche di consegnare i grandi scomparire dalle case tutto il lievito e tutto il
colpevoli al dem.onio, acciò venissero tormentati, e fermentato e preparavano il nuovo pane senza
fossero così condotti a penitenza. Nella Scrittura fermento (Esod. XII, 18; XIII, 7; V. n. Matt. XXVI
infatti il demonio viene spesso rappresentato come 17). Il vecchio fermento, cioè scacciate l'incestuoso
la causa dei mali, che affliggono l'uomo nel corpo, dal vostro consorzio come i Giudei allontanavano
nell'anima e nelle sue sostanze. Sono noti gli il lievito dell'anno precedente dalle loro case. Ciò

esempi di Giobbe (Giob. II, 7-8), di Anania (Atti dovete fare affine di essere una nuova pasta, ossia
V, 1 e ss.), di Ellma (Atti XIII, 8 e ss.), e i varii affinchè la vostra Chiesa splenda di nuovo per le
fatti del Vangelo nei quali il demonio rende muti, sue virtù, come è voluto dalla vostra stessa condi-
sordi, furiosi, ecc., coloro dei quali si è imposses- zione, giacché voi siete senza fermento, cioè in
sato. V. p. e. Luca XIII, 11 (Conf. Cornely, h. 1.; forza della vostra vocazione siete santi (I, 2).
Le Camus, op. cit., p. 76). La scomunica, quale L'Apostolo quindi esorta indirettamente I fedeli a
era praticata nelle sinagoghe, importava solo la tendere alla santità e alla pratica della purità.
esclusione del colpevole dalle adunanze religiose, Secondo altri l'Apostolo sin dal principio del ver-
e presso i rabbini non v'é traccia della frase setto farebbe una esortazione generale. 7/ vecchio
xapaboGvoi t$ Saravct. Ved. Lightfoot, Horae; fermento sarebbe sinonimo di uomo vecchio (Rom.
Dict. Vig., Excommunication. VI, 6; Efes. IV, 22; Coloss. Ili, 9| e significhe-
Da questo fatto apparisce chiaro che la Chiesa rebbe le cattive inclinazioni lasciateci in eredità
ha la potestà di separare dal suo seno i fedeli per* da Adamo. La nuova pasta equivarrebbe all'uomo
128 I Corinti, V, 8-U

sJus. "Itaque epulémur non !n ferménto vé-


: pasquale Cristo è stato immolato. "Solenniz-
teri, neque in ferménto malitiae, et nequi- ziamo adunque la festa non col vecchio lie-
dae : sed in àzymis sinceritàtis, et veritàtis. vito, né co! lievito della malizia e della mal-
vagità, ma con gli azzimi della purità e della
verità.
•Scripsi vobìs in epistola : Ne commi- •Vi ho scritto nella lettera Non abbiate :

sceàmini fornicàriis. "Non utique fornicà- commercio coi fornicatori "ma certamente ;

riis huius mundi, aut avàris, aut rapàcibus, non coi fornicatori di questo mondo, o cogli
aut idólis serviéntibus : alióquin debu^ràtìs avari, o coi ladri, o idolatri ; altrimenti do-
de hoc mundo exiìsse. "Nunc autem scripsi vreste senz'altro uscire di questo mondo.
vobis non commiscéri : si is, qui frater no "Vi scrissi bensì, di non aver commercio :
minàtur, est fornìcàtor, aut avàrus, aut idólis se taluno, che si chiama fratello, è fornica-
sérviens, aut malédicus, aut ebriósus, aut tore, avaro, o adoratore degli ìdoli, o mal-
rapax cum eiùsmodi nec cibum sumere.
: dicente, dato all'ubbriachezza, o rapace :
di neppur prender cibo con questo tale.

naovo (Efes. IV, 24) e alla nuova creatura (II Cor. 10. Non coi fornicatori, ecc. Se vi ho detto dì
V, 17). La prima spiegazione però risponde meglio evitare le relazioni cogli impudici, non ho potuto
ai contesto. parlare degli impudici di questo mondo (Ved. n. I,
Perocché il nostro agnello, ecc. Dà una ragione 20), cioè di quegli impudici, che non appartengono
per cui cristiani devono incessantemente praticare
i alla Chiesa, e neppure degli avari, dei ladri e degli
la virtiì ed essere santi. Come i Giudei nella vi- idolatri (si deve sottintendere) di questo mondo.
gilia di Pasqua facevano scomparire tutto il pane L'Apostolo accenna così a tre classi di peccati,
fermentato per mangiare l'agnello pasquale e ce- cioè, a quelli icontro se stesso (impudicizia), a
lebrare la festa con solo pane azzimo, così i cri- quelli contro il prossimo (avarizia e rapacità; la
stiani devono togliere per sempre dal loro cuore prima importa frode, la seconda violenza) e a
ogni peccato, perchè il loro agnello pasquale Gesù quelli contro Dio (idolatria). L'Apostolo aggiunge :

Cristo,è già stato immolato una volta, e la sua Se io avessi voluto parlare di questi peccatori non
immolazione non si ripete, e la Pasqua che essi battezzati, voi avreste dovuto uscire da questo
celebrano dura sempre. mondo e andare in un altro, perchè stante il loro
8. Solennizziamo la festa (éoprdlCconev) della no- numero non vi sarebbe stato possibile eseguire
stra Pasqua cristiana che dura sempre, non col vec- quanto vi ho comandato. Nel greco manca questo
chio lievito, cioè non restando schiavi delle vecchie e si legge semplicemente uscire dal mondo.
passioni, oppure non in compagnia degli uomini 11. Spiega ora il vero senso delle sue parole.
viziosi. Spiega quale sia il vecchio lievito dicen-
Vi scrissi bensì, ossia il senso di quelle parole ;
dolo, lievito della malizia e della malvagità. Le Non abbiate commercio, e questo, che se taluno
due espressioni sono pressoché sìnonime e signi- che si chiama fratello, cioè fa professione di cri-
ficano tutti i varii vizi e i varii peccati nei quali stianesimo, si dà a questi peccati, quando il fatto
i Corinti erano caduti prima della loro conversione. sia notorio e pubblico dovete interrompere ogni
Ma con gli azzimi, ossia colla pratica delle virtù, relazione con lui, anche prima che per pubblico
oppure in compagnia degli uomini virtuosi. Le giudizio della legittima autorità sia separato dalla
virtù inculcate sono U purità (elXixpi'veio = sin- comunione dei fedeli, affinchè vedendosi abban-
cerità, schiettezza) e la verità {à\f{Qe\a), ossia la donato da tutti si riduca a miglior consiglio, o
rettitudine.
almeno non si dilati il contagio del mal esempio.
Come fu detto nell'introduzione, gli interpreti si Avaro. Il gr. nXeovéxriiq significa uno che colla
fondano su questo passo dell'Apostolo per dire che frode usurpa la roba altrui.
questa lettera fu scritta durante le feste pasquali. Adoratore degli idoli (eibcoXoXdTpnq) preso in
9. L'Apostolo aveva scritto una lettera ai Co- largo senso per colui che prende parte al culto e
rinti, andata perduta, nella quale ingiungeva loro alle solennità idolatriche (X, 14). Alcuni convertiti
di tenersi lontani dagli impudici. Le sue parole non sapevano distaccarsi subito da certe pratiche
erano state fraintese, e i Corinti avevano creduto della loro antica religione, e quindi loro vita era la
che egli avesse loro vietato ogni commercio coi un miscuglio di principii cristiani e di atti
idola-
pagani, il che sarebbe stato troppo gravoso trat- trici (Cf. I Giov. V, 21). Alla numerazione del ver-
tandosi di una città assai vasta, dove cristiani i setto precedente aggiunge qui due altre classi dì
però erano in piccolissimo numero. L'Apostolo peccatori i maldicenti (Xotòopoi;, colui che in-
:

spiega quindi ora il senso del suo precetto. giuria) e dati all'ubbriachezza, forse perchè questi
i

Vi ho scritto per lettera. S. Giovanni Gris. e due vizierano assai diffusi a Corinto. Rapace
Icuni altri pensano che l'Apostolo alluda qui sem- fipno^è colui che colla violenza si impossessa delli
plicemente a quanto ha detto nei vv. prec. la ; roba altrui. Neppur prender cibo, cioè non man-
maggior parte degli esegeti invece ritiene con ra- giare alla stessa mensa. Si devono quindi inter-
gione che l'Apostolo parli qui di un'altra lettera rompere tutte le relazioni famigliari con lui. Anche
da lui indirizzata ai Corinti. Non abbiate commer- l'Apostolo S. Giovanni (II Giov, 10) vuole che
cio, ossia non abbiate relazioni famigliari cogli im- all'eretico non si dia il saluto. Fa osservare Vao
pudicì. Corinto era una città corrottissima in fatto Steenkiste, h. 1, « Haec ad lltteram urgenda non
:

di costumi, e pur troppo a motivo delle antiche sunt, sed significant tantum, scandalum et seduc-
abitudini e degli antichi pregiudizi parecchi cri- tionis periculum sedulo cavenda esse, et ea quae
stiani non provavano per l'impudicizia tutto quel- statuit Ecclesia contra excommunicatos, praeseiiim
l'orrore che avrebbero dovuto. vitandos. fideliter observanda ».
I Corinti, V, 12 — VI, 2 129

"Quid enìm mihi de iìs qui foris sunt, "Poiché tocca forse a me giudicare di
iudicàre? Nonne de iis, qui intus sunt, vos quei clie sono di fuori? Non giudicate voi
iudìcàtis? ^^Nam eos, qui foris sunt, Deus di quelli che sono dentro? "Perocché quei
iudicàbit. Auférte malum ex vobis ipsis. di fuori li giudicherà Dio. Togliete di mezzo
a voi il cattivo.

CAPO VI.

/ cristiani, e i tribunali pagani, 1-6. — / cristiani non dovrebbero aver liti tra
loro, y-ii, — // peccato di impurità è senza scusa, 12-14, ed è mostruoso al
sommo, 15-20.

^Audet àliquis vestrum habens negótium ^Ardisce alcuno di voi, avendo lite con un
advérsus àllerum, iudicàri apud iniquos, et altro, di stare in giudiziodinanzi agl'ingiusti
non apud sanctos? ^An nescitis quóniam piuttosto che dinanzi ai santi? ''Non sapete
sanctì de hoc mundo iudicàbunt? Et si in voi che i santi giudicheranno il mondo ? Che

Le parole : Se alcuno che si chiama fratello è è condotto naturalmente a discorrere ora di un


fornicatore, nel testo greco potrebbero anche spie- altro abuso che era introdotto a Corinto. In un»
si
garsi così : Se un fratello è nominato fornica- città tutta industria e commercio le lìti e le con-
tore, ecc., e allora si avrebbe questo senso Se : testazioni non
potevano mancare di essere fre-
un cristiano dalla legittima autorità è dichiarato quenti. i Ora
cristiani invece di ricorrere ad altri
fornicatore, ecc. Benché non si possa negare ogni cristiani, ricorrevano ai tribunali gentili per far
valore a questa spiegazione, gli esegeti però più sciogliere le questioni sorte tra loro. La cosa,
comunemente adottano l'altra riferita più sopra. benché non illecita in sé stessa, poteva essere
12. L'Apostolo dà la vera ragione perchè nel suo
molto pericolosa per quei primi tempi e dar motivo
precetto abbia di mira solo i cristiani. Per poter a scismi e divisioni specialmente tra i cristiani
separar uno dalla comunione dei fedeli è neces- pagani e i cristiani Giudei, i quali ultimi avevano
sario avere autorità sopra di lui. Ora questa auto- ottenuto da Claudio di poter avere proprii tribu-
nali e proprii giudici (Gius. FI. A. G., XIX, 5, 3),
rità compete bensì agli Apostoli per riguardo ai
fedeli battezzati, ma non già per riguardo a coloro e poteva essere di scandalo ai pagani, i quali
che non hanno ricevuto il Battesimo, quindi l'Apo- venivano così a conoscere le miserie dei cristiani
stolo domanda : Tocca forse a me il giudicare e a restarne male impressionati. L'Apostolo fa
(nello stretto senso di pronunziare una sentenza) quindi vedere quanto sia sconveniente per i cri-
di quei che sono di fuori della Chiesa? I Giudei stiani il portar le loro questioni ai giudici pagani,

chiamavano quei di fuori (oi l^co) tutti coloro che 1-6, e poi mostra che tra i cristiani non vi dovreb-

non appartenevano al popolo giudaico (Ved. Ligh- bero essere liti e questioni, 7-11.
foot, Hor.in Marc, IV, 11), e l'Apostolo si serve
Ardisce, ecc. Trattandosi di un fatto notorio,
di questo modo di dire per indicare quei che non l'Apostolo entra subito in argomento con una do-
sono battezzati. Non giudicate, ecc. Non si deve manda recisa. E' veramente necessaria una grande
far meraviglia se io non posso giudicare dei non audacia, perchè i cristiani si stimino così poco
battezzati, anche voi infatti sottomettete al vostro
tra loro da preferire i giudici pagani Con un altro I

giudizio solo quelli che sono dentro la Chiesa, cristiano. Stare in giudizio volontariamente e senza

ossia sono cristiani, e non già quelli che non esservi costretti. Agli ingiusti (tSv dòi'xmv), cioè
sono tali.
ai pagani. Quale assurdità cercare la giustizia
presso gli ingiusti piuttosto che dinanzi ai santi,
Non dovete però credere che i non battezzati
13.
cioè ai cristiani che in forza della loro vocazione
sfuggano a ogni giudizio, essi saranno giudicati da
fanno professione di santità e quindi di giustizia!
Dio. Togliete di mezzo a voi il cattivo, cioè l'in-
(V. n. I, 2).
cestuoso. Quest'ordine perentorio viene dato colla
formola solenne, colla quale Dio faceva annun- 2. / santi, cioè i cristiani, in virtù della loro
ziare da Mosè la pena di morte contro i colpevoli unione con Gesù Cristo, insieme con Lui giudi-
di alcuni delitti (Deut., XVII, 7; XIX, 19; XXIV, cheranno nell'universale giudizio il mondo, cioè gli
7, ecc.). La scomunica infatti è una specie di pena
uomini mondani rimasti increduli, oppure divenuti
di morie spirituale. Da quanto si è detto in questo nemici di Dio (V, 10, ecc.). Gesù Cristo aveva
capo si dimostra che alla Chiesa compete l'autorità promesso agli Apostoli che avrebbero giudicato il
di giudicare e di condannare i suoi membri col- mondo (Matt. XIX, 28). S. Paolo afferma che un
pevoli a p ne anche gravissime, e che la Chiesa tale onore competerà a tutti i cristiani, che saranno

non è composta di soli giusti, ma anche di pec- vissuti conforme alla loro vocazione (Cf. Apoc.,
Il, 26-27; XX, 4).
catori.
Se per voi, meglio secondo il greco se in voi,
cioè nel vostro consesso sarà giudicato il mondo,
e così slete degni di sedere sul tribunale supremo
CAPO VL e di giudicare della cosa più importante, come
siete indegni di giudicare di cose tenuissime, ossia
1. Avendo parlato della potestà disciplinare della di cose temporali? II testo greco letteralmenie an-
Chiesa e detto che né a lui né agli altri cristiani drebbe tradotto siete indegni degl'infimi tribu-
:

pparteneva il giudicare degli infedeli, l'Apostolo nali ? voi che sie<e degni del tribunale supremo.

Sacra Bibbia, voi. 11.


130 I Corinti, VI, 3-9

vobis iudicàbitur mundus, indigni estis qui se per voi sarà giudicato il mondo, slete vof
de minimis iudicétis? ^Nescitis quóniam àn- indegni di giudicare di cose tenuissime?
gelos iudicàbimus? quanto magis saeculà- ^Non sapete voi che noi giudicheremo gli
ria? *Saeculària igitur iudicia si habuéritis : Angeli? Quanto più le cose del secolo?
contemptibiles, qui sunt in Ecclèsia, illos *Se adunque avrete lite di cose del secolo :

constitùite ad iudicàndum. ^Ad verecùndiam ponete a tribunale per giudicarle quelli che
vestram dico. Sic non est inter vos sapiens sono di niun. conto nella Chiesa. *Dico questo
quisquam, qui possit iudicàre inter fratrem per farvi arrossire. Così adunque non v'ha
suum? tra voi neppure un sapiente che possa entrar
di mezzo a giudicare del fratello?

^Sed frater cum fratre iudicio conténdit : *Ma il fratello litiga col fratello e questo :

et hoc apud infldéles? ^lam quidem omnino dinanzi agli infedeli? ^È già assolutamente
delictum est in vobis, quod iudicia habétis difetto per voi l'aver tra voi delle liti. E
inter vos. Quare non magis iniùriam acci- perchè piuttosto non sopportate l'ingiuria?
pitis? quare non magis fraudem patimini? perchè piuttosto non soffrite il danno? *Ma

"Sed vos iniùriam fàcitis, et fraudàtìs et : voi fate ingiuria, e portate danno e ciò a :

hoc fràtribus. fratelli.

'An nescitis quia iniqui regnum Dei non "Non sapete voi che gli ingiusti non sa-

' Matt. V, 39 ; Lue. VI, 29 ; Rom. XII, 17 ; I Tess. IV, 6.

3. Giudicheremo gli angeli. I santi nel giorno cristiano far valere i suoi diritti, e ripetere, per
del giudizio giudicheranno il mondo e gli angeli le vie della giustizia,quello che gli spetta, o ma
buoni e cattivi, perchè la loro santità condannerà perchè ordinariamente ha seco congiunti molti mali
i disordini degli empi e la malizia dei deraonii ten- e molti peccati nascendo per Io più le liti da
;

tatori, e farà risaltare la giustizia e la bontà di soverchio affetto verso le cose temporali, ed es-
Dio, nonché la bontà degli angeli fedeli. Di più sendo origine infausta di infiniti sospetti, e giudizi
i santi saranno associati a Gesù Cristo, nel pro- temerari, e maldicenze, e rancori, con perdita e
nunziare la sentenza di condanna contro gli empi del tempo e della pace dell'animo e della mutua
(Lue. XXII, 30. Ved. II Piet. II, 4; Giuda, 6). carità » Martini.
Quanto più, se si ha tale autorità, si. sarà capaci E perchè, ecc. Come G. C. (Matt. V, 39 e ss.),
di giudicare le cose del secolo. Il greco pioonxà, anche l'Apostolo consiglia, e propone quale cosa
indica propriamente le cose quotidiane della vita. di maggior perfezione, il sopportare con pazienza

4. Con fina ironia, l'Apostolo dà una norma l'ingiuria, cioè, generale, l'ingiustizia, e il
in

pratica per i Corinti. Se avrete liti di cose del danno, ossia, in generale,
la violazione della pro-
prietà. Vi sono però casi in cui, per ottenere un
secolo (PiooTixd come al v. p.), stabilite come giu-
dici quelli, che sono di niun conto nella Chiesa,
maggior bene, è cosa migliore il far valere il
cioè quelli che, per la loro povertà o la loro igno- proprio diritto (Giov. XVIII, 23; Atti, XVI, 37;
ranza, sono ì meno considerati tra voi. Essi sa- XXII, 24, ecc.).
ranno capaci di sentenziare sulle vostre questioni 8. Ma voi, non solo non praticate i consigli del
per il fatto stesso, che un giorno saranno i giudici Signore, sopportando l'ingiustizia e il danno, ma
degli angeli e degli 'uomini. Tale è la spiegazione fate ingiuria,cioè commettete ingiustizie colle
comune dei Padri. Alcuni però (p. es., Le Camus, vostre liti, e portate danno negli interessi mate-
op. cit., voi. Ili, p. 81), per quelli che sono di riali. E ciò a fratelli, ossia a persone, alle quali,

niun conto, intendono i pagani, come se l'Apostolo in forza della religione, siete legati dai più stretti
avesse detto: Ma voi invece se avete liti... ponete vincoli di carità. La vostra colpa è quindi dop-
a giudicare i pagani. L'ironia sarebbe più grave, piamente grave.
ma ciò non basta per abbandonare l'interpretazione 9. Gli ingiusti, cioè quelli che come voi com-
dei Padri.
5. Dico questo, ecc. Acciò non credano che egli
nel V. p. abbia dato un precetto, dice ora che ha
parlato ironicamente. Ho detto questo unicamente
per farvi arrossir». Così adunque, ecc. Vi gloriate
tanto della vostra sapienza (III, 18; IV, 10), e poi
credete che tra voi non vi sia alcuno capace di Flg. 9.
giudicare una vostra questione? Gesto idolatrico
6. 7/ fratello litiga col fratello, e ciò è già un (adorazione)
male, perchè tra i cristiani non si dovrebbe nep-
(Vaso dipinto).
pure parlare diliti e di giudizi, ma un male ancor
peggiore è litigare dinanzi agli infedeli, i quali,
vedendo che tra i cristiani vi sono dissensioni,
frodi, inganni, ingiustizie, ecc., non possono for-
marsi un alto concetto della religione cristiana e
molto meno stimarla.
7. Difetto. Il greco n^lMo, tradotto dalla Vol-
gata delictum, va piuttosto tradotto difetto. L'Apo-
stolo dice che è un difetto l'aver liti, non perchè mettono ingiustizie contro dei loro fratelli, non
in se etesso sia peccato, e non sia lecito a un saranno eredi del regno di Dio, ossia della £loria
I Corinti, VI, 10-13 131

possidébunt ? Nolite errare : Neque f orni- ranno eredi del regno di Dio? Badate 'di non
càrii, neque idólis servìéntes, neque adul- errare né i fornicatori, né gli idolatri, né
:

teri, ^"Neque molles, neque masculórum gli adulteri, ^°né gli effeminati, né quei che
concubìtóres, neque fures, neque avari, ne- peccano contro natura, né i ladri, né gli
que ebriósi, neque malèdici, neque i:apàces avari, né quei che sono dediti all'ubbrìa*
regnum Dei possidébunt. "Et haec quidam chezza, né i maledici, né i rapaci avranno
fuistis sed ablùti estis, sed sanctifìcàti estis,
: l'eredità del regno di Dio. "E tali eravate
sed iustiflcàti estis in nomine Domini nostri alcuni di voi ma siete stati mondati, ma
:

lesu Christi, et in Spiritu Dei nostri. siete stati santificati, ma siete stati giusti-
ficati nel nome del Signor nostro Gesù Cri-
sto,e mediante lo Spirito del nostro Dio.
"Omnia mihi licent, sed non omnia expé- "Tutto mi é permesso, ma non tutto torna
diunt Omnia mihi licent, sed ego sub
: bene tutto mi è permesso, ma io non sarò
:

nullius redigar potestàte. ^^Esca ventri, et schiavo di cosa alcuna. ^^11 cibo per il ventre
venter escis : Deus autem et hunc, et has e il ventre per i cibi : ma Dio distruggerà

del cielo. Badate di non errare, cioè non vi lasciate 12. Dopo di aver biasimato con una lunga di-
ingannare da false dottrine, pensandovi che per gressione (VI, 1-11), il contegno dei Corinti, che
voi non vi sia pili alcuna legge, e che i peccati ricorrevano ai tribunali pagani per le loro que-
restino impuniti. Probabilmente l'Apostolo allude stioni, l'Apostolo torna a parlare del peccato di
a certi fedeli, che esageravano la libertà cristiana, impurità, molto- diffuso a Corinto (V. Tussaint,
e dall'essere stata abolita la legge di Mosè, in ciò h. 1.), e fa vedere la vanità dei pretesti che si
che aveva di cerimoniale, conchiudevano che adducono per scusarlo (12-14), e la mostruosità
avesse cessato anche nei suoi precetti morali, e che in sé stesso racchiude (15-20).
che i fedeli non fossero più tenuti ad osservarli Tutto mi è permesso, ecc. Predicando a Corinto,
(Gal. V, 13). Ne... né... L'Apostolo piglia occa- l'Apostolo aveva probabilmente usato questa frase
sione per indicare una serie di peccati molto diffusi per spiegare, che la legge di Mosè, in quel che
a Corinto, i quali escludono dal -regno di Dio. aveva di cerimoniale e di figurativo, era cessata,
Comincia coi peccati d'impudicizia. Fornicatori e i cristiani potevano indifferentemente usare di
(nópvoi) sono quelli che fanno turpe mercato del qualsiasi cibo (X, 23; Gal. V, 13, ecc.). Alcuni
loro corpo. Idolatri (eiòooXóXarpat) sono qui pro- però abusarono di queste parole, e pretesero di
babilmente coloro, che rendevano turpi onori ad estenderle anche a quanto si riferisce alla purità
Afrodite. Adulteri (noiXot) coloro che abusano delle come se si fosse trattato della cosa più indiffe-
mogli altrui. rente. L'Apostolo comincia a far vedere, che il
principio invocato non ha un valore generale,
10. Effeminati..., quei che peccano contro natura anche quando si tratta di cose lecite, ma va sog-
(fiaXaxoi... dpoevoxoiTai), due classi di peccati, che getto ad alcune restrizioni. Tutto ciò che è indif-
mostrano a quale grado di pervertimento possa ferente, se si guardi solo in sé stesso, mi è per-
giungere colui che- è schiiavo dell'impudicizia.
messo, ossia è lecito, ma nell'atto pratico non
(V. Le Camus, op. cit.7 voi. Ili, p. 82). Ladri, tutto torna bene, ossia è giovevole all'eterna sa-
avari, ecc. (Ved. n. V, 11). L'eredità. La felicità del
lute, e per l'uno o per l'altro può essere dannoso,
cielo è presentata come un'eredità dovuta ai figli
com'era il caso di chi mangiava questo o quel
di Dio (GaL V, 21; Efes. I, 11).
cibo, colla falsa coscienza che non fosse lecito il
11. Tali, cioè fornicatori, idolatri, ecc., eravate, mangiarlo. Ripete il principio : Tutto mi è per-
prima della vostra conversione al cristianesimo, messo,' ma aggiunge un'altra restrizione: io non
alcuni di voi. L'Apostolo non dice già, che tutti i sarò schiavo di cosa alcuna, ossia, nell'uso delle
crist-iani fossero stati tali, ma richiama alla mente cose indifferenti io debbo conservare la mia libertà,
di tutti, lo stato di abbiezione di alcuni di loro, e non lasciarmi dominare dalle cose come uno
acciò meglio comprendano, quale santità di vita schiavo ma piuttosto dominarle come padrone.
esiga da loro la nuova condizione in cui si trovano. Così, p. es., io debbo astenermi dai cibi e dalle
Le tre espressioni, mondati, santificati, giustificati, bevande, che fossero per rendermi schiavo del-
significano i varii aspetti della giustificazione cri- l'intemperanza e della voluttà. Al cap. X, 22-23,
stiana. Siete stati mondati, per ìiiezzo delle acque aggiunge ancora a questo principio una terza restri-
del Santo Battesimo, da ogni macchia di peccato; zione. Non si può usare di una cosa lecita quando
Siete stati santificati, ossia avete ricevuto la grazia sia di scandalo al prossimo. Vedi ivi.

santificante e tutte le virtù, e doni dello Spirito 13. Dopo


aver mostrato, che anche nelle cose
Santo ; Siete sfati giustificati, ossia, non solo di- lecite, vi sono limiti e restrizioni, l'Apostolo fa
chiarati giusti, ma propriamente fatti giusti, per vedere ora, con un esempio, che parlandosi di
modo, che mentre prima eravate nemici di Dio e impurità non si tratta già di cose indifferenti. Il
schiavi del demonio, ora siete diventati figli e cibo per il ventre, ecc. Il mangiare è cosa per sé
amici di Dio, e partecipi della sua giustizia e san- indifferente, perchè il cibo è destinato a essere
tità (V. n. Rom. Ili, 22). Nel nome del' Signor ricevuto-nel ventre in cui si concuoce, e a sua
Nostro, ecc. La causa meritoria della giustificazione volta il ventre è destinato a ricevere cibi e a dige- i

è Gesù Cristo la causa efficiente a cui, per appro-


; rirli. In conseguenza colui che mangia agisce
priazione, essa viene attribuita è lo Spirito Santo. secondo il fine stabilito da Dio, sia ai cibi che al
L'Apostolo accenna a queste due cause dicendo, ventre. Di più l'uso del cibo, e l'ufiìcio^che ha il
nel nome, cioè per i meriti di Gesù Cristo, e ventre considerato in ordine alla nutrizione nella
mediante, cioè per la virtù dello Spirito Santo, vita presente, saranno un giorno aboliti da Dio,
diffuso nei nostri cuori (Rom. V, 5). perchè nella vita avvenire più non si mangia, né
132 I Corinti, VI, 14-18

déstruet corpus autem non fornicatióni, sed


: e quello e questi : il corpo poi non per la
Dòmino et Dóminus córpori. "Deus vero
: fornicazione, ma pel Signore il Signore pel
:

et Dóminum suscitàvit et nos suscitàbit


: corpo. "Iddio però e risuscitò il Signore :
per virtùtem suam. e risusciterà noi con la sua potenza.
^^Nescitìs quóniam córpora vestra membra ^^Non sapete voi che i vostri corpi sono
sunt Christi ? Tollens ergo membra Christi, membra di Cristo? Prese adunque le mem-
fàcìam membra meretricis? Absìt. ^^An ne- bra di Cristo le farò membra di meretrice?
scitis quóniam qui adhaéret meretrici, unum Non sia mai. ^^Non sapete voi che chi si
corpus efficitur? Erunt enim (inquit) duo in unisce ad una meretrice diviene (con essa)
carne una. "Qui autem adhaéret Domino, un solo corpo? (Dice) infatti saranno i due
unus spiritus est. "Fùgite fornicatiónem. solo una carne. "Chi poi sta unito col Si-
Omne peccàtum, quodcumque fécerit homo, gnore, è un solo spirito con lui. "Fuggite
extra corpus est qui autem fornicàtur, in
: la fornicazione. Qualunque peccato, che fac-
corpus suum peccat. cia l'uomo, è fuori del corpo : ma il forni-
catore pecca contro il proprio corpo.

" Gen. II, 24; Matth. XIX, 5; Marc. X, 8; Eph. V, 31.

6i beve. Quindi il mangiare non è cosa che per sé due un solo corpo, così chi, contro il divieto di
conferisca direttamente all'eterna salute (V. n. Dio, si unisce a una meretrice diventa un «^olo
Matt. XV, 11, 17). Ben diversa però è la relazione corpo con essa. Dice infatti Adamo per divina
tra il corpo umano e la fornicazione. Il corpo ispirazione, oppure la Scrittura (Gen. Il, 24. Ved.
umano non fu creato da Dio affinchè attendesse n. Matt. XIX, 5).
alle opere dell'impudicizia, ma è pel Signore Gesù
17. Siccomeciò che unisce i fornicatori è la
Cristo, ossia in forza del Battesimo, appartiene a
concupiscenza carnale, così dalla loro unione non
lui come proprietà, perchè Egli lo ha comprato
può risultare che una unione di corpi. Invece ciò
col suo sangue. // Signore pel corpo.* Gesù Cristo
che unisce i cristiani a Gesù Cristo, "è la carità
è stato dato agli uomini^ affinchè santificasse le diffusa dallo Spirito Santo nei nostri cuori. In
loro anime e i loro corpi, e questi e quelle fa-
forza di questa carità il vincolo che ci stringe a
cesse un dì partecipi della sua gloria. Gesù Cristo è tale, che noi diventiamo un solo
14. Iddio rìsuscitò, ecc. Non avverrà del nostro spirito con Lui, poiché quello stesso Spirito Santo,
corpo come del cibo, che cesserà di esistere nella che in tutta la sua pienezza abita in Gesù Cristo,
vita futura, ma come Dio
risuscitò da morte Gesii viene ancora ad abitare, benché in modo inferiore,
Cristo nostro capo, così risusciterà ancora noi nella nostra anima (Ved. n. Giov. XVII, 21, 22).
(Ved. n. Rom. Vili, 11). In conseguenza colui Siccome però il nostro eorpo serve, come stru-
che commette impudicizie, adopera il suo corpo mento, al nostro spirito, anche il nostro corpo
per un fine, a cui non è destinato, e abusa non diventa membro di colui, al quale siamo così inti-
di una cosa che cessa col tempo, ma di una cosa mamente uniti.
che deve durare eternamente. La fornicazione
18. Se così gran male è la fornicazione, giu-
quindi, per nessun motivo, può essere considerata
stamente conchiude l'Apostolo Fuggite la forni-
:
come una cosa indifferente.
cazione. E' da osservare che l'Apostolo ha detto
15-17. Mostra direttamente l'enormità del pec- Fuggite... e non già resistete, perchè, come os-
cato d'impudicizia per l'ingiuria atroce che fa a serva S. Tommaso, h. 1., gli altri vizi si vincono
Gesù Cristo. I vostri corpi^ ecc. Per mezzo del resistendo, giacché quanto più l'Uomo considera i
Battesimo il cristiano, quanto alla sua anima, e particolari di essi, tanto meno vi trova ragione
quanto al suo corpo, diventa membro del corpo di amarli, ma l'impurità non si vince col resì-
mistico di Gesù Cristo; l'unione tra noi e Gesù stere, ma col fuggire; perché quanto più l'uomo
Cristo diviene così intima che l'Apostolo (Efes. V, considera i particolari di questo vizio, tanto più sì
30) ha potuto dire, che noi siamo membra del accende la passione. Si devono quindi schivare i
corpo di lui, della carne di lui, delle ossa di lui. cattivi pensieri e le occasioni pericolose.
Per questa unione, non solo viene comunicata la A sempre più ispirare orrore verso un vizio cosi
vita della grazia alla nostra anima, ma anche nel nefando, l'Apostolo svolge un'altra considerazione.
nostro corpo viene deposto un germe d'immorta- Più d'ogni altro peccato l'impurità reca sfregio e
lità, per cui è reso capace della risurrezione e disonore al corpo umano. Óra, questo corpo è
della glorificazione. Se così grande è la dignità tempio e proprietà dello Spirito Santo, che vi
del nostro corpo, quale enormità prendere (il abita, e quindi l'impurità nel cristiano riveste in
greco Spot? significa piuttosto portar via, strap- .certo modo la malizia del sacrilegio. Qualunque
pare, ecc.) le membra di Cristo, che sono sua pro- peccato che faccia l'uomo è fuori del corpo, ossia
prietà, e farle diventare membra di meretrice! E qualsiasi altro peccato, ad eccezione dell'impu-
questo un misfatto così grande, che strappa al- rità, ha il suo oggetto o il suo fine fuori del corpo
l'Apostolo un grido di orrore e di indignazione : umano; così l'intemperante abusa del cibo o
Non sia mai. della bevanda che sono cose esteriori, l'avaro
16. Prova che IMmpudico fa del suo corpo, che abusa delle ricchezze, il superbo va cercando una
appartiene a Gesù Cristo, un membro di mere- eccellenza che non gli appartiene, ecc. ; invece
trice. Come, secondo l'ordinazione divina, il le- nell'impudicizia l'uomo oltraggia direttamente il
gittimo matrimonio tra l'uomo e la donna fa dei proprio corpo, e lo fa servire ad un fìn^^ che non
I Corinti, VI, 19 — VII, 1 133

**An nescitis quonìam membra vestra, "Non sapete che le. vostre membra sono
templum sunt Spìritus sancii, qui in vobis tempio dello Spirito Santo, il quale è in voi,
est, quem habétis a Deo, et non estis vestri ? il. quale vi è, stato dato da Dio, e che non

*°Efflpti enim estis prétio magno. Glorificate, appartenete a voi stessi? ^"Poiché siete stati
et portate Deum in córpore vestro. comprati a caro prezzo. Glorificate e portate
Dio nel vostro corpo.

CAPO VII.

Onestà del celibato e del matrimonio, i-g. —


Indissolubilità del matrimonio, 10-24,

Eccellenza del celibato sul matrimonio, 25-40.

^De quibus autem scripsistis mihi Bo- : ^Quanto poi alle cose, delle quali mi avete
num est hómini mulierem non tangere : scritto E' buona cosa per l'uomo il non
:

19 Sup. Ili, 17; II Cor. VI, 16. 20 Inf. VII, 23; I Petr. I, 18.

è quello stabilito da Dio. Perciò l'impudico j)ecca vi manda il suo Spirito ad abitarlo; lo Spirito
contro il proprio corpo. Tale sembra la spiega- Santo lo consacra e ne forma un tempio alla
zione più probabile di questo testo che, in tutti SS. Trinità!
i tempi, ha tormentato gli esegeti. Akuni (Ala- Glorificate, ecc. Non solo non dovete far nulla
pide, Sa, Menochio, Tirino, ecc.) spiegano le pa- che possa disonorar Dio nel vostro corpo, ma
role qualunque peccato che faccia l'uomo, come dovete di più usare del vostro corpo in modo che
una iperbole, che significa semplicemente la : Dio, che vi abita, sia glorificato, il che avverrà
più parte dei peccati che fa l'uomo. E' assai dif- quando pratichiate la castità, e vi serviate delle
ficile però conciliare questa spiegazione colle pa- vostre membra secondo il volere di Dio. Il verbo
role dell'Apostolo. Altri (S. Giovanni, Crisostomo, portate, che esprime in altro modo la stessa idea,
Teodoreto, Estio, Drach, ecc.) interpretano così : manca nei migliori codici greci, e nella maggior
Nessun peccato, come il vizio impuro, disonora e parte delle versioni. Alcuni codici greci hanno
contamina tanto il corpo dell'uomo, perette nel- quest'altra lezione : Glorificate Dio nel vostro
l'abbandonarsi a tale vizio, l'uomo resta talmente corpo e nel vostro spirito che appartengono a Dio.
assorbito, che diviene come incapace di pensare
ad altro. Non neghiamo ogni valore a questa spie-
gazione, ma quella da noi adottata ci sembra più
probabile (Ved. Cornely, h. 1. ; Fillion, h. 1.). CAPO VII.

19.Continua l'argomento precedente. Non sa- 1. L'Apostolo comincia la seconda parte della
pete. Nel greco invece di an, forse^ vi è n, aut, sua epistola in cui risponde ad alcune questioni,
o. L'ingiuria è tanto più grave, quanto maggiore è
propostegli per lettera dai Corinti, la prima delle
la dignità della persona contro cui vien fatta. Ora
quali si riferisce al matrimonio e al celibato. Pro-
non sapete voi, che quanda coU'impurità conta- babilmente alcuni fedeli di Corinto, trasportati da
minate il vostro corpo, venite a contaminare il un ascetismo esagerato, credevano di essere te-
tempio dello Spirito Santo? I cristiani sono tempio nuti a vivere nel celibato, o se già erano nel
dello Spirito Santo, perchè lo Spirito Santo, me- matrimonio, a osservare la continenza. Da ciò
diante la grazia, abita nella loro anima e santifica nacque la questione. Nella sua risposta l'Apostolo,
i loro corpi rendendoli docili strumenti dell'anima dopo affermata in genere l'onestà del celibato,
nell'esercizio delle virtù. Benché quindi lo Spi- tratta dell'onestà e dell'uso del matrimonio (1-9),
rito Santo
abiti principalmente neiranima, in cui
e poi della sua indissolubilità (10-24), e infine
è grazia e la carità, secondariamente però abita
la
discorre dell'eccellenza del celibato sopra il ma-
anche nelle nostre membra, in quanto sono stru- trimonio (25-40).
menti che eseguiscono le opere della carità. Il Quanto alle cose... scritto. Queste parole pro-
quale vi è stato dato, ecc. Dio Padre è colui che vano, che i Corinti avevano interrogato per let-
ci ha dato lo Spirito Santo. La grandezza del do-
tera S. Paolo intorno a questo argomento. E' cosa
natore ci fa meglio conoscere la grandezza del buona (gr. xaXóv), ossia è cosa in se stessa buona
dono. Se il corpo vostro è tempio dello Spirito ed eccellente, sotto l'aspetto morale, il non toc-
Santo, esso non appartiene più a voi, ma è pro- care donna, ossia l'astenersi dal prender moglie;
prietà dello Spirito Santo che vi abita.
e per lo stesso motivo, è cosa buona per la donna
20. Lo Spirito Santo non si è già usurpata tale il non prender marito. L'Apostolo però, dicendo
proprietà, ma l'ha acquistata legittimamente, per- che il celibato è cosa buona, non vuole già lasciar
chè voi, che in anima e corpo eravate schiavi del intendere che il matrimonio sia una cosa cattiva, ma
demonio, siete stati comprati a caro prezzo, cioè paragonando assieme il matrimonio e il celibato,
mediante il sangue di Cesù Cristo (I Piet. I, 18, afferma semplicemente che quest'ultimo, in sé,
19). Quanto è grande la dignità del nostro corpo I è più perfetto e più eccellente. Ai vv. 33 e ss.
Il Figlio l'ha ricomprato col suo sangue; il Paare ne addurrà le ragioni. E' degno di osservazione
134 I Corinti, VII, 2-7

'Propter fornicatiónem autem unusquisque toccar donna ^ma per cagione della fonJ-
:

suam uxórem hàbeat, et unaquéque suum cazione ognuno abbia la sua. moglie, e
virum hàbeat. ^Uxóri vir débitum reddat : ognuna abbia il suo marito. ^Alla moglie
similiter autem et uxor viro. ^Mùlìer sui renda marito quello che le deve
il e pari- :

córporis potestàtem non habet, sed vir. Simi- mente la donna al marito. *La donna maritata
liter autem et vir sui córporis potestàtem non è più sua, ma del marito. E similmente
non habet, sed mùlier. ''Nolite fraudare in- l'uomo ammogliato non è più suo, ma della
vicem, nisi forte ex consénsu ad tempus, moglie. ^Non vi defraudate l'un l'altro, se
ut vacétis oratióni et iterum revertimini in
: non fosse di consenso per un tempo, affine
idipsum, ne tentet vos Sàtanas propter in- di ^plicarvi all'orazione e di nuovo riuni-
:

continéntiam vestram. tevi insieme, perchè non vi tenti satana per


la vostra incontinenza.
"Hoc autem dico secùndum indulgéntiam, ^Questo poi dico per indulgenza, non per
non secùndum impérium. ''Volo enim omnes comando. ^Poiché bramo che voi tutti. siate

» I Petr. Ili, 7.

il fatto che l'Apostolo, volendo parlare ora del scambievole diritto l'uno sull'altro per tutto ciò
matrimonio, cominci a far l'elogio del celibato, che si riferisce al fine del matrimonio e perciò,
dichiarandolo superiore al matrimonio. Si noti che come il marito non ha potestà di se stesso, in
queste parole dell'Apostolo non sono contrarie a relazione ai doveri matrimoniali, così anche la
ciò che disse Dio (Gen. II, 18) « Non è cosa
: moglie.
buona che l'uomo sia solo », poiché Dio riguar- 5. Non vi defraudate, ecc. Da ciò si deduce,
dava l'umanità in generale, alla cui propagazione che l'uno dei coniugi non può togliere o limitare
è necessario il matrimonio, mentre l'Apostolo a suo capriccio il diritto dell'altro, senza mancare
parla dell'uomo privato o individuo, e considera alla giustizia. L'Apostolo però aggiunge, che pos-
ciò che per lui, sotto l'aspetto morale, è di mag- sono, di mutuo consenso, non usare dei loro di-
gior perfezione. ritti per alcun tempo determinato, affine di atten-

2. Ma per cagione, ecc. Benché il celibato in dere con maggior fervore all'orazione. Qui non si
se stesso sia migliore del matrimonio, e più utile parla della preghiera ordinaria, ma di certi tempi
per la salute spirituale, tuttavia « siccome non destinati in modo speciale agli esercizi di pietà,
tutti sono capaci di tanto bene, e per questi l'a- come viene indicato dalle parole dell'Apostolo :
stenersi dal matrimònio potrebbe servire di occa- Iva cXoXdoTiTe t^ jrpoaeuXtì, e da parecchi codici
sione a cadere nel vizio della impurità, quindi, greci, che all'orazione aggiungono il digiuno.
dice, e l'uomo^ abbia moglie, e la moglie abbia ma- « Oltre questi confini non vuole l'Apostolo che
rito, affinché, chi non ha virtù di raffrenare i si estenda la mutua volontaria separazione, affin-

proprii affetti, li restringa entro ì confini della ché la poca virtù dell'uno o dell'altro, o di am-
legittima congiunzione, dice il Crisostomo». Mar- bedue, non li esponga alle insidie del demonio
tini. Parecchi esegeti (Estio, Alapide, Tirino.... Martini. Anche qui l'Apostolo dà una norma ge-
Cornely), pensano che, in questi due primi ver- nerale, che non esclude casi particolari nei quali,
setti, l'Apostolo parli dell'uso del matrimonio, e coniugi di specchiata virtù possano, colla grazia
che le sue parole si debbano solo applicare ai di Dio, osservare perpetua continenza.
coniugati. La sentenza però che spiega le parole Dal fatto, che l'Apostolo considera come ottima
dell'Apostolo, per il matrimonio da contrarsi, è cosa per i coniugati, l'astenersi dall'uso del ma-
più comune fra gli interpreti. Si osservi ancora, trimonio per applicarsi all'orazione, si deduce la
che l'Apostolo dà una regola generale, poiché somma convenienza del celibato nebSacerdoti, che
la più parte dei cristiani é chiamata alla stato di continuo sono applicati alle cose di Dio.
matrimoniale, ma non esclude che alcuni individui 6. Questo poi, che, dopo esservi applicati alla
particolari, possano praticare quel che è più per- orazione, di. nuovo vi riuniate assieme, dico per
fetto e astenerci dal matrimonio. —
Alcuni razio- indulgenza, avuto cioè riguardo alla vostra i debo-
nalisti accusano qui S. Paolo di aver un concetto lezza, non già per farvene un comando; quasi
troppo basso del matrimonio, considerandolo solo che sia assolutamente proibito l'osservare per-
come un mezzo per evitare un maggior male (per petua continenza. Tale è l'interpretazione più co-
cagione della fornicazione). Si deve notare però, mune tra gli esegeti, e che risponde meglio al
che l'Apostolo non svolge qui tutta la teoria cri- contesto. Alcuni (p. es. Fillion) riferiscono le pa-
stiana sul matrimonio, ma risponde solo alle do- role dell'Apostolo al matrimonio, come se avesse
mande che gli furono proposte. Di più, dai ver- voluto dire : Dicendovi che ognuno abbia la sua
setti 14 e XI, 3, e specialmente da Efes. V, 25-27, moglie, ecc. (v. 2), non ho voluto farvi un co-
si deduce chiaramente quanto alto e sublime fosse mando, ma darvi solo un consiglio basato sulla
il concetto che l'Apostolo aveva del sacramento del conoscenza che ho della vostra debolezza morale.
matrimonio, considerato in se stesso. In questa spiegazione bisognerebbe supporre una
3. Allamoglie... al marito, ecc. Venendo ora parentesi tra i vv. 3-5, della quale però nel testo
a parlare dell'uso del matrimonio, l'Apostolo ri- non v'é alcuna traccia.
chiama alla mente dei coniugi cristiani uno fra i 7. Bramo, ecc. Siccome la continenza perpetua
principali doveri, dall'adempire il quale, non sono è cosa più perfetta che non il matrimonio, così io
dispensati per il fatto che sono cristiani. bramo che voi tutti (meglio, secondo il greco, che
4. Dà la ragione degli obblighi del matrimonio. tutti gli uomini^ tendiate alla maggior perfezione,

In virtù del mutuo contratto, i due coniugi hanno e->os.serviate la perfetta castità, e siate quale sono
I Corinti, VII, 8-12 135

vos esse sicut meipsum sed unusquisque


: quale son io ma ciascuno ha da Dio il suo
;

próprium donum habet ex Deo àlius qui- : dono uno in un modo, uno in un altre, "A
:

dem sic, àlius vero sic. "Dico autem non quei che non hanno moglie, e alle vedove,
nuptis, et viduìs bonum est illis si sic per-
: dico che è bene per loro che se ne stiano
maneant, sicut et ego. 'Quod si non se cón- così, come anche io. ®Che se non si conten-
tinent, nubant. Mélius est enim nùbere, gono, contraggano matrimonio. Poiché è
quam uri. meglio contrar matrimonio che ardere.
"lis autem, qui matrimònio juncti sunt, "Ai coniugati poi ordino, non io, ma il
praecipio non ego, sed Dóminus, uxórem a Signore, che la moglie non si separi ^n\
viro non discédere "Quod si discésserit,
: marito "e ove se ne sia separata, resti
:

manére innùptam, aut viro suo reconciliàri. senza rimaritarsi, o si riunisca col suo ma-
Et vir uxórem non dimittat. rito. E l'uomo non ripudii la moglie.

^^Nam céteris ego dico, non Dóminus. Si ^^Agli altri non il Signore.
poi dico io,
quis frater uxórem habet infìdélem, et haec Se un ha una moglie infedele, e
fratello
conséntit habitàre cum ilio, non dimittat il- questa è contenta di abitare con lui, non la

" Matth. V, 32 et XiJC, 9 ; 9 ; Marc. X, 9 ; Lue. XVI, ììi.

io, che, non essendo legato da alcun vincolo ma- primi Vangeli, che erano già stati pubblicati.
trimoniale, vivo in perpetua verginità. Benché L'Apostolo proclama la legge dell'indissolubilità
l'Apostolo desideri sinceramente, che tutti pos- del matrimonio. La moglie non deve separarsi dal
sano conseguire sì gran bene, sa però che vi si marito; il marito non deve ripudiare la moglie.
oppongono molte difficoltà, che solo con una grazia Ove se ne sia separata, non ostante il precetto
speciale di Dio si possono superare. Ora questa di Dio, resti senza rimaritarsi, o si riunisca col suo
grazia Dio, negli arcani della sua sapienza, la dà marito, perchè il primo vincolo non è stato sciolto
agli uni e non agli altri. 7/ suo dono. Queste- pa- dalla separazione, per qualunque motivo (anche
role non riguardano solo la continenza, ma anche lecito, come l'Apostolo suppone che possa acca-
il matrimonio, per usare del quale cristianamente, dere) sia avvenuta. Siccome nel matrimonio, i di-
è pure necessaria la grazia di Dio. Uno in un ritti e i doveri dei coniugi sono pari, ciò che
modo, ecc., ossia uno riceve la vocazione al ma- l'Apostolo dice della moglie, vale anche per il
trimonio e l'altro al celibato. marito. Questi non può separarsi dalla sua moglie,
8-9. L'Apostolo deduce conseguenze
alcune e se per qualsiasi motivo se ne separa, non può
pratiche. Avendo il suo dono
detto che ciascuno ha sposare un'altra donna, perchè il vincolo contratto
da Dio, conchiude, che ognuno deve osservare sussiste ancora. L'Apostolo parla del matrimonio
se ha questo dono prima di abbracciare l'uno consumato, e non di quello che suol chiamarsi
o l'altro stato. A quei che non hanno mogUe rato.

(gr. ot ayaiLioi), espressione generale che com- 12-13. Parla del caso in cui un coniuge siasi
prende tutti quei che non sono coniugati, uomini convertito e l'altro sia rimasto nell'infedeltà. Agli
e donne, vedovi, ecc. Alle vedove. Parla in modo altri, cioè non ai celibatarii (8), e ai coniugi en-
speciale di esse, perchè, nell'antica chiesa, erano trambi cristiani (10-11), ma a quelli che, legati in
loro assegnati certi uffizi di carità. £' bene (V. matrimonio prima di conoscere il Vangelo, abbiano
n. I). Stiano così senza contrarre matrimonio. l'uno abbracciata la fede e l'altro coservata l'an-
Come anch'io (V. n. prec). Se non si conten- tica religione (12-16). Dico io, coll'autorltà che mi
gono, cioè se sentono di non avere il dono della viene dall'essere Apostolo, e quindi in nome di
continenza, è meglio per loro contrarre matri- Dio. L'Apostolo (S. Tonf., h. l.),^dà un consiglio
monio. La ragione si è, che in tal caso è meglio solamente, e non impone un precetto. Non il
per loro eleggere il bene meno perfetto, qual'è Signore. Gesiì Cristo non aveva di sua bocca dato
il matrimonio, 'che, volendo un bene piiì perfetto, norme speciali per i matrimonii misti. Se un fra-
cioè la continenza, ardere del fuoco della concu- tello, cioè un cristiano, ha moglie infedele... se
piscenza ed esserne vinto. Non dice l'Apostolo, una moglie fedele ha marito infedele. Si tratta
che sia meglio prender moglie che essere tentato, quindi non di matrimonio da contrarsi, ma di ma-
ma che è meglio prender moglie, che essere vinto trimonio già contratto nell'infedeltà. Questa è con-
dalla tentazione e perdere Dio.
tenta... è contento, ecc. Il consenso della parte
10-11. Avendo detto che avrebbe desiderato di infedele ad abitare colla parte fedele, importa che
rederli tutti liberi dai vincoli matrimoniali, v'era questa goda di tutta la sua libertà per poter com-
a temere che alcuni, fra i coniugati, interpretas- piere tutti i doveri religiosi, e che non vi sia per
sero male le sue parole, e perciò viene ora a trat- essa pericolo di perversione, o di essere trascinata
tare di quei che sono già legati in matrimonio. ad offendere Dio. Non la ripudii... non la lasci.
Ai coniugati, cioè ai fedeli che già si trovano In questo caso i coniugi non devono separarsi « E'
uniti in matrimonio. Al v. 12, parlerà del caso in questo, come dice Sant'Agostino, un consiglio di
cui l'uno o l'altro dei coniugi sia infedele. Ordino, carità la separazione del coniuge fedele dall'in-
:

non io, ma il Signore. Il precetto che io do, l'ha fedele, non proibita dal Signore con ordinazione dì
dato il Signore immediatamente, cioè di sua pro- legge, perchè veramente una tale separazione negli
pria bocca. Questo precetto conservatoci nei Van- occhi di lui non è ingiusta, viene proibita dal-
geli (Matt. V, 32; XIX, 9; Marco X, 11, 12; Luca l'Apostolo per consiglio di carità, perchè reche-
XVI, 18. Ved. n. ivi), doveva essere conosciuto rebbe impedimento alla salute degli infedeli ».
dai fedeli, o per tradizione o per la lettura dei Martini. Anche S. Tommaso scrive, h. L : Con-
136 Corinti, VII, 13-17

lam. "Et si qua mùlier fidélis habet virum ripudii. "E se una moglie fedele ha un
infidélem, et hic consentii habitàre cum illa, marito infedele, che è contento di abitare
non dimittat vìrum : "Sanctiflcàtus est enim con essa, non lo lasci. "Infatti è santificato
vir infldélis per mulierem fidélem, et sancti- il marito infedele per la moglie fedele, e la

flcàtaest mùlier infldélis per virum fide- moglie infedele pel marito fedele altrimenti :

lem alióquin filli vestri immóndi essent,


: i vostri figliuoli sarebbero immondi, ed or
nunc autem sancti sunt. sono santi.
^*Quod si infldélis discédit, discédat non : "Che se l'infedele si separa, si separi :

enim>servitùti subiéctus est frater, aut soror poiché non soggiace a servitù il fratello,
in huiusmodi in pace autem vocàvit nos
: la sorella in tal caso ma Iddio ci ha chia-
:

Deus. "Unde enim scis mùlier, si virum sal- mati alla pace. "Che sai tu infatti, o donna,
vum fàcies? aut unde scis vir, sì mulierem se sii per salvare il marito? E che sai tu,
salvam fàcies? uomo, se sii per salvare la moglie?
^
^^Nisi unicuique sicut divisit Dóminus, ^Solamente ciascuno secondo quello che
unumquémque sicut vocàvit Deus, ita àm- il Signore gli ha dato, e ciascuno secondo

silium est non praeceptum, ut qui contrarium agit figli,finché non sono battezzati, vanno considerati
non sit transgressor secundura Glossam (Vedi come immondi e devono essere rigettati dal vostro
anche Cornely, h. 1.). Alcuni però pensano che consorzio. Ora questa conseguenza è falsa, perchè
qui si tratti di un vero precetto. (Ved. Van. Steen- i vostri figli, anche prima di essere battezzati, sono
kiste, h. 1.). già santi di una santità esteriore, per il fatto stesso

14. Dà la ragione per cui non devono separarsi. che, essendo nati da genitori cristiani, sono già
destinati a ricevere la fede, e voi non contraete
Santificato, ecc. La parte infedele è santificata
(nyiaaxai) per J'uiiione colla parte fedele. Quello nessuna sozzura abitando con essi ; al contrario
essi si trovano in una condizione assai più vantag-
fra i due sposi che aveva abbracciato il cristiane-
simo, poteva credere di restare contaminato dalla giosa che non i figli dei pagani. Così anche il
convivenza e dalla intimità con un pagano o un coniuge cristiano non contrae nessuna sozzura con-
Giudeo. L'Ap. afferma, che non solo la parte fedele vivendo col coniuge pagano nelle condizioni sovra
esposte, anzi il coniuge pagano viene per questo a
non resta contaminata, ma anzi, dalla santità che
trovarsi in una condizione molto più vantaggiosa
essa ha in Gesù Cristo, si irradia una specie di
di prima.
santità anche sulla parte infedele, la quale resta
perciò santificata. E' chiaro che qui non si parla 15-16. L'Apostolo parla ora del caso, in cui la
della vera santità interiore, ma solo di una prepa- parte non voglia più stare colla parte
infedele
razione o disposizione alla santità. La parte infedele, fedele. Se l'infedele si separa, ossia non vuol più
per i buoni esempi che riceve dalla parte fedele, è convivere assieme, oppure non vuole stare alle
più disposta a convertirsi. A molti autori (Cornely, condizioni che la fede impone, si separi pure; la
h. 1. ;Fillion, h. 1. ; Le Camus, op. cit., t. Ili, p. 93 ; parte fedele non deve fare sforzi per ritenerlo.
Brassac, M. B., t. IV, p. 260, ecc.), sembra però Poiché, manca nel greco e nelle altre versioni.
che l'Apostolo voglia ancora dire qualche cosa di Non soggiace, ecc. Il cristiano o la cristiana, in
più, poiché l'uso del perfetto, Àyiaaxax, indica un tal caso, non soggiace più alla servitù della legge
effetto compiutosi fin dalla conversione della parte matrimoniale verso l'infedele ; il vincolo coniugale
fedele, e le espressioni per la moglie fedele, pel resta sciolto, e la parte fedele, se crede, può
marito fedele (più chiaramente nel greco : nella contrarre nuove nozze. Tale è l'interpretazione
moglie fedele.., nel marito fedele), indicano un della Chiesa e dei Padri. La ragione si é che Dio
risultato ottenuto in forza della unione colla parte ci ha chiamati alla pace, la quale ci fu portata da
fedele. Ciò posto i detti autori, molto ragionevol- Gesù e ci venne annunziata dagli Apostoli. Ora il
mente, spiegano così le parole dell'Apostolo : A coniuge cristiano non potrebbe godere di questa
quella guisa che ogni cristiano diviene santo per pace, se ogni giorno dovesse litigare e lottare colla
la sua unione con Gesù Cristo, capo del corpo parte infedele affine di poter compiere i suoi doveri
mistico della Chiesa (I, 2; VI. 15, 19), così, religiosi.
benché in modo moUo inferiore, la parte infedele,
per la sua unione colla parte fedele, colla quale
16. Come
sai tu, ecc. L'unico motivo che può
indurre coniuge cristiano a cercare di trattenere
il
è una sola carne, e consente di vivere senza pec-
il coniuge infedele, che non vuole stare alle condi-
cato, viene a partecipare in qualche modo- alla
zioni richiestegli, è la speranza che col tempo
santità, in quanto comincia ad assoggettarsi al do-
anch'egli sì converta. Ora, dice l'Apostolo, questa
minio di Gesù Cristo, e ad essere a Lui consa-
speranza è cosa incerta e assai debole, quindi non
crata. Altrimenti
vostri figliuoli, ecc. Qui non
ì
deve privare la parte fedele della sua libertà.
da questi matrimonii misti,
si tratta dei figliuoli nati
ma in generale dei figliuoli dei cristiani di Corinto. Benché il vincolo coniugale restì sciolto
17-24.
L'Apostolo infatti non usa la terza persona, come nel caso indicato (15-16), non si deve però cre-
aveva usato nelle parole precedenti, e usa nel dere che colla conversione alla fede, restino sciolti
V. 15, ma invece adopera la seconda plurale, la- gli altri vincoli che si fossero contratti. L'Apostolo
sciando così capire, che, parla dei figli di coloro piglia quindi occasione di inculcare a tutti di
ai quali scrive. Egli vuol dire Se per l'unione: restare in quello stato, in cui si trovavano prima
colla parte fedele, Ma parte infedele non fosse in della conversione, sempre che, si deve sottinten-
certo modo santificata, e quindi non fosse lecito«aI dere, un tale stato non abbia con sé qualche cosa
fedele convivere coll'infedeie senza contaminarsi, di meno onesto. Probabilmente a Corinto, come già
allora si dovrebbe conchiudere che anche i vostri s Tessalonica, vi erano alcuni, i quali per essersi
! Corinti, VII, 18-24 137

btilet, òmnibus Ecclésiis dóceo.


et sìcut in che Dio lo ha chiamato, in quel modo cam-
"Circumcisus àliquìs vocàtus est? non ad- mini, conforme io pur insegno in tutte le
ducat praepùtium. In praepùtio àliquis vo- Chiese. "E' stato uno chiamato essendo
càtus est? non cìrcumcidàtur. ^^Circumcisio circonciso? Non procuri di apparire incir'-
praepùtium nihil est sed obser-
nihil est, et : conciso. E' stato uno chiamato essendo in-
vàtio mandatórum Dei. ^"Unusquisque in circonciso? Non si circoncida. ^®Non im-
qua vocatióne vocàtus est, in ea permàneat. porta niente l'essere circonciso, e non im-
porta niente l'essere incirconciso ma l'os- :

servare i comandamenti di Dio. ^"Ognuno


resti in quella vocazione in cui fu chiamato.

'^Servùs vocàtus es? non sit tibi curae : ^^Sei tu stato chiamato essendo servo?
sed et si potes fieri liber, magis ùtere. "Qui Non prendertene affanno ma potendo anche
:

enim in Dòmino vocàtus est servus, libértus diventar libero, piuttosto eleggi di servire.
est Dòmini similiter qui liber vocàtus est,
: "^Poiché colui, che essendo servo, è stato
servus est Christi. ^^Prétio empti estis, no- chiamato al Signore, è liberto del Signore :

lite fieri servi hóminum. ^*Unusquìsque in parimente chi è stato ìchiamato essendo

»• Eph. IV, 1. 23 sup. VI, 20; I Petr. I, 18:

fatti cristiani credevano di dover rinnegare in' servire, ossia resta volentieri nello stato in cui
tutto la loro vita passata. eri quando fosti convertito. Le parole dell'Apostolo
Solamente. Il greco eì = nisi potrebbe es- |iif| uSAXov Xpf\oai = magis utere = eleggi piuttosto,
sere tradotto meglio per altrìmenti. Secondo la essendo indeterminate, sono dalla maggior parte
maggior parte degli autori moderni (V. Cornely, dei Padri interpretate eleggi piuttosto di restar
:

h. 1. ; Van Steenkiste, h. 1., ecc.), questa parola schiavo. Alcuni però (Alapide, Calmet, Bisping,
va connessa col v. 15. L' Apostolo ha detto il fra- : ecc.), preferiscono quest'altra spiegazione eleggi :

tello la sorella non soggiace a servitù nel caso piuttosto l'occasione che ti è offerta di diventar
suddetto, e il matrimonio si può sciogliere, altri- iibero. Il v. seg. favorisce piuttosto la prima spie-
menti, cioè se non vi è questa ragione di mutar gazione. L'Apostolo dà però solo un consiglio.
stato, ciascuno cammini in quel modo, ossia ri-
22. Tutti i cristiani sono uguali in Gesù Cristo,
manga in quello stato, in cui la Provvidenza divina qualunque sia condizione esterna di vita
la loro
lo ha posto. Secondo quello che il Signore gli ha
(XII, 13; Gal. Ili, 28; Coloss» III, 11), e quindi
dato, secondo che Dio lo ha chiamato. Queste pa-
lo schiavo cristiano non differisce, davanti a Gesù
.role mostrano chiaramente, che l'Apostolo parla di
Cristo, dal cristiano libero. La ragione si è, per-
stati onesti e non peccaminosi. Il cristianesimo non
chè lo schiavo chiamato al Signore, ossia divenuto
è venuto a sconvolgere e a rovesciare le relazioni
cristiano, è membro di Gesù Cristo, è liberto del
della famiglia e della società. Io insegno, ecc.
Signore, ossia è stato affrancato dalla schiavitù del
Tale è la dottrina che ho insegnato in tutte le peccato e del demonio, ed ha ottenuto la libertà
Chiese, che non si deve cioè cambiar stato di spirituale, ma continua ad essere servo o schiavo
vita dopo la conversione. Nel greco invece di
del Signore. Parimenti colui che fu chiamato alla
insegno, vi è ordino, comando.
:
fede essendo libero, diviene servo o schiavo di
alcuni esempi per spiegar meglio il
18. Porta Gesù Cristo, che lo ha comprato, e porta il giogo
suo pensiero. Chiamato alla fede essendo circon- di Lui. Tutti sono quindi servi di Gesù Cristo, e
ciso, cioè Giudeo. Non procuri di apparire incir- l'uno non deve inorgorglirsi della sua libertà mate-
conciso, come facevano alcuni Giudei per non riale, e l'altro non deve avvilirsi della sua condi-
essere riconosciuti dai pagani (I Macab. I, 16; zione.
Gius. FI. A. G. XII, 5, 1). Essendo incirconciso,
23. Siete stati comprati. L'Apostolo parla a tutti
cioè pagano, non si cu-concida dopo il battesimo.
i Corinti. Voi tutti, liberi e schiavi, eravate sotto la
19. Non importa, ecc.
All'eterna salute nulla tirannia del peccato e del demonio, e Gesù Cristo
importa l'essere stato circonciso o no, ma quello vi ha comprati e redenti dalla schiavitù versando
che importa è la fede e l'osservanza dei coman- tutto il suo sangue (VI, 20) ; in conseguenza voi
damenti di Dio. Ora la fede e la carità possono siete intera proprietà di Gesù Cristo e a Lui solo
ugualmente trovarsi nei Giudei e nei pagani (Gal. dovete servire. Non diventate servi degli uomini,
V, 6; VI, 15). ossia non assoggettatevi agli uomini, in modo da
20. Resti in quella vocazione, ossia in quella venir meno ai doveri che avete verso Dio, e non
condizione, in quel genere di vita, in cui si tro- cercate di piacere più agli uomini che a Dio (Gal.
vava prima della sua conversione. In cui fu chia- I, 10; I Tess. II, 4). Alcuni spiegano: non diven-

mato da Dio. Si tratta quindi, come già fu osser- tate servi degli uomini, come se l'Apostolo volesse
vato, di un genere di vita onesto, al quale può dire non diventate servi di questo o quel dottore
:

essere l'uomo chiamato da Dio. o capo partito.


,21. Cita un altro esempio tratto dalla condizione F' difficile però che i Corinti, leggendo queste
più vile, e mostra che questa non è incompatibile parole, potessero pensare ai capi partiti, dei quali
col cristianesimo. Tu, che ti sei convertito, mentre l'Apostolo non parla in tutto questo capo.
eri schiavo (servo), non prenderti affanno della 24. Resti davanti a Dio, ossia ognuno rimanga
bassezza della tua condizione, ma tienla cara come nella sua prima condizione di vita, in modo però
una scuola di umiltà e di pazienza, e quand'anche da non allontanarsi da Dio, cioè salva la fede «
potessi acquistare la libertà, eleggi piuttosto di l'ubbidienza a Dio.
138 I Corinti, VII, 25-28

quo vocàtus est, fratres, in hoc permàneat libero, è servo


di Cristo. -'Siete stati com-
apud Deum. non diventate servi degli uo-
prati a prezzo,
mini. ^^Ognuno adunque, o fratelli, qual fu
chiamato, resti davanti a Dio.
^'De virgìnibus autem praecéptum Do- ^'^Intorno poi alle vergini io non ho coman-
mini non hàbeo consilìum autem do, tam-
: damento del Signore : ma dò consiglio, come
quam misericórdiam consecùtus a Dòmino, uomo che ha ottenuto misericordia dal Si-
ut sim fìdélis. ^^Existimo ergo hoc bonum gnore, perchè io sia fedele. ^^Credo adunque
esse propter instàntem necessitàtem, quó- che ciò sia un bene attesa la urgente neces-
niam bonum est hómini sic esse. ^^AUigàtus sità, perchè buona cosa è per l'uomo star-
es uxori ? noli quaérere solutiónem. Solùtus sene così. ^^Sei legato a una moglie? non
es ab uxóre? noli quaérere uxórem. ^*Si cercar d'essere sciolto. Sei sciolto dalla mo-
autem accéperis uxórem non peccasti. Et : glie ? non cercar moglie. ^''Che se prenderai
si nùpserit virgo, non peccàvit tribulatió- : moglie, non hai peccato. E se una vergine
nem tamen carnis habébunt huiùsmodi. Ego prende marito, non ha peccato ma costoro :

autem vobìs pafcb. avranno tribolazione della carne. Ma io ho


riguardo a voi.

25-40. Dai vv. prec. poteva nascere una diffi- tinuo, ed è tale, che i coniugati non possono ad
coltà. Se non deve cambiar lo stato in cui si
si esso sottrarsi. La necessità presente in sé stessa
era prima di convertirsi, coloro che abbracciarono non è male, ma spesso impedisce l'uomo dì darsi
la fede prima di contrarre matrimonio, oppure totalmente a Dio (v. 32). Tale spiegazione è da
mentre erano in stato di vedovanza, possono an- preferirsi (V. Cornely, h. 1.; Filliòn, h. 1., ecc.).
cora unirsi in matrimonio, oppure devono rimanere Altri (Bisping, h. 1. ; Tussaint, h. 1. ; Prat, La
nel celibato? L'Apostolo risponde prima, che il Théologie, ecc., p. 154, voi. 1), spiegano queste
celibato è solo di consiglio e non di precetto, parole per le varie tribolazioni, che precederanno
benché in sé stesso sia di gran lunga superiore al la venuta di Gesù Cristo per il giudizio finale (Lue.
matrimonio (25-35), e poi passa a dare alcuni XXI, 25-27). L'Apostolo le dice presenti o immi-
consigli ai genitori (36-38) e alle vedove (39-40). nenti, perché credeva prossima la fine del mondo.
Intorno poi. Probabilmente i Corinti l'avevano Ma, come si è già dimostrato (Ved. n, Rom. XIII,
consultato anche su questo punto. Alle vergini. 11-14), non è ammissibile che l'Apostolo siasi in-
Con questo nome l'Apostolo indica le persone nu- gannato in cosa di tale importanza, tanto più che
bili dell'uno e dell'altro sesso. In questo senso la poco tempo prima di scrivere ai Corinti aveva
parola vergini si trova anche nell'Apocalisse (XIV, avvertito i Tessalonicesi di non credere imminente
4), e d'altronde se ai vv. 28 b e 34-38, l'Apostolo il giorno del giudizio (II Tessal. II, 2 e ss. ; III,
la usa al singolare per significare la donna nubile, 6 e ss.). Starsene così sciolto dai vincoli coniugali.
nei vv. 28, 32, 33, viene usata per significare i
27. Affinché non si creda che così dicendo voglia
due sessi. Non ho comandamento del Signore che
condannare il matrimonio, l'Apostolo spiega meglio
sì astengano dal matrimonio. Il Signore ha bensì
il suo pensiero, affermando che le sue parole,
lasciata capire l'eccellenza del celibato (Matt. XIX,
riguardano solo quelli che ancora non sono legati,
12), ma non l'ha comandato, e non ne ha fatto una
e di più contengono non un precetto, ma un con-
condizione per entrare nel regno del cielo. Do
siglio, la cui osservanza, benché faciliti l'acquisto
consiglio. Il greco Tvó>|ati, significa propriamente
del cielo, non è però condizione indispensabile
sentenza, opinione, ma poiché qui si tratta di cose
per salvarsi.
da farsi, questa sentenza è un vero consiglio. E
questo consìglio di abbracciare il celibato lo do Sei tu legato in legittimo matrimonio a una
come uomo che ha ottenuto misericordia dal Si- moglie? Non cercare, ecc. Cf. v. 10 e ss.
gnore, cioè come uomo chiamato per divina mise- Sei sciolto, ecc. Queste parole si rivolgono ai
ricordia all'Apostolato, e da Dio mandato a pre- celibatarii.Non cercar moglie, non perchè il ma-
dicare. Perchè sia fedele. Io devo parlare così e trimonio sia cosa cattiva, ma perchè la castità è
dare questo consiglio, perché altrimenti sarei infe- migliore.
dele alla missione e alle grazie aflSdatemi da Dio.
28. Nonhai peccato... non ha peccato. I due
Così mostra che il suo consiglio è degno di grande
Boristi greci dovrebbero qui essere tradotti col
stima.
futuro non peccherai... non peccherà. Il matri-
26. Credo adunque che ciò, ossia il restar ver- monio in sé è cosa buona, perchè istituito da Dio;
gini, sia un bene, cioè cosa migliore e più per- e quindi chi lo contrae legittimamente non com-
fetta (V. n. 1). Attesa la urgente necessità. Ecco il mette peccato. Tribolazione della carne è lo stesso
motivo per cui l'Apostolo giudica doversi preferire che l'urgente necessità del v. 26, e significa le tri-
la verginità al matrimonio. Queste parole però, bolazioni, le angustie, le inquietudini della vita
ricevettero varie interpretazioni. Quasi tutti gli presente, che sono molto maggiori nello stato dì
antichi esegeti le intesero per le varie molestie, matrimonio che in quello di verginità. Io ho ri-
inquietudini e tribolazioni della vita presente, alle guardo a voi, ossia se vi raccomando la verginità,
quali si trovano molto' più esposti i coniugati che è per riguardo a voi, cioè per risparmiarvi tante
non le persone libere, le quali non hanno da pen- tribolazioni. La spiegazione a io ho riguardo a
:

sare che a sé stesse. Questo stato di cose viene voi non parlando di queste tribolazioni, perché non
chiamato urgente, o meglio presente (gr. 'eveo- voglio distogliere dal matrimonio chi non avesse il
T&oav), perchè stringe dappresso ruomo di con- dono della continenza » non corrisponde al contesto.
I Corinti, VII, 29-35 139

*'Hoc itaque dico, fratres Tempus breve : 'Mo dico dunque, o fratelli : Il tempo è
est réliquum est, ut et qui habent uxóres,
: breve : resta che e quei che hanno moglie
tamquam non habéntes sint ^°Et qui flent, : siano come quei che non l'hanno ^°e quelli :

tamquam non flentes et qui gaudent, tam-


: che piangono, come quei che non piangono :

quam non gaudéntes et qui emunt, tam-


: e quelli che sono contenti, come quei che
quam non possidéntes ^^Et qui utùntur hoc
: non sono contenti e quelli che fanno
:

mundo, tamquam non utantur praéterit : compre, come quei che non posseggono :
enim figura hùius mundi. ^^E quelli che usano di questo mondo, come
quei che non ne usano perocché passa la
:

scena di questo mondo.


''Volo autem vos sine solicitùdine esse. ^^Or io bramo che voi siate senza inquie-
Qui sine uxóre est, solicitus est quae Do- tezza. Colui che è senza moglie, ha solleci-
mìni sunt, quómodo plàceat Deo. "Qui au- tudine delle cose del Signore, del come
tem cum uxóre est, solicitus est quae sunt piacere a Dio. ''Chi poi è ammogliato, ha
mundi, quómodo plàceat uxòri, et divisus sollecitudine delle cose del mondo, del 'come
est. ^*Et mùlier innupta, et virgo cógitat piacere alla moglie, ed ? diviso. "E la donna
quae Domini sunt, ut sit sancta córpore, et non maritata, e la vergine ha pensiero delle
spiritu. Quae autem nupta est, cógitat quae cose del Signore, affine di essere santa di
sunt mundi, quómodo plàceat viro. ^^Porro corpo e di spirito. La maritata poi ha pen-
hoc ad utilitàtem vestram dico non ut là- : siero delle cose del mondo, del come piacere
queum vobis iniiciam, sed ad id, quod ho- al marito. '^Ora io dico questo per vostro
néstum est, et quod facultàtem praébeat sine vantaggio non per gettarvi un laccio, ma
:

impediménto Dóminum obsecràndi. per quello che è onesto, e che dà facoltà di


servire al Signore senza impedimento.

29. L'Apostolo (nei vv. 29-35) spiega in quale siate servire a Dio. Ora a ciò molto giova lo stato
senso la necessità presente (26), la tribolazione di continenza, poiché in esso l'uomo può attendere
della carne (28), rendano preferibile la verginità con più agio alle opere di pietà, e fare tutto ciò
al matrimonio. Egli fa vedere che ciò proviene che può tornare a maggior gloria di Dio.
dal fatto, che le sollecitudini della vita presente
33. Ha sollecitudine delle cose del mondo, per-
impediscono l'uomo di darsi tutto a Dio. 7/ tempo ché non ha piena potestà su sé stesso (vv. 4, 5), e
è breve. La pili parte degli esegeti, interpreta
deve pensare sia alla moglie che ai figli. E diviso
queste parole per il tempo della vita presente con-
perché, pure pensando a Dio, deve dare una parte
cesso all'uomo per meritare. Alcuni però le rife-
dei suoi pensieri e delle sue cure alle cose del
riscono al tempo che corre fino al giudizio. Questa
mondo, e benché ciò non gli renda impossibile il
seconda spiegazione non ripugna, purché non si
servire a Dio, glielo rende però più difficile.
ammetta che l'Apostolo fosse persuaso dell'immi-
nenza del giudizio. Se il tempo è breve, si deve 34. Nel greco, il v. comincia colle parole : è
•enere il cuore distaccato da tutte le cose della diviso, del v. prec. Di più i codici, i Padri e le
terra, che potrebbero allontanarci da Dio. Siano versioni presentano di questo v. 34, due lezioni
come quei che non l'hanno, vivano in modo tale assai differenti per la forma : l'una, che é quella
che né le tribolazioni, né le pene, né le gioie del della Volgata, ha in sui favore i codici A K, ed è
matrimonio li allontanino da Dio unico loro fine. preferita dalla maggior parte dei critici (Westc-
E' questo un principio generale; nessuna tribola- Hort., Nestl, ecc.) l'altra adottata da Tischendor!
;

zione, nessuna gioia, nessuna sollecitudine della suona così : E' divisa (ossia vi é differenza) la
vita presente, deve far perdere di vista all'uomo donna maritata e la vergine; la donna non mari-
il fine per cui fu creato, che è di servire a Dio. tata pensa, ecc. E' difficile però capire come il

30-31. Quelli che piangono, ossia sono nella tri- verbo possa essere al singolare.
stezza, quelli che sono contenti, ossia quelli che La donna non maritata e la vergine. Sarebbe
sono nell'allegrezza, quelli che fanno' compre, ossia meglio tradurre : la donna non maritata, cioè la
in generale, trafficano nelle cose del mondo, quelli
vergine. Santa di corpo, conservandolo immune da
che usano di questo mondo, ossia usano dei beni ogni sozzura di libidine, santa di spirito, tenendo
di questo mondo, non devono lasciarsi assorbire
lontano ogni pensiero, ogni affetto meno onesto.
dalle preoccupazioni terrene e porre il loro cuore 35. Io dico, ecc. Parlandovi dei vantaggi della
nei beni di quaggiù, ma cercar Dio in tutte le cose, continenza, non ho voluto farvi un obbligo di
e attendere ad amarlo e a servirlo con tutto il loro abbracciarla, non ho voluto tendervi un laccio e
cuore. restringere la vostra libertà, ma, come un padre
Passa la scena del mondo. Tutte le cose del che ama i suoi figli, ho cercato di promuovere fra
mondo sono vane e passeggiere, e perciò indegne di voi quello che é onesto e di maggior perfezione,
del cuore dell'uomo. La scena (gr. oXf\no = figura), e quel che vi dà la facoltà di servire a Dio senza
indica la forma esteriore in opposizione a sostanza alcun impedimento. Il testo greco è più espres-
(Rom. Vili, 19 e ss. ; I Giov., II, 17; Apoc, sivo :ma per (promuovere) ciò che è bello (o
XXI, 1), e qui significa le ricchezze, i piaceri, gli onorevole) e l'assiduità (ossia ciò che rende assi-
onori, e anche i dolori, le tristezze, ecc. dui) al Signore (nel servizio del Signore) senza
32. Bramo che voi siate senza inquietezza, ossia distrazione.
io desidero che voi siate da tutte le solleci-
liberi La sentenza dell'Achelis, che l'Apostolo parli
tudini temporali, affinchè con maggior fervore pos- qui (28 e ss.) di quelle che TertuUiano chiama
140 I Corinti, VII, 36-40

"Si quis autem turpem se vidéri existimat "Se poi uno crede di incorrere biasimo a
super virgine sua, quod sit superadùlta, et cagione della sua fanciulla, perchè ella oltre-
ita opórtet fieri quod vult faciat non pec-
: : passa il fiore dell'età, ed è necessario far
cat, si nubat. "Nam qui statuii in corde così faccia quello che vuole
: non pecca, :

suo flrmus, non habens necessitàtem, pote- ov'ella prenda marito. '^Chi poi ha risoluto
stàtem autem habens suae voluntàtis, et hoc fermamente dentro di sé (non essendo stretto
iudicàvit in corde suo, servare virginem da necessità, ma potendo disporre a suo
suam, bene facit. ''"Igitur et qui matrimònio talento), e ha determinato in cuor suo di
iungit virginem suam, bene facit et qui : serbar vergine la sua (figliuola), fa bene.
non iungit, mélius facit. *^Chi adunque la marita, fa bene e chi :

non la marita, fa meglio.


"Mùlier alligata est legi quanto tèmpore "La moglie è legata alla legge tutto il
vir eius vivit, quod si dormierit vir eius, tempo che vive il marito che se muore il:

liberata est : cui vult nubat : tantum in Dò- marito, ella è in libertà sposi chi vuole
: :

mino. "Beàtior autem erit si sic permànserit purché secondo il Signore. ^"Ma sarà più
secùndum meum consilium puto autem : beata se resterà così, secondo il mio consi-
quod et ego spiritura Dei hàbeam. glio ora io penso d'avere anch'io lo Spirito
:

di Dio.

»» Rom. VII, 2.

Virgines subintroductaef è priva di qualsiasi fon- eleggendo per essa lo stato di maggior perfezione,
damento. Ved. Lemonnyer, h. 1. quale è appunto il celibato
36-38. L'Apostolo dà alcuni consigli ai padri 38. Fa bene, perchè il matrimonio in sé è cosa
cristiani, che hanno figlie nubili. Secondo l'uso buona. Fa meglio, perchè il celibato è più per-
degli antichi, la cura di accasare le figlie apparte- fetto.
neva per la massima parte al padre di famiglia
39-40. Dopo aver consigliata la verginità a co-
(Ved. Fustel de Coulanges, La cité antique, ed. 16,
loro che non hanno ancora contratto matrimonio,
p. 99), e quindi l'Apostolo, volgendosi ai padri cri-
viene ora a parlare delle seconde nozze, dichia-
stiani, dà alcune norme per i due casi in cui pos-
rando che benché siano lecite (39), tuttavia è più
sono trovarsi. Se poi uno crede. Ecco il primo
perfetto lo stato di continenza vedovile (40).
caso il padre crede di dover accasare la sua figlia.
:
Alla legge. Queste parole mancano nei migliori
Incorrer biasimo. Il greco doXnnoveìv, può signi-
codici greci, e sono tolte probabilmente da Rom.
ficare sia incorrere biasimo, e sia far cosa biasi-
VII, 2. Esprimono però bene il senso. La donna
mevole. Il primo senso, che è pur quello della
maritata è legata, in forza della legge matrimoniale,
Volgata, è genralmente preferito dagli esegeti cat-
al suotenarito", finché questi è vivo. L'Apostolo non
tolici. Perchè oltrepassa il flore dell'età. Ecco il
ammette alcun caso, in cui il matrimonio tra cri-
motivo per cui il padre può credere di incorrere
stiani, legittimamente contratto e consumato, possa
biasimo. Il fiore dell'età secondo Platone (Rep.
disciogliersi (Ved. n. v. 12). E' in libertà, meglio,
p. 460) è a 20 anni. Gli antichi consideravano come
secondo il greco, è libera dalla legge del primo
un disonore per il padre di famiglia, l'aver in casa
matrimonio, e se vuole contrarre altre nozze, può
una figlia condannata a invecchiare senza trovar
farlo, perché queste sono lecite.
marito. Ed è necessario far così, ossia e per questo
Purché secondo il Signore, cioè in unione col
motivo il padre crede di dover accasare la sua
Signore, vale a dire, si sposi a un cristiano. Tale
figlia, faccia quello che vuole, cioè l'accasi pure,
è l'interpretazione più comune di queste parole.
egli non commette alcun peccato ov'ella prenda
Altri spiegano purché si osservi la legge del Si-
:
marito. Le parole incorrere biasimo sono da alcuni
gnore, ossia si faccia in modo onesto.
(Cornely, ecc.) spiegate così Se il padre crede di
:

essere disonorato da una figlia che non ha il dono 40. Sarà più beata, perchè eleggerà un bene più
della continenza, ed è perciò esposta a pericolo perfetto, e potrà attendere con più fervore a ser-
di corruzione, faccia quello che vuole, ossia la vire a Dio (25, 28; 32-35) ; se resterà così, ossia
mariti pure. Le due spiegazioni non si escludono, se resterà senza contrarre nuove nozze. Secondo
ma possono completarsi a vicenda. Nel greco in- il mio consiglio, cioè accettando il mio suggeri-
vece di nubat, si ha si sposino, e si deve sottin-
: mento (greco, opinione, come al v. 25. Ved. n. Ivi).
tendere i due fidanzati. Per dare maggior autorità a questo suo consiglio,
37. Ecco il secondo caso il padre crede di
:
l'Apostolo si appella alla sua qualità di Apostolo
dover conservare vergine la sua figlia Ha riso- :
ispirato da Dio. Anch'io, come gli altri Apostoli,
luto, ecc., persuaso dell'eccellenza del celibato, e penso (litote che lascia capire più che non dica)
perciò disprezzando le dicerie e i falsi giudizi degli di avere lo spirito di Dio, cioè di parlare e dare
uomini, e il biasimo mondano che potesse incor- questo consiglio per divina ispirazione.
rere. Non essendo stretto da necessità di accasare In tutto questo capo è da ammirarsi la sublimiti
la sua figlia, perchè essa non ha volontà contraria e la purezza della morale cristiana, e l'efficacia
al celibato, ma può disporre a suo talento, ed è della grazia dello Spirho Santo, che ha fatto sì
perciò in grado di poterle scegliere lo stato, perchè che fosse praticata anche in una città- coSì cor-
essa si rimette alla sua volontà, fa ottima cosa rotta come era Corinto»
i Corinti, Vili, 1-3 141

CAPO Vili.

Le carni 'immolate non sono per se stesse contaminate, i-y.


~ Nel mangiarne perà
si deve evitare lo scaìidalo, 8-13,

^De iìs autem quae idólis sacriflcàntur, ^Riguardo poi alle carni immolate agli
scimus quia omnes
sciéntiam habémus. idoli, noi sappiamo che tuttiabbiamo
Sciéntia inflat, chàritas vero aedificat. "Si scienza. La scienza gonfia, ma la carità
quis autem se existimat scire àliquid, non- edifica. ^Se alcuno poi si tiene di sapere
dum cognóvit quemàdmodum opórteat eum qualche cosa, non ha per anco saputo come
scire. ^Si quis autem diligit Deum, hic có- bisogna sapere. ^Ma chi ama Dio, questi è da
gnitus est ab eo. lui conosciuto.

compravano la carne sui pubblici mercati senza


CAPO Vili. curarci d'altro. Questa condotta però veniva bia-
simata da altri cristiani, i quali non credevano le-

1. I Corinti avevano interrogato S. Paolo sul cito mangiare le carni offerte agli idoli. Di qui
la questione proposta all'Apostolo, il quale, nel
come dovessero diportarsi per riguardo alle carni
immolate agli idoli. La questione, come apparisce cap. VIII, risponde che le carni immolate non sono
dal modo con cui viene trattata (Vili, 1 ; XI, 1), per se stesse contaminate, e quindi si possono
era grande importanza, specialmente per la
di
mangiare (1-7), talvolta però affine di evitare lo
Chiesa Corinto composta, per. la massima parte, scandalo, si dovrà astenersene (8-13).
di
di pagani.E' noto infatti, che presso i Greci le
Sappiamo che tutti abbiamo scienza. L'Apo-
stolo e pressoché tutti (restrizione al v. 7) i fedeli
feste pubbliche e le feste di famiglia rivestivano
di Corinto, apprezzano come si conviene i riti, 1
pressoché sempre un carattere religioso, e quasi
sacrifizi e gli dei pagani, e sanno benissimo che
quasi non si dava banchetto senza sacrifizio.
gli idoli sono nulla. Avendo parlato della scienza,
Inoltre, quando sì facevano sacrifizi di animali,
l'Apostolo, prima di terminare la sua proposizione,
inserisce una parentesi (1 &-3), nella quale fa ve-
dere che non ogni scienza può bastare a sciogliere
la questione. Probabilmente l'Apostolo aveva In
mira certi cristiani, i quali, vantandosi della loro
scienza sulla vanità degli idoli, si credevano tutto
lecito e disprezzavano e scandalizzavano gli altri
(Ved. Rom, XIV, 1 e ss.). La scienza, separata
dalla carità, gonfia, ossia è spesso occasione che
l'uomo si insuperbisca e diventi vano e arrogante.
Tale era il caso di alcuni cristiani di Corinto-
La carità edifica, ossia la carità unita alla scienza
coopera potentemente a edificare il tempio di Dio
nel cuore dei fedeli, perché i suoi precetti e i
suoi esempi contribuiscono assai a far progredire
le anime nella via della perfezione.

Fig. IO. — Vittima portata all'altare. 2. Vana è la scienza disgiunta dall'umiltà e dalla
(Pittura di Pompei). carità. L'Apostolo non dice se uno sa, ma ss
:

si tiene di sapere per far comprendere che l'or-


goglioso, di cui parla, benché creda di avere, in
solo una parte delle vittime veniva bruciata sul-
realtà non ha la vera scienza. Non ha peranco
l'altare, il resto veniva distribuito ai sacerdoti e
saputo, ecc. Per sciogliere la questione di cui si
a coloro che offrivano il sacrifizio. Questi ultimi
mangiavano talvolta la parte loro toccata, o nelle
tratta, non é sufficiente una cognizione teorica, ma ;

é pure necessaria la carità. Infatti, per agire ret- i

dipendenze del tempio o nella propria casa, e


tamente, non basta sapere che la cosa in sé è
tal altra invece la vendevano al pubblico mercato
lecita, ma si deve anche tener conto dello scan-
(Ved. Fustel de Coulanges, La cité antique, édit. 16,
dalo che potrebbero prendere gli altri, e aver ri-
p. 179, 183, 260-264). Similmente i pagani invi-
guardo alla loro debolezza. La vera scienza consiste
tavano ai loro banchetti religiosi gli amici e i pa-
nel sapere subordinare tutto all'amore di Dio e
renti, e a tutti veniva servito una parte delle carni
alla^salute delle anime.
immolate (Ved. Dict. Daremberg, Lectisternium, e
alcuni inviti a pranzo presso Prat, La Théologie de 3. Chiama^Dio e anche il prossimo, ossia chi
St-P., 1908, p. 160-161, voi. I, e presso Confé- colla scienza ha
vera carità, é conosciuto, cioè
la
rence de St-Etienne, 1909-1910, p. 71, ecc.). Al- approvato da Dio, il quale gli fa parte dei suoi
cuni cristiani non avevano difficoltà ad accettare doni e della sua scienza, ed egli non solo possiede
tali inviti, e mangiavano indifferentemente qualsiasi la retta cognizione delle cose, ma sa anche il
cosa, anche se immolata agli idoli, e similmente modo con cui bisogna sapere.
142 I Corinti, Vili. 4-10

*De escis autem, quae idóHs immolàntur, ^Quanto dunque al manj^iare delle carni
scimus quia nihil est idólum in mundo, et immolate agli idoli, sappiamo che l'idolo è
quod nullus est Deus, nisi unus. *Nam etsi niente nel mondo, e non v'ha Dio se non un
Bunt quìidicàntur.dii sive in coelo, si ve in solo. ^Benché infatti vi siano di quelli che
terra (siquidem sunt dii multi, et domini sono chiamati dei, o in cielo o in terra (poiché
multi) "Nobis tamen unus est Deus, Pater,
: sono molti dei e molti signori) "quanto a
:

ex quo omnia, et nos in illum et unus Dó- : noi però abbiamo un solo Dio, il Padre, da
minus ìesus Christus, per quem omnia, et cui tutte le cose, e noi per lui : e un solo
nos per ipsum. signore Gesù Cristo, per cui tutte le cose,
e noi per mezzo di lui.
'Sed non in òmnibus est scìéntia. Quidam ^Ma non è in tutti la scienza. Poiché
autem cum consciéntia, usque nunc idoli, alcuni, con in cuore tuttora l'idea deiridolo,
quasi ido'óthytum mandùcant et conscién-: mangiano una carne come immolata agii
tia ipsórum cum sit infirma, pollùitur. *Esca idoli : e la coscienza di essi essendo debole,
autem nos non comméndat Deo. Neque resta contaminata. *Ma un cibo non ci rende
enim si manducavérimus, abundàbimus : commendabili presso Dio. Poiché né se
neque si non manducavérimus, deflciémus. mangeremo, avremo qualche cosa di più :

•Vidéte autem ne forte haec lìcéntia vestra né se non mangeremo, avrem qualche cosa
offendiculum fìat infirmis. di meno. ^Badate però che per disgrazia
questa vostra licenza non divenga inciampo
pei deboli.
*"Si enim quis viderit eum, qui habet "Se uno infatti vegga chi ha scienza stare
sciéntiam, in idólio recumbéntem : nonne a mensa nel luogo degli idoli non sarà la
:

4. Quanto adunque, ecc. L'Apostolo, chiusa la che gli vengono offerte. Ora costoro sono persuasi
parentesi, viene ora a trattare direttamente la que- che non sia lecito il mangiare tali carni, senza par-
stione delle carni immolate agli idoli. LHdolo è tecipare al culto idolatrico, se adunque, ciò non
niente, ossia è senza senso e senza vita, e non ha ostante, seguendo l'esempio degli altri, ne man-
nulla di ciò che è proprio di Dio. (Si trova spesso giano, la coscienza di essi essendo debole, ossia
nell'Antico Testamento ripetuta questa frase. Salm. non illuminata, ma falsamente persuasa che sia
XCV, 5; CXIII, 4; Isaì. XLI, 24; XLII, 17; XLIV, male, resta contaminata, ossia commette peccato,
9 e ss., ecc.). Il testo greco dovrebbe tradursi : perchè non è lecito agire contro coscienza {V. n.
ehe non vi ha alcun idolo nel mondo, ossia nessun Rom. XIV, 23), e fare ciò che si è persuasi essere
idolo è quale i pagani credono che sia. Il senso male.
non muta. La conseguenza che sì deve sottinten- 8. Un cibo, ecc. L'Apostolo pone un principio
dere è questa dunque le carni immolate agli idoli
:
generale. Il mangiare un cibo, o l'astenersene, è
non differiscono dalle altre carni comuni. Non v'ha cosa per sé indifferente, la quale non ci rende più
Dio, ecc. L'Apostolo proclama l'unità assoluta di o meno accetti a Dio (Ved. in Rom. XIV, 17),
Dio. poiché né se mangeremo indifferentemente di qua-
5-6. Svolge più ampiamente lo stesso concetto lunque cibo, avremo qualche cosa di più davanti
del v. prec. Benché dai pagani il nome di Dio sia a Dio, né se non mangeremo avremo qualche cosa
attribuito a una infinità di cose in cielo e in terra, di meno. Tutti i cibi, e quindi anche le carni
essi infatti son persuasi che vi siano realmente più immolate, sono cose di per sé indifferenti, e sa-
dei e più signori; per noi cristiani, che sappiamo ranno buoni o cattivi a seconda delle circostanze.
che Dio significa il primo principio e l'ultimo fine 9. Badate, ossìa attendete seriamente che questa
di tutte le cose, non v'ha che un solo Dio, il vostra licenza, cioè il diritto che avete di mangiare
Padre di N. S. Gesù Cristo (Rom. Vili, 15; Gal. qualsiasi cibo, quando praticamente lo usate, non
IH, 26, ecc.). Da cui tutte le cose procedono come divenga inciampo, ossia non diventi occasione dì
da primo principio. E noi siamo fatti per esso, peccato per i deboli, cioè per i cristiani che non
come per il nostro ultimo fine a cui tendiamo (Rom. sono tanto istruiti nella vanità degli idoli (Ved. n.
XI, 26). Per noi, che sappiamo che Signore signi- Rom. XIV, 20).
fica colui da cui interamente dipendiamo, non v'ha
10.Porta un esempio per mostrare, come si
che un solo Signore, Gesù Cristo, per cui, come
possa scandalizzare i deboli. Se uno, che non è
per causa efficiente, furono fatte tutte le cose
ancora abbastanza istruito, vegga chi ha scienza
(Ved. n. Giov. I, 3), e per mezzo di cui noi siamo
(gr. te che hai scienza), cioè chi conoscendo bene
•tati redenti dalla servitù del demonio e abbiamo
le cose, non ha alcun scrupolo per riguardo alle
ricevuto una nuova vita (Efes. II, 10 Coloss. I, 18).;
carni immolate, stare a mensa nel luogo degli idoli,
7. La scienza che gli idoli sono niente e non ossia in un tempio idolatrico o nelle sue dipen-
possono né contaminare, né santificare le carni loro denze. Come già fu osservato (n. 1), coloro che
Immolate, non si trova in tutti (1), perchè vi sono offrivano sacrifizi consumavano talvolta la parte di
ancora dei cristiani, i quali, benché convertiti, tut- carne loro toccata in un convito, che si teneva
tavia, in forza degli antichi loro preguidizi e della nelle dipendenze del tempio. Alcuni Corinti non
loro antica educazione, óon sono riusciti a liberarsi avevano difficoltà a prender parte a tali conviti.
totalmente dal timore degli idoli, e continuane tut- L'Apostolo disapproverà al cap. X, 14 e ss., questo
t'ora a riguardar l'idolo come qualche cosa di modo di agire così ripugnante alla legge cristiana,
reale, che possiede la virtù di contaminare le carni per ora fa solo vedere che esso è sommamente dan-
I Corinti, Vili, 11 — IX, 2 Ui

conscìéntia eius, cum


infirma, aediflcà-
sit coscienza di lui, che è debole, mossa a man-
bitur ad manducàndumidolóthyta? "Et pe- giare delle carni immolate agli idoli? "E
ribit infirmus in tua sciéntia frater, propter per la tua scienza perirà quel debole fra-
quem Christus mórtuus est? ^^Sic autem tello, per cui Cristo è morto? "E in tal
peccàntes in fratres, et percutiéntes con- guisa peccando contro i fratelli e offendendo
sciéntiam eórum infirmam, in Christum pec- la loro debole coscienza, voi peccate contro
càtis. "Quaprópter si esca scandalizat fra- Cristo. "Per la qual cosa se un cibo serve
trem meum non manducàbo carnem in ae-
: di scandalo al mio fratello, non mangerò
térnum, ne fratrem meum scandalizem. carne in eterno per non dare scandalo al mio
fratello.

CAPO IX.

S. Paolo ha. rinunziato c^al.. diritto di farsi^mantenere<^dai fedeli, i-iB. — Si è ^sotto-


posto a mille privazioni e sacrifizi, 19-2J, — Anche i Cori?tti devono fare
sacrifizi, 24-27,

*Non sum liber? Non sum Apóstolus? ^Non sono io libero? Non sono io Apo-
Nonne Christum lesum Dóminum nostrum stolo? Non ho veduto Gesù Cristo Signor
vidi? Nonne opus meum vos estis in Do- nostro? Non siete voi opera mia nel Si-
mino? ^Et si àliis non sum Apóstolus, sed gnore ? ^E se per altri non sono Apostolo,
tamen vobis sum nam signàculum Aposto-
: per voi almeno lo sono poiché sigillo del
:

làtus mei vos estis in Domino. mio Apostolato siete voi nel Signore.

" Rom. XIV, 15. " Rom. XIV, 21.

noso ai deboli, i quali sono da ciò indotti a man-


giare ancor essi le carni immolate, mentre la co- (CAPO IX.
scienza dice loro, che, ciò facendo, commettono un
atto di culto idolatrico, contrario alla legge del 1. Avendo
detto che bisognava far qualsiasi sa-
Signore. Quindi i più perfetti e i più istruiti, che crifizio per non scandalizzare i fratelli deboli, e
dovrebbero edificare nel bene i loro fratelli più che a tal fine egli sarebbe stato pronto a tutto,
deboli, ecco, dice con fino sarcasmo l'Apostolo, passa ora a mostrare col proprio esempio (IX, 1 ;
voi li edificate (edificabitur) nel male! X, 14), che egli ha rinunziato a servirsi di parecchi
suoi affine di non essere di scandalo e di
diritti,
11. Mostra gravità dello scandalo. Ecco per
la facilitare la conversione dei pagani. Dapprima fa
la tua scienza, di cui tu vuoi far uso così male a vedere (1-18) come abbia rinunziato al diritto di
proposito, e quindi per una cosa da nulla perirà, essere mantenuto da coloro, ai quali predicava.
cioè peccherà mortalmente e perderà l'eterna sa- Non sono io libero, ossia non godo io forse di
lute quel debole, il quale, perchè debole, avrebbe quella stessa libertà di cui gode ogni cristiano
dovuto essere da te aiutato, fratello, il quale istruito a riguardo dei cibi (VIII, 4-6), e di molte
avrebbe dovuto essere da te amato più degli altri, altre cose ancora (4, 15, 19)? Di più non sono io
per cui Cristo è morto, che cioè stimò e amò Apostolo come gli altri? Per essere Apostolo si
tanto da morire per lui sulla croce (Rom. XIV, richiedono due condizioni 1' essere testimonio
:

15,^20). oculare della risurrezione di Gesù (Atti, I, 21, 22) ;


2* aver ricevuto immediatamente da Cristo la mis-
12. Continua a mostrare la gravezza dello scan-
sione di predicare (Atti, X, 41; Gal. I, 1, 12).
dalo. Chi, col suo cattivo esempio, induce gli
Queste due condizioni si trovano unite in S. Paolo.
altri al male, non solo è ingiusto contro i fratelli,
Egli ha veduto Gesù sulla via di Damasco e in
dei quali lede i diritti, non solo è crudele perchè
altre circostanze, e da Lui è stato mandato a pre-
offende (percuote) la loro debole coscienza, ma è dicare (Atti IX, 17; XVIII, 9; XXII, 14 e ss.;
sncora ingiusto e crudele verso Gesù Cristo, di
XXVI, 15-13; H Cor. XII, 1, ecc.). Un'altra prova
cui essi sono membri e da cui sono stati comprati.
che egli è Apostolo, ««i ha nella efficacia della sua
13. Per la qual cosa, cioè se così grave è lo predicazione, a cui è dovuta la fondazione della
scandalo e così contrario a Gesù Cristo, io per Chiesa di Corinto. Voi siete opera mia nel Signore,
me, se un cibo qualunque (gr.Ppóà^a) è di scandalo perchè dovete alla mia predicazione se siete nel
al mio fratello, mi asterrò da qualsiasi carne immo- Signore, cioè cristiani.
lata o no, e non già per un giorno, ma per tutta 2. Se per altri, ecc. Se in altri luoghi, dove non
li mia vita, piuttosto che scandalizzare un fratello. ho predicato, qualcuno può credere che non sia
144 I Corinti, IX, 3^-9

'Mea defénsio apud eos, qui me ìntérro- ^La mia difesa presso coloro che mi esami-
gant, haec est.^Numquid non habémus po- nano è questa. *Non abbiamo noi facoltà di
testàtem manducàndi, et bibéndi ? "Numquid mangiare e di bere? ^Non abbiamo noi fa-
non habémus potestàtem mulierem sorórem coltà di menar per tutto con noi una donna
circumducéndì sicut et céteri Apóstoli, et sorella, come anche gli altri Apostoli, e i
fratres Dòmini, et Cephas? ^Aut ego solus, fratelli del Signore, e Cefa? ^Forse solo io
et Bàrnabas, non habémus potestàtem hoc e Barnaba non abbiam facoltà di ciò fare?
operandi ?
^Quis militat suis stipéndiis umquam? "Chi è mai che militi a proprie spese?
Quis plantat vineam, et de fructu eius non Chi pianta la vigna, e non mangia del frutto
edit ? Quis pascit gregem, et de lacte gregis di essa? Chi pasce il gregge, e non si ciba
non mandùcat? ^Numquid secundum homi- del latte del gregge ? ^Forse in questo parlo
nem haec dico ? An et lex haec non dicit? da uomo ? E non dice questo anche la legge ?
'Scriptum est enim in lege Móysi Non alli- : 'Infatti. nella legge di Mosè sta scritto Non :

• Deut.XXV, 4; I Tim. V, 18.

Apostolo, niuno di voi però può dubitare della mia dere anche Estio, h. 1. Dict. Vig., CéUbat; Dict.
;

missione, perchè la fondazione della vostra Chiesa Vacant, Célibat, ecc.). e non già, come vorrebbero
è il sigillo, con cui da Dio è stato autenticato il i protestanti, delle mogli degli Apostoli, Sarebbe
mio diploma di Apostolo. infatti assai stranoJche l'Apostolo, dopo quanto ha

Presso quelli che mi esaminano detto di se stesso al cap. Vili, 7-8, rivendicasse il
3. La mia difesa.
diritto di condurre con sé dapertutto una moglie,
(toì? èfiè presso coloro che giudi-
dvaxpiYouoiv,
che non aveva e non voleva avere. D'altronde se
zialmente cercano chi io sia) la mia difesa (ano-
Xoyìa) è questa, cioè la fondazione della Chiesa di è certo che alcuni Apostoli ebbero-èmoglie (Marco
I, 30), è pure indubitato che, dopo la loro voca-
Corinto. Se alcuno contesta a Paolo la dignità di
zione, abbandonarono tutto&(Matt. XIX, 27), e che
Apostolo, egli allegherà a sua difesa la fondazione
nelle loro missioni conducevano con loro alcune
da lui fatta della Chiesa di Corinto.
donne non ut uxores, sed ut sorores, come dice
4. Non abbiamo noi facoltà di mangiare e di
Clemente A., 1. e. L'Apostolo ha usato l'espres-
bere, ossia di esigere dai fedeli che evangelizziamo,
sione donna sorella, si direbbe a bella posta affin-
ciò che è necessario al nostro sostentamento?
chè non si credesse che egli parlasse di moglie.
Benché l'Apostolo usi il plurale, egli non parla
E i fratelli del Signore, cioè gli Apostoli Giacomo
che di se stesso come Apostolo. Il contesto mostra
minore, Simone e Giuda, i quali erano parenti dì
chiaro che qui non si parla piii della facoltà di
Gesù Cristo (V. n. Matt., XIII, 55). Cefa, cioè
mangiare le carni immolate agli idoli.
Pietro capo degli Apostoli. In questa numerazione
5. Prova questo suo diritto coll'esempio degli l'Apostolo usa una gradazione ascendente.
altri Apostoli, i quali erano mantenuti dalle Chiese, 6. Barnaba doveva essere stato conosciuto dai
e conducevano con sé alcune donne cristiane, le ma non sappiamo
Corinti, in quali circostanze.
quali provvedevano loro il necessario. A imitazione Non abbiamo facoltà di ciò fare, di essere cioè
di Gesù Cristo (Matt. XXVII, 55; Luca Vili, 1 mantenuti dalle Chiese, e di avere con noi una
e ss.), gli Apostoli erano, nelle loro missioni, ac- donna che ci provveda quanto ci è necessario? Il
compagnati da alcune donne sorelle, cioè cristiane, testo greco è assai diverso Forse io solo e Bar-
:

le quali non solo li servivano e li aiutavano colle naba non abbiamo diritto di non lavorare ? Il senso
loro sostanze, ma contribuivano a spargere la fede però non muta. Sappiamo infatti che S. Paolo, per
tra le donne, potendo esse senza destar sospetti, non essere d'aggravio alle Chiese, si guadagnava
entrare nei ginecei (Clem. Alex Strom. Ili, 6). il vitto lavorando colle proprie mani (I Tessal. II,
Questa consuetudine non recava meraviglia ai Giu- 6-10; II Tessal. Ili, 8 e ss.). L'Apostolo allude qui
dei, ai quali principalmente predicarono gli altri a questo fatto, e nota, che egli avrebbe potuto esi-
Apostoli, perchè anche i rabbini ricevevano spesso gere dai fedeli, ai quali predicava, di essere man-
aiuti dalle loro discepole (Ved. n. Luca Vili, 3). tenuto.
S. Paolo e S. Barnaba però, dovendo predicare
7. Prova questo suo diritto con tre similitudini,
principalmente ai Gentili, ai quali poteva essere di
tratte dalla vita quotidiana. soldato è mantenuto
11
scandalo un tal modo di agire, non vollero con loro
da colui in favor del quale porta le armi ; il vi-
alcuna donna, la quale d'altronde non era loro ne-
gnaiuolo e il pastore hanno diritto a vivere della
cessaria per diffondere il Vangelo, poiché presso i
vigna e del gregge così gli Apostoli, che consa-
;
pagani di Grecia, di Roma, ecc., le donne gode-
crane la loro' vita a favore dei fedeli, hanno diritto
vano di maggior libertà, e gli Apostoli potevano
ad essere da essi mantenuti.
loro direttamente annunziare il Vangelo (Atti, XIV,
8. Forse parlo da uomo, appoggiandomi cioè solo
50; XVI, 14, ecc.).
Una donna Nel greco : d5eX9nv ywo
sorella. a ragioni „umane? No, perchè anche la Scrittura
»xa =
una sorella donna. Qualunque lezione si mi concede. questo diritto.
segua si deve ritenere, coi Padri e con tutti gli 9. Nella legge (Deut. XXV, 4). La citazione è
esegeti cattolici, che -qui si parla di quelle pie fatta sui LXX. I Giudei stendevano il grano mie-
donne che seguivano gli Apostoli per aiutarli tuto sull'aia, e poi, per batterlo, si servivano dei
(Clem. Alex., Strom. Ili, 6; Tert., De Monog. 8; buoi facendone pestar coi piedi le spighe. Forsechè
Hier., Adv. lovin. I, 26; Aug., De Op. monach. Dio, ecc. L'Apostolo, non nega che la provvidenza
IV, 5; Theodorel.; Theoph. Oec, h. L, ecc. Ve- ài Dio si esteada anche alle bestie, ma vuol dire
I Corinti, IX, 10-14 145

gàbis OS bovi trituranti. Numquid de bobus mettere la musoliera al bue che trebbia il
cura est Deo? ^°An propter nos ùtique hoc grano. Forse che Dio si prende cura dei
dicit ? Nam propter nos scripta sunt quó- : buoi? ^"Non lo dice forse principalmente
niam debet in spe qui arat, arare et qui : per noi ? Infatti ciò è stato scritto per noi :

tritùrat, in spe fructus percipiéndi. perchè e chi ara deve arare ce Ila speranza :

e chi trebbia, colla speranza di partecipare


del frutto.
nos vobis spirituàlia seminàvimus,
^^Si "Se noi abbiamo seminato per voi se-
magnum est si nos carnàlia vestra metàmus? menza spirituale, è forse gran cosa, se mie-
^^Si alii potestàtis vestrae participes sunt, teremo del vostro temporale? ^^Se altri go-
quare non pótius nos? Sed non usi sumus dono di questo diritto sopra di voi, perchè
hac potestàte sed omnia sustinémus, ne
: non piuttosto noi ? Ma non abbiamo fatto uso
quod offendiculum demus Evangélio Cliristi. di questo diritto : anzi tutto sopportiamo per
"Nescitis quóniam qui in sacràrio operàn- non porre impedimento al Vangelo di Cristo.
tur, quae de sacràrio sunt, edunt et qui : ^^Non sapete voi che quelli che lavorano
altari desérviunt, cum
participant? altari, nel tempio, mangiano di quello del tempio ;
"Ita et Dóminus ordinàvit iis, qui Evangé- e quelli che servono all'altare, con l'altare
lium annùnciant, de Evangélio vivere. hanno parte? "Così pure ordinò il Signore
a quelli che annunziano il Vangelo, di vi-
vere del Vangelo.

" Rom. XV. 27. " Deut. XVIII. 1.

che, nel dare questa legge, Dio più che al van- non frapporre impedimento al Vangelo, ossia per
taggio dei buoi, mirava al vantaggio dei Giudei, non dare occasione ai malevoli di tacciarci di pigri
ai quali, per mezzo di essa, voleva inculcare, che e avari, quasiché non cercassimo le anime, ma le
se dovevano trattar bene le bestie che per loro ricchezze di coloro che si convertono, in modo che

Buoi che trebbiano.


(Pittura egiziana)

lavoravano, molto maggiori riguardi dovevano usare per questo motivo alcuno sia trattenuto dall'abbrac-
verso gli uomini, che a loro vantaggio consumavano ciare la fede. « Tanto era sottile e prudente e

le forze e la vita.
circospetta la carità di Paolo. Esempio grande e
degno di essere considerato dai pastori di anime »
10. Non La legge menzionata non è
lo dice, ecc.
Martini.
forse fatta in speciale per noi uomini, ai
modo
doveri di provvedere a quei che 13.Altro argomento tratto dai Sacerdoti dell'An-
quali inculca i
tico Testamento. Quei che lavorano nel tempio.
lavorano per noi, perchè, e chi ara nel nostro
Il greco ot Tà lepà kpyaZ,ó\itvoi significa coloro
campo, e chi trebbia il nostro grano, ari e trebbii
:

che attendono alle cose sacre, e quindi i Sacerdoti


colla speranza di partecipare del frutto, ossia di
e i Leviti, mangiano di quel che appartiene al
essere provveduto nelle sue necessità?
tempio. Così aveva ordinato Dio (Num., XVIII,
11. Nuovo argomento. Se chi ara e chi trebbia, 20 e ss. Deut., XIV, 22 e ss.). Quei che servono
;

ha diritto a parte del frutto, noi Apostoli che all'altare sono propriamente i sacerdoti. Ad essi
abbiamo seminato tra voi la fede, che ha un valore era riservata una parte di ciò che si offriva sull'al-
sì grande, non avremo diritto a un piccolo com- tare (Lev., VI e VII).
penso? Vi diamo la vita spirituale con tutti suoi i
14. Dopo
aver mostrato che gli Apostoli hanno
beni, e non avremo diritto di esigere da voi gli sostentamento, colla ragion naturale, col-
diritto al
eliraenti per mantenere la nostra vita materiale?
l'autorità della legge, e coll'esempio dei sacerdoti
12. Se altri, ecc. Allude agli altri dottori, che antichi, porta un ultimo argomento. Gesii stesso ha
jopo di lui avevano predicato a Corinto, usando così comandato dicendo, che l'operaio evangelico
largamente di questo loro diritto (II Cor. XI, 20). è degno della sua mercede- (Matt. X, 10 e ss.;
Verchè non piuttosto noi che abbiamo fondata la Lue. X," 7). Le parole del Signore non contengono
rostra Chiesa? Non abbiam fatto uso, ecc. Non un precetto a cui gli Apostoli debbano ubbidire,
Ibbiamo voluto essere mantenuti da voi, anzi sop- ma conferiscono loro un diritto di cui possono
portiamo tutti i travagli e tutte le molestie, per valersi, se credono.

10 — Sacra Bibbia, voi II.


146 I Corinti, IX, 15-21

"Ego autem nullo horum usus sum. Non "Io però di nessuna di queste cose m!
autem scripsi haec ut ita flant in me bonum : sono prevaluto. E non ho scritto queste cose
est enim mihi magis mori, quam ut gióriam perchè si faccia così a mio riguardo poiché :

meam quis evàcuet. " Nam si evangelizà- buona cosa è per me il morire, piuttosto che
vero, non mihi gloria
est : necéssitas enim alcuno renda vano il mio vanto. "Se infatti
mihi incùmbit vae enim mihi est, si non
: io evangelizzerò, non ne ho gloria atteso :

evangelizàvero. "Si enim volens hoc ago, che me ne incombe necessità e guai a me, :

mercédem hàbeo si autem invitus, dispen-


: se non evangelizzerò. "Poiché se di buona
sàtìo mihi eredita est. "Quae est ergo mer- voglia io fo questo, ne ho mercede : se di
ces mea? Ut Evangélium praédicans, sine contraggenio, è stata affidata a me la dispen-
sumptu ponam Evangélium, ut non abùtar sazione. "Qual è adunque la mia mercede ?
potestate mea in Evangélio. Che evangelizzando io dia gratis il Vangelo,
che non abusi del mìo diritto nel predicar
il Vangelo.
"Nam cum lìber essem ex òmnibus, om- "Polche essendo da tutti, mi sono
io libero
nium me servum ut plures lucrifàce-
feci, fatto servo dì tutti, per guadagnare un più
rem. '"Et factus sum ludaéis tamquam lu- gran numero. ^°E mi son fatto Giudeo coi
daéus, ut ludaéos lucràrer. ^Hìs qui sub lege Giudei, per guadagnare i Giudei ^^con :

sunt, quasi sub lege essem (cum ipse non quelli che sono sotto la legge, come se fossi
essem sub lege) ut eos, qui sub lege erant, sotto la legge (non essendo io sotto la legge),
lucrifScerem, iis qui sine lege erant, tam- affine dì guadagnare quelli che erano sotto
quam sine lege essem (cum sine lege Dei la legge con quelli che erano senza legge,
:

non essem sed in lege essem Christi) ut


: come se io fossi senza legge (non essendo io

15. Di nessuna di queste cose, ecc. Nessuna abbiano per questo a subire alcuna sp-esa. Deve
delle ragioni finora addotte, valse a far sì che io non abusare (il verbo greco significa semplicenjente
usassi del mio diritto ; oppure secondo altri : Io usar^ del suo diritto, di essere mantenuto dai
non ho usato alcuno dei privilegi concessi agli fedeli. Facendo così, egli pone un atto a cui non è
Apostoli. Acciò non si creda che l'Apostolo voglia tenuto da alcun precetto, e così avrà il premio
d'ora in avanti usare del suo diritto, soggiunge : speciale, a cui anela. Dall'esempio del loro Apo-
Non ho scritto queste cose, ossia non ho portato stolo, i Corinti devono imparare che talvolta, per
questi argomenti, perchè abbia intenzione di esi- non privarsi di un bene maggiore, si dovrà rinun-
gere da voi il mantenimento; anzi vorrei piut- ziare anche alle cose lecite.
tosto morire che essere sostentato dai fedeli, per- 19-23. Per indurre più facilmente i Corinti ad
chè non voglio perdere il bene più perfetto che evitare lo scandalo dei fratelli non mangiando le
desidero, qual'è quello di predicare il Vangelo carni immolate, passa a mostrare a quante priva-
senza alcun emolumento. /Z mio vanto, gr.xauXnjia zioni fc a quanti sacrifizi egli sìa andato incontro»
How, l'oggetto della mia gloria. Nei vv. ss. spiega nel corso del suo apostolato, affine dì salvare je
quale sia questa gloria, e perchè egli la stimi tanto. anime.
16. Se evangelizzerò. Nel greco vi è il presente Essendo io libero. Come legato di Dio, non sono
se evangelizzo. Se predico il Vangelo non ne ho soggetto ad alcun uomo, ma posso scegliere q lel
gloria, cioè non ho motivo di gloriarmene, come se modo» di vivere e di agire che credo, eppure ho
facessi un'opera dì sopraerogazione, che me ne rinunziato a questo mio diritto e mi sono iatto
incombe la necessità, cioè ho ricevuto uno strettis- servo di tutti, cioè mi sono adattato a tutti coloro
simo cpmando di predicare (Atti, XXII, 21 XXVI, ; ai quali ho predicato, e ciò all'unico scopo di gua-

16 e ss.; Rom., I, 14; I Cor., I, 17, ecc.). In dagnarne un maggior numero al Signore.
modo che incorrerei in una pena gravissima, qual'è 20. Mi son fatto Giudeo, ecc. Quando vivevo col
l'eterna maledizione, se mi sottraessi a quest'ob- Giudei, increduli e attaccati alla propria legge, mi
bligo. Predicando fo quel che devo fare, e non ho sono fatto Giudeo, mi diportai come uno di loro,
motivo dì gloriarmi (V. n. Lue. XVII, 10). per riguardo alle osservanze della legge, alle ceri-
17. Se di buona voglia, cioè se io di mia spon- monie, ecc. (Atti, XVI, 6; XXI, 18 e ss.; XXIV,
tanea volontà, e senza esservi obbligato, fo, cioè 17), senza però considerarle come obbligatorie.
predico il Vangelo, ne ho mercede, ossia avrei il Ciò ho fatto affine di guadagnare più facilmente l
premio speciale dovuto alle opere di sopraeroga- Giudei.
zione. Ma se di contraggenio (Il greco fixcov, in 21. Spiega chi siano ì Giudei, e in che senso
opposizione a éxdbv, significa non di spontanea vo- egli si sia fatto Giudeo, dicendo : con quelli che
lontà), cioè se predico non dì mia spontanea vo- sono sotto la legge di Mosè, come se fossi sotto
lontà, ma perchè obbligato da un precetto, a cui la legge. S. Paolo si è adattato ai Giudei nelle
non posso sottrarmi, com'è nel caso mio, non avrò cose indifferenti, ma quando si pretese che i riti
il premio speciale, perchè non fo che il mio dovere, mosaici fossero necessarii alla salute, seppe, colla
dispensando ciò che mi fu affidato da dispensare. più grande fermezza, rivendicare la sua libertà e
18. La mia mercede^ Se l'adempiere semplice- quella dei fedeli (Atti, XV, 2; Gal. Il, I e ss.).
mente mia missione dì Apostolo non basta per
la Con quelli che erano senza legge, cioè coi pagani,
farmi conseguire quel premio speciale, a cui che non conoscevano la legge di Mosè, come se
anelo, che cosa dovrò fare di più? Egli stesso dà io fossi senza legge, mi sono fatto come se an-
la risposta. Deve predicare il Vangelo gratuita- ch'io non conoscessi la legge dì Mosè, non osser-
mente,, in modo che quei che lo abbracciano, non vando le cerimonie e i riti da essa prescritti (Atti,
I Corinti, IX, 22-25 147

lucrifàcerem eos, qui sìne lege erant. ^^Fac- senza legge di Dio ma essendo nella legge
:

tus sum infirmis infirmus, ut infirmos lucri- di Cristo), per guadagnare quelli che erano
fàcerem. Omnibus omnia factus sum, ut senza legge. ^^Mi son fatto debole con i de-
omnes fàcerem salvos. ^^Omnia autem fàcio boli per guadagnare i deboli. Mi sono fatto
propter Evangélium : ut pàrtìceps eius tutto a tutti per far tutti salvi. ^^E tutto iofo
effìciar. pel Vangelo :affine di avere parte ad esso.
^*Nescitis quod ii, qui in stàdio currunt, ^''Non sapete che quelli che corrono nello
omnes quidam currunt, sed unus àccipit stadio corrono veramente tutti, ma un solo
bravium? Sic currite ut comprehendàtis. riporta il premio? Correte in guisa da far
"Omnis autem, qui in agóne conténdit, ab vostro il premio. ^*0r tutti quelli che lottano

XI, 3; Gal., II, 11 e ss., ecc.). Acciò non si inter- come al corridore, per ottenere il premio, non
pretino male le sue parole, come se fossi senza basta entrare nello stadio e correre in qualunque
legge, aggiunge che egli aveva la legge di Gesù modo, ma incombe il dovere dì correre in guisa da
Cristo, e lascia così capire, che la legge di Mosè
è stata abrogata, e ad essa è stata sostituita la legge
di Gesù Cristo, la quale però, nei due grandi
precetti dell'amor di Dio e dell'amor del prossimo,
contiene tutji i precetti morali dell'antica legge,
che perciò non potranno mai essere abrogati (Rom.,
XIII, 9-10; Gal., V, 14, ecc.).
22. Deboli sono quei cristiani scrupolosi, e non
ancora bene illuminati nelle cose della fede, dei
quali si è parlato al cap. Vili e Rom., XIV. San
Paolo si è adattato a loro, affine di guadagnarli al
bene e non scandalizzarli coU'indurli al male. Al-
cuni per deboli, intendono gli uomini più rozzi e
ignoranti, sia Giudei e sia pagani. Mi sono fatto
tutto a tutti. Parole stupende, che riassumono tutta
Fig. 12. — Corridori nell'arena.
la vita apostolica e tutto il programma di S. Paolo.
Per far tutti migliori codici greci pre-
salvi. I

sentano un'altra lezione, generalmente preferita superare gli altri, così anche a voi non verrà data
dai critici e dagli esegeti : affine di salvare assolu- la corona, se non avrete combattuto e vinto i vostri,
tamente qualcuno ivo nàvxcoq nvàq ccóoco. L'Apo- nemici spirituali, come il mondo, il demonio, ecc.
stolo si adatta a tutti, affine di salvar qualcuno ad Si osservi che l'Apostolo richiama l'attenzione
ogni costo. dei suoi lettori, non sulla unità del vincitore, ma

23. Tutto io fo, ossia io fo tutte queste opere di sull'ardore che questi spiega per conseguire la vit-
toria. A tutti i cristiani è preparato il premio, ma
sopraerogazione, di cui ho parlato, per il Vangelo.
tutti devono combattere con tutte le loro forze.
Ecco il fine per cui si sottomette a tanti sacrifizi
e a tante privazioni. Egli vuole aver parte ad esso, 25. Quelli che lottano, ecc. L'immagine è tolta
cioè partecipare a quelle gloriose promesse che dai giuochi del pugilato. Gli atleti, che nei giuochi
Dio ha fatto a coloro, che avrebbero accettato e pubblici si disputavano il premio della lotta, del
praticato il Vangelo. L'umiltà dell'Apostolo è tale pugilato, si astenevano per lungo tempo da tutto
che, quantunque nel faticare per il Vangelo avesse
avuto le prime parti, desidera solo di essere messo
a parte dei frutti. Dicendo poi che tutto ha fatto
per il Vangelo, lascia capire che non si è adattato
se non in quelle cose che potevano condurlo a
salvare gli altri, e ad assicurare assieme la sua
propria salute.
24-27. L'Apostolo conchiude dicendo che, a suo
esempio, anche i Corinti devono lavorare e far sacri-
fizid'ogni specie affine di assicurarsi la salute. Nella
sua esortazione, egli si ispira ai giuochi pubblici,
ai tanto sì appassionavano le città greche.
quali
Come è noto, a Corinto sì celebravano ogni due
Fìg. 13.
anni ì famosi giuochi ìstmici, e quindi i cristiani,
a cui l'Apostolo scrive, erano in grado dì capire Corone date ai vincitori dei giuochi Istmlcl.
molto bene tutta la immagini da luì
forza delle
usate. Stadio, era propriamente una misura lineare ciò che poteva indebolire le loro forze, specialmente
equivalente a 185 metri, ma si dava questo nome ^al vino e dall'incontinenza, e si sottoponevano a
il luogo destinato agli esercizi della corsa, il quale un modo di vivere assai severo affine di dare agilità
spesso aveva la lunghezza dì uno stadio. Tutti cor- e vigoria alle loro membra (Ved. Orazio, De ari.
rono nell'arena, ma uno solo fra essi riceve il poet., 412; Epiteti, Enchir., 35). Ora facevano tutto
premio. 11 latino bravium, non è che la trascrizione questo per una corona corruttibile, un premio dì
del greco Ppapeìoy, che significa quella corona dì niun valore. A quanto maggiori sacrifizi non do-
pino o dì alloro, che si dava come premio al vinci- vrebbero dunque sottomettersi i cristiani, per otte-
tore. Dice dunque l'Apostolo Non crediate che
: nere la corona incorruttibile, che è la beatitudine
per essere salvi, basti entrare nella Chiesa, poiché. del cielo?
148 I Corinti, IX, 26 — X, 2

omnibus se àbstinet, et illì quidem ut cor- nell'arena si astengono da tutto ed essi :

ruptibìlem corónam accipiant nos autem : per conseguire una corona corruttibile ma :

incorrùptam. ^^Ego igitur sic curro, non noi per una incorruttibile. ^^lo adunque corro
quasi in incértum sic pugno, non quasi àé-
: in modo che non sia come a caso combatto, :

rem vérberans ^^Sed castigo corpus meum,


: non come battendo l'aria ma castigo il mio :

et in servitùtem redigo ne forte cum àliis : corpo, e lo riduco in schiavitù affinchè per :

praedicàverim, ipse réprobus efficiar. avventura avendo predicato agli altri, io


stesso non diventi reprobo.

CAPO X.

/ soli Ebrei che ebbero lo spirito di sacrifizio entrarono nella terra pro^nessa, 1-13.
— / cristiani, affine di evitare lo scandalo, devono astenersi dai conviti idola-
trici, 14-22. — Norme per i conviti privati, 23-33.

^Nolo enim vos ignorare fratres quóniam ^Non voglio infatti che voi ignoriate, o
patres nostri omnes sub nube fuérunt, et fratelli, comeù padri nostri furono tutti. sotto
omnes mare transiérunt, ^Et omnes in la nuvola, e tutti passarono per il mare, ^e

1 Ex. XIII, 21 ; Num. IX, 21 ; Ex. XIV, 22.

26. Applica a sé stesso le due comparazioni, mo- vinto, non aveva avuto la corona. L'Apostolo doma
strando, col suo esempio, ai Corinti ciò che anche quindi il suo corpo colle fatiche dell'apostolato
essidevono fare. Io corro non a caso e alla ventura, (II Cor., VI, 4 e ss. XI, 23 e ss.), affine di assi-
;

senza conoscere la meta a cui dirigere la mia curarsi la corona di gloria (II Tim., IV, 8).
corsa, ma corro coU'occhio 5sso al fine che voglio

CAPO X.

1. Avendo
detto ai Corinti che egli castigava il
suo corpo non essere privato della corona
affine di
di gloria, orali esorta a non lusingarsi per i doni

ricevuti da Dio, e a non credersi già sicuri del


premio, ma a combattere e a mortificarsi, rinun-
ziando anche, se è necessario, ai proprii diritti.
Nel cap^ prec, aveva l'Apostolo argomentato ap-
— Pugilato (Vaso dipinto). pellandosi ai giuochi greci e romani, ora invece
(1-14) porta l'esempio delpopolo d'Israele, e fa
raggiungere (Filip., III, 14). Combatto (Nel greco : vedere come, benché tutti avessero ricevuto da Dio
mi esercito al pugilato), non come chi vuol battere grandi benefizi alla loro uscita dall'Egitto, solo
l'aria, ma come chi vuole atterrare e vincere il suo pochi entrarono nella terra promessa, quelli cioè
avversario. che ebbero lo spirito di abnegazione e di sacrifizio.

27. L'avversario, che l'Apostolo vuole atterrare Non


voglio, ecc. V. n. Rom. I, 13. I Corinti

e vincere nel suo pugilato, è il suo corpo. Castigo.


dovevano già conoscere i fatti qui narrati, ma l'A-
Il greco vJtconiài^oj, significa battere qualcuno nella
postolo vuol far loro conoscere il senso tipico che
essi hanno. I padri nostri secondo la fede. Tutti ì
faccia in modo da produrgli lividure, e qui indica
i colpi violenti che, colla mano munita di un
cristianipossono riguardare gli antichi Ebrei come
guanto speciale, l'atleta lasciava cadere sulla faccia loro perché la Chiesa é succeduta alla
padri,
sinagoga, ed essi sono i veri eredi e figli di Abramo
del suo avversario. Alcuni codici greci hanno viro*
nié^co =
castigo, che è la lezione seguita dalla Vol-
(Rom., IX, 6; Gal. Ili, 7).
Sotto la nuvola: allusione a quella nuvola miste-
gata. Lo riduco in schiavitù. Nel greco bov'KaycoyS)
— riosa che guidava gli Ebrei attraverso il deserto, e
conduco come schiavo. Anche questa immagine
li difendeva dal sole (Esod., XIII, 21 ; Salm. CIV,
è tolta dal pugilato. Il vincitore conduceva il vinto
come schiavo tutto attorno all'arena, tra gli ap-
39; Sap. X, 17; XIX, 7). // mar Rosso (Esod.,
plausi degli spettatori. A somiglianza di questi, XIV, 1 e ss.). Nel v. seg., spiega il senso tipico
di questi due fatti.
l'Apostolo tratta il suo corpo, affinchè non avvenga
che dopo aver insegnata agli altri la via della salute, 2. Tutti furono battezzati in Mosè. Invece del-
oppure, usando la stessa immagine, dopo aver l'ablativo in Moyse, si dovrebbe, nel testo latino,
come invitato gli altri al combattimento
l'araldo, porre l'accusativo in Moysen, corrispondente al
ed essere ancor egli disceso nell'arena, diventi greco eie Moovot\y.
reprobo. Il greco àòóxiiioq, significa senza gloria, Mosè, mediatore dell'antica alleanza, era figura
ed era usato per indicare l'atleta, che rimasto di Gesù Cristo, e gli Ebrei, da lui condotti alla
1 CORINTI, X, 3-8 149

Móyse baptizàti sunt in nube, et in mari : tuttìfurono battezzati in Mosè, nella nube e
'Et omnes eàndem escam spiritàlem mandu- nel mare ^e tutti mangiarono dello stesso
:

cavérunt, "^Et omnes eùmdem potum spiri- cibo spirituale, ^e tutti bevettero la stessa
tàlem bibérunt (bibébant autem de spiri-
: bevanda spirituale (or bevevano della pie-
:

tali, consequénte eos, petra petra autem : tra spirituale, accompagnava e quella
che li :

erat Christus). ''Sed non in plùribus eórum pietra era Cristo), *ma non a favore della
beneplàcitum est Deo nam prostrati sunt in : maggior parte di essi fu il beneplacito dì
deserto. Dio : poiché furono atterrati nel deserto.
^Haec autem in figura facta sunt nostri, ^E queste cose erano figura di noi, affinchè
ut non simus concupiscéntes malórum, sicut non desideriamo cose cattive, come quelli
et illi concupiérunt. ^Neque idololàtrae effi- desiderarono ^nè siate adoratori degli idoli,
:

ciàmini, sicut quidam ex ipsis quemàdmo- : come alcuni di loro conforme sta scritto
: :

dum scriptum est Sedit pópulus mandu- : Si adagiò popolo per mangiare e bere, e
il

care, et bibere, et surrexérunt lùdere., *Ne- sì alzarono per tripudiare. *Nè fornichiamo,

que fornicémur, sicut quidam ex ipsis for- come alcuni di essi fornicarono, e ne perì-

3 Ex. XVI, 15. 4 Ex. XVII, 6. Num. XX, U. » Num. XXVI, 64, 65. « Ps. CV, 14. ' Ex. XXXII, 8.
» Num. XXV, 1.

conquista della Palestina, erano figura dei cristiani « Ecco che sopra la pietra,
io starò ivi dinanzi a te
condotti da Gesù Cristo alla conquista del cielo. e tu percuoterai ne scaturirà l'ac-
la pietra e
Ora, come i ^cristiani, per mezzo del battesimo, qua, ecc. ». Se dunque la pietra diede acqua, si è
sono incorporati a Gesù Cristo e a lui assoggettati perchè Dio era in modo speciale presente in essa.
come a loro padrone, di cui sono tenuti a osser- Infatti anche (Num., XX, 10) Dio dice a Mosè :
vare le leggi, così per gli Ebrei, la nube misteriosa «parlate alla pietra ed essa darà acqua».
e il passaggio del mar Rosso furono come una Da ciò si vede che è assurdo il pretendere coi
specie di battesimo, per cui restarono assoggettati protestanti, che l'Apostolo fondi la sua argomen-
a Mosè ed obbligati ad osservare le sue leggi. La tazione sulle favole rabbiniche, che cioè la pietra
nube misteriosa, segno sensibile della presenza di di Rafidim si sia distaccata, e poi sia sempre corsa
Dio, e del favore che egli accordava al suo popolo, dietro agli Ebrei nel deserto, oppure che un ru-
era una figura dello Spirito Santo, che viene dato scello di acqua sgorgante da quella pietra abbia
nel battesimo di Gesù Cristo, e similmente il pas- sempre accompagnato i Giudei nelle loro pere-
saggio a piede asciutto per il mar Rosso e la con- grinazioni.
seguente liberazione dalla servitù di Faraone, ecc.,
erano figure della nostra liberazione dalla servitù 5. Benché tutti gli Israeliti usciti dall'Egitto in

del demonio per mezzo delle acque del Battesimo.


numero di 600,000 e più uomini superiori ai 20
anni, avessero ugualmente goduto dei benefizi di
3. Lo stesso cibo spirituale, cioè la manna (Esod.
Dio (Num. I, 46; XIV, 26) e fossero stati ugual-
XVI, 15; Sap. XVI, 20, 21, ecc.) detta spirituale,
mente condotti alla fede per mezzo dello stesso
perchè di origine miracolosa (Salm. LXXVII, 24), e
battesimo figurativo, e confermati in essa per mezzo
perchè figura della SS. Eucaristia (Giov. VI, 48).
dello stesso cibo figurativo, tuttavia solo due, cioè
4. bevanda spirituale. Si
Tutti bevvero la stessa Giosuè e Caleb, entrarono nella terra promessa, e
allude all'acqua miracolosa che Dio fece sgorgare tutti gli altri, per il loro spirito di opposizione e
dal vivo sasso a Rafidim nel primo anno dopo di incredulità a Dio, perirono nel deserto in pena
l'uscita dall'Egitto (Esod. XVII, 6) e nel deserto dei loro peccati.
di Sin nell'ultimo anno (Num., XX, 8). Quest'acqua
viene detta spirituale, e per l'origine miracolosa, 6. Queste cose, ecc. In questi avvenimenti ab-

e perchè figura del sangue di Gesù Cristo datoci in biamo una figura di ciò che avverrà a noi se saremo
bevanda, e della grazia che sgorga da Gesù come infedeli e ribelli a Dio. Anche noi saremo severa-

da fonie. mente puniti, se abuseremo delle grazie di Dio.


Bevevano della pietra, ecc. Queste parole ser- Affinchè non desideriamo, ecc. La strage degli
vono a spiegare in che senso, questa bevanda si Ebrei ebbe luogo affinchè noi impariamo a non
dica spirituale. La pietra materiale, di natura sua, desiderare cose cattive. Nei vv. seg. spiega quali
non poteva dar acqua, che se tuttavia ne dava, siano queste cose cattive, mirando però, in modo
ciò avveniva in virtù di un'altra pietra spirituale, speciale, ai bisogni spirituali dei Corinti.
cioè di Gesù Cristo Verbo di Dio, il quale era, 7. Devono prima di tutto evitare l'idolatria.
in modo speciale, presente in mezzo al suo popolo, Come alcuni di loro quando adorarono il vitello
ficcompagnandolo dovunque e operando in suo d'oro. Sta scritto nell'Esod., XXXII, 6. Mangiare
favore le più grandi meraviglie. Tale è la spiega- e bere. L'Apostolo prende qui di mira quei Co-
zione che di questo testo assai diffìcile, dà S. Giov. rinti, i quali prendevano parte a conviti, dati nelle
Gris., seguito dalla grande maggioranza degli ese- dipendenze dei tempii idolatrici. Le parole citate
geti cattolici. Non deve far meraviglia che Gesù, si riferdscono alla festa sacrilega celebrata intorno
Verbo di Dio, sia chiamato pietra, poiché questo al vitello d'oro.
nome nelI'A. T., viene spesso applicato anche a 8. Devono evitare la fornicazione, che
inoltre
lahve (Deut., XXXII, 4, 15, 18; Salm., XVII, 3; presso i popoli, costituiva una parte
Corinti e altri
XLI, 10 Is., XVII, 10 XXVI, 4, ecc.), e d'altronde
; ; del culto idolatrico. Alcuni di essi fornicarono. Si
l'espressione era suggerita all'Apostolo dalle stesse allude al fatto narrato (Num., XXV, 1 e ss.). Ven-
parole dette dal Signore a Mosè (Esod., XVI, 6)
150 I Corinti, X, 9-13

nicàti sunt, et cecidérunt una die viginti tria rono in un sol giorno ventitre mila. ®Nè ten-
millia. *'Neque tentémus Chrìstum sicut : tiamo Cristo come alcuni di loro lo tenta-
:

quidam eórum tentavérunt, et a serpéntìbus rono, e furono uccisi dai serpenti. "Né mor-
periérunt. "Neque murmuravéritis, sicut moriate, come alcuni di loro mormorarono,
quidam eórum murmuravérunt, et periérunt e furono spersi dallo sterminatore. ^^Or tutte
ab extermi natóre. "Haec autem omnia in queste cose accadevan loro in figura e sono :

tigùra contingébant illis scripta sunt autem


: state scritte per avvertimento a noi, ai quali
ad correptiónem nostram, in quos flnes sae- è venuta la fine dei secoli.
culórum devenérunt.
^^Itaque qui se existimat stare, videat ne ^^Per qual cosa chi si crede di star in
la
cadat. "Tentàtio vos non apprehéndat nisi piedi, badi di non cadere. "Non vi ha sor-
humàna : fldélis autem Deus est, qui non preso tentazione, se non umana ma fedele :

patiétur vos tentàri supra id, quod potéstis, è Dio, il quale non permetterà che voi siate
sed fàciet étiam cum tentatióne provéntum tentati oltre il vostro potere, ma darà con la
ut possitis sustinére. tentazione lo scampo, affinchè la possiate
sostenere.

• Num. XXI, i» Num. XI, et XIV, 1.


5, 6. 1

titre mila. Nei Numeri si legge ventiquattro mila. rare contro i loro maestri. Sterminatore, cioè l'an-
La divergenza è dovuta allo sbaglio di qualche gelo sterminatore.
antico copista, il quale invece di leggere nel testo lì. Accadevano loro in Dio, nella sua
di S. Paolo J'abbreviazione Tp<; = Taocapei; = provvidenza, ha
figura.
disposto che e i peccati degli
quattro, lesse TpeT<; = tre. Israeliti e i castighi loro inflitti siano vere pro-
9. Né
tentiamo, ecc. Tentare Dio è mettere alla fezie di ciò che avviene ai cristiani. Sono state
prova sua bontà, la sua pazienza, la sua po-
la scritte non tanto per vantaggio degli Ebrei, quanto
tenza, ecc. (Salm. LXXVII, 16). I Giudei rei piuttosto per istruire e correggere no* cristiani,
deserto, nauseati dalla manna, si lamentarono di acciò impariamo, che se non approfittiamo dei
Dio, e lo tentarono mostrando di dubitare della benefìzi fattici da Dio, saremo severamente puniti.
fedeltà alle sue promesse. In punizione furono Nel latino, invece di ad correptiónem nostram in
uccisi da serpenti (Num., XXI, 4 e ss.). Cristo. quos, ecc., si dovrebbe leggere ad correptiónem
:

Alcuni codici greci hanno : il Signore, ed altri : nostri in quos. Ai quali é venuta la fine dei secoli,
Dio, ma queste lezioni sono correzioni evidenti do- cioè, il tempo messianico, col quale ebbero fine i
vute a qualche lettore, che non capiva come i secoli di aspettazione e si inaugurò una nuova èra
Giudei avessero potuto tentare Cristo nel deserto. e l'ultima età del mondo, che durerà da Gesù Cristo
La lezione della Volgata si trova nei codici D E F G fino all'universale giudizio.
K, ecc. Si dice che i Giudei tentarono Cristo, Il tempo messianico, viene spesso nella Scrittura

perchè, come fu osservato al v. 4, il Verbo di Dio indicato con espressioni analoghe, così, per es.,
era in modo speciale presente presso il popolo Ebr., IX, 26, consumazione dei secoli; Gal. IV, 4;
d'Israele, e a Lui sono da riferirsi le varie teofanie Efes. I, 10, pienezza dei tempi o del tempo; I Piet.
del V. T. Anche i Corinti tenterebbero Dio, se I, 15, ultimo tempo; I Giov., II, 18, ultima
restassero nauseati della vita cristiana, la quale ora, ecc. Cf. Is., II, 2. Nel greco si legge a noi
impone loro di astenersi da parecchie cose, che ai quali é venuta incontro la fine dei secoli.
prima credevano lecite, oppure se, non contenti 12. Conclusione. Se adunque ciò che è avvenuto
dell'umiltà del culto cristiano, quale allora poteva agli Israeliti, è una figura di ciò che avverrà a noi
celebrarsi, avessero desiderato le solennità pagane cristiani, battezzati in Gesù Cristo e pasciuti colle
e vi avessero pigliato parte. sue carni, chi si crede di star in piedi, ossia di
10. Né mormoriate, ecc. Gli Israeliti parecchie perseverare nello stato di grazia ricevuto, badi di
volte mormorarono contro Dio, ora per l'acqua non cadere nello stato di peccato. L'uomo può per-
amara, Esod., XV, 24, ora per la mancanza di cibo, dere la grazia, e niuno, senza speciale rivelazione,
Esod. XVI, 2, ora per la mancanza di acqua, Esod.,
può essere sicuro di possederla perciò l'Apostolo
;

dice chi si crede di stare, ecc. (Cf. Conc. Trid.,


XVII, 3, ora per altri motivi; Num., XI, 1-3; XIV, :

sess. VI, de justif., e. 13).


1 e ss. Con tutta probabilità, l'Apostolo parla qui
delle mormorazioni scoppiate tra il popolo, in 13. Nella Volgata, invece di apprehéndat, si
seguito al severo castigo inflitto da Dio a Core e dovrebbe leggere, secondo i migliori codici greci
ai suoi partigiani (Num., XVI, 1 e ss.), mormora- e parecchi codici della Volgata stessa, apprehendit.
zioni punite colla morte di 14.700 e più uomini L'apostolo vuol dire Se vi ho detto di vigilare
:

(Num., XVI, 46). Infatti nella Sapienza (XVIII, 25), per non cadere in peccato e ho richiamato alla
dove è pure narrato queslo fatto, viene usata la vostra mente l'esempio dei Giudei, non ho già
stessa parola ò óXoGpevmv (Paolo ò óXoGpet)!^?) voluto con ciò farvi perdere di coraggio. Fin adesso
per indicare il castigo, con cui i mormoratori furono non vi ha sorpreso alcuna tentazione se non umana,
puniti. Alcuni pensano che si tratti delle mormo- cioè proporzionata alla debolezza umana. Col nome
razioni scoppiate quando il popolo si lamentava di di tentazione, intende tutto ciò che sollecita l'uomo
essere privo delle delizie d'Egitto, e domandava al male, e può essere occasione di morte spirituale.
carne (Num., XI, 4 e ss.). L'Apostolo esorta quindi Come per il passato così per l'avvenire Dio, che
i Corinti a non mormorare contro di lui, come se è fedele alle sue promesse, non permetterà che voi
tosse troppo severo, e in generale a non mor'mo siate tentati oltre le vostre forze, sostenute bea
I Corinti, X, 14-18 151

"Propter quod charissiml mihi, fùgite ab ^''Per la qual cosa, diletti mìei, fuggite
idolórum cultura ^*Ut prudéntibus loquor,
: l'idolatria : "Parlo come a persone intelli-
vos ipsì iudicàte quod dico. ^^Calix benedic- genti, giudicate voi di quel ch'io dico. "Il
tiónis, cui benedicimus, nonne communicà- calice di benedizione, cui noi benediciamo,
tio sànguìnìs Christi est? et panis, quem non è comunicazione del sangue di Cristo ?
fràngìmus, nonne articìpàtio córporis Do- E il pane che spezziamo, non è comunica-
mini est? "Quóniam unus panis, unum cor- zione del corpo del Signore? ^Toichè un
pus multi sumus, omnes, qui de uno pane pane solo, un solo corpo siamo noi molti,
participàmus. quanti di quel solo pane partecipiamo.

"Vidéte Israel secùndum carnem : nonne ^^Mirate Israele carnale non è egli vero
:

qui edunt hóstias, participes sunt altàris? che quelli che mangiano della vittima, hanno

inteso dalla sua grazia, ma


darà colla tentazione lo moderni (Ved. Cornely, h. 1.), considerano due i

scampo (gr. expaciq =


Volg. proventum), ossia sostantivi un solo pane... un solo corpo, come due
se permetterà la tentazione, assieme ad essa vi predicati del soggetto, noi molti. L'Apostolo vuole
aprirà la via per restarne vittoriosi, affinchè così in questo versetto provare dall'effetto prodotto, che
la possiate sostenere. il mangiare il pane eucaristico è veramente una
14. Dopo la lunga digressione,
cominciata col comunicazione del corpo del Signore.
cap. IX e appena ora terminata, l'Apostolo torna Quanti partecipiamo, ossia mangiamo, di quel
al suo soggetto relativo al mangiare le carni im- solo pane eucaristico, benché singolarmente presi,
molate agli idoli, e dà alcune norme pratiche per siamo in molti, tuttavia siamo un solo corpo mi-
riguardo ai conviti sacri idolatrici, e ai conviti stico, un solo pane mistico. Ora questo non po-
ordinarii. Dapprima stabilisce la regola generale, trebbe avvenire se il pane mangiato fosse un cibo
che, a motivo dello scandalo, non è lecito ai cri- qualunque, perchè allora si convertirebbe nella
stiani pigliar parte ai banchetti pagani dati nelle nostra sostanza, e non potrebbe far sì che noi,
dipendenze dei tempii idolatrici (14-22). benché molti, siamo un solo corpo in Cristo. Sic-
Per la qual cosa, ossia per non esporvi ai ca- come invece sotto le specie del pane eucaristico
stighi inflitti agli Ebrei, voi dovete fuggire l'idolatria vi è realmente Gesù Cristo, noi mangiando il pane
e tutto ciò che potrebbe ad essa condurvi, come eucaristico restiamo tutti trasformati spiritualmente
sarebbe appunto il partecipare ai conviti idolatrici. in Cristo, e quindi intimamente uniti a Cristo e
15. Parlo a voi come a persone intelligenti, che intimamente uniti fra noi. Questa spiegazione ri-
per la loro scienza grado di ben compren-
sono in sponde bene contesto ed è da preferirsi a quella
al
dere e di ben giudicare di quanto sto per dire. di coloro (Natale A. Maier, ecc.), i quali tradu-
Io mi rimetto quindi al vostro giudizio. L'Apostolo cono : Poiché vi è un solo pane, perciò siamo un
loda i Corinti per renderli più docili ai suoi inse- solo corpo noi molti, quanti partecipiamo di quel
gnamenti. pane. Si osservi, che intanto si può dire, che !
16. Il calice di benedizione, ossia il calice euca- fedeli d'ogni tempo e d'ogni luogo partecipano
ristico (Matt. XXVI, 20-27; Marco XIV, 23), che dello stesso pane, in quanto si suppone che il cibo
noi ministri di Dio benediciamo, ossia consacriamo. eucaristico sia veramente il corpo di Gesù Cristo.

La consecrazione vien detta benedizione, perchè L'argomentazione dell'Apostolo è destinata a far


preceduta e seguita da varie preghiere. E' comuni- capire ai Corinti, che come i fedeli partecipando
cazione (gr. xotvcovia =
partecipazione, comunione) alla mensa del Signore restano incorporati a Gesù

del sangue di Cristo, di modo che chi beve di e intimamente tra loro uniti, così chi partecipa alla
questo calice, cioè della bevanda contenuta in mensa degli idoli, cioè ai banchetti idolatrici, resta
questo calice, viene a partecipare e a bere il sangue in, certo modo unito all'idolo e ai suoi adoratori.
di Gesìi, e a restare a lui intimamente unito. Simil- 18. Mirate, ecc.Considerate Israele secondo la
mente pane eucaristico, che noi spezziamo (Spez-
il
carne, cioè popolo d'Israele che carnalmente
il
zare pane è una frase caratteristica per indicare
il
discende da Abramo, in opposizione ai veri Israeliti
l'Eucaristia. Atti II, 42, 46; XX, 7, 11, ecc.) è
secondo lo spirito, che sono i cristiani (Rom. Il,
comunicazione del corpo del Signore, e chi mangia 28 e ss. Gal. IV, 29). Quelli che mangiano delle
;
di questo pane resta incorporato intimamente a
vittime immolate, hanno comunione coll'altare,
Gesii Cristo. Si osservi, che se il bere a questo ossia sono partecipi del culto prestato a Dio, culto
calice e il mangiare di questo pane, è partecipare
che aveva il suo centro nell'altare degli olocausti.
al sangue e al corpo di Gesù Cristo, si ha qui una
In alcuni sacrifizi gli Ebrei mangiavano parte della
prova evidentissima che nell'Eucaristia vi è real- vittima immolata a Dio, e l'Apostolo dice, che così
mente e sostanzialmente presente Gesù Cristo. facendo essi venivano ad avere comunione coll'al-
L'Apostolo chiama l'Eucaristia pane, perchè, anche tare, sul quale la
vittima era stata immolata. Si
dopo la consacrazione, rimangono le specie o gli osservi come
l'Apostolo non dica che gli Ebrei
accidenti del pane, chiama poi il calice conse-
avessero comunione con Dio, in forza dei loro
crato calice di benedizione forse anche perchè
sacrifizi e dei loro conviti sacri, affinchè si com-
Gesù, nell'ultima cena, pronunziò alcune parole prenda da quanto sia superiore il sacrifizio e
tutti
di benedizioni analoghe a quelle che i Giudei sole-
il convito eucaristico, che ci fa partecipare al corpo
vano pronunziare sul calice così detto di benedi- e al sangue del Signore. Anche per mezzo di questa
zione (Ved. n. Matt. XXVI, 20; Brassac, M. B., analogia si dimostra, come chi mangia le carni
t. 4, pag. 275). immolate agli idoli viene a partecipare al culto
Due traduzioni e due spiegazioni si possono
17. idolatrico, il che è cosa indegna per un cristiano.
dare dì questo versetto. Tutti gli antichi e parecchi Questa conclusione essendo per sé evidente, l'Apo*
152 1 Corinti, X, 19-25

*'Quìd ergo? dico quod idólis immolàtum comunione coli 'altare? "Che cico adunque?
sit àliquid? aut quod idólum, sit àliquìd? Che qualche cosa ciò che è immolato
sia
^"Sed quae immolant Gentes, daemóniis im- agl'idoli? O che sia qualche cosa l'idolo?
molant, et non Deo. Nolo autem vos sócios ^°Ma quello che le genti immolano, lo immo-
fieri daemoniórum non potéstis càlicem
: lano ai demoni, e non a Dìo. Non voglio che
Domini bibere, et càlicem daemoniórum : voi siate consorti dei demoni : voi non po-
^^Non mensae Dòmini partìcipes
potéstis tete bere il calice del Signore, e il calice dei

esse, et mensae daemoniórum. ^^An aemu- demoni ^^non potete partecipare alla mensa
:

làmur Dóminum? Numquid fortióres ilio del Signore e alla mensa dei demoni. ^^Pro-
sumus? Omnia mihi licent, sed non omnia vochiamo noi a emulazione il Signore?
expédiunt. Siamo forse di lui più forti? Tutto mi è
permesso, ma non tutto è spediente.

^^Omnia mihi sed non omnia aedi-


licent, ^^Tutto è permesso, ma non tutto è di
mi
ficant. ^"Neimo quod suum est quaerat, sed edificazione. ^^Niuno cerchi quel che giova a
quod altérius. ^^Omne, quod in macèllo vae- lui, ma ognuno quel che giova agli altri.

nit, manducate, nihil interrogàntes propter "•"Tutto quello che si vende al macello, man-
consciéntiam. ^^Dómini est terra, et pieni- giatelo senza cercar altro per riguardo della

" Sup. VI, 12 26 Ps. XXIII, 1 Eccli. XVII, 31

stalo la lascia dedurre dai suoi lettori, e preferisce rore della sua ira? Con queste due interrogazioni,
nel V. s. sciogliere una difficoltà, che poteva na- l'Apostolo fa capire ai Corinti quale terribile castigo
scere da ciò che ha detto, VIII, 4. li attenda, se faranno una tale ingiuria a Gesù
Cristo.
19. dico, ecc. Dicendo ora, che chi mangia
Che Dopo aver provato che non si deve prender parte
le immolate viene a contrarre unione col-
carni ai conviti idolatrici, celebrati nelle dipendenze dei
i'idolo, vo forse contro quello che ho detto al tempii, perchè sarebbe idolatria, passa a trattare
cap. VIII, 4, quando affermai che l'idolo è niente? dei conviti privati e ordinarli, nei quali fossero ser-
vite carni immolate, e dà alcune norme assai pra-
20-21. L'Apostolo non si contraddice. L'idolo in
tiche: 22 6 XI, Tutto mi è permesso, ecc. (V.
sé è niente, e non può contaminare le carni che ; I.
n. VI, 12).
sono offerte, ma la verità si è, che le vittime im-
molate agli idoli sono immolate ai demonii nemici 23. Non tutto è di edificazione. Nelle
cose indif-
di Dio, i quali, per mezzo degli idoli, trascinano ferenti, come sono i diversi cibi, benché sia vero
l'uomo al male (Deut. XXXII, 17; Salm. XCV, 5; che in sé tutto è lecito, nell'atto pratico però si
CV, 37 Bar. IV, 7 Apoc. IX, 20, ecc.). Non
; ; deve badare se ciò che in sé é indifferente, possa,
voglio che siate consorti (xoivcovoìjc; yzyiaBai = per circostanze speciali, recare danno o a chi lo fa
fare unione) dei demonii, mangiando le cerni loro o al prossimo, perché in tal caso, la carità impone
sacrificate. Parole severe, ma pienamente giustifi- l'obbligo di astenersene. Non ogni atto infatti è
cate. Voi non potete, ecc., mostra la grandezza del vantaggioso per chi lo fa e di edificazione per il
male che è nel partecipare ai conviti idolatrici.
vi prossimo.
Bevendo il calice del Signore, e partecipando alla 24. Niun fedele deve esser egoista, ma nell'agire
sua mensa, voi siete diventati membri del corpo di ognuno deve tener conto degli interessi del suo
Gesii Cristo; quale ingiuria quindi non gli fate, prossimo, ed evitare di scandalizzarlo. Così impone
quando, per mangiare le carni immolate agli idoli, la legge della carità (Cf Rom. XV, 1 e ss. ; I Cor.
.'

voi diventate membri del demonio suo grande XIII, 5, ecc.). Posto questo principio generale,
nemico? (Ved. VI, 15). E' una mostruosità, un sa- l'Apostolo discende a due casi particolari.
crilegio! (II Cor. VI, 15).
25-26. Primo caso come devono comportarsi in
:

Mensa (rpàneìCa). Questo nome è usato nel Vec- casa loro. Tutto quello, ecc. Nei vostri pasti ordi-
chio Testamento per significare l'altare del vero narii, mangiate pure liberamente delle carni che
Dio (Ezech. XLIV, 16; Malach. I, 7) e l'altare si .vendono al macello, senza domandare se siano
degli idoli (Isaì. LXV, 1), e in questo senso è pure state o no immolate. Per riguardo alla coscienza.
usato dagli scrittori profani (Ved. Cornely, h. 1.). Queste parole da alcuni sono unite al verbo man-
Ora, questo raffronto tra la mensa dei demonii e la giate, come se l'Apostolo volesse dire Mangiate :

mensa eucaristica, non avrebbe alcun valore, come ciò che si vende al macello senza cercar altro, e ciò
osserva Le Camus (L'OEuvre des Ap., t. Ili, affinché la vostra coscienza non resti agitata, se
pag. 122), se l'Eucaristia oltre all'essere un sacra- veniate a sapere che la carne comprata è stata
mento, non fosse ancora un sacrifizio, onde a ra- offerta agli idoli. La maggior parte degli esegeti
gione il Concilio di Trento (sess. XXll, l) ha detto, però, le unisce alla frase senza cercar altro, cosic-
che in queste parole l'Apostolo non obscure innuit, ché si ha questo senso : Mangiate, ecc, senza cercar
che la celebrazione dell'Eucaristia è un vero sacri- altro,o meglio senza far questione per calmare la
fizio. vostra coscienza, perchè tutte le carni esposte al
Provochiamo ad emulazione, ossia vorremo
22. macello sono lecite per voi. Il v. seg. conferma
noi, demonio, provocare l'ira di
col far lega col quest'ultima spiegazione. Voi potete liberamente
Dio eccitando la sua gelosia, per la quale non può mangiare di tutto, perché tutto è proprietà del
soffrire rivali? (Deut. XXXII, 21). Siamo noi più Signore, e quindi nulla è immondo per se stesso,
forti di lui in modo da non aver a temere il fu- e niun cibo, per se stesso, può contaminarvi.
I Corinti, X, 27-33 153

ludo eius. ^^Si quis vocat vos infidélìum, et coscienza. ^''Poiché del Signore è la terra, e
vultis ire omne, quod vobis appónitur,
: quello che la riempie. ^"Che se alcuno degli
manducate, nihil interrogàntes propter con- infedeli vi invita a cena, e vi piace di an-
sciéntiam. dare mangiate di tutto quello che vi è posto
:

davanti, senza cercar altro per riguardo


della coscienza.
"Si quis autem dixerit : Hoc immolàtum ^^Che se uno vi dirà Questo è stato im- :

est idólis : nolite manducare propter illum, molato agli idoli non ne mangiate per ri-
:

qui iudicàvit, et propter consciéntiam : guardo a colui che v'ha avvertito, e per ri-
^^Consciéntiam autem dico non tuam, sed guardo della coscienza ^Mella coscienza, :

altérius. Ut quid enim libértas mea iudi- dico, non tua, ma di quell'altro. Poiché per
càtur ab alièna consciéntia? ^°Si ego cum qual motivo la mia libertà è condannata dalla
gràtia participo, quid blasphémor prò eo coscienza altrui? ^°E se io partecipo di una
quod gràtias ago? grazia, e perchè si dice male di me per cosa
di cui rendo grazie ?

'^Sive ergo manducàtis, sive bibitis, sive ^^O mangiate adunque, o beviate, o fac-
àliud quid fàcitis : omnia in glóriam Dei ciate altra cosa : tutto fate a gloria di Dio.
fàcite. ^^Sine offensióne estete ludaéis, et ^^Non siate d'inciampo né ai Giudei, né ai
Géntibus, et Ecclésiae Dei : ^^Sicut et ego Gentili, né alla Chiesa di Dio ^'come io :

per omnia òmnibus placco, non quaerens pure in tutto mi adatto a tutti, non cercando
quod mihi ùtile est, sed quod multis : ut la mia utilità, ma quella di m.olti, affinchè
salvi fiant. siano salvi.

»i Col. Ili, 17.

L'Apostolo cita qui il v. 1 del salmo XXIII. Come motivo della falsa e timida coscienza dei deboli.
è chiaro dal contesto, le parole dell'Apostolo sono Per qual motivo, si domanda, la mia libertà, cioè
rivolte ai cristiani istruiti, la cui coscienza è illu- la mia coscienza che giudica rettamente sulla li-
minata e retta (VIII, 1 e ss.). Nei codici greci e ceità delle carni immolate, è condannata dalla
nelle versioni il v. 26 è legato al v. 25 per mezzo coscienza scrupolosa degli altri? Se la mia co-
dì yàp = enim = poiché, indicandosi così che il scienza illuminata mi dice che una cosa è lecita,
V. 26 è la prova dell'affermazione contenuta nel ed io la fo, non resto contaminato, benché altri
versetto 25. possa credere che il far tale cosa sia peccato. E'
27-30. Secondo caso : come devono comportarsi assurdo infatti il credere, che io debba essere tal-
quando siano invitati a conviti dagli infedeli. Vi mente schiavo degli altrui scrupoli, da aver l'ob-
bligo di riguardar come illecito, ciò che la mìa
invita a un banchetto privato e ordinario. Dopo il
detto ai v. 20, è chiaro che qui non si può piìi coscienza dice essere lecito. Se pertanto dovrò
trattare di conviti sacri, fatti in luoghi sacri. E vi
astenermene, non sarà perchè la mia coscienza mi
dica che è illecito, ma unicamente per non scan-
piace, ecc. Non è cosa per sé illecita 1 prender
dalizzare la coscienza degli altri.
cibo assieme ai pagani. Senza cercar altro, ecc.,
perchè tutti ì cibi per sé sono mondi. 30. Se io, forma lo stesso
ecc. Ripete sott'altra
28. Se uno dei convitati, sia egli fedele o infe-
pensiero (Cf. Rom., XIV, 16; I Tim., IV, 4-5).
dele, vi dirà, senza che voi l'abbiate interrogato, Se io partecipo di qualche grazia, ossia se io
questo è stato immolato, allora astenetevi dal mangio di un cibo, pel quale rendo grazie a Dio
mangiarne, affine di non scandalizzare chi vi ha che l'ha creato e di cui ha la proprietà, chi avrà
diritto di dire male di me? Oppure, come potrò
avvertiti. Se questi infatti è un cristiano debole
di coscienza, crederà che si faccia peccato a man-
essere vituperato dalla mia coscienza, oppure
giare di tali carni, e sarà dal vostro esempio come potrò me stesso? Il greco pxaocpn-
vituperare
indotto ancor egli a mangiare, e ad agire così
^o{ì|:iai =
blasphémor, può essere considerato o
contro la propria coscienza. Se poi è infedele come medio, o come passivo. In questo v., l'Apo-
crederà, che voi non facciate gran conto della stolo allude all'uso dei cristiani, di far alcune pre-
vostra religione, ed egli invece di senthsl tratto ghiere prima e dopo il cibo.
31. L'Apostolo conchiude con una norma gene-
dal vostro esempio a convertirsi, sarà piuttosto
rale, che i cristiani devono seguire in tutte le loro
indotto a perseverare nei suoi errori. Per riguardo
azioni. Fate tutto, ecc. Nel mangiare, nel bere e
alla coscienza di colui che vi ha avvertiti, il
quale, essendo persuaso che la vostra azione non
in qualsiasi altra vostra azione, abbiate sempre in
mira gloria di Dio, e non fate nulla che possa
la
è lecita, può risentirne un danno spirituale.
dispiacere ai suoi occhi. Dio è il fine supremo.
29. Della coscienza. Aggiunge quest'osserva-
32. Ripete lo stesso precetto sotto forma nega-
zione perché ai vv. 25 e 27 la frase per riguardo
della coscienza, si riferiva sempre al cristiano
tiva. Non siate d'inciampo, colle vostre cattive
azioni e coi vostri cattivi esempi, né ai Giudei,
istruito sulla vanità degli idoli e sulla conseguente
propria libertà, e non, come nel caso presente,
ne ai GerMli, allontanandoli dalla fede, né alla
Chiesa di Dio, cioè ai fedeli, i quali potrebbero
al cristiano debole o all'infedele. L'Apostolo fa
quindi notare, che egli non vuole per nulla disco-
ancor essi cadere nel male. La carità comanda di
edificare tutti, e di scandalizzare nessuno.
noscere i diritti della coscienza dei cristiani istruiti,
ma che comanda di astenersi dal mangiarne, a 33. L'Apostolo presenta sé stesso, come esena •
154 I Corinti, XI, 1-4

CAPO XI.

L'abbigliamento delle donne bielle adunanze sacre, i-ió. Modo di celebrare le

agapi, 17-34-

Mmìtatóres mei estóte, sicut et ego Chri- 'Siate miei imitatori, come io pure dì
sti. ^Laudo autem vos fratres quod per om- Cristo. ^Vi do lode però, o fratelli, perchè
nia mei mémores estis et sicut tràdidi : in ogni cosa vi ricordate di me e quali ve :

vobis, praecépta mea tenétis. ^Volo autem li ho dati, ritenete i miei documenti. ^Or
vos scire quod omnis viri caput Christus voglio che sappiate come capo di ogni uomo
est caput autem mulieris, vir
: caput vero : è Cristo : capo poi della donna è l'uomo :

Christi, Deus. *Omnis vir orans, aut pro- e capo di Cristo è Dio. "Ogni uomo che
phétans velato càpite, detùrpat caput suum. prega, o profeta col capo coperto, fa disonore

« Eph. V. 23.

pio da imitare. Mi adatto, cioè, cerco di adattarmi pretando male qualche detto dell'Apostolo (Gal.
in che non 'è contrario alla divina legge,
tatto, Ili, 28) relativo al fatto che Gesii aveva abolito

a tutti Giudei e Gentili, non cercando la mia uti- ogni distinzione di razza e di condizione, pretende-
lità temporale e il mio gusto (Cf. n. IX, 12-19), vano di essere in tutto uguali agli uomini, e di
ma l'utilità, ossia eterna di molti, lo
la salute comparire nelle assemblee sacre a testa scoperta e
però non propongo me
stesso come un modello prendervi la parola per insegnare. L'Apostolo bia-
assoluto di perfezione, se non in quanto Io stesso sima ora severamente tali abusi. Voglio che sap-
sono imitatore di Gesiì Cristo, il quale non ha piate. Dà la prima ragione generale, per cui la
cercato i proprii comodi, ma si è sottomesso ad donna in Chiesa deve portare il velo sul capo. Il
ogni privazione e alla stessa morte per salvarci. capo coperto indica soggezione. Nell'organizzazione
Non è difficile concordare le regole date qui da ^terna della Chiesa vi ha una specie di gerar-
S. Paolo intorno all'uso delle carni immolate, con cnia Dìo, Cristo, i'uomo, la donna. Benché, io
:

quanto era stato determinato nel Concilio di Geru- «io che riguarda la grazia, la donna sia uguale
salemme (Ved. n. Atti, XV, 29). all'uomo, nell'organizzazione esterna della Chiesa,
la donna occupa l'ultimo posto, ed è inferiore al-
l'uomo, perchè deve essere governata dall'uomo
CAPO XI. (XIV, 34; liTim. II, 12). Capo di ogni uomo è
Cristo. L'uomo è governato immediatamente da
L'Apostolo passa ora a trattare della vita
1. Cristo, non già nel senso che tutti e singoli gli
re\igiosa, parlando contro tre abusi introdottisi a individui siano uguali tra loro, ma nel senso che
Corinto nelle adunanze sacre dei fedeli. Mosjtra solo gli uomini possono essere chiamati a gover-
dapprima (2-16) quale debba essere l'abbiglia- nare la Chiesa, e quelli che sono chiamati a reg-
mento delle donne nelle adunanze sacre, e poi gere altri uomini, reggono come vicarii e ministri
(17-34) discorre del moao con cui si hanno da di Gesù Cristo. Capo di Gesù Cristo come uomo,
celebrare le agapi, e finalmente (XII, 1 XIV, 40), ; è Dio, il quale l'ha risuscitato da morte, l'ha fatto
viene a parlare dei varii carismi e dà alcune regole sedere alla sua destra, e gli ha data ogni potestà in
pratiche intorno al loro uso. cieio e in terra (XV, 24 e ss.; Matt., XXVIIl, 18;
Siate miei, ecc. Questo v. appartiene alla sezione Atti, XX, 28). Quest'armonia gerarchica non deve
precedente. V. n. ivi. essere rotta.
2. Vi do lode, ece. Le colpe di alcuni fedeli non 4. Ogni uomo che nelle pubbliche adunanze
impedivano cho, nella Chiesa di Corinto, vi fosse prega, o profeta (V. n. XII, 10), o in generale
molto bene meritevole di lode (I, 4-8). L'Apostolo parla sotto l'ispirazione dello Spirito Santo, col
cerca di acquistarSTi la benevolenza e la docilità capo coperto o ve.ato fa disonore al suo capo,
dei Corinti, lodandoli i^^r il bene che vi è in essi. perchè gli pone sopra un segno di dipendenza e
In ogni cosa vi ricordate, ecc. Il senso di queste di soggezione. Benché infatti Giudei pregassero
i

parole è determinato da quel che segue ritenete :


colla testa coperta, Greci però solevano assistere
i

cioè i miei documiì^nii quali ve li ho iati. Il greco alle adunanze rettgiose a testa nuda, perchè presso
«apaòóoetq, tradotto praecépta = precetti dovrebbe di essi il portare il capo coperto era proprio degli
essere tradotto tradizioni. L'Apostolo parla quindi schiavi. L'uomo non deve comparire davanti a Dio
non solo della dottrina insegnata, ma anche delle con un segno di soggezione, quasi che avesse altri
leggi liturgiche stabilite, ecc. padroni fuori di Dio, ma deve presentarsi davanti
3. Nell'Oriente, le donne erano trattate come a Lui con tutta la sua dignità e la sua libertà, e
schiave, è facile quindi" immaginare quali senti» il capo scoperto deve mostrare a tutti che Gesù
menti dovessero nascere nel loro cuore, allorché, Cristo è l'unico suo capo e suo padrone. Fa diso-
abbracciato il cristianesimo, sentivano cadere le nore al suo capo. Alcuni (Gaetano, Bisping, ecc.),
catene del servaggio, e si vedevano stimate e ono- riferiscono queste parole a Gesii Cristo. L'uomo
rate. Alcune di esse però, probabilmente inter- è re delle terra e rappresentante di Dio e di Gesù
I Corinti, XI, 5-12 155

•Omnis autem mùlier orans, aut prophétans al suo capo. 'E qualunque donna che prega,
non velato càpite, detùrpat caput suum : profetizza a capo scoperto, fa disonore al
unum enim est ac sì decalvétur. ®Nam sì suo capo giacché è lo stesso che se fosse
:

non velàtur mulìer, tondeàtur. Sì vero turpe rasa. ^Poiché se la donna non porta il velo,
est mulieri tondérì, aut decalvàrì, veiet caput si tosi. Che se è indecente per la donna
suum. l'esser tosata o rasa, veli la sua testa.
'Vir quidem non debet velare caput ^L'uomo poi non deve velar la sua testa :

suum quónìam imago et gloria Dei est,


: perchè è immagine e gloria di Dio, ma la
mùlier autem glòria viri est. ^Non enim vir donna è gloria dell'uomo. ^Infatti l'uomo non
ex mulìere sed mùlier ex viro. ^Etenìm
est, è dalla donna, ma la donna dall'uomo. 'Poi-
non mulierem, sed
est creàtus vir propter ché non fu creato l'uomo per la donna, ma
mùlier propter virum. ^"Ideo debet mùlier la donna per l'uomo ^°Per questo la donna
potestàtem habére supra caput propter An- deve avere sopra il capo la potestà per lì-
geles. guardo degli Angeli.
"Verùmtamen ncque vir sine muliere : "Per altro né l'uomo senza la donna, né
neque mùlier sine viro in Dòmino. '^Nam la donna senza l'uomo, secondo il Signore.
sìcut mùlier de viro, ita et vir per mulie- *
^Siccome infatti la donna dall'uomo, così

' Gen. I, 26. » Gen. II, 23.

Cristo. Se pertanto egli copre il suo capo nel è una notevole differenza tra essa e l'uomo, perchè
presentarsi a Dio, fa come un atto di soggezione mentre l'uomo fu creato direttamente a immagine
a un altro uomo, e con ciò viene non solo ad avvi- di Dio, la donna invece fu in certo modo diretta-
liresé stesso ma anche a far ingiuria a Dio. La mente creata a immagine dell'uomo (Gen. Il, 21
prima spiegazione però è migliore, poiché non è e ss.). Inoltre l'uomo non venne assoggettato da
presumibile che, in un breve versetto, l'Apostolo Dio ad altro essere, non fu creato dalla donna e
usi la parola capo prima in senso proprio, e poi non venne a lei destinato, ma fu costituito re e
in senso figurato. sovrano di tutte le creature della terra la donna :

invece, fu da Dio tratta dalla costa dell'uomo e


5. Prega o profetizza nelle pubbliche adunanze.
destinata all'uomo. L'uomo quindi non deve ve-
Fa disonore al suo capo, cioè a sé stessa, perchè
larsi, per non nascondere lo splendore della gloria
mostra di voler sottrarsi a quella naturai dipen-
di Dio che si riflette sopra di lui, al contrario la
denza dall'uomo, nella quale Dio l'ha posta, e
viene di più a mancare a quella modestia che forma
donna deve portar il velo, in segno di soggezione
all'uomo, dalla cui costa fu creata e da cui
la sua gloria. Presso i Greci, le donne oneste non
si presentavano in pubblico se non velate, solo le
dipende.
donne di cattiva vita facevano il contrario. E' lo 8-9. Conferma che la donna è gloria dell'uomo,
stesso che se fosse rasa. Presso tutti i popoli, è perchè l'uomo è il principio da cui essa è deri-
sempre stato considerato come una ignominia per vata, ed è il fine per cui fu creata. Dio creò la
la donna l'aver la testa rasa (Is., Ili, 17-24). Gli donna dalla costa di Adamo e la destinò ad essere
Ebrei (Num., V, 18) radevano la testa alle donne aiuto dell'uomo (Gen. II, 18 e 21 e ss.).
accusate di adulterio, e altrettanto facevano i Ger- 10. Conclusione. Per questo che la donna, fin
mani. Presso i Greci si infliggeva questa igno- dalla sua creazione, è soggetta all'uomo, essa deve
minia alle schiave. La donna quindi che, nelle avere sopra il capo la potestà, ossia il velo che
pubbliche assemblee, depone il suo velo, viene è il- segno della potestà, a cui è soggetta. Che se
con ciò a disonorarsi assimilandosi a una schiava, non si cura dell'uomo, almeno si copra per rive-
a un'adultera, ecc. renza e timore degli angeli di Dio, i quali assi-
6. Se la donna, ecc. Se vi hanno dunque tra voi stono invisibili alle adunanze sacre dei fedeli, e
donne, tanto poco modeste, da presentarsi alle si avrebbero grandemente a male qualora non si

adunanze senza velo e assimilarsi così alle donne osservasse la modestia voluta da Dio (Gen.,
cattive, vadano sino al fine e si tolgano anche il XLVIII, 16; Tob., XII, 12; II Macab., III, 25;
velo naturale che la natura ha loro dato, che se Matt. XVIII, 10; Lue. I, 19; Apoc. Vili, 3). Tale
ciò non vogliono fare, allora oltre al velo naturale è la spiegazione di S. Giov. Gris., di S. Ciril. A.,
dei capelli, abbiano ancora un altro velo che le di Sant'Agostino, ecc. ; e questa spiegazione è da
ricopra. preferirsi a quella di Tertull. che per gli angeli
intende i demonii, e a quella dell'Ambrosiastro,
7-12. La storia della creazione mostra, che alla
che intende i sacerdoti.
donna compete un posto inferiore e di subordina-
zione all'uomo. L'uomo non deve portare sul suo 11-12. L'Apostolo stabilisce una restrizione a
capo un segno di soggezione, perché egli é Vim- quanto ha detto nei vv. prec. La donna è Bensì
magine e la gloria di Dio. Vi ha in queste ultime dipendente e soggetta all'uomo, ma tale dipen-
parole un'allusione a Gen. I, 26-28 e al salmo denza non deve costituire una schiavitù, come
Vili, 6. Certo se si considera la condizione in- pur troppo avveniva presso tutti i popoli pagani.
terna della donna, anch'essa come l'uomo è for- Il cristianesimo ha rivendicata la dignità della
mata ad immagine di Dio, è dotata d'intelletto, di donna. Secondo il Signore, meglio nel Signore
Gesù Cristo, ossia tra cristiani, la relazione tra
volontà, ed è capace della grazia e della gloria, i

e sotto questo aspetto, è uguale all'uomo ma : l'uomo e la donna è tale, che l'uno ha vicendevole
se si considera la sua condizione esterna, allora vi bisogno dell'aiuto dell'altro, e a tutti e due sono
156 1 Corinti, XI, 13-17

rem omnia autem ex Deo. "Vos ipsi iudi-


:
l'uomo per mezzo della donna tutto poi :

càte decet mulierem non velàtam orare


: da Dio. "Siate giudici voi medesimi è de- :

Deum? '*Nec ìpsa natura docet vos, quod cente che la donna faccia orazione a Dio
vir quìdem si comam nùtriat, ignominia est senza velo? '"E non v'insegna la stessa na-
illi : ^^Mùlier vero si comam nùtriat, glòria tura che è disonorevole per l'uomo il nutrire
est illi : quóniam capilli prò velàmine ei la chioma? ^^Per la donna poi è onore il nu-
dati sunt. ^^Si quis autem vidétur contentió- trire la chioma poiché i capelli le sono
:

sus esse : nos talem consuetùdinem non ha- stati dati per velo. ^^Che se taluno mostra
bémus, neque Ecclèsia Dei. di amar le contese noi non abbiamo tale
:

uso, né la Chiesa di Dio.


^^Hoc autem praecipio non laudans quod
: ^^Questo poi vi comando non lodandovi :

non in mélius, sed in detérius convenitis. che vi raduniate non con profitto, ma con

offerti gli stessi mezzi di santificazione, e perciò che, per una saggia istituzione, le fu dato presso
tra loro vi è una mutua dipendenza, e una certa tutti i popoli, e ciò specialmente nelle funzioni
uguaglianza. sacre.
Poiché come la donna, ecc. Questa dottrina in- 16. Che se taluno, ecc. L'Apostolo, supponendo
segnata così chiaramente da Gesù Cristo, si trova che nella Chiesa di Corinto vi sarebbero stati
pure nella stessa legge di natura, poiché se nella alcuni, che non avrebbero forse trovate convin-
sua creazione, la donna è stata tratta dall'uomo, centi le ragioni da lui addotte, tronca subito ogni
cioè dalla costa di Adamo, nella propagazione della questione, e chiude loro la bocca appellandosi al-
specie, l'uomo si propaga e nasce per n>ezzo della l'uso- della Chiesa. Noi non abbiamo tale uso,
donna. Tutto ciò che ho detto dell'uomo e della che li donne si presentino alle pubbliche adu-
donna, proviene, ossia è stato istituito, da Dio. nanze religiose senza velo. A^è la Chiesa. di Dio,
13-15. Richiamandosi alla stessa natura, mostra Nel greco v'è il plurale ne le Chiese di Dio. Non
:

con altro argomento che la donna deve portare il solo le chiese da noi fondate, ma anche quelle
velo. Giudicate voi stessi, ecc. L'Apostolo si ap- fondate da altri, prescrivono alle donne l'uso del
velo. Tale era la norma disciplinare, sulla quale
l'Apostolo insiste con tanto rigore.
17-34. Oltre all'abuso relativo all'abbigliamento
delle donne, altri abusi ben più gravi, si erano
introdotti a Corinto. Siccome il Signore aveva
istituita l'Eucaristia dopo la cena pasquale, nei
primi tempi della Chiesa, per imitare più da
vicino Gesù Cristo, era pure invalso l'uso di cele-
pi?. 15. brare l'Eucaristia alla sera, e di farla precedere
da un pasto comune, il quale, essendo destinato
Donna greca velata. a rinsaldare i vincoli di carità che stringevano
assieme i fedeli, veniva chiamato agape àYà:ii\
(carità). 11 necessario per questo pasto comune
era fornito dai ricchi, i quali venivano così in
soccorso dei poveri. Ben presto però, come si può
vedere in questa lettera, si introdussero abusi, e
allora la celebrazione dell'Eucaristia fu distaccata
da questo pasto comune della sera (XI, 20), e
trasportata al mattino (lustìn. Apol. I, 65, 67). Le
agapi restarono quindi abbandonate a sé stesse e
poi scomparvero (Clem. .A. Ped. II, 4; Tertull.
pella al buon senso dei Corinti. Faccia ora-
Apol. 39; De iecun. XVII), e ben presto si intro-
zione, ecc. Si tratta, come è chiaro, di preghiera
dusse l'uso del digiuno prima della comunione
pubblica, fatta nelle adunanze dei fedeli.
(S. August. Epist. LIV, 8). Vedi intorno alle agapi,
14. Alla interrogazione precedente non potendosi Dict. Vigour., Dict. Vacant, Dict. Cabrol. Agape.
dare che una risposta negativa, l'Apostolo prova Rev. Bib. 1904, p. 78-81. Battifol, Etudes d'hist.
subito, che tale risposta è pienamente giustificata. et de théologie positive, I serie 1906; Punk, Rev.
La stessa natura, ossia l'uso universale dei popoli d'hist. ecclés., 1903, t. IV, p. 1-23; Ermoni, L'a-
civili, il quale non può provenire che da un istinto gape dans l'Eglise primitive, 1904; Cornely, h. 1.;
e sentimento naturale considera come una ver- Le Camus, L'Oeuvre des apdtres, t. Ili, p. 130
gogna per l'uomo, il nutrire una lunga capigliatura. e ss. Hagen, Lexicon Biblicum, Agapes, ecc.
;

da tutti è riguardato come natu-


15. Al contrario L'Apostolo comincia ad esporre e a biasimare in
rale e legittimo, che la donna abbia i capeìli generale, i varii abusi introdottisi a Corinto nelle
lunghi. Dio stesso ha dato alla donna una capi- agapi (17-22), e poi mostra che le agapi, in tal
gliatura più rigogliosa e più lunga che non &\- modo celebrate, non possono essere la convenie-nte
l'uomo, affinchè le servisse come di un velo preparazione per la comunione (23-32), e infine
naturale per ricoprire tutto' il corpo. dà alcune norme pratiche (33-34).
Il greco jrepipóXaiov «= prò velàmine per — Questo. Secondo i migliori interpreti, questo
velo, significa appunto una veste che ricopre tuMo pronome comando dato nei vv. prec.
si riferisce al
il corpo. Come adunque la donna porta il veio Il testo greco va tradotto Comandandovi questo^
:

datole dalla natura, deve ancora portare il velo non vi lodo che vi raduniate, ecc. Non con profitto.
1 Corinti, XI, 18-22 157

"Primum quidem conveniéntibus vobis in ìscapito. "Primamente adunque radunandovi


Ecclésiam, àudio scissùcas esse inter vos, voi nella Chiesa, sento esservi scissure tra
et ex parte credo. ^^Nam opórtet et haéreses voi, e in parte lo c-^edo. "Poiché fa me-
esse, ut et qui probàti sunt manifèsti fìant stieri che vi siano anche eresie, afflnchè si
in vobis. palesino quelli che tra voi sono di buona
lega.
^"Conveniéntibus ergo vobis in unum, -"Quando adunque vi radunate insieme,
iam non est Dominicam coenam manducare. non è già un vnangiare la cena del Sig»ore.
^
^^Unusquisque enim suam coenam praesù- ^Poiché ciascuno prende anticipataiBiente a
mit ad manducàndum. Et àlius quidem ésu- mangiar la sua cena. E uno patisce la fame,
rit àlius autem ébrius est. ^^Numquid do-
:
un altro poi è ubbriaco. ^^Ma non avete voi
mos non habétìs ad manducàndum, et bi- case pe»- mangiare e bere? Ovvero disprez-
béndum? aut Ecclésiam Dei contémnitis, et zate la Chiesa di Dio, e fate arrossire quelli
confùnditis eos, qui non habent? Quid di- che non han nulla ? Che vi dirò ? Vi loderò ?
cam vobis? Laudo vos? in hoc non laudo. In questo non vi lodo.

cioè, non per diventare migliori, ma per diven- dottrina di Gesù Cristo. In simili tentazioni, l'oro
tare Le vostre adunanze invece di re-
peggiori. si purifica e la paglia resta consumata.

carvi vantaggio, vi recano danno spirituale.


20. Quando, ecc. Allorché voi vi radunate, quello
18. Primamente. L'Apostolo accenna subUo a che fate, non è già un mangiare la cena del Si-
un primo abuso. Non si accordano gli esegeti nel gnore. Tale è la spiegazione più probabile di
de<ermiflare dove si cominci a parlare del secondo. questo v. Altri spiegano vi diportate in modo
:

Alcuni ritengono che ciò avvenga al v. 20, in tale che non è più possibile, oppure non vi è più
modo che nei vv. 18 e 19, l'Apostolo tratti delle lecito, mangiare la cena, ecc.
divisioni della Chiesa di Corinto, e al. v. 20 La cena del Signore, secondo gli uni significhe-
cominci a parlare delle agapi. E' più probabile rebbe solo l'Eucaristia, secondo altri solo l'agape.
però, che in tutto il tratto 18-34, l'Apostolo di- I moderni però, inclinano a credere che significhi,
scorra delle agapi, e che solo al cap. XII, 1, faccia sia la celebrazione dell'Eucaristia, e sia l'agape
parola del secondo abuso. che allora erano assieme unite (V. Cornely, h. 1.;
Nella chiesa. Il greco èv èxxXricicf senza arti- Fillion, h. 1.). Dice quindi l'Apostolo Le vostre :

colo, -non significa l'edifizio materiale, ma piut- riunioni non hanno nulla che rassomigli all'ultima
tosto stessa assemblea dei fedeli. L'articolo
la cena del Signore, ma sono piuttosto da paragonarsi
manca nei migliori codici greci, e anche i più ai simposii o conviti profani. Il Signoce sedette
antichi codici della Volgata {Amiat. Fuld, ecc.), alla stessa mensa coi suoi discepoli, mangiò degli
hanno in ecclesia, e non in ecclésiam. Scissure, stessi cibi voi invece fate delle mense a parte,
;

gr. crXi'ofiaTo, Cf. I, 10. Qui però, non si park più i cibi non sono uguali, e manca sopratutto la
dei varii partiti, dei quali si è trattato in principio carità.
della lettera,ma di certe divisioni che nascevano
nelle publiche adunanza. In parte lo credo. L'Apo- 21. L'Apostolo prova la sua affermazione. Cia-
stolo aveva sentito qualche voce su questi disor- scuno di voi, invece di mettere in comune i cibi

dini, e conoscendo bene lo stato della Chiesa di


portati, riserva per sé e per i suoi, e prende
li

Corinto, dice che è persuaso che la voce abbia un a mangiare la sua cena, senza aspettare gli altri,
coi quali dividerla, ed ecco che i poveri, venuti
certo fondamento, non ostante che, per la buona
opinione che ha dei Corinti, non vi presti fede senza provvigioni, patiscono la fame, e i ricchi,
interamente. Da ciò è chiaro che l'Apostolo non lungi dal soccorrerli, si abbandonano alle srego-
pafla più dei varii partiti, dei quali era stato infor- latezze della gola e sono ubbriachi. Il testo greco

mato dalla famiglia di Cloe, ma di alcune scissioni suona così Ciascuno infatti, nel mangiare piglia
:

che avvenivano durante la celebrazione delle agapi. anticivafamente la sua cena, ecc. Appare chiaro da
ciò, che ! fedeli portavano di casa, ciascuno se-
19. Fa mestieri, ecc. Con un argomento a malori
condo le sue facoltà, i cibi necessarii per la n^ensa
ad minus, spiega come abbia ragione di credere comune, ma, nell'atto pratico poi, ciascuno pre-
a quanto gli è riferito. Considerata la debolezza e
tendeva di riavere e di mangiare quello che aveva
la superbia degli uomini, fa mestieri che vi siano
portato.
tra i fedeli non solo scissure e divisioni, ma aperte
eresie. Anche Gesù Cristo aveva detto esser neces- 22. Ma ecc. Se volete banchettare
non. avete,
sario che avvengano scandali (Matt. XVIII, 7 ; non vi mancano case private, dove potete farlo
le
Lue. XVII, 1). Le scissure, le divisioni, cfAia\xaxa senza ingiuria ai poveri. Disprezzate la Chiesa di
importano dissensi tra ì fedeli nelle loro relazioni Dio, cioè l'assemblea dei fedeli. La Chiesa infatti
esteriori, e tale nome
viene dato talvolta anche a è composta di poveri e di ricchi, ì quali però,
piccoU L'eresia
dissìdii. aipecri<;, invece, im- davanti a Dio, sono uguali. Ora, si fa ingiuria alla
porta una pertinace adesione della mente all'ep- Chiesa se alcuni, nei luoghi di riunioni sacre,
rore, riconosciuto come .tale, e rompe Tunità della imbandiscono conviti, dai quali escludono i poveri,
fede e della Chiesa. Ora se è necessario che yi come indegni di parteciparvi. Fate apro!>sìre quelli
siano eresie, non faxa meravigUa se tra i fedeli vi che hanno nuRa, cioè i poveri, ai quali, col vostro
saranno^'icissure e divisioni. disprezzo, rendete più grave la povertà. E' tanto il
Affinchè si palesino, ecc. Permettendo le eresie. disgusto che prova l'Apostolo per una tale con-
Dio trae questo bene, che le fa servire a mettere dotta che domanda Che vi dirò ? Vi aspettate
:

in luce la fermezza della fede dei veri cristiani, i forse di essere lodati? Non posso in ciò darvi
quali per niun motivo si lasciano smuovere dalla alcuna lode.
158 ! Corinti, XI, 23-27

''^Ego enim accépi a Dòmino quod et trà- ^^lo infatti ho appreso dal Signore quello
didi vobis, quóniam Dóminus lesus in qua che ho anche insegnato a voi, che il Signore
nocte tradebàtur, accépit panem, **et gràlias Gesù, in quella notte in cui era tradito, prese
agens fregit, et dixit Accipite, et mandu-
: il pane, ^*t rese le grazie, lo spezzò, e disse :

cate hoc est corpus meum, quod prò vobis


: Prendete e mangiate questo è il mio corpo,
:

tradétur hoc fàcite in meam commemora-


: il quale sarà dato (a morte) per voi fate
:

tiónem. ^^Similiter et càlicem, postquam questo in memoria di me. ^'Similmente an-


coenàvit dicens Hic calix novum testamén-
: che il calice, dopo aver cenato, dicendo :

tum est in meo sanguine, hoc fàcite quo- Questo calice è il nuovo testamento nel
tiescùmque bibétis, in meam commemora- sangue mi© fate questo tutte le volte che
:

tiónem. ^'^Quotiescùnaque enim manducàbitis lo berrete, in memoria di me. ^"Perocché


panem hunc, et càlicem bibétis mortem : ogni volta che mangerete questo pane, e ber-
Domini annunciàbitis donec véniat. rete questo calice, annunzierete la morte del
Signore, fino a tanto che egli venga.
^^Itaque quicùmque manducàverit, panem ^^Per la qual cosa chiunque mangerà que-
hunc, vel biberit càlicem Domini indigne : sto pane, o berrà il calice del Signore inde-

reus erit córporis, et sànguinis Domini. gnamente : sarà reo del corpo e del sangue

2* Matth. XXVI, 26; Marc. XfV, 22; Lue. XXII, 17. «^ joan. VI, 59.

23. Perocché, ecc. Io non posso lodarvi, perchè sacrifizio. questo, ecc. Con queste parole
Fate
il modo con cui celebrate l'Eucaristia, è in oppo- Gesù diede suoi Apostoli, e a tutti i sacerdoti,
ai
sizione con quanto esigono la natura, e la dignità la potestà di consacrare, e comandò loro di offrire
di un tanto sacramento, quali risultano dalla sua a Dio l'incruento sacrificio (Conc. Trid. sess. XXII,
istituzione. L'Apostolo richiama perciò alla mente cap. II).
dei Corinti il fatto dell'istituzione dell'Eucaristia,
25. Similmente, come aveva fatto per il pane,
e il fine per cui fu istituita (23-26), e poi mostra prese anche il calice e rese le grazie, ecc. Questo
quale preparazione si esiga vn chi vi si accosta calice è, ecc. Tra la formola riferita da S. Paolo
(27-29), e dagli effetti fa vedere che tale prepa-
e da S. Luca, e quella riferita da S. Matteo e da
razione, manca in molti a Corinto (30-32), e con-
S. Marco, vi è questa differenza che mentre,
chiude in seguito, dando alcune norme per le presso i due primi Evangelisti, si enunzia diretta-
agapi (33-34).
mente ciò che vi è nel calice dopo la consecra-
Ho appreso per una rivelazione immediata del zione, cioè il sangue di' Gesù Cristo, e indiretta-
Signore (Gal. I, 12), forse durante i tre anni pas- mente l'effetto, cioè la confermazione del Nuovo
sati in Arabia, poco dopo la sua conversione Testamento presso S. Paolo e S. Luca invece, si
;
(Gal. I, 17). Quello che ho anche, ecc. L'Apostolo esprime direttamente l'effetto, e, indirettamente,
aveva comunicato ai Corinti con tutta esattezza, ciò che è contenuto nel calice dopo la consacra-
quanto gli era stato rivelato da Dio intorno al- zione (Cornely, h. 1.). Tutte le volte che berrete
l'Eucaristia. La narrazione di S. Paolo^ ha molta
il calice consecrato.
rassomiglianza con quella di S. Luca (Lue. XXII,
19-20. Ved. note ivi), il quale, essendo stato disce- 26. Mangerete... berrete... annunzierete... Nel
polo dell'Apostolo, ebbe dalla bocca di lui la nar- greco vi è il tempo presente in tutti e tre i casi.
razione dei grande avvenimento. In quella notte, L'Apostolo deduce una conclusione della più alta
ecc. Ricorda questa circostanza per mostrare su- importanza. Ogni volta che voi, o cristiani, par-
bito l'intimo nesso, che vi è tra l'Eucaristia e la tecipate all'Eucaristia, voi compite un atto, che è
passione, e confondere così maggiormente i Co- un memoriale vivo della morte del Signore. L'Eu-
rinti, che osano celebrare, con tanta leggerezza e caristia è un vero sacrifizio commemorativo, e I«
indegnità, quel Sacramento che è ricordo della consecrazione separata delle due specie, rappre-
passione di Gesù, e che fu istituito proprio in senta al vivo la separazione del sangue dal corpo
quella notte, in cui gli uomini si mostrarono più di Gesù avvenuta sul Calvario. L'Eucaristia dovrà
ingrati verso il loro Salvatore. Prese il pane, ecc. celebrarsi fino a tanto che egli venga per l'univer-
(V. n. Matt. XXVI, 20-29; Marc. XIV, 17-25; Lue. sale giudizio, ossia sino alla fine del mondo.
XXII, Nel Decreto Lamentabili è condan-
10-20). 27. Deduce
un'altra conclusione che mostra il
nata questa prop. 45. Non omnia quae narrai gran male che fa, chi si comunica indegnamente.
Paulus de institutione Eucharistiae (I Cor. XI, Mangerà... o berrà. Si osservi che mentre l'Apo-
23-25), historice sunt sumenda. stolo pone qui una disgiunzione, non dice poi m
24. Prendete e mangiate. Queste due parole seguito, sarà reo del corpo o del sangue, ma usa
mancano nei migliori codici greci, e probabilmente la congiunzione e sarà reo del corpo e del sangue,
derivano da Matt. XXVI, 26. Sarà dato (a morte) mostrando così che anche chi riceve indegnamente
per voi. I quattro codici greci più antichi, hanno : una specie sola, nondimeno è reo del corpo e
questo è il mio corpo che è per voi Irò vite.p v}i&r. dd sangue, il che non potrebbe avvenire se, sotto
Il participio da sottintendersi, non può essere altro le specie del pane non vi fosse anche il sangue, e
che quello derivato dal verbo precedente 6xAaoev sotto le specie del vino non vi fosse anche il
= fregit = spezzò, come
infatti si trova nei codici corpo, ossia Gesù Cristo non fosse tutto ed intero
EFGKL, quali hanno: che è spezzato
ecc., i sotto ciascuna specie. Indegnamente. Riceve inde-
per voi. Queste parole, usate in tempo presente, gnamente l'Eucaristia, chi vi si accosta colla co-
mostrano chiaramente che l'Eucaristia è un vero scienifl di peccato mortale. Sarà reo, ossia sarà
I Corinti, XI, 28-34 lb9

•Probet autem seipsum homo :et sic de del Signore. ^^Pr.vì perciò l'uomo se stesso,
pane ilio edat, et de càlice bibat. ^^Quì enim e così mangi di quel pane, e beva di quel
mandùcat, et bibit indigne, iudicium sibi calice. ^^Poichè chimangia e beve indegna-
mandùcat, et bibit : non diiùdicans corpus mente, si mangia e beve la condanna non :

Domini. distinguendo il corpo del Signore.


'"Ideo Inter vos multi infirmi et imbe- 'Ter questo molti tra voi sono infermi e
cilles, et dórmiunt multi. '^Quod si nosme- senza forze, e molti dormono. '^Chè se ci
tipsos diiudicarémus, non ùtique iudicaré- giudicassimo da noi stessi, non saremmo
mur. '^Dum iudicàmur autem, a Domino certamente giudicati. '^Ma quando siamo giu-
corripimur, ut non cum hoc mundo damné- siamo castigati dal Signore, affinchè
dicati,
mur. ^'Itaque fratres mei, cum convenitis ad non siamo condannati con questo mondo.
manducàndum, invicem expectàte. '^Si quis "Per la qual cosa, fratelli miei, allorché vi
ésurit, domi mandùcet : ut non in iudicium radunate per mangiare, aspettatevi gli uni gli
conveniàtis. Cétera autem, cum venero, altri. '*Se uno ha fame, mangi a casa onde :

dispónam. non vi raduniate per essere condannati. Alle


altre cose poi, darò ordine venuto che sia.

colpevole di oltraggio verso il corpo e il sangue 31. Questi temporali sono inflitti per
castighi
del Signore. La frase reus corporis, ecc., è simile la cattiva preparazione
che si porta all'Eucaristia.
a reus maiestatis (laesae). Se mangiando indegna- Se perciò prima della comunione giudicassimo noi
mente il pane consecrato, si diviene reo del corpo stessi, facendo un severo esame di coscienza, e
e del sangue di Cristo, si ha qui un'altra prova castigassimo noi stessi colla penitenza i nostri pec-
che il pane consecrato, non è solo una figura, un cati, non saremo giudicati e condannati da Dio a
simbolo del corpo di Cristo, ma, sotto le specie subire le pena. Il verbo dijudicaremus ha un'allu-
del pane, vi è presente realmente il corpo di Gesù sione al dijudicans del v. 29.
Cristo. Non si può infatti dire, che sia reo del
corpo e del sangue del re, chi abbia fatto uno 32. Ma
quando, ecc. L'Apostolo aggiunge ora
sfregio a una sua immagine. L'Apostolo suppone una parola di consolazione. Se il Signore ci castiga
chiaramente, che anche i peccatori possano rice- nella vita presente, lo fa per nostro maggior bene,
vere il corpo di Gesù Cristo. affinchè cessando dal peccato, facendo penitenza,
così evitiamo la condanna eterna, riservata al
28. Provi, ecc. Chi vuole accostarsi alla comu-
nione provi se stesso, cioè esamini diligentemente
mondo incredulo e perverso.
la propria coscienza, per vedere se sia tale quale
Tutto questo passo mostra che all'Eucaristia si
dev'essere chi riceve un tanto sacramento. Se non deve lo stesso rispetto che a Gesù Cristo in per-
si riconosce reo di colpa grave, allora potrà acco- sona, e che perciò nell'Eucaristia Gesù è vera-
starsi, ma se trova sulla sua coscienza il peccato mente presente come Dio e come uomo.
grave, prima dovrà purificarsi nel sacramento della
33. Per la qual cosa, ecc. Essenlh^^osL severo
Penitenza (Conc. Trid. sess. XIII, cap. 7).
il giudizio di Dioverso chi si comunica indegna-
Per dar più forza alle sue parole ripete sot-
29. mente, allorché viradunate per mangiare le agapi,
t'altra forma il v. 27, mostrando più chiaramente aspettatevi gli uni
gli altri, evitando l'abuso accen-
il danno della comunione mal fatta. Si mangia e nato al V. 21, e tutte quelle mancanze, che vi
beve la condanna. Il pane della vita si converte per renderebbero indegni della mensa del Signore.
lui in pane di morte. La ragione si è, perchè egli
non distingue il corpo del Signore dagli altri cibi 34. Se alcuno, ecc. Se alcuno crede di scusarsi
comuni, e lo tratta senza alcun rispetto. con dire che ha fame e non può aspettare, io gli
30. Per questo che voi non vi comunicate colle dico che se ha fame, mangi a casa sua. Le agapi
dovute disposizioni. Dio vi punisce con varii ca- non furono istituite per saziare la fame, ma per
stighi anche corporali. Perciò molti tra voi sono manifestare la mutua carità dei fedeli, e similmente
infermi (doGeveìi;) e senza forze (àppcoazoi). Que- le adunanze dei fedeli non sono il luogo dei con-
ste due espressioni sono pressoché sinonime, e viti ordinarli. Siano dunque le agapi celebrate con
significano le varie malattie fisiche, con cui Dio quel decoro e quella carità che conviene, e non
aveva punito alcuni Corinti. Dormono, eufemismo diventino un'occasione di rovina e di condanna.
molto usato nel V. T., per indicare la morte. Qui Alle altre cose, ecc. Da queste parole si deduce,
si tratta di morte immatura. Questa spiegazione è che molte cose riguardanti la fede e la morale,
data da S. Tommaso (h. 1.), e da pressoché tutti non sono consegnate nella Scrittura, ma conser-
gliinterpreti (Ved. Cornely, h. 1.; Fillìon, h. 1. ; vate nella iradizfbne. Probabilmente i Corinti ave-
Crampon, h. 1.; Van Steenkiste, h. 1., ecc.). Alcun! vana rivolte all'Apostolo altre domande relative
però (Le Camus, L'Oeuvre des Ap., t. Ili, p. 141) all'Eucaristia, ma egli si riserva di rispondere poi
sono persuasi che l'Apostolo parli di malattie e di a voce, e di pigliare ulteriormente quelle disposi-
morte spirituali zioni che crederà convenienti.
160 I Corinti, XII, 14;

CAPO XII.

/ doni dello Spirito Santo, 1-3. —


Tutti sono ordinati al bene della Chiesa, 4-11, —
/ meno appariscenti sono spesso i piti utili. Il corpo e le membra, I2'26,

Applicazioni pratiche, 27-30,

^De spiritualibus autem, nolo vos igno- ^Riguardo poi ai doni spirituali, non voglio
rare fratres. ^Scitis quóniam cum Gentes che voi, fratelli, siate nell'ignoranza. -Ora
essétis,ad simulàcra muta proutfducebàmini sapete che, essendo Gentili, concorrevate ai
eùntes. ^Ideo notum vobis fàcio,4quod nemo muti simulacri, secondo che vi eravate con-
in Spiritu Dei loquens, dicit anathéma lesu. dotti. ^Per questo vi fo sapere che ninno,
Et nemo potest dicere, Dóminus lèsus, nisi che parli per lo Spirito di Dio, dice anatema
in Spiritu sancto. a Gesù. E ninno può dire Signore GCvSù,
:

se non per lo Spirito Santo.


*Divisiónes! vero gratiàrum sunt, idem *Vi sono però distinzioni di doni, ma un

» Marc. IX, 38.

loro orgoglio e la loro vanità. L'Apostolo spiega


l'orìgine di essi.
CAPO XI!.
2. Richiama alla mente dei Corinti Io stato di
ignoranza religiosa, in cui si trovavano nel paga-
1. Un abuso, introdottosi a Corinto, ri-
altro
nesimo. Concorrevate ai muti simulacri, cioè agli
guardava i doni dello Spìrito Santo divenuti og- idoli incapaci di istruirvi nelle cose spettanti alla
getto di vanità e dì superbia, l'Apostolo quindi
religione, secondo che vi eravate condotti dai de-
tratta ora (XII, 1 XIV, 40) di questo abuso, e dopo
;
moni (X, 19 e ss.; Efes. II, 2). Eravate come ani-
aver parlato in generale dell'orìgine e dell'utilità mali senza ragione, e quindi incapaci di giudicare
dei doni (XII, 1-30), fa vedere che sono dì gran
delle risposte che vi davano ì sacerdoti, gli aru-
lunga inferiori. alla carità (XII, 31 XIII, 13), e pro-
;
spici, ecc., e di certi effetti straordìnarii che si
vato che la profezia è superiore al dono delle
producevano.
lingue (XIV, 1-25), conchìude dando alcune norme
3. Per questo, a quelli che, convertiti di recente,
sull'uso dei doni in pubblico (XIV, 26-40).
l'ignorassero, fo sapere, ossia do un principio ge-
Questi tre capitoli hanno una grande importanza,
nerale, secondo cui potranno giudicare se un fatto,
perchè ci fanno conoscere almeno in parte, la vita
religiosa delle prime Chiese, 3 l'abbondanza delle
che sembra straordinario, provenga realmente da
grazie soprannaturali, di cui erano arricchite. Ma, Dio. Parli per lo Spirito di Dio, cioè sotto l'ispira-
come già faceva osservare S. Giovanni Crisostomo, zione dello Spirito Santo., Par/ore qui significa spe-
presentano gravi difficoltà, perchè le cose di cui cialmente parlare in varie lingue e profetizzare.
trattano, mentre erano notissime ai Corinti, sono Anatema (Ved. n. Rom. IX, 3) a Gesù, meglio
diventate oscure per no:. Infatti quei doni sopran- secondo il greco. Anatema, ossia maledetto. Gesù.
naturali accordati, in sì larga misura nei primi Chiunque maledice Gesù Cristo, cioè nega o dubita
tempi, quando la Chiesa aveva maggiormente bi- della sua divinità o della sua umanità, della sua
sogno dell'aiuto di Dio, per poter estendersi nel missione, della sua dottrina, ecc., non può essere
mondo, poco a poco diventarono piiì rari fin quasi mosso dallo Spìrito di Dìo, e se fenomeni straor-
a scomparire nei secoli posteriori. dìnarii accompagnano
le sue affermazioni, non può

Doni (greco «veufiarixcàv, sottinteso


spirituali trattarsi che di operazioni diaboliche. Niuno può
XapiojiaTcov) sono quelle grazie, che dai Teologi dire: Signore Gesù, ossia niuno può dire Gesù
sono chiamate gratlae gratis datae, per opposizione è il Signore di tutti, e riconoscere quindi la sua
divinità, la sua missione, ecc., se non per movi-
«Ila grazia santificante, o gratum faciens. La grazia
santificante e i doni dello Spirito Santo sono or- mento e ispirazione dello Spirito Santo (Matt. XVII,
dinati alla santificazione di colui che li possiede; 17). La regola generale è quindi la seguente. Se
invece i doni spirituali, o grazie gratis datae sono un effetto straordinario
è ordinato contro la fede
accordati ai fe<ieli, non per la loro propria santi- dì Gesù Cristo, e tende a distruggerne il regno,

ficazione, ma per il bene e il vantaggio della allora si deve dire che esso non proviene dallo Spi-
Chiesa (Cf. Rom. XII, 6). Essi sono quindi indi- rito Santo, ma dal demonio. Se invece promuove

pendenti dal merito e dalla santità personale, ben- la fede in Gesù Cristo e il suo amore, allora ha
ché talvolta Dio li accordi a coloro che hanno una per autore lo Spirito Santo (Cf. I Giov. IV, 1 e ss.).
certa attitudine naturale al fine, a cui il dono è 4. I pagani credevano che le diverse doti do-
ordinato. I Corinti si erano formati un falso con- vessero attribuirsi a diversi dei, l'uno dei quali
cetto di questi doni, stimando di più quelli che dava la sapienza, l'altro la forza, ecc. Acciò fedeli i

erano più appariscenti, e più atti a solleticare II non pensassero, che qualche cosa di analogo avve-
I Corinti, XII, 5-11 161

autem Spìrìtus *Et dìvisiónes mìnistratìó-


: medesimo Spirito : 'e vi sono distinzioni di
num sunt, idem autem Dóminus ^Et dìvi- : ministeri, ma un medesimo Signore : 'e vi
siónes operatiónum sunt, idem vero Deus, sono distinzioni di operazioni, ma lo stesso
qui operàtur omnia in omnibus. ^Unicuique Dio è quegli che fa in tutti tutte le cose. 'A
autem datur manifestàtio Spirìtus ad utili- ciascuno poi è data la manifestazione dello
tatem. Spirito per utilità.
^Alii quidem per Spiritum datur sermo "E all'uno è dato per mezzo dello Spìrito
sapiéntiae àlii autem sermo sciéntiae se-
: illinguaggio della sapienza all'altro poi il:

cùndum eùmdem Spiritum 'Alteri fides in : linguaggio della scienza secondo il mede-
eódem Spìritu àlii gràtia sanitàtum in uno
: simo Spìrito ®a un altro la fede pel mede-
:

Spìritu : operàtio virtùtum, àlii pro-


^"Alii simo Spirito a un altro il dono delle guari-
:

phetia,àlii discrétio spirituum, àlii genera gioni pel medesimo Spirito "a un altro :

linguàrum, àlii interpretàtio sermónum. l'operazione dei prodìgi, a un altro la profe-


^^Haec autem omnia operàtur unus atque zia, a un altro la discrezione degli spìriti,
idem Spiritus, dividens singulis prout vult. a un altro ogni genere di lìngue, a un altro
l'interpretazione delle favelle. "Ma tutte
queste cose le opera quell'uno e medesimo
Spirito, il quale distribuisce a ciascuno se-
condo che gli piace.

»» Rom. XII, 3, 6; Eph. IV, 7.

nisse per i diversi doni loro dati, l'Apostolo li de St-P., t. I, p. 175-176; Fouard, St-Paul ses
avvisa che, benché i doni (XapiaiiiaTa) siano di- missionis, 10" ed., p. 209; Van Steenkiste, h. 1.
stinti e distribuiti, parte agli uni e parte agli appendice; Vig., Dici., Dons).
altri, uno però è lo Spirito, da cui procedono. 7/ linguaggio della sapienza importa non solo li
5. Come vi sono nella Chiesa diversi carismi, conoscenza dei più alti misteri della fede (II, d
così vi sono pure diversi ministeri (quelli degli e ss.), ma specialmente il dono di spiegarli e di
Apostoli, dei vescovi, dei sacerdoti, ecc.), tutti persuaderli agli altri. Tale dono, fu in maggior
però dipendono dal medesimo Signore Gesù Cristo, abbondanza concesso agli Apostoli. // linguaggio
e tutti a Lui sono ordinati, perchè Egli è il capo della scienza è il dono di spiegare e di persuadere
della Chiesa, le verità più elementari e ordinarie della reli-
6. Operazioni èvepYri^ata) sono chiamati gli
(gr.
gione, servendosi delle prove che si ricavano
effetti prodigiosi, conversioni, guarigioni, ecc., ope- dalle creature. Tale dono conviene in special modo
rati per mezzo dei varii ministeri ecclesiastici, e ai Dottori.

dei varii doni. Benché questi effetti siano molte- 9. La fede, ossia non già la fede virtù teologica,
plici, tutti però provengono dallo stesso Dio Padre, necessaria a tutti per salvarsi, ma la fede opera-
a cui è appropriata la divina onnipotenza, il quale trice dei miracoli (Matt. XXI, 21-22; I Cor. XIII,
fa in tutu tutte le cose, ossia muove all'azione e 2), oppure, secondo S. Tommaso, il dono di saper
po-re'^rp tutte le creature, o, come si esprime San convenientemente proporre le verità della fede, o
Tommaso, h. 1., operàtur omnia, sicut prima causa anche una maggior certezza della fede. // dono
creans omnes operationes. Affinchè però non si delle guarigioni. Così, l'ombra di S. Pietro guariva
creda che le altre cause siano superflue, l'Apostolo i malati (Atti V, 15), e i fazzoletti e i grembiuli di
soggiunge :omnibus, e la ragione è quia in
in S. Paolo, risanavano gli infermi e cacciavano i
cuusis secundariis prima causa operàtur. Nei tre demonii (Atti XIX, 12. Cf. Luca Vili, 46).
verseni si ha una menzione esplicita delle tre L'operazione dei prodigi, cioè il dono di
10.
Persone della SS. Trinità. far miracoli più strepitosi come p. e., risuscitare
i

7. A ciascuno poi, ecc. I doni spirituali non i morti, ecc. La profezia significa non solo il dono
solo procedono dallo stesso, Spirito, ma sono an- di predire il futuro, ma anche quello di parlare
cora ordinati allo stesso fine, che è l'utilità e il sotto l'ispirazione dello Spirito Santo, e così edi-
vantaggio della Chiesa. Questi doni sono detti ficare, esortare e confortare i fedeli (XIV, 3). La
manifestazione dello Spirito, perchè per mezzo di discrezione degli spiriti è il dono di saper distin-
essi, lo Spirito Santo si manifesta. guere i varii fatti straordinarii, e riconoscere se
8-10. L'Apostolo fa in questi vv. una specie di vengono dallo Spirito di Dio, o dallo spirito del-
enumerazine di nove doni dello Spirito Santo. Egli l'uomo, o dallo spirito diabolico. Un tal dono era
però non ha intezione di darne la lista completa, sneciaìmente destinato a conoscere se i profeti,
poiché nell'Epistola ai Romani, XII, 6, ne ricorda cTie parlavano, agivano veramente sotto l'ispira-

altri che qui non sono menzionati, e similmente zione dello Spirito Santo (XIV, 29). Ogni genero
al V. 28, ne novera solo otto. E' inoltre da osser- di l'ri^ui'. .ossia i! dono non tanto di predicare,

vare che, per determinare la varia dipendenza di quanto piuttosto di pregare o lodar Dio in varie
questi doni dallo Spirito Santo, l'Apostolo usa lingue (XIV, 2. V. n. Atti II, \\). L'interpreta-
diverse preposizioni (btà, xutu, èv = per, secun- zione delle favelle, ossia il dono di interpretare
dum, in). Gli interpreti sono però ben lungi dal- quel che dicevano coloro che lodavano Dio m
l'accordarsi, sia nella classificazione dei varii doni, lingue diverse dall'usuale. Dì questi ultimi doni si
e sia nella determinazione della loro particolare parla a lungo nel cap. XIV.
natura (Ved. Cornely, h. 1.; Le Camus, L'oeuvre 11. Benché
tutti questi doni siano diversi l'uno
ies Ap., voi. I, p. 20 e ss.; voi. II, p. 147 e ss.; dall'altro,ed abbiano un fine prossimo diverso,
Kagen, Lexicon Bib.^ Charismata; Prat, La Théol. tuttavia derivano da una sola sorgente. AfflncM

11 57jcr.,' Bibbia, voi. H.


162 Corinti, XII. 12-21

^'Sicut enìm corpus unum est, et membra ^^Perocchè come il corpo è uno, ed ha
habet multa, omnia autem membra córporis molte membra, e tutte le membra del corpo
cum sint multa, unum tamen corpus sunt : essendo multe, tuttavia sono un solo corpo :

ita et Christus. "Etenimuno Spirìtu om-


in così anche Cristo. "Poiché tutti noi in un
nes nos in unum corpus baptizàti sumus, solo Spirito siamo stati battezzati per essere
sive ludaéi, sive Gentiles, sive servi, sive un solo corpo, o Giudei, o Gentili, o servi,
liberi : et omnes in uno Spiritu potati sumus. liberi e tutti siamo stati abbeverati d'un
:

^*Nam corpus non est unum membrum,


et solo Spirito. "Infatti anche il corpo non è
sed multa. "Si dixerit pes Quóniam non : un solo membro, ma molti. "Se il piede
sum manus, non sum de córpore num ideo : dirà :Non sono del corpo, perchè non sono
non est de córpore ? "Et si dixerit auris : mano forse per questo non è del corpo ?
:

Quóniam non sum óculus, non sum de cór- ^•'E se l'orecchio dirà Non sono del corpo»
:

pore num ideo non est de córpore ? "Si


: perchè non sono occhio forse per questo :

totum corpus óculus ubi auditus ? Si totum


: non è del corpo? "Se il corpo fosse tutto
auditus ubi odoràtus ?
: occhio dove l'udito? Se tutto udito dove
: :

l'odorato?
^'Nunc autem pósuit Deus membra, unum- "Ora però Dio ha collocato i membri del
quódque eórum in córpore sicut vóluit. corpo, ciascuno di essi nel modo che volle.
"Quod si essent omnia unum membrum, ubi ^'Che se fossero tutti un solo membro, dove
corpus? ^°Nunc autem multa quidem mem- il corpo? '^"Ora però le membra son molte,

bra, unum autem corpus. *^Non potest autem ma uno il corpo. ^^E non può dire l'occhio
óculus dicere mànui Opera tua non indi-
: alla mano Non ho bisogno dell'opera tua
: :

geo aut iterum caput pédibus


: Non estis : similmente il capo ai piedi Non siete ne- :

però nessuno se ne attribuisca il merito, l'Apo- degli esegeti, ritiene giustamente, che qui si parli
stolo aggiunge : che lo Spirito Santo è pienamente piuttosto dell'abbondante effusione di doni ordi-
libero nel distribuirli, e li dona all'uno o all'altro, narli e straordinarii dello Spirito Santo, che era
non in ragione dei suoi meriti, ma in riguardo del- data ai fedeli per mezzo del sacramento della
l'utilità della Chiesa. Confermazione, il quale, d'ordinario, si conferiva
subito dopo Battesimo. L'abbondanza dei doni
il
12.Per mezzo di una stupenda allegoria, tolta
dello Spirito è spesso nella Scrittura, rappre-
dal corpo -umano, l'Apostolo illustra due conclu-
sentata colla metafora dell'acqua che estingue la
sioni che derivano da quanto ha stabilito nei ver-
sete (Giov. IV, 13, 14; VII, 37; IsaL XII, 2;
sicoli precedenti. Se infatti tutti i doni provengono
Gerem. II, 13; Ezech. XLVII, 1, ecc.).
dallo Spirito Santo, e sono ordinati a vantaggio
della Chiesa, quelli che hanno i doni più umili, 14. Il corpo, ecc. E' proprio del corpo umano
non devono essere scontenti e invidiare quelli che essere composto di varie membra.
hanno i doni più eccellenti (12-20), e così pure 15-20. L'Apostolo osserva ora, che la maggiore
quelli che hanno ricevuto i doni più nobili, non o minor nobiltà di un membro, non fa che esso sia
devono disprez^are quelli che hanno doni più più o meno del corpo, anzi la varietà che si
umili (21-30). L'Apostolo comincia (12-14) a pa- osserva nelle diverse membra, è ordinata alla per-
ragonare la Chiesa al corpo umano (Ved. n. Rom. fezione e all'armonia dello stesso corpo. Anche
XII, 4). Nel corpo umano vi è unità, nonostante Menennio Agrippa usò questa allegoria per cal-
la diversità delle membra, ed uno è il principio mare la plebe tumultuante (Liv. II, 32), e dì essa
vitale, nonostante che la vita si manifesti in di- si servirono pure Seneca (De via, II, 31), Marco
verso modo, nelle diverse membra. Così anche Aurelio (II, 1; VII, 13) e Clemente Rom. (Ad.
Cristo. Invece di dire così anche la Chiesa, l'Apo- Cor. XXXVII).
stolo, per far meglio risaltare l'unità della Chiesa, La minore nobiltà del piede per rispetto alla
dice così anche Crìsto, e queste parole si devono mano, e dell'orecchio per rispetto all'occhio, non
intendere di Cristo mistico, ossia del corpo mi- impedisce che, tanto il piede quanto l'orecchio,
stico di cui Gesù è il capo (Efes, I, 22, 23; IV, facciano parte del corpo umano egualmente che
12; V, 23, 30, ecc.; Coloss. I, 18, ecc.). Anche in la mano e l'occhio. Da ciò si deduce, che coloro
questo corpo vi sono molti membri, cioè tutti i i quali hanno ricevuti minori doni, non devono
fedeli, ma vi è pure unità di vita, perchè tutti per ciò credersi esclusi dalla Chiesa. Di più, le
sono animati dallo stesso Spirito. necessità del corpo umano sono molte, e se tutte
le membra avessero la stessa funzione, come sì
13. Prova che vi è unità nel corpo mistico dei
potrebbe ad esse soddisfare? Se il corpo fosse
fedeli. Tutti siamo stati rigenerati per mezzo dello
tutto occhio, ecc. Inoltre se tutte le membra fos-
stesso battesimo, operante in virtù dello stesso
sero uguali, non si avrebbe più corpo umano. La
Spirito Santo, e tutti siamo stati incorporati a
diversità delle membra è quindi voluta da Dio,
Gesù Cristo, in modo che formiamo un solo corpo
donde segue che chi non si contenta dei doni rice-
mistico, vivificato dallo stesso Spirito. Tutte le
vuti, va contro la volontà di Dio.
differenze di religiohe e di razza (o Giudei o
Gentili), e di condizione sociale (servi o liberi) 21. L'Apo&tolo sì rivolge ora (21-30) a quei che
sono scomparse (Gal. Ili, 28); noi siamo tutti hanno ricevuti doni più eccellenti, e inculca loro
membri di Gesù Cristo. Tutti siamo stati abbe- di non disprezzare quelli che hanno ricevuto doni
verati, ecc. Alcuni interpretano queste parole per più umili. Non può dire l'occhio, ecc. Le membra
il Sacramento dell'Eucaristia, ma la maggior parte anche più nobili non bastano a se stes«^ ma
I Corinti, XII, 22-28 163

mihi necessàrii. ^^Sed multo magis quae vi- cessari per me. ^^Anzi molto più sono neces-
déntur membra córporis infìrmióra esse, ne- sarie quelle membra del corpo, le quali
cessarióra sunt ^^Et quae putàmus ignobi-
: sembrano più deboli "e a quelle membra,
:

lióra membra esse córporis, his honorem le quali crediamo le più ignobili del corpo,
abundantiórem circùmdamus et quae inho- : a queste mettiamo attorno maggior ornato :
nésta sunt nostra, abundantiórem honestà- e a quello che è in noi di inonesto, si ha
tem habent. ^^Honésta autem nostra nuUius maggiore riguardo. ^*E le parti nostre oneste
egent sed Deus temperàvit corpus, ei cui
: non hanno bisogno di nulla ma Dio con-
:

déerat, abundantiórem tribuéndo honorem, temperò il corpo col dare maggior onore a
^•^ut non sit schisma in córpore, sed idipsum quelle che ne mancavano, ^"affinchè non vi
prò invicem solicita sint membra. "Et si sia scisma nel corpo, ma le membra abbiano
quid pàtitur unum membrum, compatiùntur la stessa cura le une per le altre. ^"E se un
omnia membra sive gloriàtur unum mem- :
membro patisce, patiscono insieme tutte le
brum, congàudent omnia membra. membra e se un membro gode, godono
:

insieme tutte le membra.


^^Vos autem estis corpus Christi, et mem- ^^Or voi siete corpo di Cristo, e membri
bra de membro. ^*Et quosdam quidem pósuit (uniti) a membro. ^*E alcuni ha Dio costi-
Deus in Ecclèsia primum Apóstolos, secùndo tuiti nella Chiesa in primo luogo Apostoli,

Prophétas, tértio Doctóres, deinde virtùtes, in secondo luogo profeti, terzo Dottori, di
exinde gràtias curatiónum, opitulatiónes, gu- poi potestà, poscia doni delle guarigioni, sov-

29 Eph. IV, 11,

hanno bisogno dell'aiuto delle membra più umili. = membri ciascuno per sua parte, ossia ciascuno
e
L'Apostolo parla della relazione che le diverse in ragione del dono che ha e della funzione che
membra hanno tra loro. esercita. Tutti assieme i fedeli formano il corpo,

22. Le membra più deboli, come il cuore, il


ciascuno in particolare è un membro di questo
cervello, stomaco, ecc., sono più necessarie corpo.
lo
alla vitache non altre membra, come il piede, la 28. Tra i varii membri vi è quindi unità, ma,
mano. Invece di necessariora, secondo il greco, come ora fa vedere l'Apostolo, vi è pure grande
vi andrebbe necessaria, come infatti si trova presso diversità. Nella numerazione che segue, l'Apostolo
gli antichi Padri latini. non parla delle fuzioni ordinarie e dei ministeri
23. Similmente, le parti del nostro corpo, riguar- della gerarchia, come dell'episcopato, del presbi-
date come ignobili e meno oneste, sono da noi terato, ecc., che dovevano esservi a Corinto come
trattate con maggior cura, e perciò vengono co- nella Galazia (Atti XIV, 23), nell'Asia Minore
perte e vestite, L'Apostolo inculca così a
ecc. (Atti, XX, 17), nella Macedonia (Filipp. I, 1 ; I Tes.
quelli dotati di maggiori carismi di aver cura dei sai. V, 12) e a Creta (Tit. I, 5 e ss.) ma tratta
più piccoli. dei ministeri straordinarii, dovuti alle grazie, gratis
24. Le parti nostre oneste, come la faccia, le date. In primo luogo... secondo... terzo. L'apo-
mani, non hanno bisogno di alcun onore
ecc., stolo aveva forse intenzione di ordinare i varii doni
Non
si deve credere cosa arbitraria, il
secondo la loro dignità, ma poi ne smise il pen-
esterno.
siero, e, dopo il terzo, non aggiunse più nulla.
render che facciamo maggior onore alle parti più
ignobili, e meno alle parti più oneste, poiché è E' ancora da osservare che, mentre la Volgata
Dio stesso che, nella sua sapienza, contemperò il numera qui nove doni, come ai vv. 8-10, invece
corpo umano in guisa, che si desse maggior onore il testo greco e i più antichi codici latini ne
esterno a quelle membra, che più ne mancavano. contano solo otto, e tralasciano l'interpretazione
delle favelle.
25. Dio ha stabilito così le cose, affinchè, tra ie
Apostoli, sono non solo i dodici, ma anche altri
varie^ parti non solo non nasca discordia alcuna,
uomini, chiamati e mandati, in modo speciale,
ma tutte si aiutino scambievolmente l'una col-
dallo Spirito Santo a predicare il Vangelo. Tali
l'altra, e concorrano così alla conservazione e
furono per es., S. Paolo, S. Barnaba, ecc.
all'armonia del tutto.
Di questi Apostoli, o missionari ambulanti, parla
26. Dio è riuscito nel suo intento, e infatti tra anche la Didache, XI, 3. Ved. Dict. Vig., Apotre.
le varie membra vi è una mutua simpatia e una Profeti, Ved. n. 10. Anche Atti, XIII, 1, i profeti
stretta solidarietà, per cui l'uno patisce coU'altro, sono ricordati prima dei dottori (V. n. ivi), e nel-
e l'uno gode coH'altro. l'Ep. agli Efes. IV, 11, viene pure loro assegnato
27. L'Apostolo applica alla Chiesa quanto na il primo posto dopo gli Apostoli.

detto del corpo umano, affermando che anche in Dottori (gr. biòaoxàXouq) Ved. n. 8 e Atti, XIII,
essa, vi è unità di principio vivificante, e diver- 1. I profeti, come tali, parlavano sempre sotto
sità di membri. Voi siete corpo di Cristo, perchè l'ispirazione dello Spirito Santo, i Dottori invece,
siete membri della Chiesa, che è il suo corpo benché anch'essi in modo speciale illuminati e as-
mistico. E membri uniti a membri, e vicendevol- dallo Spirito divino, facevano però valere la
sistiti
mente dipendenti l'uno dall'altro. La lezione della loro scienza naturale nell'esposizione delle verità.
Volgata suppone un testo greco iiÉ\r\ ex néXoxx;, Le potestà di operar prodigi strepitosi. V. n. 10.
e dà un senso analogo a Rom. XII, 5 (Ved. n, ivi). Guarigioni. V. n. 9.
I migliori codici greci però, hanno ìxéM ex jiépo\5q Sovvenimenti e governi. Questi due doni non
164 I Corinti, XII, 29-31 — XIII, 1-2

bernatiónes, genera linguàrum, interpreta- venimenti, governi, lingue di ogni genere e


tiónes sermónum. ^^Numquid omnes Apó- interpretazioni delle favelle. ^^Forse' tutti
stoli ? numquid omnes Prophétae ? numquid Apostoli? Forse tutti profeti? Forse tutti
omnes Doctóres? ^"Numquid omnes virtù- Dottori? ^"Forse tutti sono potestà? Forse
tes? numquid omnes gràtiam habent cura- tutti hanno dono delle guarigioni? Forse
il

tiónum ? numquid omnes linguis loquùntur ? tutti parlano le lingue? Forse tutti le inter-
numquid omnes interpretàntur ? ^^^Emulà- pretano? "Aspirate però ai doni migliori.
mini autem charismata meltóra. Et adhuc Anzi vi insegno una via più sublime.
excellentiórem viam vobis demónstro.

CAPO XIII.

/ doni e la carità, 1-3. Caratteri della carità, 4-7, — La carità non verrà
meno, 8-13.

^Si linguis hóminum loquar, et angelórum, ^Quand'iOi parlassi le lingue degli uomini
charitàtem autem non hàbeam, factus sum e degli Angeli, se non ho la carità, sono
velut aes sonans, aut cymbalum tinniejis. come un bronzo risonante, o un cembalo
^Et si habùero prophetìam, et nóverim'my» squillante. ^E quando avessi la profezia e in-

Hcordati ai vv. 8-10, si riferiscono airamministra- la carità, a differenza dei doni, non verrà mai meno
zione delle cose esterne, e il primo era dato a (8-13).
coloro, che nella Chiesa avevano cura dei poveri, Le lingue, ecc. Volendo mostrare che la carità
degli infermi, delle vedove, ecc. ; il secondo a è più eccelleate di ogni dono, comincia a parago-
coloro, a cui era affidato il governo delle Chiese narla col dono delle lingue, che era il più stimato
o di altre opere da esse dipendenti (Ci. Rom. XII, dai Corinti. Degli angeli. Espressione iperbolica,
8). Lingue ecc. Al dono delle lingue, che i Corinti
t per indicare il dono delle lingue posseduto nel
piiì stimavano e ambivano, l'Apostolo dà l'ultimo supremo grado. La carità. Qui si parla della virtiì
luogO': V. n. 10 e Cap. XIV. Tutti questi doni, o soprannaturale della carità, poiché ad essa sola
almeno parecchi di essi, si trovavano talvolta uniti convengono i caratteri di cui si tratta nei vv. 4-7, e,
nella stessa persona, più spesso però, chi posse- in generale, tutto quello che dice l'Apostolo in
deva l'uno era privo dell'altro. questo capo. Benché nei vv. 4-7 si parli princi-
palmente della carità verso il prossimo, è chiaro
29-30. Con queste diverse interrogazioni, l'Apo-
però che nei vv. 1-3 si parla della carità verso
stolo richiama alla mente quanto ha detto ai ver-
Dio. Il vero amore del prossimo non può darsi
setti 17-19, sulla diversità delle membra del corpo
senza l'amore di Dio, poiché una sola è la virtù,
umano, per mostrare che i varii doni sono nella
Chiesa variamente distribuiti.

31. Questo v. apparterrebbe piuttosto al capo


seguente, a cui serve di transizione. Parecchi Co-
rinti avevano, a quanto sembra, dimenticato l'im-
portanza della carità nella vita cristiana, e ad essa Fig. i6.
preferivano i varii doni esterni, e, fra questi, ambi-
Genio che suona
vano di preferenza quelli che erano più appari-
il cembalo.
scenti, e non già quelli che erano più utili. L'Apo-
stolo comincia ad esortarli a desiderare i doni
migliori (tà xpeirtova, D E F, ecc., i Padri e pa-
recchie versioni), cioè i doni più utili per loro e
per la Chiesa. I codici B X AC
tà i^eììJoYa = i
doni maggiori. La lezione della Volgata è da prefe-
rirsi. Poi soggiunge subito, che vuole insegnar che ci fa amare Dio per sé stesso e il prossimo
loro una via per arrivare alla perfezione, ma una per Dio. Sono come un bronzo sonante, ecc., ossia
via molto più sublime ed eccellente di tutti i doni potrò essere utile agli altri, ma non gioverò nulla
gratis dati. Questa via' è quella della carità, di a me stesso; come la campana che chiama gli
cui si parla in modo così sublime nel cap. seg. altri alla Chiesa, ma essa se ne sta fuori. I doni
possono essere concessi anche ai peccatori, e per-
ciò, se sono disgiunti dalla carità, a nulla giovano
per la vita eterna.
CAPO XIII. 2. Paragona la carità con altri quattro doni :

la profezìa (Ved. n. XII, IO), la sapienza = l'in-


1. L'Aposfolo mostra dapprima che i doni a tendimento di tutti i misteri (Ved. n. X, 8), la
nulla giovano per chi li possiede, se non sono uniti scienza (Ved. n. X, 8), la fede che opera miracoli
colla carità (1-3); poscia descrive i principali ca- (Ved. n. X, 9). Sono un niente davanti a Dio, il
ratteri della carità (4-7), e prova infine che solo cui giudizio non erra. Come è chiaro, qui non si
I Corinti, XIII, 3-9 165

stéria omnia, et omnem sciéntiam et si : tendessi tutti i misteri e ogni scienza, e


habuero omnem fìdem ita ut montes trànsfe- quando avessi tutta la lede sicché traspor-
ram, charitàtem autem non habùero, nihii tassi le montagne, se non ho la carità, sono
sum. ^Et si distribùero in cibos pàuperum un niente. ^ E quando distribuissi in nutn-
omnes facultàtes meas, et si tradìdero corpus mento dei poveri tutte le mie facoltà, e
meum ita ut àrdeam, charitàtem autem non quando sacrificassi il mio corpo ad esser
habùero, nihil mihi prodest. bruciato, se non ho la carità, nulla mi giova.

*Chàritas pàtiens est, benigna est Chà- : *La carità è paziente, è benefica : la carità
ritas non aemulàtur, non agìt pérperam, non non è astiosa, non è insolente, non si gonfia,
inflàtur, ''non est ambitìósa, non quaerit °non è ambiziosa, non cerca il proprio inte-
quae sua sunt, non irritàtur, non cógitat ma- resse, non si muove ad ira, non pensa male,
lum, ^non gaudet super iniquitàte, congàu- •^non gode dell'ingiustìzia, ma si rallegra del
det autem veritàti ^Omnia ; suffert, omnia godimento della verità 'a tutto s'accomoda,
:

credit, omnia sperat, omnia sùstinet. tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.

'Chàritas numquam éxcidit sive prophe- : %a carità non viene mai meno : ma le
tiae evacuabùntur, sive linguae cessàbunt, profezie passeranno, e cesseranno le lingue,
sive sciéntia destruétur. ®Ex parte enim co- e la scienza sarà abolita. ^Poiché imperfetta-
gnóscimus, et ex parte prophetàmus. ^°Cùm mente conosciamo e imperfettamente profe-

parla della sapienza e della scienza che sono doni 6. Non gode, ossia non prende piacere dell'in-
dello Spirito Santo, ma della sapienza e della giustizia (presa in generale), cioè del peccato com-
scienza che sono grazie gratis date. messo dagli altri. Seguono ora cinque altri caratteri
positivi. Si rallegra colla verità, per i trionfi che
3. La è paragonata ai doni, che hanno
carità
essa riporta sulle menti degli uomini. La carità
per oggetto opere di misericordia verso il pros-
le
desidera che dappertutto si stabilisca il regno
simo (Cf. XII, 28 e Rom. XII, 8). Per mezzo di
della verità. Alcuni per la verità intendono la san-
queste grazie gratis date, Dio può muovere
tità. La carità si rallegra se vede gli altri a fare
l'uomo a compiere opere in se stesse eccellentis-
bene.
sime, come sarebbero il distribuire ai poveri tutte
le proprie sostanze, il gettarsi nel fuoco per sal- 7. A tatto si accomoda,
meglio, secondo il
vare il prossimo, ecc., ma queste opere, se siano greco (oréyei), copre tatto,
ossia non palesa !
scompagnate dalla carità, a nulla giovano per difetti e i mancamenti degli altri, ma li dissimula,

l'eterna salute. Alcuni hanno interpretate le pa- li scusa. Crede tutto, ossia non è diffidente, né
role quando sacrificassi, ecc., per il martirio,
:
sospettosa, ma è sempre inclinata alla parte mi-
in questo caso resta assai difficile spiegare, come gliore. Ciò però non esclude, che la carità sia
si possa morbe per Gesù Cristo, e non avere la anche prudente. Tutto spera. Non dispera mai della
carità- conversione e del miglioramento del prossimo,
ancorché lo veda far male. Sant'Agostino e San
4. La ecc. Descrizione amrairabiie della
carità,
carità, poteva attendersi da un cuore così
quale
Tommaso, spiegano questi caratteri della carità nel
senso, che la carità rende pronti a credere tutto ciò
ardente come quello'dell'ApostoIo! I doni senza la
che Dio ìha rivelato, a sperare tutto ciò che ha
carità a nulla giovano per l'eterna salute la carità :

promesso, e ad aspettare con pazienza il compi-


invece, anche senza i doni, conduce a salvamento.
mento delle promesse. Tutto sopporta. Sopporta
A prova di ciò, l'Apostolo enumera quindici carat-
con fortezza e con pazienza tutti i mali della ^^ita
teri della carità, facendo vedere, come per mezzo
présente, sapendo che presto avranno fine, e ser-
di essa si esercitano tutte le virtù. E' paziente,
viranno ad accrescere la gloria futura.
cioè longanime nel sopportare il male, senza la-
sciarsi trascinare all'ira. E benefica {Xp^axEv^xal 8. La superiorità della carità si dimostra pure
= è utile agli altri) perchè è pronta a far parte agli dal fatto che essa non viene mai meno, e dura
altri del bene che ha. anche nella vita avvenire. Gli altri doni, come
Non è astiosa. Dopo due caratteri positivi se- la profezia, le lingue, la scienza, cesseranno nella
guono etto caratteri negativi. La non è carità vita futura. Nella scienza è inchiusa la sapienza,
e
astiosa, cioè non invidia il bene altrui, non è quel che l'Apostolo dice di questi doni nominati,
insolente (oó iteitpepBvexai = non si millanta, non va esteso anche a tutti gli altri.
si pavoneggia), nelle sue parole, non si gonfia nei 9. Dà ragione per cui nella vita futura cesse-
la
suoi pensieri, ossia, né colle parole, né coi pen- ranno doni, ma resterà la carità. I doni sono
i

sieri cerca di sovrastare agli altri. imperfetti in sé stessi. Finché siamo quaggiù cono-
Non è ambiziosa. 11 greco deve tradursi non
5.
sciamo (si riferisce al dono della scienza e della
si diporta sconvenientemente. E' proprio del su- sapienza) e profetiamo (dono della profezia) im-
perbo il non tener conto delle leggi della conve- perfettamente, perché tutti questi doni (XII, 8-9)
nienza sociale. Anche la Volgata offre un ottimo suppongono la fede, e da essa dipendono, e la
senso non desidera onori, e perciò presta volen-
:
fede, paragonata alla visione intuitiva, «^ piena di
tieri al prossimo i più umili servizi. Non cerca il
oscurità.
proprio interesse, trascurando l'interesse degli altri, 10. Venuto che sia, ecc. Quando alla fede suc-
non si muove ad ira per le ingiurie ricevute, non cederà la visione, allora dovranno cessare anche 1
pensa mule, meglio, secondo il greco, non tiene doni fondati sulla fede. La fed»"» e i doni sono
sonto del male che riceve, ma perdona di cuore imperfetti, perchè non ci fanno conoscere che una
dimentica tutto. parte della verità, e questa ancora, non in sé
166 I Corinti, XIII, 10-13

autem vénerit quod perféctum est, evacuàbi- tiamo. "Venuto poi che sia quello che è
tur quod ex parte est. perfetto, sarà rimosso quello che è imper-
fetto.
^
*^Cùm essem pàrvulus, loquébar ut pàr- ^Quando io era bambino, parlava da
vulus, sapiébam ut pàrvulus, cogitàbam ut bambino, aveva gusti da bambino, pensava
pàrvulus. Quando autem factus sum vir, da bambino. Divenuto poi uomo, ho smesso
evacuavi, quae erant pàrvuli. ^^Vidémus nunc quelle cose che erano da bambino. "Vediamo
per spéculum in aenìgmate tunc autem fà-
: adesso a traverso di uno specchio, per
cJe ad fàciem. Nunc cognósco ex parte : enimma : allora poi faccia a faccia. Óra
tunc autem cognóscam sicut et cógnitus sum. conosco in parte : allora poi conoscerò in
"Nunc autem manent, fldes, spes, chàritas : quel modo stesso, end 'io pure sono cono-
trìa haec, maìor autem^horum est chàritas. sciuto. "Ora poi restano la fede, la speranza,
la carità, queste tre cose : la più grande
però di queste è la carità.

stessa, ma nell'autorità di Dio rivelante. La visione mezzo delle creature, che sono come uno specchio
invece è perfetta, per essa conosceremo Dio imme- in cui si riflettono alcuni raggi delle sue infinite
diatamente come è in sé stesso, e conoscendo Dio, perfezioni. Gli specchi antichi erano di metallo,
conosceremo tutta la verità. e quindi rappresentavano imperfettamente gli og-
getti. Per enimma. La cognizione che quaggiiì ab-
11. Con una bella similitudine, spiega la grande
differenza che vi è tra lo stato nostro presente e
biamo di Dio, oltre all'essere solò mediata, è

il futuro. era bambino, parlava da bam-


Quando ancora piena di oscurità, perchè la nostra mente
bino, cioè più che parlare balbettava, aveva gusti,
non può penetrare nell'intima natura o essenza dei
misteri che Dio ci ha rivelati. Allora, cioè nella
ossia apprezzava il valore delle cose come i bam-
vita beata, conosceremo Dio immediatamente, nella
bini, pensava senza rendermi conto di ciò che
pensava, come fanno i bambini, che non hanno sua essenza, ossia faccia a faccia. Queste ultime
ancora l'uso di ragione ma divenuto perfetto, cioè parole ricordano il modo con cui è detto che Dio
;

si mostrava a Mosè (Esod. XXXIII, II; Deuter.


uomo, ho smesso quelle cose che erano da bam-
bino, ossia quanto vi era d'imperfetto.
XXXIV, 10). Ora conosco in parte, cioè imperfetta-
mente, in modo mediato e oscuro, allora conoscerò
12. Porta un'altra similitudine a provare la stessa perfettamente e immediatamente, in quel modo
verità. Adesso, cioè nella vita presente, vediamo stesso che sono conosciuto da Dio. Dio conosce
noi con tutta chiarezza e distinzione, e tale sarà
pure la cognizione che noi avremo di Lui, Si
osservi che l'Apostolo, non vuol già dire che noi
avremo una cognizione di Dio uguale a quella che
Dio ha di noi, ma bensì simile. I due verbi cono-
scerò e sono conosciuto, sono espressi nel greco
col verbo entYvcóoo^at, che significa conoscere
perfettamente.

Fig. 17.
13. Questo felice stato è riservato per la vita
futura ora poi, cioè nello stato della vita presente,
;

Specchio greco. benché non tutti abbiano e possano avere i doni


della sapienza, della scienza, ecc., restano come
necessarie per tutti, in qualunque tempo, in qua-
lunque condizione si trovino, le tre virtù teologali,
la fede, la speranza e la carità,
il che sono
fonda-
mento della vita perciò sono di
cristiana, e che
gran lunga superiori ai semplici doni. Ma fra
queste tre virtù, la più eccellente è la carità, perchè
mentre alla fede succederà
la visione (II Cor. V,

7), possesso (Rom. VIII, 24), la


e alla speranza il

carità non verrà meno anche nell'altra vita; anri

a traverso di uno specchio, ossia non conosciamo ivi maggiormente spiegherà la sua forza e la sua

Dio imoiediatamente la se stesso, ma solo per bellezza.


I Corinti, XIV, 1-4 167

CAPO XIV.

La profezìa è supeHore al dono delle lingìie, 1-5. — // dono delle Unghie è inutile
.

per i fedeli, se ?ton è congiunto col dono dell'interpretazione, 6-20. — Anche per
gli infedeli è più, utile laprofezia, 21-25. — Norme sull'uso dei carismi, 26-36,
^Sectaminì charitàtem, aemulàminì spiri- ^Seguite la carità, ambite i doni spirituali :
tala magis autem ut prophetétis. ^Qui
: e massimamente il profetare. ^Chi infatti
enim lóquitur lingua, non hominibus lóqui- parla una lingua, non parla agli uomini, ma
tur, sed Deo nemo enim audit. Spiritu au-
: a Dio poiché nessuno l'ascolta. Ma parla
:

tem lóquitur mystéria. ^Nam qui prophétat, misteri per Ispirito 'ma colui che profeta,
:

hominibus lóquitur ad aedificatiónem, et parla agli uomini per edificazione ed esorta-


exhortatiónem, et consolatiónem. "Qui lóqui- zione e consolazione. *Chi parla le lingue.

Scrittura insista tanto nell'affermare, che parlavano


varie lingue, in nuove lingue, ecc. Si deve quindi
CAPO XIV. ritenere che il dono delle lingue consiste in questo,
che al fedele veniva data la potestà di parlare una
1. Avendo dimostrato, che la carità è una virtù o più lingue, fino allora per lui sconosciute, ma
così necessaria e così eccellente, l'Apostolo con- ben note a coloro di cui tali lingue erano proprie.
chiude esortando i Corinti a mettere tutto il loro Se pertanto tali lingue vengono dette nuove, ciò
impegno nell'assicurarsi il possesso della carità. si deve intendere In relazione a coloro che, per il
Dato che abbiano tale virtiì, non proibisce loro dono ricevuto, le parlavano. Colui che aveva il
di desiderare i ma vuole che desi-
doni spirituali, dono delle lingue, se non aveva anche il dono
derino non già quelli che sono piii appariscenti, dell'interpretazione, non capiva egli stesso il signi-
ma quelliche sono più utili. Ora, siccome i Corinti ficato delle parole che diceva (v. 10, 11, 14-16),
stimavano e desideravano sopratutto il dono delle e da ciò si deduce, che il dono delle lingue non
lingue, l'Apostolo fa vedere che il dono della pro- era, per se stesso, ordinato alla predicazione del
fezia è di gran lunga superiore, perchè la profezia Vangelo, ma alla lode di Dio (Ved. n. Atti II,
è utile ai fedeli (1-5), mentre la glossolalia è per 4 e 11).
se stessa inutile, se non vi è chi interpreti le varie Non parla agli uomini, ecc. Il glossolalo, pre-
lingue (6-20), e perchè anche per gli infedeli è gando o rendendo grazie a Dio, in una lingua sco-
più utile la profezia che il dono delle lingue nosciuta per lui e per quei che l'ascoltano, parla
(31-25). Dà in seguito alcune norme pratiche sul- certamente a Dio, il quale capisce ciò che egli
l'uso dei carismi (26-36). dice, ma non parla agli uomini presenti, perchè
Massimamente il profetare. Come già fu osser- nessuno lo capisce (lo ascolta). Le sue parole
vato, XII, 10 e Atti XIII, 1, il dono della profezia sono quindi misteri, ossia oscure, per lui e per
non consisteva solo nel predire il futuro e mani- quei che l'ascoltano, e hanno bisogno di inter-
festare cose occulte, ma principalmente nel par- pretazione. Per ispirito. Alcuni riferiscono queste
lare sotto l'ispirazione dello Spirito Santo, per parole allo Spirito Santo, come se l'Apostolo vo-
esortare, confortare, edificare i fedeli. lesse dire, che il glossolalo parlava sotto l'influsso
dello Spirito Santo. Siccome però nel greco la
2. Chi parla una lingua, ecc. Nel Nuovo Testa-
voce spirito, non è preceduta da alcun articolo o
mento si parla spesso del dono delle lingue. Marco
da alcuna preposizione è da preferirsi la spiega-
XVI. 17 parlare lingue nuove; Atti II, 4 parlare
zione, che riferisce la parola spirito all'anima del
altre lingue; I Cor. XII, 30; XIII, 1; XIV, 5 par-
lare le lingue, ecc. (Cf. 1 Cor. XII, 10, 28, 30;
glossolalo, come al v. 14.

XIV, 2, 4, ecc.).Alcuni razionalisti fecero consi- 3. Ma che profeta, parlando una lingua
colui
stere il dono delle lingue in certi suoni inarticolati conosciuta da lui e da quelli che lo ascoltano, reca
o gridi, proferiti in uno stato di entusiasmo e inin- un vero vantaggio agli uomini, perchè parla loro
telligibili a tutti ; altri pensarono a una lingua direttamente, e li edifica, li esorta e li consola.
arcaica, piena di poesia e di metafore, ecc. Ma Queste tre parole riassumono tutto il fine a cui
tutte queste spiegazioni non si accordano col testo era destinata la profezia. Il profeta edificava tutti,
sacro, il quale parla di nuove lingue, Marco XVI, eccitandoli al bene (V!II, 1), esortava al fervore i
17; di varie lingue. Atti, II, 4; né colle osserva- tiepidi e gli indolenti, confortava i pusillanimi, che
zioni che facevano coloro che, alla Pentecoste, si lasciano spaventare dalle difficoltà della virtù.

udirono le parole degli Apostoli, Atti II, 8. Per 4. Colui che parla le lingue, benché non com-
questo stesso motivo è da rigettarsi la sentenza di prenda quello che dice, tuttavia edifica se stesso,
Bisping, il quale ritiene, che i fedeli, per mezzo perchè sa di pregar Dio, di lodarlo e di essere a
del dono delle lingue, ricevessero dallo Spirito Lui unito, il che vale ad accrescere la sua fede
Santo di poter parlare la lingua primitiva del ge- e il suo amore. iMa egli non edifica gli altri, che
nere umano, quella, cioè, che si parlava prima non comprendono le sue parole. Il profeta invece,
della confusione delle lingue. Se avessero par- edifica non solo se stesso, ma anche gli altri, e
lalo una sola lìngua, non si capirebbe perchè la quindi la profezia è superiore al dono delle lingue.
168 I Corinti, XIV, 5-11

tur lingua, semetipsum aedìfìcat qui autem : edifica se stesso : ma colui che profeta, edi-
prophétat, Ecclésiam Dei aedìfìcat. *Volo au- fica la Chiesa
Dio. '^Vorrei che tutti voi
di
tem omnes vos loqui linguis magis autem : parlaste le lingue ma anche più che profe-;

prophetàre. Nam maior est qui prophétat, taste. Poiché è da più chi profeta che chi
quam qui lóquitur linguis nisi forte inter- : parla le lingue a meno che non le inter-
:

pretétur ut Ecclèsia aedificatiónem accìpiat. preti, affinchè la Chiesa ne riceva edifica-


"Nunc autem, fratres, si venero ad vos lin- zione. *Ora poi, fratelli, se verrò a voi par-
guis loquens quid vobis pródero, nisi vobis
; lando le lingue, che bene vi farò, eccettochè
loquar aut in revelatióne, aut in sciéntìa, io vi parli con la rivelazione, o con la
aut in prophetia, aut in doctrina? scienza, o con la profezia, o con la dottrina ?
^Tamen quae sine ànima sunt vocem dàn- ^Similmente le cose inanimate che danno
tia, sive tibia, sive cìthara nisi distinctió- : suono, come la tromba o la cetra, se non
nem sonìtuum déderint, quómodo sciétur id, danno distinzione di suoni, come si saprà
quod cànitur aut quod citharizàtur ? ^Etenira quel che si canta sulla tromba o sulla cetra ?
si ìncértam vocem det tuba, quis paràbit se ^Se infatti la tromba darà un suono incerto,
ad bellum? chi si metterà in ordine per la battaglia?
°Ita et vos per lìnguam nisi maniféstum ^Cosi voi pure parlando una lingua se non
sermónem dedéritis : quómodo sciétur id, farete un discorso bene intelligibile, come si
quod dìcitur? éritis enim in aera loquéntes. intenderà quello che vjen detto? Invero par-
'"Tam multa, ut puta genera linguàrum sunt lerete all'aria. ^"Vi sono per esempio tante
in hoc mundo et nihil sine voce est. "Si
: sorte di lingue nel mondo e tutte hanno le :

ergo nesciero virtutem vocis, ero ei, cui lo- loro voci. "Se io pertanto non saprò il va-
quor, bàrbarus et qui lóquitur, mihi bàr-
: lore delle voci, sarò barbaro per colui a cui
parlo e colui che parla sarà barbaro per
:

me.

5. Vorrei, ecc. L'Apostolo non disprezza il dono Non si può infatti percepire una melodia, e
delle lìngue, che in se stesso è ottima cosa, anzi sapere se è destinata ad eccitare sentimenti di
vorrebbe che fosse concesso a tutti i Corinti, ma gioia o di tristezza, se gli strumenti musicali danno
siccome la profezia è un bene maggiore, preferi- suoni confusi, non aventi un determinato tono, e
rebbe che tutti avessero il dono della profezia. Il
fine dei doni è la comune edificazione, e quindi
il profeta, che edifica se stesso e gli altri, è supe-

riore al glossolalo, che edifica solo se stesso. Se


però il glossolalo riceva anche il dono di interpre-
tare in lingua comune, quello che egli ha detto
in altre lingue, allora edificherà anche gli altri, e Fig. i8.

potrà essere uguale al profeta. Lezione


Mostra che il dono delle lingue è inutile, se
6. di flauto.
non accompagnato dal dono dell'interpretazione,
è (Vaso dipinto).
e portaperciò in esempio se stesso. I Corinti
conoscevano per esperienza quanto frutto avesse
tra loro riportato la predicazione di S. Paolo. Ora,
dice l'Apostolo, se io nella mia prossima venuta
a Corinto, usassi solo il dono delle lingue, e vi
predicassi non in greco, ma in una lingua a voi
sconosciuta, che vantaggio ritrarreste voi? Affin- non distinti dai debiti intervalli. Nel greco invece
chè dunque io possa farvi del bene, devo parlarvi ditromba si ha flauto.
come profeta, o come
cioè colla rivela-
dottore,
8. Ai soldatisegno della battaglia, del
si dà il
zione, che è la materia della
profezia, o colla
riposo, ecc., per tromba ma se questa
mezzo della ;
scienza, che è la materia della dottrina, ossia del
non manda suoni chiari e distinti, i soldati non
dottore (V. n. XII, 28). Con la rivelazione, ecc. I
potranno sapere a che cosa siano chiamati.
moderni sono tutti d'accordo nel ritenere, che le
quattro parole seguenti non significhino già quattro 9.L'Apostolo fa l'applicazione di quanto ha
doni, ma solo due, cioè quello della profezia e detto. Parlando una lingua, ossia parlando per il
quello della dottrina. dono delle lingue, se non farete un discorso bene
intelligibile, cioè se le vostre parole non sono ca-
7. Con due altre similitudini tratte, l'una dalla
pite da coloro che le intendono, voi parlerete
musica (7-9) e l'altra dall'uso ordinario delle linr
all'aria ossia parlerete inutilmente.
gue (10-12), continua a mostrare l'inutilità del
dono delle lingue in se stesso. Il tamen della Vol- 10. Altro esempio. Nel mondo vi è una quantità
gata dovrebbe, seconda il greco, essere spostato di lingue parlate, e tutte hanno le loro voci, ossia
nel modo seguente Le cose inanimate, come la
:
tutte per sé sono intelligibili, e hanno una deter-
tromba o la cetra, benché diano un suono (quando minata significazione. Il greco letteralmente suona
vi sia chi suoni), tuttavia se non danno distinzione così e niuna (lingua) è inintelligibile.
:

di suoni, come si potrà conoscere ciò che si canta Se non saprò il valore delle voci, ossia, se
11.
sulla tromba o sulla cetra? non conosco il significato delle varie voci, o meglio
I Corinti, XIV, 12-20 169

*'Sic et vos, quóniam aemulatóres estis "Così voi pure, dacché siete amanti del
spirituum, ad aedificatiónem Ecclésiae quaé- doni dello Spirito, cercate di abbondarne per
rite ut abundétis. "Et ideo qui lóquitur lin- edificazione della Chiesa. "E perciò chi
gua oret ut interpretétur. ^*Nam si orem
: parla una lingua, domandi la grazia d'inter-
lingua, spiritus meus orat, mens autem mea pretarla. ^''Giacché se io fo orazione in una
sine fructu est. ^^Quid ergo est? Oràbo spi- lingua, il mio spirito prega, ma la mia mente
ritu, oràbo et mente psallam spiritu, psal-
: rimane priva di frutto. ^^ Che farò adun-
lam mente. ^^Céterum si benedixeris spi-
et que? Pregherò collo spirito, pregherò colla
ritu qui supplet locum idiótae, quómodo
: mente salmeggerò
: collo spirito, salmeg'
dicet, Amen, super tuam benedictiónem ? gerò colla mente. ^^Se tu invero renderai
quóniam quid dicas, nescit. ^^Nam tu qui- grazie con lo spirito, quegli che sta al poste
dem bene gràtias agis sed alter non aedi-
: dell'idiota come risponderà amen al tuo ren-,
fìcàtur. ^'Gràtias ago Deo meo, quod om- dìmento di grazie? mentre non intende quel
nium vestrum lÌQgua loquor. "Sed in Ecclè- che tu dici. ^^Poichè tu per certo fai il ren-
sia volo quinqua- ba sensu meo loqui, ut dimento di grazie ma l'altro non ne è edi-
:

et àlìos instruamV quam decem millia ver- ficato. ^^Rendo grazie al mio Dio, che io
bórum in lingua. parlo le lingue che parlate tutti voi. "Ma
nella Chiesa bramo di dire piuttosto cinque
parole, sicché io sia inteso per istruire anche
gli altri : che dieci mila parole in altra
lingua.

^''Fratres, nolite pùeri éfflci sénsibus, sed ^"Fratelli, non siate fanciulli nell'intelli-
malìtia pàrvuli estóte sénsibus autem per-
: genza, siate bensì pargoletti nella malizia

se non conosco la lingua, io sarò barbaro per colai 16. Porta un nuovo argomento per mostrare la
a cui parlo, perchè egli non capirà quel che io inutilità,per la comune edificazione, del dono delle
dico. Il greco deve tradursi io sarò barbaro per
: lingue, preso da solo. Se tu nelle assemblee reli-
colui che parla una tal lingua. Colui che parla giose, sotto l'influenza dello Spirito Santo, ren-
una tal lingua sarà barbaro per me, perchè Io non derai grazie collo spirito, ossia loderai Dio in
lo intendo. Gli antichi, chiamavano barbaro colui lingue sconosciute, quegli che sta al posto dell'i-
che non capiva la loro lingua, oppure che parlava diota, cioè il semplice privato, che non esercita
una lingua che essi non capivano a Barbarus hic alcun uffìzio pubblico, ossia il semplice assistente,
ego sum, quia non intelligor uUi » dice Ovidio, in opposizione al glossolalo, che viene considerato
Trist., V, 10. come se presiedesse l'adunanza, come potrà ri-
12. Così voi pure, per evitare di essere come spondere amen, cioè così sia, al tuo rendimento di
grazie, mentre ha capito nulla di quel che hai
barbari gli uni verso degli altri, dacché siete amanti
dei doni dello Spirito, cercate di preferenza di
detto? Come si deduce da queste parole dell'Apo-
stolo, i cristiani solevano rispondere collMmen alle
abbondare, ossia di essere ricchi di quei doni,
che servono maggiormente all'edificazione della preghiere fatte in pubblico, da chi presiedeva alle
Cniesa. adunanze (Ved. S. lustin., Apol., I, 65). Quest'uso
ereditato dalla Sinagoga (Deut. XXVII, 15 e ss. ;
13. Perciò, ecc. Poiché dunque il dono delle
I Parai. XVI, 36; Neem. Vili, 6; Salm. CV, 48)
lingue da solo non serve all'edificazione, chi parla
si conserva tutt'ora nella Chiesa.
una lingua, cioè chi possiede questo dono, do-
mandi, per mezzo della preghiera, la grazia di 17. Tu rendi bene le grazie, perchè il dono delle

interpretarla, ossia il dono dell'interpretazione (Cf. lingue in sé è buono, ma V altro, cioè il fratello che
ti ascolta, non ne è edificato, perchè non ti capisce.
versetti 2-5).
18. Parlo le lingue che parlate tutti voi. La
14. Il dono delle lingue, se congiunto a quello
dell'interpretazione, sarà più utile anche a chi lo Volgata non rende esattamente il testo greco, il
possiede. Infatti, se io fo orazione in una lingua quale deve essere tradotto : Ringrazio Dio che
miracolosa, che non comprendo, il mio spirito parlo le lingue più di tutti voi. L'Apostolo non
(gr. itYzvixa), cioè,probabilmente, il mio cuore, la disprezza quindi il dono delle lingue, anzi rin-
parte affettiva del mio essere, prega, perchè sotto grazia Dio di averlo in maggior abbondanza che
tutti i Corinti, ma ciò non ostante fa subito una
l'azione dello Spirito Santo sta unita a Dio, ma
restrizione.
la mia mente (gr. vovi;), cioè la parte intellettiva
del mio essere, rimane priva del suo frutto, cioè 19. Nella Chiesa, cioè nell'adunanza dei fedeli,
non può concepire pensieri analoghi a quel che bramo di piuttosto cinque parole, cioè un
dire
dicono le parole, perchè essa non intende quel piccolo di parole, sensu meo, gr. t$ voi
numero
che si dice. Tale sembra essere l'interpretazione fiov = colla mia mente, cioè intendendo ciò che
più probabile di questo versetto. Ved. Cornely, h. 1. dico, e adattandolo alle condizioni di coloro che

15. Che farò, ecc. Qual conclusione si dovrà de- mi ascoltano, affine di istruire anche gli altri, che
diecimila parole in una lingua, che serva a edificare
durre? Non già che sia da disprezzarsi il dono
delle lingue, ma che si deve desiderare di avere me stesso, ma non edifichi gli altri, perchè loro
inintelligibile.
anche il dono dell'interpretazione, aflSne di pregare
non solo collo spirito, ma anche colla mente, e 20. Nei vv. 20-25, l'Apostolo passa a provare
salmeggiare ossia prorompere in cantici di lode a che, anche per gli infedeli, è più utile il dono
Dio non solo collo spirito, ma anche colla mente. della profezia che aon quello delle lingue. Comincia
170 I Corinti, XIV, 21-25

fécti estete. '*In lege scriptum est : Quó- e perfetti neirintendimento. "Nella legge sta
niam in àliis linguis et làbìis àliis loquar pó- scritto Per altri linguaggi e per altre lab-
:

pulo huic : et nec sic exàudient me, dicit bra parlerò a questo popolo e nemmeno :

Dóminus. ^'Itaque lìnguae in sìgnum sunt così mi daranno retta, dice il Signore. ^^Le
non fìdélibus, sed infidélibus prophetiae : lingue adunque sono in segno non ai fedeli,
autem non infidélibus, sed fìdélibus. ma agli infedeli la profezia poi non agli
:

infedeli, ma ai fedeli.
^^Si ergo convéniat univèrsa Ecclèsia in "Se adunque si raduni insieme tutta la
unum, et omneslinguis loquàntur, intrent Chiesa, e tutti parlino le lingue, ed entrino
autem idiótae, aut infidéles nonne dlcent
: dentro persone idiote o infedeli non di- :

quod insànitis? ''^Si autem omnes prophé- ranno esse che siete impazziti ? ^"Ma se tutti
tent, ìntret autem quis infidélis, vel idiòta, profetano, ed entra un infedele o un idiota,
convincitur ab omnibus, diiudicàtur ab om- è convinto da tutti, è sentenziato da tutti :
nibus ^'Occulta cordis eius manifèsta flunt
: : ^^e per tal modo si manifesta quel che egli
et ita cadens in fàciem adoràbit Deum, pro- ha occultamente nel cuore e così gettatosi:

nuncians quod vere Deus in vobis sit. boccone adorerà Dio, dichiarando che Dio
è veramente in voi.

21 is. XXVIII, 11.

appellandosi al buon senso dei Corinti Non siate : indurli a conversione. Come infatti ai Giudei in-
fanciulli nell'intelligenza (greco taì<; (ppecn'v). Il creduli del tempo d'Isaia, Dio fece dare i suoi
greco <ppnv in origine significa diaframma, ma in ordini per mezzo degli Assiri parlanti un'altra
senso traslato significa cuore, spirito, mente, in- lingua, senza però indurli a convertirsi, così al
telligenza, e qui ha precisamente quest'ultimo Giudei increduli del tempo di Gesù Cristo, fece
senso. Non siate adunque come i fanciulli, i quali parlare in varie lingue dagli Apostoli, ma essi,
non giudicano delle cose secondo il loro valore nella grande maggioranza, restarono increduli, e
reale, ma secondo le apparenze. Che se volete considerarono gli Apostoli come ubbriachi. Si os-
essere fanciulli siatelo nella malizia, secondo il servi che l'Apostolo non dice già, che il dono
precetto di Gesù Cristo (Matt. XVIII, 3), ma per delle lingue sia inutile per i fedeli (v.4), ma solo
riguardo all'intelligenza, ossia al modo di apprez- che non è direttamente destinato a convertire gli
zare le cose, siate uomini perfetti. infedeli. La profezia poi, è un segno (sott.), non

21. Nella legge, presa in largo senso, per tutto


per gli infedeli, ma per i fedeli. La profezia è un
il Vecchio Testamento (Rom. Ili, 19; Giov. X, 34), segno, con cui Dio approva e conferma e mani-
festa la fede dei fedeli e induce gli infedeli a
sta scritto (Isaia XXVIII, 11-12). La citazione non
è letterale, e si avvicina più al testo ebraico che convertirsi, quando ad essi sia indirizzata.

ai LXX. In senso letterale. Dio predice che casti- 23-25. Spiega con due esempì quanto ha detto
gherà Israele per mezzo di un popolo di lingua nel V. pr., mostrando che, anche per gli infedeli,
straniera (Assiri), e che in questa lingua farà dare è più utile la profezia che il dono delle lingue.
i suoi ordini agli Israeliti. Questi però non li Se nell'adunanza dei fedeli, tutti quelli che hanno
ascolteranno, e invece di convertirsi persevere- il dono delle lìngue parlino le varie lingue. Dal
ranno nella lor incredulità. Ora, gli Israeliti in- V. 27 si può forse dedurre che tutti costoro par-
creduli sono figura degli infedeli, i quali restano lassero assieme, e che tale sia la supposizione del-
tali, benché Dio cerchi di convertirli, facendo loro l'Apostolo. Persone idiote sono qui chiamati i
parlare varie lingue. Gli Assiri sono figura dì neofiti o i catecumeni, che non erano ancora stati
coloro che hanno ricevuto il dono delle lingue, testimoni di fenomeni così straordinarii. La parola
affine dì convertire con esso gli infedeli, sono però idiota, non ha quindi lo stesso significato qu
figura solo in questo, che furono mandati per con- come al v. 16. Siete impazziti. Gli infedeli, al sen
vertire e ridurre a miglior consiglio gli Ebrei, e tire parlare sì strane lingue, lungi dal convertirsi,
non già in questo, che furono struménto delle diranno che siete pazzi, come ì Giudei dicevano
divine vendette. che gli Apostoli erano ubbriachi.
22. Le lingue, ecc. Di questo versetto si danno 24-25. Ma se tutti, ecc. Sotto l'ispirazione dello
due spiegazioni. Alcuni, p. es,, Van Steenkiste, Spirito Santo, ì profeti, in una lingua intelligibile
Fillion, Le Camus, ecc., interpretano Il dono : a tutti, dipingono coi più vivi colori la bruttezza
delle lingue è dato principalmente per indurre, del vìzio, e le funeste conseguenze del peccato,
colla novità del miracolo, gli infedeli alla fede ; per modo che il peccatore è convinto, ossia è come
la profezia invece è principalmente destinata ad costretto a confessare la propria colpevolezza, ed
ammonire, esortare, consolare i fedeli. Contro di è sentenziato, ossia è indotto a riconoscere l.t
questa spiegazione sta però il v. 23, il quale prova vanità di tutte le scuse, con cui pretende di giù
che la glossolalia, lungi dal provocare gli infedeli stiflcarsi. Per mezzo di questi discorsi ispirati,
a convertirsi, li eccita a disprezzare ì fedeli. Perciò SI manifesta quel che egli ha occultamente nel
altri interpreti (Cornely, Crampon, Brassac, ecc.), cuore, ossia si svelano le passioni secrete, la su-
più ragionevolmente, danno questa spiegazione : perbia, l'ira, la concijpiscenza, ecc., che sono le
Il dono delle lingue è un segno, cioè un fenomeno cause dei peccati. Colpito da tali discorsi, l'infe-
straordinario e miracoloso per gli infedeli, in dele e il peccatore si sentiranno indotti a peni-
quanto fa conoscere la loro infedeltà, senza per.ò tenza (gettatosi boccone), e si sottometteranno al
I Corinti, XIV, 26-33 171

'•Quid ergo est fratres? cum convenitis, ^^Che è adunque da fare, o fratelli? Qua-
unusquisque vestrum psalmum habet, doctri- lunque volta vi radunate, ciascuno di voi ha
nam habet, apocalypsim habet, lìnguam ha- chi il cantico, chi l'insegnamento, chi la ri-
bet, interpretatiónem habet : omnia ad
aedi- velazione, chi le lingue, chi l'interpreta-
ficatiónem flant. ^^Sive lingua quis lóquitur, zione : ogni cosa si faccia per l'edificazione.
secundum duos, aut ut multum tres, et per ^^E se v'hanno di coloro che parlano le lin-
partes, et unus interpretétur. ^^Si autem non gue, (parlino) due o al più tre a vicenda,
fuérit intérpres, tàceat in Ecclèsia, sibi au- e uno interpreti. "Che se non vi sia chi
tem loquàtur, et Deo. interpreti, tacciano nella Chiesa, ma parlino
con se stessi e con Dio.
^'Prophétae autem duo, aut tres dicant, et ^®Dei profeti parlino due o tre, e gli altri
céteri diiùdicent. ^"Quod si àlii revelàtum ne portino giudizio. ^"Che se ad un altro che
fùerit sedenti, prior tàceat. ^^Potéstis enim siede sia stata fatta rivelazione, il primo si
omnes per singulos prophetàre ut omnes : taccia. '^Poiché potete tutti profetare a un
discant, et omnes exhorténtur '^Et spiritus
: per uno affinchè tutti imparino e tutti rice-
:

prophetàrum prophétis subiécti sunt. "Non vano consolazione ^^gli spiriti dei profeti
:

enim est dissensiónis Deus, sed pacis sicut : sono sottoposti ai profeti. ^^Chè Iddio non è
et in omnibus Ecclésiis sanctórum dóceo. Dio del disordine, ma della pace conforme :

io insegno in tutte le Chiese dei santi.

giogo della fede (adorerà Dio), e riconosceranno ne portino giudizio, giacché può avvenire che il
che è veramente Dio, il quale parla per mezzo profeta aggiunga cose provenienti dallo spirito
vostro. umano a quanto dice sotto l'ispirazione dello Spi-
26. L'Apostolo, passa ora a dare alcune norme rito divino.
pratiche intorno all'uso pubblico dei doni delle 30. Anche i profeti devono parlare uno alla
lingue e della profezia (26-40). Che è da fare, volta, per evitare confusioni. Che siede. Da questa
ossia quali conclusioni si dovranno dedurre da particolarità si deduce, che i profeti parlavano
ciò che si è detto? La prima sì è, che niun dono stando in piedi. Se dunque mentre uno parla, un
deve essere disprezzato, e tutti devono essere altro è invaso dallo Spirito Santo ed eccitato a
usati per quello scopo a cui sono destinati, cioè parlare, allora il primo taccia.
per l'edificazione dei fedeli.
31. Acciònon sì pensi che, dando questa regola,
Ciascuno di voi. Queste parole non vanno estese
l'Apostolo venga ad opporsi allo Spirito Santo,
a tutti e singoli i fedeli, ma solo a quelli che
spiega meglio il suo pensiero. Potete tutti profe-
avevano i doni. Parimenti non si deve credere che
tare. Queste parole sì riferiscono solo ai profeti,
anche ciascuno di questi possedesse tutti i doni,
e non già a tutti i fedeli. Seguendo la regola data,
ma chi ne aveva uno e chi un altro. Chi il cantico. tutti potrete profetare parlando uno dopo l'altro,
Si tratta di un nuovo dono, per cui il fedele pro-
il che non potreste fare se ognuno tenesse la pa-
rompeva in cantici destinati a lodar Dio, come rola per un tempo troppo lungo. D'altra parte,
avvenne p. es. in Zaccaria, in Maria SS., ecc.
così facendo seguite le intenzioni dello Spirito
(Luca, I, 46, 67). L'insegnamento, gr. òt&aXn, è
Santo, il quale ispira diversi a profetare, affinché
proprio dei dottori (XII, 8), la rìvelazione si rife-
i fedeli trovino ciascuno quelle istruzioni e quelle
risce al dono della profezia (v. 6). Le lingue, l'in- consolazioni che più gli sono convenienti. Non
terpretazione sono numerate sempre fra gli ultimi
tuttii discorsi dei profeti, potevano essere ugual-
doni (XII, 10, 30).
mente adattati a tutti. Affinchè tutti, ecc. Queste
27. Regola per il dono delle lingue Se nelle
: parole si riferiscono a tutti i fedeli. Se l'Apostolo
adunanze dei fedeli, vi siano alcuni che hanno avesse voluto riferirle ai soli profeti, avrebbe usato
questo dono, non parlino tutti, ma solo due o tre, la seconda persona, impariate, ecc.
e questi stessi non parlino tutti assieme, ma uno
32. Previene una difficoltà. Non oppongano i
alla volta, altrimenti nasce confusione. Condizione
profeti che, parlando essi sotto l'ispirazione dello
poi indispensabile si è che non si parli, se non
Spirito Santo, non possono interrompere loro i

vi è chi interpreti quel che si dice.


discorsi, poiché gli spiriti dei profeti, ossia lo
28. Tacciano, perchè le loro parole, non essendo spirito profetico nelle sue molteplici manifesta-
capite, non conferiscono all'edificazione dei fedeli. zioni, sono sottoposti ai profeti. La divina ispira-
Parlino con se stessi, perchè possono edificarsi zione non distrugge la libertà del profeta, ma è
(v. 4), e con Dio, al quale, per mezzo di questo soggetta al suo libero arbitrio in modo, che egli
dono, rimangono pili strettamente uniti (v. 2 può comunicare agli altri, o ritenere per sé solo,
2 14 e ss.). le rivelazioni ricevute; come consta p. es., d«''«
storia di Giona.
29. Norme da nell'uso della profezia.
seguirsi
In relazione al v. 27 sive qui lóquitur, l'Apostolo 33. Prova la divina ispirazione non di-
che
avrebbe dovuto cominciare dicendo : sive qui pro- strugge del profeta. Dio è Dio della pace,
la libertà
phetat, ma ha preferito entrar subito in argomento. ossia è autore della pace (Rom. XV, 33), e nella
Dei profeti, nelle adunanze, parlino due o tre. distribuzione dei suoi doni intende di promuovere
Non aggiunge come al v. 27, al più, lasciando così la pace, e non già il disordine. Ora, Egli promuo-
capire che, in certe occasioni speciali, avrebbero verebbe il disordine, se i profeti fossero forzati a
potuto parlare anche più di tre. Gli altri, che hanno parlare, e l'uno non potesse cedere il posto al-
il dono del discernimento degli spìriti (XII, 10), l'altro, s tutti parlassero assieme. Conforma
17 2 I Corinti, XIV, 34-40

'^Mulieres in Ecclésiìs tàceant, non enim ^''Le donne nelle Chiese stiano in silenzio,
permittitur eìs loqui, sed sùbditas esse, sicut perchè non è loro permesso dì parlare, ma
et lex dicit. ^^Si quid autem volunt discere, debbono star soggette, come dice anche la
domi viros suos intérrogent. Turpe est enim legge. ^^Che se, bramano di essere istruite
mulieri loqui in Ecclèsia. ^^An a vobis ver- di qualche cosa, ne interroghino in casa i
bum Dei procéssit? aut in vos solos pér- loro mariti. È cosa indecente infatti per una
venit? donna il parlare in Chiesa. ^^E' forse da voi
venuta la parola di Dio? Oppure a voi soli
è venuta?
prophéta esse, aut spiri-
^^Si quis vidétur ^'Se alcuno si per profeta, o per
tiene
tuàlìs, cognóscat quae scribo vobis, quìa Do- uomo che le cose che
spirituale, riconosca
mini sunt mandata. ^*Si quis autem ignórat, vi scrivo sono precetti del Signore. ^^Chi poi
ignoràbitur. ^''Itaque fratres aemulàmini pro- è ignorante, sarà ignorato. ^^Per la qual cosa,
phetàre et loqui linguis nolite prohibére.
: fratelli, desiderate vivamente di profetare :

*°Omnia autem honéste, et secùndum órdi- e non vietate il parlare le lingue. ^"Ma tutte
nem fiant. le cose si facciano convenientemente e con
ordine.

3* Geo. Ili, 16.

io, ecc. Quasi tutte le edizioni e le versioni della 36. Per giustificare i loro abusi, i Corinti avreb-
Bibbia uniscono queste parole a quel che precede, bero potuto appellarsi all'uso della loro Chiesa, ma
e gli antichi interpreti le spiegarono io insegno in : l'Apostolo in tono energico fa osservare, che la
tutte le Chiese che Dio è il Dio della pace (Rom. Chiesa di Corinto non è la Chiesa madre, e l'unica
XV, 33 ; Filipp. IV, 9, ecc.) oppure le regole
; : Chiesa nel mondo, e perciò le sue consuetudini
che vi ho date, sono quelle stesse che insegno In arbitrarie non possono fare legge, ma essa deve
tutte le Chiese. Siccome però nei migliori codici stare agli usi dèlie altre Chiese piii antiche, e
greci, e in alcuni della Volgata, manca il verbo seguiràe gli esempi. E^ forse da voi venuta la
insegno, quasi tutti i commentatori moderni K^or- parola di Dio, cioè siete voi forse i primi cristiani?
nely, Fillion, Van Steenkiste, Bisping, Beelen, Oppure a voi soli è venuta, ossia siete voi soli,
Lemonnyer, ecc.), le uniscono al v. seguente : cristiani?
Come Chiese dei santi,
in tutte le le donne tac-
37. Affinchè i Corinti non pensino che le cose
ciano nelle adunanze vostre, ecc. dette finora e i precetti dati, abbiano poca autorità,
34. Come al cap. XI, 16, anche qui l'Apostolo, l'Apostolo fa notare che egli ha parlato in nome
nel correggere alcuni abusi delle donne, si appella e coll'autorità di Dio. Se alcuno si tiene per pro-
all'uso della Chiesa. Stiano in silenzio. Al cap. ^I, feta, ossia crede di aver il dono della profezia,
4, 5, aveva permesso alle donne di parlare .ie o per uomo spirituale, o di possedere qualsiasi
lingue e di profetare, a condizione -però che fos- altrodono spirituale, deve riconoscere che quanto
sero velate, ora completa il suo insegnamento, vie- ho scritto esprime la volontà di Dio. L'Apostolo
tando loro di parlare, ossia, secondo il contesto, aveva quindi coscienza di parlare a nome di Dio,
di domandare spiegazioni, nelle pubbliche adu- in modo che le sue parole dovessero tenersi come
nanze. Secondo altri (Cornely, h. 1.), l'Apostolo parole di Gesù Cristo stesso (Rom. XII, 3).
al cap. XI, 4, 5, comanda alle donne, che pren-
38. Se alcuno poi è ignorante, non vuol
ossia
dono parte alle pubbliche adunanze della Chiesa,
riconoscere che quanto ho detto viene da Dio, sarà
di essere velate, qui invece vieta loro di parlare
ignorato, cioè non sarà riconosciuto da Gesù
pubblicamente in Chiesa. Questa seconda spiega-
Cristo come suo discepolo, o meglio non sarà rico-
zione sembra più probabile (Cf. I Tim. II, 11-12).
nosciuto da Dio come vero profeta, o come avente
Debbono star soggette agli uomini, come dice
anche la legge, cioè Gen. Ili, 16, dove si legge
un dono soprannaturale. I codici X A D F, ecc.,
che Dio disse ad Eva Sarai sotto la potestà del
:
hanno il verbo al presente è ignorato ; B E K L,
marito, ed egli ti dominerà (Cf. Efes. V, 22;
hanno l'ottativo àvvoeirco = Se alcuno li ignora,
li ignori, io non mi curo di lui, sarà abbandonato
Coloss. Ili, 18; l Tim. II, 11). Ora l'insegnare
a sé stesso.
pubblicamente nella Chiesa, importa una certa
preeminenza e superiorità, che non si convengono 39-40. L'Apostolo riassume quanto ha detto in-
a donne, che per natura devono essere sottomesse. torno alla profezia e al dono delle lingue. Desi-
35. Se bramano, ecc. Il desiderio di essere derate di profetare, perchè la profezia edifica som-
istruite nelle cose riguardanti la religione è ottimo ;
mamente la Chiesa (XII, 31 ; XIV, 1 e ss.). Non vie-
ma sedonne bramano spiegazioni, non devono
le tate il parlare le lingue, perchè anche questo dono,
domandarle pubblicamennte in Chiesa, ma rivol- benché in minor grado, concorre all'edificazione,
gersi in casa ai loro mariti, poiché è cosa inde- specialmente se è unito al dono dell'interpreta-
cente, ossia non conforme alle leggi della modestia zione. In generale poi, nelle assemblee religiose
e della verecondia, che uha donna parli pubblica- si devono fare tutte le cose con decenza (si allude

mente in Chiesa. Benché l'Apostolo parli diret- ai precetti dati riguardanti le donne), e con ordine

tamente delle donne maritate, tuttavia la ragione (si allude ai precetti dati di parlare uno alla volta).

addotta vale per tutte le donne in generale.


I Corinti, XV, 1-4 173

CAPO XV.

Prova la Hsurrezione futura coli'esempio della risurrezione di Gesic Cristo, 1-28,


colla vita degli Apostoli, 29-34. — Modo con cui si compirà questo mistero, 35-58.
^Notum autem vobis facio, fratres, Evangé- ^Or vi dichiaro, fratelli, il Vangelo che
lium, quod praedicàvi vobis, quod et acce- vi annunziai, quale pur riceveste, e in cui
il

pìstis, in quo et statìs, ^per quod et salva- state saldi, ^per cui siete anche salvati se :

mini :qua ratióne praedicàverim vobis, si lo ritenete in quella guisa che io ve lo pre-
tenétis, nisi frustra credidistis. dicai, eccettochè indarno abbiate creduto.

^Tràdidi enim vobis in primis quod et ac- ^Imperocché io vi ho insegnato in primo


cépi : quóniam Christus mórtuus est prò luogo quello che Io pur imparai che Cristo :

peccàtis nostrìs secùndum Scriptùras *Et : morì pei nostri peccati secondo le Scritture :

quia sepùltus est, et quìa resurréxìt tértia *e che fu sepolto, e che risuscitò il terzo dì

1 Gal. 11. 3 Is. LUI, 5. * Joan. II,

mente quello che aveva annunziato. L'Apo-


già loro
stolo ha predicato (annunziai), i Corinti hanno
CAPO XV.
creduto (riceveste) e hanno perseverato sino ad
ora nella fede (state saldi), e, per mezzo di questa
1. In questo capo, l'Apostolo tratta di uno fra i
fede, già hanno cominciato a essere in possesso
punti principali della dottrina cristiana, cioè della
della salute (siete salvati), che sarà loro data, io
risurrezione dei morti. Questo dogma negato dai
tutta la sua pienezza, nella vita futura.
Sadducei (Matt. XXII, 23), deriso dai pagani (Atti,
2. Se lo ritenete, ecc. La condizione necessaria
XVII, 18-32), interpretato allegoricamente da alcuni
cristiani (II Tim. II, 17), veniva giudicato impos-
però ad ottenere questa salute è, che riteniate,
ossia crediate fermamente al Vangelo, quale ve
sibile ed assurdo da alcuni Corinti, imbevuti di
l'ho predicato, senza togliere o falsare cosa alcuna.
false idee filosofiche (vv. 12, 29). Assieme alla
risurrezione, costoro negavano probabilmente anche
Eccettochè, ecc. Posta questa condizione, la vostra
salute sarà certa, eccettochè non si dica che in-
l'immortalità dell'anima, o almeno ne dubitavano.
L'Apostolo confuta questi errori, provando, col- darno abbiate creduto, ossia che la vostra fede
l'esempio di Gesù risuscitato (1-28) e colla vita non ha un solido fondamento. Solo per dar maggior
risalto alla frase qua ratione praedicàverim vobis,
dei fedeli e degli Apostoli (29-34), la realtà della
risurrezione futura, e spiegando poi il modo con
l'Apostolo ha fatto seguire il verbo si tenetis, in-
cui si compirà questo mistero (35-58). E' da osser-
vece di dire : si tenetis qua ratione praedicàverim
vobis.
vare però, che l'argomentazione dell'Apostolo tal-
volta prova direttamente l'immortalità dell'anima, 3-4. L'Apostolo richiama alla memoria
dei Co-
e solo in modo indiretto la risurrezione (v. 30 rinti alcuni punti del Vangelo, che sono neces-
gli

e ss.). Ciò non deve sorprendere, poiché presso sarii per la sua argomentazione, cioè la morte e
gli antichi Giudei e gli antichi filosofi, le questioni la risurrezione di Gesù Cristo. Vi ho insegnato
dell'immortalità e della risurrezione non forma- (gr. napéòoDxo, lett. vi ho trasmesso), quello che io
vano in realtà che una sola questione. Si deve an- pure imparai (napéXapov, lett. ricevetti) per imftie-
cora osservare, che l'Apostolo direttamente non diata rivelazione da Dio (XI, 23; Gal. I, 12, ecc.).
prova che il fatto della risurrezione gloriosa dei In queste parole si enunzia il principio cattolico
giusti, tuttavia nella sua argomentazione inserisce della tradizione divina. In primo luogo, cioè prin-
alcune sentenze, che provano la risurrezione gene- cipalmente, oppure cominciando dalla morte, ecc.
rale (v. 26), la quale viene più esplicitamente Gli Apostoli solevano dar principio alla loro predi-
affermata in altri passi della Scrittura (Giov. V, cazione annunziando la morte e la risurrezione di
18 e ss.). Siccome poi egli trae il suo principale Gesù (Atti, II, 22; X, 40; XIII, 29, ecc.). Morì,
argomento dalla risurrezione di Gesù Cristo, così risuscitò, ecc. La morte e la risurrezione di Gesù
comincia collo stabilire solidamente che Gesù è erano state predette nell'A. T., spec. salm. XV, 10,
risuscitato (1-12), e poi fa vedere quali assurdi e quindi non poteva essere che Gesù Cristo non
seguirebbero qualora si negasse questa verità morisse e non risuscitasse (Ved. Lue. XXII, 37;
(13-20). XXIV, 25 e ss.; Giov. III, 14; Atti, II, 25 e ss.;
Vi dichiaro. Tale è il senso del greco Yvcopt'4co. XIII, 35 e ss.; XV, 8 e ss. ; XVII, 3; XXVI, 22
L'Apostolo non insegna ora una verità nuova, e e ss., ecc.). Per i nostri peccati, come aveva pre-
neppure suppone che i Corinti abbiano dimenticato detto Isaia, LUI, 4 e ss. (Rom. Ili, 23-26; Gal.
quanto egli ha loro predicato, ma vuole sempli- Ili, 13 e ss.). 7/ terzo giorno, come era insinuato

cemente spiegare più a lungo il Vangelo, cioè un nel fatto del profeta Giona (Matt. XII, 39-40), e
punto del Vangelo. Con quattro proposizioni dis- come Gesù aveva predetto. Fu sepolto. La sepol-
poste in bella gradazione, l'Apostolo fa appunto tura di Gesù è una prova certa che Egli era vera-
vedere che quanto ora sta per dire, è precisa- mente morto.
174 I Corinti, XV, 5-12

die secùndum Scrìptùras *Et quia visus : est secondo le Scritture *e che fu veduto dt
:

Cephae, et post hoc ùndecim '*Deìnde : vi- Cefa, e poi dagli undici *e poi fu veduto :

sus est plus quam quingéntis fràtribus si- da sopra cinquecento fratelli in una volta :
mul ex quibus multi manent usque adhuc,
: dei quali i più vivono fino al dì d'oggi, alcuni
quidam autem dormiérunt ^Deinde visus : poi sono morti ^e poi fu veduto da Gia-
:

est lacóbo, deinde Apóstolis omnibus *No- : como, e poi da tutti gli Apostoli "per ultimo :

vissime autem omnium tamquam abortivo, poi di tutti, come da un aborto, fu veduto
visus est et mihi. anche da me.
*Ego enim sum mìnimus Apostolórum, qui 'Io sono invero il mìnimo degli Apostoli,
non sum dignus vocàrì Apóstolus, quóniam che non son degno di esser chiamato Apo-
persecutus sum Ecclésiam Dei. "Gràtia au- stolo, perchè ho perseguitato la Chiesa di
tsm Dei sum id, quod sum, et gràtia eius in Dio. "Ma per la grazia del Signore sono
me vàcua non fuit, sed abundàntius illis quello che sono, e la grazia di luì, che è in
òmnibus laboràvi non ego autem, sed gra-
: me, non è stata infruttifera, ma ho trava-
fia Dei mecum "Si ve enim ego, sive illi
: : gliato più di tutti loro non io però, ma la :

sic praedicàmus, et sic credidistis. grazia di Dio che è con me "ed io dunque e :

quelli così predichiamo, e così avete creduto.


"Si autem Christus praedicàtur quod re- "Che se si predica Cristo come risuscitato
surréxit a mórtuis, quómodo quidam dicunt da morte, come mai dicono alcuni tra voi,

* Joan. XX, 19. • Act. IX, 3. » Eph. Ili, 8.

5. Fu veduto,
ecc. Le apparizioni di Gesù risu- (Atti, IX, 3 e ss. ; XVII, 27, ecc.). Come da un
scitato, sono una prova certa della realtà della aborto. L'aborto è un frutto immaturo e imper-
sua risurrezione. L'Apostolo accenna ad alcune di fetto, e l'Apostolo, al ricordo della grazia rice-
queste apparizioni. Fu veduto da Cefa, cioè da vuta, sente il bisogno di umiliarsi, e si dà questo
S. Pietro, come narra 8. Luca, XXIV, 34. Dagli titolo come se dicesse : io non sono perfetto Apo-
undici. La migliore lezione greca ha dai dodici. : stolo, ma un aborto di Apostolo o, come dice nel
Benché Giuda avesse prevaricato, si continuò tal- V. seg., il minimo degli Apostoli, e affatto indegno
volta a chiamare il collegio apostolico i dodici dell'alta missione affidatami.
(Giov. XX, 24). L'apparizione, a cui si accenna, 9. Sono
il minimo, ecc. L'Apostolo dà la ragione
è quella narrata da Giov. XX, 19 e ss. e da Lue. perchè chiama così
si ho perseguitato la Chiesa
:

XXIV, 36. di Dio. rimorso del male fatto restò sempre vivo
Il

6. Da
sopra cinquecento, ecc. Quest'apparizione nel cuore di S. Paolo (Atti, IX, 1 e ss. XXVI, ;

non è ricordata nel Vangelo, e non va confusa con e e ss.; Gal. I, 13; I Tim. I, 13, ecc.).
quella narrata da Matt. XXVIII, 16 e ss., dove si 10. Per la grazia, ecc. L'umile concetto che di
parla dei soli Apostoli, ai quali viene data la mis- sé aveva l'Apostolo, non lo impediva di ricono-
sione di predicare il Vangelo in tutto il mondo. scere e confessare pubblicamente i prodigi, che la
La prima comunità di Gerusalemme non contando grazia in lui aveva operato. Quello che sono, cioè
che 120 membri (Atti, I, 15), per raggiungere il l'Apostolo di Gesù Cristo presso i gentili (Cf.
numero di 500 si deve supporre, che questa appa- Rom. XV, 15; Gal. I, 16; Efes. III, 8, ecc.). La
rizione abbia avuto luogo poco dopo la risurre- grazia di lui che è in me, ossia la grazia che mi
zione, quando cioè numerosi pellegrini Galilei,
i
fu data, non restò infruttifera, perché ne ho usato
tra i quali Gesù aveva molti seguaci, non erano bene, come dimostra tutta la mia vita apostolica,
ancor partiti da Gerusalemme. Altri pensano che e ho travagliato più di tutti loro (cioè degli altri
questa apparizione abbia avuto luogo in Galilea. Apostoli), avendo predicato in più luoghi il Van-
La questione, per mancanza di documenti, non può gelo (Rom. XV, 18), e sofferto maggiori persecu-
essere sciolta. 7 più vivono, e quindi pos:iono zioni (II Cor. XI, 23 e ss.). Non io però, ecc.
essere interrogati da chi dubitasse. L'Apostolo torna ad umiliarsi. Tutte queste cose
7. Da Giacomo. Si tratta, con tutta probabilità, egli non le ha operate da solo, cioè colle sole sue
dell'Apostolo S. Giacomo minore, parente di forze naturali, ma coll'aiuto della grazia di Dio.
N. Signore e primo vescovo di Gerusalemme (Ved. Anche il buon uso della grazia ricevuta, dipende
n. Matt. XIII, 55; Mar. XV, 40; Gal. I, 19). dalla grazia libero arbitrio dell'uomo
di Dio, e il

Quando fu scritta questa lettera, S. Giacomo mag- e la grazia cooperano in tal guisa a fare il bene,
giore era morto da gran tempo, e se l'Apostolo che tutto deve ascriversi alla grazia, colla quale
avesse voluto parlare di lui, avrebbe aggiunto Dio ci dà di volere e di fare il bene (Filip. II, 18).
qualche cosa per distinguerlo dall'altro Giacomo, 11. Dopo una
specie di parentesi, costituita dai
che tuttora viveva e godeva della più gran fama. vv. 9-10, l'Apostolo ritorna al suo tema (v. 8)
Da tutti gli Apostoli. La più parte degli interpreti, conchiudendo, che dunque tanto egli, il minimo
prende queste ultime parole in senso largo, cioè degli Apostoli, quanto quelli, cioè gli altri Apostoli,
per tutti i discepoli di Gesù, e crede che si tr.atti predicano la stessa dottrina della risurrezione di
dell'apparizione avvenuta al moménto dell'ascen- Gesù, alla quale i Corinti senza alcuna esitazione
sione. hanno creduto.
8. L'Apostolo aggiunge la propria testimonìenza. 12-20. Mostra le conseguenze assurde che deri-
Anch'egli vide Gesù risuscitato, quando sulla via verebbero dalla negazione della risurrezione dei
di Damasco fu precipitato a terra e convertito morti. Se si predica unanimemente da noi Apo-
I Corinti, XV, 13-20 175

in vobìs, quóniam resurréctìo mortuórum che non vi è risurrezione dei morti? "Che
non est? "Sì autem resurréctìo mortuórum se non vi è risurrezione dei morti neppur :

non est neque Chrìstus resurréxit.


: Cristo è risuscitato.
"Sì autem Chrìstus non resurréxit, inànìs "Se
poi Cristo non è risuscitato, è dunque
est ergo praedìcàtìo nostra, inànìs est et fides vana nostra predicazione, vana ancora la
la
vestra "Invenimur autem et falsi testes
: vostra fede "siamo anche scoperti testi-
:

Dei quóniam testimónium diximus advér-


: moni Dio poiché abbiamo renduto
falsi dì :

sus Deum quod suscitàverit Christum, quem testimonianza a Dio ch'egli ha risuscitato
non suscitàvit, si mórtui non resùrgunt. Cristo, che non ha risuscitato, se i morti
non risorgono.
"Nam mórtui non resiirgunt, neque
si ^®Se infatti non risorgono i morti, neppure
Chrìstus resurréxit. ^^Quod si Chrìstus non Cristo è risuscitato. ^^Che se Cristo non è
resurréxit, vana est fides vestra, adhuc enim risorto, è vana la vostra fede, poiché siete
estis in peccàtis vestrìs. ^*Ergo et qui dor- tuttora nei vostri peccati. "Per la qual cosa
miérunt in Christo, periérunt. "Si in hac anche quelli che sì addormentarono in
vita tantum in Christo speràntes sumus, mi- Cristo, sono periti. "Se per questa vita sola-
serabilióres sumus òmnibus hominibus. mente speriamo in Cristo, siamo ì più mise-
rabili di tutti gli uomini.
''"Nune autem Chrìstus resurréxit a mór- ^°Ora però Cristo è risuscitato da morte,

«0 Col. I, 18; Apoc. I, 5.

stoH, che Gesù è veramente risuscitato, come mai non è il vero Messia, che secondo la Scrittura
alcuni tra voi, di Corinto, dicono che non, ecc. doveva risorgere (v. 4), e se non è il vero Messia,
13.Se non vi è, ecc. La risurrezione di Gesù e non è colui che doveva soddisfare per i peccati, e
risurrezione dei giusti sono talmente connesse quindi i peccati non sono ancora perdonati.
la
fra loro, che la negazione dell'una porta alla nega- 18. Per lo stesso motivo, anche quelli che si
zione dell'altra. I fedeli infatti, sono intimamente addormentarono in Cristo, cioè che morirono cre-
uniti a Gesù come membri al capo, anzi formano dendo e sperando in Gesù Cristo, sono periti,
con lui un solo corpo, e perciò se Egli è risorto perché Gesù Cristo non essendo il vero Messia,
anch'essi risorgeranno, poiché, osserva Estio non poterono ottenere la remissione dei peccati per
(h. 1.), è cosa indecorosa che un corpo abbia il la fede in Lui, e quindi passarono all'altro mondo
capo vivo e le membra morte. I fedeli inoltre sono con tutti i loro peccati, i quali conducono a per-
diventati con Gesù Cristo figli di uno stesso dizione.
Padre, e perciò hanno diritto a partecipare con 19. Se Gesù Cristo non è risorto, la fede in luì
Gesù Cristo alla stessa eredità, cioè alla stessa non solo è inutile per i vivi e per i morti, ma
gloria, non solo dell'anima, ma anche del corpo, anzi deve dirsi che torna piuttosto di nocumento
il che importa la necessità della risurrezione. L'A-
agli uomini. Infatti, lasciata da parte la vita eterna,
postolo parla solo della risurrezoine dei giusti, per la quale a nulla giova la fede in tale ipotesi,
perchè ciò bastava a confutare l'errore dei Corinti. se per questa vita solamente noi speriamo in Gesù
Questa spiegazione, dopo S. Giov. Cris., fu se- Cristo, siamo i più miserabili di tutti gli uomini,
guita da S. Tommaso (h. 1.) ed è divenuta comune perchè, a motivo di questa fede, dobbiamo rinun-
tra gli esegeti cattolici. ziare a tante cose, di cui gli altri godono, e sop-
14. E' vana, ossia senza fondamento, la nostra portare i>gni sorta di travagli e di persecuzioni, e
predicazione del Vangelo, poiché Gesù, avendo talvolta anche versare il proprio sangue.
dato la sua risurrezione come prova suprema della
20. Ora Gesù, ecc. Con accento di gioia e di
sua divinità e della sua messianità (Matt. XII, 38
trionfo, l'Apostolo rigetta tutte le assurde conse-
e ss. Giov. II, 18 e ss.), se non è risorto, si
;
guenze che deriverebbero dalla negata risurrezione
dovrà conchiudere, che Egli fu un falso profeta,
di Gesù. Il Salvatore infatti è veramente risorto,
e allora tanto il Vangelo, quanto la fede, non
e quindi non è vana la predicazione degli Apostoli,
avrebbero più ragione di essere.
non è vana la nostra fede, ecc. L'Apostolo però
Gli Apostoli provavano la divinità del Vangelo
aggiunge subito, c]je Gesù risuscitato è la primizia
appellandosi alla risurrezione di Gesù, poiché Dio
dei dormienti, ossia dei morti che dovranno risu-
nofl lo avrebbe certamente risuscitato, se Egli non
scitare, perchè Egli fu il primo in ordine di tempo
'osse stato il suo inviato (Atti, I, 22; II, 32; IV,
e di dignità a risorgere, ma non sarà solo, giac-
IO, 33; X, 37; XVII, 31; Rom. 1,4; IV, 24, ecc.).
ché alla sua risurrezione dovrà tener dietro la
15. Non solo la nostra predicazione non avrebbe risurrezione dei giusti. A quella guisa infatti,
ragione di essere, ma noi Apostoli saremmo falsi che le primizie, ossia i primi frutti della messe,
testimonii di Dio, perchè gli attribueremmo un suppongono la messe, così la risurrezione di
fatto, cioè la risurrezione di Gesù, che Egli non Gesù suppone, o meglio importa, la messe, ossia
avrebbe compito. Ora se è male attestare il falso la risurrezione dei giusti. La terra è come un
di un uomo, in cosa di grave importanza, quale campo in cui sono gettati quale seme i nosìri
temerità non sarà l'attestare il falso di Dio, in ciò corpi. Ora questo campo avendo già prodotto una
che si attiene alla salute degli uomini? primizia, cioè la risurrezione di Gesù, non tarderà
17. E^ vana (gr. laaTaiav = inutile) la vostra a produrre altri frutti. Benché altri, prima di Gesù
iede, poiché, ecc. Se infatti Gesù non è risorto, siano risuscitati p. es. Lazzaro, niuno però risuscitò
176 I CORiNii, XV, 21-26

tuis primitìae dormi ènti um, ^^quóniam qul- primizia dei dormienti, '^poiché da un uomo
dem per hominem mors, et per hominem la morte, e da un uomo la risurrezione da
resurréctio mortuórum. ^^Et sicut in Adam morte. ^^E come in Adamo tutti muoiono,
omnes moriùntur, ita et in Christo omnes così pure in Cristo tutti saranno vivificati.
viviflcabùntur. ^^Unusquique autem in suo "Ciascuno però nel suo ordine. Cristo pri-
órdine, primitiae Christus deinde ii, qui : mizia poi quelli che sono di Cristo, i quali
:

sunt Ciiristi, qui in advéntu eius credidé- nella venuta di lui hanno creduto.
runt.
^^Deinde finis : cum tradiderit regnum ^^Quindi la fine quando avrà rimesso il
:

Beo et Patri,evacuàverit omnem prin-


cum regno a Dio e al Padre, quando avrà abolito
cipàtum, et potestàtem, et virtùtem. ^^Opór- ogni principato e ogni potestà e ogni virtù.
tet autem illum regnare donec ponat omnes "Or è necessario che egli regni, finché
inimicos sub pédibus eius. ^^Novissima au- abbia posto sotto i suoi piedi tutti i nemici.
tem inimica destruétur mors Omnia enìm : ^^L 'ultimo nemico poi ad essere distrutto

" I Thess. IV, 15. =5 pg. ciX, 1 Hebr. I, 13 et X, 13. «e ps.VIII,


8; Ebr. II, 8.

a una vita immortale, eccetto Gesù Cristo, il quale ranno) quelli che sono di Cristo alla sua venuta.
perciò, in ordine di tempo, fu il primo a entrare Così viene indicato il tempo della futura risurre-
in possesso della nuova vita; e se S. Matteo, zione. Essa avrà luogo alla venuta di Gesù per
XXVII, 52, parla di morti risuscitati alla morte del il giudizio universale ^I Tess. IV, 15).

Signore, ne parla per anticipazione, poiché il fatto 24. Quindi dopo la risurrezione, colla quale sarà
non avvenne che dopo la risurrezione di Gesù distrutta la morte, verrà la fine, non della risurre-
(Ved. n. ivi).
zione, come vorrebbero Caet. e Akp., ecc., ma In
21-22. Prova in qual modo Gesù sia primizia fine, del mondo, cioè dell'ordine attuale delle cose
dei dormienti, mostrando come tra la risurrezione (Matt. XXIV, 6, 13 e ss.; Luca XXI, 9; Apoc.
di Gesù e quella dei giusti, vi è la stessa relazione XXI, 1, ecc.), L'Apostolo determina maggiormente
che corre tra la morte di Adamo e quella degli altri quando verrà la fine dicendo, che sarà quando
uomini. Come nell'Epistola ai Roir.ani, V, 12 e ss., Gesù avrà rimesso (meglio secondo il greco rimet-
così qui, benché sotto altro rispetto, l'Apostolo sta- terà) il regno a Dio, ecc. Come uomo-Dio, Gesù,
bilisce un parallelo tra Adamo, padre dell'umanità a motivo della creazione, é re di tutte le cose, ma
decaduta, e Gesù
Cristo, padre dell'umanità rige- a motivo della redenzione, è re in modo speciale
nerata. Da un uomo fu corrotta l'umana natura e di coloro che, ricomprati col suo sangue, si sotto-
spogliata del dono dell'immortalità, fu quindi con- mettono per la fede e la carità alla sua dominazione.
veniente, che per mezzo di un altro uomo l'umana Questo suo secondo regno, che non é altro che la
natura, colla risurrezione, venisse reintegrata nella Chiesa, si trova continuamente esposto a lotte e
sua primitiva dignità. Come tutti coloro che na- persecuzioni, ma verrà un giorno in cui tutti coloro
scono da Adamo sono condannati alla morte, così che lo combattono saranno debellati, e allora ces-
tutti coloro che rinascono in Gesù Cristo saranno seranno le battaglie, e Gesù, come uomo, presen-
vivificati, ossia risorgeranno a una vita immortale. terà ed offrirà il suo regno, cioè i suoi eletti, a
Quasi tutti gli interpreti moderni (Bìsping, Cornely, Dio Padre come un trofeo della sua vittoria. Poiché
Fillion, Crampon, Van Steenkiste, Le Camus, ecc.), Gesù Cristo, come Dio, è uguale al Padre, è chiaro
ritengono che le parole tutti in Cristo saranno
:
che rimettendo il regno al Padre, Egli non ces-
vivificati, si debbano restringere ai soli giusti, serà di regnare assieme al Padre e allo Spirito
poiché l'Apostolo parla di una risurrezione glo- Santo per tutti i secoli. Quando avrà abolito, ecc.
riosa siihile a quella di Gesù, e della quale fu pri- Prima di offrire al Padre il suo regno pacificato,
mizia la risurrezione di Gesù. Altri testi dimostrano Gesù dovrà abolire, ossia debellare, ogni princi-
che anche i cattivi risorgeranno (Giov. V, 28 e ss. ; pato, ogni potestà e ogni virtù, ossia tutti i nemici
Dan. XII, 2). del suo regno, e in modo speciale i demonii detti
qui principati, potestà e virtù, perchè prima della
23. Nel suo ordine. L'Apostolo passa a parlare
loro caduta appartenevano a qualcuna di queste
dell'ordine, con cui avverrà la risurrezione, affine
gerarchie (Ved. Rora. Vili, 34; Efes. VI, 12;
di confermare con nuovo argomento, che i corpi
Coloss. II, 15).
dei giusti saranno chiamati a nuova vita. Qui si
tratta dell'ordine di tempo e di dicnità. Nella ri- 25. Ora è necessario, ecc. Secondo i decreti di
surrezione si devono quindi distinguere varie classi Dio, Gesù deve regnare, ossia governare la sua
di risorgenti. La prima classe è costituita dal solo Chiesa, combattere i suoi nemici, aiutare fedeli i

Gesù Cristo, il quale, come primizia, precede gli nelle lotte, ecc., finché abbia posto sotfo i suoi
altri e per ragione di tempo e di dignità, essendo piedi, cioè abbia debellato, tutti i nemici del suo
Egli già risuscitato, ed essendo ancora la causa regno, siano essi i demonii oppure gli uomini per-
esemplare della nostra risurrezione. Poi, a suo versi. Nelle sue parole, l'Apostolo cita, assai libe-
tempo, risorgeranno quelli che sono di Cristo, ram.ente il salmo CIX, 1. E chiaro dal contesto,
cioè i santi, i quali con fede viva e operante hanno che l'Apostolo parla dell'azione di Gesù nella
creduto nella venuta di lui (-napovaia). Tale è il Chiesa militante quest'azione cesserà quando alla
;

senso della Volgata e di due mss. greci. Tutti lotta sarà succeduto il completo trionfo.
gli codici greci, e i codici della Volgata
altri 26. La morte viene detta ultimo nemico, perchè
Amiat., Tolet., nonché molti Padri hanno quest'al- ritenendo nella polvere i corpi umani, continua
tra lezione, criticamente preferibile : poi (risorge- nuocere agli eletti, anche quando gli altri nemici
I Corinti, XV, 27-29 177

subiécit sub pédibus eius. autem dicatCùm : sarà la morte peroccliè tutte le cose ha
:

^'Omnia subiécta sunt ei, sine dùbio praeter soggettate ai piedi di lui. Or quando dice ;
eum, qui subiécit ei omnia. ^*Cum autem -^Tutte le cose sono soggette a lui senza :

subiécta fùerint illi omnia, tunc et ipse dubbio si eccettua colui che ha soggettate a
Filius subiéctus erit ei, qui subiécit sibi lui tutte le cose. ^^Quando poi saranno state
omnia, ut sit Deus omnia in omnibus. soggettate a lui tutte le cose, allora anche
lo stesso Figlio sarà soggetto a lui, che gli ha
soggettata ogni cosa, onde Dio sia tutto in
tutte le cose.

^"Alióquin quid fàcient qui baptizàntur prò ^'Altrimenti che faranno quelli, i quali si
raórtuis, si omnino mórtui non resùrgunt? battezzano per i morti, se assolutamente i
ut quid et baptizàntur prò illis? morti non risorgono ? E perchè si battezzano
per quelli?

non hanno più nessun potere. Gesù risuscitando ha Chiesa trionfante nella pienezza della gloria del-
già vinto in se stesso la morte, che lo ritenne l'anima e del corpo. Onde Dio sia, ecc. Il motivo
prigioniero per tre giorni, ma il suo trionfo su di per cui Gesù sarà soggetto a Dio si è, affinchè
nel nuovo regno Dio come Signore
sia riconosciuto
di tutti, e autore di tutti
beni che, sia a Gesù
i

stesso, sia alla sua Chiesa, furono concessi, e an-


cora affinchè Dio solo sia glorificato in tutti gli
eletti, e sia tutto in tutte le cose, ossia regni per-
fettamente sopra tutte quante le cose. Alcuni in-
terpretano sia tutto in tutti, ossia renda perfet-
:

tamente beati gli eletti, in modo che nulla più resti


loro da desiderare.

29-34. Torna a provare la realtà della futura


risurrezione con due argomenti, tratti l'uno dalla
condotta dei semplici fedeli, l'altro da quella degli
Apostoli. Altrimenti, cioè se non ha luogo la risur-
rezione dei morti, che faranno, ecc. Si battezzano
per i morti. In generale l'Apostolo vuol dire, che
il battesimo per i morti suppone la fede nella fu-

tura risurrezione. E* però assai difficile sapere che


Fig. ig. — Nemico posto sotto 1 piedi.
cosa fosse il battesimo per i morti, e le più opposte
sentenze furono emesse dagli esegeti antichi e mo-
derni, intorno all'interpretazione di queste parole.
Tertulliano (coni. Marc. V, 10) seguito da parecchi
essa non sarà completo, se non quando l'avrà
vinta anche nei suoi membri, per mezzo dell'uni-
moderni (Maier, Bisping, Van Steenkiste, Fillion,
Lemonnyer, ecc.) pensava che veramente al tempo
versale risurrezione. Tutte le cose, ecc. Con un
di S. Paolo, vi fossero alcuni fedeli, i quali, te-
passo del salmo Vili, 7, l'Apostolo conferma che
Gesù trionferà di tutti i suoi nemici, e quindi mendo che i loro parenti o amici morti senza bat-
tesimo non potessero risorgere, si facevano bat-
anche della morte. Le parole del salmo, in senso
tezzare in loro vece. L'Apostolo non approva
letterale si applicano all'uomo quale era uscito
dalle mani di Dio, ma in senso spirituale, si appli- questo uso, ma se ne serve come di un argomento
ad hominem, per dimostrare la fede nella risurre-
cano al nuovo Adamo Gesù Cristo, a cui fu data
zione. Quest'uso però, derivato probabilmente dai
ogni potestà in cielo e in terra (Matt. XXVIII, 18).
rabbini (Le Camus, op. cit., voi. Ili, p. 182), esi-
Si osservi che se il regno della morte dev'essere
steva bensì presso i seguaci di Cerinto e di Mar-
distrutto, ne viene di conseguenza che tutti i morti,
buoni e cione (S. Epiph., Haeres. XXVIII, 6), ma se fosse
cattivi, dovranno risorgere.
stato praticato a Corinto, ben difficilmente si po-
27. Si eccettua, ecc. Quando
Scrittura dice,
la trebbe spiegare come l'Apostolo non abbia una
che tutte quante le cose sono state dal Padre as-
parola di biasimo. Lutero ed altri antichi prote-
soggettate al Figlio, non vuole già che tra queste
stanti, pensarono che il battesimo per i morti fosse
si intenda compreso anche il Padre. Nei migliori
il battesimo amministrato sopra le tombe dei mar-
codici greci mancano le parole a lui, e allora il
:
tiri; ma di questo modo di battezzare non si ha
soggetto potrebbe essere Gesù Cristo. Quando nel
alcuna traccia nell'antichità cristiana. Altri (Li-
rimettere il regno a suo Padre Gesù dirà Tutte :
rano, ecc.) interpretarono baptizari prò mortuis
le cose sono soggette, ossia vinte e soggiogate,
come se fosse baptizari prò abluendìs peccatis seu
senza dubbio, ecc.
operibus mortuis, essere battezzato per la remis-
28. Sino a quel tempo. Gesù, come capo della sione dei peccati. Il contesto però esclude questa
Chiesa militante, deve combattere i suoi nemici, interpretazione. Estio, Natale A., ecc., pensano che
ma quando questi saranno interamente debellati, e qui si tratti del battesimo dpi clinici, ossia di coloro
sarà avvenuta la finale risurrezione, allora Gesù che domandavano e ricevevano il battesimo in
come uomo, consegnando il regno al Padre suo, punto di morte, venenedo così a confessare che
sarà a Lui soggetto. Anche ora Gesù, come uomo da esso speravano qualche vantaggio dopo morte.
e capo della Chiesa militante, è soggetto al Padre, Salmeron, Giustiniani, ecc., danno al verbo bat-
ma allora gli sarà soggetto come capo di tutta la tezzarsi il senso di affliggersi, in modo che bat-

12 — Sacra Bibbia, voi. II.


178 Corinti, XV, 30-33

'"Ut quid et nos periclitamur omni hora ? ^°E noi pure perchè ci esponiamo ognora
'^Quotidie mórior per vestram glórìam, fra- a pericoli? ^^lo muoio ogni giorno (lo giuro)
tres, quam hàbeo in Christo lesu Dòmino per la gloria di voi, che ho in Cristo Gesù
nostro. *^Si (secùndum hominem) ad béstìas Signor nostro. ^^Se (secondo l'uomo) com-
pugnavi Ephesi, quid mihi prodest, si mórtui battei in Efeso con le bestie, che mi giova
non resùrgunt? manducémus, et bìbamus, se morti non risorgono? Marfgiamo e be-
i

cras enim moriémur viamo, che domani si muore.


''^Noiite seduci Corrumpunt mores bonos
: ^^Non vi lasciate sedurre : i discorsi cat-

« Sap. II, 6; Is. XXII, 13 et LVI, 12.

tezzarsi per i morti significhi soffrire qualche mera accuratamente i varii generi di pericoli a cui
cosa per venir in loro sollievo. E' difficile però si trovò esposto, e d'altronde sarebbe diffìcile con-
ammettere che l'Apostolo abbia usato una meta- ciliarlo colla qualità di chtadino romano di cui
fora così ardita, e che i Corinti l'abbiano potuta godeva l'Apostolo. Per questi motivi, quasi tutti
capire. La miglior soluzione della difficoltà sta gli interpreti moderni ritengono che l'Apostolo parli
nell'aramettere, che, al tempo dell'Apostolo, fosse in senso figurato, e voglia semplicemente alludere
invalso l'uso che per il catecumeno, morto prima alle diverse lotte dovute sostenere in Efeso contro
d'aver ricevuto il battesimo, un amico o un pa- gli Ebrei ed altri suoi nemici, durante ì due anni,
rente si sottomettesse alle cerimonie del battesimo, in cuidimorò in questa città (Atti, XIX, 1 e ss. ;
venendo così, con un'azione simbolica, ad affer- XX, 19; li Tim. IV, 17). Anche S. Ignazio (Ad
mare pubblicamente davanti a tutti, che l'amico o Rom. V) usa la stessa parola in senso figurato :

il parente era morto in comunione colla Chiesa. Dalla Siria a Roma io combatto colle bestie Onpio-
Questa pratica, che in sé nulla aveva di super- fiaXw), per mare e per terra, di giorno e di notte
stizioso, potè da principio essere tollerata, e non legato con dieci leopardi, cioè con un gruppo di
venir soppressa, che quando gli eretici pretesero soldati, ecc. Ad ogni modo è certo, che qui non
di attribuirle il valore di un vero battesimo (Ved. si parla del tumulto suscitato dall'argentiere De-
Cornely, h. 1.; Brassac, M. B., t. IV, p. 293; metrio (Atti, XIX, 23 e ss.), poiché l'Epistola fu
Dict. Vig. e Dict. Vacant, Baptéme des morts). scritta prima di questo avvenimento.
30-32. Se i morti non risorgono, inutilmente gli Che mi giova, ecc. 11 mio modo dì agire sarebbe
Apostoli soffrirebbero tante tribolazioni, perchè in stolto. Nel greco, il punto d'interrogazione si
tal caso ciascuno dovrebbe cercar di vivere il piii trova subito dopo mi giova, e le parole se i :

che è possibile su questa terra, e non già esporsi morti non risorgono sono unite immediatamente
a pericolo di perdere la vita. E noi Apostoli per- alle seguenti : mangiamo e beviamo. Se non vi è
chè, ossia a che fine, ci esponiamo ognora a perì- risurrezione, allora non vi è motivo di assoggettare
coli dì morte? (Rom. Vili, 35-36; Il Cor. IV, 10- il corpo a privazioni, e la massima epicurea, man-

11 ; XI, 23-25, ecc.). II modo di agire degli Apostoli giamo, ecc., può diventare la regola della vita.
suppone quindi la risurrezione, per cui si riavrà la Le ultime parole : mangiamo, ecc., sono tratte da
vita perduta. Isaia, XXII, 13. Cf. pure Sap. II, 6.

31. Muoio ogni giorno, ossia ogni giorno sono


Come già fu osservato (v. 1), questi argomenti
direttamente non provano che l'immortalità del-
esposto a pericolo di morte (Rom. Vili, 36). Con-
l'anima, ma, posta in sodo questa verità, non torna
ferma la verità della sua affermazione con giura-
diffìcile l'ammettere la risurrezione dei corpi, poi-
mento dicendo (lo giuro) per la glona di voi,
:

ossia per il diritto che ho di gloriarmi di voi in


ché conviene alla giustizia di Dio che i corpi, i
quali servirono di strumenti all'anima per fare il
Gesù Cristo Signor nostro. L'Apostolo vuol dire :

è tanto vero ciò che io affermo, quanto è vero che bene e operare il male, abbiano ancora parte
io posso gloriarmi di voi nel Signore.
alla gloria e alla pena. Di più, come osserva San
Tommaso (v. se si nega la risurrezione dei
19),
32. Secondo l'uomo. Queste parole sono gene- corpi è diffìcile sostenere l'immortalità dell'anima^
ralmente interpretate secondo il modo ordinano
poiché fuori del corpo l'anima si trova in uno
:

degli uomini, ossia se combattei per sole ragioni


stato innaturale e perciò non duraturo. Le due ve-
umane, senza la speranza della risurrezione, che mi rità sia per gli Ebrei, come per coloro ai quali San
giova? Estio ed altri pongono queste parole tra
Paolo scriveva, erano tra loro intimamente con-
parentesi, e sottintendono parlo, come se l'Apo-
nesse, e quindi, come Gesù Cristo confutò i Sad-
stolo volesse dire : Parlo come sogliono fare gli
ducei (Matt. XXII, 31) provando direttamente l'im-
uomini, i quali amano raccontare i pericoli, a cui mortalità dell'anima, altrettanto fece ancora qui
si trovarono esposti. Se però l'Apostolo avesse
S. Paolo.
voluto dir ciò, avrebbe aggiunto un parlo, come
Rom. Ili, 5; Gal. IIiI, 15. E pure da rigettarsi 33. Non vi lasciate sedurre da coloro che negano
l'altra interpretazione : combattei quanto è possi- la risurrezione. / discorsi, ecc. Queste parole, nel
bile alle forze umane. greco formano un verso, che si trova presso il
Combattei colle bestie (gr. èGi^pioiaàXTicja). Alcuni poeta comico Menandro (320 e. a. C.) nella com-
(Caet. Alap., ecc.) interpretano queste parole in media intitolata Thais. Probabilmente però, il verso
senso proprio, come se l'Apostolo fosse stato era diventato un proverbio comune. 7 discorsi. Il
realmente esposto alle bestie nell'anfiteatro. Ma greco ó|AiXiat, significa non solo discorsi, ma
di questo combattimento non si trova alcuna men- anche compagnia, famigliarità. Siccome però qui
zione né in S. Luca, che pure descrive a lungo il si tratta piuttosto di cattive dottrine, che di cat-
soggiorno dell'Apostolo in Efeso (Atti, XIX, 1 ; tivi esempi, è da preferirsi il senso adottato dalla

XX, 1), né in S. Paolo che (11 Cor. XI, 23) enu- Volgata.
I Corinti, XV, 34-42 179

colloquia mala. ^^E vigilate iusti, et noMte ti vi corrompono i buoni costumi. ^* Vegliate,

peccars ignoràntiam enìm Dei quidam


: o giusti, e non peccate poiché certuni igno- :

habent, ad reveréntiam yobis loquor. rano Dio; parlo perchè ne abbiate rossore.
^^Sed dicet àliquis : Quómodo resurgunt ^^Ma dirà taluno Come risuscitano ì
:

mórtui? quali ve córpore vénient? ^"^Insi- morti? e con qual corpo ritorneranno?
piens, tu quod séminas non vivificàtur, nisi ^"StoltOj quel che tu semini non prende vita,
prius moriàtur. ^^Et quod séminas, non cor- se- prima non muore. ^^E seminando, non
pus, quod futùrum est, séminas, sed nudum semini il corpo che deve venire, ma un nudo
granum, ut puta tritici, aut alicùius ceteró- granello, per esempio, di frumento, o di al-
rum. ^^Deus autem dat illi corpus sicut vult : cun 'altra cosa. ^*Ma Dio gli dà corpo nel
et unicuique séminum próprium corpus. modo che a luì piace e a ciascun seme il :

suo proprio corpo.


"Non omnis caro, éadem caro sed àiia : ^'Non ogni carne (è) la stessa carne ma :

quidem hóminum, alia vero pécorum, alia altra è la carne degli uomini, altra poi quella
vólucrum, alia autem piscium. ^''Et córpora deile bestie, altra quella degli uccelli, altra
caeléstia, et córpora terréstria : sed alia qui- quella dei pesci. *°E {vi sono) corpi celesti
dem caeléstium gloria, alia autem terré- e corpi terrestri ma altra (è) la vaghezza
:

strium ''^Alia clàritas solis, alia clàrìtas lu-


: dei celesti, e altra dei terrestri : *^altra la
nae, et alia clàritas stellàrum. Stella enim chiarezza del sole, altra la chiarezza della
a stella differt in claritàte : luna, e altra la chiarezza delle stelle. Peroc-
ché v'ha differenza tra stella e stella nella
chiarezza :

"Sic resurréctio mortuórum. Semina-


et ''^Cosipure la risurrezione dei morti.
tur in corruptióne, surget in incorruptióne. Si semina (corpo) corruttibile, sorgerà in-

34. Vegliate. II greco èxvricpeiv, significa Io sve- verse. Seminando il grano, non semini il corpo che
gliarsi che uno dopo l'ubbriachezza, e quindi
fa deve venire, cioè l'intera pianta colle sue radici,
il tornare in sé. Questo ultimo senso è da prefe- il suo stelo, le sue foglie, i suoi fiorì e i suoi
rirsi. L'Apostolo, volgendosi a quei che sono frutti, ma semini un nudo granello, ecc., che, cor-
stati sedotti, li invita a tornare^ seriamente (i>el rompendosi, produce poi radici e stelo, ecc.
greco invece di giusti vi è òrxaiox; = veramente, 38. Dio gli dà corpo, ecc. Questo fatto che si
seriamente, ecc.) in sé stessi, e a non peccare svolge sotto i nostri occhi, é dovuto all'onnipo-
contro la fede nella futura risurrezione. Per ren- tenza di Dio, il quale, nel creare le piante, ha
dere più pressante l'invito fa osservare, che coloro voluto (greco voluit invece di vult) che ogni seme
che li hanno sedotti ignorano Dio, cioè la potenza si svolgesse secondo una determinata legge, e che
di Dio (Matt. XXII, 29), e che é una vergogna per a ciascun seme corrispondesse un determinato
loro, l'aver nella loro Chiesa uomini così ignoranti. corpo. In conseguenza, anche il corpo umano ri-
35. Dopo aver provato la verità della risurre- sorto avrà qualità diverse da quelle che ora pos-
zione futura l'Apostolo passa a spiegare come av- siede, e la diversità delle qualità, in relazione ai
verrà (35-53). Egli suppone che qualcuno dei nega- corpi risorti, dipende dalla volontà di Dio.
tori gli opponga due difficoltà : la prima riguardo 39. Non ogni carne, ecc. Anche nel regno ani-
al modo con cui avverrà la risurrezione. Come risu- mate vi è diversità di organismi, ed altro é l'orga-
scitano i morti; e la seconda riguardo alle qualità nismo dell'uomo, ed altro quello delle bestie (^tt\-
dei corpi risorti. Con qual corpo, ecc. L'Apostolo VÓ3Y = bestie), ecc.
vi risponde cominciando dalla seconda (36-49), e
40. La stessa diversità si osserva pure, se si
passan-do poi alla prima (50-53). paragonano assieme corpi celesti e
i i terrestri.
30. Stolto. Con questo epiteto, l'Apostolo lascia 41. Anzi tra gli stessi corpi celesti, paragonati
comprendere che l'obbiezione fatta ha sì poco va- fra loro, si osserva pure una grande diversità.
lore, da bastare un po' di riflessione per rigettarla. Ora, se tale diversità si incontra in tutti i regni
Quel che tu, ecc. Per mezzo di alcune analogie, della natura, non farà meravìglia che anche i corpi
tratte dal regno vegetale (36-38), e dalla varietà risuscitati abbiano diverse qualità, a seconda dei
degli organismi che vi sono nel mondo (39-41), diyersi meriti acquistati.
mostra quali saranno le qualità dei corpi gloriosi.
42. Così pure (sarà) la risurrezione dei morti, e
Nel regno vegetale, il grano che tu semini non
tra i varii corpi risuscitati vi sarà una differenza,
prende vita, ossia non rinasce, se prima non
analoga a quella degli organismi e dei corp-* sopra-
muore, ossia non perde la sua forma che ha. La
citati. Lasciando ora da parte la diversità dei corpi
morte è quindi per lui, il principio di una nuova
gloriosi tra loro, viene a parlare di alcune qualità,
vita. Similmente anche il nostro corpo, benché si
per cui i corpi gloriosi si distingueranno dai corpi
corrompa nel sepolcro, potrà essere richiamato a umano confinato in una tomba
attuali. Il corico
vita. Anche Gesù Cristo (Giov. XII, 22-24) si semina, ossia viene abbandonato alla corruzione,
si
servì, benché facendone un'altra applicazione, di
ma risorgerà (greco risorge) incorruttibile (èv dq?-
questa similitudine. Qapaiq), ossia non più soggetto alle malattie, alle
37. Continuando l'analogia del seme, fa veder* passioni, e alla morte e quindi impassibile (Rom.
che i corpi risuscitati, benché identici a quelli che VIM, 21 ; Apoc. VII, 16). UimpassibiSità saaà una
prima si avevano, possederanno però qualità di- fra le doti del corpo glorioso.
180 I Corinti. XV, 43-47

*^Seminatur in ignobilitàte, surget in glòria : corruttibile. semina ignobile, sorgerà


*^Si
Seminatur in inflrmitàte surget in virtùte : glorioso semina inerte, sorgerà ro-
: si
^''Seminàtur corpus animale, surget corpus busto ^''si semina un corpo animale, sor-
:

spiritale. Si est corpus animale, est et spiri- gerà un corpo spirituale. Se v'ha un corpo
tale, sicut scriptum est ^'^Factus est prìmus
: animale, v'ha pure un corpo spirituale, come
homo Adam in ànimam vivéntem, novissi- sta scritto *'I1 primo uomo Adamo fu fatto
:

mus Adam in spìritum vivificàntem. *^Sed anima vivente, l'ultimo Adamo spìrito vivi-
non prius quod spiritale est, sed quod ani- ficante. *®Ma non è prima lo spirituale, ma
male deinde quod spiritale.
: sì l'animale : e poi lo spirituale.
*Trimus homo de terra, terrénus : se- *'I1 primo uomo dalla terra, terreno : il

« Gen. II, 7.

43. Si semina ignobile, cioè soggetto a mille non aveva che un corpo animale, cioè vivificato
umiliazioni e miserie, e sorgerà glorìoso, ossia dell'anima, al quale convenivano le qualità accen-
rivestito della dote della chiarezza (Apoc. VII, 16; nate ai vv. 41, 42. Se Adamo non avesse peccato,
Matt. XIII, 43). Si semina inerte, cioè pieno di il suo corpo animale sarebbe stato trasformato in

debolezza. Il corpo, nella vita presente, è uno un corpo spirituale e immortale, ecc. L'ultimo
strumento imperfetto dell'anima, si muove con Adamo, cioè Gesù Cristo, capo e fondatore della
lentezza, facilmente si stanca e spesso ricalcitra ai nuova umanità (Rom. V, 14), è spirito vivificante
comandi dell'anima, ma dopo la risurrezione sarà (nveuiiia iJcoojioioGv), cioè un essere che vive per
pieno di vigoria e docile strumento dell'anima. virtù dello spirito, e comunica agli altri questa
Esso godrà della dote dell'agi/ffà. stessa vita. In forza dell'unione ipostatica, l'anima
di Gesù fin dal primo suo istante, fu ripiena di
44. Corpo animale (iJ)t)Xtxóv),.. spirituale (uvev-
HaTixóv). Il corpo nostro nella vita presente viene grazia e godette della visione di Dio. Ora, se Dio
detto animale, perchè soggetto alle leggi della vita non l'avesse impedito, il corpo di Cristo avrebbe
vegetativa e quindi alla generazione, alla nutri- partecipato alla beatitudine dell'anima, e subito
zione, all'accrescimento, ecc., e perchè talvolta è di sarebbe entrato in possesso delle doti dei corpi
gloriosi, quali l'immortalità, ecc., vv. 41 e 42.
impedimento alle operazioni intellettuali dell'anima
(Sap. VI, 15). Dopo la risurrezione però, non sarà Compiuta però l'opera della redenzione, il corpo
di Gesù fu trasformato e fatto partecipe della
più soggetto alla nutrizione, ecc., e neppure sarà
d'impedimento all'anima nelle sue più nobili azioni, beatitudine dell'anima, e quindi, nella sua risur-
rezione, Gesù divenne spirito vivificante, perchè
ma sarà spirituale, ossia interamente soggetto allo
spirito vivificato dalla grazia dello Spirito Santo
non solo entrò in possesso di una vita immortale,
(Ved. n. II, 14) : L'anima glorificata avrà un pieno ma divenne ancora la fonte che comunica l'immor-
talità e la spiritualità ai corpi dei giusti (Cf. Coloss.
dominio sul corpo, e il corpo verrà a partecipare
delle qualità dello spirito, e più non sarà sog- Ili, 21; Filipp. Ili, 21).

getto alle leggi della materia, ma godrà ancora 46. A


chi domanda perchè lo stato spirituale,
della dote della sottigliezza. benché più perfetto, sia venuto dopo lo stato ani-
Se vi ha un corpo, ecc. L'Apostolo, dall'esistenza male più imperfetto, l'Apostolo risponde con un
di un corpo animale nella vita presente, conchiude principio generale : L'ordine naturale vuole che
all'esistenza di un corpo spirituale per la vita si cominci da ciò che è imperfetto, e si passi poi
futura. Il corpo infatti fu creato per servire all'a- a ciò che è più perfetto. Dio ha voluto anche r^el-
nima, e quindi le condizioni della sua esistenza l'ordine soprannaturale seguire spesso questa legge,
variano secondo i diversi stati dell'anima. Or.a, se e perciò ha stabilito, che allo stato spirituale più
nel tempo presente il corpo nostro è animale perfetto, precedesse lo stato animale più ira-
(i{)uXixóv), perchè partecipa alla vita naturale del- perfetto.
l'anima, e le serve per le operazioni vegeta- 47. Il primo uomo, cioè Adamo, fu tratto dalla
tive, ecc., dopo la risurrezione sarà spirituale, terra (ex Nel testo greco dei LXX, Gen.
yr^c).
perchè parteciperà alla vita soprannaturale dello Il, 7, si legge Dio prese (XoGv dnò Tn<; yi\c,) pol-
:

spirito e gli sarà interamente soggetto. Come sta


vere dalla terra per formare il corpo di Adamo.
scritto. Gen. L'Apostolo cita un testo della
II, 7. Perciò Adamo dalla terra è terreno (gr. Xoìxói; =
Scrittura, per provare la sua affermazione intorno lett. di polvere), e il suo corpo, imperfetto di na-
all'esistenza di un corpo animale e di un corpo tura sua, è soggetto alla corruzione e alla morte.
spirituale. n secondo uomo, cioè Gesù Cristo, secondo capo
45. Solo le parole : l'uomo fu fatto anima vi- del genere umano, in opposizione ad Adamo primo
vente, appartengono alla S. Scrittura. L'Apostolo capo (Rom. V, 14; Filipp. Ili, 21). Dal cielo:
vi aggiunse primo e Adamo, per far meglio risal- Gesù viene dal cielo perchè è il vero Figlio di
tare l'opposizione che vuole stabilire tra i due capi Dio disceso dal cielo e incarnatosi nel seno puris-
dell'umanità, Adamo e Gesù Cristo. Dio, formato simo di Maria Vergine, e non già perchè abbia
il corpo dell'uomo di fango, gli ispirò in faccia un portato con sé dal cielo il corpo, come sognarono
soffio di vita, e l'uomo fu fatto anima vivente (i|)uX^ alcuni eretici. Egli quindi ha un'origine celeste,
J^onq), ebraismo che significa essere vivente, o ed è un uomo celeste, avendo un corpo che, fin
meglio essere che vive per virtù dell'anima. Di dalla sua concezione, aveva diritto alla partecipa-
conseguenza Adamo, in forza della sua origine, e, zione della gloria, e che infatti fu glorificato nella
prescindendo dalla sua elevazione all'ordine so- risurrezione. Celeste manca nel greco, ma serve
prannaturale, che non gli era per nulla doyuta, a spiegar bene il senso di dal cielo.
I Corinti, XV, 48-51 181

cùndus homo de caelo, caeléstis. ^^Qualis secondo uomo dal cielo, celeste. ^"Quale il
terrénus, tales et terréni : et qualis caeléstis, terreno, tali anche i terreni quale il celeste, :

tales et caeléstes. ^^Igitur sicut portàvimus tali anche i celesti. ^^Come dunque abbiamo
imàginem terréni, portémus et imàginem portato l'immagine del terreno, portiamo
caeléstis.^°Hoc autem dico, fratres quia : anche l'immagine del celeste. ^"Dico questo,
caro et sanguis regnum Dei possidére non fratelli, perchè la carne e il sangue non
possunt ncque corrùptio incorruptélam pos-
: possono ereditare il regno di Dio né la cor- :

sidébit. ruzione erediterà rincorruttibilità.


^^Ecce mystérium vobis dico Omnes qui- : ^^Ecco io vi dico un mistero : Risorge-
dem resurgémus, sed non omnes immutàbi- remo veramente tutti, ma non tutti saremo

48. Quale, ecc. Ciascuno dei due Adami ha e min. portano traccie della terza lezione. La
lasciato una posterità, che gli rassomiglia. L'Adamo terza lezione « tutti non dormiremo, ma tutti saremo
terreno, trasmise ai suoi discendenti un corpo ter- cangiati », si trova nei codici B E K L P, in quasi
reno e mortale, quale l'aveva egli stesso, e perciò tutti i minuscoli, presso quasi
tutti i Padri greci,
tutti i suoi figli sono terreni, cioè hanno corpi nelle versioni siriache, copta, gotica, ecc., e per
destinati alla corruzione. L'Adamo celeste. Gesù testimonianza di S. Gerolamo, si trovava pure in
Cristo, trasmette a tutti coloro, che credono in lui alcuni codici latini, ed è entrata nelle edizioni cri-
e lo amano, un corpo celeste, ossia immortale, tiche di Tischendorf, Westcott-Hort, Nestle, ecc.
quale l'ha Egli dopo la risurrezione, e perciò tutti Questa terza lezione, avendo in suo favore mag-
i suoi figli avranno corpi spirituali e gloriosi. gior numero di autorevoli testimonianze, è criti-

49. L'Apostolo deduce una conclusione pratica.


camente preferibile. Inoltre, lo stesso contesto
Per necessità di natura abbiamo portato l'immagine sembra esigerla. Le due prime lezioni infatti affer-
dell'Adamo terreno, avendo un corpo soggetto alla mano, che tutti moriranno e che non tutti, ma
corruzione e alla morte. Portiamo anche, volon- solo i buoni, saranno cangiati; la terza lezione
invece dice, che non tutti moriranno, ma tutti
tariamente, l'immagine delVAdamo celeste, ossìa
di Gesù, cercando, con una vita santa, di meri-
saranno cangiati. Ora, se sì osserva che, nei vv.
prec. l'Apostolo ha sempre parlato direttamente
tarci di avere un giorno un corpo incorruttibile e
della sola risurrezione dei giusti, sì comprenderà
immortale. Il codice B e pochi altri minuscoli,
hanno il futuro porteremo, ma la lezione della Vol- tosto, che non ha potuto tutto ad un tratto discor-
rere della risurrezione degli empi, come suppon-
gata ha in suo favore tutti gli altri codici, ed è
perciò criticamente da preferirsi. Nel Battesimo
gono le due prime lezioni, e porre, al v. 51, se
abbiamo deposto l'immagine dell'uomo terreno stesso tra coloro che non saranno cangiati e, al
(Rom. VI, 3 e ss.), e cominciato a portare l'im- v. 52, tra coloro che saranno cangiati « non :

tutti saremo cangiati » e a noi saremo cangiati ».


magine di Gesù Cristo (Rom. VI, 15, 19), imma-
gine che diverrà perfetta dopo la risurrezione Tutto invece è chiaro accettando la terza lezione.
(Filipp. Ili, 21).
L'Apostolo, per dar più vivezza al suo dire, pone
se stesso come spettatore del giudizio. Gesù verrà
50. e il sangue, non significano già
La carne improvviso ; parecchi giusti, come qui e I Tess. IV,
qui opere della carne, cioè i peccati di cui
le
16, insegna l'Apostolo, saranno ancora vivi, e
(Rom. VIII, 12-13), ma bensì il nostro organismo allora sorge la questione Che avverrà dì questi
:

nel suo stato attuale. L'Apostolo vuol dire, che


giusti, poiché non è possìbile che entrino nella
noi non potremo entrare nell'eterna beatitudine gloria con un corpo corruttibile? Ecco il mistero
con un corpo corruttibile e mortale come abbiamo che annunzia l'Apostolo Noi giusti non dormi-
:
ora. La corruzione, cioè il corpo corruttibile, non
remo tutti, ma tutti saremo
trasformati, in un
erediterà rìncorruttibile, ossia eterna, senza
la vita
momento... (52), i giusti morti risorgeranno incor-
prima subire una trasformazione. Tale è l'inter- rotti, enoi giusti vivi saremo cangiati, ecc. Gioverà
pretazione più comune tra gli esegeti cattolici
ancora notare che, se l'Apostolo parlasse della ri-
(Ved. Cornely, h. 1.).
surrezione dei buoni e dei cattivi, userebbe non già
51. Nei vv. 51-58, l'Apostolo passa a descrìvere la seconda, ma la terza persona, e non annun-
il modo con cui avverrà la risurrezione alla fine zierebbe un mistero, poiché dell'universale risur-
dei tempi (Cf. I Tessal. IV, 12 e ss.). Dapprima rezione aveva parlato chiaramente Nostro Signore
risponde a una difficoltà che poteva nascere dal (Giov. V, 28-29), e lo stesso S. Paolo ad Atene
V. 50 : Se il nostro corpo corruttibile, non può (Atti XVII, 18, 32). L'unica difficoltà che si può
essere partecipe della beatitudine, che sarà adun- muovere contro questa spiegazione, è tratta dal
que di coloro che si troveranno vivi alla venuta di V. 22 e Rom. V, 12; e Ebr. IX, 27, dove si afferma
Gesù Cristo giudicatore? Vi dico un mistero, cioè che tutti dovranno morire. Si risponde da alcuni
una verità, che non si può conoscere colle sole che qui si tratta di un'eccezione, la quale non di-
forze della ragione, ma che ho avuta per divina strugge la legge comune, e d'altra parte, come os-
rivelazione (I Tess. IV, 14). Risorgeremo, ecc. Il serva S. Tommaso, I, Il.ae, q. 81, a. 3 ad 1,
testo greco presenta tre differenti lezioni La : « benché costoro non muoiano, vi è però in essi
prima è quella della Volgata, che si trova nel solo il reato di morte, ma la pena è tolta da Dìo, il
codice D e presso alcun? Padri latini. La seconda: quale può perdonare anche le pene dei peccati at-
« tutti dormiremo (moriremo), ma non tutti saremo tuali». S. Tommaso però (ibid.), dice più proba-
cangiati » si trova nei codici K A C F e in uno G bile l'opinione che tutti abbiano a morire, e (in
minuscolo, nella versione armena, e, per testi- Ep. I Cor., h. 1.) aggiunge che la Chiesa, « magis
:

monianza di S. Gerolamo e di Sant'Agostino, si acceptat», ossìa è più favorevole a tale sentenza,


trovava pure in alcuni codici latini. Si deve però il che é pienamente conforme a quanto afferma il
osservare che il codice A è corrotto, e i codici F G Catechismo del Concilio di Trento (P. I, art. 11,
182 I Corinti, XV, 52-55

mur. ^^In moménto, in ictu óculi, in novis- cangiati. "In un momento, in un batter dì
sima tuba canet enim tuba, et mórtui re-
: occhio, all'ultima tromba
poiché suonerà :

sùrgent incorrùpti : et nos immutàbimur : la tromba, e i morti risorgeranno incorrotti :

''^Opórtet enim corruptibile hoc indùere ìn- e noi saremo cangiati. ^^Poichè fa d'uopo che
corruptiónem : et mortale hoc indùere im- questo corruttibile si rivesta dell'incorrutti-
mortalitàtem. bilità e questo mortale si rivesta dell'im-
:

mortalità.
^
^'*Cùm autem mortale hoc indùerit immor- ^Quando poi questo mortale si sarà rive-
sermo, qui scriptus est
talitàtem, tunc fiet : stito della immortalità, allora sarà adempiuta
Absórpta est mors in Victoria ^^Ubi est : la parola che sta scritta : E' stata assorbita
mors Victoria tua ? ubi est mors stimulus la morte nella vittoria. '^^Dov'è, o morte, la

" Os. XIII, 14; Hebr. II, 14.

n. 6) Bcclesiam sententiae Latinorum Patrum,


: a II Cor. V, afferma pure di non sapere se, al
3,
(che morranno) acquiescere, ipsamque magis
tutti momento della parusia, egli sarà vivo o morto.
veritati convenire ». (Ved. la confutazione: Rom. XIII, 11-13. Cf. pure
I Cor. VII, 26).
Ciò posto, siamo d'avviso che, pur ritenendo la
terza lezione « non tutti dormiremo, ma tutti sa- 53. L'Apostolo insiste sulla necessità della ri-
remo cangiati », la si possa conciliare colla sen- surrezione e della trasformazione dei corpi, acciò
tenza della morte dì tutti, supponendo che l'Apo- si possa entrare nella beatitudine. Questo corpo
stolo, nel dire che non tutti dormiremo, parli della corruttibile, e quindi quello stesso corpo che ora
morte ordinaria, a cui succede la lenta corruzione abbiamo, dovrà rivestirsi di incorruttibilità, e di
del sepolcro. I giusti che saranno vivi alla venuta immortalità (Conc. Lat. IV cap. flrmiter). Questo
di Gesij Cristo, non moriranno di tale morte, ma mortale, ecc. Queste parole si riferiscono al corpo
in un istante morranno e risorgeranno coi corpi di coloro, che saranno ancora vivi alla venuta del
gloriosi, e quindi dice l'Apostolo Noi giusti non : Signore.
dormiremo tutti il lungo sonno del sepolcro, ma 54-57. Vitoria finale di Gesù
sulla morte e canto
tutti cangiati in un momento, ecc. (Ved. Van
saremo di trionfo. I codici BADE
K, ecc., numerosi Padri
Steenkiste, h. 1. ; Estio, h. 1. ; Crampon, h. 1., greci e latini e parecchie versioni, cominciano così
e per tutta la questione, Cornely, h. 1. e Introd. il versetto Quando poi questo corruttibile sarà
:

gen. in libr. sacr., II ed., p. 478; Fouard, St-Paul, rivestito di incorrutibìlità e questo mortale, ecc.
ses missions, Paris 1908, p. 314; Corluy, Spici- Questa lezione è preferibile a quella della Volgata,
legium dogm.-lib., t. I, p. 332-338; Prat, La la quale però si trova pure in alcuni buoni codici,
Théologie de St-Paul, I par., p. 111-112, ecc.). quale p. es., il Sinaitico, e in alcune versioni.
un momento (gr. év àTÓfiw, in un istante
52. In
Quando adunque tutti saranno risuscitati e rivestiti
di corpi gloriosi, allora il trionfo di Cristo sulla
un batter d'occhio, ecc., avrà luogo
indivisibile), in
morte, sarà completo allora sarà adempiuta la
la trasformazione dei nostri corpi. Queste parole
:

parola che sta scritta in Isaia XXV, 8. La citazione


vanno unite al v. prec. Suonerà la tromba, ecc.
Col nome di tromba, si deve intendere un qualche non è letterale, e si scosta dal testo dei LXX,
avvicinandosi di più all'ebraico, in cui si legge :
segno straordinario e manifestissimo, che altrove
(I Tess: IV,viene chiamato voce dell'arcan-
15)
lahve ha inghiottito, o divorato, la morte per sem-
pre. Il profeta annunzia che, nella nuova Geru-
gelo, tromba voce del Figlio di Dio (Giov.
di Dio,
V, 28). Non possiamo determinare maggiormente
salemme celeste, non vi sarà più morte né dolore,
ecc., e San Paolo, con leggiera modificazione,
in che cosa esso consista. Tutti però si accordano
nel ritenere l'espressione come una metafora, de-
ponendo il passivo in luogo dell'attivo, proclama,
dotta dall'uso degli Ebrei di convocare il popolo
che la morte è vinta e sconfitta completamente dal
alle assemblee religiose, mediante il suono della suo avversario vittorioso Gesù Cristo (Gen. Ili,
19^. La versione dei LXX « la morte prevalente
tromba (Num. X, 2-10). Questa tromba viene detta
ultima, perchè sarà l'ultimo segno, che precederà
ha inghiottitoi», ecc., non è esatta, o per lo meno
è molto oscura, e giustamente perciò l'Apostolo
la venuta di Gestì Cristo. A questo segno i morti
si attenne al testo ebraico. Colla risurrezione fi-
risusciteranno incorrotti, cioè rivestiti di corpi glo-
nale, sarà vinto l'ultimo nemico, cioè la morte,
riosi, e noi tutti giusti che allora vivremo, saremo
cangiati, ossia non moriremo di morte ordinaria,
e la vita trionferà in tutto il suo splendore.
ma in un istante passeremo dalla vita mortale alla 55. O morte, ecc. Rapito di meraviglia, al con-
vita dell'immortalità. Se l'Apostolo usa la prima templare sì grande vittoria, l'Apostolo, citando al-
persona, ponendosi tra coloro che saranno vivi alla cune parole di Osea, XIII, 14, intona l'inno del
venuta del Signore, è per dare più vigore al suo trionfo. La citazione è
fatta sui LXX, benché non
discorso, e non già perchè credesse imminente la sia letterale. profeta annunzia la restaurazione
Il

parusia, ossia la yenuta del Signore, come vor- d'Israele, figura della rendenzione operata da Gesù
rebbero molti razionalisti e anche alcuni cattolici Cristo. Dov'è la tua vittoria, che credevi di aver
(Bisping, ecc.). Ciò è così vero, che l'Apostolo, riportata sui morti? Dov'è il tuo pungiglione, col
mentre in questo v. si accomuna con coloro che quale cercavi di inoculare il tuo veleno in tutti,
saranno vivi, al cap. VI, 14 e II Cor. IV, 14, si per assoggettare tutti al tuo dominio? Ogni potere
pone invece tra coloro che dovranno risuscitare, e della morte è stato completamente distrutto.
I Corinti, XV, 56-58 — XVI, 1-2 133

tuus? ^^Stìmulus autem mortis peccatum tua vittoria? dov'è, o morte, il tuo pungi-
est virtus vero peccati lex. ^^Deo autem
: glione? ^®I1 pungiglione poi della morte è
gràtias, qui dedit nobis victóriam per Dó- il peccato e la forza del peccato è la legge.
:

minum nostrum lesum Christum. ^"Itaque "Ma grazie a Dio, il quale ci ha dato vittoria
fratres mei dilécti, stàbiles estóte et immó- per Gesù Cristo Signor nostro. ^^Per la qual
biles abundàntes in opere Dòmini semper,
: cosa, fratelli miei cari, siate stabili ed immo-
sciéntes quod labor vester non est inànis in bili,abbondando sempre nell'opera del Si-
Dòmino. gnore, poiché sapete come il vostro travaglio
non è infruttuoso nel Signore.

CAPO XVI.

Modo C071 cui si deve fare la colletta, 1-4. —


Progetti di viaggio, s-9- RaccO' —
mandazioni particolari, 10-18. —
Saluti e benedizione apostolica, ig-24.

^De colléctis autem, quae flunt in sanctos, ^Quanto poi alle collette che si fanno pe'
sicut ordinavi Ecclésiis Galàtiae, ita et vos santi,conforme la regola data da me alle
fàcite. ^Per unam sàbbati unusquisque ve- Chiese della Galazia, così fate anche voi.
strum apud se sepònat, recóndens quod el ^Ogni primo giorno della settimana ognune

I Jean. V, 5.

56. Il pungiglione, ecc. Spiega che cosa sia que-


sto pungiglione. La metafora, com'è chiaro, è tolta GAPO XVI.
dagli animali, insetti, scorpioni, ecc., i quali ino-
culano il loro veleno per mezzo del pungiglione. 1. Nell'epilogo (1-24) l'Apostolo dà alcuni avvisi
Ora il pungiglione avvelenato, di cui la morte si di minor importanza, e poi aggiunge i saluti. Go-
serve per assoggettare gli uomini al suo dominio, mincia a parlare della colletta per i poveri di
è il peccato, poiché per il peccato la morte è en- Gerusalemme, prescrivendo il modo con cui doveva
trata nel mondo (Rom. V, 12). Si parla, come è farsi (1-4). Probabilmente i Gorinti avevano inter-
chiaro, del peccato originale, il quale, prendendo rogato l'Apostolo anche su questo punto (VII, 1 ;

occasione e incitamento dalla legge mosaica, operO VIII, 1; XII, 1). Alle collette. Nel greco vi è il
nell'uomo ogni sorta di concupiscenza. Senza la singolare. Per i santi, cioè per i fedeli poveri di
legge il peccato era morto (Rom. VII, 8). Acciò Gerusalemme, come si legge Rom. XV, 26 (Ved.
non si creda che il peccato sia stato tolto dalla n. ivi). L'Apostolo qui non li nomina esplicita-
legge € che perciò la morte abbia perduto il mente, perché di essi aveva già parlato in una
suo pungiglione, l'Apostolo aggiunge la forza del
: epistola precedente, andata perduta (V, 9). San
peccato è la legge, per far comprendere che la Paolo e S. Barnaba, nel partire per evangelizzare
legge diede piuttosto occasione al peccato di ren- i pagani, erano stati pregati di voler procurare
dersi più forte. L'Apostolo riassume con queste soccorsi ai poveri di Gerusalemme (Gal. II, 9).
parole, quanto ha detto Rom. IV, 5 e ss., riguardo L'Apostolo mantenne la parola (Rom. XV, 25 e ss. ;
al peccato e alla legge. II Gor. Vili, 1-10, 15; IX, 2, 5), ed egli stesso in

57. Giò che non ha potuto fare la legge, l'ha persona si recò a Gerusalemme a portarvi i soc-
fatto Gesù Gristo, il quale, colla sua morte, ha corsi (Atti XXIV, 17).
vinto il peccato e la morte, soddisfacendo per noi 2. Spiega il modo con
cui si doveva fare questa
e liberandoci dalla loro schiavitù. Ci ha dato. Nel Ogni primo giorno della settimana, cioè
colletta.
greco vi è il presente ci dà. La vittoria è già ogni Domenica, la cui celebrazione, come si ricava
cominciata, benché non abbia il suo compimento anche da Atti XX, 7, già fin d'allora era stata so-
che alla futura risurrezione. stituita alla celebrazione del Sabato. Solo più tardi
58. Gonchiude con una breve esortazione. Poi- però, al primo giorno della settimana fu dato il
ché dunque il Signore vi dà vittoria del peccato e nome di Domenica (Apoc. I, 10). L'espressione
della morte, siate stabili e immobili nella fede della unam sabbati, è un ebraismo dovuto al fatto che
futura risurrezione, abbondando sempre nell'opera gli Ebrei, nel contare i giorni della settimana, usano

del Signore, cioè in generale nelle opere buone, invece degli ordinativi i numeri cardinali. Quello
dette del Signore, perché da lui comandate e fatte che gli parrà. Nel greco: quello che gli sarà an-
colla sua grazia. Secondo altri l'opera del Signore dato bene. L'Apostolo vuol dire, che ogni Dome-
sarebbe la propagazione della Ghiesa (XVI, 10). nica, del giusto guadagno della settimana, mettano
Poiché sapete, ecc. Questo fervore nel fare il bene, da parte qualche cosa, a seconda dei loro mezzi,
deve accendersi in voi alla certezza del premio. Il per i poveri di Gerusalemme. Affinchè, ecc. Vo-
vostro lavoro non è infruttuoso, perchè vi renderà leva che al suo arrivo a Gorinto tutto fosse già
degni della futura risurrezione, a condizione però pronto, sia perchè così più presto avrebbe potuto
che sia fatto nel Signore, cioè in unione intima portare la colletta a destinazione, e sia affmchè
con Gesù Gristo. i neofiti fossero più liberi nel dare, e non sera
184 I Corinti, XVI, 3-11

bene placuerit : venero, tunc


ut non, cùm di voi metta da parte e accumuli quello che
coUéctae fiant. 'Cùm autem
praesens fuero : gli parrà affinchè non s'abbiano a far le
:

quos probavéritìs per epistolas, hos mittam collette quando


io sarò arrivato. 'Quando poi
perférre gràtiam vestram in lerùsalem. sarò presente manderò con lettere quelli
:

*Quod si dignum fùerit ut et ego eam, me- che avrete eletti a portar il vostro dono a
cura ibunt. Gerusalemme. '*Che se la cosa meriterà che
vada anch'io, partiranno con me.
"Véniam autem ad vos, cùm Macedóniam ®0r io verrò da voi quando avrò passata
pertransìero nam Macedóniam pertransibo.
: la Macedonia poiché traverserò la Mace-
:

*Apud vos autem fórsitan manébo, vel étiam donia. "Ma presso di voi forse mi tratterrò,
hiemàbo ut vos me deducàtis quocùmque
: od anche svernerò affinchè voi mi accom-
:

iero. ^Nolo enim vos modo in trànsitu vidére, pagniate dovunque andrò. ^Poiché io non
spero enim me aliquàntulum témporìs ma- voglio adesso vedervi di passaggio, ma spero
nére apud vos, si Dóminus permìserit. *Per- di trattenermi qualche tempo tra voi, se il
manébo autem Ephesi usque ad Pentecósten. Signore lo permetterà. "Or io mi tratterrò
•Ostium enim milii apértum est magnum, et in Efeso fino alla Pentecoste. "Giacché mi
évidens : et adversàrii multi. si è aperta una porta grande e spaziosa e :

molti avversarli.
"Si autem vénerit Timótheus, vidéte ut "Chese verrà Timoteo, procurate che
Bine timóre sit apud vos opus enim Dòmini : stia tra voisenza timore perché egli accu- :

operàtur, sicut et ego. "Ne quis ergo illum disce all'opera del Signore, come io stesso.
spernat : dedùcite autem illum in pace, ut "Nessuno adunque lo disprezzi : ma accom-

brasse che, colla sua presenza, egli li volesse durre avanti (greco), ossia lo provvedano di quel
costringere. che è necessario per il viaggio. Era questo un
3. Affine di tener lontano da sé ogni sospetto, segno di grande affetto, perchè l'Apostolo, solo
dalle Chiese che amava in modo speciale, si adat-
e non dar occasione di calunnia ai suoi nemici,
tava a ricevere qualche sussidio.
l'Apostolo si rifiuta di amministrare egli stesso Te
elemosine raccolte, ma vuole che i fedeli di Co- Vedervi di passaggio, come dovrei fare se
7.
rinto eleggano alcuni loro rappresentanti per por- venissi prima da voi, che in Macedonia. Se il
tarle a Gerusaleme. Come Apostolo egli si con- Signore, da cui tutto dipende, lo permetterà (IV,
tenterà, qualora non si tratti di una grande somma, 19; Rom. XV, 32; Cf. Atti XVI, 6 e ss.).
di accompagnare i rappresentanti, con alcune let- 8. Mi in Efeso. Da ciò si deduce, che
tratterò
tere di raccomandazione per i cristiani di Gerusa- la fu scritta da questa città. Fino a Pen-
lettera
lemme. tecoste, cioè ancora per due mesi circa. A causa
4. Se la cosa meriterà che vada anch'io, ossia di un tumulto, dovette però partire più presto
se la somma raccolta sarà grande, i vostri legati (Atti XIX, 25).
partiranno con me, e così li accompagnerò io 9. Motivo per cui si trattiene in Efeso. Mi si
stesso in persona sino a Gerusalemme. Cf. Rom. è aperta una porta, ecc. Questa metafora indica
XV, 23 e Atti XX, 1-6. Le cose infatti andarono che all'Apostolo si è offerta un'occasione favore-
così, e S. Paolo, assieme ai legati, si portò poi vole, per predicare con frutto il Vangelo (II Cor.
a Gerusalemme dove fu arrestato (Atti XXIV, 17). II, 12; Coloss. IV, 3, ecc.). L'Apostolato di San

5.Volendo che tutto fosse pronto al suo arrivo Paolo in Efeso è narrato Atti XIX, 1 e ss. Spa-
a Corinto, dà alcuni ragguagli intorno ai suoi ziosa. II greco èvepYTÌ<; significa piuttosto efficace.
viaggi. Verrò da voi, come ho già promesso (IV, Molti avversari contro i quali devo combattere
19; XI, 34; XIV, 6). Quando, ecc. L'Apostolo (II (Atti XIX, 23 e ss.), e che infatti lo costrinsero

Cor. I, 15) aveva dapprima stabilito di andare di- a partire prima del tempo fissato.
rettamente da Efeso, dove allora si trovava, fino 10-18. Fa alcune raccomandazioni particolari. Se
a Corinto, e poi partire per la Macedonia. I torbidi verrà Timoteo, ecc. L'Apostolo, appena ricevette
della Chiesa di Corinto costrinsero l'Apostolo a in Efeso notizia dei torbidi di Corinto, mandò
mutare il suo itinerario (Cf. II Cor. I, 15 e ss. ; Timoteo ed Erasto in Macedonia (Atti XIX, 22)
II, 1 e ss.). Egli andrà prima in Macedonia e poi pregando Timoteo di passare poi da Corinto e
a Corinto (Ved. la effettuazione di questo viaggio pacificare gli animi (IV, 17). Nel frattempo, avendo
Atti XX, 1 e ss.; II Cor. II, 12-13; Vili, 1; IX, conosciuto meglio le cose, scrisse subito questa
2-4). Passerò, ecc. La visita in Macedonia sarà lettera, temendo che Timoteo arrivasse troppo
assai breve. tardi. Prende però occasione per raccomandarlo ai
Corinti, stante che era molto giovane, e poteva
6. Mapresso di voi, ecc. Per offrire loro un
compenso della sua visita differita, promette che si
temere che venisse disprezzato (I Tim. IV, 12). Stia
fermerà poi un tempo notevole presso di loro. senza timore, sia cioè rispettato da tutti, perchè
Svernerò. L'Apostolo scrisse questa lettera durante quantunque giovane, lavora nel campo del Signore
(Filipp. II, 29). L'opera del Signore è qui la pre-
le feste pasquali (Ved. Introd.), e faceva conto di
rimanere ancora in Efeso sino a Pentecoste, e poi, dicazione del Vangelo, come si ricava dal fatto,
visitata la Macedonia, nell'autunno portarsi a Co- che S. Paolo raccomanda Timoteo come un suo
rinto e passarvi poi l'inverno. Affinchè voi mi cooperatore.
accompagniate, ecc. Non solo si fermerà a lungo 11. Accompagnatelo, come al v. 6, conducetelo
tra loro, ma si fermerà affinchè lo facciano con- in avanti. Coi fratelli. Erasto e qualche altro, man-
I Corinti, XVI, 12-19 185

véniat ad me : expécto enim illum cum pagnatelo con buona grazia, affinchè venga
fràtribus. da me perocché aspetto lui coi fratelli.
:

"De Apollo autem fratre vobis notum "Quanto poi al fratello Apollo, io vi fo
fàcio, quóniam multum rogavi eum ut ve- sapere che lo ho pregato forte che venisse
niret ad vos cum fràtrìbus et ùtique non : da voi coi fratelli ma assolutamente non
:

fuitvolùntas ut nunc veniret véniet autem, : ha voluto venire adesso verrà invece :

cura ei vàcuum fùerit. "Vigilate, state in quando gli sarà comodo. "Vegliate, siate
fide, viriliter agite, et confortàmini. "Omnia costanti nella fede, operate virilmente, e for-
vestra in charitàte fiant. tificatevi. "Tutte le cose vostre siano fatte
nella carità.
^^Obsecro autem vos fratres, nostis do- ^^Vi prego poi, o fratelli : voi sapete come
mum Stéphanae, et Fortunati et Achàici : la famiglia di Stefana e quella di Fortunato
quóniam sunt primitiae Achàiae, et in mini- e di Acaico sono le primizie dell'Acaia, e
stérium sanctórum ordinavérunt seipsos : si sono consacrati al servizio dei santi :
"Ut et vos sùbditi sitis eiùsmodi, et omni ^"che anche voi siate sottomessi a questi
cooperanti, et laborànti. ^^Gàudeo autem in tali, e a chiunque coopera e si affatica.
praeséntia Stéphanae, et Fortunati, et A- ^^Godo della presenza di Stefana e di For-
chàici : quóniam id, quod vobis déerat, ipsi tunato e di Acaico : poiché questi hanno
supplevérunt "Refecérunt enim et meum
: supplito alla vostra assenza "perocché :

spiri tum, et vestrum. Cognóscite ergo qui hanno ristorato il mio e vostro spirito. Di-
Iiuiùsmodi sunt. stinguete adunque quei che sono tali.
"Salùtant vos Ecclésiae Asiae. Salùtant "Vi salutano le Chiese dell'Asia. Vi salu-
vos in Dòmino multum, Aquila, et Priscilla tano nel Signore grandemente Aquila e Pri-
cum domèstica sua ecclesìa apud quos et : scilla con la loro Chiesa domestica : dei

dati assieme a Timoteo nella Macedonia e a Corinto consecrati, ecc. Stefana e la sua casa si erano con-
(Atti XIX, 22). Alcuni riferiscono queste parole secrati al servizio dei cristiani poveri, infermi, ecc.,
ai cristiani di Efeso, come se l'Apostolo
dicesse : esercitavano largamente l'ospitalità, ecc.
io, assieme ai fratelli dì Efeso, lo aspetto, ma la
16. I due motivi anzidetti, vi siano di stimolo
prima spiegazione è piìì probabile. ad essere sottomessi a questi ecc. Secondo i
tali,
V. n. I, 12. Lo ho pregato, ecc.
12. Apollo. migliori interpreti, nonqui di sottomis-
si tratta
L'Apostolo ricorda questa particolarità, acciò i Co- sione, come
a superiori a cui si deve ubbidienza,
rinti non credano, che sia egli a non volere che ma di una sottomissione di rispetto e di gratitu-
Apollo vada a visitarli. Coi fratelli, cioè coi Cri- dine, dovuta a quelli che sono più perfetti e che
stiani di Corinto, latori di questa epistola. Non hanno Perciò l'Apostolo soggiunge,
fatto benefìzi.
ha voluto forse a motivo, che il suo nome essendo che sottomissione è dovuta a chiunque coopera
tale
divenuto come una bandiera
combattimento tra
di e si affatica inprò' della Chiesa, come facevano
le varie fazioni, non voleva, colla sua presenza, anche Fortunato e Acaico.
dare occasione a nuovi torbidi tra i fedeli (III, 4-6). 17. Fortunato, Acaico. Di queéti due discepoli
13. La menzione di Apollo, richiama la mente non conosciamo altro che il nome. E' però sen-
dell'Apostolo sullo stato miserabile della Chiesa di tenza comune che essi, assieme a Stefana, abbiano
Corinto, e gli strappa questa breve esortazione : portato a S. Paolo la lettera dei Corinti, e poi
Vegliate sui pericoli a cui è esposta la vostra riportato ai Corinti questa lettera-risposta di San
Chiesa, affine di non cadere nel male. Siate co- Paolo (Cf. VII, 1). Hanno supplito alla vostra
stanti nella fede, che vi fu predicata. Nella fede, assenza. Avrei desiderato di vedere voi tutti, e la
troverete la forza necessaria per resistere ai vostri loro presenza è stata per me, come se vi avessi
nemici e riportarne vittoria. veduti tutti. Quanta tenerezza di affetto nel cuore
dell'Apostolo
14. La carità è necessaria in tutte le cose, ma !

la sua necessità era più viva a Corinto, dove la 18. Hanno ristorato, ossia consolato e riempito
mancanza di essa era stata la causa principale di il mio spirito, non solo colla loro presenza,
di gioia
tanti disordini, e di tante fazioni. sia anche perchè essendo vostri legati, conver-
15. Raccomanda ora ai Corinti la carità e la gra-
sando con loro, mi pareva conversare con voi.
titudine verso i loro legati. Vi prego, ecc. La
Anch'essi furono consolati al vedermi, e poiché
nel loro cuore portavano tutta la Chiesa di Corinto,
costruzione della frase è assai irregolare, e, con
la consolazione da essi provata è pure consola-
tutta probabilità, il verbo vi prego dev'essere unito
al V. 16 che anche voi siate sottomessi, ecc., e zione vostra. Distinguete, ossia onorate, rispettate
:

>e parole voi sapete, ecc., vanno considerate come


adunque quei che sono tali (gr. tali uomini).

una parentesi. E quella di Fortunato e di Acaico. 19-24. Saluti e benedizione apostolica. Le Chiese
Queste parole mancano in quasi tutti i migliori dell'Asia proconsolare, la cui capitale era Efeso,
codici greci, e, probabilmente, sono una glossa dove S. Paolo aveva dimorato per tre anni, fon-
introdottasi dal v. 17. La famiglia di Stefana. dando varie cristianità per tutta la provincia (Atti
Questo discepolo, insieme alla sua famigKa, era XIX, IO). Nel Signore, cioè con un saluto che nro-
stato battezzato dallo stesso S. Paolo (I, 16). Sono viene carità. Aquila e Priscilla, dut santi
dalla
(è) le primizie dell'Acaia, perchè fu il primo, di sposi, che avevano contribuito molto alla fo..ja-
questa provincia, ad abbracciare Ja fede. Sì sono zione della Chiesa di Corinto (Atti XVIII, 1 e ss. ;
186 I Corinti. XVI, 20-24 ~ II Corinti - Introduzione

hóspitor. ^"Salùtant vos omnes fflatpes. Sa- quali sono ospite. *°Vi salutano tutti i ira-
lutate ìnvicem in osculo saiicio. telli. Salutatevi gli uni gli altri col bacio
santo.
^^Salutàtio, mea manu
'^^Si quis non Pauli. ^Ml saluto, di mano di me Paolo. ^^Se al-
amat Dóminum nostrum lesum Christum, cuno non ama Signor nostro Gesù Cristo,
il

sìt anathéma, Maran Atha. ^^Gràtìa Domini sia anatema, Maran Atha. "La grazia del Si-
;
nostri lesu Christi vobiscum. ^*Chàritas mea gnore nostro Gesù Cristo con voi. ^"La carità
<;um omnibus vobis in Christo lesu. Amen. mia con tutti voi in Cristo Gesù. Così sia.

26 e ss. Rom. XVI, 3 e ss.), e che ora si tro-


; 22. Se alcuno non ama (gr. «piXei, indica un
vavano a Efeso assieme a S. Paolo (Atti XVIII, amore tenero di amicizia) Gesù Cristo sia ana-
18-19). La loro casa, tanto a Efeso come a Roma, tema, cioè sia maledeto (Ved. n. Rom. IX, 3 e
serviva per le adunanze dei fedeli (Rom. XVI, 5), I Cor. XII, 3). Maran Atha, espressione aramaica,

e quindi l'Apostolo manda ai Corinti i saluti di la cui significazione non è ben certa. Probabilmente
tutticostoro. Alcuni, per la Chiesa domestica in- significa ; Nostro Signore viene per giudicare II
tendono la famiglia di Aquila e di Priscilla, che mondo e mandare in esecuzione la sentenza di con-
era tutta cristiana; ma la prima spiegazione è piiì danna contro chi non ama Gesù oppure secondo ;

comune, e risponde meglio ai diversi contesti altri : O Signor nostro, vieni. Si tratterebbe in
(Cf. Coloss. IV, 15). Dei quali sono ospite. Queste questo caso di una invocazione, in uso nella
parole mancano nei migliori codici greci e latini liturgia (Didache, 10; Const. Apost. VII, 26), si-
{Amiat.f Fuld.), e sono omesse nelle altre versioni. mile a quella dell'Apoc. XII, 20 « Signore Gesii,
20. Ai saluti dei fedeli, soliti a radunarsi plesso vieni». Queste parole, come Osanna, Amen, sono
Aquila e Priscilla, aggiunge i saluti di tutti i passate dalle comunità di Palestina alle altre
fedeK di Efeso. Salutatevi... col bacio (Ved. Rom. Chiese.
XVI, 16). 23. La grazia, ecc., augurio come Rom- XVI, 24
21. Di mano me
Paolo. L'Apostolo aveva det-
di (Ved. n. ivi); II Cor. XIII, 13; Gal. VI, 18, ecc.
tata questa epistola a qualche suo discepolo (Ved. 24. L'Apostolo assicura i Corinti della sua pa-
n. Rom. XVI, 22), e poi, come sigillo, vi aggiunse terna affezione. La carità mia con tutti voi (sottin-
di sua mano questi versetti, per meglio garantire teso) sia. In Cristo Gesù, in cui tutti siamo uniti,
l'autenticità della lettera, contro i falsari ^I Tessal. e che è la fonte e il fine di quella carità, che ci
II; 2; III, 17). stringe gli uni agli altri.

III.

SECONDA LETTERA AI CORINTI

INTRODUZIONE
Occasione e fine della seconda Let- al punto di insultarlo pubblicamente in una
tera Al Corinti. —
Non si accordano gli assemblea (Il Cor. 4-11 vii, 12). Afflitto e ;

autori nel determinare e spiegare i fatti che sfliiduciato S. Paolo allora tornò subito a
diedero origine a questa seconda lettera. Efeso, e scrisse ai Corinti una lettera, an-
Alcuni (Le Camus, Uceuvre des Ap., t. in, data perduta, così severa che più tardi ebbe
p. 210, 230 e ss. Toussaint, Épitres de
; quasi a pentirsene (Il Cor. ii, 4; vii, 8\
St^., t. I, p. 230 e ss., ecc.), pensano che Preoccupato poi grandemente dell'effetto
la prima lettera ai Corinti non abbia pro- che questa sua lettera avrebbe potuto pro-
dotto quei risultati che si potevano aspet- durre' inviò Tito a Corinto con ordine di
tare, anzi sia stata occasione di una mag- portargli notizie a Troade, dove egli faceva
giore opposizione da p^rte dei Giudàizzanti. conto di recarsi dopo la Pentecoste (I Cor.
Coiranimo angosciato (Il Cor. ii, 1), San XVI, 8). In conseguenza però del tumulto
Paoio sarebbe andato in persona a Corinto provocato in Efeso dall'argentiere Demetrio
(Il Cor. XII, 14), ma ricevette una pessima (Atti XX, 1), S. Paolo dovette partire da
accoglienza, anzi uno degli oppositori, giunse Efeso prima del tempo stabililo, e giunse £
II Corinti - Ini^^oouzione 1S7

Troade quando Tito non era ancora arri- moteo ad Erasto, partiti per la Macedonia
vato. Impaziente di avere notizie di Co- di passare da Coritto {Atti xix, 22; I Cor,
rinto andò inccMitro a Tito nella Macedonia IV, 17 ; XVI, 10), ma lo zelo che gli ardeva
(II Cor. II, 13), e in seguito alle informa- i;i cuore, non gli permetteva di aspettare
zioni ricevute scrisse questa nostra seconda il loro ritorno per avere informazioni, quindi

Lettera. Non è certamente impossibile che mandò a Corinto Tito e un altro discepolo
le cose siano più o meno andate così, ma a vedere come andassero le cose, con or-
come fa ben osservare Jacquier [Histoire des dine di portargli notizie a Troade (II Cor.
Livres du N. T., t. i, p. 141 e ss.), tre fatti II, 12; XII, 18). Avendo però egli dovuto
rimangono dubbi 1° la visita di S. Paolo
: partire da Efeso prima di quel che si pro-
a Corinto 2° la lettera tra la prima e la se-
; poneva {Atti XIX, 23), giunse a Troade
conda ai Corinti 3° la pubblica offesa fatta
; quando Tito non era ancora arrivato, e al-
da un oppositore a S. Paolo. lora, partito quasi subito, andò incontro al
Se infatti si deve ammettere che S. Paolo suo discepolo raggiungendolo nella Mace-
fu tre volte a Corinto (II Cor. xii, 14), due donia (II Cor. II, 12, 13).
delle quali sono ricordate dagli Atti (xviii, Le notizie che Tito gli recava, nel com-
1; XX, 2), non è per nulla dimostrato che plesso erano buone (II Cor. vii, 5 e ss.). La
l'altra visita abbia avuto luogo tra la prima lettura della lettera aveva prodotto nell'a-
e la seconda lettera, potendo benissimo es- nimo dei Corinti un'impressione salutare
sere avvenuta, come già fu osservato (Ved. di tristezza e di pentimento, essi desidera-
Introd. alla I Cor.) quando S. Paolo dopo vano di rivedere al più presto il loro Apo-
essersi allontanato da Corinto a motivo del stolo e ottenere il suo perdono (II Cor. vii,
tumulto suscitato dai Giudei (Atti xviii, 7 e ss.). L'incestuoso era stato punito, ed
18), vi fece ritorno, e dovette correggere ora essendosi indotto a penitenza, i Corinti
parecchi abusi. Che poi tra le due lettere domandavano come dovessero comportarsi
superstiti, S. Paolo ne abbia scritta un'altra con lui (II Cor. ii, 5 e ss.). I disordini però
andata perduta, è ben lungi dall'essere pro- non erano cessati del tutto. Parecchi neofiti
vato. Infatti tutti i passi in cui S. Paolo infatti, sedotti da falsi apostoli Giudaizzanti
parla di un suo scritto precedente si possono nutrivano ancora del malanimo contro San
benissimo spiegare in relazione alla attuale Paolo e lo disprezzavano, non tenendo conto
prima lettera (Vedi il commento IJ Cor. ii, dei suoi avvertimenti, ma continuando nelle
3-4 ;VII, 8 x, 10), nella quale si hanno
; dissensioni e nei vizi (II Cor. xii, 20, 21>.
veramente parole severe (I Cor. iv, 18-21 ;
Essendosi sentiti offesi dalla sua lettera, vo-
v, 1, 2; VI, 8; XI, 17-22) e parole che dagli lentieri prestavano ascolto ai Giudaizzanti.
avversari poterono essere tacciate di arro- Ora costoro, facendosi forti dell'autorità di
ganti (I Cor. II, 16 iv, 1; ix, 1; XIV, 8 ; ; S. Pietro, e appellandosi direttamente a
XV, 8. Dagli argomenti trattati nella prima Cristo (II Cor. x, 7), contestavano a San
lettera (I Cor. iii, iv, v, vi) si capisce si- Paolo la dignità e l'autorità di Apostolo, e
milmente come San Paolo potesse essere a lui contrapponevano se stessi come Apo-
preoccupato degli effetti che le sue parole stoli di grado superiore (II Cor. x, 7, 12;
avrebbero potuto produrre sull'animo dei x), 5, 23; XII, 11, ecc.). Inoltre lo accusa-
Corinti. Se poi 'nella seconda lettera si vano di leggerezza e di incostanza, perchè
hanno pagine più forti e severe (II Cor. cap. aveva cambiato il disegno stabilito dei suoi
x-xiii) che nella prima, è da osservare che viaggi (II Cor. i, 15 e ss.), lo dicevano ar-
esse non sono più dirette a tutta la Chiesa, rogante e superbo, perchè aveva parlato in
mai soli Giudaizzanti.
ai lode di se stesso (II Cor. ni, 1 e ss.), si
Che
finalmente S. Paolo sia stato insul- burlavano di lui come di un uomo che fa
tato a Corinto in una assemblea non è ve- l'audace quando scrive, ma poi in presenza
rosimile, poiché tutti i passi che si addu- dei fatti si mostra timido e incerto (II Cor.
cono a sostegno di tale sentenza, possono VII, 9 e ss.), e finalmente cercavano di dare
applicarsi benissimo all'incestuoso (Vedi sinistre interpretazioni al fatto che egli ri-
note II Cor. ii, 4-11 vii, 12) e ai Giudaizh
; cusava di ricevere dai neofiti alcuna cosa
zanti in generale (II Cor. x, 7-11). per il suo sostentamento (II Cor. xi, 6 e ss. ;

Con altri numerosi autori (Comely, Bras- XII, 11 e ss.). Tito riferì pure a S. Paolo
sac, Jacquier, Fillion, ecc.) riteniamo quindi che la colletta per i poveri di Gerusalemme
che i fatti debbono disporsi nel modo se- non era stata ancora sufficientemente orga-
guente. nizzata (II Cor. vili, 1 e ss.), e che vi erano
S. Paolo, avendo nella lettera precedente a temere nuove rivalità e nuovi dissensi
ripreso con severità i vizi e gli abusi della (II Cor. XII, 20-21 Xlll, 1-10).
;

Chiesa di Corinto, viveva in grande agita- Benché S. Paolo fosse rimasto pieno di
zione per gli effetti che le sue parole avreb- consolazione per le buone notizie avute, e
bero potuto produrre, e desiderava di cono- potesse quindi sperare che la sua prossima
scerli subito. È vero che prima ancora di visita a Corinto sarebbe stata per lui e per
scrivere la lettera egli aveva imposto a Ti- la Chiesa un motivo di nuova allegrezza,
188 II Corinti - Introduzione

tuttavia temette che falsi apostoli venissero


i ma sono sostenuti nelle tribolazioni dalla
a creargli difficoltà e a paralizzare il suo speranza della risurrezione (iVj 13-18).
ministero, impedendogli di raccogliere quei Avendo questa fede nella risurrezione, San
frutti che si aspettava. In conseguenza, pri- Paolo non cerca che di piacere a Gesù Cri-
ma di andare a Corinto credette bene di sto futuro giudice (v, I-IO). Il timore del
prepararsi la strada con una nuova lettera, giudizio di Dìo lo muove a far la sua apo-
nella quale, pigliando occasione dalla col- logia (v, 11-13). L'amore di Gesù per gli
letta per i poveri di Gerusalemme, difende uomini,^ stimola gli Apostoli a non cercare
la sua dignità e la sua autorità apostolica, il proprio interesse, ma solo la gloria di Dio

spiega il suo modo di agire, confondendo (v, 14-21). S. Paolo nel suo modo di agire

così i e intima ai riottosi


suoi avversari, ha imitato Gesù Cristo (vi, 1-10). Egli con-
di emendarsi sotto minaccia di severi prov- chiude questa prima parte esortando i Co-
vedimenti (II Cor. XIII, 10). rinti ad evitare i vizi dei pagani (vi, 11-
vii, 2) e protestando loro il suo affetto (vii,
3-7) e il gaudio provato per i buoni effetti
Argomento e divisione della seconda
Lettera Corinti.
ai —
Da quanto si è detto
della sua lettera precedente (vii, 8-16).

apparisce chiaro che l'argomento di questa Nella seconda parte (vili, 1-ix, 15) par-
Lettera è per la massima parte un'apologia lando della colletta per i poveri di Gerusa-
di S. Paolo, come predicatore del Vangelo. lemme, comincia col ricordare l'esempio
Tutto ciò che non si riferisce direttamente delle Chiese di Macedonia (viii, 1-6), ecci-
a questo fine, costituisce come una disgres- tando così i Corinti a mostrarsi ancor essi
sione. generosi (viii, 7-15). Poi raccomanda Tito
La Lettera oltre a un prologo (i, 1-11) e a e i compagni incaricati della colletta (viii,
un epilogo (xii, 19-xiii, 13) contiene tre 16-24), e discorre delle qualità (ix, 1-7) e
parti, nella prima delle quali (i, 12-vii, 16) dei frutti dell'elemosina (ix, 8-15).
S. Paolo confuta le calunnie dei suoi avver- Nella terza parte (x, 1-xii, 19). S. Paolo
sarii spiegando e difendendo il suo modo di ^

riprende la sua apologia contro i Giudaiz-


agire nella seconda (vili, 1- ix, 14) discorre
;
zanti. Egli saprà bene vincere ogni oppo-
della colletta per i poveri di Gerusalemme,
sizione dei suoi avversari (x, 1-6) e nella
e nella terza (x, 1-xiii, 10) rivendica con
sua prossima visita farà uso all'uopo di
tutta l'energia la sua dignità e la sua auto-
tutta la sua autorità (x, 7-11). Il potere di
rità di Apostolo. cui egli si gloria non è un'usurpazione, come
Nel prologo (i, 1-11) oltre all'indirizzo (i, quello dei suoi avversari (x, 12-18). Dopo
\-2) si ha un'azione di grazie (i, 3-11), nella aver domandato scusa se è costretto a far
quale S. Paolo per cattivarsi la benevolenza l'elogio di se stesso (xi, 1-4), afferma di
dei Corinti ringrazia Dio per le consola- essere superiore di gran lunga ai suoi av-
zioni da lui provate in mezzo alle sue tri- versari (XI, 5-6). Suo disinteresse mostrato
bolazioni, ben sapendo che le une e le altre a Corinto col non voler ricevere nulla dai
torneranno a vantaggio dei Corinti, che egli fedeli. Motivi per cui ha agito in tal modo
prega di aiutarlo colle loro orazioni. (XI, 7-15). Motivi che inducono S. Paolo a
parlare di se stesso (xi, 16-21). Egli è uguale
Nella prima parte (i, 12-vii, 16) comincia
ai suoi avversari nei privilegi di nascita
col respingere l'accusa di incostanza e di
(xi, 22), ma é loro di gran lunga superiore
leggerezza affermando la sua lealtà nelle
nei privilegi della grazia, cioè nei travagli
relazioni coi Corinti (i, 12-14), e dopo aver
e nelle fatiche sostenute per Gesù Cristo
ricordato il suo primo progetto di viaggio
(XI, 23-33). Similmente è ancora superiore
(i, 15-17) e dimostrata la sua fermezza nella
a loro nei doni soprannaturali ricevuti (xii,
dottrina (i, 18-22), spiega il motivo per cui
1-5), ma non vuole gloriarsi di essi memore
non andò direttamente da Efeso a Corinto,
della propria debolezza (xii, 6-10).Se egli
come aveva progettato (i, 23-ii, 17).
ha dovuto parlare in questo modo di se
Egli non è né arrogante, né superbo,
stesso, si è perché i Corinti non hanno
benché abbia agito con forza ed abbia par-
preso le sue difese, come sarebbe stato loro
lato di se stesso. A ciò fu indotto dalla gran-
dovere (xii, 11-18).
dezza del ministero affidatogli da Dio. Egli
non ha bisogno commendatizie presso i
di Nell'epilogo (xii, 19-xii, 13) fa osservare
Corinti (III, 1-3). Dio lo ha fatto Apostolo che se ha fatto l'apologia di se stesso, l'ha
(ili, 4-6) e il ; ministero Apostolico è ben fatto per il vantaggio loro spirituale, e non
superiore al ministero di Mosè (ili, 7-11). già perchè li creda giudici degli Apostoli
Dalla grandezza del ministero proviene negli (XII, 19-21), anzi annunzia loro che nella
Apostoli il diritto di parlare con franchezza prossima visita sarà severo per quei che non
ed autorità (in, 12-18). S. Paolo ha eserci- vogliono correggersi (xiii, 7-10). Aggiunge
tato come si conveniva tale ministero (iv, alcune raccomandazioni e i saluti (xiir.
1-6). Gli Apostoli devono soffrire (iv, 7-12), 11-13).
II Corinti - Introduzione 189

Autenticità della seconda .Lettera ai fatta con, tanta arte, che da alcuni fu para-
Corinti — Che la seconda Lettera ai Co- gonata alV Orazione di Demostene Pro co-
rinti sia stata scritta veramente da S. Paolo rona (Ved. Cornely, Introd. Ili, p. 448).
è una verità ammessa non solo da tutti i Sant'Agostino ne ammirava l'eloquenza (De
cattolici ma anche dalla grande maggio- Doct. Christ. iv, 12-14) Erasmo ne celebra
:

ranza dei protestanti e non è da tener conto coli entusiasmo le bellezze di forma (Fa-
delle negazioni di alcuni ipercritici (Stek, raphr.-Dedic), e anche ì moderni sono com-
Loman, Pierson, ecc.). Benché infatti siano presi di meraviglia (Ved. Dictionary of the
un po' vaghe le allusioni a questa lettera Bib.le, Londra, 1893, t. i, p. 657. Questa
che trovano presso S. Clemente R. e San-
si opera é protestante). In nessuna Lettera si
t'Ignazio, e non siano assolutamente sicure Jia tante varietà di idee e di sentimenti e
quelle che sì incontrano presso S. Poli- così repentini passaggi dall'uno all'altro. Lo
carpo, è fuori di dubbio però che Sant'Irineo stile generalmente calmo e pacato nelle due
per ben due volte la cita esplicitamente prime parti, diviene nella terza pieno di
{Adv. Haer. iv, 28, 3) Anche l'Apostolo
: fuoco. S. Paolo vi assale direttamente i suoi
dice nella seconda lettera ai Corinti (ii, 15) : avversari e li annienta con un'ironìa mor-
poiché siamo il buon odore di Gesù Cri- dace e con una eloquenza incomparabile.
sto, ecc. (Adv. Haer. iv, 29, 1) Anche l'A-
: Benché per il suo contenuto sìa meno varia
postolo dice nella seconda ai Corìnti (iv, della precedente e tocchi meno punti di
4), ecc. Clemente A. la cita più di 40 volte, dottrina cristiana, tuttavìa più d'ogni altra
e volendo, p. es. Strom. iv, 21, descrivere ci fa conoscere l'animo di S. Paolo e ci
il vero gnostico ne riferisce sette testi. offre interessanti particolari sulle sue fatiche
Così pure Tertulliano oltre all'unire spesso apostoliche e sui doni soprannaturali di cui
nelle sue citazioni alcuni passi della prima era stato arricchito da Dìo.
e della seconda lettera, nel solo libro IV,
contro Marcione confuta questo eretico argo- Integrità della seconda Lettera ai
mentando nei tre capitoli 10-12, quasi esclu- Corinti. —
Parecchi protestanti (Sember
sivamente dalla seconda ai Corinti. Cita- Ewald, Hausrat, Schmìedel, ecc.) poggian-
zioni indubitate si trovano pure presso Ate- dosi sulla diversità di affetti e sulla difie-
nsigora (De resur. 18), presso S. Teofìlo renza di stile che
incontrano nelle diverse

d'Antiochia (Ad Autol. i, 2; iii, 4) e San- parti di questa Lettera, pensano che essa
t'Ippolito (Philosoph. v, 8; vii, 26), ecc. non sìa altro dì due o
che una collezione
Non deve omettersi la testimonianza del tre lettere da S. Paolo in diversi
scritte
Frammento Muratoriano, nel quale si trova tempi e poi riunite insieme non si sa da
esplicitamente affermato che S. Paolo scrisse chi. L'unità e integrità della Lettera è però
due volte ai Corinti. D'altra parte, il fatto difesa strenuamente non solo dai cattolici,
che questa lettera fu ammessa nelle vecc^hie ma anche
dalla miglior parte dei "protestanti.
versioni Itala e Siriaca, è una prova evi- Le varie parti dì essa sono in intimo rap-
dente che essa era da tutti ritenuta come porto tra loro e tutte sono ordinate allo
autentica. stesso scopo dì conciliare i neofiti a San
Gli argomenti interni confermano piena- Paolo, rivendicando dalle calunnie la sua
mente i dati della tradizione. Troviamo in- autorità e dignità apostolica. La diversità di
fatti in questa lettera tutti i tratti caratteri- stile e di affetti sì spiegano naturalmente
stici di S. Paolo, un amore intenso per Gesù quando si osservi che nelle prime parti San
Cristo e per le anime rigenerate alla fede, Paolo parla a quei Corinti, che gli sono re-
una natura ardente e passionata, che al- stati fedeli sono- tornati a luì, mentre in-
l'uopo non risparmia l'ironia più mordace, vece nell'ultima parte si volge ai Giudaiz-
un metodo di esposizione identico, per cui zanti seduttori ed ha per loro parole dure
i fatti personali si frammischiano a consi- e severe, come richiedeva la gravità della
derazioni generali, e danno occasione ai più situazione.
alti insegnamenti dottrinali. Di più questa Né si può dire che sia un fuor di posto
lettera é intimamente connessa colla prima il capo IX, poiché é naturale che S. Paolo,

ai Corìnti, la quale viene dì contìnuo sup- dopo aver raccomandato ai Corinti ta col-
posta, e tutti ì dati storici che fornisce sulla letta, siasi fermato alquanto a discorrere
vita di S. Paolo sì accordano con quanto è dell'elemosina e del modo con cui va fatta.
narrato negli Atti (Ved. Jacquier, Histoire
des Liv. du N. T.,* i, p. 165 e ss. Id. Dici. Tempo e luogo in cui fu scritta la
Vig. Corinthiens (Ile aiix).
;

seconda Lettera ai Corinti. — S. Paolo


indica egli stesso (II Cor. ii, 13 vii, 5 ix,
; ;

2) che questa Lettera fu scrìtta nella Mace-


Carattere speciale della seconda Let- donia, ed è probabile che sia stata scritta a
tera AI Corinti. —
Tutta la lettera può Filippi, come si trova indicato nel codice
essere chiamata una Apologia o un pane- Vaticano B e nella versione Peschito. Per
girico di S. Paolo. Ma questa Apologia é riguardo al tempo riteniamo che si debba as-
190 II Corinti - Introduzione — I, 1-3

segnare il principio dell'autunno dell'anno come ammettono quasi tutti gli interpreti.
57. Infatti dopo la prima Lettera scritta pri- Crediamo quindi poter stabilire come data
ma della Pentecoste del 57 si deve porre, approssimativa il principio dell'autunno
come si è veduto, il viaggio dì Tito a Co- del 57.
rinto e quello di S. Paolo a Troade, e poi Con tutta probabilità si può ancora rite-
nella Macedonia, il che richiede almeno al- nere che questa Lettera sia stata portata a
cuni mesi di tempo. D'altra parte la serie Corinto da Tito e dagli altri due fratelli man-
degli avvenimenti e l'indole delle due let- dati con lui a condurre a termine la colletta
tere dimostrano chiaro che tra l'una e l'al- per i poveri di Gerusalemme (II Cor. vili,
tra non dovette esservi molto intervallo, 16-24).

SECONDA LETTERA AI CORINTI

Capo I.

'Xrizione e saluto, 1-2, — Azione di grazie, 3-1 1. —


Lealtà di S. Paolo rielle sue
relazioni coi Corinti, 12-14, —e nei progetti di viaggio, 15-17. Sua costatiza —
nella dottrina, 18-22. — Motivo per cui non andò a Corinto, 23.

^Paulus Apóstolus lesu Christi per volun- ^ Paolo per volontà di Dio Apostolo di
tàtem Dei, et Timótheus frater, Ecclésiae Gesù Cristo, e il fratello Timoteo alla
Dei, quae est Corinthi cum omnibus sanctìs, Chiesa di Dio che è in Corinto, e a tutti
qui sunt in univèrsa Achàia. ^Gràtia vobis, i santi che sono per tutta l'Acaia. ^Grazia
et pax a Deo Patre nostro, et Domino lesu a voi e pace da Dio Padre nostro, e dal Si-
Christo. gnore Gesù Cristo.
^Benedictus Deus et Pater Dòmini nostri ^Benedetto Dio e Padre del Signor nostro
lesu Christi, Pater misericordiàrum, et Deus Gesù Cristo, Padre delle misericordie e Dio

3 Eph. I, 3; I Petr. I, 3.

donia e l'Acaia. Quest'ultima, che aveva per capi-


CAPO I. tale Corinto,comprendeva l'antica Eliade e il Pelo-
ponneso.
1. Il prologo di questa lettera (1-11) contiene
un'iscrizione (1-2) e un'azione di grazie (3-11).
L'iscrizione, salvo una maggior concisione, non
differisce gran che da quella premessa alla I Cor
(V. n. ivi). Invece di Sostene però viene qui,
come altrove (Filipp., Coloss., Filem., I e II Tes-
salon.), associato Timoteo, il quale, oltre all'aver
cooperato alla fondazione della Chiesa di Corinto
(I, 19; Atti, XVIII, 5, ecc.), era pure il miglior
testimonio della vita e dei lavori dell'Apostolo.
Timoteo era già tornato da Corinto (I Cor., IV, 17;
XVI, 10, ecc.), quando S. Paolo scrisse questa Fig. 2o. — Tetra dram ma di Corinto
lettera.
colla cittadella Acrocorinto.
Viene chiamato fratello non solo perchè cri-
stiano, ma perchè cooperatore dell'Apostolo nel-
l'evangelizzare. A tutti i santi, ecc. La lettera non 2. Grazia a voi, ecc. V. n. Rom. I, 7 e I Cor.
3.
è diretta ai soli Corinti, ma anche alle altre Chiese
I.

che avevano speciali relazioni con loro. L'Acaia. 3-11. L'Apostolo ringrazia Dio per le consola-
La Grecia era divisa in due provincie : la Mace- zioni ricevute in mezzo alle tribolazioni sofferte, e
n Corinti, I, 4-8 191

totius consolatiónis, *Qui consolàtur nos in di ogni consolazione, *il quale ci consola in
omni tribulatióne nostra ut possimus et ipsi : ogni^ nostra tribolazione affinchè noi pure
:

consolàri eos, qui in omni pressura sunt, possiamo consolare coloro che si trovano in
per exhortatiónem, qua exhórtàmur et ipsi qualunque strettezza mediante la consola-
a Deo. ^Quóitiam sicut abùndant passiónes zione, onde siamo anche noi da Dio conso-
Christi in nobis ita et per Christum abùn-
: lati. ^Poiché, come abbondano sopra dì noi
dat consolàtio nostra. ^Sive autem tribulàmur i patimenti di Cristo : così pure per Cristo
prò vestra exhortatióne et salute, sive con- abbonda la nostra consolazione. "Sia però
solàmur prò vestra consolatióne, sive exhór- che noi siamo tribolati, (lo siamo) per vo-
tàmur prò vestra exhortatióne et salute, quae stra consolazione e salute, sia che siamo
operàtur toleràntiam eàrundem passiónum, consolati (lo siamo) per vostra consolazione
quas et nos pàtimur ^Ut spes nostra firma : p salute, la quale sì compie per mezzo della
sit prò vobis sciéntes quod sicut sócii pas-
: sofferenza di quei medesimi patimenti che
siónum estis, sic éritis et consolatiónis. noi pure patiamo; onde sia stabile la spe-
ranza che abbiamo dì voi sapendo noi che :

siccome siete compagni nei patimenti, così


pure lo sarete nella consolazione.
^Nos enim vólumus ignorare vos fratres de *Non vogliamo, infatti, o fratelli, che vi
tribulatióne nostra, quae facta est in Asia, sia ignota la tribolazione suscitata a noi nel-
quóniam supra modum gravati sumus supra l'Asia, come siamo stati aggravati sopra mi-

perchè sa che le une e le altre torneranno di van- latto, ecc. e suona così Sia che siamo tribolati
:

taggio ai Corinti, ; quali non mancheranno di aiu- (lo siamo) per vostra consolazione (e salute), la
tarlo colle loro preghiere. Benedetto Dio (Rom. I, quale vi fa sopportare gli stessi patimenti che noi
25 ; IX, 5 ; Efes. I, 3) cioè, sia lodato e ringraziato pure patiamo, —
e la nostra speranza a vostro
Dio. Nelle altre lettere si legge rendo grazie a : riguardo è ferma, —
sia che siamo consolati (Io
Dio (Rom. I, 8; I Cor. I, 4; Filip. I, 3). Dio e siamo) per vostra consolazione (e salute), sa-
Padre (à &tòq xaì IlaTiip). I due nomi nel greco pendo, ecc. L'altra lezione che si avvicina di più
sono preceduti da un solo articolo, il che indica alla Volgata, e si trova nei codici X A C P, M
che entrambi si riferiscono alla prima persona in parecchie 'versioni e nei cod. ^miaf.. Fu/i., ecc.
della SS. Trinità. Non reca difficoltà il fatto che della Volgata suona così Sia che siamo tribolati
:

il Padre venga detto Dio di Gesù Cristo, poiché (lo siamo) per vostra consolazione e salute, sia
il Salvatore stesso chiamò il Padre con questo che siamo consolati (lo siamo) per vostra conso^
nome (Giov. XX, 17). Padre delle misericordie lozione, la quale vi fa sopportare quegli stessi
è un genitivo di qualità, equivalente a Padre mise- patimenti che noi patiamo, e la nostra speranza a
ricordiosissimo (Efes. II, 4). Dio di ogni consola- vostro riguardo è ferma, sapendo, ecc., Quest'ultima
zione. Ogni vera consolazione proviene da Dio, lezione è accettata da Tischendorf, Westcott-Hort,
ed è effetto della sua misericordia. Nestle, ecc., ed è preferita dai moderni esegeti
4. 7/ quale ci consola, ecc. La bontà di Dio si (Cornely, Fillion, ecc.). L'Apostolo vuol dire :
è manifestata modo
speciale verso S. Paolo,
in Tutto ciò che si compie in noi e attorno a noi,
S. Timoteo e operai del Vangelo. Affinchè
gli altri sia di triste come di lieto, è ordinato al vostro
noi, ecc. Dio consola i suoi Apostoli, affinchè essi vantaggio (I Cor. III, 22). Le
tribo4azioni nostre
possano essere i consolatori degli altri fedeli nelle vi animano alla pazienza,
nostre consolaziort4
le
loro tribolazioni. Pure (lat. et) manca nel greco. poi vi eccitano a sperare e a confidare nell'aiuto
Mediante la consolazione, ecc. Tale è il testo greco di Dio. La quale. Probabilmente questo pronome
tradotto dalla Volgata per exhortatiónem, qua
: si riferisce a consolazione, poiché la parola salute
exhortamur. Ancora (lat. et) manca nel greco. manca nella migliore lezione. In tal caso, al par-
ticipio greco èvepYov|iévT\(; = quae operàtur, devesi
5. Gli Apostoli sono in grado di consolare gli
feltri,perchè, se grandi sono le tribolazioni che dare il senso medio e tradurre : la quale (conso-
devono soffrire, sono pure grandi le loro consola- lazione) si mostra efficace nella toQleranza degM
zioni. 7 patimenti di Cristo, cioè i patimenti che stessi patimenti, ecc.
noi soffriamo, a imitazione di Cristo, per la dif- 7. Onde (lat. ut). Nel greco si legge solo «.
fusione del Vangelo, o meglio : i patimenti che L'Apostolo ha la ferma speranza che i Corinti,
Gesù nostro capo cominciò a soffrire, e che noi, come sopportano coraggiosamente molte tribola-
membri del suo corpo, dobbiamo continuare a zioni, così saranno ripieni di grandi consolazioni.
sopportare (Atti, IX, 4; Gal. VI, 17; Filipp. Ili, L'Apostolo, piglia da ciò occasione di par-
8.
10; Coloss. I, 24). lare di una grave tribolazione a cui andò incontro,
6. testo di questo v. presenta gravi difficoltà.
Il e dalla quale fu liberato grazie, in modo speciale,
Prima che le parole della Volgata
di tutto è certo, alle preghiere dei Corinti. E' assai difficile deter-
« sive consolamur prò vestra consolatióne - sive minare di quale tribolazione egli parli se di una
exhortamur prò vestra exhortatióne et salute », grave malattia, o di un qualche pericolo incorso,
sono due traduzioni della stessa frase greca : Ette oppure, come sembra più probabile, del tumulto
nopaxoXov^ieSa vnkp XT\q t)T\av jtapaxXi\oe(D<;, e perciò suscitato in Efeso dall'argentiere Demetrio, poco
leultime sive exhortamur, ecc., sono una glossa. Di dopo che l'Apostolo aveva scritto la sua prima
più i codici e le versioni presentano due principali le<tera ai Corinti (Atti XIX, 23-40; I Cor. XVI, 9).
testi: 1*5 00 si trova nei codici BDEFGKL, Non vogliamo... sia ignota. L'Apostolo usa spesso
presso S. Giovanni Crisostomo, Teodoreto, Teofl- questo modo di dire (I Cor. X, 1; XII, 1, ecc.).
.

192 II Corinti, I, 9-i'j

virtùtem, ita ut taedéret nos étiam vivere. sura, sopra le forze fino a venirci a noia la
•Sed ipsi innobismetipsis respónsum mortis stessa vita. "Ma noi abbiamo avuto in noi
habùìmus, ut non simus fidéntes in nobis, stessi avviso di morte, affinchè non abbiamo
sed in Deo, qui sùscitat mórtuos "Qui de : fidanza in noi, ma in Dio che risuscita i
tantis periculis nos eripuit, et éruit : in morti : ^"11 quale ci ha liberati da sì gravi
quem speràmus quóniam et adhuc eripiet, pericoli e ci libera : nel quale confidiamo
^^Adjuvàntibus et vobis in oratióne prò no- che tuttavia ci libererà, ^^assistendoci as-
bis ut ex multórum persónis, eius quae in
: sieme anche voi con pregare per noi onde :

nobis est donatiónis, per multos gràtiae per il bene, che noi abbiamo in grazia di
agàntur prò nobis. molte persone, siano rese grazie da molti
per noi.
^^Nam gloria nostra haec est, testimónium ^^Perocchè questo è il nostro vanto, la
consciéntiae nostrae, quod in simplicitàte testimonianza della nostra coscienza, di es-
cordis et sinceritàte Dei et non in sapiéntia
: serci diportati con semplicità di cuore e con
carnali, sed in gràtia Dei conversati sumus sincerità di Dio non con la saggezza della
:

in hoc mundo : abundàntius autem ad vos. carne, ma con la grazia di Dio in questo
**Non enim alia scribimus vobis, quam quae mondo e molto più presso di voi. ^^Poichè
:

legistis, cognovistis. Spero autem quod


et non vi scriviamo altro che quello che avete
usque in finem cognoscétis, ^*Sicut et cogno- letto e conosciuto. E spero che sino alla fine
vistis nos ex parte, quod gloria vestra sumus, lo riconoscerete, ^^come in parte avete ri-
sicut et vos nostra, in die Domini nostri conosciuto, che noi siamo la vostra gloria,
lesu Christi. come voi pure la nostra, nel giorno del Si-
gnore nostro Gesù Cristo.

Nell'Asia proconsolare, la cui capitale era Efeso. passa (I, 12-VII, 16) a giustificare, contro i suoi
Sopra misura, sopra le forze dì modo che, per denigratori, la sua condotta e il suo carattere di
poterla superare, ci fu necessaria una grazia straor- Apostolo. Lo sì accusava dapprima di incostanza e
dinaria di Dio (I Cor. X, 13). Fino a venirci a di leggerezza, ed egli risponde mostrando la sua
noia, ecc. Nel greco : fino a disperare della vita. lealtà nelle relazioni coi Corinti (I, 12-14), e nei
L'Apostolo credeva di morire. suoi progetti di viaggio (I, 15-11, 17). Peroc-
ché, ecc. Nel v. p. aveva detto che sperava di
9. La tempesta fu' così violenta che, tutto con-
essere assistito dalle preghiere dei Corinti, ora
siderato, dovevamo confessare a noi stessi non
esservi possibilità di sfuggire alla morte. Dio però
aggiunge, che crede di avere diritto a tali pre-
'

ghiere a motivo della lealtà da lui mostrata. Questo


permise tale tribolazione affinchè non abbiamo fi-
è il nostro vanto, ossia ciò che forma la no-
ducia in noi, cioè riconosciamo la nostra debolezza
stra gloria, è la testimonianza della nostra co-
e poniamo tutta la nostra fiducia in Lui, la cui
scienza, ecc. Con semplicità (èv ànXóinti), cioè
potenza è tale, che non solo può liberarci da qual-
siasi pericolo, ma anche risuscitarci da morte.
senza doppiezza e senza astuzia. Numerosi codici
greci, B K AC, ecc., hanno èv àyiózryxi = con
10. Dio non solo è potente, ma ancora miseri- santità. La lezione della Volgata si trova nei codici
cordioso, poiché infatti egli ci ha liberati da sì DEFG , ecc., nella versione itala, gotica, ecc.,
gravi pericoli. I migliori codici greci hanno ci :
e presso parecchi Padri e risponde meglio al con-
ha liberati da tanta morte, alcuni altri codici ci :
testo. Di cuore manca in tutti i codici greci e nei
ha liberati da tante morti. Il passato è un'arra del più antichi codici latini, e va considerato come una
presente (ci Ubera) e del futuro (ci libererà). Si glossa (Efes. VI, 5). Con sincerità (eiXixpivei<f),
osservino i tre tempi del verbo che mostrano cioè senza frode o inganno. Di Dio, cioè degna
quanta fosse la fiducia dell'Apostolo in Dio. di Dio, di cui sono ministro, o meglio con sempli-
1 1 Assistendoci anche voi. Nel greco assisten- : cità e sincerità provenienti da Dio. Sapienza dells.
doci assieme agli altri fedeli, anche voi, ecc. carne è quella che nasce dalla carne del peccato,
L'Apostolo è sicuro che, anche nell'avvenire, non ed è fatta di doppiezza e di astuzia, e non cerca
gli verrà meno l'aiuto di Dio, perchè confida che altro che il proprio interesse. Non si deve con-
i fedeli, e specialmente i Corinti, lo assisteranno fondere questa sapienza colla sapienza di questo
colle loro preghiere. Onde per il bene, ecc. La mondo, di cui I Cor. II, 5, 6, ecc. Colla grazia
frase, a cominciare da questo punto, è assai oscura di Dio, cioè mosso dalla grazia di Dio, la quale
a causa delle diverse inversioni; ma la traduzione è aliena da ogni egoismo e da ogni umana consi-
adottata è forse la migliore. Le preghiere dei Co- derazione. Questo, manca nel greco. Molto più
rinti saranno esaudite, affinchè da molti siano rese presso di voi, ai quali abbiamo dato maggiori prove
grazie a Dio per il benefizio a Paolo concesso, in della nostra lealtà, e presso i quali abbiamo di-
grazia delle preghiere di molte persone. Dio, dice morato più lungo tempo (Cf. XI, 7 e ss. ; I Cor.
S. Tommaso (h. L), vuole essere ringraziato da IX, 1 e ss.).
molti per i suoi benefizi e perciò concede ad uno,
13-14. Non vi scriviamo, ecc. Una prova della
per le preghiere di molti, una grazia, affine dì
nostra sincerità l'avete nel fatto, che siamo sempre
obbligare tutti quelli che han pregato a ringra-
coerenti a noi stessi, e quello che vi scriviamo
ziarlo. E' da ammirarsi l'umiltà dell'Apostolo, e la
oggi non è diverso da quello che avete letto nelle
grande fiducia nell'efficacia della preghiera comune. altre nostre lettere, e avete conosciuto o imparato
12. Dopo
aver manifestato nel prologo la sua dalla nostra predicazione o dal nostro modo di
fede in Dio e il suo amore pei Corinti, l'Apostolo agire. Nel greco questi due ultimi verbi sono al
II Corinti, I, 15-19 193

*'Et hac confidéntia vólui prius venire ad ^*E con questa fidanza volli prima venire
vos, ut secùndam gràtiam haberétis ^*Et : da voi, affinchè aveste una seconda grazia :
per vos transire in Macedóniam, et iterum a ^"e passare da voi nell'andare in Macedonia,
Macedònia venire ad vos, et a vobis dedùci e nuovamente dalla Macedonia venire da voi,
in ludaéam. ^'Cum ergo hoc voluìssem, e da voi essere accompagnato nella Giudea!
numquid levitate usus sum? Aut quae cd- ^^Tale adunque essendo stata la mia volontà,
gito, secùndum carnem cogito, ut sit apud sono forse stato incostante? Ovvero quelle
me EST, et NON? che io delibero, lo delibero secondo la carne,
onde sia presso di me SI' e NO?
"Fidélis autem Deus, quia sermo noster, "Ma
fedele Dio, il nostro ragionare usato
qui fuit apud vos, non est in ilio EST, et tra voi SI' e NO. "Poiché il Figliuolo
non è
NON. "Dei enim fìlius lesus Christus, qui di Dio Gesù Cristo, il quale tra di voi fu

presente n d dvoYtvcócrxeTe i\ v.ai èjttYvmcrxeTe. II l'Apostolo, sarebbe stato non già il secondo, ma
senso però non muta. Molti (Fillioin, Crampon, il terzo (XII, 4; XIII, 1), e quindi avrebbe dovuto
Le Camus, Lemonneyr, ecc.) danno un'altra spie- dire : una terza grazia, e non già una seconda.
gazione di questo versetto. Nelle nostre lettere 16. Spiega il versetto precedente. La particella
non dissimuliamo il nostro pensiero, e non vi ha Kaf e ha qui il senso di cioè. Io volli cioè passare
altro che quel che potete leggervi e comprendere. prima da voi, e poscia andare in Macedonia, ecc
La prima spiegazione però corrisponde meglio al
contesto (Ved. Cornely, h. 1.). E spero che sino
al fine della vostra vita, oppure del mondo, e
quindi sempre, riconoscerete, come in parte, cioè
come alcuni di voi hanno già riconosciuto, che noi
siamo la vostra gloria, ossia che avete motivo di
gloriarvi di noi, come di un maestro sincero e
leale, e a sua volta anche noi abbiamo motivo di
gloriarci di voi, come di veri discepoli (I Tessal.
II, 19; Filipp. II, 16). Nel giorno del Signore,
quando tutte le più segrete intenzioni saranno sve-
late. Le parole in parte da alcuni sono spiegate
per imperfettamente. La spiegazione adottata è
però più comune. Fig. 21. — Moneta di Macedonia.
Stando in Efeso, l'Apostolo aveva stabilito
15.
di andar direttamente a Corinto, e poi passare Da voi essere accompagnato (Ved. n. I Cor. XVi,
nella Macedonia e ritornare in seguito a Corinto. 6). Nella Giudea, dove voleva recarsi a portare
Egli inoltre, con tutta probabilità, aveva mani- Is elemosine (I Cor. XVI, 4).
festato ai Corinti nella lettera perduta (I Cor. V, 17. Sono
stato incostante, se ho creduto di far
9) questo suo disegno di viaggio. Quando però diversamente da ciò che avevo stabilito? Lo deli-
venne a conoscere la triste condizione della loro bero secondo la carne, ossia mi lascio io guidare
Chiesa, cambiò itinerario e andò direttamente nella nelle mìe deliberazioni da considerazioni umane o
Macedonia, proponendo di passare in seguito a dai capricci e dalle passioni della carne (Gal. V,
Corinto « di fermarvisi a lungo (I Cor. XVI, 5 16 e ss.), in modo che sia presso di me Sì e No,
e ss.). I suoi nemici presero da ciò occasione per cioè che l'affermare e il negare per me sia la
accusarlo di incostanza e di leggerezza di carat-
stessa cosa? Ciò sarebbe prova di grande legge-
tere, non solo nelle sue azioni, ma anche nella
rezza. Nel greco le due parole sì e no sono ripe-
sua dottrina. L'Apostolo risponde mostrando la tute : sì sì; no no per dar maggior forza.
sua fermezza nella dottrina (15-22), e spiegando
perchè avesse mutato itinerario (I, 23-11, 17). Co- Lasciando da parte la questione del suo
18.
mincia però a ricordare il suo primo progetto di viaggio, sulla quale si ritornerà al v. 23, l'Apostolo
viaggio (15-17). prova ora la sua costanza nella dottrina. Fedele
Conquesta fidanza, che voi vi sareste sempre Dio, specie di giuramento, come se dicesse •
gloriati di me, e non avreste dubitato della mia Prendo a testimone la fedeltà di Dio (Cf. XI, 10;
lealtà, volli prima di andare in Macedonia venire Rom. XIV, 11). E' migliore però la spiegazione:
da voi a Corinto, affinchè, al mio ritorno dalla Ma Dio è fedele nelle sue promesse fatte, di
Macedonia, voi' aveste una seconda grazia. La vi- mandarvi predicatori della verità, perciò essendo
sita dell'Apoctolo, era per le Chiese una bene- io stato mandato da Lui, la mia parola, ossia la
dizione e una sorgente di grazie (Rom. I, 11 XV, ;
mia predicazione, è vera ed immutabile, e non già
siccome sì e no. Nel greco mancano le parole qui fuit e in
29), e quindi, si proponeva di visitar
Corinto due volte, i fedeli di questa città avreb- ilio. Il nostro ragionare (gr. 6 Xóyo^ T||amv) cioè
bero ricevuto una prima e una seconda grazia. la nostra parola, la nostra predicazione. Prova la
Alcuni (Estio, Gaetano, ecc.) spiegano le ultime costanza e l'immutabilità del suo insegnamento :
1' dal fatto che il suo oggetto è immutabile (19-
parole in questo senso Come nella mia prima
:

venuta tra voi, vi ho portato una prima grazia, 20, e 2* dai molteplici aiuti che Dio dà ai pre-
cioè la notizia del Vangelo e la conversione alla dicatori del Vangelo, per mantenerli fermi nella
fede, così in questa mia seconda venuta, vi avrei verità (21-22).
portato una seconda grazia, cioè la confermazione Dio Gesù Cristo, che forma l'og-
19. Il Figlio di
nella fede. Questa spiegazione non è al tutto getto della nostra predicazione (I Cor. II, 2), è
esatta, perchè il viaggio a Corinto, di cui parla la stessa verità assoluta e immutabile, e quindi.

13 — Sacra. Bibbia, «ol. II.


194 II Corinti, I, 20-23

in vobis per nos praedicàtus est, per me, et predicato da noi, da me, da Silvano e da
Silvànum, et Timótheum, non fuit EST et Timoteo, non fu SI' e NO, ma in lui fu
NON, sed EST in ilio fuit. ^'"Quotquot enim (sempre) SI'. ^"Quante sono infatti le pro-
promissìónes Dei sunt, in ilio EST ideo et : messe di Dio, tutte sono in lui SI' e in luì :

per ipsum Amen Deo ad glóriam nostram. perciò (è) Vamen a Dio per nostra gloria.
^^Qui autem confìrmat nos vobiscum in ^^Ora colui che con voi ci conferma in Cri-
Christo, et qui unxit nos Deus ^^Qui et
: sto, e che ci ha unti è Dìo : ^^il quale ci ha
signàvit nos, et dedit pignus Spiritus in eziandìo sigillati, ed ha dato nei nostri cuori
córdibus nostris. la caparra dello Spirito

*'Ego autem testem Deum invoco in àni- *^Ora io chiamo Dio in testimonio sulla
mam meam, quod parcens vobis, non veni mìa anima, come, per essere con voi indul-
ultra Corinthum non quia dominàmur fidei
: gente, non sono più venuto a Corinto non :

vestrae, sed adiutóres sumus gàudii vestri : perchè noi facciamo da padroni sopra la
la
nam fide statis. vostra fede, ma cooperiamo al vostro gaudio :
poiché state saldi nella fede.

nella sua manifestazione e nella sua dottrina, non 22. Ci ha sigillati (ò Kaia<ppay\aà\uvo<;) In tutti.

vi fu sì e no, ossianon vi fu mutazione o falsità, i per dare carattere ufficiale a un docu-


tempi,
ma solo un sì invariabile. Dio deve vegliare acciò mento, vi si imprimeva un sigillo, e così Dio, per
una tale dottrina non sia falsata o mutata, ma si autenticare ufficialmente la missione degli Apostoli
conservi pura. Silvano, è lo stesso che Sila (Atti e dichiarare che erano suoi inviati, ha impresso
XV, 40; XVI, 1 e ss.), il quale aveva con Paolo sopra di essi il suo sigillo, dando loro la potestà
e Timoteo collaborato a fondare la Chiesa di Co- dei miracoli, e arricchendoli dei vari carismi dello
rinto (Atti XVIII, 5). Spirito Santo. Ora, con questi doni Dio ha dato
loro un anticipo, una caparra di quei beni molto
20. Spiega le ultime parole del versetto prece-
più preziosi, che tiene loro serbati per la vita
dente. Quante sono, ecc. Tutte le promesse mes-
eterna, oppure, secondo Cornely, i carismi dello
sianiche fatte da Dio ai patriarchi e ai profeti
Spirito Santo sono un'arra eterna di quel dono
(VII, 1; Rom. IX, 4; Gal. Ili, 16-21; Ebr. VI,
interno, molto più prezioso, che è l'unzione (ver-
12; VII, 6; XI, 13, ecc.). si sono verificate e
setto precedente), per cui siamo mantenuti fermf
compiute in Gesù Cristo (sono Sì in lui). In con-
nella fede e immuni da errore nel nostro inse-
seguenza per mezzo di Gesù Cristo i fedeli acqui-
gnamento.
stano 'la certezza delle divine promesse, e perciò
in Lui o per Luì rispondono Amen, ossia le ab- Molti Teologi vedono, in questi due versetti
bracciano colla fede e vi aderiscono fermamente. (21-22), una allusione al sacramento della Confer-
L'Apostolo allude all'uso dei fedeli, i quali face- mazione, e pensano che S. Paolo parli sempre
vano loro proprie le preghiere dei sacerdoti nelle di tutti i fedeli. Senza negare ogni valore a questa

pubbliche adunanze rispondendo :Amen (I Cor. sentenza, ci sembra però che la spiegazione adot-
tata sia più probabile. D'altronde, anche dato che
XIV, 16). A Dio per gloria nostra. Nel greco in-
si parli di tutti i fedeli, non resta perciò dimo-
vece di Deo ad gloriam nostram si legge Deo ad :

gloriam per nos = a gloria di Dio per mezzo strato che le dette parole debbano intendersi della

nostro. 1 fedeli intanto rispondono Amen, ossia


Confermazione e non piuttosto del Battesimo.
credono alle divine promesse a gloria di Dio che Ved. Cornely, h. 1.; Brassac, M. B., voi. II,
le ha compiute, in quanto vengono loro annun- p. 309; Prat, La Théol. de St-P., voi. II, p. 203-
ziate per mezzo nostro, ossia per il ministero 204 Dict. Vacant, Confirmation, ecc.
;

della predicazione apostolica. Anche la Volgata


23. Dopo aver rivendicata la immutabilità della
deve spiegarsi così : Per gloria nostra, cioè di noi sua dottrina, passa a discorrere di ciò che aveva
Apostoli, dai quali ebbero la fede. dato occasione alla calunnia dei suoi nemici, spie-
21. Non solo l'oggetto predicato, cioè Gesù Cri- gando il motivo per cui non andò direttamente da
sto, è immutabile, ma tale è pure, per uno spe- Efeso a Corinto, come aveva progettato. Chiamo
ciale aiuto di Dio, la predicazione degli Apostoli. Dio, ecc., formola di giuramento usata dall'Apo-
Colui che ci conferma (gr. à pepaifìv), ossia Colui stolo per garantire la verità delle sue parole.
che rende noi Apostoli fermi e immobili in Cristo Sulla mia anima, oppure contro la mìa anima. Il
(gr. eiq Xpioróv), cioè nella fede di Cristo. Con greco èm vryv è|it\v ^vXt\v può avere i due sensi,
voi. Anche i fedeli, benché in diverso modo, par- e quindi si possono dare due spiegazioni. Chiamo
tecipano di questa fermezza nella fede. Gli Apo- in tesrimonio Dio, che veglia sulla mia anima e
stoli sono confermati per insegnare senza errore ne conosce i pensieri ;oppure Chiamo Dio in
:

e senza mutazione la verità; i fedeli sono confer- testimonio contro la mia anima, ossia Dio mi
:

mati per ritenere senza corruzione la verità loro faccia morire se non dico la verità. Per essere
insegnata. E che ci ha unti (gr. Xpiaaq). Il verbo con voi indulgente e non usare la verga (I Cor.
Xpi'ev, nel Nuovo Testamento, è sempre usato IV, 20), e quindi nel vostro interesse, non sono
in senso metaforico (Lue. IV, 18; Atti IV, 27; più venuto. Non perchè, ecc. Tempera quanto po-
X, 38; Ebr. I, 9) e significa qui rendere atto a teva esservi di duro nelle parole precedenti. Noi
compiere una missione (I Giov. II, 20, 27). Dio non vogliamo fare i tiranni e imporvi la fede per
ha unti gli Apostoli rendendoli, per mezzo dello forza, come i pseudo-apostoli XI, 20). La fede
Spirito Santo loro dato, atti a compiere la mis- deve essere libera; d'altra parte voi state fermi
sione di predicare. Queste parole : ci ha unti e nella fede, e non è questione di tale virtù. Ma
il versetto seguente, secondo i migliori interpreti, come Apostoli, noi dobbiamo cooperare a procu-
si riferiscono ai soli Apostoli. rarvi quel gaudio, che è conseguenza della vita
II Corinti, II, 1-5 195

CAPO II.

Continua a spiegare perchè non sia andato a Corinto, 1-15, — Frutti dell'aposto-
lato, 16-17.

^Statuì autem hoc ipsum apud me, ne ^Ora ho determinato tra me di non venire
iterum in tristitia venirem ad vos. ^Si enim dì nuovo^ da voi nella tristezza. ^Poiché se io
ego contristo vos et quis est, qui me lae-
: vi contristo : e chi mi rallegrerà, se non
tiflcet, nisi qui contristàtur ex me? ^Et hoc colui che è stato da me contristato? ^E que-
ipsum scripsi vobìs, ut non cum venero, tri- sto stesso vi ho scritto, affinchè quando verrò
stitiam super tristitiam hàbeam, de quibus non riceva tristezza sopra tristezza da co-
aportùerat me gaudére cónfidens in òmni-
: loro dai quali io doveva avere allegrezza :

bus vobis, quia meum gàudium, omnium fidandomi che abbiate tutti per
di tutti voi,
vestrum est. ''Nam ex multa tribulatióne, et vostro il mio gaudio. ^Perocché in grande
angùstia cordis scripsi vobis per multas là- afflizione e ansietà di cuore vi scrissi con
crymas non ut contristémini : sed ut scià-
: molte lagrime non per contristarvi
: ma :

tis, quam charitàtem hàbeam abundàntius in affinchè conosceste la carità, che io ho ab-
vobis. bondantissima verso di voi.
''Si quis autem contristàvit, non me con- ^Che se alcuno fu cagione di tristezza, non
tristàvit : sed ex parte, ut non ónerem omnes mi contristò che in parte, per non fare ag-

cristiana e frutto dello Spirito Santo (Rom, XIV, riguardiate come vostro il gaudio del vostro padre,
17; Gal. V, 22; Filipp. IV, 4, ecc). Ora questo e vogliate, coll'emendazione, contribuire a ren-
gaudio non poteva essere in voi, finché tra voi re- derlo pili grande.
gnava il disordine, quindi se io fossi subito venuto Spiega
4. in quale stato d'animo si trovasse,
a Corinto, lungi dal cooperare al vostro gaudio, quando scrisse la I Cor. Non per contristarvi, cioè
avrei dovuto contristarvi, mettendo mano al ca- non per causare in voi la tristezza del mondo
stighi. Differendo la mia venuta, ho usato indul- (VII, 10), ma solo per il vostro spirituale van-
genza verso di voi, dandovi tempo ad emendarvi taggio. Invece però di soggiungere : ma affinchè
vi emendaste, l'Apostolo, con tenerezza di padre,
dice affinchè conosceste la carità, ecc. Se vi ho
:

CAPO II. scritto così, l'ho fatto, perchè vi amo come miei
figli prediletti (I Cor. IX, 2). Leggendo special-

1. Continua lo stesso pensiero del versetto pre- mente i capi IV, V e VI, T Cor., si capisce in
cedente. Conosciuto lo stato miserabile della vostra quale stato di animo si trovasse l'Apostolo quando
Chiesa, per essere indulgente verso di voi, ho scriveva, e come una tal lettera abbia potuto ca-
determinato, ecc. Non venire di nuovo da voi. gionar tristezza ai Corinti (VII, 8 e ss.).
Queste parole suppongono, che l'Apostolo abbia 5-11.
L'afflizione (4) dell'Apostolo era special-
fatto un altro viaggio a Corinto nella tristezza. mente causata dal fatto, che i Corinti tolleravano
Non sipuò trattare che del secondo (I, 15), poiché fra loro l'incestuoso (I Cor. V, 1 e ss.). Ora
il terzo non era ancora effettuato (XII, 14; XIII, costui, in seguito al castigo inflittogli si era pen-
1), e il primo non era stato compiuto in tali con- tito del fallo commesso, e quindi l'Apostolo do-
dizioni (Atti XVIII, 1 e ss.). Nella tristezza mia e manda che sia perdonato e riammesso nell'assem-
vostra, perché avrei dovuto riprendervi e punirvi, blea dei fedeli. Pieno di carità per gli erranti,
il che è doloroso per me e per voi.
l'Apostolo, per non riaprire una piaga rimargi-
2. Se venuto da voi vi avessi contristato col nata, usa termini generali, e pur lasciando capire
punirvi, dove avrei io potuto a Corinto trovare di chi voglia parlare, non nomina però né la per-
consolazione? Voi soli avreste potuto consolarmi, sona, né il fallo commesso. Tutti i Padri, eccetto
e in tal caso, essendo voi afflitti, come avreste Tertulliano (De Pudic, 13), e quasi tutti gli ese-
potuto farlo? Chi è contristato non può consolare geti cattolici ritengono, che l'Apostolo parli qui
gli altri. Quanta tenerezza d'affetto in queste pa- dell'incestuoso (Ved. Cornely, h. 1.). Alcuni in-
role dell'Apostolo Se gli Apostoli cooperano al
I
terpreti pili recenti (Le Camus, Lemonnyer, ecc.),
gaudio dei fedeli (I, 23), i fedeli, colla santità pensano invece che si parli di qualche altra per-
della vita, devono consolare gli Apostoli. sona, che avrebbe offeso gravemente lo stesso
3. E contenuto di una
questo stesso. Allude al Apostolo; ma argomenti addotti non sono tali
gli
lettera precedente, cioè della Cor. Vi ho scrittoI da diminuire valore della sentenza tradizionale
il

acciò vi emendiate, affinché venendo da voi e ve- (Ved. Prat., La Théol. de St-P., tom. 1, p. 195).
dendo che perseverate nei disordini, io non riceva Se alcuno, cioè se l'incestuoso mi contristò,
tristezza sopra tristezza, da parte di coloro, che, non mi contristò che in parte, perché ero assieme
colla santità della vita, avrebbero dovuto conso- consolato dal sapere che parecchi di voi perseve-
larmi. Vi ho scritto fidandomi di voi, cioè con- ravano nella virtù. E dico questo per non fare
tando sul vostro affetto, e nella persuasione che aggravio a tutti voi, quasi che tutti mi abbiate
196 II Corinti, II, 6-13

vos. ^Sùfficit qui eiùsmodì est, obiurgà-


iili, gravio a tutti voi. 'Per questo tak basta que-
tio haec, quae a plùribus
flt Uia \it e con-
: sta pimizione inflitta da molti ^t^chè per
;

tràrio magis donétìs, et consoléminì, ne forte contrario voi piuttosto gli perdoniate, e lo
abundantióri tristitia absopbeàtur qui eiùs- consoliate, affinchè per disgrazia questo tale
modi est. ^Propter quod óbseero vos, ut con- non sia assorbito da eccessiva tristezza. 'Vi
firmétis in illtim charitàtem. 'Ideo enim et scongiuro perciò a ratificare la carità verso
scripsì, ut cognóscam experìméntum ve- di lui. 'A questo stesso fine infatti vi ho
strum, an in omnibus obediéntes sitis. ^*'Cui ancora scritto, per conoscervi alla prova, se
autem àliquld cfonàstis, et ego nam et ego: siate in tutto ubbidienti. ^"Ora a chi voi
quod donavi, si quid donavi, propter vos in avete perdonato perdono anche io poiché :

persóna Christi, "Ut non cìrcumveniàmur a se io ho perdonato, ho perdonato per amor


sàtana; non enim ignoràmus cogitatiónes vostro a nome di Cristo, "acciò non siamo
eius. soverchiati da satana poiché non ci sono
:

ignoti i disegni di lui.

^^Cùm venissem antem Tróadem propter ^^Or essendo io giunto a Troade pel Van-
Ey.aagélium Christi, et óstìum mihi apertura gelo di Cristo, ed essendomi stata aperta la
esset in Domino, "Non hàbui rèquiem spì- porta dal Signore, ^^non ebbi requie nel mk.

causato tristezza. E però da preferirsi la tradu- loro da imitare il suo esempio. Anch'io se vi era
zione seguente : non contristò solo me., ma in ancora qualche cosa da perdonare, l'ho perdonata
parte, cioè in qualche modo (per non aggravare la per vostro amore, e voi pure perdonate per amor
cosa esagerando), contristò voi tutti. Dicendo : vcAo. A nome, cioè coll'autorità, di Cristo ho per-
in qualche modo, l'Apostolo lascia capire che non donato, come nel nome di Cristo era stata pronun-
tutti i Corinti avevano provato per l'incestuoso ziata la scomunica (I Cor. V, 4).
quell'orrore che avrebbero dovuto (I Cor. V, 1). tutti i moderni però traducono
Quasi^ parole
le
Alcuni uniscono le parole in parte a voi tutti, in èv jrpoocóJKp XptoTou (in persona Christi), pre- alla
modo che l'Apostolo dica che solo una parte dei senza di Cristo, cioè coll'autorità e l'approvazione
Corinti fu rattristata, mentre gli altri non si cura- di Cristo (La stessa frase al IV, 6 è tradotta : in
rono gran che. facie Christi).

6. L'Apostolo aveva comandato (I Cor. V, 3 Motivo per cui si deve usare indulgenza
11.
e ss.) di punire severamente l'incestuoso. Molti coll'incestuoso. Affinchè non siamo soverchiati, o
fra i Corinti avevano obbedito, troncando ogni megKo ingannati, da Satana, il quale eccita tal-
relazione con lui, in modo che egli fu indotto a volta i superiori a troppa severità, e conduce I
penitenza. Ora l'Apostolo giudica che debba ces- colpevoli alla disperazione. Non ci sono ignoti, ecc.
sare il castigo {kntxi}iia =
punizione), acciò il Sappiamo quali sono i disegni di Satana, e come
disgraziato non cada in disperazione. egli cerchi solo la rovina e la perdizione delle
anime.
Le pene della Chiesa sono medicinali, e
7.
quando hanno ottenuto il loro scopo, cioè la con- Nel passo 5-11, si ha una prova della dottrina
versione del reo, come nel caso presente, non sor.o
cattolica delle indulgenze.E chiaro infatti da tutto
ilcontesto che il perdono, di cui si parla, riguarda
pili necessarie. L'Apostolo vuole che non solo
le pene temporali inflitte dalla Chiesa all'inces-
gli perdonino, ma ancora che lo consolino, affin-
tuoso. Ora, come osserva San Tommaso (Supp!,
chè, vedendosi abbandonato da tutti, non resti op-
q. XXV, art. 1), se la condonazione di queste pene
presso dalla tristezza e cada in peccati più gravi.
non importasse anche la remissione della pena
La quantità e la durazione della penitenza dipende
temporale che si deve a Dio, l'Apostolo, piii che
non solo dalla gravezza del male fatto, ma anche
giovare, avrebbe nociuto all'incestuoso, perchè
dalle ìspeciali condizioni, in cui può trovarsi M
l'avrebbe obbligato a soffrire poi maggiori pene
peccatore.
nel Purgatorio (Ved. Cornely, h. 1.; Van Steen-
8. Vi scongiuro. Il greco «apaxaXS qui, come
kiste, h. 1.).
l Tim. VI, 2; Tit. II, 15, ha il senso di coman-
12-13. Terminata la digressione (5-11), l'Apo-
dare. Come la punizione fu inflitta per un comando
stolo, riferendosi al versetto 4, parla ora dell'an-
dell'Apostolo (I Cor. V, 3 e ss.), così pure il
perdono. Ratificare. Il greco xDpioGv significa sta-
sietà da lui provata dopo aver scritta la I Cor.
Impaziente di conoscere quali effetti essa avesse
bilirecon pubblica autorità. Come l'incestuoso era
prodotto, mandò Tito a Corinto con ordine di por-
stato scomunicato con atto pubblico, così vuole
targli notizie a Troade, dove egli contava di recarsi
che con un atto pubblico sia riconciliato colla
nel viaggio da Efeso in Acaia, per la via di Mace-
Chiesa.
donia (I Cor. XVI, 5 e ss.). Il tumulto SHScitato
9. A ragione vi comando adesso di usare carità, in Efeso da Demetrio (Atti, XIX, 23) costrinse
poiché anche nella mia lettera precedente (I Cor, l'Apostolo a partire da questa città piiì presto del
V, 3), vi ho scritto di scomunicare l'incestuoso, tempo stabilito. Essendo giunto a Troade (Ved.
non per indurlo alla disperazione, ma per cono- n. Atti, XVI, 8) pel Vangelo, ossia per predicare
scere se mi avreste ubbidito separandovi da lui. il Vangelo, ed essendomi stata aperta la porta
Essendosi raggiunto tale fine, vi comando di per- (Ved. n. I Cor. XVI, 9), cioè essendomi offerta
donare. un'ottima occasione di propagarlo, perchè gli animi
10. Per- animarli a ubbidire, l'Apostolo dichiara erano ben disposti (L'Apostolo aveva già una
che fin d'ora approva e fa suo il loro decreto di volta predicato a Troade^, Atti, XVI, 8), non ebbi
riconciliazione. A chi avete perdonato (greco : a requie nel mio spirito (r^ Jrvevfian ^ou) ossia la
:

chi perdonate), anch'io perdono Poscia propone parte più nobile della raia^ anima era turbata e
II Corinti, II, 14 — III, 1 197

ritui meo, eo quod non invénerim Titum fra- spirito per non avere trovato il mio fratello
treni meum, sed valefàciens eis, proféctus Tito, ma salutati quelli, partii per la Mace-
sum in Macedóniam. donia.
"Deo autem gràtias, semper triùm-
qui ^"•Grazie però a Dio, il quale ci fa sempre
phat nos in Cristo lesu, et odórem notitiae trionfanti in Cristo Gesù, e per mezzo nostro
suae maniféstat per nos in omni loco : rende manifesto l'odore della cognizione di
^*Quia Christi bonus odor sumus Deo in lui in ogni luogo ^^poichè noi siamo il buon
:

iis, qui salvi flunt, et in iis, qui péreunt : odore di Cristo a Dio e per quei che si sal-
"Aliis quidem odor mortìs in mortem àliis : vano, e per quei che periscono "per gli :

autem odor vitae in vitam. Et ad haec quis uni odor di morte per loro morte per gli :

tam idóneus? "Non enim sumus sicut plù- altri odore di vita per loro vita. E per tali
rimi, adulteràntes verbum Dei, sed ex since- cose chi è che sia tanto idoneo ? "Non sia-
ritàte, sed sicut ex Deo, coram Deo, in mo infatti come moltissimi, che falsificano la
Christo lóquimur. parola di Dio, ma parliamo con sincerità, co-
me da parte di Dio, dinanzi a Dio, in Cristo.

CAPO III.

S. Paolo non è arrogante né superbo. La conversione dei Corinti e la sua lettera


di raccomandazione, i~6. —
// ministero degli Apostoli è superiore a quello di
Mosèj 7 'II. — Diritto degli Apostoli di parlare con franchezza e autorità, 12-18,

^Incipimus ìterum nosmetipsos commen- ^Cominciamo di bel nuovo a commendare


dare? aut numquid egémus (sicut quidam) noi medesimi? oppure abbiamo noi bisogno

piena di ansietà. Per non aver, ecc. L'Apostolo che la rigettano, è odore di morte, cioè apporta-
giunse a Troade prima del tempo stabilito, quando trice di morte, in quanto li rende inescusabili da-
cioè Tito non era ancora arrivato. Dopo averlo vanti a Dio e li fa rei di morte eterna. Per gli
invano aspettato qualche giorno, l'Apostolo, impa- altri, cioè per quei che l'abbracciano con fede e
ziente di aver nuove di Corinto, salutati i cristiani con amore, è odore vivificante che li rende meri-
di Troade, e tralasciando l'occasione offertagli di tevoli della vita eterna, che loro verrà data a suo
predicare il Vangelo, si imbarcò per la Macedonia, tempo. Come Gesù fu posto per rovina e risur-
dove trovò Tito, il quale gli diede buone notizie rezione di molti (Lue. II, 34), così la predicazione
di Corinto. Tito vien detto fratello, perchè assieme degli Apostoli, per gli uni è causa dì vita, e per
a S. Paolo aveva predicato il Vangelo (VJII, 23). gli altri è causa dì morte. Pensando ai tanti falsi

14. Grazie, ecc. Le buone notizie avute strap-


apostoli, che allora si aggiravano per le Chiese,
pano all'Apostolo un grido di riconoscenza a Dio. e tutto compreso grandezza dell'Apostolato,
della

Ci fa sempre trionfanti. Tale è qui il senso del esclama : E per


cioè per il ministero
tali cose,
greco OpiafipeùoYTt. In Cristo, cioè per mezzo di apostolico, chi è che sia idoneo ? Tanto manca
Gesù Cristo, di cui siamo inviati. E rende mani- nel greco. Benché l'Apostolo non risponda diret-
festo, meglio spande o diffonde. L'odore della
:
tamente, è facile però dal versetto seguente de-
cognizione genitivo di apposizione, che equivale durre la risposta Noi soli veri Apostoli.
:

a la cognizione. Di lui, cioè di Cristo. La cogni- 17. Ragione per cui essi soli sono idonei. Non
zione di Gesù Cristo, diffusa nel mondo dagli siamo, ecc. Come
moltissimi (gr. oì :roXXot), i
Apostoli, è come un profumo soave, che dalla terra molti pseudo-apostoli di Corinto. Falsificano. Il
sale al cielo. Secondo gli uni la metafora è tolta greco xaoiTiXeueiv si dice, in senso proprio, di
dall'uso antico di bruciare incensi sulle vie per- coloro che vendono vino al minuto. Ora, siccome
corse dai trionfatori (Ovid. Trist. II, 4), secondo costoro erano soliti a mescolarlo con altre so-
altri invece, più probabilmente, dall'incenso usato stanze, il verbo suddetto in senso traslato significa
nei varii sacrifizi (Cf. Lev. I, 9, 13, 17; II, 2, e falsificare. Falsificano la parola dì Dio, fram-
Efes. V, 2; Filipp. IV, 12). mischiandovi la parola dell'uomo (IV, 21) e cer-
15. Poiché noi, ecc. Dio rende trionfanti i suoi cando di arricchirsi col Vangelo. Paolo e i suoi
Apostoli, perchè essi sono il buon odore (il greco compagni non sono di costoro. Noi parliamo con
evxDÒia, significa anche cosa che spande odore, e sincerità, senza adulazione e senza cercare il nostro
tale sembra essere qui il senso di questa parola) interesse ; predichiamo la pura parola di Dio,
di Cristo, in quanto cioè Cristo vive in essi (Gal. come si fa da colui che parla per ispirazione di
II, 20), e Cristo forma l'oggetto della loro predi- Dio. Dinanzi a Dio, che ci vede, ed è testimonio
cazione (I, 19). La vita e la predicazione degli di tutte le nostre azioni. In Cristo, cioè in unione

Apostoli è quindi accetta e gradita a Dio, e questo, a Gesù Cristo, che ci ha mandati.
sia che le loro fatiche operino frutti di conversioni
(per quei che si salvano), sia che rimangano ste-
rilia causa dell'ingrato terreno (per quei che CAPO III.
periscono).
16. Accenna al doppio e contrario effetto della 1. L'Apipstolo passa ora a rispondere all'accusa
predicazione apostolica. Per gli uni, cioè per quei che gli simuoveva dai suoi nemici, dì essere cioè
198 II Corinti, III, 2-5

commendatitiis epistolis ad vos, aut ex (come taluni) di lettere di raccomandazione


vobis? ^Epistola nostra vos estis, scripta in scritte a voi o da voi? ^La nostra lettera
córdibus nostris, quae scitur, et légitur ab siete voi, scritta nei nostri cuori, la quale è
òmnibus hominibus 'Manilestàtì quod epi-
: riconosciuta e si legge da tutti gli uomini :

stola estis ministrata a nobis, et


Christi, 'essendo manifesto che voi siete lettera di
scripta non atraménto, sed spiritu Dei vivi : Cristo fornita da noi, scritta non con l'in-
non in tàbulis lapideis, sed in tàbulis cordis chiostro, ma collo spirito di Dìo vivo non :

carnàlibus. sulle tavole di pietra, ma sulle tavole di


carne del cuore.
*Fidùciam autem talem habémus per Chri- *Ora noi abbiamo tale fidanza per Cristo
stum ad Deum- *Non quodsufììciéntessimus
: presso Dio: ''non perchè siamo idonei a

arrogante e superbo, perchè aveva agito con di Dio vivo, perchè gli Apostoli nel predicare,
forza (I Cor. IV, 18-21; V, 13), e aveva parlato non hanno usato gli artifizi dell'umana eloquenza,
con lode di sé stesso (I Cor. II, 6, 16; VII, 8, e le conversioni operate sono dovute alla grazia
25, 40; IX, 1 e ss.; XI, 1; XIV, 18; XV, 10, ecc.). efficace dello Spirito Santo (I Cor. II, 4). Non è
Egli esalta la grandezza del ministero apostolico, scritta su tavole di pietra, come l'antica legge
da cui gli proviene tutta la sua forza e il suo data da Dio a Mosé (Esod. XXXI, 18; XXXII, 15-
vanto (III, 1-IV, 6). 16), ma è stampata nei cuori, come Dio aveva
Cominciamo di bel nuovo, ecc Avendo nel ver- promesso che sarebbe stata la nuova legge (Gerem.
setto precedente parlato di sé stesso, e sapendo XXXI, 38; Ezech. XXXVI, 26, ecc.), perchè la
che i suoi nemici di Corinto andavano dicendo che predicazione degli Apostoli produsse nel cuore dei
egli, nella sua lettera precedente, avev,» lodato Corinti frutti di ogni virtù, in modo che essi,
troppo sé stesso per cattivarsi l'amore dei neofiti, colla santità della loro vita, sono uija prova evi-
piglia di qui occasione per mostrare la falsità dente che erano veri Apostoli di Dio, coloro che
dell'accusa, e si domanda Cominciamo adesso
: li convertirono e fondarono la loro Chiesa. In
anche in questa lettera come già nella precedente queste ultime parole l'Apostolo allude anche alla
a commendare, cioè a lodare noi stessi, per catti- differenza che vi é tra il Vecchio e il Nuovo Te-
varci la vostra benevolenza? Tale è il significato stamento
del verbo commendare (gr. avviazàveiv) così 4. Tanta, ecc. Se io mi glorio dì essere ministro
spesso usato in questa lettera (IV, 2; V, 12; VI, idoneo del Vangelo (II, 16), e che voi siate la
4; VII, 11; X, 12, 18; XII, 11). Oppure abbiamo mia lettera commendatizia scritta da Gesù Cristo
noi, ecc. Supporre che noi abbiamo voluto lodarci, stesso, non è già perchè io attribuisca qualche cosa
equivale a pensare che noi abbiamo bisogno di ai mìei meriti o ai miei sforzi personali; tutta la
essere raccomandati a voi, o da voi. Ora ciò è mìa fiducia, tutto il mio vanto è in Dio per mezzo
assurdo, perchè il padre, come son io a vostro di Gesù mediatore, poiché tutto ciò che ho fatto
riguardo, non ha bisogno di raccomandazione tra voi, l'ha fatto la grazia di Dio dataci per
presso i suoi figli o dai suoi figli. Quelli che vo- mezzo dì Gesù Cristo
gliono predicare o vivere in una Chiesa dove non
sono conosciuti, hanno bisogno di raccomandazioni 5. Spiega meglio versetto precedente. Se ab-
il

(Atti, XV, 25-27 ; XVIII, 27 I Cor. XVI, 3, ecc.),


;
biamp fidanza, non è
già perchè siamo idonei a
non già io. Come taluni. Allude a certi pseudo- pensare alcuna cosa. Queste ultime parole colla
apostoli, che si erano presentati a Corinto con grande maggioranza degli esegeti e dei teologi
lettere commendatizie di qualche dottore cono- (Ved. Sant'Agostino, De dono persev., 13; De
sciuto o di qualche Chiesa, e forse domandavano praedest. sanct., 2; Coni, duas epìsi. Pel., 8, ecc.;
pure tali lettere ai Corinti. S. Tommaso, h. 1. ; Concìlio II di. Grange, can.
7, ecc.) vanno prese nella loro più grande esten-
2. S. Paolo non ha bisogno di tali commenda- sione. Colle sole sue forze naturali, l'uomo non
tizie. La nostra lettera, che basta a far conoscere,
può pensare alcuna cosa (e molto meno volerla e
sia a voi, sia alle altre Chiese, la nostra qualità
farla) che sia soprannaturalmente buona e lo con-
di Apostolo, siete voi, è cioè la vostra conversione, duca alla salute eterna. Per tutti e singoli gli atti
e la Chiesa tra voi fondata (Cf. I Cor. IX, 2-3, salutari, non solo quanto al loro compimento, ma
dove chiama i Corinti « sigillo del mio aposto- anche quanto al loro cominciamento, è necessaria
lato »). Questa lettera non si può perdere, perchè
la grazia efficace dì Dio. Tale è la dottrina della
non è scritta su carta, ma è scrìtta nel nostro Chiesa contro i Pelagianì e i Semipelagianì. Da noi
cuore, essendo sempre vivo in noi il ricordo e come da noi. Sotto l'influsso della grazia, la vo-
l'affetto per voi (VII, 3). E nota, e si può leggere
lontà non resta inerte, ma si muove e produce
da tutti, perchè tutti sanno che siamo noi che buone azioni. Queste azioni però, non hanno il
vi abbiamo convertito, e abbiamo fondata la vostra loro primo o principale princìpio nelle forze natu-
Chiesa. rali della volontà, ma nell'efficacia della grazia.
3. Essendo manifesto. Queste parole si colle- Perciò dice l'Apostolo : da noi come da noi. Colla
gano con voi siete la nostra lettera (versetto 2). grazia di Dio, l'uomo può concepire un buon pen-
L'Apostolo prova che questa lettera è ben supe- siero, ma il buon pensiero concepito non può
riore ad ogni commendatizia. Essa ha per autore attribuirsi a lui,come a causa principale, ma deve
principale Cristo (di Cristo), poiché è la sua essere attribuito alla grazia di Dio. Le parole da
parola che li ha convertiti. Gli Apostoli non sono noi come da noi, vanno unite con non siamo ido-
che gli strumenti di cui Gesiì sì è servito per far nei, conformemente a quel che segue ma la nostra :

loro udire la sua parola (fornita da noi). Non è idoneità è da Dio. L'Apostolo si sprofonda così
scrìtta con inchiostro materiale, ma collo spirito nell'umiltà, riconoscendo il suo nulla davanti a Dio.
II Corinti, III, 6-11 199

cogitare àliquìd a nobìs, quasi ex nobis sed : pensare alcuna cosa da noi come da noi :

sufRciéntia nostra ex Deo est ^Qui et idó- : ma la nostra idoneità è da Dio ''il quale :

neos nos fecit ministros novi testaménti : ancora ci ha fatti idonei ministri del Nuovo
non littera, sed Spìritu littera enim occidit,
: Testamento, non della lettera, ma dello Spi-
Spiritus autem viviflcat. rito poiché la lettera uccide, ma lo Spirito
:

dà vita.
'Quod si ministràtio mortis litterìs defor- 'Che se il ministero della morte espresso
mata in lapidibus, fuit in gloria, ita ut non con lettere sulle pietre fu glorioso, talmente
possent intèndere filli Israel in fàciem Móysi che non potevano i figliuoli di Israele fissar
propter glóriam vultus eius, quae evacuàtur : lo sguardo nel volto di Mosè a motivo dello
*Quómodo non magis ministràtio Spiritus splendore non durevole della faccia di lui :

erit in gloria? *Nam si ministràtio damna- *come non sarà più glorioso il ministero
tiónis gloria est multo magis abùndat mini-
: dello Spirito ? ^Se infatti il ministero di con-
stérium iustitiae in gloria. ^"Nam nec glorifì- dannazione è glorioso molto più è ridon-
:

càtum est, quod clàruit in hac parte, propter dante di gloria il ministero della giustizia.
excelléntem glóriam. "Si enim quod evacuà- ^"Poiché quello che fu glorificato in questa
tur, per glóriam est multo magis quod
: parte neppure fu glorificato rispetto a questa
manet, in glòria est. gloria trascendente. "Se infatti quello che
non deve durare è glorioso molto più glo- :

rioso è quello che dura.

6. L'Apostolo e i suoi compagni, non solo hanno nella Scrittura, l'Apostolo dovette attingerla dalla
tutto ricevuto da Dio, ma Dio li ha ancora fatti tradizione. D'altronde anche Filone (Vita Moysis,
idonei ministri, cioè li ha arricchiti di quei doni III) ne parla. Splendore non durevole, ossia pas-

necessarii per essere degni ministri del Nuovo Te- seggero, che non solo cessò colla morte di Mosè,
stamento, ossia della nuova alleanza, che Dio, per ma non durò neppure lungo tempo come si ricava
mezzo di Gesù
Cristo, ha stabilito coU'umanità dalla narrazione dell'Esodo (XXXIV, 35). Esso però
(Gerem. XXXI, 31 e ss.; Ebr. IX, 15), in opposi- serviva a mostrare la grandezza del ministero affi-
zione all'antica alleanza contratta da Dio per mezzo dato a Mosè.
di Mosè cogli Israeliti. Non della lettera, ecc. Così Ora se il ministero di morte fu così glorioso, di
si legge nel greco. Lettera e Spirito; ecco le note quanta maggior gloria non risplenderà il ministero
caratteristiche delle due alleanze. L'antica si fon- dello Spirito (n òiaxovia toG icvEvuxaToq), cioè il
dava sulla lettera, ossia sulla legge scritta, che in- ministero Apostolico, per cui viene dato lo Spirito
dicava il bene da farsi e il male da fuggirsi, senza Santo, e la vita soprannaturale della grazia e della
però dare la grazia a ciò necessaria. Nella nuova gloria? Sarà glorioso. Questo futuro si riferisce
legge invece viene dato lo Spirito S., che diffonde alla gloria che, alla fine dei tempi. Dio darà ai
nei nostri cuori la carità di Dio (Rom. V, 5), nella ministri del Nuovo Testamento (Cf. v. 12).
quale sta la pienezza della legge; carità che rende 9-10. Secondo argomento dedotto dagli effetti dei
facili anche le cose più difficili, e rende possibile due ministeri. Il ministero dell'Antico Testamento
l'adempimento di tutti i precetti di Dio (Cf. Giov. viene qui chiamato ministero di condannazione,
I, 17; Rom. II, 29; VII, 5 e ss. ; Ebr. X, 29, ecc.). perchè l'antica legge, divenuta occasione di pec-
La lettera uccide, ecc. Spiega perchè gli Apostoli cato, provocava la collera di Dio e conduceva
debbano predicare non più l'antica legge ma la l'uomo a dannazione e a morte nel senso detto
nuova. L'antica legge era buona in sé (Ved. n. al V. 6. ministero della nuova legge è un mini-
Il
Rom. VII, 12), ma, stante
sua impotenza e la
la stero perchè dona lo Spirito Santo,
di giustizia,
corruzione dell'uomo, divenne occasione di morte il quale ci giustifica (Rom. I, 17; III, 23; Gal. Ili,
(Ved. n. Rom. VII, 7-13 e ss. I Cor. XV, 56).; 13, ecc.). Se glorioso fu dunque il ministero che
Nella nuova legge invece viene data la grazia, per produceva la condannazione e la morte, molto più
cui l'uomo può osservare i precetti di Dio, e così glorioso sarà il ministero che produce la giustizia
arrivare alla vita eterna (Rom. Vili, 10 e ss.). e la vita della grazia e della gloria. Ciò è tanto
7-8. Con argomenti, l'Apostolo passa ora a
tre vero, che quello che fu glorificato in questa parte,
dimostrare quanto il ministero degli Apostoli sìa ossia quello che vi ebbe di glorioso nel ministero
superiore a quello di Mosè (7-11). Il primo argo- dell'antica legge, non fu neppure glorificato, vale
mento (7-8) è dedotto dalla gloria che circonda a dire, non merita neppure di esser© chiamato glo-
l'uno e l'altro. 7/ ministero (gr òtaxovia) della rioso, rispetto a questa gloria, ecc., se cioè si
morte, cioè il ministero che compì Mosè nel por- paragona alla gloria riservata ai ministri della
tare al popolo le tavole della legge, che fu causa nuova legge, a La luce
una lucerna sembra
di
di morte (vers. prec). Espresso, o meglio, se- splendidissima nella notte, ma in paragone alla
condo il greco, scolpito,
sulle tavole di pietra. luce del sole non merita neppure di essere chia-
L'Apostolo applica ministero, ciò che era pro-
al mata luce ». Teodoreto.
prio della legge (Esod. XXXIV, 1, 27, 28), per 11. Terzo argomento, dedotto dalla durata dei
indicare che la base e il fondamento di questo due ministeri. Se quello che non deve durare
ministero era un fatto materiale, mentre il mini- (gr. TÒ xarapYov»nevov come al v. 7 tt\v xatapYo\>
stero degli Apostoli è tutto spirituale. Fu glorioso. fiévTiv) cioè se il ministero dell'antica legge, il
Allude al fatto che Mosè, nel discendere dal Sinai quale era una preparazione a Cristo, e doveva
colle tavole delia legge, aveva la faccia tutta risplen- quindi cessare con Cristo (Gal. Ili, 24), è (greco
dente (Esod. XXXIV, 29 e ss.). Talmente che... fu) glorioso, benché la sua gloria non fosse dure-
a motivo, ecc. Questa particolarità, non ricordata vole (v. 7), molto più glorioso è il ministero della
200 II Corinti, III, 12-17

"Habéntes talem spem, multa fi-


igitur ^^Avendo noi perciò una tale speranza,
ducia ùtimur sicut Móyses ponébat
: "Et non parliamo con gran libertà "e non come :

velàmen super fàciem suam, ut non intén- Mosè, il quale metteva un velo sopra la sua
derent fìlii Israel in fàciem eius, quod eva- faccia, affinchè i figliuoli d'Israele non fis-
cuàtur, ^*Sed obtùsi sunt sensus eórum. sassero lo sguardo nel fine di quella cosa che
Usque in hodiérnum enim diem, idipsum non doveva durare. ^*Ma le loro menti si
velàmen in lectióne véteris testaménti manet sono indurate. Poiché anche al dì d'oggi
non revelàtum, (quóniam in Christo eva- nella lettura del Vecchio Testamento lo
cuàtur). ^^Sed usque in hodiérnum diem, stesso velo rimane non alzato (giacché per
cum légitur Moyses, velàmen pósitum est Cristo si toglie). "Ma anche al dì d'oggi,
super cor eórum. "Cùm autem convérsus quando si legge Mosé, il velo è posto sopra
fùerit ad Dóminum, auferétur velàmen. del loro cuore. "Ma quando si convertirà
(Israele) al Signore, sarà tolto il velame.
''Dóminus autem Spiritus est : Ubi autem ^'Ora il Signore è lo Spirito : e dove è lo

" Ex. XXXIV, 33. " Joan. IV, 24.

nuova legge, il quale deve durare sino alla con- mente chiusero gli occhi (Is. VI, 8 e ss.; Attì
sumazione dei secoli e si perpetuerà nell'eternità. XXVIII, 25 e ss.), e stesero un velo sul loro
12-18. La grandezza
di questa dignità dà agli cuore, per non vedere la luce. Anche al dì d'oggi,
Apostoli il parlare con franchezza e con
diritto di
nella lettura del Vecchio Testamento rimane lo
autorità. Tale speranza di possedere un giorno pie- stesso velo non alzato, ossia rimane ciò che era
namente la gloria riservata ai ministri del Nuovo significato dal velo di Mosè, di guisa che, come
Testamento. Con gran libertà. 11 greco nappryaiq questo velo impediva agli Ebrei di vedere lo splen-
significa parlare con franchezza, senza nascondere dore della faccia di Mosè, così il volontario ac-
dissimulare. ciecamento impedisce loro di vedere attraverso le
scritture del Vecchio Testamento Gesù Cristo. Il
13. E non come, ecc. La proposizione è elittica Vecchio Testamento per gli Ebrei è coperto di un
e si deve sottintendere e non poniamo sulla no-
:
velo; né ciò deve far meraviglia, perchè tal velo
stra facciaun velo come faceva Mosè, il quale, ecc.,
può essere tolto solo da Gesù Cristo, che essi
ma predichiamo apertamente e con franchezza il
non vogliono riconoscere come Messia Salvatore.
Vangelo nel mondo. Mosè, quando usciva dalle
sue comunicazioni con Dio e trasmetteva al popolo 15. Ripete con leggiera modificazione lo stesso
gli ordini ricevuti, si copriva la faccia con un pensiero. Quando si legge Mosè, cioè il Penta-
velo (Esod. XXXIV, 34), affinchè gli Israeliti non teuco, che forma la prima parte del Vecchio Te-
vedessero lo splendore che si irradiava dal suo stamento. L'Apostolo nomina la parte per il tutto.
volto. Paolo spiega la significazione tipica di
S. Ogni sabato nelle sinagoghe si leggeva qualche
questo Lo splendore della faccia di Mosè
fatto. tratto del Vecchio Testamento (Ved. n. Luca IV,
raffigurava Gesù Cristo, splendore della gloria del 16 e ss.; Atti XV, 21).
Padre (Ebr. I, 3). Mosè copriva la sua faccia, per Il velo, ecc. Gli Ebrei, quando nelle sinagoghe

significare che gli Israeliti non potevano ancora leggono la Scrittura o pregano, portano un lungo
fissare i loro sguardi in Gesii Cristo, il quale è velo sulla testa. E' incerto però se l'Apostolo al-
fine di quella cosa che non doveva durare, cioè luda qui a tale uso, dato pure che già a quei tempi
della legge che doveva condurre gli Ebrei a Lui esistesse.
(Gal. Ili, 24; Coloss. II, 17), e doveva cessare 16. Quando gli Ebrei si convertiranno in massa
alla sua venuta (Ved. n. Rom. X, 4). Ora gli Apo- al Signore, come avverrà verso la fine dei tempi
stoli non hanno bisogno di velo, perchè Gesù (Rom. XI, 25 e ss.), allora sarà tolto il velo dal
essendo già venuto, essi hanno ricevuto la mis- loro cuore. Ciò si verifica pure ogni volta che uno
sione di annunziarlo apertamente a tutto il mon-do, di essi si converte. L'Apostolo allude certamente
e di far conoscere a tutti i suoi insegnamenti. in questo versetto a Esod. XXXIV, 34.
Nel fine. Tale è la lezione del greco (eì? tò 17. Spiega chi Signore, a cui gli Ebrei si
sia il
téXoq) tradotta dalla Volgata in fàciem. Altri spie-
devono convertire. Signore, di cui al versetto
//
gano ; affinchè gli Israeliti non vedessero scom- precedente, è lo Spirito Santo (gr. ò òè Kt)pio(;
parire lo splendore passeggiero della faccia di tò jiveijna èonv), il quale è vita e principio della
Mosè, splendore che era figura del ministero non nuova legge, e si diffonde nei nostri cuori (Ved.
durevole dell'antica legge (Van. Steenkiste, Cram- n. vv. 6 e ss.). Tale è l'interpretazione dei Santi
pon, ecc.). La prima spiegazione però ci sembra Padri Atanasio, Basilio, Gregorio di Nissa, Didimo,
più probabile (Ved. Cornely, h. 1.). Epifanio, Crisostomo, Teodoreto, Cirillo A., Am-
14. Noi Apostoli non mettiamo un velo sulla brogio, Agostino, Massimo, ecc. (Ved. Lebreton,
nostra faccia, ma parliamo apertamente di Gestì Les origines du dogme de la Trinile, Paris, 1910,
Cristo, ma le menti dei Giudei sono indurate pag. 490-494) e ad essa aderiamo pienamente. Pa-
(èjiopa)9t\), e non vogliono riconoscerlo. Questo recchi interpreti però ritengono che le dette parole
«cciecamento non è cominciato ora, ma dura da sì debbano applicare a Gesù Cristo (Ved. Prat.,
tempo, come indica l'aoristo greco. Dìo, per mezzo La Théologìe de S. P., tom. II, p. 221 e ss.), ma
dei suoi profeti, a poco a poco fece sollevare il sono ben lungi dall'accordarsi nella spiegazione
velo che copriva la faccia di Mosè, in modo che (Ved. Cornely, h. 1. Holzmeìster, Dominus autem
;

ì Giudei avrebbero potuto riconoscere Gesù Cristo, Spiritus est, Innsbruck, 1908). Il cuore acciecato
ma essi, istigati dal demonio (IV, 4), volontaria- dei Giudei deve convertirsi dalla lettera che uccide,
II Corinti, III, 18 — IV, 2 201

Spiritus Domìni ibi libértas. ^*Nos vero


: Spirito del Signore, ivi è libertà. "Noi tutti
omnes, revelata fàcie glóriam Dòmini specu- pesò a faccia svelata mirando quasi in uno
làntes, in eàndem imàginem transformàmur specchio la gloria del Signore, nella stessa
a claritàte in claritàtem, tamquam a Domini immagine siamo trasformati di gloria in
Spiritu. gloria, come dallo Spirito del Signore.

CAPO IV.

Franchezza e sincerità con cui S. Paolo ha esercitato il suo ministero, i-6. —


Sof-
ferenze a cui sono esposti gli Apostoli, 7-12. — La speranza della futura
risurrezione li Sostiene, 13-18.

*Ideo habéntes administratiónem, iuxta ^Per la qual cosa avendo noi tal ministero
quod misericórdiam consecùti sumus non de- in virtù della misericordia da noi conseguita,
ficimus, ^Sed abdicàmus occulta dedécoris, non ci perdiamo di animo, ^ma rinunziamo
non ambulàntes in astùtia, neque adultferàn- alle cose che la vergogna fa occultare, non
tesverbum Dei, sed in manifestatióne ver4- camminando con astuzia, né corrompendo la
tàtiscommendàntes nosmetipsos ad omnem parola di Dio, ma per mezzo della manifesta-
consciéntiam hóminum coram Deo. zione della verità rendendoci commendevoli
presso, la coscienza di tutti gli uomini dinanzi
a Dio.

che vivifica, e allora sarà tolto il velo


allo Spirito CAPO IV.
e cesserà la schiavitii portata dalla legge, perchè
dove è lo Spirito del Signore, ivi è la libertà dalla 1. Mostrata la sublimità del ministero aposto-
legge, della quale sono schiavi i Giudei. Lo Spirito lico, S. Paolo fa ora vedere con quanta sincerità
ci rende figli di Dio (Rom. Vili, Ì4 e ss.), e ci e franchezza egli lo abbia esercitato (1-6). Ripiglia
fa nascere alla libertà (Gal. IV, 21 e ss.). In così, sviluppandolo maggiormente, il pensiero dei
questo versetto si ha una prova della divinità dello versetti 12, 13 del capo precedente che era stato
Spìrito Santo. interrotto dalla specie di parentesi (14-18). Per la

18. Noi tutti, ecc. In opposizione ai Giudei che


qual cosa, cioè essendo dunque così nobile la con-
dizione dei cristiani (v. 18 capo prec), noi Apo-
hanno un velo davanti agli occhi, noi tutti cri-
stoli che abbiamo tal ministero, quale fu descrìtto
stiani a faccia svelata, cioè senza velo mirando la
(III, 6-11), non in virtù dei nostri meriti, ma in
gloria del Signore Gesù Cristo, che si riflette
virtù della misericordia di Dio (III, 5; Efes. Ili,
come in uno specchio nelle Sacre Scritture, o più
7 e ss. ; Coloss. I, 25) non ci perdiamo d'animo,
generalmente nel Vangelo, nella fede, siamo tras-
malgrado tutte le difficoltà che possiamo incon-
formati nella stessa immagine, che vediamo (lY, 4)
trare.
poiché, per mezzo della fede e della carità, rice-
viamo una nuova forma che ci rende figli di Dio, 2. Rinunziamo. Nel greco abbiamo rinunziato,

fratelli di Gesù Cristo, e quindi conformi all'imma-


cioè determinato di non far uso, nella predicazione
del Vangelo, di cose che la vergogna fa occultare,
gine del Figlio di Dio (Rom. VIII, 29). Questa
ossia di certi procedimenti vergognosi usati dai
nostra rassomiglianza brilla ogni giorno di un
nostri avversarìi, i quali, per accaparrarsi gli animi
nuovo splendore, e può sempre divenire più per-
di coloro che li ascoltano, tacciono le verità del
fetta (di gloria in gloria, come si legge nel greco),
Vangelo, che loro potrebbero dispiacere. L'Apo-
finché non sia consumata nella gloria del cielo.
stolo spiega quali siano questi procedimenti vergo-
La preziosità e la grandezza di questa trasforma-
gnosi (occulta dedécoris ebraismo per occulta de-
zione si può conoscere dalla grandezza della sua
decorosa), che egli detesta. Non camminando con
causa, che è lo Spirito del Signore. Alcuni (Van
astuzia, ma con sincerità (Ved. n. I, 12), non cor-
Steenkiste, Bisping, Estio, ecc.), considerano i
rompendo, meglio non falsificando, ma predicando
w. 14-17 come una parentesi, e uniscono quindi senza frode e con semplicità la parola di Dio
il versetto 18 al versetto 13, interpretando il ver- (Ved. n. II, 17). I falsi Apostoli cercano ingra-
setto 18 in relazione ai soli Apostoli. Noi Apostoli ziarsi gli uomini»corrompendo, tacendo alcune ve-
non abbiamo come Mosè un velo sulla faccia, ma rità del Vangelo, e solleticando le passioni. I veri
come uno specchio riceviamo la gloria di Dio, e Apostoli invece, per mezzo della manifestazione
la riflettiamo sui cristiani, ossia predichiamo aper- intera della verità, siraccomandano non alle pas-
tamente e senza figure la grazia e la verità di sioni, ma cosciènza di tutti gli uomini fedeli
alla
Gesù Cristo, e siamo trasformati, ecc., ossia espri- e infedeli; la quale, se è retta, sa giudicare del
miamo in noi l'immagine di Gesù Cristo, ecc. La loro modo di agire. Tutto ciò fanno i veri Apostoli
prima spiegazione però risponde meglio al davanti a Dio, testimonio infallibile della loro vita
contesto. o delle loro azioni.
202 II Corinti, IV, 3-8

'Quod si étìam opértum est Evangélìum 'Che se il nostro Vangelo è ancora velato :
nostrum qui péreunt, est opértum
: in iis, : è velato per quei che periscono ''per quegli :

*In quibus Deus huius saéculi excaecàvit infedeli dei quali il Dio di questo secolo ha
mentes infldélium, ut non fùlgeat illis illu- accecate le menti, onde non rifulga per essi
minàtìo Evangélii glóriae Christi, qui est la luce del Vangelo della gloria di Cristo,
imago Dei. ^Non enim nosmetipsos praedi- il quale è immagine dì Dio. ''Poiché noi non

càmus, sed lesum Christum Dóminum no- predichiamo noi stessi, ma Gesù Cristo Si-
strum nos autem servos vestros per lesum
: : gnor nostro noi poi vostri servi per Gesù :
:

"Quóniam Deus, qui dixit de ténebris lucem ^Poiché Dio, il quale disse che dalle tenebre
splendéscere, ipse illùxit in córdibus nostris splendesse la luce, egli stesso rifulse nei
ad illuminatìónem sciéntiae claritàtis Dei, in nostri cuori, perchè si rendesse chiara la
fàcie Christi lesu. cognizione della gloria di Dio nella faccia di
Gesù Cristo.
'Habémus autem thesàurum istum in vasis ^Ora noi abbiamo questo tesoro in vasi di
fictilibus : ut sublimitas sit virtùtìs Dei, et creta onde la superiorità della virtù sia
:

non ex nobis. 'In òmnibus tribulatiónem ài Dio, e non da noi. 'Per ogni verso siamo

3-4. Risponde a una difficoltà. Se il Vangelo è taggio, cioè per salvare la vostra anima, e ciò per
così apertamente predicato, come va che resta Gesù, ossia per un comando di Gesù.
velato per molti? La prima ragione va cercata nella
6. L'ulthna ragione per cui gli Apostoli predi-
perversa volontà dell'uomo. Il Vangelo è rico-
cano Gesù Cristo, è la volontà di Dio. Dio che
perto di un velo (III, 13) per coloro che volon-
nel primo giorno della creazione (Gen. I, 3) fece
tariamente camminano sulla via della perdizione
risplendere la luce materiale, nella seconda crea-
(I Cor. I, 18), e chiudono gli occhi in faccia alla
zione operata per mezzo di Gesù Cristo, fece ris-
luce. La seconda ragione si ha nell'azione perversa
plendere una luce spirituale (Efes. V, 8) nel cuore
del demonio, che viene chiamato dio di questo
degli Apostoli, ossia infuse loro la fede in Gesù
secolo, come altrove vien detto principe di questo
Cristo, affinchè, per mezzo della loro predicazione,
mondo (Giov. XII, 31; XIV, 30; XVI, 11), prìn- illuminassero il mondo, facendo conoscere a tutti
cipe di questo secolo (I Cor. II, 6), prìncipe che
la gloria di Dio, quale si è rivelata nella faccia di
esercita la potestà sopra di questuarla (Efes. II,
Gesù Cristo, ossia la divinità di Gesù Cristo, le
2), ecc., perchè coloro che vivono secondo le mas-
sue azioni, la sua dottrina e in generale tutto il
sime del mondo, lo ubbidiscono e lo servono. Egli
Vangelo. Le due frasi, la cognizione della gloria di
accieca gli uomini, allontanandoli, per mezzo delle
Dio nella faccia di Gesù Cristo, e (v. 4) il Vangelo
sue suggestioni, dalla fede, in modo che alla loro
della gloria di Crìsto il quale è immagine di Dio,
mente non risplenda la luce (<pcoTio|aó?) del Van-
sono parallele e pressoché sinonime (Cf. Filipp.
gelo, che ha per oggetto la gloria di Cristo. Fa
II, 6; I Tessal. II, 12). Le parole: nella faccia
risaltare subito quanto sia grande la gloria di
di Gesù, alludono alla faccia di Mosè splendente
Cristo, dicendo che Egli è immagine di Dio. Si
di una luce, che era figura di Gesù Cristo.
osservi con S. Tommaso (h. 1.) che Gesù Cristo
è immagine perfettissima di Dio perchè, 1" è simi- 7. Nei versetti IV, 7-V, 10, S. Paolo spiega
lissimo al Padre, avendo col Padre l'identica na- quale fine gli Apostoli si propongano nell'esercizio
tura; 2° è generato dal Padre; 3' è uguale al del loro ministero. Comincia a mostrare quanto
Padre (Cf. Coloss. I, 15; Ebr. I, 3). La gloria di essi debbono soffrire, non ostante la grandezza
Cristo è quindi la gloria di Dio, e, contemplata della loro dignità (7-12). Probabilmente suoi i

attraverso il Vangelo, ha la virtii di trasformare avversarli si servivano della descrizione delle sue
le anime (III, 18). Alcuni Padri, per timore dei tribolazioni fatta (I Cor. IV, 8-13), per conchiu-
gnostici è dei Manichei, i quali abusavano di derne che egli non era vero Apostolo, tante soffe-
questo versetto per provare l'esistenza di due renze essendo indegne di un inviato di Dio. L'Apo-
principii, ordinarono le prime parole nel modo se- stolo fa vedere come, benché siano grandi le tribo-
guente per quegli infedeli di questo secolo, dei
: lazioni degli Apostoli, esse però servono a sempre
quali Dio ha acciecate le menti, ecc. Dio accieca, meglio far risaltare la potenza infinita di Dio.
non già inducendo direttamente la malizia nel Dapprima confessa umilmente che non sono pari
cuore, ma sottraendo, per giusto castigo, la sua all'altezza del ministero loro affidato; abbiamo
grazia (Ved. n. Rom. IX, 18). Ma non v'ha dubbio questo tesoro, cioè la luce che dobbiamo diffondere
che la sola prima spiegazione risponda al pensiero nel mondo, o più in generale il ministero aposto-
di S. Paolo, come con altri Padri e S. Tommaso, lico in vasi di creta e perciò fragili. Queste ultime
riconoscono quasi tutti gli esegeti. parole significano la debolezza e l'impotenza del-
5. Se Vangelo rimane oscuro per molti, non
il
l'umana natura. Ma Dio scelse vasi di creta, af-
finché superìorìtà della virtù, ossia l'efficacia
la
è da incolparsi la nostra predicazione. Noi infatti
non predichiamo noi stessi, non cerchiamo cioè i prodigiosa della loro predicazione, sia di Dio,
cioè sia attribuita alla potenza di Dio e non alla
nostri comodi e la nostra gloria, e perciò non oc-
cultiamo, né falsiamo la verità (v. 2), ma predi- potenza dell'uomo. La traduzione è fatta sul
chiamo Gesù Cristo come Signore di tutto, cioè greco: anche il testo della Volgata ha lo stesso
come Dio supremo a c\ii tutto deve obbedire senso affinchè la superiorità sia della virtù di
:

(nostro mancagreco e va considerato come


nel
Dio e non da noi.
una glossa). Non solo non predichiamo noi stessi, 8-9. Con una serie di parecchie antitesi, l'Apo-
ma ci consideriamo come vostri servi, cioè come stolo descrive meravigliosamente da una parte la
persone obbligate a lavorare per il vostro van- debolezza degli Apostoli, per la quale ad ogni
II Corinti, IV, 9-14 203

pàtimur, sed non angustiàmur aporìàmur, : tribolati, ma non oppressi siamo esitanti,
:

sed non destitùimur ''Persecutìónem pàti-


: ma non disperati : 'siamo perseguitati, ma
mur, sed non derelinquimur deiicimur, : non abbandonati : siamo abbattuti, ma non
sed non perimus "Semper mortiflcatiónem
: estinti : "portando noi sempre nel nostro
lesu in córpore nostro circumferéntes, ut et corpo la mortificazione di Gesù Cristo, af-
vita lesu manifestétur in corpóribus nostris. finchè ancora la vita di Gesù si manifesti nei
"Semper enim nos, qui vivimus, in mortem nostri corpi. "Poiché di continuo noi che
tràdimur propter lesum ut et vita lesu ma- : viviamo, siamo messi a morte per Gesù :

nifestétur in carne nostra mortali. "Ergo affinchè ancora la vita di Gesù si manifesti
mors in nobis operàtur, vita autem in vobis. nella nostra carne mortale. "La morte adun-
que opera in noi e la vita in voi.
"Habéntes autem eóndem spiritum fidei, ^^Ma avendo lo stesso spìrito di fede, con-
sicut scriptum est : propter quod
Crédidi, forme sta scritto Credetti, per questo par-
:

locùtus sum : et nos crédimus, propter quod lai noi pur crediamo, e per questo anche
:

et lóquimur : "Sciéntes quóniam qui susci- parliamo "sapendo noi come colui che ri-
:

»> Ps. CXV, IO.

momento corrono pericolo di soccombere (vasi di sembrano sempre vivi e sempre morti. Dio vuole
creta), e dall'altra la potenza della grazia che li così affinché nella loro carne mortale, cioè nella
fa trionfare di tutto (superiorità della virtù). Si vita che conducono su questa terra, si manifesti
ha così un commentario del versetto precedente. ancora la vita, ossia il trionfo di Gesti morto e
Per ogni verso (gr. èv Jiavri = in tutto) siamo risuscitato per noi.
tribolati, ossia, secondo la forza del greco, sof- 12. si deduce che, dunque la morte
Dai vv. 8-11
friamo tribolazioni d'ogni specie e in ogni tempo opera in ossia spiega la sua attività sopra
noi,
e in ogni luogo, ma non siamo oppressi. Il greco di noi Apostoli, perché ogni momento cerca di
cTEvoXcopetv, significa essere in luogo sì stretto da assalirci, ma la vita è piiì potente, perchè non
non trovar via di uscita. Benché tribolati, gli Apo- opera solo su di noi serbandoci illesi in mezzo a
stolinon sono ridotti ad estreme distrette. I due tanti pericoli, ma ci rende capaci di trasfondere
verbi precedenti, come i sei seguenti, nel greco negli altri la vita, cioè la grazia e tutti i beni
sono espressi col participio passivo presente. spirituali. Siccome quest'ultimo effetto era piiì
L'antica itala aveva cercato, col participio pas- evidente, l'Apostolo parla solo di esso dicendo e :

sato, di imitare la costruzione greca tribulati sed : la vita (opera) in voi. Alcuni danno al verbo ève-
non angustiati, inopiam passi sed non destituii, ecc. Yetrat = operàtur il senso passivo e spiegano :

Siamo esitanti. Il greco djtopeìoeoi, si dice di In noi Apostoli esercita la sua azione la morte,
chi è in imbarazzo e non sa a qual partito appi- ma in voi, esercita la sua azione la vita. Per
gliarsi. Il latino aporiamur è calcato sul greco àno- mezzo delle nostre sofferenze, ecc., viene data a
poujaevoi. Non disperati (gr. òvy. è^anopoufievoi). voi la vita. La prima spiegazione é però più co-
Benché Apostoli talvolta non sapessero a qual
gli mune (V. Cornely, h. l. ; Van Steenk., h. l., ecc.).
partito appigliarsi per non essere oppressi, tut- 13. Nei vv. 13-18, mostra come la speranza
tavia non si perdevano d'animo, e Dio veniva in della futura risurrezione sostenga gli Apostoli nelle
loro aiuto. Siamo perseguitati dagli uomini, ma tribolazioni. La morte opera in noi (versetto pre-
non abbandonati da Dio; siamo abbattuti dai nostri cedente), ma avendo noi lo stesso Spirito di fede,
nemici, ma non estinti, perchè sostenuti da Dio. che animò il salmista quando diceva : Cre-
10. Riassume i vv. 8-9, e spiega perché Dio detti, anche noi crediamo al Vangelo e alle
ecc.,
voglia mostrare la sua potenza nella debolezza divine promesse, e per questo parliamo, ossia eser-
degli Apostoli. Coll'essere tribolati ed esposti a citiamo il nostro mànieteK), non ostante tutte le
continui pericoli di morte, e col portare nei loro tribolazioni. In questa spiegazione generale si
corpi le traccie dei patimenti sofferti, gli Apostoli accordano tutti gli esegeti. Spirito di fede significa
portano sempre e per ogni dove nei loro corpi probabilmente lo Spirito Santo, autore della fede,
véxpoocnv (lett. l'uccisione, la morte, presa in e non già semplicemente la fede, come vorreb-
senso attivo) la mortificazione di Cristo, ossia bero alcuni. Lo Spirito Santo è ancora l'ispiratore
rappresentano Gesù che viene ucciso. Dio vuole del salmista. La fede di cui si parla, é la fiducia
così, affinché il trionfo che essi riportano di ogni nella fedeltà di Dio a mantenere le sue promesse.
tribolazione, manifesti e rappresenti ancora la vita Sta scritto: nel salmo CXV, 1, citato secondo i
di Gesù, cioè la sua risurrezione, ossia il trionfo LXX. Il testo ebraico presenta qualche difficoltà
che Egli ha riportato sulla morte. Altri spiegano: d'interpretazione, ma per il senso non differisce
Soffriamo tutto con pazienza, affine di essere un gran che dai LXX. 11 salmista, abbandonato dagli
giorno partecipi della vita gloriosa di Gesiì Cristo. uomini, fu sostenuto da Dio, a cui ricorse, e a
Benché questa spiegazione meriti ogni considera- cui perciò rende grazie nel suo cantico ; così anche
zione, tuttavia quella adottata risponde meglio al gli Apostoli pongono tutta la loro fiducia in Dio,
contesto e specialmente al v^ersetto seguente. e perciò continuano a predicare. Si osservi che
nel testo massoretico, il passo del salmo citato
11. Ripete in modo pìii chiaro lo stesso pen-
appartiene al salmo cxvi, composto dei salmi
siero. Gli Apostoli portano sempre la mortificazione
cxiv e CXV della Volgata.
di Cristo nei loro corpi, perché di continuo, mentre
pur sono viri, vengono messi a morte per Cristo. 14. Sapendo, ecc. Gli Apostoli ritemprano iMoro

La loro vita è una continua morte per modo che coraggio nella certa convinzione, che Dio giusto
.

204 II Corinti, IV, 15-18

tóvit lesum, et nos cum lesu suscìtàbit, et suscitò Gesù, risusciterà pure noi con Gesù,
constituet vobiscum. ^^Omnia enim propter e ci darà luogo tra voi. "Poiché tutte le cose
vos ut gràtia abundans, per multos in gra-
:
sono per voi affinchè la grazia abbondante
:

tiàrum actióne, abùndet in glóriam Dei. ridondi abbondantemente in gloria di Dio


pei ringraziamenti di molti.
"Propter quod non deficimus sed licet : "Per la qual cosa non ci perdiamo di
is,qui foris est, noster homo corrumpàtur : animo : ma benché il nostro uomo, che è al

tamen is, qui intus est, renovàtur de die in di si corrompa : l'uomo però che é
fuori,
diem. "Id enim, quod in praesénti est mo- al didentro di giorno in giorno si rinnovella.
mentàneum et leve tribulatiónis nostrae, su- "Poiché quello che di presente e momen-
pra modumin sublimitàte aetérnum glóriae tanea e leggera nostra tribolazione, opera in
pondus operàtur in nobis, "Non contemplàn- noi un peso eterno di una sublime e incom-
tibus nobis quae vidéntur, sed quae non parabile gloria, "non mirando noi a quel che
vidéntur. Quae enim vidéntur, temporàlia si vede, ma a quello che non si vede. Giac-
sunt : quae autem non vidéntur, aetérna ché le cose che si veggono sono temporali :

sunt. quelle poi che non si veggono sono eterne.

rimuneratore, come risuscitò Gesìi loro capo, così mediante la predicazione apostolica viene comu-
risusciterà ancora essi, che sono membri del corpo nicata a un maggior numero, faccia abbondare
di Lui. Con Gesù (oùv 'It^cov) è la lezione dei o crescere il ringraziamento a gloria di Dio. Altri
migliori codici greci, da preferirsi a t\à 'InooC, traducono affinchè la grazia crescendo in abbon-
:

per Gesù, che trova in qualche altro codice.


si danza, faccia ancora abbondare i ringraziamenti di
Nell'esercizio del loro ministero, gli Apostoli non un più gran numero a gloria di Dio (I, 1 1).
pensano solo alla loro gloria futura, ma anche a 16. Per la qual cosa, cioè essendo certi della
quella dei fedeli, che si aspettano di avere com- futura gloriosa risurrezione (v. 14), non ci per-
pagni di felicità. Con grande umiltà e rara deli- diamo di animo (v. 1) in mezzo alle tribolazioni,
catezza, S. Paolo esprime questo pensiero in modo anzi ogni giorno sentiamo crescere il coraggio. Il
da attribuire ai suoi neofiti come il primo luogo ; nostro uomo che è al di fuori è il corpo mortale
egli si contenterà di essere tra loro. Alcuni (Le- coi suoi sensi, il quale, a causa dei travagli e delle
monnyer, Crampon, ecc.), traducono le ultime pa- fatiche del ministero apostolico, si corrompe, ossia
role jrapacTTioei oùv v\iìv =
constituet vobiscum, deperisce di giorno in giorno. L'uomo che è al di
per ci farà comparire con voi davanti a Lui (Gesù dentro è l'anima colle sue facoltà, la quale si
Cristo), per essere glorificati. Il senso non muta. rinnovella di giorno in giorno, allontanandosi sem-
15. Spiega meglio le ultime parole del versetto pre più dal peccato e avanzandosi nella giustizia,
precedente, mostrando quale sia l'ultimo fine degli deponendo l'ignoranza e avanzandosi nella cogni-
Apostoli nel loro ministero. Tutte le cose sono zione della verità, ecc. (V. S. Tom. h. 1.). Questa
per voi, ossia tutto ciò che facciamo o soffriamo rinnovazione, che si comincia in terra, sarà per-
è ordinato alla vostra salute come a fine prossimo fetta incielo, quando, alla risurrezione, anche il

(perciò abbiamo diritto ad essere con voi nella corpo sarà rinnovato.
gloria, versetto precedente), e alla gloria di Dio Perocché, ecc. La ragione, per cui il nostro
17.
come a fine ultimo. Questa gloria è tanto mag- uomo interiore si rinnovella continuamente in
giore, quanto più grande è il numero di coloro che mezzo alle tribolazioni, è la grandezza del premio
che l'aspetta. L'Apostolo ripetendo, benché in
modo più vìvo, il pensiero di Rom. Vili, 18, per
mezzo di tre contrasti fa risaltare quanto sia
grande il premio che si acquista col soffrire. Da
una parte si ha 1* una tribolazione; 2' presente
:

e momentanea; 3* leggiera; dall'altra T una glo-


ria; 2' eterna; 3* pesante. In mohi codici greci
manca momentanea, si trova però in D EFG, ecc.
Rg. 33. Ad ogni modo serve di spiegazione a di presente.
Opera in noi. La miglior lezione sarebbe opera a
Giudeo che prega.
noi, ossia ci fa meritare, quando sia sopportata
con pazienza. Per mostrare quanto il premio su-
peri infinitamente ciò che si fa per meritarlo,
l'Apostolo usa l'espressione xaG* ùneppoXèv eie
v:ieppoXiiv = supra modum in sublimitate = su-
blime e incomparabile, oppure oltre ogni misura.
18. Il motivo, per cui l'Apostolo spera di aver
parte a tanta gloria, si è perchè egli e i suoi com-
pagni non mirano a quel che si vede, ossia non
ti convertono e ringraziano Dio. Benché il senso cercano le ricchezze, i piaceri, gli onori del mondo,
del versetto nell'ultima parjte sia chiaro, la frase o qualsiasi altro bene terreno, ma quel che non
però, nella Volgata, è alquanto oscura, e anche il si vede, cioè le cose del cielo. La ragione si è
greco può essere tradotto diversamente. La miglior perchè le cose della terra sono temporali, e quindi
traduzione del greco è forse la seguente : affinchè non durature, mentre le cose del cielo sono eterne^
la grazia crescendo per molti, cioè per il fatto che cioè durano sempre.
II Corinti, V, 1-2 205

CAPO V.

Speranza di S. Paolo nella risurrezione, i-io. —


Timore del giudizio di Dio, ii'is,

L'amore di Gesti Cristo per gli uomini stimola lo zelo degli Apostoli, 14-21,

^Scimus enim quóniam si terréstrìs domus ^Cì è noto infatti che, ove la casa terrestre
nostra huius habitatiónis dissolvàtur, quod di questo nostro» tabernacolo venga a discio-
aedìflcatiónem ex Deo habémus, domum non gliersi, abbiamo da Dio un edificio,'^ una casa
manufàctam, aetérnam in caelis." ^Nam et non manofatta, etermi nei cieli. ^Poiché per
in hoc ingenriseinuis, hafeitatìónem nostrani, questo ancor sospiriamo, bramando di es-
quae de caelo est, stiperindui cupiéntes 'Si : sere sopravvestiti del nostro abitacolo che è

» Apoc. XVI, 15.

di essere sopravvestiti, perchè si vorrebbe essere


CAPO V. rivestitidella gloria celeste senza essere spogliati
del corpo che abbiamo. L'uomo naturalmente ab-
L'Apostolo nei vv. 1-10 afferma, nuovamente
1. borrisce la morte. « Parla l'Apostolo del nuovo
la sua fede nella risurrezione, e dice che egli non stato glorioso del corpo nella patria celeste come
cerca se non di piacere a Gesù Cristo, suo giudice di una sopravveste, per significare che ivi lo stesso
futuro. Ci è noto infatti, ecc. Le tribolazioni della corpo, benché ornato di tante nuove doti, è non-
vita presente avranno un grande premio nel cielo, dimeno essenzialmente lo stesso che portiamo di
poiché ci è noto per fede, ecc. La casa terrestre presente ». Martini.
di questo nostro tabernacolo è il nostro corpo Se però, ecc. Di questo versetto furono date
3.
(Giob. IV, 19; II Pietr. I, 13 e ss.), nel quale le più diverse spiegazioni. Coloro (Cornely, Fil-
l'anima abita temporaneamente su questa terra. lion, ecc.) che ammettono che, alla venuta di Gesù
Terrestre non significa formato di terra, ma che per il giudizio, non tutti gli uomini saranno morti
è sulla terra, in opposizione a nei cieli. Nel greco, (Ved. n. I Cor. XV, 51) interpretano : tramiamo
invece di habitatiónis si ha ayir\\ovq = tenda, ta- di essere sopravvestiti, se però al giorno della pa-
bernacolo. Il genitivo : di {questo manca nel greco) rusia saremo trovati (nel greco si ha il futuro e
nostro tabernacolo è un genitivo di apposizione, non il soggiuntivo come nella Volgata) non ignudi,
come se fosse scritto : la terrestre nostra casa ; cioè non morti, ma vestiti, cioè vivi, col nostro
cio^ il tabernacolo o la tenda. Il corpo viene chia- corpo attuale. Il desiderio di essere sopravvestiti
mato tenda, perchè fragile e di breve durata. non potrà quindi realizzarsi se non nei giusti, che
Venga a disciogliersi per la morte. Abbiamo. Usa sì troveranno vivi alla venuta del Signore. Questa
il presente per indicare la certezza del fatto. Già spiegazione non ci pare probabile, non solo per
fin d'ora in certo modo ì giusti ne sono in pos- le ragioni addotte (I Cor. XV, 51), ma anche per-
sesso. Un edificio. Alla tenda oppone un edifizio chè le parole dell'Apostolo hanno qui un senso
stabile fabbricato da Dio stesso, non manufatto, generale e si applicano a tutti i giusti di tutti i
cioè non materiale, ma spirituale (I Cor. XV, 44), tempi. D'altronde, se l'Apostolo avesse voluto
non di breve durata, ma eterno. Questo edifizio è parlare di quelli che sarebbero stati vivi, non
il corpo risuscitato e glorioso, di cui l'anima sarà avrebbe usato il participio aoristo èvòvoàjievoi,
rivestita alla fine dei tempi, e che le servirà come che significa un'azione passata e non uno stato
di abitazione o casa non più su questa terra, ma permanente, ma il participio perfetto evòeòv|iévot.
nei cieli. Tale è l'interpretazione più comune. Al- Ci sembra quindi più probabile che le parole del-
cuni, per edifìcio intendono il cielo come hiogo di l'Apostolo abbiano questo senso : Desideriamo di
soggiorno dei beati (Giov. XIV, 2), o più in ge- essere sopravvestjti, poiché (i codici K C K L
nerale la gloria del cielo. P, ecc., hanno eìy^ = poiché, e questa lezione è
Conferma la certezza della futura risurre-
2. generalmente preferita a tmtp = se pure, che si
zione, argomentando dal desiderio che ne hanno trova in altri codici BDEF,'ecc.) nell'altra vita
gli Apostoli e tutti giusti. Lo stesso pensiero è saremo trovati vestiti di corpo, cioè avremo dopo
svolto nell'epistola ai Rom. (VIII, 19 e ss.), dove la risurrezione quello stesso corpo che abbiamo
si argomenta dal desiderio di tutte le creature. Per ora, e non saremo già nudi, ossia privi di corpo
questo. Il greco èv roùrtp si riferisce a oxt|vovi; come gli angeli. Questo senso ha pure un'altra
del versetto precedente, e va tradotto in questo
: lezione greca dei codici D
F G, ecc. Poiché non
/sottintendendo tabernacolo) e si deve spiegare. saremo trovati nudi dopo essere stati spogliati
In questo tabernacolo, ossia mentre viviamo in èxòuoàfievot, ossia dopo essere stati spogliati dalla
questo corpo mortale, sospiriamo bramando, ecc. morte del nostro corpo attuale, non potremo re-
Essere sopravvestiti. L'Apostolo paragona qui il stare nudi, ma dovremo a suo 'tempo riavere, per
corpo glorioso a una veste, ma ritorna subito al mezzo della risurrezione, il nostro corpo, il quale
paragone dell'edifizio soggiungendo -del nostro
: dovrà diventare glorioso e partecipare alla beati-
abitacolo che è celeste. Non dice semplicemente tudine dell'anima (Ved. Steenkiste, h. 1. ; Le
che bramiamo di essere vestiti, ma che bramiamo Camus, op. cit.. tom. III, p. 258). S. Giov. Cria.,
206 II Corinti, V, 3-9

tamen non nudi inveniàmur. "^Nam


vestiti, celeste : siamo trovati non ignudi,
'se però
et qui sumus hoc tabernàculo, ingemisci-
in ma ^Perocché noi che siamo in
vestiti.

mus gravati eo quoti nólumus expoliàri, sed


:
questo tabernacolo, sospfriamo aggravati :

supervestiri, ut absorbeàtur quod mortale atteso che non vogliamo essere spogliati, ma
est, a vita.
sopravvestiti affinchè quello che è mortale
:

sia assorto dalla vita.

*Qui autem éfflcit nos in hoc ipsum, Deus, *Or colui che per questo stesso ci formò,
qui dedit nobis pignus spiritus. *Audéntes è Dio, il quale eziandio ci ha data la caparra
igitur semper, sciéntes quóniam dum sumus dello Spirito. ^Perciò pieni sempre di fi-
in córpore, peregrinàmur a Dòmino ^(Per :
danza, e conoscendo che mentre siamo nel
fidem enim ambulàmus, et non per spécìem) corpo, siamo lontani dal Signore : C^poichè
*Audémus autem, et bonam voluntàtem ha- camminiamo per fede, e non per visione)
bémus magis peregrinàri a córpore, et prae- Spleni di fidanza abbiamo questa volontà di
séntes esse ad Dóminum. 'Et ideo conténdi- dipartirci dal corpo, ed essere presenti al

raus sive abséntes,sive praeséntes piacére illi. Signore. 'E per questo sia come assenti.

Alapid, ecc., spiegano : Saremo sopravvestiti, s« siamo lontani (il greco èxòimoufiev significa siamo
saremo trovati rivestiti e non nudi di virtù e di in esilio) dal Signore Gesù Cristo. La nostra vera
opere buone. Questa spiegazione però risponde patria non è la terra, ma il cielo, dove Gesù regna
nella gloria, e dove saranno chiamati i giusti, ap-
meno bene alcontesto come, con S. Tommaso
(h. 1.), riconoscono quasi tutti gli esegeti. pena lasciata questa terra (Filipp. III, 20; Ebr. XI,
13). Dopo aver paragonato di sopra il corpo a una
4. Ripete con leggiera amplificazione il v. 2.
tenda e a un vestito, ora Io paragona a una terra
Noi che siamo in questo tabernacolo (Ved. n. 1),
di esigilo.
cioè : noi che viviamo in questo corpo mortale,
sospiriamo aggravati, come chi è sotto un grave Dappoiché, ecc. Qualcuno avrebbe potuto op-
7.

peso. Questo peso non è altro che l'orrore natu- porre contro le ultime parole, che anche su questa
terra si è uniti al Signore e non lontani da Lui,
rale della morte. Non vogliamo essere spogliati
perciò l'Apostolo spiega meglio il suo pensiero.
Finché siamo quaggiù camminiamo per fede e non
per visione (gr. 6ià eìòovq), ossia non conosciamo
Dio immediatamente, non lo vediamo faccia a
faccia (Ved. n. I Cor. XIII, 12), ma solo attraverso

le ombre della fede e in modo mediato. La nostra


unione con Dio è quindi imperfetta, e perciò noi
desideriamo di essere a Lui più strettamente uniti.
8. Ripiglia il pensiero del v. 6, interrotto dalla
parentesi del v. 7. Sapendo adunque che usciti da
questo corpo mortale, non saremo più esiliati lon-
Fìg. 23. — Tende romane. tani dal Signore, ci sentiamo pieni di fidanza e di
coraggio, tanto che abbiamo questa volontà (greco
del nostro corpo, ma vogliamo che sopravviva, e desideriamo eùòoxovinev) di dipartirci (gr. èxòinLifl-
poiché ciò non è possibile, vogliamo che risorga oai, essere esiliati, come al v. 6) dal corpo, cioè
dopo morte, e pur rimanendo quale è, sia soprav- di morire, non ostante che la morte ci ispiri co-
vestito della gloria. Affinchè quello che è mortale, tanto orrore, ed essere presenti (gr. èvòtmT\oat =
ossia quanto vi ha di corruttibile nel nostro corpo abitare) al Signore. Osserva S. Tommaso (h. 1.),
attuale, sia assorbito (Ved. n. I Cor. XV, 54) dalla che queste ultime parole confutano l'errore di co-
vita del corpo glorioso. loro i quali dicevano, che le anime dei santi pie-
5. Questo desiderio non può restare insoddi- namente purificate non erano subito dopo morte
sfatto, perchè colui che per questo, cioè per questa ammesse alla visione di Dio. Invano infatti, i santi
felicità, o meglio per un tal desiderio di essere desidererebbero dì morire e di essere presenti al
beati in anima e corpo, ci formò, oppure preparò Signore, se subito dopo morte non fosse loro ac-
(nel greco, vi è il passato e non il presente come cordata la visione beatifica (Cf. Filipp. I, 23; I
nella Volgata), è Dio, il quale non può aver de- Tessal. V, 10; I Tim. IV, 6).
posto nel nostro cuore un desiderio irrealizzabile. 9. Siccome però niuno può abitare presso U
Ciò si conferma dal fatto che Egli ci ha già dato Signore, se non otterrà una sentenza favorevole
la caparra dello Spirito, ossia lo Spirito Santo come dal Giudice supremo, per questo sia come assenti
caparra (Ved. n. I, 22), avendoci nel Battesimo (gr. èxònnoGvteq = sia come esiliati) dal corpo,
fatti suoi figli adottivi e membri del corpo di cioè in morte, e sia come presenti (èvòn^ouvre?
Gesù Cristo, affinchè un giorno avessimo parte = sia come abitanti) nel corpo, cioè in vita, con
all'eredità e, assieme con Gesù Cristo nostro capo, ogni studio, per mezzo delle buone opere, cer-
fossimo noi pure in anima e corpo glorificati chiamo di renderci a Lui accetti e piacergli. Nel
(Cf. Rom. Vili, 17 e ss.). greco, i due termini assenti e presenti sono posti
6. Perciò, ossia per i motivi accennati della nell'ordine inverso. Sia adunque che vivano, sia
certezza della gloria, noi 'siamo sempre pieni di che muoiano, gli Apostoli non cercano, nelle loro
fidanza e di coraggio, non ostante tutte le tribo- azioni e nelle loro sofferenze, che di piacere a
lazioni (IV, 7 e ss.), e aspiriamo sempre alla vita Dio. Alcuni (Cornely, FUlion, Le Camus, ecc.)
avvenire, conoscendo che mentre siamo (greco traducono sia che siamo ancora vivi alla parusia
:

lv&t\^ovvTe? = abitiamo) nel corpo nostro mortale, o no, ecc. (Ved. n. 3).
II Corinti, V, 10-14 207

*"Omnes enim nos manifestari opórtet ante sia come


presenti (nel corpo) con ogni studio
tribunal Christi, ut réferat unusquisque pro- cerchiamo di piacere a lui. ^"Poiché è neces-
pria córporis, prout gessit, sive bonum, sive sario per noi tutti comparire davanti al tri-
malum. bunale di Cristo, affinchè ciascuno ne riporti
quel che è dovuto al corpo, secondo che ha
fatto il bene o il male.

"Sciéntes ergo timórem Dòmini homini- "Sapendo adunque come è da temersi il


bus suadémus, Deo autem manifèsti sumus. Signore, ne persuadiamo gli uomini, ma
Spero autem et in consciéntiis vestris mani- siamo manifesti a Dio. E spero che siamo
féstos nos esse. ^^Non iterum commendàmus manifesti anche alle vostre coscienze. "Noi
nos vobis, sed occasiónem damus vobis glo- non ci lodiamo di nuovo presso di voi, ma
riàndi prò nobis ut habeàtis ad eos, qui in
: diamo a voi occasione di gloriarvi per ri-
fàcie gloriàntur, et non in corde. ^^Sive enim guardo a noi affinchè abbiate che dire a
:

mente excédimus, Deo sive sóbrii sumus,


: coloro ì quali si gloriano di faccia e non di
vobis. cuore. "Se infatti siamo fuori di noi (lo
siamo), per Iddio se siamo di mente sana
:

(lo siamo), per voi.

"Chàritas enim Christi urget nos; aesti- ^^Poichè la carità di Cristo ci stringe :

màntes hoc, quóniam si unus prò omnibus considerando noi questo, che se uno è morto

»• Rom. XIV, 10.

10. Spiega più chiaramente ciò che aveva pre- unicamente a Cristo Giudice (v. 9), usando nel-
supposto nel versetto precedente. Per noi tutti, l'esercizio del nostro ministero la più grande ret-
senza alcuna eccezione. Comparire. Il greco <pave- titudine d'intenzione, e la più grande sincerità.
pcoG^vat dice qualche cosa di più, cioè essere reso Vogliamo persuadere ciò ai nostri avversarii, affine
visibile, o manifesto, col che si viene a indicare di non essere d'inciampo e di scandalo ad alcuno.
che tutte le nostre azioni, niuna eccettuata, sa- Siamo manifesti a Dio. La nostra sincerità è cono-
ranno scrutate dal Giudice divino. Al tribunale di sciuta da Dio, e spero che sia conosciuta anche da
Cristo Giudice dei vivi e dei morti (Atti, X, 42; voi. L'Apostolo si appella alla coscienza dei Co-
Rom. II, 16; XIV, 10; I Cor. IV, 5). Ciascuno ne rinti, sicuro che essa non può a meno di ricono-
riporti ciò che ha meritato colle sue opere. Quel scere la sua lealtà.
che è dovuto al corpo. La Volgata e alcuni Padri i suoi
12. Affinchè nemici, che erano numerosi
latini lessero tà ìòia xov ocófiaTot;, propria cór-
a Corinto, non prendano occasione da queste pa-
poris ; mentre invece tutti i codici greci hanno :
role per tacciarlo dì orgoglioso (Cf. Ili, 1), l'Apo-
là olà ToC aéì\iaxoc, = ea quae per corpus (gessit),
stolo spiega per qual fine parli di se stesso. Non
le cose (fatte) per mezzo del corpo, cioè le opere
è per orgoglio che parliamo così, ma per vostro
compiute durante la nostra esistenza mortale o cor- vantaggio, affinchè possiate gloriarvi di noi, come
porale. Secondo il bene, ecc. Il latino e il greco,
di un vero e sincero operaio del Vangelo, e pos-
bene o male, potrebbero anche riferirsi alla pena siate opporre il nostro modo dì agire, franco e
e al premio. Agli uni verrà dato bene, cioè un
leale, ai nostri avversarii pseudo-apostoli, i quali
premio, agli altri verrà dato male, cioè un castigo.
si gloriano di faccia e non di cuore, hanno cioè
E* chiaro che in questo v. S. Paolo parla principal- l'apparenza delle virtù degli Apostoli, ma non la
mente del giudizio universale (Matt. XXVI, 27). realtà. Costoro sono ipocriti, perchè nelle loro
11-21. Dopo aver mostrato la grandezza della di- azioni non cercano che la propria gloria e il pro-
gnità apostolica (II, 14-IV, 6), e parlato delle pene prio vantaggio.
e delle speranze che l'accompagnano (IV, 7-V, 10),
passa ora a far vedere quali siano i motivi che
Se siamo fuori di noi ( e^éoninev ) se siamo
13. ;

di sana mente (ooocppovoCfiev). Il greco èxortìvat


stimolano il suo zelo apostolico (V, 11-21), comin-
nella Scrittura significa talvolta uscir di senno
ciando coll'affermare (11-13) che il solo timore del
(Marco III, 21), e il suo opposto ooocppoveìv essere
giudizio di Dio, lo muove ad intraprendere la sua
in senno (Atti XXVI, 5). L'Apostolo qui non vuol
apologia.
dir altro che : sia che possa sembrare ch'io ecceda
Sapendo come è da temersi il Signore, al cui
la giusta misura nel lodare me stesso (Rom. II,
giudizio tutti dobbiamo comparire. Il timore, di cui
28), o nel lavorare per la propagazione del Van-
parla l'Apostolo, non indica tanto quella virtù che
gelo, sia che sembri che io eserciti il mio ministero
muove l'uomo a fare il bene e a fuggire il male
con maggior calma e parli più modestamente di
a motivo del giudizi di Dio (VII, 1; Rom. Ili, 18;
me, io fo tutto per Dio, cioè per piacere a Lui,
Eccl. I, 16, 22), quanto piuttosto l'oggetto che in-
e per voi, cioè per guadagnare le vostre anime.
cute timore, cioè lo stesso giudizio di Dio (Gen.
In opposizione ai falsi apostoli, i Corinti con tutta
XXXI, 42, 53; Salmo XXX, 12; Rom. XIII, 3, ecc.).
ragione possono gloriarsi di S. Paolo, il quale
Infatti l'Apostolo non dice avendo adunque il ti-
non cerca il suo interesse, ma u»ù£:amente la gloria
more di Dio, ma conoscendo, ecc. Rendiamo per-
di Dìo.
suasi gli uomini non già, come vorrebbero alcuni,
della necessità di temere Dio e di accettare il Van- 14-21. S. Paolo fa vedere come il grande amore
gelo, m/» '''^Uo sforzo che noi facciamo per piacere che Gesù poftò agli uomini sia quello che muove
208 II Corinti, V, 15-18

mórtuus est, ergo omnes mórtuì sunt ^'Et : per tutti, adunque tutti sono morti : "e per
prò omnibus mórtuas est Christus ut, et : tutti Cristo mori : onde quelli che vivono,
qui vivunt, iam non sibi vivant, sed ei, qui oramai non vivono per loro stessi, ma per
prò ipsis mórtuus est et resurréxit. colui che per essi mori e risuscitò.
"Itaque nos ex hoc néminem nóvimus se- ^"Noi pertanto non conosciamo omai al-
cùndum carnem. Et si cognóvimus secun- cuno secondo la carne. E se abbiamo cono-
dum carnem Christum sed nunc iam non
: sciuto Cristo secondo la carne, ora però più
nóvimus. "Si qua ergo in Christo nova crea- non lo conosciamo. "Se alcuno pertanto è in
tura, vétera transiérunt : ecce facta sunt Cristo, egli è nuova creatura le vecchie :

omnia nova. cose sono passate ecco che tutte le cose


:

sono rinnovellate.
^'Omnia autem ex Deo, qui nos reconci- "Ma il tutto da Dio, il quale ci ha a sé

" l8. XLIII, 19; Apoc. XXI, 5.

gli Apostoli a cercare unicamente la. gloria di Dio per i loro peccati, e risuscitò per la loro giustifi-
e non il proprio interesse. cazione (Cf. Rom. VI, 5 e ss. ; Gal. II, 19 e ss.;
La carità di Cristo, ossia l'amore che Gesiì ci Efes. II, 6; Coloss. II, 12; III, 3).
ha portato, e quindi il suo esempio. Tale è il 16. Fa vedere che egli e i suoi compagni vivono
senso voluto dal contesto. Ci strìnge. Il greco veramente la nuova vita. Noi operai del Vangelo,
tfvvéXei significa piuttosto ci possiede interamente omai (dnó Tou vvv), ossia dal momento che siamo
come suoi schiavi (Luca XXII, 66), e non ci lascia morti e risuscitati in Cristo, non conosciamo (co-
cercar altro nelle nostre azioni che la gloria di Dio noscere equivale qui a giudicare o apprezzare, Cf.
e la salute delle anime. Considerando, ecc. Il I Cor. IV, 19; V, 16, ecc.) più alcuno secondo
greco xpivavraq, significa piuttosto avendo consi- la carne, cioè lasciandoci guidare da considerazioni
derato, o meglio giudicato. L'Apostolo spiega quale puramente naturali e umane. Prima della sua con-
motivo lo abbia indotto a lasciarsi in tutto domi- versione, l'Apostolo apprezzava le persone e le
nare dal desiderio di imitare Gesù Cristo. Egli cose secondo umane considerazioni, e si gloriava
ha considerato che se (benché questo se manchi di esser figlio di Abramo, di portare la circonci-
nei migliori codici greci, non cambia però il senso, sione, di essere come Fariseo, osservatore zelante
ed è perfettamente conforme al modo di argomen- della legge, ecc., precisamente come facevano al-
tare dell'Apostolo Cf. Rom. V, 10; XV, 17, ecc.) lora i suoi avversari, che pretendevano completare
uno, cioè Gesù Cristo, è morto in croce per tutti, il Cristianesimo coU'imporre a tutti l'osservanza
cioè per salvare tutti gli uomini, adunque tutft sono della legge di Mosè (XI, 21 e ss.; Gal. I, 13
morti in lui, ossia sono partecipi della sua morte. e ss. ; Filipp. Ili, 3 e ss.). Ma dopo la sua con-
Gesù Cristo morto per la salute di tutti ; ecco ciò versione, egli non giudica più delle persone e
che ha colpito S. Paolo, e l'ha spinto a consa- delle cose se non secondo le norme della nuova
crarsi interamente a procurare la gloria di Dio e vita, ossia secondo i dettami della fede. E se
la salute delle anime! L'Apostolo considera qui prima della nostra conversione, abbiamo cono-
Gesù Cristo come il secondo Adamo, capo ddla sciuto (giudicato, apprezzato) Cristo secondo la
nuova umanità Tutti hanno peccato in Adamo e carne, riguardandolo come un uomo qualunque,
meritato la morte, ma Gesù ha preso sopra di sé anzi tenendolo come un falso Messia e persegui-
questa morte, soddisfacendo per tutti. La sua tandolo (I Tim. I, 13), ora però che siamo uniti a
morte quindi equivale alla morte di tutti, perchè Lui e viviamo della sua vita, lo apprezziamo se-
Egli si è sostituito a tutti, ed è morto invece di condo il suo giusto valore, riconoscendolo come
tutti. Affinché però una tal morte diventi efficace vero Figlio di Dio e Salvatore e Signore di tutti.
per noi e ci venga applicata é necessario che noi 17. Deduce un'altra conseguenza. Se alcuno è
ce l'appropriamo, unendoci, per mezzo del Batte- in Cristo, ecc. La Volgata è assai oscura, se pure
simo, a Gesù morente (Rom. VI, 2 e ss.). Nume- non si sottintende qualche parola, come p. es.
rosi esegeti interpretano le ultime parole : tutti
si qua (creatura est) in Cristo, nova creatura est.
sono morti in relazione al peccato originale, come
La traduzione è fatta sul greco che è assai chiaro.
se l'Apostolo avesse detto Se uno è morto per
:
Se alcuno è in Cristo, cioè per mezzo del Batte-
tutti, dunque tutti in Adamo hanno peccato e me-
simo è stato innestato a Cristo, è divenuto, sotto
ritato la morte (Ved. Brassac, M. B., tom. IV,
l'aspetto morale e spirituale, una nuova creatura
p. 317). Benché non si possa negare una certa (Rom. VI, 6; Efes. II, 10, 15; Coloss. Ili, 9, 10).
probabilità a questa spiegazione, tuttavia quella
Le vecchie cose, cioè l'uomo vecchio e le sue per-
adottata ci sembra che risponda meglio al contesto. verse inclinazioni e il peccato, ecc., sono passate
che mostra quale debba
15. Altra considerazione,
e non esistono più. Con aria di trionfo l'Apostolo
essere la vita di coloro,i quali Gesù è morto.
per esclama : Ecco che tutte... rinnovate, perchè i
nostri pensieri, i nostri affetti, le nostre azioni non
Cristo, manca nel greco. Il soggetto della propo-
sizione è ancora uno del versetto precedente. Gesù
sono più quelli dì prima (Efes. II, 5; Filipp. IH,
è morto per tutti, affinché coloro che, dopo essere 7), e noi siamo veramente una nuova creatura (Gal.

morti con Lui, vivono della nuova vita della grazia V, 6; VI, 15), che vive oramai della vita di Cristo
(Gal. II, 20; III, 27 e ss.).
ricevuta nel Battesimo, non vivano oramai per
loro stessi, cercando i proprii interessi, ma per 18. Ma il tutto. Questa rinnovazione, o nuova
colui che per essi morì e risuscitò, ossia indiriz- creazione, fu fatta da Dio Padre. Tutti avendo pec-
zino tutte le loro azioni a gloria di colui che mori cato, eravamo figli di ira e nemici di Dio. e irapo-
II Corinti, V, 19 — VI, 2 209

lìàvit sibi per Christum : et dedit nobis mi- riconciliatiper Cristo : ed ha dato a noi il
nistérium reconciliatiónis. ^^Quóniam qui- ministero della riconciliazione : -*Poichè era
dem Deus erat in Christo mundum reconci- Dio che riconciliava con sé il mondo in
lians sibi, non réputans illis delieta ipsórum, Cristo, non imputando ad essi i loro delitti,
et pósuit in nobis verbum reconciliatiónis. ed egli ha incaricati noi della parola di ricon-
ciliazione.
**
Pro Christo ergo legatióne fùngimur, ^"Facciamo adunque le veci di ambascia-
tamquam Deo exhortante per nos. Obse- tori per Cristo, quasi esortandovi Dio per
cràmus prò Christo, reconcilìàmini Deo. mezzo nostro. Vi scongiuriamo per Cristo,
^^Eum, qui non nóverat peccàtum, prò nobis riconciliatevi con Dio. '^11 quale fece per
peccàtum fecit, ut nos efflcerémur iustìtia noi peccato colui che non conobbe peccato,
Dei in ipso. affinchè noi diventassimo in lui giustizia di
Dio.

CAPO VI.

S, Paolo ha imitato Gesii Cristo nel suo modo di agire, i-io, Invito ai Corinti —
di corrispondere all'amore di S* Paolo coli' evitare i vizi dei pagani, 11-18,

^Adiuvàntes autem exhortàmur ne in và- ^Ora essendo noi cooperatori vi esortiamo


cuum gràtiam Dei recipiàtis. *Ait enim : che non riceviate in vano la grazia di Dio.

» Is. XLIX, 8.

tenti Ma il Divin Padre


a riconciliarci con Luì. 21. Per rendere più pressante la sua esorta-
mandò suo Figlio nel mondo, e per mezzo della
il zione, l'Apostolo ricorda quanto Dio nella sua
sua morte di croce ci ha a se riconciliati. Queste bontà ha fatto per gli uomini (Rom. V, 8; Giov.
ultime parole, dalla maggior parte degli esegeti, IV, 9). Per noi, colpevoli e condannati a morte.
sono riferite ai soli Apostoli, dei quali diretta- Fece peccato, espressione energica che significa :

mente parla qui S. Paolo, come è chiaro dalla trattò come se fosse stato il più gran peccatore,
proposizione seguente. Con questo non si esclude meglio il peccato in persona (Isai. LUI, 6;.
però che anche gli altri uomini siano stati ricon- 1 Piet. II, 24). Colui che non conobbe peccato,
ciliati, come è indicato al versetto 19. Il Padre ossia che non solo non commise peccato, ma era
adunque ha, per mezzo di Gesù Cristo, riconci- la stessa giustizia e la stessa santità (Ebr. IV, 15;
liati a sé gli Apostoli, e poi ha loro affidato il I Piet. II, 22; I Giov. III, 5—
Cf. Gal. Ili, 13).
ministero della riconciliazione, inviandoli a pre- Affinchè noi diventassimo in lui, cioè in forza della
dicare a tutti gli uomini la redenzione operata da nostra unione con Lui come a nostro capo; giu-
Gesù Cristo (Cf. IV, 6). stizia di Dio: astratto per il concreto giusti da-
19. Ripete,amplificandolo alquanto, lo stesso vanti a Dio, o meglio affinchè fossimo fatti giusti,
pensiero del versetto precedente. Era Dio Padre, non della giustizia che viene dai nostri meriti, ma
della giustizia che Dio, per sua pura misericordia,
che riconciliava con sé il mondo, cioè tutti gli
uomini. Gesù è morto realmente per tutti, ma, comunica agli uomini (Rom. I, 17). Gesù Cristo
affinchè il merito della sua morte ci venga appli- è stato fatto peccato, acciò noi fossimo fatti

cato a salute, dobbiamo, per mezzo del Battesimo, giustizia.

essere a lui innestati, e vivere della sua vita.


In Cristo, ebraismo che equivale a per Cristo,
cioè in vh-tù dei meriti di Cristo. Non imputando CAPO VL
ad essi, ecc. Si dice che Dio non imputa i delitti
perchè, per mezzo della sua grazia, li rimette e li 1. Nei
versetti 1-10, l'Apostolo spiega come
cancella in modo, che non solo esternamente, ma egli, nel suo modo di agire, abbia imitato Gesù
anche internamente l'uomo sia giustificato (Rom. Cristo, Facendo però seguito all'esortazione del
IV, 7, 8; I Cor. VI, 11, ecc.). Ha incaricato, ecc. capo V, 20, comincia col dare un grave avverti-
A noi Apostoli ha affidato il ministero di predicare mento ai Corinti. Come cooperatori (gr.ouvepYouv-
la riconciliazione fatta da Gesù, e di riconciliare xeq) di Dio (I Cor. Ili, 9), e ambasciatori di
gli uomini con Dio per mezzo dei Sacramenti, ecc. Cristo (V, 20), vi esortiamo a diportarvi in modo,
20. In conseguenza della missione affidataci, noi che non si debba dire che riceviate (gr. abbiate
facciamo le funzioni di ambasciatori di Cristo, e ricevuto) invano la grazia della riconciliazione con
come Cristo annunziò la conciliazione a nome del Dio. Ciò avverrebbe se, dopo essere stati giustifi-
cati, tornaste agli antichi peccati, e non viveste
Padre, noi la annunziamo a nome di Cristo e
quindi è Dio che, per bocca nostra, esorta alla secondo le norme della fede.
riconciliazione. L'Apostolo piglia occasione di cioè Dio, nella Scrittura, dice, ecc. La
2. Egli,
esercitare subito la sua missione dicendo : Vi citazione appartiene a Isaia (XLIX, 8) ed è fatta
scongiuriamo per Cristo, cioè a nome di Cristo, sui LXX. Dio assicura il suo Messia, che le sue
rìconcilìatevi, ecc. preghiere per la salute dell'umanità sono state

14 Sacra Bibbia, voi. II.


210 II Corinti, VI, 2-10

Tèmpore accépto exaudivi te, et in die sa- ^Egli dice infatti : Ti esaudii nel tempo ac-
lùtis adiuvi te. Ecce nunc tempus acceptà- cettevole, e nel giorno di salute ti porsi soc-
bile, ecce nunc dies salùtìs. ' Némini dantes corso. Ecco ora il tempo accettevole, ecco
ullam offensiónem, ut non vituperétur minì- ora il giorno della salute 'non dando noi :

stérium nostrum : *Sed in omnibus exhi- ad alcuno occasione d'inciampo, affinchè non
beàmus nosmetipsos sicut Dei ministros in sia vituperato il nostro ministero *Ma ci :

multa patiéntia, in tribulatiónibus, in neces- diportiamo in tutte le cose come ministri di


sitàtibus, in angùstiis, 'In plagis, in carcé- Dio, con molta pazienza, nelle tribolazioni,
ribus, in seditiónibus, in labóribus, in vigi- nelle necessità, nelle angustie, "nelle batti-
liis,in ieiùniis, 'In castitàte, in sciéntia, in ture, nelle prigionie, nelle sedizioni, nelle
longanimitàte, in suavitàte, in Spirìtu sancto, fatiche, nelle vigilie, nei digiuni, *con la
in charitàte non flcta, 'In verbo veritàtis, In castità, con la scienza, con la mansuetudine,
virtute Dei, per arma iustìtiae a dextrìs, et con la soavità, con lo Spirito Santo, con la
a sinistris, *Per glóriam, et ìgnobilitàtem, carità non simulata, 'con la parola di verità,
per infàmiam, et bonam famam ut seductó- : con la virtù di Dio, con le armi della giu-
res, et veràces, sicut qui ignoti, et cogniti : stizia a destra ed a sinistra, "per mezzo della
'Quasi moriéntes, et ecce vivimus : ut ca- gloria e della ignominia, per mezzo dell'in-
stigati,et non mortificati "Quasi tristes, ; famia e del buon nome : come seduttori,
semper autem gaudéntes sicut egéntes, : eppur veraci come ignoti, ma pur cono-
:

multos autem locupletàntes tamquam nihil : sciuti 'come morenti, ed ecco che siamo
:

habéntes, et omnia possidéntes. vivi come castigati, ma non uccisi : "quasi


:

tristi, e pur sempre allegri quasi mendichi,


:

ma che molti facciamo ricchi : quasi desti-


tuii di tutto, e possessori di ogni cosa.

» I Cor. X, 32. * I Cor. IV. 1.

esaudite. Ecco ora, ecc. S. Paolo commenta breve- TT\(; significa più in generale la purezza di animo,
mente le parole citate. Il tempo messianico, dì cui la vita santa. La scienza pratica delle verità reli-
parlava il profeta, è venuto, e quindi ognuno deve giose, e la prudenza nell'agire. La longanimità,
approfittare delle grazie che in questo tempo sono con cui si sopportano le ingiurie e si tollerano i
concesse, perchè chi ne abusa, non avrà più alcuna peccatori. La soavità, con cui si aiutano i deboli
speranza di salute, non essendo promesso un altro e gli infermi. Lo Spirito Santo, cioè i doni abbon-
Messia. danti dello Spirito comunicati agli Apostoli. Carità
3.Il versetto 2 è una specie di parentesi, per non simulata, ma vera, cioè non di sole parole,
iTiodo che il versetto 3 va unito immediatamente ma di fatti (Cf. Rom. XII, 9). La parola di verità,
al versetto 1, come è chiaro nel testo greco, dove cioè una predicazione sincera e non adulterata della
»e parole non dando, ecc., dipendono dal verbo vi
verità evangelica (II, 17; IV, 2). La virtù di Dio,
esortiamo. L'Apostolo spiega che cosa si studii di cioè la speciale assistenza di Dio, che si manife-
evitare e di fare nell'esercizio del suo ministero. stava nei miracoli fatti a conferma della verità
Nel trattare cogli uomini si è mostrato irrepren- predicata. Colle (gr. 6ià) armi della giustizia, ecc.
sibile, evitando tutto ciò che avrebbe potuto essere Con una metafora famigliare (Rom. XIII, 12;
I Cor. IX, 24; Efes. VI, 13, ecc.), S^ Paolo para-
d'inciampo, e impedire gli uomini dall'abbracciare
il Vangelo (I Cor. IX, 12; X, 33, ecc.). Ciò egli gona gli Apostoli ai soldati, che si rendono com-
ha fatto affinchè non sia vituperato il ministero mendevoli colle loro armi (X, 4). Le armi degli
apostolico. Quando il predicatore non conduce una Apostoli sono le virtù, dette armi della giustizia
vita conforme alla dottrina predicata, egli dà occa- perchè fornite dalla giustizia, oppure perchè ordi-
sione agli uomini di non curare o di disprezzare nate alla propagazione della giustizia (Rom. VI, 13;
la dottrina che annunzia, e di screditare il suo Efes. VI, 15). Di queste armi alcune sono special-
ministero. mente destinate a diffondere il Vangelo e ad as-
soggettare gli uomini a Gesù Cristo, e queste sono
4-5. Come ministri di Dio, quali, non colle i
chiamate armi della giustizia a destra, espressione
parole, ma coi fatti devono rendersi commende-
Questi sono primo luogo,
tolta dall'uso dei soldati, i quali impugnavano colla
voli. fatti in la pazienza
nel sopportare ogni sorta di mali. L'Apostolo ri-
mano armi offensive, come la lancia, la
destra le
spada, ecc. Quelle virtù che sono in modo spe-
corda nove specie di mali, distribuiti in tre classi
ciale ordinate a preservare gli Apostoli dal cadere,
di tre ciascuna. La prima classe comprende mali
generali ; tribolazioni, necessità o strettezze, an-
sono chiamate armi della giustizia a sinistra, dal-
gastie (Cf. IV, 8). La seconda classe comprende
l'uso dei soldati di impugnare colla sinistra le

mali che vengono inflitti dagli altri; battiture, pri- armi difensive, quale p. es., lo scudo, ecc.
gionie, sedizioni (XI, 23 e ss.: Atti, XIII, 50; XIV, 8-10. Con una serie di antitesi, espone ora al-
5, 19; XVI, 19; XVII, 5; XIX, 23, ecc.). La terza cune condizioni di vita nelle quali gli Apostoli si
classe comprende mali -impostisi volontariamente ; rendono commendevoli. Essi rimangono fedeli al
fatiche, vigilie, digiuni (XI, 23; Atti, XX, 31, ecc.). loro dovere, qualunque sia la condizione esterna
6-7. Alla pazienza aggiunge nove altre virtù della loro vita. Non si insuperbiscono se sono
colla pratica delle quali gli Apostoli cercano di onorati (gloria), non si perdono di animo se sono
rendersi commendevoli. La castità. Il greco àrvó- disprezzati (ignominia), non si lasciano smuovere
II Corinti, VI, 11-16 211

^^Os nostrum patet ad vos-^ Corinthìi, cor ^^La nostra bocca è aperta per voi, o Co-
nostrum dilatàtum est. "Non angustiàminì in rintì, il nostro cuore è dilatato. *'Voi non
nobis angustiàminì autem in viscéribus ve-
; siete allo stretto dentro di noi ma siete in :

stris "Eàndem autem habéntes remune-


: istrettezza nelle vostre viscere "ma per :

ratiónem tamquam filiis dico dìlatàminì et : egual contraccambio (parlo come a figliuoli)
vos. dilatatevi anche voi.
^*Nolìte iugum dùcere cum infidélibus. ^*Non vogliate unirvi a uno stesso giogo
Quae enim participàtìo iustitìae cum iniqui- con gli infedeli. Poiché qual consorzio della
tàte? Aut quae societas luci ad ténebras? giustiziacon l'iniquità? qual società della O
^^Quae autem convéntìo Christì ad Bélial? luce con le tenebre? ^^E qual concerto di
Aut quae pars fldélì cum infldéli? "Qui Cristo con Belìal? che ha di comune ilO
autem consénsus tempio Dei cum idólis? fedele con l'infedele? "E qual consonanza

" I Cor. Ili, 16, 17 et VI, 19; Lev. XXVI, 12.

dal bene né dalle maldicenze dei tristi (infamia), yovvzeq) con gli infedeli. La metafora è tolta dalla
né dalle lodi dei buoni (buon nome). Con sette legge mosaica, che proibiva di unire a uno stesso
solenni affermazioni contrarie, l'Apostolo respinge giogo animali di specie diversa : p. es., un asino
sette accuse che gli facevano suoi nemici. Ci i e un bue (Ler^^IX, 19; Deut. XXII, 10). L'Apo-
trattano come seduttori, come fu trattato Gesii
(Matt. XXVII, 63), quasi che induciamo gli altri
in errore; eppure noi siamo veraci, perchè predi-
chiamo la pura verità. Gome ignoti, ossia come Fig. 24.
persone sconosciute, e dì niun valore, eppure
siamo conosciuti in tutte le Chiese (Cf. I Cor. Giogo antico.
XIII, 12; XIV, 38). Come morenti, cioè se doves-
simo morire ogni giorno nei pericoli a cui ci tro-
viamo esposti, ed ecco, ecc. Come castigati da
Dio e da lui abbandonati, ed ecco che siamo pieni
di forza, e Dio non permette che siamo uccisi
stolo non vuol già dire che non debbano avere
nessuna relazione coi pagani (Cf. I Cor. V, 9 e ss.
(Cf. IV, 8 e ss.). Come tristi. Dicono che siamo ;

VII, 12 e ss.; X, 27), ma che non devono essere


pieni di tristezza, invece siamo pieni di gaudio
simili a loro nella vita morale. Il giogo che por-
(Atti, V, 41 e ss.). Ci deridono come mendichi,
tano gli infedeli è il vizio; ora i cristiani sono
come privi di tutto, ed ecco che noi possediamo
divenuti figli di Dio e membri del corpo di Gesù
immensi tesori spirituali, e siamo in grado di
Cristo, e quindi non devono più tornare agli an-
distribuirli largamente a tutti.
tichi vizi, vivendo come pagani, nemici di Dio
11. L'Apostolo conchiude la sua apologia esor- e schiavi del demonio (I Cor. VI, 9 e ss.). L'Apo-
tando pateticamente i Corinti a corrispondere al stolo prova questa verità con cinque interrogazioni,
suo amore per essi, coll'evitare i vizi dei pagani ordinate a mostrare l'opposizione stridente che
(11-17). Acciò non si dicesse che egli aveva così vi è tra il cristianesimo e il paganesimo. La giu-
parlato per lodarsi spiega, con un'apostrofe tene- stizia, la luce significano la dottrina cristiana, o
rissima, che fu indotto a parlare di sé dal grande meglio il cristianesimo, ordinato a rendere giusti
amore che nutre verso i Corinti, amore che vuole gli uomini (Rom. XIV, 17; Tit. II, 12), a dissipare
espandersi e manifestare tutto sé stesso senza le tenebre dell'ignoranza, ecc. L^iniquità (gr. dvo-
nulla tener nascosto. La nostra bocca si è aperta, fita = senza legge), le tenebre significano il paga-
ossia io vi ho parlato colla più grande franchezza nesimo, nel quale l'uomo violò tutte le leggi
e libertà, nulla celandovi delle cose mie. Corinti. (Rom. I, 21 e ss.) e
trovò acciecato intorno a
si
Anche nell'epistola ai Filìppesi (IV, 5) chiama i Dio, alla morale, ecc. (Cf. Efes. IV, 17).
fedeli col nome della loro città, il che è un segno
di speciale affetto. Il nostro cuore è dilatato. E
15. I fondatori dei due regni sono pure opposti
proprio dell'amore dilatare il cuore. fra Fondatore del regno della giustizia e
loro.
della luce è Cristo; fondatore del regno dell'ini-
12-13. Essendosi dilatatoil nostro cuore, voi quità e delle tenebre è Satana, chiamato Belial,
non siete allo stretto dentro di noi, perché io vi parola ebraica che significa cosa inutile e cosa
amo immensamente, ma voi siete in istrettezza malvagia, e che, applicata a Satana, equivale a
nelle vostre viscere a mio riguardo, ossia voi non il malvagio, il perverso, ecc. I migliori codici greci
mi amate quanto dovreste (Cf. XII, 15). Io vi hanno Beliar, ma ciò è dovuto probabilmente al
prego, rendetemi il contraccambio, amatemi cioè fatto, che i Giudei Ellenisti cambiavano spesso la
come amo. Siate come buoni figliuoli, che
io vi X in p. Non solo i capi, ma anche i membri dei
non misurano l'amore verso il loro padre. due regni non hanno alcuna cosa comune tra loro.
14. L'Apostolo, riferendosi ora all'esortazione I cristiani sono chiamati fedeli, perchè la fede è
cominciata al versetto 1, e poi interrotta, ne pre- il fondamento della vita cristiana, i pagani vengono
cisa meglio la portata. I rapporti troppo stretti detti infedeli, perché privi di quellavirtù, che
coi pagani, costituivano un pericolo per i Corinti, sola potrebbe farli membri del regno della giu-
poiché vi era a temere, che i fedeli rimanessero stizia e della luce.
sedotti dai cattivi esempi, che avevano sott'occhio 16. Opposizione tra dignità
la del cristiano e
Bella società pagana. Perciò l'Apostolo dice : Non l'abbiezione dell'infedele. Il cristiano è tempio di
vogliate unirvi a uno stesso giogo (gr. etEpol^t)- Dio. Nel tempio non si poteva introdurre alcun
212 II Corinti, VI, 17 — VII, 2

Vos enim estis templum Dei vivi, sicut dicit ha il tempio di Dio coi simulacri? Poiché

Deus Quóniam inhabìtàbo in illis, et inam-


: voi siete tempio di Dio vivo, come dice Dio ;

bulàbo inter eos, et ero illórum Deus, et ipsi Abiterò in essi e camminerò tra di loro, e
erunt mihi pópulus. ^^Propter quod exite de sarò loro Dio, ed eglino saranno mio popolo.
mèdio eórum, et separàmini, dicit Dóminus, ^^Per la qual cosa uscite di mezzo ad essi,
et imraùndum ne tetigérìtis ^^Et ego reci- : e separatevene (dice il Signore), e non toc-
piam vos et ero vobis in patrem, et vos
; cate ciò che è immondo "ed io vi acco- :

éritis mihi in filios, et filias, dicit Dóminus glierò : e vi sarò padre, e voi mi sarete
omnipotens. figli e figlie, dice il Signore onnipotente.

CAPO VII.

Conclusione dell*esortazione precedente, i, —


Affetto di S, Paolo per ì Corniti, 2-7.
— Gioia procuratagli dai buoni risultati della lettera precedente, 8-16.

^Has ergo habéntes promìssiónes, charis- ^Avendo adunque queste promesse, di-
simi, mundémus nos ab omnì inquinaménto mondiamoci da ogni bruttura
lettissimi, di
carnis, et spìritus perflciéntes sanctiflcatió- carne e di spirito, conducendo a fine la
nem in timóre Dei. '^Càpite nos. Néminem (nostra) santificazione nel timor di Dio. ^Da-
laésimus, néminem corrùpimus, néminem teci luogo. Noi non abbiamo offeso nessuno,

" Is. LII, 11. 18 Jer. XXXI, 9.

idolo, né alcuna cosa appartenente al culto ido- aveva chiamato Israele suo figliuolo (Rom. IX, 4),
latrico.Fare il contrario era un'orribile profana- ma un titolo così nobile appartiene in modo assai
zione (Ezech. Vili, 3 e ss.). Il cristiano deve più perfetto ai cristiani (Rom. VIII, 15 e ss.).
quindi astenersi da ogni atto idolatrico, se non
vuole profanare il tempio di Dio (I Cor. Ili, 16;
VI, 19; Efes. Il, 21, ecc.). Voi siete, ecc. I mi- CAPO VII.
gliori codici greci bacino: noi siamo tempii, ecc.
Il senso non cambia. Dice Dio: Le prime parole Riassume e conchiude la sua esortazione.
1.
abiterò in essi, sono una reminiscenza di Ezech. Le promesse ricordate nei versetti 16-18 del capo
(XXXVII, 27), le altre appartengono al Lev. (XXVI, precedente. Mondiamoci, ossia purifichiamoci e
11-12), citato, benché non letteralmente, secondo teniamoci lontani da ogni bruttnra di carne, ossia
i LXX. Dio promise che avrebbe abitato in mezzo da ogni impurità, che era il grande vizio dei pa-
a e abitò di fatto, quando la gloria di
Israele, gani, e da ogni bruttura di spirito, come l'orgoglio,
Dio riempì il tabernacolo dell'alleanza (Esod. XL, l'avarizia, ecc. (I Cor. VII, 34), affine di essere
34). Ma
nel Nuovo Testamento, Egli abita in santi di corpo e di spirito. Conducendo a fine
modo più perfetto nella sua Chiesa e nel cuore l'opera della santificazione già cominciata nel Bat-
dei fedeli (I Cor. Ili, 16; VI, 19; Efes. II, 21). tesimo. L'Apostolo esorta così i cristiani non solo
a perseverare, ma a progredire ogni giorno più
17. Per
qual cosa, ossia poiché vi ha oppo-
la
nell'acquisto delle virtù, il che non potrà ottenersi
sizione così stridente tra il cristianesimo e il paga-
nesimo, i cristiani non devono unirsi a uno stesso se non vivendo nel timore, non servile, ma figliale
di Dio, che è prodotto dalla carità.
giogo coi pagani. A conferma, l'Apostolo cita, com-
binandoli assieme, varii testi di Scrittura. Uscite 2. L'Apostolo torna a parlare del suo amore
di mezzo... non toccate, ecc. Queste parole sono verso Corinti (2-7), affine di dissipare qualsiasi
i

di Isaia (LII, 11). La citazione fatta sui LXX non ombra avesse potuto nascere tra lui e i suoi neofiti,
é letterale. Il profeta si volge ai Giudei esuli in e ristabilire l'antica cordialità di rapporti vicen-
Babilonia, e, annunziando loro la fine dell'esilio, devoli. Dateci luogo nel vostro cuore (Cf. VI, 13),
H invita a partire subito dalle terre degli idolatri, ossia amateci come ne abbiamo diritto. Tale è la
e a tenersi lontani da ogni contaminazione degli spiegazione che danno tutti gli interpreti moderni
idoli.L'Apostolo applica queste parole ai Corinti, di queste parole, e tale spiegazione é da preferirsi
poiché gli Ebrei liberati dalla schiavitù di Babi- alle altre capiteci bene, o date luogo nel vostro
:

lonia sono figura dei cristiani liberati dalla schia- cuore ai nostri avvertimenti, ecc. I Corinti non
vitù del demonio. hanno alcun motivo di essere maldisposti verso
del loro Apostolo. Non abbiamo offeso, o recato
18. E io vi accoglierò, ecc. Non é possibile de- ingiuria ad alcuno, nell'esercizio del nostro mini-
terminare con certezz^i donde sia tratta questa cita- stero. Non abbiamo corrotto nessuno, coll'inse-
zione. Probabilmente però, l'Apostolo si serve di gnargli una falsa dottrina. Non abbiamo aggirato
alcune parole di Geremia (XXXII, 37 e ss., e nessuno (èKXeovexnicfa|iiev), ossia non abbiamo,
XXXI, 9) e di alcune reminiscenze di Isaia (XLIII, colla predicazione del Vangelo, cercato di arric-
* e ss., del Deut. XIV, 1; XXXII, 6, 9) e del chirci a spese di alcuno. Queste erano le accuse
II Re (VII, 14). Anche nell'antica legge. Dio che i pseudo-Apostoli muovevano a S. Paolo.
II Corinti, VII, 3-9 213

circumvénimus. ^Non ad condemnatìónem non abbiamo corrotto nessuno, non abbiamo


vestram dico, praedixìmus enìm quod in cór- aggirato nessuno. ^Non lo dico per condan-
dibus nostris estis ad commoriéndum, et ad narvi perocché dissi già che voi siete nei
:

convivéndum. nostri cuori per insieme vivere e insieme


morire.
*Multa mihi fidùcia est apud vos, multa ''Molta fidanza ho io con voi, molto mi
mihi gloriàtio prò vobis, replétus sum con- glorio di voi, sono ripieno di consolazione,
solatióne, superabùndo gàudio in omni tri- sono inondato dall'allegrezza in mezzo a
bulatióne nostra. ^Nam et cum venissémus tutte le nostre tribolazioni. ^Poiché arrivati
in Macedóniam, nullam rèquiem hàbuit caro pur che fummo nella Macedonia, la nostra
nostra, sed omnem tribulatiónem passi su- carne non ebbe alcun ristoro, ma patimmo
mus foris pugnae, intus timóres. "Sed qui
: d'ogni tribolazione : battaglie al di fuori,
consolàtur hùmiles, consolàtus est nos Deus paure al di dentro. ^Ma Dio che consola gli
in advéntu Titi. 'Non solumi autem in ad- umili, consolò noi coli 'arrivo di Tito. 'Né
véntu eìus, sed étiam in consolatióne, qua solamente coll'arrivo di lui, ma anche con la
consolàtus est in vobis, réferens nobis ve- consolazione che egli aveva ricevuta da voi,
strum desidérium, vestrum fletum, vestram riportando egli a noi il vostro desiderio, il
aemulatiónem prò me, ita ut magis gau- vostro pianto, il vostro zelo per me, talché
dérem. io maggiormente mi sono rallegrato.
*Quóniam etsi contristavi vos in epistola, "Poiché sebbene vi rattristai .con quella let-
non me poenitet etsi poenitéret, videns
: tera, non me ne pento e se me ne fossi
:

quod epistola ad horam) vos contri-


illa (etsi pentito, al vedere che quella lettera (quan-
stàvit ; ^Nunc gàudeo non quia contristati
: tunque per poco tempo) vi rattristò, ''godo

Non dico per condannarvi, quasi io creda che


3. 6. Passando
a parlare della gioia da cui fu
voi abbiate pensato o detto tali cose di me. inondato, subito l'attribuisce a Dio che consola
L'amore che vi porto è troppo grande, perchè io gli umili, cioè coloro che mettono la loro fiducia
possa credervi capaci di tanta perfidia. Dissi già in Lui e non nelle proprie forze. Coll'arrivo di
(al capo III, 2 e al capo VI, 12), che il mio cuore Tito da Corinto, dove l'Apostolo l'aveva mandato
si è dilatato per voi affine di accogliervi tutti dentro per vedere gli effetti che aveva prodotto la lettera
di sé, ed essere unito talmente a voi da insieme precedente (Ved. n. II, 12-13). Le buone notizie
vìvere e insieme morire con voi, per modo cioè da lui recate consolarono l'Apostolo.
che né la vita, né la morte abbia più forza di 7. Tito aveva diviso col suo maestro le angoscie;
separarvi dal nostro cuore. Altri spiegano E sì :
e fu quindi ripieno di consolazione quando, giunto
vivo l'amore che vi porto, che sono pronto a a Corinto, constatò gli eccellenti frutti che aveva
vivere e morire con voi e per voi. La prima spie- prodotto la precedente lettera di S. Paolo. Questa
gazione è però migliore. consolazione si rinnovò in lui quando in Macedonia
Ho molta fidanza (itapp&oiaq) con voi, ossia
4. potè riferire tali cose al suo maestro. La gioia di
vi parlo con tutta franchezza (Tale è il senso del Tito era pure gioia di S. Paolo. Riportando, ecc.
greco Jiappeoiaq, Mar. Vili, 32; Atti, II, 19; IV, Descrive le buone notizie avute. // vostro desi'
13, ecc.), denunziando i vostri vizi e le vostre derio {imnóQr\oiv) ardente di presto riavere tra
imperfezioni, e in ciò avete un'altra prova del voi il vostro Apostolo. 7/ vostro pianto (gr. óòvpjaóv
mio amore, schivo da ogni adulazione e pieno di = lacrime, gemiti), con cui manifestaste il dolore
sincerità. Mi glorio di voi. Anche presso le altre di avermi offeso, trasgredendo le mie ordinazioni.
Chiese, mostro il mio amore per voi col lodarvi Il vostro zelo (?n^ov) per me, ossia l'ardore con

per le vostre buone qualità. Un'altra prova che cui pigliate le mie difese contro i miei avversarli.
vi amo l'avete nel fatto, che sono pieno di con- Maggiormente mi sono rallegrato, lasciando da
solazione e inondato dall'allegrezza per le buone parte ogni tristezza che avessi avuto per causa
notizie, che ho ricevuto di voi da Tito, non vostra.
ostante che mi trovassi immerso nelle tribolazioni. 8. Nei vv. 8-16, lApostolo fa vedere come i

Spiega ora (5-7) quali siano queste tribola-


5. buoni risultati ottenuti colla sua lettera precedente,
zioni, e che cosa gli abbia recato tanto gaudio. A abbiano disipato da lui ogni ombra di tristezza e
tal fine riprende la narrazione interrotta al capo II, lo abbiano riempito di gaudio. Sebbene sappia che

13, dove aveva detto che giunto a Troade non vi rattristai colla mia lettera precedente, tuttavia
potè aver pace nel suo spirito, non avendo tro- ora non mi pento più di avervi scritto così. Se me
vato Tito, e parti allora per la Macedonia. Anche ne fossi pentito. Il greco va tradotto se me ne
:

qui però lo attendevano tribolazioni. La carne pentiva. L'Apostolo infatti provò una viva agita-
nostra non ebbe alcun ristoro. A Troade aveva sof- zione e una grande tristezza nello scrivere la let-
ferto nel suo spirito, cioè nella sua anima, in tera precedente (Cf. II, 4), perchè sapeva che
Macedonia soffrì anche nella sua carne, cioè nel avrebbe contristato i Corinti, quantunque per poco
corpo. Patimmo ogni sorta di tribolazioni bat- :
tempo, mentre egli avrebbe voluto non contristarli
taglie al di fuori, cioè persecuzioni violente da menomamente.
parte dei pagani, dei Giudei e dei falsi fratelli, 9. Adesso godo per ì buoni risultati ottenuti,
paure al di dentro, cioè timori, ansietà, preoccu- avendovi quella tristezza condotti al pentimento.
pazioni, a motivo dell'incertezza in cui ci trova- Rattristati secondo Dio, cioè in modo conforme alla
vamo intorno alle vostre disposizioni, all'esito della volontà di Dio, il quale, ispirando me a scrivervi
missione di Tito, ecc. quella lettera e a riprendervi severamente, voleva
214 II Corinti, VII, 10-13

estis, sed quia contristati estis ad poeni- adesso non perchè vi siete rattristati, ma
:

téntiam. Contristati enim estis secùndum perchè vi siete rattristati a penitenza. Vi


Deum, ut in nullo detriméntum patìàmini siete infatti rattristati secondo Dio, talmente
ex nobis. "Quae enim secùndum Deum tri- che in nessuna cosa avete ricevuto danno da
stitia est, poeniténtiam in salùtem stàbilem noi. ^"Giacché la tristezza, che è secondo
operàtur : saeculi autem tristitia mortem ope- Dio, produce una penitenza stabile per la
ràtur. salute la tristezza poi del secolo produce
:

la morte.

"Ecce enim hoc ipsum, secùndum Deum "Ecco infatti, questo stesso essere stati
contristàri vos, quantam in vobis operàtur voi rattristati secondo Dio, quanta sollecitu-
solicitùdinem : sed defensiónem, sed indi- dine ha prodotto in voi : anzi apologia, anzi
gnatiónem, sed timórem, sed desidérium, sdegno, anzi timore, anzi desiderio, anzi
sed aemulatiónem, sed vindictam, in òm- zelo, anzi vendetta. Per tutti i versi avete
nibus exhibuistis vos, incontaminàtos esse fatto conoscere che voi siete innocenti in
negótio. quell'affare.

^^Igitur, etsi scripsi non propter


vobis, "Sebbene adunque vi scrissi, non feci per
eum, qui fecit iniùriam, nec propter eum, riguardo a colui che fece l'ingiuria, né per
qui passus est : sed ad manifestàndam soli- riguardo a colui che la patì ma per far pa-
:

citùdinem nostram, vo-quam habémus prò lese la sollecitudine nostra che abbiamo per
bis " Coram Deo ideo consolati sumus. In
: voi "dinanzi a Dio per questo siamo stati
:

consolatióne autem nostra abundàntius magis consolati. Ma nella nostra consolazione ci


gavisi sumus super gàudio Titi, quia reféctus siamo anche più grandemente rallegrati per

" I Petr. II, 19.

indurvi all'emendazione dei vostri difetti. In nes- giudice severo colla verga in mano (I Cor. IV, 21),
suna cosa avete ricevuto danno da noi. Se non ma nello stesso tempo arsero del desiderio di pre-
avessi scritto così avreste sofferto un gran danno sto rivedere il loro padre. Riguardo all'incestuoso,
da noi, perchè per causa nostra non vi sareste si sentirono animati da zelo di punire il delitto
emendati. commesso e di far vendetta dell'ingiuria fatta alla
Chiesa, e perciò lo cacciarono dalla loro comu-
10. L'Apostolo piglia occasione per parlare dei
nione, come egli aveva comandato. Voi avete così
due generi di tristezza e dei frutti opposti che pro-
dimostrato in tutti i modi che ora siete innocenti
ducono (10-13). La tristezza che è secondo Dio, cioè
in quell'affare dell'incestuoso, e non avete più
che ha per causa l'amore di Dio e della sua giu-
nulla di comune col suo peccato.
stizia, produce una penitenza stabile (il greco àjie-
Ta)LiéX7\Tov, tradotto stabile significa di cui non si 12. Fa vedere ora che tale era appunto lo scopo
pente) per la salute, che cioè conduce alla salute che si prefisse nello scrivere la lettera precedente.
eterna. Numerosi esegeti fanno concordare stabile Non feci tanto per riguardo a colui che fece l'in-
con salute, e spiegano una penitenza, che pro-
: giuria. Con queste
parole l'Apostolo benché in
cura la salute eterna. La prima spiegazione ci modo intende parlare dell'incestuoso, e
velato,
sembra tuttavia migliore. La tristezza del secolo colle altre colui che patì l'ingiuria allude al padre
(greco mondo), causata dal troppo attacco alle cose dell'incestuoso. Per far palese, ecc. Questo fu lo
del mondo, come piaceri, onori, ricchezze, ecc., scopo principale che determinò l'Apostolo a scri-
produce morte eterna, ossia
la la dannazione, per- vere sua lettera precedente; manifestare la sin-
la
chè una tale tristezza fa nemici di Dio (Giac. IV, 4). cerità del suo amore verso i Corinti, e lo zelo ar-
dente che aveva della loro salute. Tale è il senso
11. Questo stesso, ecc. Riferendosiai Corinti
della Volgata, che si trova pxire presso parecchi
parla, in particolare, che la tri-
di alcuni frutti,
interpreti greci, come p. e. S. Giov. Cris., Teodo-
:
stezza secondo Dio ha prodotto presso di loro.
reto, ecc. I codici greci B C E K L P, ecc., e le
Essere stati rattristati dalla severa riprensione che
versioni siriaca, copta, armena, ecc., hanno un
vi ho fatta a motivo dell'incestuoso (I Cor. V, 1
testo differente, cioè : per far palese la sollecitu-
e ss.). Sollecitudine (gr. onouÒTi), con cui avete
dine vostra per noi. Si ha allora questo senso :
cercato di riparare alla vostra negligenza e indiffe-
l'Apostolo scrisse ai Corinti affinchè il loro zelo,
renza verso l'incestuoso. A quest'espressione gene-
o meglio la loro obbedienza, verso del loro Apo-
rale, che non esprimeva tutto il suo pensiero,
stolo fosse manifesta tra essi davanti a Dio.
l'Apostolo ne aggiunge sei altre, raggruppate a
due a due, colle quali fa vedere in qual modo, sotto 13. Dinanzi a Dio. Queste parole, che servono
l'influsso della tristezza, avessero manifestato la a mostrare che si tratta di una sollecitudine sin-
loro sollecitudine, sia riguardo a se stessi, sia ri- cera, appartengono al versetto precedente. Siamo
guardo all'Apostolo, e sia riguardo all'incestuoso. stati' consolati, avendo pienamente conseguito il
Riguardo a se stessi, furono indotti a far la loro nostro fine. Ma nella, ecc. Spiega come la sua
I

apologia, e a mostrare il loro sdegno davanti a consolazione siasi accresciuta al vedere, che anche
Tito, protestando di non voler aver nulla di co- Tito era pieno di gaudio. 7/ suo spirito, che «era
mune coll'incestuòso, e detestando la loro negli- triste e agitato nel venire da voi, è stato ristorato
genza passata. Riguardo all'Apostolo, furono presi (meglio secondo il greco è stato tranquillizzato o
dal timore che egli non andasse da loro come un ricreato) da voi tutti, quando vide la vostra docilità.
II Corinti, VII, 14 — Vili, 3 215

est $piritus eius ab omnibus vobis. "Et si l'allegrezza di Tito, perchè il suo spirito è
quid apud illum de vobis gloriàtus sum, non stato ristorato da voi tutti. "E se alcun poco
sum confùsus sed sicut omnia vobis in
: mi era gloriato di voi con esso, non sono ri-
ventate locùti sumus, ita et gloriàtio nostra, masto confuso ma come in tutte le cose
:

quae fuit ad Titum, véritas facta est, "Et abbiamo detta a voi la verità, così il vanto
viscera eius abundàntius in vobis sunt re- : ch'io mi era dato con Tito, è stato una ve-
miniscéntis omnium vestrum obediéntiam : rità, "ed egli più svisceratamente vi ama,
quómodo cum timóre, et tremóre excepistis mentre si ricorda della ubbidienza di tutti
illum. "Gàudeo quod in omnibus confido voi, e come lo accoglieste con timore e tre-
in vobis. more. "Mi rallegro adunque che in tutte le
cose ho fidanza in voi.

CAPO Vili.

Colletta generosa fatir- inelle Chiese di Macedonia, i-6, Anche i Corinti devono —
mostrarsi generosi, 7-15, —
Tito e due compagni incaricati della colletta presso
i Corinti, 16-24,

^Notam autem fàcimus vobis, fratres, grà- ^Or vi facciamo sapere, fratelli, la grazia
tiam Dei, quae data est in Ecclésiis Mace- di Dio concessa alle Chiese di Macedonia :

dóniae ^Quod in multo experiménto tribu-


: *come in mezzo alle molte afflizioni, colle
latiónis abundàntia gàudii ipsórum fuit, et quali sono provati, il loro gaudio è stato ab-
altissima paupértas eórum abundàvit in di- bondante, e la profonda loro povertà ha sfog-
vitias simplicitàtis eórum ^Quia^ secùndum
: giato in ricchezze del loro buon cuore ^pe- :

virtùtem testimónium reddo, et supra


illis rocché sono stati spontaneamente liberali
virtùtera voluntàrii fuérunt, *Cum multa (rendo ad essi questa testimonianza) secondo

14. E se (i migliori codici hanno òri = perchè). Chiesa di Gerusalemme. Di questa colletta aveva
L'Apostolo spiega maggiormente il motivo della già trattato nella I Cor. XVI, 1 e ss. Cf. Rom.
sua gioia. Prima di mandar Tito da voi, avevo par- XV, 27.
lato con lode della vostra obbedienza (mi era glo- Comincia col ricordare lo splendido esempio dato
riato), 9 non san rimasto confuso, ossia conosco ora dalle Chiese di Macedonia (1-6), e cerca di dar ri-
che avevo ragione di fare affidamento sulle vostre salto a tutte quelle che potevano sti-
particolarità
buone disposizioni, perchè difatti vi siete mostrati molare efficacemente imostrarsi ancor
Corinti a
tali. Parlando così di voi ho detto la pura verità, essi generosi, e a far vedere che egli aveva piena
come d'altronde in tutte le cose ho detto a voi la ragione di fidarsi in tutto di loro. La grazia di Dio,
verità. Contro i suoi calunniatori, l'Apostolo torija la quale ha mossi i Macedoni a essere lieti nelle
così nuovamente ad affermare la sua sincerità e prove e così generosi verso i poveri di Gerusa-
schiettezza nell'esercizio del suo ministero (Cf. I, lemme. Conceduta alle Chiese, ecc. Tale è la vera
12 e ss.). lezione, e va rigettata l'aggiunta mihi (gratia quae
15-16. Anche l'amore
di Tito per voi è cresciuto, data est mihi in Ecclésiis, ecc.), che si trova in
dopo che vi ha fatto, ed egli ricorda vo-
la visita qualche codice.
lentieri la vostra obbedienza e le accoglienze rice- 2. Come, ecc. La grazia produsse nei Macedoni
vute. Con timore e tremore. Queste parole indi- un doppio effetto. Benché provati al crogiuolo
cano lo studiarsi che fecero i Corinti per contentare della tribolazione, sopportarono
con lieto tutto
Tito, e il timore che avevano di non riuscirvi. animo. Delle varie tribolazioni delle Chiese di Ma
Siccome però Tito era stato mandato dall'Apostolo, cedonia si parla Atti XVI, 20 e ss. XVH, 5 e ss. ;

l'obbedienza prestata dai Corinti alle sue parole, I Tessal. I, 6; II, 14, ecc. Benché poveri, tuttavi»
era una obbedienza prestata a S. Paolo stesso, e fecero generose elemosine. Buon cuore (sìmplici
perciò l'Apostolo conchiude rallegrandosi della fi- tatis), che non si lascia preoccupare dell'avvenire
ducia che ha nei Corinti. L'elogio che l'Apostolo e di se stesso, ma cerca solo di far del bene (Mati.
fa di Tito è destinato a renderlo sempre più ac- VI, 3; Mar. XII, 42-43).
cetto ai Corinti, presso i quali voleva nuovamente
inviarlo per raccogliere le elemosine (Vili, 6).
L'Apostolo nei vv. 3-5, esalta la grandezza
3.
della liberalità dei Macedoni. Essi hanno dato
sopra la loro possibilità, cioè sopra le loro forze,
CAPO Vili.
facendo delle privazioni per soccorrere gli- altri.
Hanno dato spontaneamente, senza bisogno di
venir stimolati.
1, Avendo così l'Apostolo ristabilito i suoi buoni
rapporti coi Corinti, e dissipato ogni malinteso che 4. Domandandoci, ecc. Non solo hanno dato, ma
avesse potuto esistere passa ora, nella seconda ci hanno pregato istantemente di voler loro conce-
parte deHa sua lettera (Vili, 1-IX, 15), a parlare dere di prender parte a questo servizio che si
nuovamente della grande colletta da farsi per la rende ai santi, cioè ai cristiani poveri di Palestina
216 II Corinti, Vili, 4-10

exhortatióne obsecràntes nos gràtìam, ei e sopra la loro possibi-


la loro possibilità,
communi catiónem quod fit in
ministérii, lità,''domandandoci con molte preghiere la
Sanctos. ''Et non sicut speràvimus; sed se- grazia di prender parte a questo ministero
metipsos dedérunt primum Domino, deinde che si rende ai santi. ^E non {han fatto)
nobis per voluntàtem Dei, *^Ita ut rogarémus come speravamo, ma hanno dato le loro per-
Titum ut quemàdmodum coepit, ita et per-
: sone primieramente al Signore, e poscia a
ficiat in vobis étiam gràtiam istara. noi per volontà di Dio, "talmente che ab-
biamo pregato Tito, che, conforme ha gi?
cominciato, conduca a termine anche tra voi
questa grazia.
'Sed sicut in omnibus abundàtis fide, et 'Ma siccome abbondate in ogni cosa nella
sermóne, et sciéntia, et omni
sollicitudine, fede, nella parola, nella scienza, e in ogni
insuper et cliaritàte vestra in nos, ut et in sollecitudine, e nella carità vostra verso di
hac gràtia abundétis. ^Non quasi imperans noi, così siate abbondanti anche in questa
dico sed per aliórum solicitùdinem étiam
: grazia. ^Non parlo come per comandare ma :

vestrae charitàtis ingénium bonum cómpro- per far prova colla «ollecitudine degli altri
bans. del buon genio anche della vostra carità.
"Scitis enim gràtiam Domini nostri lesu "Poiché è nota a voi la liberalità del Si-
Christi, quoniam propter vos egénus factus gnor nostro Gesù Cristo, come egli, essendo
est, cum esset dives, ut illius inòpia vos ricco, diventò povero per voi, affinchè voi
dìvites essétis. "Et consìlium in hoc do : diventaste ricchi della povertà di lui. "E in

(Rom. XV, 26; I Cor. XVI, 1), col venire in loro tavia un precetto. La ragione sarà data nel versetto
soccorso. Per i Macedoni, poter soccorrere i po- seguente. Ma (parlo) per far prova, ecc. Col pro-
veri, era una grazia loro concessa. porvi l'esempio della sollecitudine degli altri, cioè
dei^ Macedoni, voglio provare il buon genio (rò
5. E non han fatto, ecc. Hanno sorpassato ogni
YYTioiov= la sincerità) della vostra carità fraterna.
nostra speranza e prevenuto ogni nostro desiderio,
La carità si manifesta nelle opere (I Giov. Ili, 16),
e hanno dato le loro persone e tutte le loro so-
e la generosità dei Macedoni sarà una norma per
stanze, acciò si facesse quanto era necessario per
giudicare della carità dei Corinti.
soccorrere ì poveri. Primieramente al Signore. Nel
far ciò essi hanno voluto donarsi prima di tutto al 9, Poiché, ecc. Non è necessario fare un pre-

Signore, il quale, divenuto povero per noi affine cetto di mostrarsi generosi verso i poveri, a coloro
di arricchirci (v. 9), ritiene come fatto a sé stesso che sanno come Gesù Cristo, per arricchire noi,
tutto ciò che si fa ai poveri (Matt. XXV, 40). Dan- si è fatto povero. La liberalità (Xdptv = grazia),
dosi al Signore, vollero eziandio testimoniare la ossia l'amore o la bontà per cui Gesù Cristo prese
loro gratitudine verso l'Apostolo, che li aveva con- la povertà alfine di arricchirci. Essendo ricco, se-
vertiti. Sapevano che a San Paolo stava molto a condo la natura divina, perchè padrone e creatore

cuore questa colletta, e quindi si offrirono a luì di tutte le cose, diventò povero, secondo la natura
acciò disponesse delle loro persone e delle loro umana, nascendo in una stalla, lavorando colle sue
sostanze secondo che credeva, dichiarandosi pronti mani e non avendo talvolta dove posare il capo
a fare o dare quanto a lui fosse piaciuto. Per (Matt. Vili, 20), ecc. Per voi, cioè per vostro
volontà di Dio, ossia sotto l'impulso e l'efficacia amore, affine di procurarvi, mediante la sua po-
della grazia di Dio. vertà, le ricchezze spirituali della grazia (Cf. Filip.
II, 5). Se tanto ha fatto Gesù Cristo per voi, è
6. Talmente che, ecc. L'ammirabile generosità
ben giusto che anche voi facciate qualche sacrifizio,
dei Macedoni ci ha talmente commossi, che ab-
e vi priviate di qualche cosa per soccorrere i fra-
biamo pregato Tito di venire presso di voi affinchè,
telli. Affine di rendere più efficace la sua esorta-
assieme alle altre cose, conduca a termine questa
zione, l'Apostolo usa la seconda persona per :
grazia, cioè la colletta (Ved. n. I Cor. XVI, 3) che
voi, ecc., appropriando ai Corinti il grande bene-
egli ha già cominciata.
fizio dell'Incarnazione.
7. Nei vv. 7-15, l'Apostolo, con un'arte mira- 10. E in questo affare della colletta io do con-
bile, eccita i Corinti a essere ancor essi» generosi siglio (v. 8), perocché ciò è utile per voi, ossia
verso i poveri di Gerusalemme. Acciò non si in- perchè la pratica di tal opera di carità vi recherà
gelosiscano per le lodi date ai Macedoni, comincia molti vantaggi spirituali. / quali principiaste, ecc.
subito ad esaltare le loro proprie virtù, la loro Queste parole sono difficili a interpretarsi, sem-
fede, la loro carità, ecc., mostrando che, se in brando che l'Apostolo supponga che si possa far
queste virtù sono già così eccellenti, devono ancora una cosa prima di volerla, e che il volerla abbia
•isplendere per la loro liberalità. Fede è quella più valore che non il farla. Le versioni siriaca,
rirtù per cui si crede a Dio che rivela. La parola, gotica e arabica, sciolsero la difficoltà invertendo
a scienza (Ved. n. I Cor. I, 5). La sollecitudine, l'ordine delle parole e traducendo non solo a bra-
cioè lo studio e la diligenza nell'attendere a santi- mare, ma anche a fare. Tutti i codici però sono
ficare sé stessi e a edificare gli altri. La carità contrarli a una tale inversione. Alcuni, diedero al
vostra, ossia il vostro, amore per me. In questa verbo volere GéAeiv, il senso di volere spontanea-
grazia, cioè nella virtù della liberalità verso i po- mente, ed altri quello di voler continuare. La
veri, oppure in quest'opera di carità.
miglior spiegazione però sta nel supporre, che qui
8. Benché desideri sommamente che le loro si paragonino tra loro i Corinti e i Macedoni, per
elemosine siano abbondanti, non ne fa loro tut- riguardo al tempo in cui si diede principio alla
II Corinti, Vili, U-IQ 217

hoc enim vobis utile est, qui non solum fà- questo io do consiglio perchè ciò è utile
:

cere, sed et velie coepistis ab anno prióre : per voi, i quali cominciaste non solo a fare,
ma anche a bramare fin dall'anno passato.
"Nunc vero et facto perficite ut que- : "Ora poi finite di farlo : onde siccome è
màdmodum promptus est animus voluntàtis, pronto l'animo a volere, così lo sia ad ese-
ita sit et perflciéndi ex eo, quod habétis. guire secondo le vostre facoltà. "Poiché se
*^Si enim volùntas prompta est, secùndum vi è' volontà pronta, essa è accetta secondo
id, quod habet, accépta est, non secùndum quello che uno ha, non riguardo a quel che
id, quod non habet. "Non enim ut àliis sit non ha. "Non che abbiano ad essere al
remissio, vobis autem tribulàtio, sed ex largo gli altri, e voi in angustia, ma per far
aequalitàte. "In praesénti tèmpore vestra uguaglianza. "Al presente la vostra abbon-
abundàntia illórum inópiam sùppleat ut et : danza supplisca alla loro indigenza affinchè :

illórum abundàntia vestrae inópiae sit sup- anche la loro abbondanza supplisca alla vo-
pleméntum, ut fìat aequàlitas, sicut scriptum stra indigenza jonde si faccia uguaglianza,
est : ^^Qui multum non abundàvit : et qui conforme sta scrìtto "Chi (ebbe) molto,
:

módicum, non minoràvit. non ne ebbe di più e chi (ebbe) poco, non
:

non ne ebbe di meno.


"Gràtias autem Deo, qui dedit eàndem "Grazie però a Dio, il quale ha posta la

" Ex. XVI, 18.

colletta.Affine di mostrare che i Corinti sono in gli incomodi della povertà. Tale non è certamente
ciò superiori ai Macedoni, l'Apostolo osserva che lo scopo, per cui Dio ha comandato l'elemosina,
essi hanno cominciato prima (gr. «poevrip^aoGe) ma l'ha comandata per far uguaglianza, ossia per
dei Macedoni, non solo a fare la colletta (gr. ao- stabilire una certa uguaglianza, in modo che non
ristó 3totT\<jai ), ma anche a bramare di farla (gr. vi sia chi nuoti nell'abbondanza e chi muoia di
pres. eéXeiv). Dalle domande fatte all'Apostolo fame.
dai Corinti (I Cor. XVI, 1 e ss.) si deduce infatti,
14. Al presente, la vostra abbondanza, cioè il
che essi avevano già cominciato la colletta prima
vostro superfluo materiale, venga in soccorso alla
che egli scrivesse loro la epistola precedente. In
povertà dei cristiani di Gerusalemme, affinchè la
seguiìD però ai torbidi scoppiati, il fervore di molti
loro abbondanza supplisca alla vostra indigenza,
venne meno, e la colletta restò sospesa (il che
ossa affinchè colle loro preghiere ottengano anche
viene espresso dall'aoristo Jioinooi), benché la
a voi da Dio l'abbondanza delle grazie, di cui essi
buona volontà di farla avesse continuato (come sono e così tra voi ed essi si stabilisca
ripieni,
esprime il presente eéXeiv). Nel frattempo si fece
quaggiù, anche nell'ordine spirituale, una certa
la colletta nella Macedonia, ed ora, essendo stata
uguaglianza (Cf. Rom. XV, 27). Tale è l'interpre-
ristabilitala pace nella Chiesa di Corinto, l'A-
tazione di quasi tutti gli esegeti cattolici. Alcuni
postolo piglia occasione dalla generosità dei Ma-
pochi però, interpretano anche le ultime parole
cedoni, per esortare i Corinti a riprendere e con-
come se si trattasse dei beni materiali, e l'Apo-
durre a termine l'opera incominciata (Ved. Cor-
stolo non avesse voluto dir altro che : soccorrete
nely, h. 1.; Le Camus, op. cit., voi. Ili, p. 272;
ora i cristiani di Palestina, affinchè anch'essi soc-
Van Steenkiste, h. 1., ecc.). corrano voi quando vi troverete in necessità. Sta
11. Conoscendo buona volontà di fare
la loro scritto, nell'Esod. XVI, 18, citato secondo i LXX,
la ora poi finite, ossia ripren-
colletta, dice loro :
ma non alla lettera.
dete la colletta già cominciata, e conducetela a
15. Chi molto, ecc. Nell'Esodo si
(raccolse)
termine. Onde siccome è pronto, ecc. Il greco è
parla della manna, e si dice che chi ne raccoglieva
leggermente diverso : affinchè come vi è prontezza
secondo le maggior quantità, non ne aveva poi più di colui
di volere, vi sia pure l'esecuzione
vostre forze. L'Apostolo aggiunge queste ultime
che ne' aveva raccolto di meno, ma ciascuno veniva
ad averne solo quanto gli abbisognava per il suo
parole, affinchè niuno si creda obbligato di fare
sostentamento. L'Apostolo applica queste parole
come i Macedoni, i quali avevano dato più di quel
ai cristiani mostrando, che la carità deve produrre
che potevano (v. 3).
fra loro una certa uguaglianza in modo che tutti
12. Se pronta volontà, ecc. Spiega per--
vi è la
abbiano ciò che è loro necessario. Sia nelle cose
che basti, che ciascuno concorra alla colletta se- spirituali come nelle temporali, essi devono quindi
condo le sue facoltà. Nel fatto dell'elemosina. Dio aiutarsi scambievolmente.
riguarda principalmente alla buona volontà e stima
la cosa donata, non in relazione al suo valore as- 16. Nei w. 16-24 l'Apostolo raccomanda ai

soluto, ma in relazione alle facoltà del donatore Corinti Tito e i suoi due compagni, che egli ha
(V. Mar. XII, 41 e ss.; Lue. XXI, 2 e ss.). incaricati di recarsi presso di loro a raccogliere
le elemosine.
13. Un'altra ragione si deduce dal fine a cui è
ordinata l'elemosina. Questa colletta deve farsi Grazie a Dio. Le buone disposizioni che Tito
non perchè gli altri, cioè i poveri, abbiano ad nutre per i Corinti, sono una grazia di Dio, e
essere al largo, ossia non soffrano più alcuna perciò l'Apostolo comincia col ringraziare Dio di
molestia dalla povertà e vivano nell'ozio, e voi questo favore. La stessa sollecitudine che abbiamo
abbiate a vivere in angustia, ossia a soffrire tutti noi per voi, e lo stesso zelo di farvi del bene.
218 II Corinti, Vili, 17-23

solicitùdinem prò vobis in corde Titi, "Quó- stessasollecitudine per voi nel cuore di
^
niam exhortatiónem quidem suscépit sed : Tito, ^poiché e gradì l'esortazione, ed es-
cum solicitior esset, sua voluntàte proféctus sendo molto sollecito, spontaneamente si è
est ad vos. "Misimus étiam cum ilio fratrem, portato tra voi. "Abbiamo anche mandato
cuius laus est in Evangélio per omnes Ec- con lui quel fratello lodato in tutte le Chiese
clésias ^®Non solum autem, sed et ordinàtus
: per il Vangelo "né solo questo, ma è
:

est ab Ecclésiis comes pregrinatiónis nostrae stato anche eletto dalle Chiese compagno del
in hanc gràtiam, quae ministràtur a nobis nostro pellegrinaggio per questa beneficenza,
ad Domini glóriam et destinàtam voluntàtem della quale ci prendiamo il ministero a gloria
nostram ^"Devitàntes hoc, ne quis nos vi-
: del Signore, e per mostrare la pronta nostra
tiiperet in hac plenitùdine, quae ministràtur volontà ^"guardandoci da questo, che alcuno
:

a nobis. ^^Providémus enim bona non solum non ci abbia da vituperare per quest'abbon-
coram Deo, sed étiam coram hominibus. danza, di cui siamo dispensatori. ^^Provve-
^^Misimus autem cum illis et fratrem no- diamo infatti al bene non solo dinanzi a
strum, quem probàvimus in multis saepe Dio, ma anche dinanzi agli uomini. ^^E
'
sollìcitum esse nunc autem multo sollìci-
: abbiamo mandato con questi anche un nostro
tiórem, conlìdéntia multa in vos, ^^Sive prò fratello, di cui sperimentammo sovente in
^. Tito, qui est sócius meus, et in vos adiùtor, molte cose la sollecitudine, e che ora è molto
\ sive fratres nostri, Apóstoli Ecclesiàrum, più sollecito per la molta fidanza in voi,

21 Rom. XII, 17.

17. Prova questa verità mostrando che Tito, 20. Guardandoci, ecc. Queste parole dipendono
non solo gradì la preghiera fattagli di andare a dal verbo abbiamo mandato (v. 18). Spiega perchè
Corinto a portar questa lettera, e a terminare la voglia, nell'amministrazione delle collette, avere
colletta, ma nutriva tanta sollecitudine per i Co- delle persone elette dalle Chiese che lo accompa-
rinti, che era partito subito di sua spontanea vo- gnino. Egli non vuole che alcuno possa menoma-
lontà. Si è portato, ecc. Queste parole devono rife- mente sospettare, che il denaro raccolto non sia
rirsi al momento in cui i Corinti avrebbero Ietta impiegato al fine per cui fu dato. Per quest'abbon-
là lettera, e non già a quello in cui l'Apostolo danza di elemosine che riceviamo per i poveri di
scriveva.Lo stesso deve dirsi del verbo abbiamo Gerusalemme.
mandato (v. 18 e 22). Fu probabilmente Tito che 21. Provvediamo, ecc. Questo pensiero è bratto
portò questa lettera a Corinto. dal libro dei Proverbi (III, 4) secondo i LXX, ed
18. Quel fratello, ecc. Non sappiamo con cer- è conforme a quanto disse Gesù Cristo (Matt. V,
tezza chi sia costui. Alcuni, come S. Giov. Cris., 16). Risplendala vostra luce dinanzi agli uomini^
hanno pensato a S. Barnaba o a S. Luca. S. Gero- affinchè vedano
le vost''e buone opere, e glorifi-
lamo, e con lui moltissimi altri, ritengono che si chino vostro Padre che è nei cieli. Ciò è vero
il

tratti diS. Luca, il quale infatti negli Atti, XX, 1, in modo speciale dei predicatori, i quali non de-
al momento in cui fu scritta questa lettera, cessa vono solo preoccuparsi di piacere a Dio, ma anche
di parlare in prima persona. E certo però che di godere buona riputazione presso gli uomini
Egli non aveva ancora scritto il suo Vangelo, (Rom. XII, 17).
quando S. Paolo scriveva questa lettera, e che le 22. Un Non sappiantb chi sia.
nostro fratello.
parole dell'Apostolo si riferiscono allo zelo nel Alcuni hanno pensato a Sostene o ad Apollo
predicare e nel propagare il Vangelo. Altri hanno (I Cor. I, 1), altri a S. Luca, altri a Gaio di
pensato a Sila, ed altri a qualcuno di coloro che Derbe (Atti, XX, 4), ecc. Di cui abbiamo... so-
accompagnarono l'Apostolo nel suo ultimo viaggio vente... ecc. Da queste parole si può dedurre, che
a Gerusalemme per portarvi le elemosine (Atti, si tratti di un discepolo vissuto molto tempo col-
XX, 4 e ss.). Ma tutto questo è assai incerto. l'Apostolo. E molto più sollecito, quando si tratta
19. Non solo per questo motivo, l'Apostolo ha di voi, o Corinti, perchè ha molta fidanza in voi,

inviato questo fratello a Corinto, ma anche perchè avendo sentito parlar così bene delle vostre virtù.
era stato eletto ufficialmente dalle Chiese di Mace- Anche con queste parole, molto lusinghiere per i
donia, per essere suo compagno nel viaggio che Corinti, l'Apostolo cerca dì guadagnarsi sempre
doveva fare a Gerusalemme per questa benefi- più le loro simpatie e indurli così ad essere ge-
cenza, ossia per portarvi le collette raccolte. E nerosi.
stato eletto. Benché il greco Xeipotoveìv nel lin- 23. Dopo aver fatto l'elogio di ciascuno in par-
guaggio ecclesiastico significhi il conferimento dì ticolare dei suoi deputati, ora li raccomanda tutti e
un ordine sacro, mediante l'imposizione delle mani, tre assieme. A
motivo dì una punteggiatura non
qui però ritiene la sua significazione primitiva di esatta, la frase è alquanto oscura nella Volgata dove
eleggere mediante l'imposizione delle mani, come viene separata dal v. prec. con una sola virgola,
indicano parole dalle Chiese. Della quale ci
le mentre è necessario un punto fermo. Anche ciò
prendiamo ministero, ossia ci siamo incaricati,
il presupposto, la frase rimane elittica e si deve
per accrescere la gloria del Signore, e per mani- completare sottintendendo il verbo scrivo. Sia
festare ai cristiani di Gerusalemme la nostra sol- che io vi scrìva di Tito, egli è il mio compagno e
lecitudine per loro. Nel greco manca la parola coadiutore presso di voi e merita perciò di essere
destinàtam, e si legge solo npoQv^^ia\ imòv = il da voi ben accolto, sia che io vi scriva riguardo ai
nostro interessamento. nostri fratelli, essi sono gli apostoli, cioè gli
II Corinti, Vili, 24 — IX, 4 219

gloria Christi. ^''Ostensiónem ergo, quae est ^'sia riguardo a Tito, egli è ii mio compagno
charitàtis vestrae, et nostrae glóriae prò vo- e coadiutore presso di voi, sia riguardo ai
bis, in illos osténdite in fàciem Ecclesiàrum. nostri fratelli, essi sono gli Apostoli delle
Chiese e la gloria di Cristo. ^^In questi
adunque fate conoscere al cospetto delle
Chiese, quale sia la vostra carità, e perchè
di voi ci gloriamo.

^ CAPO IX.

L'elemosina deve essere pronta, 1-4, —


ilare e abbondante, 5-6. — Frutti temporali
dell'elemosina, 8-1 1, —
Frutti spirituali, 12-15.

*Nam de ministério, quod fìt in sanctos ^Ma intorno a questo ministero, che si
ex abundànti est mihi scribere vobis. ^Scio esercita a prò dei santi, è cosa superflua che
enim promptum ànimum vestrum prò quo : io vi scriva. ^Mi è infatti nota la prontezza
de vobis glórior apud Macedónes. Quóniam dell'animo vostro : per la quale mi glorio di
et Achàia parata est ab anno praetérito, et voi presso i Macedoni. Che TAcaia an-
vestra aemulàtìo provocàvit plùrimos. ch'essa è preparata dall'anno scorso, e il
vostro zelo ha provocato moltissimi.
'Misi autem fratres : ut ne quod glorià- ^Ma ho mandati questi fratelli, affinchè il
mur de vobis, evacuétur in hac parte, ut vanto che ci diamo dì voi non riesca vano
(quemàdmodum dixi) parati sitis "Ne cùm : per questo lato, affinchè (siccome ho detto)
vénerint Macedónes mecum, et invénerint siate preparati *onde venuti che siano con
:

vos imparàtos, erubescàmus nos (ut non di- me i Macedoni, trovandovi non preparati,

inviati delle Chiese, e quindi devono essere rice- incaricati Tito e i suoi compagni, è cosa su-
vuti con onore, tanto più che essi sono la gloria perflua, ecc. Benché vi abbia raccomandato di ac-
di Cristo, ossia sono uomini che, colla santità cogliere bene i miei inviati, non è necessario che
della loro vita e lo zelo, con cui si consacrano al vi si raccomandi la colletta.
servizio dei poveri, glorificano Gesù Cristo.
2. Perquale, ecc. La prontezza della vostra
la
24. Segue una toccante esortazione. La frase volontà é così grande, che io la ricordo con lode
ostensionem... osténdite, è un ebraismo che si- ai Macedoni. Che l'Acaia, ecc. Erano queste le
gnifica semplicemente mostrate col fatto. Voi, o parole che l'Apostolo diceva ai Macedoni L'Acaia, :

Corinti, dovete mostrare coi cospetto delle


fatti, al che aveva per capitale Corinto, è preparata, ossia
Chiese, che hanno mandati i loro inviati, quale ha cominciato la colletta fin dall'anno scorso. //
sia la vostra carità fraterna, accogliendo questi vostro zelo, o Corinti, ha provocato alla generosità
inviati colle maggiori dimostrazioni di stima e di moltissimi.
affetto, e dovete pure dimostrare che a ragione L'Apostolo si servì così dello zelo mostrato dai
noi ci siamo gloriati di voi, celebrando davanti a Corinti nel cominciare la colletta, per eccitare i
tutti le vostre virtù. Tutto il passo si potrebbe Macedoni alla generosità, e ora si serve della ge-
anche spiegare : Mostrate a questi inviati, e a nerosità dei Macedoni, per eccitare i Corinti a
tutte le Chiese colla generosità delle vostre ele- essere ancor essi generosi.
mosine, quanto sia grande la vostra carità, e come
3. Ho mandati questi fratelli, cioè Tito e i suoi
a ragione io Iodi le vostre virtù.
due compagni, affinchè il vanto che ci diamo di
voi, ossia l'elogioche facciamo della vostra carità,
non riesca vano, non sia cioè smentito dai fatti,
CAPO IX.
per questo lato, vale a dire in ciò che riguarda
questa colletta, e affinchè siate preparati.
1. In questo capo, l'Apostolo parla delle qua-
lità dell'elemosina (1-7) e dei frutti che essa pro- 4. Onde venuti che siano, ecc. Il greco va tra-
duce (8-15). Dapprima deve essere pronta (1-4). dotto onde se venissero con me, ecc. Dà la
:

Si introduce osservando come, giacché i Corinti ragione per cui devono essere preparati coll'aver
hanno mostrato col fatto di essere pronti a fare la terminata la colletta. / Macedoni che, per incarico
colletta, è cosa superflua il raccomandarla Moro. delle Chiese, mi accompagneranno a Gerusalemme
Tuttavia soggiunge di aver mandato presso di loro a portar le elemosine. Non abbiamo da arrossire,
Tito e due compagni, affinchè tutto sia pronto al vedendo smentite dal fatto le lodi che vi abbiamo
suo arrivo a Corinto, ed egli non abbia ad arros- tributate. Per questo lato, ossia in questo affare
sire dei Corinti davanti ai Macedoni. Intorno a della colletta, oppure, secondo altri, non abbiamo
questo ministero, ossia intorno alla colletta da farsi da arrossire (in hac substantia), cioè nella fiducia
per i poveri di Gerusalemme, della quale sono che abbiamo riposta in voi.
220 II Corinti, IX, 5-11

Camus vos) in hac substantìa. "Necessàrìum non abbiamo da arrossire noi (per non dir
ergo existimàvi rogare fratres, ut praevé- voi) per questo lato. ^Ho creduto perciò ne-
niant ad vos, et praéparent reproraissam be- cessario di pregare questi fratelli a venir
nedictiónem hanc paràtam esse sic, quasi prima da voi, e a preparare la benedizione
benedictiónem, non tamquam avaritiam. promessa, affinchè sia preparata come bene-
dizione, non come spilorcerìa.
•Hoc autem dico Qui parca seminai,
: "Ora dico così Chi semina con parsi-
:

parce et metet qui séminat in bene-


: et monia, mieterà parcamente e chi semina
:

dictiónibus, de benedictiónibus et metet. copiosamente mieterà copiosamente. ^Cia-


'Unusquisque prout destinàvit in corde suo, scuno dia come h*a stabilito in cuor suo, non
non ex tristitia, aut ex necessitate tiilarem : di mala voglia, o per necessità perchè Dio
:

enim datórem dìligit Deus. ama l'ilare donatore.


*Potens est autem Deus omnem gràtiam 'E Dio è potente per fare che voi abbon-
abundàre fàcere in vobis : ut in òmnibus diate di ogni bene talmente che avendo
:

semper omnem sufflciéntiam habéntes, abun- sempre in ogni cosa tutto il sufficiente, ab-
détis in omne opus bonum, "Sicut scriptum bondiate in ogni opera buona, 'come sta
est : Dispérsit, dedit paupéribus : iustitia scritto : Profuse, diede ai poveri : la giustizia
eius manet in saéculum saéculi. ^^ Qui au- di lui sussiste nei secoli dei secoli. "E
colui
tem adminìstrat semen seminanti : et panem che somministra la semenza a chi semina,
ad manducàndum praestàbit, et multiplicàbit darà ancora il pane da mangiare, e moltipli-
semen vestrum, et augébit incrementa fru cherà la vostra sementa, e accrescerà sem-
gum iustitiae vestrae "Ut in omnibus locu-
: pre più i proventi della vostra giustizia :

pletati abundétis in omnem -simplicitàtem, "affinchè divenuti ricchi in tutte le cose,

' Eccli. XXXV, 11 • Ps. CXI, 9.

5. Affine di non dovere arrossire né io, né voi, porali (8-11), e poi di quelli spirituali (12-15). Dio
ho pregato Tito e i due compagni a venire da voi è potente, ecc. Chi fa l'elemosina non deve temere
prima di me, e a condurre a termine la benedi- di impoverirsi, perché Dio é assai potente per far
zione (eiXoyiaq), cioè la colletta, così chiamata sì che quanto piìi darete, tanto più siate nell'ab-

perché dev'essere fatta con animo ilare. Promessa bondanza di ogni bene (gr. :racav Xàpiv) tempo-
da voi e da me. Affinchè possiate disporre le rale. Non si escludono però i beni spirituali e

vostre cose in modo che la colletta sia terminata specialmente la grazia. Dio darà loro quest'abbon-
al mio arrivo, e sia abbondante e mostri la vostra
danza in modo che, pure avendo il sufficiente
prontezza d'animo e la vostra liberalità e non già sempre (^ràvroTe) e in ogni cosa (èv wavrt), ab-
biano ancora di che mostrarsi generosi in ogni
la vostra avarizia. L'elemosina deve quindi essere
ancora ilare ed abbondante.
opera buona, cioè in ogni opera di beneficenza.
9. Sta scritto. Conferma quanto ha detto colle
6. si legge solo
Dico manca nel greco, dove
parole del salmo CXI, 9, citate secondo i LXX.
tomo questo poi. Tuttavia é chiaro che vi si
bé,
Il giusto profuse le sue ricchezze, come il semi-
deve sottintendere. La metafora del seminare e
natore sparge il grano, e le distribuì ai poveri, e
del mietere, è spesso usata nella Scrittura per
perciò meritò che la giustizia di luì, cioè la sua
indicare la relazione tra l'azione buona o cattiva
beneficenza nello spargere ricchezze, sussista sem-
dell'uomo e il premio o il castigo che l'attende
pre, ossia meritò di aver sempre da Dio di che
(Prov. XXII, 8; Gal. VI, ma S. Paolo la ap-
8),
poter soccorrere gli altri. Dei secoli, manca nel
plica relazione che vi è tra
qui, a significare la
greco.
l'elemosina e il premio eterno. Come il frutto .rac-
10. Prova la stessa verità argomentando dal-
colto é proporzionato alla quantità di ciò che si è
l'esperienza. In questo versetto, l'Apostolo allude-
seminato, così avviene pure dell'elemosina; chi
a Isaia, LV, 10. Quasi tutti i moderni, seguendo
dà poco riceverà poco, chi dà molto riceverà molto.
Teofilatto e Ecumenio, punteggiano diversamente
7. L'elemosina dev'essere fatta con gioia. Come il versetto : Colui che somministra la semenza a
ha stabilito, ecc. Poiché i Corinti avevano sempre chi semina e il pane da mangiare, darà ancora e
mostrato la buona volontà di fare la colletta (v. 2, moltiplicherà la vostra semente, ecc. L'argomento
e Vili, 10 e ss.), l'Apostolo suppone che ciascuno è più chiaro. Come Dio provvede al seminatore
di essi abbia fissato la somma che intendeva di non solo lasemenza, ma anche la messe, cioè il
dare, e quindi li esorta a dare questa somma non pane, così provvederà a voi non solo di che
di mala voglia o con tristezza, come gli avari che possiate far l'elemosina, ma moltiplicherà le vostre
credono di perdere ciò che danno agli altri, non sostanze, e farà crescere ancora l proventi della
per necessità, come chi dà per forza e non spon- vostra giustizia, cioè il premio meritato colle ele-
taneamente. Perocché Dio, ecc. Questa sentenza mosine.
appartiene ai Prov. XXI, 8, secondo i LXX. Essa 11. Affinchè... sfoggiate (ut... abundétis).Que-
manca nel ebraico e nella Volgata, ma in
testo ste due parole mancano nel greco dove si legge
quest'ultima si trova una' sentenza simile (Eccli. semplicemente essendo ricchi in tutte le cose, per
:

XXXV, 11). Dio ama e premia l'ilare donatore. ogni sorta di benignità, ecc. Le parole ogni sorta
8. Nei vv. seguenti, l'Apostolo passa a parlare di benignità, significano ogni opera di carità, fatta
dei fruiti dell'elemosina e dapprima di quelli tem- con rettitudine e semplicità, in modo da non cer-
II Corinti, IX, 11 — X, 1 221

quae operàtur per nos gratiarum actiónem sfoggiate in ogni sorta di benignità, la quale
Deo. per mezzo nostro produce rendimenti di
"Quóniam minìstérium hujus officii non grazie a Dio.
solum supplet quae desunt sanctis, sed
ea, "Infatti il servizio di questa sacra obbla-
étiam abùndat per multas gratiarum actiónes zione non solo supplisce al bisogno dei santi,
in Dòmino, "Per probatiónem minìstérii hu- ma ridonda eziandio in molti rendimenti di
ius, gloriflcàntes Deum in obediéntia confes- grazie al Signore, "mentre, facendo speri-
siónis vestrae inEvangélium Christi, et sim- mento (di voi) in questo servizio, danno
plicitàte communicatiónis in illos, et in om- gloria a Dio per la soggezione 5a voi pro-
nes, ^^Et in ipsórum obsecratióne prò vobis, fessata al Vangelo di Cristo, e per la (vostra)
desideràntium vos propter eminéntem grà- liberale comunicazione con essi e con tutti,
tiam Dei in vobis. "Gràtias Deo super ine- "e (ridonda) nelle loro orazioni per voi,
narràbili dono eius. amandovi quelli grandemente a motivo della
eminente grazia di Dio che è in voi. "Gra-
zie aDio per l'ineffabile suo dono.

CAPO X.

•S*. Paolo difende suo ministero. Autorità ricevuta di fiaccare ogni opposizione dei
il

suoi avversari, i-6. —È


pronto ad usare di questa autorità, y-ii. Egli —
no?t si usurpa questa autorità come fanno i suoi avversari, 12-18,

Mpse autem ego Paulus óbsecro vos per ^Ora io stesso Paolo vi scongiuro per la
mansuetùdinem, et modéstiam Christi, qui mansuetudine e modestia di Cristo, io che in
in fàcie quidem hùmilis sum Inter vos. faccia sono umile tra di voi, ma assente sono

care il proprio interesse, ma unicamente la gloria 14, Eridonda, ecc. Queste parole legano colla
di Dio e il vantaggio del prossimo (V. n. Vili, 2). fine del v. 12, o meglio colle parole danno gloria
Quest'opera di carità raccomandata, ossia la col- a Dio del v. 13, e indicano un altro frutto della
letta proposta, produce per mezzo nostro, ecc., carità che è quello delle preghiere, che i benefi-
perchè i poveri, ai quali porteremo le vostre of- cati fanno per i loro benefattori. I Cristiani di
ferte, si sentiranno eccitati a ringraziare Dio. Gerusalemme pregheranno quindi per voi e la loro
12. L'Apostolo
viene ora a parlare dei frutti riconoscenza ispirerà loro un sincero amore per
voi, a motivo dell'eminente grazia di Dio in voi,
spiritualidell'elemosina. Non solo reca vantaggio
ossia del favore che Dio vi ha fatto chiamandovi
ai ma contribuisce ad accrescere la gloria
fedeli,
di Dio. // servizio di qnesta sacra obblazione (n
alla fede. L'Apostolo accenna così a un terzo frutto
òiaxoYva xr\q ^eivovpyiac,). La parola Xeiroupyia, dell'elemosina proposta, che è quello di rendere
più stretti i vincoli tra le Chiese Giudee di Pale-
nel N. T., significa sempre una funzione sacra
(Lue. I, 23; Attti, XIII, 2; Rom. XV, 16; Filipp.
stina e leChiese composte di fedeli convertiti dal
paganesimo.
II, 17, 20; Ebr. VIII, 6; IX, 21, ecc.), e quindi
l'Apostolo, applicando questa parola all'elemosina, 15. La considerazione di tutti questi vantaggi
lascia comprendere che essa è come un sacrifizio strappa all'Apostolo un grido di riconoscenza a
offerto a Dio, e che i fedeli i quali la fanno, sono Dio. // dono ineffabile è lo stesso che la grazia
i ministri (òtàxovoi) di questo sacrifizio (Ebr. XIII, eminente del v. prec, e significa la vocazione dei
16). D'altra parte l'Apostolo fa risaltare il carat- Corinti alla fede, la loro obbedienza al Vangelo,
tere sacro dell'elemosina, dicendo che è ordinata della quale era frutto la colletta per i poveri di
a procurare ringraziamenti a Dio. Gerusalemme.
Spiega perchè molti saranno indotti a rin-
13.
graziar Dio. Facendo esperimento (di voi), ossia
venendo a conoscere, per propria esperienza, la CAPO X.
vostra virtiì in questo servigio, nel ricevere le
vostre elemosine, danno gloria a Dio per la sog- 1. Terminata l'esortazione per la colletta, San
gezione professata da voi al Vangelo, ossia per Paolo, nella terza parte della sua (lettera (X, 1-
l'obbedienza, colla quale avete abbracciato i pre- XIII, 10), riprende la sua apologia, assalendo di-
cetti e le massimeVangelo (Rom. I, 7), e per
del rettamente i suoi avversari. Nella prima parte
la liberale comunicazione, ecc., ossia per la retta aveva già confutate le loro calunnie, giustificando
intenzione che mostrate nel fare le vostre ele- con calma la sincerità della sua condotta, e il suo
mosine, non solo con essi poveri di Gerusalemme, carattere di Apostolo. Si poteva temere però, che
ma con tutti ì fedeli poveri. Non vi ha cosa tanto i neofiti avessero di nuovo a essere vittime di
raccomandata nel Vangelo quanto la carità fra- questi pseudo apostoli Giudaizzanti, i quali, pog-
terna, e da essa si conosce se in un cuore vi è il giandosi su certe lettere di alcuni personaggi molto
vero anror di Dio (I Giov. IV, 20; I Cor. XIII, 1). conosciuti (III, 1), cercavano in tutti i modi dì
222 II Corinti, X, 2-6

absens autem confido in vobis. ^Rogo autem ardito con voi. ^Vi supplico adunque che es-
vos ne praesens àudeam per eam confidén- sendo io presente non abbia ad agire ardi-
tiam, qua existìmor audére in quosdam, qui tamente con quella franchezza, per la quale
arbitràntur nos tamquam secùndum carnem sono creduto ardito, contro certuni, i quali
ambulémus. fanno concetto di noi, quasi camminassimo
secondo la carne.
'In carne enim ambulàntes, non secùn- 'Poiché camminando noi nella carne, non
dum carnem militàmus. *Nam arma milìtiae militiamo secondo la carne. ^Infatti le armi
nostrae non carnàlìa sunt, sed poténtìa Deo della nostra milizia non sono carnali, ma
ad destructiónem munitiónum, Consilia de- potenti in Dio a distruggere le fortezze, di-
struéntes, ^Et omnem altitùdinem extoUén- struggendo noi le macchinazioni, °e qualun-
tem se advérsus sciéntìam Dei, et in capti- que altura che si innalza contro la scienza
vitàtem redigéntes omnem intelléctum in ob- di Dio, e conducendo in servaggio ogni in-
séquium Christi, ^Et in promptu habéntes telletto all'ubbidienza di Cristo, "ed essendo
ulcisci omnem inobediéntiam, cum impléta preparati a prender vendetta di ogni disubbi-
fuerit vestra obediéntia. dienza, quando sarà perfezionata la vostra
ubbidienza.

screditare l'autorità di S. Paolo, e mettevano in del suo ministero di Apostolo, si lasci guidare da
pericolo la stessa esistenza della Chiesa. Perciò considerazioni umane (Cf. I, 8, 17). San Paolo
l'Apostolo, in quest'ultima parte della sua lettera, ama spesso di paragonare l'Apostolato a una mi-
smaschera apertamente la loro ipocrisia, fa notare lizia, e considerare se stesso come un soldato for-
con ironia le loro calunnie e le respinge con una nito di ottime armi, che deve combattere per la
forza e un'eloquenza incomparabile. In nessuna propagazione e la difesa del Vangelo (VI, 6; I
pagina delle epistole sì rivela meglio che in questa Tess. V, 8; I Tim. I, 18; II Tim. Il, 3, ecc.).
il carattere di S. Paolo. Nei vv. 1-18, l'Apostolo 4-5. Prova che non secondo la carne, mo-
milita
rivendica tutto il suo potere di Apostolo comin- strando quali siano le armi che egli adopera nel
ciando coU'ossiervare che egli saprà bene fiaccare combattimento. Non sono carnali, cioè deboli, come
ogni opposizione dei suoi avversarii (1-6). dovrebbero essere se fossero umane, ma sono po-
Vi scongiuro, ecc. L'Apostolo si alza fieramente tenti, cioè forti di una fortezza ricevuta da Dio
davanti ai suoi nemici, e tenta un supremo sforzo (in Dio). Armi carnali sono tutte le male arti, che
per ridurli a migliori sentimenti. Vi scongiuro a si dicevano adoperate dall'Apostolo per falsificare
non costringermi a usare del potere che ho come il Vangelo e trarre in inganno ì fedeli. Armi spiri-

Apostolo. Per la mansuetudine e modestia (greco tuali sono invece tutti quei doni che egli aveva
èjcieixeiaq = clemenza). Gesù fu pieno di dolcezza ricevuto da Dio, affine di essere degno ministro del
e di clemenza (Matt. XI, 29, 30; Is. LII, 2 e ss.), Vangelo. Queste armi spirituali furono date per
e tale voglio pure essere io nel reprimere la vostra distruggere le fortezze (gT.òXvpò}iaToìv = cittadelle),
audacia, perciò non comincio coll'atterrirvi, ma ossìa tutto ciò che sì oppone alla propagazione del
collo scongiurarvi. Io che in faccia, ecc. Queste Vangelo. L'Apostolo spiega subito quali siano le
parole che sulla bocca di Paolo sono una fina fortezze che deve distruggere. Esse sono le mac-
ironia, rappresentano una delle accuse che i Giu- chinazioni (greco XoYtonovi;), ossia tutti i disegni
daizzanti muovevano all'Apostolo. Dice adunque :
formati dall'umana sapienza per opporsi alla pre-
Io stessa Paolo, io che voi dite che in faccia, cioè dicazione e alla propagazione del Vangelo, e poi
quando mi trovo in mezzo di voi, sono umile, e ogni altura (gr. vibcofia = vallo) ; ogni orgoglio dello
solo quando mi trovo lontano sono pieno di ardi- spirito umano, che cerca dì innalzarsi contro la
mento con voi, io vi scongiuro. L'Apostolo ha scienza di Dio, cioè contro la dottrina da Dio rive-
lasciato la persona plurale per parlare piiì libera- lata (Cf. I Cor. I, 19; III, 19). Conducendo, ecc.
mente in nome proprio e dare più vivacità alla sua Ecco il risultato di questa lotta. Dopo aver distrutte
apologia. le cittadelle e ì valli, vien fatto prigioniero il
2. Vi supplico. L'Apostolo termina la frase la- nemico che di essi sì serviva.
sciata sospesa nel versetto precedente. Dopo aver L'intelletto (vórnua) che, allettato dagli alletti car-
scongiurato, supplica i suoi avversari a non costrin- nali, si ribella a Dio, viene fatto prigioniero in
gerlo a mostrarsi, quando sarà presente, così ar- modo che si sottometta a Gesù Cristo, e osservi
dito, come essi vanno dicendo che è, quando si tutti i suoi precetti. La vera fede non consiste solo

trova assente. Contro certuni. L'Apostolo non nell'atto dell'intelletto, ma importa anche la sog-
vuole far sentire il peso della sua autorità a tutti, gezione della volontà e perciò l'Apostolo dice, che
ma solo a certi spiriti protervi, ì quali lo riguar- vuole assoggettare ogni intelletto all'obbedienza di
dano come se egli camminasse secondo la carne, Cristo.
ossia si lasciasse dirigere nelle sue azioni non già 6. Se alcuni però ricuseranno di sottomettersi a
dallo Spirito dì Dio, ma dall'egoismo e da basse Cristo, ma vorranno restare nella ribellione, l'Apo-
passioni (Rom. Vili, 4). stolo userà contro di essi in altro modo delle armi
3. L'accusa era gravissima, e l'Apostolo subito che gli sono affidate. Le parole dell'Apostolo sono

passa a rigettarla. Egli pone una distinzione. Se ora in modo speciale dirette contro i Corinti. Egli
è vero che egli cammina'ne//a carne nel senso che considera la loro Chiesa come una cittadella, in cui
è un uomo mortale, e porta con sé una carne si sono chiusi ì suoi avversarii, e che egli ha il

guasta dal peccato (I Cor. Il, 13; Gal. Il, 20; dovere di espugnare, per farvi regnare solo Gesù
Filipp. I, 22), è falso però assolutamente che mì- Cristo. Contro quelli che non vogliono arrendersi,
liti secondo la carne, ossia che, nell'adempimento egli è pronto a procedere con ogni severità, sepa-
II Corinti, X, 7-12 223

^Qtjae secùndum fàciem sunt, vidéte. Si ^Badate all'apparenza. Se taluno dentro dì


quis confidit sibi Christi se esse, hoc cógi- sé confida di essere di Cristo, pensi altresì
tet iterum apud se quia sicut ipse Christi
: dentro di sé, che com'egli è di Cristo, così
est, ita et nos. ^Nam,
et si àmplius àliquid anche noi. ^Poiché quand'anche mi gloriassi
gloriatus fùero de potestàte nostra, quam un poco più della nostra potestà, che il Si-
dedit nobis Dóminus in aedificatiónem, et gnore ci ha dato per vostra edificazione, e
non in destructiónem vestram non eru- : non per distruzione, non ne arrossirei.
béscam.
'Ut autem non existimer tamquam terróre ^Ma affinché io non sia creduto come se
vos per epistolas "Quóniam quidem episto-
: volessi spaventarvi colle lettere "infatti le :

lae, inquìunt, prae-


graves sunt et fortes : lettere (dicono essi) sono gravi e forti ma :

séntia autem córporis infirma, et sermo con- la presenza del corpo è meschina, e il di-
temptibilis : ^^Hoc cógitet qui eiusmodi est, scorso non vai nulla "pensi chi dice così,
:

quia quales sumus verbo per epistolas ab- che quali siamo a parole per lettera in as-
séntes, tales et praeséntes in facto. senza, tali ancora (siamo) ai fatti in pre-
senza.
^^Non enim audémus insérere, aut compa- ^"Perocché non abbiamo ardire di ugua-
rare nos quibùsdam, qui seipsos commén- gliarci, di paragonarci con certuni, i quali

randoH anche dalla comunione dei fedeli, se sarà corpo il suo modo di agire è fiacco e debole. Al-
necessario. Non potrà però venire a una tale deci- cuni però credono che qui si alluda alla costitu-
sione, se non quando i Corinti, che hanno tenuto zione fisica dell'Apostolo, che sarebbe stata debole.
dietro alle loro calunnie e alle loro false dottrine, Ma la prima spiegazione è da preferirsi. // suo di-
siano tornati a ubbidire in tutto e per tutto a scorso non vai nulla, ossia è rozzo e incolto. La
Gesù Cristo. calunnia era stata occasionata dal fatto, che quando
7. L'Apostolo annunzia ora che, nella sua pros- San Paolo andò la prima volta a Corinto, si tro-
sira visita, userà, se sarà necessario, ogni severità
vava in uno stato di debolezza, di timore e di tre-
(7-11). Comincia col rivendicare a se stesso tutti i
more, e aveva usato un modo di predicare umile
poteri dell'Apostolo (7, 8). 'Badate all'apparenza; e semplice, astenendosi dall'insegnare dottrine alte
(I Cor. II, 3 e ss. ; III, 1 e ss.), e quando vi si recò
ossia giudicate pure dalle cose secondo la loro ap-
la seconda volta era pieno di tristezza, e dovette
parenza estecaa, e vedrete che saprò mandare ad
effetto le mie minacele. Ciò che sto per dire è così
agire con grande misericordia affine di non atter-
rire i neofiti (II, 1).
chiaro, che a voi sarà facile vedere la falsità di
quanto i Giudaìzzanti dicono di me. Se taluno, ecc. 11. Pensi, ecc. Ripiglia la frase del v. 9, inter-
Se questi falsi dottori si vantano di essere di rotta dalla parentesi. Tali ancora siamo, e sapremo
Cristo, cioè di essere Apostoli e ministri di Cristo, mostrarci energici e severi contro i vizi e contro i

e propagatori del suo Vangelo, devono riconoscere peccatori, mandando ad effetto le nostre minacele,
che anche noi siamo tali. senza timore di alcuno (XIII, 3).

8. Quand'anche, piià quel che abbia fatto


di 12. Nei vv. 12-18 vedere, che se egli si gloria
fa
(vv. 3-6), io mi gloriassi della potestà avuta da Dio, del potere ricevuto, non si gloria però di un potere
non ne arrossirei, come farebbe un mentitore che usurpato, come fanno invece i suoi avversari. Co-
si attribuisce poteri che non ha. L'Apostolo lascia mincia con fina ironia dicendo, che egli non osa di
subito così comprendere, che la sua potestà è ben uguagliarsi o paragonarsi (èyxpTvai r\ aviyKp\\ai)
superiore a quella dei suoi avversarli. Nello stesso con certuni dei suoi avversari pieni di iattanza e
tempo fa conoscere a quale fine egli abbia ordinata di vanità, i quali si celebrano, ossia si lodano da
la potestà ricevuta, ne ha usato per edificazione, se stessi. Alla loro superbia ed arroganza oppone
ossia per innalzare in Corinto un bel edifizio spi- il suo modo di procedere, umile e sincero, anche
rituale al Signore (I Cor. Ili, 9, 10, 16), e non già quando è costretto a parlare dì se stesso e In
per distruzione, ossia per distruggere l'opera di propria lode. Noi non ci facciamo maggiori di
Dio, come fanno i falsi dottori. Gli Apostoli hanno quello che siamo, né pensiamo di noi medesimi
ricevuto il potere di distruggere tutto ciò che si più di quel che sia la verità, ma ci conteniamo
oppone all'edificazione del tempio di Dio (v. 4), sempre nei debiti limiti, e ci stimiamo per quello
ma non già di distruggere il tempio edificato. che siamo. Tale è il senso della Volgata. Ma i
codici greci B K E K L P, ecc., i Padri e le versioni
9. Fa vedere che di presenza saprà essere se-
itala, siriaca, copta, armena, ecc., hanno una lezione
vero tanto quanto lo è nelle sue lettere (9-11).
assai diversa : ma essi misurando se stessi con
Affinchè, ecc. Ritorna a confutare la calunnia del
se stessi e, paragonando se stessi con se stessi,
versetto 1. Con le lettere. L'Apostolo aveva già
non intendono, ossia danno in follìa. Questa le-
scritto due volte ai Corinti (I Cor. V, 9).
zione è generalmente preferita dagli esegeti ed è
10. Questo versetto, che costituisce una paren- voluta dal contesto. San Paolo continua a discor-
tesi, riferisce, colle stesse parole dei falsi dottori, rere della vanità dei suoi avversri. Questi stimano
la calunnia sparsa da loro contro S. Paolo. Le let- se stessi così grandi, come se non avessero alcuno
tere sono gravi e forti, cioè energiche e severe, e a loro superiore con cui potersi paragonare. Non
non risparmiano il vizio e infliggono pene ai pec- essendo stati mandati da Dio, mancano di una
catori. La presenza del corpo è meschina. Queste norma oggettiva per giudicare di se stessi e delle
parole, secondo migliori interpreti, non vogliono
i loro azioni, e quindi misurano se stessi con se
dir altro che questo quando egli è presente di
: stessi, ossia pigliano come norma dei loro giudizi
224 II Corinti, X, 13-17

dant sed ipsi in nobis nosmetipsos metién-


: si celebrano da loro stessi ma noi misu-
:

comparàntes nosmetipsos nobis. ^^Nos


tes, et riamo noi con noi medesimi, e con noi me-
autem non in imménsum gloriàbimur, sed desimi ci paragoniamo. "Noi però non ci
secùndum mensùram régulae, qua mensus glorieremo fuor misura, ma nei limiti della
est nobis Deus, mensiiram pertingéndi usque regola che Dio ci ha dato come misura, mi-
ad vos. sura che arriva sino a voi.
^*Non enim quasi non pertingéntes ad vos "Poiché non ci stendiamo oltre i limiti
superexténdimus nos usque ad vos enim : come se non fossimo arrivati sino a voi :

pervénimus in Evangélio Christi. "Non in infatti siamo pure arrivati sino a voi col
imménsum gloriàntes in aliénis labóribus : Vangelo di Cristo. "Non gloriandoci fuor
spera autem habéntes crescéntis fidei ve- misura nelle altrui fatiche ma sperando che
:

strae, in vobis magnificàri secùndum régu- crescendo la vostra fede, saremo tra voi
lam nostram in abundàntiam, "Etiam in ingranditi ampiamente nella nostra misura,
illa,quae ultra vos sunt, evangelizàre, non "porteremo il Vangelo anche nei luoghi che
in alièna régula in iis quae praeparàta sunt sono di là da voi, senza gloriarci di ciò che
gloriàri. è coltivato dentro la misura assegnata ad
altri.

*^Qui autem gloriàtur, in Domino glori é- ^^Per altro chi si gloria, si glorii nel Si-

" Eph. IV, 7. " Jer. IX, 23; I Cor. I, 31.

la loro vanità, attribuendosi i lavori degli altri La prova che non ci usurpiamo quello che non ci
(v. 16), Facendo così, non intendono, ossia
ecc. spetta, sta nel fatto che noi siamo arrivati tra voi,
danno in follìa e sono ciechi, e il loro giudizio per e a Corinto abbiamo esercitato il nostro ministero,'
conseguenza è falso. Tale è il senso del greco où e abbiamo predicato Gesù Cristo, e a noi siete
avviàaiv, come sì ricava anche da Matt. XV, 16; voi debitori della vostra conversione (I Cor. IV,
Marco Vili, 17. La ripetizione nel testo del pro- 15; IX, 1-2, ecc. Cf. anche III, 2 e ss.).
nome se stessi, descrive mirabilmente la follìa di 15. Il V. 14, essendo come una parentesi, l'Apo-
tali avversari, occupati unicamente a vantarei loro
stolo ripiglia ora il pensiero del v. 13. Egli non si
titoli e ad acquistarsi il favore degli uomini.I co-
gloria fuori misura attribuendosi le fatiche degli
dici D
F G, omettono le parole non intendono, e altri, come fanno i suoi avversari, ma si gloria
al V. 13 noi però, ma i critici rigettano questa solo delle sue proprie fatiche. Siccome però egli
lezione. sa che il suo campo di azione si estende ben oltre
13. Noi però, veri Apostoli in opposizione a Corinto, così spera che, crescendo e rassodandosi
questi falsi dottori, non ci gloriamo fuor misura, sempre più la loro fede, essi non avranno più
usurpandoci quel che non ci spetta, e vantandoci bisogno di lui, ed egli potrà allora spingersi ad
dei lavori degli altri, ma ci gloriamo nei limiti della altre conquiste, cioè predicare il Vangelo ad altri

regola, o meglio del campo di azione che ci ha popoli, pur rimanendo nel suo campo di azione.
dato il Signore. Il greco xavóvoq, corrispondente a Ciò vuol dire l'Apostolo quando scrive : saremo
regola, significa, in senso proprio, la canna o la ingranditi ampiamente nella nostra misura (regola)
corda che usava per misurare, e, in senso figu-
si (Cf. V. 13). Le parole tra di voi indicano che l'Apo-
rato, lo misurato. S. Paolo aveva avuto
spazio stolo voleva fare di Corinto come un centro di
segnato dal Signore il suo campo di azione. Egli irradiazione, da cui partire per le diverse missioni.
era l'Apostolo dei gentili (Rom. XI, 13; Gal. I, 16; Tale è la migliore spiegazione di questo versetto.
II, 7; Efes. Ili, 8, ecc.), e Dio era talvolta inter- Ved. Cornely, h. 1.
venuto con prodigi, per determinargli i popoli che 16. Anche nei luoghi, ecc. L'Apostolo ardeva dal
doveva evangelizzare (Atti XVI, 6-8; Rom. XV, 18, desiderio di far conoscere a tutti Gesù Cristo, tut-
19; I Cor. II, 3 e ss.), e colla sua grazia aveva tavia egli si era imposto questa legge, di non pre-
sempre rese feconde le fatiche da lui sostenute dicare là dove avessero predicato altri, perchè non
nella predicazione del Vangelo. Ciò era una prova voleva fabbricare sul fondamento posto dagli altri,
evidente, che egli non era uscito fuori del campo né invadere il campo ad altri assegnato, e neppure
assegnatogli da Dio. La misura del campo di azione gloriarsi delle fatiche degli altri (Ved. n. Rom. XV,
dell'Apostolo arriva anche a Corinto, la cui Chiesa 22 e ss.).
doveva riconoscere in lui il suo fondatore. San
solamente di ciò che ha fatto nel
17. Gloriandosi
Paolo dicendo di non volersi gloriare se non di ciò
campo assegnatogli da Dio, egli non ne attribuisce
che ha fatto nel campo affidatogli da Dio, biasima
a sé il merito, ma a Dio; il quale non solo l'ha
severamente la temerità dei suoi avversari, i quali
chiamato e formato all'apostolato, ma colla sua
si erano intrusi a Corinto e pretendevano di farla
grazia ha rese feconde le sue fatiche. Perciò sog-
;

da padroni, come se essi avessero ivi fondata la


giunge, citando liberamente alcune parole di Ge-
Chiesa.
remia (IX, 23. Ved. n. I Cor. I, 3\). Chi sì gloria,
14. gloriamo della vostra Chiesa, non
Se noi ci ossia chi possiede alcuna cosa si glorii nel Signore,
ci stendiamo oltre i limiti del nostro campo di cioè riconosca di averla ricevuta dal Signore, e non
azione, come avverrebbe nel caso che non fossimo ne attribuisca il merito a se stesso, ma ne renda
arrivati sino a voi, cioè non l'avessimo fondata noi grazie a Dio, senza di cui non possiamo fare ai-
stessi. Poiché noi siamo arrivati sino a voi, cec. cuna cosa di bene (I Cor. XV, 9 e ss. ; Ciac, l, 17).
II Corinti, X, 18 — XI, 3 225

tur. ^'Non enim qui seipsum comméndat, gnore. ^^Non è infatti provato chi com-
iiìeprobàtus est sed quem Deus com-
: merxda se stesso : ma quegli che Dio com-
méndat. menda.

CAPO XI.

S. Paolo si scusa di dover parlare di se stesso, i-6, — Disinteresse portato nei


suo ministero 7-15. y
—/ sicoi lavori apostolici e le sue tribolazioni, 16-33,

^Utinam sustinerétis módicum quid insi- ^Dio volesse che sopportaste per un po-
pìéntiae meae, sed et supportate me ^Ae- : chino la mia stoltezza, ma pure sopporta-
mulor enim vos Dei aemulatióne. Despóndi temi ^perchè io sono geloso di voi per zelo
:

enim vos uni viro virginem castam exhibére di Dio. Poiché vi ho sposati per presentarvi,
Christo. ^Tìmeo autem ne sicut serpens qual pura vergine, a un solo uomo, a Cristo.
Hevam sedùxit astùtia sua, ita corrumpàntur ^Ma io temo che siccome il serpente con la

« Gen. III. 4.

18. San Paolo aveva osservato sempre la legge ma voi mi sopportate, non ho bisogno di far questo
predetta, non così i falsi dottori, i quali, senza voto. Dio volesse, ecc.
alcuna missione, si erano gettati sulle Chiese da 2. Sono geloso, ecc. Mostra che se vuole essere
altri fondate a seminarvi la discordia e la ribel- sopportato dai Corinti nell'elogio che sta per fare
lione. Essi vantavano i loro meriti, ma l'Apostolo di sé, non è già perchè egli cerchi la sua gloria,
osserva che la propria lode non è prova che uno ma unicamente perché vuole la loro salute, e che
sia vero Apostolo approvato da Dio, ma quegli è siano lontani da ogni pericolo di seduzione. La
vero Apostolo, che Dio stesso raccomanda, me- gelosia è un amore ardente, che non può soffrire
diante le buone opere che compie per mezzo del che altri ami ciò che esso ama. L'amore dell'Apo-
suo ministero. Da queste opere si conosce se stolo verso i Corinti è tale, da non poter soffrire
l'Apostolo è retto e governato da Dio, oppure che essi abbiano relazioni coi falsi apostoli, costi-
dalle proprie passioni. tuendo ciò un grave pericolo per la loro fede. Per
zelo di Dio. Risponde meglio al greco e al latino
la traduzione sono geloso di una gelosia di Dio,
:

CAPO XI. cioè di una gelosìa simile a quella che Dio aveva
per il popolo d'Israele, ed ha attualmente per il
1. Non bastava a S. Paolo, avere finora contro i
popolo cristiano. Le alleanze contratte da Dio con
suoi avversari rivendicata la sua autorità aposto- Israele e col popolo cristiano vengono, nella Scrit-
lica, egli voleva confonderli e smascherarli piena-
tura, paragonate a uno sposalizio, nel quale Dio si

mente, affinchè non potessero pili nuocere. A tal mostra così geloso, che non può soffrire alcun ri-
vale, ma vuole essere solo a regnare (Is. L!V, 2
fine, con un'eloquenza incomparabile, usando però
di tutte le precauzioni oratorie, egli stabilisce un
e ss.; LXII, 5; Gerem. III, 1 e ss. Ezech. XVI,
;

parallelo tra sé e i suoi avversari, mostrando di 8 e ss. Osea II, 19; Zac. I, 14 e ss.; Vili, 2
;

quanto sia loro superiore e quanto essi siano in- e ss.; Efes. V, 25).
degni di quella stima e di quella venerazione che Dacché vi ho sposati, ecc. S. Paolo paragona
godono presso alcuni neofiti. Comincia col doman- qui Gesù Cristo a uno sposo (Matt. IX, 15; XXV,
1 e ss.; Giov. Ili, 23; Rom. VII, 4; Efes. V, 25;
dare scusa del dover elogiare se stesso (1-6), poi
parla del suo disinteresse nell'esercizio del mini- Apoc. XIX, 7 e ss.), e la Chiesa di Corinto a una
stero (7-15), dei suoi lavori apostolici e delle sue sposa egli poi è il paraninfo, che ha trattato la
;

tribolazioni (16-33), dei favori divini accordatigli questione dello sposalizio. Convertendo i Corinti
(XII, 1-10), infine chiede nuovamente scusa e ri- alla fede egli li ha fidanzati con Gesù Cristo, il

sponde a qualche altra calunnia dei suoi avversari quale verrà, aila fine dei tempi, a celebrare le
(XII, 11-18). nozze. Nel frattempo, l'Apostolo deve invigilare
Dio volesse, ecc. Avendo detto (X, 18) che è da sulla Chiesa di Corinto, affine di allontanare da
stolto il lodare se stesso, e vedendosi ora obbligato
essa ogni pericolo di seduzione, in modo da po-
a fare il proprio elogio, sia per difendersi dalle terla poi presentare allo sposo Gesù, come una

calunnie dei suoi nemici, e sia per evitare gravi vergine pura. Si osservi che l'Apostolo parla qui
di una Chiesa particolare, la quale in conseguenza
danni spirituali ai Corinti, sente il dovere di scu-
sarsi qualificando il suo racconto di stoltezza. può essere sedotta e trascinata all'errore e all«
Per un pochino, cioè per breve tempo, oppure perdizione, non già della Chiesa universale.
secondo i migliori codici greci che sopportaste un
: 3. Temo. Questo timore, tutt'altro che irragio-
po' di stoltezza da parte mia. Ma pure sopporta- nevole, rendeva l'Apostolo geloso. Eva, la madre
temi. Il greco dvéXecOe, può essere tradotto col- dei viventi, fu sedotta mentre era ancora vergine
l'imperativo, come si ha nella Volgata, ma po- (Gen. Ili, 1 e ss.), così vi è pericolo che la Chiesa
trebbe pure essere un indicativo, come pensano i vergine di Corinto sia sedotta. Siano corrotti i
Padri greci. L'Apostolo in questo caso direbbe : vostri sensi (gr. tu vonuara. Cf. II, 11), cioè i

15 Sacra Bibbia, voi. II-


226 II Corinti, XI, 4-7

sensus vestrì, et éxcidant a sìmplicìtàte, quae sua scaltrezza sedusse Eva, così non siano
est in Christo. *Nam si is, qui venìt, àlium corrotti i vostri sensi, e decadano dalla sem-
Christum praedicat, quem non praedicàvi- plicità che è in Cristo. *Se invero chi viene
mus, aut àlium spiritum accipitis, quem non predica un altro Cristo non predicato da noi :

accepistis aut àliud Evangélìum, quod non


: se ricevete un altro Spirito, che non avete
recepistis : recte paterémini. ricevuto : o un altro Vangelo che non avete
abbracciato : a ragione lo sopportereste.
'Existimo enim nìhil me minus
fecìsse a ^lo però mi penso di nulla aver fatto di
magnis Apóstolis. °Nam etsì imperitus ser- meno dei grandi Apostoli. "Poiché quan-
móne, sed non sciéntia, in omnibus autem tunque rozzo nel parlare, non lo sono però
manifestati sumus vobis. nella scienza ma siamo interamente cono-
:

sciuti da voi.

^Aut numquid peccàtum feci, me ipsum ^Peccai forse quando umiliai me stesso per
iiumilians ut vos exaltémini? quóniam gra- esaltare voi ? quando vi annunziai il Vangelo

vostri pensieri, o meglio, le vostre menti, dalle II, 9) colonne della Chiesa. I moderni però, riten-

perverse dottrine che spargono i falsi apostoli. E gono comunemente che l'Apostolo intenda invece
decadano. Queste parole mancano nel greco, ma parlare dei falsi dottori, i quali si vantavano, attri-
spiegano bene il senso. Dalla semplicità, ossia da buendosi meriti e opere che non avevano. Le pa-
quella purezza e semplicità di fede, che è in Cristo role .dell'Apostolo hanno infatti un sapore ironico
(gr. verso Crìsto), colla quale cioè devono stare e mordace, e non potrebbero essere applicate ai
uniti a Gesiì Cristo. Si osservi come alla scal- veri Apostoli; d'altra parte in tutto il contesto si
trezza del serpente e dei falsi apostoli, opponga parla sempre dei falsi dottori, e, solo riferendosi
la semplicità e la purezza della fede. ad essi, S. Paolo proclama di non essere in nulla
inferiore a loro (Cf. v. 13).
4. Prova col fatto che il suo timore non è vano,
biasimando ironicamente la leggerezza con cui l 6. Quantunque rozzo, ecc. L'Apostolo sa che !
Corinti avevano prestato ascolto ai nuovi e falsi suoi avversarli lo superano in quell'eloquenza
maestri. Se chi viene da voi, come maestro, pre- pomposa, che tanto piaceva ai Gréti, e comincia
dicasse un altro Cristo (gr. Gesù), diverso e più subito col far loro questa concessione, affine di
grande di quello da noi predicato, o se alla sua potere con maggior fierezza rivendicarsi tutte quelle
predicazione riceveste un altro Spirito e altri doni qualità, che costituiscono veramente l'Apostolo.
superiori a quelli ricevuti alla nostra predicazione, Rozzo nel parlare iiò\&xr\Y t$ XóYcp. Cf. I Cor.
o vi annunziasse un Vangelo più sublime di quello II, 1 e ss.). Queste parole non vogliono già dire
da noi annunziato, a ragione lo sopportereste, cioè che San Paolo non conoscesse bene la lingua
ascoltereste le sue parole. Siccome però non è greca, o non fosse eloquente, ma solo che non
così, ma uno solo è il Cristo, uno solo lo Spirito, possedeva quell'eloquenza vana e leggiera, di cui
uno solo il Vangelo, senza ragione alcuna avete abusavano i suoi avversarii per predicare il Van-
abbandonato i miei insegnamenti, per correr dietro gelo. Egli non voleva ricorrere agli artifizi umani,
a tali falsi dottori. Tale è la spiegazione che danno ma annunziava il Vangelo in tutta la sua sempli-
comunemente gli antichi. I moderni però spiegano cità (I Cor. II, 1, 4). Nella scienza, cioè nella pro-
diversamente. Io, dice l'Apostolo, v. 3, ho tutta fonda cognizione delle verità divine, il che costi-
ragione di temere di voi, perchè se uno pseudo tuisce la prima condizione del vero Apostolo,
apostolo viene da voi, e vi predica alcune cose di chiamato ad ammaestrare gli altri. I Corinti pos-
Cristo, che io non vi ho predicato, e vi dice che i sono confermare la verità di quanto ha detto, per-
fedeli convertiti dagli altri Apostoli, hanno ricevuti chè egli è interamente (gr. èv jravn... èv Tiàcxr
doni superiori ai vostri, o vi insegna che il Van- = in tutto e per tutto) conosciuto da loro. Tutte
gelo annunziato dagli altri Apostoli, contiene altre le azioni dell'Apostolo, sia prese isolatamente, sia
condizioni di salute oltre quelle che noi abbiamo considerate nel loro complesso, sono ben note ai
predicato, voi lo sopportavate àvei'Xecjee. Invece df Corinti, ed essi possono quindi attestare che egli
dire lo sopportate usa l'imperfetto per far vedere non mentisce nelle sue affermazioni.
che egli crede che ora le cose non siano più così. 7. Comincia ora a parlare del suo grande disin-
Le parole a ragione (xaXcò<;) vanno prese in senso teresse mostrato a Corinto nell'esercìzio del suo
ironico. Quest'ultima spiegazione risponde meglio ministero (7-15). Come vero Apostolo, egli avrebbe
al contesto.
avuto diritto di essere mantenuto dai fedeli, tut-
5. Se veramente questi falsi maestri fossero sfati tavia a Corinto non volle mai usarne, affine di
superiori a S. Paolo, e avessero predicato un Van- ottenere da Dio un premio maggiore (I Cor. IX,
gelo più sublime, i Corinti avrebbero avuto ragione 1-18). I falsi dottori invece, non solo si facevano
di sopportarli. Ma la cosa non è così, e l'Apostolo, lautamente mantenere dai fedeli (v. 20 e I Cor.
proponendo il suo tema, afferma risolutamente che IX, 12), ma rimproveravano a S. Paolo il suo
egli è per nulla inferiore a loro, anzi tutti li modo di agire, come indegno di un Apostolo. Egli
supera di Mi penso di nulla aver fatto
gran lunga. perciò domanda sdegnato davanti a tanta perfidia :
di meno. Nel greco legge : io rrd penso di essere
si Ho forse commesso un peccato, cioè un'azione
stato in nulla inferióre a quelli che sono sovra- indegna del Vangelo, facendo così? Umiliai me
modo apostoli. Pensano alcuni che, colle parole stesso, lavorando colle mie mani e soffrendo priva-
quelli che sono sovramodo apostoli (grandi apo- zioni di ogni sorte, per esaltare voi, ossia per farvi
stoli), S. Paolo voglia alludere ai veri Apostoli salire dall'abisso dell'idolatria e del peccato alle
Pietro, Giacomo e Giovanni, chiamati altrove (Gal. altezze della fede e della santità cristiana.
II Corinti, XI, 8-14 227

tis Evangélrum Dei evangelizàvi vobis? di Dio gratuitamente? ^Spogliai altre Chiese,
*Alias Ecclésias expoliàvi, accipìens stipén- tirandone lo stipendio per servire a voi. ®E
dium ad ministérium vestrum. 'Et cùm stando presso di voi, ed essendo in bisogno,
essem apud vos, et egérem nulli onerósus ; non fui di aggravio a nessuno perchè a :

fui nam quod mihi déerat supplevérunt


: quello che mi mancava supplirono i fratelli
fratres, qui venérunt a Macedonia et in : venuti dalla Macedonia e non vi ho recato
:

omnibus sine onere me vobis servavi, et aggravio in alcuna cosa, né ve lo recherò.


servàbo. ^°Est véritas Christi in me, quó- ^"La verità di Cristo è in me, che non mi
niam haec gloriàtio non infringétur in me in sarà rapito questo vanto nei paesi dell'Acaia.
regiónibus Achàiae. ^^QuarePquia non diligo ^^E per qual motivo? Perchè non vi amo?
vos? Deus scìt. Lo sa Dio.
"Quod autem
fàcìo, et fàciam ut àm- : "Ma quello che io fo, lo farò tuttora, af-
putem occasiónem eórum, qui volunt occa- fine di troncar l'occasione a quelli, che desi-
siónem, ut in quo gloriàntur, inveniàntur derano un'occasione, affinchè siano trovati si-
sicut et nos. "Nam
eiùsmodi pseudoapóstoli, mili a noi in ciò di cui si gloriano. ^'Questi
sunt operarli sùbdoli, transfiguràntes se in tali infatti sono falsi apostoli, operai fìnti che
apóstolos Christi. "Et non mirum ipse : si trasfigurano in apostoli di Cristo. ciò "Né

un iperbole che fa meglio risaltare


8. Spogliai, è l'Apostolo non si ferma più a confutare questa
il completo disinteresse, che l'Apostolo aveva calunnia, ma si appella semplicemente alla scienza
mostrato a Corinto, e la ripugnanza che provava a di Dio, il quale penetra nel più segreto del cuore.
ricevere qualche cosa dai fedeli per ii\suo sosten- 12. Dà il vero motivo, per cui agisce in tal
tamento. Altre Chiese, cioè le Chiese della Mace- modo. In passato aveva rinunziato a farsi mante-
donia (Filipp. IV, 15), che l'avevano provveduto nere dai Corinti, affine di acquistarsi maggior
del necessario per il viaggio nell'Acaia (Atti, XVIII, merito (I Cor. IX, 15 e ss.), ora vi rinunzia e vi
3). Lo stipendio (gr. ótticóviov = il soldo), ossia rinunzierà pure in avvenire per troncare ogni oc-
quello che mi era strettamente necessario per casione ai falsi apostoli, i quali, facendosi pagare
vivere. L'Apostolo biasima così indirettamente i assai per la loro predicazione, cercavano un'oc-
falsi apostoli,che volevano essere lautamente man- casione di potersi far forti del suo esempio per
tenuti. Per servire a voi, cioè per essere in grado maggiormente soddisfare la loro cupidigia. San
di poter compiere presso di voi il mio ministero. Paolo invece voleva costringere i suoi avversarli
9. Stando presso di voi, occupato a fondare la a essere simili a lui, cioè disinteressati, in quel
Tostra Chiesa, ed essendo in bisogno. Quando San che si gloriano, cioè nella predicazione del Van-
Paolo, coll'aiuto dei Macedoni, arrivò a Corinto gelo. -Il versetto è molto oscuro, e benché l'inter-
per predicarvi il Vangelo, non volle essere di pretazione data ci sembri la più probabile, tuttavia
aggravio ad alcuno, e riprese il suo mestiere ma- si deve confessare che varie altre spiegazioni fu-
nuale, fabbricando tende (Atti, XVIII, 3) per avere rono date sia presso gli antichi che i moderni.
di che vivere. Ma le fatiche dell'Apostolato erano Così p. es. S. Giov. Cris. suppone che questi
tante, che non riusciva a guadagnarsi col lavoro falsi dottori fossero ricchi e 'predicassero gratui-
quel che gli era necessario, e perciò si trovava in tamente il Vangelo, ma cercassero di indurre San
bisogno, egli però non volle essere di aggravio, Paolo ad accettare qualche cosa dai fedeli, affine
o meglio, secondo il greco, non volle importunare di potersi vantare come a lui superiori nel disin-
nessuno, chiedendo soccorso. 7 fratelli venuti teresse.
dalla Macedonia, cioè probabilmente Timoteo e Sila Teodoreto invece suppone, che questi falsi dot-
(Atti, XVIII, 5), gli recarono aiuto, in modo che tori, mentre esternamente fingevano grande disin-
potè continuare la sua predicazione', senza recar teresse, ricevessero occultamente lauti doni, e
molestia ai Corinti. Ne ve lo recherò. Queste cercassero un'occasione di accusare S. Paolo di
parole servono di transizione a quanto sta per dire avarizia. L'Apostolo invece, dice che, anche in
nei vv. seguenti. avvenire, egli non devierà dalla regola fissatasi,
10. La verità di Cristo, ecc. L'Apostolo è per- sia per non dare occasione ai suoi avversarli di
suaso che Gesù Cristo abiti nel suo cuore, e parli accusarlo, e sia per indurre ancor essi a esser'ì
per la sua bocca (XIII, 3), e come altre volte si simili a lui nel disinteresse. Per altre spiegazioni,
appella alla veracità di Dio (II, 17; XII, 19, ecc.), ved. Cornely, h. 1. ; Van Steenkiste, h. 1., ecc.
così ora chiama Gesù Cristo a testimone della Fa vedere, perchè i suoi avversarli vorreb-
13.
regola che si è imposta, di impedire cioè, anche bero trovare in lui qualche occasione per potere
in futuro, che alcuno gli rapisca il vanto di predi- giustificare la loro cupidigia. Questi tali (gr. oi
care gratuitamente il Vangelo nei paesi dell A caia, TotovToi) sono falsi apostoli, perchè non mandati
e quindi anche in Corinto. Non mi sarà rapito. Il da Dio, né dai veri Apostoli. Nel testo latino, la
greco où 9paYT|oeTat, sottintendo axó}xa, si può virgola che si trova prima di sunt, andrebbe dopo.
tradurre letteralmente questa gloria (ossia la
: Operai finti, perchè mentre esternamente mostrano
bocca che si vanta di ciò) non sarà chiusa verso di zelo per la propagazione del Vangelo, in realtà
me, cioè non avverrà mai che sia ridotta al si- non cercano che il proprio interesse. Si trasfigu-
lenzio questa mia gloria. rano in apostoli, cioè simulano la pietà, il modo
Perchè non vi amo? Gli avversarli dell'Apo-
11. di vivere e di predicare degli Apostoli, interna-
stolo,andavano dicendo che egli non voleva rice- mente però non hanno con loro alcuna rassomi-
vere dai Corinti alcuna elemosina, perchè non li glianza.
amava. Dopo aver già tanto parlato in questa let- 14-15. Non deve far meraviglia che costoro pos-
tera del suo affetta verso la Chiesa di Corinto, sano trasfigurarsi in apostoli, poiché il Signore
228 II Corinti, XI, 15-20

enim satanas transfigùrat se in àngelum fa meraviglia mentre anche satana si tra-


:

lucis. est ergo magnum, sì ministri


^^Non sforma in angelo della luce. "Non è adunque
ejus transflguréntur velut ministri iustitiae : gran cosa che anche i ministri di lui si
quorum finis erit secùndum opera ipsórum. trasfigurino in ministri della giustizia la :

fine dei quali sarà conforme alle opere loro.


^^Iterum dico, (ne quis me putet insipién- "Ve lo dico dinuovo (nessuno mi creda
tem esse, alióquin velut insipièntem accipite stolto, che se no, prendetemi anche per
me, ut et ego módicum quid glórier) ^^Quod stolto, affinchè mi glorii anch'io un poco),
loquor, non loquor secùndum Deum, sed ^'quello che dico su questa materia di vanto,
quasi in insipiéntia, in hac substàntia gló- non lo dico secondo Dio, ma come da stolto.
riae. ^^Quóniam multi gloriàntur secùndum ^^Giacchè molti si gloriano secondo la
carnem et ego gloriàbor.
: carne mi glorierò io pure.
:

"Libénter enim suffértis insipiéntes : cùm ^^Poichè volentieri tollerate gli stolti, es-
sitis ipsi sapiéntes. ^"Sustinétis enim si quis sendo voi saggi. ^"Infatti sopportate chi vi
vos in servitùtem rédigit, siquis dévorat, si pone in ischiavitù, chi vi divora, chi vi ruba,
quis àccipit, si quis extóllitur, si quis in chi fa il grande, chi vi percuote nella faccia.

permette che talvolta Satana, principe delle te- tavia è da osservare che l'Apostolo, avendo detto
nebre (Efes. VI, 12), si trasfiguri in angelo di (versetto precedente) di non voler esser creduto
luce per sedurre più facilmente gli uomini, non stolto e, dicendo qui che parla non da stolto, ma
ostante l'opposizione che vi è tra la luce e le come da stolto, lascia capire chiaramente che, con-
tenebre (VI, 14). Non è adunque, ecc. Ecco la siderate le circostanze speciali (XII, 11), l'elogio
conclusione. Se è possibile il più, è anche possi- che fa di se stesso non è una stoltezza, ma è un
bile il meno. L'angelo buono vien detto angelo atto che EHo stesso gli suggerisce, e a far il quale
della luce, sia perchè gode della luce della gloria egli è mosso dalla divina ispirazione. Il greco év
celeste, sia perchè spesso appare visibilmente cir- xamiì rq vnoaxàaei = in questa materia o soggetto
condato di luce (Lue. II, 9; Matt. XXVIII, 3; di vanto, da alcuni viene tradotto : con questa fi-
Atti, XII, 7, ecc.), e sia perchè illumina la mente danza di vanto. Cf. IX, 4.
degli uomini. Per gli opposti motivi. Satana vien 18. Con fine ironia porta due ragioni per cui si
detto angelo delle tenebre. Satana poi si trasfigura crede in diritto di far l'elogio di se stesso. La
in angelo di luce, sia col comparire talvolta sotto prima è tratta dal modo di agire dei suoi avversari.
figura di un angelo buono, e sia col suggerire Molti, cioè i falsi apostoli, ben noti ai Corinti, si
tal'altra cose buone per poi più facilmente ingan-
gloriano secondo la carne, ossia si vantano di certe
nare e indurre al male. Ministri di lui, sono i falsi qualità o doni puramente esteriori, come per esem-
Apostoli, che cercano di sedurre gli uomini. Mini-
pio; la nobiltà dei natali, l'essere 'Ebrei, il posse-
stri della giustizia sono i veri Apostoli, così chia-
dere ricchezze, scienza, eloquenza, ecc. Io pure
mati perchè, mediante la predicazione del Vangelo,
mi glorierò di questi pregi esterni, che non mi
procurano agli uomini la vera giustizia. La fine, ecc. mancano punto.
I falsi apostoli potranno bensì ingannare gli uo-
mini, ma Dio conosce bene tutte le loro azioni, e
19-20. La seconda ragione è dedotta dal modo di

al giorno del giudizio li tratterà come meritano le


agire dei Corinti, da saggi come sono (I
i quali,

opere, che hanno fatto, giudicandoli severamente Cor. IV, 8), hanno mostrato di amare questi elogi
fatti dalla propria bocca. E proprio del sapiente il
(III, 10; 1 Cor. Ili, 17; II Piet. II, 3, 9, ecc.).
saper tollerare gli stolti, ora i Corinti sono giunti a
16. Nei vv. 16-33 S. Paolo descrive le sue fa-
un sì alto grado di sapienza che non solo tollerano
tiche apostoliche e le sofferenze sostenute per
gli stolti, che fanno il proprio elogio, ma ancora
Gesù Cristo e per il Vangelo, cominciando però sopportano colla maggiore indifferenza chi li mal-
collo scusarsi nuovamente dì essere obbligato a far
tratta. Mentre colla maggior ironia, l'Apostolo bia-
l'elogio di sé stesso (16-21).
sima severamente i Corinti, descrive pure con tutta
Ve lo dico di nuovo, come ve l'ho già detto al evidenza la perfidia dei falsi apostoli. Essi pone-
v. 1. Queste parole, essendo seguite da una pa-
vano i neofiti in ischiavitù, facendola da tiranni, e
rentesi nella Volgata Clementina, vanno unite col imponendo loro delle leggi, che essi stessi avevano
v. Tutti gli antichi interpreti, sia greci che
17. fabbricate (I, 24) li divoravano, cercando per ava-
;

latini,ignorano però la parentesi, e le uniscono im- rizia di impossessarsi delle loro sostanze (Mar. XII,
mediatamente a nessuno, ecc. Se io fo l'elogio di 40 ; Lue. XX, 47) rubavano loro, usando astuzia
;

me stesso, nessuno mi creda stolto, perchè io ho e frode nel predicare il Vangelo in modo da farne
tutte le ragioni di farlo; che se poi volete proprio uno strumento di lucro personale (II, 17; IV, 2;
credermi uno stolto, prendetemi pure per tale, XII, 16, ecc.) si facevano grandi, vantandosi di
;

che non mi importa, mi basta che ascoltiate quanto essere discendenti da Abramo; percuotevano nella
credo necessario di dirvi. Anch'io, come fanno i faccia; cioè oltraggiavano i neofiti con ogni sorta
falsi apostoli. di scherno e di improperio. Quanto differente era
17. Quello che io dico su questa materia di stata la condotta di S. Paolo! il quale non solo
vanto, ossia l'elogio che fo di me stesso, a primo non aveva fatto il tiranno, ma aveva trattati i Co-
aspetto, e per chi guarda le cose superficialmente, rinti come padre amantissimo (I, 24; VII, 12; XII,
non è secondo Dio (greco Signore), il quale co- 15), rinunziando anche ad essere mantenuto (I Cor.
mandò ai suoi discepoli di imitare la sua umiltà IX, 1 e ss.), cercando unicamente le loro anime
(Matt. XIX, 20) e di non lodare se stessi (Lue. (XII, 14), e» predicando sempre con sincerità la dot-
XVII, 10), ma è piuttosto un atto di stoltezza.. Tut- trina evangelica (IV, 3).
II Corinti, XI, 21-25 229

fàciem vos caedit. ^^Secùndum ignobilitàtem ^^Dico ciò per disonore, quasi nei fossimo
dico, quasi nos infirmi fuérimus in hac stati deideboli per questo lato. Ma per qual-
parte. In quo quis audet (in insipiéntìa dico) sivoglia cosa che alcuno prenda ardimento,
àudeo et ego : parlo da stolto^ lo prendo ancor io :

"Hebraei sunt, et ego Israelitae sunt, et ; ^^Sono Ebrei, lo sono ancor io sono :

ego Semen Abrahae sunt, et ego ^^Mi-


: : Israeliti, lo sono ancor io discendenti di
:

nistri Christi sunt (ut minus sapiens dico) Abramo, lo sono ancor io ^^son ministri di
:

plus ego in 4abóribus plùrimis, in- carcé-


: Cristo, (parlo da stolto) più io da pili nei
:

ribus abundàntlus, in plagis supra n>o- travagli, da più nelle prigionie, oltre modo
dum, in mórtibus frequénter. ^^A ludaels nelle battiture, frequentemente in mezzo alle
quinquies, quadragénas, una minus, accépi. morti. '^Dai Giudei cinque volte ricevei qua-
"Ter virgis caesus sum, semel lapidàtus ranta colpi meno uno. ^^Tre volte fui battuto
sum, ter naufràgium feci, nocte et die in con le verghe, una volta fui lapidato, tre

" Deut. XXV, 3. 25 Act. XVI, 22 et XIV, 18 et XXVII, 41.

21. Come al v. 6, S. Paolo confessava che i prende quanto sia incompleto il racconto che di
suoi avversari gli erano superiori in varie cose, S. Paolo fanno gli Atti degli Apostoli, e come San
così pure ora, continuando l'ironia, confessa di Luca nello scriverli, non abbia per nulla avuto in-
essere inferiore a loro nell'infliggere cattivi tratta- tenzione di darci una biografia del suo maestro,
menti ai Corinti. Dico ciò per mio disonore: ab- che contenesse tutto ciò che egli aveva fatto e sof-
biamo fatto prova di debolezza in questa parte ferto per il Vangelo. Nelle prigionie. Una di queste
(queste parole mancano nel greco, ma spiegano è ricordata negli Atti, XVI, 23. S. Clemente Rom.
bene il senso della proposizione), cioè nel non (I Cor. V) ne ricorda sette, ma tra queste ne com-
porvi in schiavitij, ecc., come al versetto prece- prende alcune che avvennero dopo che era già stata
dente. L'Apostolo modera però la severità delle sue scritta questa lettera. Morti, cioè pericoli di morte.
parole, aggiungendovi un quasi, lasciando quindi
24. Dà alcuni esempi di battiture sofferte. Cin-
capire che non è proprio egli che pensi così, ma
que volte era stato flagellato dai Giudei.
che piuttosto sono suoi avversari. Ma per qual-
i

Quaranta... meno uno. La legge (Deut. XXV, 3)


sivoglia, ecc. I falsi apostoli non si gloriavano per
che infliggeva la flagellazione, vietava di oltrepas-
certo di trattare così duramente i Corinti, ma
sare i quaranta colpi, e i Farisei per non esporsi
traevano motivo di lodarsi da altre cose che in sé
a pericolo di violare la legge, avevano stabilito che
non erano cattive. Ora dice S. Paolo per qualun- :

que cosa essi prendano ardimento di lodarsi, lo non si dovevano dare piii di trentanove colpi (Ved.
prendo anch'io, perchè in tutto sono loro uguale Gius. FI., A. G., IV, 8, 21 e 23 ; Schoettgen, Horae
e anche superiore, benché confessi che sia da heb, p. 714). Il suplizio della flagellazione era così
«tolto parlare così (vv. 16).
crudele, che spesso il paziente vi lasciava la vita.
1,
Egli, dopo essere stato spogliato fino alla cintola,
22. Questi falsi apostoli giudaizzanti, si vanta-
veniva legato colle mani a una colonna, e poi uno
vano della loro origine ebrea, come se per questo
speciale incaricato con uno staffile, formato di al-
motivo avessero avuto uno speciale diritto al Van-
cune strisele di cuoio, gli infliggeva tredici colpi
gelo, e si gloriavano pure di essere in modo spe-
sul petto e altrettanti su ciascuna delle due spalle,
ciale ministri di Cristo. Ora S. Paolo fa vedere
mentre il giudice leggeva ad alta voce alcuni ver-
che se per riguardo alla nazionalità è loro uguale
setti del Deuteronomio (Mischna, Trattato; Mac-
(22), per riguardo all'apostolato è loro di gran
coth IV; Fouard, St-Pierre, 10* ed., p. 43 e Cor-
lunga superiore (23-33).
nely, h. 1.). S. Luca negli Atti non ricorda alcuna
Ebrei, Israeliti, discendenti di Àbramo, tre titoli
flagellazione inflitta dai Giudei.
di onore il primo dei quali ìndica la nazionalità dei
;

Giudei in opposizione alle nazioni pagane; il se- 25. Battuto colle verghe. Questo supplizio ve-
condo fa risaltare il carattere teocratico della loro niva inflitto dai Romani. S. Paolo lo subì una volta
stirpe eletta ad essere per eccellenza il popolo di a Filippi (Atti XVI, 22), e le altre due non sap-
Dio (Rom. IX, 4) il terzo richiama alla mente le
; piamo né dove, né quando vi sia stato sottoposto.
promesse messianiche fatte ad Abramo e presenta Neppure conosciamo il motivo per cui non si sia
i Giudei come eredi di queste promesse (Rom. XV, appellato alla sua qualità di cittadino romano, af-
8; Gal. Ili, 16, ecc.). Lo sono ancor io. In ciascuna fine di evitare una pena così ignominiosa, come
di queste tre cose S. Paolo è loro uguale. fece in altre circostanze (Atti XVI, 37; XXII, 25).
23. Se nei privilegi dovuti alla nascita, S. Paolo Lapidato a Listri nella Licaonia (Atti XIV, 18).
è uguale ai suo avversari, nei privilegi causati Naufragai. Niuno di questi naufragi è narrato negli
dalla grazia è loro di gran lunga superiore. Sono Atti, poiché quello di cui si parla, Atti XXVII, 41,

ministri, cioè si vantano, benché falsamente, di avvenne alcuni anni dopo che fu scritta questa let-
essere apostoli di Cristo, io lo sono più dì loro. tera. Nel profondo del mare. Nel greco si legge
Parlo da stolto. Nel greco sì legge parlo deli- :
semplicemente nel fondo èv xcp pv6qì, ma quasi tutti
rando, perché è da stolto parlare dei propriì meriti gli interpreti sottintendono la parola del mare. Pro-

(ver. 16 e 1). Da più nei travagli, ecc. L'Apostolo babilmente in un naufragio l'Apostolo riuscì ad
prova che è superiore ai suoi avversari facendo una aggrapparsi a qualche tavola, e si salvò, dopo
drammatica descrizione di tutti i travagli, le fatiche, essere stato per un giorno e una notte sbalzato
e le tribolazioni sostenute nell'esercizio del suo dalle onde. Nel versetto seguente l'Apostolo ri-
ministero apostolico. Da questa descrizione, si com- piglia la numerazione interrotta dal vv. 24 e 25.
230 II Corinti, XI, 26-32

profùndo marìs fui, *"In itinéribus saepe, volte naufragai, una notte e un giorno stetti
periculis flùminum, periculis latrónum, pe- nel profondo mare, ^^spesso in viaggi, tra i
riculis ex gènere, periculis ex Géntibus, pe- pencoli dei fiumi, pericoli degli assassini,
riculis in civitàte, periculis in solitùdine, pericoli dai miei nazionali, pericoli dai gen-
periculis in mari, periculis in falsis fràtribus : tili, pericoli nelle città, pericoli nella soli-

^^In labóre, et aerùmna, in vigiliis multis, tudine, pericoli nel mare, pericoli dai falsi
in fame, et siti, in ieiùniis multis, in frigore, fratelli; ^^nel lavoro e nella fatica, nelle
et nuditàte, ^'Praeter illa, quae extrìnsecus molte vigilie, nella fame e nella sete, nei
sunt, instàntia mea quotidiana solicitùdo molti digiuni, nel freddo e nella nudità,
omnium Ecclesiàrum. ^^oltre a quello che viene di fuori, le quoti-
diane cure che mi vengono sopra, la solleci-
tudine di tutte le Chiese.
^'Quis infìrmàtur, et ego non infirmor? ^^Chi è infermo che non sia io infermo?
quis scandalizàtur, et ego non uror? ^°Si Chi è scandalizzato che io non arda ? ^°Se fa
gloriar! opórtet quae infìrmitàtis meae sunt,
: mestieri di gloriarsi mi glorierò di quelle
:

gloriàbor. ^^Deus et Pater Domini nostri cose che riguardano la mia debolezza. ^Md-
lesu Christi, qui est benedìctus in saecula, dio, Padre del Signor nostro Gesìì Cristo,
scit quod non méntior. ^^Damàsci praepó- che è benedetto nei secoli, sa che io non
situs Gentis Arétae regis, custodiébat civi- mentisco. ^^In Damasco colui che governava
tàtem Damascenórum ut me comprehén- la nazione a nome del re Areta, aveva poste

« Act. IX, 24.

26. In viaggi. Negli Atti sono narrati i tre grandi avoTaaiq = irruzione ostile e tumultuosa, come se
viaggi apostolici (XIII e ss.), e due altri viaggi a l'Apostolo alludesse ai tumulti suscitati contro di
Gerusalemme. A questi si devono aggiungere un lui dai Giudei e dai pagani^ ma di essi egli ha già
viaggio nell'Arabia (Gal. I, 17), un altro nell'Illiria parlato nel v. 26, e d'altra parte la lezione èiri-
(Rom. XV, 9), ecc. Dagli Atti possiamo conoscere axaaic, in suo favore i migliori codici. La solle-
ha
quante difficoltà dovesse superare, quanti travagli citudine, ossia la vigilanza su tutte le Chiese da lui
soffrire in queste peregrinazioni. Pericoli dei fiumi fondate. Frutto di questa sua sollecitudine sono le
che si dovevano spesso traversare a guado peri- ;
varie lettere scritte alle Chiese.
coli degli assassini che infestavano le regioni per
29. Non solo si interessa delle Chiese in gene-
cui si passava. Dai miei nazionali, cioè dai Giudei rale,ma anche di ciascun fedele in particolare.
infedeli, che mi odiano a morte. Nelle città, per Se uno è infermo, cioè debole nella fede e nella
esempio a Damasco, a Gerusalemme, a Efeso, ecc. virtù, egli si fa infermo, cioè siabbassa fino a lui
Nella solitudine, cioè nei deserti di Arabia, e nelle per incoraggiarlo e aiutarlo, facendosi tutto a tutti
montagne dell'Asia Minore infestate da ladri. Dai (Ved. n. I Cor. IX, 22; Cf. Atti XX, 31).
falsi fratelli, cioè dai Giudaizzanti, che mi tendono E scandalizzato, ossia è caduto nel peccato a
insidie da ogni parte (Gal. II, 4). causa della sua debolezza. Non arda di ira santa
27. Aggiunge varii travagli che doveva soppor- contro colui, che non ebbe alcun riguardo alla
tare a motivo della povertà. Avendo per principio coscienza debole del fratello e lo trascinò al male
di non volere essere mantenuto dai fedeli, era co- (Cf. I Cor. VIII, 11), e non arda ancora di un
stretto, giunto in una città, oltre al predicare a dolore acerbissimo per il male cagionato al fra-
guadagnarsi il vitto per mezzo del lavoro e della tello caduto?
fatica (I Tess.9; II Tess. Ili, 8). Molte vigilie
II, 30. Si fa mestieri gloriarsi, come i suoi avver-
passate sia nel lavoro e sia neU'evangelizzare sarli costringevano a fare, egli si glorierà di
lo
(Atti XX, 31). Spesso però gli mancava anche il quelle cose che riguardano la sua debolezza, ossia
necessario e soffriva fame, sete, freddo, e non delle sue sofferenze, dei suoi travagli, delle sue
aveva di che vestirsi. A ciò si devono aggiungere persecuzioni, come ha fatto dal v. 23. E' questa la
i digiuni volontarii, che egli faceva per rendersi prova più bella che egli. è vero Apostolo di Gesù
più accetto a Dio. Cristo, perchè solo Gesù Cristo aveva potuto dargli
la forza di tanto soffrire e di tanto lavorare per Lui
28. Oltre alle sofferenze fìsiche, egli doveva an-
e per la sua Chiesa. Narrando i suoi patimenti,
cora sobbarcarsi a tutte le difficoltà morali, prove-
l'Apostolo veniva ancora a biasimare falsi apo- i
nienti dall'amministrazione delle varie Chiese fon-
stoli, i quali vantavano i loro meriti.
date. Oltre quello che viene di fuori. Nel greco si
legge semplicemente senza contare, o parlar
:
31. Questi, nel narrare le loro glorie, mentivano,
d'altro. S. Paolo avrebbe potuto aggiungere altri ma S. Paolo chiama Dio in testimonio della verità
particolari alle tribolazioni narrate, ma si contenta di quanto ha detto. Dio Padre, ecc. Ved. n. I Cor.

di accennare ad alcune altre provenienti dall'ammi- XV, 24; Efes. I, 3. Che è benedetto, ecc. San
nistrazione deMe Chiese fondate. Le quotidiane Paolo usa cinque volte questa frase, che costituisce
cure che mi vengono sopra. La miglior lezione del una dossologia, solita ad aggiungersi dai Giudei al
greco è iniaiaaiq, che si può tradurre l'irruzione ,0 nome di Dio, in segno di rispetto.
l'invasione giornaliera (Sant'Agostino tradusse in- 32. In Damasco, ecc. Termina la esposizione del
cursus). Ogni giorno egli era come assediato dai suoi patimenti ricordando il primo pericolo, in cui
neofiti, i quali volevano comunicargli le loro pene, , si trovò nel cominciare il suo ministero apostolico.
le loro difficoltà, ecc. Alcuni Padri hanno letto. èm- Il fatto è narrato anche da S. Luca Atti IX, 23-25.
II Corinti, XI, 33 — XII, 2 231

deret "Et per fenéstram in sporta dìmis-


: guardie intorno alla città di Damasco per
sus sum per murum, et sic effùgi manus catturarmi ^^e per una finestra fui calato
:

eius. in una sporta dalla muraglia, e così gli fuggii


di mano.

CAPO XII.

Grandezza dei favori divini accordati a S. Paolo, i-io. Chiede nuovamente scusa —
di aver parlato di se stesso, 11-18, —
/ Corinti non sono giudici degli Apo-
stoli, 19-21,

^Si gloriàri opórtet (non éxpedit quidem) : ^Se fa d'uopo gloriarsi (veramente ciò non
véniam autem ad visiónes, et revelatiónes è utile) verrò pure alle visioni e rivelazioni
Dòmini. ^Scio hominem in Christo ante del Signore. ^Conosco un uomo in Cristo, il
annos quatuórdecim, sive in córpore néscio, quale quattordici anni fa (non so se col
sive extra corpus néscio, Deus scit, raptum corpo, non so se fuori del corpo. Dio lo sa)

2Act. IX, 3.

Ved. n. ivi. Colui che governava. Nel greco lo si lo si fa per un legittimo motivo. Visioni e rivela-
chiama etnarca, titolo assai vago che equivale a zioni. La visione ha spesso luogo in uno stato di
governatore. La nazione, cioè Damasco e il suo estasi o di rapimento, e colui che ne è favorito
territorio. Areta, il IV di questo nome, era re dei non sempre comprende il significato delle cose
vedute. La rivelazione invece importa sempre la
manifestazione di alcune verità, per modo che
colui che ne è favorito, non solo veda, ma ancora
comprenda il significato delle cose vedute. La
rivelazione quindi inchiude la visione, ma la vi-
sione può stare senza la rivelazione (S. Tom., h. 1.).
In S. Paolo, visioni e rivelazioni furono unite, per
modo che i due termini sono quasi sinonimi. Delle
visioni dell'Apostolo si parla Atti IX, 1 e ss. ;
XXII, 17 e ss.; I Cor. IX, 1; XV, 18; Gal. I, 12;
Fig. 25. — Moneta del re Areta. II, 2.

2. Conosco un uomo. Anche qui dà una prova


Nabatei di Petra. Egli aveva data la sua figlia In della sua umiltà parlando in terza persona, come
isposa a Erode Antipa, ma avendola questi ripu- se si trattasse di un estraneo. Non v'è dubbio però
diata, per unirsi con Erodiade, Areta gli mosse che si tratti di S. Paolo, poiché altrimenti sarebbe
guerra. Erode chiese aiuto ai Romani, i quali gli abbastanza strano, che egli si gloriasse di ciò che
inviarono in soccorso Vitellio legato di Siria. Es- avvenne ad un altro. In Cristo, cioè innestato a
sendo morto nel frattempo Tiberio, le cose della Cristo per mezzo della fede e del battesimo.
guerra subirono una sosta, durante la quale, Areta Quattordici anni fa. Riferisce la data per meglio
occupò Damasco, benché per breve tempo. Ved. garantire la verità del fatto. Questa lettera essendo
Dict. Vig., Arétas e Schiirer, Geschichte..., 3' ed., stata scritta intorno agli anni 57-58, il fatto di cui
t. I, p. 736. Aveva posto guardie per istigazione si parla dovette avvenire negli anni 43-44. È in-
dei Giudei, affine di catturarlo e farlo morire. certo se questa visione sia da identificarsi con
33. Per una finestra d'una casa che dava sulle quella di cui parla S. Paolo (Atti, XXII, 17 e ss.),
mura della città. Nel testo latino, invece di di- avvenuta al tempo del suo secondo viaggio a Ge-
missus dovrebbe leggere demissus, come si ha
si rusalemme. Benché certissimo del fatto, egli però
nel codice Fuldense. Così manca nel greco. non sa come sia avvenuto, se cioè le sua anima
sia stata realmente separata dal corpo e trasportata
in cielo, oppure sia stata solo alienata dai sensi,
CAPO XII. rimanendo però nel corpo. Si potrebbe anche
spiegare Non so se sia stato rapito in cielo col-
:

I. Dopoaver mostrato quanto sia superiore ai l'anima e col corpo, oppure solo coU'anima. Ad
suoi avversari e nel disinteresse (XI, 1-15) e nelle ogni modo è certo che si tratta di una visione
tribolazioni sofferte per il Vangelo (XI, 16-33), puramente intellettuale, in cui i sensi non ebbero
passa ora a far vedere (1-10) come sia anche a loro alcuna parte. Rapito dalla virtù o forza di Dio,
superiore nei favori divini ricevuti. ed elevato sino al terzo cielo. Non è possibile
Se fa d'uopo gloriarsi, ecc. Quanta ripugnanza determinare con precisione ciò che l'Apostolo in-
nell'Apostolo a parlare di se stesso! e come si tendesse di dire con questa ultima espressione.
v^ede che se parla, lo fa perchè vi è costretto dai Gli Ebrei distinguevano tre sorta di cieli : primo
suoi avversari! Non è utile, ma pericoloso, se non l'atmosfera, nella quale si formano le nubi e vo-
232 II Corinti, XII, 3-7

huiùsmodi usque ad tértium caelum. ^Et scio fu rapito quest'uomo fino al terzo cielo. 'E
huiùsmodi hominem sive in córpore, sive so che quest'uomo (se nel corpo, o fuori del
extra corpus néscio, Deus scit ^Quóniam : corpo, io non lo so, lo sa Dio) "^fu rapito in
raptus est in Paradìsum et audivit arcana
: paradiso e udì arcane parole, che non è
:

verba, quae non licet hómini loqui. lecito a uomo di proferire.

"Pro huiùsmodi gloriàbor : prò me autem ^Riguardo a quest'uomo mi glorierò : ma


nihil gloriàbor nisì in infìrmitàtibus meis. riguardo a me di nulla mi glorierò, se non
*Nam, et si volùero gloriàri, non ero insì- delle mie debolezze. ^Poiché, se vorrò glo-
piens veritàtem enim dicam
: parco autem, : riarmi, non sarò insensato atteso che dirò
:

ne quis me exìstimet supra id, quod videt la verità ma io me n'astengo, affinchè nes-
:

in me, aut àliquid audit ex me. suno mi stimi pili di quello che vede in me,
di quello che ode da me.

'Et ne magnitudo revelatìónum extóllat ^E affinchè la grandezza delle rivelazioni


me, datus est mihi stimulus carnis meae non mi levi in orgoglio, mi è stato dato lo

lano gli uccelli, e da ciò le espressioni nubi del fatiche, ma si gloria solo delle sue debolezze,
cielo, uccelli del cielo; secondo, il cielo stellare perchè queste servono a far meglio risaltare la
dove sono le stelle, donde l'espressione stelle del potenza di Dio, il quale, per mezzo di uno stru-
cielo; terzo finalmente, il cielo empireo, in cui mento così imperfetto come egli è, opera tante
abita Dio. Probabilmente quindi, S. Paolo non meraviglie nella propagazione del Vangelo.
vuol dir altro se non che egli è stato rapito sino
Se vorrò. Tralasciando ora di considerare in
6.
alla visione immediata di Dio, come viene poi
sé stesso come due persone, afferma assoluta-
detto al V. 4. I rabbini distinguevano sette cieli,
mente, che se volesse gloriarsi per le visioni e le
ma non si può ammettere che S. Paolo alluda rivelazioni ricevute, ne avrebbe tutto il diritto.
alle loro favole (Ved. Dict, Vig. Ciel; Schòttgen,
Non sarò insensato, perchè direi nulla che non
Horae heh.y p. 718; Le Camus, op. cit., t. Ili, sia conforme alla verità, e perchè sarei giustificato
p. 292).
nell'elogiare me stesso dalle circostanze in cui mi
3-4. E so, ecc. con S. Gregorio M.,
Alcuni, trovo. Io però me n'astengo, perchè non voglio
pensano che qui si tratti di un altro avvenimento, essere giudicato in relazione alle grazie gratis
totalmente distinto dal precedente la maggior ; date e che posso aver ricevuto, ma in relazione a
parte degli interpreti però, con Sant'Agostino e quel che si ode da me, cioè alla mia predicazione.
S. Tommaso, ritiene che l'Apostolo parli ancora
L'Apostolo non ha da temere di inorgoglirsi,
7.
dello stesso fatto, e solo vi aggiunga alcuni par-
perchè Dio lo mantiene nell'umiltà. Affinchè la
ticolari. Paradiso è sinonimo di terzo cielo. Cle-
grandezza, ecc. Nel greco si legge affinchè, per
:

mente A., Origene, e fra i moderni Eisping, ecc., la grandezza della rivelazione, io non mi inor-
ritengono che questo nome significhi una parte goglisca. Mi è stato dato da Dio lo stimolo della
più alta del cielo, ma la sentenza contrarla è piìì
carne (gr. oxóXoi}) tri oapxi = una spina infissa
probabile. Il cielo viene chiamato Paradiso, perchè
nella carne). La parola oxóXoiJj presso i LXX si-
luogo di felicità (Ved. n. Lue. XXIII, 43). Arcane gnifica spina (Num. XXXIII, 55; Ezech. XXVIII,
(gr. ineffabili) parole. Qui non si parla di udito
24, ecc.). Un angelo di Satana. Come i venti e
sensibile, perchè l'Apostolo ha detto che non
il fuoco vengono detti angeli di Dio (Salm. CHI,
sapeva se fosse nel corpo o fuori del corpo, ma
4), perchè esecutori della sua volontà, così questa
di una percezione spirituale. Queste parole arcane
prova, a cui l'Apostolo fu assoggettato, viene
sono le cose vedute in quel sublime rapimento. detta angelo di Satana, perchè inflitta da Satana,
Esse sono così alte, che non è possibile che un colla permissione di Dio. Schiaffeggi. Il greco
uomo ne dia notizia agli altri. Sant'Agostino (De jcoXacpxXn indica un'azione continua (Ved. Matt.
Gen. ad litt., XII, 28, ecc.); S. Tommaso (h. 1. e XVI, 67), e significa propriamente percuotere con
II, II, q. CLXXV, a. 5), e con loro numerosi inter-
pugni. Tutti gli interpreti convengono nel ritenere
preti, ritengono che l'Apostolo sia stato elevato
che le due metafore della spina e dell'angelo di
alla visione della divina essenza. Questo rapi-
Satana significhino la stessa cosa. Ma si è ben
mento di S. Paolo ha dato origine a parecchi apo- lungi dall'essere d'accordo, quando si tratta di
crifi, p. es., VApocalissi di S. Paolo, VA-
quali
determinarne la natura. Quasi tutti i moderni (Cor-
scensione di S. Paolo, ecc., i quali pretendono di nely, Fillion, Crampon, Felten, Le Camus, Le-
spiegare ciò che fu veduto dall'Apostolo. Ved. monnyer, Fouard, Prat, ecc.), seguendo S. Tom-
Cornely, Introd. gen. in lib. sac. U. T. II, ed. maso, S. Basilio, S. Gregorio Naz., Gaetano, ecc.
p. 245; Bardenhewer, Patrologia, voi. 1, p. 144.
pensano che l'Apostolo alluda a qualche sua ma-
Riguardo a quest'uomo (gr. v^èp toG toio«-
5. lattia, sulla natura della quale non si può stabi-
tou). L'Apostolo distingue in sé stesso come lire nulla con certezza, ma che doveva essere
due uomini, l'uno che tutto riceve da Dio senza ben nota ai Corinti. Fouard (S. Pierre, 10 ed.
alcun suo merito e fu elevato fino al paradiso, p. 151) paragonando assieme (Atti, XIII, 9; XXIII,
l'altro che in mezzo alle tribolazioni e sotto l'in- 5; Gal. IV, 13; VI, 11) crede che si tratti di una
flusso della grazia diffonde il Vangelo nel mondo. oftalmia, altri invece pensano a una cefalgia, o a
Riguardo al primo egli'Si gloria, perchè non aven- febbri malariche, ecc. (Ved. Prat. La Théologìe
dovi posto nulla di suo, tutto l'onore ridonda in de S. P., t. I, p. 216; Cornely, h. 1.; Le Camus,
Dio. Riguardo al secondo egli non vuole gloriarsi op. cit., p. 293; Felten, Die Apostelgeschichte,
di nulla, quasi che i grandi frutti della sua predi- 1892, p. 194-196). S. Giov. Cristost., Teofilatto,
cazione siano dovuti ai suoi meriti e alle sue Teodoreto, ecc. Salmeron, Giustiniani, ecc., sono
II Corinti, XII, 8-12 233

àngelus sàtanae, qui me colaphìzet. ^Propter stimolo della mia carne, un angelo di satana
quod ter Dóminum rogavi ut discéderet a che mi schiaffeggi. ^Sopra di che tre volte
me :°Et dixìt mihi Sùfficit tìbì gràtia mea
: : pregai il Signore che da me fosse tolto 'e :

nam vlrtus in infìrmitàte perficitur. Lìbénter mi disse Basta a te la mia grazia poiché
: :

igitur gloriàbor in inflrmitàtibus meis, ut la potenza mia arriva al suo fine per mezzo
inhàbitet in me virtus Christi. ^"Propter della debolezza. Volentieri adunque mi glo-
quod placco mihi in ìnfirmitàtibus meis, in rìerò nelle mie debolezze, affinchè abiti in
contum.éliis, in necessitàtibus, in persecu- me la potenza di Cristo. ^°Per questo mi
tiónibus, in angustiìs prò Christo : Cum compiaccio nelle mie infermità, negli ol-
enim infìrmor, tunc potens sum. traggi, nelle necessità, nelle persecuzioni,
nelle angustie per Cristo : imperocché
quando sono debole, allora sono potente.
^^Factus sum insipiens, vos me coegìstis. "Sono diventato stolto, voi mi avete sfor-
Ego enim a vobis débui commendàrì nihil : zato. da voi io doveva essere com-
Infatti
enim minus fui ab iis, qui sunt supra modum mendato poiché in nessuna cosa sono stato
:

Apóstoli tamétsi nihil sum


: ^^Signa tamen : inferiore a quelli che sono più grandi Apo-
Apostolàtus mei facta sunt super vos in stoli quantunque io non son nulla ^^ma i
: :

omnì patiéntia, in signis, et prodigiis, et segni del mio Apostolato sono stati compiuti
virtùtibus. tra voi in ogni pazienza, nei miracoli, e
prodigi, e virtù.

d'avviso che S. Paolo intenda parlare delle per- riconoscano che non a lui, ma alla grazia di Gesiì
secuzioni che gli suscitavano contro i suoi nemici. Cristo, sono dovute tutte le grandi cose che egli
Non si può negare ogni valore a questa spiega- ha compiuto e compie nell'esercizio del suo mini-
zione, benché sia difficile comprendere come le stero.
persecuzioni possano essere paragonate a una 10. Termina 11 suo elogio con una sentenza su-
spina infissa nella carne, e come l'Apostolo abbia blime, in cui si manifesta tutto il suo cuore ar-
pregato tre volte il Signore di esserne liberato. dente di amore per Gesù Cristo. E lieto dì sof-
S. Gregorio Magno (Moral. Vili, 29, ecc.), Estio, frire per Gesù Cristo ogni sorta di tribolazioni,
Alapide, Tirino, Bisping, ecc., ritengono che San perchè quanto più è debole ed abbattuto, riguardo
Paolo voglia parlare dei movimenti della concu- alle forze della natura, tanto è maggiore in luì la
piscenza carnale, i quali senza dubbio affliggono grazia, e tanto sono ancora maggiori ì frutti del
e umiliano gli uomini di Dio. Ma si fa giustamente suo apostolato.
osservare in contrario, che è ben difficile spie-
11. Prima di conchiudere la parte polemica della
gare come l'Apostolo abbia potuto gloriarsi (v. 9)
sua lettera, S. Paolo fa osservare che, se egli
in queste tentazioni, e come non avesse fatto il
ha parlato tanto di sé stesso, vi fu costretto dalla
giuoco dei suoi avversarli, palesando miserie oc-
mancanza di zelo dei Corinti, i quali non hanno
culte, che non avrebbero mancato di dar occa-
difeso suoi diritti contro i falsi apostoli (11-18).
i
sione a nuove calunnie. Tutto considerato, ci sem-
Sono diventato stolto. Dando uno sguardo a
bra assai più probabile la prima spiegazione (Ved.
tutto ciò che ha detto di se stesso, a cominciare
oltre le opere già citate, Dìct. Vig. Paul; Jacquier,
dal cap. XI, 1, esclama con fina ironia: Ecco che
Histoire des Livres du N. T., t. I, 6 ed., p. 33-34;
sono diventato stolto, lodando me stesso (XI, 1,
Brassac, Man. Bib., t. IV, 13 ed., p. 79).
16, 21, 23). In realtà egli,non ha parlato da stolto
8. Questa prova, qualunque fosse, era così (XI, 16; XII, 6), ma poteva sembrare che così
grave, che sembrava essere un ostacolo alla mag- avesse fatto, per chi non conosceva bene lo stato
gior propagazione del Vangelo, e perciò l'Apostolo delle cose. Voi mi avete sforzato, perché non avete
tre volte pregò il Signore che da lui fosse tolto, preso le mie difese davanti ai mìei avversari. Ep-
ossia allontanato l'angelo di Satana. pure avrei avuto tutti i diritti di aspettarmi da voi
9. Mi disse in un'estasi, dopo che ebbi pre-
una tal difesa, dacché in nessuna cosa sono stato
gato per la terza volta. Basta a te, ecc II Signore inferiore ai falsi apostoli, quando venni a predi-
non esaudì S. Paolo nel modo che egli desiderava, care presso di voi. Col nome dei grandi apostoli
qui, come già al cap. XI, 5, S. Paolo intende
ma gii promise che, colla potenza della sua grazia, i

falsi apostoli, come é chiaro dal contesto, e dà


egli con maggior merito, avrebbe nondimeno rag-
giunto il fine, per cui aveva pregato che venisse loro questo titolo per ironia. Essi vogliono essere
i più grandi apostoli, e S. Paolo con grande umiltà
allontanato l'angelo di Satana. Iddio dà la ragione
della sua risposta. La potenza (gr. òuvantq, al-
confessa di essere nulla, benché fosse a tutti essi
cuni codici aggiungono iiov mia), cioè la forza di superiore.
Dio si manifesta meglio e apparisce piìi grande, 12. Prova che non é stato ad essi inferiore,
quando, per raggiungere il suo fine, si serve di appellandosi al modo con evi fu fondata la Chiesa
uomini umili, i quali riconoscono la loro debo- di Corinto. I segni del mio apostolato (gr. i segni
lezza, e non confidano nelle proprie forze (Cf. dell'Apostolo), ossia le note caratteristiche del
IV, 7). Volentieri, ecc. Rassicurato dalla parola di vero Apostolo, oppure i segni che accreditano la
Dio, conchiude tutto lieto, che volentierìssima- missione del vero Apostolo, sono stati compiuti da
mente (gr. nòxara) egli, piuttosto (gr. i^a.XXov) che me presso di voi. Questi segni sono primo, /« :
'

ancora chiedere di esserne liberato, si glorierà pazienza nel tollerare tutto, piuttosto che venir
nelle sue debolezze, cioè nel soffrire, ecc., e ciò meno alla missione ricevuta (VI, 4; XI, 23 e ss.);
affinchè abiti in lui la potenza di Crìsto, e tutti secondo, i miracoli, i prodigi e le virtù; tre,
234 II Corinti, XII, 13-18

"Quid est enim, quod minus habuistis "Che


infatti avete avuto voi di meno delle
prae céteris Ecclésiis, nisi quod ego ipse non altreChiese, eccetto che io non vi sono stato
gravavi vos? Donate mìhi hanc iniùriam. d'aggravio? Perdonatemi quest'ingiuria.
^^Ecce tértio hoc paràtus sum venire ad vos : ^*Ecco che questa terza volta sono disposto
et non ero gravis vobis. Non enim quaero a venir da voi e non vi sarò di aggravio.
:

quae vestra sunt, sed vos. Nec enim debent Poiché non cerco le cose vostre, ma voi.
filii paréntibus thesaurizàre, sed paréntes Attesoché non debbono i figliuoli far roba
filiis. per ì genitori, ma i genitori pei figliuoli.
"Ego autem libentissime impéndara, et "Io però volentierissimo spenderò il mio, e
superimpéndar ipse prò anìmàbus vestris : spenderò di più me stesso per le anime
licet plus vos diligens, minus dìligar. vostre quantunque amandovi più, dovessi
:

essere amato di meno.


^"Sed esto : ego vos non gravavi : sed ^^Ma sia così io non vi ho recato ag
:

cùm essem astùtus, dolo vos cepi. ^^Num- gravio ma da furbo qual sono, vi ho presi
:

quid per àliquem eórum, quos misi ad vos, con inganno. ^Torse per mezzo di alcuno
circùmveni vos? ^^Rogàvi Titum, et misi di quelli che mandai da voi, ho tratto da voi
cum ilio fratrem. Numquid Titus vos ci r- alcun profitto? "Pregai Tito, e mandai con
cùmvenit? nonne eódem spiritu ambulàvi- lui un fratello. Ha forse tratto qualche pro-
mus? nonne iisdem vestìgiis? fitto da voi Tito? Non abbiamo noi cammi-
nato collo stesso spirito? Non sulle stesse
pedate ?

espressioni quasi sinonime per indicare alcune perchè non è il padre che succede ai figli, ma
opere straordinarie superiori alle leggi della natura, sono i figli che succedono al padre. S. Paolo non
colle quali Dio aveva autenticato la missione di nega che i fedeli debbano mantenere i loro pastori
S. Paolo a Corii\to. Da ciò si deduce che S. Paolo (I Cor. IX, 7), ma, con quella similitudine, giusti-

dovette aver fatto varii miracoli in questa città. fica la sua condotta, e biasima i falsi apostoli, per
i quali la predicazione del Vangelo era un mezzo
13. Dà un
altro motivo per cui poteva aspet-
di arricchire. Egli non aveva cercato altro che di
tarsi diessere da essi difeso contro i suoi avver-
arricchire i Corinti di beni spirituali.
sari. Come alle altre Chiese, così anche a loro,
egli aveva fatto gli stessi benefizi. Aggiunge però Farò verso di voi più di quel che faccia un
15.
subito con ironia, che in un punto solo li ha padre naturale, e non solo volentierissimo spen-
trattati meno bene degli altri, cioè nel non aver derò tutto quello che ho, ma consumerò le mie
loro recato aggravio, facendosi" da essi mantenere forze e anche la mia vita, a vantaggio delle vostre
(Ved. XI, 7-12). Li prega di volerlo perdonare di anime. Quantunque amandovi, ecc. In queste pa-
tale ingiuria. role si mostra quanto fosse grande e disinteressato
l'amore che S. Paolo nutriva per le anime. Vi si
14. Lasciando da parte l'ironia annunzia chia- sente però un po' dell'amarezza che egli provava
ramente che nel suo prossimo viaggio a Corinto al vedere che i Corinti non corrispondevano,
farà come ha fatto in passato, non recando ag-
come avrebbero dovuto, alle sue cure e alle sue
gravio ad alcuno. sollecitudini per loro.
Terza volta. Quando S. Paolo scriveva questa
lettera, era già stato due volte a Corinto, come è 16. I falsi apostoli, non potendo accusare San

chiaramente indicato al cap. XIII, 1. S. Luca non Paolo di aver ricevuto alcuna cosa dai Corinti,
ricorda che due viaggi : l'uno (Atti, XVIII, 1), andavano dicendo che, da furbo, egli aveva cer-
quando vi fu fondata la Chiesa : l'altro (Atti,
cato di estorcere loro denaro per mezzo dei suoi
XX,''2), è quello stesso che vien dato come terzo da
discepoli. Tutto il versetto è posto in bocca degli
S. Paolo. Ma, come fu già osservato, S. Luca non avversari dell'Apostolo. Furbo, gr. itavovpyoq, IV,
scrive la biografia di S. Paolo, e quindi omette 2 ; XI, 3 = scaltro, malizioso in cattivo senso. Vi
parecchie cose che a lui si riferiscono. Annun- ho presi con inganno, come un pescatore traen-
ziando una sua terza visita, l'Apostolo smaschera dovi nella rete?
i suoi avversari, i quali andavano dicendo ai Co- 17.Per mezzo di alcuno, ecc. Da queste parole
rinti, che egli non aveva voluto ricevere nulla da si deduce che S. Paolo aveva già prima inviato
essi, perchè non li amava. Se non li avesse amati, parecchi suoi discepoli a Corinto. Uno di questi
non si sarebbe recato a visitarli. Mostra assieme era Timoteo (I Cor. XVI, IO). Ho tratto profitto
il vero motivo, per cui non voglia essere mante- da voi, cercando di aver parte alle vostre ric-
nuto dai Corinti (XI, 10; I Cor. IX, 15). Questo chezze ?
motivo è il loro vantaggio, e il suo speciale amore. 18. Tito era probabilmente l'ultimo discepolo
Non cerco le cose vostre, cioè le vostre ricchezze inviato a Corinto. Nel suo ritorno, egli aveva por-
temporali, ma voi, cioè le vostre anime. Non deb- tato a S. Paolo buone notizie di quei fedeli (Ved.
bono, ecc. Io vi considero come miei figliuoli di- n. II, 12, 13; VII, 6). Un fratello. Nel greco vi
letti, e voglio perciò ' adempiere con voi tutti I è l'articolo determinativo, e quindi si tratta di una
doveri di padre. Ora se i figli sono obbligati a persona ben nota ai Corinti. Non abbiamo noi
mantenere il padre bisognoso, non sono obbligati camminato, ecc., ossia non siamo noi stati io e
però ad ammassare ricchezze per lui, ma piuttosto i miei discepoli animati dagli stessi sentimenti?
il padre deve ammassare ricchezze per i figli, Non abbiamo noi segu'ti gli stessi principii?
Il Corinti, XII, 19 — XIII, 1 235

^•Olim putàtis quod excusémus nos apud "Credete già che facciamo le nostre di-
vos ? Coram Deo in Christo lóquimur om- : fese presso di Voi ? Dinanzi a Dio, in Cristo
nia autem charissimi propter aedificatiónem parliamo : e tutto, o carissimi, per vostra
vestram. ^°Timeo enim ne forte cum venero, edificazione. ^°Temo infatti, quando sarò
non quales volo, invéniam vos et ego inve- : venuto, di trovarvi non quali io vorrei e :

rnar a vobis, qualem non vultis; ne forte che voi troviate me quale non mi volete :

contentiónes, aemulatiónes, animositàtes, che per disgrazia non siano tra voi dispute,
dissensiónes, detractiónes, susurratiónes, in- gelosie, contrasti, dissensioni, detrazioni, su-
flatiónes, seditiónes sint Inter vos ^^Ne : surri, superbie, sedizioni : ^^onde venuto di
iterum cùm venero, humiliet apud me Deus nuovo che io sia, mi umilii Dio dinanzi a voi,
vos, etlùgeam multos ex iis, qui ante pecca- ed io abbia da piangere molti di quelli che
vérunt, et non egérunt poeniténtiam super per lo innanzi hanno peccato, e non hanno
immunditia, et fornicatióne, et impudicitia, fatta penitenza della impurità e fornicazione
quam gessérunt. e impudicizia che hanno commesso.

CAPO XIII.

S. Paolo annunzia che andrà a Corinto come un giudice severo per quei che non
vogliono correggersi, i-6. — Si augura però di non dover far uso della potestà
ricevuta, 7-10. — Ultime raccomandazioni e saluti, 11-13.

^Ecce tértio hoc vénio ad vos In ore : ^Ecco che vengo da voi questa terza volta :

duórum, vel trium téstiura stabit omne ver- Sul detto di due tre testimoni sarà deciso

1 Deut. XIX, 15; Matth. XVIII, 16; Joan. Vili, 17; Hebr. X, 28.

19. Nell'epilogo (XII, 19-XIII, 10), S. Paolo 21. S. Paolo teme ancora più che vi siano tut-
osserva che se ha fatta la sua apologia, l'ha fatta tora tra loro quei vizi libidinosi, contro i quali
per l'edificazione dei Corinti, e non già perchè li aveva pure alzato la sua voce nella sua lettera pre-
creda giudici degli Apostoli (XII, 19-21); anzi an- cedente. Venuto di nuovo che io sia presso di
nuzia che andrà a Corinto come un giudice severo, voi .E' forse meglio unire di nuovo con mi umilii.
per quei che non vogliono correggersi (XII, 7-10). L'Apostolo teme di essere di nuovo, come nel
Credete, ecc. Secondo i migliori interpreti, la suo secondo viaggio a Corinto (II, 1), umiliato
frase dovrebbe leggersi come semplice afferma- dinnanzi, o meglio, a riguardo ai Corinti, vedendo
zione e non come interrogazione. Già. I migliori che essi non hanno fatto profitto della sua parola,
codici greci hanno :iàAai = olirti, che deve tradursi e si sono di nuovo abbandonati ai vizi della carne.
da lungo tempo. Alcuni codici più recenti hanno Dio. Nel greco il mio Dio. Questa umiliazione,
:

jiàXiv di nuovo, che si presta meglio per la forma per quanto dolorosa, viene dall'Apostolo conside-
interrogativa. Presso di voi, come se voi foste i rata come un mezzo, di cui Dio, permettendola, si
nostri giudici, da cui dobbiamo aspettare sentenza. serve, per farlo progredire nella virtù. Abbia da
Dinnanzi a Dio, che solo riconosciamo come nostro piangere nel punire severamente molti di quelli,
giudice (I Cor. IV, 3) in Cristo, cioè come mi-
; che prima della mia lettera avendo peccato, poscia,
nistri di Cristo, a cui siamo strettamente uniti, non ostante le mie minacele, e la dimostrazione
e quindi, senza orgoglio o vanità, parliamo, ossia data della gravità dei peccati carnali (I Cor. VI,
facciamo le nostre difese. Ciò facendo però, cer- 9 e ss.), tuttavia non si sono emendati, facendone
chiamo il vostro vantaggio spirituale, cioè la vostra penitenza. Qui si tratta di peccati commessi dai
edificazione. fedeli battezzati. L'Apostolo, che conosceva quanto
20. Spiega le ultime parole del versetto prece- i Corinti fossero portati a questi vizi, già nella
dente, dicendo chiaramente quale motivo lo abbia sua prima ietterà aveva comandato di star lontani
indotto a far la sua apologia davanti ai Corinti. dai fedeli che di essi si macchiavano (I Cor. V,
Egli è agitato da un doppio timore da una parte ;
9 e ss.), e nella seconda aveva mostrato tutta la
teme che, al suo arrivo, non si siano ancora emen- loro malizia (I Cor. VI, 12 e ss.), ed ora minaccia
dati dei loro difetti, e dall'altra teme che abbiano quei che non volessero emendarsi.
a trovare in lui un giudice severo (XIII, 1) quindi ;

ha parlato così per indurli a mutar vita. Che per


disgrazia, ecc. Spiega meglio l'oggetto del suo CAPO XIII.
primo timore. Egli teme che non siano ancora
«comparsi quei partiti, contro i quali ha parlato 1. Nei vv. 1-10, spiega le parole del v. 20 del

nella sua prima lettera. Tra voi manca nel greco, cap. prec. temo... troviate me quale non mi volete,
ma serve a spiegar meglio il pensiero. Dispute e dicendo chiaro che agirà con tutta severità (1-6).
gelosie, cioè fazioni, partiti (I Cor. I, 11; III, 3). Terza volta. Ved. n. XII, 14. Sul detto, ecc.
Contrasti, dissensioni, ecc., sono le conseguenze Cita una sentenza della legge mosaica (Deut. XIX,
dello spirito di partito. Superbie, per cui uno si 15), ricordata anche da Gesù Cristo (Matt. XVIII,
gloria contro l'altro (I Cor. IV, 6, 18). 16; Giov. VIII, 17), mostrando che giudicherà i
236 II Corinti, XIII, 2-9

bum. ^Praedixi, et praedico, ut praesens, et ogni negozio. ^Predissi, e predico come già
nunc absens iis, qui ante peccavérunt, et presente, così ora assente, a quei che prima
céteris òmnibus, quónìam sì venero Iterum, peccarono, e a tutti gli altri, che se verrò
non parcam. dì nuovo, non sarò indulgente.
^An expedméntum quaéritis eius, q»i in ^Cercate voi di fare prova di quel Cristo
me lóquitur Christus, qui in vobis non infir- che parla in me? Il quale rispetto a voi non
màtur, sed potens est in vobis? *Nam etsi è debole, ma è potente in voi ? ^Poiché seb-
crucìfixus est ex infirmitàte sed vivit ex : bene fu crocifìsso come debole, vive però
virtute Dei. Nam et nos infirmi sumus in per virtù di Dio. Per verità noi pure siamo
ilio sed vivémus cum eo ex virtiite Dei in
: deboli in lui, ma saremo vìvi con esso per
vobis. virttj dì Dio, rispetto a voi.
^Vosmetipsos toniate si estis in fid« : ipsi ^Fate saggio dì voi medesimi, se siate
vos probàte. An non cognóscitis vosme- nella fede provate voi stessi. Non cono-
:

tìpsos quia Cbristus lesus in vobis est ? nisì scete forse da voi stessi che Gesù Cristo è
forte rèprobi estis. ^Spero autem quod co- in voi? Se pur non siete da rigettare. *Ió
gnoscétis, quia nos non sumus rèprobi. spero però che conoscerete che noi non
siamo da rigettare.
'Oràmus autem Deum ut nihil mali ia- ^Ma preghiamo Dio che non facciate niente
non ut nos probàti appareàmus, sed ut
ciàtis, dì male, non che appariamo approvati, ma
vos quod bonum est faciàtis nos auéein ut : che voi facciate il bene noi poi siamo come :

rèprobi simus. 'Non enim póssumus àliquid non approvati. ^Perocché nulla possiamo
advèrsus veritàtem, sed prò veritàte. ^Gau- contro la verità, ma per la verità. 'Infatti ci
dèmus enim, quóniam nos infirmi stKious, ajds tenti. E questo ancora domandiamo, la vostra
autem potèntes estis. Hoc et oràmus vestram rallegriamo che noi siamo d&bolì, e voi po-

colpevoU oon htìte le fonaal^à delta legge, racco- e Gesù Cristo abiti in voi colla sua grazia, in
gliendo cioè le t©st«»on«a«&e della loro colpa, e modo che ne iniitiate gli esempi. Se conoscesta di
pronunziando in seguito la sentenza. non aver fede, e che Gosù Cristo non abita in voi,
Annunzia che giudicherà severamente. Pre-
2.
allora voi sareste da rigettare dal numero dei fe-
.

deli, ossia sareste cristiani non provati (d6óxi|iot),


dissi già e predico, come quando ero presente per
la seconda volta tra voi (tale è la lezione del greco cioè non veri e sinceri.
e anche di alcuni codici latini), così ora che sono 6. Qualunque sia il risultato dì tale esame fatto
assente. La seconda visita di S. Paolo a Corinto, dai Corinti sopra se stessi, egli è sicuro che non
era stata assai breve, e allora egli non aveva il potrà essere posto nel numero degli apostoli non
tempo dipunire giudiziariamente i colpevoli, ma sinceri. S. Paolo vuol dire che ben presto cono-
si era contentato di minacciare. Pescarono. Si sceranno che egii è vero Apostolo, che saprà, col
tratta, come è chiaro dal contesto, di peccati punire severamente, far valete tu«i i sitoi diritti,
carnali. e tutta la sua autorità.
3. Nel greco manca l'interrogazione e si legge : 7. Nei vv. 7-10, fa vedere che egli spera però
non sarò ìncèalgente, poiehè voi cercate di far di non dover far uso della sua autorità. L'Apo-
prova, ecc. Disprezzando i miei ordini e le mie stolo cerca di raddolcire le sne minaecie, pigliaado
ammonizioni, col non emendarvi dei vostri vizi, nuovamente un tono affettuoso. Egli prega Dio che,
voi mi costringete a far prova su di voi di tutta colla sua grazia, aUontani i Corinti dal male ; non
la mia potestà di Apostolo, e a farvi vedere che prega di apparire come approvato, ossia non prega
Cristo parla in me, ossia che i miei ordini sono di trovare nei loro difetti un'occasione per mo-
ordini di Gesii Cristo, il quale saprà agire contro di strare col punire severamente, che è vero Apo-
voi, non già con debolezza, ma con forza, non solo stolo; egli desidera solo che facciano del bene,
per mezzo di miracoli e segni straordinasi (XII, 12), dovesse pare egli per mancanza di occa^^iooe dS far
ma anche infliggendovi pene severe, come ha già valere la sua autoùtà, con^^actfe come chi non
fatto in passato (I Cor. XI, 30). abbia alcun potere.
4. Benché Gesiì Cristo come debole, ossia in 8. Spiega meglio il suo pensiero. Non possiamo
quanto ha preso una natura debole e mortale vo- esercitare la nostra a*itorità di punke contro la
lontariamente abbia patito e sia morto, tuttavia verità, ossia coiv«?o coloro che Sanno il bene e
secondo questa stessa natura per virtù di Dio ri- vi;40no secondo la legge cri&»antì, poi«hè o^i po-
suscitò, e vive ora di vita gloriosa e immortale. tere che abbra«io ci fu dato per ìa v«ftà, ossia per
Ora suoi ministri partecipano alla sua debo-
i promuovere ed es«end«ce la pfetifia della legge
lezza e alla sua forza ; anch'essi soffrono e sono evangelica.
condannati a morte per Lui (IV, 10, 11), ma in 9. Stando così le cose, egli si rallegra quando
essi si manifesta pure la vita e la forza di Lui, ed (neJ greco invece di qfionioim »i legge qaando) è
essi sono costituiti giudici dei fedeli. Saremo vivi debole, ossia q«a«do non ha occasione di mostrare
come giudici, avea^i autorità di condannare e pu- la sua autoBÌtà di giiidiee sawero, benché per questo
nire sevewmente. Questo futuro si riferisce a^ possa sembrare a qualcuno, che egli sia privo di
tempo della prossima visita che S. Paolo farà a tale autorità, e quando i fedeli sono po^onii, cioè
Corinto. forti nella virtù, in modo da essere come sottsatti
Fate saggio, ossia esaminatevi adunque bene,
5. alsuo potere giudiziario (Rom. XIIJ, ^. Egli do-
s« siate nella fede; se «bbiate cioè una fede viva, manda anaora nella sua preghiera a Dio, che siano
II Corinti, XIII, 10-13 ~ Introduzione Calati 237

consummatiónem. ^"Ideo haec absens scribo, perfezione. "Per questo io assente scrivo
ut non praesens dùrius agam secùndum po- talicose, affinchè presente non abbia da agire
testatem, quam Dóminus dedit mihi in aedi- più duramente secondo la potestà datami dal
ficatiónem, et non in destructiónem. Signore per edificazione, e non per distru-
zione.
"De cétero, fratres, gaudéte, perfécti "Del rimanente, o fratelli, siate allegri,
estete, exhortàmini, idem sàpite, pacem siate perfetti,consolatevi, siate concordi,
habéte, et Deus pacis, et dilectiónis erit vo- state in pace, e il Dio della pace e della ca-
biscum. rità sarà con voi.
"Salutate invicem in osculo sancto. Sa- "Salutatevi gli uni gli altri col bacio santo.
lùtant vos omnes sancti. "Gràtia Domini I santi tutti vi salutano. "La grazia del Si-
nostri Jesu Christi, et chàritas Dei, et com- gnor nostro Gesù Cristo, e la carità di Dio,
municàtio sancti Spìritus sit cum omnibus e la partecipazione dello Spirito Santo sia con
vobis. Amen. _ tutti voi. Così sia.

perfetti nella virtù, onde non abbia mai ad agire 13. In quest'ultimo augurio, oltre un'esplicita
verso di loro come giudice severo. testimonianza del dogma della SS. Trinità (Ved.
Per questo stesso fine egli ha loro scritto
10. Prat, La Théologie de St-P., t. II, p. 199; Le-
questa lettera, acciò si emendino, e l'ultima ra- breton, Les origines du dogme de la Trinile, 1910,
gione si è, perchè se egli agisse con troppa seve- p. 338), della quale spesso si servirono i Padri
rità,abuserebbe del suo potere, che gli fu dato da per combattere gli Antitrinitari e gli Ariani, si con-
Dio per l'edificazione, e non per la distruzione, tiene ancora tutto ciò che può essere necessario
del regno di Dio sulla terra. al cristiano, cioè :la grazia di Gesù Cristo, per la

11. Ultime raccomandazioni e Siate al-


saluti.
quale siamo giustificati e salvati la carità di Dio
;

legri, pensando alla felicità toccatavi, nell'essere Padre, per la quale siamo intimamente uniti a
fatti membri di Gesù Cristo (I Tess. V, 16). Siate Dio; la comunicazione dello Spirito Santo, che ci
perfetti, correggendovi dei vostri difetti. Consola- distribuisce i suoi doni e le sue grazie. Nomina
tevi in mezzo ai mali e alle tribolazioni della vostra prima Gesù Cristo, perchè Egli, facendosi uomo,
Chiesa. Siate concordi, state in pace, tenendovi è stato l'autore della nostra salute e la causa me-
lontani dai partiti e dalle fazioni. Della carità ritoria della grazia, la quale, come da prima fonte,
fraterna. proviene dalla carità del Padre, e ci viene comuni-
cata dalla virtù dello Spirito Santo.
12. Salutatevi, ecc. Ved. Rom. XVI, 16; I Cor.
XVI, 20. / santi, cioè i fedeli, presso i quali mi Amen: manca nei migliori codici B K A F G, ecc.
trovo.

IV,

LETTERA AI CALATI
NTRODUZIONE
I DESTINATARII DELLA LETTERA Al CA- La Galazia propriamente detta si trova
LATI. — S. Paolo indirizza la sua Lettera quasi nel centro dell'Asia Minore, e confina
« alle Chiese della Calazia » {Gal. i, 2), all'Est col Ponto e la Cappadocia, all'Ovest
chiama suoi lettori (( insensati Calati »
i colla Frigia, al Sud colla Pisidia e la Li-
(Gal. 1) e suppone di averli evange-
Ili, caonia, e al Nord colla Bitinia e la Pafla-
lizzati egli stesso personalmente {Gal. i, 8 ;
gonia. Le sue città principali sono Ancira,
IV, 13-14). Queste indicazioni non sono però Tavio e Pessinonte (Ved. Strabone, 1. e).
sufficienti per determinare con precisione Il nome di Calazia le venne da alcune
chi siano propriamente i destinatarii di tribù di Calli {greco KeÀroi o KaÀzoì, celti,
questa lettera, poiché il nome di Calazia donde to^Xàrai. Ved. Pausan. l, 3, 6 e Ciu-
può ugualmente significare sia la Calazia lio C, De Bell, gali, i, 1), i quali nel iii se-
propriamente detta (chiamata dai Romani colo a. C, lasciato il Mezzogiorno della
Gallogrecia. Ved. Strabone, xii, 5), e sia Francia, emigrarono dapprima nel Nord
la provincia romana di Calazia. della Crecfa e poi si spinsero nell'Asia Mi-
238 Introduzione Calati

nere vivendo da avventurieri, finché vinti potendo essere risolta che g<wi argomenti in-
dal re, di Pergamo Attalo I, furono costretti terni, rimane per ciò stesso incerta, e non
a stabilirsi definitivamente nella regione ri- è possibile dare su di essa una sentenza
cordata. Nell'anno 189 a. C. diventarono definitiva.
tributarli dei Romani, conservando però la Tuttavia pur ritenendo meritevoli di ogni
loro organizzazione politica e i loro capi. considerazione gli argomenti addotti dai so-
Tra questi, Deiotaro, per l'aiuto prestato ai stenitori della seconda sentenza, ci paiono
Romani contro Mitridate, ricevette da Pom- più forti quelli che presentano i difensori
peo il titolo di re dei Calati e il dominio della prima, e quindi riteniamo come più
di tutta la Galazia. probabile che la lettera di S. Paolo sia stata
suo successore Aminta, ebbe ancora da
Il indirizzata ai cristiani della prpvincia ro-
Antonio e da Augusto la Licaonia, la Pi- mana di Galazia.
sidia, risauria, la Panfilia, la Frigia e la Mentre infatti è cosa certa che S. Paolo
Cilicia. Alla morte di Aminta, avvenuta nel predicò il Vangelo nella Galazia del Sud, è
24 a. C, tutto il suo regno così ingrandito invece assai problematico che egli abbia pre-
fu ridotto sotto la potestà immediata dei dicato nella Calazia del Nord. S. Luca dice
Romani, e formò la Pì-ovincia della Galazia, bensì che S. Paolo nella sua seconda mis-
la quale per conseguenza, oltre alla Calazia sione •attraversò ttjv 0Qvylav ual TaXaTiKfjv
propriamente detta che si estendeva al Nord, XÒìQCLv {Atti XVI, 6) e nella terza scorse t^v
comprendeva ancora, verso il Sud, tutte rcnÀanurjv ;fG)gav Kal ^Qvylav {Atti, xvill,
quelle regioni che erano state unite al regno 23), ma il fatto di chiamare la regione attra-
di Aminta. Questa provincia apparteneva versata e scorsa dall'Apostolo raXanurjv xo>-
all'imperatore ed era governata da un le- Qav paese galatico o della Galazia, e non
gato che risiedeva ad Ancira. Le sue prin- già semplicemente Calazia, non lascia forse
cipali città, oltre alle menzionate, erano An- legittimamente supporre che si tratti non
tiochia di Pisidia, Iconio, Listri e Derbi già della Calazia propriamente detta, ma
nella Licaonia.
della provincia romana di Calazia che com-
Gli abitanti della Calazia propriamente
prendeva anche una parte della Frigia?
detta sono chiamati Calati del Nord, e quelli Una conferma di questa supposizione si
delle altre regioni della provincia romana
potrebbe trov^are nelle prime parole dì San
di Galazia, Calati del Sud. I primi erano
Luca rfjv 0Qvylav ual FaÀaTiurjv x<^Q^'^t
costituiti da un'aristocrazia discendente dagli
nelle quali mancando l'articolo davanti a
antichi Calati invasori,, e da. una popolazione
FaXariKT^v, ì due termini €>Qvyiav e FaXa-
greco-frigia con pochi elementi Giudei, i
TLuriv possono essere considerati come due i
secondi invece erano greco-frigi mescolati
aggettivi concordanti con x^Q^"^- Si avrebbe
a notevoli colonie romane e giudaiche (Ved.
allora questa traduzione : traversando il paese
Dict. Vig., Calate, Galatie; Hagen, Lex Bib.
frigiO'galatico, che indicherebbe precisa-
Galatae, Galatia; Tit. Liv., xxxvill, 16;
mente la provincia romana di Calazia.
Giustino, XXV, 2 Cicer., Pro rege Dejotaro;
;

Polibio, Hist, II, 6; Appiano, Bell, civ., v,


Ma anche ammesso che S. Paolo abbia
nella sua seconda e terza missione predicato
75; Amm.
Marcel., xv, 9, 12; Dione Cas-
nella Galazia propriamente detta, non si po-
sio, XLix, 32; LI, 2; LUI, 26; Perrot, De
Gal. prov. rom., p. 33, Parigi, 1867 Explor.
trebbe ancora conchiudere che la Lettera
;

sia indirizzata agli abitanti di questo paese.


de la Gal, p. 194, Parigi, 1872; ecc.).
Infatti nella Lettera {Gal. ii, 1, 9, 13) si
Ciò posto si fa questione tra gli eruditi
parla di S. Barnaba come di una persona,
se i Calati, a cui S. Paolo scrive la sua let-
tera, siano gli abitanti della Calazia pro-
che non solo è nota ai lettori, ma che gode
priamente detta, oppure gli abitanti di An-
presso di essi di una grande autorità. Ora
tiochia di Pisidia, di Iconio, di Listri e di S. Paolo ebbe bensì a compagno S. Barnaba
nella sua prima missione, quando evange-
Derbe, ecc. I pareri sono divisi, e mentre
lizzò la Pissidia e la Licaonia, ossia la Ga-
alcuni (Cornely, Introd. spec. Ili, p. 417
Jacquier, Hist. des liv. du N. T., lazia del Sud {Atti xiii, 13 e ss.), ma non
e ss. ;

t. I, p. 171 e ss. Fouard, St-Paul, ses mis-


;
consta affatto che lo abbia avuto nella se-
sions, p. 50; Beurlier Dite. Vig. Galatie; conda e terza missione, quando avrebbe do-
Le Camus, L'oeuvre des Apdtres, t. ii, vuto evangelizzare la Galazia del Nord. Di
p. 103; Belser, Bini, in das N. T., édit. più, tutto il contesto della Lettera suppone
1901, p. 436, ecc., e fra i protestanti Ram- che S. Paolo abbia passato un tempo note-
say, Weizsacker, 'Perrot, lacobsen, ecc.), vole coi fedeli a cui scrive, ed abbia sof-
stanno per la Calazia del Sud, altri invece ferte tali e tante tribolazioni, che essi avreb-
Brassac, M. B., t. iv, p. 218 Fìllion, h. 1.
; ;
bero potuto trovarvi un motivo dì non ab-
Van Steenkìste, h. 1. Drach, h. 1., ecc.).,
;
braciare la fede {Gal. iv, 13). Ora tutto ciò
ritengono almeno come probabile che San si accorda mirabilmente con quanto avvenne

Paolo abbia scritto ai Calati del Nord. La nella prima grande missione, quando San
questione per mancanza di dati esterni, non Paolo e S. Barnaba non solo impiegarono
INT:^ODUZI0^E GàLATI 23q

un tempo notevole nell 'evangelizzare Ico- dal Giudaismo. Tale è infatti la situazione
nio, Listri,Derbe, nella Galazia del Sud ;
presupposta dalla Lettera ai Galati, nella
ma vi subirono tali persecuzioni che per quale S. Paolo dimostra ai suoi lettori che
ben due volte S. Paolo fu lapidato, e in una essi non devono farsi circoncidere, perchè
di esse venne abbandonato fuori della città altrimenti. Cristo non gioverà loro nulla
come morto (Ved. Atti xiv, 5 e ss.). Nelle {Gal. v, 2, 3; vi, 12, 13), e li invita a ri-
altre due missioni nulla avvenne di tutto cordarsi che vi un tempo in cui non cono-
questo. S. Luca {Atti xvi, 6; xviii, 23) si scevano il vero Dio, ma prestavano il loro
contenta di dire che S. Paolo traversò e culto agli idoli {Gal. iv, 8). Ora è chiaro
scorse il paese della Galazia, e non ìndica che tali cose non potevano essere dette che
punto che siavisi fermato qualche tempo o a fedeli convertiti dal paganesimo. D'altra
vi abbia sofferto alcuna persecuzione, che parte alcuni passi della Lettera suppongono
potesse dar motivo ai fedeli a non abbrac- manifestamente che vi fossero
tra i lettori
ciare la fede. Si deve quindi conchiudere alcuni Giudei. Tali sono il testo in cui San
che la lettera sia diretta ai fedeli evangeliz- Paolo dice a Galati : « non vi ha più (tra
zati da S. Paolo nella prima missione, vale voi) né Giudeo, né greco » {Gal. ni, 28), e
a dire ai Galati del Sud. il testo in cui, accomunando se stesso con
Questa conclusione è confermata dal fatto loro, afferma che prima che venisse la fede
che S. Paolo dicendo ai suoi lettori {Gal. ii, «eravamo custoditi sotto la legge» {Gal.
5) che a Gerusalemme nel Concilio non Ili, 23).
volle cedere un istante alle pretese dei falsi
fratelli, affinchè rimanesse presso di loro la Occasione e fine della Lettera ai Ca-
verità del Vangelo, suppone manifestamente lati. —
Nella sua seconda missione. San
che le Chiese a cui scrisse siano state fon- Paolo, accompagnato da Silvano, visitò le
date prima del Concilio. Or bene, prima Chiese della Galazia raccomandando loro
del Concilio, S. Paolo non evangelizzò che di osservare le regole stabilite nel Concilio
la Galazia del Sud, come apparisce chiaro di Gerusalemme {Atti xvi, 4, 5).
dal libro degli Atti (xiv, xv, xvi) e per con- Già fin d'allora probabilmente
i Giudaiz-

seguenza la Lettera non ha potuto essere in- zanti cercavano di spargervi i loro errori,
dirizzata se non alle Chiese di questa re- e S. Paolo aveva messo in guardia i fedeli
gione. scongiurandoli a non allontanarsi per niun
Si deve inoltre osservare che S. Paolo nel motivo della dottrina loro predicata {Gal. i,
suo modo di parlare sì adatta all'uso ro- 9). Ma appena egli si partì dalla Galazia
mano, e perciò a quella guisa che coi nomi per recarsi nella Macedonia e nell'Acaia, i
di Asia, Macedonia, Achaia, intende sem- Giudaizzanti si diedero apertamente a pre-
pre di parlare delle Provincie romane aventi dicare i loro errori, insegnando che per
tali nomi, senza curarsi delle antiche signi- essere perfetti cristiani si doveva ricevere la
ficazioni, così è ragionevole supporre che circoncisione e praticare la legge di Mosè
anche qui col nome di Galati intenda sem- {Gal. Ili, 1-iv, 31).
plicemente parlare degli abitanti della pro- Per dare maggior credito alle parole e
vincia romana di Galazia (Vedi altri argo- indurre più facilmente i fedeli ad accettarle
menti presso Cornely, Introductio, ecc., ili, andavano dicendo che tali erano gli inse-
p. 417 e ss. Jacquìer, Histoire des livres
;
gnamenti della Chiesa di Gerusalemme e
da N. T., t. I, p. 174 e ss. Cf. per la sen- dei grandi Apostoli Pietro, Giacomo e Gio-
tenza contraria Brassac, Man. Bib., i. i,
: vanni {Gal.II, 1-21). Quanto a S. Paolo poi

p. 217). non era a far gran caso di lui. Egli, non


avendo veduto il Signore, non poteva par-
Composizione della Chiesa della Ga- lare in nome di lui, e d'altra parte la sua
,
lazia. — Come già fu osservato, S. Paolo, autorità era di gran lunga inferiore a quella
preso S. Barnaba per compagno, evange- degli altri Apostoli {Gal. i, 12-24). I Galati
lizzò fin dalla sua prima missione, la parte incostanti e leggieri (Cesare, De bello gali.,
meridionale della Galazia, e nonostante le IV, 5), si lasciarono scuotere dalla predi-
violenti persecuzioni dei Giudei, riuscì a cazione dei Giudaizzanti, e benché, al mo-
fondarvi parecchie Chiese fìorentissìme mento in cui S. Paolo scrisse loro questa
(Ved. Atti xiii, 14-xiv, 25), che tornò poi Lettera, non sembri che già avessero abban-
a visitare nell? sua seconda e terza missione donata la fede cadendo nell'errore, tuttavia
(Atti XVI, 1-6; xviii. 23. Accolto con^e un. correvano grande pericolo. Appena S. Paolo
angelo di Dio (iv, 14) trovò eli animi^dei^ fu informato delle cose, scrisse immedia-
proseliti e dei pagani meglio disposti verso tamente questa lettera, nella quale si pro-
il Vangelo che non ì Giudei {Atti xiii, 45- pone di paralizzare l'azione demolitrice dei
49; XIV, 1), e quindi non fa meraviglia che Giudaizzanti e rassodare i fedeli nella dot-
le Chiese fondate risultassero composte' di trina già loro predicata. A tal fine egli do-
una grande maggioranza di fedeli convertiti veva prima di tutto rivendicare a se stesso
Gal paganesimo e di una minoranza venuta la dignità e l'autorità di Apostolo e quindi
240 Introduzione Calati

il diritto di parlare a nome di Gesù Cristo, legge (v, 1-6). Severo cast go riservato ai
e poi mostrare la conformità del suo inse- seduttori dei Calati (v, 7-12). La libertà
gnamento con quello degli altri Apostoli, e della legge non é licenza (v, 13-15). I Ca-
finalmente provare con argomenti invittis- lati devono vivere secondo lo Spirito (v, 16-

simi che né la circoncisione né la legge di 25). Infine l'Apostolo aggiunge parecchi altri 1

Mosè possono conferire qualche cosa alla avvertimenti morali riguardanti la fuga della
giustificazione. Tutto questo S. Paolo ha vana gloria, e della superbia, e la pratica ^
fatto nella presente Lettera, come appa- della carità (v, 26-vi, 1-10).
risce chiaro a chiunque ne imprenda la L'epilogo (vi, 11-18) contiene un rias-
lettura. sunto della parte polemica e morale (vi, 11-
15), un augurio, una preghiera e un sa-
Divisione e breve analisi della Lettera
AI Calati. — Nella lettera ai Calati oltre
luto, (vi, 16^18).

a un prologo (Gal. i, 1-10) e un epilogo Carattere speciale della Lettera ai


(Gal. VI, 11-18) si possono distinguere tre Calati. —
La Lettera ai Calati occupa un
parti una apologetica (Gal. i, ll-ii,
: 21), l'al- posto importantissimo tra gli scritti di San
'
tra dogmatica {Gal. Ili, 1-iv, 31) e
, la terza Paolo, poiché contiene, esposta in modo
morale {Gal. v, 1-vi, 10). chiaro e distinto, la dottrina fondamentale
// prologo (i, 1-10) si compone di una che la giustificazione si ottiene solamente
lunga iscrizione (t-5) e di un severo ripi- per mezzo della fede in Cesù Cristo, e che
provero ai Calati e ai loro seduttori (6-10). i cristiani sono liberi dalla servitù della
La prima parte (i, ll-ii, 21) contiene legge mosaica. La Lettera ai Calati ha per-
una apologia di S. Paolo. L'Apostolo co- ciò una grande affinità e parecchi punti di
mincia a rivendicare la sua autorità aposto- contatto colla Lettera ai Romani. Sìa infatti
lica, mostrando che egli ha ricevuto la sua nell'una come nell'altra viene espressa la
missione e la sua dottrina immediatamente stessa tesi in termini pressoché identici
da Cesù Cristo e non già dagli uomini. A {Rom. Ili, 28; Gal. n, 16), si insiste sulla
tal fine riassume la sua vita sino al mo- storia di Abramo facendone poi un'applica-
mento in cui fu chiamato all'apostolato (i, zione particolareggiata {Rom. iv, 1-25 ix, ;

11-24). Poi fa vedere che la sua dottrina è 7-9; Gal. ni, 6-18; iv, 21-24), si allegano
perfettamente conforme a quella degli altri gli stessi scritturistìci, vi si fanno
testi
Apostoli, perché riconosciuta come tale al sopra gli ragionamenti {Gen. xv, 6
stessi ;

Concilio di Gerusalemme (ii, 1-10) e ad Rom. IV, 3-9 Gal. ni, 6 Lev. xviii Rom.
; ; ;

Antiochia da S. Pietro (ii, 11-21). X, 5; Gal. in, 12; Abac. ii, 4; Rom. l, 17;
La seconda parte (in, 1-iv, 31) contiene Gal. Ili, 11) e si hanno parecchie espres-
l'esposizione del grande dogma che la giu- sioni comuni {Rom. ix, 1 Gal. i, 20 Rom.; ;

stificazione non dipende per nulla dalle opere xni, 14; Gal. in, 27, ecc. Ved. Prat, La
della legge. S. Paolo prova questa verità Théologie de St-P., t. l, p. 222.
appellandosi prima all'esperienza dei Calati, Vi ha però questa differenza, che nella
i quali senza la legge ricevettero i doni dello Lettera ai Romani la questione é trattata più
Spirito Santo (in, 1-7), e poi invocando ampiamente, e viene messa in rapporto sia
l'autorità della Scrittura, la quale afferma coi pagani e sia coi Giudei, mentre invece
che coloro i quali avrebbero partecipato alla in quella ai Calati si riguarda quasi solo ai
benedizione di Abramo, vi avrebbero par- pagani, che componevano la grande maggio-
tecipato non in virtiì della legge, ma in ranza della Chiesa.
virtù della fede (ili, 8-14). Le promesse fatte La Lettera ai Calati ha pure una certa
ad Abramo non furono abrogate colla pro- affinità colla seconda Lettera ai Corinti. In
mulgazione della legge (in, 15-18), ma la tutte e due si vedono gli stessi attacchi dei
legge fu un semplice pedagogo, che doveva Ciudaizzanti contro la dignità e l'autorità
condurre gli Ebrei a Cesù Cristo (in, 1^ di S. Paolo, e si ammira la stessa difesa,
24) e che ora ha perduto ogni suo valore lo stesso zelo, lo stesso stile passionato e
(in, 25-29). Sotto di essa i Giudei erano ardente, che non rifugge dall'ironia contro
come figli minorenni : la perfetta figliuo- gli avversari, e si mostra pieno di tenerezza
lanza non si ha che in Cesù Cristo (iv, 1-7). verso di coloro che si arrendono e sono do-
Segue, un'esortazione ai Calati a non volere cili alla verità (Cf. II Cor. xi, 2, 32 e Gal.
farsi schiavi assoggettandosi alla legge, ma i, 17; II Cor. in, vii, vni, xii e Gal.
ad imitare il loro Apostolo e a non lasciarsi II, 1-3, ecc.).
sedurre dai falsi apostoli (iv, 18-20). Si
mostra infine l'inutilità della legge colla Data e luogo in cui fu scritta la Let-
storia dei due figli di Abramo (iv, 21-31). tera Al Calati. —
Gli autori non conven-
La terza parte (v, 1-vi,. 10) contiene al- gono nello stabilire la data di questa Lettera
cune esortazioni pratiche. S. Paolo scon- e mentre gli uni vorrebbero che fosse stata
giura i Calati a non volersi privare delle scritta al tempo della cattività romana d»

grazie di Cesù Cristo coU'assoggettarsì alla S. Paolo, altri invece pretendono che sia il
Introduzione Calati 241

primo scritto dell' Apostolo (Belser, Weber, autori della prima metà del secondo secolo
Kerl, Le Camus, ecc.). La soluzione della e della fine del primo. Così ad esempio. San
questione dipende in gran parte dalla sen- Ciustino {Dialogo XCV) riproduce due passi
tenza che si segue per riguardo ai destina- del Deuterenomio (xxvii, 26 e xxi, 23)
tari. Risulta infatti dal cap. IV, 13, che San conformandosi al testo della Lettera ai Ca-
Paolo al momento in cui scriveva questa lati (ili, 13, 10), che si scosta alquanto sia

Lettera aveva già visitato due volte i suoi dal testo ebraico e sia da quello dei LXX.
lettori. Ora se questi sono i Calati del Nord, Similmente Atenagora {Leg. pro~ Crisi.,
siccome S. Paolo li evangelizzò la prima xvi) si serve d'una espressione caratteri-
volta nella sua seconda missione, segue ne- stica della Lettera ai Calati, iv, 9, infirma ei
cessariamente che la lettera sia stata scritta egena elementa àodsvf} ual Tiroxà oror/sla
dopo la terza missione, nella quale per la e S. Policarpo e S. Clemente hanno parec-
seconda volta S. Paolo penetrò nella Ca- chie frasi analoghe a quelle che si trovano
lazia propriamente detta. nella Lettera che esaminiamo (Cf. Clera.
Sicome però abbiamo detto essere più I Cor. v = Gal. ii, 9 I Cor. xlix = Gal. l,
;

probabile che la Lettera sia diretta ai Calati 4 Policarp., Ad Philipp, v = Gal. vi, 7).
;

del Sud, evangelizzati nella prima missione, Si deve ancora aggiungere che l'autenticità
così crediamo ancora più probabile che la di questa Lettera veniva riconosciuta dagli
lettera sia stata scritta dopo la seconda mis- stessi eretici del secondo secolo Marcione
sione, ossia verso l'anno 53-54 (Ved. Cor- (Tertull., Adv. Marc, v, 2) e Valentino
nely, Introd. Ili, p. 429). (Sant'Irin., Adv. Haer., i, 3, 5), ecc.
Che poi questa Lettera sia stata scritta Cli argomenti interni confermano piena-
dopo il Concilio di Cerusalemme (an. 51), mente dati della tradizione. Non solo in-
i

si può dedurre dal cap. II, 1-10, dove quasi fatti ladottrina di questa Lettera è identica
tutti gli interpreti ammettono che il viaggio a quella delle altre Lettere, ma spesso è
a Cerusalemme ivi descritto, sia quello fatto riprodotta cogli stessi termini, e per di più
in occasione del Concilio. Similmente per la condizione e lo stato di cose che essa
il fatto stesso che in questa Lettera non vi suppone corrispondono in tutto a quello che
ha alcuna allusione alla cattività di S. Paolo, conosciamo essere esistito al tempo in cui
si può ritenere come certo che essa non fu fu scritta. Anche i dati storici relativi alla
scritta dopo il 58, anno in cui l'Apostolo fu vita di S. Paolo, che ci fornisce, si accor-
imprigionato. dano perfettamente con quanto ci viene nar-
Anche per riguardo al luogo da cui fu rato negli Atti (Ved. Jacquier, Histoire, ecc.,
scritta i pareri sono assai discordi e, men- t. i, p. 210 e ss.).
tre alcuni (S. Cerolamo, Estio, ecc.) stanno
per Roma, altri pensano a Efeso (Fillion,
lulicher, Hug, ecc.), e altri a Corinto (Bras- Principali commenti cattolici moderni
sac, Bleek, Cornely, ecc.). Questa ultima SULLA Lettera ai Calati. Oltre agli —
sentenza ci pare più probabile. antichi, Vittorino Afr., Libri duo in Epist.
ad Galatas ; S. Cerolamo, Comm. in Ep. ad
Autenticità della Lettera ai Calati. Gal. libri UI; Sant'Agostino, Epist. ad Gal.
— L'autenticità Lettera ai Calati è
della exposit, lib. unus, ecc., meritano di es-
ammessa da se si eccettuano pochi ra-
tutti, sere citati Fried. Windischmann, Erklàrung
:

zionalisti, i quali per partito preso negano des Briefes an die Galater, Mainz, 1843 ;

o dubitano anche delle cose più evidenti A. Bisping, Erkl. des 2 Brief. an. die Kor.
(Ved. l'esposizione e la confutazione delle u. des Brief. an die Galat., Mùnster, 1885;
loro futilità presso Eeìser, Einleitung in das Fr. Reithmayr, Kommentar zum. Brief. an
N. T., p. 442; Jacquier, Histoire, ecc., t. 1, die Galat, Munich., 1865 Palmieri, Comm. ;

p. 207 e ss. Cornely, Comm. in Ep. ad


; in Epist. ad Gài, Calopiae, 1886 A. Schae- ;

Gal., p. 370 e ss.). È infatti indubitato che fer. Die B. B. des N. T. erklàrung. I Brief.
alla fine del secondo secolo la Lettera era Pauli. an die Thess. u. a. d. Gal., Mùnster,
ammessa in tutte le Chiese come opera di 1894 Cornely, Comm .in Epist. ad Cor.
;

S. Paolo e come Scrittura divinamente ispi- alteram et ad Gal, 1892 Belser, Die Sel- ;

rata. Per la Chiesa Romana ne abbiamo la bstvertheidigung. des h. Paulus in Galater-


prova nel Frammento Mnratoriano, per la briefe, Friburg. B., 1896 Weber, Die Abfas-;

Chiesa Africana vi è l'autorità dì Tertulliano sung des Galaterbriefes ver dem Apostel-
{De Praescript, 6, 23; Adv. Mar., v, 2, konzil, Ravensburg, 1890; Steinmann, Die
4, ecc.), per la Chiesa Callicana sta San- Abfassungszeit des Galaterbriefes, Mùnster,
t'Irineo {Adv. Haer., in, 6, 7, ecc. e per 1906 Niglutsch, Brevis commentarius in
;

la Chiesa Alessandrina vi è Clemente A. S. Pauli epist. ad Gal. et I Cor., Trento,


{Strom., Ili, 15, ecc.). Inoltre si trovano 19p7 Toussaint, Lettres aux Thess., aux
;

esplicite citazioni di questa Lettera negli Galates, aux Cor., Parigi, 1910.

16 Sacra Bibbia, voi. II.


242 Calati, I, 1-4

LETTERA AI CALATI

CAPO I.

Iscrizione e saluti, 1-5. — Rimprovero ai neofiti e ai loro seduttori^ 6-10, — La


missione di S, Paolo viene immediatamente da Dio, 11-24,

^Paulus Apóstolus non ab hominibus, ne- ^Paolo creato Apostolo non dagli uomini,
que per hominem, sed per lesum Christum, né per mezzo di un uomo, ma da Gesù
et Deum Patrem, qui suscitàvit eum a mór- Cristo, e da Dio Padre, che lo risuscitò da
tuis ^Et qui mecum sunt
: omnes fratres, morte ^e tutti i fratelli che sono con me,
:

Ecclésiis Galàti,ae. alle Chiese della Galazia.

^Gràtia vobis, et pax a Deo Patre, et Dò- ^Grazia a voi, e pace da Dio Padre, e dal
mino nostro lesu Christo, *Qui dedit semet- Signor nostro Gesù Cristo, ""il quale diede

2. Tutti i fratelli, cioè tutti i miei collaboratori


CAPO I. nella predicazione del Vangelo (Filipp. IV, 22),
oppure, secondo altri, i fedeli della città da cui
1. Il prologo (I, 1-10) di questa lettera si com- scrivo. La prima spiegazione è migliore. Scrivendo
pone di una iscrizione (1-5), a cui non segue come a nome di tutti i suoi collaboratori l'Apostolo vuol
nelle altre lettere un'azione di grazie, ma un rim- dare maggior peso alle sue parole, mostrando così
provero severo ai neofiti e ai loro seduttori (I, 6- che tutti si accordano perfettamente nell'insegnare
10). L'iscrizione è assai lunga, come nelle lettere la stessa dottrina. Alle Chiese della Galazia. Sul
ai Romani e a Tito, ma differisce da ogni altra, senso dcJla parola Gailazia, Vedi Introduzione. E
perchè vi si annunzia subito l'argomento da trat- da notare come S. Paolo non aggiunga alcun
tare. Fin da principio infatti S. Paolo contro i titolo di elogio per le Chiese di Galazia, mentre
Giudaizzanti, che gli negavano la qualità di Apo- invece lo aggiunge sempre nelle altre lettere com-
stolo uguale ai dodici, e insegnavano la necessità prese quelle ai Tessalonicesi (Rom. I, 17; I Cor.
di osservare la legge mosaica, afferma solenne- I, 2, ecc. I Tess. I,
; 1 ; II Tess. I, 1).

mente la sua dignità di Apostolo e la redenzione


Grazia, ecc. Ved. n. Rom. Cor.
3. I, 7; I I, 3.
universale operata da Gesti Cristo.
Apostolo nel più stretto senso, cioè uguale ai La legge di Mosè non ha potuto liberare gli
4.

dodici (Cf. Rom. I, 1). Non dagli (greco àitó) uomini dal peccato, ma solo Gesù Cristo, il quale
uomini, come da causa principale (Rom. X, 15), diede se stesso alla morte come os'ia e oblazione
né per mezzo (gr. òià) di uomo, come da causa (Efes. V, 2), e come prezzo del nostro riscatto
secondaria e immediata, ma da Gesù Cristo come (I Tim. II,Padre ha comandato a Gesù di
6). Il

da causa prossima e immediata, e da Dio Padre morire (Giov. Ili, 16), e Gesù, con atto ineffabile
come da causa uhima. San Paolo fu chiamato di amore per noi (I Piet. Ili, 18) e con perfetta
all'Apostolato immediatamente da Gesù Cristo, e obbedienza (Filip. II, 8), si sottomise al volere del
da Lui ancora fu istruito (I, 12, I Cor. XI, 23) ed Padre. Per i nostri peccati, ossia per cancellare
ebbe la missione di predicare a tutti, ma special- col suo sangue i nostri peccati morendo in vece
mente ai gentili, il Vangelo (Rom. I, 1 ; V, 14; nostra. Nel greco i migliori codici hanno «epì tójv :

XI, 13). Egli è quindi uguale agli altri Apostoli


àfiapTimv = a causa dei nostri peccati. Il codice B
(II, 7), e dagli uomini non ha ricevuto altro che
e pochi altri* minuscoli hanno: vJièp à.uapnwv mv
la consacrazione episcopale (Atti XIII, 1). Che ^ per i nostri peccati. Il senso non muta. Per ca-
lo risuscitò, ecc.Aggiunge queste parole per spie- varci, ecc. Altro fine della morte di Gesù fu di

gare come abbia potuto essere chiamato immedia- strapparci al dominio che il mondo, il cui principe
tamente da Cristo all'Apostolato, benché non lo è Satana (Giov. XII, 14; II Cor. IV, 4), esercitava
avesse seguito durante la sua vita mortale, e per su di noi. Secolo, ossia il mondo (Rom. Ili, 23
indicare che al Padre come a prima fonte è do- e ss.; Codoss. Il, 14; I Piet. I, 19, ecc.).
vuto il fatto che egli sia stato chiamato ad essere Presente, gr. èveorfìro!;, è detto in opposizione
Apostolo da Gesù risuscitato (Atti IX, 4 e ss.). a futuro (Cf. Rom. Vili, 38; I Cor. Ili, 22; VII,
Siccome Gesù Cris'to è qui opposto agli uomini, 26; Ebr. IX, 9), e quindi secolo presente è questo
ed associato intimamente a Dio Padre, si ha una mondo, in cui viviamo (I Cor. I, 20; Efes. II, 2).
prova che Egli non è un puro uomo, ma Dio Esso viene chiamato maligno, perchè Satana vi
uguale al Padre. Ved. Prat, Th. de St-P., t. II, esercita il suo impero (I Giov. V, 19), e perchè fa
pag. 176. guerra a Gesù Cristo (Giov. XV, 19; Rom. VIII, 7),
Calati, I, 5-10 243

ipsum prò peccàtis nostris, ut eriperet nos sé stesso pei nostri peccati, per cavarci dal
de praesénti saéculo nequam, secùndum vo- presente secolo maligno, secondo la volontà
luntàtem Dei et Patrìs nostri, *Cui est gloria di Dio e Padre nostro, ^cui è gloria nei
in saécula saeculórum. Amen. secoli dei secoli : così sia.
"Miror quod sic tam cito transferimini ab ^^Mi stupisco che così presto fate passag-
eo, qui vos vocàvit in gràtiam Christi in gio da colui, che vi chiamò alla grazia di
àlìud Evangélium : ^Quod non est àliud, nisi Cristo, ad un altro Vangelo ^sebbene non :

sunt àliqui, qui vos contùrbant, et volunt ve n'è altro, ma vi sono alcuni che vi con-
convértere Evangélium Christi. *Sed licet turbano e vogliono capovolgere il Vangelo
nos, aut Angelus de caelo evangelizet vobis di Cristo. *Ma quand'anche noi, o un an-
praeterquam quod evangelizàvimus vobis, gelo del cielo vi evangelizzi oltre quello che
anàthema sit. ^Sicut praediximus, et nunc vi abbiamo evangelizzato, sia anatema.
iterum dico : Si quis vobis evangelizàverit 'Come dissi per l'innanzi, dico anche
praeter quod accepìstis, anàthema sit.
id, adesso Se alcuno vi evangelizzerà oltre
:

^"Modo enim hominibus suàdeo, an Deo? quello che avete appreso, sia anatema.
An quaero hominibus piacére? Si* adhuc ^"Poiché adesso cerco io forse il favore degli
hominibus placérem, Christi servus non uomini, di Dio? Cerco io forse di piacere
essem. agli uomini? Se tuttora piacessi agli uo-
mini, non sarei servo di Cristo.

ed è tutto peccato (Il Giov. II, 15). Alcuni (Bi- da Cristo. I migliori codici greci hanno però èv Xà«
sping, ecc.), per secolo presente intendono quel piTi XpioroO = nella grazia, oppure per la grazia,
tempo di perversione quasi generale, che precederà di Cristo, e indicano così la causa meritoria della
la venuta di Gesù per il giudizio (Matt. XXIV, 8 nostra vocazione alla fede. Ad un altro (gr. Srepov
e ss.), e che S. Paolo suppone essere imminente. = diverso). Vangelo, cioè alla falsa dottrina (II
Una tale spiegazione non è ammissibile, non solo Cor. II, che i Giudaizzanti predicavano come
17)
perchè erroneamente suppone che S. Paolo cre- Vangelo di Gesìi Cristo, in opposizione alla dot-
desse prossimo il giudizio, ma anche perchè attri- trina predicata da S. Paolo, detta da essi imper-
buisce al participio éveorcÒToq un senso, di cui non fetta e incompleta.
occorre alcun esempio nel Nuovo Testamento.
Sebbene, ecc. In verità la dottrina dei Giudaiz-
7.
5. Cui è, ecc. ricordo dei benefìzi ricevuti me-
11 zanti non merita il nome di Vangelo, poiché non
diante la morte di Gestì, strappa all'Apostolo un vi è che un solo Vangelo, ed è quello che io vi
grido di riconoscenza. Sia (tale è il senso del greco) ha predicato. Se però ho usato un tal nome, è solo
gloria nei secoli. Nel greco avanti a gloria òó£a vi perchè tra voi vi sono alcuni, i quali cercano di
è l'articolo determinativo »ì = la. San Paolo vuole trascinarvi alla perdizione, e si sforzano di rovinare
quindi che sia data a Dio tutta la gloria che gli è falsificare il Vangelo di Cristo (II Cor. II, 17).
dovuta, e che i Giudaizzanti cercano di rapirgli
8. In presenza di tanta perfìdia, l'Apostolo, pieno
menomando la grandezza dei suoi benefìzi. Nei
di santa indignazione, prorompe in due maledizioni
secoli, ecc., cioè in eterno. L'Apostolo usa spesso
contro questi Quand'anche noi, ecc.
falsi apostoli.
di queste dossologie (I Cor. XV, 57; Efes. Ili,
Supposizione ma che dà maggior
irrealizzabile,
20, ecc.).
forza al pensiero, e mostra meglio il tremendo ca-
6. Mentre nelle altre lettere San Paolo rende stigo che cadrà sui falsificatori del Vangelo. Oltre
grazie a Dio per i benefìzi fatti ai fedeli a cui quello. Il greco Jrap' o significa piuttosto contro
scrive, e cerca di guadagnarsi la benevolenza dei quello. E chiaro che col nome di Vangelo non si
neofiti col farne l'elogio, preparandoli così a rice- intende qui un libro scritto, ma la dottrina predi-
vere le sue ammonizioni e i suoi insegnamenti, qui cata da S. Paolo. Anatema (Ved. n. Rom. IX, 3;
invece entra subito in argomento con un biasimo 1 Cor. XVI, 22). La dottrina evangelica è immuta-
severo. Mi stupisco, ossia non avrei mai creduto, bile per tutti i tempi.
che così presto, cioè sì poco tempo dopo la vostra
conversione alla fede, oppure sì poco tempo dopo 9. Come voce quando mi trovavo tra voi
dissi a

che sono partito da voi. I Galati avevano abbrac- e vi mettevo in guardia contro i falsi dottori (Atti
ciato la fede con grande trasporto (IV, 13) e San
XVI, 4 e ss.). Se alcuno, chiunque sia. L'espres-
Paolo aveva lasciato le loro Chiese in uno stato sione è più generale di quella del versetto pre-
fìorentissimo (Atti XVI, 5)
cedente.
erano ferme nella fede
;

e arricchite di ogni dono spirituale (III 2), ma ecco 10. Qualcuno avrebbe potuto opporre
a S. Paolo
che quasi subito dopo la sua partenza si diedero che sua troppa severità avrebbe offeso molti,
la
ad ascoltare e a seguire i falsi apostoli giud-aiz- ma egli prevenendo la difficoltà, afferma che ha il
zanti, senza più curarsi degli insegnamenti rice- dovere di procurare ad ogni costo la gloria di
vuti. Fate passaggio. L'uso del tempo presente Dio, anche se per ciò dovesse perdere la stima
indica che la defezione non era ancora compiuta al degli uomini. Adesso (gr. apri), cioè in questo
momento in cui l'Apostolo scriveva. La leggerezza momento, in cui fulmino la scomunica contro i falsi
dei Galati era proverbiale presso gli antichi. Da apostoli, cerco io il favore degli uomini, ecc. Il
coluiiche vi chiamò, cioè dal Padre celeste, a cui latino suadeo, gr. toi'Gcd, ha il senso di cercar il
S. Paolo attribuisce sempre la vocazione alla fede favore. Cerco io forse in tutto il mio modo di agire
^Rom. VIII, 29 e ss. ! Cor. I, 9; I Tess. II, 12;
; di piacere, ecc. Se nell'esercizio del suo ministero
II Tess. II, 14, ecc.). Alla grazia di Cristo, cioè cercasse il favore degli uomini, sarebbe indegno di
ad essere partecipi della grazia meritata agli uomini essere servo di Gesù Cristo. Nelle cose indiffe-
244 Calati, I, 11-17

^^Notum enim vobis fàcio, fratres, Evan- ^^Ora vi fo sapere, o fratelli, come il
gélium, quod evangelizàtum est a me, quia Vangelo, che è stato evangelizzato da me,
non est secùndum hominem "Neque enim : non è cosa umana ^^perchè non l'ho rice-
:

ego ab hómine accépi illud, neque didici, vuto, né l'ho imparato da uomo, ma per
sed per revelatiónem lesu Christi. rivelazione di Gesù Cristo,
^^Audìstis enim conversatiónem meam ali- ^^Voi infatti avete sentito dire quale fosse
quando in ludaismo quóniam supra modum : una voha la mia condotta nel Giudaismo :

persequébar Ecclésiam Dei, et expugnàbam come oltre misura io perseguitava la Chiesa


illam, ^*Et proflciébam in ludaismo supra di Dio, e la devastava, ^'^e mi avanzava nel
multos coaetàneos meos in gènere meo, Giudaismo sopra molti miei coetanei della
abundàntius aemulàtor existens paternàrum mia nazione, essendo più gran zelatore delle
meàrum traditiónum. ^*Cùm autem plàcuit mie paterne tradizioni. ^^Ma allorché piac-
ei, qui me segregavi! ex utero matris meae, que a colui che mi segregò fin dall'utero di
et vocàvit per gràtiam suam, ^®Ut revelàret mia madre, e per sua grazia mi chiamò,
Filium suum in me, ut evangelizàrem illum "di rivelare a me
suo Figliuolo, affinchè
il

in Géntibus continuo non acquiévi carni et


: io lo predicassi alle genti, subitamente non
sanguini, presi consiglio dalla carne e dal sangue,
^
'Neque veni lerosólymam ad antecessó- "né andai a Gerusalemme da quelli che

" I Cor. XV, 12 Eph. IH, 3.

rentl, S. Paolo tutto a tutti per guadagnar


si fa mosaica era pieno di zelo per essa. Mi avanzava
tutti a Cristo (I Cor. X, 33; II Cor. V, 11), qui aderendo piii tenacemente alle sue prescrizioni
però non si tratta di cose indifferenti, ma di verità (Atti XXII, 3), e osservandone non solo precetti, i

fondamentali della fede. ma accettando ancora tutte le tradizioni farisaiche,


Nella prima parte di questa lettera (I, 11;
11. dette paterne perchè egli non solo era Fariseo, ma
II, Paolo prova contro i Giudaizzanti che
21), S.
ancora figlio di Farisei (Atti, XXIII, 6; Filipp. Ili,
la sua missione viene immediatamente da Dio (I, 5). Ora un dottore della legge, così feroce contro

11-24), e che la sua dottrina concorda perfetta- i cristiani e geloso della propria religione, non ha
mente con quella degli altri Apostoli (II, 1-21). certamente voluto e potuto, durante questo tempo,
Comincia collo stabilire le prima parte della sua ricevere e imparare da uomini la dottrina cristiana.
tesi, prima sotto forma negativa (v. 11), e poi 15. Nei vv. 15-24 fa vedere che anche dopo la
sotto forma positiva (v. 12). Vi fo sapere, formola sua conversione non ha ricevuto il Vangelo dagli
di transizione (I Cor. XV, 1 II Cor. Vili, 1). I; Apostoli. Piacque, ecc. Queste parole indicano la
migliori codici invece di enim y^P hanno autem òé gratuità del benefìzio fatto a S. Paolo. Mi segregò,
Fratelli.Dà ora ai Calati il nome di cristiani. Da cioè si mise da parte (Ved. n. Atti, Xlll, 2; Rom.
me nella Galazia. Non è cosa umana, ossia non I, 1). Dio che ab eterno aveva eletto e predestinato

ha nulla di umano, e non ha che fare colle San Paolo all'Apostolato, nel tempo lo prese per
opinioni degli uomini. Prova questa verità argo- sé, e lo preparò alla grande missione fin dal primo
mentando dall'origine del Vangelo che egli ha momento in cui fu concepito nel seno di sua madre,
predicato. e poi per mezzo di una grazia efficacissima lo
12. Non l'ho ricevuto. Non aver ricevuto il Van- chiamò sulla via di Damasco alla fede e all'Aposto-
gelo dagli uomini è comune a tutti i discepoli di lato (Atti, IX, le ss.; XXVI, 15 e ss.).

Gesù, ma non averlo imparato dagli uomini è 16. Di rivelare,Questo vèrbo dipende an-
ecc.
proprio dei Dodici, ai quali fu concesso di inten- cora da piacque, e con esso l'Apostolo indica un
dere i misteri del regno di Dio (Matt. XIII, 11 nuovo benefizio fattogli da Dio, cioè un'interna e
e ss.) e fu promesso Io Spirito S,, affinchè inse- altissima rivelazione dei misteri di Gesii Cristo.
gnasse loro ogni verità (Giov. XVI, 13). Ora San A me, sarebbe meglio tradurre in me, cioè nel più
Paolo non ebbe il Vangelo dagli uomini, ma fu chia- intimo del mio essere. Predicassi alle genti, cioè
mato alla fede, e ricevette la profonda cognizione ai pagani. S. Paolo era stato eletto ad essere in
che aveva di tutte le verità cristiane immediata- modo speciale l'Apostolc dei gentili (Atti. IX, 15;
mente da Gesiì Cristo (Ani IX, 5 e ss. XXVI, ; XII, 21; XXVI, 17, 18; Efes. Ili, 8, ecc.). Subita-
15 e ss. II Cor. XII, 2 e ss.).
; mente si riferisce non solo a non presi, ecc., ma
13-14. Mostra che egli non ha potuto ricevere anche alla prima metà del versetto seguente.
il Vangelo dagli uomini prima della sua conver- Non presi consiglio è la traduzione esatta del
sione. Avete sentito dire. La vita di S. Paolo do- greco ov wpoaaveGéjaiiv. Carne e sangue significano
veva essere conosciuta dai Calati, i quali probabil- qui l'uomo naturale colle sue miserie e debolezze
mente l'avevano appresa dalla sua stessa bocca. (Matt. XVI, 17; Efes. VI, 12). L'Apostolo vuol
La mìa condotta, cioè il mio modo d'agire, nel dire che egli non prese consiglio da alcun uomo
Giudaismo, ossia prima della mia conversione. mortale, e non sottopose all'esame degli uomini
Come, ecc. Descrive la sua condotta prima in rela- per averne schiarimenti, ecc., la dottrina, ossia il
zione alla Chiesa e poi in relazione alla legge mo- Vangelo comunicatogli da Gesù Cristo, ma si lasciò
saica. Per riguardo alla Chiesa egli la perseguitava guidare in tutto dal solo Spirito Santo.
oltre misura, cioè piiì di tutti i Giudei, e la deva- 17. Andai. I codici greci presentano due lezioni
stava (Atti VII, 58; Vili, 3; IX, ! e ss.; XII, 4; à«t\X8ov andai e dvnA9ov salii, ugualmente buone.
XXVI, 10; I Tim. I, 13). Per riguardo alla legge Che erano Apostoli prima di me, ossia che furono
Calati, I, 18-24 245

res meos Apóstolos sed àbii in Aràbiam


:
: erano Apostoli prima di me ma me n'andai
:

et kerum revérsus sum Damàscum ^"De- : nell'Arabia e di nuovo ritornai a Dama-


:

inde post annos tres veni lerosólymam vi- sco ^*indi tre anni dopo andai a Gerusa-
:

dére Petrum, et mansi apud eum diébus lemme per visitare Pietro, e stetti presso di
quindecim ^^Mium autem Apostolórum vidi
:
lui quindici giorni ^^non vidi alcun altro
:

néminem, nisì lacóbum fratrern Domini. degli Apostoli, ma solo Giacomo fratello del
-°Quae autem scribo vobis, ecce coram Deo Signore. ^°In quello che vi scrivo, Dio è
quia non méntior. testimone presente, che io non mentisco.
^^Deinde veni in partes Syriae, et Ciliciae. ^^Di poi andai nei paesi della Siria e della
"Eram autem ignótus fàcìe Ecclésiis lu- Cilicia. ^^Nè io era conosciuto di vista dalle
dfléae, quae erant in Christo ^^Tantum : Chiese di Cristo nella Giudea ^^e solo
:

autem auditum habébant Quóniam qui per- : avevano sentito dire Colui che una volta
:

sequebàtur nos aliquàndo, nunc evangelizat ci perseguitava, ora evangelizza la fede, che
fidem, quam aliquàndo expugnàbat ^*Et in : già detestava ^*e per causa mìa glorifi-
:

me clarificàbant Deum,. cavano il Signore.

prima di me chiamati all'Apostolato. Tali erano ì Quindici giorni, che sarebbero stati ìnsuflRcienti,
Dodici.Da ciò si comprende che S. Paolo sì rite- se si fosse recato da S. Pietro per apprendere il
neva come uguale a loro sia nella dignità e sia nel- Vangelo. Questo viaggio é ricordato negli Atti IX,
l'autorità, colla sola differenza che essi furono chia- 26-30, ove si legge ancora che S. Paolo dovette
mati prima. Gesù Cristo mosse S. Paolo a non così presto lasciar Gerusalemme, perché si cercava
andar subito a Gerusalemme, affinchè fosse chiaro dì ucciderlo.
che la missione e la dottrina a lui affidate venivano 19.Per sempre più provare che nulla ha rice-
immediatamente da Dio, e tutti riconoscessero che vuto dagli Apostoli fa osservare che a Gerusalemme
egli era perciò uguale agli altri dodici Apostoli. non ha veduto altri Apostoli oltre Pietro e Giacomo
Me n'andai nell'Arabia. S. Luca non parla negli fratello del Signore. Si tratta dì Giacomo d'Alfeo,
Atti (IX, 19-28) di questo viaggio, benché supponga parente del Signore (Ved. n. Matt. X, 3 XIII, 55.
;

che S. Paolo siasi fermato due volte a Damasco Cf. Atti, I, 13; XII, 17; XV, 13; XVIII, 21 e ss.).

20. S. Paolo annette tanta importanza al fatto che


solo dopo tre anni dalla sua conversione vide per
pochi giorni Pietro e Giacomo, che ne conferma
la "erìtà con un solenne giuramento, come suofe
fare nelle cose più gravi (Rom. I, 9; IX, 1 ; II Cor.
I, 23; X, 10, ecc.).

21. Nei paesi della Siria e della Cilìcla e quindi


lontano dagli Apostoli. Anche S. Luca (Atti, IX,
30 e ss.) narra che S. Paolo, fuggito da Gerusa-
lemme, fu condotto a Cesarea, di dove poi si recò
Fig. 26. — Moneta di Damasco. a Tarso nella Cilicia. S. Paolo però allude qui
probabilmente all'Apostolato esercitato assieme a
(Atti, IX, 19, 22; V. n. ivi). La notizia che ci for- S. Barnaba in Antiochia e nei dintorni (Atti, XI, 25).
nisce questa lettera completa quindi la narrazione
22. Ne era conosciuto, ecc. Anche questo parti-
di S. Luca. S. Paolo non andò nell'Arabia a pre-
colare serve a mostrare che S. Paolo non fu am-
dicare il Vangelo, ma a prepararsi nella solitudine
maestrato da alcun Apostolo. Egli non aveva alcuna
e nel ritiro alla predicazione. Probabilmente si
relazione colle Chiese fondate nella Palestina, e
tratta dall'Arabia Petrea.
perciò non poteva essere istruito dagli Apostoli,
18. Tre anni dopo la sua conversione, passati che erano occupati nel visitarle, e nell'ìstruirle, ecc.
parte a Damasco e parte nell'Arabia (Ved. n. Atti, Dicendo che non era conosciuto di vista, è chiaro
IX, 19,^ 23). Jndai dvilAGov = salii. Visitare. Il
che egli non parla della Chiesa dì Gerusalemme,
greco ìoTopeìv, di cui non vi è altro esempio nel dove erasì fermato per quindici giorni, e dove
Nuovo Testamento, viene usato quando si tratta non poteva essere ignoto ai cristiani che tanto
di cose o di persone, che per la loro eccellenza
aveva perseguitato.
meritano di essere vedute e conosciute da vicino.
Benché chiamato ed istruito immediatamente da 23. Benché le Chiese di Palestina non lo cono-
Gesù Cristo, S. Paolo credette suo dovere di visi- scessero di vista, tuttavìa era loro pervenuta la
tare S. Pietro, non per imparare da lui il Vangelo, fama dei grandi frutti che egli otteneva colla sua
ma per conoscerlo e rendere omaggio al capo del predicazione, e ne erano tanto più liete, in quanto
collegio apostolico e di tutta la Chiesa. In queste conoscevano bene con quale odio e ferocia avesse
parole ha una conferma del primato conferito a
si
perseguitato la fede.
S. Pietro,come riconoscono tutti i Ss. Padri. Cf. 24. Per causa mia,
ecc. Davano lode a Dio, alla
S. Gerolamo, ep. CXII, 8; S. Giov. Cris., Teodo- cui attribuivano e la mia conversione e i
grazia
reto, Teofìlatto, ecc., h. 1. Pietro. Tale è la lezione frutti del mio Apostolato. Queste Chiese colla loro
dei codici DE F, ecc., ma i codici B X A, ecc., lòde a Dio venivano ancora a riconoscere me quale
hanno Cete. vero Apostolo.
246 Calati, II, 1-3

CAPO II.

La dottrina di S. Paolo fu riconosciuta conforme a quella degli altri Apostoli nel


Concilio di Gerusalemme, i-io, — e nell'incidente di Antiochia, 11-21.

^Deinde post annos quatuórdecim, iterum ^Quindi quattordici anni dopo andai di
ascéndi lerosólymam cum Barnaba, assùm- nuovo a Gerusalemme con Barnaba, avendo
pto et Tito. ^Ascéndi autem secùndum reve- preso con me anche Tito. ^E vi andai per
latiónem et cóntuli cum illis Evangélium,
: rivelazione e conferii con quelli il Vangelo
:

quod praédico in Géntibus, seórsum autem che predico tra le nazioni, e distintamente
iis, qui videbàntur ali quid esse ne forte in : con quelli che erano in grande autorità :

vàcuum cùrrerem, aut cucurrissem. affinchè io non corressi, od avessi corso


senza frutto.

^Sed ncque Titus, qui mecum erat, cum 'Ma nemmeno Tito, che era con me, fu
esset Gentilis, compùlsus est circumcidi : astretto, benché Gentile, a circoncidersi :

da S. Paolo (Cf. II Cor. II, 13; Vili, 23; Tit. I,


CAPO II. 4, ecc.) era uno di quei fratelli ricordati dagli
Atti (XV, 1) che accompagnarono l'Apostolo a
1. I GioKiaizzanti non solo negavano che S. Paolo Gerusalemme.
fosse vero Apostolo, ma dicevano che la dottrina
2. Per rivelazione. Ciò non contraddice a San
da lui predicata doveva essere completata dagli
Luca, a quale narra che S. Paolo intraprese questo
insegnamenti degli altri Apostoli, i quali, secondo
viaggio in seguito a una decisione della Chiesa di
essi, ritenevano che per essere perfetti cristiani si
Antiochia. Per una rivelazione divina S. Paolo ac-
dovessero osservare le prescrizioni mosaiche (Ved.
cettò la missione affidatagli. Ved. n. Atti, XV, 2.
n. Atti, XV, 29). S. Paolo quindi dopo aver pro-
L'Apostolo ebbe spesso di queste rivelazioni, Atti,
vato i>el cap. prec. l'origine divina deJla sua mis-
XVI, 6; XVIII, 9; XX, 22; XXII, 17, ecc.
sione, passa a mostrare (II, 1-21) che la sua dot-
Conferii, cioè esposi, come indica il greco ave-
trina è perfettamente conforme a quella degli altri
Qétii\v,con quelli, ossia coi fedeli tutti di Gerusa-
Apostoli, essendo stata come tale riconosciuta da
S. Pietro e dagli altri, sia al Concilio di Gerusa-
lemme in una pubblica adunanza, come é narrato
negli Atti, XV, 4-5. 7/ Vangelo che io predico tra
lemme (1-10), e sia nell'incidente di Antiochia
le nazioni, ossia la dottrina che insegno del niun
(11-21). Quattordici anni dopo il primo viaggio a
valore delle pratiche legali e della perfetta ugua-
Gerusalemme già ricordato (I, 18), ossia circa
glianza dei Giudei e dei Gentili per riguardo alla
l'anno 51, andai di nuovo a Gerusalemme per il
salute. Poi conferii in particolare, cioè privata-
Concilio (Ved. n. Atti, XV, 1 e ss.). Quasi tutti gli
mente, con quelli che erano in autorità, ossia cogli
esegeti ritengono che il viaggio qui ricordato da
Apostoli e coi seniori (Atti, XV, 6). La frase latina
S. Paolo sia quello stesso descritto da S. Luca
iis qui videbàntur aliquid esse non corrisponde
(Atti, XV, 1 e ss.). Le circostanze infatti sono per-
perfettamente al greco totq òoxotjoiv, che do-
fettamente uguali nell'uno e nell'altro, e le due
vrebbe essere piuttosto tradotto « con quelli che
narrazioni si completano a vicenda, poiché S. Luca
sono stimati o considerati», cioè coi capi o colle
da storico fedele riferisce le pubbliche discussioni
autorità della Chiesa. Ad ogni modo si deve esclu-
del Concilio e il decreto promulgato, mentre San
dere dalla mente e dalle parole dell'Apostolo ogni
Paolo mirando a un fine apologetico riferisce alcuni
specie di ironia o di disprezzo verso gli altri Apo-
fatti privati, i quali provano in modo piìi chiaro
stoli. Affinchè io non corressi, ecc. Se conferii cogli
che la sua dottrina fu pienamente approvata dagli
Apostoli, non è perchè avessi dubbi sulla mia dot-
Apostoli. S. Paolo passa sotto silenzio il suo se-
trina che ho ricevuta da Gesii Cristo, ma affinchè
condo viaggio a Gerusalemme (anno 43) ricordato
non diventassero inutili le mie fatiche apostoliche
dagli Atti, XI, 30 (Ved. n. ivi), perchè allora non
presenti e passate. Se infatti i fedeli avessero
ebbe occasione di trattenersi con alcun Apostolo,
dubitato della verità di quanto insegno, allora o
giacché S. Pietro si era allontanato, S. Giacomo
non si sarebbero convertiti alla mia parola, oppure
era stato ucciso, e gli altri si erano dispersi In
avrebbero rigettato la dottrina ricevuta. La me-
varie regioni in seguito alla persecuzione. A Geru-
tafora del correre èitolta dai giuochi di corsa nello
salemme S. Paolo non trovò che alcuni seniori, ai
stadio (I Cor. IX, 24; I Tim. VI, 12, ecc.), e si-
quali consegnò le elemosine portate (Ved. n. Atti,
gnifica qui gli sforzi che faceva l'Apostolo per
XI, 30). Alcuni (S. Giovanni Gris., Tertulliano, Le
salvare gli altri e sé stesso.
Camus, ecc.), pensano che S. Paolo parli qui di
questo suo secondo viaggio, ma questa opinione 3. II mostrò subito che io non correva in-
fatto
ha contro di sé la pressoché unanimità degli inter- vano, perchè gli Apostoli non solo approvarono 1«
preti cattolici e va incontro a difficoltà testuali e mia dottrina, ma ritennero che non si dovesse cir-
cronologiche gravissime (Cf. Cornely, h. I. ; Tous- concidere Tito mio compagno, benché egli fosse
saint, h. 1. ; Fiilion, h. 1. ; Pailmieri, h. 1., ecc.). gentile. Fu astretto da quelli che avevano autorità.
Barnaba <Attì, IV, 30); Tito, discepolo molto. amato II greco TivoYxdoGii lascia supporre che vi fossero

1
Calati, II, 4-9 247

•Sed propter subintrodùctos falsos fratres, *e ciò, per riguardo di quei falsi fratelli, i
qui subintroiérunt explorare lìbertàtem no- quali si erano furtivamente intrusi ad esplo-
strani, quam habémus in Christo lesu, ut rare la nostra libertà, che abbiamo in Cristo
nos in servitùtem redìgerent. *Quibus ncque Gesù, per ridurci in servitù. *Ai quali non
ad horam céssimus subiectìóne, ut véritas cedemmo neppure un momento con assog-
Evangéli! permàneat apud vos : "Ab iis gettarci, affinchè rimanesse presso di voi la
autem, qui videbàntur esse àliquid, (quales verità del Vangelo "Quanto a quelli poi
:

aliquàndo Merini, nihìl mea interest. Deus che avevano grande autorità (checché siano
persónam hóminis non àccipit) mihi enim stati altre volte non mi importa. Dio non
qui videbàntur esse àliquid, nihil contulé- giudica secondo l'esteriore dell'uomo), quelli
runt. dico che avevano autorità, non mi comuni-
carono nulla.
'Sed e centra cum vidissent quod crédi tum ^Ma al contrario avendo veduto come a
est mihi Evangélium praeputii, sicut et Petro me era stato affidato il Vangelo per i non
circumcisiónis *{Qui enim operàtus est
: circoncisi, come a Pietro per i circoncisi :

Petro in Apostolàtum circumcisiónis, operà- "infatti chi die potere a Pietro per l'Apo-
tus est et mihi Inter Gentes). 'Et cum co- stolato dei circoncisi lo ha dato anche a me
gnovissent gràtiam, quae data est mihi, la- tra i Gentili). 'E avendo riconosciuto la gra-

« Deut. X, 17; Job. XXXIV, 19; Sap. VI, 8; Eccli, XXXV, 15; Act. X, 34; Rom. II, 11; Eph.
VI. 9; Col. Ili, 25; I Petr. I, 17.

alcuni, i quali domandavano con insistenza che p^a vendicare la sua indipendenza e la sua libertà,
Tito fosse circonciso, il che si accorda con Atti, nonché quella di tutti i fedeli.
XV, 5. 6. Quanto a quelli, ecc. Sia nel greco che nel
4. E non fu astretto a circoncidersi,
ciò, ossia e latino, la frase è incompleta, poiché S. Paolo la
per riguardo, ecc. S. Paolo spiega il motivo per cominciò col passivo, ma avendovi inserita una
cui gli Apostoli non vollero che Tito fosse circon- parentesi, la terminò poi coll'attivo. Quelli che
ciso. Si doveva togliere ai Giudaizzanti ogni pre- avevano, ecc. Ved. n. 2. Checché siano stati, ecc.,
testo di predicare la necessità dell'osservanza delle ossia per quanto abbiano avuto relazioni personal!
prescrizioni mosaiche. Comincia col descrivere i col Signore, oppure benché al Concilio fossero
caratteri di questi Giudaizzanti. Sono falsi fratelli, molto stimati, tutto questo non mi importa nulla
perchè fìngono cristiani, mentre in realtà sono
si nella questione presente, perchè Dio non giudica
nemici di Gesii Cristo (II Cor. XI, 13) si sono ;
degli uomini secondo le loro condizioni esterne,
introdotti furtivamente, cioè di nascosto e senza ma secondo i doni interni '(Rom. II, 11), e sotto
diritto nella Chiesa, per esplorare la nostra libertà questo aspetto io sono loro uguale. Ora gli altri
dalla legge mosaica, che abbiamo ottenuta per la Apostoli non mi comunicarono nulla, ossia non ap-
nostra unione a Gesù Cristo (v. 19). Come esplo- portarono nessuna aggiunta, nessuna modificazione
ratori che non entrano in una città se non per alla mia dottrina sulla libertà dei cristiani dalla ser-
trovare la via più facile per espugnarla, così i vitù della legge, anzi l'approvarono completamente,
Giudaizzanti si aggirano in mezzo ai fedeli stu- come si dimostra nei versetti seguenti.
diando ogni via per ridurci in servitù, ossia per 7. Avendo veduto in seguito all'esposizione par-
farci schiavi delle osservanze mosaiche, come se ticolareggiatadel mio ministero (Atti XV, 12). Il
alla salute e ad essere perfetti cristiani non ba- soggetto di questa proposizione si ha al v. 9, ed
stasse Gesù Cristo. è Giacomo, Pietro, ecc. // Vangelo, cioè la predica-
5. falsi fratelli, non ostante tutte le loro
Ai quali zione del Vangelo per i non circoncisi, ossia per i
insistenze,non cedemmo neppure un istante (II pagani. Per i circoncisi, cioè per i Giudei. Tutti gli
Cor. VII, 8; I Tess. II, 17, ecc.) con assoggettarci Apostoli erano stati mandati a predicare a tutte le
alle loro pretese, e ciò affinchè rimanesse presso genti, ma per una speciale disposizione di Dio
di ossia presso tutti i fedeli, la verità del
voi, avvenne, che benché Pietro avesse aperte le porte
Vangelo, vale a dire non fosse pervertita e adul- della Chiesa ai Gentili (Atti IX, 1 e ss.), tut-
terata la dottrina di Gesù Cristo, la quale dichiara tavia si occupasse principalmente della conversione
liberi i cristiani dalla legge mosaica. Se infatti dei Giudei, e benché Paolo desiderasse di essere
proprio al Concilio, quando si trattava esplicita- anatema per i Giudei (Atti XIII, 43; Rom. IX, 3),
mente la questione del valore della legge, S. Paolo tuttavia si occupasse in modo speciale della con-
avesse lasciato circoncidere Tito, ì Giudaizzanti versione dei Gentili. Le parole praeputii, circumci-
non avrebbero mancato di trarne argomento per siónis sono due astratti per i concreti (Rom. II, 26).
la loro tesi sull'obbligatorietà dei precetti mosaici. 8. Spiega meglio il versetto precedente. Quello

Quando si trattava di cristiani deboli che osserva- stesso Dio, che diede potere (gr. (ò èyT\pyr\aaq),
vano la legge, non perchè credessero insufììciente ossia colla sua grazia rese efficace e fruttifero
il Vangelo, ma perchè si pensavano di essere, così l'Apostolato di Pietro tra gli Ebrei, ha pure reso
efficace il mio Apostolato tra i Gentili, conceden-
facendo, più accetti a Dio, S. Paolo non aveva
difficoltà di farsi Giudeo coi Giudei, afìine di con- domi di fondare Chiese, ecc.
durli poco a poco a Gesù Cristo (I Cor. IX, 20 9. Avendo, ecc. Ripiglia la frase cominciata al
e ss.), ma di fronte «i Farisei superbi, che avreb- versetto 7 e interrotta dalla parentesi 8. La grazia,
bero voluto sostituire la legge al Vangelo, egli sa- ossia non solo la mia dignità di Apostolo, ma anche
248 Calati, II, 10-12

cóbus, et Cephas, et Ioannes, qui vìdebàntur zia conceduta a me, Giacomo e Cefa e
colùmnae esse, dextras dedérunt mihi, et Giovanni, che erano riputati le colonne,
Bàrnabae societàtis ut nos in Gentes, ipsì
: porsero le destre di confederazione a me e
autem in circumcisiónem ^"Tantum ut : a Barnaba onde noi tra i Gentili, ed essi
:

pàuperum mémores essémus, quod étiam tra i circoncisi "solo che ci ricordassimo
:

solicitus fui hoc ipsum fàcere. dei poveri la qual cosa fui pure sollecito
:

ad eseguire.
**Cùm autem venisset Cephas Antio "Essendo poi venuto Cefa ad Antiochia,
chìam : in fàciem ei restiti, quia reprehen- gli in faccia, perchè meritava ri-
resistetti
sìbilis erat. ^^Prius enim quam venirent prensione. ^^Prima infatti che arrivassero
quidam a lacóbo, cùm Géntibus edébat : alcuni da Giacomo, egli mangiava coi Gen-

i doni concessimi per compiere fedelmente la mis- nione, oltre la tradizione, ha contro di sé il con-
sione affidatami. Giacomo di Alfeo (Ved. n. I, 19), testo. Si parla infatti di un personaggio, che do-
vescovo di Gerusalemme. San Paolo lo nomina per veva occupare nella Chiesa una posizione supe-
il primo, non perchè fosse superiore a Pietro, ma riore a quella degli altri Apostoli (v. 2 e ss.), e
perchè Giudaizzanti si appellavano in modo spe-
i tale che il suo esempio riuscì a scuotere Barnaba,
ciale alla sua autorità. Cefa è il nome aramaico, e minaciava di scuotere tutta la Chiesa di An-
con cui i Giudaizzanti chiamavano S. Pietro (v. 11). tiochia. Inoltre S. Paolo presenta la sua azione
Giovanni Apostolo ed Evangelista. S. Paolo ricorda come un atto di coraggio, e Cefa viene descritto
solo questi tre Apostoli, o perchè essi soli si tro- al versetto 9 come una colonna della Chiesa. Ora
vavano allora a Gerusalemme, oppure perchè solo tutto questo non può convenire che al principe
alla loro autorità si appellavano i Giudaizzanti. 1 degli Apostoli (Ved. Vigoiu-oux, Les Livres Saints
codici D E F G hanno ; Pietro, Giacomo e Giovanni, et la Crìtique rationaliste 5* ed., tom. V, p. 456
,

ma questa lezione è una correzione evidente. e ss.; Dict. Vig., Cephas Pierre; Cornely, h. 1.;
Erano riputati, gr. oì come al v. 2,
òoxoCvtec;, Brassac, M. B., t. IV, p. 228 Van Steenkiste, h. 1.
; ;

erano cioè stimati colonne, che sostengono Tedi- Calmet, Disseriation sur Cephas, ecc.).
fizio della Chiesa (Apoc. Ili, 12). Pietro è il fonda- Gli resistetti in faccia, cioè apertamente e in
mento della Chiesa, e gli Apostoli in quanto sono pubblico (v. 14). Meritava riprensione. Nel greco :

poggiati su di luì ne sono le colonne. Porsero le era ripreso o biasimato dalla sua condotta prece-
destre, come si soleva fare quando si sanzionava dente, che ora veniva in certo modo a sconfessare,
un patto o una convenzione (I Mac. VI, 58). Di oppure dai cristiani convertiti dal paganesimo.
confederazione, gr. xoivcovi'aq, di comunione. Con
questo atto si veniva a stabilire che Paolo e Bar-
Giacomo, cioè da Gerusalemme,
12. Alcuni da
dove era vescovo Giacomo, oppure alcuni disce-
naba avrebbero principalmente esercitato il loro
poli di Giacomo, che avevano comune con lui lo
ministero nella conversione dei pagani, mentre
zelo per le osservanze della legge senza avere
Pietro, Giacomo e Giovanni si sarebbero rivolti in
però la sua condiscendenza e la sua larghezza di
modo speciale ai Giudei. Questo però non esclude
vedute riguardo ai pagani (v. 9 e Atti XV, 13 e ss.).
che Paolo e Barnaba si occupassero anche degli
Mangiava coi Gentili. Assai prima di questo inci-
Ebrei e che gli altri Apostoli predicassero pure ai
dente S. Pietro aveva insegnato che la salute
Gentili. La dottrina di S. Paolo fu quindi piena-
doveva ottenersi per la sola fede, indipendente-
mente approvata e riconosciuta conforme a quella
mente dalle opere della legge, concordando in ciò
degli altri Apostoli. I pagani e i Giudei convertiti
perfettamente con S. Paolo. Egli aveva aperto ai
dovevano formare una sola Chiesa.
Gentili le porte della Chiesa, e proclamato che
10. Dei poveri della Palestina (Ved. n. Rom. XV,
ormai non vi era più alcuna distinzione tra Giudei
27; I Cor. XVI, 1 e ss. II Cor. VIII-IX). Fui
;
e Gentili (Atti X, 15, 35 e ss. XI, 1 e ss. ; XV,
;

sollecito di eseguire. Questo fatto è una prova evi-


8 e ss.). Di conseguenza, come già a Cesarea,
dente che S. Paolo era pienamente d'accordo cogli così anche ad Antiochia egli mangiava coi Gentili
altri Apostoli. qualunque sorta di cibi, eccezione fatta di quanto
11. Nei vv. 11-21, dimostra come ad Antiochia era stato determinato al Concilio (Atti XV, 29).
eg'li abbia fatto valere rindipendenza della sua auto- Si ritirava. Questo verbo all'imperfetto, come
rità apostoilica, coll'opporsi a S. Pietro in ciò in cui pure il precedente mangiava, indicano che la
sra riprensibile. Essendo venuto, ecc. Non sappiamo cosa dovette durare per un certo tempo. Tene-
in quali circostanze precise abbia avuto luogo que- vasi a parte per timore, ecc. S. Pietro, essendo
sto incidente, tuttavia è certo che avvenne dopo in modo speciale l'Apostolo dei Giudei, ebbe ti-
il Concilio, e probabilmente quando S. Pietro si more di disgustarli e allontanarli dalla fede col
recò a visitare la Chiesa di Antiochia nella Siria, non tener conto, in pratica, delle prescrizioni mo-
come è indicato negli Atti XV, 35. Ved. n. ivi. saiche, alle quali essi erano attaccatissimi. Il Con-
Cefa. Tutti i Padri (ad eccezione di Clemente A.) cilio aveva bensì deciso che i pagani non erano
e la grandissima maggioranza degli esegeti poste- tenuti a osservare la legge di Mosè, ma non aveva
riori, ritengono che questo Cefa sia lo stesso prin- vietato agli Ebrei di sottomettervisi. Anche San
cipe degli Apostoli, che in aramaico veniva ap- Paolo stesso circostanze non avrà difficoltà
in altre
punto chiamato con questo nome (Giov. I, 42; di sottomettersi alNazireato (Atti XXI, 20 e ss.),
I Cor. I, 12, ecc.). Alcuni però per timore di veder ma la condotta di S. Pietro ad Antiochia, in un
menomata l'autorità di Pietro dal modo di agire di momento in cui i Giudaizzanti pretendevano che
S. Paolo pensarono che qui si trattasse piuttosto non si potesse essere perfetti cristiani st non os-
di un discepolo del Signore, di questo nome, che servando la legge, era biasimevole, perchè sem-
nor del principe degli Apostoli, ma questa opi- brava confermare il loro errore.
Calati, II, 13-17 249

cùm autem venissent, subtrahébat, et se- tili ma venuti quelli, sì ritirava e si teneva
:

gregàbat se timens eos, qui ex circumci- a parte per timore di quei circoncisi. "E
sióne erant. "Et simulatióni eìus consen- alla simulazione di lui si accordarono gli
sérunt céteri ludaei, ita ut et Bàrnabas du- altri Giudei, di modo che anche Barnaba fu
cerétur ab eìs in illam simulatiónem. ^^Sed indotto da loro alla stessa simulazione. **Ma
cùm vìdissem quod non recte ambulàrent ad avendo io veduto che non andavano con
veritàtem Evangélii, dixi Cephae coram retto piede secondo la verità del Vangelo,
omnibus Si tu, cum ludaeus sis, genti-
: dissi a Cefa in presenza di tutti Se tu, che :

liter vivis, et non ludàice quómodo Gen- : sei Giudeo, vivi da Gentile, e non da Giu-
tes cogis ludaizàre ? deo come costringi i Gentili a giudaiz-
:

zare?
^'Nos natura ludaei, et non ex Géntibus "Noi Giudei per nascita, e non pec-
peccatóres. ^^Sciéntes autem quod non iusti- catori d 'infra i Gentili, ^^sapendo come
ficàtur homo ex opéribus legis, nisi per l'uomo non è giustificato per le opere della
fldem lesu Christi et nos in Chrìsto lesu
: legge, ma per la fede di Gesù Cristo cre- :

crédimus, ut iustifìcémur ex fide Christi, et diamo anche noi in Gesù Cristo per essere
non ex opéribus legis propter quod ex : giustificati per la fede di Cristo, e non per
opéribus legis non iustiflcàbitur omnis caro. le opere della legge poiché nessun uomo
:

^'Quod si quaeréntes iustificàri in Christo, sarà giustificato per le opere della legge.

" Rom. Ili, 20.

13. L'autorità di S. Pietro era così grande, che S. Pietro nella Chiesa primitiva. I fedeli di An-
U suo esempio indusse ben presto gli altri Giudei, tiochia,benché educati e istruiti da S. Paolo, non
che già avevano abbandonato i loro riti, a ripi- dubitano di schierarsi subito dalla parte di San
gliarli, e trascinò pure a fare altrettanto lo stesso Pietro, appena col suo modo di agire può sem-
Barnaba, che divideva pienamente il modo di ve- brare che egli pensi altrimenti! E chiaro che San
dere di S. Paolo, e con lui aveva evangelizzato Pietro accettando la correzione di S. Paolo veniva
le Gentili. Simulazione. Usa questa pa-
cristianità con ciò ad approvare completamente il modo di
rola per mostrare come, benché S. Pietro e gli vedere di lui. In San Paolo è da ammirarsi un
altri fossero persuasi di non essere obbligati ad esempio di santa libertà evangelica, e in S. Pietro
osservare la legge di Mosè, tuttavia, in pratica, un sublime modello di umiltà cristiana.
venivano ad agire come se vi fossero stati obbli- 15-16. In questo e nei vv. seg. fino al 21 con-
gati. Ciò era molto pericoloso, poiché veniva in
tinua un breve riassunto del discorso pronunziato
certo modo a costringere i Gentili o a fare una da S. Paolo. Tale è la semtenza piii comune tra i

Chiesa a parte, oppure ad assoggettarsi ancor essi Padri, e la sola che risponda bene al contesto.
alla legge mosaica. Alcuni Padri (Origene, S. Gio-
Noi, cioè io Paolo e voi Pietro, Barnaba, ecc. E
vanni Cris., S. Gerolamo), pensarono che tutto chiaro che qui non si parla dei Calati, i quali non
quest'incidente fosse stato provocato di mutuo ac- erano per nulla Giudei, Giudei per nascita. Era
cordo tra S. Pietro e S. Paolo, ma una tale opi- questo un grande onore e un grande privilegio
nione, dopo la critica fattane da Sant'Agostino, è (Rom. II, 17 e ss.; Ili, 1 e ss. ; IX, 4 e ss.). Non
stata abbandonata da tutti. Ved. Cornely, op. cit., peccatori. I Giudei chiamavano i pagani peccatori,
pag. 443; Brassac, M. B., t. IV, p. 229 e ss. perchè non conoscevano il vero Dio, e non ave-
14. Non andavano con retto piede. Tale è la vano una legge scritta che loro servisse di guida
traduzione esatta del greco ópGojioòeìv. Essi, cioè nelle azioni (Rom. II, 12; I Cor. IX, 21; Efes. II,
Pietro egli altri, erano sulla retta via, perchè 12; IV, 17), mentre invece essi erano un popolo
avevano pieno diritto di osservare la legge, ma santo, che Dio aveva scelto per s6, ecc. (Esod.
non camminavano secondo la verità del Vangelo, XIX, 6; Deut. VII, 6; XIV, 2, ecc.; Rom. XV,
perchè, considerate le speciali circostanze, veni- 8 e ss.). Benché essi Paolo, Pietro e in generale
vano, senza volerlo, a mettere a repentaglio l'unità tutti i Giudeo-cristiani prima di convertirsi aves-

della Chiesa. Perciò S. Paolo, il quale, finché non sero grandemente stimata la legge, conobbero in
vi fu pericolo, aveva taciuto, in una pubblica adu- seguito di non poter conseguire la giustificazione
nanza alla presenza di tutti, probabilmente durante per mezzo delle opere da essa prescritte, e perciò
un'agape, disse a S. Pietro Se tu che sei nato e
:
l'abbandonarono, abbracciando la fede in Gesù
vissuto Giudeo, vivi da gentile, ossia non tieni conto Cristo, che sola ha la virtìi di giustificare. Sul
delle leggi mosaiche riguardo ai cibi, come hai significato della parola giustificare Ved. n. Rom. I,
fatto prima che venissero questi Giudeo-cristiani 17 III, 20, 24. Opere della legge. Ved. n. Rom.
;

da Gerusalemme, come costringi col tuo esempio Ili, 20, 27 e ss. Giustificazione per mezzo della

t Gentili a giudaizzare, ossia a vivere come i Giu- fede. Ved. n. Rom. I, 17; III, 22 e ss. Dacché
dei e a praticare la legge di Mosè? Vedendo te a nessun uomo, ecc. Queste parole sono tratte dal
ritirarti da loro per stare coi Giudei, i Gentili salmo CXLII, 2, e mostrano che la persuasione dei
crederanno di essere inferiori ai Giudei, e di do- Giudeo-cristiani intorno all'insufiìcienza della legge
vere ancor essi sottomettersi alla circoncisione e era appoggiata sulla parola di Dio. Ved. n. Rom.
alle altre pratiche mosaiche, se pure vogliono es- Ili, 20.
sere perfetti cristiani. La parola costringi, gr. dva- 17. Falsa conseguenza che deriva dall'ammettere
•fv.ai,t\<; mostra quanto fosse grande l'autorità dì che la legge di Mosè obblighi arcora. Se noi, Giù-
250 Calati, II, 18-21

invénti sumus et ipsì peccatóres, numquid "Che se, cercando di essere giustificati in
Christus peccati minister est? Absit. ^*Si Cristo, siamo trovati anche noi peccatori, è
enim quae destruxi, iterum haec aedifico : egli forse Cristo ministro del peccato? No
praevaricatórem me constituo. certamente. "Se infatti di bel nuovo edifico
quello che distrussi, mi costituisco prevari-
catore.

"Ego enimper legem, legi mórtuus sum, "Poiché per la legge sono morto alla
ut Deo vivam Christo confixus sum cruci.
: legge, per vivere a Dio : con Cristo sono
'"Vivo autem, iam non ego vivit vero in : confitto in croce. ^"E vivo non già io ma :

me Christus. Quod autem nunc vivo in vive in me. Cristo. E la vita, ond'io vivo
carne in fide vivo filii Dei, qui diléxit me,
: adesso nella carne, la vivo nella fede del
et tràdidit semetipsum prò me. *^Non abiicìo Figliuolo di Dio, il quale mi amò, e diede
gràtiam Dei. Si enim per legem iustitia, ergo sé stesso per me. *^Non rigetto la grazia
gratis Christus mórtuus est. di Dio. Poiché se la giustizia è dalla legge,
dunque invano Cristo morì.

dei di mentre cerchiamo di essere giu-


nascita, Gesù sono stati liberati dal giogo della legge
stificati fede in Cristo, siamo anche noi
per la (Rom. VII, 1, 4), ed essendo pure risorti con
trovati peccatori, perchè la fede da sola non giu- Gesù, hanno cominciato una nuova vita, nella
stifica senza le opere della legge, non si dovrà quale non vivono più per sé stessi, ma per Dio
allora dire che Cristo è ministro, ossia causa, di (V, 24-25; Rom. VI, 8; VII, 6).
peccato, poiché ci ha indotto ad abbandonare la 20. Spiega le parole del versetto precedente,
legge? Per rispetto a Gesìì Cristo pone questa vìvere a Dio. In forza del Battesimo io sono risu
conclusione sotto forma interrogativa, e la respinge scitato con Gesù Cristo a una nuova vita (Rom.
subito sdegnosamente come blasfema. Ved. Rom. VI, 4; II Cor. V, 15, ecc.). In questa nuova vita
Ili, 4.
non sono più io che vivo, cioè chi vive non è più
18. Altra falsa conseguenza. Se quello che di- l'uomo vecchio, l'uomo naturale colle sue passioni
strussi, ecc. Se dopo aver abbandonato le pratiche (Rom. VI, 6), ma é l'uomo nuovo, trasformato in
della legge, io le ripiglio di nuovo, considerandole Gesù Cristo, e che in Lui ha il principio e il fine
come necessarie alla salute, mi costituisco preva- di tutti i suoi pensieri, di tutti i suoi affetti e di
vengo a violare aperta-
ricatore della legge, ossia tutte le sue azioni (Giov. XV, 1 e ss.). E la vita,
mente la legge, la quale mi ha condotto alla fede ossia e questa vita soprannaturale, che io vivo
insegnandomi che solo per mezzo della fede avrei adesso nella carne, cioè quaggiù in terra (perchè
potuto ottenere la giustificazione. Tale è la miglior non sono morto fisicamente con Cristo, ed ester-
spiegazione di questo versetto e l'unica che ri- namente la mia vita non differisce da quella degli
sponda bene al contesto. Ved. Cornely, h. 1. Altri, altri uomini), io la vivo per la fede, ossia non l'ho

p. es. Fillion, ecc., spiegano Se dopo aver ab-


: ottenuta per le pratiche della legge, ma per la fede
bandonata la legge, torno ad osservarla, con ciò del Figliuolo dì Dio, il quale mi amò e diede sé
stesso vengo a confessare di aver fatto male a stesso alla morte per salvarmi (I, 4; Giov. Ili,
lasciarla. 16; XV, 13). Con animo riconoscente l'Apostolo
ricorda la bontà e la misericordia di Dio, compia-
19. Dàragione delle ultime parole del versetto
la
cendosi di riguardare come proprio un benefizio
precedente. Per la legge, che era come un peda-
gogo, il quale doveva condurmi a Cristo, io sono
comune a tutti (Cf. Rom. V, 8).

morto alla legge, perchè arrivato" a Cristo non ho 21. S. Paolo conclude dicendo: Col proclamare
più bisogno di alcun pedagogo, ma vivo per Dio, la niuna obbligatorietà della legge mosaica, io non
ossia in forza della mìa unione con Gesii Cristo, 'o rigetto, o meglio io non rendo vana la grazia di
ho cominciato a vivere una nuova vita assai diversa Dìo, cioè il sacrificio doloroso di Gesù Cristo, anzi
dall'antica, e non piìi soggetta all'autorità della Io rendo più efficace : voi invece, o Giudaizzanti,
legge. Con Cristo, ecc. Spiega come ciò sia avve- venite ad annullare l'efficacia della morte di Gesù,
nuto. La legge ha provocato il peccato (Rom. VII, perchè se la giustificazione proviene dalle osser-
5 e ss.), e quindi ha fatto pesare su tutti la male- vanze della legge dunque invano Cristo morì, e la
dizione e la morte (III, 13-14; Rom. VII, 9-10). sua morte è una cosa superflua o per lo meno
Ora Gesìi Cristo ha preso su di sé tale maledi- non necessaria.
zione morendo sulla croce (III, 13), e perciò Egli Tutto questo discorso non era già ordinato a
è morto a causa della legge (III, 10 e ss.). Ma i convincere S. Pietro, ma era diretto ai Giudaiz-
fedeli per mezzo del Battesimo sono stati a Lui zanti. I due Apostoli, come già fu osservato, con-
incorporati (Rom. VI, 3 e ss.), e per conseguenza venivano perfettamente nella dottrina intorno alla
anch'essi sono morti con Gesù a causa della legge, nessuna obbligatorietà della legge mosaica, e tutto
e siccome la legge non ha potere sull'uomo se non l'incidente riguardava solo un punto di disciplina.
finché vive, così i fedeli per la ^ loro morte con Ved. n. Atti, XV, 29, 35.
Calati, III, 1-4 251

CAPO III.

La salute per messo della fede. Appello all' esperienza personale dei Calati, i-y, —
La promessa della saluteprima che venisse data la legge, e non
fu fatta
dipende che dalla fede, 8-14. —
La legge non ha abrogata la promessa, 15-18,
— Fu un pedagogo dato agli Ebrei per condurli a Cristo, 19-24. La fede —
ci ha affrancati dalla tutela della legge , 25-29.

^O insensati Gàlatae, quis vos fascinàvit ^O Calati insensati, chi vi ha affascinati


non obedire veritàtì, ante quorum óculos talmente che non ubbidiate alla verità, voi,
lesus Christus praescriptus est, in vobis dinanzi agli occhi dei quali fu già dipinto
crucifixus? ^Hoc solum a vobis volo di- Gesù Cristo, tra voi crocifisso? ^Questo
scere Ex opéribus legis Spiritum accepis-
: solo bramo di imparare da voi Avete voi :

tis, an ex auditu fidei? ^Sic stulti estis, ut ricevuto lo Spirito per le opere della legge,
cùm spiritu coepéritis,' nunc carne consum- per l'ubbidienza alla fede? 'Siete tanto
mémini? *Tanta passi estis sine causa? si stolti, che avendo cominciato collo Spìrito,
tamen sine causa. finite ora colla carne? *Avete patito tanto
senza ragione? Se però senza ragione.

coli la sua presenza nel cuore dei cri-


manifestava
stiani (Atti, X, 46; XI, 15; XV, 8-9; I Cor. XII-
CAPO III.
XIV). Domanda quindi S. Paolo Avete voi rice- :

vuto lo Spirito S. colla sua grazia santificante, e


1. Dopo
aver nella prima parte mostrato la divi-
coi suoi doni (profezie, lingue, miracoli, ecc.), per
nità della sua missione, e la conformità della sua
mezzo delle opere della legge, oppure per la fede
dottrina con quella degli altri Apostoli, S. Paolo
da noi predicata e da voi ascoltata con docilità
passa nella seconda parte della sua lettera (Ili, I ;
(Rom. I, 15; XVI, 26)? Non certo per la legge,
IV, 31) a difendere sotto forma polemica la grande
che, essendo Gentili, neppure conoscevate, ma per
verità che la giustificazione non dipende dalle
mezzo della fede. Se adunque la fede da peccatori
opere della legge, ma dalla fede in Gesù Cristo.
quali eravate ha potuto farvi giusti, perchè non
La prima prova è tratta dall'esperienza personale
basterà a conservarvi e a farvi crescere nella giu-
dei Calati. O insensati. L'Apostolo avendo detto,
stizia ricevuta?
II, 21, che l'attendere la salute dalla legge era un
render nulla la morte di Gesìi, al pensare che i 3. Stolti dvóntoi. come al v. 1. Avendo comin-
Calati erano sul punto di essere trascinati a questo ciato, ecc. progredire in avanti passando
Invece di
errore fatale, prorompe in un'esclamazione non dì dal meno perfetto al più perfetto, voi fate tutto il
odio o di disprezzo, ma di zelo e di amore, deplo- contrario, e dopo aver ricevuto dallo Spirito Santo
rando la loro cecità. Insensati, gr. àvÓT\Tot (v. 3, il principio della vostra santificazTone, ecco che
staiti) = privi d'intelligenza, ciechi nelle cose spi- andate a cercarne il perfezionamento nelle osser-
rituali (Cf. Lue. XXIV, 25). Chi vi ha affascinati. vanze giudaiche, che di loro natura sono incapaci
Mostra la sua meraviglia, perchè così presto si di recarvi alcun vantaggio. Col nome di carne si
siano lasciati sedurre e ammaliare come da un intende qui tutto il complesso delle osservanze
incanto dalle false dottrine dei Ciudaizzanti. Che rituali giudaiche/ un gran numero delle quali,
non ubbidiate alla verità. Queste parole mancano come la circoncisione, le abluzioni, ecc., riguar-
nei codici BxAD,
ecc., nell'Itala, in alcuni codici davano direttamente il corpo.
della Volgata, ecc., e probabilmente, come già os-
4. Invita i Calati a considerare il pericolo a cui
servava S. Gerolamo, sono una glossa infiltratasi si espongono perdere tutto il merito delle tri-
di
dal V, 7. Fu già dipinto. Tale è il senso del greco
bolazioni sofferte per la fede, qualora venissero ad
jipoeYpdcpn- La predicazione di S. Paolo era stata
accettare gli errori dei Giudaizzanti. Avete patito
così viva, così precisa, che aveva fatto come rivi-
tanto. Come altrove così in Galazia, i neofiti a
vere tra i Calati {dinanzi, ecc.) Gesù crocifisso.
motivo della fede abbracciata avevano sofferto
Tra voi. Queste parole mancano nei migliori
molte persecuzioni (Ved. Atti, XIII, 50; XIV, 2,
codici. Alcuni Padri latini hanno letto proscriptus
5, 18, ecc.). Ora essi stavano per perderne tutto
e spiegato Gesù fu proscritto davanti ai vostri
:
il merito, abbandonando Gesù Cristo per la legge.
occhi, perchè ha perduto voi che colla sua pas-
I GgJiaji non sono però
ancora giunti a tanto
sione aveva acquistati. Tale spiegazione però non (v. 5; V, 1; VI, 1, 9), e l'Apostolo è persuaso
corrisponde al contesto. della loro resipiscenza, e quindi tempera la frase
2. A mostrare sempre più l'insensatezza della precedente aggiungendo se però senza ragione,
:

condotta dei Calati si appella alla loro stessa cioè inutilmente, lasciando così vedere che egli
esperienza. Come osserva S. Tommaso (h. 1.) nella spera che questo merito non sarà da loro perduto.
Chiesa primitiva lo Spirito S. discendeva spesso Alcuni (Bisping, Palmieri, ecc.), riferiscono questo
risibilmente sui fedeli, e per mezzo di varii mira- versetto al versetto precedente, come se l'Apostolo
252 Calati, III, 5-11

*Qui ergo tribuit vobis Spiritum, et ope- ^Chi dunque dà a voi lo Spirito e opera
ràtur virtùtes in vobis ex opéribus legìs,
: tra voi miracoli, lo fa egli per le opere
ì

an ex auditu fidei ? "^Sicut scriptum est : della legge, o per l'ubbidienza alla fede?
Abraham crédidit Deo, et reputàtum est illì 'Come sta scritto Abramo credette a Dio,:

ad iustitiam. ^Cognóscite ergo quia qui ex e gli fu imputato a giustizia. ^Intendete a-


fide sunt, ii sunt filii Abrahae. ^Próvìdens dunque che quelli i quali sono della fede,
autem Scriptùra quia ex fide iustìficat Gentes sono figliuoli di Abramo. "Ma la Scrittura
Deus, praenunciàvit Abrahae Quia benedì- : prevedendo che Dio era per giustificare i
céntur in te omnes Gentes. ^Igitur qui ex Gentili per mezzo della fede, diede antici-
fide sunt, benedicéntur cum fìdéli Abraham, patamente ad Abramo la buona novella :

Saranno in te benedette tutte le genti.


^Quelli adunque che sono per la fede, sa-
ranno benedetti con Abramo fedele.
^"Quicùmque enim ex opéribus legis sunt, ^^Perocchè tutti quelli che sono per le
sub maledicto sunt. Scriptum est enim Ma- : opere della legge, sono sotto la maledizione.
ledictus omnis, qui non permànserit in òm- Sta scritto infatti Maledetto chiunque non
:

nibus, quae scripta sunt in Libro legis ut si terrà fermo a tutte quelle cose che sono
fàciat ea. "Quóniam autem in lege nemo scritte nel libro della legge per adempierle.
iustìficàtur apud Deum, maniféstum est : "Che poi nessuno sia giustificato presso

« Gen. XV, 6; Rom. IV, 3; Jac. II, 23. 8 G€n. XII, 3 ; Eccli. XLIV, 20. " Deut. XXVII, 26.
" Hab. 11,4; Rom., I, 17.

avesse voluto dire Avete ricevuto tanti doni dallo


: ancora che fosse data la legge, che Dio aveva de-
Spirito Santo invano? se pure solo invano, perchè terminato di giustificare i Gentili, ecc. L'Apostolo
l'abuso delle grazie rende più colpevoli. La prima parla solo dei Gentili non per escludere i Giudei,
spiegazione però è preferibile essendo quella dei ma perchè la questione coi Giudaizzanti riguardava
Padri (Ved. Cornely, h. 1.). Alcuni teologi da la giustificazione dei Gentili. Diede la buona no-
questo passo inferiscono che i meriti perduti per vella. Tale è il senso del greco jrpoev'HYYeXioaTo.
il peccato mortale si ravvivano mediante la peni- Anticipatamente, cioè prima che ricevesse la cir-
tenza, ma non tutti ammettono il valore di tale concisione. Saranno in te, cioè nella tua persona,
ragionamento, perchè non è per nulla dimostrato benedette tutte le genti. Ora siccome non tutte le
che Calati avessero già abbandonato Gesù Cristo
i genti discendono carnalmente da Àbramo, si deve
(Ved. Cornely, Palmieri, h. 1.). dire che la benedizione data al Santo Patriarca si

5. Dopo la. piccola digressàone (3-4) torna al- estenda a tutti coloro che avranno imitata la sua
l'interrogazione del versetto 2, ripetendola sotto fede, come è detto nel versetto seguente. Le pa-
altra forma. Chi dà. Questo tempo presente sup- role citate Saranno, ecc., appartengono a Cen.
:

pone che ì Calati non avessero ancora abbando- XII, 13, e la leggiera mutazione introdotta dall'A-
nata la fede. Lo Spirito che colla sua grazia vi san- postolo (tutte le genti invece di tutte le tribù) è
tolta da Cen. XVIII, 18, e serve a far meglio risal-
tifica. Miracoli sono qui i variì doni gratis dati.
La risposta non può essere dubbia tutto hanno :
tare che i pagani sono chiamati a partecipare alla
ricevuto per mezzo della fede. benedizione di Abramo. Vedi quest'argomento più
ampiamente trattato, Rom. IV, 1 e ss.
6. Sta scritto manca nei migliori codici. Come
Abramo. Porta l'esempio del. grande patriarca. Voi 10. Non solo la legge non fa partecipare alla
come fu per la fede benedizione di. Abramo, ma rende schiavi della ma-
siete giustificati per la fede,
Abramo (Cen. XV, ledizione. Tutti quelli che sono per le opere, ossia
giustificato 6; Ved. per la spie-
gazione Rom. IV, 3 e ss.). cercano la giustificazione nelle opere della legge
(Rom. X, 3), sono sotto la maledizione, che già è
7. Deduce una conclusione. I Giudaizzanti dice- stata scagliata contro dì loro. Sta scritto nel Deut.
vano che per essere figli di Abramo ed eredi delle XXVII, 26, citato secondo i LXX. Maledetto chiun-
promesse era necessaria la circoncisione e la que, ecc. Per sfuggire a questa maledizione è ne-
legge. No, risponde l'Apostolo, quelli sono figli cessario osservare integralmente e sempre tutta la
di Abramo che imitano le sue virtù e le sue opere legge. Ora ciò non è possibile, non solo perchè
(Giov. Vili, 39), e siccome egli cercò la sua giu- spesso è difficilissima (Atti, XV, 10), ma princi-
stificazione ntoUa fede e non nella circoncisione, palmente perchè essa mostra bensì il bene da fare
ne segue che i veri suoi figli sono coloro che sono e il male da evitare, ma non dà la grazia all'uopo
dalla fede, cioè che sono per così dire nati dalla necessaria, e perciò produce ira, ecc. (Rom. Ili,
fede, in opposizione a quelli che sono dalle opere 20 IV, 15, ecc.), e quindi fa schiavi della male-
;

della legge, v. 10, o ialla legge, Rom. IV, 14. I dizione.


doni dello Spirito Santo comunicati ai Calati sono
Non si può sperare di essere liberati per
11.
una prova che essi sono veri figli di Abramo ed mezzo della legge da questa maledizione, perchè
promesse a lui
eredi delle fatte (Cf. Rom. IV, li, la^ vera giustizia che rende l'uomo giusto presso
14 e ss.).
Dio non viene causata che dalla fede, stando
8. La Sc-ittara personificata, cioè lo Spirito S. scritto nel profeta Abacuc, II, 4; 7/ giusto, ecc.
suo autore, prevedendo, cui cioè era noto prima (Ved. n. Rom. I, 17. Cf. Eb. X, 27).
Calati, III, 12-16 253

quìa ìustus ex fide vivìt. ^^Lex autem non Dio per mezzo della legge, è manifesto :

est ex fide, sed, Qui fécerit ea, vivet in illis. poiché il giusto vive per la fede. ^^Ora la
legge non è per la fede, ma chi farà quelle
cose avrà vita per esse.
"Christus nos redémit de maledìcto legis, "Cristo ci ha redenti dalla maledizione
factus prò nobis maledictum quia scriptum : della legge, divenuto per noi maledizione :

est Maledictus omnis qui pendet in ligno


: : perchè sta scritto Maledetto chiunque
:

^"Ut in Géntibus benedictio Abrahae fìeret pende sul legno ^^afììnchè la benedizione
:

in Christo lesu, ut pollicìtatiónem Spiritus di Àbramo pervenisse alle genti in Cristo


accipiàmus per fidem. Cesù, affinchè noi ricevessimo la promessa
dello Spirito per mezzo della fede.
"Fratres (secùndum hominem dico) tamen ^^ Fratelli (io parlo da uomo), un testa-
hóminis conflrmàtum testaméntum nemo mento, benché di uomo, autenticato che è,
spernit, aut superórdinat. ^"^ Abrahae dictae nessuno lo annulla o vi aggiunge (qualche
sunt promissiónes et semini eius. Non dicit : cosa). ^^Le promesse furono fatte ad Abra-
Et seminibus, quasi in multis : sed quasi in mo e al suo seme. Non dice E ai semi, :

" Lev. XVIII, 5. " Deut. XXI, 23. 1» Hebr. IX, 17. i« Gen. XIII, 15; XVII, 8.

12. Le ultime parole del versetto precedente cioè lo Spirito Santo promesso, ossia tutti i suoi
sono maggiore di un sillogismo, la cui conclu-
la doni che ci rendono figli di Dio, eredi del cielo, ecc.,
sione si ha al v. 10 e la minore è data in questo per mezzo della fede, e non delle opere della legge.
versetto. Ora la legge non è per la fede, ossia non Ritorna così il pensiero del v. 2.
si appoggia sulla fede, non ha la slessa natura della 15. Qualcuno avrebbe potuto opporre, che colla
fede, perchè essa si preoccupa solo degli atti promulgazione della legge erano state abrogate le
esterni e non delle disposizioni interne a Praecepta promesse fatte ad Abramo, e S. Paolo fa perciò
legis, dice S. Tommaso, h. 1., non sunt de cre- vedere (vv. 15-18) che le promesse non furono per
dendis sed de faciendis », il che è confermato dal nulla modificate dalla legge. Fratelli. Benché esa-
fatto che il Signore nel promulgarla non disse :
cerbato (v. 1), tuttavia il cuore dell'Apostolo è
Chi crederà, ma chi farà quelle cose, ecc. (Lev. ancor pieno di tenerezza verso i Calati. Parlo da
XVIII, 5. Ved. n. Rom. X, 5). La legge quindi uomo. Chiede scusa se parlando di cose divine
non basta da sé a giustificare gli uomini, e se gli ricorre a un esempio tratto dalla vita umana (Cf.
antichi furono giustificati, non lo furono per la Rom. Ili, 5; I Cor. Ili, 3; IX, 8; XV, 32, ecc.).
legge, ma per la fede che ebbero nel Messia futuro Un testamento. Tale è la miglior traduzione del
(Ved. n. Rom. Ili, 27, 28). greco òiaGnxTiv. Alcuni però traducono contratto,
13. Gesù Cristo morendo
sulla croce ha fatto oppure alleanza, ma la differenza è minima. Auten-
ciò che non poteva fare la legge, e ci ha liberati ticato che è, ossia quando sia ufficialmente ricono-
dalla maledizione. Ci si riferisce ai Giudei, i quali sciuto dalla pubblica autorità, nessuno ha diritto
soli erano sotto la legge, e non avendola osservata di annullarlo o di modificarlo facendovi ag-
erano caduti sotto la maledizione da essa fulmi- giunte, ecc. Il tamen della Volgata va unito con
nata contro trasgressori dei suoi precetti. Ha
i nemo. Il greco dOereì, tradotto spernit, significa
redenti dalla maledizione versando il suo sangue annullare.
come prezzo del nostro riscatto (I Piet. I, 18; 16. Anche qui l'Apostolo fa un sillogismo la cui
Apoc. V, 9y ecc.). Divenato per noi maledizione. maggiore fu posta nel versetto precedente e la cui
Benché innocente. Egli tolse sopra di sé tutte le conclusione si ha nel v. 17. Ora inserisce la mi-
maledizioni della legge morendo in vece nostra nore. Ad Abramo. I migliori codici greci uniscono
sulla croce, e comparendo così, non solo come questo versetto al precedente per mezzo della par-
maledetto, ma come la maledizione personificata ticella 5é = autem = ora. Le promesse. Il plurale
(Cf. II Cor. V, 21). In prova cita secondo i LXX è posto per indicare che la promessa fu più volte
e un po' liberamente le parole del Deut. XXI, 23. ripetuta. Queste promesse sono come una specie
Maledetto, ecc. I cadaveri di alcuni condannati di testamento o di patto, e non furono fatte al solo
venivano dai Giudei confìtti ad un legno, ma non Abramo, ma ancora alla sua discendenza, la quale
potevano rimanervi che fino a sera, perchè è ma- perciò anche dopo la morte di lui continua ad aver
ledetto da Dio colui che pende sul legno, e si do- diritto alla eredità promessa. Non dice la Scrittura,
veva far presto a sottrarre agli sguardi di tutti un o Dio, e ai semi come a molti, cioè come se si
oggetto sul quale pesava la divina maledizione. trattasse di molti, ma come ad uno, cioè come se
14. Ecco che Gesii si propose nel morire
il fine parlasse di uno solo. £ al seme, ecc. Le promesse
sulla croce. Egli redense i Giudei dalla maledizione a cui accenna S. Paolo sono contenute in Gen.
della legge, affinchè distrutta
la legge, che era XIII, 15; XVII, 8, e in senso proprio si riferiscono
come un muro di divisione tra
i Giudei e i Gentili alla terra di Canaan, che Dio prometteva come
(Efes. II, 14), la benedizione promessa ad Abramo, possessione eterna ad Abramo e alla sua discen-
cioè la giustificazione per la fede e tutti i doni denza. Ma questa terra era figura del regno futuro
messianici, pervenissero anche ai Gentili, uniti as- del Messia e di tutti i favori spirituali, di cui
sieme ai Giudei in Gesù Cristo (27-28). Affin- avrebbe goduto la discendenza spirituale di Abramo
chè, ecc. Altro fine fu ancora che noi tutti Giudei (Ebr. IV, 1). Questa discendenza spirituale, a cui
e Gentili ricevessimo la promessa dello Spirito, appartengono le promesse, non è che Gesù Cristo,
254 Calati, III, 17-20

tino : Et semini tuo, qui est Christus. "Hoc come ma come ad uno E al tuo
a molti : :

autem dico, testaméntum conflrmàtum a seme, quale è Cristo. "Ora io dico cosi
il :

Deo quae post quadringéntos et triginta


: il testamento confermato da Dio non è reso

annos facta est Lex, non irritum facit ad vano da quella legge che fu fatta quattro-
evacuàndam promissiónem. "Nam si ex lege cento e trenta anni dopo, talmente che sia
herédltas, iam non ex promissióne. Abrahae abolita la promessa. ^^Se infatti l'eredità
autem per repromissiónem donàvit Deus. è per la legge, già non è più per la pro-
messa. Ma Dio la donò ad Abramo per
mezzo della promessa.
*'Quid igitur lex? Propter transgressió- "A che dunque la legge? Essa fu ag-
nes pósita est donec veniret semen, cui pro- giunta a causa delle trasgressioni per sino
raiserat, ordinata per àngelos in manu media- a tanto che venisse quel seme, cui era stata
tóris. ^"Mediàtor autem unius non est Deus : fatta la promessa, e fu intimata per mini-

ma Gesù Cristo unito a tutti i fedeli che per la Ora è indubitato che la salute messianica è un
fede e la carità formano con Lui un solo corpo dono gratuito dato senza alcuna condizione, essa
mistico (III, 28; I Cor. XII, 12). Per far risaltare quindi non può in alcun modo dipendere dalla
questo concetto di unione con Gesù Cristo, Dio legge. Vedi quest'argomento ampiamente svilup-
nel far la promessa non ha usato un nome plurale pato Rom. IV, 13-16.
(ai tuoi discendenti), ma un nome collettivo, che 19. Nei versetti
19-IV, 7, spiega quale posto
indica unità (alla tua discendenza). Alcuni pensano occupi la legge nell'economia della salute, mo-
che l'Apostolo alluda alla promessa (Gen. XXII, strando dapprima (19-24), che essa fu un pedagogo
18), ma ciò Jion sembra probabile, perchè tutta la dato agli Ebrei per condurli a Cristo. A che dun-
forza della sua argomentazione sta in questo che que, ecc. Se la legge non ha abrogata la promessa,
la promessa fu fatta non al solo Abramo, ma anche
e non può condurre l'uomo alla salute, perchè
alla sua discendenza. Ora nel passo citato non allora fu data? Fu aggiunta (tale è il senso del
si contiene alcuna promessa alla discendenza di greco corrispondente a posita est) alla promessa
Abramo. a causa delle trasgressioni, cioè per reprimere coi
17.Conchiude la sua argomentazione interrotta terrori e le minacele i peccati, o meglio per far
dalla breve digressione della seconda parte del conoscere all'uomo la sua debolezza e fargli desi-
versetto precedente. 7/ testamento fatto da Dio in derare il Salvatore. La legge infatti, non di natura
favor di Abramo fu confermato (gr. Jtpoxexvpco- sua, ma per la malizia dell'uomo, provoca la concu-
tkévryy = confermato anteoedemtem'einte), cioè ratifi- piscenza (Rom. VII, 7), e quindi indirettamente è
cato da Dio con un giuramento (Gen. XXII, 16; causa di maggiori peccati (Rom. VII, 13; I Cor.
Ebr. VI, 17) prima che fosse data la legge mosaica XVI, 56, ecc.), tanto più che fa conoscere il male
e indipendentemente da essa. In alcuni codici greci (Rom. III, 20), ma non dà la forza di evitarlo, e
si aggiunge in Cristo, cioè fu confermato per fu data perchè abbondasse il delitto (Ved. n. Rom.
ordine a Cristo, in cui doveva compirsi piena- V. 20). Vedi quest'argomento più sviluppato Rom.
mente. Esso quindi non ha potuto essere annullato VII, 7-13. Sino a tanto, ecc. La legge ebbe un
dalla legge venuta dopo. carattere transitorio; essa doveva cessare alla ve-
Quattrocento e trentanni. Queste parole presen- nuta di quel seme (v. 16), cioè di Gesù Cristo e
tano una certa difficoltà. Leggiamo infatti, Esod. della sua Chiesa, cui era stata fatta la promessa.
XII, 40, che gli Ebrei dimorarono in Egitto 430 Fu intimata, ecc. Tale era la tradizione dei Giudei,
anni. (Negli Atti VII, 6 e Gen. XV, 13 si dà il della quale si ha traccia, Deut. XXXIII, 2 (LXX),
numero rotondo di 400 anni). Ora tra la prima pro- e che è affermata Atti VII, 53; Ebr. II, 2. 7/ me-
messa fatta ad Abramo e l'entrata degli Ebrei In diatore tra Dio e il popolo fu Mosè (Deut. V, 5;
Egitto trascorsero almeno 200 anni, e quindi tra IX, 9). La promessa fu fatta da Dio, e in essa non
la promessa e la legge vi sarebbero almeno 630 vi ebbe alcun mediatore. Nella legge invece Dio fu
anni. A questa difficoltà si può dare una doppia rappresentato dagli angeli, il popolo fu rappre-
risposta. Secondo gli uni i 430 anni dell'Esodo sentato da Mosè. La legge quindi è inferiore alla
comprenderebbero non solo il tempo passato dagli promessa, non ha che un carattere intermediario
Ebrei in Egitto, ma anche il tempo passato dal e subordinato, e quindi non ha potuto abrogare la
patriarchi in Canaan, come si ha espressamente promessa.
nei LXX e presso Giuseppe (A. G. II, 15, 2), e in 20. 7/ mediatore non è di un solo, ossìa nel con-
questo senso dovrebbero pure spiegarsi I passi cetto stesso di mediatore sono Importate almeno
degli Atti e della Genesi. Secondo altri, più pro- due persone contraenti, e dove vi ha una persona
babilmente i 430 di S. Paolo devono intendersi a sola, ivi non vi può essere mediatore. Se quindi
cominciare non dalla prima promessa, ma dall'ul- nella legge vi fu un mediatore, Mosè, vuol dire che
tima. La promessa fu infatti rinnovata a Isacco si trattava di un patto tra Dio e il popolo Ebreo,
(Gen. XXVI, 3 e ss.) e a Giacobbe (Gen. XXVIII, in virtù del quale Dio si obbligò a dare le sue
13; XXXV, 12; XLVIII, 4. Ved. Cornely, h. L; benedizioni, e il popolo si impegnò di osservare i
Vain Steenkiste, h. 1. ; Palmieri, h. 1., ecc.). suoi precetti (Deut. V, 25). La benedizione della
18. L'eredità, beni messianici, dei quali
cioè i legge era quindi condizionata all'osservanza della
era figura la possessione della terra di Canaan, stessa legge (v. 12). Nella promessa invece non
se è per la legge, cioè se si ottiene per la legge vi fu alcun mediatore. Dio si obbligò senza alcuna
in modo che l'uomo la possa meritare osservando condizione a dare la sua benedizione, si può quindi
i precetti della legge, allora non è più per la pro- essere certi che Egli, essendo la stessa fedeltà,
messa ossia non è più un dono gratuito di Dio. manterrà la sua parola. In conseguenza la legge
Calati, III, 21-27 255

autem unus est. ^^Lex ergo advérsus pro- stero degli Ange..i in mano del mediatore.
missa Dei? Absìt. Si enim data esset lex, ^"Ma il mediatore non è di un solo e Dio :

quae posset vivificare, vere ex lege esset iu- è un solo. '^^La legge dunque è ella contro
stitia. ^^Sed conclùsit Scriptùra omnia sub le promesse di Dio? No certo. Se infatti
peccato, ut promissio ex fide lesu Christi fosse stata data una legge che potesse vivi-
darétur credéntibus. ^^Prius autem quam ve- ficare, la giustizia sarebbe veramente dalla
niret fìdes, sub lege custodiebàmur conclusi legge. "Ma la Scrittura chiuse tutto sotto il
in eam fidem, quae revelànda erat. peccato, affinchè la promessa fosse data ai
creaenti mediante la fede di Gesii Cristo.
^^Ma prima che venisse la fede, eravamo
custoditi sotto la legge, chiusi in aspetta-
zione di quella fede che doveva essere ri-
velata.

'*Itaque lex paedagógus noster fuit in -^Fu dunque la legge il nostro pedagogo
Christo, ut ex fide iustificémur. ^^At ubi per condurci a Cristo, aflSnchè fossimo giu-
venit fides, iam non sumus sub paedagógo. stificati per la fede. ^^Ma, venuta la fede,
^®Omnes enim filli Dei estis per fidem, quae non siamo già più sotto il pedagogo. ^'Poi-
est in Christo lesu. ^^Quicùmque enim in ché tutti siete figliuoli di Dio per la fede in
Christo baptizàti estis, Christum induistis^ Cristo Gesù. ^^Infatti voi tutti che siete

" Rom. Ili, 9. 27 Rom. X, 12.

non ha potuto per nulla abrogare la promessa, né doci di cadere neiridolatrìa. Tale severità della
ad essa sostituirsi. Tale è la miglior spiegazione legge era ordinata però a nostro vantaggio, e aveva
di questo versetto (Ved. Cornely, h. 1.). per iscopo di prepararci per mezzo della custodia
21. Si propone e scioglie una difficoltà. Se la della rivelazione, e della cognizione della nostra
legge di fatto ha moltiplicato i peccati (v. 19), ed impotenza a ricevere quella fede che, prefigurata
ha imposto per la salute una condizione onerosa, e annunziata sotto la legge, doveva poi essere ri-
che non era compresa nella promessa (v. 20), non velata nella sua pienezza da Gesù Cristo. Da ciò
si dovrà dire che la legge è contraria alla promessa
deriva chiara la conclusione che si ha nel versetto
e l'ha abrogata? No certo (II, 17). Se infatti la seguente.
legge potesse vivificare, cioè potesse dare per virtii 24. Pedagogo, presso ì Greci e i Romani, era
propria la vita della grazia e della gloria, allora ordinariamente uno schiavo di fiducia, il quale ac-
la giustiziadell'uomo sarebbe veramente prodotta compagnava dappertutto figli i del suo padrone, e
dalla legge, e quindi sarebbe diventata inutile la vegliava su di loro acciò non incorressero in alcun
fede, perchè la salute non verrebbe piii data come male. Insegnava pure loro i primi elementi del
un dono gratuito, ma come una mercede dovuta sapere finché fossero in grado di ascoltare le le-
;

(Ved. IV, 4 e ss.). Ma


Rom. non è così, come si zioni di qualche rinomato maestro. Tale fu pure
mostra nel versetto seguente. l'uflfìzio della legge rispetto agli Ebrei. Li custodì

22. Infatti la Scrittura personificata, cioè tutto lontani dall'idolatria, e insegnò loro le prime ve-
rità religiose e morali, affine di condurli a Gesù
il complesso dei libri sacri dell'Antico Testa-
mento, chiuse tutto il genere umano sotto il pec- Cristo, onde da Lui fossero giustificati, non per
le opere, ma per la fede.
cato,mostraado con irrefragabile autorità che tutti,
pagani ed Ebrei, compresi quelli che vivevano sotto 25. Nei versetti 25-29, mostra come la legge
la legge, sono peccatori (Vedi la dimostrazione, abbia cessato di essei-e pedagogo. Venuta la fede,
Rom. Ili, 10-20). Con un'ardita metafora la Scrit- cioè venuto Gesù Cristo, non siamo più sotto pe-
tura rappresentata come se pigliasse tutti gli
è dagogo, perchè Egli ci ha liberati dalla tutela della
uomini e li rinchiudesse come prigionieri in un legge, essendo il fine a cui la legge era ordinala.
edificio sul quale domina da tiranno il peccato, da
26. Polemizzando coi Giudaizzanti aveva usato la
cui colle proprie forze non possono liberarsi (Rom. prima persona, ma ora rivolgendosi ai Galati, i
Vili, 20). La legge non ha quindi virtii di vivifi- più dei quali erano pagani, usa la seconda. Tutti,
care. Ora Dio, o la Scrittura, volle convincere tutti senza distinzione di origine, Giudei e pagani siete
gli uomini che erano peccatori, affinchè la promesa,
figliuoli di Dio; non siete più fanciulli {^aiq) mi-
cioè l'eredità promessa ad Abramo, fosse data a norenni, che abbiano bisogno di tuttore, ma siete
tutti i credenti, non mediante le opere, ma me- figliuoli (v'ioi) maggiorenni, che hanno il pieno
diante la fede, che ha per oggetto Gesù Cristo, e uso dei loro diritti. Voi tutti siete arrivati a tanto
gli uomini cercassero la loro salute non nelle onore per la stessa via, cioè per la fede, che ha
loro opere, ma nell'unione con Gesù Cristo per per oggetto Gesù Cristo. Le parole in Gesù Cristo,
mezzo della fede e della carità. secondo il greco andrebbero unite non a fede, ma
23. Prima che venisse
la fede, cioè Gesù Cristo a figliuoli di Dio. Voi siete figliuoli di Dio in Gesù
autore e oggetto della fede, noi Giudeo-cristiani, Cristo, cioè per la vostra unione con Gesù Cristo,
come tanti prigionieri, di cui si teme la fuga, era- a cui siete stati incorporati per la fede e la carità.
l'amo custoditi sotto la legge, la quale come un Questa costruzione risponde meglio al contesto.
tiranno dominava sopra di noi, e coi suol precetti, 27. Spiega come siano stati innalzati a tanta di-
colle sue minacele, colle sue promesse aveva alzato gnità in forza del Battesimo. Che siete stati bat-
un muro di divisione tra noi e i pagani, impeden- tezzati in Cristo, in modo da essere diventati sua
fef<^

256 Calati, IIL 38 — IV, 3

**Non est ludaéus, neque Graecus non est : stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti
servus, neque liber non est màsculus, ne-
: di Cristo. -'Non v'ha Giudeo, né Greco, né
que fémina. Omnes enim vos unum estis servo, né libero, non v'ha maschio, né fem-
in Chrìsto lesu. ^^Si autem vos Christi : mina. Poiché voi tutti siete uno solo in Cri-
ergo semen Abrahae estis, secùndum pro- sto Gesù. ^®Che se voi siete di tristo dun- :

missiónem herédes. que siete seme di Abramo, eredi secondo la


promessa.

CAPO IV.

/ Giudei sotto la legge come minorenni, 1-3. —


Per Gesti Cristo si è ottenuta la
perfetta Jìgliuolanza e il pieno diritto all'eredità, 4-7. / Galati non devono —
nuovamente assoggettarsi alle leg^i, 8-1 1, —
Memori dell' affezione verso il loro
Apostolo si studiino di imitarlo, 12-16. —
Non si lasciTW sedurre dai falsi
apostoli, 17-20. —
Inutilità della legge dimostrata colla storia di Agar e di
Sara, 21-31.

*Dico autem Quanto tèmpore heres pàr-


: ^Ora io dico Fino a tanto che l'erede è
:

vulus est, nihil differt a servo, cum sit dó- fanciullo, non è differente in cosa alcuna da
minus omnium 'Sed sub tutóribus, et actó-
: un servo, essendo padrone di tutto : 'ma è
ribus est usque ad praefinitum tempus a sotto i tutori ed economi sino al tempo sta-
patre : ^Ita et nos cùm essémus pàrvuli, sub bilito dal padre ^così anche noi quando
:

eleméntis mundi eràmus serviéntes. eravamo fanciulli, eravamo servi dei rudi-
menti del mondo.

proprietà e membra del suo corpo mistico (Ved. n. Deut. XIV, 1, 2, ecc.), e quindi loro non mancava
Rom. VI, 3, 4) ; vi siete rivestiti di Crìsto (Ved. nulla per entrare al possesso dell'eredità. Ala San
n. Rom. XIII, 14; II Cor. VI, 17; -Efes. IV, 24; Paolo risponde che se è vero che erano già figli
Col. Ili, 9, ecc.), cioè vi siete spogliati dell'uomo di Dio, erano però come minorenni, e non diffe-
vecchio,, e siete stati trasfomatì e incorporati a rivano gran che dai servi (1-3); ma con Gesù
Gesù Cristo, il quale ha impresso sopra dì voi Cristo è terminato lo stato di minorità e di servitù,
il suo sigillo. In conseguenza voi siete liberi dalla e a tutti da Lui viene concessa la piena e perfetta
legge. figliuolanza adottiva di Dio e il pieno diritto alla
28. Poiché tutti coloro che ricevono il Battesimo promessa eredità (4-7). Venendo ora a spiegare
si rivestono di Cristo e sono in Lui trasformati, meglio le « non siamo più sotto il peda-
parole
necessariamente da loro scompaiono tutte le diffe- gogo » l'Apostolo
(III,
25), si serve della similitu-

renze che avevano il loro fondamento nell'uomo dine di un pupillo lasciato erede dal padre di un
vecchio. Quindi in Gesù Cristo non vi ha più Giu- patrimonio, oppure, secondo altri, e meglio, ac-
deo, ne Greco, ecc., ossia non vi ha più differenza cenna alla condizione in cui si trova un figlio di
di nazionalità, né di condizione sociale (servo... famiglia minorenne. Benché come erede egli sia
libero)., né di sesso o di vita naturale (maschio... già padrone di tutto il patrimonio, ciò non ostante,
femmina), ma tutti formano una sola persona mo- finché è fanciullo (gr. vn^noq) di tenera età, ossia
rale mediante la loro unione con Gesù Cristo loro minorenne, non differisce da un servo e non ha
la libertà della sua persona e il libero uso del
capo. Invece di unum, la miglior lezione greca eì?
vorrebbe unus = un solo uomo in Gesù Cristo. suoi beni, ma è governato dall'arbitrio dei tutori
= sorveglianti) e degli economi ((oìxo-
(èjrttpójroix;
29. Conclusione. Se tutti i cristiani sono membri
vónowt; =
amministratori). Sino, ecc., ossia sino a
di Cristo, a Lui innestati nel Battesimo, e con Lui
che il padre gli conceda l'emancipazione, oppure
costituiscono una sola persona morale, segue ne-
sino a che abbia raggiunta la maggiore età.
cessariamente che essi hanno diritto all'eredità di
Àbramo, perché sono la vera discendenza, II vero 3. Così, ecc. Fa l'applicazione della similitudine.
seme a cui era stata promessa. L'argomento di Anche noi Giudei, quando eravamo fanciulli (yr\-
S. Paolo si riduce a questo Voi siete membri di
: «VOI come al v. 1), cioè durante tutto il tempo cne
Cristo (27, 28), ma a Cristo furono fatte le pro- fummo sotto la legge, eravamo servi (non é diffe-
messe (16), dunque queste promesse si estendono rente... da un servo, v. 1), e come il minorenne
a voi e a voi soli (Ved. Rom. IX, 8). è sotto tutori (v. 2), così noi eravamo sotto i
i

rudimenti del mondo (rà oroiXeta tov xóofiov).


Con questa espressione si indicano i riti e le isti-
CAPO IV. tuzioni del Giudaismo, che vengono così caratte-
rizzati come cosa rudimentale e imperfetta, una
1-2. I Giudei avrebbero potuto opporre all'argo- specie di abicì destinato a prepararci a ricevere
mentazione precedente, che essi già sotto la legge la sublime sapienza rivelataci da Gesù Cristo
erano figli di Dio (Rom. IX, 4; Cf. Esod. IV, 20; (Coloss. II, 8, 20).
Calati, IV, 4-9 257

*At ubi venit plenìtùdo témporis, misìt *Ma venuta la pienezza del tempo, Dio
Deus Filium suum factum ex muliere, fac- mandò il suo Figliuolo fatto di donna, fatto
tum sub lege, *Ut eos, qui sub lege erant, sotto la legge, '^affinchè redimesse quelli che
redimeret, ut adoptiónem fìliórum reciperé- erano sotto la legge, affinchè ricevessimo
mus. "^Quóniam autem estis filii, misit Deus l'adozione in figliuoli. "Ora siccome voi
Spiritum filii sui in corda vestra clamàntem.: siete figliuoli. Dio ha mandato lo Spirito
Abba, Pater. ^Itaque iam non est servus, sed del Figliuol suo nei vostri cuori, il quale
filius Quod si filius et heres per Deum.
: : grida : Abba, Padre. ^Dunque non sei più
servo, ma figliuolo e se figliuolo, anche
:

erede per Dio.


•Sed tunc quidem ignoràntes Deum, iis, *Ma allora non conoscendo Dio, eravate
qui natura non sunt dii, serviebàtis. 'Nunc servi di quelli, i quali realmente non sono
autem cum cognovéritis Deum, immo cògniti dii. ® Adesso poi avendo conosciuto Dio, anzi
sitìs a Deo quómodo convertimini iterum
: essendo da Dio conosciuti, come vi rivol-

4. Benché quindi i Giudei fossero figli, non po- 6. Conferma col fatto che sono figli adottivi di
tevano però entrare al possesso dell'eredità, finché Dio. Voi, Calati, pagani. Dio ha
sia Giudei, o
non fosse venuto il tempo fissato da Dio. Venuta mandato dal suo seno (come al v. 4) nei vostri
la pienezza del tempo (I Cor. X, 11; Efes. I, cuori, che ne sono diventati i tempii, lo Spirito
10, ecc.). Dall'eternità Dio aveva fissato il tempo del Figliuolo suo, cioè lo Spirito Santo, come si-
in cui doveva cessare la legge per dar luogo al gillo della vostra adozione in figliuoli, ed arra
Vangelo. Questo intervallo viene considerato come della futura eredità a voi riservata (Rom. VIII, 16;
Uina misura che va riempiendosi di giorno in Efes. I, 13-14). L'Apostolo chiama lo Spirito Santo
giorno. Quando dunque la misura fu piena (cor- Spirito del Figlio, non solo per indicare che Egli
risponde al tempo stabilito, v. 2), Dìo mandò. Il procede ugualmente dal Padre e dal Figlio, ma
greco è^a:réoTeiAev significa propriamente mandò anche per far comprendere che noi siamo debitori
da presso di sé, dal suo seno. Prima ancora della a Gesù Cristo e della nostra adozione, e dello
sua venuta nel mondo il Figlio già esisteva presso Spirito che abbiamo ricevuto. // quale grida
Dio, e ab eterno era da Dio generato nell'identità Abba, ecc. (Ved. n. Rom. Vili, 14-17. L'Apostolo
di natura, e per conseguenza da tutta l'eternità sa appella così all'esperienza degli stessi Calati
era Dio (Giov. I, 1 e ss. III, 16; Vili, 42; X,
; (Cf. Ili, 1).
34, ecc.). Il suo Figliuolo unigenito fatto di donna, 7. Conclusione. Dunque tu, o Calata, non sei,
ossia presa umana carne nel seno di una donna
più servo (v. 8), ma figliuolo adottivo di Dio. In
senza alcun concorso d'uomo. La lezione fatto di tutti i codici greci e in parecchi latini si legge sei
donna y^vó}levov ex yvvai-nóq (Cf. Giov. I, 14; e non già è, come si ha nella Volgata. Se figliuolo,
Rom. I, 3) ha in suo favore tutti i migliori codici sei anche erede delle promesse fatte ad Abramo
greci e numerosi Padri, ed è criticamente certa,
però stato elevato a tanta dignità
(Cf. Ili, .29). Sei
onde sotto l'aspetto critico va rigettata la lezione non per merito della legge, ma per Dio, cioè per
Yewdifievov = nato di donna, che si trova in alcuni
la grazia e la misericordia di Dio (Rom. XV, 9).
minuscoli greci, e in alcuni codici della Volgata
(p. e. Fuld), benché sotto l'aspetto teologico questa 8. Mostrato che è inutile l'osservanza della
ultima lezione non sia erronea, purché al verbo legge, perché i pagani anche senza di essa furono
nascere si lasci ii suo senso ordinario e non si elevati alla dignità di figli di Dio, passa ora (8-11)
dia quello dei doceti. L'espressione « fatto di ad esortare i Calati a non voler tornare nello stato
donna » mastra che alla concezione di Gesù Cristo di schiavitù assoggettandosi alla legge, poiché ciò
nel seno di Maria Santissima non concorse opera sarebbe una grande follìa. A tal fine stabilisce un
di uomo, ma il solo Spirito Santo, e che Gesìi, contrasto tra la vita condotta dai Calati prima e
per conseguenza, non ha alcun padre terreno, ma dopo la loro conversione. Allora, cioè prima di
solo una madre, Maria Santissima (Ved. Durand, convertirvi alla fede, non conoscendo il vero Dio,
L'Enfance de J. C, 1908, p. 111-134; Cornely, come avviene in generale dei pagani (Rom. I, 28;
h. 1.; Brassac, M. B., t. IV, p. 236). Fatto sotto I Tess. IV, 5), eravate servi, ossia portavate il
la legge. Gesù ha voluto fin dalla sua origine as- giogo della schiavitù di quelli, i quali realmente
soggettarsi in tutto alla legge mosaica, alle cui non sono dii, cioè dei demonii (I Cor. Vili, 5;
prescrizioni obbedì durante tutto il corso della sua X, 20).
vita, come apparisce chiaro specialmente nel Van-
9. Adesso, avendo conosciuto
vero Dìo per il
gelo di S. Luca. mezzo essendo
della predicazione degli Apostoli, ed
5. Doppio fine della missione di Gesù Cristo conosciuti e amati da Dio come suoi figli (I Cor.
sopra di questa terra. Dio mandò il suo Figlio e Vili, 3) per il Battesimo ricevuto, come vorreste
voàle :
1* che si assoggettasse alla legge, affinchè voi calpestare sì gran dignità assoggettandovi a
osservandola e prendendo sopra di sé la maledi- una nuova schiavitù, cioè alla legge mosaica?
zione da essa fulminata, redimesse, sborsandone Rudimenti (Ved. n. 3) sono riti e le istituzioni i

il prezzo, dalla servitù e dalla maledizione della mosaiche vengono detti deboli, perché non ave-
;

legge, quelli che erano sotto di essa, cioè i Giudei ;


vano la forza di giustificare, e poveri, perché non
2" volle che nascesse di donna, affinché venendo erano che ombre e figure dei beni futuri (Ebr. VII,
Egli a partecipare l'umana natura, facesse parte- 18; X, 1). Siccome nel versetto precedente i Ca-
cipare tutti gli uomini alla natura divina, comuni- lati furono presentati come convertiti dal pagane-
cando ad essi l'adozione in figliuoli di Dio (Cf. simo, è chiaro che le parole di nuovo, tornare, de-
IH, 14, 29; Rom. VIII, 29). vono riferirsi al verbo servire. L'Apostolo vuol

17 Sacra Bibbia, vai. II.


258 Calati, IV, 10-17

ad infirma, et egéna dementa, quibus dénuo gete di nuovo ai deboli e poveri rudimenti,
servire vultis ? ^°Dies observàtis, et menses, ai quali volete tornare a servire ? ^°Voi te-
et tempora, et annos. "Timeo vos, ne forte nete conto dei giorni, dei mesi, dei tempi,
sine causa laboràverim in vobis. degli anni. "Temo per voi, ch'io non mi sia
forse inutilmente affaticato tra voi.
"Estóte sicut ego, quia et ego sicut vos : ^^Siate come me, dacché io pure sono
fratres óbsecro vos Nihil me laesistis.
: come voi ve ne scongiuro, o fratelli voi
: :

"Scitis autem quia per infìrmitàtem carnis non mi avete offeso in nulla. ^^ E sapete
evangelizàvi vobis iampridem et tentatió- : come altra volta vi annunziai il Vangelo nel-
nem vestram in carne mea "Non sprevistis, l'afflizione della carne : e la tentazione vo-
neque respuistis sed sicut Angelum Dei
: stra nei patimenti della mia carne "non la
excepistis me, sicut Christum lesum. ^'Ubi disprezzaste, né l'aveste in obbrobrio : ma
est ergo beati tùdo vestra? Testimóni um mi riceveste come un Angelo di Dio, come
enim perhibeo vobis, quìa, si fieri posset, Cristo Cesù. ^^Dov'è dunque quella vostra
óculos vestros eruisséti^ et dedissétis milii. felicità ? Poiché vi fo fede che se fosse stato
possibile, vi sareste cavati i vostri occhi per

darli a me.

"Ergo inimicus vobis factus sum, verum "Sono io dunque diventato vostro nemico
dicens vobis ? ^^^Emulàntur vos non bene : a dirvi la verità? "Sono pieni di zelo per
sed excltìdere vos volunt, ut illos aemulé- voi non rettamente : ma vogliono mettervi

dire Se fu delitto per voi l'aver servito al de-


: rebbe le varie tribolazioni e persecuzioni dovute
monio, quando ignoravate Dio, maggior delitto è sostenere nella fondazione delle Chiese della Ca-
il farvi nuovamente schiavi di un altro padrone lazia (Atti, XIII, 14; XIV, 22). Parecchi moderni
ora che siete stati fatti liberi, e conoscete Dio. però (p. e. Fillion, Le Camus, Van Steenk., ecc.),
10. Accenna ad alcune pratiche giudaiche già pensano che l'Apostolo parli qui piuttosto di una
introdottesi tra i Calati. I giorni di sabato, della sua malattia, dalla quale sarebbe stato colpito
nuova luna, di digiuno, e delle altre feste. I mesi, mentre evangelizzava la Calazia (Ved. n. II Cor.
dei quali alcuni p. es., il primo (Nisan) e il set- XII, 7), oppure mentre la traversava. In quest'ul-
timo (Tisri) erano più sacri degli altri. I tempi, timo caso S, Paolo avrebbe pigliato occasione dalla
cioè le feste di Pasqua, di Pentecoste e dei Taber- malattia per predicare la fede ai Calati. La sen-
nacoli, che duravano una settimana. Gli anni saba- tenza dei Padri ci pare però da preferirsi. Ad ogni
tici (ogni sette anni) e giubilari (ogni 50 anni). modo quest'afflizione fu una tentazione per la fede
(Cf. Lev. XXIII, 4; XXV, 4, 8; Coloss. II, 16). dei Calati, e avrebbe potuto allontanarli dal Van-
Alcuni danno a questo versetto la forma interro- gelo, se non l'avessero vinta. Ma essi non solo non
gativa. si curarono della debolezza fisica o morale di San
Paolo, ma lo ricevettero con tanta carità, quale
11. Temo per temo che diventino inu-
voi, ossia
non avrebbero potuto usare maggiore collo stesso
tili le mie e che io non abbia con esse
fatiche,
ottenuto altro che farvi passare dalla schiavitù degli
Cesù Cristo.

ìdoli alla schiavitù della legge. 15. Quella vostra, ecc. Allora vi dicevate felici
12. 12-16 esorta i Calati ad imitarlo,
Nei vv. di avermi
tra voi, non ostante la mia debolezza,
ricordandosi dell'amore che gli hanno dimostrato. ma ora le cose sono cambiate, dacché avete co-
Siate come me, ossia rinunziate alle pratiche della minciato a seguire i Ciudaizzanti (I, 6). Vi sareste
legge che avete cominciato a seguire, come ho cavati gli occhi, proverbio che mostra quanto
rinunziato io; dacché io pure sono come voi, ossia grande fossero l'attaccamento e la riconoscenza eh©
dacché io pure, dopo la mia conversione, mi conn i Calati nutrivano per colui che li aveva evangeliz-
sidero come se fossi nato da parenti pagani, e in zati e fatti cristiani. Sarebbero stati pronti a far
nulla fossi soggetto alla legge, come siete voi. Altri qualsiasi sacrifizio per lui.
spiegano : siate come sono io dacché anch'io fui
16. Al considerare il cambiamento avvenuto
zelatore della legge. La prima spiegazione è però
adesso nelle loro disposizioni a suo riguardo,
migliore (Cf. I Cor. IX, 20; Filipp. Ili, 5-6). Ve
l'Apostolo esclama : Sono dunque diventato vostro
ne scongiuro, fate come vi dico. Invece di coman- nemico, perchè vi ho detta la verità, predicandovi
dare prega, mostrando così la tenerezza del suo
ilVangelo che condanna i riti Ciudaici? Per questi
affetto. Non mi avete offeso, ossia voi non mi
motivo avrei dovuto aspettarmi di essere più amato
avete recato alcun disgusto, anzi mi avete accolto
da voi.
colla massima cordialità, e quindi spero che non
vorrete ora essermi disobbedienti e disgustarmi. 17-20. Termina l'esortazione scongiurando tene-
Tanto più mi persuado della vostra docilità in ramente i Calati a non lasciarsi sedurre dai falsi
quanto ricordo la carità con cui mi avete accolto, apostoli. Sono pieni dì zelo, ossia cercano in tutt/
e vi siete stretti attorno a me, proprio in un mo- i modi di guadagnarsi il vostro affetto (I Cor, XII,
mento, in cui sembrava che tutto dovesse allonta- 31 ; XIV, 1), ma non fanno ciò con retto fine, poi-
narvi da me. ché si studiano di mettervi fuori della comunione

13-14. Altra volta. Il greco tò jtpótepov significa coi veri Apostoli, affinchè voi siate pieni di zelo,
propriamente : la prima volta. L'Apostolo era già ossia cerchiate di piacere ad essi solo, ed essi, a(f
stato due volte nella Calazia. L'afflizione della esclusione di tutti gli altri, siano gli unici padroni
carne, secondo la più parte dei Padri, significhe- del vostro cuore.
Calati, IV, 18-25 259

mini. "Bonum autem aemulàminì in bono fuori, affinchè siate pieni di zelo per loro.
semper : et non tantum cùm praesens sum "Siate sempre pieni dì zelo per il bene a
apud vos. ^^Filìoli mei, quos iterum partùrio, buon fine e non solamente quando io sono
:

donec formétur Christus in vobis. ^"Vel- presente tra voi. "Figliuolìni miei, che io
lem autem esse apud vos modo, et mutare porto nuovamente nel mio seno sino a tanto
vocem meam quóniam confùndor in vobis.
: che sia formato in voi Cristo. ^°Ma vorrei
essere ora presso dì voi e cambiar la mia
voce poiché sono perplesso riguardo a voi.
:

mihi qui sub lege vultis esse


'^Dicite : ^^ Ditemi
voi, che volete essere sotto la
legem non legistis? ^^Scriptum est enim : legge, non avete letta la legge? ^^Perocchè
Quóniam Abraham duos filios hàbuit unum : sta scritto che Abramo ebbe due figliuoli,
de anelila, et unum de lìbera. ^'Sed qui de uno dalla schiava e uno dalla libera. *'Ma
anelila,secùndum carnem natus est qui : quello dalla schiava nacque secondo la car-
autem de libera, per repromissiónem : ne quello poi dalla lìbera in virtù della
:

'*Quae sunt per allegoriam dieta. Haec enim promessa ^*le quali cose sono state dette
:

sunt duo testaménta. Unum quidem in monte per allegoria. Poiché questi sono i due te-
Sina, in servitùtem génerans quae est : stamenti. Uno dal monte Sina, che genera
Agar ^'Sina enim mons est in Arabia, qui
: schiavi questo é Agar : *' il Sina infatti è
:

" Gen. XVI, 15 et XXI, 2.

18. Siate, ecc. Esorta i Calati a far il bene non Vangelo e la schiaviti! prodotta dalla legge. L*A-
per umani riguardi, ma con retto fine. Il testo della postolo volge ex abrupto ai Calati, e domanda :
si
Volgata potrebbe esser tradotto in altro modo, qua- Voi che senza averne alcun obbligo avete inten-
lora si supponga che bonum sia un maschile e non zione di assoggettarvi alla legge di Mosè, non avete
un neutro. Siate sempre pieni di zelo per ogni letta (gr. non avete udita) la legge, cioè il Penta-
buon uomo nel bene, ossia per me che sono buono teuco o più in generale il V. T., il quale in più
e vi ho insegnato il bene, cioè la vera dottrina. luoghi predice l'abrogazione della legge? Come
I migliori codici greci presentano però una lezione nelle Sinagoghe, così nelle adunanze cristiane si
differente. E cosa buona l'essere oggetto di zelo solevano leggere fin dai primi tempi ì libri del
e di amore (come erano i Calati) a condizione Vecchio Testamento (Ved. Atti, XV, 21).
però che il motivo di tale amore sia il bene, e che 22. Sta scritto, nella Cenesi (XVI, 15 e XXI, 2)
questo amore sia duraturo. Nelle parole seguenti :
che Abramo ebbe due figliuoli, uno, cioè Ismaele,
e non solamente, ecc. l'Apostolo lascia vedere il dalla schiava Agar, l'altro, cioè Isacco, dalla libera
dolore che prova per l'avvenuto cambiamento nelle Sara.
disposizioni dei Calati a suo riguardo, e come
23. Tra questi due figli, anche prescindendo
essi siano fuori della retta via.
dalla diversa condizione delle loro madri, esisteva
19. Figliuolini (gr. rexvi'a luou). E l'unica volta una grande differenza, perchè Ismaele nacque se-
che S. Paolo usa questo diminutivo. Egli si para- condo carne, cioè secondo le leggi ordinarie
la
gona qui a una madre, a cui il partorir figli costa della natura, Isacco invece nacque in modo màra-
molestie e affanni. Egli ha molto sofferto quando coloso, da un padre vecchio, da una madre sterile,
li convertì alla fede, ma deve nuovamente soppor- e in vù-tù della promessa fatta da Dio ad Abramo
tare grandi dolori ora che sedotti dai falsi apostoli, (Cen. XVII, 16, 19; XVIII, 10; Cf. n. Rom. IV,
hanno bisogno che sia formato in loro Cristo non 19; Ebr. XI, 11).
già per un nuovo Battesimo (Tit. IH, 5), ma per il 24. Spiega vero carattere di questi
il fatti. Oltre
ritorno all'antica fede e all'antico fervore. Quando alla significazione storica e letterale, essi hanno
si convertirono alla fede essi presero In certo modo
una significazione tipica e spirituale (gr. dXXtiYopo-
la forma di Cristo, a cui per il Battesimo vennero vjLieva = per allegoria). Questi. La vera lezione è
incorporati, ma questa forma, offuscata dai falsi queste, gr. aùrat. Queste due donne Agar e Sara
apostoli, deve ora essere rinnovata per mezzo di sono i due testamenti, cioè sono tipi e figure delle
nuovi dolori da parte di S. Paolo (ILI, 27 Rom. ;
due alleanze, l'antica e la nuova, il Ciudaismo e
XIII, 14). il Cristianesimo. Uno di questi testamenti, cioè
20. In un momento così pericoloso l'Apostolo l'antico, fu promulgato dal monte Sinai (Tale è la
vorrebbe essere presso i Calati, e conosciute bene lezione del greco e dei migliori codici della Vol-
le loro disposizioni e le diverse circostanze, adat- gata), come si ha nell'Esodo (XXIV, 1 e ss.).
tare alle medesime (cambiare) la sua voce e le Questo testamento genera schiavi, perchè coloro
sue parole, affine di allontanare da loro il pericolo. che ne fanno parte, sono fin dalla loro nascita
II motivo di questo desiderio si è che, essendo sotto il giogo della legge (III, 23, 24; Rom. VI,
lontano, è perplesso a loro riguardo, ossia non sa 14, 15; II Cor. Ili, 14, ecc.). Questo testamento
bene ciò che sia conveniente di dire o di fare, e (gr. tJtk;, sottin. òtaGrixTi) è rappresentato da Agar
come si debba dire e fare. schiava, e madre di schiavi.
21. Dopo la lunga esortazione (8-20) ripiglia 25. Spiega la relazione che vi è tra Agar e il
l'argomentazione cominciata (1-7), mostrando Vecchio Testamento. Questo infatti fu dato dal
(21-31) per mezzo della storia di Agar e di Sara Sinai, ma il Sinai è un monte dell'Arabia Petrea,
l'inutilità della legge di Mosè, e facendo così me- dove abitavano ì discendenti di Agar, cfoè gli
glio risaltare il contrasto tra la libertà prodotta dal Ismaeliti (Cen. XXV. 12 e ss.; Salmo LXXXII, 7;
260 Calati, IV, 26-29

coniùnctus est quae nunc est lerùsalem,


ei, un monte dell'Arabia, il quale corrisponde
et servit cum suis. "Illa autem, quae
filiis alla Gerusalemme che è adesso, la quale è
sursum est lerùsalem, libera est, quae est serva insieme coi suoi figliuoli. ^*Ma quella
mater nostra. Gerusalemme che è lassù è libera, ed è la
madre nostra.
^^Scriptum est enim : Laetàre stérilis, 'Poiché sta scritto Rallegrati, o sterile,
:

quae non paris erùmpe, et clama, quae


: che non partorisci prorompi in lodi e grida
:

non pàrturis quia multi filii desértae, magis


: tu che sei feconda perocché molti più
:

quam eius, quae habet virum. ^*Nos autem sono figliuoli della abbandonata che di
fratres secùndum Isaac promissiónis filii su- colei che ha marito. ^"Noi perciò, o fratelli,
mus. ^"Sed quómodo tunc is, qui secùndum siamo come Isacco figliuoli della promessa.

«' Is. LIV, 1. 28 Rom. IX, 8.

I Par. V, 19). Dio dando la sua legge agli Ebrei greci, A K L P, ecc., hanno è madre di tutti noi.
:

da un monte appartenente agli Ismaeliti, figli di Questa lezione mette in maggiore evidenza il fatto
una schiava ed esclusi dalla eredità di Abramo, che la Chiesa è madre di tutti i cristiani a qual-
voleva far conoscere che la legge non avrebbe ge- siasi popolo e a qualsiasi condizione appartengano.
nerato altro che schiavi, e di per sé non avrebbe Se la Chiesa è madre nostra, noi dobbiamo non
dato diritto all'eredità promessa ad Abramo. iSè solo obedirla, ma amarla, e difenderla, ed avere per
questo carattere originario della legge si mutò essa tutta la sollecitudine che ha un buon figliuolo
quando Gerusalemme diventò centro della Teocra- per la madre sua.
zia Giudaica, poiché il Sinai è congiunto, oppure
27. Con un
testo di Isaia (LIV, 1) citato secondo
corrisponde (gr. owoToiXet) alla Gerusalemme che
i LXXprova che la Chiesa è veramente libera come
è adèsso, cioè a Gerusalemme centro culto
del
Sara, perchè anch'essa, mentre dapprima era come
Giudaico, per modo che quanto avvenne al Sinai, sterile e abbandonata, poi in virtù della promessa
si continuò ancora a Gerusalemme, e come al
ebbe maggior numero di figli che la sua emula, cioè
Sinai tutti gli Ebrei furono fatti schiavi, così an-
la sinagoga. In senso letterale il profeta annunzia
cora a Gerusalemme la legge fece schiava la città
che Gerusalemme, rimasta priva di abitanti du-
assieme a tutti i suoi figliuoli, cioè a tutti gli Ebrei.
rante la cattività di Babilonia, sarà un giorno più
Tale ci sembra la miglior spiegazione di questo
popolata di prima ; ma in senso spirituale le sue
versetto, che presenta gravi difficoltà anche a mo-
parole si riferiscono al regno messianico, cioè alla
tivo delle varie lezioni dei diversi codici. La lezione
Gerusalemme celeste, la quale nata per così dire
seguita, che è quella della Volgata, si trova pure
colla prima proméssa del Redentore, durante tutto
nei codici K C F G,
e nelle versioni itala, sahidica
iltempo in cui prevalse la legge, e la Gerusalemme
e gotica. I codici BADE,
e parecchie versioni
terrena moltiplicava i suoi figli, rimase come sterile
hanno quest'altra lezione rò fàp (òè) "Ayap Siva
e abbandonata, perchè, il cielo essendo chiuso,
ópoq èonv = ora Agar è (il nome del) monte Sinai.
essa non poteva condurre figli alla gloria. Ma ecco
S. Paolo direbbe che il Sinai dagli Arabi sarebbe
che colla morte di Gesù, tolta la maledizione della
stato chiamato Agar. Questo fatto non ha potuto legge, essa divenne ad un tratto feconda, e genera
essere finora constatato, benché sia vero che i Be-
una moltitudine di figli, precisamente come Sara,
duini diano il nome di Adyar (roccia) ad alcune
la quale rimasta sterile per lunghi anni e come ab-
masse rocciose del Sinai. Ved. Lemonnyer, h. 1. ;
bandonata da Abramo e posposta ad Agar, poscia
Cornely, h. 1. ; Le Camus, L'oeuvre des Ap., t. II,
in virtù della promessa divenne madre feconda.
pag. 139.
Non vi é dubbio che Isaia nello scrivere le parole
26. In forza del parallelismo S. Paolo dovrebbe citate pensasse a Sara, poiché al cap. LI, 1 e ss.,
ora aggiungere L'altro (testamento promulgato)
:
egli invita i Giudei a imitare la fede di Abramo e
dal monte Sion (Is. II, 2 e ss.), che genera liberi è di Sara, di cui sono figli, e anche i dottori Giudei
(rappresentato o figurato da) Sara. Sion infatti è un solevano dire che la sterilità di Sara era una figura
monte che sorge nella terra promessa ed è con- della sterilità di Sion (Ved. Schoettg, Horae heb.
giunto colla Gerusalemme che è lassù, la quale è in Gal. IV, 27).
libera, ecc. Siccome però tutto ciò era chiaro per
Noi tutti, sia Giudei
28. che Gentili, i quali
sé stesso, e poteva facilmente esser supplito dai
abbiamo abbracciato la fede, siamo figli della Geru-
lettori, S. Paolo, lasciando da parte il tipo Sara,
salemme celeste figurata da Sara, e siamo nati da
passa subito a parlare dell'antitipo, cioè della nuova
alleanza, o meglio della Chiesa. Alla sinagoga,
essa, non secondo la carne, ma in virtù della pro-
messa divina, come Isacco nacque da Sara (23;
chiamata Gerusalemme d'adesso, oppone la Chiesa,
detta Gerusalemme di lassù, o Gerusalemme celeste
Rom. IX, 8). In conseguenza noi siamo liberi, e
pur essendo come Isacco i veri eredi di Abramo,
(Ebr. XII, 22), perchè celeste è la sua natura, la
non siamo per nulla soggetti alla legge rappresen-
sua origine e il suo fine. Non dice che questa
Gerusalemme sia futura, perchè la Chiesa già
tata dalla schiava Agar. I codici B D F C, ecc.,
hanno : Voi, o fratelli, siete, ecc., ossia voi che
esiste, e benché combatta ancora su questa terra,
da pagani avete abbracciata la fede, siete fi-
il suo capo però è già in cielo, e dal cielo discende
gliuoli, ecc.
in tutti i suoi membri la vita e la forza. Ora questa
Gerusalemme, cioè la Chiesa, è libera come Sara, 29. Quegli che era nato secondo la carne, cioè
e non è per nulla soggetta alla legge essa inoltre ;
Ismaele, perseguitava Isacco, ossia colui che era
è la madre nostra, è quindi noi suoi figli siamo nato secondo lo spirito, vale a dire in virtù della
liberi, e per nulla soggetti alla legge. Alcuni codici promessa. Non sappiamo in che consistesse questa
Calati, IV, 30 — V. 2 261

carnem natus fùerat, persequebàtur eum, qui ^^Ma siccome allora quegli che era nato se-
secùndum spìritum ita et nunc. ^"Sed quid
: condo la carne perseguitava colui che era
dicit Scriptùra? Eiice ancillam, et filìum secondo lo spirito così anche dì presente.
:

eius non enim heres erit filius ancillae cum


: "Ma che dice la Scrittura? Metti fuori la
filio liberae. "Itaque, fratres, non sumus schiava e il figliuolo di lei poiché non sarà :

ancillae filli, sed liberae qua liberiate Chri- : erede il figliuolo della schiava col figliuolo
stus nos liberàvit. della libera. ''^Per la qual cosa, o fratelli,
noi non siamo figliuoli della schiava, ma
della libera : e di quella libertà, a cui Cristo
ci ha affrancati.

CAPO V.

Assoggettarsi nuovamente alla legge è un privarsi della grazia di Gesù Cristo yi-ó.

Severo castigo 7'iservato ai seduttori dei Calati, y-12 La libertà non —
è licenza, 13-15. — La carne e lo spirito, 16-25. — Umiltà e carità, 26.

iterum iugo servitùtis con-


^State, et nolite adunque fermi, e non vogliate di
^State
tinéri.^Ecce ego Paulus dico vobis quó- : nuovo lasciarvi impigliare dal giogo di schia-
niam si circumcidàmini, Christus vobis nihil vitù. ^Ecco che io Paolo vi dico che se vi

»• Gen. XXI, 10. 2 Act. XV, 1.

persecuzione. Lo scrittore sacro (Gen. XXI, 9-10)


parla dì scherni o derisioni, che dovevano senza CAPO V.
dubbio avere una certa gravità, se Sara domandò e
ottenne che Agar e Ismaele venissero cacciati. 1. Rivendicata contro i Giudaizzanti l'origine
Anche la tradizione rabbinica paria di persecuzioni apostolica della sua autorità e della sua dottrina, e
mosse da Ismaele contro Isacco, ma è certo che dissipati i sofismi da essi usati per assogggttare i
S. Paolo non allude ad alcuna di quelle favole che neofiti alla legge, passa ora nella terza parte della
8u ciò i rabbini inventarono. lettera (V, 1-VI, 10) a fare un'esortazione e a dare
Così anche dì presente i Giudei, figli della Geru- alcuni avvertimenti pratici. Dapprima esorta i Ga-
salemme terrena, prefigurati da Ismaele, perse- lati a non voler privarsi delle grazie di Gesù Cristo

guitano i figli della Gerusalemme celeste, cioè ì assoggettandosi alla legge (1-6). La miglior lezione
cristiani prefigurati da Isacco. Il fatto era allora a dd greco, qualle si trova nei codici e in BKACP
tutti evidente e bastano gli Atti a convincerne (Ved. tutte le edizioni critiche (Treg. ; Tisch. ; W.-Hor. ;
p. es., Atti, XIII, 45 e ss. ; XIV, 4 e ss. XVII,;
Nest., ecc.) è la seguente : alla libertà Cristo ci ha
5 e ss.; XVIII, 6, 12, ecc.). affrancati, state adunque fermi, ecc. S. Paolo, come
conclusione di quanto ha detto precedentemente,
30. La Scrittura (Gen. XXI, 10-12) citata libe- afferma il fatto che da Cristo abbiamo ottenuta la
ramente secondo i LXX. Metti fuori, ecc. Queste libertà dalla legge, e quindi dice ai Calati : Adun-
parole furono propriamente dette da Sara, ma sic- que state fermi (gr. orrixere) nella libertà ottenuta
come Dio le approvò, ordinando ad Abramo di (II Tess. II, 14). Non vogliate di nuovo, ecc.
metterle in esecuzione, S. Paolo le pone sulla bocca Siete stati da poco tempo liberati dalla schiavitù
di Dio stesso. La schiava Agar, il suo figliuolo
del .peccato e dell'idolatria, sotto la quale, come
Ismaele. Non sarà erede, ecc. Lascia che i Galati pagani, gemevate (IV, 8 e ss. ; I Cor. XII, 3), non
traggano la terribile conseguenza. Se essi vorranno vogliate ora accettare nuovamente la schiavitù,
assoggettarsi alla legge e divenire schiavi come
assoggettandovi alla legge. Giogo. Questa imma-
Ismaele, saranno ripudiati da Dio assieme alla sina- gine rappresenta la durezza e il peso insopporta-
goga, e non avranno ailcuna parte all'eredità di bile della schiavitù della legge (Cf. Atti XV, 10).
Abramo.
2. Ecco che io, ecc. Parla con tutta la sua auto-
31. Conclusione generale di tutta l'allegoria di rità di Apostolo (I, 1-12). Se voi, essendo Gentili,
Agar e di Sara. Noi tutti cristiani siamo quindi fi- vi circoncidete, come vogliono i Giudaizzanti (Atti
gliuoli non ma della libera, e perciò
della schiava XV, 1), si è unicamente perchè credete la circon-
siamo quella libertà che Gesii Cristo ci
liberi di cisione necessaria alla salute. Ora in questo caso
ha acquistata morendo per noi sulla croce. Questo Cristo non vi gioverà niente, perchè Egli rifiuta
versetto presenta nel greco parecchie varianti di le sue grazie a coloro che cercano la giustificazione
poca importanza. Le ultime parole, di quella li- e la salute altrove che in Lui solo. Credere neces-
bertà,ecc., vanno probabilmente unite al capo saria la circoncisione è negare che Gesù Cristo ci
seguente.Il senso però non muta. abbia salvati, è abbandonare la fede (Ved. tuttavia
n. Atti XVI, 3).
262 Calati, V, 3-10

próderit. *Testiflcor autem rursus omni hó- circoncidete. Cristo non vi gioverà niente.
mìni circumcidénti se, quóniam débitor est ^E fo di nuovo sapere a qualunque uomo,
anivérsae legis faciéndae. ^Evacuati estis a che- si circoncide, che egli è debitore del-
Christo, qui in lege iustiflcàmini a gràtia : l'osservanza dì tutta la legge. *Non siete
excidìstis. ''Nos enim spiritu ex fide, spem più nulla riguardo a Cristo voi che cercate
iustìtiae expectàmus. ^Nam in Christo lesu la giustizia nella legge siete decaduti dalla
:

ncque circumcìsio ali quid valet, neque prae- grazia. ^Infatti noi dallo Spìrito per la fede
piìtium sed fides, quae per charitàtem ope-
: aspettiamo la speranza della giustizia. ''Poi-
ratur. ché in Cristo Gesù nulla importa l'essere
circonciso, o l'essere incirconciso ma la :

fede operante per la carità.


'Currebàtis bene : quis vos impedivit ve- ^Correvate a meraviglia chi vi rattenne:

ntati non obedire? 'Persuàsio haec non est dall 'ubbidirealla verità? 'Questa persua-
ex eo, qui vocat vos. 'Módicum ferméntum sione non viene da colui che vi chiama.
totam massam corrùmpit. "Ego confido in 'Un po' di lievito altera tutta la massa, "to
vobis in Dòmino, quod nìhil àliud sapiétis : confido nel Signore riguardo a voi, che non
qui autem contùrbat vos, portàbit iudicium, avrete sentimento diverso ma chi vi con- :

quicùmque est ille. turba, chiunque sia, porterà la condanna.

• I Cor. V, 6.

3. Non solo la circoncisione vi separa da Gesù valore per l'eterna salute, e non vi dà alcun di-
Cristo, raa-è per voi un'occasione di maggiori pec- ritto speciale, l'essere circonciso o incirconciso^
cati, e vi chiude la via di ottenerne la remis- ossia l'essere stato Giudeo o pagano (III, 28),
sione (4). Vi fo sapere. Il greco i^apirponai signi- ma ciò- che ha valore è la fede, non però quella
fica : affermo chiamando Dio in testimonio. Di che è oziosa, ma quella che è operante per la
nuovo, perchè di ciò vi ho già parlatato a voce. carità, vale a dire è congiunta colla carità e mostra
A qualunque, che trovandosi nelle vostre condi- la sua vita col produrre opere buone e coll'osser-
zioni (v. 2), si circoncide. E debitore, ecc. La cir- vanzaydi tutti i precetti (Ved. n. I Cor. VII, 19;
concisione è una pubblica professione (Rom. II, Giac. II, 17, 20). La fede che giustifica è quindi
25, 26) di intera e perfetta sommissione alla legge, quella che è accompagnata dalla carità e dalle buone
e quindi chi la riceve è per ciò stesso' tenuto a opere. Il verbo latino operatur (gr. éYepYov\uévT\>
osservare tutta legge, e siccome ciò non è possi- non è un passivo, come pensarono alcuni, ma cor-
bile, egli viene a cadere sotto la maledizione «cca- risponde a una foima media (Ved. Cònc. Trid.,
gliata dalla stessa legge contro i suoi trasgiessori sess. VI, cap. 7).
(III, 10). Probabilmente i Giudaizzanti dicevano 7. Neiy versetti* 7-12 parla delisevero castigo ri-
che bastava ricevere la circoncisione, senza che servato a coloro che hanno sedotti i Calati.
vi fosse obbligo di osservare tutta la legge. San Correvate» bene nella vita ^cristiana, avendo la
Paolo mostra che tal dottrina è illogica. vera fede. L'imagine della corsa, a cui )S. Paolo
4. Non potrete evitale di trasgredire la legge, paragona spesso la vita cristiana, è tratta dal
né ottenere perdono dei peccati, poiché cercC^do
il giuoco* dell'arena (II, 2; l Cor. IX, 24). Chi vi rat-
la giustificazione nelle opere della legge, voi non tenne, ossia vi intercettò (èvéxo\[)eY) la via, oppure,
siete più nutta riguardo a Cris/o,- ossia ^secondo la secondo un'altra lezione (di pochi codici), vi spinse
forza del greco, avete cessato di essere uniti a fuori della, via(dvéxoifjev), in modo che più non
Cristo, autore della grazia, e quindi siete decaduti obbediate alla verità evangelica, cioè alla dottrina
dallo stato di grazia e tornati allo stato di schia- che la salute si ottiene per la fede e non per le
vitù e di peccato. opere della legge.
5. Prova che quei che abbracciano la legge sono 8. Questa persuasione della necessità della cir-
decaduti dalla grazia. Noi, cristiani, che slamo concisione, che i falsi dottori hanno insinuata nella
uniti a Cristo e abbiamo la grazia, aspettiamo con vostrai mente, non viene da colui che vi chiama,
sicurezza e perseveranza (tale è il significato del ossia, non è opera del divin Padre (I, 6), che vi
greco d:iex6éXeo0ai) la speranza della giustizia, ha chiamati alla fede cristiana, e per conseguenza
ossia non la grazia della .giustificazione, poiché si non è certamente Dio che vi ha fatto deviare dalla
parla di cristiani già giustificati, ma ciò che la retta via nella vostra corsa, ma è il demonio, che
giustiziarci fa sperare, vale a dire l'eterna felicità. •per mezzo dei Giudaizzanti vi ha sedotti.
Noi aspettiamo- questa felicità Wa//o Spirito ^Santo, 9. Un po' di lievito, ecc. Proverbio già usato
che ci fu dato nel Battesimo come caparra del- nella I Cor. V, 6 (Ved. n. ivi).L'Apostolo vìi<A
l'eterna eredità (Efes. I, 14), e come sigillo della dire che questi falsi dottori sono come un fer-
nostra adozione in figli di Dio (IV, 6), e l'aspet- mento corruttore, del quale basta una piccola
tiamo per mezzo della fede, dalla quale solo pos- parte per corrompere un'intera massa di pasta.
siamo ottenere la giustificazione, come si è veduto Anche un solo falso dottore può talvolta trascinare
nella prima parte dell'Epistola, e non già per all'errore interi popoli.
mezzo delle opere.
10. Confido. Non ostante il male già prodotto,
3. Conferma il versetto precedente.
In Cristo e i pericoli che sovrastano, l'Apostolo spera che i
Gesù, ossia per quelli che sono uniti e incorporati Calati torneranno a migliori consigli. Nel Signore,
a Gesù Cristo, nulla importa, cioè non ha alcun fonte di ogni speranza e di ogni confidenza (Rom.
Calati, V. 11-16 263

"Ego autem, fratres, sì circumcisiónem "Quanto a me, o fratelli, se tuttora pre-


adhuc praedic© quid adhuc persecutìónem
: dico la circoncisione, e perchè tuttavia sof-
pàtior? Birgo evacuàtum est scandalum cru- fro la persecuzione? Dunque e tolto via lo
cis. "Utinam et abscindàntur qui vos con- scandalo della croce. ^^Dio voglia che siano
tùrbaxit. anche recisi quelli che vi conturbano.
"Vos enim in lìbertàtem vocàti estis fra^ "Voi infatti, fratelli, siete stati chia-
tres : tantum ne libertàtem in occasiónem mati alla libertà solo non fate della libertà
:

detis carnis, sed per charitàtem Spiritus ser- un'occasione per la carne, ma servite gli
vite invicem. ^*Omnis enim lex in uno ser- uni agli altri per la carità dello Spirito.
móne implétur Diliges próximum tuum si-
: "Poiché tutta la legge si comprende in que-
cut te ipsum. ^*Quod si invicem mordétis, sta parola : Amerai tuo prossimo come te
il

et coméditis : vidéte ne ab invicem consu- stesso. ^^Che se mordete e vi mangiate


vi
màmini. Tun l'altro : badate di non consumarvi Tua
l'altro.

"Dico autem : Spiritu ambulate, et desi- "Ora io dico : Camminate secondo lo Spi-

" Lev. XIX, 18; Matth. XXII, 39; Rom. XIII, 8. '" I Petr. II, U.

XIV, 14). Che non


avrete sentimento diverso dal stata abrogata non solo nei suoi
precetti cerimo-
mio a riguardo dottrina evangelica, oppure
della niali, ma anche
nei suoi precetti morali. Poichi
dei falsi dottori, e se l'avete avuto, muterete con- voi siete, ecc. Se ho parlato sì forte contro i falsi
siglio abbandonando, come inutili, le opere della dottori, si è perchè essi vorrebbero farvi schiavi
legge. della legge mosaica, mentre voi siete liberi per il
11. Quanto a me, Per dare maggior credito
eoe. fatto stesso che avete abbracciato la fede. Voi
alle loro dottrine i falsi ApositoM andavano dicendo
però non dovete abusare della libertà ottenuta,
tra i Calati, che anche S. Paolo altrove predicava pigliando da essa occasione o pretesto per vivere
la necessità della circoncisione; e questa accusa secondo la carne, ossia per seguire le inclinazioni
era tonto pliì facilmenite creduta, inquantochè pro- della parte inferiore della nostra natura corrotta

prio nella Galazia, qualche tempo avanti, egli aveva dal peccato di origine e dominata dalla concupi-
circonciso Timoteo (Ved. n. Atti XVI, 6) prima di scenza (Rom. VII, 18, 23, 25; I Cor. II, 13, ecc.).
prenderlo come suo compagno nel ministero apo- Al contrario servite gli uni agli altri, o meglio,
stolico. E chiaro però, che si tratta di una pura secondo il greco òoDAeiSere, siate schiavi gli uni
calunnia. Se infatti, dice l'Apostolo, io assieme degli altri, ma di quella schiavitù che è prodotta
alla croce predico la necessità della circoncisione, dalla carità. Le parole dello Spirito mancano nei
:

perchè allora i Giudei mi perseguitano dappertutto migliori codici greci, e con tutta probabilità sono
(Atti XVI, 16 e ss.; XVII, 5 e ss. ; XVIII, 6, 9 una glossa destinata a spiegare che si parla non
di una carità qualsiasi, ma della carità sopranna-
e ss., ecc.), come il nemico della loro legge? Dun-
que è tolto via, ecc. Con
deduce una fina ironia turale.

conseguenza assurda mostrare l'as-


per meglio 14. Motivo per cui ha ricordato
il solo precetto

surdità della calunnia. Se fosse vero che egli della carità. legge, ecc. (Ved. n. Rom.
Tutta la
Insegna la necessità delle osservanze legali, la XIII, 8-10; I Cor. XIII, 6). Il vero amore de! pros-
croce avrebbe cessato di essere scandalo per i simo è inseparabile dall'amore di Dio, e se in
Giudei (Ved. n. I Cor. I, 23), perchè vi sarebbe esso è compresa tutta la legge di Mosè, non ri
ancora posto per la legge. I Giudei infatti non s! è più bisogno di circoncisione.
offendono tanto della predicazione della croce,
15. Se vi mangiate... come fanno
vi mordete...
quanto piuttosto, dell'abolizione della legge.
tra loro le fiere.Allude ai dissidii, agli odii, ecc.,
12. Siano recisi dalla società dei fedeli o dei •

che erano scoppiati o v'era pericolo che scoppias-


viventi. Imprecazione dettata, non da odio, ma sero tra i Calati, forse a motivo delle dispute in-
dallo zelo per la causa di Dio, alla quale recavano torno alle cerimonie legali. Badate di non consu-
grave pregiudizio questi falsi dottori, a cui l'Apo- marvi perdendo la carità e la pietà, e cadendo
stolo minaccia la vendetta divina. Il greco djcoxó- nella rovina.
i{)OYTai, tradotto siano recisi, non ha però questo

senso, ma significa propriamente l'evirazione, come Nei versetti 16-25 fa vedere che per evitare
16.

riconoscono S. Giovanni Cris., Teodoreto, Ter' la schiavitù della carne si deve vivere secondo Io
tuli., Sant'Agostino, S. Gerolamo, S. Tommaso..., Spirito. Camminate secondo lo Spirito (Cf. Rom.
Cornely, Le Camus, Fillion, Brassac, ecc. Con Vili, 4), ossia vivete secondo le inclinazioni della
forte ironia dice S. Paolo Essi gettano il turba-
:
parte dell'umana natura, illuminata e
superiore
mento tra voi pretendendo che la circoncisione diretta dallo SpiritoSanto (Ved. n. I Cor. II, 13).
abbia tanta importanza. Se credono che sia cosi, E non soddisf erete, ecc. Per il fatto stesso che la
non si arrestano alla circondsione, ma vadano sino parte superiore sottoj'influsso dello Spirito Santo,
alla mutilazione, o, come si esprime S. Tommaso, regolerà tutte le vostre azioni, voi non soddìsfe-
h. 1., Utinam non solum cìrcumcidantur, sed tota- rete, cioè non vivrete più secondo i desiderU
liter castrenturl (greco, desiderio) della carne, ossia secondo le
13-15. Badino i Calati a non convertire in licenza inclinazioni della parte inferiore deHa nostra na-
la libertà ottenuta, pensandosi che la legge sia tura guasta e corrotta (Ved. n. 13).
264 Calati, V, 17-22

dérìa carnis non perficiétìs. "Caro enim rito, e non soddisferete i desiderii della car-
concupiscit advérsus spiritum :spiritus au- ne. "La carne infatti ha desiderii contrarii
tem advérsus carnem haec : enim sìbi invi- allo Spirito : lo Spirito desiderii contrarii
cem adversàntur ut non quaecùmque vultìs,
:
alla carne : poiché «essi (carne e spirito)
illa faciàtis. ^^Quod si spiritu ducimini, non sono opposti tra loro affinchè non facciate
:

estis sub lege. tutto quel che volete. ^"Che se voi siete gui-
dati dallo Spirito, non siete sotto la legge.

"Manifèsta sunt autem opera carnis quae : ^^Ora le opere della carne sono manifeste,
sunt fornicàtio, immunditia, impudicitìa, e sono l'adulterio, la fornicazione, l'impu-
luxùria, *°Idolórum sérvitus, venefica, ini- rità, la lussuria, ^"l'idolatria, i venefìcii, le
micitiae, contentiónes, aemulatiónes, irae, inimicizie, le contese, l'emulazioni, l'ire,
rixae, dissensiónes, sectae, ^^Invidiae, homi- le risse, le discordie, le sette, ^He invidie,
commessatiónes, et his si-
cidia, ebrietàtes, gli omicidii, le ubbriachezze, le gozzoviglie,
milia,quae praedico vobis, sicut praedixi : e cose simili a queste, sopra le quali vi
quóniam qui tàlia agunt, regnum Dei non predico, come vi dissi già, che chi fa tali
consequéntur. cose non conseguirà il regno di Dio.
"Fructus autem Spiritus est chàritas, : ^^Frutto poi dello Spirito è la carità, il
gàudium, pax, patiéntia, benignitas, bóni- gaudio, la pace, la pazienza, la benignità.

17-18. Per indurre i Calati a vivere secondo lo Il secondo gruppo comprende due peccati contro
Spirito, dopo aver accennato che vi è tale e con- la religione, cioè l'idolatria, ossia le pratiche ido-
tinua lotta tra la carne e lo spirito, per cui è ne- latre genere (1 Cor. X, 14), e i venefica, o
in
cessario schierarsi per l'uno o per l'altra, mostra meglio, la magia. Il terzo gruppo contiene nove
quanto sarà felice chi vive secondo lo Spirito. La peccati contro la carità, cioè le inimicizie gli
carne, anche nei fedeli battezzati, ha desiderii con- omicidii. L'Apostolo omette i peccati contro la
trarii, ossia cerca di avere il sopravvento sullo roba (I Cor. VI, 10) e contro la fama (II Cor.
spirito, e a sua volta lo spirito ha desiderii con- XII, 20) del prossimo. Nell'ultimo gruppo sono
trarii, ossia deve vegliare «acciò la carne non riesca ricordati due peccati contro la temperanza, cioè
nel suo intento. La concupiscenza non rimane le ubbriachezze e le gozzoviglie (Rom. XIII, 13).
estinta per mezzo del ^ Battesimo, e quindi cerca E cose simili. Con queste parole lascia capire che
sempre di riacquistare il suo antico dominio. In l'enumerazione non è completa. Vi predico con
conseguenza di questa lotta tra la parte inferiore questa lettera, come vi dissi già a voce, quando
e la parte superiore della nostra natura, se voi ero presso di voi. Chi fa tali cose, anche dopo es-
volete seguire lo Spirito, la carne cercherà di non sersi convertito, non conseguirà o meglio non ere-
lasciarvi fare ciò che volete, e viceversa lo Spirito diterà il regno di Dio (Ved. n. I Cor. VI, 9-10).
cercherà di non lasciarvi compiere i vostri desi- 22-23. Segue ora una serie di virtù dette frutto
derii, quando vogliate seguire gli istinti della carne. dello Spirito, perchè di loro natura apportano di-
Nell'epistoila ai Rom, VII, 7 e ss., si parla più a letto all'anima e sono prodotte in noi da Dio.
lungo di questa lotta, ma quale si svolge nell'uomo L'Apostolo le chiama frutto e non frutti, perchè
non ancora battezzato. Siete guidati dallo Spirito, tutte le virtù sono assieme unite nella carità. La
ossia vivete secondo lo Spirito (Ved. n. 16). Non serie nella Volgata attuale consta di dodici nomi,
siete sotto la legge, perchè non facendo nulla con- ma nel testo greco, nelle altre versioni, nei Padri
tro di essa, ì suoi terrori, le sue minacele, le sue
latini S. Gerolamo e Sant'Agostino, e negli stessi
pene non sono più per voi (Cf. I Tim. I, 9), e migliori codici della Volgata {Amiat., Fuld., ecc.),
d'altra parte, dove è lo Spirito di Dio, ivi è la
se ne hanno solo
nove, benché alcuni codici
libertà (II Cor. Ili, 17. Ved. Rom. VII, 25; greco-latini ne noverino dieci, ponendo come ul-
Vili, 14, 15). timo la castità. Ad ogni modo è certo che anche
19-21. Per sapere se vivano secondo la carne qui S. Paolo non ha intenzione di fare una enu-
o secondo lo Spirito, basta considerare se in essi merazione completa. La carità verso Dio e il pros-
vi siano le opere, a cui la carne inclina (19-21), simo (I Cor. XIII, 5). // gaudio, ossia quella gioia
oppure opere che sono frutto dello Spirito
le che lo Spirito Santo infonde nel cuore dei giusti
(22-23). L'Apostolo propone quindi una serie di (Rom. XIV, 17; I Tess. I, 6). La pace con Dio
opere della carne, senza però aver intenzione di (Rom. V, 1) e cogli uomini (I Cor. XIII, 4). La
nominarle tutte. Anche altrove (I Rom. I, 29, 30; pazienza... la longanimità, due traduzioni dello
XIII, 13; I Cor. VI, 9, 10; II Cor. XII, 20, 21; stesso nome fiaxpoOufii'o (I Cor. XIII, 4). La be-
Efes. V, 3-5) si hanno simili cataloghi di vizi, i nignità, la bontà, ossia la probità, per cui uno non
quali però non sono sempre gli stessi, e non ven« cerca quel che non gli appartiene (I Cor. XIII, 5).
gono sempre ordinati nello stesso modo. Il cata- La mansuetudine gr. «pavr^q (tradotto dalla Vol-
logo presente si divide in quattro gruppi. Il primo gata anche con modestia) opposta all'ira (I Cor.
comprende tre peccati di impurità, cioè {l'adulterio, XIII, 5). La fedeltà o meglio quella semplicità pru-
gr. noiXeia, manca nei migliori codici greci), la dente che porta ad aver fiducia negli altri (I Cor.
fornicazione (gr. nopvem), l'impurità o Immon- XIII, 7). La continenza, ossia la temperanza op-
dezza (gr. àxaeapm'o), e la lussuria, o meglio, la posta a tutti i vizi carnali. La castità, manca nei
libidine senza freno (gr. daéXYeia). Ved. n. II migliori codici. Contro queste cose, oppure, come
Cor. XII, 21. I due nomi della Volgata immunditia potrebbe anche essere tradotto il greco, contro
e impudicitìa, sono probabilmente due traduzioni coloro che sono tali, ossia praticano tali virtù,
di uno stesso nome. non è la legge, la quale certamente non punisce
Calati, V, 23 — VI, 3 255

tas, longanimitas, ^'Mansuetùdo, fides, mo- la bontà, la longanimità, ^^la mansuetudine,


dèstia, continéntia, càstitas. Advérsus hu- la fedeltà, la modestia, la continenza, la ca-
iùsmodi non est lex. stità. Contro queste cose non è la legge.

^*Qui autem sunt Christi, carnem suam che sono di Cristo hanno cro-
^"•Ora quei
crucìfixérunt cum vitiis, et concupiscéntiìs. carne coi vizi e con le concu-
cifissa la loro
spiritu vivimus, spiritu et ambulémus.
^"^Si piscenze. ^*Se viviamo di Spirito, cammi-
'®Non efflciàmur inànis glóriae cùpidi, invi- niamo in Ispìrito. ^*Non siamo avidi dì glo-
cem provocàntes, invicem invidéntes. ria vana, provocandoci gli uni gli altri, e
portando invidia gli unì agli altri.

QAPO VI.

Avvisi pratici. Sopportarsi vicendevolmente, 1-2. Superbia e umiltà, 3-$, — —


Doveri dei fedeli verso i loro maestri^ 6-8. Non stancarsi di fare il bene, g-io. —

Riassu7ito della parte polemica e dogmatica della lettera, 11-15. Augurio, —
preghiera e saluto finale, 16-18.

^Fratres, et sì praeoccupàtus fùerit homo ^Fratelli, se un uomo per disgrazia sia


in àliquo delieto, vos, qui spirìtuàles estis, stato preoccupato in qualche fallo, voi che
huiùsmodi instrùite in spiritu lenìtàtis, con- siete spirituali, istruite questo tale con spi-
siderans te ìpsum, ne et tu tentéris. ^Alter rito dì dolcezza, e poni mente a te stesso,
altérius onera portate, et sic adìmplébitìs le- che tu pure non caschi in tentazione. *Por-
gem Christi. ^Nam sì quìs existimat se àlì- tate gli uni i pesi degli altri, e così adempi-
quìd esse, cùm nìhil sit, ìpse se sedùcit. rete la legge di Cristo. ^Poiché se alcuno

Ifl virtù, né minaccia i virtuosi. In conseguenza


coloro che praticano la virtii non sono sotto la CAPO VI.
legge (v. 18), e le prescrizioni di Mosè sono inu-
tili per loro (I Tess. I, 9-10). 1. Nei vv. 1-10
si ha una serie di varii avver-

Ogni cristiano ha il dovere di vivere se-


24. timenti non connessi se non lontanamente tra loro
condo lo Spirito. Quei che sono di Cristo, ossia e colla parte dogmatica dell'epistola. Dapprima
quei che per mezzo del Battesimo sono stati incor- (1-2) raccomanda di sopportare difetti del pros-
ì

porati a Cristo (I Cor. Ili, 23) hanno crocifissa la simo. Sia stato preoccupato, cioè, secondo la
loro carne, ossia secondo il loro uomo vecchio forza del greco jipoAtmcpe^, sia stato come per
sono morti con Cristo, e quindi la carne, focolaio sorpresa trascinato in qualche fallo, non tanto
della concupiscenza, coi suoi vizi e colle sue pas- dalla malizia della volontà quanto piuttosto dalla
sioni non deve piij dominare in loro. Essi sono debolezza dell'umana natura. Voi che siete spiri-
assieme con Cristo risorti a una nuova vita, il cui tuali (gr. ^vet5^iaTixox), ossia che vi lasciate gui-
principio è la grazia dello Spirito Santo, e perciò dare dallo Spirito e non dalla carne, che siete
devono vivere secondo lo Spirito (II, 19 e ss. ; cristiani perfetti e non fanciulli (V, 16, 18, 25;
Rom. VI, 1 e ss.; VII, 1 e ss. ; Vili, 1 e ss.). Cf. n. I Cor. Ili, 1). Istruite. Il greco significa
Se viviamo, perfezionate. Correggete questo tale riducendolo
25. Se il principio della nuova
ecc.
così ad essere di nuovo perfetto. Con spirito dì
vita è lo Spirito, dobbiamo camminare o vìvere
dolcezza, che rende accetti anche i rimproveri.
secondo questo stesso principdo, e non secondo la
carne. Per indurli più facilmente a usare tale mansue-
tudine esorta ciascuno in particolare a considerare
26. Questo versetto dagli uni viene unito al capo
la propria fragilità, per cui si trova esposto non
seguente, mentre da altri viene considerato come
solo al pericolo della tentazione, ma anche a
la conclusione di quanto l'Apostolo ha detto in-
quello di cadervi (Cf. Matt. XVIII, 15; I Cor.
torno alla carne e allo Spirito. La questione non
X, 12).
ha grande importanza. In esso si raccomandano la
2. I pesi, come appare dal contesto, sono i
umiltà e la carità.
peccati e le imperfezioni morali. Sopporta i pesi
Non siamo, ecc. Per rendere i Calati più docili
ai suoi insegnamenti l'Apostolo si unisce a loro
degli altri chi non di®prezza, ma compassiona i
usando la prima persona plurale. Avidi di gloria peccatori e lì aiuta ad emendarsi. Così adempirete
vana sono coloro che nelle loro azioni cercano dì interamente la legge di Cristo, cioè il grande pre-
aver gloria presso gli uomini. Facilmente costoro cetto che Cristo tanto ha inculcato (Giov. XIII,
diventano arroganti, e provocano ad ira gli altri, 34), e che racchiude in sé tutti gli altri precetti

e portano invidia a quelli che credono loro supe- (Cf. V, 14).

riori. 11 desiderio di questa gloria, come è chiaro, 3. Se alcuno non vuol sopportare gli altri, per-
distrugge la carità fraterna. ché si tiene ad essi superiore, ossia si tiene per
o6 Calati, VI, 4-10

'Opus autem suum probet unusquisque et si tiene di essere qualche cosa, mentre non
sic in semetipso tantum gióriam habébit, et è nulla, questi seduce se stesso. *Ma cia-
non in altero. "Unusquisque enim onus suum scuno esamini l'opera sua, e così solo in se
portàbit. stesso avrà gloria, e non presso altrui. 'Cia-
scuno infatti porterà il proprio peso.
•Commùnicet autem is, qui catechizàtur ^Quegli poi che è catechizzato nella pa-
verbo, ei, qui se catechizat, in omnibus bo- rola, faccia parte di tutto quello che ha di
nis. ^Nolite errare Deus non irridétur. : bene a chi lo catechizza. 'Non vi ingannate :

*Quae enim seminàverit homo, haec et me- Dio non si schernisce. ^Poiché quello che
tet. Quóniam qui séminat in carne sua, de l'uomo avrà seminato, quello ancora mie-
carne et metet corruptiónem qui autem : terà, onde chi semina per la sua carne, dalla
séminat in spiritu, de spiritu metet vitam carne mieterà la corruzione chi poi semina :

aetérnam. ®Bonum autem faciéntes, non de- per lo Spirito, dallo Spirito mieterà la vita
flciàmus tèmpore enim suo metémus non
: eterna. 'Non ci stanchiamo nel fare il bene :

defìciéntes. ^°Ergo dum tempus habémus, poiché non istancandoci mieteremo a suo
operémur bonum ad omnes màxime autem tempo. ^°Per la qual cosa fino che abbiamo
ad domésticos fidei. tempo, facciamo bene a tutti, massimamente
però a quelli che per la fede sono della
stessa famiglia.

» I Cor. Ili, 8. » II Thes. Ili, 13.

qualche cosa di grande (II, 2), mentre in realtà Dio non si schernisce ( ot \i\3y.xr\piC,exai = non si
non avendo tutto ricevuto da Dio (I Cor.
è nulla, lascia schernire o ingannare), perchè conosce ì
IV, 7), questi seduce se stesso, perchè attribuisce vostri cuori, e sa quali siano le vostre facoltà, e
ai suoi meriti ciò che è di Dio. La superbia è con- quindi le vostre scuse non hanno alcun valore
traria alla carità, e rende il cuore duro e senza presso di Lui.
misericordia.
8. A suo tempo Dio farà vedere tutta la vaniti
4. Il superbo, paragonando le sue presunte virtù delle vostre scuse. Quello che avrà seminato
coi difetti degli altri, si gloria a loro riguardo sti- mieterà. Proverbio assai comune (Giob. IV, 8;
mandosi pili perfetto. Ora S. Paolo dice ciascuno, :
Prov. XXII, 8; Os. VIII, 7; II Cor. IX, 6), che
invece di esaminare gli altri, esamini l'opera sua, si trova anche presso Cicerone (De or., II, 65).
cioè la sua vita, e le sue azioni, e trovando in La qualità della messe dipende dalla qualità del
sé stesso mille difetti e mille imperfezioni, se seme, e anche dalla qualità del campo in cui il
vorrà ancora gloriarsi (aggiunge con ironia) avrà seme é gettato. Chi semina per la carne, ossia chi
gloria in se stesso senza andarla a cercare presso vive per la carne e per le cupidità carnali, ossia
gli altri. Tale ci sembra la miglior spiegazione di chi si lascia dominare dall'uomo vecchio (V, 16),
questo versetto (Ved. Corn., h. 1.). Altri spiegano :
dalla carne mieterà Za corruzione, ossia la morte
esamini l'opera sua, e se troverà di che gloriarsi, eterna. Chi semina per lo Spirito, ossia chi vive
si glorierà del testimonio della propria coscienza, ed opera secondo i principii della parte superiore
e non andrà a mendicare la gloria degli altri uo- illuminata e guidata dallo Spirito di Dio, mieterà
mini, oppure, se troverà di che gloriarsi, si glo- la vita eterna. La messe sarà quindi conforme e
rierà in sé stesso riconoscendo di aver tutto rice- alla qualità della semente e alla qualità del ter-
vuto da Dio. reno in cui è seminata.
5. Il motivo per cui si deve badare ai propri! 9. Dà ora un avviso generale. Non ci stan-
difetti e non a quelli degli altri si è perché cia- chiamo, ossia non siamo pigri Cor. IV, 1), nel
(II
scuno porterà davanti al tribunale di Dio per es- fare il bene, cioè nell'esercizio delle opere buone,
servi giudicato, il proprio peso, cioè i proprii vizi poiché non istancandoci, vale a dire se non ci
e i proprii peccati, non quelli degli altri (Rom. stancheremo ma saremo perseveranti nel fare il
XIV, 12; I Cor. Ili, 8). bene, mieteremo a suo tempo ricevendo il premio
6. L'Apostolo passa ora a parlare di un dovere meritato. Alcuni uniscono diversamente le parole,
dei fedeli verso i loro maestri. Quegli che è cate- e interpretano mieteremo senza stancarci, ossia
:

chizzato (gr. ò xaTT\Xov)nevoi;), ossia istruito, nella senza fine, perchè il frutto delle buone opere fatte
parola, cioè nella dottrina cristiana, faccia parte durerà eternamente. La prima spiegazione è mi-
di tutto quello che ha di bene temporale, ossia gliore.
provveda a quel che è necessario a chi lo cate- Conclusione. Finche abbiamo tempo, ossia
10.
chizza. Chi predica il Vangelo ha diritto di vivere dura la vita presente (Giov. IX, 4), fac-
finché
del Vangelo (Ved. n. I Cor. IX, 7-14; Cf. I Tess. ciamo del bene a tutti. Qui come è chiaro si parla
V, 12, 13, ecc.). delle opere di misericordia. Massimamente. Benché
7. Non vi ingannate, ecc. Sembra che i Calati universale, la carità cristiana deve in modo spe-
si mostrassero poco generosi nel compiere questo ciale rivolgersi a quelli che hanno più stretti vin-
loro dovere, e perciò l'Apostolo ricorda loro il coli con noi, ossia ai fedeli che sono membri della
giudizio di Dio, nel quale ciascuno riceverà premio stessa grande famiglia di Gesù Cristo (lett. che
o castigo a seconda delle sue opere. Non vi in- abitano la stessa casa, cioè la Chiesa che è la vera
gannate cercando vani pretesti per esin>ervi dalle casa di Dio: Efes. II, 19; I Tim. Ili, 15; Ebr.
opere di misericordia, quasi non siano necessarie Ili, 6; II Piet. I, 1).
Calati, VI, 11-16 267

"Vidéte quàlibus litteris scripsi vobìs mea "Guardate che lettera vi ho scritto di pro-
manu. ^^Quicùmque enìm volunt piacére in prio pugno. ^-Tutti coloro che vogliono es-
carne, hi cogunt vos circumcidì, tantum ut sere graditi secondo la carne, questi vi sfor-
crucis Christi persecutiónem non patiàntur. zano a circoncidervi, solo per non patire
"Neque enim qui circumcidùntur, legem persecuzioni per la croce di Cristo. "Infatti
custódiunt sed volunt vos circumcidi, ut in
:
neppur quelli che si circoncidono osservano
carne vestra gloriéntur. la legge ma vogliono che vi circoncidiate
:

per glorificarsi sopra la vostra carne.


"Mihi autem absit gloriàri, nisi in cruce ^*Ma lungi da me il gloriarmi d'altro che
Dòmini nostri Jesu Christi per quem mihi :
della croce del Signor nostro Gesù Cristo :
mundus crucifìxus est, et ego mundo. "In per cui il mondo è a me crocifisso, e io al
Christo enim lesu ncque circumcisio àliquid mondo. "Perocché in Cristo Gesù non fa
valet, ncque praepùtium, sed nova creatura. nulla l'essere circonciso, né l'essere incir-
"Et quicùmque hanc régulam secùti fùerint, conciso, ma la nuova creazione. " E quanti
pax super illos, et misericordia, et super seguiranno questa norma, sopra di essi pace
Israel Dei. e misericordia, e sopra l'Israele di Dio.

11. Nei vv. 11-18 si contiene l'epilogo di questa non osservano legge di Mosè in tutto, ma solo
la
lettera. L'Apostolo riassume brevemente la parte in ciò di vantaggio, e vogliono im-
che loro torna
polemica (12-13) e dogmatica (14-15) e poi ag- porvi la circoncisione affine di glorificarsi sopra la
giunge un augurio (16), una preghiera (17) e un vostra carne, cioè dì vantarsi presso i loro conna-
saluto (18). Guardate, ecc. S. Paolo il quale soleva zionali di aver fatto numerosi proseliti, e indotto
d'ordinario servirsi di qualche segretario per scri- molti pagani ad abbracciare la circoncisione.
vere le sue lettere, aggiunge ora di proprio pugno 14. I Ciudaizzanti cercano la gloria umana, ma
l'epilogo, e per richiamar bene l'attenzione dei l'Apostolo considera tal gloria come ignominiosa,
Calati e far loro meglio comprendere l'importanza e la vuole lontana da sé. Lungi da me. Egli brama
di quanto sta per dire li invita a guardar bene con gloriarsi di una cosa sola, cioè della croce di Gesà
quali grossi caratteri egli scriva. Il greco :iT\Xtxoi<; Cristo, la quale è la vera causa della nostra giu-
Ypà|Lina<nv = qualibus litteris significa appunto stificazione. La croce che per i Ciudei era segno
con grossi caratteri. Alcuni, fondandosi sulla pa- d'infamia e di maledizione (Deut. XXVII, 26) è
rola iypa\\>a = ho scritto, pensano che S. Paolo diventata per ì cristiani causa di salute, e l'og-
alluda a tutta la lettera, la quale per conseguenza getto principale della predicazione di S. Paolo e
sarebbe stata da lui scritta tutta di proprio pugno. degli altri Apostoli (Atti, II, 22, 36, 38, ecc.;
Ma si fa giustamente osservare che nello stile I Cor. II, 2; II Cor. IV, 8, ecc.). Per cui. Il greco
epistolare gli antichi usavano spesso l'aonisto, òì où può riferirsi tanto a croce come a Cristo.
dove noi useremmo il presente, poiché col pen- I Padri greci lo riferiscono a croce, e ciò è piiì
siero si riferivano non al momento in cui scrive- conforme al contesto. L'Apostolo infatti considera
vano, ma a quello in cui il destinatario leggeva la la croce come strumento di redenzione ; per mezzo
Ci sembra quindi piiì probabile che San
lettera. di essa egli, in forza della sua unione con Cesiì
Paolo voglia parlare del solo epilogo, e che il Cristo crocifisso, è morto al mondo, cioè al regno
verbo ho scritto equivalga semplicemente a scrivo della carne e del peccato (I Cor. I, 20 ; II Cor.
(Ved. Cornely, h. l.ì. IV, 4; Efes. II, 2, ecc.), e il mondo è morto per
12. La prima cosa, sulla quale l'Apostolo ri- lui, in modo che sono spezzati tutti ì vincoli che

chiama ora l'attenzione dei Calati, è il fine per- potevano esistere tra loro, e nulla piiì vi ha di

verso che si propongono i Ciudaizzanti nelle loro comune.


azioni. Tutti coloro, ecc. Queste parole si rife- 15. Dà il motivo per cui egli si gloria solo nella
riscono ai falsi dottori Ciudaizzanti, Vogliono es- croce di Cesù Cristo. Nel nuovo ordine dì cose
sere graditi (gr. vogliono comparir belli) secondo stabilito da Cesù Cristo, non ha alcun valore l'es-
la carne, ossia cercano di piacere agli altri nelle sere circonciso o incirconciso, perchè queste di-
cose esterne senza curarsi dell'interno del loro stinzioni appartengono al mondo, a cui i battezzati
cuore, oppure vogliono piacere agli uomini in un sono morti l'unica cosa che ha valore è la nuova
;

modo carnale. Tutti costoro si sforzano di farvi creazione, ossia l'elevazione dell'uomo allo stato
circoncidere al solo fine di non essere perseguitati soprannaturale della grazia, per cui è divenuto
per la croce di Cristo, di non aver cioè a soffrire figlio adottivo di. Dio ed erede del cielo (Ved. n.
carceri, flagellazioni, ecc. (Cf. V, 10). I Romani V, 6; II Cor. V, 17; Cf. Rom. VI, 5, 11; VIII,
permettevano ai Ciudei dell'impero di vivere se- 16; I Cor. VII, 19; Efes. II, 10; Coloss. III,
condo le loro leggi. I potevano
cristiani circoncisi IO, 11).
quindi facilmente essere considerati dai pagani Le parole Cristo Gesù, benché manchino
: in
come Ciudei. I cristiani non circoncisi erano In- nel codice B e in alcune versioni, tuttavia si tro-
vece esposti non solo all'odio dei pagani, ma piiì vano negli altri codici, e non vi è ragione suffi-
ancora a quello dei Ciudei, ì quali non potevano ciente per considerarle come una glossa infiltra-
sopportare che si facesse dipendere la salute da tasi dal capo V, 6.
un Messia crocifisso e non dalla legge mosaica. 16. Questa norma di gloriarsi solo in Cesti
13. La prova che non sono indotti a fare così Cristo, di cui per il Battesimo sono divenuti mem-
dallo zelo sìncero della legge, si ha nel fatto che bri, senza più curarsi di essere circoncisi o incìr-
essi stessi (quelli che circoncidono) Ciudaiz-
si concisi. Sopra di essi sia, o meglio sarà pace, della
zanti, simili ai Farisei (Matt. XXIII, 13-15, ecc.), quale godranno nella loro unione con Cristo, §
268 Calati, VI, 17 — Introduzione Efesini

"De cétero nemo mihì moléstus sit : ego "Del rimanente nessuno mi inquieti :

enim stigmata Domìni lesu in córpore meo poiché io porto le stimmate del Signore Gesù
porto. ^^Gràtia Domini nostri lesu Christì, nelmio corpo. "La grazia del Signor nostro
cum spiritu vestro, fratres. Amen. Gesù Cristo col vostro spirito, o fratelli.
Così sia.

misericordia che sperimenteranno in vita e spe- segni di Gesù. Cristo. L'Apostolo allude all'uso
cialmente al finale giudizio. Israele di Dio, per antico dì imprimere col ferro sul corpo degli
opposizione a Israele secondo la carne (I Cor. schiavi un contrassegno che indicava a quale pa-
X, 18), sono detti i cristiani, i quali senza distin- drone appartenevano. Egli poi considera se stesso
zione di razze formano ornai il vero popolo di Dio. come lo schiavo e la proprietà di Gesù Cristo.
Del rimanente. Il greco tou XotnoC significa
17. Come è chiaro, qui non è questione
delle stimmate
piuttosto per l'avvenire. Nessuno mi inquieti, ossia propriamente dette (Ved. Cornely, h. 1.; Filiion,
nessuno venga più a importunarmi sopra le osser- h. 1. Brassac, M. B., tom. IV, p. 243).
;

vanze legali circoncisione o a spargere ca«


e la
lunnie contro di me. Io ho parlato chiaro, e ho
18. Aggiunge la solita benedizione. Col vostro
mostrato quale sia la vera dottrina dì Gesù Cristo. spirito. Queste parole sono come l'ultima eco di
tutta la lettera, e sembra che l'Apostolo voglia
Se alcuno pensa diversamente, non merita più al-
cuna risposta. Con accento severo l'Apostolo ancora ricordare ai Calati che se vogliono salvarsi
tronca così la questione appellandosi alla sua qua- noji devono vivere secondo la carne, ma secondo
lità di Apostolo di Gesù Cristo (Cf. I Cor. XI, lo spirito. Fratelli. Benché la lettera sia stata se-

16). Mostra che ha diritto di parlare in questo vera, e perciò l'Apostolo abbia da principio
modo. Io porto nelle cicatrici causatemi dai colpi omesso di chiamare i Calati, fratelli, ora sul fine
di verghe e di flagelli ricevuti a causa del Vangelo dà loro questo bel titolo, mostrando così che il
(II Cor. XI, 25 e ss.), le stimmate, cioè i contras- suo cuore è sempre pieno di carità verso dì loro.

LETTERA AGLI EFESINI

INTRODUZIONE
Efeso. —
Efeso era la città più fiorente Egli si recò la prima volta in questa città
dell'Asia Minore, sia per numero di abi- in compagnia Aquila e dì Priscilla verso
di
tanti, e sia per commercio. Situata a pochi il fine della sua seconda grande missione,

chilometri dal mare Egeo quasi dì fronte a ossia intorno all'anno 54, ma dopo aver pre-
Corinto, era bagnata dal fiume Caistro, che dicato nella sinagoga e gettato i primi semi
formava due grandiosi porti in cui conveni- del Vangelo, partì tosto per Gerusalemme
vano le navi di tutte le.nazioni. Fondata pro- e Antiochia, promettendo però di ritornare,
babiimente-dai Ioni sul flnire del xi secolo. e lasciando intanto Aquila e Priscilla a con-
a. C, e poi incorporata al regno di Per- tinuare l'opera da lui incominciata (Cf. Atti
gamo, fu nel 133 interamente assoggettata xviii, 19 e ss.).
ai romani, i quali ne fecero la capitate della Durante il corso della sua terza missione
provincia detta Asia proconsolare. Efeso era (55-58), S. Paolo si portò una seconda volta
famosa nell'antichità, non solo per la sua a Efeso, e vi si fermò per più di due anni,
opulenza, ma anche per il grandioso tempio facendovi innumerevoli conversioni special-
di Diana, che veniva considerato come una mente di Giudei, e organizzando una Chiesa
meraviglia del mondo (Ved. n. Atti xviii, florentissima. Costretto in seguito a fuggire
19 XIX, 23 e ss. Cf. Strabone, xiv, 1 e ss. ;
; a motivo dì un tumulto popolare provocato
Pausania, vii, 2 e ss. Plinio, Hist. Nat,
;
dall'argentiere Demetrio, non vi fece ritorno
v,31). che parecchi anni più tardi, quando cioè
fu liberato dàlia sua prima prigionia ro-
Fondazione della Chiesa di Efeso. — mana (I Tim. I, 3). Tuttavia sul fine della
S. Paolo può meritamente essere riguardato sua terza missione essendo passato per Mì-
come il fondatore della Chiesa di Efeso. leto. mandò a chiamare i capi della Chiesa
Introduzione Efesini 269

di Efeso, e in un discorso tenerissimo rac- nosca personalmente ì suoi lettori. S. Paolo

comandò loro di adoprarsi in tutti ì modi scrive in ben altra maniera ai fedeli, a cui
per custodire pura e immacolata la loro ha predicato, o coi quali ha speciali rela-
Chiesa, che a lui era costata tante cure e zioni, come sì può vedere nelle lettere ai
tante tribolazioni. Egli prevedeva infatti, Romani e ai Corinti.
come purtroppo avvenne, che alcuni lupi
II. Altri protestanti, e tra i cattolici Kna-
rapaci si sarebbero gettati nell'ovile di Gesù
benbauer, pensano che la lettera sia indi-
Cristo, cercando di sedurre i fedeli e menar
rizzatasemplicemente ai Laodiceni, come
strage della loro fede. Anche nella sua pri-
diceva Marcione, e che di essa parli San
gionia però egli continuò ad occuparsi della
Paolo quando raccomanda ai Colossesi (iv,
Chiesa di Efeso, e quando riebbe la libertà
16) di leggere la lettera da lui scritta a quei
si portò nuovamente a visitarla, e nel par-
di Laodicea.Per spiegare come dal titolo
tirsi lasciò come vescovo il suo discepolo
sia scomparso il nome di Laodiceni, Har-
Timoteo. Dopo la morte di S. Paolo andò
nak e Knabenbauer suppongono che ciò sia
a stabilirsi in Efeso S. Giovanni, ma la
dovuto ai rimproveri che nell'Apocalisse
Chiesa di questa città aveva perduto molto
(ili, 14-19) sono messi contro l'angelo della
del suo primitivo fervore, come consta dai
rimproveri
Chiesa di Laodicea (Cf. Knabenbauer,
che si leggono nell'Apocalisse
(II, 1-7. Cf. Atti XIX, 1-xx, 1).
Comm. in Ep. ad Ephes., ecc., p. 7 e ss.).
III. La maggior parte degli interpreti cat-
destinatarii della Lettera agli Efe-
I tolici (Ved. Cornely, Introd., tom. ili, p
sini. —
Intorno ai destinatarii di questa let- 498; Jacquier, Histoire, ecc., t. l, p. 285-
tera esistono tra i diversi autori tre princi- 291 Padovani, Comm. inEp. ad Eph., ecc.,
;

pali sentenze. p. 2, ecc.) ritiene invece che la lettera sia


I. La maggior parte dei critici protestanti veramente indirizzata agli Efesini, e questa
e anche parecchi cattolici (Belser, Fouard, sentenza, tutto considerato, ci sembra pre-
Prat, Lemonnyer, Bisping, Beelen, Lamy, feribile. Infatti tutta l'antica tradizione, rap-
Kaulen Polz, ecc.) pensano che S. Paolo presentata dal Frammento Muratoriano, da
abbia scritto una lettera circolare alla varie Sant'Irineo {Adv. Her., v, 2, 8, 14, 24, ecc.),
Chiese dell'Asia proconsolare, e che questa da Clemente A. {Paedag.. i, 5; Strom., iv,
lettera ci sìa stata tramandata sotto la de- 8, ecc.), da Tertulliano (Coni. Marc, v, 11,
nominazione agli Efesini, unicamente per- 17), da tutti gli antichi codici (quattro eccet-
chè essa ci rappresenta la copia destinata tuati) e da tutte le antiche versioni, è una-
alla Chiesa di Efeso. Gli argomenti sui nime nell 'affermare che questa lettera fu
quali appoggiano questa loro sentenza si indirizzata agli Efesini. Gli stessi Padri, San
possono ridurre ai seguenti : Basilio (Cont. Eunam., ii, 19), Origine {Ca-
1° Le parole èv 'Ecpsoc^ (volgata Ephesi), tena, ed. Cramer, p. 102), S. Gerolamo (in

che si leggono nel primo versetto del testo Ephes., i, 1), i quali sembra che non aves-
attuale, mancano nei codici B X e 67, e sero nel loro testo le parole èv 'E(pE6<ù, lungi
Basilio {Cont. Eunom., dal negare che questa lettera fosse diretta
S. ii, 19) ci attesta
ai fedeli di Efeso, applicano invece aperta-
che mancavano pure in alcuni antichi codici
da lui consultati. Similmente Origene e San mente agli Efesini le parole del primo ver-
Gerolamo noi loro commentarli sul primo setto, che nominano i destinatarii.
versetto di questa lettera spiegano il testo, Le ragioni interne addotte dai sostenitori
come se non contenesse alcuna indicazione dell'opposta sentenza, non sono tali da di-
di Efeso. Di più, secondo Marcione, questa struggere il valore dell'unanime testimo-
lettera sarebbe stata indirizzata ai Laodiceni. nianza degli antichi. Se è vero infatti che
Ora egli non avrebbe potuto affermare tal in questa lettera non sono nominate alcune
cosa, se nel principio fossero stati menzio- persone da salutare, non si verifica forse la
nati gli Efesini, tanto più che Tertulliano stessa cosa nella seconda lettera ai Corinti
{Cont. Marc, v, 11, 17) nel confutarlo si e in quella ai Filippesì, ai Calati, e ai Tes-
appella alla tradizione, e non già al titolo salonicesi? La mancanza di allusioni a fatti
per provare che essa fu veramente indiriz- personali si può spiegare osservando, che
zata ai cristiani di Efeso. S. Paolo mandò questa lettera per mezzo di
2° Benché S. Paolo abbia dimorato pa- Tichico incaricando espressamente questo
recchio tempo in Efeso, e fosse in intime suo discepolo di consolare i cuori dei fedeli
relazioni con parecchi fedeli, in questa let- e di dar loro tutte le notizie che riguarda-
tera non si ha nessun saluto, e quasi nes- vano la sua prigionia, ecc. (Cf. Efes., vi, 22).
suna allusione a relazioni personali tra D'altra parte non si può provare in alcun
l'Apostolo e i cristiani a cui la lettera è modo che i lettori di questa, lettera non fos-
diretta ; anzi il tema è trattato in modo assai sero personalmente conosciuti da S. Paolo.
generale e in alcuni passi (i, 15; in, 2; iv, Perchè mai infatti l'Apostolo dopo essere
21) si lascia supporre che l'Apostolo non co- stato assente alcuni anni da Efeso, non pò-
270 Introduzione Efesini

teva scrivere agli Efesini (i, 15) che aveva mente a Ef. IV, 4. Vi allude invece certa-
sentito parlare dei progressi da loro fatti mente Sant'Ignazio, allorché esorta i mariti
nella fede e nella carità ? Non usa forse egli ad amare le loro mogli come Gesù Cristo
lo stesso modo di parlare con Filemone (i, ha amato la sua Chiesa, e descrive le armi
5)? Anche i testi ni, 2; iv, 21, non sono dei cristiani, e chiama la Chiesa dì Efeso
concludenti, poiché non è per nulla provato con titoli analoghi a quelli che si leggono
che la congiunzione e? ye esprima sempre un nei primi versettti della lettera agli Efesini
dubbio, mentre si hanno alcuni passi dove (Cf. Ad. Polio, v, 6 e Efes, v, 25 vi, 11
; ;

è usata anche quando si tratta di cose cer- Ad Magn. vii, 1-2 e Efes, iv, 3-4). Anche
tissime (Cf. p. es. Coloss. II, 20). Per questi S. Policarpo {Ad Philipp, i, 3) pensava cer-
motivi crediamo che non si debba abbando- tamente al testo di S. Paolo {Efes, n, 8, 9),
nare la sentenza degli antichi, ma con essi si quando ricordava ai suoi lettori che erano
debba ritenere che questa lettera sia stata stati salvati gratuitamente, non a motivo
scritta da S. Paolo agli Efesini (Cf. per le delle opere, ma dalla volontà dì Dio per
due sentenze, Brassac, M. B., t. iv, p. 338 Gesù Cristo. Si deve ancora aggiungere la
e ss.). Dottrina dei dodici Apostoli che al capo IV,
Non è il caso di fermarsi sull'ipotesi di 11, traccia i doveri degli schiavi e dei pa-
Knabenbauer, poiché tutti sanno quanto droni quasi colle identiche parole di questa
poca autorità goda Marcione, e se la sosti- lettera {Efes, vi, 5-6). Lo stesso fatto si av-
tuzione di Efesini a Laodiceni in tutti i vera pure nella Lettera di San Barnaba,
codici e le versioni in sé é possibile, per XIX, 7).
dimostrare che in realtà é avvenuta, si ri- Anche parecchi eretici del secondo secolo
chiederebbero più forti ragioni che non il non solo ammettevano che S. Paolo fosse
ricorrere ai rimproveri mossi nell'Apoca- l'autore di questa lettera, ma inoltre la cita-
Usse, all'angelo della Chiesa di Laodicea. vano come Scrittura sacra. Così ,p. es. Mar-
cione la metteva nel suo canone (Cf. S. Epi-
L'autore della Lettera agli Efesini. fanio, Haer.. XLii, 9), Valentino si serviva
— Tutti i cattolici e numerosissimi prote- di essa per giustificare la sua dottrina (Cf.
stanti (Haupt, Reus, Sabatier, Godet, Zahn, Sant'Irineo, Adv. Haer., i, 3, 8), e altret-
Gregory, ecc.) si accordano nel riconoscere tanto facevano Basilide {Philosoph., vii,
S. Paolo come autore di questa lettera, e tal 26), Teodoto (Cf. Clemente A., Excerpta
verità non può essere seriamente recata in Theod., XIX, 48, 85) e i Naasseni {Philo-
dubbio stante le numerose testimonianze di- soph., v, 7, 8), ecc. E chiaro quindi che
rette e indirette che ha in suo favore. Infatti tutta l'antichità, senza alcuna eccezione, ha
nel Frammento Muratoriano si legge che riconosciuto come Scrittura divina, e come
•S. Paolo, come S. Giovanni, scrisse a sette opera di S. Paolo la lettera agli Efesini.
Chiese, cioè ai Corinti, agli Efesini, ecc. '
I razionalisti moderni (tra ì più recenti
(Cf. Jacquier, Le Nouveau Testament, ecc., H. von Soden, Kolosser, Epheser, Philemon,
t. I, p. 201 e ss.) Sant'Irineo (Adv. Haer.,
; Pastoralbrief, Freiburg, 1893; C. Clemen,
v, 2, 3, ecc.) cita un passo di S. Paolo con Paulus Sein Leben Und Wirken, I, Giessen,
queste parole come il beato Paolo disse
: 1904; R. Scott, The Pauline Epistles, a
nella lettera agli Efesini. Tertulliano {Cont criticai study, Edinburgh, 1909; M. Dibel-
Marc, v, 11, 17) afferma l'esistenza di una lius. Die Geisterwelt im Glauben des Pau-
lettera che Marcione riguardava come indi- lus, Gottingen, 1909; I. Moffatt, An Intra-
rizzata ai Laodiceni, mentre invece per te- duction to the Literature of the New Testa-
stimonianza della Chiesa essa era diretta agli ment, Edinburgh, 1911, ecc.) per poter
Efesini. Le stesse affermazioni si trovano andare contro alla tradizione ricorrono unica-
presso Clemente A. {Strom., iv, 8 Paed., i, ; mente ad argomenti interni, ma anche da
5), Origene {De princip., in, 4), S. Basilio questo lato quanto siano prive di ogni valore
(Cont. Eunom., ii, 19) ed Eusebio (Hist. le loro ragioni sì può vedere ampiament*
EccL, in, 3, 25), il qual ultimo pone questa dimostrato nelle opere cattoliche, quali per
lettera tra gli scrìtti sacri, che sono ammessi esempio Brunet, Authenticité de lÈpltre
:

da tutta la Chiesa senza alcuna controversia. aux Èph., Preuves philologiques, Lyon,
Fra le testimonianze indirette si può ci- 1897 Jacquier, Histoire des livres du N. T.,
;

tare in primo luogo quella di S. Pietro. Se t. I, p. 302 e ss. H. Coppieters, Les ré-
;

infatti si paragonano tra loro i passi : Efes, i, centes attaques contre l'Épitre aux Éph., in
20-21 e I in, 22
Piet. Efes, il, ; I 18-22 e Rev. Bib.. 1912, p. 359 e ss. Knabenbauer,
;

Piet. II, Efes, v, 22 vi, 4 e I Piet. ni,


4-6 ; ; Comm. in S. Pauli Epist. ad Eph., ecc.,
1 ; II, 18, sì vedrà subito che non solo con- Parigi, ecc.
tengono le stesse idee, ma in parecchie Per nostro scopo basterà accennare in
il

espressioni l'Apostolo S. Pietro dipende da generale alle principali difficoltà dei razio-
S. Paolo (Cf. Cornely, Introd. spec, t. ni, nalisti e alle risposte che si danno dai cat-
p. 626 e ss.). Anche S. Clemente R. nella tolici, rimettendo ai grandi commenti il
sua lettera ai Corinti (xlvi) allude probabil- trattare dei particolari.
Introduzione Efesini 271

La prima è tratta dalla grande


difficoltà zioni che sì notano sono comuni a parecchi
rassomiglianza che nota tra la lettera agli
si passi delle altre Lettere (Cf. p. es. Rom. i,
Efesini e quella ai Colossesi, dal che si 1-7 20-26 26-32 ; ii, 17-23 IV, 16-21, ecc.).
; ; ;

conchiude che l'una o l'altra, o tutte e due .


Gli stessi razionalisti, Clemen (op. cit.
sono l'opera di un falsario. Come è chiaro p. 138), Dibelius (op. cit. p. 174), ecc. ormai
però, la conclusione è pili larga delle pre- confessano che la dottrina della Lettera agli
messe, poiché se da una parte è vero che vi Efesini sì accorda perfettamente colla dot-
ha una grande rassomiglianza tra alcuni trina esposta da S. Paolo nelle altre Lettere,
punti dell'una e dell'altra lettera, come si ed è più che naturale che l'Apostolo in cia-
può vedere negli specchi riprodotti da Bras- scuna lettera insista maggiormente sull'uno
sac (M. B., t. IV, p. 395), da Jacquier (Hist., punto del dogma o della morale
sull'altro
t. I, p. 311), ecc., dall'altra è pure un fatto cattolica, e lo sviluppi con maggiore am-
che sì hanno ancora notevoli differenze piezza e profondità a seconda che le diverse
(Ved. lo specchio pubblicata da Coppieters, circostanze, in cui sì trovavano coloro a cui
op. cit.). Tutto questo d'altronde trova la scrìveva, lo richiedevano.
sua spiegazione naturale se si tien conto Omai è pure abbandonata la difficoltà, con
delle circostanze, in cui le due lettere fu- cui alcuni (Baur, Schwegler, ecc.) rigetta-
rono scritte. vano l'autenticità della Lettera agli Efesini
Esse infatti furono entrambe composte sotto il pretesto che in essa si trovano allu-
verso il fine della prima cattività romana di sioni al gnosticismo, che si pretendeva nato
S. Paolo a pochissima distanza l'una dal- solamente nel secondo secolo. È noto infatti
l'altra, per non dice nello stesso giorno, e dalla testimonianza di Sant'Irineo (y4dv. Her.
di più sono ordinate a combattere gli stessi I, 23), dì Clemente A. {Strom., vii, 18) e dì

errori dogmatici, e a dar consigli morali a Eusebio (Hist. EccL, ii, 13; iv, 7) che i
persone che più o meno si trovavano nelle primi gnostici furono contemporanei degli
stesse condizioni. Non è quindi da meravi- Apostoli, e d'altra parte, é pure indubitato
gliarsi se le due lettere in alcuni punti sì che nella Lettera agli Efesini non si trova
rassomigliano. Non si spiegano forse nello alcuna allusione a quelle forme che il gnosti-
stesso modo le grandi rassomiglianze che sì cismo prese nel secondo secolo, ed é assai
trovano tra varii punti delle diverse lettere probabile che i diversi gnostici sì siano di
di Sant'Ignazio? Di più, non ci dice forse proposito serviti iì alcune parole di San
l'esperienza quotidiana che una persona, la Paolo per meglio nascondere e più facil-
quale nello stesso tempo tempo debba scri- mente propagare le loro false dottrine.
vere due più lettere di argomento affine
è portata naturalmente a ripetere nell'una i Tempo e luogo in cui fu scritta. —
pensieri e talvolta anche le espressioni del- La Lettera agli Efesini fu scrìtta in un tem-
raltra? po, in cui S. Paole era prigioniero (Efes, ìli,
La seconda difficoltà è tratta dalla lingua 1 IV, 1) e giaceva in catene (Efes, vi, 20).
;

e dallo stile. La lettera agli Efesini contiene Essa fu portata a destinazione da un certo
circa 40 àjta^ Àeyójueva ossìa parole, che non Tìchico (Ef. VI, 21), che era incaricato nello
si incontrano altrove nel Nuovo Testamento stesso temr)o di portare un'altra lettera alla
e nelle Lettere di S. Paolo, e circa 40 altre Chiesa di Colossi (Coloss. iv, 6), e che
che sì trovano bensì usate altrove nel Nuovo perciò viene raccomandato alle due Chiese
estamento, ma non presso S. Paolo. Inoltre con pressoché le identiche parole. In questa
Io stile questa lettera è pesante, diffuso
di missione Tìchico aveva ricevuto per com-
e imbarazzato, il periodo è irregolare e la pagno Onesimo, lo schiavo fuggitivo dì Fi-
frase sovraccarica di incidenti, ecc. lemone, che S. Paolo inviava con una lettera
Si risponde però giustamente in contrario dì raccomandazione al suo padrone (Cf. Co-
che tutte queste particolarità si incontrano loss. Poste queste considerazioni
IV, 7, 7).
più meno anche nelle altre Lettere di San non vi ha dubbio che la Lettera agli Efesini
Paolo, che gli stessi razionalisti riconoscono sia stata scrìtta contemporaneamente a quelle
come autentiche. Così per esempio la Let- ai Colossesi e a Filemone. Siccome però
tera ai Romani, conta non meno dì 96 d3ta§ S. Paolo fu prigioniero per due anni a Ce-
XeyójuEva, e 91 la prima ai Corìnti, 92 la sarea, e per due anni a Roma, gli autori
seconda, 33 quella ai Calati, 36 quella ai non si accordano nel determinare se questo
Filippesi, ecc., e quindi da questo fatto non gruppo di Lettere sia stato scritto dall'una
si può dedurre nulla contro l'autenticità dall'altra città.
della Lettera agli Efesini. Anzi se si tien L'antica tradizione è unanime nell'affer-
conto che questa Lettera contiene 22 parole mare che S. Paolo scrìsse la Lettera agli
che non sono usate nel Nuovo Testamento Efesini da Roma verso il fine della sua
da altri che da S. Paolo, si avrà in ciò una prima cattività, come ne fanno fede le
conferma della sua autenticità. Anche le ca- sottcscrizioni dei codici B P K L, 12, 37,
ritteristiche dello stile non hanno nulla di 44, ecc., e delle versioni copte e sirìache,
straordinario, poiché i difetti e le imperfe- nonché le esplicite testimonianze dei Padri
V2 Introduzione Efesini

S. Giov. Crìs., Teodoreto, Eutalio (Esposi- si è notato, mancano le allusioni personali,


zione dell'argomento della Lettera agli Efe- si è ridotti a emettere solo congetture più
sini), S. Gerolamo {In Ephes., in, 1 ;vi, meno probabili. Tuttavia l'Apostolo al
21), ecc. (Cf. Tischendorf, Novum Test, cap. I, V. 15, indica abbastanza chiaramente
graec, ed. 8, t. il, p. 704, 748, 900). Quasi l'occasione che lo indusse a scrivere. Egli
i cattolici e numerosi protestanti (p. es.
tutti aveva ricevuto buone notizie intorno alla
Holtzmann, Oltremare, Godet, von Soden, fede e alla carità degli Efesini, e perciò si
Harnak, ecc.), accettano l'antica tradizione, sente portato a ringraziar Dio e a pregarlo
parecchi protestanti però e alcuni cattolici a voler sempre più illuminare i suoi lettori,
(Trochon, Leséstre, Duchesne, ecc.), pen- affinchè meglio conoscano la sublimità della
sano invece che la lettera agli Efesini unita- loro vocazione. Assieme però egli aveva
mente alle altre due sia stata scritta da Ce- saputo che nell'Asia cominciavano a span-
sarea. dersi alcune false speculazioni gnostiche e
Le ragioni su cui si appoggiano i soste- giudaizzanti, le quali venivano a menomare
nitori di quest'ultima sentenza, non hanno la sovrana dignità di Gesù Cristo e a dare
grande valore. Perchè mai infatti S. Paolo, un culto esagerato agli angeli. Pieno di sol-
prigioniero in Roma, non avrebbe potuto lecitudine per le Chiese da lui fondate, egli
dire ai Colossesi di pregare il Signore af- scrisse allora questa lettera allo scopo di
finchè gli fosse dato di poter predicare il completare gli insegnamenti dati intorno alla
Vangelo dove avrebbe voluto? D'altra parte dignità sovraeminente di Gesù Cristo, e di
è fuori di dubbio che la prigionia di Cesarea premunire i fedeli contro gli errori gnostici
era più severa di quella di Roma. A Cesarea e morali, che andavano spargendosi.
egli era custodito nel pretorio di Erode, e
non poteva avere comunicazione che coi Argomento e divisione. —
L'argomento
suoi {Atti XXIV, 32), mentre invece a Roma, di questa Lettera si può riassumere in poche
benché legato a un soldato, abitava in una parole. L'Apostolo tratta dei grandi benefizi
casa d'affitto e aveva tutta la libertà di rìce che per mezzo di Gesù Cristo furono fatti
vere i suoi amici e di predicare {Atti xxviìi, agli uomini (i, 3-iii, 21), e dei doveri che
30-31). Solo a Roma quindi egli potè avere incombono ai cristiani (iv, 1-vi, 8).
tutte le relazioni, che fanno supporre que- In una breve introduzione (i, 1-2) l'Apo-
ste lettere, con Timoteo, Tichico, Aristarco,
stolo dà il suo nome e quello dei destinatarii,
Luca, Dema, Epafra, Marco, ecc. Solo a aggiungendovi il solito saluto.
Roma egli potè ricevere e convertire lo
Nella parte dogmatica (i, 3-lli, 21), che
schiavo Onesimo, ed avere Epafra e Ari-
ha per scopo di celebrare i benefizi ricevuti
starco compagni di cattività {Coloss. i, 7 ;
da Gesù Cristo, UApostolo si introduce con
IV, 10). Né deve
fare difficoltà il fatto che
una solenne azione di grazie (i, 3-14) a Dio
Onesimo fuggito dal suo padrone si sia re-
per averci eletti e predestinati e giustificati
cato a Roma piuttosto che in altra città più
vicina, quale era Cesarea, poiché era molto
in Gesù
Cristo (i, 3-6), il quale ci ha re-
denti suo sangue, e ci ha rivelato il
col
più facile per lui imbarcarsi per Roma e
quivi sfuggire alle ricerche del padrone, che
grande mistero della nostra riconciliazione
non affrontare i disagi e i pericoli di un con Dio (I, 7-12), e ha dato anche ai pa-
gani convertiti lo Spirito Santo, arra della
lungo viaggio per terra da Colossi a Cesarea.
celeste eredità (i, 13-14). In modo speciale
È ancora da osservare come benché nella
poi ringrazia Dio della perseveranza degli
Lettera a Filemone l'Apostolo preghi l'amico
Efesini nella fede, e lo prega a illuminare
di preparargli l'alloggio, mostrando con ciò
la loro mente acciò conoscano la grandezza
la fiducia di essere presto liberato e la sua
della loro vocazione e della gloria futura, e
intenzione di portarsi tosto a Colosssi, nulla
prova che in seguito egli non abbia potuto e quanto sia efficace la potenza di Dio (i, 15-
19), che ha risuscitato Gesù Cristo, lo ha
abbia di fatti cambiato disegno recandosi
esaltato e fatto capo di tutta la Chiesa (i, 20-
invece prima nella Spagna e rimettendo ad
altro tempo il viaggio in Oriente. 23), ed ha pure vivificati gli Efesini chia-

In conclusione, la sentenza tradizionale


mandoli per pura misericordia a partecipare
alla risurrezione e alla glorificazione di Gesù
conserva tutto il suo valore, e si deve rite-
Cristo (II, 1-10). Acciò meglio conoscano
nere che Efesini, unitamente
la lettera agli
a quella ai Colossesi e a Filemone, sia stata
la grandezza della grazia ricevuta, S. Paolo
invita gli Efesini a ricordarsi dello stato mi-
scritta da Roma verso il fine della prima pri-
gionia di S. Paolo, ossia verso l'anno 62-63 serabile in cui si trovavano prima della loro
dell'era volgare.
conversione, (ii, 11-12), e dei grandi van-
taggi ottenuti per la loro unione con Gesù
Occasione e fine di questa Lettera. — Cristo (II, 13), il quale ha distrutto quel
Nulla ci hanno tramandato gli antichi in- muro che separava i Giudei dai pagani, e
torno all'occasione e al fine per cui fu scritta gli uni e gli altri ha riconciliati col Padre
questa Lettera, e poiché in essa, come già (II, 14-18). Perciò anche i pagani ora sono
Introduzione Efesini — I, 2 273

cittadini del regno messianico, facendo an- da sapienti usando bene del tempo, facendo
cor essi parte dì quell'edifizio, che ha Gesù la volontà di Dio, essendo pieni di Spirito
Cristo come pietra angolare (ii, 19-22). Santo, ed esercitandosi nelle azioni di grazie
L'Apostolo comincia in seguito una pre- a Dio (V, 15-20).
ghiera per domandare a Dio che gli Efesini Passando a trattare dei doveri partico-
conoscano grandezza della loro vocazione
la lari, dopo un'esortazione generale all'ubbi-
(ili, 1), ma si interrompe per parlare
subito dienza (v, 21), discorre dei doveri degli
della parte a lui affidata da Dio nella con- sposi cristiani (v, 22-33), e poi dei doveri
versione dei gentili (in, 2-13). Riprendendo tra genitori e figli (vi, 1-4), e dì quelli tra
la sua preghiera domanda per gli efesini le schiavi e padroni (vi, 5-9).
grazie necessarie acciò possano essere buoni NeW epilogo (vi, 10-24) l'Apostolo esorta
e perfetti cristiani (in, 14-21). tutti i combattere da forti. A tal
cristiani a
Nella parte morale (iv, 1-vi, 9) esorta gli fine descrive le armi del cristiano e rac-
Efesini a corrispondere degnamente alle gra- comanda l'orazione (vi, 10-20), e dopo aver
zie ricevute, e tratta prima dei doveri gene- parlato della missione affidata a Tichico di
rali di tutti i cristiani (iv, 1-v, 20), e poi portare a destinazione questa lettera (vi, 21-
dei doveri proprii di alcuni stati particolari 22), aggiunge i saluti finali (vi, 23-24).
(v, 21-vi, 9).
Il cristiano deve vivere conforme alla Principali commenti cattolici sulla
sua vocazione (iv, 1-3), poiché non forma che Lettera agli Efesini. —
Oltre i commenti
un unico corpo mistico con Gesù Cristo (iv, su tutte le lettere di S. Paolo già citati,
4-6). I diversi doni dello Spirito Santo non vanno qui in modo speciale ricordati Victo-
:

ostacolano, ma anzi cementano l'unione tra rinus Afer., In Epist. ad Ephes., libri II;
i fedeli (IV, 7-16). Gli Efesini non devono Bisping, Erklarung der Briefe an die Ephe-
più vivere come
i pagani (iv, 17-19), ma ser, Phìlipper und Kolosser, Munster, 1866 ;

vestirsi dell'uomo nuovo (iv, 20-24), aste- Henle, Der Epheserbrief erklàrt, Ausburg,
nersi dalla menzogna^ dall'ira, dal furto, ecc. 1890, 2* ediz., 1908; Padovani, Com. in
(25-30), praticare la carità (iv, 31-v, 2), fug- Epist. ad Eph., Philip., Coloss., Parigi,
gire la disonestà e l'avarizia (v, 3-7), e ciò 1892; Belser, Der Epheserbrief des Apost.
perchè ora sono diventati figli della luce e Paulus, ecc., Freiburg B., 1908; Knaben-
devono odiare le opere delle tenebre (v, 8- bauer, Com. in S. P. Epist. ad Eph., Phi-
14). L'Apostolo termina i suoi avvisi gene- lip., Coloss., Parigi, 1912; Miiller, Des Ap.
rali esortando gli Efesini a condurre una vita Paulus Brìef an. d. Eph., Gratz, 1909.

LETTERA AGLI EFESINI


^r\)Xf'
CAPO I.

Iscrizione e saluto, 1-2. — Azioyie di grazie a Dio per benefizi fattici in Gesù i
— La predestinazione la giustificazione, 4-6, — La redeìizione, 7-12.
Cristo, 3. e
— La fede è dono dello Spirito Santo, 13-14. — S, Paolo rende grazie a
il

Dio e prega per gli Efesini, 15-23.

^Paulus Apóstolus lesu Christi per volun- ^Paolo per volontà di Dio Apostolo di
tàtem Dei, òmnibus sanctis, qui sunt Éphesi Gesù Cristo, a tutti i santi che sono in Efeso
et fìdélibus in Christo lesu. ^Grafia vobis, e ai fedeli in Cristo Gesù. ^Grazia e pace

I, 1 ; II Cor. I, 1 ; Gal. I, 1). A {tutti manca nel

CAPO I. greco) i santi (Ved. n. Rom. I, 7), che sono in


Efeso. Queste parole sono omesse in alcuni codici
1.L'iscrizione dì questa lettera è assai breve (Ved. Introduz.). Ai fedeli, cioè a coloro che
(1-2). Per conciliare maggior autorità alle sue pa- . hanno abbracciata la fede, e sono uniti o vivono
role, S. Paolo aggiunge al suo nome la sua qua- in Cristo Gesù.
Htà di Apostolo, mandato immediatamente da Dio 2. Grazia e pace, ecc. Ved. n. Rom. I» 7; Cf.
(per volontà di Dio) e non dagli uomini (I Cor. I Cor. I, 3r II Cor. I, 2; Gal. I, i.

18 — Sacra Bibbia, voi. U


274 Efesini, 1, 3-4

et pax a Deo Patre nostro, et Etómino lesu a voi da Dio Padre nostro e dal Signor
Christo. Gesù Cristo.
^Benedictus Deus et Pater Domini nostri 'Benedetto Dio e Padre del Signor nostro
lesu Christi, qui benedixit nos in omni be- Gesù Cristo, il quale ci ha benedetti con
nedictióne spirituali in caeléstibus in Chri- ogni benedizione spirituale del cielo in Cri-
sto, ''sicut elégit nos in ipso ante mundi con- sto, *come in lui ci elesse prima della fon-
stitutiónem, ut essémus sancti et immaculàti dazione del mondo, affinchè fossimo, santi

« II Cor. I, 3 ; I Petr. I, 3.

3. La parte dogmatica (I, 3-II, 21) ricorda i 4. Spiega partitamente alcuni di questi benefizi,
grandi benefizi comunicati ai fedeli per mezzo di cominciando dall'elezione, dalla predestinazione e
Gesù Cristo Redentore e capo della Chiesa. L'Apo- dalla giustificazione (4-6), che sono i primi atti di
stolo entra in materia con un'azione di grazie (3-14), Dio in rapporto alla nostra salute. Come. Il greco
nella quale il lirismo sublime e l'andamento rit- xoeóx; ha qui probabilmente, come altrove (Giov.
mico hanno dato motivo ad alcuni di voler ravvi- XVII, 2; Rom. I, 28; I Cor. XII, 11, 18, ecc.),
sare un cantico o un inno di tre strofe, terminate il senso di siquidem = poiché.

Fig. aS.

Sacrifizio
a
Diana Efesina

Fig. 27. — Moneta di Efeso.

ciascuna con una specie di ritornello a in laudem Prima della fondazione del mondo, ossia da tutta
gratiae suae », v. 6, v. 12, v. 14 (Ved. Prat, La l'eternità (Giov. XVII, 24; I Piet. 1, 20) ci elesse
Th. d. St-P., t. II, p. 127). Benché ciò sia lungi (gr. è^eXé^aro). L'elezione è un atto libero di Dio,
dall'essere certo, non si può negare però che il con cui egli amando alcuni, a preferenza di altri,
tratto (3-14) costituisca una fra le pagine piiì dense li separa dalla comune massa di perdizione preor-

di dottrina del Nuovo Testamento, e presenti gravi dinandoli all'eterna salute. Questo benefizio ci
difficoltà d'interpretazione anche per il fatto che viene dato in lui, cioè in Gesù Cristo, perchè Dio
non forma (come appare più chiaro nel greco) se eleggendoci ha preordinato che noi non dovessimo
non una sola frase ripiena di parentesi, di incisi, ottenere la salute se non per i meriti di Gesù
di relativi, ecc. Cristo, e in quanto saremmo stati a lui incorporati.
Benedetto (EÙXoYnróq) sia da tutte le creature Affinchè fossimo santi. Dio ci ha eletti, non perchè
Dio e Padre, ecc. (Ved. n. I Cor. I, 3; II Cor. I, eravamo santi (non esistevamo ancora), e neppure
2). Il quale ha benedetto (ó evXoyrxaaq) noi cri- perchè saremmo stati santi, ma affinchè fossimo
stiani con ogni benedizione, ricolmandoci di ogni santi. La santità nostra non fu il motivo dell'ele-
sorta di benefizi. Queste benedizioni sono dette zione di Dio, ma è una conseguenza, è un effetto
spirituali (jtvevuanx^), perché consistono princi- della stessa elezione. Santi, cioè ornati di ogni
palmente in beni spirituali, che si riferiscono al virtù, immacolati, cioè mondi di ogni vizio, nel
«vevfia = spirito, ossia alla parte superiore del cospetto di lui, ossia santi non di una santità
nostro essere, e ci vengono dati dallo Spirito Santo. puramente esterna, che può ingannare l'occhio del-
Tali benefizi sono p. es. la figliazione divina, la l'uomo, ma di una
santità vera e interna, e che è
redenzione, la remissione dei peccati, ecc., di cui tale di Dio, che non si inganna. Da
all'occhio
si parlerà in seguito. questa elezione di Dio deriva il nome di eletti, dato
Del cielo. La frase in caeléstibus (gr. év toì<; ai prescelti per la vita eterna (Matt. XXII, 14;
Inovpavioxc) occorre quattro altre volte in qi*esta XXIV, 22; Lue. XVIII, 7; Rom. VIII, 23; Coloss.
lettera 1,20; 11,6; III, 10; VI, 12) ed ha sempre Ili, 12, ecc.). In carità. Queste parole ricevettero

una significazione di luogo. Queste benedizioni tre diverse spiegazioni. Alcuni le uniscono con ci
provengono quindi dal cielo, e conducono al cielo, elesse, e allora indicherebero che il motivo per cui
e ci sono date in Crisfo, cioè per mezzo di Cristo, Dio elesse gli uni a preferenza degli altri, è da
a cui siamo incorporati. In Gesù Cristo secondo la cercarsi unicamente nell'amore che Dio ha loro
promessa fatta ad Abramo (Gen. XXII, 18; XXVI, portato. Altri le riferiscono a santi e immacolati,
4, ecc.), dovevano essere benedette tutte le tribù e veggono indicata la causa formale della nostra
della terra, e noi siamo chiamati a partecipare a santificazione. Quasi tutti i moderni però poggian-
tale benedizione. dosi sui Padri Origene e S. Gerolamo, su alcuni
Efesini, I, 5-10 275

in conspéctu eius in charitàte. "Qui praede- ed immacolati nel suo cospetto in carità. 'Il
stinàvit nos in adoptiónem filìdrum per le- quale ci predestinò all'adozione in figliuoli
sum Christum in ipsum secùndum propó- : per Gesù Cristo a gloria sua, secondo il be-
situm voluntàtis suae, Mn laudem glóriae neplacito della sua volontà, ^onde si celebri
gràtiae suae, in qua gratiflcàvit nos in di- la gloria della sua grazia, mediante la quale
lécto fiiio suo. ci ha renduti accetti nel diletto suo Figlio.

'In quo habémus redemptiónem per sàn- 'In cui abbiamo


la redenzione pel sangue
guìnem eius, remissìónem peccatórum se- di lui, laremissione dei peccati per le ric-
cùndum divìtias gràtiae ejus, ^Quae supera- chezze della sua grazia, *la quale ha sovrab-
bundàvit in nobis in omni sapiéntia, et bondato in noi in ogni sapienza e prudenza :

prudéntia **Ut notum fàceret nobis sacra-


: 'per far noto a noi il mistero della sua vo-
méntum voluntàtis suae, secùndum beneplà- lontà, secondo il suo beneplacito che egli
citum eius, quod propósuit in eo, ^°In aveva seco stabilito, ^°di riunire nella ordi-

codici e alcune versioni le uniscono al verbo se- sando il suo sangue per noi sulla croce (Matt.
guente ci predestinò. In questo caso indicano che
: XX, 28; Coloss. I, 14, 20), e meritandoci cosi la
il motivo della predestinazione è da ricercarsi uni- remissione dei peccati. Per le ricchezze della sua
camente nell'amore di Dio. grazia. San Paolo usa spesso questa frase (II, 4,

5. 7/ quale ci predestinò {gr.npoopicaq). Un altro 7 Rom. Il, 4, ecc.) per far meglio risaltare l'im-
;

benefizio fattoci da Dìo è la predestinazione (Ved.


mensità della grazia o della bontà di Dio. Il fatto
n. Rom. I, 4; Vili, 28-30). La predestinazione se-
che siamo stati redenti e giustificati, mediante una
condo il nostro modo di intendere, presuppone la soddisfazione data a Dio da Gesù Cristo, è un ef-
fetto squisito della bontà di Dio, che mosse il
elezione, come l'elezione presuppone l'amore. Al-
l'adozione in figliuoli (gr. eìq vìoGeoiav). Dio ci Padre a darci il suo proprio Figlio, e mosse il
Figlio a morire per noi.
ha predestinati a essere suoi figli adottivi. Qui si
parla dell'adozione perfetta, che consiste nella con- 8. le uhime parole del versetto prece-
Spiega
figurazione a Gesii Cristo glorioso e trionfante, e dente. La quale ha sovrabbondato (nel greco Dio:

importa come mezzo a tanto fine, la configurazione ha fatto sovrabbondare) in noi, comunicando a tutti
a Gesù, modello di virtù (Ved. n. Rom. Vili, 15, noi fedeli, ogni sorta di sapienza (gr. oo<pio) e di
23, 29; Cf. Rom. IX, 4; Gal. IV, 5). Una tale prudenza (gr. cppóvnoiq) o meglio di intelligenza. La
adozione ci viene comunicata per mezzo di Gesù sapienza si riferisce in modo speciale alla cogni-
Cristo, che è il Figlio naturale di Dio, e il nostro zione speculativa dei più grandi misteri della fede
mediatore, ed è ordinata a gloria dello stesso Gesù (I Cor. II, 6; XII, 8, ecc.). La prudenza o l'intel-
Cristo (Rom. VIII, 29; Gal. Ili, 16; Ebr. II, 10-11). ligenza dice ordine all'azione e importa quindi una
Secondo il beneplacito (xatà tt\v evSoxtav). L'ul- cognizione pratica. Alcuni (Rev. Bib., 1909, p. 82
tima ragione e la vera causa efficiente della nostra e ss.), pensano che qui si parli della sapienza e
predestinazione ed elezione, è la sola buona e della scienza di Dio (Ved. n. Rom. XI, 33), ma la
gratuita volontà di Dio verso di noi, indipenden- sentenza contraria, che ritiene trattarsi della sa-
temente da ogni nostro merito. pienza e della prudenza comunicate all'uomo, è
6. Onde si celebri, ecc. L'Apostolo parla qui più comune (Ved. Knabenbauer, h. 1.).
della causa finale della predestinazione, la quale è 9-10. Per far noto, ecc. Il greco deve tradursi :

la gloria Dio. Dio vuole che sia riconosciuta,


di avendoci fatto conoscere. Le parole dell'Apostolo
ammirata e lodata da tutti la gloria della sua gra- non indicano quindi il fine per cui Dio ha fatto
zia, ossia la sua grazia gloriosa e trionfante, colla
sovrabbondare in noi la sua grazia, ma il mezzo di
quale Egli opera la salute degli eletti senza alcun cui Dio si servì per infonderci la sapienza, ecc.
loro merito precedente, anzi mentre ne sarebbero Questo mezzo è la rivelazione del mistero (nel
indegni. Mediante la quale. I migliori codici X B greco invece di sacramentum si legge nuoTtiptov),
A L, ecc., hanno nq = la quale. Benché critica- cioè dell'arcano disegno della sua volontà rela-
mente questa lezione sia da preferirsi, essa però tivo all'Incarnazione del Verbo e alla salute degli
non muta il senso. Ci ha rendati accetti (gr.éXapi- uomini. Fin dall'eternità. Dio, con un atto assolu-
Toooev).Questa grazia comunicandosi alla nostra tamente libero (secondo il suo beneplacito, greco
anima ci ha fatto accetti e grati a Dio. Essa però evòoxi'av come al v. 5) aveva seco (la lezione èv
non ci fu data per i nostri meriti, ma nel diletto, avz^ = seco, è da preferirsi alla lezione ev aÙT$
cioè per i meriti di Gesù Cristo Figlio diletto di = in lui, cioè in Cristo) stabilito di compire questo
Dio (Ved. n. Matt. Ili, 17; XVII, 15; Mar. XII, 6). disegno nella pienezza dei tempi (Ved. n. Gal. IV,
Le parole suo Figlio mancano nei migliori codici 4). Il greco letteralmente deve tradursi : il mi-
greci; sono però una buona glossa. È da osser- stero... che aveva seco stabilito eìq oìxovontov =
vare come S. Paolo insista sempre sulla media- per l'orgariizzazione della casa sua, cioè della
zione e sui meriti di Gesù Cristo (vv. 5, 6, 7, 10).
Chiesa (I Tim. Ili, 5; Ebr. X, 20) nella pienezza
Dopo aver parlato della elezione, della predesti- dei tempi. Mistero vien detta ogni verità sopran-
nazione, e della giustificazione, passa ora, nei
naturale che può essere conosciuta solo per rive»
versetti 7-12, a mostrare in qual modo si effettui lazione. Di riunire in Cristo, ecc. Il greco àvaxe-
la giustificazione.
«paXaióoaoGat, tradotto dalla Volgata instaurare, si-
7. In cui, ecc. In virtù della nostra unione con gnifica riunire sotto di un solo capo. Ecco dunque
Gesù Cristo abbiamo la redenzione (gr. tV àno- il grande mistero! Dio volle riunire sotto di un
Xmpooiv. Vedi nota vers. 14) pel sangue di lui. solo capo, che è Cristo, tutte le cose. In principio
Noi eravamo schiavi del peccato e del demonio, tutte le creature (angeli, uomini, mondo fisico)
ma Gesù pagò il prezzo del nostro riscatto ver- formavano come una grande famiglia, essendo le
.

276 Efesini, I, ìl-15

dispensatìóne plenitùdinis témporum, instau- nata pienezza dei tempi in Cristo tutte le
rare omnia in Chrìsto, quae in coelis, et quae cose, e quelle che sono nei cieli, e quelle
in terra sunt, in ipso : "In quo étiam et che sono in terra "in lui, nel quale anche
:

nos sorte vocàti sumus praedestinàti secùn- noi fummo chiamati a sorte, predestinati
dum propósitum eius, qui operàtur omnia giusta il decreto di lui, che opera tutto se-
secùndura consilium voluntàtis suae : "Ut condo il consiglio della sua volontà "af- :

simus in laudem glóriae eius nos, qui ante finchè siamo argomento di lode alla sua
speràvimus in Christo "In quo et vos, cum
: gloria noi che i primi abbiamo sperato in
audissétis verbum veritàtis, (Evangélium sa- Cristo : "in cui (sperate) anche voi, avendo
lùtis vestrae) in quo et credéntes signàti udita la parola di verità (il Vangelo della
estis Spiritu promissiónis sancto, ^''Qui est vostra salute), a cui avendo anche creduto,
pignus hereditàtis nostrae, in redemptiónem avete ricevuta l'impronta dello Spirito Santo
acquisitiónis, in laudem glóriae ipsius. di promissione, *^il quale è caparra della
nostra eredità per la redenzione del popolo
d'acquisto a lode della gloria di lui.
'Proptérea et ego àudiens fidem vestram, ^^Per questo anch'io udita la vostra fede

une subordinate alle altre e tutte stando soggette la parola di verità, ossia
la parola che contiene la
a Dio. Ma questa mirabile armonia fu rotta per verità per eccellenza, cioèil Vangelo, che ha per
il peccato, e Dio mandò Gesù Cristo a rfstabilirla. oggetto uomini. A cui, cioè al quale
la salute degli
Colla sua Incarnazione e colla morte di croce Egli Cristo, avendo anche creduto, poiché per salvarsi
cominciò a compiere questa grande opera, che sarà non basta ascoltare la predicazione del Vangelo,
condotta a termine dopo l'universale risurrezione. ma si deve credere a ciò che viene annunziato,
Quelle che sono nei cieli, cioè gli angeli. Gesìi cioè a Gesù Cristo. Avete ricevuta l'impronta (gr.
Cristo non è morto per gli angeli, ma è però capo èo(ppaYÌcr6n^e = siete Stati cóntrasslegnati con un
degli angeli, e la sua morte ha riconciliati assieme sigillo). L'impressione del sigillo serve a dare
gli uomini e gli angeli, ed ha riparato colla salute carattere ufficialea una cosa, e quindi la frase
degli eletti il numero degli angeli sminuito per la qui usata dall'Apostolo, significa che lo Spirito
ribellione di Lucifero e dei suoi seguaci. Quelle Santo ha impresso nei cristiani un segno, per cui
che sono in terra, cioè gli uomini, e anche la na- sono riconosciuti autenticamente come figli di
tura fisica, in conformità a quanto si legge. Rom. Dio (IV, 20; II Cor. I, 22; Giov. XIV, 16). Questo
Vili, 19-23 (Cf. Coloss. I, 20). In ipso = in lui, segno non è altro che il carattere impresso nei
ebraismo equivalente a una ripetizione della frase : Sacramenti del Battesimo e della Confermazione.
in Cristo. Di promissione, che cioè fu oggetto di varie pro-
11-12. Dopo aver parlato dei cristiani in gene- messe fatte da Gesù Cristo (Lue. XI, 3; Giov.
rale, passa ora a parlare (11-12) dei cristiani Giu- VII, 39; XIV, 16, 26, ecc.).
dei. Nel quale Cristo anche noi Giudei fummo 14. Il quale Spirito Santo è dato come caparra
chiamati a sorte, ossia gratuitamente e non per (dppapév) della celeste eredità. Caparra è una
alcun nostro merito, alla grazia del Vangelo. La certa somma che si dà in garanzia di un paga-
miglior lezione greca è èxXripcòGniiiev = fummo chia- mento futuro se quindi lo Spirito Santo ci è dato
;

mati o eletti a sorte, oppure secondo altri (Le- come caparra della eredità futura, vuol dire che
monnyer, Rev. Bib., 1909, p. 88, ecc.), siamo stati questa non può essere dubbia per noi (Ved. II Cor.
fatti eredi del regno messianico, e non èxXn8i\fiev I, 22). Per la redenzione. Il greco evq àiroAurpcooiv
= siamo stati chiamati. La nostra vocazione non deve essere tradotto fino alla redenzione. Lo Spi-
fu però casuale rispetto a Dio, poiché noi fummo rito Santo è nostra caparra sino alla piena e per-
chiamati in virtù della precedente predestinazione fetta liberazione di tutto quel popolo che Gesù
(gr. npoopioGévreq =
essendo stati predeilinatl), Cristo ha acquistato col suo sangue, e che è diven-
l'ultima ragione della quale è da ricercarsi nella tato perciò sua proprietà (I Piet. II, 9; Cf. Atti,
libera volontà di Dio (giusta il decreto, ecc. Ved. XX, 28). Allora noi saremo immessi nel possesso
n. 5). La frase secondo il consiglio della sua vo- della eredità (Ved. n. Rom. Vili, 23). La parola
lontà, gr. xaià tt\v Po\)Xt\v roC OeXt^iiaTo?, indica redenzione qui come altrove (I Cor. VI, 20; VII,
appunto che l'ultima ragione della scelta è da ri- 27 Gal. Ili, 13, ecc.), va presa nello stretto senso
;

cercarsi nella volontà di Dio. Affinchè siamo, ecc. di un acquisto fatto mediante il pagamento di un
L'ultimo fine della predestinazione e della voca- prezzo. Questo prezzo è il sangue di Gesù Cristo
zione è la gloria di Dio (Ved. n. 6). Noi che ab- (I Tim. II, 6). Se noi siamo stati comprati vuol

biamo i primi sperato in Cristo, perifrasi per in- dire che prima eravamo schiavi del demonio, e
dicare i Giudei, i quali, in opposizione ai pagani Gesù Cristo ha pagato a Dio il prezzo del nostro
che vivevano senza speranza e senza Cristo (II, riscatto (V. Rom. VI, 17; VII, 23; VIII, 21, ecc.).
12), aspettavano il Messia e speravano la sua ve- Cf. Lemonnyer, h. 1. Prat, La Th. de S. P., t. Il,
;

nuta (Cf. Lue. II, 25, 38; X, 24; Atti, XXVI, 7; pag. 275 e ss e t. I, pag. 282 e ss. Belser, h. 1.; ;

XXVIII, 20). Knab, h. 1.


13. L'Apostolo
si volge ora ai suoi lettori con-
A lode della gloria di lui, cioè di Dio. Il fine di

vertiti paganesinjo. In cui, ossia nel quale


dal
tutti i benefizi che Dio ci ha fatti è la sua gloria.
Cristo, anche voi sperate, oppure siete stati chia- 15. Nei vv. 15-23, S. Paolo rende grazie a Dio
mati a sorte (v. 11). Il testo però esige che il e prega per gli Efesini. Per questo, cioè a motivo
pronome in cui sia unito col verbo avete ricevuto di tutti i benefizi descritti (3-1-4), anch'io assieme
l'impronta. È quindi inutile la prima parentesi, che con voi. Avendo udita la vostra fede, ecc. Da
non appartiene al testo. Avendo udita (Rom. X, 17) queste parole non si può dedurre che S. Paolo
Efesini, I, 16-21 277

quae est in Dòmino lesu, et dilectiónem in nel Signore Gesù, e la dilezione verso tutti
omnes sanctos, ^''Non cesso gratias agens i santi, "non cesso dì render grazie per voi,

prò vobis, memóriam vestri fàciens in ora- facendo di voi memoria nelle mie orazioni :
^
tiónibus meis ^^Ut Deus, Dòmini nostri
: ^affinchè il Dio del Signor nostro Gesù
Jesu Cliristi pater glóriae, det vobis spìri- Cristo, il Padre della gloria, dia a voi lo
tum sapiéntiae et revelatìònis, in agnitióne spirito di sapienza e di rivelazione pel cono-
eius ^^lUumìnàtos óculos cordis vestri, ut
: scimento di lui "illuminati gli occhi del
:

scìàtis quae sit spes vocatìònis eius, et quae vostro cuore, affinchè sappiate quale sia la
divitiae glóriae hereditàtis eius in sanctis, speranza della vocazione di lui, e quali le
^"Et quae sit superéminens magnitudo vir- ricchezze della gloria dell'eredità di lui per
tùtis eius in nos, qui crédimus secundum i santi, "e quale sia la sopreminente gran-
operatiónem poténtiae virtùtis eius, ^"Quarn dezza della virtù di luì in noi, che crediamo
operàtus est in Christo, sùscitans illum a secondo l'operazione della potente virtù di
mòrtuis, et constituens ad déxteram suam in lui, ^"dispiegata efficacemente in Cristo ri-
caeléstibus ^^Supra omnem principàtum
: et suscitandolo da morte, e collocandolo alla
potestàtem et virtùtem, et dominatiónem, et sua destra nei cieli **al di sopra di ogni :

omne nomen, quod nominàtur non solum principato, e potestà, e virtù, e domina-
in hoc saéculo, sed étiam in futuro. zione, e sopra qualunque nome che sia no-
minato non solo in questo secolo, ma anche
nel futuro.

^» Inf. Ili, 7.

non conoscesse personalmente i suoi lettori, po- 7/ cuore presso gli Ebrei veniva considerato come
tendo esse benissimo interpretarsi per il progresso la sede dei pensieri e delle emozioni (Ved. Dict.
che dopo la sua partenza da Efeso essi avevano Vig. Cosur; Hagen, Lexicon, Cor.). L'Apostolo
fatto nella fede. Dilezione. L'Apòstolo unisce prega quindi Dio di illuminare la mente e il cuore
spesso assieme la fede e la carità per indicare che degli Efesini affinchè sempre meglio comprendano
la fede deve essere vivificata dalla carità. I santi, queste tre cose 1' quale sia la speranza della vo-
:

cioè i cristiani. cazione di lui, ossia quanti beni possano sperare


coloro che furono da Dio chiamati al cristianesimo
16. Non
cesso, ecc. S. Paolo usa spesso questa
(Cf. Coloss. I, 5; Tit. II, 13; Ebr. VI, 18, ecc.);
frase (II, Rom,
8, 10; I Cor. I, 4; Filipp. I,
2' quali le ricchezze della gloria dell'eredità di lui
3, ecc.). Non solo ringrazia Dio per i benefìzi con-
per i santi, vale a dire quanto sia grande la gloria
cessi, ma lo prega a volerne concedere altri.
del cielo riservata ai cristiani che come figli di Dio
Spiega quali siano questi benefìzi loro desi-
17. ne sono divenuti eredi ; 3* quale sia la soprami-
derati. Il Dio del Signore^ ecc. Gesìi Cristo come nente, ecc., vale a dire quanto sia grande ed
uomo avendo un'anima e un corpo creati da Dio, efficace la potenza di Dio nel far sì che i fedeli
ed essendo perciò da lui dipendente, con ragione possano raggiungere l'oggetto delle loro speranze,
l'Apostolo chiama Dio il Dio del nostro, ecc. (Cf cioè la gloria del cielo. Questa potenza si è già
Giov. XX, 17; II Cor. XI, 31, ecc.). // Padre della manifestata nella nostra vocazione alla fede, e
gloria, cioè infinitamente glorioso, come si arguisce non mancherà di manifestarsi ancora maggior-
da altre espressioni analoghe, p. es.. Dio della mente nella nostra risurrezione e nella nostra glo-
gloria (Atti, VII, 2), Signore della gloria (Ciac. rificazione.
II, 1), Padre delle misericordie (ICor. I, 3). San
20-21. Una prova dell'efficacia della potenza dì
Tommaso però e altri numerosi esegeti (Bisping, Dio si ha nel fatto che 1
'
Dio ha risuscitato
:

Beelen, Van Steenk., ecc.), danno un'altra spie-


Cristo da morte ; 2° l'ha collocato alla sua destra ;
gazione Padre della gloria, cioè di Gesù Cristo in
:
3* pose sotto ì suoi piedi tutte le cose (v. 22) e
quanto Dio. Il Verbo divino viene infatti chiamato 4° lo costituì capo sopra tutta la Chiesa (v. 22).
splendore della gloria del Padre (Ebr. I, 3), da cui naQiaac, significa
Collocandolo. Il gr. piuttosto
è generato come luce da luce. Questa spiegazione
avendolo fatto sedere sua destra (Salm. CIX,
alla
sotto l'aspetto teologico è ottima e può trovare
1 Cf.
; Rom.
34),Vili, in luogo di onorecome
anche un appoggio nella punteggiatura della Vol-
(Ved. n. Mar. XVI, 19). I quattro nomi, principato,
gata, che fa dipendere del Signor, ecc. da Padre
potestà, virtù, dominazione (gr. àpXrxq, èSoisoiaq,
della, ecc. Lo spirito (gr. :rve{5|ia, senza art.), cioè
quattro categorie
òuvdfieojq, xvpiÓTT\to<;) significano
non lo Spirito Santo, ma i suoi doni, ossia la di angeli buoni. Nell'epistola ai Colossesi, I, 16,
sapienza celeste, a cui sono scoperti i misteri
in un passo parailelo a questo vengono omesse
divini, che l'umana ragione non può conoscere
le virtù, ma viene ricordata un'altra categoria di
colle sue proprie forze, ma solo mediante la rive-
spiriti celesti, cioè i troni (gr. Gpóvot). A queste
lazione fattane da Dio. Per il conoscimento di lui
cinque categorie se si aggiungono gli angeli, gli
(èv èniYvoóoei). Questi doni sono ordinati a dare arcangeli, i cherubini e i serafini, si hanno i nove
all'anima una cognizione piii perfetta di Dio e
cori degli angeli (Ved. S. Tom. T, q. CVIII, CIX;
delle opere da lui compiute per la salute degli
Prat., La Théol. de S. P., t. I, p. 406-409; Dict.
uomini,
Vig. Anges, Dict. Vac. Angélogie, ecc.). Sopra
18-19. Illuminati, ecc. Si deve sottintendere : qualunque nome, ecc., ebraismo che significa
Dio Padre dia a voi illuminati gili occhi del cuore. sopra qualsiasi creatura, che possa esistere sia nel
278 Efesini, I, 22 — II, 2

^'Et omnia subiécit sub pédìbus eius et : ^^E le cose tutte pose sotto i piedi di lui :
ipsum dedit caput supra omnem Ecclésiam, e lui costituì capo sopra tutta la Chiesa,
*'Quae est corpus ipsius, et plenitùdo eius, ^^che è il corpo di lui ed il complemento di
qui omnia in omnibus adimplétur. lui, il quale si compie tutto in tutti.

CAPO II.

La potenza di Dio nella nuova vita data ai cristiani, i-io, — / pagaiii uniti da
'
Gesù, Cristo in una sola Chiesa insieme coi Giudei, 11-22.

^Et vos, cum essétis, mórtui delictis, et ^E a voi (diede vita) quando eravate morti
peccàtis vestris, ^In quibus aliquàndo am- pei delitti e peccati vostri, ^nei quali viveste

22 Ps. vili, 8. 2 Gol, II, 13.

secolo presente, ossia nel tempo che precede la tificatore(Gf. S. Tom. h. I.). Il quale si compie
seconda venuta di Gesù Gristo, e sia nel futuro, tutto in tutti (gr. tov xà nàvra èv saotv nX^pov^i-
ossia quando gli uomini saranno glorificati. Gesù vov). Anche queste parole sono difficili e sì
Gristo è superiore a tutte le creature, niuna eccet- prestano a diverse spiegazioni. Infatti il participio
tuata, le quali per conseguenza sono tutte a lui greco ;rXt)pou|aévou può appartenere sia alla forma
soggette, come è indicato nel versetto seguente. media, sia alla forma passiva. Se gli si dà il senso
Pose del medio, allora si deve interpretare il quale
22. i suoi piedi, ossia assoggettò in-
sotto :

teramente potere di Gesù Gristo. L'Apostolo


al
Gristo compie tutto in tutti, ossia riempie di tutti
i beni tutti coloro che sono membri del suo corpo.
allude al salmo Vili, 8 (Ved. n. I Gor. XV, 26;
Gf. Ebr. II, 2). Costituì capo sopra tutta la Chiesa. Gesù viene quindi presentato come colui che colla
Il greco vnkp nàvxa rq 'Exx\T\<jia, deve essere sua grazia infonde la vita a tutti i fedeli (IV, 12;
tradotto capo supremo della Chiesa. S. Pietro era Goloss. II, 10). Se invece si ritiene il detto parti-
il capo visibile della Ghiesa, ma Gesù è il capo
cipio come passivo, allora si ha questo senso :
supremo invisibile che abbraccia non solo la il quale Cristo si compie tutto in tutti i suoi
Ghiesa militante, ma anche la trionfante. Ora membri, ossia per i diversi membri della Ghiesa
Gesù è capo della Ghiesa non solo perchè la go- esercita tutte le sue funzioni e manifesta le ric-
verna e l'ha soggetta come tutte le altre creature chezze delle sue grazie. La prima spiegazione ci
(Goloss. II, 10), ma perchè ha con essa « la rela- sembra più probabile (Ved. Prat, op. cit. p. 422).
zione del capo dell'uomo colle membra dell'uomo,
perchè egli ha la stessa natura di lei, e in essa
influisce e trasfonde con segreto e mirabile modo GAPO II.
i doni della sua grazia, e tutta la virtù di operare,

che hanno le membra, perchè egli è che a tutto 1-2. Nei vv. 1-10 mostra l'efficacia della potenza
il mistico corpo suo dà con occulta azione la forza, di Dio nei cristiani (Gf. I, 20-21). E a voi. Il
il moto, il senso e la vita » Martini.
nesso coll'argomento precedente è chiaro. Gome
Chiesa (gr. sxxXTioia) presso i greci significava Dio ha dato nuova vita a Gesù Gristo risusci-
l'assemblea del popolo; presso i LXX significa il tandolo da morte, così diede nuova vita (v. 5,
popolo d'Israele inquanto popolo di Dìo, da Dio vivificò) anche a voi. La frase però resta sospesa
convocato ; qui significa la riunione di tutti i fedeli fino al V. 5, dove si trova il verbo, corrispon-
sotto di un solo capo supremo Gristo (V. n. Matt. dente. In conseguenza la sintassi è assai irrego-
XVI, 18). Il nome di Chiesa occorre nove volte in lare, e per di più al v. 5 il pronome di seconda
questa lettera (III, 10, 21 V, 23, 24, 25, 27,
;
persona voi, viene mutato con quello di prima
29, 30). persona noi. Diede vita è una parentesi aggiunta
23. E il corpo di lui. La Ghiesa è rappresentata per maggior chiarezza. Quando eravate morti spi-
sotto la figura di un organismo vivente, di cui ritualmente, a causa dei vostri delitti e dei vostri
Gesù è il capo e i fedeli sono le membra (Gf. peccati, nei quali viveste (greco camminaste. Gf.
I Gor. VI. 15; XII, 12; Goloss. II, 19). // com- Rom. XIII, 13; Goloss. Ili, 16, ecc.). Secondo il

plemento di lui (gr. n\f[pa)na. Ved. su questa pa- costume del mondo guasto e corrotto. Secondo il
rola Prat, La Th. de St-P., t. I, pag. 314-316; principe. Spiega meglio che voglia dire vivere
Zorell, Lexicon, ecc.). Di questa parola furono secondo il costume del mondo, aggiungendo che
date diverse spiegazioni, la migliore delle quali è significa obbedire di Satana, prin-
alle istigazioni
la seguente Come nel corpo umano le membra
: cipe di questo mondo
(Giov. XII, 31; XIV, 30);
sono il complemento del capo, perchè senza di e dei demonii (Matt. XII, 24). Satana viene qui
esse il capo non potrebbe esercitare le sue diverse chiamato dpXojv capo, che esercita la sua influenza
azioni, così la Ghiesa, che è il corpo di Gristo, nefasta sui suoi soggetti. Che esercita potestà
è il complemento di Gristo capo, perchè senza di sopra di quest'aria. La miglior traduzione del
essa Gristo non sarebbe capo, e non potrebbe greco TTÌq è|ouoiaq tovj àépoq sarebbe capo del :

esercitare le sue funzioni di Redentore e di San- potere che domina l'aria. I Giudei consideravano
Efesini, II, 3-8 279

bulàstis secundum saéculum mundi huius, una volta secondo il costume di questo mon-
secùndum principem potestàtis àeris huius, do, secondo il principe che esercita potestà
spiritus, qui nunc operàtur in filìos diffi- sopra di quest'aria, spirito che adesso do-
déntiae, ^In quibus et nos omnes aliquàndo mina nei figliuoli dell'incredulità, 'tra i
conversati sumus in desidériis carnis no- quali anche noi tutti siamo una volta vissuti
strae, faciéntes voluntàtem carnis, et cogi- a seconda dei desiderii della nostra carne,
tatiónum, et eràmus natura fìlii irae, sicut facendo i voleri della carne e degli appetiti,
et céteri : ed eravamo per natura figliuoli dell'ira come
tutti gli altri :

^Deus autem, qui dives est in misericor- *Ma


Dio, che è ricco in misericordia, per
dia, propter nimiam charitàtem suam, qua la sua eccessiva carità, con cui ci amò, 'es-
diléxit nos, ^Et cum essémus mórtui peccà- sendo noi morti per i peccati, ci convìviflcò
tis, convivifìcàvit nos
in Cliristo, (cuius in Cristo (per la grazia del quale siete stati
gràtia estis ^Et conresuscitàvit et
salvati), salvati), ®e con lui ci risuscitò, e ci fece se-
consedére fecit in caeléstibus in Christo dere nei cieli in Cristo Gesù : ^affine di
lesu ^Ut osténderet in saéculis superve-
: mostrare ai secoli susseguenti le abbondanti
niéntìbus abundàntes divitias gràtiae suae, ricchezze della sua grazia per mezzo della
in bonitàte super nos in Christo lesu. sua benignità sopì a di noi per Cristo Gesù
"Gràtia enim estis salvati per fidem, et "Poiché per grazia siete stati salvati me-

l'aria, ossia l'atmosfera, come l'impero e il sog- non per imitazione, ma per la generazione (Ved.
giorno dei demonii a quella guisa che considera- n. Rom. V, 12 e ss.) come conchiudeva Sant'Ago-
vano il cielo come l'impero e il soggiorno di stino contro i Pelagiani (Ved. Conc. Trid. sess. V,
Dio (Ved. Brassac, M. B., t. IV, p. 406; Prat, de peccato originali).
La Th. de S. P., t. II, p. 91, 115, ecc.). La mag- 4. 4-10 mostra in qual modo Dio ci
Nei vv.
gior parte degli esigeti preferisce però di riguar- abbia rigenerati. Parla subito della grandezza e
dare è^ouoi'a come un nome astratto usato per il della misericordia e dell'amore di Dio verso di
concreto demonii (Questi vengono infatti chiamati noi, affine di far risaltare che noi eravamo affatto
potestà delle tenebre, Coloss. I, 13, dominatori indegni del benefizio che Dio ci ha concesso.
di questo mondo tenebroso, VI, 12, ecc.). e tra-
duce prìncipe delle potestà dell'arìa, riguardando
5-6. Essendo morti spiritualmente, cioè privi
della grazia di Dio, esclusi per sempre dal cielo
Satana come il capo dei demonii tra i quali esiste
pure una certa gerarchia come negli angeli. Spi-
a causa dei peccati commessi (v. 1). Con tre verbi
composti l'Apostolo descrive ora la grandezza del
nto. Nel greco vi è il genitivo roC :tYet)|LiaToq che
benefizio fattoci da Dio. Ci convivificò (gr. owve*
dipende da principe. Satana è il principe dello
;;coo:roiT\cfev) in Cristo, ossia ci ha data la vita spi-
spinto (nome collettivo singolare per il plurale)
rituale della grazia in forza della nostra unione
che esercita la sua influenza nefasta nei figliuoli
con Cristo. Formando noi con Gesù Cristo un
dell'incredulità, ebraismo per significare gli incre-
solo corpo di cui Egli è il capo, assieme con Lui
duli (II Re VII, 10; Coloss. Ili, 6, ecc. Cf. Giov.
noi siamo stati risuscitati da morte a una nuova
XVII, 12). Il greco à7rei0eiac, tradotto per incre-
vita (gr. ouvriYeiper), e con Lui ancora Dio ci ha
dulità, potrebbe forse meglio tradursi con disub-
fatto sedere nei cieli (gr. ouvexàGicrev). L'Apostolo
bidienza. Questo spirito non agisce piìi adesso
sopra gli Efesini, ma solo sopra quelli che disub- usa il tempo passato per indicare che si tratta di
bidiscono a Dio rigettando il Vangelo.
un fatto certo e già compiuto, a cui non manca
altro se non che ciascuno stia unito a Gesù Cristo.
3. Tra i quali figliuoli dell'incredulità, oppure Per mezzo di Gesù nostro capo e nostro rappre-
e meglio, nei quali delitti e peccati (v. 1) anche sentante noi abbiamo già preso possesso del
noi tutti Giudei (per opposizione a voi pagani,
cieilo (Cf. I, 22, 23; Rom. VI, 4-11). La parentesi
v. 1) siamo una volta vissuti (greco vivevamo). San
per la grazia del quale siete stati salvati è inserita
Paolo ha dimostrato nei primi capi della lettera
dall'Apostolo per far subito notare la gratuità del
ai Romani che tanto i pagani come i Giudei prima
benefizio divino concessoci senza alcun nostro me-
della loro conversione erano schiavi del peccato.
rito (Cf. I Cor. XV, 10).
A seconda dei desiderii della nostra carne, se-
guendo cioè le inclinazioni e le passioni della Affine di mostrare, ecc. Nel salvare in tal
7.

parte inferiore della nostra natura corrotta dal modo l'umanità. Dio si propose come fine di mo-
peccato (Ved. n. I Cor. II, 14), e facendo non la strare ai secoli susseguenti, cioè agli uomini che
volontà di Dio, ma quella della voluttà e degli sarebbero vissuti dalla predicazione del Vangelo
appetiti perversi della nostra natura. Per natura sino alla fine del mondo, oppure ai beati dell'eter-
nità, dove solo un tal benefizio può essere perfet-
(gr. (puoei), cioè in forza della nostra stessa na-
scita (Gal. II, 15), in forza dell'origine della nostra tamente conosciuto, le abbondanti ricchezze, cioè
la grandezza della sua grazia, che per pura sua
natura da una fonte viziata e contaminata dal pec-
cato, noi eravamo figliuoli dell'ira divina, ebraismo bontà egli ha dato agli uomini salvati per mezzo
per indicare che eravamo rei della vendetta divina, di Gesù Cristo, e mediante la loro unione con
e che Dio era adirato contro di noi, Giudei, come Cristo. L'Apostolo non si stanca mai di ripetere
contro tutti gli altri pagani. Queste parole d'un il nome di Gesù Cristo, affine di inculcare a tutti
alto valore dogmatico contengono iftia aperta e che Egli solo è il nostro Salvatore.
nuova affermazione del peccato originale. Siamo 8. Nei vv. 8-10 spiega le parole del versetto
tutti paccatori fin dalla nascita, e quindi il pec- precedente, per mezzo della sua bontà. Per gra-
cato di Adamo si trasmette a noi suoi discendenti, zia, ecc. La vostra giustificazione e la vostra salute
280 Efesini, II, 9-13

hoc non e^ vobis Dei enim donum est,


: diante la fede, e questo non (viene) da voi :
•Non ex opéribus, ut ne quis gloriétur. perocché é dono di Dio, 'non in virtù delle
"Ipsius enim sumus factùra, creati in Chri opere, affinchè nessuno si glorii. ^"Siamo in-
sto lesus in opéribus bonis, quae praeparàvit fatti fattura di lui, creati in Cristo Gesù per
Deus ut in illis ambulémus. le buone opere preparate da Dio, affinchè
in esse camminiamo.

"Propter quod mémores estete, quod ali- ^^Per la qual cosa abbiate a memoria che
quando vos Gentes in carne, qui dicimini voi una volta Gentili di origine, che eravate
praepùtìum ab ea, quae dìcitur circumcisio detti incirconcisi da quelli che si chiamano
in carne, manu facta : ^^Quia eràtis ilio in circoncisi secondo la carne, per la manofatta
tèmpore sine Christo, alienati a conversa- circoncisione : ^^eravate in quel tempo
tióne Israel, et hóspites testamentórum, pro- senza Cristo, alieni dalla società d'Israele,
missiónis spem non habéntes, et sine Deo stranieri rispetto ai testamenti, senza spe-
in hoc mundo. ranza di promessa, e senza Dio in questo
mondo.
^^Nunc autem in Christo lesu vos, qui ali- ^^Ma adesso in Cristo Gesù voi, che era-
quando eràtis longe, facti estis prope in vate una volta lontani, siete diventati vicini

la dovete unicamente di Dio (Ved. n.


alla grazia acciò meglio ancora conosciate la grandezza della
Reni. Ili, 24 e ss.). Ma
condizione necessaria
la grazia ricevuta, abbiate a memoria lo stato mise-
acciò la possiate ottenere è la fede (Rom. Ili, 22, rabile in cui vi trovavate una volta, cioè prima
27). Questa fede però non proviene dalle vostre della vostra conversione. La frase gentes in carne,
forze naturali, o da umani argomenti, ma e un [tradotta Gentili di origine, potrebbe tradursi meglio
dono libero di Dio. Per credere come si conviene Gentili nella carne. I pagani vengono così chiamati
a salute, non basta il libero arbitrio, ma è neces- perchè a differenza degli Ebrei non portavano nella
saria la grazia, dalla quale per conseguenza pro- loro carne alcun segno di alleanza con Dio. Era-
viene anche la fede. vate detti incirconcisi per disprezzo da quelli che
si chiamano circoncisi, cioè dagli Ebrei. Manofatta,
9. Non in virtù, ecc. La giustificazione non pro-
per indicare che la circoncisione esterna non aveva
viene dalle opere precedenti la fede, ma da Dio
alcun valore se non era accompagnata dalla cir-
(Rom. XI, 6). Niuno può meritare la prima grazia,
concisione dello spirito (Ved. Rom. II, 25. Cf. Co-
e benché dopo essere stati giustificati, noi pos-
loss. II, 11).
siamo colla grazia di Dio fare opere meritorie
del cielo, tuttavia l'ultima ragione della nostra sa- Senza Cristo, cioè senza relazione col Mes-
12.
sia Gesù, che pure è l'unica fonte di salute, di
lute è sempre da ricercarsi nella grazia dì Dio,
grazia e di verità. Le promesse del Messia erano
Acciò nessuno si glorii in se stesso e nelle sue
Rom. III, 27
state fatte non ai pagani, ma ai Giudei, i quali,
forze naturali (Cf . I Cor. I, 29, ecc.).
;

possedendo le Scritture e le profezie, già in certo


10. Come
uomini e come cristiani noi siamo modo possedevano Cristo (Rom. IX, 4). Alieni
fattura, cioè opera di Dio, perchè tutto abbiamo dalla società (gr. TtoXtTeta =
cittadinanza, regno,
da Lui ricevuto. Creati, ecc. L'Apostolo parla In popolo), cioè esclusi dal regno teocratico d'Israele,
modo speciale della nostra condizione di cristiani. ossia dalla famiglia di Dio, e perciò lontani dalla
L'atto per cui noi siamo divenuti membri di Gesù casa patema. La parola alienati, suppone che i
Cristo, è come una seconda creazione, che ha per pagani un tempo appartenessero al regno di Dio,
fine la produzione di una nuova creatura, di un da cui poi si allontanarono per la loro idolatria.
uomo nuovo (II Cor. V, 17; Gal. VI, 5). Colla Stranieri (gr. ^évoi) ai testamenti, cioè alle al-
sua grazia poi Dio ci ha rigenerati per le opere leanze conchiuse coi patriarchi, nelle quali Dio
buone, cioè affinchè compiessimo quelle opere sa- prometteva il Messia Redentore (Cf. Rom. IX, 4).
lutari e meritorie, che nell'eterna predestinazione Le parole della promessa (gr. rrìq k-nayyzXiac,)
Egli ha preparate, ossia ha disposto di darci. Ac- unite dalla Volgata a speranza, vanno invece unite
ciò non si creda che Dio abbia talmente preparate a testamenti (Gal. Ili, 18). Senza speranza alcuna
queste opere che noi non dobbiamo in alcun modo di salute, perchè ignoravano le promesse divine
cooperarvi, soggiunge : affinchè in esse cammi- del Redentore. Senza Dio (fiSeot), perchè gli idoli
niamo, come se dicesse ce le ha preparate in
: non sono dei, e i pagani non avevano la cono-
modo tale che noi col nostro libero- arbitrio le scenza e l'idea del vero Dio (Cf. Rom. I, 19-23;
facessimo (Cf. S. Tommaso, h. 1.). Le buone opere Gal. IV, 8, ecc.). In questo mondo corrotto e per-
quindi non precedono, ma seguono la giustifica- verso, in cui avrebbero avuto più bisogno di sa-
zione, e benché procedano dal nostro libero ar- lute, di aiuto e di conforto.
bitrio, sono fatte però sotto la mozione efficace
13. Ma adesso, compiuta la redenzione e ab-
della grazia dì Dio.
bracciata la fede, voi non siete più senza Cristo,
11. Nei verdetti 11-22, l'Apostolo mostra come ma siete viventi in Cristo, cioè uniti a Lui intima-
Gesù abbia riunito in una sola Chiesa i pagani e mente, voi che eravate lontani (corrisponde a
i Giudei, facendo così sempre più comprendere alieni) dal regno di Dio, siete diventati vicini (non
ai suoi lettori Gentili i grandi vantaggi loro procu- più stranieri), ossia siete stati incorporati in esso,
rati dalla redenzione di Gesù Cristo. cioè siete diventati membri della vera Chiesa,
Per la qual cosa, vale a dire poiché dunque
: mercè del sangue, ossia per i meriti della passione
siete stati redenti senza alcun vostro merito (1-10), e della morte di Gesù Cristo (Cf. Matt. XXVI, 28).
Efesini, II, 14-19 281

sanguine Christi. ^*Ipse enim est pax nostra, mercè del sangue di Cristo. "Poiché egli
qui fecit ùtraque unum, et mèdium parietem è nostra pace, egli, che delle due cose ne
macériae solvens, inimicitias in carne *sua : ha fatta una sola, distruggendo là parete in-
"Legem mandatórum decrétis e^àcuans, ut termedia di separazione, le inimicizie, per
duos condat in semetipso in unum novum mezzo della sua carne "abolendo la legge
:

hominem, fàcìens pacem, "Et reconcilìet dei comandamenti coi suoi precetti, per for-
ambos in uno córpore, Deo per crucem, in- mare in se stesso dei due un solo uomo
terficiens inimicitias in semetipso. ^^Et vé- nuovo, facendo pace, "per riconciliarli am-
niens evangelizàvit pacem vobis, qui longe bedue in un sol corpo con Dio per mezzo
pacem iis, qui prope. "Quóniam
fuistis, et della croce, distruggendo in se stesso le
per ipsum habémus accéssum ambo in uno inimicizie. "E venne ad evangelizzare la
Spiritu ad Patrem. pace a voi, che eravate lontani, e pace ai
vicini : "poiché per lui abbiamo e gli uni
e gli altri accesso al Padre mediante un
medesimo Spirito.
*'Ergo iam non estis hóspites, et àdvenae : "Voi non siete adunque più ospiti e pe-

» Rom. V. 2.

14. Egli è la nostra pace, cioè è l'autore di ogni Facendo pace tra loro. I Giudei e i pagani, essendo
stati ugualmente incorporati a Gesù Cristo, non
pace, anzi è la stessa pace, e a Lui per conse-
guenza appartiene il conciliare e pacificare.^ Egli formano più che un solo popolo, una sola Chiesa.
che delle due cose, cioè dei pagani e dei Giudei, 16. Non solo riconciliò tra loro i pagani e i

tra loro opposti per costumi, per genio, per culto, Giudei, ma congiuntili assieme in un solo corpo,
Distruggendo (gr. la Chiesa, li riconciliò ancora con Dio per mezzo
formò un solo popolo cristiano.
Xvoaq) la parete intermedia (gr. tó jieoÓToiXov del sacrifizio dedla croce. È già la terza voJta (13,

di divisione {gr. 9paYHov =


di barriera), ossia 14, che d'Apostolo ricorda il sacrifizio propi-
16)

quel muro che serviva di barriera tra Israele e gli ziatoriodi Gesù Cristo. Distruggendo colla sua

altri popoli. Questo muro era la legge


mosaica, morte, in se stesso, cioè nella sua carne appesa
che Dio aveva data affine di isolare il popolo Ebreo allila croce, le inimicizie, di cui al versetto 14.

e preservarlo da ogni contatto straniero (Cf Is.


V, .
Invece di in se stesso, i raàgliori codici greci hanno
suggerita all'Apo- èv aùrqj = sopra di essa croce.
2). L'immagine fu probabilmente
stolo da quel piccolo muro o balaustra che nel Venne ad evangelizzare, ecc. Benché Gesù
17.
tempio di Gerusalemme separava il cortile degli in persona non abbia annunziato la buona novella
Israeliti da quello dei Gentili. Le inimicizie (greco che agli Ebrei, per i quali era stato principalmente
TT\v iXGpav al singolare). Tutti i migliori esegeti mandato, tuttavia Egli mandò i suoi Apostoli a
si accordano nel ritenere queste parole come una tu;te le nazioni e promise che avrebbe attratto a
apposizione di parete intermedia. Gesù ha distrutto sé tutte le cose (Ved. Mar. XVI, 15; Giov. XII,
questa parete che era causa di inimicizia e di odio 20 e ss.). La pace, cioè la riconciliazione degli
tra Israele e gli altri popoli. Per mezzo della sua uomini tra loro e con Dio, a voi, Gentili, che era-
carne (gr. èv tij aapyà aùrou). Queste parole vanno vate lontani da Dio, e ai Giudei che erano vicini,
unite col verbo distruggendo, e indicano che Dio perchè da Lui ricevettero la legge, ecc. (V. n. 13).
ottenne tale scopo mediante la passione e la morte 18. Poiché, ecc. Dà la prova dell'affermazione
di Gesù Cristo (Ved. Prat,La Th. d. St-^, t. II, precedente. Infatti, per mezzo di Gesù Cristo,
pag. 334). nostro introduttore (allusione all'uso delle corti
15. Spiega come Gesù abbia distrutto il muro orientali) e gli uni e gli altri, cioè e Gentili e

di divisione.' Abolendo (gr. xarapYnoaq == annul- Ebrei, riconciliati con Dio, e animati dallo stesso
lando) la legge dei comandamenti nei suoi decreti, Spirito divino, abbiamo accesso, o meglio siamo
ossia la legge mosaica, che consisteva in numerosi introdotti, presso il Padre. In forza dello Spirito
comandamenti che imponevano varie prescrizioni, Santo ricevuto, che anima tutte le loro azioni, i
p. es., riguardo ai cibi, alle feste, ecc., destinate
credenti invocano con grande fiducia e libertà Dio
a isolare Israele dagli altri popoli. Da ciò è chiaro come loro Padre (Rom. Vili, 15; Gal. IV, 6).
che si parla di quel che nella legge vi era di ceii- 19. L'Apostolo enumera ora, per modo di con-
moniale. I precetti morali in essa contenuti non clusione, i vari benefizi ottenuti dai suoi lettori
furono aboliti, ma confermati (Cf. Matt. V, Tl\. pagani nel convertirsi alla fede. Voi non siete più
Alcuni (S. Giov. Cris. ; Estio, ecc.), spiegano abo- ospiti (^évoi), cioè stranieri, appartenenti a. un'al-
lendo la legge mosaica per mezzo dei suoi precetti, tra terra, non siete più pellegrini. Il greco :rapotxoi
cioè per mezzo della legge evangelica. La prima si dice di coloro che abitano una regione senza
spiegazione è però più comune e risponde meglio avervi il diritto, di cittadinanza. Voi quindi non
a quanto si legge Coloss. II, 14. Per formare, o siete più in alcun modo stranieri al regno di Dio,
meglio secondo il greco xn'ori, p^r creare. La re- ma siete divenuti concittadini (gr. otsiLutoAìrat ) dei
denzione è considerata come una nuova creazione santi, cioè di tutti i membri del corpo mistico di
(II Cor. V, 17). In se stesso. Gesù Cristo è il Gesù Cristo, e siete o fate parte della casa (greco
principio e il fondamento di ogni unità. Dei due oixeìox Tov Oeov) e della famiglia di Dio che è la
popoli Giudei e Gentili. Un solo uomo nuovo, Chiesa (Cf. I Tim. Ili, 15; Ebr. X, 20; I Piet.
cioè il cristiano, oppure la Chiesa (I, 23; IV, 24). IV, 17).
282 Efesini, II, 20 — III, 2

sed estis cives sanctórum, et domèstici Dei : regrini, ma siete concittadini dei santi, e
'"Superaedificàti super fundaméntum Aposto- siete della famiglia di Dio ^"edificati sopra :

lórum, et Prophetàrum, ipso summo angulàri il fondamento degli Apostoli e dei profeti,
làpide Christo lesu : ^^In quo omnis aedi- essendo pietra maestra angolare lo stesso
ficàtio constrùcta crescit in templum sanctum Cristo Gesù : ^^su cui tutto l'edifìcio in-
in Dòmino, ^^In quo et vos coaediflcàmini in sieme connesso innalza in tempio santo
si
habitàculum Dei in Spiritu. del Signore, ^^su cui voi pure siete insieme
edificati in abitacolo di Dio mediante lo
Spirito.

CAPO III.

Preghiera di S. Paolo, i, —
Missione affidata a S. Paolo per la conversione dei
ge?itili, 2-1s. —
Paolo domanda a Dio che gli Efesini siano confermati nella
kS".

fede e nella pratica del bene, 14-19. —


Dossologia, 20-21,

^Hujus rei grafia, ego Paulus vinctus ^Per questa cagione, io Paolo, il prigio-
Christi lesu, prò vobis Géntibus, ^Si tamen niero di Cristo Gesù per voi Gentili, ^se

20. Ripete lo stesso concetto con un'altra meta- verbo siete insieme e indicano che il
edificati,
fora tratta dall'edifìzio, a cui viene paragonata la fatto di venir adoperati in questo edifìzio, è dovuto
Chiesa (I Cor. Ili, 9-10; I Piet. II, 4-8; Giuda 20). alla grazia dello Spirito Santo, che purifica e san-
Essi sono divenuti pietre viventi inserite nel grande tifica le loro anime.
edifìzio della Chiesa. Sopra il fondamento degli
Apostoli, ossia sopra il fondamento, che sono gli
Apostoli, oppure, secondo altri, sopra il fonda-
CAPO III.
mento gettato dagli Apostoli, che è Gesù Cristo.
La prima spiegazione risponde meglio al contesto 1. Dopo aver parlato della vocazione dei Gentili
che fa di Cristo la pietra angolare dell'edifìzio. alla fede, e della loro unione col popolo d'Israele,
Benché Gesù sia il fondamento principale della l'Apostolo comincia una preghiera per domandare
Chiesa (I Cor. Ili, 11), gli Apostoli sono pure a Dio che gli Efesini perseverino nella vocazione
fondamento secondario (Matt. XVI, 18). I profeti. ricevuta, e sempre meglio conoscano i vantaggi
Si tratta probabilmente dei profeti cristiani, che che loro ne derivano. Ma appena cominciata la
nella Chiesa primitiva erano parecchi ed eserci-
frase, subito si interrompe, e in una lunga digres-
tavano funzioni analoghe a quellle degli Apostoli sione (2-13) parla della parte a lui personalmente
(IH, 5; IV, 11; Atti XIII, 1; XV, 32; I Cor. XII, affidata da Dio nella conversione dei Gentili, e
10, 29; XIII, 2, ecc.). Altri pensano che si tratti poi ripiglia la preghiera interrotta (14-21).
dei profeti del Vecchio Testamento, i quali colle Per questa cagione, cioè affinchè voi possiate
loro predizioni del Messia prepararono gli uomini mediante lo Spirito Santo essere assieme edificati
alla Chiesa di Gesù Cristo (Ved. Van Steenkiste,
in abitacolo di Dio (II, 22), io Paolo (II Cor. X,
h. 1.). Tutto l'edifizìo è sostenuto e poggia su
1 ; Gal. V, 2, ecc.). Il verbo corrispondente a
Gesù Cristo, che ne è la pietra maestra angolare questo soggetto si trova al versetto 14, ed è :
(nel greco vi è una parola sola à^poycoviaiov). piego le mie ginocchia.
Anche Gesù aveva paragonato se stesso alla pietra Il prigioniero di Gesù Cristo. L'Apostolo con-
angolare (Ved. n. Matt. XXI, 42 e Cf. Atti IV, 11), sidera se stesso come intera proprietà di Gesù
della quale è proprio unire assieme le due pareti
Cristo, e come se Gesù stesso lo tenesse in ca-
di un edifìzio e dare solidità e consistenza alle
tene. Vi è qui un'allusione alla prima cattività
stesse fondamenta. romana dell'Apostolo (Filem. I, 9; II Tim. ì, 8).
21. Su cui si riferisce a pietra angolare. Insieme Per voi Gentili. Egli infatti fu arrestato a Geru-
connesso (ouvapnoXorowi^évii) in modo da formare salemme per aver difeso i diritti dei pagani (Atti
una costruzione solida e compatta. Si innalza. XXI, 28; XXIII, 21, 22).
Questo edifìzio non sarà terminato che alla fine 2. Se pure, Con>e fu detto nell'Introduzione,
del mondo, perchè ogni fedele è una pietra vi-
coloro che ritengono non essere stata questa let-
vente che vi deve essere inserita. In tempio santo, tera scritta agli Efesini, si fondano su queste pa-
ossia In un santuario, come indica il greco vaóq. role, poiché sembra che qui l'Apostolo supponga
Del Signore, o meglio, nel Signore, come si ha che i suoi lettori possano non conoscere la mis-
nel greco e nel latino. Queste parole vanno -con-
sione a lui affidata, il che non poteva essere dei
giunte col verbo si innalza, e indicano che Gesù cristiani di Efeso, dove egli aveva dimorato pa-
è colui che dà unità e consistenza a tutto l'edifizìo recchio tempo. L'argomento però non è dimostra-
22. Su cui, si riferisce a pietra angolare. Anche tivo, poiché S. Paolo usa la stessa particella eìre
voi Efesini siete insieme edificati (ouvoixoòoiueìoee) anche quando si tratta di cose certissime (Cf. IV,
ossia venite adoperati quali pietre viventi per 21 ; Coloss. II, 20), che i suoi lettori non potevano
formare l'abitacolo (xaroixiiTiiptoY) di Dio. Le pa- ignorare. L'uso di questa particella va quindi con-
role mediante le Spirito Santo^ vanno unite coi siderato come una figura rettorica, in cui per ri-
Efesini, III, 3-9 283

audistis dispensatiónem gràtiae Dei, quae pur siete stati informati del ministero della
data est mihi in vobis ^Quóniam secùndum
: grazia di Dio che fu a me conceduto per
revelatiónem notum mihi factum est^sacra- voi : 'poiché per rivelazione fu a me noti-
méntum, sicut supra scripsi in brevi "Prout : ficato questo mistero, conforme ho scritto
potéstis legéntes intelligere prudéntiam brevemente di sopra ''dal che potete leg-
:

meam in mystério Christi *Quod àliis gene- : gendo conoscere la scienza che io ho del mi-
ratiónibus non est agnìtum filiis hómìnum, stero di Cristo ^il quale non fu conosciuto
:

sicuti nunc revelàtum est sanctìs Apóstolis nelle altre età dai figliuoli degli uomini nella
eius, et Prophétis in Spiritu, ^Gentes esse maniera che ora è stato rivelato ai santi Apo-
coherédes, et concorporàles, et comparticipes stoli, di lui, e ai profeti dallo Spirito, ^che
^promissiónis eius in Christo lesu per Evan- le genti sono coeredi, e dello stesso corpo,
jélium ^Cuius factus sum minister, secùn-
: e consorti della promessa di lui in Cristo
lum donum gràtiae Dei, quae data est mihi Gesù mediante il Vangelo ^Del quale io :

jcùndum operatiónem virtùtis eius. fui fatto ministro per dono della grazia di
Dìo, la quale è stata conferita a me secondo
l'efficacia della potenza di lui.
"Mihi omnium sanctórum minimo data est *A me menomissimo di tutti i santi è stata
[gratin haec, in Géntibus evangelizàre inve- data questa grazia di evangelizzare tra le
ìtigàbiles dì vitias Christi, ^Et illuminare om- genti le incomprensibili ricchezze di Cristo,
ÈDes, quae sit dispensati© sacraménti abscón- ^e svelare a tutti quale sia la dispensazione

• I Cor. XV, 9.

ìhiamar maggiormente l'attenzione si esprime sotto sono- divenuti assieme agli Ebrei ugualmente eredi
forma ipotetica quello che d'altronde è certissimo. del cielo, con essi formano oramai uno st^o
~)el ministero (gr. tt\v oixovoniav) della gmzìa, corpo mitfitìco, cioè una sola Chiesa (li, 15-16), e
ssia Voi conoscete che Dio mi ha affidato l'in-
: con essi partecipano ai* stesse Dromesse faìte da
ìrico di amministratore della sua grazia presso Dio ad Abramo (II, 12; Gal. III,' 8; IV, 29; Rom.
di voi pagani. I mirastri del Vangelo vengono IV, 13, 16; Gen. XII, 3). Di lui manca nel greco.
spesso paragonati a economi o dispensatori delle I pagaoi^sono stati fatti partecipi di tanti ben-efizi
grazie e dei misteri di Dio (Cf. I Cor. IV, 1-2; per i meriti dì Gesù Cristo (in Cristo Gesù), e
IX, 17; Coloss. I, 25). Nel greco si legge eiq vficlf; perchè hamio credtito ai Vangèlo (mediante il Van-
= in vos = presso di voi, a vostro vantaggio. gelo.) predicato dagli Apostoli (Cf. I Cor. IV,
3. Spiega in che consista il ministero della 15, eca.).
grazia affidatogli. Per nvetazione immediata fattami Viene ora a parlare della missione ricevuta.
7.
da Dio s»Ua via di Damasco e in altre circostanze Dei quale Vangelo io fui fatto ministro (gr. bi&-
(Atti XXVI, 17-18; Gal. I, 11, 15, 16; II Cor. xoroq) non di mia iniziativa o di mia volontà e per
XH, 1). Questo mistero irò ^voxT[pio\), cioè il mio merito, me. per un dono gratuito della grazia
disegno di Dio relativo alla salute degli Ebrei e di Dio, la quale è stata conferita a me, ossia mf
dei Gentili per mezzo di Gesii Cristo (v. 6), del ha da persecutore creato Apostolo, per l'efficacia
quale mistero ho scritto brevemente di sopra, in infinita della potenza di Dio.
questa lettera (I, 4-14; II, 4-9, 11-22).
8. A me, La grandezza della missione rice-
ecc.
4. Dal che npòq
(gr. ossia da quel che ho
5), vuta richiama alla mente dell'Apostolo la sua in-
scritto la scienza (tV ovveaiv
potete conoscere = degnità personale, ed egli si sprofonda in un atto
l'intelligenza), ossia la cognizione chiara che «ho sublime di umiltà, analogo a queilo della I Cor.
in forza delle rivelazioni ricevute, di questo mistero XV, 9. Menomissimo è la traduzione esatta del
realizzato^ per mezzo di Gesù Cristo morto sulla greco èAaXioTOTépcp, che letteralmente equivale ,a
croce. più piccolo del più piccolo. Di tutti i santi, cioè
5. Non
fa conosciuto così perfettamente nelle di tutti i cristiani. La grazia data all'Apostolo è la
altre cioè nei tempi anteriori al Vangelo, ^dal
età, missione di annunziare ai pagani le ricchezze (gr.
figliuoli degli uomini, ebraismo per indicare sem- la ricchezza), cioè i tesori di grazia e- di verità,
plicemente gli uomini. Nella maniera che ora, ecc. che Dio ha dato agli uomini per mezzo di Gesd
Anche gli antichi proleti avevano già pailato della Cristo. Questi tesori sono infiniti e perciò l'Apo-
vocazione dei Gentilli (Cf. Atti, XIII, 47; Rom. stolo ìà chiama incomprensìbiH, ossia secondo il
XV,'' 8-12), ma le loro profezie non erano cono- greco^ dve^iXviacTov, ininvestigabili o non rintrac-
sciute dai pagani, e non erano capite »dai Giudei. ciabili.
Ora invece Dio per mezzo di una specialej^rivela- 9. E svelare, ecc. A me è stato dato di mettere
zione dovuta alloJSpirito Santo ha fatto conoscere piena luce
in la dispensazione del mistero (grec«
questo grande mistero ai suoi santi Apostoli e oìxovo|Liva To{5 nuoTTipiou), ossia il idisegjno di
profeti. L'aggettivo santi si riferisce a entrambi i Dio relativo alla salute di tutti gli uomini Giudei e
nomi seguenti. I profeti sono quelli del Nuoro Gentili per mezzo di Gesù Cristo. A tutti. Nel
Testamento, come è chiaro dalla particella ora codice X e nelle edizioni critiche, Tisch. W-H.
(II, 20; IV, 11; Atti, Vili, 11; I Cor. XII, 10, Nestle, ecc., mancano queste parole, che si tro-
12, 28. eoe.). vano però nel codice B e in parecchi altri. Questo
6. Ecco' il grande ml^iet^. Dio ha fatto i Gentili mistero da secoli (ànò tSv aicóvcov), ossia dai prin-
uguali agli Ebrei per riguardo alla salute. I pagani cipio dei secoli, oppure da tutti i teia.pi (Coloss.
284 Efesini, III, 10-16

diti a saeculis in Deo, qui omnia créavit : del mistero ascoso da secoli in Dio, che ha
'"Ut innotéscat principàtibus, et potestàtibus creato tutte le cose : ^"onde adesso per
in caeléstibusi per Ecclésiam, multifórmis mezzo della Chiesa sia conosciuta dai prin-
sapiéntia Dei, "Secùndum praefinitiónem moltiforme
cipati, e dalle potestà nei cieli la
saeculórum, quam fecit in Christo lesu Dò- sapienza di Dio, ^ ^secondo la determina-
mino nostro "In quo habémus fidùciam, et
: zione eterna che egli ne fece in Cristo Gesìi
accéssum in confldéntia per fìdem eius. Signor nostro "in cui abbiamo fiducia ed
:

^'Propter quod peto ne deficiàtis in tribula- accesso (a Dio) con fidanza per mezzo della
tiónibus meis prò vobis quae est gloria
: fede di lui. "Per la qual cosa io vi chiedo
estpa. che non vi perdiate d'animo per le tribola-
zioni che io ho per voi le quali sono vostra
:

gloria.
^*HujUS rei gràtia flecto génua mea ad Pa- "Aquesto fine piego le mie ginocchia di-
trem Domini nostri lesu Christi, ^^Ex quo nanzi Padre del Signor nostro Gesù Cri-
al
cmnis patérnitas in caelis, et in terra nomi- sto, "da cui tutta la famiglia e in cielo e
nàtur, "Ut det vobis, secùndum divitias glo- in terra prende nome, "affinchè conceda a
ri ae suae, virtùte corroboràri per Spiri tum voi secondo l'abbondanza della sua gloria,

I, 23), fino alla venuta di Cristo era nascosto 12. grande disegno fu realizzato per mezzo
Il

cella mente di Dio, il quale creò tutte le cose. di Gesù Cristo, a cui essendo noi innestati e in-
S. Paolo ricorda che Dio è creatore di tutte Ve corporati, abbiamo perciò fiducia (gr. Jiappncfiov =
cose per far comprendere che Egli era pienamente ardire di parlare) e accesso (Ved. n. Il, 18) con
padrone di tener nascosto e di svelare il grande fidanza f^ed. n. Rora. VIII, 38-39) a Dio, e l'in-
mistero, e per indicare che quello stesso Dio, che vochiamo come nostro Padre, e nutriamo verso di
aveva fatta la prima creazione, era ancora colui Lui sentimenti di figli. Per mezzo della fede di
che compieva la nuova creazione, oesiff la reden- lui. Condizione essenziale per godere di tanti fa-
zione. Alcuni codici greci aggiungono a creò le vori è la fede in Gesù Cristo (II, 8 e ss.).
parole per mezzo di Gesù Cristo, ma con tutta
:
13. Per la qual cosa, ossia poiché ho ricevuto
probabilità si tratta di una glossa. la missione di annunziare tali verità (8-12) ai pa-
10. Dà
il motivo, per cui un tal mistero fu gani, io vi chiedo che non vi perdiate d'animo e
tanto tempo nascosto in Dio. Lo fu affinchè (iva) temiate per la causa di Dio, a motivo delle tribO'
adesso (gr. vCv), in opposizione ai secoli prece- lazioni che io ho per voi, in quanto cioè sono
denti alla venuta di Gesù Cristo, per mezzo della Apostolo dei pagani (Ved. n. 2). Queste tribola-
Chiesa, ossia per la fondazione della Chiesa nella zioni sono anzi la vostra gloria, perchè è un vanto
quale come in arca di salute sono riuniti tutti i per voi avere un Apostolo che per sostenere i
popoli di tutte ie razze, sia conosciuta dai princi- vostri diritti soffre tribolazioni. L'Apostolo fa così
pati e dalle potestà, ossia da tutto il mondo degli vedere che la sua cattività non deve essere un
angeli (I, 21; Coloss. I, 16; II, 10; I Piet. I, 12), motivo per non abbracciare la fede o per non per-
la moltiforme (gr. jroXDiroixiXoq), ossia l'infinita- severare in essa con fervore (Cf. Gal. IV, 13).
mente varia sapienza di Dio, che ha saputo per L'est della Volgata invece di sunt è una traduzione
mezzo dell'Incarnazione far risplendere la sua mi- troppo letterale del greco.
sericordia infinita e la sua giustizia infinita, e
Terminata la parentesi, l'Apostolo ripiglia
14.
trovar nuove vie per condurre gli uomini a salute.
la preghiera cominciata al v. 2, nella quale do-
Si osservi, come, benché gli angeli buoni cono-
manda al Signore le grazie necessarie agli Efesini
scessero fin da principio della loro beatitudine il per essere perfetti cristiani. A questo fine. Queste
mistero dell'Incarnazione in generale, non lo co- paroie si riferiscoivo all'ultima parte del capo II.
nobbero però in tutte le sue circostanze particolari, Piego le ginocchia, in atto della più grande umiltà
t similmente non conoscono alcune supreme ra- (Lue. XXII, 41; Atti, VII, 60; XX, 36; XXI,
gioni della grazia che sono nascoste in Dio. Delle
5, ecc.), al Padre creatore di tutte le cose. Le pa-
circostanze dell'Incarnazione ebbero poi cognizione role del Signor nostro Gesù Cristo, come faceva
:

man mano che il mistero si*compiva, e così pure già osservare S. Gerolamo, sono probabilmente
vengono a conoscere le ragioni dei misteri della una glossa, poiché mancano nei migliori codici B
grazia man mano che queste si manifestano nei
K AC, ecc.
loro effetti (Cf. S. Tommaso, h. 1., e I q. 57, a. 5
ad I).
15. nome, ebraismo che equivale a :
Prende
riceve l'esistenza.
Il greco naxpia, tradotto dalla
11. La sapienza moltiforme maniiesta
di Dio si
Volgata patérnitas significa : famiglia, stirpe,
e risplende nell'eterno decreto di salute, che fu
razza, ecc. La famiglia del cielo sono gli angeli,
realizzato per mezzo di Gesù Cristo. Tutto questo
la famiglia della terra sono gli uomini a qualsiasi
versetto potrebbe però essere interpretato diversa-
stirpe appartengano. L'Apostolo prega con fiducia,
mente. Dio ha voluto che la sua moltiforme sa-
perchè sa di rivolgersi a un Padre.
pienza fosse conosciuta dagli angeli secondo («pó-
9tq\Y x&v aìóvoov =
praefinitiónem saeculórum) il 16-18. Affinchè conceda, ecc. Ecco ciò che l'A-
disegno o il piano abbracciante i secoli, che EgH postolo con tanto affetto chiede a Dio per i suoi
aveva in antecedenza formato in Gesù Cristo, op- neofiti. Secondo l'abbondanza della sua gloria
pure che ha eseguito per mezzo di Gesù Cristo. I (Ved. n. I, 18; Rom. IX, 23), ossia secondo la
varii secoli trascorsi dall'umanità erano una prepa- sua infinita potenza e bontà. Che siate corroborati
razione a Cristo, e quindi facevano parte del di- in virtù, ossia che siate fortificati per mezzo delle
segno preparato ab eterno da Dio. grazie dello Spirito Santo (Rom. VIII, 9) secondo
EFESINI, III, 17-21 285

eius in interiórem hominem, ^'Christum ha- che siate corroborati in virtù secondo l'uomo
bitàre per fidem in córdibus vestris in cha- : interiore per mezzo del sue Spirito, "che
ritàte radicati, et fundàti, ^'Ut possitis com- Cristo abiti nei vostri cuori mediante la
prehéndere cum omnibus sanctis, quae sit fede, acciò essendo voi radicati e fondati
^
latitudo, et longitùdo, et sublimitas, et pro- nella carità, Spossiate con tutti i santi com-
fùndum : "Scire etiam supereminéntem prendere quale sia la larghezza, la lun-
sciéntiae charitàtem Christi, ut impleàmini ghezza, e l'altezza, e la profondità "e in- :

in omnem plenitùdinem Dei. tendere eziandio quella carità di Cristo, che


sorpassa ogni scienza, affinchè siate ripieni
di tutta la pienezza di Dio.

'"Ei autem, qui potens est omnia fàcere "°E a lui che può fare tutte le cose con
superabundànter quam pétimus, aut intelli- sovrabbondanza superiore a quel che do-
gimus, secùndum virtùtem, quae operàtur in mandiamo, o comprendiamo, secondo la
nobis : ''^Ipsi glòria, in Ecclèsia, et in Chri- virtù che opera in noi ^^a lui gloria nella
:

omnes generatiónes
sto lesu in saeculi sae- Chiesa e in Cristo Gesù per tutte le gene-
culórum. Amen. razioni di tutti i secoli. Così sia.

l'uomo interiore. Uomo interiore è lo spirito L'Apostolo usa nelle parole una specie di para-
umano rigenerato (Ved. n. II Cor. IV, 16. Cf. dosso. Egli desidera che i suoi lettori compren-
Rom. VII, 22). Prega quindi che il loro uomo in- dano ciò che alla mente umana è incoraprensibile,
teriore sia fortificato e rassodato nel bene, ma ossia l'amore infinito che Gesù ha portato agli uo-
prega ancora che Cristo abiti nei loro cuori. II mini! Benché tale amore non possa essere cono-
greco xatoixTÌcjai =
abitare indica una dimora sciuto in tutta la sua perfezione da una menfe
permanente. Cristo abita già nel cuore degli Efe- finita quale è la nostra, l'uomo tuttavia vivificato
sini, ma la sua presenza in essi può sempre dive- dalla carità di Dio, può sempre progredire nella
nire più perfetta. Mediante la fede. La condizione cognizione di esso, ed è precisamente questo pro-
essenziale affinchè Gesù Cristo possa abitare nei gresso che l'Apostolo desidera agli Efesini. Egli
loro cuori è la fede, ossia la ferma adesione a inoltre desidera loro una tal cognizione affinchè
tutte le verità rivelate. Acciò essendo, ecc. Le siano ripieni di tutta la pienezza di Dio, vale a dire
parole essendo radicati e fondati, ecc., vanno unite siano ripieni quanto è possibile a creatura di tutti
col verbo possiate, ecc., come risulta chiaro dal i doni e di tutte le grazie di Dio (I, 23), sia in
testo greco dove sono al caso nominativo e non questa come nell'altra vita.
al genitivo, come si richiederebbe se concordas-
20-21. Come nella lettera ai Romani, così anche
sero con quanto precede. L'Apostolo chiede a Dio
che Gesù abiti nel cuore degli Efesini, acciò es- in questa, l'Apostolo termina la parte dogmatica
sendo bene radicati e fondati nella carità, ossia
con una solenne dossologia. Egli ha chiesto molto
nell'amore verso Dio, possano (gr. diveniate ca- a Dio, ma l'ha chiesto con fiducia, perchè Dio è
paci) con tutti
potente a far tutte le cose con sovrabbondanza
i santi, ossia in unione colla grande
assemblea di tutti i Cristiani che è la Chiesa superiore a quel che noi possiamo domandare o
(I, 15; VI, 18; Coloss. II, 4), comprendere (>ta-
comprendere. Egli conosce meglio di noi le nostre
taXapéoeai = afferrare colla mente, intendere) necessità, e ci concede spesso quel che noi nep-
quale sia la larghezza, ecc. Le quattro espressioni pure sapremmo domandare né desiderare, con-
usate qui dall'Apostolo sono destinate a mettere in forme apparisce chiaro nella potenza sovrana della
evidenza l'immensità dell'oggetto di cui si tratta. grazia che di continuo opera in noi tante mera-
viglie. Le parole secondo la virtù, ecc. vanno unite
Il modo di parlare è metaforico, e l'oggetto a cui

si allude non è altro che l'amore immenso da


colle prime parole del versetto. A Colui che, se-

Gesù Cristo portato agli uomini, come è indicato condo la virtù che opera in noi, ossia per la sua
nel versetto seguente. La vita cristiana è un albero
grazia pad fare, ecc.
che ha le radici nella carità ; è un edifizio che ha 21. A lui, cioè a Dio potente e sommo benefat-
per fondamento la carità. tore, sia resa la gloria (gr. r\ òó^a) che gli è
19. E
intendere, ecc. Nel greco manca V etiam dovuta, nella Chiesa, cioè da tutti i fedeli, ma
della Volgata. La carità di Cristo che sorpassa questa gloria deve rendersi in Cristo Gesù, cioè
ogni scienza. Tale è la miglior traduzione del greco in unione con Lui e per la sua mediazione, e
T^v wrjeppàXXowoov TT\q yyòaECùq dYct:niY e del la- deve durare per tutte le generazioni, ecc., ossia
tino. {Sciéntiae va considerato come un diativo). per tutta l'eternità.
286 Efesini, IV, l-«

CAPO IV.

// cristiano deve vivere secondo la sua vocazione, 1-3, Unità nella fede, 4-6, / — —
diversi doni dello Spirito Santo sono destinati a rassodare i fedeli nell'unità, 7-16,
— / cristiani ?io?i devono) piti vivere come i pagani, 17-19. — L'uomo vecchio
e l'uomo nuovo, 20-24, — Fuga della menzogìia, 25. — L'ira, il furto, i cattivi

discorsi, 26-30. — Vizi da detestare, virtù, da praticare, 31-32.

^Obsecro itaque vos ego vinctus in Do- ^Vi scongiuro adunque io prigioniero pel
mino, ut digne ambulétis vocatióne, qua vo- Signore, che camminiate in maniera conve-
càti estjs, ^Cum omni humilitàte, et mansue- nevole alla vocazione a cui siete stati chia-
tudine, cum patiéntia, supportàntes invicem mati, ^con tutta umiltà e mansuetudine, con
in charitàte, ^SoUìciti servare unitàtem spi- pazienza, sopportandovi gli uni gli altri per
ritus in vìnculo pacis. *Unum corpus, et unus carità, ^solleciti di conservare l'unità dello
Spiritus sicut vocàti estis in una spe voca- Spirito mediante il vincolo della pace. ''Un
tiónìs vestrae. ''Unus Dóminus, una fìdes, solo corpo e un solo Spirito, come ancora
unum baptìsma. "Unus Deus et Pater om- siete stati chiamati a una sola speranza per
nium, qui est super omnes, et per omnia, et la vostra vocazione. *Un solo Signore, una
in omnibus nobis. sola fede, un solo battesimo. "Un solo Dio
e Padre di tutti, che è sopra di tutti, e per
tutte le cose, e in tutti noi.

» I Cor. VII, 20; Phil. I, 27. ^ Rom. XII, 10. « Mal. II, 10.

di coloro, che subito vogliono giudicare e senten-


ziare di tutto, senza attendere alle circostanze di
CAPO IV.
tempo e di luogo, ecc., che possono esigere mag-
giore ponderazione, venendo così a turbare la pace
1. Terminata la parte dogmatica l'Apostolo
nella società (S. Tommaso, h. 1.). Solleciti, ecc.
passa nella parte corale (IV, 1-VI, 9) a esortare
II finea cui è ordinata la pratica delle quattro
i fedeli arricchiti da Dio di tanti favori a corri-
virtù precedenti si è di conservare f unità dello
spondervi degnamente. A tal fine comincia a trat-
spirito, ossia degli animi, che importa unità di
tare di alcuni doveri generali che riguardano tutti
pensieri e unità di sentimenti. Ma quest'unità, che
i cristiani (IV, 1 V, 20), e poi discorre dei doveri
;
è effetto della carità, non può sussistere se non
proprii di alcuni stati (V, 21 ; VI, 9). Come si
per n>ezzo del vincolo della pace. La pace è la
vede questa parte morale è intimamente connessa
tranquillità dell'ordine, ed ha luogo là dove ciascuno
colla parte dogmatica, della quale anzi potrebbe
ha ciò che gli appartiene.
considerarsi eome un corollario. Nei vv. 1-3 l'Apo-
stolo stabilisce il suo tema. Il cristiano deve 4. Nei versetti 4-6 l'Apostolo adduce i motivi
vivere conforme alla sua vocazione. Adunque come che hanno i cristiani di conservare tra loro l'unità.
conclusione di quanto si è detto nella prima Tutti assieme essi non formano che un solo corpo
parte della lettera, lo prìgìoniero. Per indurre più mistico di Cristo. Questo corpo è la Chiesa (1,23;
facilmente gli Efesini a fare quanto loro chiede, II, 15-16; I Cor. XII, 13, ecc.). Dove vi è un solo
ricorda un'altra volta (III, 1) le sue catene, ag- corpo, vi dev'essere ancora un solo spirito. La
giungendo però che le porta pel Signore, mo- unione dei cristiani non dev'essere quindi solo
strando così che lungi dal vergonarsi si sente ono- esterna, quale si ha nella professione deJla stessa
rato di soffrire per Gesii Cristo. Che camminiate, fede, ma dev'essere ancora interna, quale si ha
ossia che viviate. L'Apostolo paragona spesso la nella pratica della stessa carità (S. Tommaso, h. !,).

vita a un viaggio (II, 2; Filipp. I, 27, ecc.). In Molti esegeti però riguardano Spirito come un
maniera convenevole, ecc. Siete stati chiamati a nome proprio, e spiegano : uno solo è lo Spirito
essere concittadini dei santi, ad essere membri Santo che anima oppure, uno solo
tutta la Chiesa,
della famiglia di Dio (II, 19), e perciò non dovrete è Io Spirito ricevuto nel Battesimo (I Cor. XII, 13).
più fare opere terrene, né curarvi delle cose del Uno è il corpo, uno lo spirito, come è ancora uno
mondo (S. Tom. h. 1.). il fine, a cui siete stati chiamati in forza della
vostra vocazione. Questo fine è l'eterna beatitu-
2-3. Spiega che cosa debbano fare per vivere
dine. Conviene quindi che siano tra loro uniti in
conforme alla loro vocazione. Raccomanda quattro
1' l'umiltà
terra quelli che tendono allo stesso fine, che li
virtù principali : opposta alla superbia,
dovrà unire assieme per tutta l'eternità.
fonte di discordia e. nemica della pace nella
società 2" la mansuetudine opposta all'ira, da cui
; 5-6. Fa osservare S. Tommaso (h. 1.) che a
provengono le ingiurie 3* la pazienza opposta al-
; qualsiasi città affine di essere una, sono necessarie
l'impazienza, che non sa tollerare le ingiurie rice- quattro cose : che cioè, tutti i cittadini abbiano lo
vute; 4* la carità opposta qui allo zelo smoderato stesso duae, la stessa legge, le stesse insegne, lo
Efesini, IV, 7-11 287

^Unicuique autem nostrum data est gràtia ^Ma a ciascuno di noi è stata data la
secùndum mensùram donatiónis Christi. grazia secondo la misura del dono di Cristo.
"Propter quod dicit : Ascéndens in altum *Per la qual cosa dice Asceso in alto menò
:

captivam duxit captìvitàtem dedit dona ho : schiava la schiavitù distribuì doni agli uo-
:

minibus. ^Quod autem ascéndit, quid est, mini. 'Ma che è l'essere asceso, se non che
nisi quia et descéndit primum in inferióres prima anche discese alle parti infime della
partes terrae? ^"Qui descéndit, ipse est et terra? ^"Colui che discese, è quell'istesso
qui ascéndit super omnes coelos, ut impléret che anche ascese sopra tutti i cieli per dar
omnia. compimento a tutte le cose.
"Et ipse dedit quosdam quìdem Apóstolos, "Ed egli altri costituì Apostoli, altri pro-
quosdam autem Prophétas, àlios vero Evan- feti, altri Evangelisti, altri pastori e dottori,

» Rom. XII, 3; I Cor. XII, 11; II Cor. X, 13. • Ps. LXVII, 19. " I Cor. XII, 28.

stesso fine. Ora, dice l'Apostolo, che queste quat- pure da osservare che la lezione seguita da San
tro cose si trovano nella Chiesa, cioè un solo Paolo si trova anche nella versione siriaca e nel
Signore Gesù Cristo, capo, duce supremo e fonte Targum. Se ciò non ostante si preferisce la lezione
di ogni unità ; una sola fede, cioè una sola legge dell testo ebraico e dei LXX, allora si dovrà dire

della fede, che importa di credere alle stesse ve- che S. Paolo, non già arbitrariamente, ma per di-
rità e di osservare gli stessi precetti ; un solo bat- vina ispirazione, ha interpretato il testo originale
tesimo, ossia gli stessi sacramenti, il primo dei hai ricevuto, nel senso che ha ricevuto doni, ma
quali è il Battesimo. I sacramenti sono da S. Tom- per nuovamente distribuirli. Applicate a Gesù Cri-
maso chiamati insignia Ecclesiae. Un solo Dio e sto le parole del salmo, significano che compiuta :

Padre, ecc., che è il fine a cui noi siamo condotti l'opera dell'umana redenzione. Egli ascese al cielo,
per la mediazione di Gesù Cristo. Dio è Padre di e condusse schiavi, ossia si assoggettò interamente
tutti i membri della Chiesa, ed è sopra i tutti i suoi nemici (il demonio, la morte, ecc.), e dal
come prima causa, da cui tutti questi membri cielo distribuì ai suoi fedeli i doni dello Spirito
^ dipendono, è per tutte le cose (nel greco vi è il Santo (Cf. Atti, II, 33).
/] maschile per tutti), perchè a tutti essi estende la 9. L'Apostolo fa l'applicazione del testo a Gesù
h sua azione, ed è in tutti noi come nel suo tempio. Cristo. Che è, ecc. Óra questa parola è asceso
'
Noi, manca ned migliori codici. Anche queste ul- (rò bk dvépTi), che cosa importa se non che è prima
'
time parole sono quindi da intendersi di tutti i disceso dal cielo nelle parti infime della terra,
membri della Chiesa. cioè dapprima su questa terra nella sua Incarna-
7. Nei versetti 7-16 fa vedere che i diversi doni zione, e poi nel sepolcro col suo corpo e nel
dello Spirito Santo, lungi dall'essere un ostacolo, Limbo colla sua anima? (I Piet. III, 18-19^. Nu-
contribuiscono invece a stabilu-e e a rassodare merosi interpreti (Bisping, Beelen, Van Steen-
l'unità dei fedeli. kiste, Fillion, pensano però che le ultime
ecc.)
A ciascuno di noi in particolare. Gesù diffonde i parole debbano restringersi unicamente alla discesa
suoi doni su tutti. La grazia. Come è chiaro dal del Verbo di Dio nell'Incarnazione, e non già
contesto, col nome di grazia si intendono qui i estendersi al Limbo. Quest'ultima spiegazione ri-
vari carismi, che conferivano una speciale attitu- sponde meglio al contesto.
dine a disimpegnare certi uffizi e ad esercitare 10. Colui che discese dal cielo per la sua incar-
certe funzioni nella Chiesa. Questi doni non sono nazione, è quegli stesso che nel giorno dell'Ascen-
gli stessi per tutti, e non vengono accordati a tutti sione salì sopra tutti ì cieli (gli Ebrei ammettevano
nella stessa misura, ma secondo la misura del l'esistenza di varii cieli. Cf. II Cor. XII, 2; Ebr.
dono, che ne fa Cristo, ossia secondo il benepla- ly, 14 VII, 26, ecc.) e fu fatto sedere alla destra
;

cito di Gesù Cristo, che ne è il distributore. di Dio, affinchè colla sua azione e colla sua in-
8. I vv. 8-10 costituiscono una parentesi, nella fluenza, ossia coi suoi doni e coi suoi benefizi,
quale l'Apostolo pigliando occasione dalle ultime riempisse tutte le cose, cioè tutto l'universo e
parole del versetto precedente, prova che vera- in modo speciale la Chiesa.
mente Gesù è il distributore di tali doni. Per la 11. L'Apostolo viene ora a parlare dei diversi
qual cosa, ossia per significare che Gesù è colui doni dati da Gesù Cristo ai suoi fedeli, e del fine
che distribuisce tali doni, dice la Scrittura, ecc. a cui tali doni sono ordinati (Vedi le enumerazioni
L'Apostolo cita assai liberamente il v. 19 del dei doni, Rom. XII, 4-6; I Cor. XII, 4 e ss.). Apo-
salmo LXXVII, e la sua citazione si avvicina più stoli sono coloro che avevano il dono dell'Aposto-
al testo ebraico che ai LXX. Questo salmo è un lato, che era esteso anche a parecchi che non
inno di trionfo. Il poeta celebra le vittorie riportate facevano parte propriamente del collegio aposto-
da lahve sui nemici d'Israele, e descrive Dio che lico (Rom. XVI, 7). Profeti, dei quali si è detto
siede sull'arca santa e sale sulla montagna di Sion al cap. II, 20 e III, 5 (Ved. n. I Cor. XII, 28).
trascinandosi dietro come schiavi i vinti nemici, Evangelisti, sono non solo i quattro scrittori del
e come trofei di gloria, le loro spoglie. L'Apostolo Vangelo, ma vengono così chiamati alcuni missio-
applica queste parole direttamente al trionfo ripor- nari, che andavano di luogo in luogo ad annun-
tato da Gesù Cristo, e muta perciò la seconda ziare il Vangelo (Cf. Atti XXI, 8; II Tim. IV, 5),
persona del testo originale nella terza. E da notare preparando così la strada agli Apostoli, oppure
però che nel testo ebraico e presso ì LXX si legge : confermando nella fede le Chiese già fondate (Ved.
tu hai ricevuto doni dagli uomini, o meglio tra gli Dict. Vig., Evangeliste). Pastori e Dottori. I due
uomini, e non già distribuì doni agli uomini, ma è nomi sono uniti assieme perchè, come fa osser-
288 Efesini, IV, 12-16

gelistas, àlìos autem pastóres, et doctóres "per il perfezionamento dei santi, per I*
"Ad consummatiónem sanctórum in opus pera del ministero, per l'edificazione dei
minìstérii, in aediflcatìónem córporis Chri- corpo di Cristo "fino a tanto che ci riu-
:

sti: "Donec occurràmus omnes in unitàtem niamo tutti per l'unftà della fede e della
fidei, et agnitiónis filii Dei, in virum perféc- cognizione del Figliuolo di Dio, in un uomo
tum, in mensuram aetàtis plenitudinis Chri- perfetto, alla misura dell'età piena di
sti "Ut iam non simus pàrvuli fluctuàntes,
: Cristo : "onde non siamo più fanciulli va-
et circumferàmur omni vento doctrinae in cillanti, e portati qua e là da ogni vento di
nequitia lióminum, in astùtia ad cìrcumven- dottrina pei raggiri degli uomini, per le
tiónem erróris. astuzie, onde seduce l'errore.
^^Veritàtem autem faciéntes in charitàte, ^^Ma seguendo la verità nella carità, an-
crescàmus in ilio per omnia, qui est caput diamo crescendo per ogni parte in lui che è
Christus : ^®Ex quo totum corpus compàc- ilcapo (cioè) Cristo "da cui tutto il corpo
:

tum, et connéxum per omnem iunctùram compaginato e connesso per via di tutte le
subministratiónis, secùndum operatiónem in giunture di comunicazione, secondo un'ope-
mensuram uniuscuiùsque membri, augmén- razione proporzionata a ciascun membro,
tum córporis facit in aedificatiónem sui in prende l'aumento proprio del corpo per la
charitàte. sua edificazione nella carità.

vare S. Gerolamo, a qui pastor est debet esse et virilità,a cui devono tendere ì cristiani, portando
magisteri). Pastori sono coloro che dagli Apostoli la comparazione di coloro che non sono ancora
venivano preposti al governo delle Chiese parti- giunti a tale stato. Non dobbiamo più essere fan-
colari. Dottori (Ved. n. I Cor. XII, 20). Come è ciulli (vr[nioi). Quest'ultima parola va presa in
chiaro, l'Apostolo parla, qui dei diversi carismi cattivo senso (Ved. n. I Cor. Ili, 1). I fanciulli
dello Spirito Santo, e non già degli ordini gerar- sono vittime di due difetti, l'incostanza o la leg-
chici della Chiesa (vescovi, sacerdoti, diaconi). gerezza e l'ignoranza. Noi quindi non dobbiamo
12. fine Gesù Cristo abbia co-
Mostra per qual essere vacillanti. Il greco xXv5covtJ;ófi6voi si dice
stituito Apostoli, profeti, ecc. Tutti questi uffìzi degli che senza resistenza sono sbalzati
oggetti
8ono ordinati al perfezionamento (gr. xaTapno^óv) qua e là come le onde del mare. Portati qua e là
dei santi, cioè a rendere i cristiani atti alla loro da ogni vento di dottrina. Queste parole indicano
missione, acciò (gr. eì^ epyov bm-xoviaq) adem- l'influenza nefasta che le false dottrine, mutevoli
piano bene gli oblighi del loro ministero (per l'o- come il vento, esercitano sulle anime non ben
pera del ministero). La parola òiaxoviaq è assai ferme nella fede. Raggiri, ecc. Parla dei falsi dot-
tori, i quali coll'inganno e coll'astuzia cercano di
generale, e quindi, poiché l'Apostolo suppone che
tutti i fedeli abbiano carismi (v. 7), si può ancora
allontanare i fedeli dalla fede e trascinarli all'er-
supporre che tutti abbiano anche un ministero da rore.
adempire. Alcuni però restringono le parole del- 15. Seguendo la verità. Nel greco vi è il parti-
l'Apostolo ai soli ministri sacri propriamente detti. cipio presente dXT\eeiJovrE<; Il.verbo dAr^Beveiv
Il lodevole adempimento dei proprii doveri è ordi- non o confessare la verità, ma
significa solo dire
nato aWediflcazione del corpo mistico di Cristo, praticarla, amarla, ecc. Questa verità non è altro
cioè a far avanzare la Chiesa nella via della perfe- che l'insegnamento della fede. Noi dobbiamo
zione, e a sempre piij dilatare fé sue conquiste. quindi essere fermi nell'aderire alle verità della
13. Sino a tanto. Il greco fxèXpi non indica pro- fede e nel praticarle ma la nostra fede e le nostre
;

priamente il tempo, ma piuttosto il fine ultimo a opere devono essere vivificate dalla carità, ossi»
cui tendono tutti i carismi, di cui si è parlato. Essi dal vero amore di Dio. A questa condizione noi
sono destinati a produrre l'unità della fede e della andiamo crescendo per ogni parte, cioè in tutto
conoscenza soprannaturale (gr. imyvóìaEmq) del il nostro essere, nella perfezione cristiana, ossia
Figliuolo di Dio, acciò non siamo portati qua e là nell'unione (in lui) con Gesù Cristo. Nel greco
da ogni vento di dottrina, ecc. (v. 14). Questo però invece di in lui, si ha et^ amóv = a lui, verso di
non è Assieme all'unità di fede e
tutto. di dottrina lui, ossia andiamo crescendo verso di lui avvici-

i fedeli devono tendere ad acquistare nella vita nandoci quanto è possibile. Intanto quindi noi rag-
cristiana lo stato dell'uomo perfetto, cioè adulto, in giungeremo la perfezione in quanto diventeremo
opposizione allo stato di fanciulli (v. 14). L'ideale simili sotto tutti gli aspetti a Gesù Cristo, che
e la misura della perfezione a cui devono tendere è il capo del corpo mistico, di cui siamo membri.
è l'età (il greco iiKxyiiaq tradotto età, potrebbe me- 16. Questo versetto è assai complicato e nel
glio tradursi per statura (Cf. Lue. XIX, 3; Giov. particolari presenta varie difficoltà di interpreta-
IX, 21), ossia la statura della pienezza di Cristo. zione. Da cui, ossia da Gesù Cristo capo, come da
La pienezza di Cristo non è altro che il complesso fonte e da causa principale. Tutto il corpo mistico
di tutte le sue perfezioni (Cf. Ili, 19). I fedeli de- che è la Chiesa. Il verbo con cui questo soggetto
vono quindi sforzarsi di avvicinarsi quanto più è deve essere unito è prende l'aumento. L'Apostolo
loro possibile alla perfezione di Cristo loro capo, però aggiunge prima al soggetto una lunga propo'
praticando tutte quelle virtù, di cui Egli ha dato sizione incidente, che potrebbe mettersi tra pa-
sì splendidi esempi. ,Tale ci sembra la migliore rentesi Compaginato (gr. owapjioXoYoviiue'N ov =
spiegazione di questi due versetti, come quella che convenientemente adattato) e connesso (greco
più di ogni altra risponde al contesto (Ved. Prat, <n)nPipa?ójievov= solidamente collegato). La Chiesa
U Th. de St-P., t. Il, p. 415). è un corpo mistico, che ha diversità di membri
14. Spiega meglio quale sia la robustezza e la collegati però strettamente e armonicamente tri
Efesini, IV, 17-21 280

*'Hoc igitur dico, et testiflcor in Dòmino, "Questo adunque io dico, e vi scongiuro


ut iam non ambulétis, sicut et Gentes àm- nel Signore che non camminiate piti, come
buiant in vanitàte sensus sui, "Ténebris ob- camminano le nazioni, nella vanità dei loro
scuràtum habéntes intelléctum, alienati a vita pensamenti, ^*le quali hanno l'intelletto ot-
Dei per ignoràntiam, quae est in illis, prop- tenebrato, sono aliene dal vivere secondo Dio
ter caecitàtem cordis ipsórum, "Qui despe- per l'ignoranza che è in loro a causa del-
ràntes, semetipsos tradidérunt impudicitiae, l'accecamento del loro cuore, "le quali
in openatiónem immunditiae omnis in ava- prive di speranza si sono abbandonate alla
rìtiam. impurità per commettere a gara qualunque
infamità.
'"Vos autem non ita didicistis Christum, ^°Ma voi non così avete imparato Cristo,
'Si tamen illiim audistis, et in ipso edócti ^'se pure lo*avete ascoltato, e in lui siete

.*' Rom. I. 21.

loro. Per via dì tutte le giunture di comunicazione. per cui si approva ciò che è bene e si condanna
Questo passo è assai difficile. Il greco àcpn^ può ciò che è male (Ved. Prat, La Th. de St-P., t. II,
significare non solo giuntura, ma anche contatto, pag. 72; M. B., t. IV, pag. 582). Ora i pagani
e èjtiXopnYiaq, più che comunicazione significa avevano perduto il retto giudizio delle cose, e
assistenza, approvigionamento, sovvenzione. Per quindi giustamente l'Apostolo parla della vanità
queste giunture o contatti di assistenza alcuni In- dei loro pensamenti (Ved. n. Rom. I, 21).
tendono le varie grazie che Cristo comunica ai fe- 18. Ottenebrato da ogni sorta di errori. La mente
deli. Ad esse sarebbe dovuto il crescere dei mem- dei cristiani invece illuminata dalla luce della
è
bri. Altri invece con più ragione preferiscono in- verità (Cf. I, I pagani sono alieni dal vivere
18).
tendere i variì ministeri destinati a collegare i secondo i precetti di Dio, o meglio sono alieni da
fedeli tra loro e con Cristo (Coloss. II, 19). In quella vita spirituale della grazia, che è un dono
generale l'Apostolo vuol dire che come le varie di Dio, a cagione della colpevole ignoranza della
membra di un corpo non possono crescere se non verità in cui si trovano. Questa ignoranza è una
sono collegate tra loro e col centro della vita, così conseguenza dell'induramento del loro cuore, ossia
affinchè i fedeli possano crescere nella perfezione della perversità della loro volontà (Ved. n. Rom,
è necessario che siano collegati tra loro, e col I, 20 e ss.).
centro della vita spirituale che è Cristo (Ved. Prat,
19. Prive di speranze. La lezione della Volgata
La Th. de S. P., t. II, pag. 417). Secondo un'ope-
razione, ecc. Questa assistenza è regolata in modo
ànt\\mìióxeq si trova pure nei codici E FG, ecc., D
ma è preferibile la lezione àTir\\-(r\xóveq = privi
conforme alla diversa attività che Gesù Cristo ha
di ogni senso, che si trova in tutti gli altri migliori
dato a ciascun membro. È forse meglio però unire
codici. Essendo i pagani divenuti insensibili ad
queste parole al verbo prende l'aumento in modo
ogni rimorso e ad ogni senso di pudore e di
da ottenere questo senso l'aumento si fa per
:
onestà, si abbandonarono quali schiavi all'impurità
ciascun membro nella misura che gli conviene. I
(àaèXyeia). Per commettere a gara o con insazia-
migliori codici greci invece di jiéXotx; = membro,
bile ardore qualunque infamità. Tale è il senso
hanno ^épou<; = parte. La lezione della Volgata si
del greco; e la verità di questa affermazione è
trova però nei codici A C, ecc., nelfa versione
pienamente giustificata (Cf. Rom. I, 18-52; I Cor.
siriaca e presso S. Giov. Cris. In tutte e due le
VI, 1 1 ; Lagrange, Etudes sur les Religions sémi-
lezioni il senso resta invariato. Prende l'aumento.
tiques, ed. 1905, pag. 241 e ss.). La Volgata però
Il corpo mistico, che è la Chiesa, ben compagi-
ha tradotto diversamente si sono abbandonate al-:
nato e connesso assieme prende aumento dal suo
l'impudicizia, a commettere ogni sorta di impurità,
capo, che è Cristo, e come un organismo vivente
all'avarizia, cioè a un ardore insaziabile di ric-
si edifica nella carità, che è propriamente il vincolo
chezze. La Scrittura unisce spesso assieme questi
che stringe i fedeli tra loro e con Gesù Cristo
due grandi vizi dei pagani, l'impurità e l'avarizia
(III, 17).
(V, 3, 5; I Cor. V, 11 ; Coloss. V, ecc.).
17. All'esortazione generale sull'unità della fede
20. Nei vv. 20-24 mostra che si deve svestire
S. Paolo ne aggiunge ora parecchie altre (IV, 17-
l'uomo vecchio e indossare il nuovo. Ma voi cri-
V, 20) senza però che tra esse vi sia un nesso
stiani non così, ossia non per vivere così come i
logico. Questo adunque, ecc. Riferendosi ai vv. 1-3
pagani avete imparato Cristo. Quest'ultima espres-
in cui aveva scongiurato gli Efesini a vivere in
sione, analoga a ricevere Cristo (Coloss. II, 6), è
modo degno della loro vocazione, passa a mo-
assai significativa. Gesù Cristo è l'oggetto stesso
strare in particolare ciò che devono evitare e ciò
della sua dottrina, la quale comprende i misteri
I che devono praticare. Dapprima non devono più
in Lui compiuti, le azioni da Lui fatte, gli inse-
vivere come i pagani (17-19). Vi scongiuro nel
ì
gnamenti da Lui dati. Si impara quindi Cristo,
I Signore, ossia per Gesù Cristo, o meglio in quanto
quando si impara la sua dottrina, e gli Apostoli
sono unito a Gesù Cristo, che non camminiate più,
predicavano Cristo quando predicavano la sua dot-
ossia non viviate più ora che avete abbracciata la
trina (I Cor. I, 23; II Cor. I, 19; Gal. I, 16).
fede, come vivono le nazioni, cioè i pagani. Alcuni
codici greci aggiungono le altre, ma i migliori
:
21. Se pure, ecc., restrizione analoga a quella
j

ì testi concordano colla Volgata. Dei loro pensa- del cap. III, 2 (Ved. n. ivi). Il greco eire potrebbe
menti. Il greco voóq significa non solo la mente, tradursi con poiché lo avete, ecc. In lui, ossia
ma il modo di pensare e di giudicare delle cose tenendovi a lui strettamente uniti, o anche alla sus

19 — Sacra Bibbia, voi. li.


290 Efesini, IV, 22-28

estis, sìcut est véritas in lesu. "Depónere stati ammaestrati, come in Gesù è verità t
vos secùndum pristinam conversatiónem vé- ^^che voi riguardo alla vita passata vi spo
terem hominem, qui corrùmpitur secùndum gliate dell'uomo vecchio, il quale per le pas-
desidéria erróris. ^^Renovàmini autem spi- sioni ingannatrici si corrompe. ^'E vi rin-
ritu mentis vestrae, ^*Et indùite novum ho- novelliate nello spirito della vostra mente,
minem, qui secùndum Deum creàtus est in ^*e vi rivestiate dell'uomo nuovo, creato
iustitìa, et sanctitàte veritàtis. secondo Dio nella giustizia e nella vera san-
tità.

. ^^Propter quod deponéntes mendàcium, ^*Per la qual cosa rigettata la menzogna,


loquimini veritàtem unusquisque cum pró- parli ciascuno al suo prossimo secondo la
ximo suo : quóniam sumus invicem membra. verità poiché siamo membri gli uni degli
:

^•^Irascimini, et nolite peccare sol non : altri. ^^Se vi adirate, guardatevi dal pec-
óccidat super iracùndiam vestram. ''^Nolite care non tramonti il sole sopra l'ira vostra.
:

locum dare diàbolo :* **Qui furabàtur, iam ^^Non date luogo al diavolo ^*colui che :

22 Col. Ili, 8. 23 Rom. VI, 4. 2* Col. Ili, 12. 25 I petr. II, 1; Zach. VIII, 16. =6 pg. jy, 5.
2^ Jac. IV, 7.

scuola, siete stati ammaestraiti. Come in Gesù è sinonime, e significano in generale la virtù- L'A-
verità, ossia conformemente alla vera dottrina da postolo aggiunge vera per opposizione alla santità
Lui predicata. Agli errori del paganesimo l'Apo- fallace e apparente. Alcuni però preferiscono tra-
stolo oppone la verità essenziale, Gesù Crisito. durre diversamente : nella giustizia e nella santità
che sono effetto deKa verità evangelica portata al
22. Le verità in cui gli Efesini furono ammae-
strati vengono espresse in tre proposizioni, cia-
mondo da Gesù Cristo.
scuna delle quali comincia con un verbo (nel greco 25. Nei vv. IV, 25-V, 20, l'Apostolo presenta
all'infinito) che vi spogliate, che vi rinnovelliate,
: sotto forma di brevi antitesi alcune esortazioni
che vi rivestiate (vv. 22-24). Spogliate come pure particolari destinate a far meglio comprendere in
rivestiate sono metafore tratte dal vestito. Ri- che consista la nuova vita che devono condurre i
guardo alla vita passata, ossia per ciò che si cristiani. Per la qual cosa, ossia poiché avete
riferisce alla vita da voi trascorsa prima di rice- vestito l'uomo" nuovo creato nella giustizia e nella
vere il Battesimo, voi siete stati ammaestrati a santità, deposta o rigettata la menzogna, ecc.
cambiarla totalmente, spogliandovi dell'uomo vec- Benché nel Battesimo il cristiano si sia spogliato
chio (Ved. n. Rom. Vfl, 6 e ss.), cioè dell'uomo dell'uomo vecchio, tuttavia in lui rimane ancora la
schiavo delle concupiscenze e contaminato dal concupiscenza, ed egli deve vegliare e sforzarsi
peccato. L'uomo vecchio per il fatto stesso che di non seguire 4e inclinazioni perverse della sua
segue le sue passioni ingannatrici e fallaci, si cor- natura, ma di praticare la virtù. L'Apostolo rac-
rompe sempre più col cadere in maggiori peccati comanda quindi dapprima la sincerità così neces-
e coll'avvicinarsi così all'estrema rovina. saria nei rapporti col prossimo. Siamo membri
Ecco la parte positiva dello stesso corpo mistico, che ha per capo Gesù
23. Rinnovelliate, ecc.
deve operare nei cri- Cristo, e quindi lungi dall'ingannarcì dobbiamo
della trasformazione che si
aiutarci scambievolmente.
stiani. Devono rinnovarsi nello spirito della jnente
,gr. T$ jiveuiaati tou voó<;). Lo spirito (:Tve{5na) è 26 27. Se vi adirate guardatevi dal peccare.
il principio che nei cristiani anima e dirige tutte Queste parole appartengono al salmo IV, 5, citato
le loro azioni. Mente (yoviq) ha qui probabilmente secondo i LXX. Tutta la forza dell'imperativo, che
come al v. 17 il senso di pensamento. Rinnovarsi vi è in questa frase nel testo greco e latino, non
nello spirito della mente vuol dire quindi met- si riferisce che al secondo verbo guardatevi, ecc.,
tersi totalmente sotto l'influenza di questo principio per modo che le parole del salmista hanno questo
soprannaturale e lasciarsi dirigere da esso nel senso Se vi avviene di essere sorpresi dall'ira,
:

modo di giudicare e di apprezzare le cose (Ved. guardatevi dal peccare cedendo alle sue sugge-
I Cor. VI, 17; II Cor. lì, 15; li Tim. I, 1). stioni. Alcuni però pensano che l'Apostolo voglia
dire Adiratevi sì, poiché possono darsi occasioni
24. Non basta spogliarsi dell'uomo vecchio, ma
:

in cui una santa ira sia un dovere, ma non lascia-


è necessario rivestirsi dell'uomo nuovo, ossia di
tevi trascinare al peccato (Ved. Fillion, h. La
Pesù Cristo (Rom. XIIì, 14; Gal. III, 14). L'uomo
1.).

prima spiegazione è migliore, e corrisponde meglio


nuovo è l'uomo rigenerato e trasformato dalla
grazia, nel quale non dominano più il peccato e la
al contesto. Non tramonti, ecc., ossia frenate su-
bito la vostra ira, non conservate rancore. Non
concupiscenza. Creato secondo Dio. La giustifica-
date luogo, ecc., ossia non aprite la porta del
zione dell'uomo peccatore può essere chiamata una
vostro cuore al demonio. L'ira fconservata nel
nuova creazione, e l'uomo giustificato una nuova
creatura (II Cor. V, 17; Gal. VI, 15, ecc.). A cuore dà occasione al demonio di eccitarci all'odio,
alla vendetta e a mille altri peccati.
quella guisa inoltre che nella prima creazione
l'uomo fu fatto ad immagine di Dio (Gen. I, 27), 28. Colui che prima di convertirsi rubava,
così nella giustificazióne egli viene in modo molto adesso che è cristiano non rubi più. Ma anzi la-
più perfetto creato secondo Dio, cioè ad immagine vori, ecc. Il furto spesso è dovuto alla pigrizia
di Dio (Coloss. IH, 10). Il peccato aveva cancel- e alla poca voglia di lavorare, e quindi l'Apostolo
lato dalla fronte dell'uomo l'immagine di Dio, la inculca il lavoro manuale come mezzo di preser-
grazia ve la imprime nuovamente. Nella giustizia vazione. Egli stesso dava ai neofiti l'esempio gua-
e nella santità. Queste due parole sono qui quasi dagnandosi il pane col lavoro delle sue mani
Efesini, IV, 29 — V, 2 291

non furétur magis autem labóret, operando


: rubava, non rubi più ma anzi lavori colle
:

mànibus suis, quod bonura est, ut hàbeat proprie mani a qualche cosa di onesto, di
unde tribuat necessìtàtem pati ènti. modo che abbia da dare a chi patisce neces-
sità.

""Omnìs sermo malus ex ore vestro non ^'Non esca dalla vostra bocca alcun cat-
procédat sed si quis bonus ad aediflcatió-
:
tivo discorso ma tale che sia buono per
:

nem fidei ut det gràtiam audìéntibus. ^°Et l'edificazione della fede, onde dia grazia a
n olite contristare Spiri tum sanctum Dei : in quelli che ascoltano. ^°E non contristate lo
quo signati estis in diem redemptiónis. Spirito Santo di Dio, da cui siete stati se-
^^Omnis amaritùdo, et ira, et indignàtio, et gnati di un sigillo pel giorno della reden-
clamor, et blasphémia tollàtur a vobis cum zione. ^^ Qualunque amarezza, e animosità,

omni malìtia. ^^Estóte autem invicem beni- e ira, e clamore, e maldicenza, sia rimossa
gni, misericórdes, donàntes invicem sicut et da voi con ogni sorta di malvagità. '''Ma
Deus in Christo donàvit vobis. siate benigni gli uni verso gli altri, miseri-
cordiosi, facili a perdonare scambievol-
mente, come anche Dio ha perdonato a voi
per Cristo.

CAPO V.

Imitare Dio nel perdonare, 1-2. — Fuga della disonestà e dell'avarizia, 3-7. —
Devono vivere come si conviene a figli della luce, 8-14. Altre virtù da —
praticare, 15-20. — Matrimonio e doveri reciproci dei coniugi cristiani, 21-33.

*Estóte ergo imitatóres Dei, sicut fìlli cha- ^Siate adunque imitatori di Dio, come fi-
rissimi : *Et ambulate in dilectióne, sicut et gliuoli benamati : ^e camminate neiramore,

" Col. Ili, 13. 3 Joan. XIII, 34 et XV, 12; I Joan. IV, 21.

(Atti, XX, 35; ITess. II, 9; II Tess. III, 8, ecc.). che prorompe al di fuori. Clamore (gr. xpavYn).
Per il fatto stesso che l'Apostolo vieta di rubare, ossia grida violente. Maldicenza (gr. pXac(pT\}iia,
impone ancora l'obbligo di restituire il mal tolto, presa in largo senso da ^Xànrco nuocere e <pnM* par-
poiché chi non restituisce, quando può, persevera lare), che significa danno recato ad alcuno colle
nel peccato di furto ed è sempre ladro. Di modo parole (Cf. I Cor. IV, 13; X, 30, ecc.).
che abbia, non solo di che provvedere alle proprie 32. Benigni, ossia condiscendenti, piacevoli, fa-
necessità, ma anche a quelle di coloro che si tro- cili a perdonarvi scambievolmente le ingiurie ri-
vano nell'indigenza. cevute (Cf. Matt. VI, 12; XVIII, 21; Lue. XI,
29-30. Quali debbano essere le conversazioni 4, ecc.). Il motivo che deve indurvi a perdonare
dei cristiani. Discorso cattivo {^ófoq aanpóq), cioè è l'esempio datovi da Dio. Egli vi ha concesso per
discorso osceno, immorale. La frase del testo i meriti di Gesù Cristo il perdono dei vostri pec-
latino : si quis bonus è elittica e deve intendersi cati (Cf. II Cor. V, 9 e Coloss. II, 13 ; III, 13).
se qualche discorso esce dalla vostra bocca, sia
buono, cioè tale che possa edificare il prossimo.
Della fede. Tutti i migliori codici greci e la mag-
CAPO V.
gior parte delle versioni hanno ^nc, Xpei'aq = della
necessità, ossia per l'edificazione di quelli che ne 1-2. I due primi
versetti di questo capo sono
hanno bisogno, oppure per l'edificazione, a se- intimamente legati colla fine del capo precedente,
conda che richiede la necessità. Onde dia grazia,
dal quale per conseguenza non dovrebbero essere
ossia affinchè rechi utilità a quelli che ascoltano.
separati. Poiché Dio vi ha perdonati ì vostri pec-
Non contristate con discorsi o con azioni indecenti cati, siate dunque imitatori di Dio (Cf. Matt. VI,
lo Spirito Santo. Si contrista lo Spirito Santo,
45, 48), come si conviene a figliuoli ben amati.
quando si commettono peccati, e lo si caccia dal Dio è vostro Padre, voi siete i suoi figli adottivi,
cuore che è il suo tempio. Da cui siete stati se- e quindi dovete perdonare come Egli perdona.
gnati di un Ved. n. I, 13, 14. Pel giorno
sigillo.
Camminate nell'amore. La deve animare e
carità
della redenzione, cioè per il giorno dell'universale
governare tutta la vostra vita. Come anche Cristo.
giudizio, quando sarà completa interamente l'u-
All'esempio del Padre celeste aggiunge quello da-
mana redenzione. Il segno impresso dallo Spirito toci da Gesù Cristo. Ha amato noi di un amore
Santo, ossia il carattere, è indelebile e da esso sommo (Gal. II, 20), e per la nostra redenzione
saremo riconosciuti nel giorno del giudizio. ha dato sé stesso alla morte (Cf. Rom. Vili, 32),
31. Amarezza che induce a credersi offeso dal quale oblazione (gr. ^rpoccpopàv = sacrifizio volon-
prossimo e a nutrire verso di lui sentimenti di tario preso in generale) e ostia (gr. euoi'av qui come
odio e di avversione. Animosità (gr. Gùfioq), ossia altrove, Ebr. X, 5, significa un sacrifizio cruento).
•degno interno dell'anima. Ira (gr. óprn), ossia ira L'Apostolo allude probabilmente al salmo XXX, 7
292 Efesini, V, 3-8

Christus diléxìt nos, et tradìdit semetipsura conforme anche Cristo ha amato noi, e ha
prò nobis oblatìónem, et hóstiam Deo in dato per noi sé stesso a Dìo oblazione e
odórem suavitàtis. ostia di soave odore.

^Fornicàtio autem, et omnis ìmmunditìa, ^E non si senta neppure nominare tra voi
aut avaritia nec nominétur in vobis, sicut de- fornicazione, o qualsisia impurità, o ava-
cet sanctos *Aut turpitùdo, aut stultiló-
: rizia, come conviene ai santi
si *nè osce- :

quium, aut scurrìlitas, quae ad rem non nità, né sciocchi discorsi, o buifonerie, che
pértinet sed magis gratiàrum àctio. 'Hoc
: sono cose indecenti ma piuttosto il rendi-
:

enim scitóte intelligéntes quod omnis for- : mento di grazie. 'Poiché sappiatelo bene,
nicàtor, aut immùndus, aut avàrus, quod est nessun fornicatore, o impudico, o avaro, che
idolórum sérvitus, non habet hereditàtem in vuol dire idolatra, sarà erede nel regno
regno Christi, et Dei. di Cristo e di Dio.

"Nemo vos sedùcat inànibus verbis : pro- 'Niuno vi seduca con vane parole peroc- :

pter haec enim venit ira Dei in filios diffi- ché per tali cose viene l'ira di Dio sopra i
déntiae. ^Nolite ergo éfflci participes eórum. figliuoli ribelli. ^Non vogliate adunque aver
società con essi.
"Eràtis enim aliquàndo ténebrae nunc : ^Infatti una volta eravate tenebre : ma
autem lux in Dòmino. Ut filii lucis ambu- adesso luce nel Signore. Camminate da fì-

» Col. Ili, 5. 6 Matth. XXIV, 4; Marc. XIII, 5; Lue. XXI, 8; II Thes. II, 3.

che egli stesso cita esplicitamente nella lettera agli è preferibile la variante oq che lo restringe all'ul-
Ebrei, X, 5 (Ved. n. ivi). Cf. Prat, La Théol. de timo nome. L'avaro viene quindi considerato come
St-P., t. II, p. 271. Di odore soave. Quest'espres- un idolatra, il quale presta il suo culto e serve
sione tolta dall'Antico Testamento (Gen. VIII, 21 ; al denaro (Cf. Matt. VI, 24; Coloss. III, 5). Sarà
Lev. I, 9, 13, 17, ecc.), dove si parla di vittime erede, ecc. Poiché niuno di costoro serve a Dio,
bruciate in sacrifizio, indica semplicemente che il niuno potrà aver parte all'eredità di Dio, cioè sarà
sacrifizio di Gesù fu accetto e gradito a Dio. Al- ammesso nel regno dei cieli. Nel greco davanti a
cuni codici greci invece di ha amato noi, hanno : Dio (0eou) manca l'articolo, per modo che alcuni
ha amato voi. traducono di Cristo che è Dio (Ved. Van Steen-
:

Nei vv. 3-7 inculca la fuga della disonestà


3. kiste, h. 1. ), e trovano in queste parole un argo-
e dell'avarizia, che erano due grandi vizi dei
i
mento in favore della divinità di Gesù Cristo.
pagani (IV, 19; Coloss. Ili, 5-7). Non si senta L'argomento però non è apodittico, poiché il nome
tra voi nominare, e quindi a più forte ragione non Dio (Qeóc) non esige necessariamente l'articolo,
si devono commettere tali peccati. Fornicazione anzi tainitissiroe volte si trova senza di esso (Rom.
(Ved. n. I Cor. VI, 9). Impurità JgT. dxaeapom XV, 8; I Cor. VI, 9, 10, ecc.); e quindi la frase
= immondezza), termine generale che comprende può benissimo essere tradotta di Cristo e di Dio,
ogni sorta di peccati carnali. Avarizia (gr. ^iXeove* come infatti traducono la maggior parte degli
^m) (Ved. n. I Cor. V, 11). Ai santi, cioè ai esegeti.
cristiani che per il Battesimo sono divenuti mem- 6. Niuno vi seduca, ecc. Ad Efeso, come a
bri di Gesù Cristo. Corinto (I Cor. VI, 12) vi erano probabilmente
4.Oscenità, ossia parole oscene, discorsi scioc- alcuni, quali, abusando della libertà evangelica,
i

chi, a meglio troppo


liberi, nei quali senza alcun andavano dicendo che i peccati carnali non erano
riguardo si trattano le materie più delicate in fatto così gravi come si pensava (Ved. n. T Cor. VI, 9
di onestà. Buffonerie o scurrilità, nelle quali si e ss.). L'Apostolo mette in guardia ì fedeli contro
scherza e si ride sulle stesse materie. Che sono questi predicatori di false libertà. Per tali cose,
cose indecenti per un cristiano (Ved. v. 3). Ma cioè per tali peccati viene (SpXerat), ossia verrà,
piuttosto sulla vostra bocca risuoni il rendimento certamente al giorno del giudizio l'ira di Dio,
di grazie, cioè la lode a Dio per i benefizi rice- sopra i figliuoli ribelli (Ved. n. II, 2) e disobbe-
vuti. I pagani abusano della loro lingua per offen- dienti alla legge di Dio.
dere Dio, i cristiani devono servirsene per lodarlo. 7. Non vogliate aver società con essi nel male
5. Sappiatelo bene. La lezione tote YivóoxovTeq, affine di non avere poi parte alla pena.
adottata dalla Volgata è pure quella dei mi- 8. Aggiunge nuovi motivi che devono allontanare
gliori codici greci e va preferita alla lezione ?ore... i fedeli da tali peccati. Una volta eravate tenebre,
= voi sapete, che si trova inpiù alcuni codici quando paganesimo l'ignoranza e il peccato vi
nel
recenti. La frase, sia nella Volgata che nel greco, tenevano schiavi, ma adesso la vostra mente è
contiene un idiotismo ordinato a dar maggior forza illuminata dalla fede, il vostro cuore, già contami-
al verbo. Fornicatore, impudico, avaro, tre concreti nato, è stato purificato dalla grazia, e voi nel Si-
degli astratti ricordati al versetto 3. Che vuol dire gnore, cioè in forza deilk vostra unione con
idolatra. La lezione seguita dalla Volgata ò èonv Gesù Cristo, che è la stessa luce (Giov. I, 4, 5,
eìòooXoXoTpeia si trova in pochissimi codici. La 9), siete diventati non solo luminosi, ma luce splen-
miglior lezione greca è quella dei codici B h?, ecc., dente per i raggi che da Cristo si riflettono sopra
5 (vel óq) èotiv eìòcoXoXàrpiii; = che significa ido- di voi (Cf. Rom. II, 19; XIII, 12; I Tess. V, 4
latra. Se si adotta la lezione 5 allora 11 pronome e ss.). Figliuoli della luce, ebraismo simile ti
che deve riferirsi a tutti i tre nomi precedenti, ma cap. II, 3. Coloro che sono divenuti luce devono
Efesini, V, 9-16 293

late : 'Fructus enim lucis est in omni bo- giuoli della luce "poiché il frutto della
:

nitàte, et iustitia, et ventate ^"Probàntes : luce consiste in ogni specie di bontà, nella
quid sit beneplàcitum Deo ^^Et nolite com- : giustizia, e nella verità ^"esaminando voi:

municàre opéribus infructuósis tenebràrum, quello che sia accetto al Signore "e non :

magis autem redarguite. "Quae enim in oc- vogliate aver parte alle opere infruttuose
culto ab ipsis, turpe est et dìcere.
fiunt delle tenebre, che anzi riprendetele. ^^Per-
"Omnia autem, quae arguùntur, a lùmine chè le cose che da coloro si fanno di na-
manifestàntur omne enim quod manife-
: scosto, sono obbrobriose anche a dirsi. "Ma
stàtur, lumen
"Propter quod dicit
est. : tutto ciò che è riprovato, è messo in chiaro
Surge qui dormis, et exùrge a mórtuis, et dalla, poiché tutto quello che mani-
luce :

illuminàbit te Christus. festa cose)


è luce. ^*Per la qual cosa
(le
dice Levati su tu che dormi, e risuscita
:

da morte, e Cristo ti illuminerà.


"Vidéte itaque fratres, quómodo caute am- ^^ Badate dunque, o fratelli, di camminare
bulétis non quasi insipiéntes, ^^Sed ut sa-
:
cautamente non da stolti,: "ma da sa-

" Col. IV, 5. " Rom. XII, 2; I Thess. IV, 3.

TÌvere in modo conveniente alla luce, ossia, devono cioè in tutta la loro turpitudine a causa della luce
seguire Gesù Cristo imitando i suoi esempi (Cf. che da voi si diffonde, per modo che i loro autori
Giov. Vili, 11). ne proveranno orrore, e si sentiranno spinti a con-
9. 7/ frutto della luce. Questa lezione della Vol-
vertirsi. Tutto quelloche manifesta, ossia fa cono-
scere una cosa, e nel caso presente fa conoscere
gata è pure quella dei migliori codici greci, e la
la perversità delle azioni dei pagani, è luce. Il
lezione ; il frutto dello spirito, che si trova in
qualche codice e in qualche versione, va conside- greco rò (pavepov>|ievov è più probabile che qui
rata come una correzione o una glossa tratta da
abbia un senso passivo : Tutto quello che è mani-
festato, ossia tutto ciò che per la luce ricevuta
Gal. V, 22. Tutto il versetto costituisce una pa-
rentesi. Consiste in ogni specie, ecc. Coloro che
non è più circondato da tenebre, ma apparisce
nella sua vera natura, cessa di essere tenebre e
sono diventati luce, non solo devono escludere da
a sua volta diventa luce. Il peccatore illuminato
«è ogni tenebra di peccato, ma devono ancora
dagli esempi e dalle massime dei santi, diviene
risplendere per ogni sorta di opere buone. L'Apo-
bontà ancor egli santo.
stolo accenna a tre opere principali la :

opposta all'ira (Cf. IV, 31), la giustizia opposta 14. Per la qual cosa. Per provare l'utilità di
all'avarizia (Ved. n. 3), la verità opposta alla men- questa riprensione, l'Apostolo cita assai libera-
zogna (Cf. IV, 25). mente e fondendoli assieme, due passi di Isaia
10. Esaminando, va connesso col verbo cammi- (LX, 1 XXVI, 19). Sorgi tu che dormi nel sonno
;

del peccato, ridestati dalla morte della colpa, ossia


nate (v. 8). La regola che devono seguire i cri-
fa uno sforzo per uscire dallo stato miserabile in
stianiè questa cercare con cura quali siano le
:

cui ti trovi, e Cristo ti illuminerà, ossia farà ri-


opere accette a Dio, e attenersi unicamente ad
esse (Cf. Rom. XIII, 2). Per essi, che sono luce, splendere sopra di te la luce defila sua grazia, e
non è difficile questo compito. tu non sarai più tenebre, ma luce nel Signore. Il
profeta si rivolgeva a Gerusalemme peccatrice, e
11. Non
vogliate aver parte, facendole ancora
diceva : « Sprgi, ricevi la luce, o Gerusalemme,
oi, opere delle tenebre (Ved. n. Rom. XIII,
alle
perchè la tua luce è venuta » (LX, 1), alludendo
12). Queste opere sono dette infruttuose, perchè
manifestamente al Messia liberatore, e similmente
non producono alcun vantaggio per la vita eterna,
al cap. XXVI, 19, diceva agli Israeliti peccatori :
anzi conducono all'eterna dannazione (Rom. VI,
a Svegliatevi e cantate inni di lode voi che abitate
21). Non solo i cristiani non devono aver parte
nella polvere ». L'Apostolo con leggiere mutazioni
alle opere infruttuose delle tenebre, ossia ai pec-
applica ai pagani e ai peccatori in generale ciò ch«
cati dei Gentili, ma devono riprendere questi pec- il profeta aveva detto degli Israeliti. Alcuni pen-
cati, ossia secondo la forza del greco (éXéyXsTe)
sano che S. Paolo citi qui un passo di qualche
manifestarli e biasimarli. Devono cioè all'occasione
inno, o alcune parole della liturgia battesimale
data far conoscere al peccatore, sia coi loro esempi
(Cf. Lemonnyer, h. 1.). Ma la formola dice senza
e sia colle loro parole, ecc., la turpitudine del suo
alcuna aggiunta non è usata dall'Apostolo che per
peccato e così convertirlo.
introdurre una citazione di Scrittura (Ved. Prat,
12. Dàragione di questa prescrizione. Le
la La Théol. de St-P., t. I, p. 40).
cose che fanno dai pagani di nascosto, o meglio
si
15-16. Badate dunque. I migliori codici (B
in segreto, sono obbrobriose anche a dirsi. Quale
Kf hanno PAéneia oùv dxptpSq
ecc.) badate =
obbrobrio sarebbe quindi per un cristiano il pren-
dunque diligentemente come camminiate. Il senso
dervi parte colle opere! L'Apostolo allude a certe
non muta. Fratelli manca nel greco. L'Apostolo
feste notturne e a certi misteri, che si celebravano
vuol dire Badate dunque seriamente quale sia
:
dai pagani con oscenità senza nome.
la vita che voi conducete in mezzo dei pagani, che
13. Spiega le ultime parole del v. 11, ripren- cioè non sia una vita da stolti, come è quella che
detele. Le abbominazioni dei pagani una volta ri- essi conducono, ma sia una vita da sapienti (coqjoi)
provate dalla vostra condotta e dalle vostre mas- quale si conviene a uomini illuminati dalla divina
•ìme, sono messe in chiaro dalla luce, appariranno sapienza come siete voi. Ricomperando il tempo.
294 Efesini, V, 17-23

piéntes rediméntes tempus, quóniam dies


:
pienti : ricomperando il tempo, perchè I
mali sunt. ^^Pfoptérea nolite fieri impru- giorni sono cattivi. ^^Per questo non siate
déntes sed intelligéntes quae sit volùntas
;
imprudenti ma intelligenti dei voleri di Dio.
:

Dei.
^*Et nolite inebriàri vino, in quo est luxù- "E non vi ubbriacate col vino, nel quale
ria : sed implémini Spiritu sancto, "Lo- è lussuria ma siate ripieni di Spirito Santo,
:

quéntes vobismetipsis in psalmis, et hymnis, ^^parlando tra voi con salmi e inni e can-
et cànticis spirituàlibus, cantàntes, et psal- zoni spirituali cantando e salmeggiando coi
:

léntes in córdibus vestris Dòmino, ^"Gràtias vostri cuori al Signore, ^"rendendo sempre
agéntes semper prò omnibus, in nòmine grazie per ogni cosa a Dio e Padre nel nome
Dòmini nostri lesu Christi Deo et Patri. del Signor nostro Gesù Cristo. ^^ Soggetti gli
"^Subìécti invicem in timóre Christi. uni agli altri nel timore di Cristo.
^^Mulieres viris suis sùbditae sint, sicut ^^Le donne siano soggette ai loro mariti,
Dòmino ^^Quòniam vir caput est mulieris
: : come al Signore ^^poìchè l'uomo è capo
:

sicut Christus caput est Ecclésiae Ipse, sai- : della donna : come Cristo è capo della

22 Gen. Ili, 16; Col. Ili, 18; I Petr. III. 1. 23 I Cor. XI, 3.

ossia cercando e trovando anche a costo di sa- e di noi. Nel nome, ecc., perchè Egli è il nostro
crifizio l'opportunità di fare del bene, perchè i Mediatore, che coi suoi meriti rende accette a Dio
giorni sono cattivi, a motivo dei pericoli e delle le nostre azioni di grazie (Cf. Coloss. Ili, 10).
tentazioni a cui i fedeli si trovano esposti. 21. Nei vv. V, 21-VI, 9, l'Apostolo tratta dei
17. Poiché quindi i giorni sono cattivi e perico- doveri cristiani nella vita domestica. Dopo enun-
losi, non siate imprudenti (S^poveq) nel vostro ziato (v. 21) un principio generale, passa a discor-
operare facendo il male; ma siate intelligenti, e rere succesivamente dei doveri degli sposi cristiani
colle buone opere mostrate che voi sapete bene (V, 22-33), dei doveri tra i genitori e i figli (VI,
quello che Dio vuole che facciate (Ved. n. Rom. 1-4) e dei doveri tra i padroni e gli schiavi (VI,

XII, 2).
5-9) cominciando sempre dal parlar prima degli
inferiori (spose, figli,schiavi) e poi dei superiori
18. Non vi ubbriacate. L'ubbriachezza era
pure (mariti, genitori, padroni). Siate soggetti gli uni
uno dei grandi vizi dei pagani e l'Apostolo ne agli altri, cioè gli inferiori siano sottomessi ai su-
parla spesso nelle sue lettere (Rom. XIII, 13;
periori loro diverso ordine, ma non per
secondo il
I Cor. V, 11 ; VI, 10; Gal. V, 21, ecc.). Nel quale
timore servile schiavi, ma per quel timore
come
è lussuria. Il vino bevuto smoderatamente è un riverenziale che si porta a Gesù Cristo; per cui
incentivo potente della lussuria, ossia secondo il si teme tutto ciò che potrebbe offenderlo^
greco docona, della vita dissoluta (Cf. Prov. XX,
22. Sianosoggette. Nei migliori codici greci
1; XXIII, 31, 33; Ec<:l. XIX, 2; XXXI, 30). Di-
ceva 5. Gerolamo (Ep. ad Oceanum) « Venter mero
mancano queste parole, le quali però vanno sup-
plite dal versetto precedente. Alcuni altri codici
aestuans, cito despumat in libidines. In vino luxu-
greci hanno l'imperativo : siate soggette. Le donne
ria, in luxuria voluptas, in voluptate ìmmunditia
estj>. Ma siate ripieni, ecc. Non riempitevi di vino
devono essere soggette e ubbidire ai loro mariti,
e di piaceri peccaminosi, ma sforzatevi di essere
come sono soggette e ubbidiscono a Gesù Cristo.
Nel marito la moglie deve considerare e amare
ripieni di Spirito (Santo manca nel greco, ma serve
a spiegare bene il senso) e dei suoi doni, e dì
Gesù Cristo, perchè il marito è l'immagine di
Cristo (Ved. I Cor. XI, 3). E da osservare come il
quella letizia, che è frutto della sua presenza nelle
Cristianesimo, pure proclamando l'uguaglianza del-
anime.
l'uomo e della donna sotto l'aspetto religioso
19. Come l'ubbriaco ciarla, garrisce e canta tutto (Gal. 28), proclama ancora il dovere della
Ili,
quel che gli viene in bocca, similmente i cristiani donna stare soggetta al marito. Il Vangelo ha
di
ripieni dello Spirito divino prorompono in salmi, restituito alla donna la sua dignità conculcata dai
in inni ringraziamento a Dio, ecc., che sono
di pagani, ma non l'ha per nulla emancipata da quelle
una conseguenza della santa letizia che inonda il leggi che la natura stessa ha imposte (Ved. I Cor.
loro cuore. Coi vostri cuori. La lode che tributate XI, 3 e ss. Coloss. III, 18; I Pietr. Ili, 1-6, ecc.).
;

a Dio colla vostra bocca deve essere accompagnata 23. Motivo di questa soggezione. L'uomo ha
dalla lode del vostro cuore. Da questo passo si
rispetto alla sua donna la relazione che ha il capo
può dedurre come il canto degli inni sacri fosse al corpo, e Cristo alla Chiesa (Ved. n. I Cor. XI,
molto in uso nella Chiesa primitiva (Cf. I Cor. e quindi non solo le è superiore, ma deve
3),
XIV, 15, 26). ancora governarla, proteggerla e difenderla. Egli,
20. L'azione di grazie a Dio ha una parte impor- si riferisce a Cristo, e non già a l'uomo. Gesù
tantissima nella vita cristiana, e l'Apostolo, il quale Cristo è salvatore del suo corpo, cioè della Chiesa,
non cessa di esaltare la potenza della grazia e della che è il suo corpo mistico (IV, 12). Nei migliori
misericordia di Dio, ,non cessa pure di inculcarla codici greci e latini manca suo, e si legge solo :
ai suoi fedeli. Per ogni cosa, sia prospera che av- salvatore del corpo. È chiaro però che si parla
versa. Tutto viene da Dio, il quale ordina tutte le della Chiesa. Gesù Cristo è non solo capo della
cose al vantaggio dei suoi eletti, e quindi l'anima Chiesa, ma ancora colui che l'ha salvata col suo
veramente cristiana accetta tutto con riconoscenza sangue, e quindi anche il marito deve prestare
dalla sua mano. A Dio^ che è Padre di Gesù Cristo alla moglie tutti quegli aiuti e quei soccorsi che le
Efesini, V, 24-30 295

vàtor córporis eius. ''^Sed sicut Ecclèsia Chiesa ed egli è salvatore del corpo suo.
:

subiécta est Chrìsto, ita et mulìeres viris -^Quindi siccome la Chiesa è soggetta a
suis in omnibus. Cristo, così ancora le donne ai loro mariti
in tutto.

''Viri diligite uxóres vestras, sicut et Chrì- '^Uomini, amate le vostre mogli, come
stus diléxit Ecclésiam, et seipsum tràdidit anche Cristo amò la Chiesa, e diede se
prò ea, '*Ut illam sanctificàret, mundans la- stesso per lei, '^affine di santificarla, mon-
vacro aquae in verbo vitae, '^Ut exhibéret dandola colla lavanda di acqua mediante la
ipse sibi gloriósam Ecclésiam, non habén- parola di vita, ^^per farsi comparire davanti
tem màculam, aut rugam, aut àliquid hu- la Chiesa vestita di gloria, senza macchia e
iùsmodi, sed ut sit sancta et immaculàta. senza grinza, o altra tal cosa ma che sia :

'^Ita et viri debent diligere uxóres suas ut santa ed immacolata. '*Così anche i mariti
córpora sua. Qui suam uxórem diligit, seip- debbono amare le loro mogli come i corpi
sum diligit. ^'Nemo enim umquam carnem proprii. Chi ama la propria moglie ama se
suam odio hàbuit sed nutrit, et fovet eam,
: stesso. ^'Poiché nessuno odiò mai la propria
sicut et Christus Ecclésiam *°Quia membra : carne ma la nutrisce e ne prende cura,
:

sumus córporis eius, de carne eius, et de come fa pure Cristo della Chiesa ^"perchè :

« Col. Ili, 19.

possono essere necessari!. Le relazioni di Dio col la sposa prima delle nozze doveva fare un bagno.
popolo d'Israele (Cant. dei Cant., Salmo XLIV; L'Apostolo allude a quest'uso.
Isaia, LIV, 5; LXI, 2, ecc.; Gerem. Ili, 14; 27. Gesù Cristo ha purificato la Chiesa affine di
XXXI, 32; Os. II, 2-20, ecc.), e di Gesù Cristo farsela comparire davanti come sposa, vestita di
colla Chiesa (Matt. IX, 15; XXV, 1-10; Giov. Ili, gloria (Apoc. XIX, 7-8) e senza macchia, e senza
29; Gal. IV, 21; Apoc. XXI, 2, ecc.) sono spesso grinza e senza altro difetto, ma santa per le virtù,
descritte colla metafora del matrimonio. e immacolata da ognj vizio. Questa santificazione
24. ComeChiesa è soggetta a Cristo e lo ama,
la dellaChiesa è cominciata su questa terra, ma non
lo ubbidisce, ne zela l'onore, ecc., così le donne sarà compiuta e perfetta se non in cielo.
devono essere soggette ai loro mariti in tutto. Sì 28. L'Apostolo fa ora l'applicazione pratica del
osservi che TApostolo parla a cristiani, e suppone Come l'amore di Cristo per la
principii stabiliti.
che il marito rappresenti Cristo (v. 22), e non Chiesa ebbe per scopo la santificazione di essa,
comandi nulla che sia contrario alla legge di Dio. così l'amore dei coniugi deve avere per scopo la
Se infatti comandasse ciò che Dio proibisce, la mutua santificazione, e come Cristo ama la sua
donna non sarebbe tenuta e non dovrebbe ubbidire. Chiesa in quanto essa è il suo corpo mistico, così
i mariti devono amare le loro mogli in quanto con
25. Nei vv. 25-33 l'Apostolo parla direttamente
esse costituiscono un solo corpo, di cui essi sono
delle obbligazioni dei mariti, ementre alle donne
il capo. Tale è il senso delle parole dell'Apostolo,
ha proposto come modello la Chiesa, ai mariti
e non già che i mariti debbano amare le loro
propone come modello Gesù Cristo. Non si pote-
mogli come amano i proprii corpi. Quest'ultimo
vano dare per la vita coniugale regole più pure e
senso è manifestamente escluso dal contesto : Chi
più sublimi di quelle tracciate qui dall'Apostolo,
ama la propria moglie ama se stesso.
le quali fanno assieme vedere quanto sia grande
dignità del matrimonio cristiano, e a quale fine 29. Prova dell'affermazione precedente. La pro-
la
pria carne. Usa questa frase, che è sinonima com
sublime Dio lo abbia
innalzato elevandolo ad es-
il proprio corpo, a motivo delle parole citate al
sere uno del sacramenti. Amate, ecc. uomini, O V. 31. Se i coniugi non formano tra loro che una
l'amore che portate alle vostre donne sia simile
sola carne, è chiaro che il marito deve amare la
all'amore che Gesù portò alla sua Chiesa. Diede
propria moglie. La nutrisce e ne prende cura prov-
se stesso alla morte, come prezzo di redenzione
vedendole il vitto, il vestito, ecc. Come fa pure
per lei (V. n. Rom. IV, 25; Vili, 32; Gal. II, 20).
Cristo, il quale nutre e prende cura della sua
26. Il fine prossimo, che Gesù si propose nel Chiesa, per mezzo della sua grazia e dei suoi
morire per la sua Chiesa, fu di santificarla, ossia sacramenti.
di farla giusta davanti a Dio. Mondandola. Nel 30. Il motivo di tanto amore di Cristo verso la
greco vi è raoristo, e quindi si dovrebbe tradurre Chiesa sta nel fatto che noi, che componiamo la
dopo averla mondata. Le parole colla lavanda di Chiesa, siamo membri del suo corpo mistico (I, 22,
acqua indicano il sacramento del Battesimo (Tit. 23; IV, 12 e ss.; I Cor. VI, 15). Della carne di
Ili, 5). Mediante
la parola che conferisce all'acqua lui, delle ossa di lui. Queste parole mancano nei
la sacramentale. Vi ha qui un'indicazione
virtù codici B X A, ma si leggono nei cod. D E F G K L,
della materia (acqua) e della forma (parola) del nella versione siriaca, ecc., e rispondono assai
Battesimo. Alcuni (Van Steenkiste, ecc.), preferi- bene al contesto. La loro autenticità deve quindi
scono però l'interpretazione di Sant'Agostino, il essere ritenuta. L'Apostolo allude a Gen. II, 24,
quale spiega mediante la parola, cioè mediante
: e vuol dire, che come Eva fu formata dalla costa e
la predicazione del Vangelo. La prima spiegazione dalla carne di Adamo, così noi membri di Cristo
ci sembra tuttavia migliore. Di vita manca nel siamo stati in certo modo formati della sua carne
greco ed è probabilmente una semplice glossa e delle sue ossa, in quanto per meriti di questa
i

della Volgata Presso i Giudei, i Greci e i Romani. carne immolata sulla croce siamo stati santificati.
296 Efesini, V, 31 — VI, 4

óssìbus eius. *^Propter hoc relinquet homo siamo membra del corpo di lui, della carne
patrem, et matrem suam, et adhaerébit uxori di lui, e ossa di lui. '^Per questo
delle
8uae et erunt duo in carne una. '^Sacra-
: l'uomo abbandonerà il padre e la madre sua,
méntum hoc magnum est, ego autem dico e starà unito alla sua moglie e i due sa- :

in Christo et in Ecclèsia. '^Verùmtamen et ranno una carne. '^Questo sacramento è


vos singuli, unusquisque uxórem suam.sicut grande, io però parlo riguardo a Cristo e
seipsum diligat uxor autem timeat virum
: alla Chiesa. ^^Per la qual cosa anche ognuno
suum. di voi ami la propria moglie come se stesso :
la moglie poi rispetti il marito.

CAPO VI.

Doveri tra i figli e i genitori, 1-4. — Doveri tra gli schiavi e i padroni, 5-9. —
L'armatura del cristiano nella lotta, 10-20, — La missione di Tichico, 21-22,
— Saluti finali, 23-24.

Tilii, Dò-
obedite paréntibus vestris in ^Figliuoli, siate ubbidienti ai vostri geni-
mino : hoc enim iustum
^Honóra patrem
est. tori nel Signore perchè ciò è giusto, so-
:

tuum, et matrem tuam, quod est mandàtum nora il padre tuo e la madre tua, che è il
primum in promissióne 'Ut bene sit tibi,
: primo comandamento che ha promessa :

et sis longaevus super terram. *Et vos pa- 'affinchè tu siie viva lungamente
felice,
tres nolite ad iracùndiam provocare filios sopra la terra. *E voi, padri, non provocate

31 Gen. II, 24; Matth. XIX, 5; Marc. X, 7; I Cor. VI, 16. 2 Ex. XX, 12; Deut. V, 16; Eccli,
Ili, 9; Matth. XV, 4; Marc. VII, 10; Col. Ili, 20.

Alcuni (Bisping, ecc.), vedono in queste parole


un'allusione all'Eucaristia (I Cor. X, 17). CAPO VI.
31. Per questo, perchè il marito deve
ossia
prendersi cura della sua moglie come Cristo, della 1. L'Apostolo passa ora a parlare dei doveri
sua Chiesa, l'uomo abbandonerà, ecc. Queste pa- scambievoli tra figli e genitori (1-4). Siate ubbi-
role sono una citazione della Genesi, II, 24, se- dienti. Nell'ubbidienza è incluso l'amore, il ri-
condo i LXX, e sono ordinate a mostrare come spetto, ecc. Nel Signore, cioè in unione con Gestì
l'amore coniugale superi ogni altro amore (V. n. Cristo, in modo che la vostra obbedienza sia so-
Matt. XIX, 5).- prannaturale, e quale si conviene a cristiani (Ved.
n. V, 22). Per il fa/tto che dice nel Signore, l'Apo-
32. Questo (gr. tò nvorT\piov roCro
sacramento
stolo suppone che i genitori non comandino se
= questo grande. Nelle parole citate
mistero) è
non ciò che è conforme alla legge di Dìo (Ved. n.
l'Apostolo oltre al senso letterale riferentesi al
V, 24). Ciò è giusto, ossia conforme ai divini
matrimonio, discopre un senso spirituale alto, su-
comandamenti.
blime e misterioso che egli intende di svelare.
Questo senso spirituale si riferisce a Cristo e alla 2. Onora, ecc. Sono le parole della legge di

Chiesa, cioè alla loro mistica unione. Nella sua Dio (Esod. XX, 12; Deut. V, 16). Questo coman-
incarnazione Cristo lasciò in qualche modo il seno damento è il primo nella serie dei varii coman-
del Padre, discese in terra e abbandonata la Sina- damenti dati da Dio (e l'unico del Decalogo), che
goga si unì colla sua Chiesa in modo così intimo abbia annessa una promessa, il che mostra quanto
da formare con essa un solo corpo. Questa unione Dio abbia a cuore la sua osservanza.
era preannunziata nelle parole citate, le quali mo- 3. Affinchè tu, ecc. Ecco la promessa fatta da
strano per conseguenza che il matrimonio fu desti- Dio (Esod. XX, 12; Deut. V, 16) citata dall'Apo-
nato da Dio a raffigurare l'unione di Cristo colla stolo secondo LXX, ma alquanto abbreviata. Si
i

Chiesa. Con ragione pertanto il Sacro Concilio di osservi però che la vita terrena essendo un bene
Trento dichiarò (Sess. XXIV, de sacram. matr.) subordinato e non assoluto, la promessa divina
che in queste parole S. Paolo (tinnuit*, cioè in- sussiste tuttavìa, anche nei casi in cui i figliuoli
sinua, che il matrimonio è un vero e proprio obbedienti siano rapiti da morte immatura TCf.
sacramento. Sap. IV, 11). La terra. Nel Deuteronomio (loc.
33. Per
la qual cosa a esempio di Cristo che cit.) parla propriamente della Terra promessa,
si

ma sua Chiesa, anche il marito ami la propria


la ma siccome questa era una figura del cielo, la
moglie come se stesso, come quella cioè che è promessa di Dio comprende anche la vita eterna.
una stessa cosa, uno stesso corpo con lui (v. 28). 4. Voi padri. Sì rivolge in modo speciale ai
La moglie poi non solo ami il suo marito, ma lo padri, come a quelli che hanno maggior autorità
ubbidisca ed abbia per lui quel timore riveren- nella famiglia. Non provocate ad ira i vostri fi-
ziale che si deve «'ere verso il proprio capo gliuoli usando con essi una severità eccessiva e
(vv. 21-24). non conforme a ragione (Cf. Coloss. Ili, 21), ma
Efesini, VI, 5-11 297

vestros sed educate illos in disciplina,


: et ad ira i vostri figliuoli : ma educateli nella
correptióne Domìni. disciplina e nelle istruzioni del Signore.

''Servi obedite dóminis carnàlibus cum ti- ^Servi, siate ubbidienti ai padroni carnali
móre et tremóre, in simplicitàte cordis ve- con riverenza e sollecitudine, nella sempli-
stri, sicut Christo 'Non ad óculum ser-
:
cità del vostro cuore, come a Cristo : ®ser-
vìéntes, quasi hominibus placéntes, sed ut vendo non all'occhio, quasi" per piacere agli
servi Christi, faciéntes voluntàtem Dei ex uomini, ma come servi di Cristo, facendo di
ànimo, ^Cum bona voluntàte serviéntes, si- cuore la volontà dì Dio, ^servendo con
cut Domino, et non hominibus 'Sciéntes : amore come pel Signore, non come per gli
quóniam unusquisque quodcùmque fécerìt uomini ^essendo a voi noto come ognuno,
:

bonum, hoc recipiet a Dòmino, sive servus, servo o libero, riceverà dal Signore tutto
sive liber. "Et vos dòmini éadem fàcite illis,- quel che avrà fatto di bene. "E voi, padroni,
remitténtes minas : sciéntes quia et illórum fate altrettanto riguardo ad essi, ponendo
et vester Dóminus est in caelis : et perso- da parte le minaccie non ignorando che il
:

nàrum accéptio non est apud eum. vostro e il loro Padrone è nei cieli e che :

egli non è accettatore di persone.


"De cétero fratres confortàmini in Do- "Del resto, fratelli, fortificatevi nel Si-
mino, et in poténtia virtùtis eius. ^^Indùite gnore e nella virtù potente di lui. "Rivesti-

' Col. Ili, 22; Tit. II, 9; I Petr. II, 18. » Deut. X, 17; II Par. XIX, 7; Job. XXXIV, 19; Sap. VI.
8; Eccli, XXXV, 15; Act. X, 34; Rom. U, II; Col. Ili, 25; I Petr. I, 17.

educateli nella disciplina (gr. èv rcaxòeiq) e nella come se servissero allo stesso Signore Gesù Cristo
istruzione (^a\ vouGeatcf) del Signore, ossia fate e non già agli uomini (v. 5).
valere presso di loro precetti, istruzioni, ammoni- 8. Il premio loro preparato, se saranno fedeli,
zioni e all'uopo anche castighi, affine dì 3ar Foro varrà a incoraggiarli nel bene. Riceverà dal Signore
un'educazione quale è voluta da Gesù Cristo. la dovuta mercede per tutto quello che avrà fatto

5. Tratta ora ìlei vicendevoli doveri tra schiavi di bene (Ved. n. Matt. V, 12; VI, 1, 4; XVI, 27;

e padroni (5-9). La schiavitù costituiva una piaga XXV, 34-36, ecc.).


obbrobriosa nel paganesimo. Ma il Vangelo non Fate altrettanto, ossia siate anche voi ani-
9.
poteva tutto ad un tratto, senza provocare una mati da uno spirito soprannaturale verso i vostri
rivoluzione sociale, proclaimare la libertà degli schiavi, riguardando in essi la persona di Gesù
schiavi. Nell'attesa clie venisse il momento op- Cristo, ponendo da parte, ossia astenendovi dalle
portuno per tale proclamazione, i banditori della minaccie di pene, e trattandoli con dolcezza e non
l)uona novella si adoprarono con tutto il potere con severità. Non ignorando, ecc. Motivo dell'e-
per far scomparire tutti gli abusi di autorità da sortazione precedente. Tutti gli uomini, siano
parte dei padroni, e rendere più tollerabile e meno schiavi o liberi, non hanno che un solo Padrone
infelice la vita degli schiavi. Servi, cioè schiavi. Gesù Cristo, da cui tutti dovremo essere giudicati,
Siate ubbidienti. Anche qui (v. 1) nell'ubbidienza e che nel dare il premio non bada alla qualità di
«ono inclusi tutti i doveri. Ai padroni carnali (gr. liberi o di schiavi, ma solo alle opere che cia-
toìq xatà oàpxa xupi'oiq = ai padroni secondo la scuno avrà fatto. Non è accettatore, ecc. (Ved. o.
carne), cioè a coloro che hanno potestà sopra di Atti, X, 34; Rom. II, 11).
voi quanto al corpo. Con riverenza e sollecitudine
10. Dopo aver dato avvisi particolari relativi ai
(lett. con timore e tremore). La vostra obbedienza
diversi stati (V, 21-VI, 9), l'Apostolo, nell'epilogo
dev'essere conscienziosa, piena di rispetto e
della lettera (VI, 10-24), torna a dar avvisi gene-
pronta, e fatta con cuore sincero (nella sempli-
rali, esortando tutti a combattere da forti contro
cità, ecc.), cioè alieno da quei bassi fini che sono
tutti ì nemici dell'anima. L'epilogo si può dividere
indicati nel versetto seguente. Come a Cristo,
in tre parti : nella prima delle quali (10-20) l'Apo-
ossia come se obbediste a Cristo, riguardando
stolo descrive quale debba essere l'armatura dei
cioè nei vostri padroni l'autorità di Cristo. Anche
cristiani; nella seconda (21-22) parla della mis-
qui è da ripetere l'osservazione fatta al v. 1.
sione di Tichico, e nella terza (23-24) aggiunge i
6. Servendo, ecc. Spiegale parole nella sem- : suoi saluti. Del resto, formola di transizione per
plicitàdel vostro cuore. Servire all'occhio del pa- conchiudere la lettera (Cf. II Cor. XIII, 11; Gal.
drone (gr. xar* 'oqjGaXiuoòouXiav) è un servirlo per VI, 17; Filip. IV, 8; Tess. Ili, 1). Fratelli, manca
puro timore, o per calcolo e interesse affine di nei migliori codici greci. Fortificatevi, ossia cercate
acquistarne la grazia (Coloss. Ili, 22). Così fanno la vostra forza nel Signore e nella potente virtù di
coloro che non cercano se non piacere agli uo- lui (Ved. n. I, 19) e non già in voi stessi. La pra-

mini. L'Apostolo domanda agli schiavi di operare tica della vita cristiana importa combattimento, e
per un motivo più alto. Dapprima come cristiani la prima cosa che si esige in un soldato è la forra,
essi devono considerarsi quali schiavi di Gesù ossia la robustezza.
Cristo, e poi sottomettersi di buon cuore alla vo- 11. L'armatura (gr. t^v ^ravortXtav), ossia il com-
lontà di Dio, che ha permesso che nascessero o plesso di tutte le armi necessarie a un soldato per
cadessero nella schiavitù. difendersi e per assalire. Di Dio, cioè che pro-
7. Di più devono servire ai loro padroni, non viene o vi è data da Dio. Resistere, ossia, secondo
come per forza, ma spontaneamente e di cuore. la forza del greco, star fermi senza cedere un
298 Efesini, VI, 12-16

vos armaturam Dei, ut possitìs stare advér- tevi di tutta l'armatura di Dio, affinchè pos-
sus ìnsidias diàboli. "Quóniam non est no siate resistere alle insidie del diavolo. "Non
bis colluctàtio advérsus carnem et sàngui- abbiamo infatti da lottare contro la carne e
nem sed advérsus principes, et potestàtes,
: ilsangue, ma contro i principi e le potestà,
advérsus mundi rectóres tenebràrum harum, contro i dominanti di questo mondo tene-
centra spirituàlìa nequitiae in caeléstibus. broso, contro gli spiriti maligni dell'aria.
"Proptérea accipite armaturam Dei, ut "Per questo prendete tutta l'armatura di
possìtis resistere in die malo, et in òmnibus Dio, acciò possiate resistere nel giorno cat-
perfécti stare. "State ergo succincti lumbos tivo, e preparati in tutto sostenervi. "State
vestros in veritàte, et indùti loricam iusti- adunque cinti i vostri lombi con la verità,
tiae, ^^Et calceàti pedes in praeparatióne e vestiti della corazza di giustizia, "e cal-
Evangélii pacis "In òmnibus suméntes
: zati i piedi in preparazione al Vangelo di
scutum fìdei, in quo possìtis omnia tela pace : "sopra tutto date di mano allo scudo

palmo di terreno,
contro le insidie (^leOobiaq = relazione che corre tra l'arma e l'interpretazione,
astuzie) il quale
del diavolo, colle sue tentazioni, perchè quest'interpretazione non è sempre la stessa
e servendosi del mondo e della carne ci tende ag- nei passi paralleli (I Tess. V, 8).
guati per trascinarci al male.
14. State dunque pronti
alla battaglia aspettando
12. Necessità di una forte armatura, dedotta il nemico. Siano vostri lombi. L'Apostolo
cinti i

daila forza dei nemici. Non abbiamo da lottare (il allude al cingolo militare, ossia al balteo, specie di
greco jràXii indica una lotta corpo a corpo) contro larga cintura munita di lamine di ferro, destinata
la carne e il sangue (greco il sangue e la carne), a proteggere i reni e i fianchi. Questo cingolo o
cioè contro uomini mortali e deboli, e perciò poco
temibili (I Cor. IX, 25; Gal. I, 16), ma contro
i principi (greco principati) e contro le potestà.
Questi due nomi già usati (I, 21) per indicare due
categorie di angeli buoni, indicano qui due cate-
gorie di spiriti perversi (Cf. Rom. Vili, 38; Co-
Fig. 2g.
Dominatori di questo mondo. Il greco
loss. II, 15).
xoo^oxpàTopaq non è usato in altro luogo del Nuovo Guerriero greco.
Testamento, ma è fuor di dubbio che indica i de- (Antica pittura).
monii, il capo dei quali viene altrove chiamato
principe di questo mondo (Giov. XIV, 30), dio di
questo mondo (II Cor, IV, 4). I demonii poi ven-
gono chiamati con tal nome, perchè il mondo è
il loro campo di azione. Questo mondo poi viene
detto tenebroso, perchè riempito dal peccato di
tenebre intellettuali e morali. Dell'aria, è la tra-
duzione di in caeléstibus = nei cieli. Come già balteo per il soldato cristiano è la verità, vale •
fu osservato (I, 3) questa frase ha sempre una si- dire la rettitudine morale, la fedeltà e la sincerità
gnificazione locale, e qui non può indicare altro (Cf. Is. XI, 5). Vestiti della corazza. La corazza
che il cielo aereo considerato come luogo di abita- (edbpaxo) era un'arma formata di lamine di bronzo,
zione dei demonii (Cf. II, 2, 6; III, 10, ecc.). destinata a proteggere il petto e il dorso. La co-
13. Per questo, cioè essendo così numerosi e razza del cristiano è la giustizia, ossia il complesso
potenti i vostri nemici, prendete tutta Varmalura di tutte le virtii cristiane.
(tt\v^ «avonXi'av. Ved. n. 11), che Dio vi fornisce, 15. Calzati i piedi. Allude ai calzari (caligae)
acciò possiate resistere, ossia star saldi nel giorno militari, destinati a proteggere i piedi e le gambe.
cattivo, cioè nel momento della tentazione e della Per il cristiano i calzari sono l'alacrità, la pron-
lotta. Preparati in tutto sostenervi. Il greco xaì
. tezza (preparazione non corrisponde bene al greco
finavra Kaxepyaaàfxevo^ ortìvai va tradotto e tutto ÉToi|Liaoia) nel difendere e propagare il Vangelo
compiuto restar fermi in piedi. L'Apostolo vuol di pace (Ved. n. Rom. X, 15). Secondo altri (Le-
dire che i fedeli devono armarsi affine di non esser monnyer, Crampon, ecc.), si tratterebbe invece
vinti nel giorno della battaglia, e poter rimanere dell'alacrità, che è frutto del Vangelo, il quale,
dopo il combattimento, fermi e immobili nelle pro- mettendo la pace nelle anime, dona loro la pron-
prie posizioni. tezza e l'ardore per fare il bene.
L'Apostolo passa ora a diescriivere parte a 16. Sopra tatto. Il testo greco è incerto. I codici
parte le varie armi, di cui deve essere rivestito il A D E F G, ecc., hanno èm jraaiv = sopra tutto,
cristiano, pigliando le immagini dai soldati romani, ma codici B K. ecc., e le edizioni critiche (Tisch.,
i

che aveva di continuo sotto gli occhi quando scri- Nest., Wet.-Hor, ecc.), hanno èv namv = in tutto.
veva questa lettera. S. Paolo si trovava allora a Se si accetta la prima lezione, allora si ha questo
Roma prigioniero, e aveva alcuni pretoriani, i senso oltre a tutto quello che si è detto, date
:

quali per turno lo custodivano. Egli parla dap- di piglio, ecc. Se si preferisce invece la seconda
prima delle armi difensive, e poi delle offensive, lezione, si ha : in tutto, ossia in tutte le circo-
ma di queste ultime non ricorda che la spada, forse stanze della lotta, date di piglio, ecc. Lo scudo
perchè nelle battaglie spirituali, più che assalire (gr. eupeóv). L'Apostolo allude al grande scudo
è necessario difendersi. Di ogni arma del soldato oblungo e largo che ricopriva quasi tutta la per-
romano, l'Apostolo dà un'interpretazione spiri- sona. Non lo si deve confondere col clipeo (greco
tuale. Non si deve però insistere troppo sulla dom'q) di forma rotonda e di assai minori dimen-
Efesini, VI, 17-21 299

nequissimi ignea extinguere "Et gàleam : delia fede, col quale possiate estinguere tutti
salùtis assùmite et glàdium spìritus (quod
: gli infuocati dardi del maligno "E pren- :

est verbum Dei) ^^Per omnem oratiónem, dete l'elmo della salute, e la spada dello
et obsecratiónem oràntes omni tèmpore in Spirito (che è la parola di Dio) "con ogni :

spirìtu : et omni in-


in ipso vigilantes in sorta di preghiere e di suppliche orando con-
stàntìa, et obsecratióne prò òmnibus sanc- tinuamente in ispirito e in questo stesso
:

tis "Et prò me, ut detur mìhi sermo in


: vegliando con tutta perseveranza pregando
apertióne oris mei cum fidùcia, notum là- per tutti i santi "e per me, affinchè a me
:

cere mystérium Evangélii ^°Pro quo lega- : data sia la parola, onde aprire con fidanza
tióne fungor in caténa, ita ut in ipso àu- la mia bocca per manifestare il mistero del
deam, prout opórtet me, Icqui. Vangelo ^"del quale sono ambasciatore io
:

alla catena, affinchè con fidanza io ne parli


come si conviene.
**Ut autem et vos scìàtis quae circa me ^^Or affinchè voi pure siate informati
sunt, quid agam omnia vobis nota fàciet
: delle cose mie, di quel ch'io mi faccia, il

Tycliicus, charissimus frater, et fìdélis mi- tutto vi sarà notificato da Tichico, carissimo

" Is. LIX, 17; I Thess. V, 8. " Col. IV, 2. , " Col. IV, 3; II Thess. Ili,

sioni, destinato a proteggere il petto e la faccia. tutta perseveranza (Ved. Lue. XVIII, 1 ; Rom. XI!,
/ dardi infuocati. Queste parole alludono all'uso 22, ecc.) a che le vostre preghiere siano fatte nd
degli antichi di circondare talvolta la punta della modo anzidetto. Pregando, ecc. Il cristiano non
freccia con stoppa imbevuta di pece e di appic- deve pregar solo per se stesso, ma anche per
carvi il fuoco nell'atto di farla scoccare. Sotto tutti gli altri fedeli (santi) che con lui formano
questa figura si parla di alcune tentazioni pìQ vio- un solo corpo.
lente, che il demonio suscita nell'anima cristiana. L'Apostolo domanda dì aver ancor egli parte
19.
Come le freccie si estinguevano sul grande scudo alle preghiere dei fedeli (Cf^ Rom. XV, 30 II Cor. ;

di cuoio, così le tentazioni del demonio non po- I, 11; Filip. I, 19; Coloss. IV, 3; II Tess. Ili, 1;
tranno nuocere all'anima che impugna lo scudo Filem. 22; Ebr. XIII, 18). Affinchè, ecc. Spiega
della fede, quale ponendoci davanti agli occhi
la quale grazia debbano domandare a Dio. Egli desi-
e il ci aspetta, se combatteremo da
premio che dera di avere una parola adatta e conveniente,
forti, e il castigo che ci attende, se lascieremo che oppure che gli si offra occasione di parlare (Co-
il nemico trionfi, ci dà virtù di superare tutte le loss. IV, 5) e desidera pure dì poter predicare
tentazioni (Cf I Piet. V, 8-9. I Giov. V, 4 ; Ebr.
; con fidanza (gr. :rappT\criq[), cioè con intrepido co-
XI, 1 e ss.). // maligno (gr. toC «ovnpou),), è il raggio e grande libertà il mistero del Vangelo^
demonio. cioè la grande verità che fu già nascosta, ma che
L'elmo era destinato a proteggere e a di-
17. ora è manifesta, della salute universale per mezzo
fendere la testa del soldato. L'elmo dei cristiani è della Redenzione di Gesù Cristo (I, 9; III, 8).
la ferma speranza della salute (Cf. I Tess. V, 8), 20. Del quale, o meglio, per annunziare il quale
che è un mezzo potente di difesa contro il so- sono ambasciatore (Ved. n. II, Cor. V, 20) anche
verchio attacco alle cose del mondo. La spada è adesso che mi trovo in catene. Benché incatenato,
un'arma offensiva, e la spada dei cristiani è quella l'Apostolo non si vergogna del suo stato, e con-
dello Spirito, cioè che viene data dallo Spirito tinua ad esercitare la sua missione. E da notare
Santo, e consiste nella parola di Dio, che viene l'antitesi un ambasciatore in catene, che tuttav'a
detta (Ebr. IV, 12) più penetrante di ogni spada compie la sua missione.
a due tagli, a Ella è che letta e meditata ci fa Affinchè, ecc., è parallelo ad affinchè a me sìa
conoscere 1 nostri bisogni, i nostri pericoli, e i data, ecc. (v. 19). L'Apostolo ripete la grazia che
mezzi di vincere i nostri nemici. Con questa sola desidera ottenere. Egli vuole poter parlare del
il nostro Capo divino pugnò contro il demonio e mistero del Vangelo con tutta quella franchezza e
lo vinse (Ved. Matt. IV, 3 e ss.). Martini, libertà, che esige la sua condizione di ambascia-

18. Tutte le armi descritte non sarebbero però tore di Cristo.


abbastanza efficaci, ove non fossero accompagnate 21-22. Parla ora brevemente della missione <tì
dalla preghiera, perchè tutta la forza del cristiano Tichico, incaricato di portar agli Efesini alcune sue
viene da Dio, e l'orazione è il mezzo da Dio ordi- notizie personali. Affinchè voi pure, i quali, come
nato per impetrarci gli aiuti celesti. Con ogni ì fedeli di altre città (Cf. Coloss. IV, 7), deside-
sorta, ecc. Queste parole vanno ancora unite col rate avere mie notizie, siate informati, ecc. Tichico
verbo state (v. 14). L'Apostolo raccomanda ogni era originario dell'Asia proconsolare (Ved. Atti XX,
sorta di preghiere, sia cioè preghiere pubbliche e 4 e ss.), e doveva essere un membro assai in-
sia private, sia preghiere vocali e sia mentali, ecc. fluente della Chiesa di Efeso. Aveva accompa-
Continuamente, ossia in ogni tempo, ad ogni occa- gnato a Roma S. Paolo, e da luì era stato inviato
sione data (Lue. XVIII, 1; I Tess. V, 18, ecc.). a portare questa lettera agli Efesini e un'altra ai
In ispirito, cioè non solo colle labbra, ma col- Colossesi. 11 suo nome è pure ricordato Coloss.
l'attenzione della mente e coU'affetto del cuore IV, 7; II Tim. IV, 12; Tit. III, 12. Una tradi-
(Cf. Matt. XV, 8), oppure secondo altri, in unione zione posteriore ne fa un vescovo di Calcedonia
collo Spirito di Dio. La prima spiegazione è mi- nella Bitinia. Poiché S. Paolo ne fa un sì bel
gliore. In questo stesso, ecc., ossia vegliando con elogio, è chiaro che l'Apostolo doveva nutrire per
300 Efesini, VI, 22 — Introduzione Filippesi

Qister in Dòmino '^Quem misi ad vos in


: fratello e ministro fedele nel Signore '*il :

hoc ipsum, ut cognoscàtis quae circa nos quale ho spedito a voi a questo stesso fine,
sunt, et consolétur corda vestra. perchè siate informati delle cose nostre, ed
"Pax chàritas cum fide a
fràtribus, et egli consoli i vostri cuori.
Deo Patre, et Domino
lesu Christo. ^*Gra- ^^Pace ai fratelli, e carità e fede da Dio
tia cum òmnibus, qui diligunt Dòmìnum Padre e dal Signor Gesù Cristo. ^*La grazia
nostrum lesum Christum in incorruptiòne. con tutti coloro, i quali in modo inalterabile
Amen. amano il Signore nostro Gesù Cristo. Così
sia.

lui un singolare affetto. Ho spedito, ecc. Quésto ossia aumento di fede e di carità.
« In queste tre
passato secondo l'uso epistolare deve riferirsi al cose domanda pei suoi figliuoli tutto quello che
momento, in cui gli Efesini avrebbero letta questa può mai desiderarsi per un cristiano. La pace
lettera, e non già al momento in cui l'Apostolo è interiore con Dio, ed esteriore cogli uomini, e
scriveva. Delle cose nostre, cioè delle cose mie e la fede animata dalla carità chiede egli per essi
di quellle degli altri cristiani di Roma. Consoli i da Dio autore di ogni bene, e da Cristo nostro
vostri cuori afflitti per le mie tribolazioni. mediatore » Martini,
23. Nei due versetti 23-24 l'Apostolo invia i 24. La grazia di Dio sia con tutti coloro, i
«uoi saluti e la sua benedizione apostolica. Mentre quali amano di una maniera inalterabile, ossia di
però nelle altre lettere viene usata la seconda per- un amore perpetuo il nostro Signore Gesù Cristo.
sona, in questa invece si trova la terza e l'Apo- La frase in incorruptiòne (gr. èv à^pQapaiq) con
stolo non si volge direttamente ai destinatarii, ma tutta probabilità deve riferirsi al verbo amano, e
a tutti i cristiani in generale. Pace (Ved. n. Rora. va tradotta d'un amore perpetuo, d'un modo inal-
I, 7) ai fratelli, cioè ai cristiani e carità e fede, terabile piuttosto che d'un amore puro e santo, ecc.

VI

LETTERA AI FILIPPESI

INTRODUZIONE
Filippi. —
La città di Filippi, detta in aveva neppure una sinagoga (Cf. Arian.,
antico Crenide e poi Datos, sorge ai confini Bell. civ.. IV, 105; Dion. Casa., li, 4;
della Macedonia e della Tracia a circa dodici Plin., Hist. nat., iv, 18; Dict. Vig. Phi-
mila passi dal mare Egeo. lippe; Hagen, Lexicon Bib. Philippi).
II nome di Filippi le fu dato da Filippo

Macedone, il quale la conquistò, e ne fece Fondazione della Chiesa di Filippi. —


una fortezza da opporre alle scorrerie dei La fondazione della Chiesa di Filippi è nar-
Traci. rata diffusamente negli Atti degli Apostoli
Nella pianura che la circonda fu combat- (xvi, 12 e ss.). Durante la sua seconda
tuta la celebre battaglia tra Augusto e Bruto grande missione (anni 51-54), S. Paolo, im-
e Cassio, che decise delle sorti dell'impero pedito dallo Spirito Santo di andare nella
romano. In seguito alla vittoria di Augusto, Bitinia, si portò a Troade, dove ebbe la
Filippi fu dichiarata colonia romana e ot- visione di un Macedone, che lo pregava di
tenne di governarsi col diritto italico (Ved. passare nella Macedonia a predicarvi il Van-
B. Atti xvi, 12). La sua popolazione ai tempi gelo. Senza por tempo in mezzo S. Paolo
di S. Paolo era composta in parte di Ma- si imbarcò per Samotracia e Napoli, e quivi
cedoni e in parte di discendenti degli an- giunto partì immediatamente per Filippi.
tichi soldati romani trasportativi da Augusto. Secondo il suo solito cominciò a predi
I Giudei vi avevano pure una colonia, la care ai Giudei, e riuscì a convertire una
quale però era poco numerosa, poiché non certa Lidia e tutta la sua famiglia. Restò
Introduzione Filippesi 301

ancora molti giorni a Filippi e vi fece pa- sioni con questa Lettera si trovano pure in
recchie altre conversioni, ma in seguito a quasi tutti gli scrittori ecclesiastici del primo
un tumulto popolare, in cui ebbe molto a e del secondo secolo; S. Clemente R. (I
soffrire, fu costretto a fuggire, e si recò a Cor. XVI =
Filipp. II, 5-1 1 ; I Cor. xxi,
Tessalonica, lasciando però a continuare l'o- XLVii =
Filipp. I, 27 ; iv, 15, ecc.), Sant'I-
pera cominciata a Filippi i due discepoli, gnazio {Rom. 11= Filipp. II, 17; Philad. viil
Luca e Timoteo. = Filipp. Il, 3 ; Smirn. iv, xi =
Filipp. iv,
I cristiani di Filippi conservarono sempre 18; III, 15), S. Giustino, Erma, l'autore
una tenera affezione per il loro Apostolo, della lettera a Diogneto, S. Teofìlo A., ecc.
e più volte fecero tra loro delle collette per Gli stessi eretici del secondo secolo am-
venirgli in aiuto e provvedergli i mezzi ne- mettono l'autorità di questa Lettera e la ci-
cessari alla propagazione del Vangelo (Cf. tano come opera di S. Paolo, cercandovi
Filipp. IV, 10, 14, 16, 18; II Cor. Xi, 8-9). appìgli per ì loro errori. Così facevano i
A sua volta anche S. Paolo amava di un Sethiani {Philosoph., v, 10), Cassiano (Clem.
amore tutto particolare i Filìppesj, e non A., Strom.. iii, 4), Teodoto {Philosoph., x,
solo li visitò pili volte nelle sue corse apo- 510) e Marcione (Tertull., Coni. Marc, v,
stoliche attraverso la Macedonia {Atti xx, 10), ecc.
1, 2), ma volle celebrare con loro la Pasqua D'altra parte il Frammento Muratoriano
prima di andare a Gerusalemme, dove fu la novera esplicitamente tra le Lettere di
arrestato {Atti xx, 26). Quando i Filippesi S. Paolo, Sant'Irineo la cita {Adv. Haer., iv,
seppero che egli era prigioniero a Roma, 12 V, 13) con queste parole : Paolo dice ai
;

mandarono Epafrodito a portargli generosi Filippesi, e dinuovo scrive ai Filippesi, e


soccorsi e ad aiutarlo e servirlo in quel che riproduce i passi Filipp. iv, 18; in, 20 21.
poteva essergli utile e necessario {Filipp. ii, Anche Tertulliano e Clemente Alessandrino
25-30 IV, 10, 18). L'Apostolo si mostrò ri- la citano espressamente come Lettera di
conoscente alle premure dei Filippesi, e San Paolo ai Filippesi (Cf. Ter., Coni
nella lettera loro indirizzata li chiama suo Marc. , v, 30 De resur. carnis, xxni,
;

gaudio, sua corona afferma di averli conti-


; XLVii; Clem. A., Paedag., l, 6; li, 1;
nuamente nel suo cuore, e li loda perchè III, 1).
non solo hanno creduto in Gesù Cristo, ma Dopo Tertulliano le testimonianze sono
per lui hanno ancora sofferto tribolazioni, ancora più numerose e incontestate, tal-
ecc. (Cf. Filipp. I, 7 e ss., 29 e ss. iv, 1, ; mente che in tutta l'antichità nessuno ha
10-16, ecc.). mai dubitato che questa Lettera sia Scrit-
tura divina, e sia stata indirizzata da San
Autenticità della Lettera ai Filippesi. Paolo ai Filippesi.
— Non solo tutti i cattolici, ma anche quasi Alcuni razionalisti del secolo passato
tutti protestanti e i razionalisti ammettono
i (Baur, Evanson, Schrader, ecc.) hanno cer-
che S. Paolo sia l'autore di questa Lettera. cato di andare contro la tradizione, ma i loro
Né potrebbe essere diversamente, poiché argomenti oggidì son dichiarati di nessun
tutta l'antichità é unanime su questo punto. valore dagli stessi razionalisti. Haupt {Die
Infatti S. Policarpo fin dal principio del Gefangenschaftsbriefe, p. 101, Gottingen,
secondo secolo scrivendo ai Filippesi dice, 1902), Ewald {Briefe des Paulus an die
che S. Paolo «scrisse loro lettere, nelle Epheser, Kolosser, und Philemon, p. 24,
quali guardando essi possono edificarsi nella Lipsia, 1905), ecc. Ved. Jacquier, Histoire.
fede» {Ad PhiL, iii, xi). Che tra queste ecc., t. I, p, 349 e ss. ; Dict. Vig., Philip-
lettere (Ved. n. Filipp. in, 1) sia compresa piens (Épitre aux), ecc.
quella, di cui parliamo, si deduce dal fatto
che S. Policarpo usa parecchie espressioni Occasione e fine per cui fu scritta
tolteda essa (Cf. S. Poi. i = Filipp. iv, 10 ;
QUESTA Lettera. —
I Filippesi avendo sa-
Poi. II = Filipp. II, 10 Poi. IX = Filipp. il,
; puto che S. Paolo si trovava prigioniero a
16 Poi. X = Filipp. II, 2, 5, ecc.). Anche
; Roma, mandarono Epafrodito, uno dei loro,
nel Martirio di S. Policarpo, scritto imme- a portargli dei soccorsi e ad aiutarlo e ser-
diatamente dopo la sua morte, si legge (i) : virlo in quello, di cui potesse avere bisogno
Egli volle che fossimo suoi imitatori e che {Filipp. II, 25; IV, 18). Epafrodito compì
cercassimo non già ciascuno le cose nostre, fedelmente la sua missione e prestò grande
ma quelle che appartengono al prossimo = aiuto all'Apostolo. Dopo un po' di tempo
Filipp. II, 4. però cadde gravemente malato, ma si riebbe
La lettera delle Chiese di Lione e di ben tosto, e S. Paolo allora lo rimandò a
Vienna (Euseb., Hist. EccL, v, 2) dice che Filippi affine di consolare quei fedeli, che
i martiri, di cui parla, hanno voluto imitare erano sopra pensiero per la salute del loro
Gesù Cristo, il quale <( essendo nella forma inviato {Filipp. n, 25-30).
di Dio, non riguardò come una rapina quel Intanto egli approfittò di questa occasione
suo essere uguale a Dio = Filipp. ii, 6. )> per scrivere, ai Filippesi la presente Lettera,
Reminiscenze e rassomiglianze ed espres- nella quale li ringrazia dei soccorsi invia-
302 Introduzione Filippesi

tigli (IV, loro conoscere tutto il


10-18), fa contro gli dei Giudaizzanti (in, 1-
errori
suo affetto (i, lì esorta a perseverare
3-8), e IV, 1), scongiura a stare uniti (v, 2-3),
e li

nella carità e nella santità (l, 27-30 li, 1- ; e raccomanda loro la gioia, la pace e la pre-
17), mettendoli in guardia contro le divi- ghiera (iv, 4-7) e termina riassumendo tutti
sioni (i, 27; II, 2, 7, ecc.) e i Giudaizzanti i doveri cristiani (iv, 8-9).
(i, 14t17 ; III, 2-3) e i cattivi cristiani, che
NeìV epilogo (iv, 10-23) S. Paolo ringrazia
fanno un dio del loro ventre (iii, 18, 19, i Filippesi della loro liberalità (iv, 10-29),
ecc.), ecc. Probabilmente si tratta solo di
e poi aggiunge i saluti e la benedizione apo-
avvisi preventivi, ma potrebbe anche es-
stolica (IV, 21-23).
sere che alcuni di questi disordini si fossero
già introdotti presso qualche cristiano.
Come si vede la Lettera ha un carattere Tempo e in cui fu composta. ^-
luogo
di grande famigliarità, e l'Apostolo in essa La Lettera Filippesi fu scritta certamente
ai

non si attiene ad alcun ordine, ma passa con da Roma durante la prima prigionia di San
tutta facilità da /uno all'altro argomento, Paolo (anni 61-63). Non solo infatti l'Apo-
secondochè le idee si presentino alla sua stolo ricorda le sue catene (i, 7), ma afferma
mente. che la sua prigionia ha contribuito al pro-
gresso del Vangelo, rendendo noto anche
Divisione e analisi. —
Mentre nelle altre al pretorio, che egli soffriva per Gesù Cri-
sto (i, 13). Di più egli manda i saluti dei
Lettere si può distinguere una parte dogma-
tica e una parte morale, ciò non è possibile cristiani che appartengono alla casa di Ce-

nella Lettera ai Filippesi non già perchè in sare (iv, 22), ed ha ferma speranza di essere
essa non si tocchino verità dogmatiche, ma presto liberato (i, 26 ii, 24). Ora tutti questi
;

perchè queste sono sempre ordinate all'e- dati non possono convenire che alla prima
sortazione. Tuttavia in essa si può distin- cattività romana. Solo in Roma, e non a

guere un preambolo (i,1-11), un corpo della Cesarea, S. Paolo aveva una certa libertà
Lettera (i, 12-iv, 9) e un epilogo (iv, 10-23). di predicare, ed essendo custodito sempre
da un soldato pretoriano, tutto il pretorio
NelV introduzione (i, 1-11) oltre al nome poteva intendere parlare di Gesù Cristo (Cf.
dell'autore e dei destinatarii e ai saluti (i,
Atti XXIV, 23; xxvili, 16; xxx, 31). Pari-
1-2), si contiene un'azione di grazie a Dio,
menti solo nella prima cattività egli potè
che ha arricchiti i Filippesi di tanti bene- avere speranza di essere liberato.
fìzi (i 3-8), e una preghiera, nella quale si
Tutto induce a credere che S. Paolo abbia
domanda che essi crescano sempre nel bene scritto questa Lettera sul fine della sua cat-
(1,9-11). tività, ma non è possibile determinare con
Nel corpo della Lettera (i, 12-1 v, 9) San certezza se l'abbia scritta prima o dopo
Paolo dà ai Filippesi alcune sue notizie quelle agli Efesini e ai Colossesi, benché
personali, dicendo che la sua prigionia fu sia probabile che queste ultime siano poste-
utik per il Vangelo (i, 12-18), e che per riori (Cf. Cornely, Introd. t. ni, p. 484
DarJe sua egli non desidera se non di glori- e ss. Jacquier, Histoire, ecc., t. i, p. 345
;

ficare Gesù Cristo sia che abbia ancora a e ss.).


vivere, sia che abbia a morire. Spera però
di poter ancora rivedere i Filippesi (i, 19-
26). Prende quindi occasione per dare al-
Principali commenti cattolici. — Oltre
ai commenti
già ricordati in tutte le Lettere
cuni avvisi inculcando la perseveranza nella
di S. Paolo, e sulle Lettere della cattività
fede (i, 27-30), l'unione e la carità basata
(Ved. Introd. Efes.) vanno citati : Victo-
sull'umiltà e sull'abnegazione (ii, 1-4) e
rinus Afer., In Epist. Pauli ad Philipp., li-
sull'esempio di Gesù Cristo (ii, 5-11), é la ber unus; Velasquez, In Ep. B. Pauli ad
santità (ii, 12-18).
Philipp., Lione, 1636, 1639; Beelen, Com.
Passa in seguito a parlare di Timoteo (ii, in Ep. S. Pauli ad Philipp., Lovanio, 1852;
19-24) e di Epafrodito (ii, 25-30), e poi ag- Miiller, Des Ap. Paulus Brief an die Phi-
giunge alcuni avvisi per premunire i fedeli lipp., Friburgo in B., 1899.
FlLIPPESI, I, 1-6 303

LETTERA AI FlLIPPESI

CAPO I.

Iscrizione e saluti, 1-2. —


Azione di grazie a Dio per i benefizi fatti ai Filip-
pesi, j-8. —
Preghiera di S. Paolo per i Filippesi, 9-1 1. La prigionia di —
S. Paolo fu utile alla propagazione del Vangelo, 12-18. Sentimenti e speranze —
dell'Apostolo, 19-26. —
Perseveranza nella fede, 27-30,

^Paulus, et Timótheus servi lesu Christi, *Paolo e Timoteo servi di Gesù Cristo, a
omnibus sanctìs in Christo lesu, qui sunt tutti i santi in Cristo Gesù, che sono a Fi-

Philippis, cum episcopis, et diacónibus. lippi, insieme coi Vescovi e Diaconi. ^Grazia
''Gràtia vobis, et pax a Deo Patre nostro, et a voi, e pace da Dio Padre nostro, e dal Si-
Dòmino lesu Christo. gnor Gesù Cristo.
'Gratias ago Deo meo omni memòria
in ^Rendo grazie al mio Dio ogni volta che
vestri.*Semper in cunctis oratiónibus meis mi ricordo di voi, sporgendo sempre con
prò omnibus vobis, cum gàudio deprecatió- gaudio suppliche per voi tutti in ogni mia
nem fàciens, "Super communicatióne vestra orazione, "a motivo della vostra partecipa-
in Evangélio Christi a prima die usque nunc. zione al Vangelo dì Cristo dal primo dì fino
•Confidens hoc ipsum, quia qui coepit in ad ora; ^avendo questa fiducia, che colui,

semplici sacerdoti (Cf. Atti XI, 30; XX, 17, 28).


CAPO I. Siccome l'Apostolo usa qui il plurale è chiaro che

parla dei semplici sacerdoti preposti al governo


I. L'introduzione (I, 1-1 1) di questa lettera della Chiesa di Filippi (Ved. Prat, La Théol. de
oltre all'indirizzo e ai saluti (1-2) contiene una St-P., t. I, p. 488 e ss.). Diaconi (Ved. n. Atti VI,
azione di grazie e una preghiera (3-11). 3 e ss.). L'Apostolo nomina i vescovi e i diaconi,
Paolo, il vero autore della lettera. Egli si as- perchè essi avevano raccolta la colletta portata a
socia il discepolo Timoteo (Ved. Introd. alle let- Roma da Epafrodito (II, 25).
tere a Tim. Cf. Atti XVI, 1, 3, 10 e ss.; II Cor. 2. Grazia, ecc. (Ved. n. Rom. I, 7).
I, 1), non solo perchè allora sì trovava presso di
3-4. Nei vv. 3-8 l'Apostolo rende grazie a Dio
lui a Roma, ed era molto conosciuto a Filippi, ma
per tutti i beni spirituali, di cui sono ricchi i fe-
anche perchè aveva intenzione di mandarlo tra
deli di Filippi. Rendo grazie al mio Dio (Ved.
poco a questa città (II, 19). Servì, ossia schiavi
Rom. I, 8). Con gaudio causato dal vivo affetto
che i Filippesi nutrivano per il loro Apostolo, e
dalle buone qualità che ornavano la loro anima.

5. A^ motivo della vostra partecipazione, ecc.


(gr. Tq xoiYoovtqc v,uóòv eie; tòv evciYYéXiov), ossia
per concorso e la cooperazione che voi avete
il

prestato alla propagazione del Vangelo. San Paolo


allude probabilmente ai vari soccorsi in denaro
mandatigli dai Filippesi affine di metterlo in grado
di potere con maggior facilità predicare il Vangelo.
La parola xoivrovm ha infatti assai spesso il si-
gnificato di eleimosiTia (Cf. IV, 14 e ss, Rom. XII, ;

Fig. 30. — Moneta di Filippi. 13; II Cor. Vili, 4; IX, 13, ecc.). Dal primo dì
della vostra conversione fino ad ora.
(Ved. n. Rora. I, I). A tutti i santi (Ved. Rora. I, 6. Avendo, ecc., è parallelo a porgendo (v. 4)
7).In Cristo, che cioè sono santi in virtù della loro e dipende da rendo grazie (v. 3). Colui, ossia Dio,
unione con Gesii Cristo. Filippi (Cf. Introd.). In- il quale colla sua grazia ha principiato in voi la

sieme coi Vescovi e Diaconi. E l'unica volta che buona opera della vostra santificazione, col con-
S. Paolo nell'indirizzo delle sue lettere nomina i vertirvi al Vangelo e coll'ispìrarvi uno zelo ardente
mir.istrì sacri. Nei tempi primitivi si dava il nome per la sua propagazione, la perfezionerà, ossia
di vescovi ai capi delle comunità cristiane sia che colla stessa grazia vi farà perseverare e progredire
fossero vescovi propriamente detti, sia che fossero in essa fino al giorno di Cristo, ossia fino al giorno
304 FILIPPESI, I, 7-12

vobis opus bonum, perficiet usque in diem il quale ha principiato in voi la buona opera,
Christi lesu, ^Sicut est mihì ìustum hoc sen- la perfezionerà fino al giorno di Cristo
tire prò òmnibus vobis eo quod hàbeam vos
: Gesù. 'Come è giusto che io pensi così di
in corde, et in vinculis meis, et in defen- tutti voi perchè vi ho nel mio cuore, come
:

sióne, et conflrmatióne Evangélii, sócios coloro che e nelle mie catene, e nella difesa
gàudii mei omnes vos esse. ^Testis enim e confermazione del Vangelo siete tutti par-
milii est Deus, quómodo cùpiam omnes vos tecipi del mio gaudio. *Mi è infatti testimone
in viscéribus lesu Christi. Dio, in qual modo io ami tutti voi nelle vi-
scere di Gesù Cristo.
'Et hoc oro ut chàritas vestra magia ac ^E questo io domando, che la vostra ca-
magis abùndet in sciéntia, et in omni sen- rità abbondi ancora più e più in cognizione
su ^°Ut probétis potióra, ut sitis sincèri,
: e in ogni discernimento ^"affinchè distin-
:

et sine offénsa in diem Christi, "Repléti guiate il meglio, affinchè siate puri e irre-
fructu iustitiae per lesum Christum, in gló- prensibili per il giorno di Cristo, "ricolmi
rjam et laudem Dei. di frutti di giustizia per Gesù Cristo a lode
e gloria di Dio.
"Scire autem vos volo fratres, quia quae ^^Ora voglio che sappiate, o fratelli, come
circa me sunt, magis ad proféctum venérunt le cose avvenutemi si sono maggiormente

della venuta di Cristo per giudicarvi (Cf. I Cor. I, 9. I vv. 9-11 contengono la preghiera del' Apo-
8; V, 5; II Cor. I, 14; I Tess. V, 2, ecc.), il che stolo per i Filippesi. La vostra carità, cioè il
avverrà al momento della vostra morte. Da queste vostro amore per Dio e per il prossimo. Cogni-
parole dell'Apostolo si deduce manifestamente che zione, ecc. Egli prega che la loro carità faccia con-
abbiamo bisogno della grazia dì Dio non solo per tinui progressi, ed essi diventino sempre più per-
cominciare a fare il bene, ma anche per conti- fetti nella cognizione (gr. èv èniyvòaei)^ ossia nella
nuare e perseverarvi fino alla morte (Cf. Conc. scienza teorica delle grandi verità cristiane, e in
Trid. sess. VI, cap. 13). Benché le parole a giorno ogni discernimento (greco aìoQricrei), ossia nella
di Cristo », indichino il giudizio universale, esse scienza pratica di ciò che si deve fare.
però comprendono ancora il giudizio particolare, 10-11. Una tal scienza è ordiniate a far loro ap*
che ha luogo subito dopo morte, e col quale ter- prezzare le cose secondo il giusto valore. I Giu-
mina il tempo di meritare, e resta definitivamente
dei si vantavano di possedere nella legge un mezzo
fissata la sorte delle anime (Ved. Ceulemans, h. 1.).
per discernere ciò che era bene o male, perfetto
7.Ritorna all'idea del v. 5 spiegandola meglio. o imperfetto (Cf. Rom. II, 18, dove si ha la stessa
E giusto^ ossia è pienamente ragionevole che io frase di qui òoxi^à^Etv... tò òiacpépovra). L'Apo-
pensi, o meglio, secondo il greco 9poveiv, che io stolo domanda che i Filippesi abbiano ancor essi
nutra tali sentimenti di fiducia (v, 6) a vostro ri- un discernimento, per cui conoscano e fac-
tale
guardo, perchè vi ho nel cuore, ossia vi amo tene- ciano il bene e si tengano lontani dal male, affinchè
ramente, come quelli che partecipate alla mia gioia siano puri, cioè mondi, non macchiati da alcun
sia nelle mie catene, cioè nella prigionia che ora peccato davanti Dio, e irreprensibili (gr. ànpóty
.

soffro, e sia nella difesa e propagazione del Van- xo:roi, che non pongano inciampo e non inciam-
gelo. Oltre alle elemosine ricevute (v. 5), l'Apo- pino) per ciò che si riferisce agli uomini. Per il
stolo sembra alludere alle persecuzioni e ai tra- giorno di Cristo (Ved. n. 6). L'Apostolo non solo
vagli che a suo esempio i Filippesi avevano sof- desidera che siano mondi da peccato e irriprensi-
ferto e soffrivano a motivo del Vangelo (vv. 29, bili, ma vuole che siano ancora ricolmi di frutti
30). Del mio gaudio. Nel greco non si legge Xapàq di giustizia, vale a dire di opere buone. Questi
= gaudio, come sembra aver letto l'autore della frutti però non li possiamo produrre se non per la
Volgata, maXàpiTo<;= grazia. Questa grazia consisté grazia di Gesù Cristo, senza di cui nulla possiamo
nel merito di soffrire la prigionia e di propagare e fare che ci sia utile per l'eterna salute (Cf. Giov.
difendere il Vangelo. Alcuni traducono il versetto XV, 5, 8, 16). A lode, ecc. Il fine ultimo a cui è
diversamente Io vi porto nel mio cuore, sia nelle
:
ordinata la nostra santificazione è la gloria di Dio.
mie catene, nella difesa e propagazione del
sia
Vangelo, quelli che siete partecipi della mia
come 12. Nd corpo della lettera (I, 12-IV, 9) l'Apo-
stolo comincia col dar ai Filippesi alcune sue no-
grazia di soffrire per Gesii Cristo, ecc. (Cf. Cram-
tizie personali, facendo vedere che la sua prigionia
pon, h. 1.). La traduzione adottata sembra però
fu utile alla propagazione del Vangelo (I, 12-18) e
migliore.
poi manifestando i suoi sentimenti e le sue spe-
8. A
confermare la verità delle sue parole, l'Apo- ranze (19-26).
stolo fa una specie di giuramento chiamando Dio
Voglio che sappiate, ecc. La notizia della pri-
in testimonio (Ved. n. Rom. I, 9; II Cor. I, 23).
èmnoGóò). Il verbo greco indica un amore gionia di S. Paolo dovette produrre una certa
Ami (gr.
ardente. Nelle viscere. Le viscere per gli Ebrei scossa nelle Chiese da lui fondate (Cf. Efes. Ili,
erano la sede degli affetti, e quindi amare neUe 13), e quindi egli cerca di rassicurarle. Le cose

viscere di Gesti Cristo vuol dire amare col cuore avvenutemi sono la prigionia con tutte le sue
di Gesù Cristo, cioè di un amore soprannaturale varie circostanze e conseguenze. Ora, mentre que-
e puro, quale è quello che si trova nel cuore di ste cose sembravano dover essere un ostacolo alla
Gesiì, e quale è causato in nod dalla presenza e propagazione del Vangelo nella capitale dell'im-
dall'azione di Gesù Cristo (Cf. II, 1; II Cor. VI, pero, contribuirono invece a farlo maggiormente
12; VII, 15; Coloss. III, 12, ecc.). conoscere.
FiLiPPESi, I, 13-17 305

FvaRgélìi : "Ita ut vincula mea manifèsta rivolte in profitto- del Vangelo: "di modo
fierent in Christo in omni praetório, et in che le mie catene per Cristo sono diventate
céteris omnibus, ^*Et plures e fràtribus in note a tutto pretorio e a tutti gli altri,
il

Dòmino confldéntes vinculis meis, abundàn- "e molti dei preso coraggio nel Si-
fratelli
tius audérent sine timóre verbum Dei loqui. gnore dalle mie catene, hanno avuto mag-
gior ardimento di annunziare senza timore
la parola di Dio.

"Quidam quidem et propter invidiam, et "Alcuni, è vero, per invidia e per con-
contentiónem quidam autem et propter
: tesa alcuni poi ancora per buona volontà
:

bonam voluntàtem Christum praedicant : predicano Cristo "alcuni per carità, sa-
:

"Quidam ex charitàte sciéntes quóniam in


: pendo come io sono stato collocato alla di-
defensiónem Evangélii pósitus sum. "Qui- fesa del Vangelo. "Altri poi annunziano
dam autem ex contentióne Christum annun- Cristo per partito, non sinceramente, cre-
ciant non sincère, existimàntes pressuram se dendo d'aggiungere afflizione alle mie ca-
suscitare vinculis meis. tene.

13. Spiega in qual modo ciò sia avvenuto. La alcun timore annunziarono apertamente la parola
prigionia dell'Apostolo produsse infatti un doppio di Dio, cioè il Vangelo, più di quel che avrebbero
effetto : dapprima fece diventar noto a tutto il fatto se io non fossi stato in prigione.
pretorio e a tutti i Romani che egli soffriva le
15. Non tutti però questi predicatori sono ani-
catene per Cristo, ossia a motivo della religione
mati dallo stesso spirito. Vi sono infatti alcuni, t
cristiana che predicava. Col nome-»dì pretorio si
quali predicano Gesù Cristo per spirito di invidia
deve intendere la guardia pretoriana o imperiale. dei grandi successi che io ho ottenuto e ottengo
colla mia predicazione, e per spirito di contesa o
di partito (Cf. 17; III, 2).
L'Apostolo allude probabilmente ai Giudaizzantl,
i quali, con>e a Gerusailemme, e a Corinto e nella

Galazia cercavano di spargere anche a Roma le


loro dottrine. Dal v. 18 si può dedurre che fino
al momento in cui l'Apostolo scriveva, questi Giu-
daizzanti con avevano ancora attaccato alcuna verità
Fig. 31. della fede. Se fosse a-ltrimenti non si comprende-
rebbe perchè l'Apostolo non usi qui delle paroìe
Pretoriani. più energiche (Cf. Gal. I, 8), denunziandoli come
nemici di Gesù Cristo. Probabilmente quindi co-
storo si restringevamo a mettere in cattiva luce
S. Paolo, cercando di screditarne l'autorità e di
suscitargli ostacoli e tribolazioni. Assieme a questi
vi sono però altri predicatori i quali annunziano
Gesù Cristo con retta intenzione, cioè per buona
volontà, ossia secondo la forza del greco eùòoxi'av,
per un sentimento di benevolenza verso l'ApostoTo.
Nei due versetti seguenti spiega per quale motivo
siano indotti gli uni e gli altri a operare in tal
Istituita da Augusto, contava, ai tempi di Nerone, modo. In alcuni codici greci e presso alcuni Padri
circa diecimila uomini reclutati nelle diverse Pro- i due versetti sono posti in ordine inverso, ossia
vincie dell'impero. Il suo quartiere si trovava sul il 17* precede il 16% ma il testo della Volgata è
Viminale ed era detto Castra Pretoria. San Paolo da preferirsi come quello che ha in suo favore I
abitava probabilmente nella vicina regione del- migliori codici B X A D E, ecc.
l'Alta Semita Marucchi, Manuale di archeo-
(Cf.
2* 16 Alcuni, o meglio quelli poi (gr. oì jièv), l
logia sacra, 34), in qualche casa di
ed. pag.
affìtto, oppure presso qualche cristiano. Siccome quali predicano Cristo per carità (gr. ày&nr\(i), cioè
era sottoposto a una sem.plice custodia ^militare,
mossi da affezione verso di me, lo fanno perchè
godeva una certa libertà, e poteva ricevere chi
di
conoscono che io sono stato collocato come un
voleva, benché sempre sotto la sorveglianza di un soldato per propagare e difendere il Vangelo
pretoriano, il quale spesso veniva mutato (Ved. n. (I Tess. Ili, 3; I Tim. I, 9), e quindi che l'aiu-

Atti XXVIII, 17). In conseguenza molti pretoriani tarmi nella predicazione equivale a sostenere la
ebbero occasione di fare conoscenza con lui, e causa di Gesù Cristo.
forse anche di convertirsi, per modo che ben pre- 17. Alcuni, o meglio, quelli poi (gr. oì bi) che
sto tutto il pretorio fu informato del motivo per predicano per partito, cioè mossi da spirito di fa-
cui S. Paolo era prigioniero. zione, non predicano sinceramente, ossia con retta
14. In secondo luogo la prigionia dell'Apostolo intenzione, poiché si pensano di aggiungere affli-
fece sì che molti (greco la più parte) dei fratelli, zione alle mie catene, aggravando la mia situazione
ì quali erano dapprima rimasti come intimiditi, collo spargere false notizie sul conto mio, venendo
presero coraggio nel Signore dalle mie catene, ossia così ad allontanare molti da me e a mettermi in
aiutati dalla grazia di Dio diventarono più animosi cattiva luce presso gli altri, menomando la mia
>1 vedere che io soffrivo per Gesù Cristo, e senza autorità.

30 — Sacra Bibbia, voi. 11.


306 FiLiPPESi, I, 18-23

"QuM enim? Dum omni modo sive per "Ma che ? Purché in qualsivoglia modo, o
occasiónem, sive per veritàtem Christus an- per pretesto o con leatà Cristo sia predi-
nunciétur et in hoc gàudeo, sed et gaudébo.
: cato di questo io pure godo, e ancora go-
:

''Scio enim quia hoc mihi provéniet ad sa- drò. "Io so infatti che questo mi gioverà
lùtem, per vestram oratìónem, et submini- a salute per la vostra orazione, e pel soc-
stmtiónem Spiritus lesu Christi ^"Secùndum corso dello Spirito di Gesù Cristo, ^'^secondo
expectatiónem, et spem meam, quia in nullo l'aspettazione e la mia speranza, che in
confùndar Sed in omni fiducia sicut sem-
: ninna cosa sarò confuso ma con tutta fi-
:

per, et nunc magniflcàbitur Christus in cór- danza come sempre, così adesso sarà esal-
pore meo, sive per vitam, sive per mortem. tato Cristo nel mio corpo, sia per la vita,
sia per la morte.
^
'^Mihi enim vivere Christus est, et mori ^Poiché il mio vivere è Cristo, e il mo-
lucrum. ^^Quod si vivere in carne, hic mihi rire un guadagno. ^^Ma se il vivere nella
fructus óperis est, et quid éligam ignoro. carne mi è utile pel lavoro, io non so qua!
''Coàrctor autem e duobus : desidérium ha- cosa eleggere. ^^È sono messo alle strette
bens dissòlvi, et esse cum Christo, multo da due lati bramando di essere disciolto,
:

18. Ma che? pure che i mìei avver-


ossia, dato stolo, ma predicando con tutta fidanza e libertà il
sari! riuscissero nel loro intento di nuocermi, che Vangelo, come in passato così adesso che mi trovo
potrebbe importarmi? Purché in qualche modo in prigione, esalterò Gesù Cristo nel mio corpo,
Gesù sia predicato, si faccia ciò per pretesto, ossia cioè in me, sia per la vita, sia per la morte. Se
per fini secondari! e con ipocrisia, oppure con vivrò Io esalterò per mezzo della mia vita e della
lealtà, vale a dire con retta intenzione, di questo, mia predicazione, se invece sarò dannato a morte,
che si propaghi la cognizione di Gesù Cristo e lo glorificherò col martirio rendendogli la suprema
della religione cristiana, io godo e mi
rallegro, poi- testimonianza del mio amore.
ché non cerco la mia gloria, ma quella di Gìesù 21. Nei vv, 21-26 l'Apostolo esipone i suoi sen-
Cristo. Se costoro avessero insegnate false dot- timenti in relazione all'alternativa propostasi nel
trine, l'Apostolo non avrebbe potuto rallegrarsene. versetto precedente di vivere o di morire. 7/ mio
Si deve quindi conchiudere che non insegnassero vivere, ecc. Come nella lettera ai Calati (II, 20)
propriamente errori, ma che nel loro agire si aveva detto : a non sono più io che vivo, ma è
lasciassero guidare o da invidia, da gelosia, ecc. Gesù Cristo che vive in me », così ora afferma che
19. Io so, ecc. Dà il motivo, per cui ha affer- il suo vivere è Cristo, ossia che egli non vive se

mato nel versetto precedente che si rallegra e si non per Cristo, il quale è come l'anima e il
rallegrerà sempre, non ostante l'odio e le perse- centro di tutta la sua vita, il movente di tutte le
cuzioni dei suoi nemici. Questo, vale a dire la sue azioni, il termine di tutte le sue aspirazioni
tribolazione suscitatami contro dai Giudaìzzanti, e (Cf. Ili, 7-10; Rom. VI, 11; Il Cor. V, 15, ecc.).
in generale tutte le prove che attraverso, tutto In tali condizioni è chiaro che il morire è per San
mi gioverà a salute, ossia mi sarà vantaggioso per Paolo un guadagno, perchè il suo martirio, mentre
la vita eterna (Cf. 28; II, 12; Rom. I, 16; II Tess. glorificherà Gesù Cristo, renderà più stretta e in-
II, 13, ecc.), poiché per coloro che amano Dio dissolubile la sua unione con Lui, e accrescerà la
tutte cose tornano a bene (Rom. VIII, 28).
le gloria che egli si aspetta,
Come è chiaro l'Apostolo col nome di salute non 22. detto di considerare la morte come
Avendo
intende la sua liberazione dal carcere. Sia infatti un guadagno, poteva sembrare che egli preferisse
che egli venga a riavere la libertà, sia che egli morire, tuttavia soggiunge che se il vivere nella
venga a perdere la vita, l'esito finale rimane iden- carne, ossia il vivere qualche tempo di più in un
tico. Per la vostra, ecc. Se egli è sicuro che le corpo mortale, è utile per il lavoro del suo mini-
sue condizioni attuali sono giovevoli alla sua fa- stero apostolico, ossia giova ad accrescere la gloria
Iute, si è perchè conta sulle loro preghiere e spe- di Dio e a dilatare la sua Chiesa, in questo caso
cialmente sull'aiuto della grazia di Dio. Egli si egli non sa qual cosa eleggere, cioè non sa se
raccomanda così tacitamente alle preghiere dei debba preferire la morte alla vita, e quindi si
Filippesi. Lo Spirito di Gesù Cristo è lo Spirito rimette alla volontà di Dio.
Santo, il quale viene da S. Paolo chiamato così, 23. Continua a svolgere lo stesso pensiero. Sono
perchè procede da Gesù Cristo come Verbo eterno, messo alle strette (gr. ovvéXonai) da due lati, ossia
e da Lui è ancora mandato sulla terra. Lo Spirito la morte e la vita mi sono dappresso e sia l'una
Santo procede ugualmente dal Padre e dal Figlio, che vuole essere da me preferita. Da una
l'altra
e perciò viene detto ora Spirito di Dio, e ora bramo
di essere disciolto dai vincoli che trat-
parte
Spirito del Figllio, ecc. (Ved. Rom. Vili, 9; Gal. tengono la mia anima nel corpo, e di essere subito
IV, 6. Cf. Giov. XIV, 16 e 26; XV, 26, ecc.). In con Cristo a bearmi dela sua gloria. 11 greco àva-
queste ultime parole si ha pure un'affermazione Xveax tradotto essere sciolto, significa propriamente
della Divinità di Gesù Cristo. partire, e viene detto dei soldati che levano il
20. Secondo, ecc. Queste parole vanno unite col campo. L'Apostolo brama quindi di partire o emi-
verbo mi gioverà del- versetto precedente. Io so grare da questa vita ed essere sempre con Gesù
che questo mi gioverà a salute secondo, ossia con- in cielo. Da queste ultime parole si prova che le
forme all'aspettazione (gr. à:toxapa6oxiav =
viva anime dei giusti subito dopo morte sono ammesse
attesa. Ved. n. Rom. VIII, 19) e alla ferma mia a godere Dio, senza che debbano aspettare sino
speranza, che in niana cosa sarò confuso, ossia al giudizio universale. Intanto infatti S. Paolo
per niun motivo verrò meno al mio dovere di Apo- brama di morire, in quanto è sicuro che subito
FILIPPESI, I, 24-28 307

magis mélius ^^Permanére autem in carne,


: e di essere con Cristo, che è meglio d'as-
necessàrium propter vos. ^'^Et hoc confidens sai: ^^ma il restar nella carne (è) necessario
scio quia manébo, et permanébo òmnibus riguardo a voi. ^^E affidato su questo io so
vobis ad proféctum vestrum, et gàudium che resterò, e farò mia dimora con tutti voi
fidei ^*Ut gratulàtìo vestra abùndet in Chri-
: per vostro profìtto e per gaudio della fede :
sto lesu in me, per meum advéntum iterum ^^onde siano più abbondanti le vostre con-
ad vos. gratulazioni in Cristo Gesù nel mio ritorno
a voi.
*^Tantum digne Evangélio Christi conver- ^'Diportatevi soltanto come esige il Van-
sàmini ut sive cum venero, et videro vos,
: gelo di Cristo affinchè o venga io e vi
:

sive absens àudiam de vobis quia statis in vegga, sia lontano, senta dire di voi che
uno spiritu unànimes, collaboràntes fidei E- siete costanti in un solo spirito, in una sola
vangélii ^*Et in nullo terreàmini ab adver-
: anima, lottando as&ieme per la fede del Van-
sàriis quae illis est causa perditiónis, vobìs
: gelo ^*Nè per cosa alcuna siate atterriti
:

«T Eph. IV, 1 Col. I, 10 Thess. II, 12.


; ; I

dopo morte godrà della visione di Gesù Cristo e babile, e il fatto dimostrò che egli non si ingan-
sarà a Lui unito per sempre nella gloria. Che è nava, come apparisce chiare dalle lettere pastorali.
meglio, ecc. Ora l'essere unito a Cristo nella gloria
27. Dopo aver parlato di se stesso e delle
è meglio d'assai, ossia è assai più desiderabile condizioni in cui si trovava, l'Apostolo viene ora
che non il continuare a vivere su questa terra. a parlare dei Filippesi e a far loro alcune racco-
Nel greco quest'ultimo inciso è unito a ciò che mandazioni pratiche (I, 27-11, 18), le quali per la
precede dalla particella yap = poiché. loro generalità mostrano chiaramente che egli non
24. Ma il restare nella carne, ossia il continuare aveva alcun vizio o alcun abuso particolare da
a vivere quaggiù in mezzo ai travagli e alle fa- segnalare presso di loro. Comincia coll'inculcare
tiche, è necessario (nel greco vi è il comparativo, la perseveranza nella fede (27-30), e la carità
più necessario araY^oiorepov) riguardo a voi, ossia fraterna basata sull'umiltà e sull'abnegazione (II,
è più necessario alla vostra salute. L'Apostolo si 1-4) ;in seguito propone ad imitare l'esempio di
trova alle prese con due amori : L'amore di Cristo Gesù Cristo (II, 5-11), e termina in fine con una
che gli fa desiderare la morte, e l'amore delle esortazione alla santità (II, 12-18).
anime che lo trattiene invece nella vita presente. Soltanto, ecc. Io non dubito di potervi rivedere,
Egli però è convinto che il momento della sua ma acciò il mio ministero sia fruttifero, è indi-
morte non è ancora venuto. spensabile che voi meniate una vita quale è ri-
25. E affidato su questo, ossia essendo persuaso chiesta dal Vangelo. Diportatevi. Il verbo greco
(»e«ox0dbq) che è più necessario per voi che io corrispondente JioXueueoGs significa alla lettera :
viva, IO so, cioè ritengo per certo, che resterò siate cittadini, adempite i doveri di cittadini. L'Apo-
ancora in vita, e continuerò a far dimora o a rima- stolo fu indotto a usare questa metaforji, a prefe-
nere presso di voi per vostro profitto, ecc. Nel renza dell'altra più usuale camminate, dalle spe-
greco si legge « per l'avanzamento e la gioia della
:
ciali condizioni di Filippi, la quale essendo colonia

vostra fedei», ossia affinchè progrediate sempre .romana, e avendo per conseguenza leggi analoghe
più nella dottrina cristiana, e troviate in essa a quelle di Roma, conferiva un grande prestigio
sempre maggiore consolazione. e una grande importanza alla vita pubblica. Al
cap. Ili, 20, l'Apostolo dirà che siamo cittadini
26. Il prolungamento della vita e del ministeio
del cielo, dal che si deduce che la vita da condursi
di S. Paolo otterrà ancora un altro fine. Onde
deve essere quale si conviene a cittadini del cielo,
siano più abbondanti le vostre congratulazioni. Nd ossia a membri del regno di Dio (Cf. Lemon-
greco invece di gratulatio, tradotto congratula-
zione, si legge xowXtina =
oggetto, materia dì
nyer, h. 1.). Che siete costanti, ossia che state
fermi come un soldato al suo posto (IV, 1 I Cor.
vanto. Egli rimarrà ancora in vita affinchè essi ab- ;

biano per il suo ritorno fra loro una materia più


XVI, 3; Gal. V, 1, ecc.), in uno stesso spirito,
cioè nello stesso modo di pensare e di agire (I Cor.
abbondante di gloriarsi in Gesù Cristo a suo ri-,
XII, 13; Efes. II, 18; IV, 4), in una stessa anima,
guardo. I nemici dell'Apostolo si servivano della
sua prigionia per screditare la sua missione e il
come cioè se aveste una sola anima (Cf. Atti IV,
32). Queste ultime parole vanno probabilmente
suo Vangelo^ ora quando egli fosse stato liberato,
unite colle seguenti : lottando assieme (ouvaGXo-
le Chiese da lui fondate avrebbero avuto in mano
vvtsc;). Anche questa metafora è tratta dall'arte
un argomento vittorioso per respingere gli attacchi
militare. Per la fede del Vangelo, ossia affinchè U
dei suoi avversarli, e per gloriarsi santamente nel
fede del Vangelo si propaghi tra quelli che ancora
Signore, di fronte a loro, di essere state evangeliz-
non la posseggono.
zate da un tanto Apostolo.
I vv. 20-26 descrivono mirabilmente le condizioni 28. L'Apostolo desidera di poter sentire che i
in cui si trovava S. Paolo, quando scriveva questa Filippesi, stretti assieme gli uni cogli altri, non
lettera. Eg.i era con>e sospeso tra la vita e la si lasciano atterrire dai loro awersarii per quanto
morte, poiché poteva avvenire che Nerone lo fa- forti e potenti. Questi avversarli sono probabil-
cesse martirizzare, e poteva avvenire che lo fa- mente pagani di Filippi (Atti, XVI, 16).
gli stessi
cesse rimettere in libertà. La seconda parte di Il che. greco n^tq grammaticalmente concorda
Il

quest'alternativa sembrava all'Apostolo più pro- con a causa » ma logicamente si riferisce a ciò
308 FILIPPESI, I, 29 — II, 3

autem salùtis, et hoc a Deo ^®Quia vobis : dagli avversari il che è per essi causa di
:

donatum est prò Chrìsto, non solum ut in perdizione, e per voi di salute, e questo è
eum sed ut etiam prò ilio patia-
cpedàtis, da Dio ^'poiché per Cristo vi è stato dato
:

mini ^"Idem certàmen habéntes, quale et


: il dono non solo di credere in lui, ma anche

vidìstis in me, et nunc audistis de me. di patire per lui ^"sostenendo lo stesso
:

combattimento che vedeste in me, e che ora


udite di me.

CAPO li.

Carità fondata sull'umiltà e sulV abnegazione, 1-4. — Imitare V esempio di Gesil


Cristo, 5-11, — Esortazione alla santità, 12-18» — Elogio di Timoteo^ 1^-24.
— Elogio di Epafrodilo, 25-30,

^Si qua ergo consolàtio in Christo, si quod ^Se vi è dunque alcuna consolazione in
solàtium charitàtis, si qua sodetas spiritus, Cristo, se alcun conforto della carità, se
si qua viscera miseratiónis ^Impléte gàu- : alcuna comunione di spirito, se alcune vi-
dium meum ut idem sapiàtis, eàndem chari- scere di compassione ^rendete perfetto il
:

tàtem habéntes, unànimes, idipsum sentién- mio gaudio con essere concordi, con avere
tes, 'Nihil per contentiónem, ncque per inà- la stessa carità, una sola anima, uno stesso
nem glóriam sed in humilitàte superióres
: sentimento, 'nulla (fate) per partito per

che precede. L'Apostolo vuol dire : la vostra in- patetico ed efficace i Filippesi a voler rendere
trepida iermezza nella fede di fronte ai vostri completo il suo gaudio col conservare tra loro una

avversari è per essi causa (W greco Ivòev^i? tale concordia. Consolazione. Il greco «opdxXnon;
significa piuttosto segno, indizio, prova), di perdi- significa qui piuttosto incoraggiamento. S. Paolo
zione, cioè un segno manifesto che saranno vinti vuol dire : Se adunque vi è in voi un qualche
e disfatti nella lotta, e per voi è un segno di salute, sentimento cristiano (in Casto), che vi muova a
ossia un segno che sarete vincitori, e che in con- incoraggiare coloro che soffrono, se io posso spe-
seguenza essi andranno perduti, mentre voi invece rare da voi un conforto isph-ato dalla carità, se
sarete salvi. Da Dio che vi dà tale fermezza. Altri tra me e voi vi ha comunione di beni e di grazie
spiegano : il che, ossia la persecuzione che susci- dello Spirito Santo, se voi avete viscere di com-
tano contro di voi, è una causa di perdita per loro, passione (greco viscere e compassione) verso di
e una causa di guadagno o di salute per voi (CI. me (Ved. n. I, 8), io vi prego e scongiuro.
Matt. V, 10). La prima spiegazione corrisponde Rendete, ecc., ossia fate che il mio cuore,
2.
meglio al testo greco. il quale già per tanti motivi è pieno di allegrezza
29. Questo segno viene da Dio, poiché è Dio per voi, sia ricolmo di gaudio. Voi mi recherete
che vi ha fatto la grazia di soffrire qualche cosa questa consolazione con essere concordi (gr. 9po*
per amore di Gesii Cristo. L'Apostolo chiama le vnte cf. II Cor. XIII, 11) di animi e di sentimenti
tribolazioni un dono di Dio, perchè il soffrire per (Cf. Efes. IV, 3), con avere la stessa carità, ossia
Cristo è una prova che si è uniti a Lui, ed è una coll'amarvi vicendevolmente di un amore uguale,
via sicura di salute, nonché un segno di prede- e come se aveste una sola anima col pensare e
stinazione (Cf. Rom. V, 3, e ss. VII, 18 e ss.). ; volene la stessa cosa (Cf. I, 27). Anche i pagani
Si osservi che S. Paolo dicendo che Dio ha fatto avevano riconosciuta l'importanza della concordia
ai Filippesi il dono non solo di credere, ecc., in- ed è noto il detto di Sallustio a Concordia res par-
segna manifestan>ente che la fede è un dono, e vae crescunt, discordia maximae dilabuntur».
una grazia di Dio, e viene così a distruggere l'e- 3. fate per spirito di partito (gr. IpiOs-
Nulla
resia dei Pelagiani e dei Semipelagiani. iav) o di rivalità (I, 17) e neppure per vana
30. A meglio caratterizzare le tribolazioniche gloria, che spinge a cercar solo il proprio inte-
devono soffrire ì Filippesi, l'Apostolo le paragona resse, ma per un vero sentimento di umiltà cia-
con quelle che egli stesso soffrì a Filippi (Atti, scuno riconosca il proprio nulla davanti a Dìo e
XVÌ, 19-40; I Tess. II, 2), quando vi predicò il davanti agli uomini e creda gli altri superiori a se
Vangelo, e quelle che soffre attualmente a Roma stesso. Non v'è alcuno, dice S. Tommaso (h. 1.),

nella sua prigionia. Il suo esempio varrà senza che sia talmente buono da non avere difetti, come
dubbio a incoiaggiare i neofiti nella lotta. Udite non vi è alcuno che sia talmente cattivo da non
sia da questa lettera, sia da Epafrodito latore di avere qualche cosa di buono. In conseguenza cia-
essa. Nel greco il verbo è al presente e non al scuno riguardando ai proprii difetti e paragonandoli
passato come si legge nella Volgata. con ciò che v'ha di bene negli altri può sempre
secondo ritenere gli altri a sé superiori.
verità
L'umiltà era una virtù sconosciuta ai pagani,
CAPO II. presso i quali non si incontra neppure il nome
Tonexvo<ppo(róvTt se non come sinonimo di animo
1. Se adunque, Riferendosi al cap. I, 27,
ecc. vile e abbietto (Ved. Zorell, Lexicon Graecum,
dove aveva inculcata l'unione tra i fedeli, l'Apo- pag. 559; Grimm, Lexicon graeco-latinum, ecc.,
»tolo conchiude (1-4) esortando nel modo piiì p. 427. Quest'ultimo è protestante). Essendo prò-
FILIPPESI, II, 4-9 309

sibi invìcem arbitrantes, *Non quae sua sunt vanagloria ma per umiltà l'uno creda Tal-
:

singuli consideràntes, sed ea, quae alìórum. tro a sé superiore, ^ognuno faccia atten-
zione non a quello che torna bene per lui
ma a quello che torna bene per gli altri.
"Hoc enim quod et in
sentite in vobis, ''Abbiate in voi gli stessi sentimenti che
Christo lesu : *Qui cum
forma Dei esset,in (furono) in Cristo Gesù ^11 quale essendo
:

non rapinam arbitràtus est esse se aequàlem nella forma di Dio, non credette che fosse
Dee 'Sed semetipsum exinanivit formam
: una rapina il suo essere eguale a Dio ^ma :

servi accipiens, in similitùdinem hóminum annichilò se stesso presa la forma di servo,


factus, et hàbitu invéntus ut liomo. ^Humi- fatto simile agli uomini, e per condizione
liàvit semetipsum factus obédiens usque ad riconosciuto quale uomo. ^Umiliò se stesso
mortem, mortem autem crucis. "Propter fatto ubbidiente sino alla morte, e alla morte

« Hehr. II, 9.

prio defll'umiltà il frenare l'appetito smoderato della y^^óv può


significare sia l'atto di rubare sia la cosa
propria eccellenza e rinclinare l'uomo a ricono- rubata. Quest'ultimo senso ci sembra da prefe-
scere il proprio nulla secondo la verità, è chiaro rù-si) che si custodisce gelosamente per timore di
che essa è un segreto mirabile e infallibile per perderla, quel suo essere uguale a Dio, ossia le
conservare la concordia e la pace. prerogative connesse colla sua uguaglianza con Dio,
4. L'amore del proprio comodo unito al dis-
ma, ecc. La frase non credette rapina è un modo
di dire proverbiale per indicare che non ritenne
prezzo degli altri è la sorgente delle divisioni e
delle discordie, e quindi l'Apostolo dopo aver con tenacia e gelosia come suole avvenire delle
raccomandato nel versetto precedente la stima vi- cose rubate (Ceulemans, h. 1.). Volendo parlare
cendevole, raccomanda ora che niuno preferisca il dell'umiltà di Gesù, l'Apostolo comincia così a
far vedere la sua grandezza (Cf. Giov. I, 1 e ss.).
proprio vantaggio alla comune utilità.
7. Annichilò. Il èxévmaev significa lette-
greco
5. Per rendere più efficaci le sue parole pro-
pone loro l'esempio di Gesù Cristo. Uenim manca
ralmente si vuotò. Con questa
parola l'Apostolo fa
risaltare l'abisso di umiliazione nel quale il Verbo
nel greco. Gli stessi sentimenti di umiltà e di vo-
si sprofondò nella sua incarnazione. Egli facendosi
lontaria abnegazione che vi furono in Gesù Cristo.
Tutto il passo 5-11 merita di essere attentamente
uomo non si spogliò certamente della sua divinitS,
il che non è possibile, ma per un certo tempo ri-
considerato per la sua importanza teologica. Con
pochi tratti di una sublimità grandiosa l'Apostolo nunziò a tutte le prerogative esterne di gloria a
cui come Dio aveva diritto, e nascose la forma di
riassume tutta la storia di Gesù Cristo negli splen-
dori dell'eterna generazione, nelle umiliazioni della
Dio prendendo la forma di servo (gr.nopqp^v òouXov)
ossia assumendo la natura umama, la quale consi-
sua incarnazione e della sua morte, e nella gloria
derata per rispetto a Dio. padrone di tutto è una
dei suoi trionfi e della sua esaltazione. Il fatto che
vera natura di schiavo. Fatto (gr. yevónEvoq) con-
per inculcare alcune virtù morali l'Apostolo si ap-
trasta con wàpXoov = essendo del v. 6. Simile agli
pella a misteri così sublipi mostra da una parte
quanto nella religione cristiana siano tra loro con- uomini. Spiega in che consista la forma di schiavo
presa dal Verbo. Egli si fece simile agli uomini.
nessi il dogma e la morale, e dall'altra quanto
profonda doveva essere l'istruzione religiosa dei Qui non si tratta di una rassomiglianza apparente,
primi cristiani, e come ancora i dogmi della divi-
come insegnavano i Doceti, ma di quella rassomi-
glianza sostanziale, per cui si dice che tutti gli
nità di Gesù Cristo, della sua preesistenza all'In-
carnazione, ecc., facessero parte di quell'insegna- uomini sono simili nella natura umana. Il Verbo di
mento fondamentale che gli Apostoli impartivano a Dio senza cessare di essere Dio assunse nell'unità
della sua persona la natura umana e diventò vero
tutti i fedeli (Ved. Rev. Bib., 1898, p. 402 e ss.,
553 e ss. Prat, La Th. de St-P., t. I, p. 438 e ss. ;
;
uomo. Per condizione (gr. crXninan), ossia in tutto
t. Il, p. 186 e ss. Corluy, Spie, ecc., t. II, p. 64 il suo modo esterno di essere e di agire (nell'a-
;

spetto, nel mangiare, nel bere, ecc.), fu dai suoi


e ss.; Brassac, M. B., t. IV, p. 450).
compatrioti riconosciuto come vero uomo. Come
6. Comincia col descrivere il Verbo prima del-
nel versetto precedente l'Apostolo ha affermato la
l'Incarnazione. Essendo. Nel greco vi è il parti-
divinità di Gesù Cristo, così in questo afferma la
cipio v^tàpXoov =
sussistente, il quale, essendo in
sua vera umanità, in modo da presentare Gesù
costruzione con aoristi, equivale a un imperfetto e
come vero Dio e vero uomo (Ved. Prat, La Th.
indica un'esistenza senza limite di tempo, ossia
de St-P., t. I, p. 445; Rev. Bib., 1896, p. 402
uno stato che era e continua ad essere attualmente.
e ss.).
Forma. Il greco MopcpA significa qui l'elemento es-
8. Figlio di Dio fatto uomo ha voluto umi-
Il
senziale e immutabile di una cosa, ossia la sua
natura in opposizione a cXfìiua che significa l'ele- liarsiancora maggiormente facendosi ubbidiente al
mento variabile. Forma di Dio è quindi la natura Padre suo (Cf. Giov. VI, 38), anche in ciò che vi
di Dio come è chiaro dal v. s. dove forma di servo
è di più diffidile, quali è il sottoporsi alla morte,
significa appunto la natura umana. Prima della
e alla morte più ignominiosa che vi fosse, affine
di salvare gli uomini (Cf. Matt. XXVI, 39; GaL III,
sua incarnazione Gesù Cristo già esisteva ed esi-
steva nella natura divina, e perciò era vero Dio 13; Ebr. IV, 5-10; XII, 2, ecc.).
(Cf. espressioni analoghe: Coloss. I, 15; Ebr. 9. Nei vv. 9-11 descrive l'esaltazione di Gesù
I, 3). Ora Egli, che era Dio e continua ad esserlo, Cristo.Per la guai cosa, ossia in conseguenza come
non riguardò come una cosa rapita (Il greco àpjici- ricompensa di tanto volontario abbassamento (Lue.
310 FlLIPPESI, II, 10-13

quod et Deus exaltavit illum, et donàvit illi di croce. 'Per la qual cosa Dio pure Io
nomen, quod est super omne nomen ^"Ut in : esaltò, e gli donò un nome sopra qualunque
nomine lesu omne genu flectàtur caeléstium, nome ^°onde nel nome di Gesù si pieghi
:

terréstrium, et infernórum, ^^Et omnis lin- ogni ginocchio in cielo, in terra e nell'in-
gua confiteàtur quia Dóminus lesus Chrìstus ferno, "e ogni lingua confessi che il Si-
in gloria est Dei Patris. gnore Gesù Cristo è nella gloria di Dio
Padre.
"Itaque charissimi mei (sicut semper obe- ^^Laonde, miei dilettissimi (come sempre
dìstis) non ut in praeséntia mei tantum, sed
: siete stati ubbidienti) non solo come quando
multo magis nune in abséntia mea, cum me- io era presente, ma molto più adesso nella
tu et tremóre vestram salùtem operàmini. mia assenza, operate con timore e tremore
*^Deus est enim, qui operàtur in vobis et la vostra salute. ^^Poichè è Dio che opera

" Is. XLV, 24; Rom. XIV, U.

XIV, 11), Dio Padre lo esaltò, facendolo sedere si confutano: 1' gli Ariani, i quali negavano la
come uomo alk sua destra e dandogli ogni potestà cons<Jsfanzialità e l'uguaglianza del Figlio col Pa-
su tutte le creature (Cf. Mar. XVI, 20-; Rom. Vili, dre ; 2° i Sabelliani, i quali negavano la pluralità
34; XIV, 19; Efes. I, 20, 21; Coloss. Ili, 1; Ebr. delle persone in Dio; 3" i Nestoriani, i quali po-
I, 13, ecc.). E gli donò un nome (gr. tò ovona
= nevano due persone in Gesù Cristo; 4* gli Euti-
il Il nome sopra qualunque nome per
nome), ecc. chiani, i quali ponevano in Gesù Cristo una sola
gli Ebrei era quello di lahve che veniva perciò natura ;
5' i Doceti, che attribuivano a Gesù Cristo
sostituito da Adonai = Signore. II Padre donò un corpo fantastico e non reale; 6° gli Apollina-
(èXopioato) come premio al suo Figlio fatto uomo risti, i quali dicevano che l'anima di Gesù Cristo
n nome di Signore Gesù Cristo, come è indicato non era simile alla nostra (Ved. S. Tommaso, h. 1.).
al V. 11, ori v.vpioq Gesù è il
'It\aov<; Xpiotóc;.
12. Nei vv. 12-18 esorta i fedeli a lavorare con
nome personale del Figlio di Dio fatto uomo. Cri- perseveranza e generosità alla propria santifica-
sto indica la sua missione di Messia. Signore come
zione. Laonde. Deduce una conseguenza pratica
sinonimo di lahve, fa conoscere la sua natura di- inculcando l'imitazione dell'obbedienza di Gesù
vina. Il Padre diede al Figlio suo fatto uomo un
Cristo. Manifesta dapprima il suo affetto per i
tal nome quando lo fece riconoscere come vero
Filippesi chiamandoli carissimi (IV, 1 ; I Cor. X,
Dio, il che avvenne in modo speciale dopo la sua 14; XV, 58, ecc.) e facendo l'elogio della loro
risurrezione e la sua ascensione al cielo (Cf. Atti II,
virtù, siete stati obbedienti a Dio osservando i
.36; Ebr. I, 5; Apoc. XIX, 11 e ss.). suoi precetti. Questa obbedienza però non doveva
10. Onde Iva. Fine che Dio propose nell'esal-
si durare solo finché io era presente presso di voi a
tazione di Gesù. Nel nome Gesù, ossia davanti
di stimolarvi, ma deve essere ancora più pronta e
alla persona significata con questo nome si pieghi generosa ora che sono assente, perchè essendo
ogni ginocchio. La frase piegare il ginocchio si- più gravi i pericoli si ricerca da voi che operiate
gnifica adorare (Rom. XI, 4; XIV, 11 ; Efes. Ili, 14) la vostra salute con timore e tremore, ossia con
e quindi piegare il ginocchio al nome di Gesù vuol grande sollecitudine e grande timore di offendere
dire riconoscere la sua divinità e rendergli tutto Dio (Cf. II Cor. VII, 15; Efes. VI, 5). Il greco
l'onore che gli è dovuto. Dio vuole che Gesù sia xatepYdìJecee, tradotto operate significa letteral-
riconosciuto come Dio e Signore da tutte le crea- mente operate completamente, conducete a ter-
ture in cielo, cioè dagli angeli, in terra, cioè dagli mine.
uomini, e nell'inferno, cioè dai morti in generale, Motivo per cui devono conservarsi nell'u-
13.
oppure dai demonii. Il greco xaraXGovitov, tradotto miltà e operare la salute con timore e tremore.
inferno significa piuttosto il soggiorno dei morti e Senza la grazia di Dio non possiamo né volere né
letteralmente coloro che abitano sotto terra.
fare alcuna cosa di bene in ordine alla salute. E
11. Continua sviluppando lo stesso pensiero. Dio infatti che colla sua grazia opera in noi il
Ogni lingua nel cielo, nella terra e nell'inferno volere, ossia la determinazione efficace della vo-
confessi che Signore Gesù Cristo è nella gloria
il lontà verso il bene, e il fare (tò èvepYeìv lope- =
di Dio Padre, ossia ha la stessa gloria col Padre, rare), ossia l'esecuzione della buona determinazione
essendo a Lui uguale. Tale è il senso della Vol- della volontà. Ora questa grazia Egli non ce la
gata. Il testo greco però deve essere tradotto : dà perchè vi sia obbligato, ma per un atto di pura
ogni lingua confessi che Gesù Cristo è Signore, a benevolenza, ossia secondo la sua buona volontà
gloria di Dio Padre. L'oggetto diretto della con- (vnèp xr[q eùòoxiaq), e potrebbe sottrarcela, qua-
fessione è la sovranità universale e quindi la di- lora noi ci rendessimo ad essa infedeli. Si osservi
vinità di Gesù Cristo (Apoc. Ili, 2). Questa con- però che la grazia lungi dal distruggere presup-
fessione poi come a fine ultimo è ordinata alla pone il libero arbitrio. Non enim, dice Sant'Ago-
gloria del Padre. Si verifica così il detto di Gesù : stino (De gratia et libero arb., 9), quia dixit Apo-
e Padre glorifica il tuo Figliuolo, onde anche il tuo stolus Deus, etc, ideo liberum arbitrium abstulisse
Figliuolo glorifichi te» (Giov. XVII, 1. Ved. n. ivi). putandum est. Quod si ita esset superius non di-
Nei vv. 5-11 sono chiaramente insegnate: 1* La xisset cum timore, etc, e poi contìnua, 16 Cer- :

divinità di Gesù Cristo e la sua consostanzialità tum est nos velie cum volumus, sed ille, facit ut
col Padre 2' la sua vera umanità
;
3* l'unione ; velimus bonnm... Certum est nos facere cum fa-
delle due nature in una sola persona; 4* il merito cimus, sed ille facit ut faciamus praebendo vires
della sua obbedienza e della sua morte e quindi ; efficacissimas voluntati... e (17) Ipse ut velimus
FiLiPPESl, II, 14-20 311

velie, et perfìcere prò bona voluntate. ^''Om- in voi e volere e il fare secondo la buona
il

nia autem fàcite sine murmuratìónibus, et volontà. ^*Tutto fate senza mormorazioni,
haesìtatiónibus : "Ut sìtis sine quaeréla, et né dìspute : "affinchè siate irreprensibili e
simplices filli Dei, sine reprehensióne in sinceri figliuoli di Dio, scevri di colpa in
mèdio natìónis pravae, et pervérsae : inter mezzo ad una nazione prava e perversa :

quos lucétis sicut luminària in mundo, ^^Ver- tra cui risplendete,come luminari del mon-
bum vitae continéntes ad gióriam meam in do, "portando la parola di vita a gloria mia
die Christi, quia non in vàcuum cucurri, nel giorno di Cristo, perchè non ho corso
neque in vàcuum laboràvi. ^'Sed et si im- invano, non ho lavorato invano. "Ma quando
molor supra sacrificium, et obséquium fidei pure io fossi offerto in libazione sopra il

vestrae, gàudeo, et congràtulor omnibus vo- sacrifizio e l'ostia della vostra fede, io ne
bis. ^'Idipsum autem et vos gaudéte, et con- godo, e me ne congratulo con voi tutti. "E
gratulàmini mihi. anche voi godetene, e congratulatevi con me.
^^Spero autem in Domino lesu, Timo- "Spero nel Signore Gesù di mandare spe-
théum me cito mittere ad vos ut et ego : ditamente da voi Timoteo affinchè Io pure
:

bono ànimo sim, cógnitis quae circa vos sunt. stia di buon animo, informato che sia delle
*°Néminem enim hàbeo tam unànimem, cose vostre. ^"Poiché non ho nessuno che

>* I Petr. IV, 9. " Act. XVI, 1

operatur ìncipiens, qui volentibus cooperatur per- vera vita (Giov. VI, 6, 9 ; Atti V, 20 I Giov. I, 1).
;

ficiens... Ut ergo velimus sine nobis operatur, cum A mia gloria. Io voglio che siate tali affine di
autem volumus et sic volumus ut faciamus nobi- potermi gloriare di voi per il giorno del finale
scum cooperatur, tamen sine ilio vel operante ut giudizio, che cioè non ho corso invano nello stadio
velimus vel cooperante cum volumus, ad bona pie- apostolico (Cf. Atti XX, 24 I Cor. IX, 24 II Tim.
; ;

tatis opera nihil valemus. IV, 7, ecc.), ossia non invano mi sono affaticato
In questi due versetti, 12 e 13, l'Apostolo in- per la salute delle vostre anime.
segna parecchie verità 1° Che l'uomo non è s,i-
:
17-18. Benché l'Apostolo avesse speranza di
curo di perseverare nel bene (Conc. Trid., sess. VI, rivedere i Filippesi, poteva essere però che egli
de iustif., cap. XIII e can. 16. Cf. n. I Cor. 1,8); venisse condannato a morte, e perciò continua di-
2* Che per salvarsi non basta la sola fede, ma cendo : ma quando pure dovessi essere offerto
sono necessarie le opere (Conc. Trid., ibid. can. (greco versato) in libazione, ecc. La metafora
19-21. Cf. n. Rom. I, 17); 3* Che le opere buone usata da S. Paolo è tratta dagli antichi sacrifizi.
possono valere a meritare la salute eterna (Conc. Era prescritto nell'Antico Testamento (Num. XV,
Trid., ibid. can. 24, 31, 32. Cf. n. I Cor. XV, 58); 5 e ss. ; XXVIII, 7, ecc.) che nei sacrifizi il Sacer-
4* Che queste opere sono fatte dalla libera vo-
dote dopo aver immolata la vittima versasse una
lontà dell'uomo (Con. Trid., ibid. can. 4) 5' Che ;
libazione di vino attorno all'altare. Ora l'Apostolo
la libera volontà da sola non basta a fare il bene, rappresenta se stesso come un sacerdote che offre
ma deve essere mossa dalla grazia, senza la quale un sacrifizio. La vittima immolata sono i Filippesi
non possiamo far nulla che possa essere utile per convertiti (sacrifizio della vostra fede), l'azione sa-
l'eterna salute (Conc. Trid., ibid. cap. V e can. 1-3. crificale è indicata dal greco AeiToupYt'o (ostia).
Cf. Rom. IX, 16. Ved. S. Tommaso, h. 1.; Van che significa appunto rito o cerinumia sacra (Cf.
Steenkiste, h. 1.).
Lue. I, 23; Atti XIII, 2; Rom. XIII, 6, ecc.). Se
14-16. Fate tutto, espressione generale che com- avverrà però che a questo sacrifizio egli debba ag-
prende tutto ciò che il crisitiano deve fare. Senza giungere come libazione il suo proprio sangue, ne
mormorazioni contro Dio, quasi che i suoi precetti gode, e si congratula coi Filippesi perchè ciò torna
siano troppo gravi, e senza dispute (gr. òiaXoyK;- a loro maggior vantaggio. Anch'essi devono con-
Hcòv), cioè senza criticare le disposizioni della Di- gratularsi con lui, perchè la morte per lui è un
vina Provvidenza, ma con prontezza e lalacrità guadagno, e nel suo cuore nutre vivo il desiderio
affinchè siate irreprensibili (gr. àn&nnxoi) davanti di essere sciolto dai vincoli della vita presente e

a Dio e agli uomini, e sinceri (gr. dxépaioi), ossia di ritrovarsi con Cristo (I, 21-23).
puri e integri. Figli di Dio ned greco concorda con Avendo intenzione di inviare tra poco a Fi-
19.
scevri di colpa, cioè senza macchia (téxva Geov lippi Timoteo e Epafrodito, l'Apostolo comincia
4^cDfia). La grandezza della loro dignità deve ani col farne ora l'elogio (19-30) parlando prima di
marli a condurre una vita di perfezione. In mezzo Timoteo (19-24) e poi di Epafrodito (25-30). Io
di una nazione (greco generazione) prava e per- confido di vivere ancora, e spero nel Signore Gesù,
versa, ossia in mezzo ai pagani tra i quali vivete. ossia neMa sua grazia (I, 8, 14; III, 1, ecc.) di
L'Apostolo allude al Deuteronomio, cap. XXXII, mandare Timoteo (Ved. Introd. lett. a Tim.). Voi
5, secondo i LXX. Tra cui risplendete per i vostri sarete rallegrati dalle buone notizie che da lui ri-
esempi di virtù (Cf. n. Matt. V, 14, 16; Efes. V, ceverete di me, e io pure starò di buon animo al
8; I Tess. V, 5) come luminari del mondo, ossia ricevere buone notizie di voi.
come gli astri che Dio creò per illuminare il mondo
(Cf. Gen. 1,14,16; Daa. XII, 3; Matt. XIII, 45). 20. Dà il motivo per cui manda Timoteo a pre-
Portando. Il greco ènéXovreq, tradotto retinentes ferenza di Che divida i miei sentimenti. Il
altri.

può significare sia ritenere sia portare o possedere. greco letteralmente significa che abbia
toói})i3Xov,

La parola di vita è il Vangelo, che annunzia e dà la lo stesso animo. Il senso di queste parole è spie-
312 FILIPPESI, II, 21-29

qui sincèra affectìóne prò vobis solicitus sit. come lui divida i miei sentimenti e che si
^^Omnes enim quae sua sunt quaerunt, non affanni per voi con più sinceTa affezione.
quae sunt lesu Christì. ^^Experiméntum au- ^^Tutti infatti pensano alle cose loro, non a
tem eius cognóscite, quia sicut patri filius, quelle di Gesù Cristo. ^^Ora vi è noto il
mecum servivit in Evangélio. ^'Hunc igitur saggio che egli ha dato di sé, mentre, come
spero n>e mittere ad vos, moK ut videro un figliuolo col padre, ha servito con me
quae circa me sunt. ^^Confido autem in Do- al Vangelo. ^^Lui adunque spero di man-
mino quóniam et ipse véniam ad vos cito. dare da voi, subito che avrò veduto lo stato
delle cose mie. **Confido poi nel Signore
che verrò io pure presto da voi.
*'Necessàrium autem existimàvi Epapliro- ^'Ma ho creduto necessario di mandarvi
ditum fratrem, et cooperatórem, et commi- Epafrodito, mio fratello, mio cooperatore, e
litónem meum, vestrum autem apóstolum, mio compagno di lotta, e vostro inviato per
et minìstrum necessitàtis meae, mittere ad sovvenire alle mie necessità ^"poiché bra- :

vos ^"Quóniam quidem omnes vos deside-


: mava ardentemente di riveder tutti voi ed :

ràbat et moestus erat, proptérea quod au-


: era afflitto, perchè si fosse saputo da voi
dieràtis illum infirmàtum. ^^Nam et ìnflrmà- come egli era stato malato. ''^Infatti è stato
tus est usque ad mortem sed Deus misértus : malato fino a morte ma Dio ha avuto com-
:

est eius non solum autem eius, verum


: passione di lui né solamente di lui, ma
:

étiam et mei, ne tristitiam super tristitiam anche di me,


non avessi dolore so-
affinché
habérem. ''^Festinàntius ergo misi illum, ut adunque mandato più spe-
pra, dolore. ^*L'ho
viso eo iterum gaudeàtis, et ego sine tristitia ditamente, affinché vedutolo, di nuovo vi
sim. ^'Excipìte itaque illum cum omni gàu- rallegriate, e io sia fuori di pena. ^'Acco-

" I Cor. XIII, 5.

gato dalle seguenti : che si affanni, ecc., ossia che di cui si fa cenno nella lettera ai Colossesi (I, 7;
si prenda a cuore con maggior disinteresse le cose IV, 12). Fratello, cioè cristiano, cooperatore (greco
vostre. ODvepYÓv), cioè compagno nella predicazione del
Vangelo, compagno di lotta contro i nemici della
31. Spiega meglio il motivo precedente. Tutti,
fede (Cf. Rom. XVI, 3, 9 Filem. 2 II Tim. II, 3).
ecc. L'Apostolo parla qui solo dei suoi compagni di ; ;

ministero, non però di tutti, ma di quelli che allora


Vostro inviato. 11 greco d:ióoroXov apostolo si- =
gnifica qui inviato, come II Cor. Vili, 23. Per
erano presso di lui e avrebbero potuto recarsi a
sovvenire. Nel greco si legge XetrovpYÒv, che in-
Filippi. Vanno quindi esclusi Luca, Aristarco, ecc.
dica propriamente il ministro di un culto. S. Paolo
(Cf. Coloss. IV, 11 e ss.). San Paolo avrebbe vo-
considera l'elemosina come un'azione sacra (Ved.
luto che tutti fossero come
lui pieni di abnega-
n. Il Cor. IX, 12) e un sacrifizio che si fa a Dio
zione e di sacrifizio e incuranti delle proprie co-
(Cf. IV, 18).
modità, pur troppo però che non tutti avevano il
suo spinilo, vedeva talvolta esposto a
ed egli si 26. Accenna al motivo per cui ha determinato di
disillusioni dolorose che danno ragione del bia- mandar subito a Filippi Epafrodito. Era afflitto, lì
8Ìmo severo che loro infligge (Cf. I, 15-16). greco d6i\iLiovcòv indica una tristezza profonda. Que-
sta tristezza era in lui causata dalla pena che pro-
22. Vi è noto il saggio, ecc. Il greco tt\v òoxinnv
vavano i Fillippesi per la sua salute. Quanta sol-
ovToG Ytvróoxete potrebbe essere meglio tradotto :
lecitudine e tenerezza di affetti regnava allora tra
Voi conoscete la sua provata virtù. Timoteo era già
i cristiani I
stato a Filippi con S. Paolo (Atti XVI, 1, 3, 13;
XVII, 14), e quindi i Filippesi avevano veduto coi E stato malato fino a morte,
27. cioè fu presso a
loro occhi con quanto zelo egli avesse lavorato per morire. Ha avuto compassione di lui ridonandogli

il Vangelo, e si fosse mostrato pieno di amore e la sanità e concedendogli così di poter ancora con-
di rispetto verso S. Paolo, come un figliuolo verso vertire altre anime. Anche di me, che lo amo tene-
il padre suo. ramente, affinchè non avessi un nuovo dolore per
la sua morte, sopra il dolore che già provo per la
23^ 24. Lo stato delle cose mie. L'Apostolo pre-
mia prigionia.
vede che prossimamente sarà trattata la sua causa
e confida di ottenere dall'imperatore una sentenza 28. Più speditamente che non avrei fatto In altre
favorevole, e di poter nuovamente vedere i suoi circostanze. L*ho mandato. L'Apostolo usa l'aoristo
Filippesi. epistolare rLferen<losi cioè al momento in cui i
Filippesi avrebbero letta la sua lettera. Probabil-
25. Passa ora a parlare di Epafrodito facendone
il pili grande elogio. Nell'attesa della mia libera-
mente Epafrodito fu quello stesso che portò loro
questa lettera. Di nuovo vi rallegriate lasciando da
zione ho creduto necessario per la ragione addotta
parte ogni tristezza per la sua salute. Io sia fuori
al V. 26 di mandarvi subito Epafrodito. Era questi
di pena. Nel greco si legge e io sia meno triste,
:
uno fra i membri più illustri della Chiesa di Fi-
sapendo che voi siete nella gioia. Quanta sensibi-
lippi, il quale, oltre all'essere stato cooperatore di
lità di affetto albergava nel cuore di S. Paolo I SI
S. Paolo nella predicazione del Vangelo, era stato
direbbe che egli non viveva che per gli altri !
inviato a Ronui dai Filippesi a portare alcuni soc-
corsi all'Apostolo prigioniero. Di lui non si parla 29. Con allegrezza, perchè io ve Io mando a
che rn questa lettera, e non va confuso con Epafra bella posta per rallegrarvi. Ma la vostra allegrezza
FILIPPESI, II, 30 — III, 3

dìo in Dòmino, et eìùsmodi cum honóre ha- glietelo adunque nel Signore con ogni alle-
betóte. '"'Quóniam propter opus Christi grezza, e tenete in onore tali persone. '"Poi-
usque ad mortem accèssit, tradens ànimam ché per il servizio di Cristo è andato vicino
suam ut impléret id, quod ex vobis déerat a morte, esponendo la propria vita per sup-
erga meum obséquìum. plire al difetto degli uffici vostri verso di me.

CAPO III.

Gioia cristiana, i, —
Guardarsi dai falsi dottori, 2-3. 6*. Paolo ha disprezzato —
le prerogative giudaiche perchè inutili per la giustificazione, 4-1 1. Col suo —
esempio esorta i Filippesi a sforzarsi di raggiungere la perfezione cristiana, 12-17,

/ cattivi e i buoni cristiani, 18-21.

fratres mei guadéte in Domino.


*De cétero ^Del resto, fratelli miei, state allegri nel
Eadem vobis scribere, mihi quidem non pi- Signore. Non rincresce a me ed è necessario
grum, vobis autem necessarium. ^Vidéte ca- per voi che io vi scriva le stesse cose.
nes, vidéte malos operàrios, vidéte conci- ^Guardatevi dai cani, guardatevi dai cattivi
siónem. 'Nos enim sumus circumcisio, qui operai, guardatevi dal taglio. ^Poiché i cir

sia quale si conviene a cristiani, e pure siano


tali dei Giudaizzanti. Probabilmente l'Apostolo allude
ie vostre accoglienze (nel Signore). Tenete in a qualche sua lettera precedente in cui scrivendo
onore tali persone che sì sacrificant) per il Van- ai Filippesi aveva già toccato di questa questione.
gelo. Tale lettera andò perduta, ma che S. Paolo abbia
30. // servizio o l'opera di Crìsto non è solo il
scritto più volte ai Filippesi viene con tutta pro-

viaggio fatto a Roma per soccorrere S. Paolo, ma babilità affermato da S. Policarpo {Ad Philipp.

comprende ancora Ili, 2) ed è ammesso dalla maggior parte degli


tutti i travagli e le fatiche so-
stenute per il Vangelo. Esponendo a pericolo la interpreti (Cf. Beelen, Com. in Ep. ad Phil. 1852,
propria vita. Tale è il senso del greco JtapapoXev- p. 12; Van Steenkiste, h. il.; M. B. Brassac, IV,
aànEYoq, lezione da preferirsi a napaPouXeuoà^evoq p. 171, ecc.). Alcuni però (Estio, ecc.) interpre-
= non tenendo conto, che si trova nei codici tano : che io vi scriva le stesse cose che ho scritto
C K,ecc. Per supplire al difetto. Mentre fa l'elogio ai Romani, ai Calati, oppure, che vi ho già predi-
del disinteresse di Epafrodito, l'Apostolo viene cato a voce. La prima spiegazione ci sembra tut-
ancora a lodare la liberalità dei Filippesi. Essi tavia da preferirsi.
avrebbero voluto in persona aiutare S. Paolo, ma 2. Guardatevi, ecc. Considerando i danni im-
ciò non essendo loro possibile, mandarono Epafro- mensi che causavano alle Chiese questi falsi dot-
dito a Roma, acciò egli supplisse a quel che essi tori, l'Apostolo si sente ripieno di indignazione e
non potevano fare. Alla liberalità dei Filippesi, prorompe in parole dure e severe a loro riguardo
l'Apostolo dà il nome di XettowpYtai; obse- = (Cf. Atti, XV, 1 e ss. ; Gal. II, 3, 5, 11, ecc.). Li
quium, che indica un'azione sacra spettante al chiama cani. Il cane era un animale impuro, e i
culto di Dio (Cf. V. 25). Invece di erga meum, Giudei solevano dare il nome di cani ai Gentili
si dovrebbe leggere erga me, ossia verso di me. (Ved. n. Matt. XV, 26). Chiamandoli così S. Paolo
vuole far subito risaltare che essi non apparten-
gono al popolo santo del Nuovo Testamento, ma
CAPO III. sono nemici di Cristo e fuori della Chiesa (Gal.
V, 4) e pieni di impudenza, di avarizia e di vora-
1. Del resto (gr. rò Xomóv). San Paolo usa cità. Cattivi operai che invece di edificare distrug-

questa formola talvolta per introdurre un nuovo gono l'opera di Cristo. Taglio (greco xararoiii^)
soggetto (I Cor. VII, 29), ma più spesso per finire astratto per il concreto tagliati, o meglio mutilati.
(IV, 8; Efes. VI, 10; I Tess. IV, 1, ecc.). Proba- Con un giuoco ironico di parole invece di chiamarli
biln>ente Egli aveva intenzione di terminare qui la itzpxxo\ir\ =
circoncisione, li chiama xararoinq =
sua lettera, ma il ricordo dei Giudaizzanti, che mutilazione, per indicare che erano falsi circoncisi,
turbavano la pace delle Chiese, e che a motivo e che la loro circoncisione non era altro che una
della sua prigionia erano divenuti più audaci, lo vana mutilazione (Cf. Gal. V, 12).
indusse ad aggiungere alcune riflessioni severe, af- 3. In opposizione a questi mutilati, noi cri-
fine di premunire fedeli dai loro errori. State
i stiani siamo i perchè noi
veri circoncisi, soli ab-
allegri come si conviene a cristiani giustificati. Nel biamo la vera circoncisione del cuore (Ved. n. Rom.
Signore, principio e causa di ogni nostro gaudio. II, 28-29. Cf. Coloss. II, 11, ecc.). Noi che, ecc.
L'Apostolo parla qui di quel gaudio che è frutto Accenna a tre caratteri della vera circoncisione.
dello Spirito Santo (Gal. V, 22) e che nella lettera Serviamo (gr. XatpeiJovTeq =
adoriamo, prestiamo
ai Romani (XIV, 17) fu chiamato gaudio nello Spi- culto) a Dio in ispirilo, cioè in opposizione al culto
rito Santo (Ved. n. ivi). E necessario, meglio, puramente esteriore dei Giudei, noi cristiani ado-
secondo il greco àacpa\éq è vantaggioso, è utile. riamo Dio con quel culto che ci viene ispirato dallo
Che io vi scriva le stesse cose tornando a parlarvi Spirito Santo (Cf. Rom. Vili, 14). I migliori codici
314 FlLIPPESI, III, 4-10

spiritu servimus Deo, et gloriamur in Chri- concisi siamo noi, che serviamo a Dìo in
sto lesu, et non in carne fldùciam habéntes, gloriamo in Cristo Gesù, e non
ispirito, e ci
^Quamquam ego hàbeam confidéntiam et in poniamo fiducia nella carne, ^benché io ab-
carne. Si quis àlius vidétur confidere in bia onde confidare anche nella carne. Se
carne, ego magis, ''Circumcisus octàvo die, alcun altro vuol confidare nella carne, mag-
ex gènere Israel, de tribù Béniamin, He- giormente io, "circonciso l'ottavo giorno,
braeus ex Hebraeis, secùndum legem Phari- Israelita di nazione, della tribù di Benia-
saeus, *Secundum aemulatiónem pérsequens mino, Ebreo (nato) di Ebrei, secondo la
Ecclésiam Dei, secùndum insti tiam, quae in legge Fariseo, ^quanto allo zelo, persecu-
lege est, conversàtus sine quaeréla : tore della Chiesa di Dio, quanto alla giusti-
zia consistente nella legge, irreprensibile :
^Sed quae mihi fuérunt lucra, haec arbi- 'Ma quelli che per me erano guadagni, II
tràtus sum propter Christum detriménta. stimai perdita a causa di Cristo. *Anzi io
"Verùmtamen existimo omnia detriméntum riguardo tutte le cose come perdita rispetto
esse propter eminéntem sciéntiam lesu Chri- all'eminente cognizione di Gesù Cristo mio
sti Domini mei propter quem omnia detri-
: Signore : per il quale ho rinunziato a tutte
méntum feci, et àrbitror ut stércora, ut Chri- le cose, e le stimo come spazzatura per fare
stum lucrifàciam, ®et invéniar in ilio non acquisto di Cristo, ''ed essere trovato in lui,
habens meam iustitiam, quae ex lege est, non avendo la mia che viene dalla
giustizia
sed illam, quae ex fide est Christi lesu : legge, ma quella che
nasce dalla fede di
quae ex Deo est iustitia in fide ^°Ad cogno- Cristo Gesù la giustizia che viene da Dio,
:

scéndum illum, et virtùtem resurrectiónis mediante la fede, ^"affine di conoscere lui,

» Act. XXIII, 6.

greci hanno itvevjiaxx ©eor =


per lo Spirito di 7. Ma quelli, ecc., ossia ma tutte queste prero-
Dio e nonKveviJon 0e$ =
m ispirito a Dio come si gative, le quali, finché fui nel Giudaismo, erano
ha nella Volgata. Ci gloriamo, ecc. I Giudaizzantì per me guadagni, cioè venivano da me considerate
si gloriano nelle osservanze della legge, ma noi ci come cose vantaggiose, quando mi convertii al
gloriamo in Gesù Cristo fonte di ogni vera giu- Cristianesimo le stimai una perdita, cioè riconobbi
stificazione e unico autore della nostra salute (Cf. che sono inutili e nocive alla salute. A far questo
Rom. V, 11 ; I Cor. I, 30, 31; Gal. VI, 14). Non giudizio io fui indotto a causa di Gesù Cristo, ossia
poniamo fiducia di salute nella carne, cioè nella dall'aver conosciuto che solo Gesù Cristo può
circoncisione, e nelle altre prerogative carnali, giustificare gli uomini e condurli alla salute.
quali p. es., il discendere da Abramo, l'osservare 8. Non solo in passato ma anche adesso io ri-
la legge mosaica, ecc. (Cf. Rom. Vili, 4-5; Efes.
guardo tutte le cose, cioè le prerogative giudaiche
II, 3, ecc.). ed altre cose simili, come perdita, ossia come inu-
Nei vv. 4-11 fa vedere che egli non disprezza
4. tili e dannose, rispetto, vale a dire in paragone di

taliprerogative perchè ne sia privo (anzi le pos- quei beni immensi che ci procura la cognizione
siede tutte in sommo grado, 4-6), ma perchè ha pratica e viva di Gesù Cristo nostro unico Salva-
riconosciuto che sono inutili alla giustificazione, la tore. Per amore di lui, ho rinunziato a tutte le
quale viene data unicamente per Gesù Cristo. Se cose, cioè a tutte queste prerogative, ecc., e le
alcun altro, ecc., ossia se la carne desse qualche stimo come spazzatura o rifiuto, vale a dire come
motivo di sperare la salute, io avrei diritto di glo- cose inutili e di niun valCfc^, affine di far acquisto,
riarmi delle sue prerogative più di quel che ne ab- ossia di guadagnare Gesù Cristo. Ho perduto tutto
biano questi falsi dottori giudaizzanti. ciò che mi veniva dalla legge per guadagnare
tutto, cioè Gesù Cristo eoo tutti ijsuoi beni.
Circonciso l'ottavo giorno dopo la mia na-
5.
scita, come prescrive la legge (Gen. XVII, 12; 9. Spièga meglio che voglia dire guadagnare
Cf. Lue. II, 21), e quindi non proselito ma nato Gesù Cristo. Voglio essere trovato in lui, ossia
Giudeo. Israelita, cioè discendente da Giacobbe e voglio essere riconosciuto come unito a lui, cioè
membro del popolo di Dio (Rom. IX, 4 XI, 1 ; ; come membro del suo corpo mistico, e come giusto
II Cor. XI, 22 e ss.). Della tribù di Beniamino non già di quella giustizia umana (mia), che viene
(Rom. XI, 1) che al tempo dello scisma restò fedele dall'osservanza della legge giudaica, ma di quella
a Dio (I Esdr. IV, 1). Ebreo, cioè parlante la giustizia che si ottiene per la fede prestata a Gesù
lingua nazionale, e non il greco come i Giudei Cristo. Di Cristo è un genitivo che indica l'oggetto
Ellenisti (Atti, XXI, 40; XXII, 2; XXIII, 6). Se- della fede. Gesù manca nei migliori codici. Questa
condo la legge, ossia per ciò che si riferisce al- giustizia proviene da Dio come da causa efficiente
l'interpretazione e allo zelo per l'osservanza della ed ha per base e fondamento la fede (Ved. la que-
legge mosaica. Fariseo e quindi pienamente orto- stione ampiamente trattata : Rom. I, 17 ; III, 21-
dosso (Cf. Atti, XXII, 3; XXIII, 6; XXVI, 5). 26; IV, 4 e ss.; X, 3; Cf. Gal. II, 14 e ss.; Ili,
1-14; IV, 4, 5).
6. Quanto allo zelo per la religione Giudaica,
persecutore, ecc. V. Atti, XXVI, 9-11, ecc. Quanto 10-11. Affine dipende da stimo come spazzatura
alla giustizia, che risulta dall'esatto osservanza ed è una nuova spiegazione delle parole far ac-
della legge, fui irreprensibile, ossia feci quanto quisto di Gesù Cristo (v. 8). Conoscere. Qui si
stava da me per conseguirla. tratta di una cognizione non speculativa, ma pra-
FlLIPPESI, III, 11-15 315

eius, et societàtem passiónum illius confl- : e l'efficacia della sua risurrezione, e la par-
guràtus morti eìtrs "Si quo modo occùrram
: tecipazione ai suoi patimenti, divenendo con-
ad resurrectiónem, quae est ex mórtuis : forme alla sua morte "se in qualche modo
:

"Non quod iam accéperim, aut iam per- io giunga alla risurrezione da morte ^^Non :

féctus sim sequor autem, si quómodo com-


: che io abbia già conseguito il premio, o sia
prehéndam in quo et comprehénsus sum a già perfetto :ma corro dietro per prenderlo,
Christo lesu. poiché io pure fui preso da Cristo Gesù.
"Fratres, ego me
non àrbitror comprehen- "Io, fratelli, non mi credo di aver toccato
dìsse. Unum quae quidem retro sunt
autem : la meta. Ma questo solo, che dimentico di
obliviscens, ad ea vero, quae sunt prióra, quel che ho dietro le spalle, e stendendomi
exténdens meipsum, ^*Ad destinàtum pér- verso le cose che mi stanno davanti, ^*mi
sequor, ad bravìum supérnae vocatiónis Dei avanzo verso il segno, verso il premio della
in Christo lesu. ^*Quicùmque ergo perfécti superna vocazione di Dio in Cristo Gesù.
sumus, lioc sentiàmus et si quid àliter
: "Quanti adunque siamo perfetti, pensiamo

tica e sperimentale, che importa l'unione e l'assi- distende e ritrae i suoi muscoli coU'occhio fisso
milazione a Gesii Cristo modello di tutte le virtù. sempre alla meta, mi avanzo {gr. òtcóxco, corro per
L^efflcacia (gr. t^v òùvapv) ossìa la potenza della raggiungere) verso il segno, ossia la perfezione.
sua risurrezione per rispetto ai fedeli. La risur- L'Apostolo non vuol ricordare né le sue virtù, né
rezione di Gesù ci rende certi della nostra ricon- i suoi patimenti, né i suoi meriti passati (Cf. Lue.
ciliazione con Dio (Rom. IV, 24-25), della futura IX, 62) ; un solo pensiero lo preoccupa continua-
nostra risurrezione (I Cor. XV, 20; I Tessal. IV, mente ed é quello di sempre più avvicinarsi a Gesù
14) e della nostra intima unione con Lui (Rom. VI, Cristo, imitando le sue virtù. Premio. Il greco
4; Efes. II, 5-6; Coloss. III, 1-4). Per aver parte ppapetov é un termine tecnico che indica la ricom-
alla gloria di Gesù Cristo è però necessario bere pensa data al vincitore nel giuoco della corsa (Cf.
prima con Lui il calice della passione (Rom. VIII,
17; II Cor. I, 5; Coloss. I, 24, ecc.) e perciò
l'Apostolo desidera la partecipazione ai suoi pati-
menti e alla sua stessa morte, affine di giungere
così alla risurrezione gloriosa (Cf. II Cor. IV,
10; I Piet. IV, 13). Si osservi che la forma ipo-
tetica del V. 11 non proviene da dubbio, ma da Fig. 32.
umiltà profonda, e lascia capire e la difficoltà del-
Corone
l'impresa e l'incertezza in cui generalmente ci tro-
per ì vincitori.
viamo per riguardo alla finale riuscita (Ved. n.
Rom. Vili, 17; 31-39; I Cor. IX, 27; X, 12, ecc.).
12. Nei vv. 12-17 l'Apostolo col suo esempio
esorta i fedeli a sforzarsi per giungere alla perfe-
zione cristiana. Non che si deve sottintendere dico.
Benché abbia rinunziato a tutte le prerogative giu-
daiche per far acquisto di Cristo (7-11), io non dico
già di aver conseguito il premio, ossia di essere I Cor. IX, 24). Qui é usato dall'Apostolo per si-
giunto alla meta. Il linguaggio dell'Apostolo è fi- gnificare l'eterna beatitudine. Della superna voca-
gurato e allude al giuoco della corsa nel quale zione, ossia il premio a cui Dio mi ha chiamato
al primo arrivato si dava il premio. Sia già per- In Cristo Gesù. Alcuni congiungono que-
dall'alto.
fetto. Il greco TEteXiojuai, si diceva di colui che ste parole con mi avanzo, come se l'Apostolo vo-
nello stadio aveva raggiunta la méta. L'Apostolo lesse dire che egli corre verso la meta non colle
vuol dire io non dico di avere raggiunta là cima
: sole sue forze, ma perchè aiutato dalla grazia di
della perfezione cristiana, che consiste nell'essere Gesù Cristo. Ci sembra però preferibile congiun-
simili a Gesù Cristo modello di tutte le virtù (7-11), gerle con vocazione di Dio. Dio mi ha chiamato
ma continuo a correre per prenderlo, ossia per im- per mezzo di Gesù Cristo.
possessarmi di Gesù Cristo con una cognizione e 15. Dopo aver proposto il suo esempio l'Apo-
un'imitazione sempre più perfetta. Poiché anch'io stolo passa all'esortazione. Perfetti (gr. téXetot)
mentre fuggivo da lui e lo perseguitavo fui preso non ha qui lo stesso senso che al v. 12 TeteXeimfiat,
da Gesù Cristo. S. Paolo allude manifestamente a ma significa adulti nella vita cristiana (come I Cor.
quanto gli avvenne sulla via di Damasco, quando II,6; XIV, 20) per opposizione a fanciulli. Pen-
Gesù lo atterrò e gli impose il dovere di predicare siamo in tal guisa, ossia persuadiamoci bene che
(Atti, IX, 3 e ss.). non siamo ancora arrivati alla meta, e non dob-
13-14. Svolge più ampiamente lo stesso pen- biamo perciò arrestarci nella corsa, ma avanzarci
siero del versetto precedente ricorrendo ancora al ogni giorno più nella virtù. Se in alcuna cosa,
giuoco della corsa nello stadio (Cf. I Cor. IX, 26). perché sedotti da falsi dottori, pensate altrimenti
La meta, cioè la cima della perfezione cristiana. da quanto ho detto e vi credete già arrivati alla
Ma questo solo, si deve sottintendere fo, che di cima della perfezione, anche in questo Dio vi il-
mentico di quel che ho dietro alle spalle, come luminerà, ossia come in altre cose anche in questa
l'atleta che non si ferma a guardare lo spazio Dio vi farà conoscere la verità sia direttamente per
percorso ma quello che gli resta da percorrere, e mezzo dello Spirito Santo (I Cor. II, 10 e ss.)
stendendomi verso le cose che mi stanno davanti e sia per mezzo dei suoi Apostoli e dei suoi mi-
come l'atleta che piega il suo corpo in avanti e nistri.
316 FlLIPPESI, III, 16-21

sapitis, et hoc vobis Deus revelàbrt. "Ve- in tal guisa e se in alcuna cosa pensate
rtìmtamen ad quod pervenimus ut idem sa- altrimenti, anche in questo Dio vi illumi-
piàmus, et in eàdem permaneàmus régula. nerà. "Quanto però a quello a che siamo
^'Imitatores mei estete fratres, et observàte già arrivati, teniamo gli stessi sentimenti,
eos qui ita àmbulant, sicut habétis formam e perseveriamo nella stessa regola. ^'^Siate
nostram. miei imitatori, o fratelli, ponete mente a
quelli che camminano secondo il modello
che avete in noi.
^'Multi enim àmbulant, quos saepe dicé- "Poiché molti, dei quali spesse volte vi
bam vobis (nunc auteni et flens dico) inimi- ho parlato (e ve ne parlo anche adesso con
cos crucis Christi ^'Quorum : finis intéri- lacrime) si diportano da nemici della croce
tus : quorum Deus venter est : et glòria in di Cristo : "La fine dei quali è la perdi-
confusióne ipsórum, qui terréna sàpiunt. zione il Dio dei quali è il ventre la gloria
: :

autem conversàtio in caelis est


''"Nostra : dei quali è nella propria confusione, i quali
unde étiam Salvatórem expectàmus Dómi- aspirano alle cose della terra. ^°Ma noi sia-
num nostrum lesum Christum, ^^Quì refor- mo cittadini del cielo donde pur aspettiamo
:

màbit corpus humilitàtis nostrae, conflgurà- il Salvatore, il Signor nostro Gesù Cristo,
tum córpori claritàtis suae, secùndum ope- ^H\ quale trasformerà il corpo di nostra umi-
ratìónem, qua étiam possit subiìcere sibi liazione perchè sia conforme al corpo della
omnia. sua gloria, per quella potenza, con la quale
può ancora soggettare a sé tutte le cose.

" Rom.-XVI, 17.

16. Quanto però,


ecc. Riguardo però a quelle 19, 31 ; II Cor. II, 4). Si diportano da nemici della
verità che già conosciamo, si devono avere da noi croce di Cristo, non già perchè predichino una dot-
gli stessi sentimenti, e dobbiamo perseverare nella trina contraria alla croce, come facevano i Giudaiz-
comune regola di fede, senza deviare né a destra, zanti, ma perché colla loro vita sensuale mostrano
né a sinistra. Tale è il senso della Volgata. Nel di avere in odio la croce di Gesù simbolo della
greco si ha un testo alquanto differente. I codici cristiana mortificazione (Ved. Beelen, h. !.). Con
K B A, ecc., le versioni copta, sahidica, etiopica, quattro frasi dure e terribili l'Apostolo caratterizza
hanno seguente lezione, che dai critici è tenuta
la questi falsi cristiani. Il fine a cui arriveranno colla
come la migliore Solamente per riguardo a quello
: loro vita dissoluta è la perdizione eterna. Il dio dei
a cui siamo arrivati, camminiamo (oroiXen) in quali è il ventre perchè non cercano altro che i
esso. L'Apostolo vuol dire : Benché su alcuni punti diletti della carne (Ved. n. Rom. XVI, 18). La
possiate avere ancor bisogno di essere illuminati, gloria dei quali, ecc., ossia si gloriano di quello
io vi raccomando solo che regoliate la vostra vita onde dovrebbero vergognarsi. La loro vantata li-
spirituale secondo la conoscenza che ora avete bertà non è altro che vile schiavitù. Aspirano alle
senza deviare da alcuna parte. Le parole ut idem cose della terra, ossia non amano e non cercano
sapiamus sono probabilmente una glossa tolta dal che cose terrene.
cap. II, 3, benché si trovino nei codici D E F G.
20. Caratteri dei veri cristiani. Nel greco il ver-
Similmente la parola regula, che si trova in pochi
setto è unito a quanto precede dalla particella Y"P
codici, è una glossa tolta da Gal. VI, 6. Come si
= poiché. Ho detto che questi falsi cristiani non
vede per il senso non vi è gran differenza tra il
aspirano che alle cose della terra, poiché noi veri
greco, e la Volgata.
cristiani siamo cittadini del cielo (gr. «oXtrevuo)
17. L'Apostolo propone il suo esempio e quello ossia abbiamo per patria il cielo e quindi alle cose
dei suoi discepoli all'imitazione dei Filippesi. Imi- del cielo dirigiamo i nostri pensieri e i nostri
tatori. Il greco ouvuiuntai, significa propriamente affetti (Ved. n. II, 27). La terra é per noi un luogo
coimitatori. Anche voi come gli altri cristiani siate di esigilo, e perciò aspettiamo con ansia (dnexòe-
miei imitatori (IV, 9; I Cor. IV, 16; X, 33, ecc.). Xó)je6a) che dal cielo venga come nostro Salvatore
S. Paolo ha la coscienza di essere fedele alla ilSignor nostro Gesù Cristo, il quale ci metta in
grazia ricevuta. Ponete mente, ossia considerate possesso della nostra patria e ci renda perfetta-
attentamente (II, 4) coloro che camminano, ossia mente beati in anima e corpo.
regolano la loro vita secondo il modello (gr. tu:iov)
che noi, cioè io e i miei discepoli Timoteo, Epa- 21. Trasformerà. Il greco ^eTaoXf\^iancet com-
frodito, ecc., vi abbiamo dato. posto da oXt\na che significa apparenza esterna
(Ved. n. II, 8), indica una trasfigurazione per cui
18-19. Non devono
i Filippesi seguire gli esempì
rimanga identica la sostanza della cosa. In con-
dei cattivi cristiani, che anche presso di loro erano
seguenza l'identico corpo che ora abbiamo sog-
numerosi. Quasi tutti gli esegeti si accordano nel
getto a tutte le miserie e alla corruzione {di nostra
ritenere che qui l'Apostolo non parla né dei pa-
umiliazione, ebraismo equivalente a miserabile)
gani, né dei dottori Giudaizzanti (III, 2), ma di
sarà trasfigurato e reso conforme al corpo glorioso
certi cristiani, i quali sotto pretesto della libertà
di GesùCristo (t<p ocó^an zr\a bóiryc). Que-
evangelica si abbandonavano a tutte le dissolutezze
sta gloriosa trasfigurazione sarà operata in forza
(Ved. n. I Cor. VI, 12). Vi ho parlato quando ero
di quella potenza che ha Gesù Cristo di potersi
presso di voi mettendovi in guardia contro i loro
assoggettare tutte le cose, ossia in virtù della sua
errori. Con lacrime perché profondamente addo-
potenza infinita (Ved. n. I Cor. XV, 25 e ss.).
lorato per la rovina di tante anime (Cf. Atti, XX,
FlLIPPESI, IV, 1-6 317

CAPO IV.

Conclusione del capo precedente, i. —


La concordia raccomandata a due cristiane, 2-3,
— La gioia, preghiera raccomandate a tutti, 4-7.
la pace, la Riassunto di —
K: tutti i doveri cristianiy 8-9. —
Ringraziamento ai Filippesi per la loro libera-
^ lità, IO' 20, — Saluti e benedizione, 21-23,

^Itaque fratres mei charissìmi, et desìde- ^Per


la qual cosa, fratelli miei carissimi
ratissimì, gàudium meum, et coróna mea : e desideratissimi, mio gaudio e mia co-
sic state in Dòmino, charissìmi. ^Evódiam rona in tal modo tenetevi saldi nel Signore,
:

rogo, et Syntychen déprecor idipsum sapere carissimi ^Prego Evodia e prego Sintiche
:

in Domino. 'Etiam rogo et te germane com- che abbiano gli stessi sentimenti nel Si-
par, àdiuva illas, quae mecum laboravérunt gnore. ^Prego anche te, compagno fedele,
in Evangélio cum Clemènte, et céteris adiu- porgi la mano a queste, le quali hanno com-
tóribus meis, quorum nòmina sunt in libro battuto con me per il Vangelo assieme a
vitae. ^Gaudéte in Dòmino semper iterum : Clemente e agli altri miei collaboratori, i
dico gaudéte. ^Modèstia vestra nota sit òm- nomi dei quali sono nel libro della vita.
nibus hominibus : Dòminus prope est. '^Ni- *State sempre allegri nel Signore : lo dico
hil soliciti sitis : sed in omni oratióne, et per la seconda volta, state allegri. ''La vostra

esempio, Epafrodito, ma la maggior parte degli


CAPO IV. esegeti moderni riguarda oùvJ;«yo<; come un nome
proprio indicante il capo o uno dei membri più in-

Questo versetto che forma la conclusione del


1.
fluenti Chiesa di Filippi. L'Apostolo fa un
della

ragionamento (III, 17) andrebbe unito col capo pre- giuoco di parole, prego anche te, Sinzico (etimolo-
cedente. Tale essendo la nostra speranza tenetevi gicamente significa che porta lo stesso giogo e
saldi, ecc. Il cuore dell'Apostolo si espande prima quindi collaboratore) che meriti veramente un tal
in una tenerissima effusione di affetto. Fratelli nome, ecc. Porgi la mano affine di metter pace.
carissimi, ecc. Li dice desideratissimi a motivo Adduce un motivo pressante esse infatti (greco :

alzivec,)) hanno combattuto con me. Tale è il senso


della lunga separazione. Per le loro buone qualità
come quei (I Tess. II,
del greco <yi3VTieXT\oàv. La propagazione del Van-
i Filippesi di Tessalonica
19) riempiono di gaudio cuore dell'Apostolo, e
il
gelo esigeva infatti di combattere e di soffrire con-
sono per lui una corona di gloria davanti a Dio tinuamente. L'Apostolo piglia occasione per ricor-
e agli uomini. Tenetevi saldi, ossia perseverate nel dare altri suoi collaboratori nell'evangelizzazione.
Signore, cioè nel condurre una vita cristiana nel Clemente. Tutti gli antichi (Origene in Ioan., VI,
modo che vi ho indicato e come io e i miei com- 36; Tertulliano, De praescript., XXXII, Eusebio,
pagni ve ne diamo l'esempio (III, 17). Hist. Ecc., III, 4, 5; Sant'Epifanio, Haeres.y
XXVII, 6; S. Gerolamo, De vir. ili., 15) identifi-
2-3.L'Apostolo scongiura due cristiane di Fi-
cano questo Clemente col terzo successore di San
lippi a far cessare i loro dissensi. Evodia e Sin-
Pietro. A questa identificazione non si puO opporre
teche. Nulla sappiamo intorno ad esse se non che
in contrario alcun argomento dimostrativo. Mìei
contribuirono molto alla propagazione del Vangelo
collaboratori (gr. ouvepYcòv. Cf. II, 25). J nomi
(v. 3). Può essere che esercitassero l'ufficio di
dei quali, benché io adesso non li voglia uno per
Diaconesse, ma non ci è noto il motivo della loro
uno ricordare, sono scritti però nel libro della vita.
discordia, che creando fazioni, veniva a turbare la
Libro della vita è la ferma notizia che Dio ha dei
pace della Chiesa. Prego... prego. Nel greco si
predestinati (S. Tomm., h. 1.). La metafora è tratta
ha due volte lo stesso verbo napaxaXój = esorto,
dall'uso delle antiche città di avere un libro in cu!
scongiuro. Abbiano gli stessi sentimenti. Ved. n.
si scrivevano i nomi di tutti i cittadini. I nomi dei
II, 2. Prego anche te. I migliori codici greci ag-
collaboratori dell'Apostolo sono ben noti a Dio, i!
giungono vai = sì. L'Apostolo si volge diretta-
quale non mancherà di premiare le loro fatiche
mente a una terza persona in cui ha confidenza,
(Cf. Esod. XXXII, 32; Is. IV, 3; Apoc. Ili, 5;
pregandola di adoperarsi per ristabilire la pace. Sì
XIII, 8, ecc.).
io prego anche te, ecc. Le parole compagno fedele
(greco Y^note cnjvJJvYe) sono diversamente inter- Nei vv. 4-7 l'Apostolo raccomanda la gioia,
4.

pretate. Clemente A. (Strom. Ili, 7) seguito da la pace e la preghiera. State allegri nel Signore
(Ved. n. Ili, 1. Cf. II Cor. VI, 10). I cristiani de-
Erasmo e da parecchi protestanti, pensa che qui
si parli della moglie di S. Paolo. Ma questa inter- vono sempre stare allegri, perchè hanno in Gestì
pretazione è esclusa dal fatto che l'aggettivo y^i\o\c, Cristo un motivo continuo di gaudio, non ostante
si trova al maschile e non al femminile, come do- le persecuzioni a cui possono andar incontro.

vrebbe essere se si trattasse di una donna. E certo 5. Modestia. Il greco tò ènieixé*; significa piut-
inoltre che S. Paolo era celibe quando scrisse la sua tosto la dolcezza, che induce a cedere volentieri al
prima lettera ai Corinti (VII, 8; IX, 5. Ved. n. ivi) prossimo, affine di mantenere la pace. Sia nota.,
e nulla vi è che possa anche lontanamente far cre- ecc., cioè sia conosciuta per esperienza da tutti
dere che abbia poi cambiato stato. Altri pensano gliuominie.non solo cristiani ma anche pagani. Il
che l'Apostolo alluda a qualche suo discepolo, per Signore è vicino, ossia non tarderà a venire per
318 FiLiPPESi, IV, 7-10

obsecratióne, cum gratiàrum actióne petitió- modestia sia nota a tutti gì: uomini Il Si- :

nes vestrae ìnnotéscant apud Deum. ^Et pax gnore è vicino. "Non vi affannate per
Dei, quae exùperat omnem sensum, custó- niente ma in ogni cosa siaco manifestate a
:

diat corda vestra, et intelligéntias vestras in Dio le vostre richieste per mezzo dell'ora-
Christo lesu. zione e delle suppliche unite al rendimento
di grazie. 'E la pace di Dio, la quale sor-
passa ogni intendimento, sia guardia dei
vostri cuori e delle vostre menti in Cristo
Gesù.
'De cétero fratres, quaecumque sunt vera,^ *Del resto, o fratelli, tutto quello che è
quaecùmque pudica, quaecumque iusta, vero, tutto quello che è onesto, tutto quello
quaecumque sancta, quaecùmque amabilia, che è giusto, tutto quello che è santo, tutto
quaecùmque bonae famae, si qua virtus, si quello che rende amabile, tutto quello che
qua laus disciplinae, haec cogitate. 'Quae et fa buon nome, se qualche virtù, se qualche
didicistis, et accepistis, et audistis, et vi- lode di disciplina, a queste cose pensate.
distis in me, haec agite : et Deus pacis erit "Ciò che imparaste, e riceveste, e udiste,
vobiscum. e vedeste in me, questo mettete in pratica :
e il Dio della pace sarà con voi.
^"Gavisus sum autem in Domino vehe- ^°Io mi sono poi grandemente rallegrato
ménter, quóniam tandem aliquàndo reflo- nel Signore, che finalmente siate una volta
ruistis prò me sentire, sìcut et sentiebàtis : rifioriti a pensare a me, come pure pensa-

rìcompensarvi ; il tempo della prova è breve, op- greco vi è 5yvo = paro, nel più largo senso. La
pure secondo altri : il Signore è vicino, vi con- Volgata ha letto probabilmente ayia = santo. Rende
templa e vi sostiene colla sua grazia (Sai. XXXIII, amabili. L'Apostolo vuole che i cristiani nelle loro
19; CXLIV, 18). Non è necessario intendere que- relazioni col prossimo facciano prova di quell'ama-
sta espressione per il giudizio finale, ma probabil- biiliità soprannaturale, che induce gli altri alla virtù.
mente si tratta di una invocazione liturgica analoga Che fa buon nome, ossia produce una buona ripu-
a Maranatha (Ved. n. I Cor. XVI, 22). tazione. Se qualche virtù, ossia tutto quello che
6. Non vi affannate per niente, ossia non vi è virtuoso in qualsiasi genere. Se qualche lode,
prendete soverchia pena per riguardo all'avvenire. ossia tutto quello che è lodevole nella disciplina,
Anche il Signore ha fatto questa raccomandazione cioè nella condotta morale. Di disciplina manca
(Ved. n. Matt. VI, 25). Dio è pronto ad esaudire però nei migliori codici greci. Pensate, ossìa pre-
tutte le nostre preghiere, e il troppo affannarsi state attenzione e fatelo.
mostra una poca confidenza in luì. Ma in ogni cosa 9. Gli insegnamenti e gli esempi loro dati dal-
(gr. èv novTi'), cioè in ogni occasione, siano mani- l'Apostolo li aiuteranno a raggiungere un tale
festate, ossia fate conoscere a Dio le vostre ri- ideale di perfezione. Imparaste... riceveste. Questi
chieste e i vostri bisogni. Dio conosce i nostri bi- due verbi si riferiscono principalmente alla predi-
sogni, ma vuole che corriamo a lui per manife- cazione dell'Apostolo, mentre i due seguenti udiste
starglieli, affinchè conosciamo la nostra dipendenza e vedeste riguardano piuttosto gli esempi da lui
da Lui e la nostra indigenza. Orazione e supplica dati a Filippi, e sia altrove. Così facendo il
sia
(gr. «poo6t)Xq xoi... ber\aei), due espressioni sino- Dio pace (Ved. n. Rom. XV, 33; XVI, 20)
della
nimo per indicare ogni genere di preghiere. Ren- sarà con voi per aiutarvi e per farvi gustare la
dimento di grazie. All'orazione di domanda deve vera pace.
andar congiunto il rendimento di grazie per i bene-
10. I vv. 10-23 contengono l'epilogo della lettera,
fizi ricevuti (Cf. Rom. I, 2 ; XIV, 6 Il Cor. 1,11;
;
nel quale l'Apostolo ringrazia i Filippesi della
IV, 15; Efes. V, 20, ecc.).
loro liberalità (10-20) e poi aggiunge i saluti e la
7. La pace di Dio, ossia la pace di cui go'de Dio benedizione apostolica (21-23). Rallegrato nel Si-
e che egli comunica alle lo amano.
anime che gnore, autore di ogni vero gaudio e di ogni vera
Questa pace sorpassa ogni intendimento (gr. voCv), consolazione (Cf. I, 18; II, 17, 18, 28; III, 1;
perchè soprannaturale e perchè non sì può com- IV, 1, ecc.). Rifioriti. La metafora è presa dalle
prendere da chi non l'ha gustata. Sia guardia. Nel piante, che dopo essere sembrate morte nell'in-
greco vi è il futuro. Il verbo cppoupnaei (sarà guar- verno, fioriscono alla primavera. In seguito a cir-
dia) è un termine tecnico militare che si diceva costanze sfavorevoli (forse la loro stessa povertà
delle sentinelle ehe montavano k guardia. Menti la difficoltà di trovare una persona fidata che
Nel greco si legge vonnata = pensieri. In Cristo, volesse recarsi a Roma), i Filippesi avevano ces-
ossia farà sì che i vostri cuori e ì vostri pensieri sato per qualche tempo di mandare soccorsi al loro
siano sempre uniti a Gesù Cristo e a lui soggetti. Apostolo prigioniero, ma presentatasi poi un'oc-
8. Nei vv. 8, 9, l'Apostolo fa un bre^ riassunto casione favorevole, si erano affrettati a testimo-
di tutti i doveri cristiani. Del resto (Ved. n. Ili, 1). niargli la loro sollecitudine inviandogli abbondanti
Vero, ossia sincero -nei pensieri, nelle parole e elemosine. L'Apostolo quindi si rallegra che ab-
nelle azioni, che esclude ogni finzione e ipocrisìa. biano finalmente potuto soccorrerlo per mezzo di
Onesto. Tale è il senso del greco at\xyà. Giusto, Epafrodito. Come pure pensavate. Già da lungo
nel pili Jargo senso, in quanto cioè significa la tempo desideravate dì aiutarmi, ma non ne avevate
giustizia verso Dio e gli uomini, per la quale s! l'opportunità. Tale è il senso del greco tradotto
rende a ciascuno ciò che gli è dovuto. Santo, Nel della Volgata occupati autem eratis.
FlLIPPESI, IV, 11-18 319

occupati autem eràtis. "Non quasi propter vate ma non avevate opportunità. "Non
:

penùriam dico ego enim didici, in quibus


: dico ciò come per riguardo alla mia indi-
sum, sufBciens esse. ^^Scio et humiliàri, scio genza poiché ho imparato ad esser con-
:

et abundàre (ubìque et in omnibus insti-


: tento dello stato in cui mi trovo. "So es-
tùtus sum) et satiàri, et esurire, et abundàre, sere umiliato, so anche essere nell'abbon-
et penùriam pati "Omnia possum in eo,
: danza (dappertutto e in tutto ho» imparato) :
qui me confórtat. "Verùmtamen bene fe- ad essere satollo e a patire la fame, a essere
cistis, communicàntes tribulatióni meae. nell'abbondanza e a soffrire l'indigenza :
"Tutte le cose mi sono possibili in colui
che è mio conforto. "Per altro avete fatto
bene nell'essere entrati a parte della mia
tribolazione
"Scitis autem et vos Philippénses, quod "Ma voi sapete pure, o Filippesi, come
in principio Evangélii, quando proféctus nel principio del Vangelo, allorché io partii
sum a Macedonia, nulla mihi Ecclèsia com- dalla Macedonia, nessuna Chiesa ebbe co-
municàvit in ratióne dati et accépti, nisi vos municazione con me in ragione di dare e di
soli ^"Quia et Thessalónicam semel et bis
: avere, eccettuati voi soli : "poiché anche a
in usum mihimisistis. ^'Non quia quaero Tessalonica mi mandaste una e due volte il
datum, sed requìro fructum abundantem in bisognevole. "Non che io cerchi il dono,
ratióne vestra. "Hàbeo autem omnia, et ma cerco il frutto abbondante a vostro conto.
abùndo replétus sum, accéptis ab Épa-
: "Ed io ho ricevuto il tutto, e sono nelPab-
phrodito quae misistis odórem suavitàtis, bondanza : sono ripieno, avendo ricevuto
hóstiam accéptam, ,placéntem Deo. da Epafrodito quello che avete mandato,
odore soave, ^ostia accetta, grata a Dio.

" Rom. XII, 1.

11. La gioia provata dall'Apostolo non è cau- del Vangelo, ossia quando la prima volta cominciai
sata da vile interesse. Non dico di essermi ralle- a predicare il Vangelo tra voi (Ved. Atti XVI, 11
grato come per riguardo, ecc., ossia come se mal e ss.), allorché partii dalla Macedonia (Ved. Atti
volentieri soffrìssi l'indigenza e come se volessi XVII, 13 e ss.) nessuna Chiesa, eccettuati voi
far comprendere che avevo proprio bisogno di es- soli, ecc. Era questo un grande onore per la
sere soccorso. Io non mi preoccupo gran che delle Chiesa di Filippi e un segno di specialissimo af-
cose di questo mondo, poiché ho imparato alla fetto da parte di S. Paolo (Cf. II Cor. XI, 7-9).
scuola di Gesù Cristo, ad essere contento dello Ebbe comunicazione con me, ossia si mise in rap-
stato in cui mi trovo, sia, cioè, che mi trovi nel- porto con me aprendomi un conto di dare e di
l'abbondanza, e sia che mi trovi nell'indigenza. avere. Quest'ultima espressione è tratta dall'uso
Nei due versetti seguenti l'Apostolo commenta commerciale e significa : nessuna Chiesa, voi ec-
brevemente questo- stesso pensiero. cettuati, mi ha dato un sussidio materiale per i
beni spirituali da me ricevuti (Cf. I Cor. IX, 11).
12. Essere umiliato, cioè soffrire privazioni e
indigenza. Essere nell'abbondanza, come mi trovo 16. Poiché, anche prima che io lascrassl la Ma-
ora grazie aii vostri aiuti. Dappertutto e in tutto, cedonia, quando cioè mi trovavo ancora a Tessa-
ossia in tutte le circostanze. Ho imparato. Il lonica una e due volte, ecc. L'Apostolo evangelizzò
greco ne^iiJniLiai significa propriamente sono stato Tessalonica poco tempo dopo che aveva predicato
iniziato — Ad
essere satollo e a patire la fame, a Filippi (Cf. Atti XVII, 1).
cioè a sopportare tanto l'abbondanza quanto l'in- 17. Non che
io cerchi, ecc. Parlando così e ri-
digenza. cordando vostre liberalità, io non cerco già da
le
voi nuovi doni, ma cerco un frutto, ossia una ri-
13. Tutte le cose, ecc. Io posso far tutto e soffrir
tutto, non mie forze, ma in virtù del-
già colle
compensa, abbondante a vostro conto, cioè pef
voi. Ricevendo i vostri doni io cerco il vostro van-
l'unione con Gesù
Cristo, che colla sua grazia
taggio, perchè desidero, così facendo, che si ac-
mi aiuta e mi sostiene. Che è mio conforto, sa-
cresca il premio che il Signore vi tiene preparato.
rebbe meglio tradurre : che mi dà forza.
L'espressione a vostro conto è tolta dall'uso com-
14.Avendo mostrato il suo distacco dalle cose merciale.
di questo mondo, poteva quasi sembrare che egli
18. Motivo per cui l'Apostolo non cerca nuovi
disprezzasse il soccorso avuto dai Filippesi. Ora,
doni. Ho ricevuto tutto quel che mi era necessario
affinchè un tale pensiero non nascesse nella loro
grazie ai soccorsi} da voi inviatimi. Sono nell'ab-
mente, S. Paolo si affretta a lodare la loro libera-
bondanza, ecc. L'accumulazione di queste varie
lità passata e presente. Per altro, ecc. Io so cer-
espressioni sinonime serve a mostrare quanto fosse
tamente contentarmi di tutto, ma tuttavia avete
grande la gratitudine dell'Apostolo verso i Filip-
fatto bene e meritate ampia lode per essere en-
pesi. Epafrodito (Ved. n. II, 25). Odore soave.
trati a parte della mia tribolazione dividendo anche
La vostra offerta non solo è gradita a me, ma è
lontani le mie sofferenze, e compatendo alle mie
anche accetta sì Signore come un sacrifizio di
privazioni e sovvenendomi con tanta generosità.
soave odore, come un'ostia, ossia una vittima
Voi sapete pure, ecc. L'Apostolo ricorda al
15. (greco Oroiav) gradita (Ved. n. II Cor. IX, 12;
Filippesi le passate loro liberalità. Nel principio Efes. V, 2).
320 FiLipPESi, IV, 19 — Introduzione Colossesi

^'Deus autem meus impleat omne desidé- "Il mio Dio poi adempia tutti i vostri
rium vestrum secundum divitìas suas in desideri secondo le sue ricchezze con la
glòria in Christo lesu. ^"Deo autem et Patri gloria in Cristo Gesù. ^"A Dio poi e Padre
nostro gloria in saécula saeculórum. Amen. nostro gloria nei secoli dei secoli. Così sìa.
^
^Salutate omnem sanctum in Christo lesu. ^^Salutate tutti i santi in Cristo Gesù. ^^Vi
^^Salùtant vos, qui mecum sunt, fratres. Sa- salutano i fratelli che sono con me. Vi sa-
lùtant vos omnes sancii, màxime autem qui lutano tutti i santi, e principalmente quelli
de Caésaris domo sunt. ^^Gràtia Domini che sono della casa di Cesare. "La grazia
nostri lesu Christi cum spiritu vestro. del Signor nostro Gesù Cristo col vostro
Amen. spirito. Così sia.

mio Dio, a cui avete offerto il vostro sacri-


19. Il gurando quei beni che Gesù ci ha meritati (Cf.
fizioveT>endo in mio soccorso (Cf. Matt. X, 40-42), I Cor. XVI, 19).

adempia (secondo i migliori codici greci adem- 22. 7 fratelli che sono con me, cioè i miei colla-
pirà) tutti i vostri desidera. Il greco waoav Xpei'av boratori e compagni di ministero. Tutti i santi, cioè
vn&v va tradotto ogni vostro bisogno, sia materiale tutti i fedeli di Roma. Principalmente quelli che
e sia spirituale. Come voi avete portato soccorso sono della casa di Cesare, ossia di Nerone. La
alla mìa indigenza, così Dio vi assisterà in tutte parala casa = domus (Cf. Rom. XVI, 11 e ss.) non
le vostre necessità secondo le ricchezze della sua indica qui propriamente i membri della famiglia
grazia, colla gloria, ossia e vi darà la gloria eterna. imperiale, ma in generale gli addetti al servizio del-
I migliori interpreti però uniscono quest'ultime l'imperatore, schiavi, liberti, funzionari, ecc. Tra i
parole col verbo adempirà. Dio adempirà con gloria convertitiperò poteva benissimo trovarsi anche
ossia magnificamente e con grande abbondanza qualche personaggio importante per nascita o per
tutti i vostri desiderio In Cristo Gesù, ossia per condizione sociale.
mezzo di Gesù Cristo, o meglio in quanto siete La religione cristiana era quindi penetrata non
uniti a Gesù Cristo come membri del suo corpo. solo nel Pretorio (I, 13) ma anche nello stesso
20. Prima di porre i saluti l'Apostolo aggiunge palazzo dell'imperatore. Il sapere che il cristiane-
una dossologia finale. A Dio poi che è assieme simo era professato anche in sì alto luogo serviva
Padre nostro (Ved. n. Gal. I, 4) sia gloria. Nel ad animare i Filippesi a sostenere coraggiosi ogni
greco vi è l'articolo la gloria, quale cioè a Lui si tribolazione per amore di Gesù Cristo, e confer-
conviene. Nei secoli dei secoli, espressione ebraica mava che la prigionia dell'Apostolo lungi dall'es-
che equivale a per tutta l'eternità (Cf. Gal. I, 5 ; sere un ostacolo, contribuiva a far progredire
I Tira. I, 17; II Tim. IV, 18, ecc.). ssempre più il nome cristiano.
21. Aggiunge ora i saluti. Dapprima M incarica 23. La grazia, ecc. La benedizione apostolica è
di salutarsi scambievolmente a suo nome. Tutti i la stessa che nella lettera ai Calati, VI, 18 (Ved.
santi, cioè tutti i cristiani. In Cristo Gesù con un n. ivi).Amen manca in alcuni codici greci, si trova
saluto cioè quale si conviene a cristiani, ossia au- però in K AD,
ecc.

VII.

LETTERA AI COLOSSESI

INTRODUZIONE.
Colossi e la sua Chiesa. Colossi — volgare (Tacit., Ann., xiv, 27) e fu inte-
era una città della Frigia, situata nella valle ramente distrutta dai Saraceni nel vii e nel-
del Lieo, a circa 200 chilometri da Efeso, l'viii secolo. Oggidì non vi è più che un
e a circa 25 da Laodicea. Dagli antichi scrit- mucchio di rovine e un piccolo villaggio vi-
tori (Erodoto, VII, 30; Seno!., Anab., i, 2) cino detto Chonos (Cf. Dict. Vig., Co-
viene detta grande città, ma ai tempi di San losses.).
Paolo aveva perduto molto del suo splen- Benché S. Paolo abbia due volte corsa la
dore, e non viene più chiamata che col Frigia predicando il Vangelo {Atti xvi, 6;
nome dì^rtóXiGjua (Strabone, Geograph., xii, xviii, 23), nulla però induce a pensare che
8) di oppidum (Pìin., Hist. Nat., v, 41), egli si sia fermato a Colossi anche per
ossia borgata. Colossi ebbe molto a soffrire breve tempo, poiché pone i Colossesi {Co-
da un teri^moto avvenuto nel 65 dell'era loss. II, 1) tra quelli che non hanno mai
.

Introduzione Colossesi 321

veduta la sua faccia, dice espressamente essere state scritte che dallo stesso autore,
che fu Epafra a predicare loro il Vangelo a pochissima distanza l'una dall'altra.
(Coloss. I, 4, 7-9). È molto probabile però Le difficoltà mosse da alcuni razionalisti
che S. Paolo durante i quasi tre anni che (Holtzmann, Mayerhoff, Baur, ecc.), sono
si fermò ad Efeso predicando con tanto suc- simili a quelle mosse contro la Lettera agli
cesso il Vangelo (Atti xix, 10), abbia co- Efesini, ed oggidì sono abbandonate. Vi ha
nosciuto e convertito Filemone, Appia, Epa- senza dubbio in questa Lettera un certo nu-
fra e Ninfa, e che questi siano poi divenuti mero dìàjza^ÀeyójLi€va{3A), ma, come già
gli Apostoli dei Colossi e di Laodicea (Cf fu osservato nell'introduzione alla Lettera
Coloss. I, 7; IV, 9, 12-13; Filem. 10, 19). agli Efesini, questo fatto si verifica in tutte
La Chiesa dei Colossi era nella sua mas- le Lettere di S. Paolo. Al qual proposito
sima parte formata di fedeli convertitisi dal giova notare che vi ha una grande rassomi-
paganesimo {Coloss. i, 21, 27; ii, 11-13), glianza di forma e di concetti tra questa
contava però un piccolo numero di Giudei Lettera e quella ai Filippesi, la cui autenti-
(Coloss. Il, 11, 14, 16), i quali, come sap- cità non è contestata, il che dimostra che sia
piamo, erano numerosi nella Frigia {Atti ii, per lo stile, sia per il vocabolario e sia per
10; Gius. FI., Ani. Giud., xii, 3, 4; xiv, la grammatica, la Lettera ai Colossesi ha

10, 20). nulla che possa far pensare a un autore di-


verso di S. Paolo (Cf. Jacquier, Histoire,
Autenticità della Lettera ai Colos- ecc., t. I, p. 324 e ss. Brassac, M. B., t. iv,
sesi. — Tutti i cattolici e molti protestanti p. 424 e ss.).
;

e razionalisti (Godet, Zahn, Weiss, Harnak,


Jiilicher, ecc). ammettono l'autenticità di Tempo e luogo in cui fu scritta. —
questa Lettera. Infatti si trovano traccie di Come già si é detto nell'introduzione alla
essa nei più antichi scrittori ecclesiastici : Lettera agli Efesini le tre lettere agli Efe-
Clemente Rom. (I Cor. xxiv, 1 = Col. i, sini, ai Colossesi e a Filemone furono
18 ; I Cor. XLix, 2 = Col. iii, 15), Lettera scritte a pochissima distanza l'una dall'altra
di Barnaba (xii, 7 = Col. i, 16), Sant'Igna- sul fine della prima prigionia romana di
zio {Eph. x, 2 = Col. I, 23 Smirn. vi, ; S. Paolo (anni 62-63), e vennero portate a
1 = Col. I, 16), S. Policarpo {Philipp, xi, destinazione dallo stesso personaggio, Ti-
2 = Col. Ili, 5), S. Giustino {Dial. 84, 6 ; chico.
125, 7; 138, 5, ecc. == Col. i, 15, ecc.). San
Teofllo A. {Ad. Autol. i), 22 Col. i, 15), = Occasione e fine di questa Lettera. —
ecc. Essa inoltre viene espressamente attri- Mentre S. Paolo era prigioniero a Roma, v!
buita a Paolo dal Frammento Murato-
S. giunse l'Apostolo e il capo della
Epafra,
riano, da Sant'Irineo {Adv. Haer., i, 3, 4; Chiesa di Colossi {Col. i, 7, 8; iv, 12),
III, 14, 1 v, 14, 2), da Clemente A. {Sirom.
; il quale non solo visitò il suo maestro, ma

i, 1 IV, 8 V, 10 vi, 8), da Tertulliano {De


; ; lo informò ancora dello stato della comunità
praescript., vii ; De resur. car., xxiii, ecc.), a cui egli presiedeva. Benché fosse piena
da Origene {Coni. Cels., v, 8), ecc., ed di fervore {Col. i, 8 li, 5), correva però
;

era pure nota agli eretici Marione (S. E- dei grandi pericoli a motivo dei falsi dottori,
pif., Haer., xlii, 9 Tertull., Conf. Marc,
; i quali cercavano di propagare insegnamenti

v, 19), Valentino (Sant'Irin., Adv. Haer., che venivano a distruggere la fede.


I, 3, 1), Teodoto (Clem. A., Excerpta The- È difficile, per non dire impossibile, de-
od., XIX, XXXI, XLiii), e ai Doceti e ai Pe- terminare in particolare quali fossero questi
rati {Philosoph. vili, 10). insegnamenti, ma da quanto dice l'Apostolo
L'autenticità di questa Lettera è ancora si può conchiudere, che da una parte si
intimamente connessa con quella della Let- trattava degli errori dei Giudaizzanti, i quali
tera a Filemone, che niuno reca seriamente si sforzavano di trarre i cristiani all'osser-
in dubbio. Non solo infatti nell'una e nel- vanza della legge mosaica e di tradizione
l'altra sono ricordate le stesse persone, Ar- rabbiniche {Col. ii, 11, 14, 16, 20, ecc.),
chippo, Onesimo, Epafra, Aristarco, Marco, e dall'altra vi erano pure errori a tendenza
Luca, Demade, ma ancora pressoché iden- gnostica, nei quali si menomava la dignità
tico è il principio di entrambe. di Gesù Cristo, ponendo che gli angeli fos-
A queste testimonianze si possono ancora sero sujireriori o almeno uguali a lui, e che
aggiungere tutte quelle che furono addotte solo per mezzo di essi si potesse andare a
I
parlando della Lettera agli Efesini, poiché Dio (Cf. Col. II, 16-18). Tali sono i dati clie
I come fu già osservato, sono tanti i punti in si possono ricavare da questa Lettera, ì
j
jui le due Lettere convengono, pur diffe- quali, come é chiaro, non sono sufficienti
1 itndo in molti altri, che esse non possono perchè da essi si possa ricostruire tutto il

21 — Sacra Bibbia^ voi. II-


322 Introduzione Colossesi

corpo di dottrina insegnato da questi falsi dine con cui lo adempie anche nelle Chiese
dottori. dell'Asia (i, 24-ii, 3), e poi accenna alle
S. Paolo avendo conosciuto i pericoli, a sue preoccupazioni per la loro Chiesa (ii,
cui si trovava esposta la Chiesa dì Colossi, 4-5) a motivo dei falsi dottori, e inculca
si fece un dovere di premunire contro di nuovamente la necessità di stare uniti a
essi i fedeli, e scrisse loro la presente Let- Gesù Cristo (ii, 6-7), e fa vedere come gli
tera, nella quale sia direttamente, e sia indi- insegnamenti dei falsi dottori tanto nella
rettamente impugna le false dottrine. Egli loro parte speculativa, quanto nella loro
fa vedere che Gesù Cristo è il primogenito parte morale sono contrarli a Gesù Cristo
di tutte le cerature, e che in lui e per lui (II, 8-23). Essi infatti non riconoscono Gesù

furono create tutte le cose, che Egli è vero Cristo in cui abita la pienezza della divi-
Dio, e che solo per lui siamo riconciliati nìtà (II, 9), e da cui i Colossesi hanno rice-
con Dio e abbiamo accesso a Dio. In con- vuto tutti i beni spirituali dei quali godono
seguenza non si deve prestar ascolto alla (II, 10-15). Le osservanze legali non hanno

religione che attribuisce un culto esagerato più ragione di essere per i cristiani (ii,
agli angeli. Parimenti le osservanze giu- 16-17); l'umiltà predicata dai falsi dottori
daiche non hanno alcun valore per la nostra è falsa, il loro culto degli angeli è esagerato
santificazione, e non vanno mescolate col (II, 18-19), le pratiche ascetiche da essi
Vangelo. L'Apòstolo assicura ancora i Co- inculcate sono inutili e vane (ii, 20-23).
lossesi che il Vangelo loro predicato da
Epafra non ha bisogno di essere completato Nella parte morale (ili, 1-iv, 6) S. Paolo
dagli insegnamenti dei falsi dottori. Infine poggiandosi sui principii esposti nella parte
aggiunge parecchi avvisi pratici relativi ai dogmatica, tratta dei doveri della vita cri-
I
doveri della vita cristiana. stiana sia in generale e sia in particolare.
I cristiani devono vivere per il cielo (ili,
Divisione e analisi della Lettera ai Co- 1-4), spogliarsi dell'uomo vecchio (in, 5-
lossesi. —Questa Lettera oltre a un 'in- 9) e vestirsi dell'uomo nuovo (ni, 10-11),
troduzione (i, 1-8) e a un epilogo (iv, 7-18), e praticare le varie virtù e specialmente la
contiene due parti, Tuna dogmatica (i, 9- carità e la buona intenzione (in, 12-17). I
II, 23), e l'altra morale (in, 1-iv, 6). doveri dei coniugi (ni, 18-19), dei figli e
dei genitori (in, 20-21), dei servi e dei pa-
l^MV introduzione è indicato il nome del-
droni (in, 22-iv, 1). Esortazione alla pre-
l'autore e quello dei destinatarii (i, 1-2),
ghiera e alla prudenza (iv, 2-6).
e poi ha un'azione di grazie (i, 3-8), nella
si
quale S. Paolo ringrazia Dio per le virtù NeW epilogo 7-18) l'Apostolo parla
(iv,

furono pieni i Colossesi fin dal giorno della missione affidata a Tichico e a One-
di cui
simo (IV, 7-9), e poi aggiunge i saluti (iv,
in cui da Epafra fu loro predicato il Van-
10-15), fa una raccomandazione (iv, 16-17)
gelo, e nelle quali perseverano.
e dà la sua benedizione apostolica (iv, 18).
Nella parte dogmatica (i, 9-ii, 23) San
Paolo sotto forma di preghiera comincia a Principali commenti cattolici sulla
enumerare i varii benefizi fattici da Gesù Lettera ai Colossesi. —
Oltre ai commenti

Cristo (I, 9-14), e poi passa a parlare della già citati nell'introduzione generale e in
persona di Gesù Cristo e della sua suprema quella della Lettera agli Efesini, vanno ri-
dignità per rispetto a Die, alla creazione e cordati i seguenti : Messmer, Erklàrung des
alla Chiesa {i, 15-20), e conchìude esor-
Kolosserbriefes. Brixen, 1863; Henle, Ko-
tando i Colossesi, tanto beneficati, a restare lossae und der Brief des h. Paulus an die
fermi nella fede loro predicata, la quale è Kolosser, Munich, 1887 Padovani, Com. in
;

la stessa in tutto il mondo (i, 21-23). Passa Epist. ad Eph., Philipp, et Coloss., Parigi,

in seguito a parlare del ministero afiìdato a 1892; Rohr, Les épìtres des Vapòtre Paul
aux Col et aux Ephes., Cahors, 1905.
lui personalmente da Dio, e della sollecitu-

m
COLOSSESI, i, 1-5 ^23

LETTERA AI COLOSSESI

CAPO I.

Iscrizione e saluti, 1-2. — Augurio e azione di grazie a Dio, 3-8. — I grandi


benefizi fattici da Gesii Cristo, 9-14. — Grandezza e digfiità della persona di
Gesù, Cristo, 15-20, —/ Colossesi redenti da Gesii Cristo, 21-23» — Missione
affidata a S, Paolo per la conversione dei pagani, 24-29,

*Paulus Apóstolus lesu Christi per volun- ^Paolo per volontà di Dio Apostolo di Gesù
tàtem Dei, et Timótheus frater ^Eis, qui : Cristo, e il fratello Timoteo : *ai santi e
sunt Colóssis, sanctis, et fldélibus fràtribus fedeli fratelli in Cristo Gesù che sono a
in Christo lesu. Colossi.
^Gràtia vobis, et pax a Deo Patre nostro, ^Grazia a voi e pace da Dio Padre nostro
et Domino lesu Christo. Gràtias àgimus e dal Signore Gesù Cristo. Noi rendiamo
Deo, et Patri Domìni nostri lesu Christi grazie a Dio e Padre del Signor nostro Gesù
semper prò vobis oràntes "Audiéntes fldem : Cristo, pregando sempre per voi : ^avendo
vestram in Christo lesu, et dilectiónem, udito la vostra fede in Cristo Gesù, e la
quam habétis in sanctos omnes ^Propter carità che avete per tutti i santi, *per la spe-

fermi nella fede. Fratelli, ossia cristiani. In Crìsto.


CAPO I. I cristiani sono tra loro fratelli, perchè uniti In
Gesù Cristo come membri di uno stesso corpo.
1. L'introduzione (I, 1-8), molto simile a quella Gesù manca nel greco.
della lettera agli Efesini, contiene un indirizzo L'Apostolo augura ai Colossesi la grazia e
3.
(1-2), un augurio e una azione di grazie (3-8). la pace da Dio Padre, ecc. (Ved. Efes. I, 1. Cfr.
NeU'indirizzo viene dapprima indicato l'autore, n. Rom. I, 8 I Cor. I, 3, ecc.). Dal Signore Gesù
;
Paolo, ecc. (Ved. n. Efes. I, 1) e il fratello, cioè Cristo. Queste parole mancano nei codici B D E
il cristiano mio compagno di ministero (Rom. XVI,
K L e anche in parecchi della Volgata, ma si tro-
23). Timoteo (Ved. Introd. lett. a Tim.), si trovava vano nei codici K A C F G. Rendiamo, ecc. AI»
allora a Roma presso S. Paolo, e probabilmente
l'augurio, segue l'azione di grazie per le virtù
egli stesso scrisse questa lettera sotto la dettatura
dei Colossesi e per i frutti che il Vangelo produ-
dell'Apostolo (IV, 8). ceva, non solo presso di loro, ma in tutto il
2. Seguono ora i destinatarii : quelli che sono mondo. Il verbo plurale si riferisce a S. Paolo e
a Colossi. Alcuni antichi codici hanno KoXa(jcjaì(; a Timoteo (Cf. II Cor. I, 3; Efes. I, 3). Dio e
invece diKoXoooaìq.La forma KoXoqqai è quella che Padre, cioè a Dio Padre del, ecc. (Ved. n. Efes.
si trova presso gli scrittori classici, sulle antiche I, 3). Sempre, va unito piuttosto a rendiamo
grazie, che a pregando. Così infatti si legge
Efes. I, 16. Tutte le volte che l'Apostolo prega
per quei dì Colossi, ringrazia sempre Dio per i
benefizi loro accordati. Sulle preghiere di S. Paolo
per i fedeli Cf. Efes. I, 16-17; III, 14; Filipp.
I, 9, ecc.
4. Motivo per cui rende grazie a Dio. Avendo
udito da Epafra (v. 8) la vostra fede in Cristo,
ossia quanto sia ferma la fede per cui siete in-
corporati a Cristo, e la carità che avete per tutti i
santi, cioè per tutti i cristiani (Ved. n. Efes. I, 15).

5. la speranza. A questa fede e a questa


Per
Fig- 3E- Moneta di Colossi
carità voi siete eccitati dalla speranza, ossia dalla
eterna ricompensa sperata, che è riposta, ossia
monete e negli antichi monumenti ; invece la forma riservata, per voi nei cieli (Cf. I Tim. VI, 19;
KoXoooai, probabilmente più antica, era quella I I, 4). La quale imparaste, meglio secondo
Piet.
usata volgarmente. Santi è un nome destinato a il greco, intorno alla quale foste antecedente-
significare ì cristiani, in quanto separati dal mondo mente, ossia prima della sua realizzazione, istruiti
e consecrati a Dìo. Fedeli, cioè perseveranti e mediante la parola di verità, ossia la parola infal-
324 COLOSSESI, I, 5-10

spem, quae repósita est vobis in caelis : ranza che vi è riposta nei cieli la quale :

quam audistis in verbo veritàtis Evangélii : voi già imparaste, mediante la parola di
*quod pervénit ad vos, sicut et in univèrso verità, il Vangelo H\ quale è pervenuto a
:

mundo est, et fructificat, et crescit sicut in voi, come anche per tutto il mondo, e frut-
vobis, ex ea die, qua audistis, et cognovistis tìfica e cresce, come ancora tra voi; fin
gràtiam Dei in ventate, ^Sicut didicistis ab da quel giorno in cui voi ascoltaste e cono-
Epàpiira charissimo consèrvo nostro, qui est sceste in verità la grazia di Dio. ^Come
fìdélis prò vobis minister Christi lesu, *Qui avete anche imparato da Epafra nostro con-
étiam manifestàvit nobis dilectiónem ves- servo carissimo, il quale è fedele ministro di
tram in spiritu : Cristo Gesù per voi, 'il quale ci ha anche
manifestata la vostra spirituale carità.
'Ideo et nos ex qua die audivimns, non 'Per questo anche noi dal giorno che (ciò)
cessàmus prò vobis oràntes, et postulàntes udimmo, non cessiamo di pregare per voi,
ut impleàmini agnitióne voluntàtis eius, in e di domandare che siate ripieni di cogni-
omni sapièntìa et intelléctu spiritali ^"Ut : zione della volontà di lui con ogni sapienza
ambulétis digne Deo per omnia placéntes : e intelligenza spirituale : "onde cammi-
in omni opere bono fructificàntes, et cre- niate in maniera degna di Dio, piacendo (a
scéntes in sciéntia Dei "in omni virtùte
: lui) in tutte le cose, producendo frutti di

Ubile che è il Vangelo. Colle sue forze naturali mente ì Colossesi a restar fermi in essa e a non
l'uomo non potrebbe conoscere, e molto meno lasciarsi sedurre dai falsi dottori.
sperare una sì grande beatitudine, che solo il
che ora si trova vicino a m«
8. // quale Epafra,
Vangelo ci ha rivelato. Nei due vv. 4, 5, l'Apostolo (IV, ha fatto conoscere che voi nutrite un
12), ci
ricorda le tre virtiì teologali
: fede, speranza e ca-
alletto veramente cristiano verso di me. Apostolo
rità (I Cor. XriI, 13; I Tess. I, 3), e poichè)per
prigioniero di Gesù Cristo.
ìsse rende grazie a Dio, mostra chiaramente ->che
ssse sono un dono di Dio. 9. Nella parte dogmatica di. questa lettera (1,9-
II, 23), l'Apostolo parla di Gesù Cristo e della
6. Avendo parlato del Vangelo, accenna ora
Redenzione, discorrendo dapprima della persona e
brevemente che ha prodotto sia a Colossi
ai frutti
e sia nel mondo intero. Come anche per tutto il
dell'opera diGesù Cristo (I, 9-23). Comincia col-
l'enumerare, sotto forma di preghiera (I, 9-14), i
mondo. Con queste parole, l'Apostolo afferma la
varii benefizi fattici dal Salvatore.
cattolicità del Vangelo. Est manca nel greco. Frut-
tifica nelle anime a salute, e cresce, ossia va Per questo, ossia a motivo delle buone nuove
sempre più estendendosi e facendo nuove con- che abbiamo udito di voi, anche noi corrispon-
quiste. Come pure tra di voi. E questo un elogio diamo al vostro affetto (v. 8), e non cessiamo di
della fede dei Colossesi. Fin da. ecc. Il Vangelo pregare il Signore per voi. Spiega subito che cosa
cominciò a fruttificare tra voi, fin dal giorno in domandi a Dio nelle sue preghiere. Che siate ri-
cui ascoltaste la predicazione, e conosceste (greco pieni, ossia che siate resi perfetti nella scier.za
inéfYcox^ profondamente la grazia di Dio^ cioè il (èniYvoooiq) della volontà, ossia della legge di Dio

contenuto del Vangelo (Cf. Atti XX, 24, ove si (v. IO) e che il Signore vi conceda tutte le sue

legge : Vangelo della grazia di Dio). In verità. grazie (II, IO; Rom. XV, 13, 14, 29; II Cor. VII,
Queste parole indicano il modo con cui i Colos- 4, ecc.).
sesi hanno ascoltato e conosciuto il Vangelo, per Con ogni ecc. Questa pienezza di
sapienza,
opposizione agli errori insegnati dai falsi dottori. scienza, sarà comunicata per mezzo della
loro
Essi ebbero la fortuna dì conoscere il vero Van- sapienza (aocpi'a) e deìV intelligenza (aweaxc,), che
gelo, non falsato dalle dottrine dei Giudaiz- sono un dono speciale dello Spirito Santo (Ved.
zanti, ecc. n. I Cor. XII, 8; Efes. I, 8, ecc.), come è indicato
dal termine spirituale (jrveunanxq), che va riferito
7. Come, va congiunto con in verità. Questo
a entrambi i due sostantivi precedenti.
vero Vangelo l'avete imparato da Epafra. Poco
sappiamo intorno a questo personaggio, il cui 10. Il motivo per cui S. Paolo domanda a Dio
nome ricorre nuovamente al cap. IV, 12, e nella questi doni per ì Colossesi, si è affinchè cammi-
lettera a Filemone, 23. Probabilmente fu il fon- nino, ossia vivano (Cf. Efes. II, 2), in maniera
datore della Chiesa di Colossi, o per lo meno ne degna di Dio, vale a dire come si conviene a
fu uno dei membri principali. Egli si trovava a coloro che, divenuti per mezzo del Battesimo
Roma presso S. Paolo, e quando questi scrisse la membri del corpo di Gesù Cristo, hanno strette
presente lettera, era sul punto di partire per l'Asia. relazioni con Lui. Analoghe espressioni sono usate
La tradizione lo ritiene come il primo vescovo dì Efes. IV, I e FUipp. I, 27 (Cf. ìb.). Nel greco,
Colossi. Conservo (gr. cvvòoùXov), ossia nostro invece di Dio, si legge Signore (Kvpi'o«),che si rife-
compagno nel servire a Gesù Cristo. Anche a Ti- risce direttamente a Gesù Cristo. Crescendo nella
chico viene datò questo stesso titolo (Cf. IV, 7). scienza, ecc., cioè avanzandovi sempre più nella
Ministro fedele di Gesà Cristo per voi, perchè vi cognizione del divini misteri. Numerosi codici greci
ha predicato la vera dottrina di Gesù Cristo. Al- hanno la lezione t^ è^n^vàcei, che è criticamente
cuni codici greci hanno vnkp nti&v =
per noi, il preferibile, questo senso
e dà crescendo nel
:

che equivale a dire che Epafra governava o istruiva produrre frutti,per mezzo della scienza dt
ecc.,
la Chiesa di Colossi a nome dell'Apostolo. Lo- Dio, Alla scienza vana e superstiziosa dei falsi
dando Epafra, l'Apostolo viene a confermare la dottori, S. Paolo oppone la vera scienza, che è
dottrina da lui predicata e ad esortare indiretta- frutto della grazia dello Spirito Santo.

à
COLOSSESI, I, 11-16 325

confortati secùndum poténtiam claritàtis ogni buona opera e crescendo nella scienza
eius in omni patiéntia, et longanimitàte cum di Dio "corroborati con ogni specie di
:

gàudio. fortezza dalla gloriosa potenza di lui ad


ogni pazienza e longanimità con gaudio.
"Gràtias agéntes Deo Patri, qui dignos "Rendendo grazie a Dìo Padre, il quale
nos fecit in partem sortis sanctórum in lù- ci ha degni di partecipare alla sorte dei
fatti
mine "Qui eripuit nos de potestàte tene-
: santi nella luce "il quale ci ha tratti dalla
:

bràrum, et trànstulit in regnum fìlii dilec- potestà delle tenebre, e ci ha trasportati nel
tiónis suae, ^Mn quo habémus redemptió- regno del Figliuolo dell'amor suo, ^""in cui
nem per sànguinem eius, remissiónem pec- abbiamo la redenzione mediante il sangue
catórura : di lui, la remissione dei peccati :

"Qui est imago Dei ìnvisibilis, primogé- "Il quale è immagine dell'invisìbile Dio,
nitus omnis creatùrae : "Quóniam in ipso primogenito di tutte le creature : "poiché

»« Joan. I, 3.

11. S. Paolo desidera ancora, che i Colossesi mancano nei migliori codici greci, e sono probabil-
ricevano ogni specie di fortezza, vale a dire che mente una glossa tratta da Efes. I, 7.
siano in tutti i modi fortificati nella mente, nel 15. Il passo 15-20, è un compendio di tutta la
cuore, ecc., acciò possano resistere a tutte le ten- Cristologia, e non solo costituisce la parte dog-
tazioni e sostenere ogni prova. Questa fortezza è matica importante dell'epistola, ma, unito ai
pili
effetto della potenza gloriosa, cioè infinita (lett. passi (Efes.
I, 20-23; Filipp. II, 6-4; Ebr. I,
potenza della gloria di lui), di Dio, la quale sola 1 e ss.), rappresenta ancora quanto di più sublime
può rendere i cristiani costanti (gr. vnouovi) = co- ha scritto S. Paolo intorno alla persona e alla
stanza nelle prove) e pazienti (gr. naxpoQuui'a tra- dignità di Gesù Cristo.
dotto longanimità) in mezzo a tutte le difficoltà. E Contro i falsi dottori, che tentavano di sedurre
proprio della pazienza cristiana sopportare non ì Colossesi, l'Apostolo, dopo aver accennato nel
solo con rassegnazione, ma anche con gaudio i versetti precedenti ai grandi benefizi faxtici da Gesù
mali della vita, come indicano le parole con :
Cristo, passa ora a mostrare tutta la dignità e la
gaudio. Giova però notare che, secondo la pun- grandezza della persona di Lui in rapporto a Dio
teggiatura della Volgata, queste parole andrebbero (15'), alla creazione (15».17) e alla Chiesa (18-20).
unite al versetto seguente, come pensano anche
I. Per rapporto a Dio, Gesù è immagine (greco
fra gli antichi S. Giov. Gris., Teofilatto, ecc.
slxcbv) sostanziale e perfettissima del Padre (Ved.
12. Rendendo, Per vivere in maniera degna
ecc. n. Cor. IV, 4; Cf. Ebr. I, 3; Sap. VII, 26), per-
II
dì Gesù Cristo (v. 9), devono ancora essere fedeli chè, oltre all'avere con Luì comune l'identica na-
nel rendere grazie al Padre {Dio manca nel greco) tura ed essergli perfettamente uguale, procede an-
che ci ha fatti degni (gr. fatti capaci) di partecipare cora da Lui per via di generazione, della quale è
alla sorte, ossia all'eredità, destinata ai santi, proprio rendere il generato simile al generante. An-
cioè ai fedeli, nella luce, ossia nei cieli, conside- che l'uomo è immagine di Dio (I Cor. XI, 7 ; Gen.
rati come il regno della luce per opposizione a I, 26-28), ma quanto lontana e imperfetta! Dio in-
questo mondo tenebroso (Cf. Efes. VI, 12) consi- visìbile è il Padre, il quale viene così chiamato,
derato come il campo su cui esercita il suo potere perchè non può essere conosciuto nella sua es-
il demonio. Questo grande benefizio, che deve senza dalle forze naturali di alcun intelletto creato.
riempire di riconoscenza il cuore di ogni cristiano, Questa proprietà è però comune alle tre persone
non è altro che la vocazione all'eterna beatitudine, diviqe. Ora Dio, che era invisìbile, è divenuto
che Dio ci ha data per ì meriti dì Gestì Cristo. visibile in Gesù Cristo (Cf. Giov. I, 18; V, 37;
Nelle sue espressioni S. Paolo allude alla divisione I Tim. I, 17; VI, 16, ecc.).
della Terra Promessa, nella quale ciascuna fa- II. Per rapporto alla creazione Gesù Cristo,
miglia ricevette a sorte in perpetua eredità o pos- come Verbo, è primogenito di tutte le creature,
sessione la parte che le spettava (Salm. XV, 5). vale a dire generato prima di tutte le creature,
La parola sorte, fa risaltare la gratuità del dono ossia da tutta l'eternità (Cf. Eccli. XXIV, 5).
fattoci da Dio (Cf. Efes. I, 11). Egli quindi non solo è anteriore a tutte le creature
13-14. Spiega meglio la natura di questo dono. nell'esistenza, ma non è neppure una creatura,

Ci ha tratti, ossia liberati, dalla potestà delle te-


perchè è generato e non già fatto, come è proprio
delle cose create. Nell'affermare l'eternità del
nebre, cioè dal potere di Satana, principe delle
tenebre (Efes. VI, 12). Ecco la parte negativa del Verbo, S. Paolo fa menzione dì tutte le creature
(gr.JTctcnìq xTioecoq^per far subito comprendere, che
dono. Ci ha trasportati, ecc. Ecco la parte posi-
tiva. Il regno del Figliuolo non è altro che la
il Verbo è la causa efficiente di tutte le creature
Chiesa (Cf. Apoc. V, 10). L'espressione Figliuolo (Ebr. I, 2, 6), ed è superiore ad esse.
dell'amor suo è un ebraismo, che significa sempli- 16. Prova che il Verbo fu generato prima delle
cemente Figliuolo diletto (Efes. I, 6) o Figliuolo creature, e che è superiore ad esse. In lui (greco
che è oggetto del suo amore. In cui, ossia in èv oÙT$), come in causa esemplare, sono state
virtù della nostra unione con Lui, abbiamo la re- fatte gr. ÉxnoGn indica la creazione propria-
(Il
denzione tryv ànoXòzpcoaxv cioè la liberazione a prezzo mente detta Cf. Mar. XIII, 19; Rom. 1,25; I Cor.
dì riscatto, la remissione dei peccati (Ved. n. Efes. XI, 9, ecc.) tutte le cose (tò Jtàvro). Dio con un
I, 7). Mediante il singue di lui. Queste parole unicp atto conosce s^ stesso e tutte le creature.
326 CoLOSSEsi, 1, 17-20

condita sunt univèrsa in caelis, et in terra, in lui sono state fatte tutte le cose nei cieli
visibilia, et invisibilia, sive throni, sive do- e in terra, le visibìli e le invisibili, sia i
mìnatiónes, sive principàtus, sive potestà- troni, sia le dominazioni, sia i principati,
tes omnia per ipsum, et in ipso creata
: sia le potestà : tutto per lui e a riflesso dì
sunt ^^Et ipse est ante omnes,'et omnia in
: lui fu creato : "ed egli è avanti a tutte le
ipso Constant. ^*Et ipse est caput córporis cose, e tutte le cose per lui sussistono.
Bcclésiae, qui est principium, primogénitus "Ed capo del corpo della Chiesa, ed
egli è
ex mórtuis : ut sit in òmnibus ipse primà- egli è principio, il primogenito dei morti :
il

tum tenens. "Quia in ipso complàcuit, om- onde abbia il primato in ogni cosa. "Poiché
nem plenitudinem inhabitàre *°Et per eum : fu beneplacito (del Padre) che in lui abi-
reconciliàre omnia in ipsum, pacificans per tasse ogni pienezza : "e che per lui fos-

»• I Cor. XV, 20 ; Apoc. I, 5.

e perciò il Verbo, che da Lui procede, rappre- della gloria; e come per ordine alla creazione,
senta ancora tutte le creature e contiene in sé le Egli è il primogenito di tutte le creature (15) e
forme esemplari, secondo cui le stesse creature tutto in lui, per lui e a riflesso di lui fu fatto
furono fatte. Cieli e terra indicano le due partì (16-17), così per ordine alla Chiesa, egli è ancora
principali dell'universo. Le visìbili, cioè il mondo il primogenito dei morti (18) e in lui abbiamo la

materiale e l'uomo, le invisibili, cioè il mondo redenzione (14) e per lui furono riconciliate tutte
degli spiriti, a cui appartengono le quattro fcate- le cose (20) e a lui furono wdinate (20). Ved. Prat.
gorie di esseri. Troni, Dominazioni, ecc. Ved. n. op. cit. tom. II, pag. 215.
Efes. I, 21. I Troni non sono ricordati nella let- 19. Gesù
Cristo tiene il primato in ogni cosa
tera agli Efesini, ma qui vengono omesse le ed è capo Chiesa, perchè ilei determinare
della
Virtù. Tutto per lui (gr. 6i oùtov), come da causa l'ÌTicamazione fu beneplacito (gr. e«òóxt\oev) del
efficiente (Ved. n.Giov. I, 3; Rom. XI, 36; I Cor. Padre, ossia piacque a Dio, stabilire che in lui,
Vili, 6), e a riflesso di lui (ei? ovtóv in ipsum = cioè in Cristo, abitasse in modo permanente
e non in ipso), come per causa finale e immediata, (come indica il gr.xoToixT\oat) ogni pienezza (jrflr
fu creato. Cf. Rom. XI, 36. Tò nXr\pobna), ossia tutta la pienezza della divinità
avanti, cioè anteriore e superiore a
17. Egli è per l'unione ipostatica della natura umana colla
tutte lecose (gr. Jtpò itàrttov =
ante omnia piuttosto natura divina nell'unica persona del Verbo, e tutta
che ante omnes), e tutte le cose per lui (meglio la conseguente pienezza della grazia e della verità
secondo il greco e il latino in lui) sussistono, (Giov. I, 14). Alcuni (Lemonnyer, ecc.), prefe-
ossia hanno in lui il sostegno della loro esistenza riscono interpretare coU'antica Itala « in ipso com-
(Ebr. I, 3). Le creature quindi debbono al Verbo plàcuit omnis plenitudo inhabitàre » è piaciuto a
non solo la loro esistenza, ma anche la loro attuale tutta la pienezza (della divinità) abitare in lui. Ben-
conservazione. Contro i falsi dottori, che discono- ché questa interpretazione si possa accordare colla
scevano la dignità di Gesìi Cristo, dando troppa grammatica, tuttavia la prima è più comune ed
importanza alla mediazione degli angeli col farne è da preferirsi. Ved. Fillion, h. 1.; Prat, op. cit.
i creatori del mondo materiale, l'Apostolo afferma tom. I, pag. 410; tom. II, pag. 134; Knab., h. 1.
energicamente la divinità di Gesù Cristo, la sua I falsi dottori abusavano probabilmente della
onnipotenza e la sua causalità e sovranità uni- parola JiXT\pa)|io = pienezza, e perciò l'Apostolo fu
versale. Ved. Prat, La Th. de St-Paul, tom. I, indotto a precisarne il significato.
pag. 391 e ss. 20. Sollevando Gesù Cristo a tanta altezza. Dio
18., Passa ora (18-20) a parlare della grandezza volle che per lui, ossia per la sua mediazione, e
di Gesù Cristo, III, in rapporto alla Chiesa. Ed non già per quella degli angeli, come insegnavano
egli, cioè quello stesso Gesù
Cristo, principio e i falsi dottori, fossero riconciliate (Il gr. ct:roxoTaX-
fine di tutte le creature, è, capo dei corpo della Xd^at indica una riconciliazione perfetta) tutte le
Chiesa, ossia del corpo che è~la Chiesa. Il geni- cose. Il gr. ei(; oùtóv = in ipsum, tradotto seco
tivo della Chiesa è un genitivo di apposizione e riferito a Padre, più j^obabilmente si riferisce a.
(Ved. n. Efes. I, 22 e ss.; V, 23; Cf. I Cor. XII, Gesù Cristo, e va tradotto in lui o a riflesso di
12 e ss.). 7/ principio (gr. àpXr{), ossia l'autore del lui. Dio volle che Gesù Cristo fosse come il centro
corpo organizzato che è la Chiesa. E però prefe- in cui si operò la riconciliazione, la quale, come
ribile considerare àpXri, come sinonimo di ànapXry a fine prossimo, doveva essere ordinata alla gloria
(I Cor. XV, 20-21) = primizia, e spiegarlo in rela- di lui. E infatti assai difficile spiegare come Dio
zione a quanto segue. Gesù è la primizia della abbia riconciliato con sé gli angeli buoni. Tutte te
risurrezione, ossia il primogenito dei morti (I Cor. cose. Queste parole devono restringersi alle cose
XV, 20), vale a dire il primo che, in ragione di del cielo e della terra, cioè agli angeli, agli uo-
tempo, dalla morte sia risuscitato a una vita glo- mini e al mondo materiale, e non vanno estese
riosa e immortale, e il principio o la causa esem- ai demonii e ai dannati. Per il peccato l'uomo
plare ed efficiente della gloriosa risurrezione di divenne nemico di Dio e per conseguenza degli
tutti i suoi membri. Egli poi è tale, affine di avere angeli, e non solo egli, ma ancora le altre crea-
il primato ( aipooreùcov essere il primo) in ogni cosa, ture materiali, furono, in punizione della colpa,
ossia sotto tutti gli aspetti, e quindi non solo assoggettate alla corruzione (Rom. Vili, 19). Óra
secondo la natura divina, ma anche secondo la Gesù Cristo ha ristabilita l'antica armonia tra
natura umana, non solo nell'ordine naturale, ma questi esseri (Ved. n. Efes. I, 10), pacificando
anche nell'ordine soprannaturale della grazia e (meglio secondo il greco avendo pacificato), »
CoLOSSESi, I, 20-24 327

sànguinem crucis eius, sive quae in terris, sero riconciliate seco tutte le cose, pacifi-
sive quae in caelis sunt. cando, mediante il sangue della croce di
lui, e le cose della terra e le cose del cielo.

^^Et vos cum essétis aliquàndo alienati, et '^E voi, che eravate una volta alieni e ne-
inimici sensu in opéribus malis : "Nunc mici di animo per le male opere : '^vi ha
autem reconciliàvit in córpore carnis eius adesso riconciliati per mezzo della sua morte
per mortem, exhibére vos sanctos, et imma- nel corpo della sua carne affine di pre-
:

culàtos, et irreprehensibiles coram ipso : sentarvi santi e immacolati e irreprensibili


''Si tamen permanétis in fide fundàti, et dinanzi a sé ''se però perseverate ben fon-
:

stàbiles, et immóbiles a spe Evangéli!, quod dati e saldi nella fede, e immobili sulla
audistis, quod praedicàtum est in univèrsa speranza del Vangelo ascoltato da voi e
creatura, quae sub caelo est, cuius factus predicato a tutte quante le creatu*© che sono
sum ego Paulus minister. sotto dei deli, del quale io Paolo sono stato
fatto ministro.

^
*^Quì nunc gàudeo in passiónibus prò vo- '*Io che adesso godo di quel che patisco
bis, et adimpleo ea, quae desunt passiónura per voi, e do nella mia carne compimento

prezzo del suo sangue versato sulla croce, le cose tetturae indicano il primo la solidità del fonda-
del cielo (gli angeli) e le cose della terra (uomini, mento, e l'altro quella di tutto l'edifizio (I Cor.
mondo fisico). E chiaro che in tanto Gesù ha XV, 58; Efes. II, 17). Dovete inoltre restare im-
pacificato col suo sangue gli angeli e gli uomini, mobili sulla speranza, ossia non lasciarvi per
in quanto ha espiati i nostri peccati e ci ha prima alcun motivo distaccare o allontanare daBa spe-
riconciliati con Dio,^ Si osservi però, che questa ranza della salute eterna, quale è promessa dal
riconciliazione non sarà al tutto completa se non Vangelo.,
alla fine del mondo, quando i giusti saranno sepa- Ascoltato, eoe. Spiega quale sia questo Van-
rati dai cattivi e si avranno cieli nuovi e terra gelo : è quello stesso che avete ascoltato predi-
nuova, e Gesii Cristo rimetterà il regno nelle mani carvi da Epafra (I, 7-8), e che fu predicato a tutte
del Padre suo, affinchè Dio regni tutto in tutti quante le creature, ossia in tutto il mondo. Anche
(Cf. Rom. Vili, 19; I Cor. XV, 24-28; II Piet. qui, S. Paolo dà la cattolicità come caratteristica
Ili, 13; Apoc. XXI, 1). Ved. Prat, op. cit. tom. II, del vero Vangelo. Del quale, ecc. Questo Vangelo
pag. 152; Knabenbauer, h. 1. è quello stesso che Dio mi ha imposto di predi-
care. Queste ultime parole servono di transizione
21. Nei versetti 21-23 S. Paolo applica ai Co-
lossesi quanto ha detto in generale riguardo al-
a quanto l'Apostolo sta per dire intorno all'opera
l'opera redentrice di Gesìì Cristo. E voi, o meglio,
sua per i pagani.
e anche voi, Colossesi, una volta eravate alieni, 24. Nei vv. 24-11, 3, S. Paolo parla dei mini-
cioè stranieri a Dio, e lontani da lui, come tutti stero affidatogli da Dio e della sua sollecitudine
i pagani (Ved. n. Efes. II, 1, 12; IV, 18), e per per le Chiese dell'Asia, venendo così a spiegare,
di più eravate nemici di animo (tq bxavoiq) ossia come pur fece nella lettera ai Romani, per qual
nutrivate sentimenti ostili a Dio, che si maoife- motivo scriva a una Chiesa da lui non fondata
etavano nelle opere malvagie che facevate (Cf. né mai visitata. Io che adesso, ecc. Prova che è
Rom. Vili, 7). ministro fedele del Vangelo, perchè adesso,
mentre sii trova in catene, al sentire gli effetti
22. Adesso, nella nuova economia. Dio vi ha
mirabili prodotti dalla grazia ndle loro anime,
riconciliaticon se stesso e cogli angeli. La causa
gode e si rallegra di quel che patisce (Atti, V, 41 ;
meritoria di questa riconciliazione è stata la morte
II Cor. VII, 4) per loro, cioè per il loro vantaggio
di croce, sofferta dal Figlio di Dio nel corpo della
spirituale, o meglio a motivo di loro pagani. Se
sua carne, cioè nel suo corpo reale e passibile
egli infatti si trovava prigioniero Io era perchè
(Cf. Ebr. II, 14, 15), in opposizione al suo corpo
aveva difeso i diritti dei pagani (Atti, XXI, 27).
mistico che è la Chiesa (18). Anche qui S. Paolo
contro i falsi dottori, i quali attribuivano la re-
Do compimento a quel che rimane da compiere
dei patimenti di Cristo. Sì osservi che la pas-
denzione non già alla morte reale di Gesù Cristo,
sione di Cristo è piena e perfetta, e che infiniti
ma alla mediazione degli angeli, afferma risoluta-
sono i meriti e la virtù del sangue da Gesù ver-
mente che Gesù Cristo è l'unico nostro redentore
sato sulla croce. Il Signore infatti, ha affermato
e che ci ha redenti per mezzo della morte sofferta
di aver compiuta l'opera affidatagli dal Padre
netta sua carne mortale. Affine, ecc. Il fine^della
(Giov. XVII, 4), e che tutto era consumato (Giov.
riconciliazione è la santificazione dei fedeli, e
XIX, 30). S. Paolo quindi non vuole già dire che
perciò Dio ha riconciliati i Colossesi affinchè fos-
la passione di Cristo sia imperfetta e incompleta,
sero santi dinanzi a se, cioè davanti ai suoi occhi,
e che ad essa debbano aggiungere qualche cosa i
che non si ingannano ossia affinchè avessero la
meriti e i patimenti dei santi, ma (S. Tommaso,
;

vera santità, che esclude ogni vizio e importa la


h. 1.) considera Gesù Cristo e la Chiesa come un
grazia e le virtù (Ved. n. Efes. I, 4).
solo corpo mistico, del quale Gesù Cristo è il
23. Se però, ecc. Per conseguire sìbilo fine, capo e i singoli fedeli le membra, e afferma sem-
dovete adempiere da parte vostra alcune condi- plicemente, che manca ancora a Gesù Cristo di sof-
zioni, cioè perseverare a restare ben fondati e frire non già nel suo corpo fisico e reale, ma nelle
saldi nella fede, che è il fondamento soggettivo sue membra mistiche. Dio infatti ha stabilito, che
dell'ediflzio spirituale della nostra perfezioiJe. I i fedeli debbano assimilarsi al loro capo Gesù
termini ben fondati e saldi, sono tratti dall'archi- Cristo e patire con Jui, portando dietro di lui
328 CoLOSSESi, I, 25-29

Ghristì, in carnt mea prò córpore eius, quod a quelio che rimane cisi patimenfi di Cristo,
est Ecclèsia '''Cuius factus sum ego mini-
: a prò del corpo di che è la Chiesa :
lui,
ster seciindum dìspensatiónem Dei, quae ^'della quale io sono stato fatto ministro se-
data est mìhi in vos, ut impleam verbum condo la dispensazione di Dio fatta a me
Dei ^^Mstyérium, quod abscónditum fuit a
: per voi, affinchè io compia la parola di Dio :

saéculis, et generatiónibus, nunc autem ma- *"il mistero che fu nascosto ai secoli e alle

nifestàtum est sanctis eius, ''^Quibus vóluit generazioni, che però adesso fu manifestato
Deus notas fàcere dìvitias glóriae sacra- ai santi di lui, ^^ai quali Dio volle far cono-
menti huius in Géntibus, quod est Christus, scere quali siano le ricchezze della gloria
in vobis spes glóriae, ^*Quem nos annun- di questo mistero tra i gentili, che è Cristo,
ciàmus, corripiéntes omnem lióminem, et in voi speranza della gloria, ^'il quale noi
docéntes omnem hominem, in omni sapién- annunziamo correggendo ogni uomo e inse-
tia, ut exliibeàmus omnem liómfnem per- gnando ad ogni uomo tutta la sapienza, affine
féctum in Christo lesu. ^^In quo et labóro, di presentare ogni uomo perfetto, in Cristo
certàndo sectìndum operatiónem eius, quam Gesù. ^'Al quale fine ancora fo tutti i miei
operàtur in me in virtùte. sforzi, combattendo secondo l'operazione di
lui, la quale agisce potentemente in me.

la croce. Ora, siccome Dio ha pure determinato Efes. III, 3-6). Nascosto... manifestato (Ved. n.
non solo quanto Gesù doveva soffrire nei suo Rom. XVI, 25, 26; Efes. Ili, 5, 9). Ai santi, cioè
corpo reale, ma anche quanto doveva soffrire nei ai cris.tiani, ma specialmente agli Apostoli.
suo corpo mistico, finché mon sarà raggiunta la 27. Volle far conoscere, ecc. La rivelazione è
misura fissata, si potrà sempre dire che manca un dono libero e gratuito di Dio. Le ricchezze
incora qualche cosa alla passione di Cristo, tanto della gloria di questo mistero tra i gentili (Cf Rom. .

più che la Scrittura stessa (Atti IX, 5; Apoc. VII, IX, 23; Efes. I, 18; III, 16, ecc.), ossia l'abbon-
4) attribuisce a Gesù Cristo i patimenti e le sof- danza e la preziosità dei beni che un tal mistero
ferenze della Chiesa e di ciascuno dei suoi mem- apporta ai pagani, nella conversione dei quali,
bri. —
Tale ci sembra la più comune e la migliore più ancora che nella conversione dei Giudei, ri-
interpretazione. I —
Padri greci però pensano splendono la bontà e la misericordia dì Dio. Che
diversamente. Secondo essi, benché la passione di è Cristo. Questo mistero è Gesù Cristo reden-
Gesù sia sufficiente per salvare tutti, essa però tore universale, il quale, ricevuto in voi pagani
con verrebbe applicata ad alcuni, se non a condi- per mezzo della fede, vi dà la speranza certa
zione dei patimenti dei santi, e quindi, ciò che della gloria, ossia dell'eterna beatitudine. Quasi
manca alla passione, è la sua applicazione, che tutti gli interpreti però, preferiscono porre la
viene ottenuta per mezzo delle sofferenze. Altri virgola, non dopo Christus, ma dopo in vobis,
(p. es. Lemonnyer), danno questa interpretazione : e quindi spiegano : Questo mistero è Cristo in
e Io do compimento a quanto può ancora mancare voi, ossia è Cristo redentore dato a voi pagani,
nella mia carne alle prove di Cristo, cioè sop- i quali eravate senza Cristo (Efes. II, 12). Questo
portare per Cristo e a suo esempio» (Ved. mistero è la speranza della gloria del cielo, data
Knab., h. 1.). anche a voi pagani, oppure Gesù Cristo dato a
A prò, cioè a vantaggio e profitto della Chiesa, voi pagani, è colui che fa nascere e sostiene nei
L'Apostolo insegna qui la comunione dei santi, vostri cuori la speranza della gloria futura. Se
per cui le opere buone degli uni possono cedere l'Apostolo insiste nell'affermare che i gentili sono
a vantaggio degli altri. chiamati alla salute, indipendentemente da ogni
25. Della quale Chiesa sono stato fatto ministro legge mosaica, si è" perchè i falsi dottori predi-
secondo la dispensazione (il greco oixovofiiav signi- cavano la necessità di alcune pratiche legali per
fica carica di economo, amministratore, ecc. :
la poter godere dei frutti della redenzione (Ved. Prat,
Cf. n. I Cor. IX, 17; Efes. Ili, 2), ossia rice- op. cit., tom. II, p. 36).
vendo da Dio la carica di amministratore e dispen- 28-29. S. Paolo torna a parlare dì se stesso,
eatore dei suoi beni, per voi, Tale a dire a van- mostrando come egli compia il suo ministero e
taggio di voi, che siete pagani. Come tali infatti, quale fine si proponga di conseguire. Il quale, ecc.
i Colossesi erano compresi nel campo affidato a E questo stesso Cristo, che noi Apostoli e veri
S. Paolo. Lo scopo di questo ministero é di dare ministri di Dio predichiamo, per opposizione ai
compimento (gr. wXiipSoai), ossia di procurare il falsi dottori che predicavano le osservanze legali,
pieno suo incremento, alla parola di Dio, cioè il culto esagerato degli angeli, ecc. Correggendo,
al Vangelo, predicandolo nella sua integrità presso o meglio secondo il greco, avvertendo, cioè esor-
tutticoloro, ai quali deve essere predicato (Ved. tando alla penitenza e alla conversione, ogni
n. Rom. XV, 19. Cf. I Cor. XIV, 36; II Cor. II, uomo, sia Giudeo che pagano. Per volte in tre
17). Altri spiegano affinchè io annunzi U com-
: questo versetto, S. Paolo insiste sull'universalità
pimento della parola di Dio relativamente alla sa- (ogni uomo) della salute, affine di respingere gli
lute dei pagani, insegnamenti dei falsi dottori che la restringevano
26. mistero, ecc. Queste parole servono di
Jl ai soli Giudei. Tutta la sapienza, ossia tutti i

apposizione a parola di Dio, e determinano il misteri della sapienza cristiana. Il greco nào^
punto speciale del Vangelo che deve predicare. aotpiq va però tradotto con ogni sapienza, e più
Questo mistero non è altro che la salute offerta che l'oggetto dell'insegnamento indica il modo
•i Gentili alle stesse condizioni che ai Giudei, con cui S. Paolo insegnava (Cf. II, 16). Nella sua
•enza alcun riguardo alla legge mosaica (Ved. n. predicazione egli sì proponeva di presentare a Dio
COLOSSESI, II, 1-3 329

CAPO IL

Sollecitudine diS, Paolo per le Chiese dell'Asia, 1-3. -^ Preoccupazione di S, Paolo


a motivo dei falsi dottori, 4-5. —
Stare uniti con Gesti Cristo. 6-7. La filo- —
sofia dei falsi dottori contraria a Gesù. Cristo, 8-23.

^^Volo enim vos scire qualem solicitùdinem ^Voglio infatti che sappiate quale solleci-
hàbeam prò vobis, et prò iis, qui sunt Lao- tudine io abbia per voi, e per quelli di
diciae, et quìcumque non vidérunt fàciem Laodicea, e per tutti quelli che non hanno
meam in carne: ^Ut consoléntur corda ip- veduto la mia faccia in carne ^perchè i :

sórum, instructi in charitàte, et in omnes loro cuori siano consolatì, ed essi siano in*
divitias plenitùdinis intelléctus, m agnitìó- sieme nella carità e in tutta l'abbondanza
nem mystérii Dei Patris et Christì lesu : dèlia piena intelligenza, per conoscere il mi-
*In quo sunt omnes thesàuri sapiéntiae, et stero di Dio Padre e di Cristo Gesù Mn :

sciéntiae abscónditi. cui sono nascosti tutti i tesori della sapienza


e della scienza.

ogni uomo perfetto in Crìsto (Cf. ,. 22), ossia dì ed avevano pure rapporti strettì fra loro (IV, 15,
«antifìcare tutti gli uomini. Ora questa perfezione 16). Laodicea è una città situata nel sud-ove«t
non si ottiene per le osservanze legali, ma bensì
mediante l'intima unione con Gesù CrisK), perciò
l'Apostolo soggiunge di voler presentare ogni
:

uomo perfetto in Cristo. Tale è ancora lo scopo


che devono proporsi tutti i predicatori della pa-
rola di Dio.
Al guai fine, di rendere ogni uomo perfetto,
fo tutti i miei sforzi. 11 greco xom'cò, significa un
lavoro duro e faticoso, e si diceva dell'atleta ch«
esercitava le sue membra. Combattendo. Spiega
Mot elfi di Ld«iodicea.
meglio in che consistesse il duro lavoro a cui si
sottometteva. Era una specie dì lotta e di com-
della Frigia, sulla riva del Lieo, non molto di-
battimento. Infatti il greco àYCDvi(5«juevo(; si diceva
stante da Colossi.
dell'atleta che combatteva nell'arena (Cf. II Tim.
II, 9; IV, 7). Nei primi vv. del capo seguente, 2. Siano
consolati. Il greco 3tapaxXt\e©cnv, qui
epiega la natura di questo combattimento. Se- come altrove (I Tess. III, 2; II Tess. II, 16), signi-
condo Voperuzione, o meglio secondo la forza, fica piuttosto siano fortificati, e sì deve intendere
della grazia di Gesiì Cristo, che agisce potente- nella fede, contro le false dottrine.^ Siano uniti.
mente, ossia efficacemente, in me, e mi rende Tale è il senso del greco avix^i^aaQévxeq. Nella
capace di fare e di sostenere tutto quello che esige carità che è vìncolo dì perfezione (III, 14). In
il mio ministero. Anche qui l'Apostolo vuole che tutta l'abbondanza. Si deve sottintendere siano
tutta la gloria ridondi alla grazia di Dio (Ved. I ripieni della più intera e più perfetta intelligenza,
Cor. XV, 10). acciò possano conoscere perfettamente (gr. eìq èm-
Tfvoociv) i7 mistero di Dio. Quale sia questo mi-
stero fu detto al capo I, 26, 27. Di Dio Padre e
CAPO II. di Cristo Gesù. I codici antichi, le versioni, i
Padri, non si accordano sulla vera lezione dì
Nei vv. 1-3, S. Paolo discorre della sua sol-
1. queste ultime parole, e perciò le varianti sono
lecitudine per le Chiese di Asia, aprendosi così assai numerose. Eccone alcurve di Dio, di Dio
:

la via a parlare degli errori funesti che tentavano Cristo, di Dio e di Cristo, di Dio Padre di Cristo,
di spargervi i falsi dottori (II, 4-23). Tutto il passo di Dio Padre e di Cristo. La lezione ritenuta più
è intimamente connesso coU'ultimo versetto del probabile è la seconda. Essa si trova nel codice B,
capo precedente. Sollecitudine, esprime bene il e presso Sant'Ilario {De Trin. IX, 62), ed è ac-
«enso del greco àYSva(lett, combattimento) ed In- cettata da Tischendorf (Vili ed.) e da Nestle, ecc.
dica i timori, le angoscie e le inquietudini, che È però suscettiva di diverse spiegazioni. Infatti il
provava S. Paolo per i Colossesì e i loro vicini greco (Tot) eeoG Kpiotov) può essere tradotto: il
di Laodicea, e tutti coloro che non lo conoscevano mistero di Dio, il quale Dio è Cristo, e sì avrebbe
personalmente (non hanno veduto la mia faccia così un'affermazione della divinità dì Gesù Cristo,
in carne) e si trovavano esposti agli stessi peri- ma potrebbe pure essere tradotto : i7 mistero del
coli. Lo zelo dell'Apostolo non si restringeva alle Dio di Cristo. Sembra più probabile che debba
Chiese da luì fondate, ma sì estendeva ancora alle interpretarsi : // mistero di Dio, vale a dire il
altre e specialmente a quelle composte di gentili. Cristo salvatore
Egli non aveva personalmente evangelizzato né 3. In cui, ossia nel quale Cristo, oppure nel
quei di Colossi, né quei di Laodicea (I, 7), ma quale mistero che è Cristo^ sono nascosti, cioè
te due Chiese erano però in relazione con lui, sì contengono, tutti i tesori, ossìa lerriochezze in-
330 COLOSSESI, II, 4-8

*Hoc autem dico, ut nemo vos decipìat in *Ora dico questo, affinchè nessuno v'in-
sublimitàte sermónum. ^Nam etsi córpore ganni con sottili discorsi. ''Poiché quan-
absens sum, sed spiritu vobiscum sum gau- : tunque assente col corpo, sono però con voi
dens, et videns órdinem vestrum^ et flrma- Qon lo spirito godendo nel vedere il vostro
:

méntum eius, quae in Christo est, fidei buon ordine e la saldezza della vostra fede
vestrae. in Cristo.
"Sicut ergo accépistis ìesum Christum Dó- 'Come dunque riceveste Gesù Cristo il
minum, in ipso ambulate, ^Radicati, et su- Signore, camminate in lui, ^radicati e edifi-
peraedificàti in ipso, et confirmàti fide, sicut cati in lui e corroborati nella fede, come già
et didicistis, abundàntes in ilio in gratiàrum imparaste, crescendo in essa con rendimenti
actióne : "Vidéte ne quis vos decipiat per di grazie. 'Badate che alcuno non vi seduca

» I Cor. V, 3.

finite,della sapienza e della scienza. Per la spie- rarsi. E pure da osservare come chiami Gesù
gazione di questi due nomi ved. n. I Cor. XII, 8 Cristo Signore, venendo così ad affermare la
il

e cf. Rom. XI, 33. Gesù Cristo, come Dio, è sua divinità e il suo dominio sovrano e universale.
la sapienza del Padre, e anche come uomo pos- Radicati... edificati, due metafore che inculcano
siede una scienza e una sapienza, superiori alla nuovamente la necessità di star uniti a Gesù
scienza degli angeli e degli uomini. I fedeli non Cristo (Efes. Ili, 18). Per la grazia della giusti-
devono quindi cercare altro maestro, né accettare ficazione, i cristiani vengono come innestati su
altre dottrine predicate loro da falsi apostoli in Gesù Cristo (Rom. XI, 17, 18), unico principio
nome di angeli, ecc. ma devono
rimettersi inte-
; della vita soprannaturale (Giov. XV, 4, 5) e pietra
ramente a Gesii Cristo, che è la luce e la verità angolare, su cui posa ogni edifizio di cristiana per-
(Cf. I Cor. II, 2). fezione (Efes. II, 18). Confermati nella fede, la
4. Volendo ora direttamente mettere in guardia
quale congiunta alla carità é il vincolo che vi
tiene uniti con Cristo e tra voi. Come già impa-
i Colossesi contro le false dottrine (4-23), San
raste. Fin da principio vi fu insegnato che cosa
Paolo comincia (4-5) coU'esporre in modo più
chiaro, il motivo delle sue preoccupazioni a loro dobbiate credere e quale debba essere la vostra
riguardo. Dico questo, ossia vi parlo così, affinchè fede, e da quale riconoscenza e rendimenti di
grazia debba essere accompagnata. In essa. Tale
nessun falso dottore vi inganni con sottili discorsi.
Il greco 3ii9avoXoYtcjt. indica piuttosto discorsi sedu-
è la lezione dei codici B D E K L, ecc. La lezione
in ilio = in esso, si trova in pochissimi codici,
centi. Parecchi codici della Volgata, invece di in
sublimitate, hanno in subtUitate, e questa lezione
mentre altri codici hanno semplicemente cre-

è preferibile.
scendo in azioni di grazie.

8. San Paolo caratterizza ora la dottrina dei


5. Poiché, ecc. Non vi deve recar meraviglia
falsi dottori, mostrandola contraria a Gesù Cristo
che io sia sollecito (1) e inquieto per voi, poiché,
sia nella parte speculativa (8-15) e sia nella parte
quantunque sia assente col corpo (I Cor. V, 3),
ascetica (16-23). Seduca. Il greco otsXaYODYÓòv signi-
sono però con voi collo spirito, cioè colla mente
fica portar via come preda. Filosofia (gr. <j>iXo-
e col cuore, e quindi conosco le condizioni in cui
vi trovate, e vedo con gioia il buon ordine, che
aocpiaq). Questo nome si usava spesso in antico
per significare qualsiasi dottrina. Così, Filone
regna tra voi e la saldezza, ossia la costanza,
{Leg. ad Caium, 23 33) chiama filosofia la reli-
della vostra fede in Cristo, con cui resistete ai
gione giudaica e la legge di Mosé, e Giuseppe FI.
falsi dottori. Le due voci Td^iq (ordine) e orepécoiia
{Ant. Giud., XVIII, I, 2) dà lo stesso nome alle
(saldezza) sono due termini militari, il primo dei
dottrine dei Farisei, dei Sadducei e degli Esseni.
quali significa disposizione di soldati in ordine di
Non fa quindi meraviglia, che ì falsi dottori pre-
battaglia, e ilsecondo posizione forte, e quindi
sentassero come una filosofia la loro dottrina, che
fortezza. S. Paolo vede i Colossesi come schie-
era un amalgama di tradizioni cabalistiche, di spe-
rati in ordine di battaglia contro i falsi dottori,
e vede pure che la fede è come una fortezza ^ culazioni pagane e giudaiche e di alcune verità
cristiane. L'Apostolo parla di questa dottrina.
che li rende pieni dì vigore, ma tuttavia teme
Inutile e ingannatrice. Nel greco si legge xal xevfj?
per loro.
dwàmt;, che deve tradursi e per mezzo di vano
6-7. Passa
inculcare la necessità di stare
a o fallace inganno. Queste parole fanno subito co-
uniti a Cristo. Come dunque da Epafra,
Gesù noscere a quale scopo tendano i falsi dottori. Essi
vostro maestro nella fede, riceveste Gesù Cristo vogliono ingannare i fedeli. La loro dottrina ha
il Signore, così camminate in lui, ossia vivete se- inoltre le sue origini non negli insegnamenti di
condo suoi insegnamenti e non ve ne allontanate
i Gesù Cristo, ma nella tradizione degli uomini. Il
(Cf. 10; Giov. XIV, 6). Gesù infatti è la via
I, nome di Kabala dato alle speculazioni rabbiniche,
per cui deve camminare, se si vuole giungere a
si significa appunto tradizione. Anche Gesù rimpro-
salute. E da notare, come S. Paolo affermi che verava i Farisei di seguu-e le tradizioni degli uo-
dalla predicazione di Epafra i Colossesi ricevet- mini (Matt. XV, 1-20). Probabilmente S. Paolo
tero non solo la dottrina di Cristo, ma lo stesso allude a certer dottrine esoteriche, le quali erano
Cristo. Egli vuole così ricordare ai fedeli che, in spacciate", come ricevute dagli antichi. L'oggetto
forza della fede e dei sacramenti, sono stati in- di questa,; filosofia sono gli elementi del mondo.
corporati a Cristo, il quale perciò é divenuto il Col nome di elementi o rudimenti del mondo sì
loro capo, d» cui per niun motivo devono sepa- devono pro"babilmente intendere alcuni riti e isti-
UOLOSSESI, li, 9-13 331

philosophiam, et inanem fallàcìam secùn- per mezzo della filosofia inutile e inganna-
dum tradìtìónem hóminum, secundum eie- trice,secondo la tradizione degli uomini,
ménta mundi, et non secundum Christum : secondo gli elementi del mondo, e non se-
'Quia in ipso inhàbitat omnis plenitùdo di- condo Cristo ^'perocché in lui abita tutta
:

vinitàtis corporàliter ^"Et estis in ilio re-


: la pienezza della divinità corporalmente :

pléti, qui est caput omnis principàtus, et po- "e voi siete ripieni in lui, che è capo di
testàtis : ^^In quo et circumcisi estis cìrcum- ogni principato e potestà ^^nel quale siete
:

cisióne non manu facta in expoliatióne cór- statiancora circoncisi con circoncisione non
poris carnis, sed in circumcìsióne Christi : manofatta con lo spogliamento del corpo
^^Consepùlti ei in baptismo, in quo et resur- della carne, ma con la circoncisione di Cri-
rexìstis per fidem operatiónis Dei, qui susci- sto :^^sepolti con lui nel battesimo, nel
tàvit illum a mórtuis. quale siete ancora risuscitati mediante la
fede della operazione di Dio, il quale lo
risuscitò da morte.
"Et vos cum mórtui essétis in delictis, et "E a voi, che eravate morti per i vostri

" Eph. II,

tuzioni giudaiche (distinzione dei varii cibi, cir- 3; IV, 22; Coloss. Ili, 9). In parecchi codici greci
concisione, sacrifizi, ecc.), che questi falsi dottori si legge : del corpo dei peccati della carne, ma le
cercavano di imporre ai Colossesi. L'Apostolo lì parole dei peccati non sono altro che una glossa.
chiama così per indicare che essi non avevano che Ma. Questo ma non si trova nei codici greci e negli
un carattere elementare o di abbozzo di quella antichi codici latini, e quindi le parole con la cir-
verità, che ha preso corpo in Cristo (Ved. n. Gal. concisione di Cristo, sono un'apposizione a circon-
IV, 3, 9. Cf. Col. II, 14, 16). Cf. Prat, op. cit. cisione non manofatta e indicano che tale circon-
tom. II, p. 162. cisione ha per autore non Mosé, ma Gesù Cristo.
Non secondo Cristo. Cristo non è né l'autore, Ecco qual è il senso di tutto il versetto In Cristo
:

né l'oggetto di tale dottrina. voi siete stati circoncisi di una circoncisione spiri-
tuale, che consiste nello spogliamento dell'uom»
9. Se l'Apostolo afferma che tale dottrina non
è secondo Cristo, si è perché essa non riconosce vecchio ed ha per autore Gesù Cristo.
la dignità e la grandezza della persona e del- Spiega come e quando sia stata
12. Sepolti, ecc.
l'opera di Gesù Cristo. In Gesù Cristo infatti abita fatta questa circoncisione. Essa ebbe luogo nel
in modo permanente tutta la pienezza della divi- Battesimo, per cui essi morirono al peccato e risu-
nità, ossia tutta l'essenza divina con tutti ì suoi scitarono alla vita della grazia. L'immersione dei
attributi (Ved. n. I, 19), e vi risiede corporal- fedeli nell'acqua rappresentava assai bene noa
mente, ossia non già figuratamente, o solo per solo la morte e la sepoltura di Gesù, ma ancora
la sua azione, o la sua grazia, ma sostanzialmente la morte e la sepoltura dell'uomo vecchio, ossia
e personalmente. In Cristo l'umana natura é unita lo spogliamento del corpo della carne. Similmente
personalmente alla natura divina. Si potrebbe l'uscita dalle acque battesimali rappresentava assai
anche spiegare che la divinità abita corporalmente bene non solo la risurrezione di Gesù Cristo, ma
in Cristo nel senso, che in Cristo la divinità si è anche la risurrezione dei fedeli alla vita della
unita a un corpo, conforme a quel che dice San grazia (Ved. n. Rom. VI, 3 e ss.). Nel quale, si
Giovanni (I, 14) Il Verbo si è fatto carne, ecc.
: riferisce a battesimo. Risuscitati con Cristo, come
La prima spiegazione ci sembra però da prefe- indica il greco. Mediante la fede. Affinchè il Bat-
rirsi. Cf. S. Tommaso, h. 1. tesimo conferisca la vita spirituale, richiede negU
10. In ossia per la vostra unione con Gesù
lui, adulti che hanno l'uso di ragione, la fede, radic«
Cristo a cui siete stati incorporati, voi siete ri- e fondamento della giustificazione (Rom. I, 17).
pieni di grazia e di scienza (Giov. I, 14, 16, 17), Della operazione è un genitivo di oggetto. Il greco
non dovete quindi cercare la vostra perfezione èvepYeioq andrebbe piuttosto tradotto della potenza.
negli angeli, poiché Gesù Cristo è capo di ogni Si deve credere nell'onnipotenza di Dio che ha
principato, potestà (Ved. n. I, 16), cioè di tutti risuscitato Gesù Cristo da morte. L'Apostolo ri-
gli angeli e possiede in grado più eminente, quanto; corda in modo speciale la risurrezione di Cristo
in essi può trovarsi di perfezione. cerche essa è come il fondamento di tutta la reli-
gione cristiana (V. n. Rom. I, 9; I Cor. XV, 14-17).
11. I falsi dottori predicavano la circoncisione
come un mezzo per arrivare alla perfezione, ma 13. Spiega sotto altro aspetto in che consista la
S. Paolo fa osservare ai Colossesi che in forza rigenerazione in Cristo. A voi, Colossesi, che era-
della loro unione con Cristo, essi sono stati ancora vate morti spiritualmente e destinati alla morte
circoncisi con circoncisione non manofatta. Alla eterna per causa dei vostri peccati (Cf. Efes. II, 1)
circoncisione esteriore e carnale (Efes. II, 11) op e per V incirconcisione della vostra carne (Cf. Rom.
pone la circoncisionie spirituale del cuore (Rom. II lil, 20). Queste ultime parole indicano quello stato

29). Questa cu-concisione spirituale consiste nello in cui l'uomo a motivo del peccato originale è
spogliamento del corpo della carne, ossia del corpo dominato dalla concupiscenza e dalle passioni car-
del peccato (Rom. VI, 6), cioè dell'uomo vecchio, nali, come erano i pagani non battezzati (Cf. v. 11).
schiavo della concupiscenza, occasione e causa di Rendette vita assieme con lui, cioè con Gesù Cristo
peccato (Cf. Rom. VII. 23. 25 Gal. V, 16 Efes. II,
: ; (Ved. n. Efes. II, 5). Il soggetto della proposi-

i
332 COLOSSESI, II, 14-17

praeputio carnis vestrae, conviviflcàvit cum peccati e per rincìrconcisione della voàtra
ìlio, donans vobis omnia delieta ^*Delens : carne, rendette vita insieme con lui, con-
quod advérsus nos erat chirógraphum de- donandovi tutti i peccati : ^^scancellando il
créti, quod erat contrarium nobis, et ipsum chirografo del decreto che era sfavorevole a
tulit de mèdio, affigens illud cruci ^'Et ex- : noi, che era contro di noi, ed egli lo tolse
pólians principàtus, et potestàtes tradùxit di mezzo, affìggendolo alla croce ^''e spo- :

confldénter, palam triùmphans illos in seme- gliati i e le potestà, li menò,


principati
tìpso. gloriosamente in pubblica mostra, avendo di
essi trionfato in se stesso.

"Nemo ergo vos iùdicet in cibo, aut in ^"Nessuno dunque vi condanni per ragione
potu, aut in parte diéi festi, aut neoméniae, di cibo di bevanda, o rispetto al giorno
aut sabbatórum ^'Quae sunt umbra futu-
: festivo o al novilunio, o ai sabati "le :

zione è Dio Padre. Dio vi ha data la vita della come trofei da-
trionfato, ossia avendoli trascinati
grazia,e vi darà la vita della gloria, facendovi vanti al suo carro di vittoria. In se stesso. Tale
così risuscitare con Gesù Cristo. Condonandovi. è la traduzione della Volgata. Se però si ammette
Nel greco vi è l'aoristo, e quindi si dovrebbe questa traduzione, il pronome sì riferirebbe a
tradurre avendovi condonati tutti i peccati. La re- Cristo, e allora si dovrebbe pure conchiudere,
missione dei peccati precede infatti logicamente la che Cristo sia il soggetto di tutti i verbi dei ver-
infusione della nuova vita. I codici B K A C D E setti 13, 14, che non è possibile a motivo
15, il

F, ecc., hanno iifiìv = a noi (condonandoci), e que- del V. 13, rendette vita con lui (Cristo). La vera
sta lezione è da preferirsi non solo per l'autorità lezione del greco deve essere èv aùrcp = In ilio,
dei codici, ma anche perchè corrisponde meglio cioè in lui o per mezzo di lui (Cristo). È però pre-
a Efes. II, 5. feribile riferire questo pronome a croce (in greco
è maschile), e spiegare che Dio ha trionfato dei
14. Descrive in modo drammatico come abbia
demonii per mezzo della croce. Lo strumento del
avuto luogo questa remissione. Scancellando, cioè,
supplizio di Gesù Cristo è così divenuto l'arma
secondo il greco, avendo scancellato col sangue di
del suo trionfo. Se Gesù Cristo ha trionfato dei
Gesù Cristo. 7/ chirografo. Questo nome significa
demoni e li ha soggiogati, è cosa stolta ricorrere
un'obbligazione di debito riconosciuta e sotto-
non a Gesù Cristo, ma agli angeli, affine di ot-
scritta dal debitore. Con questa metafora viene
tenere la forza dì vincerli, come insegnavano I
designata la legge di Mosè (Efes. II, 15), all'os-
falsi dottori.
•ervanza della quale ì Giudei si erano solenne-
mente impegnati (Esod. XXIV, 3). Siccome però in 16. Dopoaver combattuto le speculazioni dei
realtà non la osservarono, la legge divenne nelle falsi S. Paolo passa ora a combattere il
dottori,
mani di Dio come un'obbligazione scritta sfavo- loro falso ascetismo (16-23). Nessuno dunque, ecc.
revole ai Giudei, perchè mostrava chiaramente che Poiché Gesù Cristo ha abolito la legge di Mosè,
erano debitori insolventi, ossia peccatori. Del de- non vi deve essere alcuno che vi condanni, perchè
creto (greco dei decreti). Queste parole spiegano non state a quanto essa prescriveva riguardo al
la natura del chirografo. Esso consisteva nei de- cibo (Lev. XI e XVII; Deut. XIV). Bevanda. La
creti, ossia nei precetti della legge di Mosè, ed legge è pressoché muta sulla bevanda (Lev. X, 9;
era contro di noi Giudei, perchè facendoci cono- Num. VI, 3), e i soli Esseni si astenevano dal
scere il male senza darci la forza di evitarlo, di- vino. Sembra che questi falsi dottori imponessero
ventava per noi un'occasione dì peccato e di con- l'astinenza dal vino e dalle carni, come condizione
seguente castigo (Ved. n. Rom. IV, 15; V, 20; necessaria per entrare in comunicazione cogli spi-
VII, 7 e ss.). Ora Dio, per mezzo dì Gesù Cristo, riti intermediarli e, per mezzo di essi, con Dio.
distrusse questo chirografo, coll'inchiodarlo sopra Rispetto. Alla traduzione latina in parte si deve
la croce. Gesù Cristo infatti, sulla croce soffrì per dare il senso di in negotio. Giorno festivo. Si
noi la maledizione della legge (Gal. Ili, 13), e tratta delle grandi feste annuali, quali la Pasqua,
quindi ridusse la legge all'impotenza, abrogandola la Pentecoste, ecc. (I Par. XXXII, 31 ; II Par. II,
completamente (Ved. n. Rom. X, 4). S. Paolo 4; XXXI, 3). Novilunio, festa mensile che si cele-
mostra cosi ai Colossesi quanto sia stolto volersi brava alla nuova luna (Num. XXVIII, 11 e ss.).
assoggettare alle osservanze della legge, come an- Sabati, feste settimanali (Ved n. Gal. IV, 10;
davano predicando i falsi dottori. Cf. Rom. XIV, 5, 6).

15. Spogliati, ecc. Per mezzo dì Gesù Cristo, 17. Motivo per cui i cristiani non devono più
Dio ha spogliato delle loro armi, oppure della loro preoccuparsi, di queste ed altre simili istituzioni
preda, o del loro dominio (Giov. XII, 31), i prin- mosaiche. Esse non erano che ombre e figure di
cipati e le potestà che tenevano schiavi gli uomini. cose, che dovevano poi compirsi nel Nuovo Te-
Questi due nomi, che altrove (I, 16; II, 10) signi- stamento; la realtà (il corpo) che proiettava queste
ficano gli angeli buoni, sono presi qui in cattivo ombre, e la sostanza nascosta sotto queste figure,
senso, cioè per i demonii (Efes. VI, 12). Li menò appartiene a Gesù Cristo, ed è Gesù Cristo stesso.
come nemici vinti e soggiogati, gloriosamente in Tutta la legge era ordinata a Cristo, ed era l'ombra
pubblica móstra. Nel greco si legge semplice- di Cristo. Ora, come è da stolto correre dietro
mente li menò arditamente in spettacolo. I due all'ombra quando sì possiede la realtà, così è da
avverbi palam e confldénter, non sono che due stolto voler ancora assoggettarsi alle pratiche della
traduzioni della frase greca èv «oppncftq. Avendo legge, mentre già si possiede Gesù Cristo.
CoLOSSESi, II, 18-23 333

rórum corpus autem Christi. "Nemo vos


: quali cose sono ombra delle future ma il
sedùcat, volens in humìlìtàte, et religióne corpo è di Cristo. ^^Nessuno vi s;duca a
angelórum, quae non vidìt àmbulans, frustra suo capriccio per via di umiltà col super-
inflàtus sensu carnis suae, ^^Et non tenens stizioso culto degli Angeli, ingerendosi in
caput, ex quo totum corpus per nexus, et quel che non vide, vanamente gonfio dei
coniunctiónes subministràtum, et constrti- carnali suoi pensamenti, ^"e non attenendosi
ctum crescit in augméntum Dei. al capo, da cui tutto il corpo disposto e
compaginato per mezzo dei legamenti e
delle giunture, cresce con aumento, che è
da Dio.

'"Si ergo mórtui estis cum Christo ab ele- ^"Se adunque siete morti con Cristo agli
méntis huius mundi quid adhuc tamquam
: elementi di questo mondo, perchè tuttora,
vivéntes in mundo decérnitis? ^^Ne tetigé- quasi viveste nel mondo, vi imponete ordi-
ritis, ncque gustavéritis, ncque contrecta- namenti? ^^{Non toccate, non gustate, non
véritis : ^^Quae sunt omnia in intéritum maneggiate "le quali cose tutte periscono
:

ipso usu, secùndum praecépta, et doctrinas per l'uso stesso), secondo i precetti e le
hóminum : '^'Quae sunt ratiónem quidem ha- dottrine degli uomini ^^le quali cose hanno
:

" Matth. XXIV, 4.

18-19. Mette in guardia i Coli>ssesi contro l'ap- 20. Nei vv. 20-23, l'Apostolo torna a inculcare
parente umiltà dei falsi dottori e il culto super- l'inutilitàdelle pratiche ascetiche predicate dai
stizioso degli angeli. Seduca. Il greco xaTappapet>- falsi dottori. Se adunque nel vostro battesimo
éxo) è un'espressione tratta dai giuochi atletici e siete morti misticamente con Cristo (Ved. n. 12),
significa che nessuno vi privi della corona, che
: e per mezzo di questa morte siete stati liberati
è premio al combattente, vale a dire : niuno vi dagli elementi di questo mondo, ossia dai precetti
privi della vita eterna (Ved. n. I Cor. IX, 24; cerimoniali della legge mosaica (Ved. n. 8, 14),
Filipp. Ili, 14; II Tim. IV, 18). A suo capriccio, perchè tuttora, quasi viveste nel mondo, cioè quasi
cioè a bella posta, con intenzione di perdervi. £ foste soggetti alla legge di Mosè e viveste senza
meglio però unire il participio volens (GéXoov) a Cristo, vi imponete, o meglio vi lasciate imporre
in humilitate, e tradurre : affettando umiltà e pre- dai falsi dottori, ordinamenti di questa legge? Il
stando un culto (superstizioso) agli angeli. Questi greco 6oY^aTÌ!;eoee, può essere tradotto sia colla
falsi dottori dicevano che l'uomo era troppo mise- forma attiva vi imponete ordinamenti e sia colla
rabile e distante da Dio, perchè potesse rivolgersi forma passiva vi lasciate imporre ordinamenti.
a lui direttamente, e quindi tra l'uomo e Dio pone- 21. Con fina S. Paolo riferisce ora tre
ironia,
vano una serie di esseri intermediarii ossia di formole usate dai dottori per imporre i loro
falsi
angeli, ai attribuivano una parte che loro
quali sogni. Non toccate le cose dichiarate impure dalla
non competeva in alcun modo nella creazione del legge, p. es., le vesti dei morti. Non gustate ì
mondo e nella redenzione degli uomini. Da ciò cibi che la legge proibisce, anzi neppure prende-
proveniva un culto esagerato degli angeli, e una teli in mano (Vedi per queste proibizioni Lev. XI,
menomazione di Gesù Cristo. Ingerendosi, ossia, 4 e ss.; XV, 1 e ss.).
secondo il greco, mettendo piede in quel che non
vide, cioè nel mondo angelico, e pretendendo di
22. Lequali cose, ecc. Solo per maggior chia-

conoscere la natura, il numero, l'ufficio, ecc., degli


rezza furono poste tra parentesi queste parole,

angeli, mentre non conoscevano nulla. Numerosi che sono una riflessione fatta da S. Paolo. Egli
vuol dire : Tutte queste cose che i falsi dottori di-
codici omettono il non davanti a vide, e questa
lezione dà un ottimo senso : ingerendosi in quel
cono di non toccare, ecc., sono state create da
che vide, ossia speculando su pretese visioni e Dio per servire all'uso degli uomini e per essere
allucinazioni. Vanamente gonfio. Questi falsi dot-
consumate collo stesso uso, e quindi per se stesse
tori erano pieni di superbia, si vantavano bensì di
non possono contaminare l'anima (Ved. n. Matt.
possedere una scienza più alta e profonda delle XV, 11, 17; Rom. XIV, 17; I Cor. VI, 13). Se-
cose spirituali, ma in realtà i loro pensamenti non
condo i precetti, ecc. Queste parole vanno unite
ai vv. 20-21 j perchè vi lasciate imporre ordina-
provenivano dallo Spirito di Dio, ma dalla carne
menti... secondo i precetti, ecc., vale a dire perchè
e dalle passioni carnali, e non erano altro che
accettate ordinamenti che, dopo l'abrogazione della
•ogni. E non attenendosi, ossia non stando inti-
legge, non possono provenire se non dalla volontà
mamente uniti al capo della Chiesa Gesù Cristo,
e dal capriccio degli uomini? Altri spiegano: Le
da cui proviene la vita e l'operazione in tutti i
quali cose conducono alla perdizione secondo i
membri. Il grande errore di questi falsi dottori, era
precetti degli uomini, non già secondo i precetti di
appunto di non curarsi di Gesù Cristo, che pure
è l'unico Mediatore e il capo da cui, tutto il corpo
Dib (Ved. Prat, op. cit., t. II, p. 150).

mistico, che è la Chiesa, ben stretto e compagi- 23. Le


quali cose, oissia queste dottrine e questi
nato per mezzo di legamenti e di giunture, riceve precetti dei falsi dottori, hanno un'apparenza di
l'aumento che Dio gli di, ossia cresce nella perfe- sapienza (gr. Xórov oo<pia? = una ragione, una fama
zione voluta da Dio (Vedi su questa allegoria : di sapienza, per opposizione alla realtà) nel culto
n. Efes. IV, 16; Cf. I Cor. XII, 12-30). volontario degli angeli (18"), nella profonda umiltà
334 CoLossESi, Iir, i 5

béntia sapiéntìae in superstitióne, et humili- veramente un'apparenza dì sapienza nel


tàte, et non ad parcéndum córporì, non in culto volontario e nella umiltà, e nel non
honorem àliquo ad saturitàtem carnìs. perdonarla al corpo, ma senza onore, e
solo per saziare la carne.

CAPO III.

/ fedeli devono vivere per il cielo, 1-4, — e spogliarsi deiruomo vecchio e vestirsi
dell'uomo nuovo, 5-17. — Doveri reciproci tra i coniugati^ i8-ig, — tra figli
e genitori, 20-21 ^ — tra servi e padroni, 22-\W, i,

Mgitur, si consurrexistis cum Christo : ^Se adunque siete risuscitati con Cristo,
quae sursum sunt quaerite, ubi Christus est cercate le cose di lassù, dove è Cristo se-
In déxtera Dei sedens ^Quae sursum sunt : dente alla destra di Dio ^abbiate pensiero
:

sàpite, non quae super terram. ^Mórtui enim delle cose di la^3Ù, non di quelle della terra.
estis, et vita vestra est abscóndita cum Chri- 'Poiché siete morti, e la vostra vita è na-
sto in Deo. ^Cùm Christus apparùerit, vita scosta con Cristo in Dio.^Quando Cristo,
vestra : tunc et vos apparébitis cum ipso in vostra vita, comparirà, allora anche voi
gloria. comparirete con lui nella gloria.
''Mortificate ergo membra vestra, quae '^Mortificate adunque le vostre membra ter-
sunt super terram fornicatiónem, immun- : rene : la fornicazione, l'immondezza, la li-

» Eph. V, 3.

(18*) e nella severità verso il corpo (16, 21), ma 2. Le cose della terra sono le ricchezze, gli
in culto è superstizioso, rumìltà è affet-
realtà il onori, ecc. I fedeli non devono attaccare il loro
tata, la severità verso il corpo è eccessiva. Ciò cuore a queste cose, ma, come esuli che pensano
vuol dire S. Paolo soggiungendo : ma senza onore, alla patria, devono dirigere i loro pensieri e ì loro
ossia tutto questo non ha alcun valore presso Dio, affetti al cielo.
e non serve che a saziare la carne, ossia a fomen-
La ragione di questo vostro dovere sta nel
3-4.
tare le passioni e gli istinti perversi della natura,
fatto, che nel vostro Battesimo siete morti al-
facendo credere all'uomo di aver progredito nella l'uomo vecchio e terreno, e perciò dovete mo-
virtù, per il solo fatto di aver maltrattato il corpo.
strarvi come insensibili alle attrattive delle cose
Tale ci sembra l'interpretazione più probabile di della terra (Ci. Rom. VI, 3 e ss,). La vostra vita,
questo versetto (Ved. Fili., Crampon, Van Steen- cioè la vita soprannaturale a cui siete risuscitati,
kiste, Ceulemans, ecc., h. 1., Prat., La Th. de St-
è nascosta in Dio, perchè è una partecipazione
Paul, t. I p. 395). Alcuni però (p. es., Estio) spie- della vita gloriosa di Gesìi Cristo, la quale è sot-
gano queste pratiche così severe, non rendono
:
tratta agli occhi del mondo e nascosta in Dio.
al corpo l'onore che gli è dovuto, poiché gli sot-
Mentre voi infatti siete figli di Dio, il mondo non
traggono il necessario sostentamento. vede in voi che figli di Adamo afflitti, deboli, per-
seguitati, ecc. (Ved. n. Efes. II, 6). Ma non sarà
sempre così, poiché quando Cristo, sorgente e
CAPO III. modello della vostra vita, comparirà (gr. sarà ma-
nifestato) alla fine dei tempi, in tutto lo splendore
della sua gloria, allora anche voi comparirete (gr.
Nella parte morale di questa (lettera (III, 1-
1.
sarete manifestati) con lui nella gloria, vale a dire
IV, 6), S. Paolo, poggiandosi sui principii dogma-
la vostra vita soprannaturale si manifesterà allora
tici posti antecedentemente, tratta dei doveri della
pienamente nella gloria non solo dell'anima, ma
vita cristiana ; e dapprima in generale di ciò che
ancora del corpo (Cf. Rom. 17; I Giov.
VIII,
si riferisce a tutti 1 fedeli (III, 1-17), e poi in par-
Ili, 2). I migliori codici greci hanno nostra (n^i&y),
ticolare di ciò che si riferisce ai diversi stati (III,
non vostra (vficòv) vita. L'Apostolo associa così se
18-IV, 6). Tutti ifedeli devono vivere per il
stesso ai suoi lettori, nell'affermare solennemente
cielo (III, 1-4), e spogliarsi dell'uomo vecchio e
che Gesij Cristo é la sorgente e il centro di tutta
rivestirel'uomo nuovo (III, 5-17).
la vita cristiana.
Se adunque, come fu detto al cap. II, 12, me-
diante il Battesimo siete risuscitati con Cristo a Nei vv. 5-11, spiega quali vizi debbano in
5.
una vita nuova e celeste, cercate le cose di lassìi, maniera speciale fuggire i cristiani. Mortificate, ecc.
ossia cercate le cose del cielo, fate del pensiero Poiché siete risuscitati a una nuova vita, mortifi-
del cielo la regola della vostra vita. Dove è Cristo cate dunque, ossia fate morire, le vostre membra
vostro capo e vostro modello. Sedente sul suo terrene, cioè le membra dell'uomo vecchio e ter-
trono come un sovrano, alla destra di Dio, cioè reno, vale a dire le perverse inclinazioni, gli ap-
nel luogo dì onore (Ved. n. Mar. XVI, 19). petiti disordinati della concupiscenza, la quale.
COLOSSESI, III, 6-11 335

ditiam, lìbidinem, concupiscéntiam malam, bidine, la prava concupiscenza e l'avarizia,


et avaritiam, quae est simulacrórum servi- che è un'idolatria ^per le quali cose cade
:

tus "Propter quae venit ira Dei super filios


: l'ira di Dio sopra gl'increduli ^tra le :

incredulitàtis ^n quibus et vos ambulàstis


: quali cose camminaste anche voi una volta,
aliquando, cum viverétìs in illis. 'Nunc quando vivevate in esse. *Ora poi rigettate
autem depónite et vos omnia iram, ìndl- : anche voi tutto questo : l'ira, l'animosità, la
gnatiónem, malitiam, blasphémiam, turpem malizia, la maldicenza, gli osceni discorsi
sermónem de ore vestro. dalla vostra bocca.

'Nolìte mentiri invicem, expoliàntes vos ^Non mentite l'uno all'altro, essendovi
vétere hominem cum àctibus suis, "Et in- spogliati dell'uomo vecchio e di tutte le sue
duéntes novum, eum qui renovàtur in agni- opere, "ed essendovi
rivestiti del nuovo,
tiónem secùndum imàginem eìus, qui creàvit che si rinnovella a conoscimento,
di quello,
illum. "Ubi non est Gentilis, et ludaéus, secondo l'immagine di colui che lo creò:
cìrcumcìsìo, et praepùtium, Bàrbarus, et "dove non è Greco e Giudeo, circoncìso e

• Rom. VI, 4 Eph. IV, 22 Hebr. XII, Petr. II, 1 et IV, 2. i» Gen. I, 26.
; ; 1 ; I

benché rimane tuttavia in voi anche


debilitata, 9. Non usate, ecc. (Ved. n. Efes. IV, 25). L'A-
dapo il Paolo rappresenta Tuomo
Battesimo. S. postolo accenna al motivo, per cui i Colossesi de-
vecchio come un corpo composto di varie disordi- vono rigettare tutti questi vizi. Nel Battesimo essi
nate passioni. Fornicazione, immondezza, avarizia si sono spogliati dell'uomo vecchio e di tutte le
(Ved. n. Efes. V, 3). Libidine (gr.3ideo(;),cioè pec- opere di lui, ossia delle sue perverse passioni.
cato contro natura. Prava concupiscenza, altro L'uomo vecchio è l'uomo decaduto per il peccato
genere di peccato di lussuria. Che è un'idolatria originale e schiavo della concupiscenza (Ved.
(Ved. n. Efes. V, 5). Alcuni, tanto qui che nella sull'uomo vecchio e nuovo n. Rom. VI, 6; Efes.
lettera agli Efesini, pensano che l'Apostolo col IV, 22-24).
nome di avarizia intenda parlare anche di certi
10. L'uomo nuovo è l'uomo mondato dai suoi
vizi impuri (Ved. n. I Cor. VI, 9).
peccati e rigenerato in Gesù Cristo alla grazia san-
6. Per le quali cose, ossia per questi vizi, cade, tificante. Egli si rinnovella. di continuo, avanzando
ossia verrà (gr, IpXstai), ecc. (Ved. n. Efes. V, 6). sempre più nella perfezione (Ved. n. II Cor. IV,
Increduli (lett. figli dell'incredulità, o meglio della 16). Questo rinnovamento spirituale ha per fine una
disobbedienza), sono qui i Giudei e i pagani che cognizione sempre più perfetta (ei<; iitiyycoaxr
ricusano di sottomettersi al Vangelo (Ved. n. Efes. e quindi anche un amore più perfetto di Dio, di
II, 1 ; V, 6). Gesù Cristo, dei doveri della vita cristiana, ecc.
7. Anche voi una volta, cioè prima di conver- Secondo l'immagine, ecc. Queste parole dipendono
tirvi, camminaste, ossia foste schiavi di questi dal verbo si rinnovella, e contengono un'allusione
vizi (Ved. n. Efes. II, 1), quando vivevate in esse, manifesta a Gen. I, 26-28. Come nella prima crea-
os«La commettevate tali disordini. E da osservarsi zione, l'uomo era stato fatto ad immagine e so-

Rg. 35.

Guerrieri Sciti.

che i due pronomi in quibus e in illis anche nel miglianza di Dio, così nella giustificazione (che
greco possono riferirsi tanto ai vizi ricordati al viene detta nuova creazione) l'uomo viene ad
v. 5, quanto ai figli dell'incredulità. La miglior esprimere in sé stesso, ma in modo molto più
traduzione potrebbe quindi essere la seguente : perfetto, l'immagine di Dio (Ved. n. Efes. IV, 24).
tra quali (increduli) camminaste anche voi, quando
i Che lo creò, giustificandolo.
vivevate tra questi disordini. Il senso però non
Dove. Nell'uomo nuovo, ossia nello stato
11.
muta, anche adottando l'altra versione. dell'uomo rigenerato, non sussistono più le dif-
8. Ora poi che vi siete convertiti e avete rice- ferenze di nazionalità (non è Greco e Giudeo,
vuto il Battesimo, rigettate anche voi, come gli Rom. I, 1), di religione (circonciso, ossia adora-
altri cristiani, tutto questo, ossia tutti i vizi nomi- tore di Dio, e incirconciso, ossia idolatra), di ci-
nati, e di più rigettate ancora l'ira, ecc. (Ved. viltà (Barbaro e Scita), e di condizione sociale
n. Efes. IV, 31). La malizia (gr. xaxiav). Gli osceni (servo e libero). Cf. Gal. Ili, 28. Barbari venivano
discorsi, contrarli alla purità (Ved. n. Efes. V, 4). detti tutti coloro che non erano greci o romani.
336 CoLOSSESi, IH, 12-17

Scyta, servus, et liber : sed omnia, et in incirconciso, Barbaro e Scita, servo e li-
òmnibus Christus. bero :ma Cristo (è) ogni cosa, e in tutti.
^'^Indùite vos ergo sicut elécti Dei, sancti, "Rivestitevi adunque come eletti di Dio,
et dilécti, viscera misericórdiae, benignità- santi ed amati, di viscere di misericordia,
tem, humilitàtem, modéstiam, patientiam : di benignità, di umiltà, di modestia, di pa-
*^Supportàntes invicem, et donàntes vobis- zienza "sopportandovi gli uni cogli altri, e
:

metipsis si quis advérsus àliquem habet perdonandovi scambievolmente, ove alcuno


quaerélam sicut et Dóminus donàvit vobis,
: abbia da dolersi d'un altro come anche il
:

ita et vos. ^*Super omnia autem haec, chari- Signore a voi perdonò, così anche voi. "E
tàtem habéte, quod est vinculum perfectió- sopra tutte queste cose abbiate la carità, la
nis : ^*Et pax Chrìsti exùltet in córdibus ve- quale è il vincolo della perfezione **e
:

stris, in qua et vocàti estis in uno córpore : trionfi nei vostri cuori la pace di Cristo,
et grati estóte. alla quale siete anche stati chiamati per
(fare) un solo corpo : e siate riconoscenti.

"Verbum Christì hàbitet in vobis abun- ^*La parola dì Cristo abiti in voi abbon-
dànter, in omni
sapiéntla, docéntes, et com- dantemente in ogni sapienza, istruendovi ed
monéntes vosmetipsos, psalmis, hymnis, et ammonendovi tra voi per mezzo di salmi,
cànticis spirituàlibus, in gratia cantàntes in d'inni e di canzoni spirituali, cantando per
córdibus vestris Deo. "Omne, quodcumque gratitudine a Dio nei vostri cuori. ^^Qua-
fàcitis in verbo aut in òpere, omnia in nò- lunque cosa diciate, o facciate, (fate) tutto
mine Dòmini lesu Christi, gràtias agéntes nel nome del Signore Gesù Cristo, rendendo
I>eo et Patri per ipsum. per lui grazie a Dio e Padre.

" ICor. X,3I.

Scita era un popolo considerato come il più rozzo 15. E trionfi. Il greco ppapeuéTco significa pro-
e selvaggio tra i barbari (Ved. Gius. FI., Coni. priamente regni, sia arbitro, e si diceva di colui,
App., II, 37; Cic, In Pìson., Vili). Tutte queste che faceva da arbitro nei giuochi atletici. La pace
differenze sono scomparse, perchè Gesii Cristo è tranquillità dell'ordine stabilito, e nasce dalla
ha riunito tutti i cristiani in un solo corpo, di cui carità, la quale fa sì che l'ordine sia osservato.
Egli è il capo e i fedeli le membra. Egli quindi Di Cristo. Si parla di quella pace con Dio e cogli
è tutto, perchè è la sorgente e la causa di tutti uomini, che Gesù Cristo dona ai suoi fedeli per
i beni spirituali dei fedeli, ed è in tutti, perchè mezzo dello Spirito Santo (I, 20; Giov. XIV, 27;
abita in tutti i loro cuori (Cf. I Cor. I, 30). Efes. II, 14; Filipp. IV, 7). Alla quale, ecc. Nello
stesso tempo in cui foste chiamati alla fede, foste
12. Dopo
aver parlato dei vizi da fuggire, passa ancora chiamati alla pace (I Cor. VII, 15). Per
a dire (12-17) delle virtù che devono essere pra- formare, ecc. Il risultato della vocazione alla fede
ticate. Adunque, ecc. Poiché vi siete vestiti del- e alla pace, è la formazione di un solo corpo, che
l'uomo nuovo (10), rivestitevi ancora delle o-pere ha Gesù Cristo per capo. E questo un motivo di
sue, come si conviene a eletti di Dio, santi ed più per mantenere la pace (Cf. Efes. IV, 3, 4).
amati. Per eccitare i Colossesi a mettere in pra- Siate riconoscenti a Dio per i benefizi della voca-
tica questa sua esortazione, S. Paolo ricorda loro zione, ecc., da lui ricevuti (Ved. n. Efes. V, 20).
le grazie ricevute da Dio, quali sono l'elezione,
16. La parola di Cristo, cioè la dottrina inse-
la santificazione e l'essere in modo speciale amati
gnata da Gesù Cristo, abiti in voi, vale a dire sia
da Dio. Viscere di misericordia. Le viscere veni- sempre presente alla vostra mente e al vostro
vano considerate dagli Ebrei come la sede della cuore. Abbondantemente (gr. doviziosamente). Non
compassione, e dei varii affetti (Ved. n. Lue. I, 78). vi contentate di conoscerne una piccola parte, ma
Benignità o bontà (Efes. IV, 32). Umiltà, Modestia cercate di abbracciarla tutta e di approfondirvi in
(gr. dolcezza o mansuetudine). Pazienza (Vedere essa. In ogni sapienza. Queste parole vanno con-
n. Efes. IV, 2). Queste tre virtù agevolano la pra- giunte coi due verbi seguenti. La scienza che
tica della carità.
San Paolo desidera ai Colossesi è ordinata a uno
scopo pratico, cioè a istruirsi e ad ammonirsi
13. Sopportandovi con carità gli uni cogli altri
(oppure incoraggiarsi) vicendevolmente. Salmi,
nei vostri difetti (Efes. IV, 2), perdonandovi scam-
inni, ecc. (Ved. n. Efes. V, 19). Per gratitudine.
bievolmente le ingiurie (Ved. n. Efes. IV, 32).
Il greco èv t^ Xdpirt rende preferibile la tradu-
Come anche il Signore Gesù perdonò a voi. Alcuni zione : in grazia, cioè sotto l'impulso della grazia
codici hanno Cristo.
speciale che Dio vi dà. Alcuni traducono :in

14. Sopra tutte queste cose, vale a dire sopra- azione di grazia, ma del ringraziamento S. Paolo
tutto, rivestitevi della carità, la iquale, essendo parla nel versetto seguente.
fine di tutte le altre virtù, è vincolo della per-
il 17. Qualunque cosa, ecc. (Ved. n. I Cor. X, 31T.
fezione, ossia è il virfcolo che le stringe assieme Mei nome del Signore, cioè come persone che
e dà loro unità ; formandone così un tutto per- vivono in Gesù Cristo, e formano con lui un solo
fetto. La carità inoltre unisce l'uomo col suo corpo (Cf. Gal. II, 20). Rendendo grafie (Vedi
ultimo fine che è Dio, e in questa unione l'uomo n. Efes. V, 20). Per lui, cioè per mezzo di Gesù
trova appunto la perfezione. Cristo, unico nostro mediatore.
CoLOSSESi, III, 18-25 337

"Mulieres sùbditae estete viris, sicut "Donne siate soggette ai mariti, come si
opórtet, in Dòmino. "Viri diligite uxóres conviene, ael Signore. "Mariti, amate le
vestras, et nolite amari esse ad illas. "Filii vostre mogli, e non usate acerbezza verso
obedite paréntibus per omnia hoc enim : di esse. ^"Figliuoli, siate ubbidienti in tutto
plàcitum est in Domino. '^Patres nolite ad ai genitori poiché così piace al Signore.
:

indignatiónem provocare filios vestros, ut ^^ Genitori, non provocate ad ira i vostri


non pusillo animo flant. figliuoli, perchè non si perdano d'animo.

^^Servi obedite per omnia dóminis carnà- ^^Servi, ubbidite in tutto ai padroni car-
libus, non ad óculum serviéntes, quasi homì- nali, non servendo all'occhio, come per pia-
nibus placéntes, sed in simplicitàte cordis, cere agli uomini ma con semplicità di
timéntes Deum. ^^Quodcùmque fàcitis, ex cuore, per timore di Dio. ^'Qualunque cosa
ànimo operàmini sicut Domino, et non ho- facciate, fatela di cuore, come pel Signore,
mìnibus : ^*Sciéntes quod a Dòmino ac- e non per gli uomini : ^^sapendo che dal
cipiétis retributìònem liereditàtis. Dòmino Signore avrete la mercede della eredità. Ser-
Christo servite. ^"Qui enim iniùriam facit, vite a Cristo Signore. ^'Chi poi farà ingiu-
recipiet id, quod inique gessit et non est : stizia, riceverà quello che ha fatto di male :

personàrum accéptio apud Deum. e non vi ha dinanzi a Dio accettazione di


persone.

" Eph. V, 22; I Petr. Ili, 1. 20 Eph. VI, 1. " Eph. \ <. " Tit. II, 9; I Petr. II, 18.
" Rom. II, 6.

18. San Paolo passa ora a parlare, in termini cere a Dio, se si ii. mitrai, negligenti nell'adempi-
pressoché identici a quelli della lettera agli Efe- mento dei loro doveri. Nell'obbedire, devono ispi-
sini, di alcuni doveri particolari e reciproci tra rarsi a principii soprannaturali.
mariti e mogli (18-19), tra figli e genitori (20-21), 23. Di cuore, ossia volentieri, come se prestaste
tra servi e padroni (22-1 V, 1), aggiungendo in servizio al Signore non agli uomini.
fine un'esortazione alla preghiera e alla prudenza
(IV, 2-6. Vedi per il commento le note Efes. V, 24. Il motivo che lì deve indurre a compiere
volentieri i loro doveri, è il sapere che riceveranno
22- VI, 9).
Come si conviene nel Signore, cioè come si dal Signore la mercede dell'eredità, ebraismo che
conviene a cristiane. Altri spiegano : Siate sog- significa la mercede, che consiste in una eredità.

gette nel Signore, cioè conforme alla legge del Questa eredità, è la beatitudine celeste. Presso
Signore. La soggezione e l'ubbidienza, che qui gli antichi, gli schiavi ereditare, ma
non potevano
lo schiavo cristiano, divenuto figlio di Dio e in-
e nei versetti seguenti l'Apostolo raccomanda, de-
vono sempre intendersi salvi i diritti di Dio. corporato a Gesij Cristo, avrà parte all'eredità di
Efes. V, 22, si legge come al Signore.
:
Dio. Per conseguenza servite al Signore Gesiì
Cristo, ubbidendo ai vostri padroni. Alcuni ri-
Amate. Ecco la parte positiva del precetto.
Ì9. guardano servite come un indicativo, come se
Non usate, ecc. Ecco la parte negativa. I mariti l'Apostolo volesse dire : Voi infatti, servendo ai
non devono mostrarsi duri verso le loro mogli. vostri padroni, servite a Gesìì Cristo. Non vi è
20. In tutto ciò che spetta al loro diritto. Cosi gran differenza tra le due spiegazioni.

piace al Signore, oppure così conviene ai cristiani. Chi farà ingiustizia, ecc. Il principio è genc^
25.
rale; chi fa il male riceverà quello che ha fatto
21. Non provocate ad ira, con eccessiva e irra-
di male, ossia sarà punito. I servi devono obbe-
gionevole severità, i vostri figliuoli. Le leggi pa-
dù-e, anche quando sono maltrattati, ricordandosi
gane concedevano padre un'autorità quasi asso-
al
che i quali commettono ingiustizie
padroni, i
luta sui figli, e quindi si comprende la ragione di
verso di loro, saranno puniti. Similmente il timor»
questo avvertimento. La severità eccessiva, finisce
della pena deve spingere gli schiavi a non com-
col gettare l'animo nello scoraggiamento e nell'ab-
mettere ingiustizie e a non recar danno ai loro
biezione, e fargli perdere quella energia morale,
padroni, quand'anche questi non se ne avvedes-
che è necessaria per compiere i proprìi doveri.
sero. Il principio può anche applicarsi ai padroni
22. Servi, ossia schiavi. In tutto, che non è che maltrattano i loro servi. Non vi ha accetta-
contrario alla legge di Dio. Non devono inoltre zione, ecc. Dio punirà l'ingiustizia dovunque si
solo ubbidire finché sono sotto lo sguardo del trovi, sia nei padroni e sia nei servi (Ved. n. Efes.
padrone, come se nel loro agire cercassero sola- VI, 9). Dinanzi a Dio. Queste parole mancano nei
mente il piacere degli uomini, ma devono obbedire migliori codici greci, ma esprimono bene il senso
con sincerità e con affetto, per timore di dispia- di quel che precede.

32 — Sacra Bibbia, voi. II.


338 COLOSSESI, IV, 1-7

CAPO IV.

Esortazione alla preghiera e alla prudenza, 2-6. La missione di Tlckico e di —


Onesimo, 7-9. —
Saluti, raccomandazioni e benedizione, 10-18.

^Domini, quod iustum est et aequum, ser- ^Padroni, trattate i servi con giustizia ed
vis praestàte sciéntes quod et vos Dómi-
: equità sapendo che avete anche voi un
:

num habétis in caelo. Padrone in cielo.


^Oratióni instate, vigilantes in ea in gra- Siate
^^ perseveranti nell'orazione, ve-
tiàrum actióne ''Oràntes simul et prò nobis,
: gliando in essa con rendimenti di grazie :
ut Deus apériat nobis óstium sermónis ad "pregando insieme anche per noi, affinchè
loquéndum mystérium Christi (propter quod Iddio ci apra la porta della parola per an-
étiam vinctus sum) ''Ut maniféstem illud ita nunziare il mistero di Cristo (a motivo del
ut opórtet me loqui. quale io sono ancora in catene), ^affinchè
io lo manifesti come a me si conviene di
parlarne.
'In sapiéntia ambulate ad eos, qui foris "Diportatevi con saggezza verso gli estra-
8unt tempus rediméntes. "Sermo vester
: nei, ricomperando il tempo. *I1 vostro di-
semper in gràtia sale sit conditus, ut sciàtis scorso sia sempre con grazia asperso di
quómodo opórteat vos unicuique respondére. sale, in guisa che distinguiate come abbiate
a rispondere a ciascuno.
'Quae circa me sunt, omnia vobis nota 'Delle cose mie v'informerà Tichico fra-
fàciet Tychicus charissimus frater, et fidélis tello carissimo, e ministro fedele, e con-

a Lue. XVIII, Thess. V, 17. Eph. VI, 19; Thess. HI, »


1 ; I » II Eph. V, 15.

già mille tribolazioni, mi trovo attualmente in ca-


CAPO IV.
tene. S. Paolo chiede ancora le loro preghiere,
affine di poter predicare questo mistero come a
1. Padroni^ ecc. Questo versetto è intimamente
lui si conviene di parlarne, vale a dire con tutta
legato col capo precedente, da cui per conseguenza
non dovrebbe essere separato. Con giustizia, che
quella franchezza e che si convengono a
libertà
un Apostolo (Ved. n. Cor. IX, 16; Efes. VI, 20),
I
ha luogo anche fra persone di ineguale condizione
e sono necessarie per convincere e convertire le
e non protette da leggi umane. Con equità, che si
anime.
ispu-a non solo dalla giustizia, ma anche dalla
carità. E mancare a queste virtù il privare i servi 5. Diportatevi, La saggezza e la prudenza
ecc.
del necessario sostentamento, l'astringerli a fatiche nelle relazionipagani e coi Giudei, erano
coi
eccessive, l'abbandonarli nelle infermità, II trat- sommamente necessarie per non porre ostacoli
tarli con eccessiva severità, ecc. Ciò che deve sti- alla propagazione del Vangelo (Ved. Efes. V, 15,

molare i padroni a compire questi doveri, è il 16). Gli estranei, o meglio quei di fuori, sono
sapere che, quantunque padroni, essi pure sono quei che non appartengono alla Chiesa (I Cor. V,
servi del Signore, il quale userà con essi la stessa 12, 13). Ricomperando il tempo, ossia approfit-
mìAura da essi usata verso i loro dipendenti. Quale tando di tutte le occasioni per fare del bene
trasformazione non dovevano operare queste pa- (Ved. Efes. V, 16).
role nel mondo pagano, in cui gli schiavi erano 6. 7/ vostro discorso, ecc. Il vostro parlare cogli
considerati come cose, e abbandonati interamente infedeli, sfa sempre con grazia, vale a dire sia
all'arbitrio del padrone, che verso di loro aveva sempre accompagnato da soavità maniere, e di
solo diritti e niun dovere! (Ved. n. Efes. VI, 9). asperso di sale di sapienza, in modo che sappiate
2. Siate perseveranti nell'orazione (Ved. n. Rom. come, a seconda delle diverse circostanze, si con-
XII, 12). Vegliando in essa, ossia portandovi quella venga rispondere a chi vi interroga sulla fede; e
diligenza e quell'attenzione che sì richiedono. Il le vostre parole non siano di inciampo, ma di

ringraziamento a Dio per tutti i benefizi che ci ha edificazione. I discorsi tenuti da S. Paolo agli Ate-
fatto, è uno degli elementi principali della pre- niesi, ai Giudei di Gerusalemme e di Roma, a
ghie>a. Felice, a Pesto e ad Agrìppa sono un modello del

3-4. Per noi, ossia per S. Paolo e Timoteo (I, 1)


come debba praticarsi questa esortazione.
e i loro collaboratori. Ci apra la porta della parola, 7. Nell'epilogo di questa lettera (IV, 7-18), San
ossìa ci conceda un'occasione favorevole di predi- Paolo parla dapprima della missione di Tichico e
care il Vangelo (Ved n. I Cor. XVI, 9; II Cor. II, Onesimo (7-9), e poi aggiunge i saluti, fa racco-
12), affine di annunziare il mistero di Cristo (Ved. mandazioni, e dà la sua benedizione (10-18).
n. Efes. Ili, 3), ossia il decreto di Dìo relativo Delle cose mie, ecc. I due versetti 7 e 8, sono
alla redenzione dì tutti gli uomini per mezzo di una ripetizione pressoché letterale dei versetti
Gesù Cristo. A motivo del quale, ossìa per avere 21, 22 del capo VI della letrtra agli Efesini
predicato questo decreto, oltre all'avere sofferto (Ved. n. ivi). Conservo (Ved. n. I, 7).
^

COLOSSESI, IV, 8-14 33y

mìnister, et consérvus in Domino : "Quem servo nel Signore: 'il quale h) mandato a
misi ad vos ad hoc ipsum ut cognóscat, quae voi a questo stesso fine, che vegga come
circa vos sunt, et consolétur corda vestra, ve la passiate, e consoli i vostri cuori, *ìn-
"Cum Onésimo ch^rissimo, et fidéli fratre, sieme con Onesimo fratello carissimo e
qui ex vobis est. Omnia, quae hic agùntur, fedele, che è dei vostri. Essi vi daranno
nota fàcient vobis. parte di tutto quello che qui si passa.
^"Salùtat vos Aristàrciius concaptivus ^^°Vi saluta Aristarco mio compagno nella
meus, et Marcus consobrìnus Bàrnabae, de prigionia, e Marco cugino di Barnaba, in-
quo accepistis mandata si vénerit ad vos, : torno alquale avete ricevuto raccomanda-
excipite illum "Et lesus, qui dicitur
: zioni : se verrà da voi, fategli accoglienza :

lustus qui sunt ex circumcisióne


: hi soli : "e Gesù chiamato Giusto : i quali sono dei
sunt adiutóres mei in regno Dei, qui mihi circoncisi questi soli sono miei coopera-
:

fuérunt solatio. ^^Salùtat vos Epàphras, qui tori nel regno di Dio, ì quali sono stati a me
ex vobis est, servus Christi lesu, semper di conforto. ^^Vi saluta Epafra, che è dei
sollicitus prò vobis in oratiónibus, ut stetis vostri, servo di Gesù
Cristo, il quale com-
perfécti, et pieni in omni voluntàte Dei. batte sempre per voi nelle orazioni, affinchè
^^Testimónium enim illi perhìbeo quod ha- vi manteniate fermi e perfetti e compiuti in
bet multum labórem prò vobis, et prò iis, tutti i voleri di Dio. ^^Imperocchè gli rendo
qui sunt Laodicìae, et qui Hieràpoli. ^^Sa- testimonianza che egli si affanna molto per

" II Tim. IV, 11.

8. Vegga come ve
la passiate, ossia conosca lo dato due altre volte nel N. T. (Atti, I, 23;
stato vostro e la vostra situazione, e consoli i XVIII, 7). Sono dei circoncisi. I tre personaggi ri-
vostri cuori nelle tribolazioni che soffrite per la cordati, sono Ebrei di nascita. Questi soli, fra i
fede. I codici X B A D, ecc., hanno quest'altra cristiani venuti dal Giudaismo, sono miei coope-
lezione sappiate lo stato nostro, ossia conosciate
: ratori nel diffondere qui in Roma il regno di Dio,
la nostra situazione. Questa lezione è generalmente ed essi soli mi recano conforto neJle mie pene
preferita dai critici, tanto più che è simile a e nelle mie tribolazioni. I Giudeo-cristiani nutri-
Efes. VI, 22 (Ved. n. ivi). rono sempre una certa diffidenza verso S. Paolo
(Filipp. I, 15, 17).
9. Onesimo era uno schiavo di Colossi, fuggito
dal suo padrone Filemone e coavertito a Roma 12. Seguono ora tre nomi di personaggi conver-
da S. Paolo (Ved. Introd. let. a Filemone). L'Apo- titisidal gentilesimo. Epafra (Ved. n. I, 7) che è
stolo lo rinviava ora a Filemone, latore di una dei vostri, ossia che è vostro concittadino. Servo
sua lettera. Fratello, ecc. Quanta delicatezza in cioè schiavo, e per conseguenza consecrato inte-
queste parole! Onesimo non è un colpevole fug- ramente al servizio di Gesù Cristo. Combatte è
gitivo, ma un fratello carissimo e fedele, incari- l'esatta traduzione del greco dYoovi^ófievoq e indica
cato assieme a Tichico di portar nuove dell'Apo- tutto l'ardore che Epafra poneva nelle sue pre-
stolo a quei di Colossi. Come mai questi avrebbero ghiere (Ved. n. I, 29; li, 1). U preghiera è
potuto non accoglierlo col maggiore trasporto? un'arma potente ed egli adoprandola in favore
Dei vostri, cioè del vostro paese. Tutto quello dei Colossesi veniva così a combattere per loro.
che qui si passa, lett. secondo il greco, tutte le Affinchè, ecc. Ecco l'oggetto delle preghiere di
cose di qui. Epafra. Egli chiede a Dio che vi manteniate fermi
10. S. Paolo aggiunge ora i saluti dei suoi
(greco otaente, lett. stiate in piedi. Ved. n. Efes.
collaboratori, che allora si trovavano con lui & VI, 11, 13) senza cedere d'un passo, e perfetti^
Roma (10-14). Aristarco era un Macedone di Tes- come si conviene a cristiani (Ved. n. I, 18), e
salonica (Atti XX, 4), che aveva accompagnato compiuti senza venir meno in nulla in tutti i
l'Apostolo a Efeso (Atti XIX, 29), a Gerusalemme voleri di Dio. In altre parole, egli desidera che
e poi a Cesarea (Atti XXVII, 2), e infine lo aveva restiate fermi nel perfetto compimento di tutta la
anche raggiunto a Roma. Compagno nella pri- volontà di Dio.
Il greco jPBnAnpoonévoi tradotto compiuti, potrebbe
gionia (gr. ovvaiXfiàXooroi;), perchè era restato presso
l'Apostolo e lo aveva assistito nella sua prigionia anche tradursi pieni, e allora si dovrebbe sottin-
(Filem. 24). Marco, ossia Giovanni Marco (Atti XII, tendere, di doni soprannaturali, oppure di cogni-
12; XV, 37 e 39) l'autore del secondo Vangelo zione o di scienza. E da osservare però, che I
(Ved. Introd. al Vang. di S. Mar.). Cugino di migliori codici B j{ A C D, ecc., hanno »ejrXT\po(popT\-
fiévot, che significa pienamente convinti, e quindi
Barnaba (Atti IV, 36). Questa particolarità può
servire a spiegare l'incidente narrato (Atti XV, 39). con una coscienza bene illuminata. Quest'ultima
La presenza di Marco presso S. Paolo mostra che spiegazione è preferibile.
8i erano riconciliati tra loro. Avete ricevuto rac- 13. Gli rendo testimonianza, ossia confermo colla
comandazioni da me stesso. Forse S. Marco non mia esperienza. Si affanna molto, cioè si affatica
era conosciuto da quei di Colossi, oppure la molto, oppure, secondo altri codici, ha molta
notizia dell'incidente poteva avergli indisposti un sollecitudine. Laodicea e Gerapoli erano due città
po' gli animi, e quitidi S. Paolo credette bene della Frigia, non lontane da Colossi. Epafra vi
di raccomandarlo in modo speciale. doveva aver predicato il Vangelo, o per lo meno
11. Gesù chiamato Giusto. Non sappiamo nulla aveva avuto gran parte nella fondazione delle
di lui. Il nome di Gesù era assai comune tra gli loro Chiese.
Ebrei, e il soprannome di Giusto viene pure ricor- 14. Luca, l'autore del terzQ Vangelo (V. Introd.
340 COLOSSESI, IV, 15-18

lùtat vos Lucas médicus charissimus, et voi, e per quei di Laodicea, e per quei di
Demas. Gerapoli. ^''Vi saluta Luca medico caris-
simo, e Dema.
^^Salutàte fratres, qui sunt Laodiciae, et "Salutate i fratelli che sono in Laodicea.
Nympham, etquae in domo eius est, Ec- e Ninfa, e la Chiesa che è nella casa di lui.
clésiam. ^"Et cùm lecta fùerit apud vos epi- ^®E letta che sia tra voi questa lettera, fate
stola haec, fàcite ut et in Laodicénsium Ec- che sia letta anche nella Chiesa dei Laodi-
désia legàtur et eam, quae Laodicénsium
: ceni, e che voi leggiate quella dei Laodiceni.
est, vos legàtis. ^^Et dici te Archippo Vide : ^^E dite ad Archippo Pensa al ministero
:

ministérium, quod accepisti in Dòmino, ut che hai ricevuto nel Signore, affine di adem-
illud impleas. pirlo.

"Salutàtio, mea manu Pauli. Mémores "Il saluto di mano di me Paolo. Ricorda-
estete vinculórum meórum. Gràtia vobis- tevi delle mie catene. La grazia con voi.
cum. Amen. Così sia.

al Vang. di S. Luca). E da notare, come S. Paolo stato in questa città. Si deve quindi ritenere che
avesse presso di sé a Roma due Evangelisti, Marco si tratti qui di una lettera dh-etta ai Laodiceni,
e Luca. Dema. Si osservi come San Paolo non scritta da S. Paolo mentre era in Roma, e proba-
faccia qui alcun elogio di questo suo discepolo, bilmente qualche tempo prima di quella ai Colos-
benché abbia avuto una parola di lode per tutti sesi. Come già fu osservato nell'Introduzione alla
gli altri suoi cooperatori. Di questo Dema sap- lettera agli Efesini (V. ivi), parecchi autori pen-
piamo solo che da principio fu discepolo di San sano che questa lettera ai Laodiceni, sia dà iden-
Paolo, a cui pese molti servigi a Roma (Filem. 24), tificarsi con quella agli Efesini, la quale sarebbe
ma poi preso dall'amore del secolo abbandonò il stata una circolare diretta alle principali Chiese
suo maestro ritirandosi a Tessalonica (II Tim. dell'Asia proconsolare. Ma questa sentenza non
IV, 10). Può essere che a questo tempo lasciasse sembrandoci probabile, crediamo preferibile am-
già trapelare le cattive disposizioni del suo cuore, mettere, che S. Paolo abbia veramente scritto una
e ciò spiegherebbe perché S. Paolo si contenti di lettera speciale ai Laodiceni. Essa è andata per-
riferirne il nome. duta, ed è apocrifa quella che, sotto questo nome,
si trova in numerosi codici latini della Bibbia dal
15. Le relazioni tra le Chiese di Colossi e di
Laodicea, stante la breve distanza, dovevano es- V al XV secolo. Piii che una lettera, questo apo-
crifo, é una composizione infantile, tutta intessuta
sere assai frequenti. Ninfa, abbreviazione di Nin-
di parole e di idee tratte dalle lettere genuine di
fodoro, è il nome di un cristiano di Laodicea.
La Chiesa che ecc. una Chiesa S. Paolo. Vedi il testo latino presso Nestle (Pro-
è, Si tratta di
testante). N. T. grace et latine, pag. 28, il testo
domestica, sulle quali vedi note Rom. XVI, 5;
I Cor. XVI, 19. Di lai (gr. avroG). Tale é la arabo in Rev. Bit., 1896, p. 221 e ss., 1910,
miglior lezione dei codici greci, la quale è da p. 249 e ss. il testo greco e latino colle varianti
;

preferirsi alla lezione ovt&v che significherebbe


;
presso Teodoro Zahn (Prot.) Gesch. des neutesta-
nella casa loro, cioè di Ninfa e dei suoi. menth. Kanons, II (1892), 566-585.

16. Letta che sia tra voi. Si tratta, come é


17. Archippo, era probabilmente figlio di File-
chiaro dal contesto, di una «lettura pubblica. Questa mone (Ved. Filem. 2), e godeva di grande autorità
lettera. Tale è l'esatta traduzione del greco n è^* nella Chiesa di Colossi, anzi può essere che la
otoXtj. Fate che sia letta, ecc. La Chiesa di Lao- governasse nell'assenza di Epafra. Pensa, ossia
dicea, per essere vicina a quella dì Colossi, veniva considera attentamente la grandezza del ministero
pili o meno a trovarsi nelle stesse circostanze e ricevuto. Si tratta come è chiaro del ministero sa-
in mezzo agli stessi pericoli, e per conseguenza cerdotale o episcopale. Le parole nel Signore, in-
quanto. S. Paolo aveva detto ai Colossesi, poteva dicano appunto che si tratta di un ministero sacro,
essere anche utile ai Laodiceni. Quella dei Laodi- proveniente da Gesii Cristo e a Lui ancora ordi-
ceni. Nel greco si ha tt\v ex AaoòtxEtaq = quella nato. Affine di adempirlo con diligenza e fedeltà
che vi arriverà o vi sarà mandata da Laodicea. (V. n. II Tim. IV, 5). Questa raccomandazione
Alcuni (S. Giov. Gris., Teodoreto, Estio, ecc.), per sé non importa alcun biasimo di Archippo.
pensano, che qui si tratti di una lettera scritta dai San Paolo infatti fa raccomandazion' analoghe a
Laodiceni a S. Paolo, ma questa spiegazione è Timoteo e a Tito.
meritamente abbadonata da tutti, non solo perchè 18. Dopo aver dettata la sua lettera probabil-
non è voluta, ma perchè è esclusa dal contesto. mente a Timoteo (I, 1), S. Paolo aggiunge queste
Si legge infatti nel greco : fate che sia letta anche ultime parole di propria mano (Ved. n. I Cor.
nella Chiesa dei Laodiceni, e che voi pure leg- XVI, 21). Ricordatevi delle mie catene, ossia ricor-
giate quella che vi arriverà da Laodicea. Ora è datevi che questa lettera é la lettera di un pri-
chiaro che il parallelismo esistente tra i due gioniero, che soffre per Gesù Cristo e per il suo
membri sia letta anche... e voi pure leggiate...
: Vangelo predicato a voi pagani. Queste poche pa-
indica che vi ha una certa parità tra le due let- role valevano più di una lunga esortazione, per
tere, e che se l'una ha per autore S. Paolo, anche indurre i Colossesi a pregare per S. Paolo, ad
l'altra dev'essere a lui attribuita. accogliere la sua lettera e ad essere fedeli a Gesù
Non è da far caso ^i un'altra spiegazione, che Cristo, anche a costo di qualsiasi sacrifizio. La
vorrebbe si trattasse di una lettera scritta da San grazia di Gesù Cristo sia con voL Ecco la bene-
Paolo mentre si trovava a Laodicea, poiché dal dizione apostolica, e l'augurio che S. Paolo fa per
capo II, 1, è manifesto che l'Apostolo non era quei di Colossi (Ved. n. Rom. I, 7 ; XVI, 20).

«D .
S 'ose-*^
Tessalonicesi - Introduzione 341

Vili.

PRIMA LETTERA AI TESSALONICESI

INTRODUZIONE.
Tessalonica. —
Tessalonica, detta in portarsi ad Atene (Cf. Atti, xvii, 1-16). Da
antico Therme
e oggi Salonicco, è una città quanto si è detto apparisce chiaro che San
della Macedonia posta sul golfo Thermaico. Paolo non dovette fermarsi a Tessalonica
Non sappiamo da chi sia stata fondata, è molto tempo; tuttavia non mancò di inse-
certo però che nel 315 a. C. fu ingrandita gnare alla giovane Chiesa, composta in mag-
da Cassandro, il quale le diede il nome di gioranza di pagani {Atti, xvii, 4; I Tess., i,
sua moglie Tessalonica (Cf. Strabone, Geo- 9), tutta la dottrina del Signore (II Tess. in,
graph., VII, 330 Dionigi d'Alic, Ant. Rom.,
; 16) e la via che si doveva tenere per pia-
I, 49). Assoggettata nel 146 a. C. ai Ro- cere a Dio (I Tess. iv, 1), e il regno di
mani, divenne ben presto grazie al suo ma- Dio, ecc. (II Tess. ii, 3-11).
gnifico porto e al trovarsi sulla grande via
Egnatia, una delle principali città della Gre- Occasione e fine di questa Lettera. —
cia continentale, anzi fu fatta capitale del S. Paolo nel partire per Atene aveva la-
secondo dei quattro distretti, in cui era di- sciati a Berea i due discepoli Timoteo e
visa la provincia romana di Macedonia. Città Silvano, ma giunto ad Atene mandò a chia-
liberae conditionis ai tempi di S. Paolo era
, mare Timoteo. Nel frattempo, avendo sa-
sede di un pretore e di un questore (Liv. puto che la persecuzione
continuava ad
XLV, 29), e veniva amministrata da cinque infierire a Tessalonica (I Tess. l, 6 iil, 3), ;

sei politarchi. La sua popolazione di circa per ben due volte formò il disegno di por-
100 mila anime era formata nella massima tarsi di nuovo a questa città, per consolare
parte da greci, a cui si aggiungevano pure e incoraggiare i fedeli (I Tess. ii, 17-18),
molti romani. Anche ì Giudei vi avevano ma essendone stato impedito, vi mandò Ti-
una numerosa colonia e una sinagoga {Atti, moteo {Atti, XVII, 15-16; I Tess, in, 1 e ss.),
XVII, 1), che sembra fosse come il centro il quale, compiuta la sua missione, rag-
religioso di tutti Giudei della Macedonia
i giunse il suo maestro a Corinto {Atti,
(Polzl, Ber Weltap. Paulus, p. 184). Per XVIII, 5).
corruzione di costumi Tessalonica poteva Le notizie Timoteo in gene-
portate da
essere paragonata a Corinto (Strabone, 1. e. ; rale Nonostante la persecu-
erano buone.
Luciano, Asin., 46). zione violenta, i fedeli erano rimasti fermi
nella fede. Nella giovane Chiesa fiorivano
Fondazione della Chiesa di Tessalo- le virtù cristiane e specialmente la carità,
nica. — La fondazione della Chiesa di tanto che la fama ne era sparsa non solo
Tessalonica è narrata da S. Luca negli Atti nella Macedonia e nell'Acaia, ma anche
(xvii, 1 e ss.). Durante la sua seconda nelle contrade lontane. I Tessalonicesi poi

grande missione, S. Paolo si portò a Fi- nutrivano vivissimo affetto per S. Paolo, e
lippi, ma costretto a fuggire da questa città desideravano di rivederlo (Cf. I Tess. i, 3-7 ;

in seguito a un tumulto popolare, andò a Tes- II, 13-17; III, 3, 6-9; v, 11). Ma purtroppo

salonica in compagnia di Sila. Per tre sa- che fra di loro alcuni non avevano ancora
bati si recò alla sinagoga predicando Gesù rinunziato interamente a certi vizi dei pa-
Cristo agli Ebrei ma solo alcuni si con-
; gani, e specialmente alla lussuria e all'ava-
vertirono. Egli però ottenne maggior frutto rizia altri poi si davano all'ozio sotto pre-
;

presso i proseliti e i pagani, una gran mol- testo che la fine del mondo era prossima
titudine dei quali abbracciò la religione cri- (I Tess. IV, 3-4, 6, 11 v, 1-3), ed altri vi-
;

stiana. vevano inquieti sulla sorte dei loro cari,


I Giudei rimasti increduli eccitarono ben morti prima della venuta gloriosa di Gesù
presto anche a Tessalonica un tumulto po- Cristo (iv, 2-v, 11). A ciò si aggiunga an-
polare, e i due Apostoli dovettero abbando- cora che i Giudei, affine di allontanare i
nare la città e si rifugiarono a Berea. Ma an- cristiani dalla fede, cercavano di scuotere
che qui li raggiunse l'odio e il fanatismo dei l'autorità di S. Paolo, spargendo calunnie
Giudei di Tessalonica, i quali provocarono contro di lui, quasi che egli insegnasse false
un nuovo tumulto e costrinsero S. Paolo a dottrine per amore di \ucro e di vana gloria,
342 Tessalonicesi - Introduzione

e che fosse fuggito appena scoppiata la per- 3-5) e l'onestà negli affari, poiché Dio pu-
secuzione, e non si fosse più fatto vedere nisce tali disordini (vi, (5-8). Raccomanda in
(I Tess. II, 3-12, 17-20; ili, 6-11). seguito la carità fraterna, la vita calma e
Tutte queste notizie indussero S. Paolo a laboriosa, e il buon esempio a tutti (iv, 9-
scrivere la presente lettera, nella quale rin- 11), e poi risponde alla difficoltà intorno alla
grazia Dio per le virtù di cui sono ornati sorte di coloro che muoiono prima della ve-
i Tessalonicesi, ma assieme difende la sua nuta gloriosa di Gesù Cristo. Anch'essi
autorità apostolica, e giustifica la sua con- risorgeranno e andranno incontro a Gesù
dotta, assicurando i Tessalonicesi della sin- Cristo (iv, 12-17). Il tempo della sua venuta
cera affezione che nutre per loro, e poi li è però incerto (v, 1-3), e quindi i cristiani
esorta a tenersi lontani da tutti i vizi, e li devono sempre tenersi preparati (v, 4-11).
istruisce intorno alla seconda venuta di Gesù S. Paolo torna all'esortazione, inculcando ai
Cristo. È questa la prima lettera scritta da sudditi e ai superiori l'adempimento fedele
S. Paolo. dei loro doveri (v, 12-15), e poi aggiunge
una serie di varie raccomandazioni riguar-
Divisione e analisi. — Questa lettera si danti il gaudio spirituale, la preghiera, il
compone di un preambolo (i, una
1-10), di buon uso dei doni spirituali, la fuga da ogni
parte storica (il, l-ili, 13), di una parte dog- apparenza di male (v, 16-22).
matico-morale (iv, 1-v, 22), e di un epilogo
L'epilogo (v, 23-28) contiene la benedi-
(VI, 23-28).
zione apostolica, i saluti e l'ordine di leg-
prologo (i, 1-10) oltre all'indirizzo, in
// gere in pubblico questa lettera.
cui dà il nome dell'autore e dei destina-
si
tari (i, 1), contiene un'azione di grazie a Tempo e luogo in cui fu scritta que-
Dio per la fede, la carità e la speranza dei sta Lettera, t- Non è difficile determi-
Tessalonicesi, e la loro elezione (i, 2-4), nare il tempo e il luogo in cui fu scritta
della quale l'Apostolo è convinto a motivo la prima Lettera ai Tessalonicesi. S. Paolo
delle speciali condizioni, in cui ha loro pre- infatti portò il Vangelo a Tessalonica nel-
dicato il Vangelo, e dell'ardore e del tras- l'anno 52, ma la sua dimora in questa città
porto, con cui essi ascoltarono la sua parola non fu lunga. Avendo dovuto fuggire si recò
(I, 5-10). a Berea, ma anche di qui dovette tosto al-
(ii, l-iii, 13), S. Paolo
Nella parte storica lontanarsi e si portò ad Atene, dove pure
giustifica lasua condotta, mostrando ciò che non si fermò che assai poco. Da Atene andò
egli ha fatto per i Tessalonicesi, e come a Corinto e quivi restò più di 18 mesi. A
essi abbiano corrisposto alle sue premure. Corinto fu raggiunto da Timoteo di ritorno
Comincia coli 'accennare ad alcune circo- da Tessalonica, e da Silvano {Atti, xviii, 5).
stanze del suo arrivo a Tessalonìca (ii, 1-2), Ora se si osserva che la prima Lettera ai
e poi descrive quale sia stata la sua predi- Tessalonicesi è scritta a nome di S. Paolo,
cazione riguardo all'oggetto, al fine, e ai di Sila e di Timoteo, e che tutto il suo com-
mezzi adoperati (ii, 3-9), e quale sia stata plesso mostra che fu scritta poco dopo la
la sua condotta e quella dei suoi compagni partenza di S. Paolo da Tessalonica, quando
(il, 10-12). Passa in seguito a descrivere era ancora vivo il ricordo di quanto era
la condotta dei Tessalonicesi, i quali non avvenuto (i, 6, 9; ii, 9, ecc.), e ì fedeli
solo accolsero il Vangelo come parola di erano ancora neofiti, e non completamente
Dio, ma per esso soffrirono violenti perse- istruiti (III, 10), ecc., si può agevolmente
cuzioni, diventando simili ai primi cristiani conchiudere che luogo in cui fu composta
il

di Gerusalemme, che tanto ebbero a sof- non può essere altro che Corinto, e il tempo
frire dai loro connazionali (ii, 13-16). l'anno 53, o la fine del 52.
Dopo la sua partenza da Tessalonica, San Alcuni codici e parecchi antichi autori
Paolo non ha cessato di essere pieno di sol- affermano bensì che questa Lettera fu scritta
lecitudine per loro, e infatti per ben due da Atene, ma ciò è dovuto a un'erronea
volte aveva fatto disegno di andare a visi- interpretazione del cap. ni, 1, dove S. Paolo
tarli, ma ne fu impedito (ii, 17-20), e allora parla bensì di Atene, ma per indicare che
inviò Timoteo a consolarli nelle loro affli da questa città aveva inviato Timoteo a
zionì (ili, 1-5), e rimase poi pieno di gioia Tessalonica. Infatti al cap. in, 6, afferma
allorquando ebbe da Timoteo tante buone esplicitamente di aver scritto dopo il ritorno
notizie (ili, 6-10), Anche adesso prega il di Timoteo : ora Timoteo e Sila non rag-
Signore che gli sia dato di poter andare a giunsero il loro maestro che a Corinto, come
Tessalonìca per colmare i fedeli di nuovi si ha esplicitamente negli Atti (xviii, 5).
favori.
Nella parte dogmatico-morale (iv, 1-v, Autenticità della prima Lettera ai
22), l'Apostolo esorta i fedeli a fuggire tutti Tessalonicesi. — L'autenticità di questa
ivizi e a oraticare tutte le virtù (iv, 1-2), Lettera è ammessa non solo da tutti i cat-
e inculca in modo speciale la castità (iv, tolici, ma anche dalla grande maggioranza
Iessalonicesi - Introduzione I, 1 343

dei protestanti (Holtzmann, lùlicher, Light- valore, come si può vedere presso Cornely,
foot, von Soden, Zahn, ecc.). I
Harnak, Introd., t. III, p. 409-412
Jacquier, Histoire,
;

più antichi scrittori ecclesiastici hanno in- t. I, p. 84 e ss. Toussaint, Epìtre de Saint-
;

fatti parecchie espressioni, che tutto induce Paul, t. I, p. 95-98, ecc.


a credere essere state tolte dalla presente Non va però omesso come tutti i dati
Lettera (Cf. I Clem. xxxviii, 4 I Tess. = storici da questa lettera si accor-
fornitici
V, 18 Sant'Ignazio, Ad Eph. x, 1
; I Tess. = dano mirabilmente con quanto è narrato
V, ; n
Ad Philad. ii, 1 1 Tess. v, 5; = negli Atti (Cf. I Tess. i, 6; ii, 14-16; Atti,
Erma, Fast. Vis., ni, 6-9, 12 I Tess. v, = XVII, 4 e ss.), e con quanto si ha nelle
13; S. Policarpo, Ad Philipp., li, 1 1 = altre Lettere (Cf. I Tess. i, 1 II Cor. i, ;

Tess. V, 22, ecc.). D'altra parte è fuor di 19; 1 Tess. il, 14-16; Rom. xi, 7, 15, 25,
dubbio che Marcione verso il 140 l'ammet- 26), e benché in essa non si contengano
teva come divina (Cf. Sant'Epifanio, Haer. grandi insegnamenti dogmatici e nessun in-
XLii, 12), e che essa è ricordata esplicita- dizio di polemica coi Giudaizzanti, tuttavia
mente nel Frammento Muratoriano, e si la dottrina che vi si espone è perfettamente
trova nelle versioni itale e siriache del in armonia con quella delle altre Lettere.
secondo secolo. Ora tutto questo conferma la tesi tradizio-
Sant'Irineo (Adv. Haer. v, 6, 1 v, 30, ; nale che attribuisce questa Lettera all'Apo-
2) cita i passi I Tess. v, 22; v, 3, e li at- stolo S. Paolo.
tribuisce a S. Paolo nella sua prima Let-
tera ai Tessalonicesi. Anche Tertulliano Principali commenti cattolici sulle
{De resurrect. carnis, xxiv. Cf. Coni. Marc. DUE Lettere Oltre ai
ai Tessalonicesi. —
V, 15, 16) cita i passi I Tess. i, 9, 10; v, commenti su Paolo già
tutte le Lettere di S.
1, come opera di S. Paolo, e così pure fa ricordati, giova qui indicare i seguenti :

Clemente A., riferendo i testi I Tess. ii, Panek, Comm. in duas Epist. B. Pauli ad
7 {Paedag. v, 19), I Tess. iv, 3-9 (Strom. ii, Thess., Ratisbona, 1886; A. Schaefer, Er-
11; IV, 12), I Tess. v, 21 {Strom. i, 9). klàrung der zwei Briefe an die Thessaloni-
Con tutta ragione perciò Eusebio {Hist. cher, an die Galater, Munster, 1890; Pado-
EccL, III, 3) potè noverare questa Lettera vani, In Epist. ad Thess. et ad Timoth.,
tra gli scritti sacri, che senza contestazione Parigi, 1894 Gutjahr, D. zwei Briefe an
;

erano ammessi da tutte le Chiese. die Thess. u. d. Brief and. Galater, Graz,
Le difficoltà mosse in contrario da alcuni 1900; Toussaint, Épìtres de St-Paul... Let-
razionalisti (Schrader, Baur, Steck, Pierson, tres aux Thessaloniciens, ecc., Parigi, 1910;
Naber, ecc.), sono dedotte unicamente dallo Rohm, Der erste Brief an die Thessal., ecc.,
stile, dalla lingua, ecc., e non hanno alcun Passau, 1885, ecc.

PRIMA LETTERA AI TESSALONICESI

CAPO 1.

Iscrizione, i. — Rendimento di grazie a Dio per tutti i benefizi fatti ai Tess aloni*
cesi, specialmente per la loro conversione e perseveranza, 2-10.

^Paulus, et Silvànus, et Timótheus Ec- ^Paolo, e Silvano, e Timoteo, alla Chiesa


clésiae Thessalonicénsium in Deo Patre, et dei Tessalonicesi, in Dio Padre e nel Si-
Dòmino lesu Christo. gnore Gesù Cristo.

tera ai Tessalonicesi al pari della seconda, e di


CAPO L quelle ai Filippesi e a Filemone, ha un carattere
di grande famigliarità, e suppone i più cordiali
1. Il prologo (I, 1-10) contiene una iscrizione rapporti tra S. Paolo e i suoi lettpri. Silvano è lo
(I, 1) e un rendimento di grazie (I, 2-10). stesso che Sila (Ved. n. Atti, XV, 22). Costui
Paolo non aggiunge al suo nome il titolo di godeva di una grande riputazione nella Chiesa,
Apostolo, perchè a Tessalonica come a Filippi nes- era stato legato degli Apostoli ad Antiochia, e poi
suno glielo contestava, e perchè questa prima let- aveva accompagnato S. Paolo nella sua seconda
I Tessalonicesi, I, 2-5
344

àgimus Deo ^Grazia a voi, e pace. Noi rend: smo senv


«Gràtia vobis, et pax. Gràtias
pre grazie a Dio per tutti voi, facendo con-
semper ppo òmnibus vobis, memóriam
yestri
sine inter- tinuamente memoria di voi nelle nostre ora-
faciéntes in oratiónibus nostris Dio e
vestrae, et zioni, 'ricordandoci nel cospetto di
missióne, 'Mémores óperis fidei
sustinentiae spei Padre nostro, della operante vostra fede, e
labóris, et charitàtis, et spe-
della laboriosa carità, e della costante
Dòmini nostri lesu Christi, ante Deum
et
ranza nel Signor nostro Gesù Cristo "come :

Patrem nostrum : ^Sciéntes fratres, dilécti a Dio,


'Quia Evange- quelli che conosciamo, fratelli amati da
Deo, electiònem vestram :
"perchè il nostro Vangelo
sermone la vostra elezione :

lium nostrum non fuit ad vos in ma


Spiritu non fu presso di voi nella sola parola,
tantum, sed et in virtùte, et in e
scitis anche nella virtù, e nello Spirito Santo,
sancto, et in plenitùdine multa, sicut pienezza, come sapete, quali
in grande
quales fuérimus in vobis propter vos. per vostro bene.
siamo stati fra voi

fondazione della cuzioni. La prima spiegazione però è migliore. La


missioive collaborando con lui alla
carità laboriosa, ossia la carità che si sobbarca a
Chiesa di Tessalonica (Ved. Atti XV, 22 e ss.;
qualsiasi Isacriflzio per Dio e il prossimo. Qui
XVI, 19, 29 e ss.; XVII, 1-10). però si parla in modo speciale della carità verso
Timoteo (Ved. Introd. a I Tim.). Il suo
nome
il prossimo (Cf. Coloss. I, 4). Nel greco manca
si trova pure neirindirizzo di
altre lettere (lì Cor.,
Vet che nella Volgata precede caritatis. La spe-
Fllipp., Coloss., n Tess.).
Timoteo collaborò con ranza costante, che non si lascia scoraggiare nelle
Chiesa
S Paolo al tempo della fondazione della prove anche più gravi, ed è perciò congiunta colla
di Tessalonica, e assieme
con lui evangelizzò virtù della pazienza (Cf. Rom. Vili, 25). Nel Signor
parecchie città della Macedonia (Atti,
XVI, 1 ;
nostro, ecc. Queste parob indicano che il fonda-
(I* Tess.
XVII, 14) e da poco era stato a Tessaloaica mento e l'oggetto dì questa speranza è Gesù Cristo
6). S. Paolo si associa
questi due suoi
considerato quale futuro giudice e rimuneratore
Ili, 2,
collaboratori, sia perchè erano noti ai fedeli,
e sia
dei cristiani, come è detto al v. 10 e li, 12, 19,
perchè allora si trovavano presso di lui a Connto. III, 13, ecc. Il versetto potrebbe tradursi più let-
Dio, ecc.,
Alla Chiesa (Ved. n. 1 Cor. I, 2). In teralmente « Ricordando davanti a Dio e Padre,
:

ossia che è congregata, oppure che vive in


comu- l'opera della vostra fede, il travaglio della (vostra)
nione con Dio Padre e col Signore Gesù
Cristo. carità e la costanza della (vostra) speranza nel

Parecchi
Signor nostro Gesù Cristo ». L'Apostolo quindi
2. Grazia, ecc. (Ved. n. Rom. I, 7>.
ringrazia Dio perchè i Tessalonicesi, benché neo-
codici (ADEK, ecc.) aggiungono: da Dio Padre
fiti, tuttavia hanno fatto molto progresso nella
nostro e dal Signore Gesù Cristo, ma si tratta pro- pratica di quelle tre virtù, che sono come un com-
babilmente di una glossa, e va preferita la lezione pendio dì tutta la perfezione evangelica.
della Volgata, che è pure quella dei migliori
co-
dici. Rendiamo grazie. S. Paolo non attribuisce
al 4. Come quelli che conosciamo. Queste parole

merito della sua predicazione la conversione dei dipendono ancora da rendiamo grazie (v. 2) e indi-
Tessalonicesi, ma unicamente a Dio, a cui, anche cano un altro motivo per cui S. Paolo e i suoi
compagni ringraziano Dio. Questo motivo è la
a nome dei suoi compagni, rende grazie per tutti
fatti ai fedeli sia in particolare che in
conoscenza che essi hanno dell'elezione dei Tes-
i benefizi
salonicesi a partecipare ai benefizi della redenzione
generale. Facendo memoria (Ved. n. Rom. I, 9;
di Gesù Cristo. Dio da tutta l'eternità con un
Cf. Efes. I, 16; Filipp. I, 3, 4, ecc.). Le parole
atto perfettamente libero ha scelto 1 Tessalonicesi
sine intermissione = continuamente, vengono unite
senza alcun loro merito dalla massa di perdizione,
dai migliori interpreti al versetto seguente.
e li ha predestinati alla gloria; nel tempo poi li ha
3. Ricordandoci. Il greco nvnMoveùovteq potrebbe chiamati alla cognizione dì Gesù Cristo e ha loro
anche tradursi semplicemente ricordando. Nel co- conferite le grazie necessarie per giungere alla
spetto, ecc., corrispondefa nelle nostre orazioni salute (Ved. n. Rom. VIII, 28-30). Questo grande
del versetto precedente. Di Dio Padre nostro, cioè beneficio fa prorompere il cuore di S. Paolo in un

dì Dio che è Padre nostro. S. Paolo spiega ora i ringraziamento a Dio. Amati da Dio. Questo titolo
motivi del suo rendimento dì grazie a Dio. Co- d'onore che veniva dato nell'antica legge al popolo
mincia colle tre virtù teologali, che formano come d'Israele (li Par. XX, 7) conviene con molto mag-
gior ragione al popolo cristiano, che è l'Israele di
l'essenza di tutta la vita cristiama (I Cor. XIII, 13),
Dio (Gal. VI, 16), l'Israele secondo lo spirito
e vengono infuse nell'anima colla grazia santificante
Cor. X,
fin dal primo momento della giustificazione. La
(I 18).

vostra fede operante, cioè la vostra fede vìva e 5. La convinzione che ha S. Paolo dell'elezione
attiva, che si manifesta per mezzo delle buone dei Tessalonicesi alla salute si poggia su due
opere (Ciac. II, 17). L'attività di questa fede si motivi, il primo dei quali è tratto dalle condizioni
è manifestata in modo speciale nella fermezza con speciali in cui egli predicò loro il Vangelo (v. 5),
cui Tessalonicesi avevano accettato il Vangelo,
ì e l'altro sì fonda sull'ardore e il trasporto con cu!
non ostante le difficoltà e le persecuzioni. Il greco essi accolsero la sua predicazione (6). 7/ nostro
tov IpYot) TT\<; m'oTcox; potrebbe anche tradursi l'o- : Vangelo, ossia il Vangelo che noi vi abbiamo pre-
pera della vostra fede, ossia quel cambiamento dicato, non fu presso di voi, ossia non vi fu pre-
profondo operato nei Tessalonicesi dalla fede, in dicato con sole parole, ma anche nella virtù,
forza del quale sono passati dal culto degli idoli ossia colla potenza dei miracoli fatti per accredi-
il culto del vero Dio, non ostante tutte le perse- tare la predicazione (Atti, XIX, 11; Rom., XV, 19;
1 Tessalonicesi, I, 6-10 345

'Et vos imitatóres nostri facti estis, et 'E voi vi faceste imitatori di noi e del
Domìni, excipiéntes verbum in tribulatióne Signore, avendo ricevuta la parola in grande
multa, cum gàudio Spiritus sancti 'Ita ut : tribolazione col gaudio dello Spirito Santo :

ractì sitis forma omnibus credéntìbus in Ma- 'di modo che siete divenuti esempio a tutti
cedonia, et in Achàia. *A vobis enim diffa- i credenti nella Macedonia e nell'Acaia.
màtus est sermo Dòmini, non solum in Ma- ^Poiché da voi risuonò la parola di Dio non
cedonia, et in Achàia, sed et in omni loco solo per la Macedonia e per l'Acaia, ma di
fldes vestra, quae est ad Deum, profécta est, più la fede che voi avete in Dio si è divul-
ita ut non sit nobis necésse quidquam loqui. gata per ogni luogo, talmente che non fa di
'Ipsi enim de nobis annùnciant qualem in- mestieri che noi ne parliamo. "Giacché essi
tróitum habuérimus ad vos et quómodo : stessi raccontano di noi, quale fosse la nostra
convèrsi estis ad Deum ser-
a simulàcris, entrata tra voi e come dagli idoli vi con-
:

vire Deo vivo, et vero, ^"Et expectàre Fì- vertiste a Dìo, per servire a Dio vivo e vero,
lium eius de caelis (quem suscitàvit ex "e per aspettare dal cielo il Figliuolo suo
mórtuis) lesum, qui eripuìt nos ab ira (che egli risuscitò da morte) Gesìi, il quale
ventura. ci sottrasse all'ira che è per venire.

Gal., Ili, 5), e nello Spirito Santo, ossia coll'effu- Dio, ossia la predicazione evangelica, dalla vostra
sione dei varii doni e carismi dello Spirito Santo città rìsuonò o si diffuse non solo nella Grecia
(V, 19 e ss. ; 1 Cor., XII, 7 e ss.). Alcuni spie- intera, ma anche altrove; e così pure in ogni
fano le parole nella virtù e nello Spìrito Santo luogo si è divulgata la fama della fede che avete
ome se l'Apostolo avesse voluto dire con una in Dio. Le parole per ogni luogo sono un'iperbole
fona soprannaturale e colVaiuto dello Spirito (Ved. Rom. I, 8). Tessalonica era una grande città
Santo. La spiegazione adottata è però più comune con un porto assai frequentato, e perciò le notizie
e risponde meglio al contesto. In gran pienezza. di quanto in essa avveniva si propagavano ben
Nel greco si legge n\t\po(popiq. noXA^ senza la pre-
: presto nei paesi che erano con essa in relazione.
posizione èv, e questa frase deve tradursi con una L'ardore, con cui i Tessalonicesi avevano abbrac-
piena persuasione (Cf. Rom. XIV, 5; Col. II, 2). ciato il Vangelo, non tardò quindi ad essere cono-
La piena persuasione dei predicatori si era trasfusa sciuto dappertutto, in modo che dove S. Paolo si
negli uditori. recava a predicare, non era necessario che venisse
Come sapete. S. Paolo chiama gli stessi Tessa- ricordato, trattandosi di cosa già nota.
lonicesi a testimoni! della verità delle sue parole. 9-10. Essi stessi, cioè i neofiti presso i quali
Essi sanno quali siano stati i loro predicatori, come io predico, sono essi i primi a raccontare di noi,
cioè abbiano predicato non solo colle parole ma cioè a parlare della nostra predicazione presso di
anche coi miracoli. Se Dio ha in tal modo facilitato voi, vostra conversione. Il pronome noi
e della
il compimento della missione dei suoi Apostoli fu
deve tanto a S. Paolo e ai suoi collabo-
riferirsi
senza dubbio per il maggior bene degli stessi ratori, ai Tessalonicesi. La nostra entrata
quanto
Tessalonicesi. ira voi, ossia il modo con cui io e ì miei com-
6. E voi, ecc. Il secondo segno dell'elezione dei pagni ci siamo presentati a voi, e vi abbiamo
Tessalonicesi sta nel grande trasporto con cui annunziato il Vangelo (Ved. n. 5).
hanno accolto il Vangelo, non ostante tutte le per-
secuzioni che dovettero sostenere. Imitatori di noi
nel soffrire per il Vangelo (Cf. I Cor. IV, 16;
Filipp. Ili, 17; li Tess. II, 14). E del Signore.
Avete imitato non solo noi, ma anche il Signore
Gesù Cristo, il quale per il primo ha sofferto per
il Vangelo, ed è il modello di tutti i cristiani. La
parola (tèv Xóyov), cioè la predicazione apostolica.
In grande tribolazione (Ved. II, 14; III, 2, 3, 5;
Atti, XVII, 5-9). Gaudio dello Spirito Santo è
quello che nello Spirito Santo ha la sua sorgente
(Cf. Coloss. I, 24). La tribolazione invece di ca-
gionare afflizione fu per essi un motivo dì gaudio Bg. Scena di idolatria.
(Cf. Atti, V, 41; Rom. V, 1-4; Gal. V, 22).
7. Il risultato questo grande trasporto dei
di
E come, ossia con quale prontezza e generosità,
Tessalonicesi per Vangelo fu che essi diventa-
il
abbandonaste il culto
vi convertiste dagli idoli, cioè
rono l'esempio e il modello di tutti gli altri Greci.
degli idoli, e vi deste a Dio, per servire, ossia
La Macedonia e l'Acaia erano le due p^ovjncie, per essere gli schiavi (òowXEueiv), di Dio vivo e
in cui i Romani avevano divisa la Grecia. S. Paolo opposizione agli dei falsi e inanimati, quali,
vero in
al momento in cui scriveva, si trovava a Corinto
sono gliidoli (Giov., XVII, 3) e per aspettare il
capitale dell'Acaia, e da poco aveva ricevuto nuove ritorno glorioso dai cieli di Gesù Cristo Figlio di
da Silvano e da Timoteo delle Chiese di Mace- Dio e giudice supremo dei vivi e dei morti. San
donia, e quindi era in grado di fare un tale apprez- Paolo aggiunge due tratti per meglio caratterizzare
zamento sui Tessalonicesi. Gesù Cristo : Dio lo risuscitò da morte, e per di
8. Da voi. Il gr. d(p' viimv ha una significazione più egli è il nostro Redentore, che coi meriti del
di luogo e vuol dire da presso di voi, dalla vostra suo sangue ci scampa dall'ira divina che sta per
città e non già per mezzo di voL La parola dì venire a far vendetta del peccato (Cf. Rom. II, 8;
,

346 1 Tessalonicesi, II, 1-4

CAPO II.

Co7idotta di S. Paolo a Tessalonica, 1-12, —


Condotta dei Tessalonicesi, 13-16.
Desiderio dì S. Paolo di rivedere i Tessalonicesi, 17-20.

^Nam ipsi scitis, fratres, intróìtum no- ^Voi stessi infatti sapete, o fratelli, come
strum ad vos, quia non inànis luit : ^Sed non fu senza frutto il nostro venire tra voi :

ante passi, et contuméliis affécti (sicut sci- ^ma avendo prima (come sapete), sofferto
tis) in Philippis, fìduciam habùimus in Deo patimenti e strapazzi a Filippi, avemmo fi-
nostro loqui ad vos Evangélium Dei in multa danza nel nostro Dio di parlare a voi del
sollicitùdine. ^Exhortàtio enim nostra non de Vangelo di Dio tra molti contrasti. 'Poiché
erróre, neque de immunditia, neque in dolo, la nostra esortazione non procedette da er-
*Sed sicut probàti sumus a Deo ut crederé- rore, ne da malizia, né da frode, ''ma nello

« Act. XVI, 19.

V, 9). Nel greco il verbo ci sottrasse è al presente. osammo arditamente (ènappt\(jiaoàneeo) predicare
S. Paolo riassume in questi due versetti i princi- a voi Vangelo di Dio, cioè il Vangelo che ha
il

pali dogmi della religione cristiana : un solo vero Dio per autore. Tra^mnlti contrasti. Tale è il senso
Dìo, il suo Figlio Gesù Cristo Salvatore, che fu del greco èv jioXA^ dYÓòvi. San Paolo allude ai
risuscitato da morte, e deve venire a giudicare contrasti e alle persecuzioni che dovette sos-te-
tutta quanta l'umanità. « Si osservi la bella con- nere a Tessalonica da parte dei Giudei (V. Atti,
trapposizione tra Dio vivo e vero, e i simulacri o XVII, 5 e ss.).
idoli dei falsi dei, e il grandioso fine dell'uomo Nei vv. 3-9 S. Paolo spiega
3. quale sia stata
cristiano che è di servire a Dio vivo e vero nel- la sua predicazione a Tessalonica e per riguardo
l'amorosa aspettazione della venuta dì Cristo dal all'oggetto e per riguardo al fine, e per riguardo
cielo, quale ci ha sottratti alla dannazione che
il ai mezzi adoperati. Probabilmente alcuni infedeli
sarà in quel dì fulminata contro gli increduli, e sia Giudei che pagani avevano intrapresa una
siccome egli fu risuscitato da morte per virtìì campagna calunnie contro S. Paolo e i suoi
di
divina, così risusciterà i nostri corpi per renderci compagni, facendoli passare per uomini che si
in con lui nel suo regno » Martini.
tutto beati — pascevano di illusioni, nutrivano ambizioni, e in
L'ira che è per venire. Il greco va tradotto l'ira ultima analisi mentre simulavano tanta tenerezza
che viene. per i loro neofiti, non cercavano che di arricchirsi.
S. Paolo risponde indirettamente a queste calunnie,
facendo la sua apologia. — Poiché. La nostra
CAPO II. costanza e pazienza nel predicarvi il Vangelo era
sostenuta dall'intima persuasione della verità e
1. Nella prima parte (II, l-III, 13) della sua della sincerità della dottrina annunziata. Se infatti
lettera S. Paolo ricorda ai Tessalonicesi ciò che parlammo con gran libertà sì è perchè la nostra
egli ha fatto per loro, e come essi abbiano cor- esortazione {napàv.\r\aiq) , ossia la nostra predica-
risposto, alle sue premure. Comincia col descrivere zione, non procedette da errore, ossia non si pog-
ciò che avvenne durante la sua presenza a Tessa- gia su principìi falsi o su vane illusioni, ma sulla
lonica (II, 1-16), e passa in seguito a parlare dì verità oggettiva delle cose annunziate. Da malizia.
ciò che avvenne dopo la sua partenza (II, 17- Il greco dxaGapcriaq non ha qui il senso di libìdine,
III, 13). Per riguardo al tempo in cui fu a Tessa- ma significa in generale tutti i motivi o le inten-
lonica S. Paolo ricorda dapprima la sua condotta zioni meno oneste, come p. es., l'amore del lucro,
(II, 1-12) e poi qudla dei Tessalonicesi (II, 13-16). l'ambizione, la vana gloria, ecc. ; che avrebbero
Entra in argomento accennando ad alcune circo- potuto muovere ì predicatori del Vangelo. Da
stanze caratteristiche del suo arrivo a Tessalonica frode. Nel predicare non hanno avuto ricorso alla
(II, 1-2). frode, cioè all'adulazione, all'inganno, falsando la
Voi stessi, ecc. Anche qui S. Paolo si appella parola di Dìo per cattivarsi l'affezione e la stima
all'esperienza dei suoi lettori (I, 5). Senza frutto. degli uomini.
Tale è la significazione del greco ov xevri (Cf. I Nei vv. 4-6 spiega meglio il versetto prece-
4.
Cor., XV, 14, 58; I Tess., Ili, 5). L'arrivo di San dente. Il modo con cui S. Paolo compì il suo
Paolo a Tessalonica non fu senza risultato. Il ministero corrisponde perfettamerte al fine che
nostro. Continua ad associarsi i suoi due colla- Dio sì propose nell'affldarglìelo. Fummo appro-
boratori Silvano e Timoteo. vati, o meglio secondo il greco, fummo giudicati
2. Avendo prima sofferto... a Filippi. (Vedi su degni, che ci fosse affidata la predicazione del
questo fatto Atti, XVI, 12 e ss.). I patimenti e gli Vangelo, così parliamo, ossia predichiamo. Egli
strapazzi sofferti non ci fecero perdere d'animo e per conseguenza non cercò dì piacere agli uomini
rinunziare alla nostra missione (Cf. Atti, V, 41-42; (Gal. I, 10; Ved. n. ivi), ma si studiò di zelare
XVI, 25), ma pieni di fiducia nel nostro Dio unicamente gli interessi di Dio. Che esamina ì
I Tessalonicesi, II, 5-10 347

tur nobis Evangélium ita lóquimur non : stesso modo che fummo approvati da Dio
quasi hominibus placéntes, sed Deo, qui perchè ci fosse confidato il Vangelo : così
probat corda nostra. parliamo, non come per piacere agli uomini,
ma a Dio, che esamina i nostri cuori.
^Neque enim aliquàndo fùimus in ser- * Poiché il nostro linguaggio non fu giam-
móne adulatiónis, sicut scitis neque in oc- : mai di adulazione, come sapete né pretesto
:

casione avarìtiae Deus testis est : ^Nec : all'avarizia : Dio n'è testimone : "né cer-
quaeréntes ab hominibus glóriam, neque a cammo gloria dagli uomini, né da voi, né
vobis, neque ab àliis. ^Cùm possémus vobìs da altri. ^Potendo noi essere a voi di peso
oneri esse ut Christi Apóstoli sed facti : come Apostoli di Cristo ci facemmo piccoli
:

sumus pàrvuli in mèdio vestrum, tamquam tra voi, come nutrice che si stringa al seno
si nutrix fóveat filios suos. *Ita desideràntes i suoi figli. *Così amandovi teneramente,
vos, cùpide volebàmus tràdere vobis non so- bramavamo di dare a voi non solo il Vangelo
lum Evangélium Dei, sed étiam ànimas no- di Dio, ma le stesse anime nostre perchè :

stras quóniam diarissimi nobis facti estis.


: ci siete divenuti carissimi. 'Vi ricordate
'Mémores enim estis fratres labóris nostri, infatti, fratelli, delle nostre fatiche e tra-
et fatigatiónis : nocte ac die operàntes, ne vagli lavorando dì e notte per non dare ag-
:

quem vestrum gravarémus, praedicàvimus gravio ad alcuno di voi, abbiamo predicato


in vobis Evangélium Dei. tra voi il Vangelo di Dio.
^"Vos testes estis, et Deus, quam sancte et ^"Voi e Dio siete testimoni quanto santa-
iuste, et sine querèla, vobis, qui credidistis, mente e giustamente e irreprensibilmente ci

• Act. XX, 34; I Cor. IV, 12; II Thess. Ili, 8.

cuori, ossia vede chiaramente da quali sentimenti significa miti o condiscendenti. II senso non muta.
siano animati i suoi Apostoli, senza che in lui vi « Come una tenera nutrice per adattarsi in tutto
sia possibilità di errore (Atti, l, 24, ecc.). al bambinello che ella stringe al seno, con lui
balbetta, con lui si rimpicciolisce, e nessun'arte
nostro linguaggio, ecc. Nella nostra predi-
5. //
trascura per tenerlo contento e allegro; così noi
cazione non abbiamo mai adulato alcuno lusin-
procurammo di accomodarci a tutti per procurare
gando le sue passioni o tacendo ciò che avrebbe
la salute di tutti, astenendoci da tutto ciò che
potuto dispiacergli, e che tale sia stata veramente
potesse aver sembianza di dominazione o d'in-
la nostra condotta voi lo sapete per esperienza.
teresse, e non contenti di darvi gratuitamente il
Similmente la predicazione non è mai stata per
Vangelo, avremmo voluto sacrificare anche le
noi un pretesto per soddisfare alla nostra avarizia,
nostre vite per voi, a motivo del tenerissimo
e di questo, poiché si tratta dì cosa interna, io
amore che a voi portiamo ». Martini.
chiamo in testimonio Dio, a cui sono note le piìi
Amandovi. Il greco òneipófievoi si potrebbe anche
scerete intenzioni del cuore. Quanto fosse grande
tradurre così nella nostra affezione per voi. La
:
il disinteresse di S. Paolo si può anche rilevare
Volgata traducendo desideràntes, ha letto proba-
da II Cor., XII, 14-18; Filipp., IV, 17; e dal
bilmente t^£lpó^evo^.
discorso fatto a Mileto (Atti, XX, 33).
9. Nostre fatiche, ecc. Allude al lavoro ma-
6. Similmente non abbiamo mai cercato onori nuale col quale egli e i suoi compagni si guada-
e gloria dagli uomini, ma abbiamo curato unica- gnavano da mangiare, non ostante le fatiche del
mente gli interessi di Dio. ministero (Ved. Atti XVIII, 3; XX, 34 e ss.). Sul
7-8. Potendo noi essere a voi di peso come motivo che induceva S. Paolo a ricusare di essere
Apostoli di Cristo. Secondo la piiì parte degli mantenuto dai fedeli (Ved. I Cor. IX, 1-19; Il Cor.
interpreti queste parole andrebbero unite al ver- XI, 7-12; Filipp. IV, 10-20). Per non dare ag-
setto precedente, di cui farebbero parte^ E da gravio ad alcuno dei Tessalonicesi S. Paolo ac-
osservare però che la frase greca év pdpei etvai, consentì a ricevere qualche aiuto dai fedeli di
tradotta Volgata oneri esse = esservi di
dalla Filippi (Ved. Filipp. IV, 16).
peso, e spiegata nel senso che gli Apostoli hamo Nei vv. 10-12 spiega in modo positivo quale
10.
diritto di esigere dai fedeli ciò che è necessario sia stata la sua condotta e quella dei suoi com-
al loro sostentamento (Ved. v. 9 e II Cor. XII, 9), pagni a Tessalonica. Chiama dapprima Dio e i
corrisponde molto meglio al contesto se venga tra- Tessalonicesi a testimoni della verità delle sue
dotta essere in autorità o in onore, come viene affermazioni. S. Paolo e i suoi collaboratori si di-
infatti interpretata dai Padri greci S. Giov. Cris., portarono santamente in tutto ciò che si riferisce
Teofìlatto, ecc. L'Apostolo vuol dire : noi non a Dio, giustamente in tutto ciò che si riferisce al
abbiamo cercato gloria dagli uomini, benché come prossimo, adempiendo a tutti i loro doveri, e
Apostoli di Cristo avessimo potuto darci autorità perciò agirono in modo irreprensibile verso Dio e
reclamare onori da voi. Piccoli. I codici greci verso i loro simili, come Dio e i Tessalonicesi
B F G, ecc., e le versioni itala e copta hanno la possono attestare. Con voi, o meglio davanti a
stessa lezione della Volgata vrijrtoi piccoli o = voi che avete creduto. I Giudei e i pagani pos-
meglio fanciulli. I codici A E K L, ecc., e le ver- sono giudicare altrimenti, ma io non mi curo del
sioni siriaca e sahidica hanno invece tìtcioi, che loro apprezzamenti.
348 I Tessalonicesi, II, 11-16

fùimus ^^Sicut scitis, quàliter unumquém-


:
diportammo con voi, che avete credi to :

que vestrum (sicut pater filios suos) ^^De- ^^come sapete, in qual modo ciascuno di
precàntes vos, et consolàntes, testificati su- voi (come fa un padre coi suoi figliuoli) "vi
mus, ut ambularétìs digne Deo, qui vocàvit andavamo esortando e confortando e scon-
vos in suum regnum, et glóriam. "Ideo et giurando a camminare in maniera degna di
nos gràtias àgimus Deo sine intermissióne : Dio, il quale vi ha chiamati al suo regno e
quóniam cùm accepissétis a nobis verbum alla gloria. "Per questo anche noi rendiamo
audftus Dei, accepìstis illud, non ut verbum incessantemente al grazie
Signore, che
hóminum sed (sicut est vere) verbum Dei, avendo voi ricevuto parola di Dio, che
la
qui operàtur in vobis, qui credidistis. udiste da noi, l'abbracciaste, non come pa-
rola degli uomini, ma (quale è veramente)
come parola di Dio, la quale eziandio agisce
in voi, che avete creduto.

"Vos enim imitatóres facti estis fratres "Infatti voi, fratelli, siete diventati imi-
Ecclesiàrum Dei, quae sunt in ludaea in tatori delle Chiese
Dio, che sono per la
di
Christo lesu quia eàdem passi estis et vos
:
Giudea in Cristo Gesù
perchè anche voi:

a contribiilibus vestris, sicut et ipsi a lu- avete sofferte dai vostri nazionali le mede-
daéis : ^^Qui et Dóminum occidérunt le- sime cose, come anche quelli dai Giudei :

sum, et Prophétas, et nos persecùti sunt, et "i quali e uccisero il Signore Gesù e i
Deo non placent, et omnibus hominibus ad- profeti, e hanno perseguitato noi, e non piac-
versàntur, "Prohibéntes nos Géntibus loqui ciono a Dio, e sono avversi a tutti gli uomini,
ut salvae fìant, ut impleant peccata sua sem- "proibendoci di parlare alle genti acciò

11-12. Come sapete, ecc. «Questi due versetti e tradurre quod. Questa parola divina agisce (greco
dipingono divinamente l'ammirabile carità dell'A- èvepYeùai), ossia opera efficacemente, oppure
postolo verso i figliuoli partoriti da lui a Gesù spiega la sua potenza in voi che avete creduto.
Cristo, e la incredibile tenerezza di affetto col Nel greco vi è il presente che credete. In queste
quale con ogni studio cercava non solo il bene ultime parole sì inculca che la fede è una condi-
di tutti in generale, ma per la santificazione di zione necessaria acciò la parola dì Dìo spieghi
ciascheduno in particolare si affaticava col pili nei cuori tutta la sua efficacia. Se l'Apostolo
vivo e ardente zelo, non risparmiando le esorta- ringrazia Dio per la fede dei Tessalonicesi, ciò
zioni, le preghiere, le istanze, onde di lui possa dimostra che la fede è un dono di Dìo e un'opera
dirsi ciò che di Dio medesimo diceva Sant'Ago- della sua grazia.
stino {Confess., VI, 5), che egli ha cura dì tutti come questa parola di Dio da essi
14. Dichiara
come di un solo, e di un solo come di tutti » creduta siasi mostrata efficace, rendendoli ford
Martini. Al v. 5 per mostrare la sua tenerezza dì nelle persecuzioni. Che sono in Cristo Gesù, che
affetto sì era paragonato a una madre, ora per cioè sono cristiane. S. Paolo aggiunge queste
mostrare la sua sollecitudine per l'educazione de! parole per distinguere le comunità cristiane della
suoi figli spirituali si paragona a un padre. Cam- Giudea dalle comunità ebree. Dai vostri nazionali,
minare, cioè vivere in maniera degna di Dìo. Vi ossia dai vostri compatrioti pagani, i quali istigati
ha chiamati. Nel greco vi è H presente vi chiama. dai Giudei vi mossero acerbissime persecuzioni
La speranza della gloria promessa da Gesìi Cristo (Ved. Atti XVII, 5 e ss.). Quelli, sono ì membri
è uno stimolo potentissimo per animare ì fedeli delle comunità cristiane della Giudea. Dai Giudei,
• TÌvere in maniera degna dì Dio. L'Apostolo allude ai fatti narrati (Atti VI, 9 e ss. ;
13. Dòpo aver detto quale sia stata la sua con- Vili, 1 e ss. ; IX, 1 e ss.). La parola Giudei è
dotta a Tessalonica, S. Paolo passa ora a par- qui presa in cattivo senso come sinonimo di
lare (13-14) della condotta dei Tessalonicesi fa- Israelita contrario a Dio e a Gesù Cristo.

cendone il più grande elogio, e mostrando così 15-16. La perfida condotta dei Giudei richiama
sempre meglio la sincerità del suo affetto verso alla mente dì S. Paolo i loro grandi delitti, e
di loro. Per questo, che Dìo vi chiama (v. 12), perciò egli sì fa un dovere dì ricordarli. Uccisero
oppure per questo che vi abbiamo predicato il il Signore. I Romani non furono che deboli stru-

Vangelo con tanto zelo (1-12), anche noi assieme menti nelle mani dei Giudei, sui quali per con-
a voi e a tutti quelli che hanno udito parlare seguenza cade la principale responsabilità della
della vostra conversione, rendiamo grazie, ecc. morte dì Gesù (Cf. Atti III, 15). E i profeti. Anche
S. Paolo non si stanca mai dì ringraziare Dio per il Signore rinfacciò ai Giudei questo delitto (Ved.
i benefizi fatti ai neofiti. La parola di Dio è il Matt. XXIII, 3-, 37; Cf. Atti VII, 52). Perse-
Vangelo, così chiamato perchè proviene da Dio guitarono noi Apostoli dì Gesù Cristo suscitando
ed è ordinato a Dìo. Udiste da noi. La parola dì dappertutto ostacoli, acciò non i>otessimo predi-
Dìo fu trasmessa a voi per mezzo della nostra care. 'Il grefoo èxÒKD^dvTcov significa ipropria-
predicazione (Rom. X, 16-17), e voi riceveste mente ci scacciarono, ossia ci espulsero per
questa predicazione, non come una parola, ossìa mezzo della persecuzione dai luoghi, dove ci era-
una dottrina umana, ma qual è veramente come vamo recati a predicare. Vedi la prova di questo
parola, o dottrina, che viene da Dìo. La quale. delitto (Atti XIII, 50-51; XIV, 4-6, 18-19; XVII,
Tale è la traduzione del greco. La Volgata ha 5 e ss.). Macchiati di tanti misfatti i Giudei non
fattocrnoordare questo relativo con Dei tradu- sono più il popolo eletto e hanno cessato di
cendo qui invece di farlo concordare con verbum piacere a Dio. Sono avversi, cioè nemici, a tutti
i Tessalonicesi, II, 17-20 349

per : pervénit enim ira Dei super illos usque siano salvate, ptr colmare sempre la misura
in flnem. dei loro peccati perocché è venuta sopra di
;

essi l'ira di Dio sino alla fine.


^^Nos autem fratres desolati a vobis ad ^^Ora noi, o fratelli, rimasti per breve
tempus horae, aspéctu, non corde, abundàn- tempo senza di voi, quanto non
alla vista,
tius festinàvimusfàciem vestram vidére cum quanto al cuore, ci siamo data tanta maggior
multo desidèrio ^^quóniam volùimus venire
: premura di vedere la vostra faccia per gran
ad vos ego quidem Paulus, et semel et
: desiderio : ^^Volemmo infatti venire da voi
iterum, sed impedivi! nos sàtanas. ^^Quae (almeno io Paolo) e una e due volte, ma
est enim nostra spes, aut gàudium, aut co- satana ci ha impedito. ^"Poiché qual è la
róna glóriae? Nonne vos ante Dóminum nostra speranza, o il gaudio, o la corona di
nostrum lesum Christum estis in advéntu gloria? Non lo siete forse voi dinanzi al
èius? ^"Vos enim estis gloria nostra et gàu- Signor nostro Gesù Cristo nella sua venuta?
dium. ^"Certamente voi siete la nostra gloria e il
(nostro) gaudio.

gli uomini, perchè vorrebbero che tutti, essi soli glio orbati. Costretto ad allontanarsi in fretta da
eccettuati, fossero esclusi dalla salute messianica, Tessalonica egli provò un dolore immenso nel
e perciò odiano gli altri e a loro volta sono odiati doversi separare dai suoi figliuoli spirituali, che
(Ved. Tacit. Hist, V, 5; Giovenale, Satir, XIV, amava così teneramente. Egli spera tuttavia che
100; Gius. FI., Coni. App., II, 10, 14). Proiben- questa separazione sarà di breve durata, ma sog-
doci, ecc. Mostrano il loro odio contro tutti oppo- giunge subito, che benché lontano di corpo, ciò
nendosi con ogni mezzo a che noi predichiamo il non ostante col cuore continua a vivere in mezzo
Vangelo ai pagani. Le parole affinchè siano salvate di essi. Egli però non è contento dì questo, ma «i
indicano il felice risultato che deve ottenere quella è dato e si dà ogni premura per rivederli di
predicazione, che i Giudei si studiano di impedire. faccia.
Per colmare, ecc. Diportandosi in tal modo essi 18. Volemmo, ecc. Già due volte aveva stabilito
vengono ad aggiungere colpa a colpa, e a colmare tornare a Tessalonica, ma ne fu impedito da
sempre più la misura dei loro peccati, ossia della Satana. Con questo nome di Satana viene indicata
loro malizia, e ad attirarsi l'ira di Dio. Questo ogni potenza che si oppone al regno di Gesù
accenno alla misura colma richiama alla mente di Cristo, e qui si allude probabilmente ai Giudei
S. Paolo la visione del castigo di Dio, e perciò di Tessalonica, considerati come gli ausiliari del
soggiunge : ma (Nel greco vi è 6è = ma, e non demonio. Almeno io. Queste parole indicano che
yàp = perocché) l'ira (di Dio manca nei migliori S. Paolo parla qui a nome suo proprio, e non
codici, è però una buona spiegazione) ossia la già anche a nome dei suoi compagni, come nelle
vendetta divina è venuta sopra di essi. Ripor- altre parti della lettera.
tandosi come i profeti al tempo futuro S. Paolo 19-20. Dà la ragione del grande desiderio che
annunzia come avvenuto quello che certamente ha di rivederli. S. Paolo col pensiero s;, trasporta
avverrà. Sino alla fine. La miglior spiegazione di al momento in cui egli dovrà rendere conto al Giu-
queste parole assai oscure è probabilmente la dice supremo della sua missione, e si domanda :

seguente : L'ira di Dio contro i Giudei è venuta In quel momento qual'è la nostra speranza, ossia
sino all'estremo limite, il castigo comincia. La su che cosa fonderemo noi la speranza di ottenere
maggior parte dei cattolici ritiene 'che con sguardo il premio? quale sarà l'argomento del nostro
profetico S. Paolo parli qui della prossima distru-
gaudio? quale la nostra corona di gloria o meglio
zione di Gerusalemme, e della rovina della nazione secondo il greco, quale sarà la corona di cui noi
Giudaica compiute da Tito nel 70 (Ved. n. Matt., potremo gloriarci (xauXnoeooq). Quest'ultima im-
XXIII, 37-39; XXIV, 6-16). Altri però (Lemon- magine è giuochi pubblici (I Cor., IX,
tratta dai
nyer, ecc.) pensano che S. Paolo parli solo del-
25). Non lo forse voi? Nel greco si ha:
siete
l'induramento dei Giudei, per cui furono esclusi non lo siete forse anche voi? Anche le altre
come popolo dal regno messianico, per non esservi Chiese fondate dall'Apostolo erano per lui un
ammessi che quando sarà entrata la pienezza delle titolo di gloria (Cf. II Cor., I, 14; Filipp., II, 16).
genti (Ved. Rom., XI, 25).
I Tessalonicesi erano la speranza dell'Apostolo nel

17. Dopo aver mostrato quale fosse stata la senso che avendo egli sostenute molte fatiche per
sua condotta a Tessalonica, S. Paolo passa ora a la loro conversione, poteva con ragione sperare
parlare (II, 17-III, 13) della sollecitudine che ha di ottenere un premio; erano il suo gaudio, per-
avuto per i Tessalonicesi dopo la sua partenza chè egli poteva rallegrarsi della loro costanza
dalla loro città. Prima di tutto spiega il gran de- nella fede, e in generale della loro vita cristiana;
siderio che ha di rivederli (II, 17-20). erano poi* la sua gloria, perchè egli poteva van-
Ora noi si riferisce al v. 14. Voi avete sofferto tarsi di loro come di buoni figliuoli, che sono
persecuzioni, ora noi che per gli intrighi dei Giudei l'inore del loro padre. Certamente, ecc. Col più
fummo espulsi dalla vostra città (Atti XVII, 5 e grande affetto l'Apostolo ripete che i Tessalonicesi
ss.), desiderammo ardentemente di esservi dap- già fin d'ora sono la sua gloria e il suo gaudio.
presso per confortarvi. Fratelli. Si osservi quante S. Giov. Cris. esclama Non vi è padre o madre,
:

volte S. Paolo dia questo titolo ai Tessalonicesi anche se unissero assieme i loro affetti, che pos-
(II, 1, 14, 17; IV, 1, 10, 12; V, 1, 4, 12, 14, 25). sano mostrare ai loro figliuoli un amore sì grande,
Rimasti senza di voi. Il greco àjrop<pavto6évT6(; come quello che S. Paolo provava per i suol
hidica una separazione dolorosa del padre dai neofiti.
figli o dei figli dal padre, e potrebbe tradursi me-
350 I Tessalonicesi, III, 1-5

CAPO III.

S. Paolo ha inviato Timoteo a Tessalonica, 1-5, Consolazione provata dall'Apo-—


stolo ^per le buone notizie avute, 6-jo. Preghiera —
a Dio di poter rivedere i
'

Tessalonicesi, 11-13.

^Propter quod non sustinéntes àmplius, ^Per la qual cosa non potendo più pa-
plàcuit nobisremanére Athénis, solis ^Et : zientare, abbiamo creduto meglio di rimaner
misìmus Timótheum fratrem nostrum et mì- soli in Atene ^e abbiamo mandato Timoteo
:

nistrum Dei in Evangélio Christi ad conflr- nostro fratello e ministro di Dio nel Vangelo
màndos vos, et exhortàndos prò fide vestra : di Cristo, per confermarvi e confortarvi nella
^ut nemo moveàtur in tribulatiónibus istis : vostra fede ^affinchè nessuno si conturbi
:

ipsi enìm scitis quod in lioc positi sumus. per queste tribolazioni poiché voi stessi :

sapete che a questo siamo destinati.


*Nam et cum apud vos essémus, praedice- anche quando eravamo con voi,
^Infatti
bàmus vobis passùros nos tribulatiónes, si- vi predicevamo che noi avremmo sofferte
cut et factum est, et scitis. 'Proptérea, et ego tribolazioni, come anche avvenne, e voi lo
àmplius non sùstinens, misi ad cognoscén- sapete. *Per questo ancora non potendo più

« Act. XVI, 1.

2. Nostro fratello e ministro, ecc. Tale è la mi-


CAPO III. glior lezione dei codici greci, invece di ministro
(òidxovov) alcuni codici hanno collaboratore (avvép-
1. Nei vv. vedere come non avendo
1-5 fa Yov) di Dio, ecc. (Cf. I Cor. Ili, 9). Il greco
potuto recarsi egli in persona a Tessalonica, vi ordinario ed alcuni pochi codici riuniscono assieme
mandasse tuttavia il suo discepolo Timoteo. le due espressioni ministro di Dio e nostro colla-
Per la qual cosa, ossia perchè voi siete la boratore. Per confermarvi, ecc. La persecuzione
nostra gioia, ecc., e perchè non potevamo più sof- era violenta a Tessalonica, e i neofiti avevano
frire una separazione che ci privava delle vostre bisogno di essere confermati nella fede e sostenuti
notizie, in un momento in cui presso di voi infie- e incoraggiati nella lotta che dovevano sostenere.
riva la persecuzione, abbiamo creduto meglio, ecc. 3-4. Affinchè, ecc. Ecco lo scopo a cui dove-
Rimaner soli in Atene. Sappiamo dagli Atti (XVII, vano tendere gli incoraggiamenti di Tito. Nessuno
16) quanto soffrisse S. Paolo nel trovarsi solo in si conturbi e venga a vacillare nella fede. Per
una città così idolatra, ma pure rinunziò ad ogni queste tribolazioni che soffrite a motivo del Van-
consolazione per amore dei Tessalonicesi. Partito
gelo. S. Paolo allude alla persecuzione scoppiata
da Tessalonica S. Paolo si era recato a Berea, ma a Tessalonica alla sua partenza e non ancora ter-
anche là raggiunto dalla persecuzione dei Giudei
minata. Voi stessi sapete, ecc. Uno fra i motivi,
di Tessalonica, dovette fuggire in tutta fretta e si
che devono mantenervi costanti in mezzo alla per-
secuzione, è il sapere che siamo destinati a questo,
cioè ad essere perseguitati, per il fatto stesso che
siamo chiamati ad essere conformi non solo a
Gesù glorioso, ma ancora a Gesù paziente (Atti,
XIV, 21). La persecuzione è la sorte riservata ai
cristiani (Giov.,XV, 20; II Tim., Ili, 12). San
Paolo aveva di ciò avvertiti i Tessalonicesi. Predi-
cevamo che noi tutti, cioè voi Tessalonicesi e noi
vostri Apostoli, avremmo avuto persecuzioni. La
esperienza attuale prova che dicevamo II vero.
Fig. 37. — Moneta di Atene coll'Acropoli,
5. Per la qual cosa, ossìa poiché sapevo le
portò ad Atene. Di qui mandò ordine ai due disce- vostre tribolazioni e non potevo più sopportare
poli Silvano e Timoteo rimasti a Berea, di rag- l'ansietà in cui mi trovavo a vostro riguardo,
giungerlo ad Atene (Ved. Atti, XVII, 13-16). mandai Timoteo a riconoscere la vostra fede, cioè
Sappiamo da questa lettera che Timoteo fu da a prendere informazioni sulla vostra fede, e a
Atene inviato a Tessalonica, e poiché l'Apostolo vedere se eravate rimasti fedeli a Gesù Cristo non
afferma di essere rimasto solo, si deve conchiudere ostante la persecuzione. Così feci, perchè temevo
che anche Silvano sia stato inviato a visitare che il tentatore, ossia il demonio (Matt. IV, 3), il

qualche Chiesa. I dati forniti da questa lettera quale ha impedito a me di tornare a Tessalonica
completano così la narrazione di S. Luca negli (II, 18), vi avesse forse tentato di apostasia, ren-
Atti. dendo così vflmi, ossia senza frutto, la nostra
1 Tessalonicesi, III. 6-13 351

dam fldem vestram : ne forte tentàverit vos tenermi, mandai a rlcenosdare la vostra
is, qui tentat. et inànis fiat labor noster. fede per timore che il tentatore non vi
:

avesse tentati, e non riuscis&e vana la nostra


fatica.

•Nunc autem veniènte Timótheo ad nos a ^Ma adesso tornato a noi Timoteo da
vobis, et annuncìànte nobis fidem et chari- voi, e avendoci recate buone nuove della
tàtem vestram, et quia memóriam nostri ha- vostra fede e carità, e come avete sempre
bétis bonam semper, desideràntes nos vì- buona memoria di noi, e siete bramosi di
dére, sicut et nos quoque vos : Hdeo conso- vederci, come noi pure (di veder) voi :

lati sumus fratres in vobis in omnì necessi- _^perciò siamo stati consolati di voi, o fratelli,
tate, et tribulatióne nostra per fldem ves- in mezzo a tutte le nostre necessità e tribo-
tram, *Quóniam nunc vivimus si vos statis lazioni mediante la vostra fede, ^poiché ora
in Dòmino. v viviamo, se voi siete costanti nel Signore.
® Imp e rocche qual
^Quam enim gratiàrum actiónem póssu- ringraziamento possiamo
mus Deo retribùere prò vobis in omni gàu- noi rendere a Dio rispetto a voi per tutto il
dio, quo gaudémus propter vos ante Deum gaudio che per causa vostra proviamo di-
nostrum, ^"Nocte ac die abundàntius oràn- nanzi al nostro Dio? ^°Dì e notte lo pre-
tes, ut videàmus fàciem vestram, et com- ghiamo con ogni istanza di vedere la vostra
pleàmus ea, quae desunt fìdeì vestrae? faccia, e di supplire a quello che manca alla
"Ipse autem Deus, et Pater noster, et vostra fede.
Dóminus noster lesus Christus dirìgat viam "Or lo stesso Dio e Padre nostro, e il
nostram ad vos. "Vos autem Dóminus mul- Signor nostro Gesù Cristo indirizzi ì nostri
tiplicet, et abundàre fàciat charitàtem ve- passi verso di voi. "E il Signore vi faccia
stram in invicem, et in omnes, quemàdmo- crescere e abbondare nella carità tra voi, e
dum et nos in vobis "Ad confirmànda : verso tutti, come noi pure verso di voi :

corda vestra sine querèla in sanctìtàte, ante "onde i vostri cuori scevri di colpa siano

fatica durata nell'evangelizzarvi. S. Paolo mostra 10-11. Con ogni istanza. Il greco vwepexneptooots
così sempre meglio la sua sollecitudine per i letteralmente significa oltre ogni misura (V, 13;
Tessalonicesi. Efes. III, 20).Vedere la vostra faccia (Ved. II, 17).
Supplire o meglio completare quello che manca
6-7. Nei vv. 6-10 spiega la consolazione pro-
alla vostra fede. Benché
la fede dei Tessalonicesi
vata nel ricevere da Timoteo le migliori notizie.
si fosse mostrata ferma a ogni prova (I, 38; II,
Ma adesso che Timoteo da voi, ossia da Tessa-
13; III, 6, ecc.), tuttavia, stante il breve tempo
lonica, è tornato presso di noi nell'Acaia, e ci ha
che S. Paolo aveva potuto fermarsi a Tessalonica
recato buone nuove (eùayYeXioanévotj) della vostra
(Atti, XVII, 1-15), la loro istruzione religiosa era
fede perseverante, e della vostra ardente carità
ancora incompleta (Cf. IV, 12; V, 14; II Tess.,
verso Dio e verso il prossimo (II Tess., I, 3), e
II, 1 e ss.). Probabilmente fu questo il motivo
ci ha detto che vi ricordate di noi, e nutrite vivis-
principale, per cui S. Paolo prega il Signore ad
simo desiderio di rivederci, noi siamo stati con-
accordar a lui la grazia di poter andare a Tessa-
solati di voi, ossia abbiamo provato una grandis-
lonica, e a colmare dei suoi favori i Tessalonicesi.
sima consolazione in mezzo alle angustie e alle
Ora lo stesso Dio, che è anche nostro Padre
tribolazioni in cui ci troviamo. Questa consolazione
amantissimo, e il Signor nostro Gesù Cristo (Cristo
ce l'avete procurata mediante la vostra fede per-
severante.
manca nei migliori codici) indirizzi i nostri passi,
ossia letteralmente secondo il greco xateueuvai tT\v
S. Paolo si sentiva come morire ogni giorno
8. óòòv nn&v, faccia diritta e piana la nostra vìa verso
(I Cor., XV, 31) a motivo delle tribolazioni e dei di voi, acciò io possa rivedervi (v. 10, 13). Si
pericoli, a cui si vedeva esposto, ma ora si sente osservi come l'Apostolo ponendo il verbo al sin-
rivivere al sapere che i Tessalonicesi sono costanti golare, benché il soggetto sia plurale, viene ad
negli insegnamenti da lui ricevuti, e perseverano indicare che tra il Padre e il Figlio vi è identità di
fedeli nell'unione con Gesii Cristo. San Paolo natura e di operazione (Cf. Matt., XXVIII, 18;
esprìme così sempre meglio la grandezza della Giov., V, 17, 19; XIV, 13, 14, ecc.).
gioia provata per le buone nuove avute da Ti-
12. Il Signore Gesij Cristo. Vi faccia crescere
moteo.
e abbondare nella carità. Tale è l'esatta traduzione
L'Apostolo si sente ripieno di tanta consola-
9. del gr. JtXeovàaai xal nepiaatvcax xx) àyàitri. Tra voi
zione, che non sa trovar modo per testificare a cristiani. La carità fraterna era già grande a Tes-
Dio tutta la sua riconoscenza, e quindi si do- salonica (I, 3; IV, 9-10), ma essa può sempre
manda quali ringraziamenti potremo noi rendere
: crescere. Verso tutti. Questa carità deve esten-
a Dio rispetto a voi, che siano cioè proporzionati ders* a tutti uomini non esclusi gli stessi per-
gli
alla grandezza del benefizio fattovi col mantenervi secutori. Come
noi pure abbondiamo verso dì voi.
fermi nella fede, e alla grandezza della gioia che L'Apostolo ricorda l'esempio loro dato del come
per causa vostra io provo davanti a Dio? Queste sr dovevano amare in Gesù Cristo (II, 7-12;
ultime parole indicano chiaramente che la gioia 19-20). Egli era pronto a dar la sua vita per
i suoi
provata da S. Paolo proveniva in lui dall'amore neofiti,
della gloria di Dio e della santificazione delle 13. L'accrescimento della carità viene a con-
anime.
fermare l'anima nella santità. Nella carità infatti
352 I Téssalonicesi, IV, 1-3
.

Deum et Patrem nostrum, in advéntu Do- 'confermati nella santità dinanzi a Dio e
mini nostri lesu Christi cum omnibus Padre nastro, per la venuta del Signor nostro
sanctis eius. Amen. Gesù Cristo con tutti i suoi santi. Così sia.

CAPO IV.

/ Téssalonicesi devono vivere secondo gli insegnamenti loro dati, 1^2, — Pratica
della castità, 3-5. — Onestà negli affari, 6, —
Castighi di Dio, 7-8. — Carità
fraterna, 9-10, —Altre raccomandazioni, 11. — La sorte dei cristiani ynorti, 12-17.

*De cétero ergo, fratres, rogàmus vos et ^Del rimanente adunque, o fratelli, vi
Gbsecràmus in Domino lesu, ut quemàdmo- preghiamo e scongiuriamo nel Signore Gesù,
dum accepistis a nobis quómodo opórteat che, come avete imparato da noi, in
qual
vos ambulare, et piacére Deo, sic et ambu- modo dobbiate camminare e piacere a
Dio,
létts ut abundétìs magis. ^Scitis enim quae così pur camminiate, onde siate sempre più
praecépta déderìra vobis per Dóminum doviziosi. ^Voi sapete infatti quali precetti
lesum. io vi diedi da parte del Signore Gesù.
'Haec est enim volùntas Dei, sanctiflcàtio 'Perocché questa è la volontà di Dio, la

» Rom. XII, 2; Eph. V, 17.

si compendiano tutti ì precetti della legge (Matt., santità, comincia col dedture come conclusione
XXII, 40) ; in essa consiste la caratteristica dei che Téssalonicesi devono in generale praticare
i

discepoli di Gesù Cristo (Giov., XIII, 34 ; XV, 12, tutti i tempo della loro evan-
precetti loro dati al
17), ed essa è il compimento della legge (Rom., gelizzazione (1-2). Del rimanente (gr. Xomóv), for-
XIII, 10) e un vincolo di perfezione (Coloss. III, mola di transizione molto usata da S. Paolo
14). Scevri di colpa, ossia irreprensibili davanti a <I Cor. I, 16; II Cor. XIII, 2; Efes. VI, 10, ecc.).
Dio, il quale vede anche i segreti dei cuori. San Vi preghiamo e vi scongiuriamo come vostri amici
Paolo desidera ai suoi neofiti un aumento di carità, e vostri Apostoli. Nel Signore, cioè nel nome del
affinchè i loro cuori siano confermati nel bene, Signore, a cui credete, a cui siete uniti. Conforme
e così essi possano comparire ornati di vera san- avete imparato. San Paolo aveva loro insegnato
tità, allorquando Gesìi Cristo verrà con tutti i suoi come dovevano vivere, vale a dire ciò che dove-
santi a giudicare il mondo. Le parole con tutti i vano fare ed evitare per piacere a Dio, e perciò
suoi santi da alcuni vengono applicate agli angeli, ora li esorta a camminare (la metafora del cammi-
conforme a ciò che si legge in varii passi della nare per indicare la condotta che si deve tenere
Scrittura (Dan. IV, 10; Zac. XIV, 15; Matt. XXV, e spesso usata da S. Paolo I Cor. Vii, 17), ossia
21; Mar. VIII, 38; Lue. IX, 26); da altri invece a tenere una condotta co. rispondente agli insegna-
sono interpretate per i cristiani morti in grazia menti ricevuti, affinchè siano sempre più doviziosi,
di Dio (IV, 14-16; I Cor. VI, 2; II Tess. I, 10). vale a dire facciano sempre maggiori progressi
Ci sembra più probabile che S. Paolo Intenda nella perfezione cristiana. In tutti i migliori codici
parlare degli uni e degli altri, perchè gli uni e (B K A D E F, ecc.) si legge xaGà? xol jtepwia-
gli altri formeranno la corte del Giudice divino, reìte = sicut et ambulatis =
come già camminate,
e anche i santi giudicheranno il monHo (Matt. XIX, e non sic et ambuletis —. così dobbiate camminare.
28; I Cor. VI, 2). Siccome nel giorno del giu- San Paolo dice quindi ai Téssalonicesi di progre-
dizio gli uomini saranno trovati tali quali furono dire sempre più nel vivere secondo quella norma
trovati nel giorno della loro morte, l'augurio del- che da lui hanno ricevuta, conforme alla quale
l'Apostolo è che i Téssalonicesi siano sempre già attualmente vìvono. Questa lezione è da pre-
santi, affine di poter un giorno dividere cogli altri ferirsi, e risponde meglio al contesto. Nel greco
santi la gloria di accompagnare il Giudice supremo ordinario la frase sicut ambulatis (sic et ambuletis)
nel giudizio che verrà a pronunziare sul mondo. è omessa, ma il fatto che sì trova in tutti i mi-
Così sia manca nei migliori codici. gliori codici e in tutte le versioni, è una garanzia
della sua autenticità.
2. ecc. S. Paolo insiste nell'affermare
Sapete,
CAPO IV. che quantunque sia rimasto poco tempo a Tessa-
lonica, ha però dato ai fedeli le norme secondo
le quali dovevano vivere, e che queste norme le
1. Nella parte morale (IV, 1-V, 22) di questa
lettera S. Paolo esortp dapprima i Téssalonicesi ha date per comando e autorità di Gesù Cristo,
Signore e Padrone di tutti.
a fuggire alcuni vizi e a praticare alcune virtù (IV,
t-11), e poi tratta dell'ultima venuta di Gesù 3. Nei versetti 3-5 si parla in modo speciale
Cristo (IV, 12- V, 11), e aggiunge infine diverse della pratica della castità S. Paolo ri-
cristiana.
raccomandazioni (V, 12-22). chiama alla mente dei Téssalonicesi alcuni precetti
Avendo parlato nel w. prec. (III, 12-13) dell* già dati a voce, facendo nuovamente notare che
I Tessalonicesi, IV, 4-8 353

i^estra ut abstineàtìs vos a fornicatióne,


: vostra santificazi >ne che stiate lontani dalla
:

*ut sciatunusquisque vestrum vas suum pos- fornicazione, ^che ciascuno di voi sappia
Bìdére in sanctìficatìóne, et honóre ®non in : possedere il proprio corpo in santità e
passióne desidérii, sicut et Gentes, quae onestà, ^non nelle passioni della concupì-
ignórant Deum ^et ne quis supergrediàtur,
: scenza, come pure le genti, le quali non
neque circumvéniat in negótio fratrem conoscono Dio : *e che nessuno soverchi o
suum quóniam vindex est Dóminus de liis
: faccia frode al proprio fratello negli affari :
òmnibus, sicut praediximus vobis, et testifi- poiché Dio fa vendetta queste cose, di tutte
cati sumus. ^Non enim vocàvit nos Deus come già dicemmo
e vi protestammo.
vi
in immunditiam, sed in sanctiflcatiónem. ^Dio infatti non ci ha chiamati all'immon-
*Itaque qui haec spernit, non hominem sper- dezza, ma alla santità. ^Chi adunque di-

essi esprimono la volontà di Dio, e sono destinati che portano ad atti contrarli alia
affetti libidinosi,
G santificare le anime. La vostra santificazione, castità coniugale (Cf. anche Rom. I, 24-26). Non
ossia che voi vi santifichiate. Questa idea viene conoscono Dio. l disordini, a cui ì pagani si ab
determinata dal contesto a significare in modo spe- bandonavano con tanta facilità, erano un castigo
ciale la pratica della castità. Che siate lontani della loro colpevole ignoranza dì Dio (Ved. nota
dalla fornicazione. Scrivendo a cristiani di una Rom. I. cìt.).
grande città convertiti di recente dal paganesimo, 6. Dopo
avere inculcato la castità, S. Paolo
non fa meraviglia che S. Paolo inculchi loro di passa ora a parlare dell'onestà negli affari com-
evitare la fornicazione. Sappiamo infatti che un merciali, raccomandando di evitare le frodi e le
tale disordine veniva dai pagani considerato quasi ingiustizie. Tessalonica era città data al com-
una
come cosa indifferente (I Cor. VI, 12), a cui si mercio, e noi sappiamo che l'avarizia era pure
abbandonavano con ogni facilità. Ora, vi era a uno dei grandi vizi dei pagani (Ved. Efes. IV,
temere che alcuni cristiani venissero nuovamente 19 e ss.; V, 5; Coloss. Ili, 5), e che i Greci
a cadere in quei vìzi, dai quali da poco erano in generale non si facevano scrupoli quando si
risorti, e perciò l'Apostolo a più riprese mette trattava d'interesse. La raccomandazione tornava
in guardia i fedeli contro l'impurità (I Cor. V, 11 ; quindi molto opportuna per Greci convertiti di
VI, 9, 15-20; I Tim. I, 10). recente dal paganesimo.
4.Spiega meglio e completa il suo pensiero. Negli affari (gr. èv xq) itpàynaxi), ossia nei con-
// proprio corpo (gr. tò éaiJioG av.%voq). Non tratti. Tale è l'interpretazione dì S. Tommaso...,

è possibile determinare con certezza il senso della Allioli, Bisping, Beeien, Van Steenkìste, Lemon-

parola oxeCo? = vaso (lat. vas). Parecchi interpreti nyer, Toussaint, ecc., e niuno può negare che
(S. Giov. Cris., Teodoreto, Teofilatto,... Alapide,... essa risponda molto bene al contesto. S. Gio-
Fili., Drach,, ecc.) pensano che S. Paolo indichi vanni Crisostomo, S. Girolamo, Estk», Alapide...,
il corpo di ciascun fedele, e voglia dire sempli- Fili., ecc., pensano invece che l'Aposfolo parli
cemente ciascuno sappia possedere, ossia con-
: qui dell'adulterio, e voglia dire nessuno leda :

servare puro e casto il corpo. Infatti S. Paolo coU'adulterio i diritti del suo prossimo. Senza
anche altrove (II Cor. IV, 7) chiama il corpo negare ogni valore a questa seconda spiegazione,
umano « vaso di argilla », e parecchi antichi scrit- la prima tuttavia ci sembra più probabile, come
tori similmente lo chiamano « vaso dell'anima o quella che risponde assai meglio al contesto. Dio
dello spirito» (Cic, Tuscul.^ I, 22; Lucrezio III, fa vendetta, ossia punisce severamente, tali disor-
441; Barnab. VII, 7; Filone, ecc.). Di più l'esor- dini (Ebr. XIII, 4) come già vi dicemmo e prote-
tazione dell'Apostolo è generale e si deve appli- stammo solennemente quando fummo a Tessalo-
care a tutti i Tessalonicesi, che non potrebbe 5 nica (vv. 1, 2).
farsi se si dà un'altra interpretazione. Benché Motivo per cui Dio punisce severamente tali
7.
queste ragioni abbiano il loro peso, tuttavia ci peccati. Egli ci ha chiamati alla religione cristiana
sembra da preferirsi la spiegazione di Sant'Ago- (Efes. IV, 1) non già affinchè vìvessimo nell'im-
stino {De nupt. et. con., I, 8; Cont. lulìan., IV, mondezza (èm dxa0op<n'<f), ma affinchè fossimo
10, ecc.), di S. Tommaso, di Estio, ecc., seguiti santi (àv àyiae^i^)). La santità è come l'atmosfera
da Bisping, Lemonnyer, Toussaint, Le Camus, ecc., in cui Dio ci ha posto coll'avercì chiamati alla
i quali ritengono che col nome di axevoq S. Paolo fede; non dobbiamo quindi uscirne per correre
voglia significare la moglie. E fuori di dubbio dietro all'immondezza. Quest'ultima parola non
infatti che S. Pietro (I ep. II, 7) usa in questo significa solamente l'impurità, ma qualsiasi disor-
tenso il nome di oxetJo?, come pure lo usano i rab- dine morale (Ved. Rom. XIII, 14; I Cor. VII, 15;
bini (Megh., Esther., I, lì; Sohar, Levit. V, 38), Gal. I, 6; V, 21; Efes. IV, 19; V, 3, 5; Coloss.
e per di più il verbo nxàaQax non ha il senso di II, 1). Similmente la parola santità o santifica-
possedere, ma quello di acquistarsi, procurarsi, zione importa la pratica dì tutte le virtù.
il che conviene molto bene, se sì tratta della
8. Conseguenza logica di quanto precede. Chi
moglie, ma non già se si tratta del proprio corpo.
disprezza tali cose, cioè le regole e i precetti
Crediamo quindi più probabile che S. Paolo dica
dati da S. Paolo, non disprezza un uomo, cioè
semplicemente ai Tessalonicesi : ad evitare la for- Paolo, come sarebbe se egli avesse parlato
S.
nicazione ciascuno abbia la propria moglie, colla
esclusivamente di sua autorità, ma disprezza Dio
quale viva santamente e onestamente. Una simile
stesso, in nome e coll'autorità del quale egli ha
esortazione si ha pure nella prima lettera ai Co-
parlato (Lue. X, 16; e anche Matt. XVIII, 17). Il
rinti (VII, 2) a per cagione della fornicazione
quale ha ancora, ecc. Queste parole, se si accetta
ognuno abbia sua moglie» (Ved. nota ivi). la lezione della Volgata « in nobis » = in noi po-
la

5. Passioni della concupiscenza sono tutti quegli trebbero restringersi ai soli Apostoli, e allora 3i

aa — Sacra Bibbia, voi. II.


354 Tessalonicesi, IV, 9-12

nit, sed Deum : qoi étiam dedit Spiritum sprezza tali cose non disprezza un uomo,
suum sanctum in nobis. ma Dio : il quale ha ancora dato in noi il
suo Santo Spirito.
'De charitàte autem fraternìtàtis non ne- 'Intorno poi alla carità fraterna non ab-
césse habémus scribere vobis : ìpsì enim biamo necessità di scrivervi poiché voi :

vos a Deo didicistìs ut dilìgàtìs invicem. stessi avete imparato da Dio ad amarvi l'un
"Etenim illud fàcitìs in omnes fratres in l'altro. ^"Poiché voi fate ancora ciò verso
univèrsa Macedònia. Rogàmus autem vos tutti i fratelli in tutta la Macedonia ma vi :

fratres ut abundétis magis, ^^Et óperam detis esortiamo, o fratelli, ad avanzare sempre
vestrum negótium
ut quièti sitis, et ut agàtis, più. "E che procuriate di vivere quieti, e
et operèmini mànibus vestris, sicut praecè- di attendere ai vostri affari, e di lavorare
pimus vobis et ut honéste ambulètis ad eos,
: colle vostre mani, come vi ordinammo, e
qui foris sunt et nullìus àliquid desiderétis.
: che vi diportiate con onestà verso gli estra-
nei e non abbiate in nulla bisogno di
:

alcuno.
"Nólumus autem vos ignorare fratres de "Non vogliamo poi, o fratelli, che siate
dormiéntibus, ut non contristémini sicut et^ nell'ignoranza riguardo a quelli che dor-

• Joan. XIII, 34 et XV, 12, 17; I Joan. II, 10 et IV, 12.

avrebbe questo senso Chi disprezza i nostri in-


: dere ai proprii affari e di lavorare colle proprie
segnamenti non disprezza un uomo ma Dio, che mani. Quest'ultime parole provano che una parte
ci ha dato il suo Spirito, per virtii del quale noi notevole di cristiani doveva appartenere alle classi
siamo stati costituiti maestri e pastori della Chiesa più umili della società (Cf. I Cor. I, 26). Il fatto
con autorità di insegnare e comandare ciò che poi che S. Paolo ricorda il dovere del lavoro subito
dallo stesso Spirito ci viene insegnato e coman- dopo aver parlato della carità, induce a credere
dato. Siccome però i migliori codici (XBDE che vi fossero alcuni poveri, i quali affidandosi alla
F, ecc.) hanno eìq ùjift? = in voi, è meglio riportare carità altrui, non si curassero gran che di lavorare,
le dette parole ai cristiani in generale, ai quali e vivendo nell'ozio consumassero il loro tempo
tutti nelBattesimo e nella Confermazione vien dato nell'occuparsi con curiosità delle cose degli altri
lo Spirito Santo. Questo Spirito divino abita inti- (II Tess. Ili, 11). Come vi ordinammo. Di qui si
mamente nell'anima dei fedeli, e viene contristato vede che S. Paolo agli insegnamenti più sublimi
profondamente e scacciato dal suo tempio, quando intorno alle verità da credere sapeva pure con-
i fedeli contaminano il loro corpo coU'impurità o giungere le norme più pratiche e più semplici del
ledono la giustizia o la carità colle frodi, cogli vivere quotidiano. Vi diportiate con onestà in modo
inganni, ecc. (Cf. I Cor. VI, 19; e Cf. Giov. XIV, che niuno trovi in voi motivo di scandalizzarsi e
16-17; Rom. Vili, 14-17; Gal. IV, 6-7; Efes. I, di sprezzare la religione che professate. Gli estranei
13-14, ecc.). Quest'argomento aveva tanto più forza {leu. quelli che sono di fuori) sono i Giudei e I
in quei primi tempi, in cui la presenza dello Spi- pagani (I Cor. V, 12), in mezzo ai quali i Tessa-
rito divino si manifestava coi diversi carismi comu- lonicesi vivevano. E non abbiate, ecc. Oltreché
nicati ai fedeli, quali p. es., la glossolalìa, la pro- per non dare scandalo a quei che non sono cri-
fezia, ecc. stiani, si deve ancora lavorare per avere di che

9. Nei vv. 9-10 raccomanda la carità fraterna. vivere onestamente, senza bisogno di dipendere da
Comincia col fare l'elogio dei Tessalonicesi di- alcuno, e di essere sostentato dalla carità pubblica.
cendo che non ha bisogno di inculcar loro l'osser- Nel testo greco si legge semplicemente e non
vanza di questo precetto, primieramente perchè abbiate bisogno di alcuno,
hanno imparato da Dio (OeoòiSaxTot) stesso (Giov. È ancora da osservare che nel greco colle parole
VI, 45), che risiede nel loro cuore e li muove che vi diportiate, ecc., comincia un nuovo versetto,
efficacemente colla sua grazia, l'obbligo di amarsi così che il capo viene ad avere 18 versetti invece
Vun l'altro (I Giov. II, 27; III, 14), e in secondo di 17 come si ha nella Volgata.

luogo perchè di fatto già praticano la detta carità 12. S. Paolo passa ora a istruire i fedeli (IV, 12-
con grande generosità. Tuttavia li esorta a diven- V, 11) intorno alla risurrezione dei morti e alla
tare ancora piiì perfetti in questa virtiì (Cf. v. 1). seconda venuta di Gesù Cristo. E questo il passo
Raccomanda la vita calma e laboriosa e H
1 1 .
più importante di tutta la lettera e quello che rac-
buon esempio versa tutti. Che procuriate. Il greco chiude i più alti insegnamenti dogmatici. L'Apo-
^iXonjietcOai si deve tradurre che abbiate ad onore. stolo aveva già predicato a voce queste verità, ma
La frase vivere quieti allude probabilmente alle i Tessalonicesi non avevano capito tutto; parecchi
agitazioni e alle inquietudini che regnavano nella dubbìi erano rimasti nella loro mente, a sciogliere
Chiesa di Tessalonica a motivo del credete pros- i quali è appunto ordinata la parte della lettera
sima la venuta di Gestì Cristo per il giudizio uni- che esaminiamo.
versale. Alcuni fedeli in conseguenza di questa Nei vv. 12-17 si risponde a una difficoltà rela-
falsa persuasione non si occupavano più con dili- tiva alla risurrezione dei morti, e si inculca ai Tes-
genza dei loro affari, e trascuravano il lavoro con- salonicesi di non rattristarsi come pagani per la
i

tentandosi di 'ivere come potevano (Cf. II Tess. sorte dei loro morti.
II, 1 e ss. ; III, 11). Perciò S. Paolo non solo Non vogliamo che siate nell'ignoranza. Formola
raccomanda di stare tranquilli, ma ancora di atten- di transizione a un argomento di grande importanza
I Tessalonicesi, IV, 13-14 355

céteri, quispem non habent. "Si enira cré- mono, affinchè non vi rattristiate come gli
dimus quod Jesus mórtuus est, et resurré- altri,che non hanno speranza. "Se infatti
xit ita et Deus eos, qui dormiérunt per
: crediamo che Gesù morì e risuscitò nello :

lesum, addùcet cum eo. "Hoc enim vobis stesso modo ancora Dio condurrà con lui
dìcimus in verbo Etómini, quìa nos qui vivi- coloro che in Gesù si sono addormentati.
mus, qui residui sumus in advéntum Dó- "Poiché vi diciamo sulla parola del Signore,

" I Cor. XV. 23.

(Rom. I, Cor. X, 1; XII, 1; II Cor. I,


13; I Cristo usa la preposizione év = in, come p. es.,
8, ecc.). Quelli che dormono, eufemismo per indi- al V. 16, e non òtd* come nel caso presente. San
care i cristiani morti (I Cor. VII, 39 XI, 30 XV,
; ;
Paolo quindi vuol dire che come Dio ha risuscitato
6, ecc.). La morte in realtà non è che un sonno Gesù Cristo (Rom. IV, 24; VII, 4; I Cor. VI, 14;
passeggiero, da cui i giusti si desteranno all'uni- XV, 15, ecc.), così per mezzo di Gesù Cristo risu-
versale risurrezione per entrare in possesso di sciterà ancora tutti i Cristiani (I Cor. XV, 21).
una nuova vita. Chiamando la morte un sonno si 14. Sulla parola delSignore. Benché il dogma
viene con ciò stesso a confermare che si crede della risurrezione e parecchie delle sue circostanze
alla risurrezione dei morti. Non vi rattristiate. I siano descritte nei Vangeli (Matt. XXIV, 31 ; Giov.
Tessalonicesi non solo credevano prossimo il giu- V, 28-29), siccome però la parola del Signore qui
dizio universale, ma si erano persuasi che essi ricordata sembra doversi riferire principalmente al
stessi sarebbero stati spettatori della seconda ve- contenuto di questo versetto, quasi tutti gli inter-
nuta di Gesù Cristo, e avrebbero subito avuto preti ritengono che qui si tratti di una rivelazione
parte al suo regno glorioso. Ora siccome nel frat- speciale fatta direttamente da Dio a S. Paolo (Cf.
tempo alcuni di loro erano morti, i superstiti se ne I Cor. VII, 10; XV, 51; II Cor. XII, 1; Gal. I,
attristarono profondamente, pensandosi che i morti 12; II, 2). Noi che siamo vivi, ecc. Coloro i quali
non avrebbero piii potuto assistere alla venuta ritengono che gli Apostoli e i primi cristiani fos-
gloriosa di Gesù Cristo, né aver parte al suo regno. sero persuasi dell'imminenza della seconda venuta
S. Paolo cerca ora di toglierli da tale inganno. di Gesù Cristo (Tra i cattolici Bispìng. h. I.;
Dapprima egli non vieta il rattristarsi per la morte Toussaint, h. 1. ; Lemonnyer, Les Bpitres de Si-
delle persone care, ma vuole che tale tristezza sia Paul, t. I, p. 40 Le Camus, LCEuvre des ApòtreSy
;

moderata, e non già come quella degli altri che t. II, p. 343-344; Magnien, Rev. Bibl., 1907, p.
non hanno speranza, cioè dei pagani (Efes. II, 12), 365; Prat. La Th. de St-P., t. I, p. 108; Maier,
i quali, perduta una persona cara, non hanno più Einl, p. 244; Padovani- Alap. h. 1., ecc.) spiegano
speranza di rivederla, perchè ignorano o negano queste parole nel senso, che S. Paolo supponga dì
il dogma della risurrezione universale. La tristezza trovarsi ancora vivente al momento della venuta di
dei cristiani deve essere quale
conviene a chi è
si Gesù Cristo. Ma una tale esegesi, oltreché non
sicuro della risurrezione, e sa per conseguenza che compatibile col concetto cattolico dell'ispirazione
la separazione non è di lunga durata. <Ved. n. Rom. XIII, 14), è contraria a tutta la tradi-
13. Motivo per cui non devono rattristarsi di zione dei Padri, niuno dei quali ha mai dato questo
soverchio. Se infatti crediamo, ecc. Questo periodo senso alle parole dell'Apostolo (Van Steenkiste,
non è ipotetico che in apparenza, ed equivale a h. 1.). Si aggiunga ancora che al capo seguente
poiché crediamo che Gesù Cristo morì e risuscitò, S. Paolo dice espressamente che è ignoto il tempo
dobbiamo ancora credere che Dio per mezzo di del giudizio universale. Interrogato infatti su questo
Gesù Cristo risusciterà i morti e li menerà con lui, punto dai neofiti si contenta di rispondere che il
chiamandoli a partecipare alla gloria di lui. L'ar- dì del Signore verrà come un ladro, e poiché
gomento si poggia sul fatto che la risurrezione di alcuni Tessalonicesi avevano fraiatese le sue pa-
Gesù è causa esemplare ed efficiente della nostra role, egli nella seconda lettera (II, 1) insegna espli-
risurrezione, e che Gesù Cristo e i fedeli formano citamente che la venuta di Gesù Cristo non é
un solo corpo mistico di cui Gesù è il capo e i prossima, perchè non sono ancora apparsi ì segni
fedeli le membra, e perciò come questi partecipano che la debbono precedere. Se pertanto non si
alla morte di Gesù (Med. n. Rom. VI, 3 e ss.), così vuole ammettere che S. Paolo in questa e nella
devono ancora partecipare alla sua risurrezione. seguente lettera si sia contraddetto, e abbia inse-
Vedi questo argomento ampiamente svolto (I Cor. gnato l'errore, si deve conchiudere che colle parole
XV, 12 e ss.). Nello stesso modo dobbiamo ancora noi che siamo vivi, ecc., egli non intende per nulla
credere che Dio menerà, ossia risusciterà, e farà affermare, né afferma che la venuta del Signore
entrare nel regno della gloria assieme a Gesù debba avere luogo prima della sua morte (Ved
Cristo coloro, cioè i fedeli, che in Gesù si sono Cornely, Jntrod. III, p. 412 e ss.). Tutti Padri
i

addormentati, ossia che sono morti nella fede e (S. Giov. Cris. h. 1.; Teodoreto, h. 1.; Sant'Ago-
nella carità. Qui, come (I Cor. XV, 13), S. Paolo stino, De cìv. Dei, XX, 20, ecc.) e quasi tutti gli
parla solo della risurrezione dei fedeli, perchè interpreti cattolici (San Tommaso, h. 1. ; Estio,'^.
ciò basta al suo scopo di consolare i Tessalonicesi. h. 1.; Alapide, h. 1.; Drach. h. 1.; Filìion, h. 1.;
Anche i cattivi risorgeranno, ma non per aver Van Steenkiste, ecc. ecc.) ritengono che le parole :

parte alla gloria di Gesù Cristo, e la loro risur- noi che siamo vivi, ecc., sì riferiscano ai giusti
rezione potrebbe chiamarsi una seconda morte. Le che saranno ancora vivi al momento in cui starà
parole per lesum (bià tov 'Iticou) tradotte in Gesù per comparire Gesù Cristo (Ved. Vigouroux, Les
e unite al verbo si sono addormentati vanno tra- Livres Saints et la critique, ecc., X.V, p. 491-500).
dotte per mezzo di Gesù e unite al verbo menerà. Con una figura rettorica (enallage di persona) San
Quando infatti l'Apostolo parla dei morti in Gesù Paolo trasporta per così dire in sé stesso la per-
356 I Tessalonicesi, IV, 15-17

mini, nosv praeveniémus eos, qui dormié- che noi che siamo vivi, che siamo riserbati
runt. "Quóniam ipse Dóminus in iussu, et per la venuta del Signore, non preverremo
in voce Archangeli, et in tuba Dei descéndet quelli che si addormentarono. ^^ Perocché lo
de caelo et mórtui, qui in Christo sunt,
: stesso Signore al comando e alla voce del-
resùrgent primi. ^^'Deinde nos, qui vivimus, l'Arcangelo, e al suono della tromba di Dio
qui relìnquimur, simul rapiémur cum illis scenderà dal cielo e quelli che in Cristo
:

in nùbibus óbviam Christo in aera, et sic sono morti risorgeranno i primi. ^"Quindi
semper cum Dòmino érimus. ^Mtaque con- noi che siamo vivi, che siamo superstiti,
solamini invicem in verbis istis. saremo con essi trasportati sopra le nubi
in aria incontro al Signore, e così saremo
perpetuamente col Signore. "Consolatevi
adunque scambievolmente con queste parole.

sona Rom. XIII, 11 I Cor.


di questi cristiani (Cf. ; tutti i migliori codici hanno wpóòtov, cioè dapprima
XV, 51-52; II Cor. V, 4), e si pone tra gli spet- e non i primi, come si legge nella Volgata. San
tatori delgrande avvenimento, non già perchè Io Paolo non dice che la risurrezione dei giusti pre-
credesse prossimo, ma unicamente per dar più ceda la risurrezione generale e la trasformazione
forza e vivezza al suo dire Noi che siamo vivi,
: dei vivi (Ved. n. I Cor. XV, 51), ma afferma
se saremo ancora vivi..., non preverremo, ecc. semplicemente che dapprima avrà luogo la risur-
Si osservi che il verbo preverremo (gr.«pOào(onev) rezione e conseguentemente anche la trasforma-
è tratto dai giuochi pubblici dell'arena, nei quali zione di quelli che saranno ancora vivi, e poi da
perdevano la palma della vittoria coloro che dagli tutti assieme sì muoverà incontro a Gesù Cristo.
«Uri erano prevenuti nel giungere alla meta. I Tutti questi fatti si compiranno pero in un attìm»
cristiani di Tessalonica credevano che i fratelli (Ved. I Cor. XV, 52).
defunti non avrebbero potuto aver parte alle feste 16.Noi che siamo vivi, ecc. Come già fu os-
trionfali per la venuta di Gesù Cristo, ma S. Paolo servato (I Cor. XV, 51). ì Padri Greci seguiti
afferma che i giusti che allora saranno vivi non da numerosi interpreti moderni, si fondano sn
avranno alcun speciale vantaggio sui morti, ma queste parole per ritenere che non tutti gli uomini
gli uni e gli altri saranno ugualmente spettatori del moriranno, ma alcuni passeranno immediatamente
grande avvenimento. dallo stato della vita presente allo stato delU
15-16. Perocché. Spiega il motivo per cui i vìvi
gloria. E però
più probabile la sentenza dei Padri
non preverranno morti nell'andare incontro a
i
Latini, quali insegnano che tutti gli uomini do-
ì

Cristo, e mostra quael sarà l'ordine degli avveni- vrannp morire. Se pertanto S. Paolo qui non pone
menti che accompagneranno la Jiapovcio vale a dire i fedeli di quegli ultimi tempi nel numero dei
la comparsa di Gesù Cristo giudice supremo. Lo morti, si è unicamente perchè non morranno dì
stesso Signore. Gesù Cristo in persona e in forma morte ordinaria, ossia di quella morte a cui suc-
visibile. Al comando. Il greco xéAeucfia indica l'or- cede la lenta corruzione del sepolcro. Dicendum
dine dato da un generale ai suoi soldati, e qui est, dice S. Tommaso, h. 1., quad aliqui invenien-
significa il segno o il comando della risurrezione tur vivi in tempore ilio, quo Christus veniet ad
generale dato da Dio (Matt. XXIV, 36) o da Gesù judicium; sed in ilio momento temporis morìen-
Cristo (Giov. V, 28). Alla voce dell'Arcangelo. tur et statìm resùrgent. Et ideo propter modicam
Questo comando di Dio sarà promulgato da un interpolationem reputantur viventes. Traspor- —
tati sopra le nubi. Come Gesù salì al cielo circon-
arcangelo (nel greco non vi è l'articolo determi-
nativo), che comunemente (S. Tommaso, Lirano, dato da nube (Atti I, 9), e sulle nubi discenderà
Estio, ecc.) si crede essere S. Michele, principe e dal cielo (Matt. XXIV, 30), così anche ì giusti
custode della Chiesa cristiana, come lo era stato saranno trasportati da una forza soprannaturale
della Chiesa Giudaica (Dan. X, 13; Giuda, 9; sopra le nubi. In aria. L'incontro dei Santi con
Apoc. XII, 7). Al suono della tromba di Dio. Alla Gesù avrà luogo nel momento in cui Gesù discen-
voce dell'arcangelo gli angeli suoneranno la tromba derà dal cielo per venire in terra a fare il giu-
(Matt. XXIV, 31; Cfr. Esod. XIX, 16). Questa dìzio. Con essi, cioè con quelli che sono morti

tromba è detta di Dio, sia perchè non suonerà che prima dì noi. Tutti i cristiani in qualunque tempo
al comando di Dio, e sia perchè il suo suono
siano morti si troveranno allora nelle stesse con-
sarà ben diverso da quello delle trombe ordinarie dizioni. Saremo perpetuamente col Signore par-

(Ved. n. I Cor. XV, 51). E chiaro però che qui tecipando in anima e corpo alla sua gloria e alla
6i tratta di un'espressione metaforica per indicare
sua felicità (Cf. Giov. XII, 26; XIV, 3; I Cor.
l'intimazione ai morti di risorgere per presentarsi XV, 28).
al giudizio. A questi segni Gesù Cristo scenderà 17. Adunque non rattristatevi smoderatamente
dal cielo, e allora quelli che in Cristo sono morti, della morte dei vostri cari, ma consolatevi gli uni
cioè i cristiani che morirono nella fede e nella cogli altri con quanto vi ho detto intorno alla
carità, e perciò anche dopo la loro morte resta- risurrezione dei morti, e alla loro partecipazione
rono uniti a Gesù Cristo, risusciteranno. Nel greco con voi al trionfo di Cristo Gesù.

I
1 Tessalonicesi, V, 1-5 357

CAPO V.

// tempo della venuta del Signore è incerto y 1-3. —/ cristiani devono essere sempre
preparati, 4-1 1.— Doveri dei fedeli verso superiori 12-13. — i ecclesiastici,
Doveri vicendevoli dei fedeli, 14-15 — Allegrezza spirituale, 16. — Doveri
.

verso Dio, 17-18. — / vari doni dello Spirito Santo, 19-21. — Fuggire anche
l'apparenza del male, 22. — Preghiera per 23-24, — Raccoman» i Tessaloìiicesi,

dazio7ii e saluti, 25-28.

*De temporibus autem, et moméntìs fra- ^Intorno poi ai tempi e ai momenti neri
tres non indigétis ut scribàmus vobis. ^Ipsi avete bisogno, o fratelli, che noi vi scri-
enim diligénter scitis quia dìes Domìni, si- viamo. ^Poiché voi stessi sapete benissimo
cut fur in nocte, ita véniet. ^Cùm enim dixe- che il dì del Signore verrà come un ladro
rint pax, et secùritas tunc repentinus eis
: di notte. ^Perocché quando diranno pace e
supervéniet intéritus, sicut dolor in ùtero sicurezza, allora sopraggiungerà loro repen-
habénti, et non effùgient. tina la perdizione, come i dolori del parto
a donna gravida, e non avranno scampo.
*Vos autem fratres non estis in ténebris, *Voi però, fratelli, non siete nelle te-
ut vos dies illa tamquam fur comprehéndat : nebre, onde quel dì vi sorprenda a guisa di
•Omnes enim vos fìlli lucìs estis, et filli ladro ^Infatti voi tutti siete figliuoli della
;

diéi non sumus noctis, neque tenebràrum.


: luce e figliuoli del giorno non lo siamo
:

» II Petr. Ili, 10; Apoc. Ili, 3 et XVI, 15.

simili in ciò agli uomini del tempo dì Noè (Matt.


CAPO V. XXIV, 36-39), allora ^all'improvviso piomberà
sopra di loro la perdizione, ossia la sentenza dì
1. Nei versetti 1-11 l'Apostolo discorre del morte pronunziata dal Giudice supremo, né po-
tempo seconda venuta di Gesù Cristo, e
della tranno evitarla (Lue. XII, 19-20). Come i dolori
mostra (1-3) ch« esso è incerto, e (4-11) che del parto. Questa similitudine è usata spesso nelle
perciò i cristiani devono sempre tenersi preparati. Scritture (Ved. p. es. Ger. XIII, 21) per indicare
Ai tempi e ai momenti determinati, in cui avranno i castighi divini considerati come improvvisi, ter-
luogo i grandi avvenimenti descritti nei versetti ribili e inevitabili.
precedenti. Non avete bisogno che vi scrìviamo,
perchè intorno a ciò siete stati sufficientemente 4-5. I non saranno sorpresi, perchè
cristiani
istruiti a voce (Ved. un'espress. analoga Atti I, 7). essi sono e pieni di vigilanza. Voi per
avvertiti
opposizione perversi, di cui al versetto prece-
ai
2. Sapete benissimo dalla nostra predicazione
dente, non siete nelle tenebre dell'ignoranza e del
ciò che è da ritenersi intorno al tempo di questi
peccato, poiché per il Battesimo siete diventati
avvenimenti. 7/ dì del Signore, cioè la seconda
luce nel Signore (Ved. n. Efes. V, 8) e le verità
venuta di Gesù Cristo, nella quale Egli si pre-
che avete imparate vi tengono vigilanti ed attenti,
senterà come giudice supremo dei vivi e dei morti
talmente che se perseverate nello stato di grazia
(Ved. n. I Cor. I, 7-8; Cf. I Cor. V, 5; II Cor.
ricevuto, non sarà mai che il dì del Signore vi
I, 14; Filipp. I, 6, 10; II Tess. II, 2). Questa
espressione è tolta dall'Antico Testamento (Cf. sorprenda come un ladro, cioè quando non siete
preparati (Cf. Rom. XIIl, 12).
Gioel. , 15; II, 1-2, ecc.; Amos. V, 18, ecc.).
Verrà come un ladro. Anche il Signore ha usato 5. Prova che i Tessalonicesi non vivono nelle
questa comparazione (Matt. XXIV, 43-44; Lue. tenebre del peccato. e quindi non hanno a temere
XII, 39). S. Paolo aggiunge il tratto di notte per la venuta improvvisa di Gesù Cristo. Siete fi-
far meglio risaltare il danno, a cui vanno incontro
gliuoli della luce, ebraismo per indicare che sono
coloro, che non vegliano, ma si lasciano sorpren-
illuminati dalla fede e santificati dalla grazia. Noi
dere dal sonno. Il giorno del Signore verrà quindi non siamo della notte, ecc. Ripete sotto forma
all'improvviso, come un ladro che s'introduce negativa la stessa idea. Noi cristiani non ap-
nella essa quando nessuno vi pensa. Per conse- parteniamo alle tenebre della notte (Matt. XXV,
guenza è necessario essere sempre preparati, e 4 e ss.), perchè siamo stati liberati dalle tenebre
la stessa incertezza in cui ci troviamo a questo
dell'ignoranza e del peccato. La fede e la santità
riguardo vale grandemente a tenerci fermi nella sono qui paragonate al giorno e alla luce, l'infe-
via del bene.
deltà e il peccato sono paragonati alla notte e
3. Quando i cattivi diranno pace e sicurezza, alle tenebre (Cf. Rom. II, 19; II Cor. IV, 6:
ossia tutto è tranquillo, non da temere.
vi è nulla Efes. V, 8, ecc.).
358 Tessalonicesi, V, 6-12

•Igitur non dormiàmus sicut et céterì, sed della notte,né delle tenebre. "Non dormiamo )

vigilémus, et sóbrii simus. 'Qui enim dór- adunque come gli altri, ma vegliamo e siamo i

mìunt, nocte dórmiunt et qui ébrii sunt,


:
sóbrii. Poiché quei che dormono, dormono )

nocte ébrii sunt. *Nos autem, qui diéi su- nella notte: e quei che s'inebriano, s'ine- \

mus, sóbrii simus, indùti loricam fidei, et briano nella notte. *Ma noi che siamo (fi'- J

charitàtis, et gàleam spem salùtis : gliuoli) del giorno siamo sóbrii, rivestiti
della corazza della fede e della carità, e del-
l'elmo della speranza delfa salute :

•Quóniam non pósuit nos Deus in iram, 'Poiché Dio non ci ha destinati all'ira, ma
sed in acquisitiónem salùtis per Dóminum all'acquisto della salute pel Signor nostro
nostrum lesum Christum, "Qui mórtuus est Gesù Cristo, "il quale è morto per noi :
prò nobis ut sive vigilémus, sive dormià-
: affinché sia che vegliamo, sia che dormiamo,
mus, simul cum ilio vivàmus. "Propter quod viviamo insieme con lui. ^^Per la qual cosa
consolàmini invicem et aediflcàte altéru-
: confortatevi gli uni gli altri, e siate di edifi-

trum, sicut et fàcitis. cazione l'uno l'altro come pur fate.


"Rogàmus autem vos fratres ut novéritìs ^^Vì preghiamo, o fratelli, che abbiate ri-
eos, qui labórant Inter vos, et praesunt vobis guardo* a coloro che faticano tra voi, e a voi

• Is.LIX, 17; Eph. VI, 14, 17.

6. Nei vv. 6-11 S. Paolo fa un'esortazione alla la corazza e l'elmo, e le applica alle tre virtù
vigilanza. Non dormiamo, ecc. Se non appar- teologali, che sono il fondamento e la somma di
teniamo alla notte, ma al giorno, non dobbiamo tutta la perfezione cristiana (I, 3-4).
quindi dormire nel sonno del peccato e dell'in- 9-10. Avendo nel versetto precedente parlato
curia della salute, come gli infedeli che appar- della speranza, S.
Paolo mostra ora quanto sia
tengono alla notte, ma vegliamo attendendo alle solido fondamento su cui si appoggia. Dob-
il
opere buone, e siamo sóbrii coU'astenercì dalle biamo avere questa ferma speranza, poiché Dio, il
cattive. quale ci ha chiamati al cristianesimo, non ci ha
7-8. Quei che dormono, ecc. S. Paolo dà la ra- destinati alVira, ossia non ci ha chiamati perchè
gione dell'esortazione precedente. Il dormire e dovessimo cadere sotto il peso della sua vendetta
l'inebriarsi sono opere che fanno di notte. E
si nel giorno del giudizio, ma al contrario ci ha
noto che in antico i conviti si facevano a sera chiamati affinchè arrivassimo a conseguire la sa-
inoltrata, e si protraevano per una gran parte lute eterna per i meriti di nostro Signore Gesù
della notte. Ora poiché per i cristiani non vi è Cristo, il quale é morto per noi, e ci ha com-
notte, ma solo giorno, perciò noi dobbiamo sem- prati col suo sangue affinchè fossimo sua pro-
pre vegliare ed essere sóbrii, cioè essere pieni prietà (Rom. XIV, 8) e vivessimo insieme con lui,
di ardore per la nostra salute, evitando ogni ossia uniti a lui, sia in questa vita per la grazia,
mollezza e ogni sensualità <Ved. n. Rom. XIII, e sia dopo morte nella gloria. Vegliare e dormire,
13). Rivestiti, ecc. Dalla metafora della luce passa come è chiaro, non hanno più qui lo stesso senso
a quella dell'armatura del soldato pronto per la che al versetto 6, ma significano la vita e la
battaglia. Come
soldati i cristiani devono essere morte. Le parole dell'Apostolo potrebbero però
rivestiti corazza della fede e della carità,
della spiegarsi diversamente. Gesù Cristo è morto per
ossia devono avere una fede viva e una carità noi, affinchè, sia che alla sua venuta ci troviamo
ardente. La corazza era destinata a proteggere il morti, sia che ci troviamo vivi, veniamo a vivere
petto e il dorso del soldato, così la fede e la in anima e corpo con Lui nella eternità beata.
carità difendono il cuore del cristiano da ogni Questa spiegazione è generalmente -preferita dai
affetto peccaminoso (Ved. n. Efes. VI, 14). La moderni e corrisponde meglio al contesto.
fede viene anche paragonata allo scudo (Efes. VI,
11. Conclusione analoga a quella del cap. IV,
16), perchè destinata a estinguere i dardi infuo-
17. Confortatevi gli uni gli altri sulla morte dei
cati dei nostri nemici. L'elmo della speranza (Vedi
fratelli, richiamando alla vostra mente quanto
abbiamo detto. Siate di edificazione l'un altro
stimolandovi al bene
parole e coi buoni colle
esempi (Cf. 1 Cor. VIII, 1; X, 23; Efes. II, 20
e ss.). Come pure fate. Elogio dei Tessalonicesi
e invito a progredire maggiormente ancora nella
perfezione (Cf. IV, 10).
12. Nei vv. 12-22, S. Paolo aggiunge una serie
di varie raccomandazioni, che non sono legate le une
colle altre. Comincia col parlare (12-13) dei doveri

.— Elmi greci. dei fedeli verso i loro superiori ecclesiastici.


Fig. 38.
Abbiate riguardo, ossia stimate e siate ricono-
scenti, verso i vostri pastori. San Paolo non
n. Efes. VI, L'armatura del cristiano è de-
17). nomina questi pastori col loro proprio nome, ma
scritta con maggiori particolari (Efes. VI, 11-17). si contenta di descrivere quanto essi fanno per
Qui S. Paolo accenna solo a due armi difensive; i fedeli. Essi faticano tra voi, vale a dire si sacri-
I Tessalonicesi, V, 13-20 359

in Domino, et monent vos, "Ut habeàtis presiedono nel Signore, e vi istruiscono.


illos abundàntius in charitàte propter opus "e liabbiate somm.amente cari a motivo
illórum pacem habéte cum eis.
: delle loro faticàe : state in pace con essi.
^''Rogàmus autem vos fratres, compite in- ^''Vi preghiamo, o fratelli, correggete gli
quiétos, consolàmini pusiilànimes, suscìpite inquieti, consolate i pusillanimi, sostenete i

infirmos, patiéntes estóte ad omnes. "Vidéte "Badate che


deboli, siate pazienti con tutti.
ne quis malum prò malo alieni reddat sed : nessuno renda altrui male per male ma :

semper quod bonum est sectàmini in invi- cercate sempre di far del bene e tra voi e
cem, et in omnes. "Semper gaudéte, ^^Sine verso tutti. "Siate sempre allegri. "Pregate
intermissióne orate. "In omnibus gràtias senza intermissione. "Per tutte le cose ren-
agite haec est enim volùntas Dei in Christo
: dete grazie poiché tale è la volontà di Dio
:

lesu in omnibus vobis. in Cristo Gesù riguardo a tutti voi.


"Spiritum nolite extinguere. ^"Prophetias "Non estinguete lo spirito. ^"Non disprez-

15 Prov. XVII, 13 et XX, 22; Rom. XII, 17; I Petr. IIJ, 9. " Eccli, XVIII, 22; Lue. XVIII, I;
Col. IV. 2.

ficano per le vostre anime. A voi presiedono, ossia suo cuore, ha sempre dì che rallegrarsi anche in
vi governano e sono r€sponsabili di voi davanti mezzo alle tribolazioni. Questa allegrezza è un
a Dio. Le parole nel Signore indicano la natura effetto della carità, e un frutto dello Spirito Santo
spirituale di questo governo e il fine a cui è ordi- (Ved. n. GaL V, 22; Cf. Matt. V, 12; Atti V, 41;
nato. Vi istruiscono, o meglio vi ammoniscono, Rom. XII, 12; XIV, 17; XV, 13; II Cor. VI, 10;
correggendovi dei vostri difetti ed eccitandovi alla VII, 4; Filipp. Ili, 1; IV, 4, ecc.).
perfezione. E fuor di dubbio che qui si tratta di
17.Nei vv. 17-21 si parla dei doveri religiosi
quei sacerdoti o vescovi che S. Paolo ordinava cominciando da quelli verso Dio (17-18). Senza
e ai quali affidava poi il governo delle varie intermissione. La preghiera è un'elevazione della
Chiese fondate (Ved. Atti XIV, 22). mente a Dio e quindi importa l'unione con Dio.
13. Li abbiate sommamente cari. Non basta sti- Ora, benché l'uomo non possa star sempre at-
marli, ma dovete aver per loro una grandissima tualmente fisso in Dio, tuttavia per l'abito della
affezione, e quindi rispettarli, onorarli, ubbidirli e carità che lo unisce a Dio egli è sempre nella
procurar loro di che sostentarsi (Cf. Rom. XV, disposizione della preghiera, e di lui si può dire
27; I Cor. IX, 11; Filipp. II, 29, ecc.). State in che prega senza interruzione. Siccome di continuo
pace con essi mediante la docilità e l'obbedienza. noi abbiamo bisogno dell'aiuto di Dio, così noi
La lezione della Volgata èv duroi? si trova nei dovremmo pregare continuamente, ma essendo ciò
codici K D F G e nella versione siriaca, ecc. Ma impossibile, la nostra preghiera deve almeno es-
i codici B A E K L e le versioni copta
e gotica sere frequente e perseverante (Matt. V, 44; Lue.
hanno èv éavroiq = tra voi. Questa seconda le- VI, 27-28; XVIII, 1; XXXI, 36; Rom. XII, 17;
zione è criticamente preferibile. In questo caso Col. I, 3; Efes. VI, 18).
l'Apostolo darebbe un precetto generale raccoman-
18. Per tutte le cose, sia prospere che avverse,
dando a tutti i fedeli di aver pace tra loro.
rendete grazie a Dio, perchè tutto viene dalla sua
14. Nei 14-15 l'Apostolo dà alcuni precetti
v. mano ed è ordinato al vostro maggior vantaggio
riguardanti i mutui rapporti dei fedeli. Comincia (Rom. VIII, 28). Il ringraziamento per i benefizi
col raccomandare lo zelo per il bene spirituale dei ricevuti è ancora un mezzo per ottenerne dei
fratelli. Correggete, ossia ammonite gli inquieti nuovi, e perciò S. Paolo quando inculca la pre-
(gr. àràxtou?); cioè coloro che rompono il buon ghiera racomanda ancora l'azione di grazie (Efes.
ordine. L'aggettivo diaxic? si dice propriamente V, 20; Filipp. IV, 6; Coloss. IV, 2, ecc.). Tale
del soldato che nelle file non sta al posto (xàfy<0 è la volontà di Dio. Queste parole si riferiscono
assegnatogli, e S. Paolo con questo nome indica probabilmente alle tre ultime raccomandazioni (16-
alcuni fedeli, i quali passavano i loro giorni nel-
18) ; alcuni però le riferiscono solo al ringrazia-
l'ozio, non attendendo ai proprii affari e occupan- mento, ed altri le estendono solo alla preghiera e
dosi di soverchio di quelli degli altri (Ved. n. IV, al ringraziamento (17-18). In Cristo Gesù riguardo
11; II Tess. III, 6, 11). Pusillanimi sono coloro a voi, vale a dire tale è la volontà di Dio, che
che di leggieri si abbattono e si perdono di co- vi é stata manifestata in Gesù Cristo e per mezzo
raggio per le avversità della vita presente. I deboli di Gesù Cristo. Secondo altri : Questo, è ciò che
nella fede, cioè coloro che non ancora abbastanza vuole Dio da coloro che sono in Cristo, cioè dai
istruiti facilmente a motivo di una falsa coscienza cristiani.
s; scandalizzano (Rom. XIV, 1; XV, 1; I Cor.
VIII, 7 e ss.). Pazienti con tutti anche cogli in-
19-21. Mostra come debbano
diportarsi riguardo
fedeli. ai doni dello Spirito Santo. Lo
Spirito santo. Con
questo nome si devono qui principailmeinte inten-
Badate di non render male per male, ma
15.
dere i varii doni, come la profezia, le lingue, ecc.,
fate del bene e tra voi cristiani e verso tutti gli che lo Spirito divino effondeva in larga copia sui
uomini, ancorché vostri nemici e persecutori (Matt.
primi fedeli (Atti IV, 31; Vili, 17, ecc.; Rom.
V, 44; Rom. XII, 17-21 Gal. VI, 10, ecc.). L'esor-
;
XII, 6; l Cor. XII, 1 ; XIV, 40). S. Paolo paragona
tazione era utile ai Tessalonicesi così perseguitati
qui lo Spirito a un fuoco divino che accende e fa
dai Giudei e dai pagani.
avvampare i cuori, e perciò raccomanda che non
16. Siate sempre allegri, perchè il cristiano, es- lo si estingua coll'impedire che i fedeli facciano
sendo incorporato a Gesù Cristo e avendo Dio nel uso dei doni ricevuti, perchè altrimenti si viene
360 I Tessalonicesi, V, 21-26

nolite spérnere. ^^Omnia autem probàte : zate le profezie. ^^ Esaminai* tutto attene- :

quod bonum est tenete. *^Ab omnì spècie tevi al buono. ^^Guardatevi da ogni appa-
mala abstinéte vos : renza di male :

*'Ipse autem Deus pacis sanctifìcet vos per ^^E lo stesso Dio della pace vi santifichi
omnia ut integer spiritus vester, et ànima,
: in tutte le cose affinchè tutto il vostro spi-
:

et corpus sine querèla in advèntu Dòmini rito e l'anima e il corpo si conservino senza
nostri lesu Christi servétur. ^^Fidèlis est, colpa per la venuta del Signor nostro Gesù
qui vocàvit vos : qui étiam fàciet. Cristo. ^^Fedele è colui che vi ha chiamati :

ed egli ancora farà.


^'Fratres orate prò nobis. ^^Salutàte fra- ''^Fratelli, pregate per noi. '''Salutate tuta

" I Cor. I, 9.

a impedire quel vantaggio della Chiesa e quella tutti questa lettera (27) e in fine pone la sua
comune edificazione, a cui vari! doni sono ordi- i benedizione apostolica (28).
nati. Una raccomandazione analoga si ha I Cor. Lo stesso Dio, ecc. Ben sapendo che i Tessalo-
XIV, 39. Non vietate di parlar le lingue (Ved. nota nicesi colle sole loro forze non avrebbero potuto
ivi). Alcuni però ritengono che col nome di Spirito mettere in pratica quanto loro aveva imposto, San
si debba intendere la grazia santificante e le buone Paolo domanda per essi la grazia e l'aiuto di Dio.
ispirazioni. Estinguere lo Spirito equivarrebbe al- Dio della pace, vale a dire che è autore della pace
lora a resistere alla sua grazia e a scacciarlo dal (Rom. XIV, 20; II Cor. XIII, 11; Filipp. IV,
proprio cuore commettendo il peccato (Efes. IV, 9, ecc.), e specialmente di quella pace che gode
30; II Tim. I, 2). Le due interpretazioni non si l'anima a Lui unita coi vincoli della carità. Vi
escludono, ma possono unirsi assieme, benché santifichi in tutte le cose. Il greco pXoteXeìt; deve
tutto induca a credere che S. Paolo parli princi- tradursi : vi santifichi tutti interi, cioè nello spi-
palmente dei doni straordinari! destinati all'utilità rito, nell'anima e nel corpo, come è detto subito
generale della Chiesa. dopo. Lo spirito Jtvevua significa qui la parte
20. S. Paolo parla in modo speciale diuno dì superiore dell'anima che è sede della ragione,
questi doni, cioè della profezia, raccomandando della libertà e della vita divina della grazia.
che se ne faccia la debita stima (Ved. n. Rom. L'anima (^uXn) è la parte inferiore che è prin-
XII, 6; I Cor. XIV, 3 e ss. ; Cf. II Cor. XII, 10). cipio della vita fisica, e di tutti i fenomeni sensi-
Probabilmente i Tessalonicesi curavano poco i tivi,non che la sede delle passioni (Ved. n. I Cor.
varji doni e particolarmente la profezia. JI, 14; XV, 44). S. Paolo non vuol già dire che
nell'uomo vi siano due anime distinte l'una dal-
21. Raccomandando la stima della profezia, San
l'altrae che quindi l'uomo risulti composto di tre
Paolo non vuol già che per questo si debba acco-
elementi spirito, anima e corpo, ma augura sem-
;
gliere ciecamente quanto potrà essere detto da
plicemente che ì Tessalonicesi siano santificati
coloro che hanno tale dono. Al contrario inculca
nel loro spirito, cioè nei pensieri della mente e
di esaminar bene se i profeti parlino per divina
nei desiderii del cuore, nella loro anima, cioè
ispirazione, oppure siano mossi da illusioni, o da
nelle affezioni e concupiscenze sensibili, vale a
malizia, o dallo spirito diabolico (I Giov. IV, 1).
dire nei loro sensi esterni e interni, nel toro corpo
A raggiungere questo fine era destinato un dono in modo che sia casto e non venga mai a servire
speciale detto discernimento degli spiriti (Ved. nota
di strumento al peccato (Cf. Ebr. IV, 12). Senza
I Cor. XII, 10; XIV, 29). In mancanza dì questo
colpa, o meglio irriprensibile. Per la venuta del
dono i fedeli devono attenersi agli insegnamenti Signor nostro Gesù Cristo nel giorno del giudizio
della Chiesa, alla quale si appartiene giudicare
universale. Desidera quindi S. Paolo che i Tes-
infallibilmente se una dottrina viene da Dìo oppure
salonicesi siano talmente lontani dai vizi e pieni
no. Attenetevi al buono, ossia esaminate tutto ciò'
di virtù che il Giudice divino nulla trovi dì ripren-
che dicono i profeti e attenetevi a ciò che è buono,
sibile nel loro interno e nel loro esterno.
vale a dire è conforme alla dottrina apostolica ed
24. Fedele, ecc. Se una mèta così alta è al
utile alla edificazione. Le parole di S. Paolo pos-
sono però avere un senso più generale : attenetevi disopra delle vostre forze, voi però dovete fare
fermamente a ciò che è bene moralmente, e con affidamento sulla grazia di Dio. Infatti Dio, che
vi ha chiamati efficacemente alla fede del Van.
pari fermezza evitate tutto ciò che è male o può
gelo, è fedele nel mantenere le promesse fatte e
sembrare tale, come è detto nel versetto seguente.
costante nel proseguire quello che ha cominciato.
22. Guardatevi ogni apparenza, ecc. Dob-
da
Ora, per il fatto stesso che vi ha chiamati, vi ha
biamo guardarci non solo da ciò che è veramente
implicitamente promesso il suo aiuto, e perchè ha
male, ma anche da ciò che agli occhi degli altri cominciato in voi l'opera della salute si è ancora
può avere apparenza di male, ed è motivo di scan- impegnato di condurla a termine, e perciò se voi
dalo o di cattiva edicazìone (I Cor. VII, 9 e ss.). non vi mostrerete infedeli alla sua grazia, egli non
II gr. ànò «avrò? eiòovq 3rovT\pov potrebbe tradursi :
mancherà dì compiere l'opera sua e condurvi alla
Guardatevi da ogni specie di male, ma la tradu- salute (Cf. I Cor. I, 8; Filipp. I, 6, ecc.).
zione della Volgata è buona, e non vi è ragione
sufficiente per abbandonarla. 25. Pregate, ecc. Alcuni codici hanno pregate :

anche per me. Le grazie che S. Paolo desiderava


23. Nell'epilogo S. Paolo prega il Si-
(23-28),
di ottenere sono indicate II Tess. Ili, 1-2.
gnore dì santificare i Tessalonicesi (23-24), sì rac-
comanda alle loro preghiere (25), lì invita al saluto 26. Salutate... col bacio, ecc. (Ved. n. Rom.
scambievole (26), lì scongiura di far leggere a XVI, 16; Cf. I Cor. XVI, 20).
I Tessalonicesi, V, 27-28 — II Tessalonicesi - Introduzione 361

tres omnes in osculo sancto. ''^Adiùro vos i fratelli col bacio santo. "Vi scongiuro pel
per Dóminum ut legàtur epistola haec om- Signore che questa lettera sia letta a tutti i
nibus sanctìs fràtribus. "Gràtia Domini santi fratelli. ^^La grazia del Signor nostro
nostri lesu Christì vobìscum. Amen. Gesù Cristo con tutti voi. Così sia.

27. Vi scongiuro, ecc. La lettera fu indirizzata grandi insegnamenti dati intorno alla risurrezione
ai pastori della Chiesa di Tessalonica, e quindi San dei morti e agli ultimi avvenimenti. Santi manca
Paolo li scongiura di far sì che essa sia letta da in parecchi codici.
tutti isanti fratelli, ossia da tutti i cristiani della 28. La grazia, ecc. Ved. n. Rom. XVI, 24;
città, affinchè tutti conoscano e l'affetto che egli I Cor. XVI, 23 ; Filipp. IV,' 23, ecc. Alcuni codici
ha per loro, e il suo desiderio di rivederli, e i aggiungono Amen.

IX,

SECONDA LETTERA AI TESSALONICESI

INTRODUZIONE
Occasione e fine di questa seconda 1-12) e a un epilogo (iii, 16-17), contiene
Lettera. —
Qualche tempo dopo aver due parti, l'una dogmatica (ii, 1-16), e l'al-
scrìtto la prima Lettera, S. Paolo ricevette tra morale (in, 1-15).
informazioni sullo stato della Chiesa di Tes-
Nel prologo 1-12), S, Paolo, dopo aver
(i,
salonica, e sugli effetti che il suo primo
indicato l'autore e i destinatari! della Let-
scritto aveva prodotti. La persecuzione vio-
tera (i, 1-2), ringrazia Dio per la fede sem-
lenta continuava più che mai ad infierire,
pre più viva dei Tessalonicesi e la loro ca-
ma i fedeli la sopportavano con grande co- rità e il loro coraggio (i, 3-5), e fa vedere
raggio (II Tess. I, 3-4), e tra loro fioriva la
che un gran premio è riservato a coloro,
carità e cresceva più rigogliosa la fede.
che avranno sofferto per Dio, e un grande
Tuttavia la questione della seconda venuta
castigo attende i persecutori (i, 6-10). Infine
di Gesù Cristo teneva nuovamente in agi-
promette che pregherà sempre per i suoi
tazione gli animi. Persuasi dalla prima Let-
cari fedeli (i, 11-12).
tera che anche i morti avrebbero assistito
al glorioso ritorno di Cristo, si imma-
Gesù Nella parie dogmatica (ii, 1-16) tratta de-
ginarono però che la fine del mondo fosse gli ultimi avvenimenti. I fedeli non devono

imminente, poggiandosi gl'uni su pretese lasciarsi ingannare da pretese rivelazioni o


rivelazioni private, ed altri su una pretesa da pretese lettere, ecc., quasi che il giorne
lettera dì S. Paolo, ed altri finalmente su del Signore sia vicino (ii, 1-2). Questo
pretesi suoi discorsi orali. Da ciò pro- giorno non verrà prima che sì compiano
venne timore e agitazione negli uni, men- quei grandi avvenimenti loro spiegati a voce
abbandonarono lavoro passando (li, 3-5), cioè prima che venga l'Anticristo.
tre altri il

la vita nell'ozio a pensare al grande avve- Spiega che cosa sia che ritarda la venuta
nimento (II Tess. II, 2; iii, 6-14, ecc.). dell'Anticristo (ii, 6-7), e poi descrive l'a-

Tale era lo stato della Chiesa di Tessa- zione malvagiache esso eserciterà, e il
lonica, quando S. Paolo scrisse la sua se- motivo per cui Dio gli permetterà dì far
conda Lettera, nella quale sì propose di tanto male (ii, 8-11). Passa infine ad esor-
lodare i fedeli per la loro costanza e il loro tare i fedeli a mantenersi costanti nella
progresso nella virtù, di dissipare ogni ma- fede (II, 12-16).
linteso intorno agli ultimi avvenimenti, e Nella parte morale (in, 1-15) sì racco-
dì biasimare severamente la vita oziosa, ri- manda alle preghiere dei Tessalonicesi (ni,
chiamando alla mente la legge del lavoro. 1-2), sperando che si manterranno fermi nel
bene e docili agli insegnamenti ricevuti
Analisi e divisione. — La seconda Let- (ni, 3-5). Essi devono separarsi da quei
tera ai Tessalonicesi oltre a un prologo (i, cristiani, che non osservano ì precetti loro
362 II Tessalonicesi - Introduzione

dati (III, L'Apostolo motiva la severità


6). Autenticità del a seconda Lettera ai

.

di questa sua intimazione richiamando alla Tessalonicesi. La tradizione cattolica


mente dei Tessalonicesi il suo esempio e i è unanime nel riconoscere l'autenticità
suoi insegnamenti (ili, 7-10), e di nuovo della seconda Lettera Tessalonicesi, e
ai
ordina agli oziosi di rimettersi al lavoro (in, benché essa sia stata negata
da alcuni pro-
11-12), e poi raccomanda a tutti di progre- testanti, tuttavia anche fra questi, molti la
dire nella virtù, di fuggire coloro che non ammettono. Gli argomenti infatti che si ad-
vogliono obbedire ai suoi ordini, e di cor- ducono in suo favore non sono minori dì
reggerli (III, 13-15). quelli delle altre Lettere.
Benché le indicazioni che si possono ri-
NeW epilogo (ili, 16-18), si hanno gli au-
cavare da S. Clemente R. (I Clem. xxxviii,
guri, ì saluti e la benedizione apostolica. 4 = II Tess. I, 3), da S. Barnaba {Barn, xv,
5 = II Tess. Il, 8, 10) e dalla Didachè
(xvi, 4, 6 = II Tess. ii, 9) non siano asso-
Tempo e luogo in cui fu scritta la
SECONDA Lettera ai Tessalonicesi, — lutamente gicure, è jperò indubitato che
questa Lettera si trova citata da S. Policarpo
Quasi tutti gli esegeti si accordano nel rite- (Cf. Poi. Ad Philip. XI, 4 = II Tess. ili,
nere che questa seconda Lettera sia stata 15) e da S. Giustino {Dial. ex = II Tess.
scritta poco tempo dopo la prima. Tale era II, 3-4). È certo inoltre che si trovava nel
già fra gli antichi la sentenza di S. Giovanni Canone di Marcione (Cf. S. Epiph., Haer.
Cris. (in. 2 Thess. hom. I) e di Teodoreto XLii, 11), e viene ricordata come di San
(In. 2 Thess. arg.). Vediamo infatti che Paolo dal Frammento Muratoriano, e faceva
S. Paolo nell'iscrizione (II Tess. i, 1) si parte delle antiche versioni itale e siriache.
associa gli stessi compagni Timoteo e Sil- Sant'Irineo {Adv. Haer. in, 6, 7; iv, 25,
vano, che già si era associati nella prima 33, 36) cita un testo relativo all'Anticristo,
Lettera. Ora mentre è certo che Silvano ac- affermando che si trova nella seconda Let-
compagnò S. Paolo nella seconda missione, tera di S. Paolo ai Tessalonicesi. Anche
e si trovò a Corinto col suo maestro intorno Clemente A. {Strom. v, 3), Tertulliano {De
all'anno 52-53 (Cf. Atti, xviii, 5), non con- res. car. xxiv) e tutti gli autori posteriori,
dopo questo tempo si sia nuo-
sta affatto che come Origene, Eusebio, ecc., senz'ombra
:

vamente trovato con S. Paolo e Timoteo. alcuna di dubbio attribuiscono questa Let-
Inoltre lo stato della Chiesa, quale è sup- tera a S. Paolo.
posto da questa Lettera, non differisce gran Le ragioni interne che i protestanti ad-
che da quello, che è supposto dalla prima, ducono contro la tradizione non hanno alcun
solamente l'ozio, il timore, l'agitazione per valore. Se é vero infatti che su molti punti
gli ultimi avvenimenti erano cresciuti al- vi ha una grande rassomiglianza tra la se-
quanto, il che diede precisamente origine conda lettera e la prima, ciò non prova
a questa nuova Lettera. Si può quindi con- che la seconda sia opera di un falsario ma ;

chiudere con tutta sicurezza che la seconda tutto si spiega naturalmente, ammettendo,
Lettera ai Tessalonicesi fu scritta da San come si deve ammettere, che le due Lettere
Paolo a Corinto nell'anno 53, e non già da sono state scritte a pochissima distanza l'una
Atene, come portano le sottoscrizioni di al- dall'altra, ad una stessa Chiesa, che si tro-
cuni codici (A K L P) e di alcune versioni. vava ancora nelle pressoché identiche cir-
Alcuni protestanti (Ewald, Bunsen, Baur, costanze. La lingua, lo stile non differiscono
ecc.), invertono l'ordine delle due lettere, da quelli delle altre Lettere che se anche
;

ponendo come prima questa seconda, ma qui si ha un certo numero di àjta§ ZEyójueva,
l'esame interno delle due Lettere e la di- esso non é maggiore di quello delle altre
chiarazione esplicita del v. 14, cap. ii della Lettere. D'altronde è ben strana la preten-
seconda ai Tessalonicesi, mostrano chiaro sione dei razionalisti che un autore debba
che una tale inversione non poggia su alcun sempre usare le stesse espressioni, le stesse
solido fondamento (Cf. Toussaint, Épìtres parole, gli stesi modi di dire. Per la solu-
de St-Paul, Lettres aux Thessaloniciens, zione delle altre difficoltà Cf. Cornely, In-
p. 133 e ss.). È indubitato infatti che la trod., t. Ili, p. 414; Jacquier, Histoire, t. l,
seconda completa gli insegnamenti d^lla p. 95 e ss. ; Toussaint, Lettres aux Thess.,
prima, e mentre nella prima si tratta della p. 141 e ss. ; Belser, Einl, p. 464, ecc.
fondazione della Chiesa di Tessalonica,
nella seconda invece si parla del suo svi- Principali commenti cattolici sulla
luppo (Cf. I Tess. I, 3, 5 ; il, 1 ; II Tess. seconda Lettera ai Tessalonicesi. — Vedi
I, 3 e ss.). Introduzione alla prima Lettera.
II Tessalonicesi, I, 1-5 363

SECONDA LETTERA AI TESSALONICESI

CAPO I.

Iscrizione, 1-2. — Azione di grazie a Dio per la fede dei lassalonicesi, 3-5, —
Premi e castighi di Dio, 6-10. —
Preghiera a Dio per i Tessalonicesi, 11-12,

^Paulus, et Silvànus, et Timótheus Ec- : ^Paolo, e Silvano, e Timoteo, alla Chiesa


clésiae Thessalonicénsium in Deo Patre no- dei Tessalonicesi in Dio Padre nostro, e nel
stro, et Domino lesu Christo. ^Gràtia vobis, Signor Gesù Cristo. ^Grazia a voi e pace
et pax a Deo Patre nostro et Domino lesu da Dio Padre nostro, e dal Signore Gesù
Christo. Cristo.

'Gràtias àgere debémus semper Deo prò ^Dobbiamo sempre rendere grazie a Dio
vobis, fratres, ita ut dignum est, quóniam per voi, o fratelli, come è convenevole, per-
supercréscit fides vestra, et abùndat chàritas chè la vostra fede più e più va crescendo, e
uniuscuiùsque vestrum in invicem *Ita ut : abbonda in ciascuno di voi la mutua carità :
et nos ipsi in vobis gloriémur in Ecclésiis ^talché noi stessi pur ci gloriamo di voi
Dei, prò patiéntia vestra, et fide, et in om- nelle Chiese di Dio, per la vostra pazienza
nibus persecutiónibus vestris, et tribulatió- e fede in mezzo a tutte le vostre persecu-
nibus, quas sustinétis ^In exémplum insti zioni e tribolazioni, che voi sopportate ^in |

iudìcii Dei, ut digni habeàmini in regno Dei, argomento del giusto giudizio di Dio, perchè
prò quo et patimini. siate tenuti degni del regno di Dio, per cui
anche patite.

4. La vostra fede e la vostra carità sono così

CAPO I.
grandi che noi stessi (Paolo e Silvano e Timoteo)
ci gloriamo di voi, tessendo le vostre lodi e por-
tandovi per esempio nelle varie Chiese di Dio,
1. Il prologo di questa lettera (I, 1-12), oltre a
ossia nelle varie comunità cristiane sparse nel-
un indirizzo o iscrizione (1-2), contiene un'azione
l'Acaia, dove ci troviamo. S. Paolo scriveva questa
di grazie (3-10) e una preghiera a Dio (11-12).
lettera da Corinto capitale dell'Acaia. Andiamo
Paolo, ecc. L'iscrizione è pressoché uguale a
santamente fieri di voi per la vostra pazienza
quella della prima lettera. (Ved. n. I Tess. I, 1-2).
(I Tess. I, 3) e la vostra fede. S. Paolo alla
Nostro manca nei codici B D E, ma la sua auten-
pazienza congiunge la fede, perchè la ferma fede
ticità è sufficientemente garantita dai codici X AF in Dio e la speranza dei beni futuri sono il fonda-
G K, ecc. Alla Chiesa... in Dio, cioè congregata, o
mento della vera pazienza. Le persecuzioni erano
che vive in comunione con Dio, ecc.
scoppiate a Tessalonica fin da quando vi fu fon-
2. Grazia, ecc. Ved. n. Rom. I, 7. data la Chiesa (Atti, XVII, 5 e ss. I Tess.
; I, 6),

e poi avevano continuato sempre ad infierire (I


3.Nei vv. 3-5 comincia a ringraziar Dio per la
fede sempre più ferma dei Tessalonicesi, per la
Tess. Ili, 3 e ss.).
loro vicendevole carità, e per il coraggio mostrato 5. In argomento, ecc. Nel greco manca in, e si
nelle persecuzioni. Dobbiamo, ecc., ossia non pos- legge semplicemente SvòetYna = argomento (ossia
siamo far a meno di sempre ringraziar Dio per prova, dimostrazione), come apposizione a che voi
voi a motivo dei grandi benefìzi di cui vi ha arric- sopportate. S. Paolo vuol dire : il fatto che voi
chiti. Come è convenevole, ossia è cosa oggettiva- giusti abbiate a soffrire tante tribolazioni e perse-
mente buona e giusta ringraziare colui che ci fa cuzioni, è una prova del giusto giudizio di Dio,
del bene. Perchè la vostra fede, ecc. Spiega quali ossia dimostra che lo stato presente delle cose non
siano i benefìzi ricevuti dalla grazia di Dio. La loro è definitivo e che vi dev'essere un giorno, nel
fede più e più va crescendo (virepatj^àvei), ossia fa quale Dio farà trionfare tutta la sua giustizia,
sempre maggiori progressi diventando sempre più dando ai persecutori il castigo meritato e ai giusti
ferma, come è dimostrato dalle persecuzioni soste- che soffrono il premio loro dovuto. Le tribolazioni
nute (4). Abbonda in ciascuno, ecc. S. Paolo aveva da voi sopportate servono a farvi ritenere nel
già nella prima lettera (III, 9; IV, 9) iodata la giorno del giudizio degni di aver parte al regno di
carità dei Tessalonicesi, ma essa era ancora andata Dio, cioè alla gloria celeste per conseguire la quale
crescendo nei loro cuori. voi tanto patite.
394 II Tessalonicesi, I, 6-9

'Sì tamen iustum est apud Deum retrì- 'Poche è cosa giusta dinanzi a Die il ren-
bùere trìbulatiónem iis, qui vos tribulant : dere tribolazione a coloro che vi tritolano :

^Et vobis, qui tribulàmini, rèquiem nobis- 'e a voi tribolati riposo con noi, all'apparir
cum in revelatióne Dòmini lesu de caelo che farà dal cielo il Signore Gesù coi potenti
cum àngelis vìrtùtis eius, *In fiamma ignis Angeli suoi, ®in una fiamma di fuoco facendo
dantis vindictam iis, qui non novérunt De- vendetta di coloro che non hanno conosciuto
um, et qui non obédiunt Evangélio Dòmini Dio, e non ubbidiscono al Vangelo del Signor
nostri lesu Christi. ^Qui poenas dabunt in nostra Gesù Cristo. ^I quali saranno puniti
intéritu aetérnas a fàcie Dòmini, et a glòria dì eterna perdizione dalla faccia del Signore

6. Nei vv. 6-10 fa vedere che Dio nella sua verrà con potestà e maestà grande, giustamente si
giustizia darà nell'altra vita una mercede eterna a possono applicare alla sua ver.uta le parole in
quelli che avranno sofferto, e un castigo eterno ai una fiamma di fuoco (Apoc. XIX, 11). Ci sembra
persecutori. Poiché, ecc. Il greco ei;rep come il però più probabile che esse debbano riferirsi tanto
latino si non esprimono qui un dubbio, ma equi- alla venuta di Gesù Cristo, quanto allo strumento,
valgono a ineinep = siquidem = poiché e corri- di cui si servirà per compiere le sue vendette sui
spondono a una affermazione. E cosa giusta davanti reprobi, e ciò conforme a quanto si legge in Isaia,
a Dio, ossia la giustizia di Dìo esige il rendere LXVI, 15-16 « Ecco che il Signore verràcol fuoco
:

tribolazione a coloro che vi tribolano. £ l'applica- e il cocchio di lui sarà come un turbine, per span-
zione della legge del taglione (Cf. Lue. XVI, 25; dere nella sua indegnazione il suo furore, e la
Rom. II, 9; Coloss. Ili, 25, ecc.). sua vendetta nell'ardore delle fiamme. Cf. Lemon-
7. Riposo eterno. La parola aveoiq usata dall'A- nyer, h. 1. Facendo si riferisce non già a fuoco,

postolo esprìme il lato negativo della felicità ma a Gesù Cristo, come risulta evidente nel greco.

eterna, poiché significa la cessazione di ogni pena


Coloro che non hanno conosciuto Dio, sono ì gen-
tili, i quali, mentre avrebbero potuto conoscere
e di ogni tribolazione. S. Paolo fu probabilmente
indotto a presentare la beatitudine sotto questo dalle creature lì creatore, chiusero gli occhi alla
aspetto dalle circostanze, in cui si trovavano i luce e non rendettero a Dio il culto dovuto (Rom.
Tessalonicesi, i quali subivano allora violente per- I, 19 e ss., 28 e ss.; Gal. IV, 8; I Tess. IV,
secuzioni. Con noi. Quanta tenerezza d'affetto in 5, ecc.). Coloro che non ubbidiscono al Vangelo

queste parole! Anche S. Paolo e i suoi compagni di Gesù Cristo sono principalmente i Giudei, i

sono perseguitati, anch'essi sperano di ottenere quali prestavano bensì il loro culto al vero Dio,
alfine riposo, ma nella gloria del cielo avranno per ma in massa avevano rigettata la predicazione de!
compagni i loro neofiti. Quando si tratta di descri- Vangelo (Rom. X, 3,16). Gli uni e gli altri sono
vere la felicità del cielo S. Paolo ama associarsi ai inescusabili nella loro colpa, e quindi non è a
fedeli (II Cor. IV, 14; II Tim. IV, 8). meravigliare che siano da Dio tremendamente
All'apparire che farà (gr. èv rq dnoxaXutfjei, lett. puniti.

nella rivelazione o manifestazione). Si tratta qui, quali saranno puniti di eterna perdizione.
9. I
come già (I Cor. I, 7), della seconda venuta di Il testo greco suona letteralmente così i quali :

Gesij Cristo. Attualmente egli ha sottratto la sua subiranno la pena, una perdizione eterna (óXeBpov
presenza sensibile al mondo, e si è per così dire oìdóviov),ossia incorreranno la pena, che consiste
nascosto nel cielo, ma a suo tempo di nuovo si in una perdizione eterna. L'eternità delle pene
manifesterà o comparirà visìbilmente, e discenderà dell'inferno è qui affermata in modo chiarissimo
dal cielo (Matt. XXV, 31, e ss.) in tutto lo splen- da S. Paolo. Il termine aìcóvtov significa infatti una
dore della sua gloria, come giudice supremo di durazione senza fine (Ved. Zorel, Lex. Graec;
tutti gli uomini (Giov. V, 22). Egli sarà circondato Grimm. Lex. Graec. Quest'ultimo è protestante) ed
dai potenti angeli suoi (lett. angeli della sua po- è opposto a temporaneo (Cf. II Cor. IV, 18).
tenza), ossia dagli angeli ministri della sua potenza Anche Gesù Cristo nella sentenza che scaglìerà
ed esecutori delle sue volontà. contro i dannati farà menzione dell'eternità della
8. In una fiamma di fuoco. Tale è la lezione pena, opponendola all'eternità della vita beata
della Volgata, che si trova pure nei codici B D E (Matt. XXV, 41). Dalla faccia del Signore e dalla
F G e nelle versioni siriaca, copta e armena. I gloria, ecc. Alcuni spiegano queste parole in
codici xA K L hanno invece èv jrupl cpXoYÓ? = in un questo senso la condanna e la perdizione degli
:

fuoco fiammeggiante. Il senso non muta. Gli in- empi verrà,


ossia sarà causata, dalla faccia, cioè
terpreti non si accordano nel determinare se queste dalla presenza, del Signore, il quale si farà vedere
parole si debbano unire a quel che precede o a nello splendore della sua maestà, e con un suo
quello che segue. Se si uniscono a facendo ven- sguardo atterrirà i dannati precipitandoli negli
detta, allora la fiammafuoco sarebbe lo stru-
di abissi (Salmo LXVII, 3). È più comune però e
mento delle divine vendette per riguardo ai reprobi risponde meglio al greco la sentenza (S. Tommaso,
(Matt. XXV, 41). I moderni però quasi tutti prefe- Bisping, Beelen, Van Steenkiste, Padovani, ecc.)
riscono unirle a quel che precede e le considerano che interpreta saranno puniti di eterna danna-
:

come parte della frase all'apparire che farà dal zione lungi dalla faccia del Signore, ecc. S. Paolo
cielo Gesù. Le fiamme di fuoco accompagnavano indica così che la perdizione consiste principal-
nell'Antico Testamento' le manifestazioni di Dio mente nella pena del danno, ossia nell'essere
legislatore e giudice (Esod. Ili, 2 e ss. XIX, 18;; allontanati da Dio (Ved. n. Matt. XXV, 41). Dalla
Dan. VII, 9), ed erano un simbolo della gloria e gloria della sua potenza, cioè lontani da quella
della potenza di Dio, a cui nulla può resistere. gloria che Gesù Cristo darà ai suoi eletti, nella
Ora siccome sta scritto (Matt. XXIV, 30) che Gesù quale fa mostra di tutta la sua potenza.
II Tessalonicesi, I, 10-12 365

virtùtis eius : ^"Cùm vénerit gloriflcàri in e dalla gloria della sua potenza : "quAndo
sanctis suis, et admiràbilìs fieri in omnibus, egli verrà ad esser glorificato nei suoi santi,

qui credidérunt, quia créditum est testimó- e a rendersi mirabile in tutti coloro che
nium nostrum super vos in die ilio. ^^In hanno creduto (dappoiché è stata prestata
quo étiam oràmus semper prò vobis ut di- :
fede alla nostra testimonianza presso di voi)
gnétur vos vocatióne sua Deus noster, et in quel giorno. "Per la qual cosa preghiamo
impleat omnem voluntàtem bonitàtis, et opus sempre per voi, che ii nostro Dio vi faccia
fidei in virtùte, "Ut clarificétur nomen Do- degni della sua vocazione, e compisca tutta
vos in la sua buona volontà e l'opera della fede
mini nostri lesu Christi in vobis, et
ilio sécundum gràtiam Dei nostri, et Domini col (suo) potere, "affinchè in voi sia glorifi-
lesu Christi. cato il nome del Signor nostro Gesù Cristo,
e voi in lui, per la grazia del nostro Dio e
del Signor Gesù Cristo.

10. Questa punizione degli empi avrà luogo in compia in voi tutto il beneplacito della sua bontà^

quel giorno, quando Gesù Cristo verrà per essere ossia l'eterno decreto con cui gratuitamente vi ha
glorificato nei suoi santi, cioè nei fedeli che hanno Siccome però
eletti alla gloria. dYaOocxróvti non è
creduto alla sua parola e praticato la sua legge. mai detto Dio, ma solo delle creature, altri
di

Poiché i fedeli sono membri del corpo mistico di applicano dette parole ai Tessalonicesi e spie-
le

Gesù Cristo, segue che Gesù Cristo stesso viene gano : Dio compia in voi ogni beneplacito di bene,
glorificato nei suoi membri, quando i fedeli sono ossia tutto ciò che la buona volontà può desiderare
chiamati a godere della gloria loro preparata. di bene. In altre parole S. Paolo si augura che

Gesù Cristo quindi verrà per essere glorificato nei Dio riempia i Tessalonicesi di ogni bontà morale,
suoi santi, quando verrà per chiamare i santi a par- ossia di ogni virtù (Rora. XV, 15), e compia
tecipare alla sua gloria. Siccome poi k glorifica- l'opera della fede (Ved. n. I Tess. I, 3) rendendola
zione dei santi è cosa che eccede ogni ammira- sempre più viva ed operante. Altri preferiscono ri-
zione, e non proviene che da Gesù Cristo, giusta- ferire a Dio eùòoxiav e ai Tessalonicesi àYoGcaouvn^
mente ancora si dice che Gesù Cristo verrà in e spiegano
: Dio compia il suo beneplacito relativo
quel giorno per rendersi mirabile in tutti coloro alla vostrabontà, ossia vi conceda la grazia di fare
che hanno creduto, ossia nei cristiani. Chiamando tutto quel bene che a lui è gradito, e tutto ciò
i cristiani coloro che hanno creduto, S. Paolo vuol
che richiede la vostra fede, cioè la professione
ricordare che la fede è condizione essejiziale della della fede cristiana. La seconda spiegazione
ci
salute; come poco prima avendoli chiamati santi sembra più probabile, poiché risponde meglio «1
ha voluto inculcare che per aver parte alla gloria contesto ed ha in suo favore la maggior parte
degli
sono necessarie le buone opere. Poiché, ecc. In esegeti compreso S. Tommaso d'Aquino. In
gene-
una specie di parentesi S. Paolo dice ai Tessalo- rale S. Paolo prega Dio di rendere i
Tessalonicesi
nicesi, che essi ancora saranno tra coloro in cui degni della loro vocazione e di condurli a tal grado
Gesù Cristo sarà glorificato, perchè essi hanno di perfezione e di fede che siano
meritevoli della
prestata fede alla sua testimonianza presso di suprema glorificazione nel giorno della venuta di
loro, cioè hanno creduto alla dottrina evangelica Gesù Cristo per il giudizio universale. Le parole
loro predicata (I Tess. I, 3-4), In quel giorno. col (suo) potere = in virtute vanno
congiunte col
Queste parole rinviate con grande enfasi alla fine verbo compisca, e sono una forma avverbiale
del versetto per ricordare nuovamente il giorno equivalente a potentemente (Cf. Coloss. I, 29).
della solenne manifestazione di Gesù Cristo, vanno
12. Affinchè sia glorificato, ecc. Ecco il fine ul-
unite alla frase, quando egli verrà in quel giorno
timo a cui tende la preghiera dell'Apostolo. Egli
per essere, ecc.
desidera che Dio renda perfetti nel bene i Tessa-
11-12. S. Paolo prega Dio per i Tessalonicesi. lonicesi, affinchè per la santità della loro
vita e
Per la qual cosa, ossia affinchè Gesù Cristo sia in la fermezza della loro fede Gesù Cristo
sia glorifi-
voi glorificato, e voi abbiate parte alla sua gloria, cato e lodato (Matt. V, 16), ma assieme desidera
preghiamo sempre per voi (Cf. I Tess. I, 2), ossia ancora che i Tessalonicesi siano glorificati in Gesù
domandiamo continuamente a Dio che vi faccia Cristo, ossia vengano un giorno a partecipare in
degni della sua vocazione, vale a dire vi faccia anima e corpo alla gloria del Divin Maestro, e
vivere nel mondo in maniera degna della vocazione, siano così associati al suo regno e alla sua felicità.
a cui per la sua grazia vi ha chiamati (Efes. IV, 1), I quindi devono colla santità della loro
cristiani
oppure e meglio vi renda degni di avere un giorno vita glorificare Gesù Cristo, e Gesù Cristo a sua
quel premio di gloria a cui vi ha chiamati (Filipp. volta glorificherà ì suoi santi chiamandoli a parte
Ili, 14). S. Paolo domanda ancora che Dio com- della sua beatitudine. I Tessalonicesi non potranno
pisca nàoav et»6oxiav àYaeoooù'niq omnem voluntàtem praticare il bene, né ottenere tale premio colle loro
bonitàtis = lett. tutto il beneplacito della bontà. forze naturali, ma solamente in virtù della grazia,
Queste parole sono molto oscure, e danno luogo che ha la sua sorgente in Dio e viene comunicata
a diverse interpretazioni. Alcuni (p. Estio, Mar- per mezzo di Gesù Cristo mediatore che l'ht
tini, ecc.) le riferiscono a Dio e spiegano : Dio meritata colla sua passione (Cf. I Cor. XV» 10).
366 Il Tessalonicesi, ti, 1-3

CAPO II.

Esortazione a stare tranquilli, 1-2, — Due segni che devono precedere la venuta
di Gesù, Cristo, 3-5. — Ciò che ritarda l'apparizione dell'Anticristo, 6-7. —
La venuta dell'Anticristo, 8-1 1. Ringraziamento a Dio, 12-13. — — Esoria-
zio7ie alla costanza nella fede, 14-16,

*Rog4mus autem vos fratres per advéntum ^Ora noi vi preghiamo, fratelli, per la
Domini nostri lesu Christi, et nostrae con- venuta del Signore nostro Gesù Cristo, e
gregatiónis in ipsum ^Ut non cito .mo- : per la nostra riunione con lui ^che non vi
:

veàmini a vestro sensu, neque terreamini, lasciate smuovere dai vostri senti-
sì pres^[>
ncque per spiritum, neque per sermónem, menti, né atterrire da spirito, da parola,
neque per epistolam tamquam per nos mìs- o da lettera come mandata da noi, quasi sia
sam, quasi instet dies Domini. ^Ne quis vos imminente il giorno del Signore. ^Nessuno

» Eph. V, 6.

Nel greco manca la parola missam = mandata e


CAPO II. per conseguenza le parole bi' r^Sv = da noi o
da parte nostra devono riferirsi sia a lettera e sia
1. Nella parte dogmatica (II, 1-16) di questa a lettera e sia a parola. Da tutto il contesto si
lettera S. Paolo dell'Anticristo e della fine
tratta deduce chiaramente che a Tessalonica vi erano
del mondo, raccomandando ai fedeli di stare tran- alcuni, i quali andavano dicendo che S. Paolo
quilli e non spaventarsi come se fossero immi- nella sua predicazione e nei suoi scritti aveva
nenti l'ultimo giudizio e la fine delle cose. Questa insegnato o insegnava la prossima fine del mondo.
falsa persuasione si era talmente impossessata Con questa seconda lettera S. Paolo viene a
degli animi dei Tessalonicesi, che alcuni di loro smentire quanto falsamente a lui si attribuiva. Il
trascuravano l'adempimento dei proprii doveri (V. giorno del Signore (Ved. I Tess. V, 2 e ss.).
n. I Tess. I, 1 e ss.). Affine di ovviare a tale di-
3. passo 3-11 è uno dei più oscuri e difficili
Il
sordine S. Paolo, dopo un'esortazione generale di tutta la Scrittura, non solo perchè in esso si
alla tranquillità (1-2), insiste vivamente nel parlare
tratta di avvenimenti futuri tracciati solo a lar-
di un grande segno che deve compirsi prima della
ghissime linee, ma anche perchè S. Paolo avendo
venuta di Cristo (3-11), e termina poi con alcune istruito abbondantemente a voce i Tessalonicesi
parole di consolazione (12-16). (Ved. Prat, La Th,
su questo argomento, parecchie volte si contenta
de S. P., t. I, p. 113 e ss^). senz'altro di semplici allusioni e di richiami a
Per la venuta (gr. ù^rèp ti\(; jtapouai'aq). La prepo- quanto essi non potevano ignorare, ma che per
sizione ù^ép tradotta con per andrebbe invece tra-
noi è al tutto ignoto. Comincia col mostrare (3-5)
dotta con intorno o per riguardo, come riconoscono
che non verrà il gran giorno se prima non si
tutti gli interpreti moderni. La venuta del Signore.
compiono due altri grandi avvenimenti già spie-
Si tratta della venuta di Gesù Cristo per il giu-
gati a voce, e a cui ora si contenta di fare un
dizio finale (v. 7; I Tess. IV, 14), e non già della
piccolo accenno. Nessuno vi seduca, ossia state
distruzione di Gerusalemme, come vorrebbero al-
in guardia affinchè nessuno vi tragga in inganno
cuni protestanti e razionalisti. La nostra riunione facendovi credere prossimo il giudizio universale.
con Cristo avrà luogo quando Egli verrà a giudi- Perchè se prima, ecc. La proposizione, che si
care i vivi ed i morti e ad inaugurare il suo
continua per tutto il versetto 4 e 5, è rimasta
regno di gloria (Ved. n. I Tess. IV, 16). incompiuta e sospesa. E facile però supplire,
2.Per riguardo alla venuta di Cristo e alla come si è fatto in parentesi, le parole ciò non
nostra riunione con Lui vi preghiamo di non la- sarà, ossia il giorno del Signore non verrà. Se
sciarvi smuovere così presto dai vostri sentimenti prima, ecc. Ecco il primo dei due grandi avveni-
(gr. à:tò T06 voòq), ossia di non perdere la tranquil- menti che devctto compiersi avanti la Parusia.
lità della vostra mente così presto (raXéooq), cioè La ribellione, ossia l'apostasia (gr. ti ànootaoia).
appena sentite correre qualche voce che tali cose L'articolo determinativo mostra che qui si tratta
siano imminenti. Molto più poi non dovete lasciarvi di quell'apostasia, intorno alla quale S. Paolo
spaventare da spirito (gr. bià :rvev)|iaToq). Qui si aveva già istruito i Tessalonicesi (v. 5). S. Giov.
tratta di» qualche pretesa rivelazione profetica attri- Cris. e Sant'Agostino pensano che apostasia valga
buita allo Spirito Santo. Già nella prima lettera qui lo stesso che apostata, e con questo nome
S. Paolo aveva messo guardia i Tessalonicesi
in intendono l'Anticristo. Ma si fa giustamente os-
contro le false profezie (I Tess. V, 19). Da parola servare che S. Paolo distingue assaf nettamente
ibià XÓYou), ossia da una parola mìa non capita, l'Anticristo dall'apostasia, e parla di essi come di
oppure falsamente a me attribuita. Da lettera, cioè due avvenimenti distinti. Tertulliano, S. Gero-
da qualche lettera apocrifa portante il mìo nome. lamo, Sant'Ambrogio, ecc., per questa apostasia
II Tessalonicesi, II, 4-6 367

seducat ullo modo quónìara nìsi vénerit dì-


: vi seduca in alcun modo poiché (ciò non
:

scéssìo primum, et revelàtus fùerìt homo sarà) se prima non sia seguita la ribellione,
peccati, filius perditiónìs, ^Qui adversàtur, e non sia manifestato l'uomo del peccato, il
et extóllitur supra omne, quod dicìtur Deus, oppone, e
figliuolo di perdizione, *il quale si
aut quod cólitur, ita ut in tempio Dei sédeat si innalza sopra tutto quello che si dice Dio,
osténdens se tamquam sit Deus. o si adora, talmente che sederà nel tempio
di Dio, spacciandosi per Dio.

^Non retinétis quod cum adliuc essem ^Non vi ricordate che quand'era ancora
apud vos, haec dicébam vobis? *Et nunc presso di voi, vi diceva tali cose? "E ora

intendono la defezione dei popoli o dei Giudei negherà, né ì falsi dei che distruggerà. Per con-
dall'impero romano, ma questa interpretazione è seguenza egli muoverà guerra a tutti i culti, e
contraddetta dal fatto che lo stesso impero romano pretenderà solo per sé gli onori divini, come
ha cessato di esistere senza che sia ancora venuto Antioco Epifane presso Daniele (XI, 36-37), il
l'Anticristo. Col nome di apostasia si deve quindi principe di Tiro presso Ezechiele (XXVIII, 2) e
intendere la defezione religiosa, ossia l'apostasia il re di Babilonia presso Isaia (XIV, 13-14). Nel
dalla fede (Atti XXI, 21 ; I Tim. IV, 1), come con tempio di Dio. Questa espressione non significa
S. Tommaso ritengono tutti i moderni. Di questa già il tempio di Gerusalemme, ma va interpretata
apostasia parlò anche Gesù Cristo, quando disse o in senso metaforico per la Chiesa cristiana
(Matt. XXIV, 11-13): Usciranno fuori molti falsi (II Cor. VI, 16; Efes. Il, 21), come pensano San
profeti e sedurranno molti. E per il sovrabbon- Giov. Cris., Teodoreto, S. Gerol., ecc., oppure
dare delViniquità si raffredderà la carità di molti, va presa in senso generale e indeterminato per
e (vv. 22, 25) se non fossero accorciati quei giorni indicare qualsiasi tempio dedicato al vero Dio.
non sarebbe salvo nessuno che è carne, ma sa- L'Anticristo giungerà al colmo della malizia facen-
ranno accorciati quei giorni in grazia degli eletti... dosi proclamare e adorare Dio (Ved. sull'Anti-
usciranno fuori falsi cristi e falsi profeti, e faranno cristo Dict. Vig., Antéchrist; Dict. Vac, An-
:

miracoli grandi, da fare che siano ingannati (se téchrist; Chauvin, Histoire de V Antéchrist, Parigi,
è possibile) gli stessi eletti (Ved. anche Lue. XVIII, 1901, dove si può trovare anche un'ampia biblio-
8; XXI,28). grafia sull'argomento; Van Steenkiste, Comm. in
Non sia manifestato, ecc. Il secondo avveni- S. P. epist., tora. II; Dissertatio de fine mundi et
mento, che deve precedere il grande giorno, è la Antichristo, Bruges, 1899, ecc.).
manifestazione, ossia l'apparizione (gr. à;roxa- 5. S. Paolo si interrompe bruscamente, e vol-
X\5<p05) dell'Anticristo, caratterizzato in varii modi gendosi direttamente ai suoi lettori domanda loro :
da S. Paolo questo e nel seguente versetto.
in Non vi ricordate che quando io ero ancora presso
Dapprima viene chiamato l'uomo del peccato (ò di voi a predicare vi diceva tali cose, che cioè
àYQpco-Koq Tf\i; àftaptiaq), espressioneequivalente a il giorno del Signore non sarebbe venuto se prima
uomo che è come l'incarnazione o la personifi- non avveniva la grande apostasia e la manifesta-
cazione del peccato (Ved. S. Tommaso, h. 1.). I zione, ossia l'apparizione dell'Anticristo? Perchè
codici greci presentano però due lezioni diverse, e dunque, sapendo tali cose, vi spaventate, come
mentre gli uni (A D E F, ecc.) si accordano colla se fosse imminente la venuta del Signore?
nostra Volgata, jnvece gli altri (K B, ecc., Tisch.,
Nest.) hanno ó av9pco3ro<; Tfi<; dvoiiiai;, ossia, l'uomo
6. Nei vv. 6-7 spiega che cosa sia ciò che ri-
tarda l'apparizione dell'Anticristo, e quindi la ve-
che è contrario ad ogni legge, vale a dire che cal-
pesterà ogni legge di Dio. Per il senso le due
nuta del gran giorno. Anche su questo punto San
lezioni non differiscono gran
Paolo aveva istruito i Tessalonicesi, ed ora senza
che. Da tutto il
spiegarsi più chiaramente suppone che essi non
contesto appare chiaro che l'Anticristo sarà un
vero uomo (ò ctveponoq) come pensano i Padri
abbiano dimenticato i suoi insegnamenti. Per que-
sto motivo i versetti 6, 7 sono oscurissimi, e
Irineo, Tertulliano, Origene, Crisostomo, Cirillo,
Gerolamo, ecc., e non già un demonio incarnato, hanno dato luogo a pressoché infinite interpre-
come sognarono tazioni, tantoche ogni esegeta deve dire con San-
alcuni, e neppure un essere col-
t'Agostino : Io confesso di ignorare ciò che ha
lettivo o una serie di diversi uomini. San Paolo
lo caratterizza
voluto dire S. Paolo {De Civ. Dei, XX, 19, 3).
ancora^ coll'espressipne il figliuolo
Ora, che ho richiamato alla vostra mente quanto
della perdizione (ò viòq xr\q àjtcoXeiaq), ebraismo
vi ho detto a voce, sapete, ecc. Altri spiegano :
equivalente a uomo destinato per le sue colpe a
essere colpito dal peso della divina vendetta e voi sapete ciò che rattiene ora, ecc. Ciò che lo
rattiene (tò xaréXov), ossia ciò che impedisce at-
dell'eterna dannazione (Cf. Giov. XVII, 12).
tualmente, oppure ritarda, l'apparizione dell'An-
4. Il quale si oppone. Quest'uomo di perdi- ticristo. Paolo vuol dire
S. Voi sapete ciò che
:
zione e di peccato è ancora per eccellenza l'av-
deve prima accadere affinchè poi a suo tempo sìa
versario o l'oppositore (ó dvTixeifiEvoq ) di Gesù
manifestato l'Anticristo. Tale è la spiegazione più
Cristo e del suo regno, e perciò S. Giovanni nella
comune dì questo versetto (Van. Steenkiste, Fil-
sua prima lettera (II, 18, 22; IV, 3) gli dà il lion, Ceulemans, Toussaint, Lemonnyer, Prat, Le
nome di Anticristo. In lui l'opposizione e la guerra Camus, Brassac, ecc.). Alcuni altri (p. es. Cram-
che le potestà infernali muovono a Gesù Cristo e
pon, Padovani, ecc.) però riferiscono il versetto
alla^ sua Chiesa, toccheranno il sommo
grado. Egli alla venuta di Gesù Cristo, come se l'Apostolo
sarà inoltre colui che si innalza sopra tutto
quel volesse dire Voi sapete ciò che ritarda la venuta
:
che si dice Dio o si adora (gr. v>iiBpaxpó\iEroq ini
di nostro Signore, affinchè non giunga se non al
«àvTo XeYÓfievov Oeòv r\ ai^aana), ossia non ricono-
tempo stabilito. La prima spiegazione risponde
scerà alcun Dio sopra di sé, né il vero
Dio che meglio al contesto.
368 II Tessalonicesi, II. 7

quid detineat revelétur in suo tèm-


scitis, ut voi sapete ciò che lo rattiene, affinchè sia
pore. ^Nam mystérium ìam operàtur iniqui- manifestato a suo tempo. ^ Perocché il mi-
tàtìs : tantum ut qui tenet nunc, téneat, do- stero d'iniquità opera già, solamente che
nec de mèdio fiat. chi ora lo rattiene, lo rattenga fino che sia
levato di mezzo.

7. Il mistero dell'iniquità (gr. tò nuotiiptov tt\<; pero romano debba intendere non solo l'impero
si

ivofitoq) è la ribellione contro Dio (v. 3), che toc- |nateriale, maancora queillo spirituale proveniente
cherà il colmo nella grande apostasia e nell'ap- dalla fede, per modo che come Gesù venne al
parizione dell'Anticristo. Questa ribellione viene mondo quando l'impero romano dominava tutto,
chiamata mistero per opposizione a sia manife- così l'Anticristo verrà quando i popoli cesseranno
stato del versetto precedente perchè mentre al hi star soggetti all'autorità spirituale di Roma.
;

tempo dell'Anticristo spiegherà pubblicamente e Altri interpreti (Bisping, Fillion, ecc.) son di pa-
senza ritegno tutta la sua influenza, adesso non rere che S. Paolo abbia parlato dell'impero romano
si fa sentire che in modo occulto e parziale. San solo in quanto era una forma di ordinata e potente
Paolo vuol dire : Benché non sia ancora venuto istituzione civile e sociale, per modo che abbia
il tempo dell'apparizione dell'Anticristo, tuttavia voluto dire che l'Anticristo non verrà finché sia
l'iniquità già fin d'ora opera, ossia fa sentire la fermo l'ordinamento sociale basato in gran parte
sua influenza, oppure esercita la sua azione (greco sui principii del diritto romano, ossia finché vi
IvepYetroi) per mezzo degli errori, delle eresie, sia un'autorità, che sappia prevenire e punire il
delle persecuzioni, ecc., che sono come la pre- male. Secondo altri quest'ostacolo che impedisce
parazione e il cominciamento del regno dell'An- la venuta dell'Anticristo, sarebbe la predicazione
ticristo. Solamente, ecc. Stando al testo della del Vangelo, che deve essere portata a tutto il
Volgata, Paolo, secondo gli uni interrompe-
S. mondo prima della fine del tempo, oppure la
rebbe la sua descrizione per fare una raccomanda- Chiesa, o Gesù Cristo stesso, oppure lo spirito
zione ai suoi lettori Che colui il quale rattiene,
:
cristiano, oppure, come pensa Prat (La Théol. de
ossia possiede, Gesù Cristo e la sua fede, rat- St-P., t. I, p. 117), l'Arcangelo S. Michele, il capo
tenga, ossia vi stia attaccato fermamente, finché (ielle milizie celesti, che combatte di continuo con-

la grande apostasia sia tolta di mezzo alla Chiesa. tro Satana, del quale l'Anticristo non sarà che un
Si potrebbe anche spiegare che Dio, il quale : emissario o uno strumento.
trattiene l'Anticristo impedendogli di manifestarsi', Alcuni moderni (Danko, Hìst. revel. N. 7.,
seguiti a rattenerlo, sinché, compiuti i disegni di- p. 373 e ss. ; Siraar, Theologie des h. PauUis,
vini verso gli eletti, sia distrutto il mistero del- p. 266, Friburgo B., 1883; Padovani, h. 1.; Cram-
l'iniquità (Martini, h. 1.). Nel greco mancano però pon, h. 1., ecc.) danno di tutto il passo 5-7 una
le parole ut e teneat, e si legge semplicemente : interpretazione diversa. S. Paolo direbbe : Non vi
(ióvov ó xoréXcoY òLpri ?co<; ex ixéaov YÉvTirai = tantum ricordate voi che quando era ancora presso di voi
qui tenet nunc de medio fiat = solamente sinché chi vi-^iceva queste cose (vv. 3-4), che cioè prima
lo rattiene sia levato di mezzo. L'iniquità opera della parusìa deve venire l'Anticristo? Ed ora, che
già fin d'ora occultamente, ma solo finché colui, ho richiamato alla vostra mente queste cose, sa-
che rattiene l'Anticristo impedendogli di manife- pete ciò che ritarda la venuta di Cristo affinchè
starsi, sia levato di mezzo, poiché allora l'Anti- a suo tempo sia manifestato. Ciò che ritarda
cristo sarà manifestato, ecc. questa venuta è lo stesso Anticristo, il quale non
Chi rattiene ò xaréXojv è quasi identico a t^
lo p ancora apparso. Poiché, quantunque l'iniquità
xatéXov ciò che lo rattiene del versetto 6, colla già fin d'ora faccia sentire la sua influenza, la fa
sola differenza che il primo, essendo maschile, sentire però in modo occulto, finché colui che
deve riferirsi a una persona, mentre il secondo'", ritarda la venuta del Signore, cioè l'Anticristo,
essendo neutro, va riferito a una cosa in gene- venga fuori di mezzo a questa iniquità e allora si
rale. Non
è possibile determinare chi sia questa manifesterà, ecc. Secondo questa spiegazione ri
persona o questa cosa che pone ostacolo all'ap- ^aréXov e ó xatéXcov non indicherebbero un ostacolo
parizione dell'Anticristo. Innumerevoli sono le opi- jche rattiene l'Anticristo, ma significherebbero lo
nioni emesse in proposito dai vari autori. Alcuni stesso Anticristo, che impedisce la venuta di Gesù
antichi, al Sant'Agostino {De Civ. Dei,
dire di Cristo.
lib. XX, 19), dando credito ad alcune voci riferite Questa spiegazione non ci sembra probabile,
da Svetonio (Nero, LXVII) secondo le quali Nerone poiché le due espressioni rò xat&Cov e ò xoréXcov in-
non sarebbe stato ucciso, pensarono che il cru- dicano qualche cosa di positivo, e non già sola-
dele imperatore dovesse essere l'Anticristo, e do- mente qualche cosa di negativo, cioè l'assenza
vesse tentare un giorno di ripigliare l'impero. In dell'Anticristo, come vogliono i sostenitori di
conseguenza costoro spiegavano le parole dell'A- questa opinione. D'altra parte é assai improbabile
postolo : solamente che colui il quale ora tiene che il verbo 'sia manifestato possa riferirsi alla
l'impero, lo tenga finche Nerone sia morto. E venuta di Gesù Cristo, mentre nel contesto al v. 3
cosa inutile confutare tale spiegazione. e al V. 8 è riferito chiaramente all'Anticristo. Né
Numerosi Padri (S. Giov. Cris., Sant'Ambr., si deve omettere che l'espressione ex luécrow y^'veoGoi
Sant'Agost., S. Gerol., S. Cirillo G., ecc.) riten- non ha il senso di uscir fuori di mezzo a, ecc., ma
gono che questa forza (ró xotéXov) la quale impe- significa semplicemente essere tolto di mezzo. Vedi
disce il prorompere aperto dell'iniquità, e quindi altre ragioni presso Ceulemans, h. 1.
ritarda la venuta dell'Anticristo, sia l'impero ro- A nostro modo di vedere va poi rigettata, come
mano, concretizzato poi nell'imperatore (ò xaréXcov). incompatibile col concetto cattolico dell'ispirazione,
Siccome però l'impero romano già da tempo è la sentenza di coloro, i quali pensano che San
scomparso^ senza che sia ancora venuto l'Anti- Paolo abbia parlato dell'Anticristo come di cosa
con S. Tommaso pensano che per. im-
cristo, altri che dovesse verificarsi mentre egli era ancora in
II Tessalonicesi, II, 8-12 369

•Et tunc revelàbitur, ille inìquus, quem 'E sarà manifestato quell'iniquo
allora
Dóminus lesus interficiet spiritu oris sui, (che Signore Gesù ucciderà col fiato della
il

advéntus sui eum


et déstruet illustratióne : sua bocca, e lo annichilerà con lo splendore
'Cuius est advéntus secùndum operatiónem di sua venuta) ^l'arrivo del quale è per
:

sàtanae in omni virtùte et sìgnis, et prodigiìs operazione di satana con tutta potenza, e con
mendàcibus, "Et in omni seductióne ini- segni e prodigi bugiardi, "e con tutte le
quitàtis iis, qui péreunt eo quod charità-: seduzioni dell'iniquità per coloro, i quali si
tem veritàtis non recepérunt ut salvi fierent. perdono, per non aver abbracciato l'amore
Ideo mittet illis Deus operatiónem erróris della verità per essere salvi. E perciò Dio
ut credant mendàcio, "Ut iudicéntur omnes, manderà ad essi un'operazione di errore,
qui non credidérunt ventati, sed consensé- talmente che credano alla menzogna, "onde
runt iniquitati. siano giudicati tutti coloro che non hanno
creduto alla verità, ma si sono compiaciuti
nell'iniquità.

"Nos autem debémus gràtias agere Deo "Ma


noi dobbiamo sempre rendere grazie
semper prò vobis fratres dilécti a Deo, quod a Dio per voi, o fratelli amati da Dio, per

• Is. XI, 4.

vita (Toussaint, ecc.), oppure non abbia fatto altro tre espressioni òùvont; (miracolo) armeìa (segni) e
che riprodurre i sogni delle apocalissi giudaiche xépaxa( prodigi) sono spesso usate nel Vangelo per
del tempo. indicare le varie opere miracolose fatte da Nostro
In tanta varietà di opinioni non è possibile de- Signore (Cf. anche Atti, II, 22; Rom. XV, 19;
terminare quale fosse veramente il pensiero di II Cor. XII, 12; Eb. II, 4).

S. Paolo, benché tutto considerato la spiegazione 10. Egli non si varrà solo di falsi miracoli per
di S. Tommaso sia forse ancora la più probabile. attirare gli uomini all'errore, ma darà ancora mano
8-11. S. Paolo passa ora a parlare della venuta a tutte seduzioni dell'iniquità, cioè a tutte le
le
dell'Anticristo,della sua azione malvagia, e del arti attea persuadere l'iniquità e a sedurre gli
motivo, per cui Dio gli permetterà di fare sì gran uomini. Tali mezzi di seduzione otterranno il loro
male. E allora, quando sarà tolto di mezzo l'osta- effetto non in tutti, ma solo in coloro che si per-
colo, che impediva il prorompere dell'iniquità, sarà dono {xoxq d«oXXt5névoi<;. Cf. I Cor. I, 18; II Cor.
manifestato (gr. djcoxaXucpGéoerai
lo stesso verbo II, 15, ecc.), per non aver abbracciato, ecc., ossia
come al V. 6 e quell'iniquo (gr. ó avoiuoi;)
al v. 3), che per loro colpa si sono resi rei di eterna danna-
ossia colui nel quale sarà come personificata l'op- zione perchè si rifiutarono di abbracciare l'amore
posizione e la ribellione alla legge di Dio (V. n. 3). della verità, ossia non vollero amare la verità evan-
S. Paolo invece di continuare a descrivere l'Anti- gelica. L'amore della verità evangelica importa di
cristo, si interrompe per accennare subito alla sua credere a tutti gli insegnamenti di Gesù Cristo e di
disfatta e al trionfo di Gesù Cristo. Col fiato della operare in conformità di essi (Cf. I Cor. XIII, 2).
sua bocca, cioè con una sua parola, con un suo E perciò pena e castigo di aver rigettata la
in
comando. Vi ha qui un'allusione alle parole di verità del Vangelo, Dio manderà ad essi l'opera-
Isaia (XI, 4) « percuoterà la terra colla verga della zione dell'errore, ossia, come spiega S. Tommaso
sua bocca e col flato delle sue labbra darà morte (h. 1.), permetterà che l'Anticristo faccia dei falsi
all'empio ». Benché l'Anticristo possa sembrare miracoli talmente che credano alla menzogna, ossia
Gesù Cristo lo sterminerà con
forte e invincibile. prestino fede alla sua falsa dottrina (Ved. n. Rom.
un semplice cenno, col semplice splendore della I, 24 e IX, 17, 18). Così per un giusto castigo
sua venuta, e così ridurrà al nulla il regno da lui coloro che non hanno voluto credere ai miracoli di
fondato. Qui si parla della parusia, vale a dire Gesù Cristo, presteranno poi fede ai falsi miracoli
della seconda venuta di Gesù Cristo (Cf. I Tess. del demonio.
II, 19, ecc.). 11. Onde siano giudicati, ecc. Giudicare ha qui
^
L'Apostolo torna a parlare della venuta del-
9. il senso di condannare (Cf. Rom. II, I, 2, 3;
l'Anticristo aggiungendo nuovi particolari. L'ar- Coloss. II, 16). Ecco quale sarà il risultato finale
rivo, ossia la venuta, del quale Anticristo è per a cui arriveranno gli empi. Essi saranno condannati
operazione di Satana. Come i profeti S. Paolo usa all'eterna rovina. Per meglio far comprendere la
qui il presente di anticipazione, presentando come giustizia del castigo S. Paolo torna ad accennare
se si compisse attualmente ciò che non avverrà alla loro colpa non hanno creduto alla verità...
:

se non in futuro. L'Anticristo sarà uno strumento si sono compiaciuti nell'iniquità. Da questi due
di Satana, e quindi verrà secondo la potenza ultimi versetti apparisce chiaro che la grande apo-
di
Satana (xar' èvépYeaav roG datava) che lo aiuterà a stasia non sarà universale, ma solo una parte degli
compiere ogni sorta di mu-acoli, di segni e di pro- uomini resteranno sedotti, questi però lo saranno
digi,i quali vengono detti bugiardi, per loro colpa.
sia perchè solo
apparenti, e sia perchè ordinati a ingannare gli 12. Dopo aver parlato degli ultimi avvenimenti
uomini e ad allontanarli dalla verità « dalla fede S. Paolo si rivolge nuovamente ai Tessalonicesi,
(Matt. XXIV, Dio può fare veri miracoli.
24). Solo esortandoli (12-16) alla costanza nella fede. Co-
Invece di tradurre in omni virtute, con tutta po- mincia col ringraziar Dio (12-13) di aver eletti e
tenza, ecc., è da preferirsi la traduzione
con : chiamati i Tessalonicesi alla salute. Ma per ri-
ogni sorta di miracoli, di segni, e di prodigi. Le guardo a voi di Tessalonica noi (Paolo, Silvano
e

24 , Sacra Bibbia, voi. II.


370 II Tessalonicesi, II, 13-17

elégerit vos Deus primitias in salùtem in avervi Dio eletti primizie per la salute, me-
sanctificatióne spiritus, et in fide veritàtis : diante la santificazione dello Spirito, e la
"In qua et vocàvit vos per Evangélium no- fede alla verità "alla quale egli vi chiamò
:

strum in acquisitiónem glóriae Domini nostri per mezzo del nostro Evangelo, per farvi
lesu Christi. ^^Itaque fratres state et tenete : acquistare la gloria di Gesù Cristo Signor
traditiónes, quas didicistis, sive per sermó- nostro. ^''State adunque costanti, o fratelli :

nem, sive per epistolam nostram. e ritenete le tradizioni che avete imparate»
per le nostre parole, o per la nostra let-
tera.

"Ipse autem Dóminus noster lesus Chri- ^^E lo stesso Signor nostro Gesù Cristo, e
stus, et Deus, et Pater noster, qui dìléxit Dio e Padre nostro, il quale ci ha amati, e
nos, et dedit aetérnam, et
consolatiónem ci ha dato una consolazione eterna e una

spem bonam in ^^Exhortétur corda


gràtia, buona speranza per grazia, "consoli i vostri
vestra, et conflrmet in omni opere, et ser- cuori, e li conforti ad ogni opera e parola
móne bono. buona.

Timoteo) dobbiamo sempre rendere grazie a Dio gione cristiana, e rigettando ogni errore, ritenete
(I, 3). Nel greco invece di amati da Dio si legge fermamente le tradizioni (gr. ^rapaòóoeiq), ossia la

amati dal Signore (Ved. I Tess. I, 4). Per avervi dottrina dogmatica e morale che vi abbiamo inse-
eletti, ecc. Ecco il motivo per cui S. Paolo rin- gnata, sia a viva voce (per sermonem), sia a
grazia Dio. Mentre una parte di uomini andrà in mezzo della nostra lettera precedente (I Tess.).
perdizione, i Tessalonicesi furono in modo speciale Queste ultime parole mostrano chiaro contro i pro-
amati da Dio e scelti o eletti per la salute. Pri- testanti che la Scrittura non é l'unica fonte della
mizie (gr. dnapXnr). Vi è in questa parola un'allu- rivelazione, ma oltre alla Scrittura si deve ancora
sione all'antica legge, secondo la quale Dio aveva ammettere la tradizione. A ragione perciò, dice
riservato per sé le primizie comandando che gli S. Giov. Cris. (h. 1.) Hinc perspicuum est Apo-
;

venissero offerte in sacrifizio (Esod. XXV, 5; Num. stolos non omnia tradidisse per epistolas, sed
XV, 19). Anche altrove S. Paolo usa questa espres- multa etiam sine scriptis; et ea quoque esse fide
sione applicandola ai fedeli (Rom. XVI, 5; I Cor. digna. Quamobrem Ècclesiae quoque traditionem
XVI, 15). I Tessalonicesi poi potevano in modo fide dignam esse censeamus. Traditio est, nihil
speciale essere chiamati con questo nome, perchè quaeras amplius.
la loro Chiesa fu una tra le prime fondate da San
15-16. Siccome ì Tessalonicesi non avrebbero
Paolo nell'Europa. Numerosi codici^ greci (K A D potuto colle sole forze naturali mantenersi fermi
E K L, ecc.) hanno un'altra lezione àn' àpXryq = da e costanti nella fede, S. Paolo prega Dio a voler
principio. S. Paolo vorrebbe dire in questo caso
donar loro la grazia necessaria. (Cf. I Tess. Ili,
che Dio elesse i Tessalonicesi da tutta Veternità 11-13). Per eccitare la confidenza in Dio non solo
(Ved. n. Efes. I, 4; Coloss. I, 20). La lezione
lo chiama Padre nostro, ma ricorda i grandi bene-
della Volgata ha in suo favore i codici B F G, ecc.,
fizi che egli già ci ha fatto. Ci ha amati da tutta
non che la versione siro-filosseniana. Per la salute l'eternità, mandando il suo Figlio a redimerci e
eterna, che è il fine a cui è ordinata l'elezione. I
facendoci suoi figliuoli adottivi. Ci ha dato una
mezzi per arrivare a questo fine sono due; l'uno
consolazione eterna, che cioè verrà mai meno, nelle
per parte di Dio ed è la grazia santificante dello
tribolazioni in cui ci troviamo. Questa consolazione
Spirito Santo, e l'altro per parte dell'uomo ed è
è causata in noi dalla buona speranza, ossia daK •
la fede prestata al Vangelo e accompagnata dalle
speranza certa avuta da Dio di possedere un giorno
buone opere.
la felicità del cielo. Se pertanto Dio ha già fatti
13. Alla quale fede, ecc. Nel greco si ha eiq 5 = tanti benefizi ai Tessalonicesi, Egli non mancherà
ad quod = alla guai cosa, cioè ad avere la quale di compiere l'opera sua mantenendoli fermi -nella
fede e santificazione Dio vi chiamò per mezzo del fede (Ved. Matt. VII, 11; Lue. XII, 32; Giov. Ili,
nostro Vangelo, ossia per mezzo della nostra pre- 16, ecc.). Per grazia. Tutti questi benefizi Dio ce li
dicazione. Come liberamente e per pura miseri- ha fatti gratuitamente e per pura misericordia. Le
cordia Dio da tutta l'eternità elesse i Tessalonicesi, parole per grazia, si riferiscono ai due verbi
: : ci
così ancora liberamente e per pura misericordia
chiamò nel tempo alla fede. Per farvi acqui-
ha amati e ci ha dato. —
Consoli (napaxoXéoot) i
li
vostri cuori (Coloss. II, 2) in mezzo alle tribola-
stare, ecc. Il fine a cui è ordinata la vocazione è zioni present^-e vi confermi in ogni sorta di bene,
la partecipazione alla gloria di nostro Signore facendo che viviate santamente in tutto (I Tess.

Gesù Cristo. Ili, osservi come S. Paolo usando il verbo
13). Si
14. Nei vv. 14-16 esorta i fedeli a mantenersi al singolare (consoli, confermi) benché il soggetto
fermi nella fede. Adunque, poiché è sì eccellente sia plurale (Gesù Cristo e Dio) viene a indicare
il fine a cui per la vostra vocazione siete chiamati, che Gesù Cristo è vero Dio, e che la sua azione
state costanti nella fede e nella pratica della reli- è perciò identica all'azione di Dio.
II Tessalonicesi, III, 1-6 771

CAPO III.

Domanda di preghiere, 1-2, — Speranza dell'Apostolo, 3-5. Esortazione ad —


attendere in pace alle loro occupazioni, 6-12, —
e a fuggire coloro che non
vogliono ubbidire ai suoi ordifii, 13-15. — Saluti e benedizione, 16-18.

^De cétero fratres orate prò nobis ut sermo 'Del resto, fratelli, pregate per noi, af-
D3i currat, et clariflcétur, sicut et apud vos : finchè la parola di Dio corra, e sia glorifi-
*Et ut liberémur ab importùnis, et malis ho- cata, come già tra voi : ^e affinchè siamo
minibus non enim omnium est fides. 'Fi-
: liberati dagli uomini insolenti e malvagi :
délis autem Deus est, qui conflrmàbit vos, poiché non è dì tutti la fede. 'Ma fedele è
et custódiet a malo. ^Confìdimus autem de Dio, il quale vi confermerà e vi difenderà
vobis, in Dòmino, quóniam quae praecipì- dal maligno. *Abbiamo poi questa fidanza
mus, et fàcitis, et faciétis. *Dóminus autem nel Signore rispetto a voi, che quanto vi
dirigat corda vestra, in charitàte Dei, et pa- abbiamo ordinato, e lo fate, e lo farete. "Il
tiéntia Christi. Signore poi diriga i vostri cuori nella carità
di Dio, e nella pazienza di Cristo.

'Denunciàmus autem vobis fratres in ®Vi ordiniamo poi, fratelli, nel nome del
nòmine Dòmini nostri lesu Christi, ut Signor nostro Gesù Cristo, che vi ritiriate

1 Eph. VI, 19; Col. IV, 3.

messe (I Cor. I, 9), e perciò avendovi chiamato


CAPO III. alla fede non mancherà colla sua grazia di confer-
marvi nel bene e di difendervi o meglio di custo-
1. Nella seconda parte di questa lettera (III, dirvi o guardarvi dal maligno, ossia dal demonio
1-15) contengono alcune esortazioni e racco-
si (Ved. n. I Tess. V, 24), il quale e per sé stesso e
mandazioni. S. Paolo comincia col chiedere (1-2) per mezzo dei suoi ministri vi tenta e vi perseguita.
le preghiere dei Tessalonicesi. Intorno all'espressione : dal maligno, vedi nota
Delresto, formola di transizione (Ved. n. I Tess. Matt. VI, 13; Efes. VI, 16.
IV, 1). Pregate per noi Paolo, Silvano e Timoteo 4. Per essere salvi i Tessalonicesi dovranno fare
predicatori del Vangelo (I, 1), affinchè la parola di opere buone, e perciò 8. Paolo soggiunge, che
Dio, cioè la dottrina evangelica, senza impedimenti confida nel Signore Gesù Cristo autore di ogni
corra, ossia si propaghi rapidamente nel mondo, grazia, che essi coll'aiuto di lui osserveranno sia
e sia glorificata, vale a dire e sia conosciuta e al presente come in futuro quei precetti che egli
possa produrre frutti di vita presso tutti (Cf. Co- ha loro dati.
lossesi, IV, 3), come già fu conosciuta e ha frut-
5. E la terza volta che questa lettera S. Paolo
in
tificato presso di voi. Queste ultime parole mentre
prega per i suoi neofiti 11
(I, II, 15). 7/ Signore
;
sono un elogio dei Tessalonicesi contengono pure
Gesù Cristo muova e regoli, i vostri
diriga, ossia
un eccitamento a sempre piii progredire nel bene.
cuori indirizzandoli all'amore verso Dio, e alla
2. E affinchè; ecc. La seconda grazia che desi- pazienza di Cristo, cioè a quella pazienza delia
dera ottenere per le preghiere dei Tessalonicesi è quale Cristo ci ha dato sì splendidi esempi.
di essere liberato dagli uomini insolenti (gr.àróircDv)
L'Apostolo augura quindi ai Tessalonicesi l'amore
e malvagi, ossia dai Giudei fanatici, i quali cerca- verso Dio e una pazienza nelle tribolazioni simile
vano tutti i modi per intralciare il suo apostolato a quella di Gesù Cristo. Invece di in charitàte et
inCorinto, dove si trovava (V. Atti, XVII, 13 e ss. ; patientia, si dovrebbe avere secondo il greco in
XVIII, 6, 12 e ss.). Non deve però far meraviglia charitatem et patientiam (accusativo di moto a). Le
che vi siano uomini perversi, i quali si oppongano ultime parole £{<; tt\v ùjio|iovt\v tow Xptaroij = alla pU'
al Vangelo, poiché la fede non è di tutti, ma è zienza di Cristo da alcuni (Estio, Alapide, ecc.),
un dono che Dio concede secondo il suo bene- sono tradotte verso la paziente aspettazione di
placito (Martini), Non tutti ascoltano e mettono Cristo, ossia del giudizio universale. La prima spie-
in pratica il Vangelo (Rom. X, 16), e perciò non gazione è però generalmente preferita (Ved. San
deve recar sorpresa che gli infedeli perseguitino i Tommaso, h. I.; Beelen; Bisping, h. I., ecc.).
fedeli.
6. In questo versetto S. Paolo esorta i Tessalo-
3. Nei vv. 3-5 S. Paolo esprime la speranza nicesi a separarsi da quei cristiani che non osser-
che Dio manterrà Tessalonicesi fermi nella via
i vano i precetti da lui dati. Vi ordiniamo (gr. Jiapay-

del bene, e che essi si mostreranno docili agli in- TéXAo|iev) nel nome, ossia coll'autorità di Gesù
segnamenti ricevuti. Fedele {mmóq, in relazione a Cristo stesso Cor. V, 4-5; I Tess. IV, 1, ecc.)
(I
ijonq del V. p.) è Dio. Per quanto possano essere che vi vale a dire che evitiate ogni con-
ritiriate,
violente le persecuzioni dei vostri nemici, voi non sorzio con qualunque cristiano, che viva disordina-
dovete temei e, perchè Dio è fedele alle sue pro- tamente e non secondo gli insegnamenti da noi
372 II Tessalonicesi, hi, 7-12

subtrahàtis vos ab omni fratre ambulante da qualunque fratello che viva disordinata-
inordinàte, non secùndum traditiónem,
et mente, e non secondo la dottrina che hanno
quam accepérunt a nobìs. Mpsi enim scitis ricevuta da noi. ^Voi stessi infatti sapete
quemàdmodum opórteat imitàri nos : quó- come dobbiate imitar noi perchè non ci di-
:

niam non fùimus inter vos *Neque


inquièti : portammo disordinatamente tra voi ®nè :

gratis panem manducàvimus ab àliquo, sed mangiammo a ufo il pane di veruno, ma con
in labóre, et in fatigatióne, nocte et die fatica e stento, lavorando dì e notte, per non
operàntes, ne quem vestrum gravarémus. essere di aggravio ad alcuno di voi. "Non
•Non quasi non habuérimus potestàtem, sed come se non avessimo potuto farlo, ma per
ut nosmetipsos formam darémus vobis ad darvi noi stessi in modello da imitare.
imitàndum nos.
"Nam et cum essémus apud vos, hoc de- ^"Poiché anche quando eravamo presso di
nunciabàmus vobis quóniam si quis non
: voi v'intimavamo ; che chi non vuol lavo-
vult operàri, nec manducet. "Audivimus rare, non mangi. ^ ^Abbiamo infatti udito che
enim inter vos quosdam ambulare inquiète, alcuni tra voi camminano disordinatamente,
nihil operàntes, sed curióse agèntes. "lis non facendo ma occupandosi in cose
nulla,
autem, qui eiùsmodi sunt, denunciàmus, et vane. "Ora
a questi tali ordiniamo e li
obsecràmus in Dòmino lesu Christo, ut cum scongiuriamo nel Signor Gesù Cristo, che
siléntio operàntes, suum panem mandùcent. lavorando quietamente, mangino il loro

• Act. XX, 34 ; I Cor. IV, 12 ; I Thess. II, 9.

dati sia coi nostri esempi, sia colla nostra predi- nunziato a questo diritto per darvi in noi stessi
cazione e sia colla nostra lettera precedente (I Tess. un esempio da imitare. Se noi non abbiamo voluto
IV, 11; V, 14). S. Paolo viene qui a pronunziare essere di aggravio alla vostra Chiesa, a piii forte
una specie di scomunica ordinata a indurre i col- ragione non devono esserle di aggravio coloro che
pevoli a penitenza, ma non così severa come quella sono in grado di lavorare.
pronunziata contro l'incestuoso di Corinto (I Cor.
10 S. Paolo aveva inculcata questa verità non
V, 5) e contro Imeneo e Alessandro (I Tim. I, 20). solo coll'esempio, ma anche colla parola. Chi non
In questo e nei vv. seg. (6-15) l'Apostolo parla in
vuol lavorare, ecc. Probabilmente era questo un
modo speciale di alcuni cristiani, i quali sotto il proverbio comune, ma esso rappresenta la legge
pretesto che il mondo stesse per finire, avevano divina a Mangerai il tuo pane col sudore della tua
abbandonato le loro occupazioni per darsi a una fronte» (Gen. Ili, 19). Questo proverbio però va
vita oziosa. Anche nella prima lettera (I Tess. IV,
inteso del lavoro e della occupazione conveniente
11), aveva già dato avvertimenti in proposito, ma allo stato, alla vocazione e alla condizione di cia-
con poco frutto a quanto pare. Le sue parole scuno. Si deve inoltre osservare che si dice : chi
hanno quindi ora un tono più severo. non vuole e non chi non può, poiché nei casi in
7. Motiva la severità del suo comando appel- cui o_ per infermità, o per vecchiaia o per altri
landosi al suo esempio (7-9) e ai suoi insegnamenti motivi uno non possa lavorare e avere il neces-
sario sostentamento, allora deve essere soccorso
dati a voce. Voi sapete, per esperienza (I Tess. I,
4, 5; II, 1, 5, ecc.) che cosa dobbiate fare per
mediante l'elemosina. L'ozio è il padre dei vizi e
imitare il nostro esempio. I predicatori del Vangelo per questo l'Apostolo si mostra così severo con
devono essere modelli di vita santa a coloro ai coloro che rifuggono dal lavoro (Ved. Prov. VI, 6 ;
quali annunziano la parola di Dio (I Tess. I, 6; Eccli. XXXIII, 29).
II, 14). Non ci diportammo io e i miei collaboratori 11-12. Intima ai cristiani oziosi di mettersi al
disordinatamente tra voi. lavoro. Abbiamo udito. Nel greco il verbo è al
8. Né mangiammo,
ecc. Spiega che cosa intende presente, il che indica che S. Paolo aveva allora
per vivere disordinatamente, mostrando che con ricevuto notizie da Tessalonica. Non facendo, ecc.
queste parole vuol significare la vita oziosa di Con queste parole spiega ciò che voglia dire cam-
coloro, i quali per non aver voglia di lavorare, si minare disordinatamente. —
Ma occupandosi, ecc.
Il greco nr\bhe èpYalJofiévouc; dXXà JreptepyoiJofiévoD^
mettevano in condizione di essere sostentati dagli
altri reclamando elemosine. La frase mangiare il contiene una elegante paronomasia, che non è pos-
pane è un ebraismo, che in generale significa sibile riportare letteralmente nella nostra lingua.
prender cibo. S. Paolo non ha voluto ricevere L'Apostolo dice non fanno nulla, ossia se ne
gratuitamente il suo sostentamento da alcuno (I ai stanno senza lavorare e senza attendere ai proprii
Cor. IX, 15 e ss.; II Cor. XI, 7 e ss, ; I Tess. affari, e si occupano di cose vane e inutili, oppure

II, 9 e ss.), ma ha lavorato notte e giorno colle attendono con troppa curiosità alle cose altrui. Ora
sue mani per guadagnarsi di che vivere, e non a questi tali, che vivono nell'ozio, ordiniamo, ecc.
essere dì aggravio ai fedeli (Ved. n. II Cor. XI, L'ordine è severo e dato in nome e coll'autorità di
7-9). Gesù Cristo. Tranquillamente in opposizione al
disordine e all'irrequietezza, che sogliono accom-
9. Come predicatori del Vangelo noi avremmo pagnare l'ozio. 7/ loro pane, cioè il pane che sia
potuto esigere di essere da voi mantenuti (Ved. n. frutto delle loro fatiche e dei loro sudori, e non
I Cor. IX, 4-11), ma abbiamo volontariamente ri- già accattato dagli altri (I Tess. IV, 11).

I
II Tessalonicesi, III, 13-18 373

**Vos autem fratres nolite deficere benefa- pane. "Ma voi, o fratelli, non vi rallentate
ciéntes. nel ben fare.

"Quod si quis non obédit verbo nostro ^*Che se alcuno non ubbidisce a quanto
per epistolam, hunc notate, et ne commi- diciamo per lettera, notatelo, e non abbiate
sceàmini cum ilio ut confundàtur ^"Et no- : commercio con esso, affinchè n'abbia con-
lite quasi inimicum existìmàre, sed compite fusione : "e non lo riguardate come ne-
ut fratrem. mico, ma correggetelo come fratello.
^^Ipse autem Dómìnus pacis det vobis "E lo stesso Signore della pace dia sem-
pacem sempitérnam in omni loco. Dóminus pre a voi pace in ogni luogo. Il Signore sia
sit cum omnibus vobis. con tutti voi.

"Salutàtio, mea manu Pauli : quod est si- "Il saluto (è) di mano di me Paolo que- :

gnum in omni epistola : ita scrìbo. ^^Gràtia sto è il sigillo in ogni mia lettera scrivo :

Dòmini nostri lesu Christi cum òmnibus così. "La grazia del Signor nostro Gesù
vobis. Amen. Cristo con tutti voi. Così sia.

" Gal. VI, 9.

13-15. Raccomanda
a tutti di sempre progredire comprende un augurio
16. L'epilogo (III, 16-18)
nella virtù, tenersi lontani da quelli che noa
di (16), un saluto una benedizione (18). Il
(17) e
volessero ubbidire ai suoi ordini, e di correggerli. Signore Gesù Cristo autore della pace (Is. IX, 6)
Ma voi, ecc. Parla alla grande maggioranza dei vi dia di godere pace sempre e dappertutto. L«
Tessalonicesi, che non era colpevole dì tali disor- lezione della Volgata in ogni luogo si trova pure
dini. Nel ben fare. Il greco xaAo:toioi5vTe<;, come il nella versione gotica e nei codici A D F G. I critici
corrispondente latino e italiano, può essere preso però preferiscono la lezione in tutti i modi, che
:

ìa generale nel senso di fare il bene, ma il con- si trova nel greco ordinario, nella maggior parte
testo rende qui preferibile di prenderlo in senso dei codici greci e nelle versioni siriaca e copta.
più stretto dn quanto cioè significa beneficare. San 7/ Signore sìa con voi e vi aiuti e vi protegga.
Paolo vuol dire : non si raffreddi la vostra carità,
17. 7/ saluto è, ecc. Da queste parole si deduce
ancorché vi sia chi ne abusi, per vivere nell'ozio,
chiaramente che S. Paolo aveva dettato questa
ma continuate nel praticare le opere di beneficenza. lettera a qualche suo discepolo, e che di sua pro-
14. Le parole tornano ad essere severe. Se al- pria mano non stese che il saluto e le poche
cuno di questi oziosi non vuole ubbidire a quanto parole seguenti. Questo è il sigillo, ecc. Egli fu
diciamo in questa lettera (gr. òtà xr\q èmoToXnq), indotto ad aggiungere qualche riga di sua mano
notatelo, ecc. Affinchè n'abbia confusione. La pena affinché servisse come di sigillo caratteristico per
imposta è ordinata all'emendazione del colpevole, distinguere .e sue lettere genuine (Gal. VI, 1 1
;
il quale, vedendosi fuggito dagli altri, si vergo- Filem. 19) da quelle che falsamente gli fossero
gnerà di se stesso, e si sentirà portato a rimettersi attribuite, come era avvenuto in Tessalonica stessa
sulla buona strada. (Ved. II, 2). Alcuni pensano che colle parole :
15. Anche nella correzione sì deve tener conto questo è il sigillo,S. Paolo intenda un vero si-
della carità fraterna, e poiché qui si tratta di. colpe oppure un qualche monogramma complicato.
gillo,
dovute più alla debolezza che alla malizia, S. Paolo Sembra però che si tratti piuttosto di quanto segue,
non vuole che questi traviati vengano considerati cioè scrivo così: la grazia del Signor nostro, ecc.
come nemici da abbandonarsi alla loro malizia, ma Questa benedizione é quasi identica a quella della
vuole siano riguardati come fratelli che abbiso- prima lettera (I Tess. V, 20) e in una forma ana-
gnano di correzione, di carità e di consiglio. Se loga si trova in quasi tutte le altre lettere (Rom.
il colpevole deve essere ancora considerato come XVI, 20; I Cor. XVJ, 21-24; Gal. VI, 11-18;
fratello è chiaro che qui non può trattarsi di sco- Coloss. IV, 18).
munic» propriamente detta (Ved. n. 6).
.

374 Lettere pastorali - Introduzione

LETTERE PASTORALI

INTRODUZIONE

Nome oggetto delle Lettere pasto- Tim. II, 11, 12; Tit. 2, ecc. Ve'd. Punk,
— eLe
Ili,

rali. Timoteo e quella


due lettere a Patres Apostolici, t. i, p. 648 e ss..
a Tito sogliono da qualche tempo essere Lo stesso si deve dire degli Apologeti
chiamate pastorali, sia perchè indirizzate a del secondo secolo, S. Teofìlo A. {Ad Autd.
due pastori di anime, e sia perchè in esse Ili, 14 = I Tim. II, 2; Ad Autol. ii, 16 =
si tratta principalmente di ciò che si rife- Tit. Ili, 3), S. Giustino {Dialog. XLVii =
risce al sacro ministero, cioè della scelta Tit. IV, 4), Taziano (Cf. S. Gerol., In Epist
dei varii ministri, delle virtù che devono ad Tit., prolog.), ecc.
avere, dei doveri che devono compiere, ecc. È vero che in questo secolo alcuni ere-
L'Apostolo non ha voluto certamente far tici fcome Basilide, Valentino, Marcione,
un trattato completo e molto meno seguire ecc., le rigettavano, ma ciò non deve far
un ordine metodico, nondimeno i suoi av- meraviglia, quando si pensi che in queste
visi, le sue raccomandazioni costituiscono Lettere più che nelle altre, S. Paolo com-
una fonte inesauribile, a cui hanno attinto i batte già gli errori nascenti del gnosticismo,
pastori e dottori dì tutti
i i tempi, tanto che e si mostra severo cogli eretici (Cf. I Tim.
Sant'Agostino {De doct. christ, iv, 16) VI, 20; Tit. III, 10). Infatti Clemente A.
dice che le tre Lettere dovrebbero tro-
: (Strom., II, 11) già diceva, che gli eretici
varsi sempre fra le mani dei pastori di rigettavano le Lettere a Timoteo, perchè
anime, e la Chiesa ne raccomanda espres- contrarie alla loro dottrina.
samente lo studio ai suoi sacerdoti (Cf Verso la fine del secondo secolo le Pasto-
Pont. Rom. de Ord, Presb.). Le tre Let- rali erano usate e riconosciute in tutte le
tere sono in intimi rapporti di rassomi- «Chiese come opera dì S. Paolo. Ne sono
glianza tra loro, non solo per l'argomento, prova per la Chiesa Romana il Canone Mu-
ma anche per lo stile, per la condizione ratoriano, per la Chiesa Gallicana S. Irineo
di cose che suppongono, per gli errori che {Adv. Haer., i, 1 ii, 14 ; ni, 3, 14, ecc.),
;

combattono, per gli avvisi pratici che danno, per la Chiesa di Africa Tertulliano {Cont.
ecc., ed è quindi incontestabile che appar- Marc, v, 21 ; De resur. car., 22 De prae- ;

tengono ancora a uno stesso periodo di scrip., 6, ecc.), per la Chiesa di Alessandria
tempo. Clemente A. {Strom., ii, 11, ecc.) e Origene

{In Tit. e Com. in Matth., serm. 117). È


Autenticità delle pastorali. — L'au- fuor di dubbio inoltre che queste tre Let-
tenticità delle Pastorali è ammessa non solo tere, le quali portano in fronte il nome di
da tutti i cattolici, ma anche da parecchi S. Paolo, facevano parte delle antiche ver-
protestanti (Godet, Zahn, ecc.). Gli argo- sioni itala e siriaca (peschito). Come si
menti infatti, che si adducono in suo favore, vede quindi la tradizione è unanime nel
non sono per nulla inferiori a quelli, coi riconoscere l'autenticità delle Pastorali, ed
quali si prova l'autenticità delle altre Let- Eusebio con tutta ragione potè noverare
tere. I più antichi scrittori ecclesiastici queste Lettere tra gli scritti, i quali senza
hanno parecchie espressioni e allusioni, le controversia erano ammessi da tutte le
quali suppongono manifestamente che essi Chiese {Cf. Hist. EccL, iii, 3).
conoscessero e avessero sott 'occhio queste Ciò non ostante la grande maggioranza
Lettere (Cf. p. es. S. Clemente R., I Co- dei protestanti e dei razionalisti (Holtz-
rinth. XXIX = l Tim. il, 8 I Cor. ii, 7 = ; mann, Davidson, Eìchhorn, De Wette, Baur,
Tit. Ili, 1 ; La lettera di Barnaba, v, 6 = ecc.) rigetta l'auteiiticità delle Pastorali,
l Tim. Ili, 16; Il Tim. l, 10; Tit. il, 14; benché alcuni (Harnak, Clemen, von So-
Sant'Ignazio, Ad Magnes. viii = I Tim. i, den, lulicher, ecc.) ammettano che colui il
4; Tit. Ili, 9; Ad Ephes. il; Ad Smir. ix quale le ha composte si sia servito di al-
= Tim. I, 16, 18 Ad. Trall. ni = Tit. il,
;
cuni biglietti frammenti di lettere ge-
3 S. Policarpo, Ad Philipp, iv = / Tim.
;
nuine di S. Paolo. Questi ultimi però sono
VI, 10 Ad Philipp, v = I Tim. ili, 2 II
; ; ben lungi dall'essere d'accordo fra loro nel
Lettere pastorali - Introduzione 375

determinare quale e quanti siano questi la frode? (Cf. Prat, La Théologie de St-P..
frammenti. Gli argomenti, che adducono i t. p. 464 e ss.).
I,

razionalisti a sostegno della loro tesi, sono È fuor di dubbio inoltre che nelle tre
tutti di indole interna, cavati cioè dalla Lettere vi è una grande analogia dì stile e
lingua, dallo stile, dalla dottrina, ecc. La di lingua. Fra le 897 parole, dì cui sono
brevità impostaci non consente di discen- composte, più dì 200 sono comuni a due o
dere a tutti i particolari, e quindi ci con- a tre Lettere, e fra queste parecchie non
tenteremo di indicare i principi! generali sono usate altrove nel Nuovo Testamento.
coi quali si possono sciogliere gli argomenti Ora tutto questo dimostra che esse appar-
degli avversari. (Per una più ampia con- tengono a un solo autore, il quale non può
futazione, Ved. Cornely, Introdactio, ecc., essere altri che S. Paolo.
t. Ili, p. 554 e ss. Jacquier, Histoire, ecc.,
;
I razionalisti però non si arrendono, e
t. I, p. 554 e ss.; Belser, Einl, p. 633; vanno dicendo che le Pastorali sia per la
Ginella, De authenticitate epist. S. P. Ap. lingua, e lo stile, e sìa per la dottrina, dif-
past, Breslau, 1865; Cereseto, Autenticità feriscono troppo dalle Lettere genuine di
delle epistole pastorali, Genova, 1911 ; Bras- S. Paolo, perchè possano essere a lui attri-
sac, M. B., t. IV, p. 458). buite. Ma su questo punto fa d'uopo evitare
E dapprima si fa giustamente osservare tutte le esagerazioni, poiché se da una
che l'ipotesi dei frammenti, oltre all'essere parte è vero che vi ha una certa qual dif-
al tutto gratuita, è ancora contradetta dalla ferenza di stile e di lingua, è pure indu-
natura stessa delle Pastorali. Qualunque let- bitato che vi ha una non minore rassomi-
tore spassionato che imprenda infatti la let- glianza tra molti e molti punti, tanto che
tura di queste tre Lettere, si accorgerà su- gli stessi avversari sono costretti ad affer-
bito che tra esse e tra le diverse loro parti mare che l'autore delle Pastorali doveva
regna la più perfetta unità di concetto e di essere molto famigliare cogli insegnamenti
forma. Dappertutto si hanno le stesse rac- di S. Paolo.
comandazioni (I Tim. I, 10 II Tim. iv, 3 ; ; Ammettiamo benissimo che le Pastorali
Tit. I, Tim. vi, 3; II Tim. i, 13; Tit.
9; I non hanno quel vigore, quella forza e quella
II, 8), si combattono gli stessi errori (I Tim. vivacità di stile, che si hanno nelle Lettere
I, 4, 6; VI, 20; II Tim. Il), si inculca la dogmatiche e polemiche, ma ninno può ne-
stessa dottrina (Il Tim. l, 9 Tit, in, 4-6), ; gare che esse abbiano una grande affinità
si esigono dai sacri ministri le stesse qua- colla parte morale di queste stesse Lettere
lità, si impongono loro gli stessi doveri, dogmatiche e polemiche {Rom. xii-xvi I ;

ecc., tanto che gli stessi razionalisti (p. es. Cor. XVI II Cor. vili, ix ; Efes, v, vi, ecc.).
;

lùlicher, Einl., pag. 140) sono costretti ad Nelle une e nelle altre non troviamo forse
ammettere che l'autore delle Pastorali do- lo stesso modo di parlare (I Tim. in, 10;
veva essere assai famigliare cogli insegna- I Cor. XI, 28), le stesse massime, le stesse
menti di S. Paolo. Ma se questo autore enumerazioni (I Tim. ii, 1, 2; ni, 2, 4,
fosse un falsario, che ha voluto far passare ecc.), le stesse antitesi (I Tim. i, 7, 12-
i suoi scritti come opera del grande Apo- 15, ecc.), gli stessi ebraìsmi (I Tim. i, 11 ;

stolo, non avrebbe certamente mancato dì II, 2, 15, ecc.), lo stesso modo di citare la
intrecciare queste Lettere a circostanze Scrittura (I Tim.
il, 13, 14, ecc.), le stesse
storiche ben conosciute, e di mettere in forme ecc., che sono una carat-
di saluto,
scena persone ben note per le loro rela- teristica dì S. Poalo? Le differenze, che vi
zioni con S. Paolo, facendosi scrupolo di si scorgono, non devono esse spiegarsi ri-
conservare a ciascuna il suo carattere. Ora correndo alle diverse circostanze dì tempo,
nelle Pastorali avviene tutto il contrario. Il di luogo, di animo, ecc., in cui S. Paolo
periodo di tempo, a cui si riferiscono, è per sì trovava quando scrìveva?
noi oscurissimo in esse si fa menzione dì
II numero di à7ta§ Xeyófisva (285), che
;

una folla dì persone, di cui non si sa altro


si incontrano, è senza dubbio considere-
che il nome. Imeneo, Filete, Figele, Ermo-
vole, ma tutti sanno che non si deve attri-
gene, Lois, Eunice, Crescente, Carpo, ecc.,
non sono mai ricordati negli Atti, né nelle buire grande importanza a questo fatto,
altre Lettere di S. Paolo. E poi perchè mai poiché da una parte nessuna legge impone
un falsario avrebbe fatto defezionare De- a un autore di usare sempre le stesse pa-
made, e comandato a Timoteo dì bere un role, e dell'altra questo stesso fenomeno si
po' dì vino a motivo della debolezza di sto- osserva pure in proporzioni più o meno
maco, e imposto a questo stesso discepolo grandi nelle Lettere, che tutti riconoscono
di portare all'Apostolo ì libri e il mantello come autentiche. Sì deve inoltre tener conto
lasciati presso Carpo? Perchè mandar Tito che le Pastorali sulle 897 parole, dì cui sono
a Creta, ecc. ecc.? Tutti questi dati, se composte, ne hanno ben 612 comuni colle
le Lettere appartenessero a un falsario, non altre Lettere, e tra queste se ne contano
avrebbero forse servito a subito smascherare 38 che sono proprie di S. Paolo, e non sono
376 Lettere pastorali - Introduzione

usate da altro scrittore del Nuovo Testa- tesa di voler trovare nelfe Pastorali allu-
mento. sioni ad errori, che solo dopo la morte dì
È pure da osservare che solo nelle Pasto- S. Paolo cominciarono a propagarsi.
rali, S. Paolo ha trattato dì proposito delle Anche
la difRcoltà dedotta dalla cronologia
qualità richieste nei vescovi, nei presbiteri, siscioglie facilmente, quando si ammetta,
nei diaconi, nelle vedove, e di parecchie come fu dimostrato doversi ammettere, che
altre cose riferentisi alla gerarchia, e ai S. Paolo fu liberato dalla prigione romana
nuovi errori, che andavano spargendo,
si ricordata negli Atti, e cominciò un nuovo
ecc. ; si comprende quindi facilmente che periodo di attività, durante il quale si recò
abbia dovuto usare parecchi termini nuovi,
.
in Oriente, ecc. (Ved. Introduzione gene-
e toccare alcuni punti di dottrina, e dare rale).
avvisi e raccomandazioni, che non si tro- Da quanto si è detto si può quindi con-
vano nelle altre Lettere. Nello stesso tempo chiudere che non ostante tutti gli sforzi dei
però niuno può negare che anche nelle Pa- razionalisti e dei protestanti per distruggere
storali si insegni la stessa dottrina delle l'autenticità delle Pastorali, questa rimane
altre Lettere sulla universalità della salute ferma^ ed inconcussa, e le difficoltà degli
(I Tim. II, 3-6; iv, 9-10; Tit ii, 13-14), oppositori non fanno altro che renderla più
la gratuità della giustificazione per la fede splendente e più chiara.
e per i meriti di Gesù Cristo (II Tim. i, 8-
11 Tit. Ili, 4-5), la necessità della grazia Principali opere cattoliche sulle tre
;

(Il Tim. I, 6; il, 1-7), l'imperfezione del- Lettere Pastorali. —


Oltre ai commenti
l'antica legge (I Tim. i, 8), la divinità di già su tutte le lettere dì S. Paolo,
citati
Gesù Cristo (I Tim. i, 12; vi, 14; Tit. i, vanno segnalate le opere seguenti Ginou- :

3, 4, ecc.), la subordinazione della donna Ihiac, Les Ep. Pastor., ecc., Parigi, 1866;
al marito nel governo della famiglia (I Tim, Padovani, In Epist. ad Thess. et ad Tim.,
II, 12, 14), ecc. Parigi, 1894 Id., In Epist. ad Tit., ecc., Pa-
;

La difRcoltà dei razionalisti tratta dal fatto


rigi, 1896 Belser, Die Briefe des Ap. Paa-
;

lus an. Tim. und Tit., ecc., Friburgo B.,


che nelle Pastorali si suppone che nella
Chtesa vi fosse organizzata la gerarchia, 1907; Bisping, Erklarung der drei Pasto-
ralbriefe, Munster, 1866.
non ha alcun valore, perchè fondata sul
preconcetto che la gerarchia non sia stata
divinamente istituita. Ora è fuor di dubbio Decreto della Commissione Biblica
che anche negli scritti anteriori alle Pasto- relativo alle Lettere Pastorali (12 giu-
rali si parla di vescovi, di preti, di diaconi, gno 1913).
di diaconesse (Cf. Atti vi, 2 e ss. xi, 30; ; L Utrum prae oculis habita Ecclesiae
XIV, 23 XV, 2 e ss.
; xx, 28, ecc. Rom. ; ;
tradìtione, inde a primordiis unìversaliter
XII, 7 e ss. xvi, 1 I Cor. xil, 28
; xvi,
; ; firmiterque perseverante, prout multimodis
15; Efes, iv, 11; Filipp. i, 1, ecc.), di ecclesiastica monumenta vetusta testantur,
imposizione delle mani (Atti xiii, 1-4, ecc.), teneri certo debeat epistolas quae pastora-
ecc., e quindi, se per questo motivo sì nega les dicuntùr, nempe ad Tìmotheum utram-
l'autenticità delle Pastorali, si dovrà pure que, et alìam ad Titum, non obstante quo-
negare l'autenticità di molte altre parti del rumdam haereticorum ausu, qui eas, utpote
Nuovo Testamento. suo dogmati contrarias, de numero pauli-
Non ha maggior valore l'altra difficoltà narum epìstolarum, nulla reddìta causa,
dedotta dagli errori che combattono nelle si eraserunt, ab ipso Apostolo Paulo fuisse
Pastorali, poiché da una parte nessuno ha conscriptas et inter genuinas et canonicas
potuto provare che in esse si alluda ad al- perpetuo recensitas?
cune di quelle forme speciali, che il gno- Resp. Affirmative.
sticismo assume nel secondo secolo, e dal-
II. Utrum
hipothesis sic dieta fragmen-
l'altra nessuno può negare che i principi! del
tarìa, a quìbusdam recentioribus crfticis in-
gnosticismo ascendano al tempo stesso degli
vecta et varie proposìta, qui, nulla cetero-
Apostoli, come ne fanno fede gli scritti di
quin probabili ratìone, ìmmo inter se pu-
Sant'Irineo. Di ciò sono prova le infinite
gnantes, contendunt epistolas pastorales
divergenze che sì trovano in tutti coloro, i
posteriori tempore ex fragmentis epistola-
quali hanno voluto determinare in modo
rum sìve ex epìstolis paulinìs deperditis ab
particolareggiato la natura degli errori com-
ignotis auctorìbus fuisse contextas et no-
battuti nelle Pastorali, per modo che mentre tabìliter auctas, perspicuo ac flrmissimo tra-
gli unì pensano che sì tratti dei Marcìonìti
dìtìonìs testimonio aliquod vel leve praeiu-
e dei Valentinìani (Baur), altri credono che
dicium inferre possìt?
si parli invece dei Marcosiani (Hilgenfeld),
Resp. Negative.
altri dei seguaci di Cerinto (Mayerhoff), al-
tri degli Esseni (Mìchàelìs), ecc. Ora tutto III. Utrum difficultates quae multifariam
ciò mostra evidente che è assurda la pre- oblici solent sive ex stylo et lìngua auctoris.
Lettere pastorali — I Timoteo - Introduzione 377

sive ex erroribus praesertim Gnostìcorum, testimoniis consona, nec non ex indiciis


qui uti iam tunc serpentes describuntur, ipsis quae tum ex abrupta conclusione libri
sive ex statu ecclesiasticae hierarciiiae, Actuum, tum ex paulinis epistolis Romae
quae iam evoluta supponitur, aliaeque hu- conscriptis et praesertim ex secunda ad Tì-
iuscemodi in contrarium rationes, senteti- motheum facile eruuntur, uti certa haberì
tiam,quae genuinitatem epìstolarum pasto- debeat sententi^ de duplici romana captivi-
ralium ratam certamque habet, quomodoli- tate apostoli Pauli ; tuto affirmari possit
bet inflrment ? epistolas pastorales conscriptas esse in ilio
Resp. Negative. temporis spatio quod intercedit Inter libe-
rationem a prima captivitate et mortem
IV. Utrum, cum non minus ex historicis
Apostoli ?
rationibus quam ex ecclesiastica traditione.
Ss. Patrum orientalium et occidentalium Resp. Afflrmative.

X,

PRIMA LETTERA A TIMOTEO

NTRODUZIONE
Timoteo. —Sia gli Atti che le Epistole e dopo avergli imposte le mani ordinandolo
fanno spesso menzione di questo illustre di- sacerdote e vescovo, partì assieme con lui.
scepolo di S. Paolo, che viene associato al Timoteo divenne da questo momento un
suo maestro nell'iscrizione di sei Lettere, e compagno fedele e un ausiliare prezioso di
viene nominato in quasi tutte le altre, due S. Paolo. Assieme con lui percorse la Fri-
delle quali sono state a luì personalmente gia e la Galazia, e, dopo evangelizzata l'A-
indirizzate. sia, si portò in Europa e stette a fianco del
Originario di Listri nella Licaonia, ebbe suo maestro a Filippi, a Berea, ad Atene,
per padre un greco e per madre una piis- a Corinto e poi a Gerusalemme. Durante il
sima Giudea chiamata Eunice, là quale lo corso di questa missione fu incaricato di
allevò nella sua religione e lo ammaestrò visitare e di consolare ì fedeli di Tessalo-
fin dall'infanzia nelle Sacre Scritture {Atti, nica {Filipp. ii, 22; Atti, xvi, 3-xviii, 22).
XVI, 1-2; II Tim. i, 5; ili, 15). Probabil- Egli accompagnò pure S. Paolo nella terza
mente fu convertito alla fede allorquando grande missione, e stette circa tre anni a
S. Paolo nella sua prima grande missione Efeso {Atti, xix, 22 e ss.), di dove partì per
predicò a Listri {Atti, xiv, 6), e poiché la Macedonia mandatovi da S. Paolo a com-
l'Apostolo lo chiama suo figlio carissimo piere una delicata missione (Cf. I Cor. iv,
(I Cor. IV, 17), è probabile che egli stesso 17 xvi, 10-12). Raggiunto dal suo maestro
;

10 abbia istruito nella religione cristiana, e nella Macedonia (II Cor. i, 1), fu assieme
poi gli abbia dato il Battesimo. con lui a Corinto {Rom. xvi, 21) e poi a
Nella seconda grande missione S. Paolo, Troade {Atti, xx, 4-5), e nell'ultimo viaggio
essendo giunto a Listri, prese, non senza a Gerusalemme. Non sappiamo se Timoteo
divina ispirazione (I Tim. l, 18 ; iv, 14 ;
sia stato presso S. Paolo durante la pri-
11 Tim. I, 6), Timoteo per compagno delle gionia di Cesarea e il viaggio a Roma ; è
sue fatiche apostoliche, tanto piti che a lui certo però che era con lui durante la pri-
rendevano buona testimonianza i fedeli di gionia romana, poiché troviamo il suo nome
Iconio e di Listri. Siccome però Timoteo, nella iscrizione delle Lettere della cattività
essendo nato di madre ebrea, era riguardato {Filipp. l, 1 Coloss. I, 1
; Filem. i, 1 ;
;

dagli Ebrei come uno dei loro, S. Paolo per Ebr. XIII, 23). È pure
certo che egli ac-
rendergli più facile il ministero presso ì compagnò ancora S. Paolo nel viaggi in-
connazionali, lo circoncìse {Atti, xvi, 2-3), trapresi dopo la prima prigionia romana, e
378 Timoteo - Introduzione

che poi fu dairApostolo lasciato a Efeso con romana di S. Paolo (anni 64-67). Ora se
ampiissimi poteri, affinchè vegliasse sulle si tien conto che l'Apostolo non potè tro-
Chiese dell'Asia (I Tim. i, 3). Nella sua varsi a Efeso che sul fine del 64, o sul
ultima prigionia S. Paolo richiamò a Roma principio del 65, non si andrà lungi dal vero
il suo discepolo prediletto (II Tim. i, 6; ponendo come data per la prima a Timoteo
IV, 8), ma dopo questo tempo non sappiamo la fine del 65. Per riguardo al luogo da cui
più nulla di quanto egli abbia fatto. fu scritta, è molto probabile la sentenza degli
Secondo Eusebio Eccles., ili, 4)
{Hist. antichi (Teodoreto, Praef. epp. Paul.;
egli sarebbe restato vescovo di Efeso, e, Pseud. Atan., Synopsis S. S., ecc.) che ri-
secondo i suoi Atti letti da Fozio {Biblioth. tiene essere stato la Macedonia. S. Paolo
cod., 254), sarebbe stato martirizzato in infatti dice espressamente che da Efeso,
questa città ai tempi di Domiziano, perchè dove aveva lasciato Timoteo, era partito per
avrebbe cercato di allontanare il popolo da la Macedonia (I Tim. i, 3), e che sperava
una festa licenziosa (Cf. Nicef., Hist. Ec- di tornar presto a Efeso (I Tim. ni, 14-15).
cles., Ili, 11; Ada SS., t. ili, 176 e ss.). Si può quindi ritenere che si trovasse an-
La Chiesa Romana ne celebra la festa come cora nella Macedonia al tempo in cui scrì-
di un vescovo martire, il giorno 24 gennaio. veva.
Alcuni hanno bensì voluto che questo
Occasione della prima Lettera a Ti- viaggio nella Macedonia sia quello stesso
moteo. —
Non è difficile determinare l'oc- ricordato da S. Luca negli Atti (xix, 21-
XX, 1), ma ciò non è possibile, poiché nel
casione, in cui fuquesta Lettera.
scritta
Poco prima della suaS. Paolo
cattività, viaggio degli Atti, S. Paolo non lasciò Ti-
aveva predetto ai seniori di Efeso che nella moteo a Efeso, ma lo mandò assieme ad
loro Chiesa si sarebbero levati uomini a Erasto nella Macedonia, ed egli non partì
insegnar cose perverse per trarsi dietro di- che più tardi, avendo intenzione non già dì
scepoli {Atti, XX, 29-30). Le sue predizioni tornare a Efeso, ma di attraversare l'Acaia
si avverarono ben tosto, e durante la sua e andare a Gerusalemme e poi veder Roma.
prima cattività romana egli non aveva man- D'altra parte è fuor di dubbio che la Chiesa
di Efeso al tempo in cui fu scrìtta questa
cato di mettere in guardia gli Efesini contro
le false dottrine, che si andavano spargendo
Lettera era già adulta, tanto che l'Apostolo
tra loro (Cf. Efes, i, 15-23; iv, 12-14). Ciò potè raccomandare a Timoteo di non am-
nonostante il male era peggiorato, e San mettere al presbiterato i neofiti. Ora è
Paolo liberato dalla prima cattività romana chiaro che tale stato di cose non può con-
si era, in compagnia di Timoteo, portato a
venire al tempo del viaggio ricordato da
Efeso affine di porvi rimedio. S. Luca, poiché allora la Chiesa di Efeso

Siccome però egli non aveva potuto fer- era appena nata.
marsi molto tempo, nel partire per la Mace-
donia impose a Timoteo di restare a Efeso, Divisione e analisi della prima Let-
affine di smascherare gli eretici e mantenere tera A Timoteo. — Oltre a un prologo (i,
fermi nella fede i cristiani (I Tim. i, 3). 1-2) e alla benedizione apostolica (vi, 21),
Può essere che S. Paolo, nella speranza di questa Lettera comprende sei brevi istru-
tornar presto egli stesso, non avesse dato a zioni relative ai vari doveri che incombono
Timoteo tutte le istruzioni necessarie (I a Timoteo.
Tim. Ili, 14; iv, 13). Vedendo poi che non Nella prima istruzione (i, 3-20), S. Paolo
avrebbe potuto rivedere il suo discepolo accennando al motivo, per cui aveva la-
tanto presto quanto si credeva (I Tim. ni, sciato Timoteo a Efeso, ^inculca il dovere
14-15), si determinò a scrivergli questa Let- dì combattere ì falsi dottori (3-7), i quali
tera, sia peir richiamargli alla mente le non conoscono la natura della legge mosaica
raccomandazioni già date a voce intorno ai e del Vangelo (8-11), e mostra la forza del
falsi dottori, e sia per inculcargli le regole Vangelo manifestatasi nella sua conversione
da seguire nella scelta dei sacri ministri, e (12-17). Timoteo deve combattere la buona
ì doveri principali che incombono a un pa- battaglia conservando intatta la vera dottrina
store del gregge di Gesù Cristo. S. Paolo della fede (18-20).
ìndica chiaramente il fine principale della Nella seconda istruzione (ii, 1-15) parla
sua Lettera dicendo a Timoteo che gli scri- della preghiera pubblica, e insegna che si
ve ut scias quomodo oporteat
: te in domo deve pregare per tutti (1-7), e come si
Dei conversari (I Tim. in, 15). debba pregare dagli uomini e dalle donne
(8-10), e quale debba essere il contegno di
Tempo e luogo in cui fu composta. — queste ultime nelle pubbliche adunanze
Coloro che ammettono l'autenticità delle (11-15).
Pastorali, sono quasi tutti d'accordo nel ri- Nella terza istruzione (ni, 1-16) tratta del
tenere che esse siano state scritte nell'in- ministero ecclesiastico, e spiega quali doti
tervallo tra la prima e la scenda cattività si richiedano nei vescovi e nei sacerdoti
I Timoteo - Introduzione — I, 1-2 379

'(1-7),nei diaconi e nelle diaconesse (8-13) vale a dire coi giovani e coi vecchi (1-2),
a motivo della grandezza della Chiesa, al colle vedove (3-1 6^ coi sacerdoti (17-25),
cui servizio sono destinati (14-16). e finalmente cogli schiavi (vi, 1-2).
Nella quarta istruzione (iv, 1-16) mostra NeWultima istruzione (vi, 3-21) toma a
a Timoteo come debba diportarsi cogli ere- inculcare a Timoteo come debba diportarsi
tici, e dapprima espone i loro errori (1-5), coi falsi dottori (3-10), e poi gli dà alcuni
e poi dà le norme da seguire affine di para- avvisi particolari intorno alle virtù da pra-
lizzare la loro influenza nefasta (6-16). ticare, ai vìzi da fuggire, e al deposito della
Nella quinta istruzione (v, 1-vi, 2) in- fede da custodire (11-21).
segna a Timoteo come debba diportarsi La Lettera termina con una breve bene-
colle diverse classi dì persone cristiane, dizione apostolica (21).

PRIMA LETTERA A TIMOTEO

CAPO l.

Indirizzo, 1-2. — Timoteo lasciato ad Efeso per combattere i falsi dottori, j-7. —
Natura e ufficio della legge mosaica^ 8 -11. —
Efficacia del Vangelo nella
conversione di S. Paolo^ 12-18. — Requisiti per combattere la buona
battaglia, 19-20.

^Paulus Apóstolus lesu Christi secùndum ^Paolo Apostolo di Gesù Cristo secondo
impéri um Dei Salvatóris nostri, et Christi l'ordinazione di Dìo nostro Salvatore e di
lesu spei nostrae ^Timótheo dilécto filio in
: Gesù Cristo nostra speranza ^a Timoteo di- :

fide, Gratia, misericòrdia, et pax a Deo Pa- letto figliuolo nella fede grazia, miseri- :

tre, et Christo lesu Domino nostro. cordia, e pace da Dio Padre, e da Ges«
Cristo Signor nostro.

« Act. XVI. l.

speriamo la salute, non già per la legge di Mosè,


CAPO I.
come insegnavano i falsi dottori giudaizzanti, ma
per i soli meriti di Gesù Cristo.
1. Nel prologo questa lettera (I, 1-2) manca
di 2. Timoteo (Ved. Diletto. Il greco
Introd.).
l'azione di grazie (Ved. Gal. I, 1), e vi è solo Tvnoiv» significa propriamente vero, genuino. Le
un'iscrizione o indirizzo. Apostolo^ ecc. Nelle let- parole figliuolo nella fede, lasciano supporre che
tere pastorali, S. Paolo afferma in modo solenne S. Paolo stesso abbia battezzato Timoteo (Ved.
la sua dignità di Apostolo, affine di dare maggior espressioni analoghe I Cor. IV, 14; I Tess. Ili,
peso alle sue parole, non certamente per riguardo 2), e lo abbia istruito nella fede (Ved. n. Atti
a Tito e a Timoteo, ma per riguardo ai fedeli e XVI, 1). Timoteo viene detto figliuolo genuino
specialmente ai falsi apostoli. Secondo Vordina- nella fede, perchè, al contrario dei falsi dottori,
zione, ossia per volontà e ordine di Dio (Ved, n. egli aveva conservato la purezza della fede. Gra-
Rora. I, 1; I Cor. I, 1, ecc.). Salvatore. Il titolo zia... e pace {Vtd. n. Rom. I, 7). Misericordia.
di Salvatore, che nelle altre lettere di S. Paolo Nelle pastorali, alla formola di saluto delle altre
viene attribuito a Gesiì Cristo, viene qui (e II, lettere grazia e pace, aggiunge misericordia, pro-
3; Tit. II, 10), dato a Dio (Cf. Lue. I, 47; Giuda babilmente per far meglio comprendere l'estrema
25), il quale ci ha salvati per mezzo di Gesù nostra indigenza, e indicare la fonte da cui pro-
Cristo (I Cor. I, 21; II Cor. V, 18; Efes. II, viene la grazia e la pace (Cf. II Giov. I, 3).
B, ecc.). Gesù Cristo che è l'oggetto e il fonda- Signor nostro, perchè ci ha riscattati col suo
n>ento della nostra speranza (Coloss. I, 27). Noi sangue.
380 1 Timoteo, I, 3-7

'Sicut rogavi te ut remanéres Ephesì cum ^Siccome ti pregai che rimanessi in Efeso,
irem in Macedónìam, ut denunciares quibus- mentre io andava nella Macedonia, perchè
dam ne àliter docérent, ^Neque inténderent ingiungessi a certuni che non insegnassero
fàbulis, et genealogiis interminàtis : quae diversa dottrina, *nè andassero dietro a fa-
quaestìónes praestant magìs quara aedifica- vole e a genealogie senza fine che produ- :

tiónem Dei, quae est in fide. *Finis autem cono piuttosto dispute, che quell'edificazione
praecépti est chàritas de corde puro, et dì Dìo che è nella fede. *Ora il fine del pre-
consciéntia bona, et fide non ficta. ^A quì- cetto è la carità di puro cuore, e di buo^a
bus quidam aberràntes, convèrsi sunt in va- coscienza, e di fede non simulata. "Dalle
nilóquium, 'Voléntes esse legis doctóres. quali cose alcuni avendo deviato, hanno dato

* Inf. IV, 7: II Tira. IL 23: Tit. Ili, 9.

3. Nella prima parte (l, 3-20) della lettera, San alcun vantaggio alla Chiesa di Dio, che si fonda
Paolo parla della vera predicazione evangelica, e sulla fede. S. Paolo paragona spesso la Chiesa a
richiama alla mente di Timoteo il dovere di com- un edificio divino (Ved. I Cor. II, 9; Efes. IV,
battere i falsi dottori. Comincia accennando (3-7) 12, ecc.). La lezione della Volgata olxoòojitov edi' =
al motivo per cui lo aveva lasciato a Efeso. Sic- fìcazione, oltre che nel greco ordinario, si trova
come, ecc. La frase è elittica, e quindi si deve pure nel codice D, nelle versioni gotica e siriaca,
sottintendere così anche adesso ti prego di com- in Sant'Irineo e in Sant'Epifanio, nonché nei
battere le false dottrine. Alcuni però (Drach, Le- Padri latini. I migliori codici greci, i Padri greci,
monnyer, ecc.) pensano che si abbia una lunga nonché la maggior parte delle versioni, hanno in-
parentesi dal v. 5 sino al v. 18 o al cap. II, 1, vece oìxovoni'av = economia o dispensazione, e que-
dove sarebbe completata la frase dei versetti 3, 4, sta lezione é generalmente preferita dai critici. Per
rimasta sospesa. Ti pregai. È da ammirarsi l'u- il senso non vi é gran differenza, poiché
S. Paolo
miltà di S. Paolo, che prega mentre avrebbe in questo caso direbbe, che le favole e le genealo-
potuto comandare. Rimanessi in Efeso. S. Paolo gie non conferiscono nulla all'economia, secondo
e Timoteo si erano trovati assieme ad Efeso per la quale Dio promuove la nostra salute, e che si
qualche tempo, ma poi S. Paolo, avendo dovuto fonda sulla fede. Dio ha stabilito di salvare il
partire per la Macedonia, aveva pregato Timoteo mondo gratuitamente per mezzo della fede, e que-
di rimanere nella capitale dell'Asia (Ved. In- .ste favole e genealogie sono contrarie alle dispo-
troduz.). Ingiungessi. Tal© è il senso del greco sizioni di Dio (Efes. I, 10).'
*apaYY"^il<;. che qui come altrove significa coman-
dare, ordinare. — A certuni. S. Paolo non nomina
5. // ossia lo scopo, del precetto (greco
fine,
jtapaTCéXiac; da jraparYéXXoo v. 3), vale a dire del-
questi falsi dottori, per mostrare quanto siano
l'intimazione che Timoteo deve fare ai falsi dottori
meritevoli di disprezzo, essi però dovevano es-
(e anche di tutte le raccomandazioni dei pastori di
sere ben noti a Timoteo. Siccome prega Timoteo
anime), è la carità, ma la carità, che proviene da
di comandare a questi falsi dottori, si può de- un cuore puro, e spoglio di egoismo, e che ama
durre che essi fossero cristiani. CJie non ìnf:e-
solo ciò che deve amare, da una buona coscienza
gnassero diversa dottrina da quella che è stata
che è causata dalla retta intenzione, congiunta con
loro insegnata da me e dagli altri veri Apostoli.
una vita immacolata, e da una fede non simulata,
Il verbo étepoSiòooxaXetv, caratteristico delle lettere
cioè da una fede sincera e senza ipocrisia. Tale
pastorali, significa insegnare una dottrina con-
ci sembra la miglior spiegazione di questo ver-
traria al Vangelo (Cf. II Cor. XI, 4; Gal. I, 6-9;
setto (Ved. Padovani h. 1.), ed è pure quella dì
Ved. Prat, La Th. de St-P., t. I, p. 486; ZoreU.,
S. Giov. Cris., Teofilat, ecc. Altri (Estio, ecc.),
Lex. Graec). Nei versetti seguenti spiega in che
consista questa falsa dottrina. per precetto intendono la legge mosaica, ed altrìl
(Fillion, ecc.), la dottrina evangelica.
Favole e genealogie. Nella lettera a Tito, I, 14,
4.
alla parola favole si aggiunge l'epiteto giudaiche. Dalle quali cose, cioè dalla carità e dalle tre
6.
Probabilmente si parla di certe leggende rabbi- sue qualità ricordate. Alcuni, cioè questi falsi dot-
niche, di cui è pieno il Talmud, inventate per tori, di cui si parla (Ved. 3). Avendo deviato. Il
completare alcune narrazioni della Scrittura, e greco doToXeìv, caratteristico delle lettere pastorali
rispondere a questioni bizzarre intorno ad alcuni (VI, 21 ; II Tim. II, 18), significa non colpire nel
avvenimenti (Cf. IV, 7; Tit. I, 14). Genealogie. segno, e quindi deviare. I falsi dottori, avendo
Secondo gli uni, si tratterebbe di quegli esseri perduto di vista questo fine che è la carità, hanno
intermedii tra Dio e il mondo, chiamati da Filone dato in vani cicalecci, ossia si sono abbandonati a M
potenze divine e dai gnostici del ii secolo Boni. dottrine false e inutili, quali sono le favole e le m
Altri pensano che si parli di angeli, oppure dì genealogie ricordate nel versetto 4 (Cf. VI, 20). "
genealogie di famiglia, per le quali certi Giudei si Fa osservare S. Tommaso (h. 1.), che l'allonta-
vantavano-di discendere da questo o quel patriarca. narsi dalla carità fa cadere nel pericolo della falsa
Con S. Gerolamo, S. Giovanni Crisostomo, Teo- dottrina, perché coloro che non amano la carità,
doreto, ecc., riteniamo pili probabile, che si tratti cadono nella menzogna.
delle genealogie d^li antichi patriarchi, completate
però e allegorizzate. Producono, ecc. Ecco gli in- Conferma quanto ha detto nel versetto prece-
7.
convenienti che producono tali favole e genealo- dente. Costoro hanno l'ambizione di essere maestri
gie : danno materia a dispute futili e complicate della legge (Matt. XXIII, 6-7), ma in realtà sono
(tale è il senso del greco èx?T|TTÌoet<;), e non pro- ignoranti, perchè non capiscono essi stessi ciò
muovono l'edificazione di Dio, ossia non recano che dicono, ossia le loro teorie, né ciò che af-
I Timoteo, I, 8-12 381

non intellìgéntes ncque quae loquùntur, nc- in vanì cicalecci, 'volendo farla da dottori
que de quìbus affirmant. della legge,senza intendere né ciò che di-
cono, né ciò che affermano.
"Scimus autem quia bona est lex, sì quis ^Ora sappiamo che la legge è buona se
ea legitìme utàtur 'Sciens hoc quìa lex
: uno se ne serve legìttimamente ^non igno- :

insto non est pósita, sed iniùstis, et non rando come la legge non è fatta pel giusto,
sùbditis, impiìs, et peccatóribus, sceleràtìs, ma per gl'ingiusti e disubbidienti, per gli
et contamìnàtis, parricidìs, et matricidis, ho- empì e peccatori, per i scellerati e profani,
mìcidìs, "Fornìcàrììs, masculórum concubi- pei parricidi e matricìdi e omicìdi, ^"pei for-
tóribus, plagiàriis, mendàcibus, et pcrìùris, nicatori, pei rei dì delitto infame, per coloro
et sì quid àliud sanac doctrìnae adversàtur, che rubano gli uomini, pei bugiardi e sper-
"Quae est secùndum Evangèlium glórìac giuri, e se altro v'ha che si opponga alla
beati Dei, quod crédìtum est mihì. sana dottrina, "che è secondo il Vangelo
della gloria del beato Iddìo, il quale è stato
a me affidato.
^'Gràtìas ago ci, qui me confortàvìt Chri- ^-Rendo grazie a colui che mi ha fatto
sto lesu Domino nostro, quìa fidélem me forte, a Gesìj Cristo Signor nostro, perchè

• Rom. VII, 12.

fermano, vale a ciò che vogliono provare


dire sona del prossimo e contro il buon costume. Rei
colle loro dispute. È
chiaro che questi falsi dottori di delitto, ecc., ossia di peccato contro natura
erano cristiani Giudaizzanti, e all'errore della ne- (Rom. I, 27; I Cor. VI, 9). Coloro che rubano gli
cessit àdella legge, congiungevano le favole e le altrui schiavi o gli uomini liberi, particolarmente
genealogie gnostiche. fanciulli, per ridurli in schiavitù e poi venderli, o
ritenerli al proprio^ servizio. Tale è il senso del
Nei versetti 8-11 spiega la natura e l'uffìzio
8.
della legge. I Giudaizzanti andavano dicendo, che
greco dvòpanobictaiq. La legge romana (Flavia)
infliggeva il supplizio delle verghe (plagae), e la
S. Paolo disprezzava la legge, e perciò egli af-
ferma noi sappiamo, in opposizione ai falsi dot-
:
legge mosaica infliggeva la pena di morte contro i
tori ignoranti, che la legge mosaica, venendo da
rei di tale delitto (Esod.XXI, 16; Deut. XXIV, 7).
Dio, in se stessa è buona e utile (Ved. Rom. Vili, Spergiuri, sono coloro che alla menzogna aggiun-
12-16), a condizione però che uno se ne serva le- gono il falso giuramento. E se v'ha altro, ecc.,
gittimamente, ossia tenga conto della sua natura formola generale per indicare tutti gli altri peccati,
e del suo spirito, distinguendo ciò che in essa vi non esplicitamente finora nominati (Cf. formolo
ha di passeggero e ciò che vi ha di duraturo. Ora, analoghe, Rom. XIII, 9; Filipp. IV, 8). Dottrina,
siccome tutta la parte ceremoniale della legge era greco òvòaoxaXia, si trova 15 volte nelle lettere
destinata a figurar Gesù Cristo, che doveva ve- pastorali. L'epiteto sana è una parola che si trova

nire, non si serve più legittimamente della legge solo nelle pastorali (II Tim. IV, 3; Tit. II, 1).
chi pretende coi Giudaizzanti di osservarla o di La sana dottrina, è opposta agli insegnamenti dei
falsi dottori (VI, 4; II Tim. II, 17).
farla osservare in questa parte, adesso che Gesù
Cristo è venuto (Cf. Gal. II, 16; III, 11, 19, 24, 11. Spiega quale sia la sana dottrina, di cui ha
25). Similmente, i precetti morali della legge mo- parlato nel versetto precedente. E quella che è
saica, in quanto sono accompagnati da minacele conforme al Vangelo della gloria del beato Dio,
di castighi, non sono pel giusto, cioè pel
fatti cioè al Vangelo che annunzia e manifesta la glo-
cristiano giustificato, perchè questi è indotto a far ria, cioè la sapienza, la bontà, la misericordia, ecc.,
ciò che la legge prescrive non dal timore del di Dio, che è in se stesso infinitamente beato, e
castigo^ma dall'amore diffuso nel suo cuore dallo che un giorno renderà ancora noi partecipi della
Spirito Santo. Siccome quindi il cristiano, per la sua felicità, come ha promesso nel Vangelo. Il
grazia di Gesù Cristo, osserva già quei precetti quale Vangelo, è stato a me affidato di predicare.
che la legge di Mosè imponeva con tante minacele In opposizione ai falsi dottori, che predicavano
di castighi, la legge di Mosè, come tale, è dive- senza averne ricevuto la missione, S. Paolo af-
nuta inutile per lui (Ved. Gal. V, 18, 23), e Gesù ferma di essere stato eletto da Dio ad annunziare
Cristo colla sua grazia ci ha veramente liberati il Vangelo. Nel greco, mancano le parole che è
dalla servitù della legge (Ved. Rom. VII, 1 e ss.). = quae est, e quindi alcuni uniscono questo ver-
Ma per gli ingiusti. La legge, colle sue minacele, setto col versetto 7 sappiamo che la legge è
:

è necessaria per gli uomini, che si lasciano gui- buona, ecc., conformemente al Vangelo, ecc. Ma
dare dalle loro perverse passioni. L'Apostolo fa l'interpretazione della Volgata, è pure buona e
ora una lista di tali uomini (Cf. Rom. I, 29 ; secondo il testo, e quindi non vi è ragione suf-
I Cor. VI, 9; II Tim. Ili, 1). Ingiusti. Nel greco ficiente per lasciarla.
si legge dvó^oK; = senza legge, ossia coloro che
12. La menzione del Vangelo ricevuto da pre-
praticamente non tengono conto di alcuna legge. dicare conduce S. Paolo a fare nei versetti 12-17
Disobbedisnti, cioè coloro che, intolleranti di alcune riflessioni sulla sua vita. Si ha qui una
ogni giogo, non vogliono star sottomessi ad al- digressione, nella quale l'Apostolo esprime a Dio
cuno. Empii sono coloro che non hanno alcun ti- tutta la sua riconoscenza per averlo eletto, ben-
more di Dio. Scellerati, greco òvooìon; = irreligiosi. ché indegno, ad essere Apostolo. Nello stesso
Profani,^ che vivono come se Dio non esistesse. tempo egli rivendica contro i Giudaizzanti la sua
Parricidi, eco Aggiunge vari delitti contro la per autorità, e il benefizio della redenzione operata da
382 Timoteo, I, 13-17

existimàvit, ponens in ministério "Qui : mi ha giudicato fedele, ponendo nel mini-


prìus blasphémus fui, et persecùtor, et con- stero : "me, che prima fui bestemmiatore
tumeliósus sed misericórdiam Dei conse-
: e persecutore e oppressore : ma conseguii
cùtus sum, quia ignórans feci in increduli- misericordia da Dio, perchè per ignoranza
tate. ^^Superabundàvit autem grafia Domini lo feci, essendo incredulo. "Ma sovrabbondò
nostri cum fide, et dilectióne, quae est in la grazia del Signor nostro colla fede e colla
Christo lesu. carità che è in Cristo Gesù.
'
^^Fidélis sermo, omni acceptióne di- et "Parola fedele e degna di ogni accetta-
gnus : in hunc
quod Christus lesus venit zione, che Gesù Cristo venne in questo
mundum peccatóres salvos fàcere, quorum mondo a salvare i peccatori, dei quali io
primus ego sum "Sed ideo misericórdiam
: sono il primo "ma
per questo trovai mise-
:

consecùtus sum ut in me primo osténderet


: ricordia, affinchè Gesù Cristo facesse vedere
Christus Jesus omnem patiéntiam ad infor- in me per il primo tutta la pazienza a mo-
matiónem eórum, qui creditùri sunt illi, in dello di coloro, che sono per credere a lui
vitam aetérnam. per la vita eterna.
*^Regi autem saeculórum immortali, invi- ^^Al re dei secoli immortale, invisibile, al

15 Matth. IX, 13; Marc. II, 17.

Gesù Cristo. Che mi ha fatto forte colla sua gra- II Tim. II, 11; Tit. Ili, 8), e serve per affermare
zia, non solo nella mia conversione, ma in tutto una verità molto importante. Degna di ogni accet-
l'esercizio del mio Apostolato. Mi ha giudicato tazione, accettata da
cioè meritevole di essere
fedele. Queste parole devono interpretarsi se- tutti. Gesù Cristo, ecc. Ecco
grande verità che la
condo I Cor. VII, 25, dove l'Apostolo afferma di S, Paolo vuole insegnare Gesù Cristo venne in :

aver conseguito misericordia dal Signore affinchè questo mondo, ossia si incarnò, per salvare i pec-
fosse fedele^ Per conseguenza la frase mi ha giu- catori. Da ciò si deduce, che se non vi fosse stato
dicato fedele, equivale a mi ha fatto fedele mi- il peccato, non avrebbe avuto luogo l'Incarna-
nistro del Vangelo. S. Paolo non fu trovato fe- zione (Cf. Matt. IX, 13; Lue. XIX, 10). Dei quali
dele, ma fu fatto fedele dalla grazia di Dio (Ved. io sono il primo. L'espressione è iperbolica, e
n. I Cor. XV, 10). La fedeltà è la principale qua- proviene dalla profonda umiltà dell'Apostolo (Atti
lità che deve avere un ministro del Vangelo (Ved. I XXII, 4, 19; XXVI, 9; I Cor. XV, 9; Efes. III, 4),
Cor. IV, 2). Ponendomi nel ministero, ossia chia- per la quale anche altrove si chiama il minimo tra
mandomi all'apostolato. gli Apostoli (I Cor. XV, 9). o E proprio del vero

Prima
13. bestemmiatore degno di morte
fui penitente il giudicare con severità e rigore se
(Lev. XXIV, perchè malediì Gesù Cristo e la stesso, e con bontà i suoi prossimi, credendo di
16),
sua dottrina; fui persecutore della Chiesa di Dio; sé il peggio, e scusando quanto si può gli errori
fui oppressore, usando violenze contro i disce- altrui » Martini.
poli di Gesù Cristo (Atti VII, 58 e ss.; VIII, 1, 16. Il ricordo dei suoi peccati, richiama alla
3; ir, 1 e ss.; XXII, 4; XXVI, 11; Gal. I, 13). mente dell'Apostolo la grandezza della misericordia
Tutte queste circostanze mi rendevano affatto in- di Dio (vv. 13-14). Affinchè Gesù, ecc. Ecco il
degno di sì grande ministero, ma conseguii mise- fine per cui Dio mi ha convertito. Egli volle mo-
ricordia da Dio, ossia, Dio nella sua bontà ebbe strare in me tutta la sua pazienza, sopportando
pietà e compassione di me. La mia condotta però, dapprima senza punirmi tutti i miei peccati, e poi
benché inescusabile, non è tuttavia così colpevole usandomi la più grande misericordia, affinchè io
come si potrebbe supporre, poiché io feci tanto diventassi un modello, da cui i fedeli {coloro
male, non per odio contro la verità conosciuta, che, imparassero a sperare con fiducia da
ecc.)
ma perchè, acciecato dai pregiudizi farisaici, non Dio perdono di tutti i loro peccati, benché gra-
il
conoscevo Gesù come Messia, e mi sentivo pieno vissimi. Per il primo. Come io fui il primo, cioè
di zelo per la religione dei miei padri (Gal. I, 14; il più grande peccatore (versetto precedente),
Filipp. Ili, 6).
così per il primo, ossia più di ogni altro, fui
14.Sovrabbondò la grazia. Benché la grazia di oggetto della bontà e della misericordia di Dio.
Dio sia sempre abbondante, in me è stata sovrab- Quella stessa umiltà, per cui l'Apostolo si con-
bondante (Rom. V, 20), perchè non solo mi ha siderava come il più grande peccatore, faceva si
convertito, ma mi ha fatto Apostolo. Colla fede e che egli si considerasse ancora come il più bene-
colla carità. La mia anima fu non solo inondata ficato da Dio. Altri (Drach, Rambaud, ecc.), spie-
di grazia, ma ancora di tutti gli effetti della grazia, gano in me per il prime fece vedere, ecc., ossia
:

cioè delle virtù L'Apostolo accenna in


teologali. io fui il primo grande persecutore, in cui si sia
. modo speciale alla fede, opposta alla sua incre- mostrata così immensa la misericordia di Dio; ed
r dulità di una volta, e alla carità, opposta all'odio altri (Estio, Bisping, ecc.) in me primo, cioè :

con cui aveva perseguitato la Chiesa. Che è in massimo, peccatore fece vedere, ecc. Le parole
Cristo, cioè la fede e la carità cristiana, che per la vita eterna, indicano il fine che si ottiene,
hanno in Gesù Cristo la loro sorgente, e per cui per mezzo della fede in Gesù Cristo.
6i crede a Gesù Cristo e lo si ama.
17. Avendo considerato la bontà e la miseri-
Parola fedele (greco itiatòc, ò XóYoq) ossia
15. cordia di Dio, S. Paolo prorompe in una dosso-
meritevole di ogni fede. Questa espressione si logia, simile a quelle che si leggono Rom. XI,
trova cinque volte nelle oastorali (III, 1; IV, 9; 36; XVI. 27; II Cor. II, 14; IX, 15; Efes. Ili,
I Timoteo, I, 18 — II, 1 m
soli Deo honor, et gloria in saecula
sìbili, solo Dio, onore e gloria pei secoli dei secoli.
saeculórum. Amen. Così sia.

^^Hoc praecéptum commendo Ubi Ti-


fili "Tiraccomando questo precetto, o fi-
móthee, secùndum praecedéntes in te pro- gliuolo Timoteo, secondo le profezie che di
phetias, ut milìtes in illis bonam militìam, te precedettero, affinchè conforme ad esse
^'Habens fìdem, et bonam consciéntiam, combatta la buona battaglia, ^^tenendo la
quam quidam repelléntes, circa fìdem nau- fede e la buona coscienza, rigettata la quale
fragavérunt ^"Ex quibus est Hymenaeus,
: taluni han fatto naufragio intorno alla fede :

et Alexander quos tràdidi Sàtanae, ut di-


: ^"del numero dei quali è Hymeneo e Ales-
scant non blasphemàre. sandro che io ho consegnati a satana, per-
:

chè imparino a non bestemmiare.

CAPO li.

Si deve pregare per tutti, 1-7. —


Contegno da tenersi nella preghiera dagtr uomini
e dalie do mie, 8-jo. —
Contegno delle donne nelle pubbliche adtinanze, 11-15.

^Obsecro igitur primum omnium fieri ob- ^Raccomando adunque prima di tutto che
secratiónes, oratìónes, postulatiónes, gratià- si facciano suppliche, orazioni, voti, ringra-

20; Filipp. V, 20. Re dei secoli, cioè di tutto ciò quella di un vescovo. La buona battaglia, nel caso
che esiste ned tempo (Ebr. I, 2; XI, 3), oppure presente, è la forte opposizione ai falsi dottori.
re eterno. Jmmorfa/e. Nel greco vi è ««pQàp^cp = in- 19. Spiega che richieda per combattere la
si
corruttibile (Rora. I, 23)), che non può mutarsi, buona battaglia. Si ricerca la fede, che Efes. VI,
né morire (VI, 16). Invisibile all'occhio corporale. 16, viene paragonata allo scudo, e la buona co-
Dio è puro spirito, e non può essere veduto da scienza, cioè la retta intenzione e la santità della
alcun senso corporeo. Al solo, cioè all'unico Dio, vita, che producono la buona coscienza (Ved.
sia onore, ecc. Il greco ordinario e alcuni pochi co- n. V. 5). S. Paolo raccomanda quindi di tenersi
dici aggiungono al solo sapiente, ma si tratta pro- fermo alla fede, ossia alla sana dottrina, e di
babilmente di una glossa tratta da Rom. XVI, 27. vivere conforme a tale fede. Rigettata la quale
18. Nei vv. 18-20, incoraggia Timoteo a com- buona coscienza. Taluni. Anche qui non vuol no-
battere la buona battaglia, vale a dire a essere minare questi perversi (Ved. n. 3, 6). Hanno fatto
buon soldato di Gesù Cristo, e a non seguire naufragio, ecc., metafora assai espressiva, per in-
l'esempio dei falsi dottori. Questo precetto (irapav- dicare che hanno perduta la fede. È cosa nota,
YeXi'o),si riferisce a quanto fu detto ai vv. 3-5, che la perdita della fede, ordinariamente, ha la
e deve spiegarsi questo precetto di ingiungere
: sua origine nella corruzione dei costumi. La fede
ad alcuni di non insegnare false dottrine, ecc., te « delle buone opere ha bisogno come di nutri-
lo raccomando caldamente, o Timoteo, mio fi- mento, per cui si conservi e si fortifichi contro le
gliuolo in Cristo. Secondo le profezie. Il precetto tentazioni, alle quali è esposta » Martini. L'empio,
imposto, non è di facile esecuzione, e perciò per non essere impedito nel mal fare dal terrore
S. Paolo incoraggia Timoteo, ricordandogli alcune dei giudizi di Dio, facilmente si persuade che la
profezie, che intorno a lui furono fatte prima della fede e la religione siano cose vane.
sua ordinazione. Qui si tratta di alcune rivela- 20. Tra questi disgraziati che hanno perduta la
zioni fatte dallo Spirito Santo a S. Paolo o ai fe- fede, ne ricorda in modo speciale due: Himeneo,
deli che avevano il dono della profezia, nelle quali di cui si parla anche II Tim. II, 17, e che negava
Timoteo era presentato come un dottore o ve- la risurrezione dei morti, e Alessandro. E incerto
scovo eminente, ecc. (Cf. IV, 14). Nella Chiesa se questo Alessandro sia lo stesso di cui si parla
primitiva, come osserva S. Giov. Cris., le eie- II Tim. IV, 14, come di un nemico personale di
zioni dei vescovi si facevano spesso per una S. Paolo, e Atti XIX, 33. Ho consegnati a Satana,
rivelazione speciale dello Spirito Santo. Così per separandoli dalla Chiesa per mezzo della scomu-
esempio, furono eletti S. Paolo e S. Barnaba per nica (Ved. n. I Cor. V, 5), e dandoli in mano a
predicare ai gentili (Ved. Atti XIII, 1-4). Ciò spie- Satana acciò li tormenti (S. Giov. Cris., Teodo-
gherebbe perchè l'Apostolo abbia scelto Timoteo reto, Teofilatto, Ambrosiastro, S. Tommaso, ecc.).
come compagno, non ostante la sua giovane età Benché gravissima, questa pena è tuttavia medi-
(Atti XVI, 1-3),^ cinale, ossia ordinata all'emendazione del reo»
Affinchè (gr. tva) conforme ad esse, oppure, come indicano le parole perchè imparino, ecc.
sostenuto da esse tu cambatta la buona battaglia. Il delitto di costoro consisteva in bestemmie di-
j
Queste parole, come è chiaro nel greco, indicano rette contro Gesù Cristo, e perciò l'Apostolo sog-
il fine o il motivo per cui è fatta la raccomanda- giunge a non bestemmiare.
:

zione precedente. S. Paolo usa spesso la meta-


fora della milizia e del combattimento, per signi-
' ficare la vita laboriosa dei cristiani e paragona le CAPO II.
varie virtù cristiane alle varie armi del soldato
(Cf. VI, 12; Rom. XIII, 12; II Cor. X, 3-5; 1. Nella seconda parte (II, 1-15) della lettera,
Efes VI, 10 e ss.; II Tim. II, 3). Se la vita dì S. Paolo tratta della preghiera pubblica, e in-
ogni cristiano è un combattimento, molto più lo è segna che si deve pregare per tutti (1-7), e
384 I Timoteo, II, 1-4

rum actiónes prò òmnibus hominibus : ^Pro ziamenti, per uomini


tutti gli'per i re e
:

régibus, et omnibus, qui in sublimitàte sunt, per tutti i posto sublime, affinchè
costituiti in
ut quiétam, et tranquillam vitam agàmus in meniamo vita quieta e tranquilla con tutta
omni 'Hoc enim bonum
pietàte, et castitàte. pietà ed onestà. ^Poiché questo è ben fatto,
est, accéptum coram Salvatóre nostro
et e grato nel cospetto del Salvatore Dio nostro,
Deo, *Qui omnes hómines vult salvos fieri, ^ìl quale vuole che tutti gli uomini si salvino

et ad agnitiónem veritàtis venire. ed arrivino al conoscimento della verità.

come debba pregare dagli uomini e dalle donne


si a morte (Clem. Rom., Ad. Cor. LXI; Policarp.,
(8-10), poi prende occasione per parlare del
e Ad Philipp., XII, 3; Giust., Apol. I, 17; Atenag.,
contegno che le donne hanno da tenere nelle as- Leg prò Christ. 37; Orig., Cont. Cel. Vili, 73;
Tert. Apol. 30), mostrando così quanto fosse falsa
l'accusa, che loro si muoveva, di non curarsi delle
cose dello stato. Affinchè meniamo, ecc. li fine
a cui è destinata questa preghiera, è di ottenere
da Dio la pace e la tranquillità esterna, che tanto
contribuiscono alla propagazione del Vangelo nel
mondo, e all'esercizio delle virtù cristiane. Si
Fig. 39- deve quindi pregare per la pace, affine di poter
compiere con maggior facilità i proprii doveri re-
Donna greca ligiosi (pietà) e morali (onestà). Quest'ultima
che prega. parola corrisponde al greco crefivón^Ti, tradotto
nella Volgata castitàte.
3. Si deve pregare per
tutti in generale, e per
le autorità in speciale, per due motivi: T perchè
questo è ben fatto, ossia é cosa moralmente buona,
e 2° perchè è grato e accetto a Dio. Anche qui
come al capo I, 1, Dio viene detto salvatore^
perché ci ha dato Gesù Cristo, che ci ha salvati.
4. Dà la ragione per cui una tale preghiera è
aemblee pubbliche (11-15). In tutto questo capo
grata a Dio. Egli vuole la salute di tutti gli uo-
non si parla del culto privato, ma del culto pub-
mini, niuno eccettuato (Rom. Ili, 29, 30; X, 12;
blico.
II Cor. V, 15, ecc.), e quindi gli si fa cosa grata
Raccomando (gr. JcapaxaXcò). Dopo aver esortato
quando si prega per tutti. A ben intendere però,
Timoteo a combattere la buona passa
battaglia,
come Dio voglia che tutti si salvino, è necessario
ora a dare alcuni avvisi particolari a cui deve
distinguere in Dio, per rispetto alle cose volute,
attendere per essere buon soldato. Prima di tutto. una doppia volontà, l'una antecedente e l'altra
Queste parole mostrano quanto sia importante e conseguente. La prima si porta all'oggetto con-
necessaria per la vita cristiana la preghiera, che,
siderato in se stesso, prescindendo da tutte le
al dire di S. Tommaso (h. 1.), è un'arma contro
sue circostanze; la seconda invece considera l'og-
le tentazioni e un mezzo per progredire nel bene.
getto non solo in se stesso, ma anche in tutte le
Suppliche (òenceti;), orazioni {npoaevXàq), voti (èv- sue circostanze. Ciò posto, siccome la salute dì
rev^etc;).E difficile determinare la differenza tra tutti in se stessa è cosa buona. Dio con volontà
queste tre specie di preghiere, benché, come si antecedente vuole sinceramente che tutti si sal-
ricava dal v. 8, sia certo che qui si tratta di pre- vino; a tal fine ha disposto che Gesù Cristo mo-
ghiere liturgiche e pubbliche. Probabilmente le risse per tutti, niuno eccettuato (v. 6; Rom. V, 18;
suppliche indicano le preghiere di domanda per XIV, 15; I Cor. Vili, 11; I Tim. IV, 10, ecc.), e
noi, le orazioni, le preghiere di adorazione, i voti,
che a tutti, a seconda delle diverse condizioni e
le preghiere di domanda per gli altri. Ringrazia-
delle diverse esigenze, vengano date le grazie e
menti per i benefìzi ricevuti. Per tutti, ecc. Spiega gli aiuti sufficienti per conseguire la salute. Sic-
per chi si deve pregare. Dobbiamo in generale come però, .negli arcani disegni della sua sapienza
pregare per tutti, senza alcuna eccezione, poiché
e della sua giustizia, ha disposto di non impedire,
tutti hanno lo stesso Dio per padre e sono nostri
ma di permettere che alcuni, di loro libera volontà,
fratelli.
cadano in peccato senza più risorgere, con volontà
2. In modo speciale poi si deve pregare per le conseguente Egli esclude costoro dalla salute, dopo
autorità civili. Col nome di re (PaciXeìq), si com- averne preveduto i demeriti, e colla stessa volontà
prendono coloro che hanno la suprema po-
tutti vuole che siano salvi solo coloro, che la sua gra-
testà; imperatori, ecc. 7 costituiti in posto
re, zia rende perseveranti sino alla fine. Se poi si
sublime, ossia in dignità (greco èv ùjrepoXtì óvreq), cerca la ragione per cui Dio permette che l'uno
sono coloro che hanno un'autorità delegata; pro- piuttosto che l'altro cada e si perda, si deve ri-
consoli, propretori, procuratori, ecc. (Cf. Rom. correre a quanto fu detto Rom. IX, 12 e ss., ben
XIII, 1 e ss.). Con questa ultima raccomandazione, ritenendo, che niuno si salva, se non per la gra-
S. Paolo viene a inculcare ai fedeli che l'autorità zia di Dio, e niuno si danna se non per propria
viene da Dio, e che essi non devono né congiu- colpa (Cf. S. Tom. h. 1.). Riguardo alla difficoltà
rare, né ribellarsi, ^a
sono tenuti ad obbedire, relativa ai bambini morti senza Battesimo, prima
semprechè le cose comandate non sìeno contrarie dell'uso di ragione, si danno dai Teologi varie
alla legge di Dio. Gli antichi fedeli hanno messo risposte, che si possono vedere in qualsiasi ma-
in pratica la raccomandazione dell'Apostolo, pre- nuale di Teologia (p. e. Bìlluart, De Doo, diss.
gando sempre per la prosperità dell'impero ro- VII, art. 8, ob. 7). S. Paolo confuta qui le eresie
laaao, anche quando da esso erano perseguitati di Calvino e di Giansenio, il primo dei quali di-
I Timoteo, II, 5-8 385

Unus enim Deus,, unus


et mediàtor Dei *Uno è Dio, uno anche il media-
infatti
et hóminum homoChrìstus lesus ^Qui de- : tore tra gli uomini, l'uomo Cristo
Dio e
dit redemptiónem semetipsum prò òmnibus, Gesù **il
: quale diede se stesso in reden-
testimónium tempòribus suis ^In quo pósi- : zione per tutti, testimone nel debito tempo :

tus sum ego praedicàtor, et Apóstolus (veri- 'Al qual fine io sono stato costituito predi-
tàtem dico, non méntior) doctor Géntium in catore e Apostolo (dico la verità, non men-
fide, et ventate. tisco) dottore delle genti nella fede e nella
verità.
'Volo ergo viros orare in omni loco, le- ^Voglio adunque che gli uomini preghino
vàntes puras manus sine ira, et discepta- in ogni luogo, alzando le mani pure, senza

ceva che Dio, prima di ogni previsione di deme- come prezzo per il nostro riscatto, ossia per la
rito, aveva predestinato alcuni alla dannazione, e nostra liberazione dal peccato e dalla schiavitù
il secondo affermava, che Gesiì Cristo era morto del demonio (Efes. I, 7 ; Coloss. I, 14). Egli si
solo per i predestinti (Cf. Gonc. Trid., sess. VI, è sostituito a noi, e per noi ha pagato a Dio tutti
de justif. can. 17 et prop. V damn. ab. Inno- i debiti che avevamo colla divina giustizia (Ròm.
centio X et prop. V damn. ab Alexandre Vili, IV, 25; I Cor. VI, 20; VII, 23; II Cor. V, 21;
7 dee. a. 1690). Gal. III, 13-14). Il greco dvTiXvtpov, non indica
Earrivino al conoscimento della verità, ossia però un prezzo qualunque, ma un prezzo con cui
alia fede, che è il mezzo necessario per ottenere si compra una cosa, dandone un'altra di valore
lasalute (Giov. Vili, 23). II greco èmyvcoaiq indica uguale o equivalente, p. e. testa per testa, vita per
qui una cognizione accurata e profonda delle vita (Ved. Prat, La Théologie de St-P., t. l, p.
verità evangeliche. Questo nome, trovasi usato 282, 283, 289; Brassac, M. B., t. IV, p. 5SS).
quattro volte nelle pastorali (II Tim. II, 25; III, È ancora da osservare, come le parole qui usate
7; Tit. I, 1). da S. Paolo, corrispondano quasi letteralmente a
5. Uno, ecc. Prova che Dio vuole la salute dì quelle che si leggono Matt. XX, 28 Mar. X, 45. ;

tutti, r perchè vi èun solo Dio, primo principio Per tutti, niuno eccettuato. Tutti hanno pec-
e ultimo fine di tutti (Ved. n. Rom. III, 29-30), cato in Adamo, e tutti furono redenti da Gesù
e 2* perchè vi è un solo mediatore tra Dio e tutti Cristo (Rom. V, 18, 19), la cui morte è sufficiente
gli uomini. Gesù Cristo è mediatore tra Dio e a pagare i debiti dì tutti, benché di fatto non
gli uomini, sia perchè nell'unità della sua persona tutti ne approfittino. L'Apostolo insiste nel pro-

possiede assieme la natura divina e la natura clamare l'universalità della redenzione, per com-
umana, e sia perchè colla sua morte ha ricon- battere i falsi dottori, i quali pretendevano di
ciliati gli uomini con Dio (Efes. I, 12; II, 14; formare dei gruppi di iniziati e di perfetti, ve-
Coloss. I, 20; Ebr. Vili, 6; IX, 15; XII, 14). nendo così a menomare l'opera di Gesù Cristo
S. Paolo aggiunge con enfasi, che questo media- (Cf. Lemonnyer h. 1.). Testimone. E meglio tra-
tore è uomo, non per negare la sua divinità, ma durre testimonianza e sottintendere tale è. Allora
per far risaltare, che Gesù Cristo esercita l'ufficio si ha questo senso Tale è la testimonianza fatta
:

di mediatore precisamente in quanto uomo, poi- (da Dio) nel tempo debito, vale a dire : che Gesù
ché è come uomo che egli è morto ed ha pagato Cristo sia l'unico mediatore ed abbia riscattato
a Dio il prezzo del nostro riscatto, e prega per tutti, ecco quanto fu attestato da Dio nel tempo

noi, ecc. È chiaro però che Gesù Cristo, mo- da lui stabilito. Il disegno che Dio, fin dall'eter-
rendo per noi, non ha potuto dare alla sua morte nità, aveva formato di salvare tutti gli uomini per
un valore infinito se non in quanto Egli era an- mezzo di Gesù Cristo, quando venne la pienezza
cora Dio, e per conseguenza la qualità di nostro dei tempi, fu manifestato al mondo per mezzo
mediatore compete a lui precisamente in quanto della predicazione di Gesù Cristo e degli Apostoli
è uomo Dio. Probabilmente l'Apostolo, chiamando (I Cor. II, 7; Gal. IV, 4; Efes. Ili, 5-9; Coloss.

Gesù Cristo uomo, ha voluto anche opporsi al- I, 26). I codici DFC, Vitata e l'Ambrosiastro
l'errore dei gnostici, i quali negavano che il Figlio hanno questa lezione del che ai tempi debiti fu
:

di Dio fosse vero uomo, e ponevano gli angeli fatta testimonianza, ma, come è chiaro, la lezione
quali mediatori tra Dio e gli uomini (Coloss. II, della Volgata è da preferirsi.
18-19). 7. Alqual fine, cioè ad annunziare al mondo
A torto, i protestanti portano questo testo con- la quale testimonianza (della salute universale), io
tro la dottrina cattolica sull'invocazione e l'inter- sono stato costituito, non solo predicatore del
cessione dei Santi, poiché la Chiesa insegna chia- Vangelo, e Apostolo uguale ai Dodici, ma anche
ramente., che la mediazione dei Santi suppone la dottore delle genti, ossia ho ricevuto una spe-
mediazione di Gesù Cristo, e sopra di essa si ciale missione (benché non esclusiva) di predicare
fonda e da essa riceve tutta la sua forza (Ved. la salute ai gentili e di istruirli nella fede cristiana
Cane. Trid. sess. XXV, de invoc... Sanctorum). e nella verità, ossia nella dottrina evangelica (Cf.
6. // quale, ecc. Spiega in qual modo Gesù sia Atti IX, 15; XXII, 21; Rom. XI, 13; Gal. II, 7
nostro mediatore, e abbia riconciliato gli uomini e ss., ecc.). Dico la verità, ecc. S. Paolo insiste
con Dio. Diede se stesso, ossia si offrì volontaria- nell'affermare la realtà della sua missione, per
mente. S. Paolo vuole qui far risaltare in modo sempre più opporsi ai Giudaizzantì che gliela ne-
speciale la spontaneità del sacrifizio compiuto da gavano (Cf. Rom. IX, 1).

Gesù Cristo. Redenzione. Il greco corrispondente 8. Dopo


aver detto che si deve pregare per
dvTiXwpoY, significa propriamente il prezzo di ri- tutti, passa ora (8-10) a inculcare a tutti il modo
scatto, ossia ciò che si paga per comprare o di pregare. Voglio adunque, ecc. Ritorna all'ar-
redimere uno schiavo (Cf. n. Rom. Ili, 24). Gesù gomento interrotto dalla digressione 5-7, e si
Cristo, morendo sulla croce, si è offerto a Dio rivolge dapprima agli uomini. Preghino. Qui si

35 — Sacra Bibbia, voi. II.


386 1 Timoteo, II, 9-13

tìóne. 'Simillter et mulieres in hàbitu or- ira e dissensione. *Similmente anche le


nato, cum
verecùndia, et sobrietàte ornàntes donne ornino di abito decente con vere-
si

se, et non in tortis crinibus, aut auro, aut condia e modestia, non di treccie, né di oro,
margaritis, vel veste pretiósa ^"Sed quod : o di perle, o di vestimenta preziose ^"ma :

decet mulieres, promitténtes pietàtem per con buone opere, come si conviene a donne
opera bona. che fanno professione di pietà.
"Mùlier in siléntio discat cum omni su- ^^La donna impari in silenzio con tutta
biectióne. ^^Docére autem mulieri non per- soggezione. "Non permetto alla donna di
mitto, neque dominàri in virum : sed esse in insegnare né di dominar sull'uomo ma stia :

siléntio. "Adam enim primus formàtus est : in silenzio. "Poiché Adamo fu formato il

Petr. Ili, 3. 12 I Cor. XIV, 34. " Gen. I, 27.

tratta di preghiere pubbliche, come è chiaro dal donne sono portate alla vanità del vestire, e perciò
contesto. In ogni luogo destinato alla pubblica pre- S. Paolo prescrive le norme da osservarsi, e
ghiera. Ad Efeso, come altrove, vi erano pa- benché le sue parole si riferiscano in modo spe-
recchie Chiese domestiche, nedle quali i fedeli si ciale alle adunanze pubbliche nelle Chiese, è
radunavano per celebrare e assistere ai divini chiaro però che vanno estese ancora ad ogni altro
misteri. Alzando le mani. Gli affreschi e i graffiti luogo. La decenza e la modestia del vestito de-
delle catacombe rappresentano gli oranti in piedi, vono osservarsi dappertutto. Anche S. Pietro ha
colle mani alzate verso il cielo. Analoghe rappre- trattato quest'argomento (I Piet. Ili, 3 e ss.), e
sentazioni si trovano pure sui monumenti egizi e similmente SS. Padri hanno parole di fuoco
i

assiri, e anche i Giudei solevano pregare in contro il vestire immodesto (Tertull., De cultu
piedi volgendosi verso il tempio (Cf. Exod. XVII, foemin. ; S. Giov. Cris. h. 1.). Ciò basta a spie-
11; S. Clem. R. I Cor. XXIX). Pure, cioè mon- gare l'importanza degli avvisi dati qui da S. Paolo.
de, da ogni azione peccaminosa, quali la rapina, 10. Ma con buone opere. L'ornamento delle
il furto, la violenza, ecc. (Isai. I, 15; Giac. IV,
donne cristiane, non deve consistere nell'oro o
8). L'atto esterno della preghiera, per piacere a
nelle perle, ma neJla pratica di ogni sorta di opere
Dio deve essere accompagnato dalla mondezza del buone. Le parole come si conviene, ecc., formano
cuore libero da ogni passione di odio e di discordia una specie di parentesi. Che fanno professione.
coi fratelli (Ved. Matt. V, 23-24). Dissensione. Il
Tale è il senso del greco èjraYYeXXo^évoi<;, tradotto
greco biaXoYiofiou, da alcuni viene tradotto esita- dalla Volgata promitténtes. La pietà, di cui sì parla,
zione, come se l'Apostolo volesse dire, che la
é quella verso Dio, come indica il gr. Geooépeiav.
preghiera deve essere accompagnata da fiducia Alcuni uniscono diversamente le parole di questo
(Giac. I, 6), ma è da preferirsi l'interpretazione
versetto : Voglio che le donne si ornino non di
più comune dissensione o dispute, come Rom. treccie, ecc., ma come si conviene a donne che
XIV, 1. Il cuore deve essere libero dalle agita- fanno professione di pietà per mezzo delle opere
zioni provocate da dispute o discodie coi fratelli.
buone. La prima spiegazione però è generalmente
9. Similmente voglio che le donne, quando in- preferita.
tervengono alle pubbliche adunanze, si ornino 11. Nei vv. 11-15 parla del contegno che le
(greco xoofiEÌv kavxàq all'infinito), ossia si vestano
donne hanno da tenere in Chiesa. Nei primi tempi,
di abito decente (^v xaraaioXq xocfii'q)), con vere-
quando con maggior abbondanza erano dati ai
fedeli i carismi dello Spirito Santo ordinati alla
comune edificazione, avveniva spesso che alcuni,
mossi da ispirazione divina, prendessero la parola
nelle pubbliche adunanze o pregassero ad alta
voce (Ved. I Cor. XIV, 26, e ss.). Le donne pre-
tendevano di far ancor esse altrettanto (I Cor.
Fig. 40.
XI, 1 e ss.), ma S. Paolo si oppone energicamente
Romane vestite (I Cor. XIV, 34 e ss.). La donna in Chiesa impari,

con pompa ossia ascolti, in silenzio l'istruzione o l'esorta-


zione fatta dagli uomini, e mostri così la sua sog-
(Pittura di Ercolano). gezione e la sua dipendenza.
12. Non permetto. L'ordine è preciso, e non
ammette discussione. S. Paolo non vuole assolu-
tamente che le donne insegnino e la facciano da
maestre nelle Chiese. Nulla vieta però, che in
privato le donne possano insegnare anche le ve-
rità della fede (Ved. Atti XVIII, 26; I Cor. IX, 5;
Filipp. IV, 3, ecc.). Né di dominare, ossia di eser-
conila, cioè con pudore e con modestia. Il greco
citare in Chiesa un'autorità sugli uomini. La donna
tradotto- dalla Volgata
cKn<ppoot>vT\<;, sobrietàte, si-
in Chiesa deve stare in silenzio ascoltando, senza
gnifica modestia (Ved. Zorell, Lex. Graec). Dopo
aver la pretensione di insegnare.
aver detto quale debba essere l'ornamento della
donna cristiana, passa a mostrare da quali orna- Dà una doppia ragione per mostrare, che
13-14.
menti debba astenersi. Non deve far pompa né la donna deve stare soggetta all'uomo e che per
di treccie, né di oro, né di perle, né di vesti pre- ciò ad essa non è lecito né insegnare, né eserci-
ziose. Per naturale inclinazione del loro sesso, le tare autorità sugli uomini in Chiesa. Il primo
I Timoteo, II, 14 — III, 1 387

deinde Heva. ^*Et Adam non est sedùctus : primo, e poi Eva. ^*E Adamo non fu se-
mùlier autem sedùcta in praevarìcatióne fuit. dotto, ma la donna sedotta prevaricò.
^^Salvàbìtur autem per filiórum generatió- ^^ Nondimeno si salverà per l'educazione
nem, si permànserit in fide, et dilectióne, et dei figliuoli, se si terrà nella fede e nella
sanctifìcatióne cum sobrietàte. carità e nella santità con modestia.

CAPO III.

Condizioni richieste in coloro che si vogliono promuovere al sacerdozio e all'epi-


scopato, 1-7. — Qualità richieste nei Diaconi e nelle Diaconesse ^ 8-13. —
Grandezza della Chiesa, 14-16.

^Fidélis sermo : Si quis episcopàtum desi- ^Parola fedele Se uno desidera l'episco-
:

derai, bonum opus desiderat. 'Opórtet ergo pato, desidera un bel lavoro. 'Fa dunque

»* Gen. Ili, 6

argomento è tratto daU'ordine della creazione. mune a cui è destinata la donna, ma non esclude
Adamo fu creato prima di Eva ( Gen. II, 7, 18- che vi possano essere donne, le quali per un
23), ed Eva fu formata dalla costa di Adamo, motivo superiore abbraccino uno stato più per-
affinchè fosse a lui di aiuto (Ved. n. I Cor. XI, 8 fetto, quale è la verginità (I Cor. VII, 7 e ss.).
e ss.). Il secondo argomento è tratto dalla maggior Se si ecc. Per ottenere la vita eterna è
terrà,
fragilitàe debolezza della donna. Adamo non fu condizione indispensabile la perseveranza nelle
sedotto (ossia ingannato = greco n'raTTi9t\) dal ser- virtù della fede e della carità (Ved. I, 14), nella
pente, ma la donna sedotta (gr. è^anaxr\Qeìaa = es- santità dei costumi, e in quella modestfa e mode-
sendo stata sedotta), prevaricò. S. Paolo allude razione (cro3<ppoouvii(;, come al vers. 9) che si con-
alle parole che si leggono Gen. Ili, 11-13, dove viene a chi crede in Gesù Cristo. È da osservare
Eva risponde al Signore : Il serpente mi ha in- che nel testo greco «il verbo è al plurale (se si
gannata (i\Jtarf\aB.) e ho mangiato, mentre invece terranno), ma ciò proviene probabilmente dal
Adamo dice la donna... mi ha dato del frutto
: fatto che la parola donna viene considerata come
e ho mangiato. Sia Adamo che Eva trasgredirono un nome collettivo. Taluni però preferiscono ri-
il comando di Dio, ma Eva, osserva S. Tommaso ferire questo verbo a figliuoli, come se l'Apostolo
(h. 1.), prestò fede alle parole del serpente, e volesse dire : la donna si salverà per la pro-
sedotta prevaricò, mentre invece Adamo non cre- ci^azione dei figli, se si terranno, vale a dire, se
dette al serpente, e se cadde nella stessa preva- essa avrà procurato che si tengano fermi nella
ricazione di Eva, vi cadde per fare a modo di lei, fede (Ved."" Padovani h. I.). Ma si oppone giusta-
e non perchè ingannato dal serpente. Se, per mente in contrario che nel greco manca la parola
conseguenza, la donna è più debole e piiì esposta filiórum, e invece di per la procreazione dei figli
a essere ingannata, essa deve star sottomessa al- si ha semplicemente b\à tt\? TejtvoToviàq.
l'uomo, la cui mente e il cui giudizio sono meno
esposti ai pericoli dell'errore. Si osservi che il
verbo fuit (gr. Y^Yove) della Volgata, non va unito CAPO III.
con seducta, ma con in praevarìcatióne.
15. S. Paolo piglia ora occasione per istruire 1. Nella
terza parte (III, 1-16) di questa let-
la donna intorno ai suoi doveri. Benché esclusa tera, Paolo tratta dei requisiti di coloro che
S.
dal pubblico insegnamento nella Chiesa e dal mi- vengono promossi al ministero sacro. Il fatto che
nistero sacro, essa tuttavia si salverà attendendo egli indirizza questa istruzione a Timoteo, mostra
a compiere il dovere del proprio sesso quale è chiaramente che Timoteo era un vero vescovo
la procreazione dei figli (gr. 6tà TT\q texvoYovi'af;) e (Cf. IV, 15; II Tim. I, 6), con potestà di conse-
la conseguente loro istruzione ed educazione, ecc. crare altri vescovi e sacerdoti e diaconi (V, 17-22).
Dio ha creato la donna per provvedere mediante Comincia a parlare delle qualità richieste nei
la procreazione dei figli alla conservazione e pro- vescovi e nei sacerdoti (1-7). Parola fedele (Ved.
pagazione del genere umano, e per conse^enza n. I, 15). Se uno desidera. Probabilmente ad Efeso
la donna che compie fedelmente i doveri della vi erano parecchi, che aspiravano ad avere i primi
sua condizione, non può mancare di piacere a posti nel ministero sacro. L'episcopato (greco
Dio e di salvarsi. Si osservi inoltre che, come èmoxojTTÌq). cioè l'ufficio di vescovo. Il nome di
Adamo fu condannato a un lavoro faticoso e pe- vescovo deriva da èm e oxonéu), e significa, se-
sante, così Eva fu condannata a partorire nel condo la sua etimologia, ispettore, soprainten-
dolore (Gen. Ili, 16-18), e perciò, come il lavoro dente, ma nel Nuovo Testamento è sempre usato
faticoso per l'uomo, così dolori della maternità
ì per indicare coloro che, in forza di una speciale
per la donna, sono una specie di soddisfazione consecrazione sacramentale, sono preposti al go-
che si rende a Dio per il peccato commesso. — verno delle Chiese, con potestà di predicare e di
S. come è chiaro dal
Paolo, contesto, parla del celebrare i divini misteri, ecc. (Atti XX, 28; Fi-
matrimonio come dello stato ordinario e più co- lipp. I, 1; I Tim. Ili, 2; Tit. I, 7). Come già
,

388 Timoteo, III, 2

episcopum irreprehensibilem esse, unius dì mestieriche il Vescovo sia irreprensibile,


uxóris virum, sóbrìum, prudéntem, ornà- che abbia preso una sola moglie, sobrio,
tum, pudicum, hospitàlem, doctórem, 'non prudente, modesto, pudico, ospitale, capace

» Tit. I, 7.

osservano i Padri (S. Giov. Cris., Teodoreto, (De civ. Dei, XIX, 19), è nome di lavoro non di
Teofilat., Ambrosiast., S. Gerolamo, ecc.) e San onore, e per convincersene basta considerare le
Tomaso (h. 1.), nei primi tempi i nomi di vescovo gravissime obbligazioni che incombono ai vescovi
e di seniore o presbitero erano comuni tanto ai e proporzionatamente anche ai sacerdoti. Perciò
vescovi propriamente detti, quanto ai semplici in tutti i tempi, nella Chiesa, furono visti uomini
sacerdoti (Ved. n. Atti XI, 30; Cf. Atti XX, 17, santissimi tremare al solo nome dì episcopato, e
28), senza però che fosse comune la potestà di non indursi ad accettarlo se non per timore di
ordine e di giurisdizione (Cf. Conc. Trid. sess. incorrere nell'ira di Dio (Ved. S. Gerolamo, ad
XXVI, can. 6 e 7 e prop. 50' Decreto Lamenta- Ocean, ep. 69, n. 8, e S. Tommaso Il.a Il.ae
bili). Riteniamo quindi con S. Tommaso, che col q. 185, a. 1).

nome di vescovo si debbano intendere qui tanto i L'episcopato, essendo cosa buona e tanto
2.
vescovi propriamente detti, quanto i semplici sa- eccellente in se stessa, per conseguenza (dunque)
cerdoti. Ciò serve a spiegare perchè S. Paolo, è necessario non affidarlo a chiunque, ma solo a
dopo aver parlato del vescovo, passi immediata- coloro che ne sono degni. 7/ vescovo è qui un
mente a trattare dei diaconi, senza fare alcuna nome collettivo, che indica sia i vescovi propria-
menzione dei semplici sacerdoti. mente detti, sia i semplici sacerdoti. Irrepren-
Alcuni (Petavio, Dissert. eccl., I, 2) però, sibile in tutta la sua vita. Non dice che sia senza
pensano che al tempo degli Apostoli non vi fos- peccato, ma che non dia agli uomini motivo di
sero semplici sacerdoti, non perchè non esistesse riprensione. H cosa indecente infatti, dice San
l'ordine del presbiterato, ma perchè, in ragione Tommaso che sia riprensibile colui, che
(h. 1.),
delle speciali circostanze d'allora, a quelli che deve riprendere altri. S. Paolo enumera ora
gli
erano ordinati sacerdoti si conferiva ancora la parecchie altre qualità (15 secondo la Volgata)
consacrazione episcopale. Ma si fa giustamente positive e negative, di cui deve essere ornato il
osservare in contrario, che dai primi capi del- vescovo. Queste stesse cose sono ripetute nella
l'Apocalissi e dagli antichi scrittori (Sant'Ignazio, lettera a Tito, I, 6 e ss. Che abbia preso una
Ad Philad., n. 4; S. Cipriano, De Unit. Eccles., sola moglie. Non vuol già dire che il vescovo
n. 8, ecc.), apparisce chiaro, che in ogni città debba aver moglie (S. Paolo stesso era celibe,
non vi era che un vescovo solo. Altri (V. Michiels, I Cor. VII, 7, 8, 25), e neppure che non debba
L'orione de Vépiscopat, p. 167 e ss. ; p. 210 avere di più di una moglie (la poligamia è troppo
e ss., Lovanio, 1900; Battifol, Rev. Bib., 1895, contraria al Vangelo, perchè potesse essere ne-
p. 473 e ss., ecc.), con qualche differenza di mi- cessario inculcare a Timoteo di non far vescovi
nore importanza ritengono, che col nome dì i poligami), ma solo che, se ha moglie, non ne
vescovi nei primi tempi venissero chiamati i soli abbia presa più di una (Cf. espressione analoga
semplici sacerdoti. I veri vescovi sarebbero stati V, 9), vale a dire non sia passato a seconde nozze.
i soli Apostoli e i loro compagni missionari!. Tale è l'interpretazione dei Padri e di tutti gli
Anche qui però non si tratta che di una con- esegeti cattolici. La ragione di questa proibizione
gettura, in favore della quale non si portano che va cercata nel fatto, che le seconde nozze, benché
deboli argomenti. Knabenbauer, Belser, Felten, permesse, sono però riputate indizio di inconti-
ecc., sono invece d'avviso che il nome di ve- nenza, e non rappresentano più bene l'unione di
scovo significhi esclusivamente il vescovo pro- Gesù Cristo colla Chiesa (unione di un solo con
priamente detto. Ma si fa osservare che è assai una sola, II Cor. XI, 2), a figurar la quale fu
difficile poter spiegare in questo senso i passi. destinato il matrimonio. Dovendo il vescovo rap-
Atti XX, 28 e Filipp. I, 1 (Ved. Brassac, M. B., presentare Gesù Cristo, non può far ciò conve-
t. IV, p. 472 e ss. ; Prat, La Théologie de St-P., nientemente, qualora abbia avute due mogli. Non
t. I, p. 475 e ss. ; Dict. Vig., Evéque). La que- si poteva, come
è chiaro, esigere nei primi tempi,
stione sull'origne dell'episcopato è stata trattata che vescovi e i sacerdoti fossero celibi,
tutti ì

da parecchi cattolici in diverse riviste, per esem- ma siccome


il celibato è convenientissimo sia alla

pio. De Smedt., Rev. de Quest. hist., 1 oct. 1888 santità del sacerdozio cristiano, e sia agli ob-
Ermoni, Rev. de Quest. hist., 1 oct. 1900; Bor- blighi che esso impone, si comprende di leggieri
kowschi, Stimmen aus M. Laach, voi. 61 (1901), come abbia potuto in seguito diventare una legge
p. 76 e ss., ecc.). generale, almeno nella Chiesa latina, tanto più
Desidera un bel lavoro, ossia desidera un uf- che già in antico la più parte degli ordinati vi-
ficio nobile ed eccellente, a formidabile agli stessi veva nello stato di continenza (Ved. Dict. Vac,
angeli », come dice il Concilio di Trento (sess. Célibat ecclésiastique ; Van Steenkiste, h. 1.).
VI, De refor., cap. I), quale è quello di pascere Sobrio. Nel greco si legge vritpàXiov, che dai
una parte del gregge di Gesù Cristo, e di lavo- Padri greci viene generalmente interpretato nel
rare, superando difficoltà, sopportando persecu- senso di ponderato o calmo. Questa spiegazione
zioni e tollerando anche la morte, per il bene sembra da preferirsi, poiché della sobrietà, che
della Chiesa, e la propagazione e difesa del è parte della temperanza, si parla al v. 3 non
Vangelo. Il desiderio dell'episcopato e del sacer- dedito al vino.
dozio per se stesso è cosa buona, quando si Prudente nelle parole e nelle azioni. La pru-
porti non all'onore e alla dignità, ma al travaglio, denza è specialmente necessaria a coloro che
alla fatica, da sostenersi per dilatare il regno di sono preposti a governare gli altri. Modesto, pu-
Gesii Cristo. L'episcopato, diceva Sant'Agostino dico. Nel greco vi è una parola sola xóautoY =»
I Timoteo, III, 3-10 389

vinoléntum, non percussórem, sed modés- d 'insegnare, 'non dedito al vino, non vio-
tum non lìtigiósum, non cùpidum, sed
:
lento, ma modesto non litigioso, non in-
:

*suae dómui bene praepósitum filios ha- :


teressato, ma *che ben governi la propria
bentem sùbditos cum omnì castitàte. "Si quis casa, che tenga subordinati ì figliuoli con
autem dómui suae praeésse nescit, quómodo perfetta onestà. "(Che se uno non sa gover-
Ecclésiae Dei dilìgéntiam habébit? *Non nare la propria casa, come mai avrà cura
neóphytum ne in supérbiam elàtus, in iu-
: della Chiesa di Dio?) "Non neoflto, affinchè
dicium incidat diàboli. 'Opórtet autem il- levandosi in superbia non cada nella danna-
lum et testìmónium habére bonum ab iis, zione del diavolo. 'Fa d'uopo ancora che egli
qui foris sunt, ut non in oppróbrìum incidat, sia in buona riputazione presso gli estranei,
et in làqueum diàboli. affinchè non cada nell'obbrobrio e nel laccio
del diavolo.
'Diàconos similiter pudicos, non bilin- 'Similmente i diaconi pudichì, non dì due
gues, non multo vino déditos, non turpe lingue, non dati al molto vino, non portati
lucrum sectàntes 'Habéntes mystérium fi- : ai sordidi guadagni : 'che portino il mistero
dei in consciéntia pura. ^"Et hi autem pro- della fede in una coscienza pura. ^°E anche

decente, ossia ben regolato sia nelle parole, sia a incorrere nella dannazione per lo stesso vizio
nelle azioni, sia nelle vestì, ecc. (Cf.Conc. Trid., per cui fu condannato il demonio, cioè per 1»
sess. XXII, de refor., cap. 1). Ospitale. La virtù superbia.
dell'ospitalità è spesso raccomandata nella Scrit- gli estranei, lett. quei che sono di
Presso
7.
tura (Rom. XII, 13 Ebr. XIII, 2 I Piet. IV, 9),
; ;
Chiesa, cioè i pagani, gli infedeli
della
fuori
e la sua pratica era molto necessaria special- (I Cor. V, 12). Se, infatti, il vescovo non gode
mente in quei primi tempi, quando la persecu- buona riputazione presso gli infedeli, come può
zione costringeva spesso i fedeli a fuggire dall'una sperare che essi ascoltino la sua parola e abbrac-
all'altra città, e li spogliava dei loro beni e cino la fede? Di più, se non gode buona riputa-
delle loro sostanze. Capace di insegnare (òtòa- zione vi è a temere che cada nell'obbrobrio, vale
)*tixóv) la verità difenderla dagli
fedeli, e
ai di
a dire sia disprezzato e veda menomato il suo
attacchi degli infedeli. E questa una fra le prin- prestigio anche presso i fedeli, e così perda il
cipali obbligazioni del vescovo (Ved. II Tim. II,
coraggio e venga a cadere nel laccio del diavolo,
15; Tit. I, 9). ossia nella disperazione e nell'apostasia, per cui
3. Non
dedito al vino che è incentivo di lus- diventi nuovamente schiavo del demonio.
suria (Ved. n. Efes. V, 18). Non violento, cioè 8.Nei vv. 8-13, S. Paolo tratta delle qualità
non facile ad offendere con ingiurie e cattive pa- richieste nei Diaconi e nelle Diaconesse. Simil-
role, o anche non facile a menar le mani. Mo- mente (si deve sottintendere, fa di mestieri che) i
desto (gr. èntetxq =
mite), ossia non troppo Diaconi, ecc. Sull'elezione dei Diaconi e i loro
tenace dei suoi diritti, ma accondiscendente. Non uffizi, Ved. n. Atti VI, 1 e ss. Dal contesto è
litigioso e quindi pacifico. Non interessato (greco
chiaro, che il nome di Diacono indica una classe
icjnXàp Yvpov = non amante del denaro). Dice S. Ge-
di ministri sacri, benché dii ordine inferiore.
rolamo (Ad Nepotian., ep. 52, n. 6) : Ignominia Mentre infatti il nome di vescovo importa presi-
omnium sacerdotum est propriis stadere divitìis. denza, quello di diacono importa solamente aiuto
S. Paolo aveva voluto allontanare da sé ogni e assistenza a un altro. Ai diaconi spettava, in
sospetto di avarizia (Ved. I Cor. IX, 11 e ss.). modo speciale, la cura dell'amministrazione tem-
4. Che ben governi, ecc. Come già fu osser- porale delle comunità cristiane (Ved. Ermoni, Les
vato, poteva avvenire in quei primi tempi che premiers ouvriers de VEvangile, t. I, p. 7-19;
coloro, i quali erano eletti all'episcopato, aves- Bruders, La Costituzione della Chiesa, ecc.,
sero moglie e figli, e quindi l'Apostolo vuole che p. 125 e ss.).
prima di ammetterli negli ordini sacri, si osservi Pudichi, gr. oe|iivou<; = gravi nelle loro maniere
qual'è la loro vita domestica, e come governino e nel loro tratto. Non di due lìngue, ossia senza
la loro famiglia, e se sanno mantenere i figli ob- doppiezza nelle parole, per cui contino una cosa
bedienti e ben morigerati. all'uno e una cosa all'altro. Non dati al molto
5. Se uno, ecc. Il versetto forma una parentesi, vino come al v. 3. Non portati, ecc. Questa con-
in cui dà ragione dell'avviso precedente. Se
si dizione era tanto più necessaria nei Diaconi, ai
uno non sa governare una piccola famiglia e man- quali apparteneva amministrare e distribuire le
tenere nell'obbedienza e nell'onestà pochi figli, elemosine fatte dai fedeli.
come potrà governare saggiamente la Chiesa di 9. Che portino il mistero della fede, ossia tutto
Dio, cioè quella grande famiglia che è la comu- il complesso delle verità evangeliche che formano
nità cristiana? Un cattivo padre di famiglia sarà l'oggetto dellafede (16; I Cor. II, 1, 7; Efes.
difficilmente un buon ministro della Chiesa. Ili, 3). In una coscienza pura. S. Paolo vuole

6. Non neofito, ossia non di recente innestato quindi che i Diaconi siano pieni di una scienza
a Gesù Cristo (Ved. n. Rom. XI, 17; I Cor. Ili, profonda delle verità della fede, acciò possano
6), e per conseguenza non fanciullo nella scienza aiutare nella predicazione il vescovo, ma vuole
delle cose di Dio, e insufficientemente provato ancora che siano di vita pura e irreprensìbile, che
prima che abbia imparato a
nella fede. Se, infatti, è pure un mezzo efficacissimo per conservare
obbedire Io mette a comandare, si può temere
si la fede.
che, al vedersi così subitamente innalzato, per E questi pure, come i vescovi (v. 7), prima
10.
la sua poca virtù si levi in superbia, e venga a di essere ordinati si provino, ossia si esamini
cadere nella dannazione del diavolo, ossia venga quale sìa stata la loro vita precedente, e se
390 I Timoteo, III, 11-16

béntur primum : et sic mìnistrent, nuUum questi prima sì provino : e poi esercitino
crimen habéntes. ^^Mulieres similiter pu- ilministero, essendo senza reato. "Le donne
dicas, non detrahéntes, sóbrias, fidéles in parimente pudiche, non date alla detrazione,
òmnibus. ^^Diàconi sìnt unius uxóris viri : sobrie, fedeli in ogni cosa. "1 diaconi ab-
qui filiis suis bene praesint, et suis dòmi- biano presa una sola moglie : e regolino
bus. "Qui enim bene ministràverint, gra- bene i loro figliuoli, e le loro proprie case.
dum bonum sibi acquirent, et multam fldù- "Poiché quelli che faranno bene il loro mi-
ciam in fide, quae est in Christo lesu. nistero si acquisteranno un grado onorevole,
e una gran fiducia nella fede di Cristo Gesù.
"Haec tibi scribo, ad te ve-
sperans me "Scrivo a te queste cose, avendo spe-
nire cito. ^^Si autem tardàvero, ut scìas quò- ranza di venir presto da te. "Affinchè, ove
modo opórteat te in domo Dei conversari, mai tardassi, tu sappia come diportarti nella
quae est Ecclèsia Dei vivi, colùmna et flr- Ciasa di Dio, che è la Chiesa di Dio vivo,
maméntum veritàtis. "Et manifèste magnum colonna e fondamento della verità. "Ed evi-

abbiano i necessari requisiti, e poi ricevano l'or- propose nel dare questi avvisi a Timoteo. Ti scrivo
dinazione ed esercitino il ministero, qualora siano queste cose (cap. II e III) adesso, benché abbia
©tati trovati irreprensibili, ossia senza reato. la speranza di venire presto (i migliori codici greci

11. Le donne parimenti (sottint. fa di mestieri hanno tàXiov o taXeìor =


più presto di quel che
che siano, v. 2) pudiche, greco ae^vàc, = gravi credi) da f& e di parlartene a voce più diffusa-
(v. 8), non date alla detrazione, greco fin SiapóXovq mente.
= non calunniatrici. Quest'espressione comprende 15. Ove tardassi. L'Apostolo non era sicuro di
la calunnia, la detrazione, la mormorazione e
potersi nuovamente recare a Efeso. Casa di Dio
corrisponde a non di due lingue (v. 8). Sobrie, nell'Antico Testamento veniva chiamato non solo
greco yn<?a\iovq = ponderate (v. 2). Fedeli in ogni il tempio materiale, ma ancora tutto il popolo
cosa riguardante il loro ministero. d'Israele (Num. XII, 7; Osea VIII, 1; IX, 8, 15).
Non si accordano gli interpreti nel determinare Questo nome viene ora dato al popolo cristiano,
di quali donne S. Paolo intenda qui parlare. Al- ossia alla Chiesa, sia perchè Dio abita nei fedeli
cuni (Ambrosiastro, ecc.) pensano che si tratti in come in un tempio, e sia perchè i fedeli, essendo
generale di tutte le donne cristiane, ma a questa figli diDio, vengono a costituire come la famiglia,
spiegazione si oppone il contesto antecedente e o casa di Dio (I Cor. Ili, 9, 16; li Cor. VI, 16;
la
seguente, in cui si parli sempre di ministri sacri. Efes. II, 20-22 ecc.).
Per lo stesso motivo non si può ammettere che si La Chiesa, cioè la società dì tutti i fedeli sotto
parli solo delle mogli dei Diaconi (Alap., Al-
i legittimi pastori. Di Dio vivo, in opposizione
liolì, ecc.), poiché la parola parimenti e le qua-
agli dei morti dei pagani Colonna (I Tess. I, 9).
lità richieste, uguali a quelle dei Diaconi, fanno
e fondamento Queste
(gr. èòpaioono) della verità.
supporre che si tratti di donne a cui è affidato un
metafore mostrano mirabilmente che Dio ha affi-
ministero sacro da compiere. Riteniamo quindi
dato alla sua Chiesa nel mondo la missione di
colla maggioranza degli esegeti (S. Giov Cris.,
custodire, in tutta la sua purezza e il suo splen-
S. Gerol., Teodoreto, Teofllat., Beel., Bisp., Van
dore, la verità evangelica, e di farla conoscere agli
Steen., Drach, ecc.), che l'Apostolo parli qui
uomini. Come infatti la colonna sostiene la parte
delle Diaconesse, alle quali veniva realmente af-
superiore dedl'edifizio, e si mostra agli sguardi di
fidato un ministero, benché non propriamente un
tutti, e, come il fondamento sostiene tutto l'edi-
ordine sacro. Sulle Diaconesse e loro funzioni
fizio e tutte le sue parti, così la Chiesa sostiene e
Ved. n. Rom. XVI, 1.
conserva la verità ricevuta da Dio e la espone agli
12; Torna a parlare dei diaconi. Abbiano pre- uomini, impedendo sempre che si perda o si cor-
sa, ecc., come i vescovi (Ved. n. 2). Regolino, ecc. rompa. Inoltre, come l'edifizio non ha consistenza
(Ved. n. 4-5). Le proprie case, cioè le proprie se non nel fondamento, così la verità non si può
famiglie, e quindi la moglie, i figli, i servi, ecc. avere che nella Chiesa e per mezzo della Chiesa,
13. -Poiché. Dà
ragione delle prescrizioni pre-
la e perciò chi si allontana dalla Chiesa o è fuori
cedenti (v. 8 e ss.), mostrando la ricompensa che di essa, viene necessariamente a trovarsi nell'er-
tocherà a coloro, che saranno stati fedeli nel- rore. In queste parole sono ancora chiaramente
l'adempimento del loro dovere. Si acquisteranno insegnate la visibilità e l'infallibilità deilla Chiesa.
un grado onorevole, ossia meriteranno di essere Se Chiesa non fosse visibile o potesse
infatti la

promossi a maggior grado nella gerarchia eccle- errare, come sarebbe colonna e fondamento della
siastica, vale a dire al sacerdozio o all'episcopato, verità? protestanti hanno cercato vari modi per
I

e assieme otterranno una grande fiducia, cioè un eludere forza di quest'argomento, applicando
la
grande ardire e coraggio per confessare e predi- le dette parole chi a Timoteo, chi alla Chiesa di
care la fede, che ha le sue radici in Gesiì Cristo, Efeso, e chi unendole al versetto seguente, ma i
a cui unisce e da cui trae la sua efficacia (Ved. loro sforzi riuscirono a nulla e l'interpretazione
n. I, 14). Alcuni (Teodoreto...) per un grado ono- data, che è pure quella dei Padri, è dai prote-
revole intendono la gloria del cielo, ma è assai stanti dì buona fede riconosciuta come la sola,
difficile in questo caso spiegare la seconda parte che risponda alla grammatica e al contesto (Ved.
del versetto e una gran fiducia, ecc. Van Steenkiste h. 1.).

14. Nei vv. vedere l'importanza di


14-16, fa 16. Avendo
parlato della verità affidata alla
queste istruzioni dalla grandezza della Chiesa, al Chiesa da custodire, passa a farne un breve rias-
cui servizio sono destinati i sacri ministri. Co- sunto, discorrendo del mistero di Gesù Cristo
mincia coll'accennare (14-15) al fine, che egli si Redentore. Ed evidentemente (gr. ófioXoToutiéroo?
I Timoteo, IV, 1 391

est pietàtis sacraméntum, quod manifestà- dentemente è grande il mistero della pietà,
tura est in carne, iustificàtum est in spiritu, il quale è manifestato nella carne, è stato
si
appàruìt àngelìs, praedicàtum est Géntìbus, giustificato mediante lo spirito, è stato cono-
créditum est in mundo, assùmptum est in sciuto dagli Angeli, è stato predicato alle
glòria. genti, è stato creduto nel mondo, è stato
assunto nella gloria.

CAPO IV.

Errori insegnati dai falsi dottori, 1-5. Norme che Timoteo deve seguire nell'op-
porsi a questi falsi dottori, ó-ió.

^Spiritus autem manifèste dicit quia in : ^Ma lo Spirito dice apertamente che negli
novissimis temporibus discédent quidam a ultimi tempi alcuni apostateranno dalla fede,
fide, attendéntes spiritibus erróris, et doctri- dando retta a spiriti ingannatori e a dottrine

» II Tim. Ili, I ; II Petr. Ili, 3; Judae, 18.

= per confessione è grande il mistero


di tutti), Bisping, ecc.) danno alla parola spirito il senso
della pietà (gr. evoepeiaq =
culto verso Dio), Que- di divinità. S. Paolo direbbe allora : Gesù Cristo
sto mistero di pietà verso Dio, detto al versetto 9 si é manifestato o reso visibile nella carne, ossia
mistero di fede, non è altro che Gesù Cristo Re- nella natura umana, ma assieme si è dichiarato
dentore, il quale viene così chiamato, perchè la nello spirito, ossia ha mostrato (per mezzo delle
vera pietà e la vera religione verso Dio si fondano opere) di avere anche la natura divina. Questa
in modo speciale sulla fede in Gesii Cristo uomo spiegazione corrisponde a quanto si legge Rom. I,
e Dio. Il quale. Nel testo greco si hanno tre 3-4 (Ved. n. ivi), e non si può negare che abbia
varie lezioni. I codici K L P e più di 200 corsivi una certa probabilità.
hanno ©eóq = Dio. ì codici X F G, ecc., hanno òq £ stato conosciuto dagli angeli, ì quali al suo
(che maschile). Il codice D, l'antica Itala, la Vol- entrare nel mondo, lo hanno adorato secondo l'or-
gata e parecchi Padri latini hanno 5 (neutro che). dine del Padre (Ebr. I, 6), e poi lo hanno veduto
Per il senso la differenza tra le varie lezioni non non solo nei giorni della sua vita mortale e della
è grande, benché quasi tutti i coitici preferiscano sua passione, ma anche nella sua risurrezione e
la lezione óq, la quale può dar ragione del come ascensione, e nel mistero della vocazione e della
abbiano potuto nascere le altre due. Infatti si conversione dei gentili (Efes. III, 10; I Piet. 1,
comprende che la lezione ©eóq, abb. possa 02 12), e lo hanno ancora riconosciuto come loro
provenire da OS
e la lezione 5 sia una correzione sovrano (Filipp. II, 10-11). E stato predicato alle
del relativo maschile òq, che non ha espresso il genti, cioè a tutti i popoli Giudei e pagani. E
sostantivo, a cui si riferisce. Qualunque lezione si stato creduto nel mondo, a dispetto delle perse-
segua è chiaro, che il soggetto dei verbi seguenti cuzioni mosse dal demonio e dai suoi satelliti. Fa
è sempre Gesù Cristo, sia espresso esplicitamente assunto nella gloria nel giorno della sua ascen-
come nella prima lezione, sia espresso in modo siione, e possiede ora eternamente questa gloria e
implicito come nella seconda e nella terza. ne fa parte a coloro che avranno creduto in lui
Manifestato. Con sei brevi proposizioni, dispo- (Cf. Prat op. cit., t. II, p. 194).
ste due a due secondo le leggi del parallelismo,
e in modo da formare un tristico, S. Paolo passa
a spiegare il mistero dell'Incarnazione. Alcuni CAPO IV.
(Beelen, Bisping, Prat, ecc.) pensano che si abbia
qui un passo di un inno cristiano a Gesù Cristo, 1. Nella quarta parte (IV, M6) della sua let-
solito a cantarsi nelle adunanze dei fedeli. La tera, S. Paolo mostra a Timoteo come debba di-
cosa in sé é possibile, purché si ammetta che portarsi verso gli eretici. Comincia coU'esporre i
S. Paolo abbia fatte interamente sue le parole loro errori (1-5).
citate, per modo che si abbia qui, non solo la Lo Spirito Santo dice apertamente. Non si pud
divina verità della citazione, ma anche la verità determinare se l'Apostolo alluda alla profezìa di
divina della cosa citata. 11 Figlio di Dio si è ma- C^esù Cristo (Matt. XXIV, 4 e ss.), oppure a
nifestato nella carne, ossia si è fatto uomo, e qualche rivelazione fatta o a lui personalmente,
mentre prima era invisibile e nascosto nel seno o a qualcuno tra i profeti del Nuovo Testamento
del Padre, per la sua incarnazione è divenuto vi- (Cf. Atti XX, 23; XXI, 11; I Cor. XII, 10, ecc.).
sibile ed ha abitato in mezzo a noi (Giov. I, 14-15). Ad ogni modo è certo che annunzia un oracolo
Giusf ideato, cioè fu dimostrato (gr. èòixoicóeii.Matt. proveniente da Dio. Negli ultimi tempi (greco
XI, 19; Lue. VII, 35) vero Figlio di Dio mediante iv vaxipoxq xaipotc;). Qui non si tratta degli ultimi
lo Spirito, ossia mediante le testimonianze rese a tempi del mondo, ma dei tempi che corrono dalla
lui dallo Spirito Santo con i miracoli, e con la venuta di Gesù Cristo sino alla fine del mondo.
discesa del medesimo Spirito sopra di lui. Nu- Questo modo di parlare si incontra anche altrove
merosi interpreti (Van Steen., Belser, Drach, nel Nuovo Testamento (I Cor. X, 11; II Tess
392 I Timoteo, IV, 2-7

nis daemoniórum, 'in hypócrisì loquéntìum di demonii, 'che per ipocrisia propongono
mendacium, et cauterìàtam habéntium suam la falsità, e hanno la coscienza coperta di
consciéntiam, 'Prohibéntìum nubere, abstì- turpi marche, ^che ordinano di non contrarre
nére a cibis, quos Deus creàvit ad perci- matrimonio, di astenersi dai cibi che Dio
piéndum cum gratiàrum actióne fidélibus, et ha creati, perchè i fedeli e quelli che hanno
iìs, qui cognovérunt veritàtem. *Quia omnis conosciuta la verità ne usassero con rendi-
creatura Dei bona est, et nihil reiiciéndum mento di grazie. ^Poiché tutto quello che
quod cum gratiàrum actióne percìpitur : Dio ha creato è buono e nulla è da riget-
•Sanctiflcàtur enim per verbum Dei, et ora- tarsi, di ciò che si prende con rendimento
tiónem. di grazie ^giacché viene ad essere santi-
:

ficato per la parola di Dio e per l'orazione.

•Haec propónens fràtribus, bonus eris ml- ^Se cose proporrai ai fratelli, sarai
tali

nister Christi lesu, enutritus verbis fidei, et buon ministro di Cristo Gesù, nutrito delle
bonae doctrinae, quam assecùtus es. ^Inéptas parole della fede e della buona dottrina,

' Sup. I, 4; II Tim. II, 23; Tit. Ili, 9.

Ili, 1 I Piet. I, 5; I Giov. II, 18, ecc.). Nel caso


;
rare il loro uso come per se stesso cattivo è andar
presente sarebbe inoltre assai strano, che l'Apo- contro l'ordinazione di Dio. I fedeli e quelli eh»
stolo avverta Timoteo di premunire già fin d'ora hanno conosciuto la verità per opposizione ai
ì fedeli contro errori che verranno alla fine del falsi dottori, i quali ritenevano che tali cibi non
mondo. E quindi da ritenere che si tratti di un si dovessero . Con rendimento, ecc.
mangiare.
avvenire non molto lontano. Alcuni cristiani apo- Con queste parole che il fedele deve
si indica,
stateranno, ossia si allontaneranno dalla fede^ santificare anche mangiare, e non abban-
l'atto di
dando retta a spiriti ingannatori (tale è la miglior donarsi al diletto sensuale come gli animali. Si
lezione del greco nveujiacnv jrXàvoi?), cioè ai falsi osservi come la Chiesa ha sempre lodata l'asti-
dottori, così chiamati perchè non si lasciano di- nenza, fatta per spirito di penitenza e di mortifi-
rigere dallo Spirito Santo, che è Spirito di verità, cazione, e l'ha anche imposta ai suoi figli, ma
ma dal demonio che è spirito di errore e di men- non ha mai creduta impura o immonda alcuna di
zogna. Alle dottrine dei demonii, ossia alle dot- quelle cose che Dio ha creato (Cf. Matt. VI, 16-
trine loro ispirate e suggerite dai demonii. 17; XV, 11, ecc.).
2. Che si riferisce ai falsi dottori. In tutti i
4-5. Mostra la falsità della dottrina di questi
tempi fu carattere degli eretici l'ipocrisia, ossia il eretici,primo, perchè ogni creatura è buona in
fingere un grande amore per la purità dei costumi se stessa (Ved. Gen. I, 31; Atti X, 14, 15; Rom.
e la sana dottrina, e lo spacciare la menzogna che XIV, 20), e secondo, perché non si deve rigettare
pure conoscono come tale. Costoro fingono pietà come cattivo nulla di ciò che, secondo l'ordina-
e disinteresse, per sedurre più facilmente gli in- zione di Dio, deve essere preso con rendimento
cauti (Matt. VII, 15; II Tim. Ili, 5), ma nella
di grazie a Dio.
loro coscienza portano impresse le marche delle Dato pure infatti che, dopo la maledizione in-
loro scelleratezze. L'Apostolo allude all'uso degli corsa per il peccato di origine, le creature ab-
antichi di imprimere, con un ferro rovente, un biano contratta una certa immondezza (Rom. Vili,
segno sugli schiavi e sui criminali. 19 e ss.), o meglio, dato pure che i vari cibi
3. Ordinano, ecc. Questi eretici predicavano siano per se stessi indifferenti sotto il rapporto
un ascetismo falso ed esagerato e condannavano morale, essi vengono santificati e consecrati a
come assolutamente illecito il matrimonio, mentre Dio per mezzo della preghiera, e perciò non pos-
in secreto si abbandonavano poi ad ogni disso- sono più essere rigettati come impuri.
lutezza. La proibizione del matrimonio, era pro- La parola di Dio non significa qui la benedi-
babilmente di origine Frigia, poiché si sa che la zione data da Dio alle creature (Gen. I, 22, 28),
mutilazione era in onore presso i sacerdoti di ma i vari testi della Sacra Scrittura, di cui si
Cibele. Si osservi con Sant'Agostino {Cont. Faust., componevano le preghiere, che i primi cristiani
XXX, 6) che proibisce e condanna il matrimonio erano soliti a dire quando prendevano cibo.
chi dice che il matrimonio è un male, non già
6. Nei vv. S. Paolo dà a Timoteo le
6-16,
colui che, pur ritenendo il matrimonio come un
bene, antepone a questo un bene migliore qual'è
norme da seguù-e nell'opporsi a questi eretici.
la castità (I Cor. VII, 1, 8). Di astenersi, ecc.
Se tali cose, che ora ti ho dette (v. 3-5), pro-
porrai ai fratelli, cioè ai cristiani affidati alla tua
Altro errore di tali eretici era il considerare al-
cura, sarai buon ministro (gr. òidxovoq). Il nome
cuni cibi come per se stessi cattivi (Cf. Coloss.
diacono si trova usato 22 volte da S. Paolo, ma,
II, 16 e ss.). Non si tratta qui probabilmente dei
ad eccezione di tre volte (Filipp. I, 1 ; I Tim. Ili,
cibi vietati dalla legge mosaica, ma di alcuni cibi
8, 12), è sempre preso, come qui, in largo senso,
considerati come prodotti non da Dio, ma dal
e come sinonimo dì servo o ministro. Se tu
principio cattivo, come più tardi insegnavano aper-
adunque farai così, mostrerai col fatto di essere
tamente alcuni gnostici e i Manichei. Una ten-
denza dualistica si trova già presso gli Esseni e
buon ministro di Gesù Cristo, nutrito di fede e
di sana dottrina. Lo studio della Scrittura e della
presso Filone, nonché presso i Neoplatonici. Que-
fede aveva formato come l'alimento di Timoteo
sti cibi, soggiunge l'Apostolo, sono creati da Dio
sin dalla sua infanzia (II Tim. Ili, 14).
e non dal demonio, e sono un beneficio di Dio
da con ringraziamenti (Gen. I, 29) e
riceversi 7. Timoteo deve rigettare le false dottrine degli
perciò not sono cattivi in se stessi, e il conside- eretici, ed esercitarsi nella pietà. Favole da vec-
I Timoteo, IV, 8-14 393

autem, et aniles fàbulas devita : exérce au- nella quale tu sei versato. '^Ma rigetta le
tem teipsum ad pietàtem. *Nam corporàlis profane favole da vecchierella, ed esercitati
exercitàtio, ad módicum ùtìlis est : pietas nella pietà. "Infatti l'esercizio del corpo
autem ad omnia ùtilis est, promissiónem ha- serve a poco ma la pietà è buona a tutto,
:

bens vitae, quae nunc est, et futùrae. ^Fi- avendo la promessa della vita di adesso e
délis sermo, et omni acceptióne dignus. "In della futura. ^Parola fedele e sommamente
hoc enìm laboràmus, et maledicimur, quìa ac;cettevole. "Poiché per questo ci affati-
speràmus in Deum vivum, qui est Salvator chiamo e siamo maledetti, perchè abbiamo
omnium hóminum, màxime fidélium. ^^Prae- speranza in Dio vivo, il quale è salvatore
cipe haec, et doce. di tutti gli uomini, massimamente dei f©
^
deli. ^Comanda queste cose e insegnale.
"Nemo adolescéntiam tuam contémnat : "Nessuno disprezzi la tua giovinezza :

sed exémplum esto fidélium in verbo, in ma sii modello dei fedeli nel parlare, nel
conversatióne, in charitàte, in fide, in casti- conversare, nella carità, nella fede, nella
tàte. "Dum vénio, attènde lectióni, exhorta- castità. ^'Fino a tanto che io venga, attendi
tiónì, et doctrìnae. alla lettura, all'esortare e all'insegnare.
"Noli negligere gràtiam, quae in te est, "Non trascurare la grazia che è in te, la
quae data est tibi per prophetiam, cum im- quale ti è stata data per profezia, con l'im-

ehìerella sono chiamate le dottrine dei gnostici eterna.La proposizione è generale, e non esclude
intorno alle sostanze celesti (Ved. n. I, 4). L'Apo- che anche alcuni fedeli possano andar perduti, a
stolo qualifica tali dottrine come -rpaéìbeiq, ossia motivo della loro non corrispondenza alla grazia.
indegne di uomini serii. Esercitati, espressione 11. Comanda, coll'autorità che ti viene dal tuo
tolta dagli giuochi.
antichi Pietà (gr. ZtJoépeia) ministero, le cose dette precedentemente (6-10), e
significa il culto che si presta a Dio, e comprende insegnale ai fedeli.
tutti gli atti, con cui si può onorare Dio. L'Apo-
12. Alla parola, Timoteo deve congiungere l'e-
stolo vuole quindi, che Timoteo si eserciti come
sempio. Nessuno, ecc. Guarda di non diportarti
un lottatore nelle opere appartenenti al culto di
in modo, che qualcuno possa trovar motivo di
Dio, e alla propria santità.
disppezzare la tua giovinezza. Una persona gio-
8. Dà ragione dell'avviso precedente. L'eser-
la vane, rivestita di grande autorità, si trova facil-
cizio del corpo, come la corsa, la lotta, tanto sti- mente esposta alle critiche e anche al disprezzo
mato dai Greci, serve a poco, ossia reca un van- degli altri, se in essa lo splendore delle virtù
taggio molto limitato, poiché non serve che a dar non supplisca al difetto di età. Presso gli antichi,
agilità e robustezza al corpo, e a far acquistare al l'uomo veniva considerato giovane fino a 40 anni
più un premio terreno (Cf. I Cor. IX, 25), ma la (Cf. S. Irin., Adv. Haer., 1. II, cap. XXII, 4, 5),
pietà è buona a tutto, perchè reca vantaggi al- e anche S. Paolo al momento del martirio di Santo
l'anima e al corpo, avendo essa promesse di beni Stefano viene chiamato giovane (Atti VII, 57). In
temporali e di beni eterni (Ved. n. Matt. VI, 33; conseguenza se si pone che, al momento in cui
XIX, 29; Mar. X, 30). S. Paolo si associò Timoteo (nel 51-52 d. C),
9. Parola, ecc. (Ved. n. I, 15; III, 1). Queste questi avesse una ventina d'anni, è chiaro che un
parole si riferiscono a quanto l'Apostolo ha detto 15 anni circa più tardi, al tempo cioè in cui fu
Bulla pietà. scritta la presente lettera, egli poteva ancora es-
sere chiamato giovane.
10. Per questo, ecc. E tanto vero che la pietà
ha promesse di beni presenti e futuri, che per Ma sii tu, o meglio, diventa per i fedeli un
questo noi tutti con lieto animo ci affatichiamo, modello da imitare nelle parole, nel conversare,
cioè in tutto il tuo modo di agire, ecc. I supe-
ossia sosteniamo ogni sorta di travagli, e siamo
riori devono in modo speciale essere di esempio
maledetti (óvetòtJJófxeea), ossia soffriamo oltraggi e
ai sudditi (Matt. V, 14-15; .1 Piet. V, 3), e perciò
persecuzioni, perchè abbiamo speranza di ottenere
tali beni (Cf. I Cor. IV, 9 e ss. ; II Cor. IV, 8
anche S. Paolo propone spesso ai fedeli il suo
e ss. ;VI, 3 e ss., ecc.) da Dio vivo e immortale. esempio da imitare (I Cor. XI, 1; Filipp, III, 17;
Dio viene così chiamato, per opposizione agli dei II Tess. III, 9).

morti venerati dai pagani, e per mostrare che può Paolo sperava di andar presto a Efeso
13. S.
dare la vita eterna promessa. Invece di siamo (Cf. III, 14), nel frattempo però esorta Timoteo
maledetti, ì codici A C F G K, ecc., hanno dYcovtJ^ó- ad attendere alla lettura, sia privata che pubblica,
I*s9a = combattiamo, e tale lezione è accettata da della Sacra Scrittura (Cf. Atti XIII, 15; Col. IV,
Tischendorf, Tregelles, Nestle, ecc. La lezione 16; I Tess. V, 27), «chiamata da Sant'Ambrogio
della Volgata ha in suo favore i codici D L e le il libro sacerdotale, e da un altro antico Padre,
versioni copta, siriaca, ecc. Il senso generale non la sostanza del nostro sacerdozio a Martini.
cambia. Salvatore di tutti gli uomini (Ved. n. II, ^
Sono note le parole di S. Gerolamo {Ad Nepo-
3). Massimamente dei fedeli. Dio vuole la salute Divina Scriptaras sepius lege,
tian., ep. 52, n. 7). a
di tutti, e a tutti dà gli aiuti sufficienti per sal- imo numquam de manibus tuis sacra lectio depo-
varsi, ma questi aiuti sono piiì abbondanti per i natur». All'esortare (Ved. n. Rom. XII, 7-8) al
fedeli, che da lui sono piìi amati. Solo i fedeli bene i fedeli, e all'insegnare loro la vera dottrina.
corrispondono alla grazia di Dio e obbediscono 14. Inculca a Timoteo di far uso delle grazie ri-
alla sua volontà, e quindi la morte redentrice di cevute. Non trascurare, cioè non tener oziosa. La
Gesù Cristo, che è sufficiente per tutti, solo per grazia. Nel greco si legge Xapiana che non signific»
i fedeli è efficace, ed essi soli conduce alla vita propriamente la grazia santificante (Xapi<;), ma un
394 I Timoteo, IV, 15 — V, 3

positióne manuum presbytérii. ^"Haec me- posizione delle mani del presbiterio. *'Me-
ditare, in his esto : ut proféctus tuus mani- dita queste cose, in esse sia fisso, affinchè
féstus sit omnibus. ^'Attènde tibi, et doc- sia manifesto a tutti il tuo avanzamento.
trinae : insta in illis. Hoc enim fàciens, et "Attendi a te e all'insegnare persevera :

teipsum salvum fàcies, et eos, qui te àudiunt. in questo. Poiché ciò facendo, salverai te
stesso e quelli che ti ascoltano. .

CAPO V.

Come Timoteo debba trattare coi fedeli dei due sessi, 1-2. — Come debba diportarsi
colle vedove, 3-8. —
Condizioni richieste nelle vedove per essere ammesse al
servizio della Chiesa, g-i6. —
Come debba diportarsi verso i sacerdoti, 17-25,

'Seniórem ne increpàveris, sed óbsecra ^Non riprendere duramente l'uomo attem-


ut patrem iùvenes, ut fratres
: ^Anus, ut : pato, ma pregalo qual padre i giovani,
:

matres iuvénculas, ut soróres in Omni ca-


: come fratelli ^le attempate, come madri
: :

stitate. le giovanette, come sorelle, con tutta casti-


monia :

*Viduas honóra, quae vere viduae sunt. "Onora le vedove, che sono veramente

dono spirituale in generale (Ved. I Cor. XII, 4 quale deve essere la preoccupazione di tutti i

e ss.). Questo dono o grazia, qui non può essere vescovi e di tutti i sacerdoti, salvare se stessi e
altro che la grazia della consecrazione episcopale il proprio gregge!
(Cf. II Tira. I 6), la quale importa e la grazia
santificante e il carattere e l'autorità di ordinare,
di predicare, ecc., e in Timoteo dovette essere CAPO V.
probabilmente congiunta con altri doni straordinari
dello Spirito Santo, quali la profezia, le lingue, ecc. 1. Nella quinta parte della sua lettera (V, 1-VI,
Ti e stata data per profezia, ossia in virtù di par- 2), S. Paolo insegna a Timoteo come debba dipor-
ticolari rivelazioni, colle quali Dio fece conoscere tarsi verso le differenti classi di persone, di cui si
la sua volontà che tu fossi innalzato all'episco- compone la Chiesa. Comincia dal modo di trattare
pato, non ostante la tua giovane età (Atti XVI, 1; coi fedeli dei due sessi a seconda delle loro età
Cf. I, 18). Con l'imposizione delle mani mie (II (1-2).
Tim. I, 6) e di quelle del presbiterio, ossia dell'as- Non riprendere, oppure non trattare, duramente.
semblea dei vescovi, che presero parte alla tua Tale è il senso del greco èmnXé^ij*;. L'uomo at-
consacrazione. Altri spiegano : che ti è stata data, tempato. Tale è qui il senso del greco jrpeopvtépv
quando l'assemblea dei presbiteri ti impose le come è chiaro da quel che segue. Pregalo di emen-
mani, vale a dire quando tutti i sacerdoti presenti darsi, come farebbe un figlio col padre. A Timoteo,
alla tua consecrazione da me fatta, ti imposero le giovane ancora, si conveniva in modo speciale un
mani per mostrare che ti riconoscevano come loro tal modo di agire. / giovani avvertiscili come
capo (Ved. Crampon h. 1.). La prima spiegazione, faresti con fratelli. È chfaro che qui non sono
che è di S. Giov. Cris., ci sembra più probabile. compresi quei casi straordinarii, in cui il bene
Sull'imposizione delle mani ved. n. Atti XIII, 3. delle anime esige di agire con tutta severità e
Questo versetto, assieme a II Tim. I, 6, è un senza alcun riguardo.
luogo classico per dimostrare che l'Ordine è un 2. Con non solo
tutta castimonia, evitando cioè
vero sacramento (Cf. Cono. Trid., sess. XXIII, ogni tratto onesto, ma anche quella fa-
men che
cap. 3). migliarità che può dar luogo a sospetti e a dicerie.
15. Queste cose che ti ho detto intorno al
3. Nei vv.
3-16 discorre delle vedove e del
tuo ufficio (vv. 6 e ss.), medita. Il greco jieXéTo modo con esse.
di agire
significa piuttosto, occupati di ques'i cose ; in
Onora. Questo verbo, qui come altrove (Matt.
fisse sta fisso, ossia metti tutto l'impegno, af-
XV, 4, 6; Atti VI, 1; I Tim. V, 17), significa
finchè il tuo avanzamento nella pietà causato dal- non solo rispettare, ma ancora prendersi cura,
l'adempimento sempre più perfetto dei tuoi do- assistere, sovvenire. S. Paolo ordina quindi che
veri, sia manifesto a tutti, e tutti veggano il buon
le vedove, le quali hanno le dovute condizioni,
uso che fai della grazia ricevuta. siano sostenute coi beni della Chiesa, vale a dire
16. Attendi a te, cioè veglia
su te stesso affine colle pubbliche elemosine dei fedeli. Fin dai primi
di vivere comeconviene, e all'insegnare affine
si tempi, la Chiesa aveva avuto una cura speciale
di istruire convenientemente gli altri. Il pastore di delle vedove (Ved. Atti VI, I e ss.). Che sono
anime deve attendere a' santificare se stesso e gli veramente vedove. L'Apostolo insiste sulla signi-
altri, e non potrà generalmente fare gran frutto ficazione etimologica del nome Xripo (vedova), che
negli altri, se è trascurato riguardo a se stesso. vuol dire desolata, priva di soccorso, ecc., e
Ciò facendo, ecc. Ecco il felice risultato del- ordina che solo quelle vedove siano sostentate
l'adempimento dei proprii doveri, ed ecco ancora dalla Chiesa, le quali, oltre all'aver perduto il
I Timoteo, V, 4-10 395

*Si qua autem vidua fìlios, aut nepótes ha- vedove. '*Che se una vedova ha figliuoli o
bet : discat primum domum suam régere, et nipoti, impari in primo luogo a governar
mùtuam vicem réddere paréntibus hoc
: la sua casa, e a rendere il contraccambio
enim accéptum est coram Deo. *Quae autem ai genitori perocché questo è accetto di-
:

vere vidua speret in Deum,


est, et desolata, nanzi a Dio. ^Quella poi che è veramente
et instet obsecratìónibus, et oratiónibus nocte vedova e abbandonata, confidi in Dio; e
ac die. ^Nam quae in deliciis est, vivens perseveri nel supplicare e pregare notte e
mórtua est. ^Et hoc praecipe ut irreprehen- giorno. ^Poiché quella che sta in delizie,
sìbiles sint. *Si quis autem suórum, et mà- vivendo è morta. ^E tali cose intima loro
xime domesticórum curam non habet, fldem affinchè siano irreprensibili. 'Che se uno
negàvit, et est infldéli detérior. non ha cura dei suoi, e massimamente di
quelli della sua casa, ha rinnegata la fede,
ed è peggiore di un infedele.
•Vidua eligàtur non minus sexaginta anno- "La vedova si elegga di non meno dì ses-
rum, quae fùerit unius viri uxor, "In opé- santa anni, che sia stata moglie di un solo

marito, non hanno


figli o parenti o altri che le 8. S. Paolo conchiude con una sentenza gene-
aiutino. E
chiaro che qui non si tratta di vedove rale riferendosi al versetto 4. Se uno, cioè se uà
ricche, le quali non possono dirsi prive di mezzi figlio, un nipote non ha cura, ossia non si
da mantenersi. adopera al sostentamento dei suoi parenti biso-
4. Alcune vedove non hanno bisogno dei soc- gnosi, e massimamente di quelli che gli sono più
corsi della Chiesa, potendo essere aiutate dai pa- congiunti, ha rinnegata la fede (Tit. I, 16) almeno
renti, /mpari, ecc., ossia si occupi principalmente col fatto, poiché vive in opposizione con quanto
(oppure prima di essere ammessa al servizio della essa insegna, e la espone al disprezzo degli
Chiesa, v. 9, si occupi) nel governo della sua infedeli. Peggiore di un infedele, perché anche i

casa, e dia ai proprii figli o nipoti quell'educa- pagani, mossi dalla legge di natura, praticano
zione che essa stessa ha ricevuto dai genitori, che la carità verso i loro congiunti. Coloro che appli-

è quello che piace a Dio. A questo modo essa cano il versetto 4 alle vedove, ritengono che
sarà sostenuta dai figli o dai nipoti, senza essere anche qui si parli di esse e traducono Se uns :

d'aggravio alla Chiesa. Il—testo greco però vedova non ha cura, ecc.
può essere spiegato diversamente, poiché invece 9. Nei vv. 9-16 tratta delle condizioni che
di impari, ha il plurale imparino (naveavétcooav)
debbono avere le vedove per essere ammesse ad
e invece di governare, ha mostrarsi, essere pii esercitare alcune funzioni ecclesiastiche. Quasi
(evcepeìv). Si ha allora questo senso che assai
:
tutti commentatori ritengono, che qui non sì
i

bene corrisponde al contesto : Se una vedova ha parli più di tutte le vedove in generale, ma solo
figliuoli o nipoti, imparino (questi) in primo luogo
di una categoria speciale. Non si è però d'ac-
a mostrarsi pii verso la propria casa o famiglia, cordo nel determinare quali fossero le loro attri-
e a rendere il contraccambio ai genitori, vecchi buzioni. Alcuni pensano che si tratti semplice-
e bisognosi, facendo per essi quanto essi hanno mente delle Diaconesse (Ved. n. Rom XVI, 1);
fatto per loro, quando erano bambini bisognosi di altri invece, che si tratti di una categoria di ve-
tutto. Timoteo dovrà quindi prima di tutto rac-
dove aventi uffizi analoghi a quelle delle Diaco-
comandare queste vedove alla pietà dei loro figli nesse, ed altri (S. Giov. Cris., Teodoreto, ecc. ;
e parenti. Alcuni codici greci prima di accetto, Estio, ecc), che si tratti semplicemente delle
aggiungono buono, ma si tratta di una glossa vedove da essere iscritte nel catalogo delle per-
tolta dal cap. II, 3. sone che la Chiesa doveva soccorrere. Questa
5. Quella che è veramente vedova, per opposi- ultima sentenza non sembra probabile, poiché
zione a quelle che possono essere soccorse dalla non si comprende che, per essere soccorse dalla
propria famiglia. E abbandonata, ossia rimasta Chiesa, le vedove debbano avere 60 anni ed
sola, senza aiuti (gr. fienovooitiéYTi), confidi (nel essere state mogli di un solo marito. Riteniamo
greco vi è il perfetto confidò, oppure confida) in quindi che si tratti di una categoria di donne,
Dio, e perseveri (gr. persevera) nel supplicare^ che si consacravano in modo speciale al servizio
ecc. (Ved. n. Lue. II, 37). Le vedove che devono della Chiesa (educazione dei fanciulli, cura dei
essere soccorse dalla Chiesa sono quelle, che malati, ecc.) in modo che avessero diritto ad
prive di ogni umano aiuto, hanno posta tutta la essere mantenute dalla Chiesa (Ved. Van. Steen-
loro confidenza in Dio, a cui intendono servire kiste h. 1.; Brassac, M. B., t. IV, n. 970).
nella preghiera, ecc. E probabile che tra esse si scegliessero le

6. Poiché quella, ecc. Nel greco si legge A 6^ vere Diaconesse .

= quella poi. Alla vedova pia del versetto pre- Si elegga. Il greco ìiaxdXzyéaQca significa lette-
cedente oppone ora la vedova mondana, la quale ralmente si iscriva nel catalogo delle vedove as
non deve essere soccorsa dalla Chiesa. Che sta sunte al servizio della Chiesa. Non meno di
in delizie, o meglio, secondo il greco <niataXóò(;a, sessanta anni. AI Concilio di Calcedonia l'età
che vive nella lascivia e quindi nel lusso e nella fu ridotta a 40 anni. Che sia stata moglie, ecc.
sregolatezza, vivendo è morta, ossia, benché al- Questa condizione è analoga a quella richiesta
l'esterno possa sembrare diversamente, tuttavia per i vescovi (III, 2) e per i diaconi (III, 12.
in realtà essa è morta davanti a Dio (Cf. Efes. V, Ved. n. ivi).
14), perchè rea di peccato e spoglia della grazia. Che goda
10. abbia testimonianza, ossia che
7. Tali cose si riferisce ai vv. 5-6. Siano irre- buona riputazione meritata coU'esercizio delle
prensibili e non facciano disonore alla Chiesa. opere di carità, quali ad esempio « buona edu-
396 1 Timoteo, V, 11-16

ribus bonis testimónium habens, sì filios marito, "che abbia testim inianza di buone
educàvit, si hospitlo recépìt, si sanctórum opere, se ha allevati i figliuoli, se ha pra-
pedes lavit, si tribulatiónem patiéntibus ticata l'ospitalità, se ha lavati i piedi ai
subministràvit, si omne opus bonum subse- santi, se ha sovvenuto ai tribolati, se è stata
cùta est. intenta ad ogni opera buona.
"Adolescentióres autem viduas devita : "Ma ricusa le vedove più giovani. Poiché
Cùm enim luxuriàtae fùerìnt in Christo, nu- dopo essersi date alla mollezza contro di
bere volunt ^^Habéntes damnatiónem, quia
: Cristo, vogliono maritarsi "e hanno la :

primam fidem irritam fecérunt. "Simul au- dannazione, perchè hanno renduta vana la
tem et otiósae discunt circuire domos non : prima fede. "E similmente essendo oziose,
solum otiósae, sed et verbósae, et curiósae, si avvezzano ad andare gironi per le case :

loquéntes quae non opórtet. non solo (sono) oziose, ma e cianciatrici,


e curiose, cinguettando di quello che non
conviene.
"Volo ergo iunìóres nubere, pro- filios "Voglio adunque che le giovani si mari-
creare, matres f amili as esse, nullam occa- tino, abbiano figliuoli, facciano da madri di
siónem dare adversàrio maledicti gràtìa. famiglia, diano ninna occasione di maldi-
"lam enim quaedam convérsae sunt retro cenza all'avversario. "Alcune infatti si sono
sàtanam. "Si quis fldélis habet viduas, sub- già rivoltate dietro a. satana. "Se un fedele
rainistret illis, et non gravétur Ecclèsia : ut ha delle vedove, le soccorra, e non si ag-
iis, quae vere viduae sunt, sufficiat. gravi la Chiesa affinchè possa bastare a
:

sostenere quelle che sono veramente vedove.

cazione dei figli, la pratica dell'ospitalità (Ved. n. intriganti. Questo modo di agire, oltre all'essere
Ili, 2). Se ha lavati i piedi. Lavare i piedi degli pericoloso, tornava di disonore per la Chiesa.
ospiti era, presso gli Orientali, un necessario 14.Voglio adunque, per mettere fine a questi
complemento dell'ospitalità (Ved. n. Lue VII, 44; disordini, che le giovani vedove, le quali non
Cf. Gen. XVIII, 4; I Reg. XXV, 41; Matt. XXVI, hanno virtù per vivere nella continenza, si rima-
6), e per i cristiani un atto sublime di umiltà, ritino. S. Paolo non comanda assolutamente, che
del quale Gesù stesso ha dato l'esempio nella tutte le vedove giovani si rimaritino, il che sa-
sua ultima cena (Giov. XIII, 5 e ss.). Santi sono rebbe contrario a quanto scrisse I Cor. VII, 8,
ì cristiani (Ved. n. Rom. I, 7). Se ha sovve- 40, dove presentò la castità come un bene mi-
nuto, ecc. gliore, ma le sue parole vanno applicate solo
11. Nei vv. 11-15, spiega quali siano le vedove alle vedove, che non hanno il dono della conti-
da non ammettersi al servizio della Chiesa. Ri- nenza, oppure non la vogliono osservare. Ciò è
casa di accettare al servizio della Chiesa le ve- conforme a quanto si legge I Cor. VII, 9. Per
dove più giovani di 60 anni (v. 9), e in generale queste tali è meglio maritarsi una secondo volta,
le vedove giovani. La ragione si è che facilmente, che commettere fornicazioni.
dopo essere state nutrite e soccorse dalla Chiesa, Facciano da madri di famiglia. Nel greco gover-
si danno poi a mollezze e piaceri contro la legge nino la casa. Occasione di maldicenza contro i
di Gesù Cristo, e vogliono rimaritarsi. Il verbo cristiani e la loro religione. All'avversario, cioè
xatacrTpnviàoroooTv = luxuriàtae fuerìnt, non si incon- ai nemici della nostra religione, sia Giudei che
tra altrove nel Nuovo Testamento. Nell'Apoca- pagani (Cf. Tit. II, 8). Alcuni per l'avversario
lisse f XVIII, 1, 9) si trova però la forma semplice intendono il demonio, ma la sola prima spiega-
•tpnviào) còlla significazione analoga di vivere tra zione risponde al contesto.
le delizie. Vogliono maritarsi. Se l'Apostolo con- 15. L'esperienza conferma la ragionevolezza e
danna in queste vedove anche il solo desiderio la convenienza delle norme date. Alcune di queste
di maritarsi, ciò suppone che esse fossero conse- giovani vedove si sono rivoltate da Gesù Cristo,
crate a Gesù Cristo con voto di castità, come è per correre dietro a Satana, sia col fornicare o
più chiaramente indicato nel versetto seguente. col contrarre matrimonio non ostante il voto
12. Hanno la dannazione, ossia vengono, come fatto, e sia coll'aver forse perduta anche la fede.
spose infedeli, a trovarsi in istato di dannazione, 16. Se un fedele. Alcuni codici greci hanno se
perchè hanno violato la prima fede, ossia hanno una fedele; i codici D K L, parecchie versioni,
rotto il patto con cui prima si erano consacrate S. Giovanni Cris., Teodoreto, Ambrosiastro, ecc.,
a Gesù Cristo con voto di perpetua castità, e sì hanno invece : se un fedele o una fedele, e que-
erano impegnate di abbandonare la vita di fa- st'ultima lezione è forse la più probabile. Ha
miglia per darsi alle opere di carità. Tale è la delle vedove nella sua famiglia, le soccorra, af-
spiegazione di quasi tutti i Padri e gli interpreti finchè non avvenga che la Chiesa, aggravata del
cattolici, e anche di parecchi protestanti.
loro sostentamento, non sia in grado di provve-
13.Aggiunge un'altra ragione per cui si de- dere a quelle vedove, che sono veramente in
ono ricusare le vedove giovani. Essendo sosten- necessità (v. 3-5). Probabilmente i falsi dottori di
tate dalla Chiesa, e non avendo più il vero Efeso facevano le loro reclute specialmente tra
spirito di Gesù Cristo, diventano oziose (Cf. II le donne, spingendole a un ascetismo esagerato
Tfess. III, 11). Ora l'ozio è padre dei vizi (Eccli. coll'abbandono dei doveri più elementari della
XXXIII, 29). Andar gironi per le case affine di famiglia, e trascinandole talvolta a disordini senza
distrarsi, ecc. Curiose. Il greco significa piuttosto nome, dando così luogo a gravi scandali. Per
I Timoteo, V, 17-22 397

*'Qui bene praesunt presbyteri, dùplici ^'Iseniori che governano bene, siano ri-
honóre dìgni habeàntur màxime qui labó-: putati meritevoli di doppio onore massi- :

rant in verbo et doctrina. "Dicit enim Scrip- mamente quelli che si affaticano nel parlare
tùra : Non alligàbis os bovi trituranti. Et : e nell'insegnare. ^^Infatti dice la Scrittura :
Dignus est operàrius mercéde sua. Non mettere la musoliera al bue che trebbia.
E : L'operaio è degno della sua mercede.
^' Ad versus presbyterum accusatìónem noli ^'Non ammettere accusa contro di un se-
duóbus aut tribus téstibus.
recipere, nisi sub niore se non con due o tre testimoni. ^"Quelli
'"Peccàntes coram omnibus àrgue ut et : che peccano riprendili alla presenza di
céteri timórem hàbeant. tutti : affinchè anche tutti gli altri ne pren-
dano timore.
*^Testor coram Deo, et Christo lesu, et ^^Ti scongiuro dinanzi a Dio, e a Gesù
eléctìs àngelis, ut haec custódias sine prae- Cristo, e agli Angeli eletti, che osservi tali
iudicio, nihil fàciens in àlteram partem de- cose senza prevenzione, facendo nulla per
clinando. ^^Manus cito némini imposueris, inclinazione verso l'altra parte. ^^Non ti dar

" Deut. XXV, 4; I Cor. IX, 9; Matth. X, 10; Lue. X, 7.

questi motivi probabilmente l'Apostolo fu indotto 19. Nei vv. 19-21, spiega a Timoteo come debba
a dar norme precise per le vedove, che erano in diportarsi verso i sacerdoti rei, o sospettati, di
speciale rapporto coHla Chiesa (Ved. Lemon- qualche trasgressione grave. Non ammettere, ecc.
nyer h. 1.). Questo modo di procedere doveva, a norma del
Nei vv. 17-25 l'Apostolo spiega a Timoteo
Deuteronomio (XIX, 15), essere adoperato con
17.
tutti, per conseguenza molto ragionevolmente
e
come debba diportarsi verso i sacerdoti. 7 seniori.
l'Apostolo ne raccomanda l'osservanza in modo
Il nome greco e latino presbiteri, corrispondente
speciale a riguardo dei sacerdoti, a motivo della
a seniori, indica qui sia i preti e sia i vescovi
loro dignità. I ministri sacri hanno infatti bisogno
(Ved. n. Ili, 1). La parola onore anche qui, come
di prestigio, e non devono essere condannati alla
al V. 3, significa non solo stima e rispetto, ma
leggiera, tanto più che, per la stessa loro posi-
anche l'onorano, ossia quella parte di beni ma-
zione, si trovano talvolta esposti all'odio dei mal-
teriali destinata al proprio sostentamento. La voce
viventi e alle calunnie e alle persecuzioni dei tristi.
doppio è un ebraismo, e significa semplicemente
abbondante (Cf. Isaia XL, 2; Gerem. XVI, 18; 20. Quelli che peccano, ecc. Si tratta diretta-
XVII, 18, ecc.). S. Paolo vuole che tutti i sacer- mente non di pubblici peccatori, ma dei
tutti i

doti, i quali compiono bene il loro dovere, siano soli sacerdoti. Se questi sacerdoti peccano pubbli-
abbondantemente provveduti dalla Chiesa, ma in camente, mostrandosi infedeli ai loro doveri, ri-
modo speciale quelli che si affaticano nell'evan- prendili alla presenza di tutti i sacerdoti e di tutti
gelizzazione. Da questo versetto appare chiaro che, i fedeli affinchè... tutti gli altri sacerdoti e fe-
oltre ai sacerdoti evangelizzatori, ve n'erano an- deli, ecc. Così sarà rimediato allo scandalo e tutti
che altri, i quali dovevano occuparsi in modo avranno un timore salutare. E chiaro però che qui
speciale dell'amministrazione dei sacramenti, e si tratta di peccati pubblici, poiché per le colpe

di ciò che si riferiva all'organizzazione interna scerete vale il precetto dato dal Signore (Matt.
e al governo della Chiesa. XVIII, 15). Inoltre ciò che si dice dei sacerdoti,
va esteso ancora a tutti ì pubblici peccatori (Cf.
18. Prova colla Scrittura, che i ministri del
Conc. Trid. sess. XXIV, cap. 8).
Vangelo hanno diritto a un onesto sostentamento.
Non mettere, ecc. (Cf. Deut. XXV, 4; Ved. n. I 21. Ti scongiuro.
Tale è il senso del greco
Senza prevenzione favorevole o sfa-
òia^apTijpo|iiai.
vorevole verso l'accusato. Niuna cosa facendo^ ecc.
Nel greco si legge semplicemente : niuna cosa fa-
cendo per parzialità o preferenza. La rettitudine
Fi?. 41. incorrotta dei giudizi ecclesiastici è di tanta ira-
portanza, che l'Apostolo la raccomanda a Timoteo
Cavallo colla colle più gravi parole.
musoliera. 22. Cautele da adoperarsi nella ordinazione dei
sacri ministri. Imporre le mani (Cf. n. IV, 14 e
Ved. n. Atti XIII, 3). S. Paolo completa così
quanto ha detto, intorno all'elezione dei sacri mi-
nistri, nei capi precedenti. Prima di conferire l'or-
Cor. IX, 9, ove è riferito lo stesso testo). E l'ope- dinazione, Timoteo deve esaminare bene se gli
raio, ecc. Siccome questo secondò testo è ancora ordinandi abbiano l'età e le condizioni richieste.
citato come Scrittura, e non si trova alla lettera Se farà diversamente, egli verrà a rendersi com-
che presso S. Luca, X, 7, riteniamo che S. Paolo plice di tutti i mali, che essi faranno nel ministero,
citi veramente, come ispirato, il terzo Vangelo. e ne sarà responsabile davanti a Dio.
Così pensano anche S. Giov. Cris., Teodoreto, Conserva te stesso puro, ossia affine di poter
Cornely, Padovani, ecc. Alcuni (Estio, Drach, Van correggere efficacemente gli altri, guarda di con-
Steen., ecc.) ritengono invece che l'Apostolo citi servarti puro (fiYvov) da ogni macchia e da ogni
semplicemente un proverbio per indicare che ogni ombra di peccato, e specialmente da ogni peccato
operaio ha dir tto a vivere del suo lavoro. di carne, e pratica la virtù, senza però andar*
398 I Timoteo, V, 23 — VI, 2

ncque communicàveris peccàtis aliénis. Te- fretta a imporre le mani ad alcuno, e non
ipsum castum custodì. prender parte ai peccati degli altri. Conserva
te stesso puro.

''Noli adhuc aquam bibere, sed modico ^^Non voler tuttora bere acqua, m.a fa uso
vino ùtere propter stómachum tuum, et fre- di un poco di vino a causa del tuo stomaco
quéntes tuas inflrmitàtes. e delle frequenti tue malattie.
^^Quórumdam hóminum peccata manifèsta peccati di alcuni uomini sono mani-
^*I
sunt, praecedéntia ad iudicium quosdam : festi,e prevengono il giudizio ad altri poi
:

autem subsequùntur. '^^Similiter et facta


et vanno loro appresso. ^'Parimenti le buone
bona, manifèsta sunt et quae àliter se ha-
: operazioni sono manifeste e quelle che
:

bent, abscóndi non possunt. sono altrimenti, non possono tenersi occulte.

CAPO VI.

Che cosa Timoteo deve insegnare agli schiavi, 1-2. Nuove istruzioni contro i —
falsi dottoH, 3' IO. —
Timoteo deve condurre una vita santa, 11-16. Doveri —
dei ricchi, 17-19. — Custodire intatto il deposito della fede^ 20-21,

*Quicùmque sunt sub iugo servi, dóminos ^Tutti gli schiavi che sono sotto il giogo,
suos omni honóre dignos arbitrèntur, ne no- stimino i loro padroni meritevoli di ogni
men Dòmini et doctrina blasphemètur. ^Qui onore, affinchè non sia bestemmiato il nome

oltre i giusti limiti dell'astinenza, come è indicato luoghi ha parlato degli schiavi e dei padroni, e dei
nel versetto seguente. loro mutui doveri (Ved. Efes. VI, 5-9; Coloss.
Ili, 22-IV, 1), qui però tratta solo degli schiavi,
23. Timoteo già si era dato allo studio della
forse perchè essi avevano più bisogno di istru-
perfezione, praticando le virtù e custodendo la
zione. Dal versetto seguente e dalle ultime parole
castità, e a tal fine si asteneva dal vino. Ma ìl
del presente si deduce chiaro, che qui si parla
suo stomaco si risentiva di tale mortificazione, ed
degli schiavi cristiani, che hanno padroni infedeli.
egli cadeva spesso malato. S. Paolo, colla tene-
rezza e l'autorità di un padre, impone dei limiti,
Sono sotto al giogo. La metafora, tratta dagli
antichi usi di guerra, per cui si facevano passare
e tempera il suo fervore, ordinandogli di pren-
i vinti sotto a una specie di giogo formato con
dere un po' dì vino, a motivo degli incomodi di
lancie, serve ad indicare la dura condizione, in
salute a cui si trovava esposto.
cui si trovano questi schiavi, a cui viene racco-
24-25. In questi due versetti si hanno due av-
mandata l'obbedienza. Stimino meritevoli di ogni
vertimenti, che riassumono quanto l'Apostolo ha
onore, e quindi rispettino i loro padroni e li ubbi-
detto intorno al modo di agire coi sacerdoti (v. 19
discano in tutto che non è contrario alla legge di
e ss.). E necessario usare circospezione nell'im-
Dio. Affinchè non sia, ecc. I padroni infedeli, se
porre le mani e nel giudicare e condannare, per-
vedessero i loro schiavi cristiani mancar loro di
chè, sia la cattiva condotta, e sia le buone opere,
rispetto e di obbedienza, potrebbero essere indotti
non sono sempre manifeste. Vi sono infatti uo-
a parlar male del Signore e della religione cri-
mini, cui peccati sono manifesti a tutti, poiché
i
stiana, quasi che essa favorisca o permetta le
prevengono il giudizio, vale a dire sono cono- ribellioni. La dottrina del Vangelo.
sciuti prima di ogni esame e di ogni condanna.
Ma vi sono pure altri uomini, i cui peccati vanno Quelli poi, ecc. In questo versetto si parla
2.

loro appresso al giudizio, ossia non si manifestano degli schiavi di padroni cristiani. Essi non devono

che diffìcilmente, e non sono conosciuti che dopo credersi dispensati dall'ubbidire e dal rispettare
un esame e un giudizio severo. Parimenti le buone i loro padroni, sotto pretesto che, come cristiani,
opere di alcuni sono manifeste a tutti e preven- sono loro uguali e loro fratelli; ma al contrario
gono ogni giudizio, ossia sono conosciute prima devono raddoppiare di zelo e- di fedeltà appunto
di ogni esame e ricerca, invece le buone opere di
perchè i padroni sono cristiani e amati da Dio,
altri sono altrìmenti, ossia sono occulte, e queste
e partecipi del benefìzio della redenzione di Gesù
Cristo.
non possono tenersi occulte, ma devono manife-
starsi, quando si istituisca un esame serio e at-
Le parole, che hanno parte a tal benefizio, oltre
alla spiegazione data ne hanno ricevuto parecchie
tento. Usando di queste precauzioni, Timoteo potrà
altre. Alcuni (Bisping, Beelen, Van Steenkiste, Pa-
conoscere bene chi siano coloro che si hanno da
ammettere agli ordini sacri, e chi siano coloro che dovani, ecc.), le uniscono e spiegano nel modo
si hanno da escludere...
seguente non li disprezzino..., ma piuttosto ser-
:

vino loro con maggior fedeltà, per la ragione


appunto che questi padroni, i quali hanno parte,
CAPO VI. ossia godono della loro servitù, sono cristiani, e
perciò amati con maggior carità. Altri (S. Giov.
1. Nei vv. 1-2 spiega a Timoteo, che cosa Cris., Teofll., Estio, ecc.), le applicano ai padroni
debba insegnare agli schiavi. S. Paolo in più e spiegano : i servi devono con maggior fedeltà
I Timoteo, VI, 3-9 399

autem habent dóminos, non contém-


fldéles del Signore e la dottrina. 'Quelli poi che
nant, quia fratres sunt sed magis sérvìant,
: hanno padroni fedeli, non li disprezzino,
quia fldéles sunt et dìléctì, qui beneficii par- perchè sono fratelli ma piuttosto servano :

ticipes sunt. Haec dece, et exhortàre. loro, perchè sono fedeli e diletti, che hanno
parte a tal benefizio. Così insegna ed esorta
'Si quis àliter docet, et non acquiéscit ^Se alcuno insegna diversamente, e non
sanis sermónibus Dòmini nostri lesu Chri- si acquieta alle sane parole del Signor nostro
sti, quae secùndum pietàtem est doc-
et ei, Gesù Cristo, e 5? Ila dottrina, che è conforme
trinae *Supérbus est, nihil sciens, sed lan-
: alla pietà : *egli è un superbo, che non sa
guens circa quaestiónes, et pugnas verbórum ;
nulla, ma si ammala per dispute e questioni
ex quibus oriuntur invidiae, contentiónes, di parole : dalle quali nascono invidie, con-
blaspliémiae, suspiciónes malae, ''Conflic- tese, maldicenze, cattivi sospetti, ''conflitti
tatiónes hóminum mente corruptórum, et di uomini corrotti nell'animo, ì quali sono
qui veritàte privati sunt, existimàntium privati della verità, e si pensano che la pietà
quaestum esse pietàtem. sia un'arte di guadagno.
"Est autem questus magnus pietas cum 'E veramente una grand 'arte di guadagno
sufBciéntia.^Nihil enim intùlimus in hunc è la pietà con contentarsi di poco. ''Nulla
il
mundum haud dùbium quod nec auférre
: infatti abbiamo portato in questo mondo e :

quid póssumus. *Habéntes autem alimenta, non vi ha dubbio che nulla possiamo portar
et quibus tegàmur, his contènti simus. via. 'Ma avendo gli alimenti, e di che co-
•Nam qui volunt divites fieri, incidunt in prirci, contentiamoci di questo. 'Poiché

' Job. I, 21 ; Eccl. V, 14. « Prov. XXVII, 26.

obbedire ai padroni cristiani, perchè questi come nella Volgata, mancano pure nei migliori codici
tali fanno partecipi i loro servi di maggior bene- gerci, e perciò vanno considerate come una glossa.
volenza, avendo imparato a considerarli come loro
6. Avendo biasimato falsi dottori, che consi- i
fratelli. Non si può negare ogni probabilità a deravano la pietà come
un'arte di guadagno, l'A-
queste due spiegazioni, benché la prima ci sembri postolo, con una figura rettorica, viene ora come
da preferirsi.
a correggere la sua espressione, dicendo : sì
Così insegna, ecc. Queste parole si riferiscono hanno ragione, la pietà è un'arte di guadagno, e
a tutti gli avvisi e a tutte le istruzioni date in que-
un'arte di guadagno grande, ma non già nel senso
sta lettera, e non solo a ciò che riguarda gli
dei falsi dottori, ma quando serve a renderci con-
schiavi.
tenti di quel che é necessario al nostro sostenta-
3-5. Nell'ultima parte della sua lettera (VI, 3- mento, e non ci lascia desiderare di più (Ved.
21), dopo aver dato a Timoteo una nuova istru- Filipp. IV, 11-12). L'uomo pio é contento di quel
zione sui falsi dottori (3-10), gli dà alcuni avvisi poco che é necessario alla vita, e perciò è ricco.
particolari intorno alle virtù da praticare, ai vizi
Spiega perché l'uomo deve contentarsi dì
7.
da fuggire e al deposito della fede da custodire,
poco, facendo osservare che i beni dì questo
e termina colla benedizione apostolica (11-21).
mondo non servono che per la vita presente, e
Se alcuno insegna diversamente da quello che quindi non devono essere amati per se stessi.
io insegno e ora ho scritto, e non si acquieta alle
L'uomo non fu creato affinchè accumulasse ric-
sane parole del Signor nostro Gesù Cristo, ossia
chezze, che non potrà portar con sé nella vita
alla sana predicazione del Vangelo (Ved. n. I, 10),
futura. La stessa natura ci insegna questa verità,
e alla dottrina che è conforme alla vera pietà, vale
perchè noi veniamo al mondo nudi e spogli dì
a dire che insegna quale sia il vero culto di Dio
tutto, e nelle stesse condizioni usciamo dal mondo
(greco evoépeiav), costui è un superbo, che non
(Cf. Giob. I, 21 Eccle. V, 14; Salm. XLVIII, 17-
;
sa nulla di ciò che dovrebbe sapere, e di ciò
18; Lue. XII, 15-21).
che costituisce la vera scienza, ed è un malato
(gr. vooóòv), che si perde in dispute vane e dan- 8. Di che coprirci. Il greco <Txejrào|iioTo indica non
nose (Ved. n. I, 4) e in questioni di parole (greco solo le vesti ma anche l'abitazione (Ved. Prov.
XoYonaXi'aq), I funesti risultati di tali insegnamenti XXX, 8).

sono le invidie, ecc. Maldicenze (gr. pXaoq>T\niat), 9. Dopo aver inculcato il distacco dalle cose
qui ha il senso di Corrotti moralmente
ingiurie. del mondo, passa a mostrare a cui i pericoli
nell'animo e quindi scostumati. Sono stati privati espone il desiderio smoderato ricchezze. delle
della verità per giusto giudizio di Dio, in puni- Coloro che vogliono ad ogni costo arricchire.
zione del loro orgoglio e della loro scostumatezza, L'Apostolo non condanna le ricchezze in se stesse,
e pensano che la pietà, ecc., ossia ordinano ciò ma l'attacco disordinato ad esse, e perciò non
che appartiene al culto di Dio, al proprio tem- dice coloro che sono ricchi, ma coloro che vo-
porale vantaggio (Tit. I, 11). La superbia, la gliono ad ogni costo arricchire. Può infatti alcuno
scostumatezza, e, più o meno, anche l'attacco al essere ricco e dispensare in opere buone le sue
denaro, furono in ogni tempo le caratteristiche di ricchezze, mostrando con ciò, che il suo cuore
tutti gli eretici, dei quali è ancora proprio semi- non è attaccato ad esse e che in esse non ripone
nare discordie e dissensioni. Nel greco ordinario il suo fine, mentre invece chi ad ogni costo vuole

a questo versetto sono aggiunte le seguenti pa- arricchire, è pronto a sacrificar tutto pur dì ar-
role : Allontanati da questi tali, ma esse, oltreché rivare al suo intento Cadono nella tentazione di
400 1 Timoteo, VI, 10-13

tentatìónem, et in làqueum diàboli, et desì- quelli che vogliono arricchire, cadono nella
déria multa inutilia, et nociva, quae mer- tentazione e nel laccio del diavolo, e in
gunt hómines in intéritum, et perditiónem. molti desideri inutili e nocivi, che sommer*
*°Radix enim omnium malórum est cupidi- gono gli uomini nella morte e nella perdi-
tas : quam quidam appeténtes erravérunt a zione. '"Radice infatti di tutti i mali è la
fide, et inseruérunt se dolóribus multis. cupidigia per amor della quale alcuni hanno
:

deviato dalla fede, e si sono trafìtti con molti


dolori.

"Tu autem o homo Dei haec fuge sec-


: "Ma tu, uomo di Dio, fuggi da queste
tàre vero iustitiam, pietàtem, fìdem, chari- cose : ma attienti alla giustizia, alla pietà,
tàtem, patiéntiam, mansuetùdinem. "Certa alla fede, alla carità, alla pazienza, alla man-
bonum certàmen fidei, apprehénde vitam suetudine. "Combatti la buona battaglia
aetérnam, in qua vocàtus es, et conféssus della fede, rapisci la vita eterna, per la quale
bonam confessiónem coram multis téstibus. sei stato chiamato, ed hai fatto la buona
confessione in presenza a molti testimoni.
^'Praecipio tibi coram Deo, qui vivificat "Ti ingiungo dinanzi a Dio, che dà vita a
omnia, et Christo lesu, qui testimónium tutte le cose, e dinanzi a Gesù Cristo, che
réddidit sub Póntio Pilato, bonam confes- sotto Ponzio Pilato rendette testimonianza

»» Matth. XXVII, Il Joan. XVIII, 33, 37.


;

adoperare qualunque mezzo lecito e illecito, e la attienti o segui la giustizia, ossia la santità, la
stessa tentazione diventa per essi una rete o un pietà, ecc.
laccio in cui si intricano (Ved. n. III, 7). Del
12. Combatti, ecc. Metafora tratta dai giuochi
diavolo. Queste parole mancano nei migliori co-
della lotta e della corsa, ecc. (I, 18; II Tim. IV,
dici greci, e probabilmente sono una glossa tratta
7). Come buon soldato di Cristo, combatti per la
dal cap. II, 7.
fede, praticandola e propagandola nel mondo. Ra-
Inutili, meglio secondo il greco, insensati. Tali
pisci la vita eterna come il vincitore nei giuochi
desideri sono detti insensati, perchè, anche sod-
rapiva la palma della vittoria. Per la quale, ossia
disfatti, non conducono alla felicità desiderata.
Sommergono gli uomini nella morte (greco distru- a conseguire la quale vita eterna, sei stato chia-
mato da Dio fin dal primo momento della tua
zione) e nella perdizione, conducendoli a una
conversione. Per questa stessa vita eterna tu hai
rovina totale e irreparabile in eterno. Le due
fatto la buona confessione in presenza a molti
espressioni distruzione e perdizione sono sinonime.
testimonii. Siccome S. Paolo paragona questa con-
10. Radice. Nel greco non vi è l'articolo de- fessione alla confessione di Gesù davanti a Pi-
terminativo davanti a piX,a, e quindi si dovrebbe iato, e Gesù confessò davanti a Pilato la propria
tradurre una radice. Infatti, oltre all'avarizia vi divinità, si deve ritenere che Timoteo abbia pure,
sono pure altre cause di peccato (Cf Eccli. X, 15).
. in qualche circostanza, confessato pubblicamente
Si dice poi che la cupidigia (9iXapYt5pia= lett. amo- Is divinità di Gesù Cristo. Non è possibile de-
re del denaro) è la radice di tutti i mali, perchè terminare quando avvenuto, se cioè al
ciò sia
può indurre l'uomo a commettere ogni sorta di momento in cui ricevette il battesimo, oppure a
peccati, non escluso quello di abbandonare la quello in cui fu consecrato sacerdote o vescovo,
fede. Per amor della quale cupidigia, è un oppure in qualche altra circostanza davanti ai
ebraismo per indicare l'oggetto di questa cupi- pubblici magistrati. I pareri degli interpreti sono
digia, cioè il denaro. Hanno deviato dalla fede difvisi.
diventando apostati. Si sono trafitti con molti do-
13. Che dà vita a tutte le cose. Allude alla po-
lori, ossia hanno causato a se stessi crudelissime
tenza creatrice di Dio, e vuol dire : Tu, o Timoteo,
pene. L'uomo attaccato al denaro non vive che
non devi temere né persecuzioni, né morte, per-
di affanni e di apprensioni, e non è mai quieto
chè servi a un Dio, che può anche dar la vita
(Ved. n. Matt. XIII, 22).
ai morti.
11. Nei vv. 11-16 dà alcuni avvisi a Timoteo, Ponzio Pilato, oppure davanti a Ponzio
Sotto .

esortandolo a una vita santa (11-12) coll'esempio Pilato. Probabilmente S. Paolo allude alla testi-
éi Gesù Cristo (13) e colla speranza della gloria monianza con cui Gesù Cristo, davanti al preside
futura (14-16). romano affermò solennemente la sua divinità
Uomo di Dio, cioè eletto da Dio, consecrato a (Matt. XXVII, 11; Marc. XV, 2; Lue. XXIII, 3;
Dio, e rappresentante di Dio. Questo nome ve- Giov. XVI, 33 e ss.). Altri invece pensano che si
niva dato in antico ai profeti e ai santi reggitori alluda alla testimonianza che Gesù Cristo ha reso
del popolo (I Reg. IX, 7; III Reg. XVII, 18; II alla verità durante la sua vita pubblica, e che fu
Parai. Vili, 14), ma con molto maggior ragione poi confermata colla sua morte. Le due spiega-
vien dato ai ministri di Gesù Cristo e ai pastori zioni non differiscono gran che. La speranza della
di anime, e specialmente a coloro che, come Ti- risurrezione, e l'esempio di Gesù Cristo, devono
moteo, sono preposti al governo della Chiesa (II quindi animare Timoteo a praticare e a confessare
Tim. Ili, 17; II Piet. I, 21). Fuggi da queste cose, e a difendere la fede. Non si potevano addurre
cioè dalla falsa dottrina, dalle questioni inutili, motivi più forti per accendere di zelo un cuore di
dall'attacco al denaro, ecc. (Cf. 3, 4, 5-10), ma vescovo.
I Timoteo, VI, 14-19 401

siónena ^*Ut serves mandàtum sine màcula,


: alla buona confessione ^*che tu osservi
:

irreprehensibile usque in advéntum Domini questo comandamento immacolato, irrepren-


nostri lesu Christi, "Quem suis tempòribus sibile fino alla venuta del Signor nostro
osténdet beàtus et solus potens, Éex regum, Gesù Cristo, "la quale farà apparire a suo
et Dóminus dominàntium "Qui solus habet
: tempo il beato e il solo- potente, il Re dei
immortalitàtem, et lucem inhàbitat inacces- re, e Signore dei dominanti "il quale solo
:

sibilem quem nullus hóminum vidit, sed


: ha l'immortalità, ed abita in una luce inac-
nec vidére potest cui honor, et impérium
: cessibile il quale né è stato, né può essere
:

sempitérnum : Amen. veduto da alcun uomo a cui onore e impero


:

sempiterno. Così sia.


^'Divitibus huius saéculi praécipe non su- ^^Ingiungi ai ricchi di questo secolo che
blime sapere, neque sperare in incèrto divi- non abbiano spiriti altieri, né confidino nella
tiàrum, sed in Deo vivo (qui praestat nobis incertezza delle ricchezze, ma in Dìo vivo
omnia abùnde ad fruéndum) "Bene àgere, (il quale ci dà copiosamente ogni cosa per-

divites fieri in bonis opéribus, fàcile tri- ché ne godiamo), "che facciano del bene,
bùere, communicàre, "Thesaurizàre sibi diventino ricchi di buone opere, pronti nel

1» Apoc. XVII, 14 i« Lue. XII, 15.


et XIX, 16. Joan. I, 18; I Joan. IV, 12. ^^

14. Questo comandamento (tt\v èvroX^v), cioè non può colle sole sue forze naturali conoscere Dio
tutto quello che ho scritto in questa lettera, op- come è in se stesso. Nell'altra vita il nostro in-
pure più in generale, e meglio, lutta la dottrina telletto nobilitato dal lume della gloria vedrà Dio
del Vangelo, chiamata al cap. V, 20, deposito. I come è in se stesso, ma questa cognizione, ben-
due aggettivi immacolato e irreprensibile possono ché perfetissima, sarà però sempre limitata e
nel greco applicarsi sìa a comandamento e sia a finita, poiché niuna creatura può comprendere to-
Timoteo. Nel primo caso si ha questo senso ti : talmente Dio (Cf. I, 17; Giov. I, 18; Coloss. 1,
ingiungo di conservare questo comandamento im- 15; I Giov. IV, 12). Onore infinito e impero
macolato, ossia puro da ogni contaminazione ere- (greco la potenza) sempiterno.
tica, e da ogni riprensione. Nel secondo caso si
17. Nei vv. 17-19, S. Paolo ritorna a parlare dei
ha ; ti ingiungo di osservare questo comanda-
doveri dei ricchi. Dopo aver mostrato (v. 9-10) ì
mento, e di conservarti immacolato e irrepren-
mali a cui conduce l'attacco disordinato alle ric-
siibile. La prima spiegazione, che corrisponde
chezze, passa ora a insegnare ciò che si deve
meglio al testo della Volgata, ci sembra da pre-
comandare ai ricchi, e come questi debbano usare
ferirsi. Sino alla venata (émcpaveiaq), ecc. Questa
delle loro ricchezze.
espressione non suppone per nulla che l'Apostolo
Ai^ ricchi di questo secolo (gr. in questo secolo
credesse prossima la seconda venuta di Gesù
ky T^ vuv ai&vt espressione caratteristica delle pasto-
Cristo (Ved. I Cor. X, 11; II Tess. II, 2), poiché
rali II Tim. IV, 10; Tit. II, 12), cioè a quelli che
nel versetto seguente afferma subito che il giorno
possiedono ricchezze mondane (Cf. Lue. XII, 21).
della venuta è incerto, ma con essa vuole sempli-
Che non abbiano spiriti altieri. Non comanda che
cemente inculcare a Timoteo che, per quanto di-
rinunzino alle ricchezze, ma che non siano orgo-
pendeva da lui, osservasse il detto comandamento
gliosi e superbi per esse, e pongano le loro spe-
sino alla venuta di Gesù Cristo.
ranze non in beni caduchi e incerti come esse sono
15-16. La quale venuta o manifestazione di (Ved. Lue. XII, 16-21), ma in Dio. Vivo, manca
Gesù Cristo giudice, Dio farà apparire a suo in numerosi codici greci, si trova però in D E
tempOf cioè nel tempo che Egli ha stabilito e che K L, ecc. Può essere una glossa tratta da IV, 10.
Egli solo conosce (Cf. II, 6). L'Apostolo aggiunge Dio si mostra generoso cogli uomini dando loro
ora una magnifica dossologia, in cui esalta la copiosamente quanto è necessario non solo per
grandezza della maestà, della potenza, dell'immor- vivere, ma anche per vivere lietamente. Egli fa
talità e dell'incomprensibilità di Dio. Anche qui nascere il sole, manda le pioggie, ecc. (Cf. Eccle.
alcuni (Drach, Van Steenkiste,... Crampon, ecc.), 11,24; V, 18, ecc.).
pensano, che si tratti di qualche inno solito a
cantarsi nelle Chiese dai cristiani. La cosa è pos-
18. Che
facciano del bene, ossia che facciano
opere verso il prossimo. Diventino
di beneficenza
sibile, ma è ben lungi dall'essere dimostrata (Ved.
ricchi di opere buone. Ripete con un giuoco di
n. III, 16). Dio è il beato per essenza e il prin-
parole lo stesso avviso precedente, e assieme la
cipio della nostra beatitudine. Egli è il solo po-
vedere che le vere ricchezze sono propriamente
tente (greco Sovrano) da cui deriva ogni autorità.
le buone opere. Pronti nel dare (gT.tv^^tzabóxovq),
Re dei re, Signore dei dominanti alla cui volontà
comunichevoli (xoivoovtxo'u^). Non solo i ricchi de-
nulla può resistere. Egli solo è immortale per
vono f& parte ai poveri delle loro ricchezze, ma
essenza e non ha né principio, né fine, e da
devono fare ciò di buon cuore, e con generosità
lui dipendono e partecipano l'immortalità gli spi-
(Cf. Prov. III, 28; I Cor. Vili, 3; II Cor.
riti immortali. Egli abita in una luce inaccessibile,
Vili, 1 e ss.).
vale a dire in se stesso, e nella gloria immensa
della sua maestà (Ved. Salm. CHI, 2; I Giov. I, 19. Mettendosi da parte, ecc. Colui che impiega
5). Dio è invisibile all'occhio materiale dell'uomo; le sue ricchezze nel fare opere buone, lungi dal
e anche per riguardo all'occhio della mente, l'uomo privarsi di esse e dal fare una perdita, se le mette

26 — Sacra Bibbia, voi. II,


402 I Timoteo, VI, 20-21

ftMdaméntum bonum Jn futurum, ut ap- dare, comunichevoli, ^'Mettendosi da parte


prehéndant veram vìtam. un buon fondamento per l'avvenire, afflne di
fare acquisto della vera vita.
^°0 Timóthee, depósitum custodi, devi- ^°0 Timoteo, custodisci il deposito, evi-
tans profànas vocum novitàtes, et oppositió- tando profane novità di parole, e le con-
le
nes falsi nóminis sciéntiae, *^Quam quidam traddizioni di una scienza di falso nome.
promitténtes, circa fldem excidérunt. Gràtìa ^^Della quale alcuni facendo pompa, hanno
tecum. Amen. deviato della fede. La grazia con te. Così
sia.

a parte nel cielo formandosi un tesoro di meriti queste parole ha un'anticipata condannazione
si
<Ved, Matt. VI, 20). Questo tesoro è un fond-h- di tutte le eresie,ognuna delle quali viene ad al-
mento buono, cioè solido, su cui può fermamente terare nella Chiesa il deposito della dottrina in-
poggiarsi per l'avvenire, affine di far acquisto segnata e predicata nei tempi anteriori, e tenuta
della vera vita, ossia della vita beata. Nulla rende come la sola vera, la sola consegnata da Cristo e
più sicura e speranza dell'eterna vita
certa la dai suoi Apostoli alla medesima Chiesa : ognuna
quanto l'abbondanza delle opere buone. Nel testo introduce dei nuovi dommi e un nuo^o profano
greco ordinario si ha vita eterna, ma la lezione linguaggio contrario alle verità ricevute e con-
della Volgata vera vita è preferita dai critici. fessate in tutta la Chiesa». E però da notare che
la lezione xaivo<poavio(; = novità di parole seguita
20-21. S. Paolo chiude la sua lettera con un dalla Volgata non si trova che in pochi codici
ultimo appello a Timoteo, in cui gli inculca di greci (F G, ecc.). Il greco ordinario e i codici
custodire puro e immacolato il deposito della K A D E K L, ecc., e numerose versioni hanno
fede. invece x£vo(p<avia(; = vanità o inanitì. di parole, e
O Timoteo. Chiamando per nome il suo disce- questa lezione è generalmente preferita dai cri-
polo, S. PaoJo mostra tutto l'affetto del suo cuore tici. Per il senso non vi è gran differenza tra le
e la commozione profonda che in quel momento due lezioni, poiché per le profane vanità o novità
provava. Il deposito (gr. tt\v jrapaGriXTiv). Questo di parole si devono sempre intendere la falsa dot-
nome non significa l'ufficio di vescovo, e neppure trina e le false speculazioni degli eretici. Le con-'
le grazie speciali date a Timoteo in ragione dello traddizioni (gr. dvuGeoevq), ossia le obbiezioni e
stesso ufficioj ma indica il deposito della fede, le dottrine contrarie alla vera fede, proposte da
ossia della dottrina cristiana (Cf. II Tim. I, 13, mia scienza che ingiustamente si attribuisce questo
14; II, 2) che Timoteo ha ricevuto da S. Paolo, nome. La vera scienza non può essere contraria
e che deve custodire integro e immacolato e alle verità insegnate dalla fede. S. Paolo allude
trasmettere agli altri quale egli l'ha ricevuto alle obbiezioni che i falsi dottori muovevano contro
(Cf. 1, 3 e 4; IV, 6, 16; VI, 3). Sono note le pa- il Vangelo, e alle che pretendevano
false dottrine
role di S. Vinc. Lirinese (Commonit., cap. 17) : sostituirgli in nome di una scienza(gr. Yvóòoiq, da
« Quid est depósitum ? Id est quod tibi creditum cui deriva il nome di gnostici, chepigliavano que-
est, non quod a te inventum; quod accepisti, non sti dottori), di cui si vantavano di essere i pos-
quod excogitasti; rem non ingenii sed doctrinae; sessori (Cf. Coloss. II, 8; II Tim. II, 25; Tit. I, 9).
non usurpationis privatae, sed publicae traditio-
nis ; rem ad te perductara, non a te prolatam ; 21. Della quale falsa scienza alcuni facendo
in qua non auctor debes esse, sed custos, non pompa. greco è:raYYe^^ó)ievoi anche qui come già
Il

ìnstitutor sed sectator; non ducens, sed sequens. al cap. II, 10, va tradotto profìtentes = facendo
Depósitum, inquit, custodi. Catholicae fìdei ta- professione. Hanno deviato dalla fede apostatando
lentum inviolatum illibatumque conserva. Quod dalla religione di Gesti Cristo. Il greco notóXnoav
tibi creditum est, hoc penes te maneat, hoc a te significa letteralmente non colsero nel segno, non
tradatur. Aurum accepisti, aurum trade ». S. Paolo raggiunsero il fine, ecc. (Cf. I, 6; II Tira. II, 18).
spiega a Timoteo ciò che deve fare per custodire La grazia di Dio, ecc. L'Apostolo termina la sua
fedelmente il deposito ricevuto. Deve evitare le lettera con una breve benedizione apostolica. Con
profane novità di parole. L'Apostolo non con- te (sott. sia). Tale è la lezione dei migliori codici
danna certamente quelle parole che sono state greci. I codici A F G... hanno invece con voi, ma
introdotte dai Padri, dai Dottori e dalla Chiesa si tratta probabilmente di una correzione fatta su
stessa per spiegare piìì chiaramente o in modo II Tim. IV, 22 e Tit. Ili, 15. Così sia manca in
più esplicito alcuni antichi dogmi, ma bensì quelle numerosissimi codici. Nel greco ordinario vi è
profane novità di parole che portano con sé nuove quest'aggiunta che però non appartiene al testo :

dottrine contrarie alla fede. « Profana novitas est, La prima lettera a Timoteo fu scritta da Laodicca,
dice S. Tommaso (h. 1.), quando inducitur aliquid che è la metropoli della Frigia Pacaziana.
cantra fidem ». Come osserva bene Martini : < In
Il Timoteo - Introduzione 403

XI.

SECONDA LETTERA A TIMOTEO

INTRODUZIONE
Tempo e occasione in cui fu scritta di Paolo, e più di ogni altra ha un ca-
S.
LA SECONDA LETTERA A TIMOTEO. Tutti ì — rattere personale di intimità. In cui si ri-
Santi Padri si accordano nel ritenere che velano tutti i sentimenti, che agitavano il
S. Paolo abbia scritto questa Lettera da cuore del grande Apostolo. Essa dovette
Roma negli ultimi tempi dì sua vita (Cf. San essere scritta da Roma sul fine del 66 o
Giov. Cris., Ad Rom. Argum.; S. Girol., al principio del 67.
De vir. 5; Teodoreto, In 2 Tim. Ar-
ili,
gum.; Euseb., Hist. Eccles., ii, 22) e tale Divisione e analisi della seconda Let-
sentenza è pure confermata dalle sottoscri- tera A Timoteo. —
Questa Lettera consta
zioni di numerosi codici greci e siriaci (Cf. di un prologo (i, 4-5), dì una esortazione
Tischendorf, N. T. gr. Ed., 8, ii, p. 882 (i, 6-II, 13), di una istruzione (il, 14-iv, 8)

e ss.). e di un epilogo (iv, 9-22).


L'esame interno della Lettera conferma i
Il prologo (i, 1-5Ì si compone di un indi-
dati della tradizione. S. Paolo infatti al mo-
rizzo e di una azione di grazie.
mento in cui scrive, non è più libero di se
stesso, ma si trova nuovamente prigioniero Nella prima parte (i, 6-il, 13), S. Paolo
(II Tim. l, 8, 6 e ss., 21). Di
16, 17; iv, esorta Timoteo a combattere per il Vangelo,
tutti i suoi discepoli non è rimasto con lui ricordandogli la grazia della ordinazione sa-
che il solo Luca, degli altri alcuni lo hanno cerdotale (I, 6-8) e il dovere della ricono-
abbandonato, e altri sono andati a fondar scenza a Dio per la vocazione cristiana (i,
nuove Chiese (II Tim. iv. II, 16-20). Egli 9-10). Poi gli mette sott'occhio il suo esem-
è già comparso una volta davanti ai suoi pio e quello di Onesiforo (i, 11-18), e torna
giudici, ma la sua causa fu rinviata, e in- ad eccitarlo a compiere fedelmente il pro-
tanto egli aspetta di essere nuovamente giu- prio dovere (ii, 1-7), e a ricordarsi perciò
dicato, ma non ha nessuna speranza in un della risurrezione di Gesù Cristo, pegno
esito per lui favorevole, anzi prevede pros- e modello della nostra (ii, 8-13).
sima la sua fine (II Tim. iv, 8-9, 16-17). In
Nella seconda parte (ii, 14-iv, 8) istruisce
tali condizioni egli scrisse a Timoteo questa
Timoteo sul modo con cui deve compor-
Lettera, pregandolo ad andare subito a Roma
tarsi cogli eretici. Egli deve evitare le
e condurre con sé Marco, il quale può es-
dispute, le passioni della giovinezza e le
sere di grande aiuto all'Apostolo nel suo
questioni oziose (ii, 14-25). Perversi co-
ministero (II Tim. iv, 9, 11, 21).
stumi degli eretici, male che fanno, castighi
Siccome però poteva avvenire che Ti-
loro riservati (in, 1-9). Timoteo deve restar
moteo arrivasse a Roma troppo tardi, San
fermo nella dottrina ricevuta, sapendo da
Paolo prende occasione da questa Lettera
chi l'ha ricevuta, e su quali principii si
per fare a Timoteo le sue ultime raccoman-
appoggia (ili, 10-17), deve inoltre insistere
dazioni esortandolo a restare fermo e im-
pella predicazione della parola di Dio (iv,
mobile nella dottrina abbracciata, a non la-
1-4), e compiere fedelmente il proprio do-
sciarsi scoraggiare dalle difficoltà, a sce-
vere (IV, 5-8).
gliersi dei coadiutori capaci di insegnare la
verità, e richiamando alla sua mente quanto NeW epilogo (iv, 9-22) prega Timoteo di
a voce e per iscritto già gli aveva inculcato raggiungerlo a Roma (iv, 9-13), gli dà al-
intorno ai doveri di un buon pastore del cune informazioni intorno a un certo Ales-
gregge di Cristo. sandro (iv, 14-15) e alla sua propria causa
Questa Lettera quindi a tutta ragione (IV, 16-18), e poi aggiunge i saluti e la bene-
può essere considerata come il testamento dizione apostolica (iv, 19-22).
404 II Timoteo. I, t-5

SECONDA LETTERA A TIMOTEO

CAPO I.

Indirizzo e aziofte di grazie, 1-5, — Motivi che devono animare Timoteo a com-
battere per il Vangelo^ 6-10. — L'esempio di S. Paolo 11-18. y

^Paulus Apóstolus lesu Christì per volun- ^Paolo Apostolo di Gesìì Cristo per vo-
tàtem Dei, secùndum promissiónem vìtae, lontà di Dio, secondo la promessa della vita,
quae est in Cliristo lesu : ^Timótheo cha- la quale è in Cristo Gesù : ^a Timoteo fi-
rissimo misericòrdia, pax a
filio, gràtia, Deo gliuolo carissimo, grazia, misericordia, pace
Patre, et Christo lesu Domino nostro. da Dio Padre e da Gesù Cristo Signor
nostro.
^Gràtias ago Deo, cui Servio a progenitó- ^Rendo grazie a Dio, cui io servo, fin dai
ribus in consciéntia pura, quod sine inter- miei progenitori, con pura coscienza, perchè
missióne hàbeam tui memóriam in oratìóni- continuamente ho memoria di te nelle mie
bus meis, nocte ac die ^Desiderans te vi- orazioni notte e giorno, ''bramoso di vederti
dére, memor lacrymàrum tuàrum, ut gàudio (ricordandomi delle tue lagrime) affine di
implear, *Recordatiónem accipiens eius fi- essere ripieno di gaudio, ^richiamandomi

mente, ecc. Queste parole non indicano il motivo


CAPO I. dell'azione di grazie, come farebbero supporre le
versioni latina e italiana. Infatti nel greco si legge
1. Il prologo di questa lettera (I, 1-5) sì com- «óq = come, e non già 5n = perchè, e si ha que-
pone di un indirizzo (1-2) e di un'azione di gra- sto senso Rendo grazie a
: Dio... come pure con-
zie (3-5). tinuamente ho memoria di te, ecc. Questa lezione
Paolo (Ved. n. Rom. I, 1). Gesù
Apostolo è da preferirsi, poiché in tutte le sue lettere San
Cristo. La miglior lezione greca è Cristo Gesù. — Paolo distingue la memoria che fa nelle sue pre-
Per volontà di Dio (Ved. n. I Cor. I, 1). Secondo ghiere di coloro, ai quali scrive, e il motivo per
la promessa (greco »<at* ènayyeWiay = per la pre- cui rende grazie a Dio (Cf. Rom. I, 8, 9; Filipp.
dicazione). Paolo fu costituito Apostolo per
S. I, 3, 5; Coloss. I, 3, 5, ecc.). Notte e giorno.
annunziare uomini la promessa della vita
agli Alcuni uniscono queste parole al versetto se-
eterna (Ti. I, 1-2), che si ottiene per mezzo del- guente, ma è meglio unirle a quanto precede, con-
l'unione con Gesù Cristo mediatore (I Tim. I, 1). forme a ciò che si legge anche I Tess. Ili, 10;
I Tim. V, 5.
2. Timoteo è il destinatario (Ved. Introd. alla
I Tim.). Carissimo (gr . àyaTir\xq> == diletto) Grazia, . 4. Ricordandomi delle tue lacrime. Memore cioè
misericordia, ecc. (Ved. n. I Tim. I, 2). delle lacrime da te versate, quando mi sono l'ul-

3. Nei vv. 3-5, l'Apostolo rende grazie a Dio tima volta separato da te, lasciandoti a governare
per fede viva e sincera di Timoteo. Io servo.
la
la Chiesa di Efeso (l Tim. I, 3; III, 14). Quanto
II greco Xarpeura significa propriamente adorare era vivo l'affetto che legava il maestro al disce-
polo e il discepolo al maestro! Vedi anche Atti,
(Atti XXIV, 14; XXVI, 7; Rom. I, 9). Come i
miei progenitori. I dottori Giudaizzanti, contro i
XX, 17. Affine di essere ripieno, ecc. Queste pa-
quali Timoteo doveva combattere, rimproveravano
role* dipendono da bramoso di vederti.

a S. Paolo di aver tradita la religione dei suoi Richiamandomi, ecc. S. Paolo indica il mo-
5.
padri (Atti XXIV, 14 e ss.), e perciò l'Apostolo af- tivo del suo ringraziamento a Dio (v. 3). Egli
ferma solennemente che egli adora lo stesso Dio ringrazia Dio per la fede non finta (Ved. n. I
adorato dai suoi padri (Cf. II Cor. XI, 22; Filipp. Tim. I, 5), ma sincera di Timoteo. I falsi dottori
Ili, 5). Con pura coscienza. Nel servire a Dio non avevano frammischiato a quanto insegna la fede,
mi sono lasciato guidare da motivi d'interesse, ma alcune dottrine estranee, ma Timoteo si era man-
unicamente dai dettami di una coscienza piena di tenuto fedele a quanto aveva ricevuto dall'Apo-
zelo per la legge divina (Atti XXIII, 1 XXVI, 4, ; stolo. La quale prima. Da ciò deduce, che si
5; Fiilipp. III, 6). Fu questo stesso zelo, benché l'avola e la madre di Timoteo convertirono si
malinteso, che mi indusse a perseguitare la Chiesa prima di lui al cristianesimo. Abitò. Questo verbo
di" Gesù Cristo (Gal. I, 13, 14; I Tim. I, 13). ìndica il pieno possesso, che la fede aveva preso
Nelle pastorali, S. Paolo insiste spesso sul disin- delle loro anime, nelle quali aveva per così dire
teresse necessario nel servizio di Dio, opponen- stabilita la sua dimora (Cf. I, 14; Coloss. III,
dosi così ai falsi dottori, i qualicercavano di 16, ecc.). Loide era probabilmente la madre di
arricchirsi colla predicazione. Perchè continua- Eunice, e come questa (Atti XVI, 1), apparteneva
II Timoteo, I, 6-9 405

dei, quae est in te non flcta, quae et habi- allamemoria la fede non fìnta che è in te,
tàvit primum in àvia tua Lóide, et matre tua la quale prima abitò nella tua avola Loide
Eunice, certus sum autem quod et in te. e nella tua madre Eunice, e sono certo che
anche in te.

•Propter quam causam admóneo te ut re- qual cosa ti rammento di ravvi-


''Per la
sùscites gràtiam Dei, quae est in te per im- vare la grazia di Dio, che è in te, mediante
positiónem manuum meàrum. ^Non enim l'imposizione delle mie mani. Toichè Dio
dedit nobis Deus spiritum timóris sed : non ha dato a noi uno spirito di timidità,
virtùtis, et dilectiónis, et sobrìetàtis. ma di fortezza, e di amore e di saggezza.
'Noli itaque erubéscere testimónium Dò- *Non arrossirti dunque della testimo-
mini nostri, neque me vinctum eius sed : nianza del Signor nostro, né di me prigio-
collabora Evangélio secùndum virtùtem Dei : niero per lui : ma partecipa ai travagli del
'Qui nos liberàvit, et vocàvit vocatióne sua Vangelo secondo la virtù di Dio 'il quale :

sancta, non secùndum òpera nostra, sed se- ci ha liberati e ci ha chiamati con la sua

' Roni. Vili, 15. • Tit. Ili, 5.

alla nazionalità giudaica. Sia l'una che l'altra, ve- cù-costanze della vita. Carità, fortezza e prudenza
risimilmente si convertirono quando S. Paolo pre- sono le virtù che in modo speciale convengono ai
dicò a Listri (Atti XIV, 6; XVI, 1). Sono certo vescovi.
che abita anche in te. S. Paolo ricorda a Timoteo 8. La testimonianza
del Signor nostro è la pre-
l'esempio della madre e della avola, affine di in- dicazione Vangelo (Giov. XV, 27; Apoc. I,
del
coraggiarlo a rimanere fermo nella fede e a
2, 9). Dice l'Apostolo ; Adunque, per timore di
zelarne la purezza, anche fra le persecuzioni. persecuzioni o di altri mali, non ti vergognare di
6. Nellaprima parte (I, 6-II, 13) di questa predicare Gesù Cristo (Cf. Lue. IX, 26) e di pro-
lettera, l'Apostolo esorta Timoteo a combattere fessarti discepolo di me, che adesso sodo prigio-
senza timore e con fedeltà per il Vangelo. Timoteo niero per lui (meglio di lui), cioè a motivo della
era piuttosto di animo timido, e S. Paolo si sforza sua fede e della religione. Partecipa (con me) ai
di incoraggiarlo richiamandogli prima di tutto alla travagli (tale è il senso del greco ovvxoxojtàGnoov)
mente la grazia dell'ordinazione sacerdotale (6-8). del Vangelo, cioè alle fatiche, alle pene, ecc., da
Per la qual cosa, ossia poiché abita in te una tollerarsi per la propagazione e la difesa del Van-
fede non fìnta, ma sincera, ti rammento (tale è gelo. Non devi però confidare nelle tue forze, ma
il senso del greco), come ho già fatto altre volte, nella virtù o forza di Dio, che ti è stata data
di ravvivare (gr.dvaJJoo^vpeìv =
ravvivare la fiamma) (v. 7). Dio verrà in tuo aiuto.
la grazia di Dio, che hai ricevuto nella tua ordi-
Un altro motivo che deve incoraggiare Ti-
9.
nazione, mediante l'imposizione delle mie mani
moteo è il dovere della riconoscenza a Dio, per
(Ved. n. I Tim. IV, 14), e che è ancora in te,
il benefizio della vocazione cristiana e dei grandi
ma come un fuoco coperto di cenere. Da ciò si vantaggi che essa apporta. Dio è colui che ci ha
vede, che il fervore di Timoteo e lo zelo per la
liberati (greco ci ha salvati, odóoavro?), redimen-
difesa e la propagazione del Vangelo, forse a mo-
doci dalla servitù del demonio e dal peccato (I
tivo delle persecuzioni, sì erano alq^uanto rattie-
Tim. II, 4; Tit. III, 5); e ci ha chiamati con la
piditi. La grazia sì ravviva per mezzo della pre-
sua vocazione santa, ossia ci ha efficacemente
ghiera, della meditazione, ecc. L'esortazione dì
chiamati dalla morte del peccato alla santità, e
S. Paolo si dirige ancora a tutti ì sacerdoti, i
ci ha dì fatto» santificati. Tutto ciò egli ha fatto
quali hanno spesso bisogno dì ritemprare il loro
non per le nostre opere, ossia non per qualche
fervore colla considerazione delle grazie da Dìo
nostro merito (Ved. n. Tit. Ili, 5), ma secondo
ricevute. Il S. Concilio di Trento (sess. XXIII,
il suo proponimento (Rom. Vili, 28-29; XI, 15;
cap. 3), allega questo versetto per dimostrare che
Efes. I, 11, ecc.), cioè in virtù di un decreto so-
l'Ordine è un vero sacramento. Vi troviamo infatti
vranamente libero e misericordioso della sua vo-
indicato il segno sensibile (imposizione delle mani)
lontà, e secondo la grazia, cioè in virtù della grazia
e il conferimento della grazia data da questo
santificante, la quale è stata data, ossia è stata
stesso segno {la grazia che è in te mediante, ecc.).
preparata per noi, a riflesso dei meriti dì Gesù
Da questo versetto si deduce pure che S. Paolo
Cristo, da tutta l'eternità (Efes. 1, 4-5). Come fa
stesso aveva consacrato Timoteo.
bene osservare San Tommaso (h. 1.), l'Apostolo
Motivo per cui Timoteo deve ravvivare in sé
7. indica qui le due cause della nostra salute, cioè
la grazia ricevuta nell'ordinazione. Dio nella no- la causa eterna, che è la predestinazione, ossia
stra ordinazione, non ha dato a noi suoi ministri il proposito eterno che ebbe Dìo dì usare mise-
uno spirito di timidità, che ci faccia tremare da- ricordia con noi, e la causa temporale, che è la
vanti alle persecuzioni e alle difficoltà, ma dan- grazia giustificante. Ora, come Dio predestinò la
doci lo Spirito Santo ci ha dato 1' uno spìrito
: nostra salute, così predestinò ancora il modo, con
di fortezza, che non cede ai pericoli, alle tenta- cui dovessimo pervenire alla salute, vale a dire
zioni e anche alla morte ; 2' uno spirito di amore non per i meriti nostri, ma per la grazia di Gesù
verso Gesù Cristo e la sua Chiesa, che ci rende Cristo. A tal fine da tutta l'eternità decretò l'in-
capaci di tutto intraprendere; 3° uno spirito di carnazione dì Gesù Cristo e in luì da tutta l'eter-
saggezza (gr. oaxppovioiioC) o prudenza, per cui sap- nità ci preparò la grazia che ci dona nel tempo,
piamo sempre equamente giudicare nelle varie per la quale siamo santificati. In questo versetto
406 II Timoteo, I, 10-14

cundum propósitum suum, et gratìam, quae vocazione santa, non per le nostre opere,
data est nobis in Christo lesu ante tempora ma secondo il suo proponimento e secondo
saeculària. ^"Manifestata est autem nunc la grazia, la quale ci è stata data in Cristo
per illuminatiónem Salvatóris nostri lesu Gesù prima dei tempi dei secoli. ^°E adesso
Christi, qui destrùxit quìdem mortem, illu- si è manifestata per l'apparizione del Sal-
mìnàvit autem vitam, et incorruptiónem per vator nostro Gesù Cristo, che ha distrutta
Evangélium "In quo pósitus sum ego prae-
: la morte, e ha rivelata la vita e l'immor-
dicàtor, et Apóstolus, et magister Géntium. talità per mezzo del Vangelo "per il quale :

^^Ob quam causam étiam haec pàtior, sed sono stato costituito predicatore, e Apostolo,
non confùndor. Scio enim cui crédidi, et e dottore delle genti. "Per la qual cagione
certus sum quia potens est depósitum meum ancora io patisco queste cose, ma non ne
servare in illum diem. arrossisco. Poiché conosco di chi mi sono
fidato, e son certo che egli è potente a con-
servare il mio deposito fino a quel giorno.
"Formam habe sanórum verbórum, quae "Tieni la forma delle sane parole, che hai
a me audisti in fide, et in dilectióne in udite da me, con la fede e la carità in Cri-
Christo lesu. "Bonum depósitum custòdi sto Gesù. ^""Custodisci il buon deposito per
per Spiritum sanctum, qui habitat in nobis. mezzo dello Spirito Santo che abita in noi.

" I Tim. II, 7.

si insegna, contro i Pelagiani, l'esistenza e la gra- ho rimesso i miei travagli, le mie fatiche, e tutto
tuità della grazia, per cui siamo condotti alla me stesso, ben sicuro che egli saprà custodire il
fede e alla giustificazione. tutto, per convertirlo poi in corona di gloria sul
10. Manifestata, ecc. Questo proponimento e mio capo, nel giorno del giudizio. Secondo altri
questa grazia di Dio era prima nascosta in Dio (S. Tommaso 2', Van Steenkiste, Fillion, Lemon-
(Ved. n. Rom. XVI, 25), ma adesso, nella pie- nyer, Crampon, ecc.) invece anche qui, come
nezza dei secoli, si è pubblicamente e chiaramente I Tim. VI, 20; II Tim. I, 14, si tratterebbe della

manifestata per l'apparizione (gr. è»i9ov6ta<;), ossia dottrina evangelica, e l'Apostolo vorrebbe dire :
per la venuta di Nostro Signore Gesii Cristo (I Sono sicuro che Dio nonostante tutte le persecu-
Tim. VI, 14; Tit. II, 11; III, 4), che ha distrutta zioni degli uomini, è potente a conservare integro
la morte, che cioè, patendo e morendo per noi e puro il deposito della dottrina evangelica affidato
sulla croce, ha soddisfatto a Dio per i nostri debiti a me (mio) da predicare, e sono sicuro che lo
e così ha distrutto il peccato, che è morte ed è conserverà tale sino al giorno del giudizio (Cf. I
causa di morte (Rom, VI, 23), e ci ha meritato la Cor. I, 18; III, 3, 13, ecc.). Questa spiegazione
vita spirituale dell'anima e la futura risurrezione ci sembra migliore della prima e da preferirsi.

dei corpi. Ha rivelata (gr. (pcon'oavroq = ha messo Si deve ancora osservare che alcuni (Ved. Van
in piena luce), ossia ha manifestata chiaramente Steen. h. 1.) restringono le dette parole a S. Paolo
per mezzo della predicazione del Vangelo la vita come se dicesse Sono sicuro che egli saprà man-
:

eterna e l'immortalità, a cui noi siamo destinati, e tenere incorrotto in me il deposito della fede, ecc.,
ci ha infuso la ferma speranza di conseguirla. per modo che io, nonostante tutte le persecuzioni,
11. S. Paolo passa ora ad incoraggiare Timoteo possa compiere fedelmente il mio dovere fino al
mettendogli sott'occhio il suo esempio (11-18). Per giorno in cui dovrò renderne conto a Dio. Anche
il quale Vangelo, ecc. Avendo nel versetto prece-
questa spiegazione corrisponde bene al contesto.
dente parlato del Vangelo, l'Apostolo viene con- 13-14. Timoteo deve imitare S. Paolo anche nel
dotto a parlare della sua missione. Invece di in custodire fedelmente il deposito della dottrina
quo, nel greco si legge ad quod (etq 5). A propa- evangelica. Tieni, ossia conserva fedelmente la
gare questo Vangelo nel mondo io sono stato co- forma (gr.vnoxvmwair = il modello, la norma) delle
stituito, ecc. (Ved. n. I Tim. II, 7). sane parole, cioè della sana dottrina (Ved. n. I
12. Per la qual cagione, ossia per il fatto che Tim. I, 10, 16; Cf. Tit. I, 9), che hai udite, ossia
sono Apostolo mandato a predicare il Vangelo, che hai ricevuto da me. S. Paolo aveva dato a
patisco queste cose, cioè mi trovo attualmente in voce un'istruzione completa al suo discepolo, ed
carcere e soffro privazioni di ogni sorta, ma non ora, esortandolo a conservare fedelmente la dot-
ne arrossisco, ossia non mi vergogno né del Van- trina ricevuta, mostra chiaro che nella Chiesa la
gelo, né dei miei patimenti. L'Apostolo indica su- dottrina rivelata si contiene non solo nella Scrit-
bito di dove traeva la sua fortezza. Conosco di tura, ma anche nella tradizione. Con la fede, ecc.
chi mi sono fidato. Il greco mcrTevoo può significare, Queste parole dipendono dal verbo tieni, e fanno
sia credere e sia fidarsi. Quest'ultimo senso è qui vedere che la fede e ila carità, sono i mezzi
preferibile. L'Apostolo ha posto la sua fiducia in per mantenersi nella sana dottrina. Custodisci il
Dio, il quale è verace nelle sue promesse e po- buon deposito (Ved. n. I Tim. VI, 20), per mezzo
tente a mantenerle. Il mio deposito. Queste parole della grazia dello Spinto Santo, il quale abita in
sono diversamente interpretate. Secondo gli uni modo speciale nei cuori dei pastori depositarli e
(Teofilatto, S. Tommaso
Alap., Alliolì, Drach,
1', custodi della sacra dottrina (Ved. n. Rom. Vili,
Curci, Padovani, ecc.) l'Apostolo vorrebbe dire : 9 e ss.). Senza questa grazia speciale, essi non
Mi sono affidato a Dio, e a lui come in deposito potrebbero custodire intatto il deposito ricevuto
II Timoteo, I, i5 ~ II, 2 40"

"Scis hoc, quod aversi sunt a me omnes, "Tu sai questo, che si sono alienati da me
qui in Asia sunt, ex quìbus est Phìgelus, et tutti quelli che sono nell'Asia, tra i quali
Hermógenes. è Figello ed Ermogene.
"Det misericórdiam Dóminus Onesiphóri "Faccia il Signore misericordia alla fa-
dómui quia saepe me refrigeràvit, et caté-
:
miglia di Onesiforo perchè spesso mi ha
:

nam meam non erùbuit : ^^Sed cùm Romam ristorato, e non si è vergognato della mia
venisset, sollicite me quaesìvit, et invénit. catena ^^anzi arrivato a Roma, cercò pre-
:

^*Det Dóminus invenire misericórdiam a


illi murosamente di me, e mi trovò. ^^Diagli il
Dòmino in Illa die. Et quanta Ephesi mi- Signore di trovare misericordia presso il
nistràvit mihi, tu mélius nosti. Signore in quel giorno. E quanti servizi mi
abbia reso in Efeso, tu lo sai benissimo.

CAPO II.

Compiere il proprio dovere ^ i-y, — Ricordarsi della risurrezione di Gesti C, S-i^,


— Come diportarsi cogli eretici presenti, 14-26,

*Tu ergo fili mi confortare in gràtia, quae ^Tu adunque, figliuol mio, prendi vigore
est in Christo lesu : ^Et quae audisti a me nella grazia che è in Cristo Gesiì : ^e le

" Inf. IV, 19.

15. Timoteo non deve imitare alcuni cristiani 18. II ricordo dell'abnegazione e della bontà di
d'Asia, tra cui Figello ed Ermogene, i quali si Onesiforo strappa al cuore riconoscente di San
sono allontanati da S. Paolo e non hanno custo- Paolo un nuovo voto a Dio (v. 16). Diagli il Si-
dito il deposito loro affidato. Si sono alienati da gnore Dio Padre di trovar misericordia presso il
me, abbandonandomi. Tutti quelli che sono nel- Signore Gesù Cristo, in quel giorno, In cui verrà
l'Asia. Non si parla qui di tutti i cristiani dell'Asia a giudicare i vivi e i morti (Cf. v. 12). Questo
Minore, ma solo di alcuni, i quali, dopo essere voto é formulato in modo da lasciar supporre che
stati con S. Paolo a Roma, forse per timore di Onesiforo fosse già morto (Cf. v. 16). Se ciò fosse
compromettersi lo abbandonarono nella sua pri- certo si avrebbe qui un esempio della preghiera
gionia, tornando nell'Asia, dove si trovavano al per i defunti. Quanti servizi, ecc. I benefizi pre-
momento in cui S. Paolo scriveva (ol èv t^ 'Aaiq.), senti richiamano alla mente dell'Apostolo i bene-
Non sappiamo a quale fatto particolare si alluda. fizi passati. Nei migliori codici greci manca il
Probabilmente costoro avrebbero dovuto testimo- pronome personale mi, e quindi si tratta non tanto
niare a favore dell'Apostolo nel processo istituito di servizi prestati all'Apostolo, quanto di servizi
contro di lui a Roma, ma, temendo di venir ancor prestati a tutta la Chiesa di Efeso. Tu, come ve-
essi coinvolti nell'accusa, preferirono allontanarsi. scovo di Efeso, sai benissimo «tutte que&te cose.
Figello ed Ermcfgene. Nulla sappiamo di costoro.
S. Paolo faceva uno speciale affidamento su di
essi. ezupo K.
Timoteo deve invece imitare l'esempio di
16-17.
Onesifero. Faccia il Signore, «ecc. Il cuore di San 1. Nei vv. 1-7, S. Paolo inculca a Timoteo di
Paolo si effonde in sentimenti della più tenera darsi tutto al compimento del suo ministero.
gratitudine. Alla famiglia, ecc. Onesiforo proba- Adunque. Dio ci ha dato lo spirito di fortezza
bilmente era già morto al momento in cui l'Apo- (v. 7), e tu hai un modello
questa fortezza in di
stolo scriveva, poiché l'augurio come il saluto (IV, me e in Onesiforo (vv. 12, 16, 17), per conse-
19) sono diretti solo alla famiglia. Nulla sappiamo guenza prendi vigore, ossia prendi coraggio nella
di lui, se non cheterà asiatico, e la sua famiglia grazia. Solo la grazia, che ci vien data in Gesù
dimorava a Efeso (IV, 15). Mi ha ristorato (greco Cristo e per Gesù Cristo, può renderci forti e
àvé\|)v5ev = mi ha riconfortato) sia colle sue visite, costanti (Ved. Efes. VI, 10; I Tim. VI, 12;
e sia coi suoi soccorsi. Non si è vergognato di II Tim. I, 6).

essere discepolo di un prigioniero, e di avere re- 2. Le cose che hai udite da me, con molti testi-
lazioni con lui. Arrivato a Roma o espressamente monìi, cioè alla presenza dì molti testimonii,
con-
per visitare l'Apostolo, oppure per i suoi affari. fidale, come un deposito prezioso da
(I, 12, 14)
Cercò premurosamente. Non era facile trovar San custodirsi fedelmente, a uomini fedeli. Quest'ul-
Paolo in Roma, poiché egli non viveva più in tima parola, riassume tutte le qualità richieste
custodia libera, come nella prima cattività (Atti nei ministri sacri (I, 7, 8; I Tim. III, 1, ecc.).
XXVIII, 16). I suoi rapporti coi cristiani di Roma S. Paolo allude alle sue predicazioni, delle quali
erano ristretti e forse segreti, e la sua prigionia Timoteo era stato un uditore assiduo. Nelle pa-
era più severa. role alla presenza di molti testimoni, vi sarebbe,
408 II Timoteo, II, 3-8

per multos testes, haec commènda fidélibus cose che hai udite da me con molti testi-
hominibus, qui idonei erunt et àlios docére. moni, confidale a uomini fedeli, i quali sa-
ranno idonei ad insegnarle anche ad altri.
'Labóra sicut bonus miles Christi lesu. i travagli come un buon soldato
'Sopporta
*Nemo militans Deo implicat se negótiis sae- di Gesù
Cristo. ^Nessuno ascritto alla mi-
culàribus : ut ei plàceat, cui se probàvit. lizia di Dio s'impaccia dei negozi del secolo,
•Nam et qui certat in agóne, non coronàtur affine di piacere a colui che lo ha arruolato.
*Laboràntem agrico-
nisi legitime certàverit. "Poiché anche colui che combatte nell'agone
lam opórtet primum de frùctibus percipere. non è coronato, se non ha combattuto se-
'Intéllige quae dico dabit enim tibi Dómi-
; condo le leggi. *Fa d'uopo che l'agricoltore
nus in omnibus intelléctum. prima lavori, affine di partecipare dei frutti.
^Poni mente a quello che dico, poiché il
Signore ti darà l'intelligenza in tutte le cose.
•Memor esto Dóminum lesum Christum 'Ricordati che il Signore Gesù Cristo del

secondo alcuni, un'allusione all'ordinazione di Ti- le leggi che regolavano i detti giuochi. La vio-
moteo (I, 6; I Tira. IV, 14; VI, 12), durante la lazione di queste leggi, non solo escludeva i giuo-
quale egli avrebbe fatta una solenne professione
di credere alle verità della fede, propostegli da
S. Paolo (Ved. Ceulemans, h. 1.). Saranno idonei.
Come è chiaro, qui si parla dell'istituzione dei
pastori delle Chiese, nei quali, oltre al saper cu-
stodire fedelmente la dottrina evangelica, si ri-
chiede ancora che sappiano insegnarla ai fedeli.
S. Paolo presente vicina la sua morte, e quindi
si preoccupa di assicurare la perpetuità della tras-
missione della dottrina evangelica, dando ordine a
Timoteo di provvedere buoni maestri per le Chiese.
3. Nei vv. 3-6, S. Paolo eccita lo zelo di Ti-
moteo con tre comparazioni, tratte la prima dalla
vita militare (3-4), la seconda dai giuochi atletici
Fig. 42. — Atleti che lottano.
(5), terza dall'agricoltore (6). Benché l'Apo-
e la
stolo non ne faccia esplicitamente l'applicazione,
catori dalla vittoria, ma li condannava ancora a
questa tuttavia è assai facile. Sopporta i travagli. forti ammende. Così anche Timoteo, se vuol ri-

Il greco avruanoTcàQryoov significa lett. prendi parte


cevere la corona, deve combattere con perseve-
(con me) ai travagli per Vangelo, come cap. I,
ranza, attenendosi però alle regole dategli.
il

8 (Ved. n. ivi). 6. Fa d'uopo, L'agricoltore non partecipa


ecc.
Come, ecc. Vuole che Timoteo sia non solo se non dopo essersi prima af-
ai frutti della terra,
come un soldato, ma come un buon soldato di faticato. Similmente anche Timoteo, se vuol godere
Gesù Cristo. Di quali armi debba essere rivestito dei frutti della vita eterna, deve prima lavorare e
Ved. Efes. VI, 14 e ss. Gesù Cristo è il mo- affaticarsi nel campo del Signore. Tale ci sembra
dello e il capitano, e come Egli ha patito, ed è la miglior spiegazione di questo versetto, e quella
morto per il Vangelo, così ancora tutti i suoi se- che risponde meglio al contesto (Ved. Padovani,
guaci, e specialmente i suoi ministri, devono es- AUioli, ecc., h. 1.). Altri (Van Steen., Drach, Bi-
sere pronti a patire e morire. sping, ecc.) spiegano : L'agricoltore, non pigro,
4. Spiega comparazione precedente. Nessuno
la
ma laborioso, è giusto che goda per il primo dei
frutti del campo. In questo caso però non si
ascritto, ecc. Nel greco mancano le parole di Dio;
capisce qual nesso vi sia con quel che precede,
e quindi è chiaro che si continua ancora a par-
lare dei soldati profani. Negozi del secolo. Nel
se pure non si ammette, che l'Apostolo voglia dire
greco si ha negozi della vita (tov pio»). Il buon a Timoteo, che ha diritto a ricevere dalla Chiesa
:

soldato non si immischia negli affari ordinari della un onesto sostentamento (Lenjonnyer, h. 1.), spie-
vita (commercio, giudizi, ecc.), che lo impedireb-
gazione questa già combattuta da S. Giov. Cris.
bero di compiere il proprio dovere, ma attende 7. Poni mente, ecc. Senza che io te ne faccia
unicamente alla milizia, affine di piacere a colui l'applicazione speciale, medita le tre comparazioni
che lo ha arruolato (tale è il senso del greco). Di che ti ho portalo, e il Signore ti darà di intenderle
conseguenza, anche Timoteo deve tenersi libero da e dì applicarle a te stesso. Esse ti fanno com-
tutti gli affari e le preoccupazioni del mondo, e prendere, che devi compiere fedelmente il tuo mi-
darsi con tutto lo zelo alla causa di Gesù Cristo nistero, se viuoi conseguire il premio. In tutte le
e del Vangelo. Appoggiandosi su questo testo, il cose. Queste parole probabilmente, non si rife-
Concilio di Calcedonia ha proibito ai chierici la riscono solo alle tre comparazioni, ma a tutto ciò
mercatura, e alcuni speciali negozi temporali. che poteva essere necessario a Timoteo per il suo
5. Poiché, ecc. Nel greco si legge e anche se :
ministero. Nel greco ordinario si legge ti dia, ma
la lezione della Volgata ti darà, ha in suo favore i
uno combatte (èàv bh xal d9Xq nq), ossia se è
atleta. S. Paolo usa spesso la comparazione dei
codici K A C D
E F, ecc., ed è preferita dai critici.
giuochi atletici (Cf. Cor. IX, 25 e ss.;
IV, 7; I 8.Per sempre più incoraggiare Timoteo, San
I Tim. VI, 12, ecc.). Non è coronato. Agli atleti Paolo, nei vv. 8-13, lo esorta a ricordarsi sempre
vincitori si dava d'ordinario una corona. Secon.do della risurrezione di Gesù Cristo, la quale è un
II Timoteo, II, 9-14 409

resurrexìsse a mórtuis ex sémine David, se- seme di David risuscitò ^da morte secondo
cùndum Evangélium meum, ^In quo labóro il mio Vangelo, ®pel quale io patisco fino
usque ad vincula, quasi male óperans sed : alle catene, come un malfattore ma la pa- :

verbum Dei non est alligàtum. ^"Ideo omnia rola di Dio non è incatenata. ^°Per questo
sustìneo propter eléctos, ut et ipsi salùtem ogni cosa io sopporto per amor degli eletti,
consequàntur, quae est in Christo lesu, cum affinchè essi pure conseguiscano la salute
gloria cadesti. che è in Cristo Gesù, con la gloria celeste.
^^Fidélis sermo nam si commórtui su-
: "Parola fedele Poiché se insieme mo- :

mus, et convivémus "St sustinébimus, et : riamo, insieme ancora vivremo ^^se in- :

conregnàbimus si negavérimus, et ille ne-


: sieme soffriamo regneremo ancora insie-
;

gabit nos "Si non crédimus, ille fidélis


: me se (lo) rinneghiamo, egli pure ci rin-
:

pérmanet, negare seipsum non potest. negherà "se non crediamo, egli rimane
:

fedele, non può negare se stesso.


"Haec Gommone : testifìcans coram Do- ^^Rammenta queste cose protestando alla
mino. Noli contèndere verbis ad nihil enim : presenza del Signore. Fuggi le dispute di
utile est, nisi ad subversiónem audiéntium. parole, imperocché ciò non è buono a nulla,

" Matth. X, 33; Marc. Vili, 38. " Rom. Ili, 3.

pegno e l'esemplare della nostra futura gloriosa ragione si è perchè i cristiani sono intimamente
risurrezione. Il Signore, manca nel greco. Del uniti a Gesù Cristo, e con lui formano un solo
seme di Davide, cioè vero uomo discendente dalla corpo mistico 23; Coloss.
(I Cor. XII, 26; Efes. I,

stirpe di Davide (Ved. n. Rom. I, 3). Se Gesù I, 18, 24). Regneremo (Matt. XIX,
28; Efes. II,
come uomo è risuscitato, anche noi uomini^ risor- 6, ecc.). Se lo rinnegheremo, per timore della per-
geremo gloriosi, se saremo stati fedeli. Secondo il secuzione, e ci vergogneremo di lui, egli pure
mio Vangelo, cioè secondo la dottrina, che io ho ci rinnegherà davanti al Padre suo (Cf. Matt. X,
ricevuto l'ordine di predicare (Cf. Rom. II, 16). 33; Mar. VIII, 33; Lue. IX, 26).
9. Pel quale Vangelo. Per la propagazione di 13. Se non crediamo. Si dovrebbe tradurre se :

questo Vangelo io patisco (gr. xaxo:ra6cò = sopporto siamo infed'elì, cioè non vogliamo accettare la dot-
travagli, come al malfattore. Nel
v. 3) come un trina che. egli ci fa annunziare, rimane fedele
egli
greco è da notarsi la bella paronomasia xaxojraOcò alle sue- promesse e alle sue minacele di premiare
e xaxowpTo?. Avendo nel versetto precedente parlato i buoni e di castigare i cattivi, e perciò non man-
del Vangelo, l'Apostolo fa una digressione (9-10), cherà di punirci. Egli infatti non può negare se
e parla di quanto egli soffra per esso. Si consola stesso, facendo diversamente da quanto ha in
però al pensare che, quantunque egli sia incate- modo assoluto stabilito.
nato, la parola di Dio, cioè la predicazione evan-
gelica, non è incatenata, ma si diffonde nel mondo. seconda parte (II, 14-IV, 8) della sua
14. Nella
lettera, S. Paolo istruisce Timoteo sul modo, con
10. Per questo motivo, che parola di Dio non la
cui deve diportarsi cogli eretici che già vi sono,
è incatenata, io sopporto volentieri tutti i mali per e con quelli che non tarderanno a venire. Dap-
amore degli eletti, ossia affinchè, per mezzo della prima gli inculca di evitare le dispute vane, le
mia predicazione e dei miei patimenti, si conv^j- passioni' della giovinezza e le questioni oziose (14-
tano coloro, che Dio ha eletti per la fede, e si
26), ma nello stesso tempo vuole che affermi, con
avanzino nella grazia coloro, che già sono conver- forza e senza timore, la dottrina evangelica.
titi, affinchè anch'essi, come i predicatori, ghin-
Rammenta agli altri queste cose dette nei ver-
gano alla salute, che si ottiene per la fede in Gesù
setti 11-13, protestando atta presenza del Signore,
Cristo (Ved. n. 1). Questa salute è congiunta
cioè chiamando il Signore a testimonio. Fuggi le
colla gloria celeste (greco eterna. Cf. II Cor. IV,
dispute di parole (Ved. n. I Tim. yi, 4). Nei mi-
17). « I ministri della Chiesa, quantunque egual-
gliori codici greci si ha un XoYO|iaXeìv = fuggire le
mente si affatichino e pei predestinati e pei re-
dispute di parole, che può essere sia un impera-
probi, che sono indistinti nella medesima Chiesa,
tivo' e sia un infinito. Numerosi autori (Drach,
con tutto ciò quello che essi fanno tende al bene
Fili., Cramp., Lemonn., ecc.) accettano questo se-
e alla salute degli eletti » Martini.
condo senso, e spiegano Rammenta agli altri :

11-12. Parola fedele (Ved. n. I Tim. I, 15; queste cose scongiurando davanti a Dio di fuggire
III, 1) si riferisce a quanto segue, e indica la le dispute, ecc. Questa spiegazione è più conforme
certezza nella salute degli eletti. Poiché. Questa al testo greco. « Tu fai dispute di parole, dice
particella introduce un passo ritmico di quattro Sant'Agostino {De Doct. chris., 1. IV, e. XXXVIII,
versi composti ciascuno di due emisticchi, ad ec- fì. 61), quando non cerchi
di vincere l'errore colla
cezione dell'ultimo che ne ha tre. Pensano al- verità, ma solo che
tuo dire sia preferito a quello
il

cuni, che anche qui si abbia una strofa di un qual- degli altri ». Poiché, manca nel greco, dove si
che antico inno cantato dai cristiani (Ved. n. I legge sempltoemoikte ciò è utile a nulla, alla
:

Tim. Ili, 16). Se insieme a Gesù Cristo moriamo, rovina delle anime. Per il senso, la differenza tra
insieme a lui vivremo, vale a dire, se con Gesù il greco e 'la Volgata è minima. Tali dispute, non
Cristo sopportiamo i patimenti e le afflizioni della fecano alculi vantaggio, e sono causa di danno,
vita ì^resente, saremo ancora partecipi della sua e talvolta anche, dì rovina per le anime (Cf. Tit.
vita gloriosa (Ved. n Rom. VI, 3; Vili, 17). La 111,9).
410 II Timoteo, II, 15-20

teipsum probàbilem exhibére


^^Sollicite cura fuori che a sovvertir gli uditori. "Studiati
Deo, operàrium inconfusibilem, recte trac- di presentare te stesso degno di approva-
tàntem verbum veritàtis : zione a Dio, operaio che non ha da vergo-
gnarsi, che distribuisce rettamente la parola
di verità.
"Profana autem, et vanilóquia devita : "Fuggi però i discorsi profani e vani :

multum enim proficiunt ad impietàtem ^^Et : poiché molto si avanzano nell'empietà ^^e :

sermo eórum ut cancer serpit ex quibus et : il loro discorso va serpendo come cancrena :

Hymenaeus, et Philétus, ^^Qui a veritàte tra' quali è Imeneo e Fileto, "i quali sono
excidérunt, dicéntes resurrectiónem esse andati lungi dalla verità, dicendo che la ri-
iam factam, et subvertérunt quorùmdam fi- surrezione è già avvenuta, ed hanno sovver-
dem. ^'Sed fìrmum fundaméntum Dei stat, tita la fede di alcuni. ^®Ma sta saldo il fon-
habens signàculum hoc Cognóvit Dómirfus : damento di Dio che ha questo segno il :

qui sunt eius, et discédat ab iniquitàte om- Signore conosce quelli che sono suoi e si :

nis, qui nóminat nomen Domini. ritiri dall'iniquità chiunque invoca il nome
del Signore.
^°In magna autem domo non solum sunt ^°Ora in una grande casa vi sono non solo

15. Studiati di presentare te stesso nel servizio ront. La Théologie anténicéenne, p. 168 e ss.,
di Dio, come un uomo provato (6óxi|jov) e irrepren- ecc.). Hanno sovvertita la fede di alcuni cristiani.
sibile, come un operaio che non ha da vergognarsi, Nel greco vi è il presente sovvertono.
né della sua opera, né della sua negligenza e della
Nei vv. 19-21 fa vedere che Timoteo deve
19.
sua pigrizia, ma distrìbuisce o dispensa rettamente,
restale fermo contro le false dottrine, pensando
ossia come si conviene, e senza condiscendenza
che nulla può scuotere l'edifizio di Dio, che è la
per l'errore, la parola di verità, cioè la dottrina
Chiesa, e che i cattivi saranno sempre frammi-
evangelica. Il verbo greco ópOoTojHEÌv da cui deriva
schiati ai buoni.
ópGoToiioGvTa = recte tractantem, significa in senso
Ma, nonostante la propaganda degli empì e la
proprio tagliar diritto, far diritto il solco, e per
defezione di alcuni cristiani, il fondamento di
metafora distribuire o dispensare rettamente. Qui
Dio sta saldo. Con questa metafora, l'Apostolo in-
è usato in quest'ultimo senso.
dica la Chiesa, colonna e fondamento della verità
16. Fuggi, ossia evita assolutamente, i discorsi (I Tim. Ili, 14-16), e avente per pietra angolare
profani e vani (la congiunzione e manca nel greco, Io stesso Gesìi Cristo (Efes. II, 20). Non ostante
dove si legge semplicemente i profani vaniloquii) : che qualche pietra di questo edifizio possa cadere,
dei falsi dottori (Ved. n. I Tim. VI, 20). Si avan- l'edifizio in sé sta saldo e immobile, perché pog-
zano. Nel greco vi è il futuro si avanzeranno. Il giato sulla pietra e sostenuto dalla forza di Dio.
soggetto di questo verbo non sono i discorsi vani, Questo segno. Il greco a<ppay\ba ìndica propria-
ma i falsi dottori, come è chiaro dal versetto se- mente sigillo impresso. Il grande edifizio, che é la
guente, il loro discorso, ecc. Costoro vanno sem- Chiesa, porta impresso o scolpito questo sigillo :

pre pili progredendo nell'empietà. composto due citazioni scritturali, la prima delle
di
17. Il loro discorso, o meglio, la loro parola, quali é tratta da Num. XVI, 5, secondo i LXX, e
in opposizione alla parola di verità (v. 15), va la seconda dipende o da Num. XVI, 26, oppure
serpendo (nel greco vojìt\v g^et = avrà pascolo) da Isai. LII, 1, se pure, come pensano altri (Fili.),
come cancrena (gr. àq Y'^TYPai'^")' Con questa si- non è una citazione di alcune parole del Signore,
militudine l'Apostolo descrive la rapida e funesta riferite anche da S. Luca, XIII, 27. Partitevi da
propagazione dell'errore. Come la cancrena, se me voi tutti operatori di iniquità. S. Paolo allude
non é arrestata in tempo, si attacca alle parti sane all'uso, assai comune in antico, di avere sigilli

del corpo, e in breve conduce alla morte, così contornati da iscrizioni, oppure
scolpiredi far
l'errore, se non incontra ostacoli, rapidamente si sulle case alcune iscrizioni, nelle quali si accen-
propaga e conduce alla morte dell'anima. Tra i nava al fine, a cui esse erano destinate, al tempo
quali falsi dottori é Imineo (Ved. I Tim. I, 20) in cui erano state costrutte, ecc. 7/ Signore
e Fileto. Di quest'ultimo non sappiamo nulla. {Dio presso i LXX) conosce (con una cognizione
di amore e di approvazione) quelli che sono suoi,
Imineo e Fileto, sono andati lungi,
18. / quali
o meglio sono sviati (gr.n^TÓXnoav; Cf.I Tim. I,
si
e quindi saprà ben distinguerli dagli eretici e dai
dalla ossia hanno perduta la fede, er-
verità,
per v'ersi, e ne avrà una cura speciale mantenendoli
6)
nella fede e riservando loro il premio per il giorno
rando colpevolmente nella dottrina insegnataci da
Gesù Cristo. Dicendo, ecc. Spiega quale sia il del giudizio. Si ritiri dall'iniquità chiunque invoca
il nome del Signore. Con questa seconda citazione,
loro errore : la risurrezione dei morti è già avve-
nuta. Come conseguenza del loro ascetismo e mi- l'Apostolo fa comprendere che chi vuole essere
sticismo esagerato, i gnostici non ammettevano vero discepolo di Gesù Cristo, deve tenersi lon-
che una risurrezione spirituale, consistente nel pas- tano dall'errore e quindi dagli emetici e dai falsi
saggio dell'anima dall'errore alla verità, dallo dottori, e assiem dinota « quello che è un ef-
stato di colpa allo stato di grazia. Questo pa^ fetto della predeshiazione, la cooperazione del li-

saggio effettuava nel Battesimo (Cf. Coloss. Ili,


si
bero arbitrio a fuggirti qualunque peccato Martini. x»

1), come afferma Tertulliano {De resur. carn., 20. In una casa, ecc. La metafora cambia, e,
cap. 19). Sugli errori qui combattuti da S. Paolo mentre nel versetto precedente i fedeli erano con-
Ved. Prat, La Théologie de St-P., t. I, p. 473 siderati come le pietre con cui si costruisce l'edi-
e ss.; Boysson, La loi et la Foi. p. 161; Tixe- fizio della Chiesa (I Cor. Ili, 10-15), qui invece
II Timoteo, II, 21-25 411

vasa aurea, et argèntea, sed et lìgnea, et vasi d'oro e d'argento, ma anche dì legno e
flctilia quaedam quidem in honòrem,
: et di terra ed altri sono ad onore, altri ad uso
quaedam autem in contuméliam. ^^Sì quis vile. ^^Se uno pertanto si monderà da tali
ergo emundàverìt se ab vas in istis, erit cose, sarà un vaso ad onore, santificato e
honorem sanctifìcàtum, et ùtile Dòmino ad utile pel Signore, preparato ad ogni opera
omne opus bonum paràtum. buona.
^^luvenilia autem desidéria fuge, sectàre ^^Fuggi le passioni giovanili, segui la
vero iustitiam, fidem, spem, charitàtem, et giustìzia, la fede, la speranza, la carità e la
pacem cum iis, qui invocant Dòminum de pace con quelli che invocano il Signore con
corde puro. ^^Stultas autem, et sine disci- puro cuore. ^^Schiva le dispute stolte e inu-
plina quaestiònes devita sciens quia géne- : tili sapendo che generano liti.
:

rant lites.
#
^''Servum autem Dòmini non opòrtet liti- ^^Ora non conviene che il servo dì Dio
gare sed mansuétum esse ad omnes, doci-
: litighi ma che sia mansueto con tutti,
;

bilem, patiéntem, ^^Cum modèstia corri- pronto ad istruire, paziente, ^^che riprenda

" I Tim, I, 4 et IV, 7 ; Tit. Ili, 9.

sono paragonati ai varii utensili che costituiscono la 22. Tornando a parlare direttamente a Timoteo,
suppellettile diuna casa (Rom. IX, 19-24). Niuno S. Paolo lo esorta a fuggire alcuni vizi e a prati-
deve meravigliarsi, che nella Chiesa i buoni siano care alcune virtù. Le passioni giovanili non sono
mescolati ai cattivi, e che nella bontà e nell'em- qui i vizi della carne, ma piuttosto quelle legge-
pietà si diano pure diversi gradi. In una grande rezze, quelle vanità e quei difetti, che sono propri!
casa, vi sono non solo vasi (ebraismo equivalente dei giovani e che facilmente potevano attaccarsi a
a strumenti, utensili. Ved. n. Atti IX, 15) di ma- Timoteo, posto a capo di una Chiesa, mentre non
teria preziosa, ma anche di materia vile; vi sono aveva ancora raggiunta l'età matura (Ved. n. I
non solo vasi destinati a fini nobili, ma anche Tim. IV, 12). Segui la giustizia, ecc. (Ved. n.
vasi destinati a fini ignobili, e così nella Chiesa, I Tim. VI, II).
che è la casa di Dio (Matt. XIII, 24 e ss. I Tim. ; La speranza manca nel greco. La pace con quelli
III, 15), vi sono cristiani più o meno perfetti nella che, ecc. La pace coi buoni cristiani (Cf. I Cor.
fede e nella carità, e ve ne sono pure di quelli I, 2), poiché quanto agli eretici e ai cattivi cri-
che sono più o meno avanzati nel vizio; vi sono stiani non é possibile aver pace con essi, perchè
cristiani destinati alla gloria eterna del cielo, e ve la pace importa concordia, e il bene e il male non
ne sono pure di quelli che, se non si convertono, possono accordarsi tra loro. Anche coi cattivi si
saranno condannati all'eterno supplizio, a È da no- deve però cercare la pace procurando con vera ca-
tare che quelle parole : altri sono ad onore, ecc., rità il loro ravvedimento.
a tutti 1 vasi si riferiscono, d'oro, d'argento, di
23. Timoteo deve evitare le dispute oziose, le
legno, di terra, come riconobbe Sant'Agostino {Re- quali generano liti, che non convengono a un mi-
trac, 1. II, 16); imperocché e i vasi d'oro e nistro di Gesù Cristo. Schiva le dispute, ecc. È
d'argento, vale a dire, i Cristiani ricchi di fede e da notare quanto S. Paolo raccomandi a Timoteo
di carità, possono diventare vasi di contumelia,
di tenersi lontano da queste dispute (Ved. n. I
non perseverando ; e vasi di legno e di creta, i Tim. I, 4). Inutili. Il greco d:rat&eviTot)(; (comp. di
Cristiani fragili e peccatori, possono diventare vasi =
a neg e di :iaiòeuoo educare) significa
istruire,
d'onore col convertirsi » Martini. Si deve ancora letteralmente che non conferiscono nulla all'istru-
osservare che le parole di S. Paolo mostrano chia- zione, e quindi inutili. Tali questioni come quelle
ramente che la Chiesa non è composta di soli sulle genealogie, ecc., non servono a far progre-
giusti, ma di giusti e di peccatori, e che questi,
dire nella cognizione della sapienza cristiana, e
benché non appartengano all'anima della Chiesa, generano liti e contese, le quali non convengono
appartengono però al corpo (Cf. Matt. XIII, 24). al ministro di Dio (Rom. XV, 33; I Cor. XIV, 33).

21. L'Apostolo spiega la comparazione prece- 24-25. Al servo di Dio. Benché tutti i cristiani
dente, e mostra quali siano i vasi destinati a usi siano servi di Dio, qui si parla però in modo
nobili. Se un cristiano pertanto si monderà, o speciale dei pastori di anime e dei predicatori del
meglio, si conserva mondo o puro da tali cose, Vangelo. Non si conviene litigare (Ved. n. I Tim.
cioè dalle dottrine degli eretici (versetti 14, 16), Ili, 3). Mansueto, greco nirtov = dolce, amabile con
sarà, ecc. Le parole ab istis, da alcuni (Fili., Van tutti. Pronto ad istruire, meglio secondo il greco
Steen., ecc.) vengono riferite ai vasi ad uso vile, òxòaxnxóv, capace di insegnare (Cf.I Tim. II, 2).
e quindi il versetto viene tradotto Se uno : per- Paziente nel sopportare le ingiurie. Con modestia.
tanto si conserva mondo, evitando tali uomini, cioè Il greco »pavtnn va piuttosto tradotto con man-
i falsi dottori, sarà, ecc. Per il senso, le due spie- suetudine. Riprenda. Il pastore di anime deve ri-
gazioni non differiscono, benché la prima ci sem- prendere e correggere i cattivi, ma sempre colla
bri più probabile (Cf. Estio, h. 1.). Utile pel Si- debita carità e moderazione. Quelli che resistono,
gnore. Nel greco si legge utile al padrone di casa. ecc. Nel greco si ha semplicemente tovq àvTtòianOc-
E chiaro però, che nel padrone di casa è figurato fiévot)? = gli avversari, e mancano le parole alla
il Signore. Preparato ad ogni opera buona, ossia verità, le quali sono probabilmente una glossa
atto a compiere qualsiasi servizio nella casa del tratta dal cap. Ili, 8. Se mai, ecc. Questa formola
Signore. condizionale mostra la perfetta libertà di Dio, e
412 II Timoteo, II, 26 — III, 6

piéntem eos, qui resistunt ventati ne- : con modestia quelli che resìstono alla ve-
quàndo Deus det illis poeniténtiam ad co- rità se mai Dio desse loro penitenza per
:

gnoscéndam veritàtem, ^^Et resipìscant a conoscere la verità, -^e ritornassero in sé


diàboli làqueis, a quo captivi tenéntur ad (sciolti) dai lacci del diavolo, da cui sono
ipsius voluntàtem. tenuti schiavi a sua voglia.

CAPO III,

Gli eretici futuri e i loro costumi, i-g, Timoteo deve perseverare nella difesa
della verità, 10-17.

^Hoc autem scito, quod in novissimis dié- ^Ora sappi questo, che negli ultimi giorni
bus instàbunt tempora periculósa ^Erunt : sopraggiungeranno tempi pericolosi *poi- :

hómines seipsos amàntes, cùpidi, elàtì, su- chè gli uomini saranno amanti di loro stessi,
pèrbi, blasphémi, paréntibus non obedién- avari, vani, superbi, maldicenti, disubbi-
tes, sedesti, 'Sine affectióne, sine
ingrati, dienti ai genitori, ingrati, scellerati, ^senza
pace, criminatóres, incontinéntes, immites, amore, senza pace, calunniatori, inconti-
sine benignitàte, ^Proditóres, protèrvi, tù- nenti, crudeli, senza benignità, ^traditori,
midi, et voluptàtum amatóres magis quam protervi, gonfi, e amanti dei piaceri più che
Dei ^Habéntes spéciem quidem pietà-
: di Dio : •'avendo l'apparenza della pietà,
tìs, autem eius abnegàntes. Et
virtùtem ma negandone la realtà. Fuggi anche co-
hos dévita ^Ex his enim sunt, qui pènetrant
: storo :
^
poiché di questi sono coloro, che
domos, et captivas ducunt muliérculas one- s'introducono per le case, e menano schiave

> I Tim. IV, 1; II Petr. Ili, 3; Judae, 18.

assieme eccita alla speranza che Dio abbia ad 2. Poiché gli uomini, ecc. Tale è l'esatta tra-
usare misericordia verso questi peccatori. duzione del gr.Soovrai yàp oì 5v0poo:rot, ecc. Amanti
26. Ritornino in se. Il ministro di Dio adope- di loro stessi (gr. «pìXavrot). L'amore disordinato di

rando il suo zelo per la conversione dei peccatori se stesso è la causa e la radice di tutti i vizi, e
anche più indurati, può sempre sperare che ri- quindi giustamente l'Apostolo comincia con esso
tornino a migliori consigli, e si sciolgano dai lacci l'enumerazione dei vizi degli eretici. Avari (greco
«ptXdpYvpoi = amanti del denaro (Cf. I Tim. VI,
del demonio (l Tim. Ili, 7). Sono tenuti schiavi.
Il greco èXtoypmiévot significa letteralmente sono \0).Vani, cioè pieni di ostentazione. Maldicenti,
presi vivi, e si dice degli animali che si prendono corrisponde al greco pxà(y<pTinot e indica diffa- ,

vivi alla caccia. A sua voglia. Il demonio fa in matori (I Tim. VI, 4). Scellerati, cioè empi, irre-
certo modo quel che vuole di coloro, che ha preso ligiosi.

nei suoi lacci, eccitandoli a nuovi peccati. 3. Senz'amore per il prossimo, giacché non
amano che se stessi. 5en2a pace. Il greco àanoYbox
significa fedifraghi, implacabili (Ved. Rom. I, 31).
CAPO III. Incontinenti, gr. dxpoTei? = intemperanti, cioè dati
ai piaceri della carne. Senza benignità. Il greco
1. S. Paolo, con sguardo profetico, Si porta a d<piXaY(i6oi significa che non amano il bene o i

considerare il futuro, e vedendo sorgere nuovi e buoni, e quindi nemici del bene.
più temibili eretici, mette Timoteo in guardia con- 4. Traditori di Dio e degli uomini. Amanti del
tro dì essi, e gli insegna come debba diportarsi piacere più che di Dio. Litote espresso in greco
(l-!7). Comincia col descrivere i loro perversi co- con un elegante paronomasia ; 9iXtj&ovoi jìIxXov
stumi, le loro arti e la loro finale rovina (1-9). ti (piXó9eoi.
Sappi, ecc., ossia tieni bene a mente, quanto io
5. Avendo l'apparenza esterna della pietà, per
dico, poiché si tratta di cosa importantissima. Al-
sedurre più facilmente gli incauti, ma negandone
cuni codici greci (A F G, ecc.), hanno sappiate,
la realtà (lett. la forza), perché internamente sono
ma la lezione della Volgata è da preferirsi. Negli
pièni di malizia e di iniquità. Essi quindi sono
ultimi giorni. Non si tratta degli ultimi giorni del
lupi vestid da pecore (Matt. VII, 15).
mondo, poiché al v. 5 si suppone che Timoteo
sarà testimonio degli avvenimenti annunziati, ma
Fuggi anche costoro, quando sorgeranno, come
già devi fuggire i falsi dottori che ora vi sono. Il
semplicemente dell'età messianica, che va dalla
trattare famigliarmente con essi espone a molti
fondazione della Chiesa fino al ritorno glorioso di
pericoli (Cf. II Tess. II, 5-12).
Gesù Cristo (Ved. Atti II 17; Ebr. I, 2; I Piet. I,
20; Cf. n. I Tim. IV, 1). Tempi pericolosi (greco 6-7. Questi falsi cristiani annunziati per l'avve-
dìfUcilf), nei quali la virtù e la sollecitudine dei nire, hanno già adesso i loro precursori. Infatti,
pastori saranno messe a dura prova (Ved. Prat, del numero di questi falsi cristiani sono già quei
op. cit., tom. I, p. 486 e ss,). falsi dottori, che si introducono astutamente nelle
II Timoteo, III, 7-12 413

ràtas peccatis, quae ducùntur vàriis desi- donnicciuole cariche di peccati, mosse da
derìls : ^Semper discéntes, et nunquam ad varie passioni He quali sempre imparano,
:

sciéntiam veritàtls perveniéntes. e non arrivano mai alla scienza della verità.
^Quemàdraodum autem lannes, et Mam- *Ora come Gianne e Mambre resistettero
bres rejstitérunt Móysi : ita et hi resistunt a Mosè così anche costoro resistono alla
:

ventati, hómines corrùpti mente, rèprobi verità, uomini corrotti di mente, reprobi ri-
circa fldem, 'Sed ultra non proficient in- : guardo alla fede, ^ma non andranno più
sipìéntia enim eórum manifèsta erit omni- avanti : poiché si farà manifesta a tutti la
bus, slcut et illórum fuit. loro stoltezza, come fu già di quelli.
^"Tu autem assecùtus es meam doctrìnam, ^"Ma tu hai seguito dappresso la mia dot-
institutiónem, propósitum, fldem, longani- trina, la mìa maniera di vivere, le inten-
mitàtem, dilectiónem, patiéntiam, ^^Perse- zioni, la fede, la longanimità, la carità, la
cutìónes, passiones : quàlia mihi facta sunt pazienza, "le persecuzioni, i patimenti,
Antiochìae, Icónii et Lystris quales per- : quali mi avvennero ad Antiochia, ad Ico-
secutiónes sustinui, et ex omnibus eripuit nio e a Listri le quali persecuzioni io ho
:

me Ddminus. ^^Et omnes, qui pie volunt vi- sostenute, è da tutte il Signore mi ha libe-
vere in Christo lesu, persecutiónem pa- rato. ^^E tutti quelli che vogliono vivere

« Ex. VII, U.

case, e menano schiave, come prigioniere di cioè dei magi di Faraone, che, confessando la loro
guerra, donnicciuole cariche di peccati, cioè gua- impotenza, furono costretti ad esclamare qui vi:

ste e corrotte, mosse da varie passioni, e special- è veramente il dito di Dio (Esod. VIII, 18, 19).
mente dominate dalla curiosità, dall'amore di no- 10-11. Nei vv. 10-17, S. Paolo esorta Timoteo a
vità, per cui, non contente di quanto loro insegna
perseverare nella difesa della verità. Dapprima gli
la Chiesa, corrono dietro ai falsi maestri. Le quali inculca di attenersi alla dottrina del suo maestro
imparano sempre, ecc. L'ironia è forte. Queste e di imitarne gli esempi (10-11). Ma tu hai impa-
donnicciuole si danno a seguire gli eretici, sotto rato a condurre una vita totalmente diversa da
pretesto di imparare la religione, ma non arrivano quella dei falsi dottori. Tu hai seguito dappresso,
mai alla scienza della verità, perchè non cercano cioè fedelmente, la mia dottrina, ecc. Le inten-
la verità con cuore sincero e puro, e la cercano zioni, cioè il fine che mi proponevo in tutte le
dove non la possono trovare. Nel greco si legge : mie azioni. A questo e a tutti i nomi che seguono,
non possono pervenire alla cognizione della verità. si deve aggiungere il possessivo di prima persona,

8. S. Paolo cita un fatto della storia giudaica


come si legge nel greco. Antiochia di Pisidia
analogo a ciò che succedeva allora in Efeso.
Gianne e Mambre (i migliori codici hanno Gìam-
bre) furono due magi di Faraone, i quali si oppo-
sero a Mosè, imitando i suoi prodigi e inducendo
Faraone a ostinarsi nel non concedere quanto il
popolo d'Israele domandava (Ved. Esod. VII, 11
e ss. VIII, 7). I loro nomi non sono ricordati
;

nella Scrittura, ma si conservarono nella tradi-


zione, e, con qualche variante di trascrizione, si
trovano nel Targum di lonathan (Ad. Exod. I, 15;
VII, 11), nel Talmud (Buxtorf, Lex chald. talm.
rabb., 945 e ss.; Schoettgen, Horae Hebr., ad II Moneta di Antiochia.
Tim. Ili, 8), in Plinio il vecchio (Hist. nat. XXX,
1, 11), in Apuleio (De magìa, cap. XC), in Nu- (Atti 50 e ss.), a Iconio (Atti XIV, 5), a
XIII,
menio presso Eusebio {Praep. evang., IX, 8)), e Listri XIV, 18). S. Paolo ricorda in modo
(Atti
sono pure ricordati da Origene (In. Matt. XXVII, speciale queste persecuzioni, perchè dovevano es-
9). Ved. Vig., Dict. Bib.; Hagen., Lex. Bib. sere ben note a Timoteo, il quale era originario di
Così anche questi falsi dottori resistono alla ve- Listri, e si era convertito mentre esse infierivano
rità. L'Apostolo li caratterizza nuovamente dicen- (Atti XIII, 49; XIV, 1 e ss.). Da tutte, ecc. Ag-
doli corrotti di mente, cioè pervertiti nel loro giunge queste ultime parole, per animare Timoteo
modo di giudicare, e reprobi riguardo 'alla fede, a non perdersi di coraggio.
cioè eretici, che hanno perduta la fede (Cf. I Tim. 12. Un altro motivo ben valevole a incoraggiare
I, 19; Tit. I, 16, ecc.). Timoteo a mostrarsi intrepido nel soffrire per
9. Ma non, ecc. Benché questi empi vadano Gesìi Cristo, è il sapere che i giusti, quaggiù in
sempre progredendo nella loro empietà (v. 13 e II, terra, vanno sempre incontro a persecuzioni. Tutti

16), questo progresso nel male avrà un


tuttavia quelli che vogliono vivere piamente in Cristo,
limite, non riusciranno mai a distruggere la
essi cioè secondo i dettami della dottrina di Gesù Cri-
Chiesa e a soffocare la verità; ma, come i magi sto, patiranno persecuzione, ossia saranno odiati
di Faraone, saranno infine completamente smasche- (Matt. X, 22), afflitti, tribolati, ecc., e avranno a
rati e sconfìtti. La loro stoltezza sarà riconosciuta sostenere assalti e contraddizioni da parte del
da tutti, e le loro imposture non troveranno piii mondo, del demonio, ecc., conforme ha predetto
credenza, come avvenne della stoltezza di quelli, Gesù Cristo (Giov. XV, 19).
414 II Timoteo, III, 13-16

tiéntur. "Mali autem hómìnes, et seductó- piamente in Cristo Gesù, patiranno per-
res proficient in peius, érràntes, et in erró- secuzione. "Ma gliuomini cattivi e i sedut-
rem mitténtes. tori andranno di male in peggio, ingannati
e ingannatori.
^*Tu vero permane in iis, quae dìdicisti, "Ma quello che hai impa-
tu attienti a
et eredita sunt tibi sciens a quo didiceris.
: che ti è stato afiSdato sa-
rato, e a quello :

"Et quia ab infàntia sacras litteras nosti, pendo da chi hai imparato "e che dalla :

quae te possunt instrùere ad salùtem, per fanciullezza apprendesti le sacre lettere, le


fidem, quae est in Christo lesu. quali possono istruirti a salute, mediante la
fede che è in Cristo Gesù.
^"Omnis scriptura divinitus inspirata uti- ^^Tutta la Scrittura divinamente ispirata
lis est ad docéndum, ad arguéndum, ad cor- è utile a insegnare, a redarguire, a correg-

" II Petr. I, 20.

13. Al contrario dei buoni, i cattivi non sa- dovere ai genitori di insegnare la legge ai loro
ranno perseguitati, e quindi andranno sempre più figli(Esod. X, 2; XII, 26; Deut., IV, 9, ecc.), e
progredendo nell'iniquità, trascinando nella perdi- Timoteo doveva senza dubbio averla appresa da
zione le loro vittime. Alcuni pensano, che in que- sua madre e dalla sua ava. Possono istruirti a sa-
sto versetto si contenga la ragione del versetto lute. Con queste parole S. Paolo lascia capire al
precedente. I buoni saranno perseguitati, perchè suo discepolo che deve perseverare nello studio
gli empi progrediranno sempre nel male, e non pratico della Scrittura, e lo assicura, che in essa
cesseranno mai di far guerra al bene (Cf. II, 16; troverà la via segnata per giungere alla perfe-
III, 9). Questa seconda spiegazione ci sembra più zione nell'adempimento di tutti i suoi doveri e
probabile. Seduttori. Il greco yÓT\xe(^, significa pro- all'eterna salute. S. Basilio (ep. I ad Greg. Naz.)
priamente incantatori. Probabilmente si allude alle paragona la Scrittura a un'officina farmaceutica,
arti magiche praticate in Efeso (XIX, 19), alle provvista di tutti i rimedi per tutti i mali. Me-
quali si abbandonavano i falsi dottori. Ingannati diante la fede, ecc. Per essere guida alla salute,
e ingannatori. Nel greco ingannatori e ingannati. le Scrittiu-e vanno lette colla mente illuminata
14-17. Timoteo deve mantenersi fermo nella dot- dalla fede di Gesù Cristo, senza della quale non
trina cristiana, sapendo da chi l'ha imparata, e su può aversi il loro vero senso, perchè esse sono
quali fondamenti essa si appoggia. AI contrario tutte ordinate a Gesù Cristo e parlano della sua
dei falsi dottori che si sono allontanati dalla fede, persona, dei suoi misteri, delle sue opere, ecc.
tu, o Timoteo, fermamente a quello che
attienti (Cf. Conc. Trid., sess. IV, Decr. de ed. et usu.
hai imparato. Che ti è stato affidato da me, come SS. LL.). A ragione pertanto la Chiesa proibisce
un deposito da custodire. Il testo greco pero va ai fedeli la lettura delle Bibbie commentate dai
tradotto attienti a quel che hai imparato, e di
:
protestanti. I protestanti non hanno la vera fede
cui hai piena certezza (èmcTcóGrif;), oppure che di Gesù Cristo, e quindi non sono in grado di
credi fermamente. Sapendo da chi. I codici greci comprendere e di spiegare la Sacra Scrittura.
presentano due lezioni. I codici C D E K L, hanno n&aa ypacpry), cioè tutto
16. Tutta la Scrittura (gr.
ii singolare ffapàtiYoi;, come nella Volgata (a quo);
il Vecchio Testamento, non solo nel suo com-
in questo caso il pronome chi si riferirebbe solo
plesso, ma anche in tutte e singole le sue parti
a S. Paolo, e si avrebbe questo senso sapendo :
(Cf. Conc. Vat., sess. Ili, De revel. cap. 2 e
che hai imparato la verità da me, che sono stato can. 4). È chiaro, che S. Paolo parla qui di quella
ammaestrato immediatamente da Gesù Cristo (Gal. stessa Scrittura, di cui ha parlato nel versetto pre-
I, 12), ecc. Ma i codici K AFG, ecc., hanno il
cedente, cioè del Vecchio Testamento, ma quanto
plurale Jiapò uvoov = da quali (persone hai impa-
egli dice di questo, va ancora esteso a tutti i
rato, ecc.), e questa lezione è generalmente pre-
librie a tutte le parti dei libri che compongono
ferita dai critici, e, come è chiaro, oltre che a
il Nuovo Testamento. Il nome Scrittura (YPa<?n)
S. Paolo si riferisce ancora alla madre e all'ava
è usato una cinquantina di volte nel Nuovo Testa-
di Timoteo (Cf. I, 5).
mento, per indicare i libri- sacri che compongono
15. Ad accrescere il suo coraggio varrà pure il il Vecchio Testamento. Divinamente ispirata. Nel
sapere, che la dottrina imparata si fonda sulla greco vi è una parola sola eeónvevotoq (da 6eóc =a
Sacra Scrittura. Tu devi restar fermo nella fede Dio e da»véoo=: soffiare), che secondo la sua eti-
abbracciata, perchè fin dalla tua fanciullezza ap- mologia significa soffiata da Dio, ossia proveniente
prendesti le Sacre Lettere, ecc. Col nome di Sacre dalla bocca di Dio. Dio per conseguenza è l'autore
Lettere (tepà ypàp.tiaza), viene indicato qui tutto il principale della Sacra Scrittura. Egli si è servito
Vecchio Testamento. Anche Nostro Signore Gesù degli uomini come di docili strumenti, per modo
Cristo aveva chiamato lettere gli scritti di Mosè che quanto da essi fu scritto è vera parola di
(Giov. V, 47). La Bibbia, presso i Giudei era il Dio, e come tale esente da ogni anche minimo er-
libro su cui i fanciulli fin dalla loro più tenera . rore. In se stessa l'ispirazione è un influsso so-
età imparavano a leggere, e i rabbini volevano che prannaturale di Dio sulla mente, sulla volontà e
fin dai cinque anni si cominciasse a insegnar loro sulle facoltà esecutive dello scrittore sacro, per
qualche passo della legge (Ved. Filone, Legai, ad cui questi concepisce e giudica rettamente, e
Caium., XVI; Gius., A. G., IV, 8, 12; Cont. vuole scrivere con fedeltà, e scrive di fatto con
App., I, 12; II, 18; Kortleitner, Archaeologiae Bi- infallibile verità, tutto quello che Dio vuole e solo
blicae Summarium, p. 285). La Scrittara fa un quello che Dio vuole e nel modo che Dio vuole.
II Timoteo, III, 17 — IV, 1-2 415

ripiéndum, ad erudiéndum in iustìtia ^^Ut : gere, a formare alla giustizia : "affinchè


perféctus sìt honK) Dei, ad omne opus bo- ruomo Dio dì sia perfetto, disposto ad ogni
num instructus. opera buona.

CAPO IV.

Insistere nella predicazione della parola di Dio, 1-4 —


e compiere fedelmente il
proprio dovere, 5-8, — 6*. Paolo chiama Timoteo a Roma, 9-13. In/or- —
mazioni e saluti, 14-22.

^Testìficor coram Deo, et lesu Christo, qui ^Ti scongiuro dinanzi a Dio ed a Gesù
iudicatilrus est vivos, et mórtuos, per ad- Cristo, che giudicherà i vivi ed i morti, per
véntum ipsius, et regnum eius : ^Praédic^ la sua venuta, e pel suo regno ^predica :

verbum, opportune, importune


insta àr- : la parola, insisti a tempo, fuori di tempo :

gue, óbsecra, increpa in omni patiéntia, et riprendi, supplica, esorta con ogni pazienza
doctrina. e dottrina.

così che Dioveramente l'autore principale


sia
del libro Quare, dice Leone XIII. Enc.
scritto. CAPO IV.
Providentissìmas, nihil admodura refert, Spiritum
Sanctum assumpsisse homines tamquam instru- 1. Paolo scongiura Timoteo per la venuta
S.
menta ad scribendum, quasi, non quidem prima- del Giudice supremo (v. 1), a insistere tanto mag-
rio auctori, sed scriptoribus inspiratis quidpiara giormente nella predicazione della parola di Dio,
falsi elabi potuerit. Nam supernaturali ipse vìr- quanto più i cattivi si allontanano dalla verità
iute ita eos ad scribendum excitavit et movit, ita (2-4), e a compiere fedelmente il proprio dovere,

scribentibus adstitit ut ea omnia eaque sola quae dato che egli. Paolo, è ornai prossimo a ricevere
la corona, meritatasi col fedele adempimento della
ipse iuberet, et recte mente conciperent et fide-
missione ricevuta (5-8).
liter conscribere vellent, et apte infallibili ventate
Ti scongiuro, Alla vista dei mali che mi-
ecc.
exprimerent. Ci. Dee. Lamentabili, prop. IX, X,
nacciano la Chiesa, l'Apostolo, pieno di sollecitu-
XI, Enc. Pascendi (Ved. Pesch., De insp^ Sac,
dine per essa e per il suo discepolo Timoteo,
Script., Friburgo B., 1906). E utile. Il verbo è,
prorompe in una esortazione patetica e maestosa.
manca nel greco, dove si ha semplicemente la con-
Per renderla ancora piiì pressante, egli si pone
giunzione e, per modo che si potrebbe tradurre :
in presenza di Dio e di Gesù Cristo, giudice su-
Tutta la (oppure ogni) Scrittura è divinamente
premo dei vivi, cioè di coloro che al momento
ispirata e utile, ecc. Sotto l'aspetto dogmatico le della sua venuta saranno ancora vivi e morranno
due versioni non differiscono gran che tra loro, in un attimo per subito risorgere (Ved. n. I Cor.
poiché se quest'ultima afferma esplicitamente il XV, 51 I Tess. IV, 16), e dei morti di morte
;

dogma dell'ispirazione della Scrittura, l'altra la ordinaria (a cui succede la corruzione del se-
suppone affermato. Intanto, infatti, la Scrittura è polcro). Si può anche spiegare giudice dei vivi,
utile insegnare, in quanto è divinamente ispi-
a cioè dei giusti e dei morti, cioè peccatori. Ti scon-
rata. Adinsegnare, ecc. L'Apostolo accenna a giuro per la venuta (gr.èm(pàveiav= manifestazione.
quattro utilità della Scrittura : è utile a inse- r Ved. n. I Tim. I, 14) gloriosa di Gesù Cristo, al
gnare la verità, cioè i dommi della fede; 2' è cui tribunale dovrai rendere conto dell'adempi-
utile a redarguire, ossia a confutare gli errori mento dei tuoi doveri, e pel regno glorioso di lui,
contrari alla fede; 3' è utile a correggere ì vizi che ti sarà dato in premio se sarai stato fedele
e a ritrarre dal male; 4" è utile a formare alla (Cf. I Cor. XV, 24 e ss.). Il greco ordinario e
giustizia, ossia a dare norme
efficaci per la pratica
alcuni pochi codici (E K L), hanno quest'altra le-
del bene morale, modo
da guidare l'uomo alla
in zione giudicherà i vivi e i morti secondo (xatd)
:

la sua apparizione e il suo regno, ossia quando


santità. Si osservi con Estio (h. 1.), che S. Paolo
dice bensì, che la Scrittura è utile a tutti questi apparirà per inaugurare il regno eterno di gloria
fini, ma non dice però che essa sola basti sempre,
La lezione della Volgata ha però in suo favore i
migliori codici, ed è preferita dai critici.
per modo che non si abbia a ricorrere alla tra-
dizione. La rivelazione infatti non è tutta conte- 2. Predica la parola di Dio, ossia la dottrina
nuta nella Scrittura, ma anche nella Tradizione. evangelica. Insisti in questa predicazione a tempo
(evìiaipcoc;), fuori di tempo (à^aipcoq), sia cioè che i
Affinchè, ecc. Risultato finale a cui convergono tuoi uditori siano ben disposti verso di te, sia
tutte le dette utilità dello studio delle Sacre Let- che non lo siano. Benché le verità evangeliche tal-
tere. Questo studio è ordinato a rendere l'uomo volta non siano ascoltate volentieri, vanno ugual-
dì Dio, cioè il ministro di Gesìi Cristo (I Tim. mente predicate. Riprendi, ecc. II ministro di Dio
VI, 11), perfetto, cioè ben disposto, o ben fornito dovrà adoprare tutti i mezzi, affinchè sia ascol-
ad ogni opera buona spettante al suo ministero. tata e produca frutto la sua predicazione. Con
Per poter istruire fedeli il ministro di Dio deve
i ogni pazienza (gr. longanimità), cioè senza violenze,
conoscere e sradìare le Sacre Scritture. e dottrina, portando cioè argomenti sodi, atti a
416 II Timoteo, IV, 3-8

^Erit enim tempus, cum sanam doctri- ^Poiché verrà tempo che non sopporte-
nam non sustinébunt, sed ad sua desidéria ranno la sana dottrina, ma moltiplicheranno
coacervàbunt sibi magistros, pruriéntes àuri- a se stessi i maestri secondo le proprie pas-
bus, ^Et a ventate quidem auditum avér- sioni per prurito di udire. *E si ritireranno
tent, ad fàbulas autem converténtur. *Tu dall'ascoltare la verità, e si volgeranno alle
vero vigila, in omnibus labóra, opus fac E- favole. ''Ma tu veglia sopra tutte le cose,
vangelistae, ministérium tuum imple. So- sopporta i travagli, opera d'evangelista,
fa
bri us esto. adempì il tuo ministero. Sii temperante.
"Ego enim iam delibor, tempus reso- et "Poiché io sono già offerto in libazione,
lutiónis meae instat. ^Bonum certàmen cer- e il tempo del mio scioglimento è immi-
tàvi, cursum consummàvi, fldem servavi. ''In nente. ^Ho combattuto la buona battaglia,
rélìquo repósita est milii coróna iustitiae, ho terminata la corsa, ho conservata la fede.
quam reddet mihi Dóminus in illa die iustus *Del resto mi è serbata la corona di giu-

persuadere. Per questo l'Apostolo ha raccoman- scioglimento, ecc. Ripete con un'altra immagine
dato lo studio delle Scritture (III, 15), e vuole 10 stesso concetto dell'imminenza della sua morte.
che il ministro di Dio sappia insegnare (II, 24). 11 greco dvaXuoeox; (scioglimento), indica l'atto di
3. Verrà tempo, ecc. Ecco la ragione per cui
levar l'ancora, quando la nave sta per partire,
e si usa pure per significare il levar delle tende
Timoteo deve raddoppiare di zelo. Questo tempo,
annunziato come futuro, è vicino, poiché Timoteo dei soldati, quando mutano il campo (Ved. n. Fi-
lippa I, 23). Come è chiaro qui significa partenza.
deve agire con tutta forza (versetto precedente).
Non sopporteranno, ossia alcuni non vorranno più Il testo latino e italiano può anche interpretarsi
udire la sana dottrina, cioè la verità evangelica per lo scioglimento dell'anima dai vincoli del cor-
(Ved. n. I, 13; I Tim. I, 10), ma moltiplicheranno po. S. Paolo è persuaso che la, sua morte è
vicina.
a se stessi i maestri, che insegnino loro dottrine
conformi alle loro passioni sregolate. Per prurito. 7. L'Apostolo, ormai sulla soglia dell'eternità,
II motivo che induce costoro a moltiplicarsi i mae- getta uno sguardo sul suo passato, e riassume in
stri è un prurito, ossia un'avidità malsana, di poche parole tutta la sua missione, e la fedeltà
udire novità in fatto di dottrine religiose, e una con cui l'ha compiuta, e poi getta uno sguardo sul-
stanchezza colpevole per riguardo alle verità del l'avvenire, e contempla con gioia la gloria che
Vangelo, insegnate dai veri ministri di Dio. Il testo lo aspetta (v. 8). Ho combattuto la buona battaglia
greco mostra chiaro che le parole pruriéntes auri- (Ved. n. I Tim. VI, 12), per la difesa e propaga-
bus non concordano con magistros, ma col sog- zione del Vangelo come un forte atleta (Ved. n.
getto del verbo coacervàbunt. II, 5) ho terminata la corsa nell'arena, cioè il
;

4. Si ritireranno, Non
ascolteranno piii le
ecc. ministero apostolico affidatomi. San Paolo usa
verità evangeliche, benché confermate con tanti
spesso di queste similitudini, tratte dai giuochi
miracoli, e, per giusto castigo, Dio permetterà pubblici, per spiegare quale debba essere la vita
che cadano di errore in errore e si volgano ad dei veri discepoli di Gesù Cristo (Cf. I Cor. IX,
ascoltare favole, ossia speculazioni insensate (Ved. 24, 25). Ho conservata la fede, cioè sono stato
n. I Tim. I, 4; IV, 7).
fedele nell'adempimento dei miei doveri e spe-
cialmente nella custodia del deposito delle verità
5. Tu veglia, cioè sii vigilante, sopra tutte le
evangeliche (Cf. I Tim. VI, 20-21). Alcuni, per
cose, ossia in tutto ciò che si appartiene al tuo
fede intendono la virtù teologica di questo nome,
ministero. Il greco VT\(pt potrebbe anche tradursi sii
ma la spiegazione data è più comune (Ved. Estio,
sobrio, cioè calmo, prudente, come si conviene a
Alap... Van Steen., Fili., Padovani, ecc.). Come
un pastore. Le parole sopra tutte le cose (lat. in è chiaro, questi sentimenti dell'Apostolo proven-
omnibus) da quasi tutti gli interpreti sono unite
gono non da iattanza, ma da una buona coscienza,
con veglia, e non col verbo seguente, come si ha
e da una ferma speranza.
nella punteggiatura della Volgata. Sopporta i tra-
vagli (gr.xaxoJià9T\oovcome al cap. I, 8 e II, 3, 9), 8. Del resto (gr. Aotnóv), ossia avendo compiuta
ossia soffri con coraggio qualsiasi avversità. la missione affidatami, non mi resta altro che ri-
cevere la corona, che mi è serbata in luogo si-
Evangelista (Cf. Atti XXI, 8; Efes. IV, 11), si-
gnifìca qui predicatore del Vangelo. Timoteo deve
quindi predicare il Vangelo. Adempì in tutto e
fedelmente il tuo ministero. Sii tem.perante. Queste
parole mancano in tutti i codici greci e in parecchi
JJ^^
della Volgata. Probabilmente sono un'altra tradu-
zione del verbo vrìtpe.
W0^f&
Paolo ha ormai compiuta la sua missione,
6. S.
e desidera di ottenere la corona meritata, e perciò
Timoteo, dovendo per così dire supplirlo, deve
mostrarsi forte. Sono già offerto in libazione. Il
greco o«év6o|iat dalla Volgata fu tradotto immolar
al cap. II, 17 della lettera ai Filippesi (Ved. n. ivi).
Fig. 44.
"'wrs
Corridori nell'arena.
S. Paolo è sul punto di versare il suo sangue in
libazione o sacrifizio a Dio, come gli antichi sa-
cerdoti facevano col vino libazioni a Dio vCf curo. Continua similitudine dei giuochi. Come
la

Num. XV, 1-10) L'avverbio già indica che il sa- ai vincitori e nella corsa era prepa-
nella lotta

crifizio è vicino a compiersi. Il tempo del mio rata una corona, così anche alle fatiche e ai tr«
II Timoteo, IV, 9-12 417

ludex : non solum autem mihi, sed et iis, stìzia, che il Signore giusto Giudice ren-
qui dilìgunt advéntum eius. Festina ad me derà a me
in quel giorno né solo a me, :

venire cito. ma anche a coloro che desiderano la sua


venuta. Affrettati di venir presto da me.
'Demas enim me reliquit, diligens hoc ^Dema infatti mi ha abbandonato per l'a-
saéculum, et àbiit Thessalónicam ^"Cre- : more di questo secolo, ed è andato a Tes-
scens in Galàtiam, Titus in Dalmàtiam. salonica ^"Crescente in Galazia, Tito in
:

"Lucas est mecum solus. Marcum assùme, Dalmazia. ^^1 solo Luca è con me. Prendi
et adduc tecum est enim milii ùtilis in mi-
: Marco, e menalo con te poiché egli mi è :

nistérium. ^^Tychicum autem misi Ephe- utile nel ministero. "Ho poi spedito Ti-

" Col. IV, 14.

vagli sostenuti da S. Paolo è preparata una ricom- troppo la vita presente e temendo di essere egli
pensa. Questa ricompensa viene detta corona di ancora coinvolto nel processo preparato contro di
giustizia, perchè veramente meritata e dovuta per me, abbandonò Roma, e si portò a Tessalonica,
giustizia, come indicano anche le parole renderà che era probabilmente la sua patria. Le parole di
e giusto giudice. S. Paolo insegna qui esplicita- San Paolo farebbero supporre, che Dema abbia
mente, che i giusti, per mezzo delle opere buone anche abbandonata la fede.
fatte in grazia di Dio, meritano veramente (de
10. Crescente, ecc. Nulla sappiamo di lui. La
condigno) la vita eterna, la quale viene loro data
da Dio, come una mercede e un premio dovuto. tradizione ne fa un vescovo delle Gallie, e questa
Con ciò non si esclude, che la vita eterna sia tradizione è confermata dal fatto che i due codici
anche una grazia (Rom. VI, 23), ossia un dono K e C invece di Galazia hanno Gallia, e parecchi
antichi scrittori (Epifanio, Haer. LI, 11; Eusebio,
gratuito di Dio. Dio infatti gratuitamente ha pro-
Hist. Eccl. Ili, 4; Teodoreto, h. 1.), parlano ap-
messa la vita eterna e gratuitamente dona la gra-
zia con cui si acquistano ì meriti che ad essa
punto una missione di Crescente nella Gallia.
di

conducono (Cf. Conc. Trid., sess. VI, can. 32 e Nulla supporre che Crescente e Tito si fossero
fa
allontanati di propria volontà da S. Paolo. Sia
S. Tomm., h. 1.). Il Signore Gesù Cristo giusto
Giudice, che renderà a ciascuno secondo le opere l'uno che l'altro dovettero essere inviati dall'Apo-
sue, in quel giorno, in cui verrà per l'universale stolo per compiere qualche missione. Galazia, è
la lezione di quasi tutti i codici greci e delle
giudizio (Ved. I, 12). Subito dopo morte l'Apostolo
riceverà la corona meritata, ma questa corona non versioni. La Galazia era una provincia dell'Asia
rifulgerà di tutto il suo splendore, se non al giu- Minore (Ved. Introd. Lett. Gal.). Tito è il disce-
dizio universale, quando anche il corpo sarà chia- polo, a cui fu indirizzata una delle lettere pasto-
rali (Ved. Introd. Lett. a Tit.). Dalmazia, era una
mato a parte della gloria. Né solo a me, ecc. 11

pensiero della gloria, richiama alla mente del- parte della provincia romana d'Illiria, che si sten-
l'Apostolo i fedeli. Egli non sarà solo a godere, deva sulla riva orientale dell'Adriatico.
ma avrà per compagni tutti coloro, i quali, colla Luca, cioè l'autore del terzo Vangelo e degli
11.
santità della vita, desiderano la venuta del Giu-
Atti Ap. (Ved. Introd. Ili Vang.). Solo tra miei i
dice supremo, e vi si preparano. Anche a coloro.
discepoli e compagni di ministero. Marco, l'au-
In tutti i migliori codici greci sì legge anche a :
tore del secondo Vangelo e il cugino di S. Bar-
tutti coloro che amarono, ecc. Quelli che amano
naba (Ved. Introd. II Vang.). Anche nella lettera
o desiderano la venuta di Gesù Cristo giudice,
ai Colossesi (IV, 10) è nominato assieme a San
sono coloro che praticano la virtù e si tengono
Luca. Egli doveva trovarsi a questo momento neKe
lontani dai vizi. Essi nulla hanno a temere dal
vicinanze di Efeso, o almeno non lontano dai
Giudice divino, anzi tutto hanno a sperare da lui.
luoghi per cui Timoteo avrebbe dovuto passare
9. Nell'epilogo (IV, 9-22) di questa lettera, San per recarsi a Roma. Mi è di aiuto nel ministero
Paolo invita Timoteo a raggiungerlo subito a Ro- (tiq 6iaxovtav) della predicazione evangelica. San
ma, perchè si trova quasi solo (9-13), e poi gli Marco era già stato a Roma con S. Pietro, e, a
dà alcune informazioni intorno a un certo Ales- richiesta dei Romani, aveva scritto il suo Van-
sandro (14-15), e intorno allo stato della sua gelo ; per conseguenza poteva essere di grande
propria causa (16-18), e, in ultimo, aggiunge i aiuto a S. Paolo, che già nella sua prima prigio-
saluti e la benedizione apostolica (19-22). Di que- nia aveva avuto occasione di apprezzarne i servigi.
sto epilogo fa parte l'ultimo tratto del versetto
]
precedente. Affrettati, ecc. Dopo aver istruito con 12. Ho spedito. Si tratta qui probabilmente di
tanto amore il suo discepolo, S. Paolo desidera un semplice passato epistolare II Cor. VHI,
(Cf.
di ancora vederlo, e di ricevere da lui qualche 18, 22; IX, 3; Efes. VI, 22; Coloss. IV, 8),
sollievo e conforto Non sappiamo se Timoteo equivalente a spedisco.Tichico (Ved. n. Atti XX,
abbia ancora avuto tempo di compiacere il suo 4; Efes. VI, 21; Coloss. IV, 7; Tit. Ili, 12), fu
maestro, benché ciò sia probabile. probabilmente cdui che portò questa lettera a Ti-
Dema infatti, ecc. Il motivo per cui S. Paolo moteo, e che ebbe l'incarico di governare la
desidera aver presso di sé Timoteo, è l'isola- Chiesa di Efeso, mentre Timoteo si sarebbe re-
mento e l'abbandono in cui si trova. Dema (Ved. cato a Roma. Anche nella prima prigionia del-
n. Coloss. IV, 14), greco Atificl^ (contrazione di l'Apostolo a Roma Tichico si trovava presso di
j
era a Roma con S. Paolo al tempo
Ai\|LiT(Tpto(;) lui, e aveva ricevuto la missione di portare ai
della prima prigionia (Fileni. 24). Mi ha abban- loro destinatari le lettere agli Efesini (VI, 21) e
donato per amore di questo secolo, ossia, amando ai Colossesi (IV, 7).

27 — Sacra Bibbia \q1. IL


418 II Timoteo, IV, 13-18

sum. **Pénulam, quam reliqui Tróade apud chico ad Efeso. "Venendo porta ,con te fl
Carpiim, véniens affer tecum, et libros, mantello, che lasciai a Troade in casa di
màxime autem membrànas. Carpo, e i libri, particolarmente le per-
gamene.
"Alexander aeràrius multa mala mihi "Alessandro ramaio mi ha fatto molti
ostóndit reddet illì Dómìnus secùndum
: mali il Signore lo ricompenserà secondo
:

opera eius ^*Quem et tu devita :valde


: le opere sue "Da esso guardati anche tu
: :

enim réstitit verbis nostris. ^*In prima mea poiché egli si è opposto fortemente alle
defensióne nemo mihi àffuit, sed omnes me nostre parole. "Nella mia prima difesa
dereliquérunt : non illis imputétur. nesuno fu per me, ma tuttti mi abbandona-
rono non sia loro imputato.
:

"Dóminus autem mihi conforta-


àstitit, et ^^1 Signore però mi assistè, e mi con-
vit me, ut per me praedicàtio impleàtur, et fortò, affinchè sia compiuta per me la pre-
àudiant omnes Gentes : et liberàtus sum de dicazione, e l'odano tutte le genti e fui :

ore leónis. ^'Liberàvit me Dóminus ab omni liberato dalla bocca del leone. "Il Signore

13. // mantello. Il greco <peXóviiv, da cui il latino di vendetta,ma per zelo della gloria di Dio, pro-
penula, significa una specie di mantello senza nunzierebbe una sentenza di maledizione e di con-
maniche, assai lungo e di forma quasi rotonda, danna contro il detto Alessandro.
15. Guardati anche tu, poiché può essere perico-
loso anche per te. Si è opposto fortemente alle
nostre parole. Questa opposizione probabilmente
aveva avuto luogo in modo speciale al momento,
in cui S. Paolo, davanti ai giudici, difendeva la
sua causa, che era la causa stessa del Vangelo.
16. Nella mia prima difesa. Qui non si tratta
Rg. 4$.
della prima prigionia dell'Apostolo, ma della pri-
Mantello ma comparsa « prima actio » da lui fatta davanti
ai suoi giudici, durante la sua seconda prigionia.
(Statua antica)
Nessuno dei cristiani venuti o mandati dall'Asia
per deporre come testimoni in mio favore, fu
per me, vale a dire osò compiere il suo dovere,
ma presi dal timore di essere coinvolti nel
tutti,
processo, o di aver a soffrire i>ersecuziont^ mi
abbandonarono. Probabilmente S. Paolo era stato
arrestato a Efeso o in qualche città dell'Asia Mi-
nore, in conseguenza di qualche tumulto eccitato
dai suoi nemici. Egli quindi non parla qui dei
che si soleva portare specialmente nei viaggi. L'in- cristiani di Roma, ma che avrebbero po-
di quelli
verno non doveva tardare (v. 21), e S. Paolo, tuto aiutarlo nella Non sia ad essi
sua difesa.
nell'umida prigione dove si trovava, cominciava a imputato, ecc. Con questi cristiani, che avevano
sentire il freddo. Troade (Ved. n. Atti XVI, 5, peccato più per debolezza che per malvagità. San
XX, 6). Carpo, doveva essere un cristiano di Paolo prega Dio di usare misericordia.
Troade, ma di lui nulla ci fu tramandato. 7 libri.
17. 7/ Signore Gesù Cristo mi assistè e con-
Qui si parla di libri scritti su papiro, poiché subito fortò, ossia si fece il mio avvocato e il mio di-
dopo si fa menzione delle pergamena, ossia dei fensore, e così in questa prima comparsa non
libri scritti su cartapecora. Questi ultimi erano più
fui condannato. Affinchè, ecc. Il Signore mi assistè
preziosi, e perciò S. Paolo li raccomanda in modo
in modo speciale colla sua grazia, affinchè in oc-
speciale a Timoteo. E probabile che si tratti dei casione di questo processo, io potessi predicare
libri della Sacra Scrittura.
Gesù Cristo e il suo Vangelo fin davanti al tri-
14. Alessandro. Quest'Alessandro è probabil- bunale di Cesare, alla presenza di uomini appar-
mente diverso da quelli ricordati negli Atti (XIX, tenenti a tutte le nazioni, e compiessi così il mio
33) e nella prima a Timoteo (I, 20). Ramaio (greco ministero di Apostolo dei gentili. Fai liberato dalla
XaXxev(;), cioè artefice che lavora di bronzo o di bocca del leone, espressione generale per indicare
rame. Mi ha fatto molti mali. Egli aveva verisimil- un pericolo di morte (Cf. l Cor. XV, 32; Dan. VI,
mente seguito l'Apostolo a Roma e fatto da accu- 21-23). Numerosi Padri (S. Giov. Cris., Teodoreto,
satore nel processo. Siccome S. Paolo raccomanda Teofilatto, S. Gerolamo... S. Tommaso, ecc.), pen-
a Timoteo di guardarsi da lui, è probabile che egli sano che con questa metafora S. Paolo voglia
fosse di Efeso, o che almeno abitasse in questa parlare di Nerone.
città. Lo ricompenserà, ecc. L'Apostolo annunzia 18. Mi libererà. Tale è la migliore lezione del
il castigo che Dio infliggerà al perverso (Rom. II, codici greci e quella preferita dai critici. La lezione
6; II Cor. XI, 5, ecc.). La lezione della Volgata della Volgata liberavit me = mi liberò, non s:
reddet = greco djro6oa)et= ricompenserà; ha in suo trova che in pochissimi codici (FG, ecc.). San
favore tutti i migliori codici ed è preferita da
quasi tutti i critici. Alcuni codici (K L, ecc.)
Paolo spera, che anche in avvenire Dio lo libe
rerà da ogni opera mala, ossia da ogni debolezza
I
hanno invece dxo&a)ii= ricompensi. In questo caso nel confessare la fede davanti ai persecutori, op-
l'Apostolo, non già pei malo animo o per spirito pure secondo altri, da ogni insidia del suoi awer-
II Timoteo, ìV, 19 — Tito - Introduzione 419

òpere malo et salvum fàcìet in regnum


: mi libererà da ogni opera mala e mi sal- :

suum caeléste, cui gloria in saécula saecu- verà nel celeste suo regno, a Lui gloria pei
lórum. Amen. secoli dei secoli. Così sia.
^'Saluta Priscam, et Aquilam, et Onesì- ^^Saluta Prisca, e Aquila, e la casa dì
phorì domum. ^"Eràstus remànsit Corinthi. Onesiforo. ^"Erasto restò a Corinto. E Tro-
Tróphimum autem reliqui infirmum Miléti. fimo lo lasciai malato a Mileto. ^^Affrettati
^^Festìna ante hiemem venire. Salutant te a venir da me prima dell'inverno. Ti sa-
Eubulus, et Pudens, et Linus, et Claudia, lutano Eubulo, e Pudente, e Lino, e Clau-
et fratresomnes. ^^Dóminus lesus Christus dia, e tutti i fratelli. "Il Signore Gesii Cri-
cum spìritu tuo. Gràtia vobiscum. Amen. sto col tuo spirito. La grazia con voi. Così
sia.

»» Sup. I,

sari. La prima spiegazione risponde meglio al n. Atti XXVII, 9; XXVIII, 11), e sia perchè San
contesto, e ci sembra da salverà
preferirsi. Mi Paolo presentiva prossima la sua morte. Ti salu-
colla sua grazia, introducendomì nel celeste suo tano, ecc. Aggiunge ora i saluti di alcuni cristiani
regnOy a godere del premio che mi ha preparato. di Roma. Eubulo. Nulla sappiamo di lui. Pudente
è probabilmente il senatore romano di questo
19.Nei versetti seguenti S. Paolo aggiunge i
nome, che fu padre delle due martiri Santa Pras-
saluti.Prisca, abbreviazione di Priscilla, e Aquila
sede e Santa Pudenziana. Lino, il primo succes-
(Ved. n. Atti XVIII, 2 e ss.; Rom. XVI, 3; I Cor.
sore di S. Pietro (Ved. Sant'Irin., Adv. Haer,, III,
XVI, 19, ecc.). La casa di Onesiforo (Ved. n. I,
3; Eusebio, Hist. Eccles., Ili, 2). Claudia è pro-
16. Ved. Bruders, La Costituzione della Chiesa,
babilmente la moglie di Pudente. Tutti i fratelli,
ecc., p. 240, 257).
cioè tutti i cristiani di Roma. Da questi saluti si
20. Erasto è probabilmente lo stesso discepolo conchiude, che Timoteo doveva essere conosciuto
ricordato (Atti XIX, 22), ma non va confuso con Roma, dove infatti
dai cristiani di egli erasi fer-
quello menzionato Rom. XVI, 23 (Ved. n. ivi). mato per qualche tempo durante la prima pri-
Restò a Corinto, incaricato dall'Apostolo di qual- gionia di S. Paolo (Filipp. I, 1 ; Coloss. I, 1 ;

che missione. Troflmo era di Efeso, e di lui si Filem. 1).


parla anche Atti XX, 4; XXI, 29. A Mileto, nel-
22. Aggiunge la benedizione apostolica sia per
l'Asia Minore (Ved. n. Atti XX, 15). Quando San
Timoteo e sìa per tutti i fedeli dì Efeso. Il Si-
Paolo fu condotto a Roma prigioniero la prima gnore {Gesù Cristo manca nei migliori codici greci)
volta, non toccò nel viaggio né Mileto, né Co-
sia col tuo spirito per mezzo della sua grazia
rinto^ Si ha quindi in questo versetto un argo-
che ti illumini, e ti conforti. Anzi la grazia di
mento fortissimo per conchiudere, che la presente
Dio sìa con voi tutti, o cristiani di Efeso. Benché
lettera fu scritta durante la seconda prigionia.
la lettera sia indirizzata a Timoteo, essa però era
21. Nuova sollecitazione a Timoteo di raggiun- destinata a tutta la Chiesa.
gerlo a Roma. Prima dell'inverno, sia perchè la Così sia, manca nei migliori codici, e probabil-
navigazione d'inverno era rara e pericolosa (Ved. mente è una glossa.

Xll.

LETTERA A TITO
introduzione
Tito. —
Poche cose sappiamo Intorno a egli stesso lo abbia non solo convertito ma
questo illustre discepolo di S. Paolo, il anche battezzato. Quattordici anni dopo la
cui nome non è mai ricordato da S. Luca conversione di S. Paolo, Tito si trovava ad
negli Atti degli Apostoli. Antiochia cui forse era origi-
di Siria (di
Dalle varie Lettere di S. Paolo si rac- nario), al momento
cui era vivamente in
coglie però che egli doveva essere gentile agitata la questione relativa al valore della
di origine, ed era ìncìrconciso {Gal. ii, 3). legge di Mosè. Allora S. Paolo lo prese per
Siccome l'Apostolo lo chiama suo figlio compagno, e con esso si portò al Concilio
nella fede (Tit. i, 4), è moUo probabile che di Gerusalemme (Atti, xv, 1 e ss. Gal ;
420 Tito - Introduzione

II, 1). Non sappiamo se poi egli abbia se- cia e della Macedonia, stando per recarsi
guito l'Apostolo nella seconda grande mis- in Italia, scrisse questa Lettera a Tito pre-
sione, ma è certo che si trovava con lui gandolo di raggiungerlo a Nicopoli.
al tempo della terza. Quando scoppiarono i Prima di lasciar Creta, S. Paolo aveva
torbidi nella Chiesa Paolo da
di Corinto, S. senza dubbio dato a voce le istruzioni ne-
Efeso inviò Tito a Corinto a vedere quale cessarie a Tito Der il disimpegno della sua
effetto avesse prodotto la sua Lettera. Ter- missione, ma approfittò di questa occasione
minata la sua missione, Tito raggiunse il suo per ripetergli in iscritto quanto già sa[;eva,
maestro nella Macedonia, il quale lo inviò affinché gli tornasse pili facile superare le
un'altra volta a Corinto a portare una lettera difficoltà che incontrava.
(II Cor.) a quella Chiesa (II Cor. ii, 12, Tutto considerato quindi si può ritenere
13, VII, 6, 7, 16 e ss.), e a condurre a ter- che questa Lettera sia stata scritta sul finire
mine una colletta per i poveri di Gerusa- del 65 sul principio del 66, qualche tempo
lemme (II Cor. vili, 16-23). dopo la prima a Timoteo.
Dalla Lettera a Tito sappiamo che egli Non è possibile determinare il luogo da
accompagnò S. Paolo nell'evangelizzazione cui fu scritta, e i diversi autori non con-
dell'isola di Creta, e che poi dall'Apostolo vengono tra loro, benché la più parte am-
vi fu lasciato ad organizzare le varie Chiese mettano che S. Paolo l'abbia scritta dalla
fondate {Tit. i, 5). Con questa stessa Let- Macedonia.
tera S. Paolo prega il suo discepolo di rag-
giungerlo a Nicopoli nell'Epiro {Tit. ili, 12), Occasione e fine per cui fu scritta
e piii tardi, durante la sua ultima prigionia questa Lettera. —
Gli stessi motivi che
romana, gli affidò una missione nella Dal- indussero S. Paolo a scrivere a Timoteo la
mazia (II Tim. IV, 10). Alcuni antichi scrit- prima Lettera, lo indussero ancora a scri-

tori (Euseb, Hist. Ecles., ni, 4; Teodoreto


vere a Tito. Le difiìcoltà dell'evangelizza-
in I ad Tim., in, 1, ecc.) affermano che zione di Creta erano molte. Esse proveni-
egli morì a tarda età nell'isola di Creta, vano in parte dal carattere degli abitanti,
dove aveva sempre continuato ad esercitarvi che gli antichi descrivono come bugiardi,
l'ufficio di vescovo. La Chiesa Romana ce- dati all'avarizia, all'astuzia, alla mollezza,
lebra la festa di S. Tito come di un vescovo ecc. (Cf. Polib. VI, 46 Liv. xliv, 45, ecc.),
;

confessore il 4 gennaio. e in parte dai falsi dottori, i quali cercavano


di spargervi le loro dottrine e di menare
strage nel gregge di Gesù Cristo. Si com-
Tempo in cui fu scritta questa Let- prende quindi come S. Paolo, il quale cono-
tela. —Non è possibile determinare con sceva queste difficoltà ed era pieno di sol-
certezza il tempo preciso in cui S. Paolo sia lecitudine per le Chiese da lui fondate o
andato a Creta in compagnia di Tito. Tut- visitate, abbia creduto suo dovere di scri-
tavìa non è probabile che ciò sia avvenuto
vere a Tito, indicandogli la norma da se-
durante la seconda o la terza grande mis- guire nell'adempimento della missione affi-
sione, poiché ben difficilmente San Luca
datagli di provvedere al bene delle Chiese
avrebbe potuto tacere negli Atti un tale av- di Creta.
venimento. Parimenti non è possibile che
S. Paolo vi abbia predicato quando toccò Carattere speciale di questa Lettera.
Creta nel suo viaggio a Roma {Atti, xxvii, — La Lettera a Tito ha una grande rasso-
7), poiché allora egli era prigioniero e non miglianza colla prima a Timoteo, il che é
consta che sia disceso a terra. Si deve dovuto non solo al fatto che le due Lettere
quindi ritenere colla grande maggioranza furono scritte pressoché nello stesso tempo,
degli interpreti che il viaggio di S. Paolo ma ancora all'argomento trattato, che é iden-
a Creta sia avvenuto nel tempo trascorso tico, e alle circostanze in cui si trovavano i
tra la prima e la seconda prigionia romana. due discepoli, le quali erano pure pressoché
Siccome in questa Lettera si parla già di identiche. Tuttavia é da notare che ciascuna
eresie sparse a Creta, e di parecchie comu- delle due Lettere ha parecchi tratti origi-
nità cristiane in parte organizzate {Tit. i, nali, e se quella a Tito é più concisa, quella
6-11, 14; n, 1-10: ni, 9), é molto verosi- a Timoteo é invece più intima e famigliare.
mile che quando S. Paolo arrivò a Creta,
vi fossero già stati da altri portati i primi Divisione e analisi della Lettera a
semi dèi Vangelo, e che egli e Tito abbiano Tito. — Questa Lettera, oltre a un prologo
completata l'opera scorrendo le città e i (i, 1-4) e a un epilogo (ni, 12-15), com-
paesi per confermare i cristiani nella fede. prende tre parti ; la prima delle quali (i, 5-
Ad ogni modo è certo che S. Paolo si fermò 16) é un'istruzione intorno alle doti ri-
poco tempo, e che avendo dovuto partire
affidò a Tito l'incarico di provvedere alle
chieste in coloro, che si vogliono promuo-
vere agli ordini sacri la seconda (n, 1-15)
;
1
Chiese di Creta. Egli poi, dopo aver visi- tratta di ciò che Tito deve insegnare ai
tate le Chiese dell'Asia Minore, della Gre- fedeli a seconda della loro età, dei loro

4
Tito - Introduzione — I, 1-2 421

sesso, del loro stato e della loro condizione ;


dovere di ammaestrare i fedeli (il, 1), e
la terza (ni, 1-11) tratta di ciò che in modo accenna a ciò che deve insegnare alle per-
speciale deve inculcare ai Cretesi. sone di età avanzata, uomini e donne (il,
Nel prologo S. Paolo contro i
(i, 1-4), 2-5), e a ciò che deve inculcare ai giovani (il,

falsi dottori afferma in modo so-


Cretesi 6-8) e agli schiavi (ii, 9-14), e termina esor-
lenne la sua dignità di Apostolo, e augura tando il discepolo a mantenersi fedele nel-
a Tito la grazia e la pace. l'adempimento di questo suo dovere (ii, 15).
Nella prima parte (i, 5-16) dopo accennato Nella terza parte (ili, 1-11), S. Paolo
al motivo per cui aveva lasciato Tito a Creta, spiega a Tito ciò che deve in modo speciale
S. Paolo tratta delle doti richieste nei ve- inculcare ai Cretesi. Egli deve insistere
scovi e nei sacerdoti (i, 5-9), e inculca in sull'obbedienza alle legittime autorità (in,
modo speciale la necessità di una dottrina 1), sull'amore del prossimo (in, 2-7) e sul-

soda a motivo della presenza dei falsi dot- l'esercizio delle buone opere (ni, 8-11).
tori e del carattere stesso dei Cretesi (l, NeWepilogo (in, 12-15), S. Paolo prega
10-16). Tito di raggiungerlo a Nicopoli, e poi ag-
Nella seconda parte (ii, 1-15), S. Paolo giunge alcune raccomandazioni di carattere
richiama alla mente del suo discepolo il personale, e dà la sua benedizione.

LETTERA A TITO

CAPO I.

S. Paolo e la sua dignità, 1-4. —


Doti richieste nei vescovi e nei sacerdoti, 5-9-
— Motivi per cui devono essere foriiiti di dottrina, 10-16.

^Paulus servus Dei, Apóstolus autem lesu ^Paolo servo di Dio e Apostolo di Gesù
Christi secùndum fidem electórum Dei, et Cristo secondo la fede degli eletti di Dio,
agnitiónem veritàtis, quae secùndum pietà- e il conoscimento della verità, la quale è
tem est 'In spem vitae aetémae, quam pro- secondo la pietà, ^per la speranza della vita

quella dei falsi dottori. È stato mandato per con-


CAPO I.
durre gli uomini conoscenza della verità evan-
alla
gelica, la quale verità è secondo la pietà, ossia
1. Il prologo di questa lettera (I, 1-4), contiene è ordinata a far sì che gli uomini rendano a Dio
un'iscrizione maestosa e solenne come quella della il debito culto, vìvendo secondo la sua volontà.
lettera ai Romani. Siccome però la frase è so- I cristiani sono detti eletti di Dio, perchè chia-
vracarica d'incidenti, pensiero è alquanto oscuro,
il
mati alla fede in virtù di un'eterna elezione fatta
benché si comprenda subito, che in generale San da Dio (Efes. I, 4). Si afferma poi della verità
Paolo vuole affermare con forza la sua dignità e evangelica che è secondo la pietà (gr. «voépeta),
i suoi titoli di predicatore del Vangelo, non certa- perchè il Vangelo non è ordinato solo a presen-
mente a motivo di Tito, ma a causa dei falsi tare alla mente verità da speculare, ma tende
dottori di Creta, che cercavano di menomare la principalmente a far sì che l'uomo viva conforme
sua persona per meglio combattere la sua dottrina. ai precetti di Gesù Cristo.
Paolo, l'autore della lettera. Servo di Dio e 2. Per la speranza della vita eterna (greco tn'
Apostolo di Gesù Cristo, due titoli, dei quali il àXm'òt, ecc.). Queste parole da alcuni sono unite
primo è piii generale, l'altro più particolare (Ved. a verità (Fili., ecc.), da altri invece, e con più
n. Rom. I, 1). D'ordinario S. Paolo chiama se ragione, sono unite a Apostolo (Van Steen., Pa-
stesso servo di Gesù Cristo (Rom. I, 1 Filipp., ; dovani, Crampon, ecc.). S. Paolo continua a spie-
I, 1, ecc.); e perciò chiamandosi ora servo di Dio, gare quale sia il fine del suo ministero aposto-
viene ad affermare che Gesii Cristo è veramente lico, affermando che è la predicazione della vita
Dio. Secondo la fede, ecc. Ecco il fine dell'Apo- eterna, oppure la predicazione della verità, che ci
stolato di S. Paolo. Egli è stato mandato a pre- fa sperare la vita eterna (Ved. n. Coloss. I, 27).
dicare la fede degli eletti di Dio, cioè la fede co- Che Dio, il quale, ecc. Questa vita eterna Dio
mune di tutti i cristiani (v. 4), e non già una dot- promise, vale a dire determinò di dare agli uomini,
trina speciale e riservata ad alcuni, come era prima del cominciamento dei secoli, ossia da tutta
422 Tito, I, 3-5

misit qui non mentitur, Deus, ante tempora eterna, che Dio, il quale non mentisce,
saeculària ^Manìfestàvit autem tempòribus
: promise prima del cominciamento dei se-
suis verbum suum in praedicatióne, quae coli ^e manifestò a suo tempo la sua pa-
:

eredita est mihi secundum praecéptum Sal- rola per mezzo della predicazione, che è
vatóris nostri Dei *Tito dìlécto filio secun-
: stata confidata a me per ordine del Salvator
dum communem fìdem, gràtia, et pax a Deo nostro Dio : *A Tito diletto figlio secondo
Patre, et Christo lesu Salvatóre nostro. la comune fede, grazia e pace da Dio Pa-
dre, e da Gesù Cristo Salvator nostro.
"Huius rei gràtia reliqui te Cretae, ut ea, ^Per questo ti lasciai in Creta, acciò tu
quae desunt, córrigas, et constìtuas per civi- dia ordine a quel che rimane, e stabilisca
tàtes presbyteros, sicut et ego dispósui tibi. dei presbiteri per le città, conforme io ti

l'eternità (II Tim. I, 9; Efes. I, 4; Rom. XVI, Tito a Creta con pieni poteri, l'Apostolo comincia
25; I Cor. II, 7). Numerosi interpreti (Bisping, a parlare delle doti, che devono avere i vescovi e
Van Steen., FiU., ecc.), traducono la frase «pò i sacerdoti (5-9). Tutto questo tratto è molto si-
Xpóvov alcovi'oov come se fosse equivalente a dai mile a quanto si legge I Tim. III, 1-7 (Ved. n. ivi).
tempi antichi (Cf. Lue. I, 70), e pensano che Ti lasciai a Creta. L'isola di Creta (attuale
l'Apostolo alluda alle promesse fatte da Dio nel Candia), si trova tra la Grecia e la Cirenaica. Ce-
Vecchio Testamento ai patriarchi e ai profeti. Le lebre in antico per la salubrità del suo clima, per
parole, che non mentisce, servono a mostrare la
fedeltà di Dio alle sue promesse.

corrisponde a promise. Da tutta


3. Manifestò,
l'eternità di dare agli uomini
Dio aveva decretato
la vita eterna, questo decreto però era nascosto
in Dio. Ma a suo tempo, ossia ned tempo stabi-
lito (Ved. n. Gal. IV, 4; Efes. I, 10), Dio mani-
festò, ossia Sece conoscere al mondo, la sua
parola, cioè la sua promessa di dare la vita eterna
per mezzo di Gesù Cristo. Le parole tòv Xóyov aùtoC
«= la sua parola, da S. Gerolamo e da Sant'Ago-
Fig, 46. — Moneta cretese.

stino sono interpretate per il Verbo, ossia il Figlio


di Dio, ma il contesto rende preferibile l'inter- la del suo suolo e la ricchezza dei suoi
fertilità

pretazione di S. Giovanni Crisostomo, che è quella abitanti,fu assoggettata ai Romani da Metello, e


ai tempi di Augusto formava una provincia pro-
adottata, tanto più che S. Paolo non usa mai la
parola Xoyó? per indicare Gesù Cristo. consolare (Tacit., Annal., Ili, 38). I Giudei vi
Per mezzo della predicazione. Il mez^o con cui avevano parecchie colonie (Gius. F.,A. G., XVII,
Dio fece conoscere al mondo la sua promessa, è 12, 1 G. G., II, 7, 1), e alcuni di essi si tro-
;

la predicazione del Vangelo (Rom. X, 14 e ss.).


varono presenti a Gerusalemme nel giorno della
Che è stata confidata a me. S. Paolo accenna alla Pentecoste (Atti II, 11). Furono questi probabil-
parte importantissima a lui riservata nella predi- mente, che portarono a Creta le prime notizie del
cazione del Vangelo (Rom. Ili, 2; Gal. II, 7; Vangelo. S. Paolo toccò quest'isola quando fu
Tim. I, 11, ecc.). Per ordine, ecc. Egli non è condotto prigioniero da Cesarea a Roma, ma non
stato mandato da alcun uomo, ma ha ricevuto la sembra che sia allora disceso a terra (Atti XXVII,
missione immediatamente da Gesù Cristo (Ved. 7-13). Da
questa lettera però apparisce chiaro che,
n. I Tim. I, 1; I Cor. IX, 16). Dio salvatore (Ved. al tempo Paolo scriveva, il cristianesimo
in cui S.

n. Tim. vi era abbastanza propagato, e che l'Apostolo


I I, 1).
stesso non molto tempo prima vi si era recato
4. Tito, destinatario della lettera (Ved. In-
il
insieme a Tito, coll'intenzione di visitare le varie
trod.). Diletto (gr. vero, sincero) figlio (Ved. n. I
Chiese, ma poi, obbligato a partire, aveva lasciato
Tim. I, 2), perchè fedele seguace della dottrina al suo discepolo di compiere l'opera incomin-
da me ricevuta. Secondo la comune fede. Queste ciata. Questo viaggio di S. Paolo a Creta, va posto
parole spiegano in che senso S. Paolo chiami Tito tra la prima e la seconda prigionia di Roma. Dia
suo figlio. Lo chiama così per rapporto alla fede ordine. Tale è il senso del gr.èjnòiopGoboii. A quel
comune, che entrambi professano. Tito era stato che rimane (gr. Tà Xeijiovra) da fare, ossia a quel
convertito e battezzato da S. Paolo (Cf. I Cor. IV, che non ho potuto far io, e che tuttavia è neces-
15). Grazia e pace, ecc. (Ved. n. I Tim. I, 2; sario per il buon andamento della Chiesa. E sta-
II Tim. I, 2). Il greco ordinario con alcuni pochi
bilisca. Ecco un altro motivo per cui S. Paolo
codici greci (A K L, ecc.), tra grazia e pace ag- lasciò Tito a. Creta. Voleva che stabilisse dei
giunge misericordia, ma si tratta di una glossa presbiteri o seniori per le diverse città. Si osservi
tolta da I Tim. I, 2. La lezione della Volgata ha
che questi presbiteri o seniori al v. 7 sono chia-
in suo favore i codici C D E F G, ecc., non che mati vescovi, perchè come fu già osservato I Tim.
le antiche versioni, ed è perciò preferita dai cri- Ili, 1 (Ved. n. ivi), i due nomi nei primi tempi
tici.Gesù Cristo salvatore. Il titolo di Salvatore, si usavano per significare sia i vescovi propria-
•pplicato nel versetto precedente a Dio, viene ora mente detti, e sia i semplici sacerdoti, benché la
dato a Gesù Cristo, che è vero Dio. potestà di ordine e di giurisdizione dei primi fosse
prima parte della sua lettera (I, 5-16),
5. Nella superiore a quella dei secondi (Cf. Filipp. I, 1).
S. Paolo istruisce Tito intorno alle doti richieste Tanto il nome di presbitero (npea^mepoc) quanto il
in coloro, che si hanno da promuovere agli ordini nome di vescovo (tma-Konoc) si trovano usati nelle
sacri. Dopo aver accennato al motivo per cui lasciò iscrizioni greche pagane, per indicare alcune classi
Tito, I, 6-10 423

•Si quis sìne crimine est, unius uxóris vir, prescrìssi. *Se alcuno è irreprensibile, ha
filios habens fidéles, non in accusatióne luxù- avuto una sola moglie, ha i figliuoli fedeli,
riae, aut non sùbditos. che non siano accusati di lussuria o indi-
sciplinati.
enim episcopum sine crimine
'Opórtet ^Poiché fa d'uopo che il Vescovo sia
esse, sicut Dei dispensatórem non supér- : senza colpa, come economo di Dio non su-
:

bum, non iracùndum, non vinoléntum, non perbo, non iracondo, non dedito al vino,
percussórem, non turpis lucri cùpidum : non violento, non amante del vii guadagno :

*Sed hospitàlem, benignum, sóbrium, iu- *ma benigno, temperato, giusto,


ospitale,
stum, sanctum, continéntem, ^Amplecténtem santo, continente, ^tenace di quella parola
eum, qui secùndum doctrinam est, fìdélem fedele, che è secondo la dottrina affinchè :

sermónem ut potens sit exhortàri in doctri-


: sia capace di esortare con sana dottrina, e
na sana, et eos, qui contradicunt, argùere. di confondere i contradditori.

^"Sunt enim multi étiam inobediéntes, va- ^"Poiché vi sono ancora molti disubbi-
niloqui, et seductóres : màxime qui de cir- dienti, chiacchieroni e seduttori massima-
:

• I Tim. III. 2.

di funzionari o ufficiali, e similmente il nome di (Ved. n. I Cor. IV, 1-2). Non superbo. Il greco
presbitero era usato presso i Giudei, per indicare où9à6T\, significa che si compiace di se stesso, e
persone investite di un ufficio religioso e civile. quindi arrogante. Non iracondo, ossia non facile
Si comprende quindi che tali nomi abbiano potuto all'ira. Non dedito al vino, non violento (Ved. n. I

essere ben presto adoperati dai cristiani per indi- Tim. Ili, 3). Non amante, ecc. (Ved. n. I Tim.
care coloi'o, che, in virtù di una speciale ordina- Ili, 8).
zione, erano chiamati ad esercitare l'ufficio di capi
8. Doti positive o virtù richieste nei vescovi.
e pastori nelle varie Chiese (Ved. Dict. Vac,
Ospitale coi pellegrini (I Tim. Ili, 2). Benigno,
greco <piXàYa9ov = amante del bene o dei buoni
(Cf. Il Tim. Ili, 3). Temperato nel senso di pru-
dente, saggio, come indica il greco oó(ppovo (I Tim.
Ili, 2). Giusto nel compiere i suoi doveri verso il
prossimo; santo (5oiov = pio) nel compiere i suoi
doveri verso Dio; continente (gr. èy%paxr\)^ che
sa cioè moderare le sue passioni, specialmente i
desiderii della carne e della gola.

9. Spiega più ampiamente quanto nella I let-


tera a Timoteo (III, 2) aveva espresso con la parola
Fig. 47. — Moneta cretese. òiòaxTtxóq = capace di insegnare. Tenace di quella
parola fedele (Cf. I Tim. I, 15), che cioè ade-
Evèque; Bruders, La costituzione della Chiesa, risca fermamente a quegli insegnamenti merite-
ecc., Firenze, 1906, p. 387 e ss. ; 399 e ss.). Per voli di ogni fede, che sono conformi alla dottrina
le città. Creta contava parecchie città (Omero, (wtxà TT\v biòaXr\v) insegnataci da Nostro Signore
///., II, 649; Virgilio, Eneide, III, 104 e ss.), Gesù Cristo e dagli Apostoli. Ragioni per cui il ve-
alcune delle quali ricordate negli Atti (XXVI II, 7, scovo deve essere in possesso di una sana dottrina.
8, 12). Conforme io ti prescrissi, cioè secondo le Egli deve essere in grado di esortare (ammonire,
norn>e che io ti ho dato e che ora ti ripeto. istruire, ecc.), come si conviene, i fedeli. Sana

6. Se alcuno, ecc. Questo versetto rimane so- dottrina (Ved. n. I Tim. V, 10). Deve pure il
speso e si deve quindi o sottintendere al fine vescovo essere in grado di confondere gli eretici.
questo eleggi, oppure far dipendere tutto dal ver- 10. Nei vv. 10-16, S. Paolo indica due altri
setto precedente, che stabilisca presbiteri per le motivi per cui si richiede tale dottrina nei mi-
città conforme ti ho prescritto, se cioè alcuno nistri di Dio. Il primo motivo è dedotto dalla pre-
è, ecc. Irreprensibile, ossia che goda buona fama senza dì molti falsi dottori (10-11) e il secondo
(I Tim. III, 10). Ha avuto una sola moglie (Ved. dal carattere stesso dei Cretesi (12-16).
n. I Tim. III, 2, 12). Ha figliuoli (I Tim. III, 4,
Vi sono {ancora manca nei migliori codici greci)
12) fedeli, cioè cristiani. La cattiva condotta dei molti falsi dottori, disobbedienti al Vangelo, o
figli verrebbe infatti a menomare il prestigio di
meglio, non subordinati ai legittimi superiori,
cui deve godere il ministro di Dio. chiacchieroni (gr. natatoXÓYoi). Questa parola e la
7. 7/ capo della comunità cri-
vescovo, cioè
il seguente «ppevandroi non sono usate altrove nel
stiana, propriamente vescovo e sia sem-
sia egli Nuovo Testamento), che cioè insegnano cose fri-
plice sacerdote. Fa d'uopo. Si tratta come è chiaro vole e vane, seduttori, che ingannano coll'adula-
di una necessità di convenienza per un pastore di zione le menti (Cf. I Tim. VI, 5). Questi falsi dot-
anime. Senza colpa. Accenna ora S. Paolo ai di- tori appartengono in gran parte a quei che sono
fetti da cui deve essere lontano il vescovo. Deve della circoncisione, cioè ai cristiani convertiti dal
essere senza colpa, cioè irreprensibile come si con- Giudaismo, i quali non avevano abbandonato tutti
viene a un economo di Dio, cioè a un ministro di i loro pregiudizi, ed erano rimasti attaccati ad al-
Dio, a un dispensatore dei suoi sacramenti, ecc. cune loro pratiche legali.
424 Tito, I, 11-15

cumcisióne sunt : **Quos opórtet redarguì : mente quei della circoncisione : **ai quali
qui unìvérsas domos subvértunt, docéntes bisogna turar la bocca che
mettono a
:

quae non opórtet, turpis lucri gràtia. ^^Dixit soqquadro le case intere, insegnando cose
quidam ex ìllìs, próprius ipsórum prophéta : che non convengono, per amore di vii gua-
Creténses semper mendàces, malae béstiae, dagno. "Disse uno di essi, proprio loro pro-
ventres pigri. "Testìmónium hoc verum est. feta : I Cretesi sempre bugiardi, cattive
Quam ob causam increpa illos dure, ut sani bestie, ventri pigri. ^'Questa testimonianza
sint in fide, "Non intendéntes ludàicis fa- è vera. Per questa ragione riprendili con
bulis, et mandàtis hóminum, aversàntium se rigore, affinchè siano sani nella fede, "non
a veritate. dando retta a favole giudaiche e a comanda-
menti d'uomini, che hanno in avversione
la verità.

^'Omnìa munda mundis : coinquinàtis au- "Tutto è puro pei puri : per gl'impuri poi
tem, et infldélibus nihil est mundum, sed e per gl'infedeli niente è puro, ma è im-

» Rom. XIV, 20.

11. Ai quali bisogna tarare la bocca (tale è il intorno ai cibi e alle purificazioni (Matt. XV, 2
senso delgr. bel èmotojii'ljetv), riducendoli al silenzio e ss.; Mar. VII, 2 e ss. ; Coloss. II, 16 e ss.),
col convincerli di errore. Mettono a soqquadro le ma specialmente quelle regole di un ascetismo esa-
case intiere. Questi falsi dottori penetravano nelle gerato, che interdiceva alcuni cibi, vietava il ma-
case e nelle famiglie cristiane, e vi insinuavano i trimonio, ecc. La dottrina di questi falsi dottori,
loro errori e portavano così la scissione tra i comprendeva quindi una parte speculativa, com-
varii membri delle famiglie, alcuni dei quali si posta di favole, ecc., e una parte pratica composta
lasciavano ingannare dalle loro astuzie, mentre di varii precetti, detti degli uomini per opposi-
altri rimanevano fedeli alle dottrine ricevute. Per zione ai precetti che vengono da Dio (Matt. XV,
'
amore, ecc. Il movente di questi falsi dottori è 9). Questi falsidottori sono detti nemici della
il proprio interesse (I Tim. VI, 5 e ss.). verità, cioè del Vangelo. Il greco potrebbe anche
12. Disseuno di essi, Cretesi, proprio loro tradursi : uomini che voltano il dorso alla verità.
profeta. Aggiunge queste ultime parole per far L'Apostolo risponde ora agli errori dei falsi
15.
comprendere, che, se la sua citazione ha qualche dottori. Questi insegnavano che alcuni cibi erano
cosa di duro verso i Cretesi, essa tuttavia pro- per se stessi immondi, invece S. Paolo afferma
viene da una persona, che era in grado di ben; che tutto è puro per i puri, ossia che ogni cibo,
conoscerli. La parola profeta va presa nel senso per questo stesso che è creato da Dio, è puro
dei greci, che davano spesso tal nome ai poeti, e buono In se, e quindi non può contaminare i
vati, reputandoli ispirati da Dio. Questo profeta puri, cioè coloro che ne usano convenientemente
è Epimenide, vissuto nel vi secolo a. C. Egli (Ved. n. I Tim. IV, 3-5). Al contrario per gli im-
nacque a Gnosso in Creta e fu anche sacerdote puri e per gli infedeli, ossia per quelli che ne
(Platone, De leg., I; Cic, De divin., I, 18). Se- usano con mente cattiva e perversa coscienza o
condo S. Gerolamo (h. 1.) la citazione dell'Apostolo fede, e mangiano gli uni perchè li credono mondi,
sarebbe tolta da un poema perduto, intitolato Ilept e si astengono dagli altri perchè lì credono im-
Xpi\on&y = Degli oracoli. Nel testo greco la cita- mondi, per costoro niente è puro, ossia nessun
zione forma un vero esametro (KprÌTeq dei tj)eij<TTot, cibo è puro, perchè sia quando ne mangiano, sia
xatò enpia, yaaxépeq dpYoi). La prima parte di questo quando se ne astengono, sono sèmpre guidati da
esametro è anche citata da Callimaco, poeta ales- un errore volontario della mente, e da una cat-
sandrino del tempo dei Tolomei, in un inno a tiva fede o coscienza. Ma la mente e la coscienza
Giove, 8. I Cretesi sempre bugiardi, tanto che il loro sono immonde. Queste parole spiegano le
verbo xpt^nljeiv, cretizzare, era sinonimo di men- precedenti impuri e infedeli, e la particella ma
tire, agire con frode. Cattive bestie, cioè crudeli non ha il senso avversativo, ma piuttosto il senso
e facili a nuocere «Itrui. Ventri pigri, cioè dati ai causale, ed è equivalente a perchè. Per gli im-
piaceri della gola e all'inerzia o pigrizia. Anche puri e gli infedeli nulla è puro, perchè il giudizio
Polibio (VI, 46-47) chiama i Cretesi avari, sempre della loro mente è pververtito, ed è falsa la loro
in guerra fra loro, di carattere malizioso e ingan- coscienza. Così S. Paolo fa vedere, che la fonte
natore. e la radice del bene e del male per l'uomo ri-
siede nell'interno, cioè nel cuore, da cui procedono
13. Questa testimonianza di Epimenide, rela-
le buone e le cattive azioni, che rendono mondo
tiva ai vizi dei Cretesi suoi compatrioti, è vera.
L'Apostolo o immondo l'uomo (Ved. Matt. VI, 22-23; XV, 11
la conferma così pienamente colla sua ;

autorità. Echiaro però che


Rom. XIV, 20; I Cor. VIII, 4 e ss.). Si osservi
parla dei Cretesi
si
però che un cibo, per se stesso mondo, può tut-
in generale, e non di tutti e singoli gli indi-
tavia contaminare l'uomo, a ragione della disub-
vidui. /?Zpre7idi7i con rigore (gr.à^rorónoDq), tagliando
bidienza, che si commette nel mangiarlo contro il
sino al vivo (tale è ii senso del greco) i loro vizi,
divieto della legittima autorità. E pure da notare,
affinchè siano salvi nella fede, ossia conservino
integra e incorrotta la fede cristiana.
che se la Chiesa proibisce di mangiare alcuni cibi
in determinati giorni, non fa questo perchè creda
14. Favole giudaiche (Ved. n. I Tim. I, 4). tali cibi cattivi in se stessi, ma per inculcare ai
Comandamenti uomini (Ved. n. I Tim. IV, 6;
di fedeli il dovere della penitenza e della morti-
Ciloss. II, 21), sono le varie prescrizioni giudaiche ficazione.
Tito, I, 16 II, 4 425

inquinatae sunt eórum et mens, et conscién- monda la mente e la coscienza loro. "Pro-
tìa. ^^Conflténtur se nosse Deum, factis au- fessano di conoscer Dio, e lo rinnegano coi
tem negant cum sìnt abominati, et incre-
: fatti essendo abbominevoli, e increduli, e
:

dibiles, et ad omne opus bonum rèprobi. in^ti a qualunque buona opera.

CAPO II.

Dovere di istruwe i fedeli, i, — Istruzioni da darsi ai vecchi, 2, — alle vecchie,


3-5 > — <^i giovani^ 6-8, — agli schiavi, g-io. — Motivi di praticare i detti
doveri, 11-15.

^Tu autem lóquere quae decent sanam ^Ma tu insegna ciò che conviene alla sana
doctrinam ^Senes ut sóbrii sint, pudici,
: dottrina ^Che i vecchi siano sobrii, pu-
:

prudéntes, sani in fide, in dilectióne, in


pa- dichi, prudenti, sani nella fede, nella ca-
tiéntia ^Anus similiter in hàbitu sancto,
: rità, nella pazienza •''Similmente le donne :

non criminatrices, non multo vino servién- di età in un contegno santo, non calunnia-
tes, bene docéntes : ^Ut prudéntiam dóceant tri ci, non dedite al molto vino, maestre del

adolescéntulas, ut viros suos ament, filios bene : ''affinchè insegnino alle piiì giovani

Continua a descrivere la vita di questi falsi


16. vimenti, sia nei loro discorsi e nelle loro azioni,
dottori. Confessano colla bocca e si vantano di nulla vi deve essere disdicevole a una cristiana
conoscere Dio meglio degli altri, e di prestargli
il dovuto culto, ma lo rinnegano coi fatti, cioè
colla loro vita perversa e corrotta. Abbominevoli
nei loro costumi. Increduli. Il greco dnetOeìq signi-
fica piuttosto ribelli, disubbidienti alla verità. Fig. 48.
Inetti (gr. <i&óxt|iiot) a qualunque opera buona, &
motivo della profonda corruzione della loro mente
Donna cristiana
e del loro cuore. (Catacombe)

CAPO II.

Nella seconda parte della sua lettera (II, I-


1.
15), S. Paolo istruisce Tito intorno a ciò che deve (Efes. V, 3; I Tim. II, 10). Non calunniatrici
inculcare a tutti i fedeli a seconda della loro età, (gr. un òtapóXovq), ossia che non ledano la fama
del loro sesso, del loro stato, e della loro condi- del prossimo colla calunnia e colla detrazione
zione. Comincia col dare una regola generale (Ved. I Tim. Ili, 11). Non dedite al molto vino,
(v. 1), richiamando alla mente del suo discepolo ossia non schiave dell'ubbriachezza, come erano
il dovere di ammaestrare i cristiani. purtroppo molte donne pagane dei tempi. L'Apo-
Ma tu, in opposizione ai che in-
falsi dottori, stolo non proibisce l'uso del vino, ma vuole che
segnano favole e impongono che non
precetti si eviti ogni eccesso e si usi moderazione. Maestre
vengono da Dio (I, 11, 14), insegna ero che con- del bene (gr.xaXoòiòaoxdXovq). Qui non si tratta dì
viene alla sana dottrina (Ved. n. I, 9; I Tim. I, insegnamento pubblico (Ved. n. I Tim. II, 11-12),
10), ossia alla dottrina evangelica. ma di insegnamento privato, quale si poteva eser-
2. Istruzioni da darsi ai vecchi. I vecchi (greco citare in famiglia, sia colle buone parole e sia
«peopvroq). Qui si tratta dei cristiani di età avan- specialmente col buon esempio.
zata, e non dei presbiteri o sacerdoti. Sobrii 4. L'Apostolo per cui nelle
indica il motivo
(vT\(paXio\)(;) ossia vigilanti, cauti, pudìchi (greco donne di età si condizioni, e assieme
esigono tali
oefivoói;), cioè gravi, onesti, prudenti (oóxppovai;), tratta dei doveri delle donne piià giovani. Affinchè
ossia saggi. Vuole quindi che i vecchi agiscano insegnino la prudenza. 11 greco iva oootppovitcDcn si
sempre con prudenza, con temperanza e con mo- può tradurre più semplicemente affinchè istruiscano
derazione. Sani nella fede, ossia che professino saggiamente le più giovani (ràq viaq) intorno ai
intera dottrina evangelica senza mescolanza di
la doveri del loro stato. L'Apostolo affida la privata
errori. Nella carità, ossia che amino sinceramente istruzione delle giovani donne a matrone di età
e ordinatamente ciò che devono amare. Nella e di specciata virtù sotto la direzione del ve-
pazienza, che cioè sopportino con pace i mali e scovo. Ad amare i loro mariti. Come apparisce
gli incomodi della vecchiaia (Cf. S. Tom., h. 1.). chiaro nel testo greco, qui cominciano gli inse-
3-5. Istruzioni da darsi alle vecchie. Le donne gnamenti che le vecchie matrone devono dare alle
di età (gr. itpEa^vxibaq. ^ Ved. I Tim. V, 2). Un donne più giovani maritate. Devono insegnar loro
contegno (gr. èv y^axa<sxì\^laxl), o meglio un por- ad amare i loro mariti e loro figli con un amore i

tamento santo, cioè quale si conviene a persone cristiano (Ved. Efes. V, 22 e ss.; VI, 4; Coloss.
sante. Sia quindi nelle loro vesti, sia nei loro mo- III, 21). Nell'amore sono compresi tutti i doveri.
426 Tito, II, 5-11

suos dìligant, "Prudéntes, castas, sóbrìas, la ad amare i loro mariti, ad


prudenza,
domus curam habéntes, benignas, sùbditas amare loro figliuoli, ^ad essere prudenti,
i

viris suìs, ut non blasphemétur verbum Dei : caste, sobrie, attente alla cura della casa,
buone, soggette ai loro mariti, aflQnchè non
si dica male della parola di Dio :

•lùvenes similiter hortàre ut sóbrii sint. giovani parimente esortali alla tempe-
"I
'In òmnibus teipsum praebe exémplum bo- ranza. ^In tutte le cose fa vedere te stesso
nórum operum, in doctrina, in integritàte, modello del ben nella dottrina, nella
fare,
in gravitate, ^Verbum sanum, irreprehen- integrità, nella gravità, parlare (sia) sano, *il

sibile : ut is, qui ex advérso est, vereàlar, irreprensibile, affinchè l'avversario sia con-
nihil habens malum dicere de nobis : fuso, non avendo nulla onde dir male di
noi :
dóminis suìs sùbditos esse, in
'Servos 'Che i servi siano soggetti ai loro padroni,
omnibus placéntes, non contradicéntes, licompiacciano in tutto, non li contradicano,
"non fraudàntes, sed in omnibus fldem bo- ^"Non rubino, ma in ogni cosa dimostrino
nam ostendéntes ut doctrinam Salvatóris
: perfetta fedeltà talmente che in tutto fac-
:

nostri Dei ornent in òmnibus. ciano onore alla dottrina di Dio Salvator
nostro.
'Appàruit enìm gràtia Dei Salvatóris no- "Poiché la grazia di Dio Salvatore nostro

» Eph. VI, 5; Col. Ili, 22; I Petr. II, 18. " Inf. Ili, 4.

5. (gr.cóxppovoq), ossia saggie, mode-


Prudenti stesso modello, ecc. Del ben fare, ossia di buone
rate. Sobrie, manca
nel greco, e probabilmente opere in generale. Qui non sì parla solo delle
non è che un'altra traduzione della parola greca opere di misericordia, ma dì tutta la vita cri-
precedente (oa)cppova<;). zittente alla cura della casa stiana. vescovo deve essere di buon esempio
Il

{gr. oìxovpYou? = lett. casarecce), vale a dire che a Tim. IV, 12; I Piet. V, 3), ma S. Paolo
tutti (I
diano ì loro pensieri e le loro cure alla casa e alla raccomanda a Tito di esserlo in modo speciale
famiglia. Alcuni codici greci hanno oìxotjpouq = ai giovani, o perchè Tito era giovane, o perchè
custodi della casa, ma la lezione della Volgata ha i giovani più degli altri si lasciano trarre dagli
in suo favore i migliori codici ed è preferita dai esempi. Nella dottrina, ecc. Il testo greco è un
critici. Soggette, ecc. (Ved. n. I Cor. XI, 3; Efes. po' diverso dalla Volgata : (mostrando, sott.) nella
V, 22, 24; I Piet. III, 1, 5). Non si dica male dottrina incorruzione o integrità (d9eopiav), e gra-
(Ved. n. I Tim. VI,1). La parola di Dio qui si- vità. S. Paolo vuole quindi che Tito predichi una
gnifica il Vangelo e la religione cristiana. I Giudei dottrina incorrotta, ossia pura di ogni errore, e
e i pagani parlerebbero male della nostra reli- la predichi con gravità, non andando dietro alle
gione se vedessero disordini nelle famiglie cri- favole dei falsi dottori, ma attenendosi agli inse-
stiane. gnamenti ricevuti. Parlar sano (Ved. n. I Tim. I,
I falsi disorganizzavano le famìglie (I,
dottori 10; VI, 3; II Tim. I, 13). Queste parole dipen-
11). Come ad Efeso così a Creta dovevano spin- dono ancora da nella dottrina. Nell'insegnare, Tito
gere le donne, anche maritate, a un ascetismo deve predicare una parola sana, cioè conforme alla
esagerato, per cui queste trascuravano l'adempi- vera fede, e che non si presti a riprensioni, e ciò
mento dei loro doveri verso il marito, i figli, la affinchè l'avversario, cioè l'infedele (I Tim. V,
casa e la famiglia. Tito deve opporsi a tali disor- 14), sia esso Giudeo o pagano, sia confuso, non
dini e adoprarsi a che le donne maritate siano trovando nulla in noi da rimproverarci.
bene istruite.
9. Istruzioni da darsi agli schiavi (9-10. Ved. n.
6. Istruzioni giovani (6-8). Queste
da darsi ai Efes. VI, 5-9; Coloss. Ili, 22-25; I Tim. VI, 1-2).
sono riassunte in una parola ooocppovetv = essere / servi, si deve sottintendere esortali (v. 6). Sog-
saggi. Il giovane che è saggio in tutto, sia cioè getti, ecc. Nella soggezione sono compresi tutti i
nei suoi pensieri, sia nei suoi affetti e sia nelle doveri. Compiacendoli in tutto ciò che non è
sue azioni, non può a_^ meno di essere perfetto. contrario alla legge di Dio. Non li contradicano,
La parola greca c«q>pov8Ìv ha un senso amplissimo, ossia non facciano difficoltà ad obbedire ai loro
e pud significare essere prudenti, temperanti, ca- ordini (Cf. Efes. VI, 6).
sti,modesti, ecc. Qui va presa appunto nel senso 10. Non rubino. Gli schiavi avevano in mano
che comprenda tutte le virtiì. S. Gerolamo (h. 1.) gran parte della roba del padrone, e quindi pote-
unisce a questo versetto le prime parole del ver- vano con facilità darsi al furto e alla frode. Di-
setto seguente, in tutte le cose, ma la punteggia- mostrino fedeltà e onestà, tenendosi lontani dai
tura della Volgata è generalmente preferita dai furti e dalle frodi. Adempiendo fedelmente tutti
commentatori, i loro doveri, essi fanno onore alla dottrina, ossia
7-8. Ben poco valgono le parole se non sono al Vangelo di Gesù Cristo, che li ha resi migliori

accompagnate dal buon esempio, e perciò l'Apo- degli altri, e non solo impediscono che sia be-
stolo vuole che Tito si presenti ai giovani, modello stemmiato (I Tim. VI, 1), ma lo rendono accetto
di tutte le virtù. Fa vedere. Nel greco vi è il par- sia ai loro padroni e sia agli altri.
ticipio (rapeXóinevoq), che dipende ancora dal verbo 11. Poiché, ecc. Nei vv. 11-14, S. Paolo ag-
esortali in modo che si ha questo senso Esorta : giunge 1 motivi per cui si devono dai cristiani
i giovani... in tutte le cose facendo vedere te osservare tutte le norme che ha date. Il primo
Tito, II, 12-15 427

striAnnibus homìnibus, ^^Erudiens nos, ut apparve a tutti gli uomini, "insegnando a


abnegàntes impietàtem, et saeculària desì- noi che, rinnegata l'empietà e i desiderìi
déria sobrie, et iuste, et pie vivàmus in
: del secolo, viviamo in questo secolo, con
hoc saeculo, ^'Expectantes beàtam spem, et temperanza, con giustizia e con pietà, ^^a-
advéntum glóriàe magni Dei, et Salvatóris spettando la beata speranza, e l'apparizione
nostri lesu Christi ^''Qui dedit semetipsum
: della gloria del grande Dio e Salvator nostro
pr nobis, ut nos redimeret ab omni iniqui- Gesù Cristo ^^il quale diede se stesso per
:

ta.e, et mundàret sibi pópulum acceptàbi- noi, affine di riscattarci da ogni iniquità, e
lem, sectatórem bonórum óperum. di purificarsi un popolo accettevole, zelatore
delle buone opere.

^'^Haec lóquere, .et exhortàre, et àrgue ^^Queste cose insegna ed esorta e ri-
cum omni impèrio. Nemo te contémnat. prendi con ogni autorità. Nessuno ti di-
sprezzi.

motivo perchè Gesù Cristo stesso è venuto a


si è nostro Gesù Cristo. Nel testo greco tutta questa
bella posta per insegnarci a vivere in conformità frase è preceduta da un solo articolo totj, per
dei nostri doveri (11-12); il secondo motivo si è modo che, come già osservarono S. Giov. Cris. e
perchè vivendo così, noi ci prepariamo alla se- S. Gerolamo (h. 1.), i due titoli Dio e Salvator
conda venuta di Gesù Cristo, il quale si è offerto nostro si riferiscono direttamente a Gesù Cristo.
per noi, affine di avere un popolo santo. La gra- Si deve pure osservare che S. Paolo non applica
zia di Dio, ossia l'Incarnazione del Verbo di Dio, mai la parola èmcpdveio (manifestazione) al Pa-
o meglio lo stesso Verbo di Dio incarnato come dre, ma l'usa sempre per significare la seconda
indica il verbo insegnando (v. 12). Salvator nostro. venuta di Nostro Signore Gesù Cristo (Filipp. Ili,
Nei migliori codici greci si legge ooorripioi; = salu- 20; Coloss. Ili, 4; l Tim. VI, 14; Il Tim. IV,
tare ^ che apporta salute; in modo che si ha 1, 8). Si ha quindi in queste parole una chiara
questo senso la grazia salutare
: di Dio, ecc. e solenne testimonianza della divinità di Gesù
Apparve (gr. èweipàvn = si è manifestata) renden- Cristo (Gf. S. Tommaso, h. 1. ; Van Steen., h. 1. ;
dosi visibile a tutti gli uomini. Nessuno è escluso Prat, op. cit. t. II, p. 184 e ss.).
dall'opera della redenzione (I Tim. II, 4, 6).
14. // quale Gesù Cristo diede se stesso per noi,
12. Insegnandoci, ecc. Il Verbo di Dio si è in- offrendosi volontariamente alla morte per la nostra
carnato affine di essere non solo il nostro Re- salute (Efes. V, 2; I Tim. II, 6), affine di riscat-
dentore, ma ancora il nostro Maestro. Egli ci ha tarci da ogni iniquità, ossia affine di liberarci dalla
insegnato a rinnegare l'empietà (gr. doépetav), che schiavitù del peccato,- sborsando in prezzo il suo
consiste nel rendere a false divinità il culto do- sangue e morendo in vece nostra (Efes. I, 7 ;
vuto al solo Dio, e i desideri del secolo (greco Coloss. I, 14). Purificarsi, ossia rendersi mondo
del mondo), ossia tutte le concupiscenze e le pas- col lavarlo nel suo sangue, un popolo accette-
sioni disordinate della nostra natura (Ved. I Giov. vole. Il greco «epiouaiov, tradotto dalla Volgata ac-
II, 15, 16), che sono incompatibili colla santità. ceptabilem (accettevole), significa propriamente
L'insegnamento di Gesù Cristo non ha però solo eletto, cheappartiene come proprietà ad uno
un carattere negativo, ma comprende ancora un (Cf. XX, 28; Efes. I, 14; I Piet. II, 9).
Atti
lato positivo, ed Egli ci ha pure insegnato a Redimendoci dal peccato, Gesù ha voluto di noi
vivere in questo secolo, cioè quaggiù in terra, formare il suo popolo eletto. Vi ha qui un'allu-
anche in mezzo ai perversi (I Tim. VI, 17) con sione alla scelta che Dio aveva fatto d'Israele per
temperanza (gr, oaxppóvooq. Ved. I, 6), con giustizia formarne il suo popolo (Esod. XIX, 5; Deut. VI,
e con pietà. Questi tre nomi riassumono tutti i 6; XIV, 2; XXVI, 18). Zelatore, ecc. Queste pa-
doveri cristiani. La temperanza, o meglio la sag- role indicano l'ardore con cui i cristiani devono
gezza modera tutti i desideri e le passioni del- attendere alle opere buone.
l'uomo, sottomettendole alla legge di Gesù Cristo
e comprende tutti i doveri che l'uomo ha verso 15. L'Apostolo conchiude la sua esortazione.
se stesso. La giustizia e la pietà comprendono Queste cose (ossia tutto quel che precede in
i doveri verso il prossimo e verso Dio. questo capo) insegna, e esorta tutti a praticarle,
e riprendi coloro che non seguono le tue esorta-
13. Questa vita virtuosa insegnataci da Gesù
zioni. Fa tutto questo con ogni autorità, perchè
Cristo, ci dà diritto e ci fa aspettare la beata spe-
tu agisci come ministro di Dio, che gode di pieni
ranza. Come è chiaro dal contesto, speranza si
poteri. S. Paolo teme che Tito non usi tutta
pone qui per la cosa sperata (Cf. casi analoghi l'energia richiesta dalla gravità dei pericoli, che
Gal. V, 5; Efes. I, 18; Coloss. I, 5). Noi aspet- minacciano la Chiesa di Creta, e che i falsi dot-
tiamo quindi la realizzazione di quella speranza, tori, e gli stessi cristiani, non abbiano per Tito
ossia la possessione di quel bene, che deve ren-
quella docilità e quella deferenza, che i fedeli de-
derci felici (beata). Spiega quale sia l'oggetto di
vono avere verso il loro pastore. Perciò racco-
questa speranza dicendo: e (= cioè) l'apparizione manda al suo discepolo di agire con forza, e di
della gloria (gr. èiricpàvetav TT\q bó^r\<;), ossia la
non permettere che alcuno lo disprezzi o faccia
manifestazione gloriosa di Dio. Qui si parla della poco conto di lui e della sua autorità (I Tim.
seconda venuta di Gesù Cristo (Cf. I Tim. VI, IV. 12).
14; Matt. XXIV, 30). Del grande Dio e Salvator
428 Tito, III, 1-5

CAPO III.

Obbedienza alle autorità e amore del prossimo, 1-2. — Motivi dell'amore e della
mansuetudine verso tutti, 3-7. Le buofie opere, — — Evitare gli
8. eretici,
9-1 1. —
Prega Tito di andare a Nicopoli, 12. — Raccomandazione augurio e
jììiale, 13-15,

^Admóne illos prìncìpìbus, et potestàtibus, ^Rammenta loro che siano soggetti ai


sùbditos esse, dicto obedìre, ad omne opus principi e alle potestà, che siano ubbidienti,
bonum paràtos esse; ^Néminem blasphe- che siano pronti ad ogni buona opera ^che :

màre, non litigiósos esse, sed modéstos, non dicano male di alcuno, che non siano
omnem ostendéntes mansuetùdinem ad om- amanti delle liti, ma modesti, e che dimo-
nes hómines. 'Eràmus enim aliquàndo et strino ogni mansuetudine verso tutti gli
nos insipiéntes, increduli, erràntes, servién- uomini. ^Anche noi infatti una volta era-
tes desidériis, et voluptàtibus vàriis, in ma- vamo insensati, increduli, erranti, schiavi
litia et invidia agéntes, odibiles, odiéntes delle concupiscenze e di vari piaceri, vi-
invicem. venti nella malizia e nell'invidia, degni di
odio, e odiando gli altri.
*Cum autem benignitas, et humànitas ap- *Ma allorché apparve la benignità, e l'a-
pàruit Salvatóris nostri Dei : 'Non ex opé- more per l'uomo di Dio Salvatore nostro :

ribus iustitiae, quae fécimus nos, sed se- "non per le opere di giustizia, fatte da noi,

* Sup. II, 11. » II Tim. I, 9.

associa a loro nel descrivere lo stato miserabile


CAPO III. dell'uomo, non ancora rigenerato dal Battesimo
(Cf. II, 12). Una volta, cioè prima della nostra
1. Nella terza parte della sua lettera (III, 1-11), conversione. Insensati, cioè privi della cognizione
S. Paolo dà a Tito alcuni avvisi più generali da del vero Dio e di quella sapienza che consiste nella
inculcarsi a tutti i fedeli di Creta. Comincia col santità della vita. Increduli, meglio secondo il
parlare dell'obbedienza dovuta alle legittime auto- greco (V. n. I, 16), disubbidienti alla legge di Dio.
rità (V. 1). Ved. Rom. XIII, 1-7; I Piet. II, 13. Schiavi delle varie passioni, che dominavano in
Rammenta loro, cioè ai cristiani di Creta, i noi come tiranne (Rom. VI, 12, 16; II Piet. II,
quali dovevano già essere stati altre volte istruiti 19). Erranti lungi da Dio e dalla verità. Viventi
intorno a questo dovere. Principi sono coloro che (corrisponde al greco òiàYovreq) nella malizia,
hanno la suprema autorità, potestà, invece, sono che fa desiderare male agli altri, e nell'invidia,
tutti coloro, che nella società hanno un'autorità che fa provare tristezza per il bene altrui (Cf.
subordinata (Cf. I Tim. II, 12). Che siano obbe- Gal. V, 26), degni di odio, ossia meritevoli di
dienti alle leggi. I Cretesi erano facili alle sedi- essere odiati, e odiando gli altri,
zioni (I, 12). Che siano pronti, ecc., ossia che
4. All'abisso di malizia degli uomini S. Paolo op-
siano disposti a compiere, e compiano di fatto,
pone ora l'abisso di bontà e di amore da parte
tutti i loro doveri sociali; o meglio che siano
di Dio. Apparve (gr. è«e9dvn, Ved. n. II, 11) la
disposti a fare ogni opera buona, che venga co-
benignità, ossia la bontà e l'amore per l'uomo
mandata dalla legittima autorità. L'Apostolo parla (tale è il senso del greco cpiXavepcoma, tradotto
di opera buona, perchè niuno è tenuto ad obbe-
dalla Volgata humanìtas) di Dio Salvator nostro,
dire, quando la cosa comandata sia contraria alla
cioè di Dio Padre (v. 6), così chiamato perchè
legge di Dio (Atti V, 29).
ci ha dato Gesù Cristo per nostra salute (Giov.
L'Apostolo raccomanda l'amore del prossimo.
2. Ili, 16, 17; Ved. n. I, Tim. I, 1). La bontà e
Non dicano male (I Tim. I, 20 VI, 1). Modesti. ; l'amore del Padre si manifestarono nell'incarna-
Il greco fcjnetxei?, significa piuttosto miti, pacifici. zione di Gesù Cristo e nella nostra giustificazione.
Verso tutti gli uomini e quindi anche verso i 5. Prima ancora descrivere i grandi benefizi
di
Giudei, i pagani, i peccatori, ecc.
fattici dall'amore di Dio, S. Paolo comincia col-
3. Nei vv. 3-7, espone i motivi per cui i cri- l'affermare la loro assoluta gratuità. Non per le
stiani di Creta devono mostrarsi pieni di amore e opere di giustizia, ossia non per opere capaci di
di mansuetudine verso tutti, non esclusi i pec- meritare la giustificazione. Dio ci lia salvati non
catori. Devono ricordarsi, che anch'essi furono per il merito di opere fatte da noi prima della
peccatori, e che furono rigenerati alla vita della nostra giustificazione, sia nello stato di natura e
grazia per sola bontà e misericordia di Dio. sia sotto la legge mosaìca, ma per pura sua mise-
Ancora noi eravanU ecc. Sia per umiltà, e sia
, ricordia, la quale è per conseguenza la vera causa
per delicatezzi verso i suoi lettori, S. Paolo- si della nostra giustificazione e della salute (Cf. Rom.
Tito, III, 6-10 429

ctìndum suam misericórdìam salvos nos fe- ma per sua misericordia ci fece salvi me-
cit per lavàcrum regeneratiónis, et renova- diante il lavacro di rigenerazione, e di rin-

tiónìs Spiritus sanctì, *Quem éffudit in nos novazione dello Spirito Santo, "che egli dif-
abùnde per lesum Christum Salvatórem no- fuse in noi copiosamente per Gesù Cristo
strum ^Ut iustìflcàtì gràtia ipsius, herédes
: Salvator nostro ^affinchè, giustificati per la
:

simus secùndum spam vitae aeternae. grazia di lui, siamo secondo la speranza
eredi della vita eterna.
'Fìdélis sermo
de his volo te con-
est : et ^Parola fedele è questa e queste cose :

firmàre ut curent bonis opéribus praeésse


: voglio che tu affermi affinchè quelli che :

qui credunt Deo. Haec sunt bona, et utilia credono a Dio, procurino di star intenti alle
hominibus. '^Stultas autem quaestiónes, et buone opere. Questo è quello che è buono
genealogias, et contentìónes, et pugnas legis e utile per gli uomini. ^Ma fuggi le que-
devita, sunt enìm inutiles, et vanae. stioni, e le genealogie, e le dispute, e le
contese legali poiciìè sono inutili e vane.
:

"Haeréticum hominem post unam, et se- ^"Fuggi l'eretico dopo la prima e la se-

• I Tim. I, 4 et IV, 7; II Tim. II, 23.

Ili, 20 e ss.; Efes. II, 8-10). Mediante. Il mezzo vati collagrazia, affinchè noi diventassimo
sua
di cui Dio si serve per giustificarci e salvarci, è S'uoi perciò eredi della vita eterna (Ved.
figli e
il lavacro di rigenerazione, cioè il S. Battesimo Rom. VIII, 17, 30; Gal. IV, 7). Secondo la spe-
(Ved. n. Efes. V, 26) che è per conseguenza la ranza. Finché siamo quaggiiì non posse^diamo
causa istrumentale della nostra giustificazione e ancora in realtà la vita eterna, ma tuttavia ab-
della nostra salute. Il Battesimo viene chiamato biamo la speranza certa di possederla un giorno
lavacro di rigenerazione e di rinnovazione, perchè (Ved. n. Rom. Vili, 24).
opera in noi una vera rigenerazione e rinnovazione, 8. Conchiude l'esortazione
(3-7) inculcando l'e-
in forza della quale dallo stato di morte e di pec-
sercizio opere buone. Parola fedele, ossia
delle
cato noi nasciamo alla vita dei figli di Dio, dive-
meritevole di ogni fede (Ved. n. I Tim. I, 15),
nendo partecipi della natura divina, e ci spogliamo è questa, cioè quanto ha detto vv. 3-7. E queste
dell'uomo vecchio per essere incorporati a Gesii cose, ossia queste verità, voglio che tu affermi
Cristo (Cf. Giov. Ili, 5; I Piet. III, 21; Rom. (tale è il senso del greco òtopepaiovoeai e così fu
VI, 6; II Cor. V, 17). Dello Spirito Santo. Queste
tradotto anche dalla Volgata, I Tim. I, 7), vale a
parole indicano l'autore della nostra rigenerazione dire che predichi con forza e con autorità. Affinchè
e rinnovazione. Benché la nostra giustificazione sia quelli che credono, ossia i fedeli, non si conten-
opera di tutte e tre le divine persone della Santis- tino di una fede morta, ma procurino con ogni
sima Trinità, poiché in essa risplende
tuttavia,
studio (gr. <ppovrij;cooiv) di stare intenti, ossia di
in modo speciale
l'amore, viene per appropria- praticare (gr. jrpoIoTaoeai) le buone opere. L'Apo*
zione attribuita allo Spirito Santo, che procede
stolo vuole quindi che Tito predichi queste grandi
dal Padre e dal Figlio per via di amore.
verità affinchè i fedelt si mostrino grati a Dio
6. Che si riferisce a Spirito Santo. Egli, si ri- coll'esercizio delle buone opere. Questo, vale a
Dio Padre. Il Padre adunque diffuse in
ferisce a, dire la dottrina che ho insegnata (v. 4 e ss.), è
noi copiosamente lo Spirito Santo, ossia varii i cosa veramente buona in sé e utile agli uomini.
doni dello Spirito Santo, per i meriti di Gesù Cri- 9. Nei vv. 9-11 S. Paolo inculca a Tito di evi-
sto Salvator nostro. Nel S. Battesimo, noi rice- tare le questioni proposte dagli eretici e gli stessi
viamo in abbondanza i doni dello Spirito Santo, eretici.
cioè la grazia santificante, le virtìi e i doni pro- Ma, ecc. la buona dottrina accennata
Predica
priamente detti, e di piii lo stesso Spirito Santo nei precedenti, ma fuggi le stolte que-
versetti
(e con lui anche il Padre e il Figlio) viene ad stioni e le genealogie (Ved. n. I Tim. I, 4) e le
abitare in modo specialissimo nell'anima nostra, contese e le dispute intorno alla legge di Mosè
per modo che noi diveniamo veri tempii di Dio (Ved. n. I Tim. I, 7), alle sue prescrizioni rituali
(Ved. n. Rom. V, 5; I Cor. VI, 19, ecc.). e alle tradizioni giudaiche. Sono inutili e vane,
Nei vv. 4-6, come fa ben osservare S. Gero- in opposizione alla dottrina da predicarsi da Tito,
lamo (h. 1.), si ha una menzione esplicita di tutte la quale è buona e utile (versetto precedente).
e tre le persone della Santissima Trinità, cioè del
secondo la sua etimo-
10. Eretico (gr. a'ipenxòv),
Padre al v. 4, del Figlio al v. 6, e dello Spirito
logia significa che siccome però qui
fa una setta,
Santo alPoiché l'Apostolo afferma che Dio
v. 5.
si parla di dottrina, è chiaro che con questo nome
diffuse in noi abbondantemente lo Spirito Santo
si intende colui che aderisce pertinacemente al-
(cioè la grazia santificante, ecc.), si deduce chia-
l'errore, rigettando qualcuna fra le verità rivelate
ramente che la giustificazione non consiste solo
da Dio. Questo nome non occorre altrove nel
nella remissione dei peccati, ma importa ancora
Nuovo Testamento, vi si trova però parecchie
l'infusione della grazia santificante, che è la causa
volte il nome
eresia (gr. aipeaiq) da cui deriva
formale della nostra giustificazione. La causa me-
(Atti V,XIV, 5, 14; I Cor. XI, 19; Gal.
17;
ritoria sono i patimenti e la morte di Gesii Cristo
(Cf. Cono. Trid. sess. VI, cap. VII, can. 11).
V, 20). la Dopo
prima e la seconda correzione.
S. Paolo non vuole già che l'eretico sia subito
7. Affinchè, ecc. Spiega quale sia il fine della abbandonato a se stesso, ma vuole che prima sia
nostra giustificazione. Dio per mezzo del Batte- corretto una e due volte, sia per dargli tempo e
simo ci ha giustificati, ossia rigenerati e rinno- modo di emendarsi e di tornare alla verità, e sia
430

cundam correptiónem
subvérsus
devita
est, qui eiùsmodi est, et delìnquit,
: "Sciens quia
Tito, III, 11-15

conda correzione
tale è pervertito, e pecca,
: "sapendo
come
che
quegli che
questo
I
cum proprio iudìcio condemmnàtus.
sit per suo proprio giudizio è condannato.
"Cum misero ad te Artémam, aut Tychì- ^^Quando avrò mandato da te Artema, o
cum, festina ad me venire Nicópolim ibi : Tichico, affrettati a venir da me a Nicopoli :

enim stàtui hìemàre. "Zenam legìsperìtum, poiché ho determinato di passar ivi l'in-
et Apollo solicite praemitte, ut nihil illis verno. '^Provvedi con cura al viaggio di
desit. ^'*Discant autem et nostri bonis opé- Zena dottor dì legge, e di Apollo, affinchè
nulla loro manchi. ^""E imparino anche
•"

ribus praeésse ad usus necessàrios ut non :

sint infructuósi. nostri a star intenti alle buone opere nelle


occorrenze necessarie, affinchè non siano
infruttuosi.

"Salutant te qui mecum sunt omnes : sa- ^^Ti salutano tutti quelli che sono con "

luta eos, qui nos amant in fide. Gràtia Dei me : saluta quelli che ci amano nella fede.
cum òmnibus vobis. Amen. La grazia di Dio con tutti voi. Così sia.

affinchè consti che aderisce veramente con per- Ivi. S. Paolo quindi non si trovava ancora a Ni-
tinacia all'errore. Questa correzione dev'essere copoli al tempo in cui scrìveva, e poiché sog-
fatta dalla legittima autorità (Cf. Matt. XVHI, 15 giunge : ho determinato, ecc., mostra chiaro che
e ss.). Che se l'eretico non si emenda, allora sia egli godeva allora di piena libertà.
i pastori che i fedeli devono interrompere le
13. Provvedi con cura al viaggio. Tale è il senso
relazioni con lui.
del greco ojrovòai'ax; jipónenTtjov. Quest'ultimo verbo
11. Sapendo, ecc. Spiega perchè si debba essere tradotto dalla Volgata praemitte, altrove fu tra-
così cogli eretici. Questo tale, ossia un
severi dotto con deducere (Ved. n. Rom. XV, 24 I Cor. ;

eretico, che dopo due correzioni non si emenda, XVI, 6, 11). I due discepoli, che probabilmente
è pervertita (il greco É^^eftpajcTai si dice di un edi- portarono a Tito questa lettera, dovevano passare
fìzio che non può più essere riparato, perchè per Creta, e perciò S. Paolo raccomanda a Tito
scosso nelle fondamenta), ossia non ha più il di provvederli del necessario per il viaggio. Zena,
fondamento della fede, e non vi è più speranza non sappiamo nulla di lui. Dottore in legge,
che la correzione possa giovargli, anzi può essere così chiamato o perchè prima della sua conver-
pericoloso il trattenere relazioni con lui. Pecca sione dal Giudaismo era un dottore della legge
con pertinacia e malizia, come quegli che per suo mosaica, oppure più probabilmente perchè era
giudizio è condannato, poiché non può trovare un giureconsulto romano. Apollo (Cf. Atti XVIII,
nessuna scusa alla sua perversa condotta, per la 24 e ss.; I Cor. I, 12; III, 4, 22, ecc.).
quale si è separato da se stesso dal corpo della
Chiesa (Giov. Ili, 18). 14. S. Paolo piglia nuovamente occasione per
raccomandare l'esercizio delle opere buone. 7 no-
12. Nell'epilogo di questa lettera (III, 12-15), stri cristiani di Creta, che hanno la nostra stessa
S. Paolo prega Tito di raggiungerlo a Nicopoli, fede, imparino da te ad essere intenti alle opere
aggiunge qualche raccomandazione di carattere per- buone (Ved. n. 8), cioè nel caso, a venir in soc-
sonale, e poi dà la sua apostolica benedizione. corso dei loro fratelli bisognosi, quando la ne-
Quando avrò mandato, ecc. S. Paolo aveva in- cessità lo domanda, affinchè non siano stefilf,
tenzione di mandare a Creta uno dei suoi disce- ma portino frutti spirituali di carità.
poli per governarvi le Chiese durante l'assenza di
Tito. Artema. Nulla di certo sappiamo intorno a 15. Quelli che sono con me, cioè i miei com-
questo discepolo. Tichico (Ved. n. II Tim. IV, pagni e miei collaboratori. Quelli che ci amano,
i

12; Efes. VI, 21; Atti XX, 4; Coloss. IV, 7). sono i di Creta. Nella fede, che cioè
cristiani
Nicopoli. Varie città portarono questo nome. sono uniti a noi coi vincoli della stessa fede, e ci
Basti ricordare Nicopoli df'^'Cilicia, Nicopoli di amano con carità cristiana (Ved. I Tim. I, 2).
Macedonia, Nicopoli di Epiro. La maggior parte La grazia, ecc. (Ved. n. I Tim. VI, 21). Di Dio
degli interpreti moderni ritiene che si parli di manca nei migliori codici greci, ma è chiaro che
quest'ultima città, la quale, ai tempf di S. Paolo, va sottinteso. Con tutti voi, ossia con te, Tito,
era florentissima, e si presentava come un'ottima e con tutti i cristiani di Creta. Così sìa, manca
stazione per chi dall'Acaia viaggiava verso l'Italia. nei migliori codici greci e nei Padri.
Filemone - Introduzione 431

XIII.

LETTERA A FILEMONE

INTRODUZIONE

Filemone. —Ben poco sappiamo intorno l'ospizio, e aggiunge i saluti e la benedi-


a questo illustre personaggio, a cui S. Paolo zione apostolica.
indirizzò la presente Lettera. Egli abitava a
Colossi (Cf. Col. IV, 9) ed era stato con- ^Autenticità. — L'autenticità di questa
vertito probabilmente da S.Paolo ad Efeso Lettera è ammessa non solo da tutti i catto-
(Filem. 19; Atti, xix, 26 e ss.), ed era lici, ma anche da quasi tutti i protestanti

quindi legato all'Apostolo dalla piti tenera e i razionalisti. I Dochi (Baur e la sua
amicizia (Filem. 1, 21, 22). Doveva essere scuola, von Manen, Steck, ecc.) che la ne-
uomo facoltoso, poiché metteva la sua casa gano, si fondano sugli stessi vani argomenti,
a disposizione dei cristiani, ed era noto a coi quali impugnano l'autenticità della Let-
tutti per le sue liberalità verso i santi (Fi- tera ai Colossesì. Non é quindi a far caso
lem. 7). Siccome S. Paolo lo chiama suo delle loro negazioni.
compagno di lavoro, è probabile che egli Siccome questa Lettera è molto breve, e
si occupasse anche della predicazione del non contiene insegnamenti dottrinali, non
Vangelo. Si ritiene pure che le due persone deve recar meraviglia se di essa non si tro-
Appia e Archippo ricordate in questa Let- vano citazioni presso i Padri apostolici. È
tera fossero la moglie e il figlio di Filemone. però indubitato che al secondo secolo era
ammessa in tutte le Chiese come divina e
Occasione per cui fu scritta questa con>e opera genuina di S. Paolo. Ne sono
Lettera. — Onesimo, uno degli schiavi prova leantiche versioni itala e siriaca, e le
di Filemone, dopo aver offeso e danneggiato esplicite affermazioni del Frammento Mu-
(Filem. 18) il suo padrone, affine di sfug- ratoriano, di Tertulliano {Adv. Marc, v, 21),
gire al castigo meritato prese la fuga, e si di Origene {Hom. in lerem., 19), di Eusebio
portò a Roma. Quivi entrò in relazione con {Hist Eccl, III, 3), di S. Gerolamo (in
S. Paolo, che forse aveva conosciuto a Philem. proL), di S. Giov. Cris. (in Phi-
Efeso, e da lui fu convertito alla fede cri- lem. Argum.), ecc.
stiana. L 'Apostolo, avendolo scorto dotato di
ottime qualità, avrebbe desiderato di rite- Data e luogo in cui fu scritta. —La
nerlo presso di sé (Filem. 10, 13), ma non lettera a Filemone fu scritta nello stesso
volle ciò fare senza il consenso di Filemone, tempo e nello stesso luogo che la Lettera
e a tal fine gli scrisse questa Lettera, nella ai Colossesi (verso il fine della prima pri-
quale perora la causa dello schiavo fuggitivo. gionia romana, 61-63). Infatti, sia nell'una
Skcome Tichico era sul punto di partire per che nell'altra, S. Paolo afferma di essere
Colossi, S. Paolo gli diede per compagno prigioniero {Coloss. iv, 3, 18 Filem. i, 9),
;

di viaggio Onesimo, e lo incaricò di portare ricorda gli stessi compagni (Coloss. iv,
la Lettera a Filemone. 10-15; Filem. 23, 24), e nella Lettera ai
Colossesi IV, 9) dice espressamente che in-
Divisione e analisi. —
Nell'esordio (1- via loro Onesimo. A ciò si aggiunga la
7), S. Paolo, dopo l'indirizzo (1-3), ringrazia grande rassomiglianza di frasi e di parole
Dio per la perseveranza di Filemone nella che esiste tra le quattro Lettere ai Filippesi,
fede, e l'amore che egli dimostra verso i agli Efesini, ai Colossesi e a Filemone, le
fedeli (4-6). Nel corpo della Lettera (8-21) quali dovettero essere scritte pressoché
scongiura Filemone a perdonare al suo nello stesso tempo.
schiavo adducendone i motivi (8-17), e pro-
mettendo di compensare egli stesso tutti i Carattere speciale di q^testa Lettera.
danni recati da Onesimo (18-21). Nell'epi- — Tutti ammettono che la Lettera a File-
logo (22-25) prega Filemone di preparargli mone é un vero capolavoro sotto l'aspetto
432 Filemone - Introduzione !, 1-3

letterario. L'Apostolo vi fa mostra di tanto tivo, ma quanto non si mostra inferiore a


affetto, di tanta delicatezza, e di tanta abi- S. Paolo!
lità, da st appare l'ammirazione degli stessi Opere da consultarsi. Oltre ai com- —
increduli, come Renan {St-Paul, Introd., menti già citati sulla Lettera ai Colossesi,
p. XI) e Sabatier {L'Apòtre Paul, 3 ed., si possono consultare le opere seguenti :

p. 234), e da costringere Erasmo {In Phi- H. Wallon, Histoire de l'esclavage dans l'an-
lem., 20) ad esclamare che Cicerone non tiquité, Parigi, 1879 P. Allard, Les escla-
;

avrebbe potuto essere più eloquente. ves chrétiens, Parigi, 1900; Calippe, St-
Anche Plinio il giovane {Epist. ix, 21) Paul et la cité chrétienne, Parigi, 1900;
ebbe occasione di scrivere una lettera per Dict. Vig., Esclavage; Dict. Vac, Escla-
implorare il perdono a uno schiavo fuggi- vage; Dict. Ap., Esclavage, ecc.

LETTERA A FILEMONE

CAPO UNICO.
Iscrizione, i-j. Azione di grazia a Dio, 4-7. — Motivi per cui Filemone deve
perdonare al suo schiavo, 8-21, Prossima — visitadi S. Paolo a Colossi,
saluti e benediziotie apostolica, 22-25.

^Paulus vinctus Christi lesu, et Timó- ^Paolo prigioniero di Gesù Cristo, e il

theus frater Philémoni dilécto, et adiutóri


: fratelloTimoteo, a Filemone diletto, e no-
nostro, "Et Appiae soróri charissimae, ei stro cooperatore, 'e ad Appia sorella caris-
Archìppo commilitóni nostro, et Ecclésiae, sima, e ad Archippo nostro compagno di
quse in domo tua est. ^Gràtia vobis, et pax armi, e alla Chiesa che è nella tua casa.
a Deo Patre nostro, et Dòmino lesu Christo. ^Grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e
dal Signore Gesù Cristo.

1. L'introduzione di questa lettera (1-7), com- 2. Appia, era probabilmente la moglie di Fi-
prende un'iscrizione o indirizzo (1-3), e un elogio lemone, come pensa S. Giov. Cris. e ritengono
di Filemone con un'azione di grazie a Dio (4-7). quasi tutti gli interpreti. Così si spiega perchè
Paolo prigioniero. La lettera ha un carattere S. Paolo la nomini subito dopo Filemone. Sorella
della più intima famigliarità, e poiché ciò che carissima, ossia cristiana. I migliori codici greci
in essa si domanda si deve ottenere per carità (A D E F, ecc.) hanno solamente sorella; altri co-
e non per autorità, S. Paolo si presenta come un dici hanno solamente carissima. La Volgata ha
amico che supplica. Per ben cinque volte ricorda riunito assieme le due lezioni. S. Paolo la saluta
le sue catene (1, 9, 10, 13, 23), sicuro che il in modo speciale, affine di renderla anch'essa fa-
sapere quanto egli soffriva per Gesù Cristo, sa- vorevole ad Onesimo. Archippo. Siccome la lettera
rebbe stato più che sufficiente a muovere Filemone tratta di un affare domestico, è molto probabile
a concedere quanto gli chiedeva. Di Gesù Cristo, che questo Archippo fosse figlio di Filemone e di
ossia per Gesù Cristo, e per il suo Vangelo. E Appia. Egli aveva una parte importante nel go-
il fratello Timoteo (Ved. Introd. ' Lett. I Tira.). verno della Chiesa di Colossi (Ved. n. Coloss. IV,
S. Paolo unisce a sé il suo discepolo, che do- 17), anzi S. Gerolamo pensa che ne fosse il ve-
veva essere ben noto a Filemone, affine di rendere scovo. .Vostro compagno di armi (gr.cDvcrrpancbtT];.
più pressante la preghiera. S. Paolo usa parecchie volte questa metafora
Filemone era un ricco cristiano che risiedeva della per indicare il ministero apostolico
milizia,
a Colossi (Ved. n. Coloss. ed era stato
I, 1)
(Filipp. 35; I Tim. I, 18; II Tim. II, 3), e il
II,

battezzato da S. Paolo (v. 19), probabilmente in titolo di compagno di armi conviene molto bene

Efeso. Nostro cooperatore nella propagazione del ai capi religiosi delle comunità cristiane, i quali,

Vangelo, perchè Filemone era stato innalzato specialmente a quei tempi, avevano da sostenere
alla dignità sacerdotale, oppure, il che sembra più innumerevoli lotte.
probabile, perchè colle sue ricchezze contribuiva Alla Chiesa, ecc. (Ved. n. Rom. XV, 15; I Cor.
in molti modi a sostenere la causa del Vangelo. XVI, 19). A Colossi esisteva pure un'altra Chiesa
Un gruppo di cristiani si riuniva infatti nella casa in casa di Ninfa (Coloss. IV, 14).

di lui (v. 2), ed egli esercitava una grande e salu- 3. Grazia, ecc. Il saluto è uguale come Efes.
tare influenza sui cristiani di Colossi. I, 2; Filipp. I, 2; Coloss. I, 2. Ved. n. ivi.
Filemone, 4-9 433

*Grltias ago Deo meo, semper memóriam *Rendo grazie al mio Dio facendo sempre
tuì fàciens in oratiónibus meis, ^Audiens memoria di te nelle mie orazioni, sentendo
charitàtem tuam, et fidem, quam habes in la tua carità e la fede che hai nel Signore
Domino lesu, et in omnes sanctos "Ut com- : Gesù, e verso di tutti i santi : ^affinchè il
municàtio fidei tuae évidens fiat in agni- partecipare che tu fai alla fede sia mani-
tióne omnis óperis boni, quod est in vobis festo conoscersi tutte le buone opere
dal
in Christo lesu. ^Gàudium enim magnum che sono in voi per Gesù Cristo. ^Ho avuto
hàbui, et consola tiónem in charìtàte tua : infatti grande allegrezza e consolazione della
quia viscera sanctórum requievérunt per te, tua carità perchè le viscere dei santi sono
:

frater. state da te ricreate, o fratello.


"Propter quod multam fldùcìam habens tn ^Per qual cosa benché io abbia molta
la
Christo lesu imperàndi tibi quod ad rem fidanza in Gesù Cristo per comandarti quel
pértinet *Propter charitàtem magis óbse-
: che conviene ^piuttosto ti prego per ca-
:

cro, cum sis talis, ut Paulus senex, nunc rità, poiché sei tale, come io Paolo vecchio,

4. Rendo grazie, ecc. (Ved. n. Efes. I, 15-16; conoscere a tutti praticamente, tutto il bene che vi
Filipp. I, 3-4; Coloss. I, 3-4). Rendendo grazie è in noi per relazione a Gesù Cristo, ossia tutti 1
a Dio, S. Paolo fa l'elogio delle virtù del suo tesori che racchiude il Vangelo, tutti i beni di cui
discepolo, cercando di sempre più cat^ai«ene siamo stati arricchiti a motivo della nostra unione
la benevolenza. Da questo punto S. Paolo parla con Gesù Cristo. S. Paolo si prepara così la via
direttamente al solo Filemone. per chiedere a Filemone un atto di grande gene-
5.Sentendo, ecc. Motivo per cui S. Paolo rin- rosità, qual è il perdono dell'offesa ricevuta.

grazia Dio. Tutti i cristiani, provenienti da Co- Aggiunge un'altra ragione, per cui ringrazia
7.
lossi e dai suoi dintorni, vantano la carità di Fi- Dio. Ho avuto. Alcuni codici greci hanno il plu-
lemone verso tutti i santi, e la sua fede viva in rale abbiamo avuto, che si riferisce a Paolo e
Gesù Cristo. S. Paolo usa qui la figura detta Timoteo, ma la lezione della Volgata ha in suo
chiasmo, per cui si inverte l'ordine delle parti di favore i migliori codici (A CFG,
ecc.). Allegrezza
un periodo, e invece dì dire, come neMa lettera (gr. Xdpav). Nel greco ordinario e in alcuni pochi
ai Coloss. I, 4, la fede che hai nel Signore Gesù codici si legge Xctptv = grazia, ma anche qui la
e la carità che hai verso tutti i santi, scrive la : lezione della Volgata vanta in suo favore i mi-
carità e la fede che hai nel Signore Gesù e verso gliori codici (A C D
E, ecc.). La vita caritatevole
tutti i santi, costruzione irregolare, che può spie- di Filemone, ha procurato all'Apostolo una gran-
garsi così sentendo la tua carità fondata sulla
: dissima gioia. Le viscere. Come presso di noi il
fede in Gesù Cristo, la tua carità, dico, verso i cuore, così presso gli Ebrei le vìscere venivano
santi. Parecchi interpreti (Bìsping, Drach, Cram- considerate come la sede degli affetti. I cuori dei
pon, ecc.) danno alla parola fede il senso di fe- fedeli di Colossi, già oppressi dalla tribolazione e
deltà, e l'uniscono a tutti e due ì membri seguenti dall'afflizione, sono stati ricreati (Cf. I Cor. XVI,
nel Signore Gesù e verso tutti i santi. La prima 18; II Cor. VII, 15) dalla liberalità di Filemone,
spiegazione è più comune, e ci sembra più pro- il quale non mancherà certamente di ricreare an-
babile. cora il cuore del suo schiavo Onesimo divenuto
L'Apostolo spiega che cosa domandi a Dio
6.
cristiano. Non sappiamo a quale fatto particolare
nelle sue preghiere per Filemone. Questo versetto e a quali circostanze alluda S. Paolo. FrateHo.
è però assai oscuro, e viene interpretato in di- Quanta tenerezza in questa parola, posta in fine
verse maniere. Stando al testo della Volgata si ha della frase!
questo senso : lo prego, affinchè il partecipare che 8. Dopo essersi acquistata la benevolenza di
tu fai alla fede (lett. la partecipazione o la comu- Filemone, 8. Paolo passa, nei vv. 8-21, a esporre
nicazione della tua fede), ossia la fede che tu hai l'argomento della sua lettera, adducendo varii mo-
comune cogli altri cristiani, diventi manifesta dal tivi per cui Filemone deve perdonare al suo schiavo
conoscersi, ossia per questo che si conoscono Onesimo, e trattarlo come fratello. Colla più grande
tutte le opere buone, che sono in voi, vale a dire umiltà e tenerezza d'affetto comincia a chiedere,
che sono compiute da te e dalla tua famiglia, per nei vv. 8-12, un tanto favore in nome dell'amicizia.
gloria di Gesù Cristo. Per la qual cosa, vale a dire, essendo adunque
testo greco però è suscettivo di altre spie-
Il così grande la tua carità, benché io abbia molta
gazioni. Infatti la parola xoxvojvm, tradotta con fidanza (Jiappi\aiay = libertà di dire) in Cristo, os-
partecipazione, significa piuttosto generosità, li- sia, benché, come Apostolo di Gesù Cristo, io
beralità, e indica le elemosine, le beneficenze che abbia ogni libertà e autorità di comandarti quel
Filemone, mosso dalla fede, faceva (Ved. n. Rom. che conviene che tu faccia, cioè che tu perdoni
XV, 26; II Cor. Vili, 4; IX, 13; Filipp. I, 5, ecc.). a Onesimo, io non voglio far uso di tale autorità,
Similmente in tutti i codici greci si legge èvepY^? ma piuttosto ti prego in nome della carità (6ià rnv
(diventi efficace) e non èvopyriq (sia manifesto) dvctTr^v) cristiana, di cui hai dato tante prove. San
come sembra aver letto la Volgata : manca inoltre Paolo aggiunge ora qualche particolarità intorno a
la operis = opera, e invece di in voi sì
parola se stesso e allo schiavo per cui intercede. Poiché
ha (secondo la miglior lezione) in noi, e in luogo sei tale (gr. toiov5to<; òóv). Queste parole nel testo
di in Christo si legge eì(; Xpiotov = in Christum. greco non. si riferiscono a Filemone, ma a San
Ciò posto, la miglior spiegazione del testo greco Paolo. L'Apostolo dice : ti prego, ecc., tale che
.

ci sembra la seguente Io prego Dio, affinchè la


: io sono, io Paolo, vecchio, e di più attualmente
generosità della tua fede diventi efficace nella prigioniero di Gesù Cristo. S. Paolo prega in nome
cognizione perfetta (gr. èv èjitYvcóoet), ossia faccia dell'amicìzia (io Paolo Apostolo, tuo amico, ecc.),

28 — Sacra Bibbia, voi. II.


434 Filemone, 10-14

autem et vinctus lesu Christi : ^"Obsecro ora poi anche prigioniero di Gesù Cristo:
te prò meo filìo, quem génui in vinculis, "ti prego pel mio figliuolo, che ho gene-
Onésimo, ^^Qui tibì aliquàndo inùtilis fuit, rato tra le catene, Onesimo, ^Ml quale una
nunc autem et mihi, et tibi ùtilis, ^^Quem volta fu disutile per te, ma ora è utile e per
remisi tibi. Tu autem illum, ut mea viscera, me te, ^^il quale io ho rimandato a
e per
sùscipe "Quem ego volùeram mecum de-
: te. E
tu accoglilo come mie viscere. "Io
tiìiére, ut prò te mihi ministràret in vincu- voleva ritenerlo con me, acciò in vece tua
lis Evangélii : "Sine Consilio autem tuo mi servisse tra le catene del Vangelo ^^ma ;

nihil vólui fàcere, uti ne velut ex necessi- non ho voluto far nulla senza il tuo parere,
tate bonum tuum esset, sed voluntàrium. affinchè il tuo beneficio non fosse quasi for-
zato, ma volontario.

della vecchiaia (doveva avere circa 60 e anni), per me e per te, perchè, come cristiano, egli vive
delle catene che porta per amore di Gesù
Cristo. eoa noi in comunione di fede, di carità.
Secondo la traduzione della Volgata S. Paolo dice : 12. Ho rimandato. Nel greco vi è l'aoristo epi-
ti prego, poiché anche tu sei vecchio come son stolare^ usato in luogo del presente. Onesimo in-
io, e ai vecchi si addicono preghiere e non co- accompagnava questa lettera, come si ricava
fatti
mandi. dalla lettera ai Colossesi (IV, 7, 9). Tu accoglilo

Fig. 49.

Carcere Tulliano
Roma.

10. Ti prego. L'Apostolo ripete la sua preghiera come mie viscere, vale a dire come il mio cuore
per renderla più pressante. Pel mio figliuolo. Dopo (v. 7). Loinvio a te come una parte di me stesso,
avere ben disposto l'animo di Filemone, S. Paolo e tu accoglilo come accoglieresti me. Nei codici
espone l'oggetto della sua preghiera, ma con quale greci X A C, ecc., mancano le parole ma tu acco-
artel Prima di pronunziare il nome dello schiavo glilo\ e silegge semplicemente Io te l'ho riman-
:

colpevole, lo presenta come suo figliuolo, e fi- dato, le mie proprie viscere. Il senso non
cioè
gliuolo- carissimo. Figliuolo, perchè da me bat- muta. Filemone non potrà mostrarsi duro con
tezzato (I Cor. IV, 14; Gal. IV, 19), generato tra Onesimo, che è una parte di S. Paolo, e che
le catene, perchè gli ho dato il battesimo, mentre l'Apostolo ama con tanta tenerezza di affetto.
mi trovo in carcere. È un frutto delle mie catene,
13-14. San Paolo espone ora un disegno che
e perciò mi è carissimo. Onesimo. Persuaso che
ornai Filemone non può più negargli il favore
aveva formato su Onesimo, ma che non ha messo
in esecuzione. Egli aveva pensato di ritenere One-
richiesto, l'Apostolo pronunzia il nome di colui in
vantaggio, del quale prega. Si osservi che S. Paolo,
simo presso di sé a Roma, come un uomo di
fiducia, di cui avrebbe potuto servirsi per il suo mi-
in tutta questa lettera non nomina che questa sola
nistero. L'Apostolo fa così capire quanto Onesimo
volta Onesimo col proprio nome, quasi volesse
sia mutato da quel che era prima, e assieme lascia
che si dimenticasse tutto il suo passato.
intendere a Filemone il desiderio di vedere lo
11. 7/ quale... fu disutile... ora utile. Nel greco schiavo, già infedele, godere oramai della libertà.
vi èi una elegantissima paranomasia. Onesimo in- In vece tua. Se tu fossi a Roma, stante l'affetto
fatti- significa utilee l'Apostolo dice : Onesimo che mi porti, ti faresti un dovere di venirmi in
purtroppo non è stato utile per te, anzi
ti è stato aiuto, e per ciò avevo pensato di ritenere One-
infedele prendendo la fuga e recandoti danno simo tuo schiavo, affinchè mi servisse in luogo di
(v. 18), ma adesso è utile per me e per te (greco te, ma ho desistito da tale disegno, perchè ho
per te e per me). Utile per me, sia a motivo dei voluto parlare prima con te, acciò non sembrasse
servizi che mi ha reso in carcere e potrebbe an- che fosse forzato e non libero e spontaneo il
cora rendermi, e sia, principalmente, perchè la sua benefizio che tu fai al tuo schiavo, donandogli la
conversione mi è un titolo di gloria. Utile per te, libertà. Non ho voluto importi quest'opera buona,
perchè come cristiano adesso è pronto a servirti afiine di non diminuire il tuo merito. Perciò ti
con ogni fedeltà. Si potrebbe anche spiegare.: imitile rinundo il tuo schiavo, affinchè, dandogli la li-
Filemone, 15-21 435

"Fórsitan enim ideo discéssit ad horam a ^^Poichè forse per questo sì è allontanato
te, ut aetérnum illum recìperes ^^lam non : da te per breve ora, affinchè tu lo ricuperassi
ut servum, sed prò servo charissìmum fra- per l'eternità ^^non più come schiavo, ma
:

trem, màxime mihi quanto autem magis : in cambio di schiavo fratello carissimo, mas-
tibi et in carne, et in Domino? "Si ergo simamente a me e quanto più a te, e se-
:

habes me sócium, suscipe illum sicut me : condo la carne, e secondo il Signore? ^^Se
^*Si autem àlìquid nócuit tibi, aut debet : adunque mi tieni per tuo intrinseco, acco-
hoc mihi imputa. glilo come me ^^Che se ti ha fatto qualche
:

torto ti è debitore scrivi ciò a conto mio.


:

^'Ego Paulus scripsi mea manu : ego red- "Io Paolo ho scritto di mio pugno io :

dam, ut non dicam tibi, quod et teipsum soddisferò, per non dirti che tu devi a me
mihi debes ^°Ita frater. Ego te fruar in
: anche te stesso ^"Sì, o fratello. Ricavi io
:

Dòmino Réflce vìscera mea in Domino.


: da te questo frutto nel Signore ricrea le :

^^Confidens in obediéntia tua scripsi tibi : mie viscere nel Signore. ^^Ti ho scritto con-
sciens quóniam et super id, quod dico, tando sulla tua ubbidienza sapendo che :

facies. farai anche più di quello che io dico.

berta di tua spontanea volontà, acquisti un mag- suo figliuolo (v. 10), sue viscere (v. 12), suo fra-
gior merito. tello (v. 16), un altro se stesso (v. 17). Non si

15.Affine di muovere più facilmente Filemone, poteva addurre motivi più efficaci a commuovere
il cuore di Filemone.
S. Paolo gli pone sott'occhio i disegni che Dio
forse ha avuti nel permettere la fuga dello schiavo. 18. S.Paolo promette di compensare i danni
Forse. Dice forse, osserva S. Gerolamo (h. 1.), recati da Onesimo a Filemone. Probabilmente One-
perchè i giudizi di Dio sono occulti, ed è teme- simo nel fuggire aveva portato via qualche cosa
rario affermare intorno ad essi qualche cosa come dei beni del suo padrone, e S. Paolo vuole che
certo, senza una speciale rivelazione. Si è allon- Filemone non possa fargli nessuna difficoltà anche
tanato. Onesimo veramente era fuggito, ma San per questo lato, e quindi soggiunge se Onesimo :

Paolo usa un eufemismo, per non irritare in alcun ti ha fatto qualche torto (il greco fiòixT^oév ce
modo Filemone. Per breve ora, in paragone del- lett. significa ti ha fatto qualche ingiuria), o ti è
l'eternità. Affinchè, ecc. Tale era l'intenzione della debitore di qualche cosa, scrivi ciò a mio conto,
Provvidenza che ne permise la fuga. Ricuperassi che io pagherò tutti i danni che ha potuto recarti.
per l'eternità. Dio permise la sua fuga affinchè,
convertitosi egli a Gesù Cristo, tu lo ricuperassi 19. A garanzia dell'impegno che sì prende, San
non solo quale schiavo fedele nella vita presente, Paolo dice a Filemone che mette la firma di suo
se crederai di ritenerlo presso di te, ma quale proprio pugno. Io Paolo ho scritto (aoristo episto-
fratello unito a te vincolo della carità, che
per il lare per il presente scrivo) di mio pugno, e quindi
dura jn eterno. La schiavitù termina colla morte, non dubitare, io soddisferò a tutto. Ma subito,
'a carità invece dura anche in cielo. come sorridendo, aggiunge bada però che se io :

Non più come schiavo. L'Apostolo non vuol già mi costituisco tuo debitore, anche tu a tua volta
dire che Onesimo, per il fatto della sua conver- sei mio debitore, e a me devi anche te stesso,
sione, abbia cessato di essere schiavo, ma solo ossia devi non solo ciò che è sufficiente a pagare
che, davanti a Dio e alla Chiesa, deve essere con- il debito di Onesimo, ma anche la tua persona,
siderato come fratello. Questa considerazione però poiché sono io che ti ho convertito e fatto cri-
doveva naturalmente condurre alla graduale abo- stiano, mettendoti sulla via della salute.
lizione della schiavitù. In cambio di schiavo. Nel
20. Sì, fratello. Queste parole possono rife-
greco si legge non più come schiavo, ma da
:

più di schiavo, come fratello, .ecc. Massimamente rirsia quel che precede. Sì, o fratello, tu devi
a me, che l'ho generato nelle mie catene (v. 10). veramente a me anche te stesso ; ma ci sembra
Per non urtare Filemone, presentandogli come fra- meglio riferirle a quel che segue : Sì, a fratello,
tello uno schiavo ribelle, S. Paolo si affretta di fa, prego che io ricavi da te questo frutto (nel
ti

aggiungere che egli. Paolo, per il .primo ha rico- verbo greco óvaiVnv ricavo un'utilità, vi è un'al-
nosciuto in Onesimo convertito, un fratello ca- lusione al nome di Onesimo che significa utile),
rissimo. Quanto più a te che sei suo padrone, egli ossia che tu mi sia veramente utile, accogliendo
deve essere fratello carissimo? Egli infatti è con- Onesimo come fratello. Ricrea le mie viscere cioè
giunto a te e secondo la carne, poiché fa parte consola il mio cuore, come hai consolato il cuore
della tua famiglia come tuo schiavo, e secondo il di tanti cristiani (v. 7), Nel Signore (greco in

Signore, poiché è cristiano. Cristo), cioè per amore di Gesù Cristo.

17. Conchiude sua domanda ponendo una


la 21. Affidato, ecc. Benché l'Apostolo non voglia
condizione che vi aggiunge nuova efficacia, ed comandare (v. 8), non dubita tuttavia che File-
è tale che non può essere ricusata da Filemone. mone accoglierà colla più grande premura i desi-
Intrinseco. Il greco xoivoovóv significa qui partecipe deri! manifestati. Sono persuaso, egli dice, che tu
della stessa fede e della stessa carità. Dice adun- accondiscenderai a quanto ti domando, tanto più
que l'Apostolo Se tu mi tieni come strettamente
: che potrei comandartelo e sarei sicuro che tu mi
unito a te per la fede e la carità o in altre parole : obbediresti, e questa sicurezza è così grande, che
ti prego per la nostra comune fede e carità, ac- tengo per certo che tu farai anche più di quel che
coglilo come me stesso. Si osservi la bella grada- io dico, e non solo accoglierai Onesimo, ma gli
zione nei titoli dati a Onesimo. S. Paolo lo chiama darai la libertà.
436 Filemone, 22-25 — Ebrei - Introduzione

*^SimuI autem et para mihì hospitium : ^^Nello stesso tempo preparami ancora
nam spero per oratiónes vestras denari me ospizio poiché io spero che mediante le
:

vobis. vostre orazioni sarò donato a voi. ^'Ti sa-


'^^Salùtat te Epàphras concaptivus meus in luta Epafra mio compagno nella prigionia
Christo lesu, ^''Marcus, Aristàrchus, Demas, per Cristo Gesù, ^^Marco, Aristarco, De-
et Lucas, adiutóres mei. ^^Gràtia Domini no- made e Luca, miei collaboratori. *^La gra-
stri lesu Christi cum spiritu vestro. Amen. zia del Signor nostro Gesù Cristo col vostro
spirito. Così sia.

22. Nell'epilogo di questa lettera (22-25), San Le vostre orazioni. Questo plurale si riferisce a
Paolo annunzia una sua prossima visita a Colossi, Filemone e alle persone ricordate in principio della
e poi aggiunge i saluti e la benedizione apostolica. lettera.Quanta umiltà e quanta fiducia nella pre-
Preparami, ecc. Mentre l'Apostolo dà a File- ghiera non mostra qui S. Paolo! Donato a voi.
mone una testimonianza di grande affetto, lo sol- La sua liberazione e la sua visita a Colossi, sa-
lecita assieme ad eseguire quanto gli ha richiesto. ranno per i ledeli una grazia insigne di Dio.
Come infatti Filemone avrebbe potuto accogliere 23-24. Aggiunge i saluti dei suoi compagni.
come si conveniva S. Paolo, se non avesse prima Questi sono gli stessi che nella lettera ai Colos-
accolto fraternamente Onesimo? Spero ecc. San
sesi (IV, 10-14), ad eccezione che qui è omesso
Paolo aspetta quindi di essere prossimamente libe- Gesù Giusto (Ved. n. ivi).
rato dalla prigionia, e di poter riavere la sua
libertà. La sua speranza non fu delusa, ed egli 25. La benedizione apostolica. La grazia, ecc.
potè tornare in Oriente a rivedere i suoi amici. Ved. n. Gal. VI, 18, dove si ha la stessa formola.
Da ciò si prova che questa lettera fu scritta verso Vostro, ecc. La benedizione è per Filemone e per
il fine della prima cattività romana (Cf. Introd.). tutte le persone ricordate al versetto 2.

XIV.

LETTERA AGLI EBREI


INTRODUZIONE
L'autore della Lettera agli Ebrei. — Apollo. Il tempo ha portato ben poca luce
Fin dall'antichità vi fu questione intorno su tale questione, e benché da una parte
all'autore di questa Lettera, e mentre alcune tutti i cattolici siano unanimi nel ricono-
Chiese la ritennero subito come opera ge- scere la divina autorità dì questa Lettera,
nuina di S. Paolo, altre invece non ne ri- sono però ben lungi dall 'accordarsi nel de-
conobbero l'autorità se non più tardi. I dub- terminarne l'autore. Mentre infatti alcuni
bii e le esitazioni nacquero dal fatto che (p. es. Heigl, ecc.) ritengono che S. Paolo
mentre S. Paolo suole nelle sue lettere ne sia l'autore tanto per riguardo al con-
porre il suo nome, in questa invece il nome tenuto quanto per riguardo alla forma, altri
dell'autore è passato sotto silenzio, e per di invece (p. es. Batiffol, Gondal, Jacquier,
più alcune espressioni (ii, 3 xiii, 7) sem- ; ecc.) pensano che essa debba attribuirsi a
brano far supporre che l'autore appartenga qualche cristiano di cultura alessandrina,
alla seconda generazione cristiana e sia po- ma ben penetrato degli insegnamenti di San
steriore agli Apostoli. A ciò si aggiunga che Paolo, ed altri in maggior numero (Estio,
già gli antichi avevano notata una differenza Cornely, Fouard, Fillion, Prat, Belser, Bi-
assai notevole tra la lingua e lo stile di sping, Kaulen, Van Steenkiste, ecc.), sono
questa Lettera, e la lingua e lo stile delle d'avviso che essa sia dovuta a S. Paolo per
Lettere, che tutti riconoscono come opera il contenuto e a qualche suo discepolo per la

del grande Apostolo, e perciò alcuni (p. es. forma.


Origene), pur ritenendo che S. Paolo ne Non è necessario di aggiungere che quasi
fosse l'autore quanto ai concetti, ammisero tutti i protestanti e i razionalisti negano
però che quanto alla forma essa fosse do- assolutamente che la Lettera agli Ebrei
vuta a qualche discepolo, p. es. a S. Bar- possa appartenere in qualsiasi modo a San
naba, a S. Luca, o a S. Clemente R. o ad Paolo. —
Siccome la questione è essenzial-
Ebrei - Introduzione 437

mente storica, è necessario prima di tutto da S. Gregorio Nisseno {Adv. 'Eunom., i),
consultare l'antichità se si vuol giungere e ad essi fa eco la Chiesa di Siria colla
alla soluzione. versione Peschito, e con Sant'Efrem {Serm.
Tradizione delle Chiese di Oriente. — 1,11 ed. Lamy), S. Giacomo dì Nisibì {Serm.
de dilect., 6, 13), ecc.
Tutte le Chiese di Oriente si accordano nel
riconoscere S. Paolo come autore della Let- Tradizione delle Chiese di Occidente. —
tera agli Ebrei. Nell'Occidente non sì incontra più come
Nella Chiesa di Alessandria, Clemente A. nell'Oriente la stessa unanimità nell 'attri-
afferma (Euseb., Hist.. Eccle., vi, 14; buire questa Lettera a S. Paolo. E difatti
Strom., VI, 8) : «che essa è opera di San il Frammento Muratoriano, non solo non la

Paolo, e fu scritta in ebraico e poi venne ricorda, ma sembra escluderla, dicendo che
tradottta in greco da S. Luca ». Egli poi si S. Paolo scrisse a sette Chiese (Rom., Gai.,
appella ancora all'autorità di S. Panteno, il Cor., Ef., Fìl., Col., Tes.,), e non men-
quale avrebbe detto la stessa cosa ^Cf. Eu- zionando che tredici sue lettere. Anche il
seb., Hist. Eccle., VI, 14). Anche Origene, prete romano Caio sul principio del terzo
dopo aver detto che egli pensa che questa secolo parla solo di tredici lettere dì San
Lettera sia dì S. Paolo quanto al contenuto, Paolo, tra le quali non novera quella agli
ma non quanto alla forma, soggiunge {Cf. Ebrei (Euseb., Hist. Eccle., vi, 20). Lo
Euseb., Hist. Eccle., vi, 25): ((perciò se stesso fa Sant'Ippolito (Cf. Fozio, Bibl.
qualche Chiesa ritiene questa Lettera come Cod. 121, 232), ed è pure certo che né
di S. Paolo, merita di essere lodata, poiché l'Ambrosìastro, né Pelagio la commenta-
non senza motivo i maggiori ci hanno tra- rono.
mandato che essa è di S. Paolo n, ecc. La Sant'Irineo, benché citi spessissime volte
stessa affermazione si trova pure presso San tutte le Lettere di S. Paolo, eccettuata quella
Dionigi M. {epist. ad Fab., 2), S. Pietro A. a Filemone, non ha nelle opere superstiti
{epist. can., 9), Sant'Alessandro [De arian. alcuna citazione certa della Lettera agli
haer., ep. 1, 2), Sant'Atanasio {Serm. e. Ebrei, benché per testimonianza di Eusebio
Arian., ii, 1, 6, 7) e tutti gli altri Padri e {Hist. Eccle., v, 26) egli la citasse in una
scrittori alessandrini. opera oggidì perduta.
Nelle Chiese di Palestina si trova la Nelle Chiese di Africa, Sant'Ottato dì Mi-
stessa tradizione. Così p. es., S. Cirillo G., levi, e S. Cipriano, non la citano mai, anzi
non solo cita spesso questa Lettera attri- quest'ultimo sembra escludere che essa sìa
buendola a S. Paolo, ma afferma esplicita- di S. Paolo, poiché dice {De Exhort. Mart.,
mente che l'Apostolo scrìsse quattordici let- 11), che l'Apostolo scrisse solamente a sette
tere, tra le quali è annoverata quella agli Chiese. Tertulliano {De pudic, 20) l'attri-
Ebrei (Cf. Cat. x, 18; xv, 28, ecc.). San- buisce espressamente a S. Barnaba, e così
t'Epifanio parla di manoscritti che pone- pure fa il codice Claromontano.
vano questa Lettera talvolta al decimo e Nel IV secolo però anche nell'Occidente
tal 'altra al quattordicesimo posto, ma non venne riconosciuta come opera genuina dì
ricorda alcun codice che l'omettesse {Haer. S. Paolo, e benché si incontri ancora qual-
XLii, 12). Eusebio di Cesarea, grande inda- che esitazione presso S. Gerolamo {De vir.
gatore dell'antichità, afferma pure che quat- ili., Lix ;Ad Dard. epist, cxxix, ecc.),
tordici sono le lettere dì S. Paolo, tra le Sant'Agostino {De Civ. Dei, xvi, 22) e il
quali quella agli Ebrei. Egli però non Conc. Cartag., iv (Mansi, ni, 891), tuttavìa
omette di accennare ai dubbi di alcuni, i essa viene citata sotto il nome di S. Paolo
quali la ripudiavano, perchè dicevano che da SantTlario {De Trin., iv, 11), da San-
la Chiesa romana non la riteneva come t'Ambrogio {De Joseph., 49, ecc.), da Ru-
opera certa e genuina di S. Paolo (Cf. Hist. fino {Simbol. apost., 37), dal Concilio Car-
Eccle., Ili, 25). tag., V (Mansi, iv, 430), da Sant'Innocenzo I
Nella Chiesa di Antiochia, S. Giovanni (Ad Exsup.). Dalla fine del iv secolo sino
Crisostomo non solo commentò a lungo la al sorgere del protestantesimo, tutte le
lettera agli Ebrei, ma l'attribuì espressa- Chiese e tutti gli scrittori ecclesiastici sìa
mente a San Paolo, e altrettanto fecero dell'Oriente come dell'Occidente furono
Teodoreto (in Hebr. Argum.), Teodoro di unanimi nel riconoscere S. Paolo come au-
Mopsuestia (in Hebr. Argum.), e i Padri tore. Solo nel secolo xvi furono rinnovati da
del Concìlio d'Antiochia tenuto contro Paolo alcuni gli antichi dubbii, e i protestanti si
Samosateno (Cf. Mansi, Coli. Conc, t. i, rifiutarono dì riconoscerne la divina auto-
p. 1038). rità.
Nella Chiesa di Cappadocia troviamo la Ciò posto è fuor dì dubbio che chiunque
stessa verità affermata da S. Gregorio Na- consideri spassionatamente le testimonianze
zìanzeno {Carm. de ver Script., 35), da addotte non potrà a meno di convincersi che
Sant'Anfìlochio {Ad Selene, 308 e ss.), da S. Paolo é veramente l'autore della Lettera
S. Basilio (Adv. Eunom., i, 14, 18, 20, ecc.). agli Ebrei. Vediamo infatti che in questa
438 Ebrei - Introduzione

conclusione accorda tutto l'Oriente, ed


si Cristo {Ebr. x, 38 xi, 6 ; ; xii, 2 ; Rom. U
anche l'Occidente vi aderisce man
tutto 17; III, 28, ecc.), ecc.
mano che la Lettera viene conosciuta nelle Troviamo inoltre tanto in questa come
varie Chiese. A ragione pertanto il Concilio nelle altre lettere di S. Paolo le stesse
di Trento, pur non volendo troncare la que- norme pratiche di vita. I lettori devono
stione, ha potuto dire nel suo Canone delle studiarsi di vivere in pace con tutti {Ebr.
Scritture «quattordici Lettere dell'Apostolo XII, 14; Rom. xii, 8), di praticare l'ospi-
Paolo ». talità {Ebr. XIII, 2; Rom. xii, 13), la pa-
Nonsì devono però confondere assieme zienza {Ebr. VI, 12 X, 36 Rom. v, 3, 4), ; ;

la questione dell'autore di questa Lettera e la carità, la preghiera {Ebr. iv, 16; Efes.
la questione riguardante la sua canonicità, VI, 18), ecc.
poiché un libro può essere benissimo divi- Si aggiunga ancora una grande rassomi-
namente ispirato, e non essere stato scritto glianza dì stile su parecchi punti. Come
da un Apostolo, come ne sono esempio i nelle altre lettere così anche qui si hanno
Vangeli di S. Marco e di S. Luca, Per con- spesso digressioni o parentesi {Ebr. vii,
seguenza benché nell'antichità, come si è 1, numerosi testi di Scrittura citati
ecc.),
detto, vi sia stato qualche dubbio intorno nello stesso senso e spiegati nella stessa
all'autore di questa Lettera, niun dubbio maniera {Ebr. i. 3, 13, ecc. Rom. vili, ;

serio è però esistito intorno alla sua cano- 34, ecc. Ebr. ii, 6-8 I Cor. xv, 27, ecc.
; ;
;

nicità, come si vedrà in seguito. Ebr. X, 38; Rom. i, 17; Gal. iii, 11 Ebr. ;

Agli argomenti esterni si possono aggiun- X, 30; Rom. xii, 19; Ebr. xil, 14; Rom.
gere parecchi argomenti interni. E prima IX, 7, ecc.), gli stessi esempi della fede dì
dì tutto é da osservare, come benché l'au- Abramo {Ebr. xi, 19; Rom. iv, 17) e dei-
tore non abbia posto il suo nome in prin- incredulità degli Ebrei nel deserto {Ebr. in,
cipio della Lettera, tuttavia l'augurio finale 8-9; I Cor. 5, 9-10). La parola di Dio è
(Ebr. XIII, 25) è perfettamente uguale a una spada a due tagli {Ebr. iv, 12; Efes.
quello usato da S. Paolo (II Tess. ili, 17-18). VI, 17), la Chiesa é la casa o il tempio di
Inoltre l'autore parla di Timoteo (Ebr. xiii, Dìo {Ebr. Ili, 2-6 I Cor. in, 9, 6, ecc.)
;
;

23) come un suo compagno intimo di


di la vita cristiana é paragonata a una mi-
ministero. Ora nessuno ignora quanto strette lìzia, ai giuochi della corsa, della lotta, ecc.
siano state le relazioni tra S. Paolo e Ti- {Ebr. X, 32 xil, 1 I Cor. ix, 24, 27
; Gai.
; ;

moteo, e quindi la menzione dì questo di- y, 7, ecc.). fedeli sono divisi in due classi,
I

scepolo mostra chiaramente che S. Paolo è i principianti, a cui conviene il latte, e gli
l'autore della Lettera. adulti, a cui sì deve dare un nutrimento
Né si deve omettere che vi ha su mol- più sostanzioso {Ebr. v, 13-14; I Cor. ni,
tisimi punti una perfetta identità di dottrina 1-2 xiv, 20, ecc.). Sì osserva ancora una
;

tra lettera agli Ebrei e le altre lettere


la quantità dì formole e di espressioni fami-
di Paolo. Così p. es. Gesù Cristo vien
S. gliari a S. Paolo {Ebr. n, 10; Rom. xi,
presentato come lo splendore della gloria e 13, ecc.; Ebr. ix, 15; II Cor. in, 6, 14;
l'immagine e l'erede del Padre {Ebr. i, 3; Ebr. Ili, 6 Rom. v, 2 Ebr. x, 33 I Cor.
; ; ;

Coloss. I, 15 Filipp. li, 7 Rom. vili, 34)


; ; ;
IV, 9). Ora tutto questo conferma i dati
per cui Dio ha creato e sostiene tutte le della tradizione, e mostra evidentemente
cose. Egli é seduto alla destra di Dio {Ebr. che S. Paolo è il vero autore della Lettera
i, 3; Coloss. I, 17), é più grande di tutti agli Ebrei.
gli angeli {Ebr. i, 5; Efes, i, 21), ed ha deve però confessare che per riguardo

ricevuto un nome superiore ad ogni altro alla forma questa Lettera, come già fecero
nome {Ebr. i, 4 Filipp. ii, 9), si è umiliato
; osservare Clemente A. (Euseb., Hist. Ec-
per redimerci {Ebr. ii, 14 Filipp. ii, 8), ; ole., VI, Ì4), Origene (Euseb., Hist. Eccle.,
per noi ha versato il suo sangue {Ebr. ix, VI, 25), S. Girolamo {De vir. ili., 5), ecc.,
14, 18 Rom. v, 9), ci considera come fra-
: differisce assai dalle altre lettere di San
telli {Ebr. Il, 11; Rom. vili, 17) ed é la Paolo. In se stessa più che una lettera do-
fonte da cui riceviamo tutte le grazie {Ebr. vrebbe essere detta un trattato didattico di
IV, 16; Rom. i, 5, ecc.), ecc. forma sempre elegante e sostenuta, com-
L'antica legge, data per mezzo degli an- posta secondo le norme della rettorica
geli {Ebr. II, 2; Gal. ili, 19), era una legge greca. La lingua è corretta, il periodare ar-
di timore e dì schiavitù {Ebr. xii, 18-21 ;
monioso ed artistico, le transizioni facili e
Rom. vili, 15; Ebr. ii, 15; Gal. v, 1), la naturali. Qui non abbiamo quelle frasi so-
quale non conteneva che figure ed ombre vraccariche di incìdenti, di elìssi, di anaco-
delle cose future {Ebr. vili, 5 ix, 8, ecc. ; ;
luti, ecc., quegli ebraismi, quei passaggi
Coloss. II, 17), e perciò non poteva giusti- bruschi, quelle frasi lasciate in sospeso,
ficare gli uomini (Ebr. ix, 1 x, 1, 4 Rom. ; ; ecc., che spesso si incontrano nelle altre
Ili, 21 vili, 2-4, ecc.). La giustificazione
; lettere di S. Paolo, ma ci troviamo davanti
non si ottiene che per la fede in Gesù a una prosa artistica e nel suo genere per-
Ebrei - Introduzione 439

fetta. Anche il modo di citare la Scrittura è come già fu osservato, la differenza dì stile
diverso, poicliè mentre nelle altre lettere si può spiegare ammettendo cogli antichi
vengono spesso indicati gli autori secondarli che S. Paolo siasi servito per la forma di
Mosè, Davide, Isaia, ecc. (Cf. Rom. iv, 6; qualche suo discepolo versatissimo nella
X, 5, 19, 20, ecc.) e si ricorre pure al testo lingua greca.
ebraico, qui invece tutte le citazioni sono deve pure assolutamente negare che vi
Si
anonime, e vengono fatte letteralmente sui sia un'opposizione tra gli insegnamenti di
settanta, anche in quei punti ove si sco- questa lettera e quelli delle altre. Certa-
stano dal testo ebraico. mente S. Paolo non tratta in tutte le sue
Queste differenze e, parecchie altre che ma tocca
lettere gli stessi punti di dottrina,
si potrebbero ancora aggiungere (Cf. Bras- ora questo ed ora quello a seconda delle
sac, t. IV, p. 495 e ss.), non che l'autorità circostanze e propone la verità cattolica
di Origene, di Clemente A. di S. Giro-
;
sotto questo o quell'aspetto secondo che
lamo, ecc., rendono al tutto probabile la richiedono le condizioni dei fedeli ai quali
sentenza della grande maggioranza degli in- scrive, da ciò però non si può conchìudere
terpreti cattolici, i quali ritengono che, se a una opposizione di dottrina o a una di-
da una parte S. Paolo va considerato come versità di autore, se pure non si ammette
l'autore di questa lettera, dall'altra si deve che uno stesso autore non possa scrivere
dire che per riguardo alla forma egli siasi più lettere senza essere costretto a ripe-
servito della collaborazione di qualche suo tersi (Cf. Cornely, Introd. N. T., p. 536).
discepolo. Che poi gli insegnamenti di questa lettera
Non è possibile determinare chi sia stato si accordino perfettamente con quanto l'A-

questo discepolo, e benché riteniamo più postolo ha insegnato altrove si vedrà nelle
probabile che esso sia Clemente R. (Teo- note, dalle quali risulterà pure che l'au-
doreto, Eutalio, Bisping, Kaulen, Cornely, tore di questo scrìtto conosceva benissimo
Fillion, ecc.), altri però hanno pensato a quanto si riferisce alla liturgia e al culto
S. Luca (Clemente A.), altri a S. Barnaba giudaico, e non è mai andato contro la
(Tertulliano, Fouard), altri ad Apollo (Bel- verità storica o si è mostrato ignorante.
ser), altri ad Aristione (Chapman), altri a
Silvano, o ad Aquila, ecc. Canonicità della Lettera agli Ebrei.
Le difficoltà che si muovono in contrario — Come
già fu osservato la questione re-
dai razionalisti non hanno alcun valore. È lativa canonicità di questa Lettera è
alla
bensì vero che in questa lettera manca il indipendente dalla questione dell'autore, e
nome dell'autore, ma, come avevano già benché su quest'ultima vi siano diverse
osservato S. Panteno e Clemente A. (Cf. sentenze, nessuna divergenza e nessun dub-
Euseb., Hist. Eccle., vi, 14), ciò è dovuto bio può esistere sulla prima.
al fatto che il noTr<e di S. Paolo era inviso Infatti dalle autorità citate nel paragrafo
ai Giudei, e anche fra i Giudeo-cristiani precedente apparisce chiaro che in tutto
parecchi nutrivano sentimenti un po' ostili l'Oriente fin da principio fa riconosciuta
al grande Apostolo. Perciò S. Paolo invece l'origine divina di questa lettera. Ad essa
di scrivere una lettera propriamente detta, alludono pure S. Barnaba (vi, 1 Ebr. xii,
;

preferì far scrivere un trattato consolatorio 24), S. Policarpo (xii, 2 Ebr. vi, 20), e a
;

{Xóyosrf}snaQaKÀr)0£cos,Ebr. xiii, 22) ano- lungo S. Giustino {Apol. 12; Ebr. in, 1;
nimo, a cui si contentò di aggiungere poche IV, 14; Dialog. 113; Ebr. v, 9, 10, ecc.),
linee in fine sufficienti a farlo conoscere ai e il Concilio di Antiochia, 264 (Mansi,
cristiani, che erano con lui in buona ar- Coli. Conc, I, 1038) si serve di essa con-
monia. tro Paolo Samosateno riconoscendone così
È
poi assolutamente falso che le espres- la divina autorità. Altrettanto fecero ì Pa-
sioni dei cap. ii, 3 e xiii, 7, facciano sup- dri del Concilio di Nicea, 325, la versione
porre un autore posteriore agli Apostoli. siriaca, e tutte le Chiese e gli scrittori di
S. Paolo nel primo caso usando la prima Oriente.
( persona, e associandosi ai fedeli, non fa Anche nell'Occidente la lettera agli Ebrei
'
altro che adoperare una figura oratoria per fu subito conosciuta ed è indubitato che
dar più forza al discorso, come d'altronde S. Clemente R. nella sua lettera ai Corinti
egli fa in parecchie altre circostanze (Cf. la cita o vi allude almeno una ventina di
Rom. xiii, 11 e ss.). Nel secondo caso i volte (Punk), e similmente era pure citata
prelati, di cui si parla, sono i vescovi, ì da Sant'Irineo, a quanto riferisce Eusebio
sacerdoti, ecc., delle varie Chiese di Pale- (Hist. Eccle., v. 2^). Se però in seguito
stina, parecchi dei quali avevano col sangue nelle Chiese d'Occidente nacquero dubbi
confermata la loro fede. su questo punto, la causa va ricercata,
I razionalisti insistono sulla grande dif- come già diceva S. Filastrio {Adv. haer.,
ferenza di stile e di dottrina che vi ha tra e. 87), nel fatto che i Novaziani (sec. iil)
questa e le altre lettere dell'Apostolo, ma i iVlontanisti (sec. in) e più tardi gli Ariani
440 Ebrei - Introduzione

(sec. tv) abusavano dì alcuni suoi testi per omettere che l'eleganza dello stile, la sono-
soster>ere e propagare i loro errori. Di qui rità del periodo, il concatenamento delle
ne avvenne che alcune Chiese per una ra- idee sono tali, quali non é possibile trovare
gione di prudenza la esclusero dalla pub- in una traduzione. Con ragione pertanto i
blica lettura, e più tardi essa venne omessa moderni hanno abbandonato l'opinione di
in alcuni canoni. Cessata però la causa, Clemente A. e ritenuta quella di Origene.
ben presto la Lettera agii Ebrei riprese il
suo posto d'onore, e se S. Girolamo rife- Vocabolario. —
Il vocabolario di questa

risce ancora i dubbi dei Latini {In Matth.,


lettera più varii e interessanti. In
è fra i

XXVI, Ep. 129, ecc.), da parte sua {Ep. essa si hanno non meno di \QÒ àna^Xeyò-
fieva, ossia parole che non sono usate al-
129 Ad Darà.) dichiara di accettarne l'au-
seguendo in ciò gli antichi scrittori,
torità,
trove nel Nuovo Testamento, delle quali
e così pure Sant'Agostino, benché alcune
12 si trovano qui per la prima volta, e 18
volte si mostri esitante, tuttavia afferm?'. mancano nei settanta, benché si incontrino
merit remiss., i, 27) che nella letteratura contemporanea. È pure da
{De peccai, et
la riconosce come divina, mosso daii auto- notare che nella lettera agli Ebrei più che
in qualsiasi altro libro del Nuovo Testa-
rità Chiese orientali. A cominciare
delle
dai Concini di Ippona (an. 393), can. 36, e
mento si incontrano parole composte, verbi
di Cartagine (an. 397), can. 47, niun dub-
dalla terminazione in i^eiv (14), nomi ter-

bio è più esistito e tutte le Chiese e tutti minanti in ms (15), ecc. ecc., cose tutte
gli scrittori ecclesiastici riconobbero la che mostr^no-'uno scrittore peritissimo nella
divina autorità della Lettera agli Ebrei, per lingua greca (Cf. Jacquier, Histoire, ecc.,
modo che i Concilii di Trento e Vaticano, t. I, p. 461 e ss.).

numerandola fra i libri ispirati, non fecero


IDESTINATARII DELLA LETTERA AGLI
altroche confermare colla loro autorità una
dottrina,che già era ammessa in tutta la
Ebrei. —
Questa lettera è certamente in-
dirizzata agli Ebrei, come ne fanno fede e
Chiesa.
il titolo che
trova in tutti i codici, e in
si
tutte le versioni, e l'autorità dei Padri già
Lingua in cui fu scritta la Lettera citati, S. Panteno, Clemente A., Origene,
AGLI Ebrei. —
Tutti i critici e gli autori Tertulliano, Eusebio, S. Girolamo, ecc.
moderni (pochi eccettuati) si accordano nel D'altronde, anche prescindendo dalla tra-
ritenere che la Lettera agli Ebrei sia stata dizione, lo stesso argomento trattato non
scritta in greco. È bensì vero che Cle- che il modo di trattarlo mostrano chiara-
mente A. (Euseb., Hist. Eccle., vi, 14), mente che i primi lettori dovevano essere
Eusebio {Hist. Eccle., in, 38), S. Giro- Ebrei. Essi soli infatti erano in grado di
lamo {De vir. ili., v), ecc., pensano che conoscere la liturgia del Vecchio Testa-
San Paolo l'abbia scritta in ebraico, e che mento, le varie specie di sacrifizi, le diverse
poi sia stata tradotta in greco, ma già Ori- prescrizioni relative al Tabernacolo, ecc.
gene (Euseb., Hist. Eccle., vi, 25) pensava Per essi tornava utile mostrare la superio-
il contrario, e riteneva che il testo greco rità del Cristianesimo sul Giudaismo, ed
non era una traduzione, ma il vero origi- essi soli potevano correre perìcolo di ab-
nale dovuto per i concetti a S. Paolo, e per bandonare Gesù Cristo per tornare ai riti
la forma esterna a qualche suo discepolo. Giudaici, ed avevano bisogno di essere
La sentenza di Origene è la più verisimile. confermati nella fede per mezzo di nume-
E difatti nell'antichità non si trova alcuna rose autorità dell'Antico Testamento. D'al-
traccia di un testo ebraico, e tutte le ver- tra parte il fatto stesso che i profeti dell'An-
sioni che conosciamo sono fatte sul greco, tico Testamento (i, 1) vengono presentati
inoltre il Vecchio Testamento è sempre ci- come padri dei destinatarii della lettera,
tato secondo i settanta, e parecchie volte mostra ad evidenza, che questi non pos-
la forza dell'argomentazione riposa talmente sono essere altri che gli Ebrei.
sul testo greco, che perderebbe molto della, Siccome però gli Ebrei, al tempo in cui
sua efficacia se si volesse sostituire il testo fu scritta la Lettera, erano sparsi in tutto
ebraico (Cf. i, 7; ii, 6-8; x, 5, ecc.). l'impero romano, si può dire che non vi
D'altra parte non si comprenderebbe come è alcuna loro colonia importante, a cui
un traduttore abbia potuto sostituire una qualcuno non abbia pensato che sia stata
versione al testo ebraico, specialmente là indirizzata la presente lettera. Tuttavia la
dove l'ebraico ha una lezione differente maggior parte degli interpreti cattolici (fra
(Ebr. I, 6, 7; ii, 6-8; x, 5 e ss., ecc.). Si gli antichi Clemente A., Euseb., S. Ge-
:

aggiunga ancora che in questa Lettera si rol., S. Giov. Cris., ecc. fra i recenti
; :

hanno parecchie paronomasie o giuochi di Bisping, Panek, Schàfer, Cornely, Belser,


parole, che non possono essere accidentali, Polzl, Fillion, Brassac, ecc.) ritiene più
e, che anche a tradurre sono difficilissimi probabile che essa sia stata diretta ai Giu-
(Cf, I, 1; II, 8, 10, 18 ecc.). Né si deve deo-cristiani di Palestina, e specialmente
Ebrei - Introduzione 441

a quelli dì Gerusalemme, i quali venivano grande avvenimento, anzi si suppone conti-


appunto chiamati "Ef^Quioi per opposizione nuamente che il tempio coi suoi sacerdoti
agli 'EÀ^viotai, ossia ai Giudeo-cristiani, e ì suoi sacrifizi sussista ancora in tutto il
che parlavano la lìngua greca. suo splendore (Cf. viii, 4 ix, 6-8, 13 x,; ;

È
fuor dì dubbio infatti che S. Paolo si 1, 3, 11, ecc.), e che i fedeli corrano peri-
volge a Chiese perfettamente organizzate colo di tornare all'antico culto. Ora una
(X, 24-25 xiii, 1, 24) e composte uni-
;
tal condizione di cose cessò al tutto nel 70
camente di fedeli convertiti dal Giudaismo, quando il tem.pio fu distrutto.
poiché in questa lettera non troviamo al- Se si osserva inoltre che S. Paolo mani-
cuna esortazione alla concordia coi fedeli festa la speranza (xiii, 23) di poter visitare
convertiti dal paganesimo, nessun avviso i lettori in compagnia di Timoteo da lui
atto a premunire i fedeli contro i pericoli mandato in missione, e che lo stesso Apo-
dell'idolatria o del paganesimo, ma al con- stolo scrivendo ai Filippesi (ii, 19) dice che
trario l'autore si mostra unicamente preoc- manderà da loro Timoteo, non si tarderà a
cupato che i suoi lettori corrano pericolo conchiudere che la Lettera agli Ebrei do-
di abbandonare l'umile culto cristiano per vette essere scritta qualche tempo dopo
ritornare agli splendori del culto giudaico. quella ai Filippesi (anno 62-63), e quindi
Ora Chiese composte unicamente di Giudei verso il fine della cattività romana di San
non potevano trovarsi che in Palestina e Paolo, oppure subito dopo che l'Apostolo
a Gerusalemme (Cf. Euseb., Hist. Eccle.. ebbe la libertà, ossia verso il 63-64.
IV, 5). Inoltre solo i fedeli di Palestina o Il luogo da cui fu scritta è probabilmente

di Gerusalemme erano in grado di com- Roma almeno qualche città d'Italia, come
prendere la descrizione del tabernacolo, e indicano i saluti dei cristiani d'Italia che
di tutte le cerimonie levìtìche, non che l'Apostolo invia agli Ebrei (xiii, 24).
tutta la forza dell'espressione (xiii, 12).
« Gesii Cristo patì fuori della porta » che Occasione e fine per cui fu scritta
l'Apostolo usa senza alcuna spiegazione. LA Lettera agli Ebrei. —
S. Paolo chiama
Anche lo stato interno delle comunità questa Lettera ^^óyov tìjs 7iaQaKA,rjoecos (xiii,
cristiane, quale è supposto dalla Lettera 22) = parola di consolazione o di esorta-
agli Ebrei, corrisponde allo stato delle zione, e difatti essa è interamente diretta
Chiese di Palestina. I lettori infatti già ad esortare i fedeli a restar fermi nella fede
da molto tempo si sono convertiti (v, 12).
abbracciata, a non voler tornare all'antico
Il Vangelo fu loro predicato dagli Apostoli culto giudaico, e a non perdersi di coraggio
(II, 3). Essi in passato hanno già sostenuto
in mezzo alle persecuzioni, a cui sono
persecuzioni (x, 32), ma non versarono il esposti.
loro sangue (xii, 4), come invece lo versa- Ora é precisamente verso l'anno 63-64
rono alcuni fra i loro capi (xiii, 7), ecc. che la fede correva gravi pericoli in Pa-
Tutto ciò si è verificato nella Chiesa di lestina. Nell'anno 62 S. Giacomo aveva
Gerusalemme fondata nella Pentecoste e subito martirio (Cf. S. Gerol., De vir.
il

subito provata dalla persecuzione, nella ili., Il) vittima di una persecuzione vio-
quale caddero vittime l'Apostolo S. Gia- lenta (Cf. Euseb., Hist. Eccle., li, 23;
como, S. Stefano, ecc. Gius., FI., Ani. Giud., xx, 9), e subito
Né deve fare difficoltà il fatto che TApo- dopo era sorto un certo Tebuthe, il quale
si mise, secondo l'espressione di Egisippo
stolo abbia scritto in greco, poiché, quan-
tunque lingua parlata nella Palestina
la riferita da Eusebio {Hist. Eccle., iv, 22),

fosse l'aramaico, il greco però era abba- a corrompere la Chiesa di Gerusalemme.


stanza conosciuto, e ì pastori potevano nelle Egli divenne probabilmente il capo della
pubbliche adunanze farne la traduzione in setta degli Ebioniti, i quali, pur ammettendo
lingua volgare, allo stesso modo che gli che^ Gesù fosse il Messia, pretendevano
Scribi nelle sinagoghe traducevano in ara- però che sì dovesse ancora osservare
maioo la Bibbia ebraica (Cf. Belser, Einl., la legge di Mosé. I fedeli di Gerusa-
p. 605). lemme correvano quindi pericolo di perdere
la fede, e S. Paolo avutane contezza, si
Tempo e luogo in cui fu scritta la sforzò di venire in loro aiuto per mezzo di
Lettera agli Ebrei. — Tutti i critici cat- questa Lettera, nella quale, tacendo per ra-
tolici si accordano nello stabilire la data gioni di prudenza il suo nome, mette loro
dì questa lettera nell'anno 63-64. E di fatti sott 'occhio quanto il Nuovo Testamento sia
è fuor di dubbio che essa fu scritta prima più eccellente dell'Antico, e li esorta alla
del 98, poiché, come già si é detto, si costanza nella dottrina cristiana, lasciando
hanno parecchie citazioni di essa in San conchiudere che l'antica legge ornai ha
Clemente R. Similmente si deve pur rite- perduto ogni suo valore.
nere che S. Paolo la scrisse prima del co-
minciamento della guerra Giudaica (67), Argomento e divisione della Lettera
poiché non vi è alcuna allusione a questo AGLI Ebrei. — Questa leftera consta di un
442 Ebrei - Introduzione — I, 1-2

prologo (I, una parte dogmatica (i,


1-3), di antichi patriarchi (xi, 1-40), e torna a in-
4-x, 18), di una parte morale (x, 19-xiii, culcare ai lettori la perseveranza nella fede
17), e di un epilogo (xiii, 18-25). non ostante le prove a cui sono esposti
(XII, 1-13). Infine raccomanda loro la pace,
Nel prologo (i, 1-3) si riassume tutto la santità, la vigilanza (xii, 14-29), la pra-
l'argomento da trattare, e si propone l'as- tica della carità e della castità, la fuga del-
sunto, che è la superiorità del Nuovo Testa- l'avarizia e del troDoo attacco alle cose pre-
mento sull'Antico. senti (xiii, 1-6), e infine li esorta nuova-
Nella prima parte (l, 4-x, 18) si danno mente a star fermi nella fede (xiii, 7-17.
le prove dell'assunto dimostrando 1° che :
Nell'epilogo (xiii, 18-25) l'Apostolo chiede
Gesù Cristo, autore e mediatore della nuova le preghiere dei suoi lettori, e prega per
alleanza, è dì gran lunga superiore agli essi, e infine aggiunge alcune raccomanda-
angeli, dai quali fu data l'antica legge (i, 4- zioni di carattere personale.
II, 18), e a Mosè mediatore dell'antica al-
leanza (ih, 1-iv, 13), e 2° che il sacerdozio Principali commenti cattolici sulla
di Gesù Cristo è molto superiore al sacer-
dozio ebraico (iv, 14-x, 18) sia a motivo
Lettera agli Ebrei. —Oltre ai commen-
tatori di Lettere di S. Paolo già
tutte le
della persona investita di tale dignità (iv, ricordati, vanno qui menzionati i seguenti :

14-vii, 28), e sia avuto riguardo al luogo Ribera, Comm. in epist. ad Hebr., Sala-
dove si esercitano le funzioni (vili, 1-5), e manca, 1598 Tena, Comm. et disput. in
;

alle alleanze cui fanno parte (viii, 6-13) e epist. ad


Hebr., Toledo, 1611; Klee,
alle vittime che offrono (ix, 1-x, 18) Auslengung des Brief. a. d. Hebr., Mainz,
Nella saconda parte (x, 19-xiii, 17) si 1833; Maier, Komm. iiber den Brief an
ha una serie di varie esortazioni destinate a die Hebr., Friburgo B., 1861 Zill, Der ;

inculcare la perseveranza nella fede e l'e- Brief. a. d. Hebr. Ubersetzt und erklàrt,
sercizio di alcune virtù. Magonza, 1879; Paneck, Comm. in epist.
L'Apostolo comincia ad esortare i. suoi B. P. A, ad Hebr., Inspruck, 1882; Schrà-
lettori a confidare e a mantenersi uniti ter, Erklàrung des Hebrderbriefes. Mun-
(x, 19-25), e poi mette loro sott'occhio il ster, 1893; Padovani, Comm. in Epist. ad
severo giudizio che Dio farà degli apostati Hebr., Parigi, 1896; Huvghe, Comm. in
(x, 26-31), e richiama alla loro mente la Epist. ad Hebr., Gand, l'gOl Heigi, Ver- ;

costanza nella fede già da loro mostrata in fasser u. Adr. d. Brief es. an d. Hebr.,
altri tempi in mezzo alle persecuzioni (x, Friburgo, 1905; Seìsenberger, Erkldrung
32-31). Poscia tesse l'elogio della fede degli d. Briefes an d. Hebr., Ratisbona, 1909, ere.

LETTERA AGLI EBREI

CAPO I.

Prologo, i'3. — Proposizione. Gesù Cristo superiore agli angeli, 4, perchè Figlio —
naturale di Dio, 5-<5. — Gli angeli sono semplici ministri. Gesù è re, creatore
|
-

e signore di tutte le cose, 7-14.

^Multifàriam, multisque modis olim Deus 'Iddio, che molte volte ed in molte guise
loquens pàtribus in Prophétis ^Novissime, : parlò un tempo ai padri per i profeti \lti- :

2' La sovrana di Gesù Cristo, e 3* la


dignità
CAPO \. grandezza da lui compiuta.
dell'opera
Dìo già nell'antica alleanza aveva istruito l'uomo
1. Il prologo di questa lettera (I, 1-3) è gran- intorno all'economia della salute, ma questa ri-
dioso e sublime, come quello del IV Vangelo. Con velazione era imperfetta per molti capi, poiché
poche parole, disposte in un periodo armonioso e Dio aveva parlato: 1° molte volte (gr. noXvuepcò?
ben cadenzato, S. Paolo riassume tutto l'argo- = in molte parti, ossia frammentariamente, non
mento che intende trattare, affermando solenne- tutto assieme), completando cioè a poco a poco
mente : 1* La superiorità della rivelazione del il tesoro delle verità, che voleva far conoscere agli

Nuovo Testamento sulla rivelazione dell'Antico; uomini. I misteri infatti non furono rivelati tutti
Ebrei, I, 3 443

diébus istis locutus est nobis in Filio, quem mamente, in questi giorni ha parlato a noi
constituit herédem universórura, per quem pel Figliuolo, che egli costituì erede di tutte
fecit et saecula : ^Qui cum sit splendor gló- quante le cose, per cui creò anche i secoli :

» Sap. VII, 26.

in una volta, stesso profeta, ma


né tutti allo ancora, secondo questa stessa natura, non fu co-
p. es. a Isaia parto della Vergine,
fu rivelato il stituito erede, ma ab eterno è l'erede naturale del
a Daniele il tempo della venuta del Messia, ecc. Padre, da cui riceve e con cui ha comune la na-
(Cf. Estio, h. 1.) e ciò in diversi tempi. Simil- tura, la potenza, il dominio, ecc. Ma Gesù Cristo,
mente Dio aveva parlato, 2° in molte guise (greco secondo l'umana natura, come fu fatto Figlio di
no\vxpóncoq), ora cioè per mezzo di visioni, ora Dio (Rom. I, 3), così ancora fu costituito erede,
per mezzo di sogni e di figure, ora con parole ossia padrone e signore di tutte le cose, avendo
esterne, ora con interne, ecc. Aveva parlato : ricevuto dal Padre ogni potestà in cielo e in terra
d'un tempo (greco sdXai), cioè in un passato (Matt. XI, 27; XXVIII, 18; Giov. XIII, 3; XVII,
lontano. Il ministero profetico era infatti cessato 2), e avendogli il Padre assoggettate tutte le cose
in Israele col profeta Malachia. Aveva parlato : (II 8; I Cor. XV, 26; Efes. I, 22; Filipp. II,
4' ai padri {nostri sott.), cioè non a noi, ma agli 9 e ss.), come aveva promesso fin dall'Antico
antichi Ebrei, dai quali noi discendiamo (Giov. Testamento (Salm. II, 8). Benché però Gesù Cri-
VII, 22; Rora. IX, 6), e aveva parlato loro, 5° per sto fin dalla sua incarnazione abbia ricevuto dal
mezzo di puri uomini, cioè dei profeti. Quest'ul- Padre questo dominio universale, tuttavia non lo
tima parola va presa in largo senso, per tutti eserciterà in tutta la sua estensione se non alla
coloro cioè che ricevettero da Dio qualche rive- sua seconda venuta, quando regnerà con tutti gli
lazione da comunicare agli uomini. Tali furono eletti risuscitati a nuova vita (Cf . II, 8 I Cor. ;

i Patriarchi Abramo (Gen. XX, 7), Isacco, Gia- XV, 24),


cobbe, ecc. Mosè (Deut. XXXIV, 10), Davide Per cui creò, ecc. Colla voce secoli (gr. oìSvoq)
(Atti, II, 30), ecc., e poi ì profeti propriamente si devono intendere tutti i tempi e tutte le cose
detti ; Isaia, Geremia, ecc. L'uso della preposi- che sono contenute nei tempi. Qtsù Cristo è qui
zione év = in invece di bià = per è un semplice considerato secondo la natura divina. Ora, come
ebraismo. Dio, Egli è uguale al Padre, avendo la stessa
2. All'imperfezione dell'antica rivelazione, fa mi- natura e la stessa potenza e la stessa operazione,
rabile contrasto la perfezione della nuova. Questa e quindi per lui, come per causa efficiente esem-
non ebbe luogo in un tempo di preparazione
piiì plare e finale, furono create tutte le cose (Cf.
e di quale fu tutto l'Antico Testa-
instabilità, Giov. I, 3, 10; Rom. XI, 36; I Cor. VIII, 6;
mento, che era ordinato a Cristo e con Lui doveva Coloss. I, 16). Si osservi però che S. Paolo dice,
cessare, ma ebbe luogo ultimamente in questi che il Padre creò il mondo per {bia), ossia me-
giorni. L'espressione greca corrispondente, cioè diante, il Figlio. Ora queste parole non vanno
In* èaXdrov tcòv i\y.Ep&v zovxtov, è usata dai LXX interpretate nel senso, che il Figlio sia inferiore
per indicare l'èra messianica, in cui deve avere al Padre, o uno strumento del Padre, come in-

il suo pieno sviluppo il regno di Dio sulla terra segnavano gli Ariani. La creazione, essendo una
(Gen. XLIX, 1 Is. II, 2), e che viene chiamata
;
operazione ad extra, è comune a tutte e tre le
pienezza del tempo (I Cor. X, 11; Gal. IV, 4), divine Persone, e conviene tanto al Padre come
ultima ora (II Tim. III, 1), ecc., perchè è un'era al Figlio e allo Spirito Santo. La preposizione per

di perfezione, in cui hanno compimento tutte le (o mediante), non esclude quindi il Figlio dalla
figure e le profezie, e che deve durare sino alla causalità efficiente, ma indica solamente che EgU
fine del mondo. La rivelazione che Dio ha fatto riceve dal Padre la potenza creatrice, come dal
in questo tempo non è più frammentaria, ma è Padre riceve la natura, a // Figlio non può fare
perfetta e vien fatta a noi Ebrei, che attualmente da sé cosa alcuna, se non l'ha veduta fare dal
viviamo (per opposizione ai padri), ma non ptu Padre, perchè Egli riceve dal Padre la natura e
per mezzo dei profeti, ma per mezzo dello stesso l'operazione, ma tutto quello che fa il Padre lo fa
Figlio di Dio. La rivelazione del Nuovo Testa- ancora il Figlio, perchè una e identica è l'ope-
mento è quindi molto superiore a quella dell'An- razione del Padre e del Figlio (Cf. n. Giov. V,
tico. S. Paolo, opponendo Figliuolo a profeti, in- 19) ». La preposizione per può anche indicare la
segna chiaramente, che Gesù Cristo 6 vero Figlio causa esemplare. Come infatti l'artefice opera
naturale di Dio, e dicendo, che quello stesso Dio, per o mediante l'idea concepita nella sua mente,
il quale parlò per bocca dei profeti, parlò ancora così ancora si può dire che il Padre ha creato il
per mezzo di Gesù Cristo, mostra che uno stesso mondo, per o mediante il suo Verbo (Cf. S. Tom.
Dio è l'autore del V. e del N. Testamento. h. 1. e I qu. XLV, a. 6).

Che costituì, ecc. L'Apostolo passa ad esaltare 3. L'Apostolo passa ora a descrivere la dignità
la dignità di Gesù Cristo, considerandolo dapprima di Gesù Cristo relazione a Dio, e servendosi
in
in relazione alle creature. Sotto questo aspetto di due similitudini bene appropriate, dalle quali
Egli è il padrone e il creatore di tutti quanti gli però si deve rimuovere ogni imperfezione, af-
esseri (Coloss. I, 15-16). Erede significa qui pa- ferma che Gesù Cristo come Dio è: 1* lo splen-
drone, ed è correlativo a figlio, essendo il figlio dore della gloria del Padre, e 2' la figura della
naturale erede del padre. Si osservi con S. Tom- sostanza di lui.
maso (h. 1.), che in Gesù Cristo vi sono due Splendore. Il greco djtovYocfia può anche si-
nature, la divina e l'umana. Ora come Gesù Cri- gnificare riverbero o riflesso, ma la significazione
sto, secondo la natura divina, non fu costituito di splendore o irraggiamento è qui più appro-
Figlio, poiché ab eterno è Figlio naturale, così priata. Gloria è lo stesso che luce, maestà. Il
444 Ebrei, I, 3-4

riae, et figura substàntlae eius, portànsque ^il quale essendo lo splendore della gloria
omnia verbo vìrtùtìs suae, purgatiónem pec- e la figura della sostanza di lui, e tutte le
catórum fàciens, sedet ad déxteram maiestà- cose sostentando con la sua possente parola,
tis in excélsis ^Tanto mélior Angelis ef-
: fatta la purgazione dei peccati, siede alla
féctus, quanto differéntius prae illis nomen destra della maestà nelle altezze Sfatto dì :

heredìtàvit. tanto superiore agli Angeli, quanto più ec-


cellente nome che quelli ebbe in eredità.

Padre viene dall'Apostolo paragonato al sole e che essa appartiene a Gesù Cristo secondo la na-
alla luce, e il Figlio allo splendore, alla luce, al tura divina. Fatta, ecc. Per ordine all'uomo. Gesù
raggio che dal sole deriva. Il Figlio è quindi luce Cristo è il redentore universale. Nel testo latino,
da luce, lume da lume (Simb, Nic), Dio vero invece di purgatiónem... faciens, si dovrebbe
generato da Dio vero, poiché lo splendore della avere, secondo il greco (xaOapio^óv... KoiT^odfievo^,
luce è luce, e il Padre comunicando per eterna purgatione facta, come si ha nell'antica Itala, e
generazione tutto il suo essere al Figlio, gli comu- come fu tradotto nel testo italiano. Si tratta quindi
nica ancora il suo splendore e la sua maestà. di unfatto già compiuto. L'espressione fatta la
Questa stessa similitudine si trova pure nel libro purgazione dei peccati, equivale a dopo aver pur-
della Sapienza (VII, 26), dove si dice della Sa- gati gli uomini dai loro peccati. Gesù Cristo ci ha
pienza increata, che è a splendore di luce eterna, purgati, ossia purificati dai peccati col patire e
una emanazione pura della gloria di Dio 9. Tutto morire per noi sulla croce, il che conviene a lui
ciò dimostra 1" che il Figlio è consustanziale e
: secondo la natura umana. Nel greco ordinario, e
coeterno col Padre, e assieme distinto dal Pa- in alcuni altri codici (E K L, ecc.), prima di pur-
dre 2° che il Figlio procede dal Padre per na-
; gazione sì legge òi* éauTov =
per se stesso, ossia
tura e non per libera volontà ; 3' che il Padre per mezzo del suo sangue (Cf. IX, 12), e dopo
generando il Figlio non va soggetto ad alcuna peccati viene aggiunto nostri, ma la lezione della
mutazione o imperfezione (Cf Padovani, h. 1. ; . . Volgata ha in suo favore i migliori codici (A B D
Ved. Teofilat, h. 1.; S. Tommaso, h. 1.). Ki ecc.) ed è perciò preferita dai critici. Siede
La figura. Il greco XapaxTnp significa propria- (greco si è assiso) come uomo alla destra della
mente impronta, immagine scolpita o espressa. maestà divina (astratto per il concreto Dio) nelle
Ora, come l'impronta lasciata da un sigillo rap- altezze dei cieli, ossia nei luoghi più alti dei cieli
presenta in tutti i particolari l'immagine che nel (Cf. 13; Vili, 1; X, 12, ecc.; Mar. XVI, 19). La
sigillo è scolpita, così il Figlio di Dio, essendo metafora sedere indica, che Gesù Cristo come
impronta sostanziale del Padre, ha in sé la stessa uomo è entrato nella tranquilla e pacifica pos-
natura e le stesse perfezioni del Padre, è l'im- sessione del suo regno : e la metafora alla destra
magine perfetta e sostanziale del Padre (Ved. n. indica quella gloria sovrana che a lui compete,
II Cor. IV, 4; Filipp. II, 6; Coloss. I, 15), ed
per la quale Egli si innalza infinitamente al di
ha tutto quello che ha il Padre, e opera tutto sopra di tutti i beati, e tiene il primo luogo dopo
quello che opera il Padre, onde Egli disse di se Dio (Efes. I, 20; Coloss. Ili, 1). Morendo sulla
stesso C/i^, vede me vede il Padre (Ved. Giov.
:
croce. Gesù Cristo non solo soddisfece per i
XIV, 9; Sap. VII, 26). Sostanza, lì greco «oroatà- nostri peccati, ma meritò ancora la sua esalta-
aetoq, tradotto ottimamente per sostanza, significa zione (Lue. XXIV, 26; Filipp. TI, 8 e ss.). L'A-
natura, essenza. Il Figlio è quindi l'immagine postolo allude al salmo CIX, 1 (Cf. Matt. XXII,
espressa della sostanza del Padre. Con questa si- 44; Atti, II, 34; Rom. Vili, 34).
militudine si mette ancor più in evidenza l'iden- 4. Dopo quest'esordio, S. Paolo passa, nella
tità di natura e la distinzione di persona, che vi parte dogmatica della sua lettera (I, 4-X, 18), a
è tra il Padre e il Figlio. « Nell'impronta fatta mostrare la superiorità della nuova alleanza sul-
sulla cera si rappresenta l'imagine che nel sigillo l'antica, facendo vedere : ì" la superiorità perso-
è scolpita, ma siccome il sigillo e l'impronta sono nale di Gesù Cristo sugli angeli (I, 4-II, 18) e
senza dubbio differenti in sostanza dalla cosa, su Mosè (III, 1-IV, 13), che furono i mediatori
ohe portasi scolpita, perciò l'Apostolo non disse dell'antica alleanza, e 2", la superiorità sacerdo-
solamente figura del Padre, ossia carattere del tale di Gesù Cristo sul sacerdozio levitico (IV,
Padre, ma figura e carattere della sostanza del 14-X, 18).
Padre, col quale egli ha uno stesso essere ed Nei versetti I, 4-14, comincia a dimostrare, con
una stessa natura » Martini. parecchi testi dell'Antico Testamento, la superio-
Sostentando, ecc. L'Apostolo passa ora ^ de- rità di Gesù Cristo sugli angeli. Stabilisce dap-
scrivere l'opera del Figlio di Dio, prima in ordine prima (v. 4) la proposizione dell'argomento che

a tutte le creature, e poi in ordine all'uomo. Il intende trattare, e ne dà la prima prova. È da


testo della Volgata, per essere grammaticalmente ammirarsi la naturalezza del passa^ggio dall'esordio
d'accordo con quanto precede, dovrebbe avere alla proposizione, e la rara abilità dell'autore che
non portànsque omnia, ma bensì portetque omnia. ha saputo, in un breve periodo, conchiudere
Sostentare, portare, ha qui il senso di conservare. l'esordio e proporre il suo tema. A meglio in-
La sua possente parola (lett. la potenza della sua tendere quanto sta per dire S. Paolo, si deve
parola), significa il comando della sua potenza, ricordare che l'antica legge fu data da Dio a Mosè
ossia il suo potente comando. Il Figlio di Dio per mezzo degli angeli (Ved. n. Atti, VII, 53;
non è quindi solo il creatore del mondo (v. 2), Gal. Ili, 19), e al popolo israelitico per mezzo di
ma è ancora colui che, col suo comando onnipo- Mosè, così che gli Angeli e Mosè furono i media-
tente (Salm. XXXII, 9), conserva tutte quante le tori dell'antica legge. Questa dottrina era am-
cose (Coloss. I, 17). Siccome la conservazione non messa comunemente da tutti gli Ebrei (Cf. Gius.
è che u:ia continuazione della creazione, è chiaro FI., A. G., XV, 5, 3), e quindi S. Paolo, suppo-
Ebrei, I, 5-6 445

'Cui enim dixit alìquàndo Angelórum : ^Infatti a qual degli Angeli disse egli
Filiusmeus es tu, ego hódie génui te? Et mai : Tu
mio figliuolo, oggi io ti ho
sei
rursum Ego ero illi in patrem, et ipse erlt
: generato? E di nuovo Io gli sarò padre, :

mihi in filium? "Et cùm iterum introdùcit ed egli mi sarà figliuolo? ^E di nuovo, al-
primogénitum in orbem terrae, dicit : Et lorché introduce il Primogenito nel mondo,
adórent eum omnes Angeli Dei. egli dice : E lo adorino tutti gli Angeli
di Dio.

» Ps. II, 7; II Reg. VII, 14. " Ps. XCVI, 7.

nendola entra subito in argomento affer-


nota, ha per autore Davide, ed è certamente messianico
mando che Angeli e Mosè sono di gran lunga
gli (Cf. V, 5 e Ved. n. Atti, XIII, 33). Il reale pro-
inferiori a Gesù Cristo, mediatore del N. T. feta non parla di se stesso e della sua esalta-
Fatto (gr. yevónevoq). Questa parola va unita zione a re d'Israele, ma parla direttamente e in
con superiore, e quindi non significa che il Figlio senso letterale del Messia. L'ebraico ialdd, come
di Dio sia stato fatto o creato, il che non può il greco yewav e il latino genui, non si possono
dirsi senza errore se si riferisce alla natura di- qui interpretare che nel senso di una vera gene-
vina, ma significa che per l'unione ipostatica della razione. Queste parole oggi io ti ho generato, se-
natura divina e della natura umana, Égli, che come condo Sant'Agostino (in Psalm. II, n. 6), San
Dio era già superiore agli angeli, divenne o fu Tommaso (h. 1.), ecc., riguardano la generazione
fatto anche come uomo, fin dal primo mo-
tale eterna e permanente del Verbo di Dìo. Né a ciò
mento della sua incarnazione. S. Giovanni Cris., si oppone l'avverbio oggi, poiché, come fa ben
Teofilatto, ecc., spiegano la voce fatto per dichia- osservare Sant'Agostino (1. e), oggi significa il
rato o dimostrato. L'Apostolo, in questo caso, presente, e nell'eternità non vi ha né passato, né
parlerebbe della glorificazione che Gesiì Cristo si futuro, ma solo il presente. L'eternità può dirsi
meritò colla sua passione e morte (Cf. Giov. XV, quindi un oggi permanente, senza principio e
8; Rom. I, 4; Filipp. II, 9), e che consiste in senza fine, e senza mutazione. Da tutta l'eternità
questo che Egli fu riconosciuto come vero Figlio il Padre genera il Figlio, e il Figlio è generato
di Dio. Tanto... quanto è un'espressione caratte- dal Padre (Cf. S. Tommaso, h. 1.). Alcuni però
ristica di questa lettera (III, 3; VII, 20; VIII, 6; riferiscono le dette parole al momento della risur-
IX, 27, ecc.). Superiore. Il greco xpeirrcov (usato rezione di Gesù Cristo e della sua ascensione, e
13 volte in questa lettera), significa una superio- spiegano : Tu sei mio vero Figlio (disse il Padre),
rità di perfezione e di eccellenza. Più eccellente io oggi per mezzo del tuo trionfo ti ho fatto cono-
è la traduzione letterale del greco òtacpopcórepov, scere come tale (Ved. Ceulemans, h. 1. ; Hetze-
che cap. VII, 6, della Volgata è stato tradotto
al nauer, Theologia Biblica, voi. I, p. 477). La prima
melius. Questo nome più eccellente è quello di spiegazione risponde meglio al contesto.
Figlio di Dio. Fin dal primo momento dell'incar- E di nuovo (si deve sottintendere a quale :

nazione Gesù Cristo, come uomo, ricevette il degli angeli disse). Io gli sarò, ecc. Questa cita-
nome di Figlio di Dio, che secondo la natura di- zione é tratta dal secondo libro dei Re (VII, 14).
vina possedeva da tutta l'eternità. Si osservi come Ivi il profeta Natan a nome di Dio annunzia a
S. Paolo dica, che Gesù Cristo ebbe questo nome Davide, che l'onore di edificare un tempio a
per eredità, affine di far comprendere che tal Dio sarà riservato a uno dei suo discendenti, il
nome è dovuto a lui in forza della sua origine, e cui trono sarà eterno, e a cui Dio sarà pa-
per natura, non già per grazia (Cf. S. Tommaso, dre, ecc. Ora se queste parole in senso letterale
h. 1.). li nome di angeli significa semplicemente possono intendersi di Salomone (III Re, VIII, 15-
ministri. Ora, se Gesù Cristo è Figlio naturale di 21; I Parai. XXVIII, 6), è fuori di dubbio che
Dio, è chiaro che Egli è di gran lunga superiore in senso tipico o spirituale si riferiscono al Mes-
agli angeli (Cf. Prat, La Théol., ecc., t. I, p. sia, di cui Salomone era una figura, e a cui solo
517 e ss.). possono essere applicate in tutta la loro esten-
Nei vv. 5-14, S. Paolo cita sette testi del-
5. sione e il loro significato. Questo senso spiri-
l'Antico Testamento, destinati a provare i tre tuale è quello che principalmente ha inteso lo
primi, che Gesù Cristo è veramente Figlio di Spirito Santo, e che è voluto dal contesto. Gli
Dio (vv. 5-6), i tre seguenti, che Egli è re e stessi Ebrei applicavano al Messia le dette parole
creatore (7-12), e l'ultimo, che siede alla destra (Cf. Hetzenauer, Theol. Bibl., voi. I, p. 583 e ss.).
del Padre (13-14). 6. E di nuovo, ecc. Non sì accordano gli ese-
Disse Dio: tu sei mio figliuolo non adottivo geti nell'interpretazione di queste parole. Alcuni
ma naturale, come indicano
seguenti le parole suppongono una trasposizione di iterum, di nuovo,
oggi io ti ho generato. Gli angeli vengono bensì nei testo spiegano e di nuovo dice Dio,' allor-
:

qualche volta chiamati figli di Dio (Cf. Giob. I, ché introduce, ecc., ritenendo che qui si alluda
6; XXXVIII, 7; Salm. XXVIII, 1; LXXXVIII, alla venuta di Gesù nel m'ondo per l'incarnazione,
7, ecc.), ma non sì tratta che dì figli adottivi, e la quale fu festeggiata dagli angeli (Lue. II, 11),,
di amici dì Dio, poiché di nessuno viene detto ma la grande maggioranza degli interpreti ritiene
che sia figlio generato da Dìo, come invece viene non necessaria una tale trasposizione, e spiega :

affermato di Gesù Cristo. L'interrogazione che e allorché di nuovo introduce, ecc. In questo
fa l'Apostolo, suppone evidentemente una risposta caso l'Apostolo parlerebbe non della prima intro-
negativa A
nessun angelo Dio ha mai detto tali
; duzione nel mondo che ebbe luogo al momento
parole. Questa prima citazione è tratta dal salmo dell'incarnazione, ma della seconda, che avrà luogo
II, 7, ed è fatta sui LXX. Come consta dalle alla fine dei tempi, quando Gesù Cristo verrà
parole riferite negli Atti (IV, 25^ qvesto salmo a giudicare i vivi e i morti. Benché di diritto Gesù
446 Ebrei, I, 7-10

^Et ad Angeles quidem dicit Qui facit : ^Quanto poi agli Angeli, dice Egli, che :

Angeles suos spiritus, et mìnìstros suos fa suoi Angeli spiriti, e i suoi ministri
i

flammam ìgnìs. 'Ad filium autem Thronus : fiamma di fuoco. 'Ma quanto al Figliuolo
tuus Deus in saéculum saéculi virga aequi- : (dice) Il tuo trono, o Dio, nei secoli dei
:

tàtis, virga regni tui. ^Dilexisti iustitìam, et secoli scettro di equità lo scettro del tuo
:

odisti iniquitàtem proptérea unxit te Deus,


: regno. 'Hai amato la giustizia, ed hai avuto
Deus tuus óleo exultatiónis prae participibus in odio l'iniquità per questo, o Dio, ti ha
:

tuis. ^"Et Tu in principio Dòmine terram


: unto il tuo Dio, con olio di esultazione so-
fundàsti et òpera mànuum tuàrum sunt
: pra i tuoi consorti. ^"E Tu, Signore, in
:

' Ps. CHI, 4. » Ps. XLIV, 7.

abbia fin d'ora la sovranità universale, tuttavia suos fortes sicut ignem flammantem (Ved. Hetze-
solo allora tutte le cose saranno di fatto a lui nauer, op. cit.). Il salmista vuol dire, che Dio
assoggettate (Cf. II, 8; I Cor. XV, 24). Il primo- fa i suoi angeli veloci come il vento nell'eseguire
genito. Come Dio, Gesii Cristo è l'unigenito del i suoi comandi, e pieni di ardore come un fuoco
Padre (Giov. I, 14), ma come uomo Egli è a il avvampante. Gli angeli sono quindi rappresentati
primogenito tra molti fratelli» adottivi (Ved. n. come semplici creature di Dio, obbedienti in tutto
Rom. Vili, 29), perchè Dio volle elevare gli uo- ai suoi cenni (Ved. Dict. Vig., Anges).
mini alla dignità di suoi figli adottivi, e volle 8-9. Quanto al Figliuolo la Scrittura parla ben
pure che Egli fosse il capo universale della sua diversamente, e lo chiama in modo chiaro e aperto
nuova grande famiglia, siccome lo era il primo- Dio, dicendo // tuo trono, o Dio, è nei secol
:

genito nelle antiche famiglie Ebree (Ved. n. Filipp. dei secoli, ossia è un trono eterno (Lue. I, 31-33)
II, 9; Coloss. I, 18; Ebr. II, 11; Cf. Deut. XXI, Le parole o Dio, si riferiscono al Messia, e sonc
15; II Par. XXI, 3; Giov. I, 18). Nel mondo che un vocativo. Il greco ha bensì il nominativo i
appartiene a lui per eredità. Dice Dio E lo ado- :
6eó? ma questo nominativo qui, come altrove
rino, ecc. Questa citazione è tratta dal salmo (Matt. XXVIII, 29; Lue. Vili, 54; Rom. VIII, 15),
XCVI, 7, ed è fatta sui LXX, essa però non è sta per il vocativo. Ciò é tanto vero che Aquila
letterale, poiché nel testo si legge Adoratelo :
ha tradotto ó Opovéq co\) Geé. L'autore del salmo
:

(voi) tutti angeli di lui. Il salmista descrive Dio passa a descrivere la dignità reale del Messia.
che viene a giudicare il mondo, e invita gli angeli Seduto su di un trono eterno, Egli tiene in mano
ad adorarlo, ossia a prestargli quel culto di latria lo scettro, simbolo della potestà reale, ma non
che è dovuto.
gli abusa del suo potere, e perciò si aggiunge che il
S. Paolo, mosso da divina ispirazione, spiega suo scettro è uno scettro di equità, cioè di giu-
queste parole, affermando che esse si riferiscono Hai amato la giustizia. Egli infatti è venuto
stizia.
a Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, e giudice nel mondo per far giusti gli uomini, e insegnar
supremo dei vivi e dei morti. Se adunque Gesìi loro a vivere secondo giustizia, adempiendo in
Cristo riceve le adorazioni degli angeli, ciò prova tutto e per tutto la volontà di Dio. Hai avuto in
che Egli è di gran lunga superiore agli angeli. odio l'iniquità, e affine di cancellare ed espiare i
L'Apostolo mostra ora la preminenza di Cri- peccati degli uomini Egli è morto sulla croce.
7.
sto sugli angeli dal fatto che gli angeli sono sem-
Per questo che hai amato, ecc., oppure, secondo
plici ministri di Dio, mentre Gesù Cristo è re
altri affinchè tu avessi un regno eterno e amassi,
:

ecc., ti ha unto con olio di esultazione. In antico


e creatore dell'universo. Quanto poi a, ecc., è la
si ungevano i re e i sacerdoti, e quindi il sal-
esatta traduzione del greco wpó?, seguito dall'ac-
cusativo. Dice la Scrittura. La citazione è fatta mista usa questa metafora per indicare che Gesù
sui LXX, e riferisce il v. 4 del salmo CHI. Il Cristo Messia é stato fatto re e sacerdote. Gesù
testo ebraico generalmente viene interpretato : Cristo come uomo fu unto dal Padre in quanto
fin dal primo momento dell'incarnazione ricevette
Egli fa suoi nunzi (angeli) i venti (spiriti), e suoi
ministri il fuoco divampante (la folgore). Questa l'abbondanza di tutte le grazie e di tutti i doni
dello Spirito Santo (Ved. n. Atti, IV, 27). Proba-
interpretazione, come fa ben osservare Hetze-
nauer {Theologia Biblica, voi. I, pag. 568), può bilmente però qui non si allude a quest'unzione,
accordarsi benissimo col contesto del salmo, ma
ma a quella che ebbe luogo nella glorificazione di
ben difficilmente può conciliarsi colle parole di Gesù Cristo, sia nella risurrezione, e sia nella
ascensione, e che avrà il suo pieno compimento
S. Paolo. Né giova il dire con Lemonnyer (h. 1.),
alla fine dei secoli, quando tutto sarà assoggettato
che S. Paolo abbia qui invertita la frase, e che
tali specie di libertà, riguardo al testo biblico, a Gesù Cristo (Filipp. II, 8 e ss.). Le parole di
esultazione o di letizia alludono agli olii profumati,
erano correnti e universalmente ammesse, poiché
se si ammette che l'Apostolo non abbia esatta-
che in alcune circostanze si versavano sul capo
di colui che si voleva onorare (Salm. CHI, 15;
mente riprodotto il senso dell'originale, come si
Is. LXI, 3), e significano la felicità e la gloria
potrebbe ancora sostenere che egli era divina-
suprema di cui gode Gesù Cristo dopo tante umi-
mente ispirato? Riteniamo quindi che i settanta,
liazioni subite. L'unzione colla quale il Padre ha
citati da S. Paolo, abbiano espresso esattamente
untoGesù Cristo è ben superiore a quella con cui
H senso dell'originale', e che anche il testo ebraico sono irati i re della terra e gli angeli e i fedeli
attuale possa essere tradotto Dio che fa i suoi :
chiamati a parte del regno di Gesù Cristo. 11
angeli come i venti, e i suoi ministri come fuoco Padre infatti ha costituito Gesù Cristo capo della
divampante. Infatti anche il Targum spiega Qui : sua Chiesa,, ed ha voluto che della pienezza di
facit nuncios suos veloces sicut ventum, ministros lui tutti partecipassero la grazia della vita pre-

I
Ebrei, I, 11-14 447

cadi. **Ipsi perìbunt, tu autem permanébis, principio fondasti la terra e i cieli sono:

et omnes ut vestiméntum veteràscent ^^Et : opere delle tue mani. "Essi periranno, ma
velut amictum mutàbis eos, e mutabùntur : tu durerai, e invecchieranno tutti come un
tu autem idem ipse es, et anni lui non vestito ^^E come una veste li muterai, e
:

defìcient. saranno mutati ma tu sei (sempre) lo


:

stesso, e i tuoi anni non verranno meno.

"Ad quem autem Angelórum dixìt ali- "Ed a qual degli Angeli disse egli mai :

quando Sede a dextris meis, quoadùsque


: Siedi alla mia destra, fino a tanto che io
ponam inimìcos tuos scabéllum pedum tuó- ponga i tuoi nemici sgabello ai tuoi piedi?
rum? ^^Nonne omnes sunt administratórii ^^Non sono essi tutti spiriti ministri, che
spiritus, in minìstérium missì propter eos, sono mandati al ministero in grazia di co-
qui hereditàtem càpient salùtis? loro, i quali acquisteranno l'eredità della
salute ?

10 Ps. CI, 26. " Ps. CIX, 1 ; I Cor. XV, 25.

sente e la gloria nella vita futura (Giov. I, 16). 13. Prova con un'altra testimonianza, che Gesù
La prima voce Dio, anche qui come nel versetto Cristo è veramente il Signore universale, a cui
precedente, si riferisce al Messia. verranno assoggettate tutte le cose. La citazione
Questi due versetti 8 e 9, sono una citazione è fatta sul salmo CIX, 1, secondo i LXX. Questo
del salmo XLIV, 7. Questo salmo è certamente salmo è certamente messianico in senso letterale
messianico in senso letterale, e in esso si cantano (Cf. Matt. XXII, 44; Atti, II, 34), e viene pa-
le mistiche nozze tra Gesii e la Chiesa, recchie volte citato da S. Paolo (V, 6; X, 13;
I Cor. XV, 25). Dio non ha detto agli angeli, ma
10-12. E. Dopo questo e si deve sottintendere
la Scrittura (o Dio) dice in altro luogo a riguardo solo al suo Figlio : Siedi alla mia destra Ved.
n. 3). Il Messia è qui descritto come un re trion-
del Figlio. Tu, Signore, ecc. La citazione è fatta
sul salmo CI, 26-28 secondo i LXX, ed è pres- fatore assiso alla destra, di Dio, e vero Dio Egli
soché letterale. Con essa l'Apostolo vuol mostrare, stesso. Fino a tanto che, eoe. Queste parole non
che Gesù Cristo non solo è Dio e Re, ma è an- indicano già che il regno e la sovranità di Gesù
cora il creatore di tutte le cose. Anche qui San Cristo debbano terminare, ma bensì che Dio farà
Paolo per divina ispirazione fa vedere, che si de- terminare l'opposizione dei suoi nemici, assogget-
vono intendere di Gesìì Cristo Dio, le parole che tandoli a lui interamente. Sgabello ai tuoi piedi.
il salmista aveva detto di lahve. In principio, (Ved. n. I Cor. XV, 25).
cioè quando vi era nulla, eccetto Dio. Fondasti,
14. Questo versetto forma l'antitesi del prece-
ossia creasti dal nulla, la terra... i cieli, ossia le
dente e compie quanto fu detto dal versetto 7.
due parti principali dell'universo, che in sé com-
prendono tutte le altre. Delle tue mani, espres-
Gesù Cristo regna con Dio, sovrano Signore di
tutte le cose gli angeli non sono che ministri
sione metaforica per indicare la potenza di Dio. ;

di Dio; Gesù é seduto alla destra di Dio; gli an-


Essi. Questa parola sì riferisce sia ai cieli, sia
geli sono figurati come se stessero in piedi, per
alla terra. Periranno... invecchieranno, sono sog-
essere sempre pronti ad eseguire i comandi di
getti cioè alla mutazione, alla morte e alla tras-
Dio. La forma interrogativa che S. Paolo dà alla
formazione (Rom. Vili, 19 e ss.; II Piei. Ili, 10;
frase suppone che questa dottrina intorno agli
Apoc. XXI, 1). Tu durerai, ossia sei immutabile.
angeli fosse nota a coloro a cui scriveva. Essi tutti
Nel greco vi^è il presente tu duri. Come una veste.
Il greco «epipóXaiov indica propriamente il man- senza eccezione. Benché gli spiriti celesti siano tra
loro diversi, e l'uno sia più perfetto dell'altro,
tello che si porta sulle altre vesti. Cambierai.
tutti però convengono in questo, che sono spiriti
Questa lezione della Volgata si trova in parecchi
ministratori, vale a dire spiriti destinati a eserci-
codici greci, 1 quali hanno àXXd^ei(;. Essa dà un
ottimo senso. Come si cambia con uno nuovo, un tare un ministero, ossia a servire. Mandati. (Nel
mantello invecchiato e logoro dall'uso, così Dio greco vi è il participio presente ci;rooTeXXó)neva

colla stessa facilità rinnoverà i cieli e la terra,


= che sono mandati). Spiega meglio in che con-
sista il ministero degli angeli. Essi vengono, anche
ed essi non opporranno alcuna resistenza. I mi-
gliori codici greci hanno però éXi^eic; = pie-
adesso nel Nuovo Testamento, mandati da Dio a
compiere diverse missioni, in favore di coloro,
gherai, o avvolgerai, che dà questo senso : Come
si piega un mantello logoro dall'uso e se ne
che acquisteranno l'eredità della salute, ossia degli
eletti, L'Apostolo non vuol già dire, che solo i
prende un altro, similmente Dio prenderà per così
predestinati alla gloria abbiano angeli custodi, me
dire i cieli, e li piegherà affine di trasformarli e
afferma che tutto ciò che fanno gli angeli è ordi-
rinnovarli. Come
la differenza fra le due
si vede,
nato alla salute degli eletti (Cf. Estio, h. 1.). Tutta
spiegazioni non grande importanza. Ma tu,
è di
la storia del Vecchio e del Nuovo Testamento é
mentre tutto si muta, rimani immutabile. 7 tuoi
piena di fatti, che mostrano come sia veramente
anni non verranno meno, espressione metaforica
per indicare che durerà in eterno.
questa la missione affidata da Dio agli angeli.
443 Ebrei, II, 1-5

CAPO II.

La religioTie di Gesù Cristo esige maggior fedeltà che la religione dell' 7., 1-4. A ,

— Gesti Cristo fu costituito capo del regno messianico e non gli angeli, 5-9.
Perchè Gesù, abbia tanto sofferto, 10-18.

^Proptérea abundàntius opórtet observàre ^Perciò fa mestieri che noi tanto maggior-
nos ea, quae audivìmus ne forte pereffluàmus. mente ci atteniamo alle cose udite, affinchè
*Si enim qui per Angeles dictus est sermo, per disgrazia non ci perdiamo. ^Poiché se la
factus est firmus, et omnis praevaricàtio, et parola pronunziata dagli Angeli fu ferma,
inobediéntia accépit iustam mercédis retri- e ogni prevaricazione e disubbidienza ri-
butiónem : 'Quómodo nos effugìémus si tan- cevette giusta retribuzione di mercede :

tam neglexérimus salùtem? quae cum ini- *come scam.peremo noi, se faremo poco
tium acxjepisset enarràriper Dóminum ab conto di una salute sì grande? la quale
eis,qui audiérunt, in nos confirmàta est, avendo principiato ad essere annunziata dal
''Contestante Deo signis et porténtis, et và- Signore, è stata a noi confermata da quelli
rìis virtùtibus, et Spiritus sancti dìstribu- che l'avevano udito, ^rendendo Dio testi-
ìiónibus secóndum suam voluntàtem: monianza con loro per mezzo di segni e
di prodigi, e di vari miracoli e dei doni dello
Spirito Santo distribuiti secondo la sua vo-
lontà.
'Non enim Angelis subiécit Deus orbem ^Poiché Dio non assoggettò agli Angeli

* Marc. XVI, 20.

3. Come scamperemo noi dalla vendetta di Dio,


CAPO II. se faremo poco conto di una salute, vale a dire
di una religione apportatrice di -tanta salute, quale
1. S. Paolo interrompe per un momento la sua il Vangelo di Gesù Cristo? Questo Vangelo da
dimostrazione (per dedurre, nei vv. 1-4, una con- principio fu promulgato non dagli angeli, ma dal
clusione molto pratica. Se Gesù Cristo è tanto Signore stesso Gesù Cristo, e poi fu confermato,
superiore agli angeli, ne segue che la religione ossia fu comunicato e dimostrato certo e obbliga-
da lui predicata deve osservarsi con maggioir fe- torio a noi fedeli (S. Paolo si associa spesso ai
deltà che non la religione dell'Antico Testamento, fedeli ai quali scrive, I, 2; VI, 1; X, 25; XII,
data per mezzo degli angeli. 1, ecc.), da quelli che avevano udito Gesù Cristo,
Perciò, vale a dire, poiché è sì grande l'ec- ossia dagli Apostoli di nostro Signore Gesù Cri-
cellenza di Gesìi Cristo, fa mestieri che tanto sto (Cf. Lue. I, 2). Dìo stesso assieme di predi-
maggiormente ci greco
atteniamo jrpooéXeiv
(il catori ha voluto rendere testimonianza alla ve-
significa prestar attenzione e quindi osservare), rità del Vangelo per mezzo di molti miracoli
ossìa che osserviamo colla più grande fedeltà, le (Cf. Marc. XVI, 20; Atti, II, 22; Ved. n. II Cor.
cose udite, vale a dire le cose che egli ci ha XII, 12; II Tess. II, 9) e dell'effusione dei mol-
insegnate. Facendo diversamente corriamo pericolo teplici doni dello Spirito Santo (Cf. I Cor. XII,
di perderci. Il greco itapapvS^ev, tradotto ci 8 e ss.).
perdiamo, significa propriamente andiamo alla 5. S. Paolo ritorna ora al suo argomento e pro-
deriva, e si dice della nave che passa vicino al segue a dimostrare (5-18), che Gesù Cristo è
porto, ma non può fermarvisi e ne è spinta lon- superiore agli angeli, non ostante le umiliazioni
tana, perchè in balìa dei venti e delle correnti, a subite nella sua incarnazione e nella sua pas-
cui non può opporre resistenza. Il cristiano, che sione. Comincia dal confermare la conclusione
non si tien fermo al Vangelo, sarà trascinato a precedente mostrando (5-9) che Gesù Cristo, e
perdizione dalle correnti del mondo, ecc. non già gli angeli, fu costituito capo del regno
2. Se infatti Ja violazione della legge di Mosè messianico.
era severamente punita, quanto maggiori castighi Poiché, ecc. Conferma
che i violatori della
non saranno riservati ai trasgressori della nuova nuova alleanza saranno più severamente puniti che
legge tanto più eccellente deil 'antica? La parola i violatori dell'antica (v. 3) dal fatto che Gesù
pronunziata dagli angeli è la legge mosaica pro- Cristo è il capo e il padrone del regno messia-
mulgata sul Sinai per mezzo degli angeli (Ved. nico, ed è più grave e viene con maggior pena
n. I, 4). Fu ferma, ossia ebbe una tale sanzione, punita la colpa commessa contro il padrone che
che ogni trasgressione e disubbidienza di essa quella commessa contro ì servi (Cf. S. Tommaso,
ricevette giusta retribuzione di mercede, ossia ve- h. 1.). Dio manca nel greco, ma va sottinteso.
niva punita con pene seve*e (Cf. Lev. X. 1-2: Non assoggettò agli angeli, ma a Gesù Cristo
Num. XIV-XVI ; Deut. IV, 3 Salm. CV, 1 e 5S.). il mondo futuro. Col nome di mondo futiu-o si
Ebrei, II, 6-8 449

terrae futùrum, de quo lóquìmur. 'Testàtus il mondo futuio, di cui parliamo. 'Or uno
est autem in quodam loco quis, dicens Quid : testimoniò in certo luogo, dicendo Che è :

est homo quod memor es eius, aut filius hó- l'uomo, che tu ti ricordi di lui, o il figliuolo
minis quóniam visitas eum? ^Mìnuisti eum dell'uomo, che tu lo visiti? ^Lo hai fatto
paulo minus ab Angelis gloria et honóre
: per alcun poco inferiore agli Angeli lo hai :

coronasti eum et constituisti eum super


: coronato di gloria e di onore e lo hai costi-
:

opera mànuum tuàrum. *Omnia subiecisti tuito sopra le opere delle tue mani. 'Hai
sub pédibus eius In eo enim quod omnia ei
: soggettate ai piedi di lui tutte le cose. Ora
subiécit, nihil dimìsit non subiéctum ei. quando egli ha soggettate a lui tutte le cose,
Nunc autem necdum vìdémus omnia su- non ha lasciato nessuna cosa a lui non sog-
biécta ei. getta. Adesso però non vediamo ancora
tutte le cose a lui soggette.

• Ps. Vili, 5. 8 Matth. XXVIII, 18; I Cor. XV, 26.

deve intendere il mondo cristiano, ossia la Chiesa. inferiore agli angeli. Nel testo ebraico del salmo
Gli Ebrei chiamavano secolo futuro l'era messia- si legge elohim, che può significare Dio, dei, e
nica, e anche il Messia vien detto Padre del secolo anche gli angeli. Che qui significhi gli angeli è
futuro (Is. IX, 5) e quindi l'espressione mondo provato non solo dalla versione dei LXX, ma anche
futuro equivale a regno messianico. Questo regno dal Targum caldaico e dalle versioni itala, siriaca
già cominciato sulla terra, non avrà l'ultima sua e dall'interpretazione degli antichi dottori Giudei,
perfezione che ned cielo. Il mondo di cui par- Il Verbo di Dio, senza cessare di essere Dio,
liamo è appunto il mondo del Vangelo, poiché al avendo assunta nell'unità deMa sua persona la
V. 3 e ss. si è infatti discorso della nuova legge nostra natura, fu, secondo questa natura, fatto
promulgata e predicata, ecc. inferiore agli angeli per breve tempo, cioè du-
rante il corso della sua vita mortale e specialmente
6. Supponendo affermata la proposizione sottin-
nella passione. In questo tempo Egli si assoggettò
tesa, Dio assoggettò a Gesù Cristo il mondo fu-
al dolore, all'umiiliazione e alla morte, cose tutte
turo, passa a provarla con una citazione tratta
che non convengono agli angeli. M'a ben presto
dal salmo VIII, 5-7, secondo i LXX. Ora uno, ecc.
fu coronato di gloria e di onore, perché Dio lo
L'Apostolo non indica né l'autore, né il luogo
glorificò nella risurrezione e nell'ascensione, e
da cui prende la sua citazione, poiché si tratta
fece sì che il suo nome fosse predicato in tutto
di un salmo che era ben conosciuto dagli Ebrei.
In questo salmo, in senso letterale, si canta la
il mondo, ed Egli ricevesse l'omaggio di adora-
zione di tutti i popoli.
magnificenza di Dio nella creazione, e si inneggia
alilagrandezza dell'uomo e alla sovranità conces-
Lo hai costituito, ecc. Queste parole indicano il
Dio sopra tutte le creature (Gen. I, 26). dominio e la potestà assoluta su tutte le cose,
sagli da
Ma si parla dell'uomo ideale, dell'uomo cioè quale che il Padre donò a Gesù Cristo. E però da
osservare, che la frase lo hai costituito sopra le
uscì dalle mani di Dio, e non ancora contaminato
opere delle tue mani, manca nei codici B D K L,
dalla colpa. Ora é chiaro, che le lodi tributate
nella più parte delle versioni e negli scritti dei
aiìl'uomo dal salmista possono e devono con molta
Padri (S. Giov. Cris., Teofiilat.), benché si trovi
maggior ragione essere attribuite a Gesù Cristo,
nei codici K A C. Può essere quindi che si tratti
e quindi non vi ha dubbio che il salmo, in senso
di una glossa, inserita qui dal salmo Vili. La
spirituale, sia messianico (Cf. Teofilatto, h. 1.).
questione non ha grande importanza, poiché l'ar-
Anche i Giudei lo interpretavano in senso messia-
nico (Cf. Matt. XX, 16). Uno, cioè Davide. In
gomentazione dell'Apostolo sussiste in tutto il suo
valore, in forza delle prime parole del versetto
certo luogo, cioè nel salmo VIII, 5 e ss. Che è
l'uomo, ecc. Quanto non è mai piccola cosa
seguente : hai assoggettate ai piedi di lui tutte
le cose, le quali esprimono in modo più chiaro
l'uomo, se lo si paragona all'immensità del creato !

ancora lo stesso concetto.


Perciò il sallmista si domanda che cosa mai vi
sia di grande nell'uomo, perché Dio si degni di Egli ha assoggettate, ecc. S. Paolo insiste
8.
ricordarsi di lui e vale a dire ricol-
di visitarlo, sulle ultime parole della citazione, per mostrare
marlo di tanti benefizi? Figliuolo dell'uomo è un che il mondo messianico fu assoggettato vera-
ebraismo equivalente a uomo. In senso spirituale mente a Gesù Cristo e nen agli angeli (v. 5).
il salmista, considerando la debolezza dell'umana Nulla ha lasciato, ecc. Se sta scritto, che Dio ha
natura, ammira la bontà di Dio che volle assu- assoggettato a lui tutte le cose, vuol dire che non
merla nell'unità della persona del Verbo. vi è nulla, sia tra le cose visibili che tra le invi-
7. Benchéin se stesso l'uomo sia fragile e de- sibili, che non sia soggetto a Gesù Cristo (Cf. I
bole, ha tuttavia ricevuto da Dio grandi benefizi, Cor. XV, 27). Gesù Cristo come Dio è uguale al
ebbe cioè una natura di poco inferiore a quella Padre, ma come uomo è minore del Padre (Giov.
degli angeli, fu circondato di gloria e di onore e XIV, 28), ed è per conseguenza a Lui come uomo,
ottenne il dominio su tutte quante le cose. Le che il Padre ha assoggettate tutte le cose. Adesso
parole di questo versetto, applicate a Gesù Cristo, però, ecc. L'Apostolo previene una difficoltà :
hanno però un senso molto più alto. Egli fu fatto adesso, nel tempo presente, non vediamo ancora
per alcun poco (il greco PpaXv n può significare tutte le cose a lui soggette, poiché molti infedeli
sia per breve tempo e sia un poco : se si riferisce e peccatori sono ribelli alla sua autorità. Ma per
all'uomo, allora è preferibile quest'ultimo senso, il fatto stesso che l'Apostolo dice adesso e ancora,

ma se si parla di Gesù Cristo, allora si deve lascia capire che non sarà sempre così in avve-
ritenere il primo senso), ossia per breve tempo, nire, ma verrà giorno in cui Gesù Cristo eserciterà

29 — Sacra Bibbia,, voi. IL


450 Ebrei, II, 9-12

•Eum autem, qui mòdico quam Angeli mi- ®Ma quel Gesù, che per alcun poco fu
noràtus est, vidéraus lesum propter passió- fatto inferiore agli Angeli lo vediamo per
nem mortis, gloria et honóre coronàtum : ut la passione della morte, coronato di gloria
gràtia Dei, prò omnibus gustàret mortem. e di onore onde per grazia di Dio gustasse
^*Decébat enim eum, propter quem omnia, per
tutti la morte. ^°Era infatti conveniente
et perquem omnia, qui multos fìlios in gló- che quegli, per cui e da cui (sono) tutte le
riam addùxerat, auctórem salutis eórum per cose, il quale aveva condotti molti figliuoli
passiónem consummàre. alla gloria, perfezionasse per via dei pati-
menti il condottìere della loro salute.
"Qui enim sanctificat, et qui sanctiflcàn- "Poiché e colui che santifica e coloro che
tur, ex uno omnes. Propter quam causam sono sono tutti da uno. Per la
santificati
non confùnditur fratres eos vocàre, dicens : qual cagione non ha rossore di chiamarli
^^Nunciàbo nomen tuum fràtribus meis : in fratelli, dicendo "Annunzierò il tuo nome
:

» Phil. II, 8. 12 Ps. XXI, 23.

tutta la sua isovranità, quando e tutti i buoni vo- cax), ossia rendesse perfetto, per mezzo della pas-
lontariamente, e tutti i cattivi per necessità, lo sione e della morte Gesù Cristo, col risuscitarlo
riconosceranino come Joro supremo Signore. da morte e farlo sedere alla sua destra, ecc.
(Ved. I, 2, 3; Filipp. II, 8). Condottìere è la
9. Ma, ecc. L'Apostolo prova che si adem-
pirà in avvenire la profezia : hai soggettate a lui
esatta traduzione del greco che anche
àpy.r\yÓY,
l'antica itala aveva tradotto ducem. Qui però non
tutte le cose, dal fatto che essa si è già adempita
significa solo colui che precede gli asltri, come fa
nella sua prima parte, l'hai fatto per alcun poco
il capitano coi suoi soldati, ma anche colui che
inferiore agli angeli, lo hai coronato di gloria, ecc.
prociu-a e fa conseguire un fine. Gesù Cristo
Dice quindi S. Paolo : noi vediamo già ora quel
quindi, non solo ci conduce alla salute, ma ce l'ha
Gesìì, che per breve tempo fu fatto inferiore agli
procurata coi suoi meriti (Ved. n. 9; V, 9).
angeli, lovediamo, dico, per la passione della
morte, coronato di gloria e di onore. La passione Dopo aver nel versetto precedente affermato
11.
della morte, ossia i dolori e la morte sofferti da convenienza della passione di Gesù Cristo,
la
Gesù Cristo, furono la causa meritoria della sua passa ora a darne le ragioni, la prima delle
esaltazione e deUa nostra salute (Cf. Lue. XXIV, quali <vv. 11-14) può riassumersi nel modo se-
26; Filipp. II, 8 e ss.). Affinchè l'abbassamento guente : Gesù Cristo e gli uomini hanno la stessa
del figlio di Dio non fosse più ai Giudei di scan- natura, ora gli uomini sono soggetti al dolore e
dalo, l'Apostolo indica subito il fine di questo alla morte, e quindi fu conveniente che anche
abbassamento, e la gloria immensa che ne ri- Gesù si assoggettasse al dolore e alla morte.
dondò a Gesù Cristo stesso. Onde per grazia, ecc. E colui che, ecc. Era conveniente la passione
Queste parole vanno probabilmente unite a fu di Gesù Cristo, poiché e colui che santifica, ossia
fatto inferiore agli angeli. Gesù fu per breve Gesù Cristo, autore della nostra salute (I, 3; II,
tempo umiliato, affinchè per grazia di Dio (greco 10; IX, 13, 14), e coloro che sono santificati, cioè
XàpiTi 0eo6), ossia per un atto di pura benevo- gli uomini, sono da uno, ossia provengono dallo
lenza di Dio, e quindi senza nessun nostro merito stesso Adamo (secondo altri, dallo stesso Dio),
(Cf. Giov. Ili, 16; Rom. V, 8 e ss.), gustasse la ed hanno perciò la stessa natura, e appartengono
morte (ebraismo equivalente a morisse) (Cf. Matt. alla stessa famiglia. Per questo motivo, che Gesù
XVI, 28 ; Mar. Vili, 39 ; Lue. IX, 27 ; Giov. Vili, Cristo e gli uomini hanno la stessa natura umana,
52) per tutti (gr. vithp :rovTÓ<; = per ognuno), Egli, benché infinitamente superiore agli uomini,
ossia per tutti e singoli^gli uomini. Il prezzo sbor- non si vergogna di chiamarli col nome di fratelli
sato da Gesù Cristo è più che sufficiente a pagare (Ved. Rom. Vili, 29; Matt. XXVIII, 10; Giov.
i debiti di tutti (Ved. n. II Cor. V, 15; I Tim. XX, 17). Per il fatto stesso che S. Paolo dice.
Il, 6). che Gesù Cristo non si vergogna di chiamare gli
Alcuni però preferiscono unire onde per gra- uomini suoi fratelli, suppone evidentemente, che
zia, ecc., a passione della morte, e spiegano : Gesù Cristo sia assieme uomo e Dio.
Vediamo Gesù coronato di gloria per la passione
12. Prova, con una citazione del salmo XXI,
della morte da lui sofferta, affine di morire per
23, secondo LXX, che Gesù Cristo ha veramente
i
tutti gli uomini, ossia di salvarli.
chiamato gli uomini col nome di fratelli. Questo
10. Nei vv. 10-18 S. Paolo passa a spiegare, salmo è messianico in senso letterale, come am-
perchè il Figlio di Dio si sia incarnato, ed abbia mette tutta la tradizione sia giudaica che cristiana
sofferto tante stessa morte.
umiliazioni e la (Cf. n. Matt. XXVII, 46; Giov. XIX,
24). In esso
Era conveniente alla bontà di Dio e alla nostra Messia, dopo aver descritto nel modo più tra-
il

miseria, ma non assolutamente necessario, per- gico e preciso l'umiliazione e l'acerbità della sua
chè Dio avrebbe potuto salvare il mondo in altri passione, al vedersi poi risuscitato e glorificato
modi. Quegli per cui, come per causa finale, e da prorompe in un cantico di ringraziamento a Dio,
cui, come da causa efficiente, sono state create che comincia appunto colle parole qui citate da \

tutte le cose, è l'eterno divin Padre. Era conve- S. Paolo, Annunzierò il tuo nome, ossia predicherò
niente che questo Padre, il quale negli eterni la tua gloria, e la tua bontà ai miei fratelli, cioè
suoi decreti aveva predestinati, e nel tempo vo- immediatamente ai miei discepoli, e per mezzo di
leva condurre alla gloria celeste, una gran molti- essi a tutto il mondo. Ti loderò in mezzo alla
tudine di figli adottivi, perfezionasse (gr. xeXeiS- Chiesa, cioè all'assemblet dei miei fratelli.
Ebrei, II, 13-16 451

mèdio Ecclésiae laudàbo te. "Et ìterum : ai miei fratelli : ti loderò in mezzo alla
Ego ero fidens in eum. Et iterum Ecce ego, : Chiesa. nuovo "E di : Io mi affiderò a lui.
et pùeri mei, quos dedit mihi Deus. E di nuovo Eccomi, : io ed i miei figliuoli,
che Dio mi ha dati.
**Quìa ergo pùeri communicavérunt carni, "Poiché dunque i figliuoli parteciparono
et sanguini, et ipse similiter participàvit la carne ed il sangue, egli pure partecipò
eisdem ut per mortem destrùeret eum, qui
:
similmente le medesime cose affine di :

habébat mortis impérium, id est, diàbolum : distruggere per la morte colui che aveva
^^Et liberàret eos, qui timóre mortis per l'impero della morte, cioè il diavolo : ^"e
totam vitam obnóxii erant servitoti. affine di liberare coloro, che pel timore della
morte stavano per tutta quanta la vita in
schiavitù.

^'Nusquam enim Angelos apprehéndit, ^''In nessun luogo infatti viene in aiuto

" Ps. XVII, 3; Is. VIII. 18. " Os. XIII, 14; I Cor. XV, 54.

13. S. Paolo porta due altre citazioni, per pro- di 17), era seguita la morte (Gen.
Dio (Gen. Il,

vare che Gesù Cristo è veramente partecipe della Ili, 24; Rom. V, 12). Ora Gesù Cri-
19; Sap. II,

nostra natura. Io mi affiderò a /ui, ossia metterò sto morendo per noi ha espiato il peccato cagione
hi lui la mia confidenza. Queste parale si trovano della nostra morte, ed ha soddisfatto a Dio per
in una forma pressoché identica in tre luoghi della noi e quindi ci ha liberati dalla morte e ci ha
Scrittura, secondo i LXX, cioè II Re XXII, 3
: ;
meritata la grazia della futura gloriosa risurrezione
Is. XII, 2, e Is. VIII, 17, ma è probabile che (Ved. n. I Cor. XV, 24 e ss.).

S. Paolo citi Is. VIII, 17, poiché la citazione se- 15. Afflne di liberare, ecc. Prima della venuta
guente é tratta da Is. Vili, 18. Se il Messia, par- di Gesù Cristo, il timore della morte pesava come
lando per bocca di Isaia, dice che pone in Dio un incubo sugli uomini, a motivo dell'incertezza
la sua confidenza, mostra chiaro che egli è uomo di ciò che sarebbe avvenuto dopo dì essa (Cf . Rev.
soggetto alle miserie umane, poiché non conviene Bib., 1898, p. 208). Questo timore teneva quindi
che ad un uomo confidare nell'aiuto di Dio e gli uomini in una specie di continua schiavitù. Ma
aspettare di essere soccorso. Eccomi io, ecc. Gesù Cristo ci ha da esso liberati, sia col porci
Questa seconda citazione è tratta da Isaia, Vili, davanti agli occhi la futura gloriosa immortalità,
18, secondo i LXX. Il profeta aveva ricevuto da sia col suo esempio, e sia coll'aver aperte le
Dio due figli, a cui aveva imposto nomi simbo- porte del cielo già chiuse, e averci data la certa
lici (Is. VII, 3; Vili, 8). Ma egli coi suoi figli speranza della futura risurrezione. Per il cri-
rappresentava il piccolo numero di Israeliti rimasti stiano, la morte è divenuta la liberazione dai mali
fedeli al Signore, e in ciò era pure figura di Gesù presenti, e la porta che lo introduce nella beata
Cristo, come è chiaro dal contesto d'Isaia. Ora eternità.
Gesù Cristo chiama qui suoi figliuoli quelli stessi 16. Dà la ragione per cui Gesù Cristo prese
che prima aveva chiamato suoi fratelli, mostrando una natura passibile e mortale come la nostra.
così che Egli partecipa alla loro stessa natura.
Questa ragione si è, che Egli è venuto a salvare
L'Apostolo compie il suo argo-
14. Poiché, ecc. uomini passibili, e non già angeli incorporei e
mento dicendo uomini hanno una natura pas-
: gli immortali. In nessun luogo della Scrittura si legge
sibile e mortale, fu dunque conveniente che Gesù che Egli viene, ecc. Il greco où yàp br\itov, tradotto
Cristo, essendosi fatto uomo, avesse ancor Egli nusquam = in nessun luogo, significa piuttosto
una natura passibile e mortale. I figliuoli, sono profecto, certe = certamente, senza dubbio Egli
gli uomini, come nel versetto precedente. Parteci- non viene, ecc. Viene in aiuto. Il latino appre-
parono tutti la stessa umana natura. La carne e héndit è al tempo presente, come è chiaro dal
il sangue (greco il sangue e la carne), espressione greco èjTtXoiipàveTat. Questo verbo ha ordinaria-
ebraica per indicare la natura umana, riguardata mente presso i LXX, il senso di mettere la mano
come debole, passibile e mortale (Matt. XVI, 17; sopra, soccorrere, aiutare (Ved. Zorell, Lexicon
I Cor. XV, 50; Gal. I, 16, ecc.). Egli, cioè Gesù Graecum). Dice quindi l'Apostolo che Gesù Cri-
Cristo, partecipò, ossia prese una natura passi- sto non venne a portar aiuto, ossia a redimere
bile e mortale come la nostra. Affine di distrug- gli angeli ribelli, ma al contrario venne per re-
gere, ecc. Indica un'altra ragione dellla conve- dimere la razza di Abramo, e quindi dovette
nienza della passione e della morte di Gesù. Colla prendere la natura umana, e non la natura ange-
sua morte Egli distrusse l'impero della morte, e lica. Questa spiegazione corrisponde molto bene
liberò ancora gli uomini dal timore della morte al contesto, e mostra il nesso logico che vi é tra
04 -16). si fece uomo pas-
Gesù Cristo adunque questo versetto e i due versetti precedenti. Pa-
sibUe morire, e per mezzo della sua
affine di recchi commentatori antichi (S. Giov. Cris., Teofl-
morte distruggere (gr. naxaprhon = ridurre al- latto, ecc.), e qualche moderno (Martini, Ram-
^impotenza, spogliare della potestà) il diavolo, baud, ecc.), spiegano questo versetto come se
che aveva l'impero della morte. Si dice che il qui parlasse direttamente dell'unione ipostatica :
si
diavolo aveva l'impero della morte, non già nel Non legge in alcun luogo, che il Verbo di Dio
si
senso che egli potesse far morire gli uomini a dovesse assumere la natura angelica, ma bensì
suo piacere (Cf. Deut. XXII, 39; I Re, II, 6; che doveva assumere la natura umana. Questa
Sap. XVI, 13), ma nd senso che egli aveva in- spiegazione, benché grammaticamente esatta e vera
uomini
ciotto gli al peccato, dal quale, per decreto in se stessa, non corrisponde guari al seguito delle
452 Ebrei, II, 17 — III, 1

sed semen Abrahae apprehéndìt. ^^Unde agii Angeli, ma viene in aiuto al seme di
débuit per omnia fratribus similari, ut mi- Abramo. "Laonde egli dovette in ogni cosa
seri cors fieret, et fldélis póntifex ad Deum, essere simile ai fratelli, aflBne di divenire
ut repropitiàret delieta pópuli. "In eo enim, un pontefice misericordioso e fedele presso
in quo passus est ipse et tentàtus, potens est Dio, per espiare i peccati del popolo. ^"Poi-
et eis, qui tentàntur, auxiliàri. ché per aver egli patito, ed essere stato ten-
tato, può altresì porgere soccorso a coloro
che sono tentati.

CAPO III.

Gesù Cristo superiore a Mosè, i-6. —


EsortazioTie a perseverare nella fede cristiana,
affine di non essere escliisi dal cielo come gli israeliti per la loro incredulità
furono esclusi dalla terra promessa, 7-19.

^Unde fratres sanati, vocatiónis caeléstis ^Adunque, fratelli santi, partecipi della
participes, considerate Apóstolum, et ponti- vocazione celeste, considerate l'Apostolo e

idee (Ved. Brassac, M. B., t. IV, p. 521). Scri- greca tà npò<; tòv 0eóv andrebbe tradotta coU'an-
vendo agli Ebrei, discendenti d'Abramo, a cui tica itala « in his quae sunt ad Deum » (Cf . V,
erano state fatte le promesse defl futuro riparatore 1), vale a dire in ciò che ha rapporto con Dio,
(Gen. XII, 3, ecc.), S. Paolo dice che Gesii ossia in ciò che riguarda le relazioni degli uomini
Cristo venne in aiuto al seme di Abramo, non già con Dio. Spiega più determinatamente quale sia
per escludere gli altri uomini, ma per far risal- l'ufficio di questo Pontefice, aggiungendo che
tare gli speciali privilegi concessi da Dio alla esso è ordinato ad espiare (gr. eiq xò ixàaxea9ai)
nazione Israelitica. D'altra parte, secondo San i peccati del popolo, cioè i peccati nostri. Le
Paolo, tutti i fedeli sono discendenti di Abramo parole del popolo sono suggerite dai varii passi
(Rom. IX, 6 e ss.; Gal. HI, 6 e ss.; VI, 16), del Levitico, nei quali si parla delle funzioni del
e quindi la frase, viene in aiuto al seme di Sommo Sacerdote (Cf. Lev. IV, 15 e ss. ; XXVJ,
Àbramo, equivale a viene in aiuto a tutti gli 1 e ss.).
uomini, siano essi Giudei o pagani, all'unica con-
per aver egli patito ed essere stato
18. Poiché,
dizione che abbiano fede in Lui.
tentato. greco può tradursi più chiara-
Il testo
17. Laonde, ecc. Poiché dunque Gestì Cristo mente essendo egli stesso stato tentato in ciò
:

veniva in soccorso dell'uomo, dovette, vale a dire che ha sofferto. La parola tentato non ha qui il
fu conveniente (Ved. v. 10), che fosse simile ai senso di eccitato al male, ma quello di provato
fratelli, cioè agli uomini (Ved. n. Filipp. II, 7) (Cf. Lue. XX, 11, 28; Ciac. I, 2, 12). Gesù Cri-
in ogni cosa compatibile colla sua divinità, e sto, facendosi uomo, ha voluto provare egli stesso
quindi nelle sofferenze, nella morte, ecc. È chiaro le sofferenze dell'umanità, la persecuzione, il do-
che, oltre al peccato (Ved. IV, 14), vanno ancora lore e la morte, e quindi può altresì, ossia è
esclusi da Gesù Cristo tutti quei difetti che sono inclinevole, e pronto a porgere soccorso a coloro
incompatibili colla perfezione della sua scienza e che sono tentati, ossia che sono provati dal do-
della sua grazia, come per esempio l'ignoranza, lore, ecc. (Cf. IV, 15; V, 2, dove è spiegato più
la proclività al male, ecc. (Cf. S. Tomai., S. Th., empiamente questo stesso pensiero). Chi ha provato
p. Ili, q. XIV, a. 4). per esperienza il male, si sente più inclinato a soc-
Affinchè, ecc. Gesù Cristo ha inoltre voluto correre gli altri. Anche Virgilio dice Non ignara :

essere simile agli uomini affine di essere mise- mali miseris succurrere disco (Aeneid., I, 639).
ricordioso verso di noi. Colui che ha provato per
propria esperienza il dolore, più facilmente com-
patisce gli altri. La voce misericordioso potrebbe CAPO III.
anche considerarsi come un epiteto aggiunto a
pontefice (Cf. IV, 15; V, 2). Pontefice. Il greco 1. Dopo
aver provato (cap. I e II) che Gesù
dpXtepevq non significa solo sacerdote (tepsuq), Cristo è di gran lunga superiore agli angeli, San
ma capo dei sacerdoti. Gesù Cristo nella nuova Paolo passa ora a provare (III, 1-IV, 13) che Egli
alleanza tiene il posto che nell'antica alleanza è ancora di gran lunga superiore a Mosè. Comincia
occupava il Sommo Sacerdote. S. Paolo comincia collo stabilu-e (III, 1-6) un parallelo tra Gesù e
a dare a Gesù Cristo questo titolo, che esprime Mosè, mostrando quanto il primo avanzi il se-
così bene la funzione che Egli esercita, e della condo, e poi, nei vv. III, 7-IV, 13, fa una lunga
quale principalmente si tratta in questa lettera. esortazione pratica alla perseveranza nella fede
Fedele, che cioè adempie con tutta perfezione le di Cristo. Potrebbe sembrare cosa superflua di-
funzioni del suo ufficio, che sono quelle di essere mostrare che Gesù Cristo è superiore a Mosè,
presso Dio come il rappresentante dei fedeli, e dopo aver provato che Egli è superiore agli an-
delle loro necessità, ecc. Presso Dio. La frase geli, ma non era così per i Giudei, i quali rìte-
Ebrei, III, 2-4 453

flcem confessìónis nostrae lesum : ^Qui fl- ilPontefice della nostra confessione, Gesù :
délis est eì, qui fecit illum sicut et Móyses ^che è fedele a colui che lo ha stabilito,
in omni domo eius. ^Ampliórìs enim glóriae come già Mosè in tutta la casa di lui. ''Poi-
iste prae Móyse dignus est habitus, quanto ché egli è stato riputato degno di tanta
ampliórem honòrem habet domus, qui fabri- maggior gloria sopra Mosè, quanto più
càvit illam. grande che quel della casa è l'onore di co-
lui che la fabbricò.
^Omnis namque domus fabricàtur ab àli- *Ogni casa infatti è fabbricata da qual-
quo qui autem omnia creàvit, Deus
: est. cuno ora colui che creò tutte le cose è Dio.
:

2 Num. XII. 7.

nevano Mosè come superiore agli angeli (Ved. M. 7) aveva detto di Mosè a è fedelissimo in tutta
:

B., Brassac, t. IV, p. 521, 522). la mia casa ». La fedeltà di Gesù fu molto mag-
Voi adunque, ecc. Questo primo versetto forma giore di quella di Mosè, tuttavia S. Paolo si con-
la conclusione logica di quanto precede. Poiché tenta di dire dapprima che fu fedele come Mosè,
dunque Gesù Cristo ha la nostra natura, ed è affine di cattivarsi subito gli animi dei lettori.
un Pontefice pieno di compassione per le nostre Prova con un primo argomento, che Gesù
3-4.
miserie, S. Paolo invita i suoi lettori (vv. 1-2) a
Cristo è superiore a Mosè. Infatti Mosè non è
fissar bene ì loro sguardi in Gesù Cristo, fedele
che una parte della casa di Dio, Gesù invece ne
come Mosè nell'adempimento del suo ufficio. Fra- è il fabbricatore e il padrone; ossia fuori di me-
non solo perchè discendenti da
telli, Abramo
tafora Gesù Cristo è quegli stesso che ha costi-
(Rom. IX, 3), ma principalmente perchè cristiani.
tuito e creato il popolo d'Israele, di cui Mosè fu
Santi, perchè chiamati alla santità, e per il Bat-
condottiero. Poiché si riferisce al v. 1 e dà la
tesimo mondati dai peccati e incorporati a Gesù ragione, perchè i Giudeo-cristiani debbano consi-
Cristo (Cf. Atti IX, 13; Rom. I, 7; Efes. I,
derare attentamente Gesù Cristo. Di tanto mag-
1, ecc.). Partecipi della vocazione celeste (Ved. n.
gior gloria. Nel testo latino si deve sottintendere
Filipp. Ili, 14), per la quale Dio vi ha chiamati
tanto, in corrispondenza con quanto. La parola
alla fede e alla grazia di Gesù Cristo. Questa vo-
domus è un genitivo calcato sul greco xov oìxo»,
cazione viene detta celeste, sìa per ragione del
che avrebbe potuto esprimersi meglio con domo o
suo principio, che è Dio Padre (Gal. V, 8), e quam domus. L'Ap. vuol dire, che l'onore ridon-
sia per ragione del suo fine, che è di farci en-
dante su colui che fabbricò la casa, è più grande
trare in possessione del regno celeste. Considerate
che l'onore ridondante sulla casa stessa, e ciò
attentamente l'Apostolo, ecc. Gesù Cristo è l'Apo-
che nella casa sì contiene. Questo princìpio gene-
stolo delia nostra fede, perchè fu mandato (apo-
rale, che si verìfica per gli edifizi materiali, si
stolo significa mandato) dal Padre a predicarci
verifica ancora per gli edifizi spirituali, quale è
quella dottrina che noi riteniamo con fede (Cf.
la formazione del popolo di Dio (v. 2). Questa
Giov. V, 36 e ss.; XVII, 18; XX, 21). Egli è
casa dì CUi parla l'Apostolo è l'antica alleanza,
ancora il Pontefice, perchè col suo sacrificio placa
compresovi Mosè, ilfabbricatore di essa è Gesù
l'ira di Dio e riconcilia gli uomini con Lui. Gesù
Cristo. Fabbricò. Il greco xaraoxevàooq non signi-
Cristo riunisce quindi in se stesso le due fun-
fica solo fondare, ma anche fornire, provvedere
zioni, che nell'antica alleanza erano divise tra
tutto ciò che è necessario.
Mosè ed Aronne. Ora S. Paolo comincia a mo- Ogni casa infatti, ecc. Prova che Gesù Cristo è
strare che Gesù Cristo è superiore a Mosè, ri-
i'I fabbricatore della casa di Dio. Ogni casa ha il
SfBfvandosi di far vedere in seguito (V, 1 e ss.)
che il suo sacerdozio è anche superiore a quello
di Aronne. Della nostra confessione, ossia della
fede che noi professiamo. Gesù viene detto pon-
tefice della nostra fede, perchè è oggetto della
nostra fede, oppure perchè la fede è la condi-
zione essenziale per godere dei frutti del suo
sacrifizio.

2. Che è fedele (gr. moròv óvta). Volendo mo-


strare la superiorità diGesù Cristo su Mosè,
comincia da ciò che fu comune ad entrambi,
e invita i lettori a considerare Gesù Cristo, in
quanto fedele nel compiere il suo ufficio. A lui,
cioè a Dio, che lo ha stabilito nell'ufficio di Apo-
stolo e di Pontefice (Cf. Atti Ap. II, 36). Tale è
il vero senso delle parole ei qui fecit illum (tv
Fig. 50. — Architetto.
xotnoovTi oÙTÓv) = a colui che lo ha stabilito
(Cf. S. Giov. Cris., Teodoreto, Teofllatto, ecc.). suo architetto che l'ha fabbricata, e quindi anche
Come già (meglio anche) Mosè fu fedele in tutta quella casa, di cui Mosè è una pietra primaria,
la casa di lui (Dio), cioè nell'amministrazione e deve avere il suo architetto, il quale non pud
nel governo del popolo d'Israele, il quale viene essere altri che Dìo, creatore (nel greco vi è anche
qui chiamato casa o famiglia di Dio, come al qui xatocxevdera? = fabbricatore come nel ver-
v. 6 il popolo cristiano viene chiamato casa o setto precedente) di tutte quante le cose. Ma
famigSia dì Gesù Cristo. Dio stesso (Num. XII, Gesù Cristo è Dio, ossia è il Verbo per cui il
454 Ebrei, III, 5-9

*Et Móyses quidem fidélis erat In tota domo ^E Mosè veramente era fedele in tutta la
eìus tamquam fàmulus, in testimónìum eó- casa di lui come
servitore, per essere testi-
rum, quae dicénda erant *Christus vero : mone di quelle cose che si dovevano dire :
tamquam filius in domo sua : quae domus 'ma Cristo come figliuolo sopra la propria
sumus nos, si gióriam spei
fldùciam, et casa qual casa siamo noi, se riteniamo
: la
usque ad flnem, flrmam retineàmus. ferma sino al fine la fiducia e la gloria della
speranza.
^Quaprópter sicut
dicit Spiritus sanctus : berciò come dice lo Spirito Santo Oggi :

Hódie si vocem
eius audiéritis, 'nolite ob- se udirete la sua voce *non vogliate indu-
duràre corda vestra, sicut in exacerbatióne rare i vostri cuori, come (nel luogo) della
secùndum diem tentatiónis in deserto, 'Ubi altercazione al di della tentazione nel de-
tentavérunt me patres vestri : probavérunt, serto, 'dove i padri vostri mi tentarono,

7 Ps. XCIV, 8; Inf, IV, 7.

Padre fece anche i secali (I, 2, 3, 8-10). Dunque Queste parole mancano nel Codice B, ma la loro
Gesù Cristo è ancora l'architetto che ha fondata autenticità è certa, trovandosi esse nei codici
l'antica alleanza, ed è superiore di gran lunga ACDEK L, ecc.
a Mosè, il quale, se lavorò attorno ad essa, vi 7. Come al cap. II, 1-4, così ora S. Paolo in-
laivorò solo come esecutore degli ordini e del
terrompe la sua dimostrazione, per esortare (III,
disegno del sovrano architetto Gesù (Cf. I Cor.
7-IV, suoi lettori a mantenersi perseveranti
13) i
X, 4-9). L'ultima parte dell'argomento, essendo
nella fede abbracciata, affinchè, come
cristiana
per sé evidente, è qui sottintesa da S. Paolo.
gli Israeliti loro incredulità furono esclusi
per la
5-6. Secondo argomento. Mosè non era che un dal riposo della terra promessa e vennero condan-
servo nella casa di Dio. Gesù Cristo invece è nati a morire nel deserto, così ancor essi non
Figlio di Dio, e come tale padrone della casa. siano esclusi dal riposo del cielo. L'esortazione
Mosè era fedele (Ved. n. 2), ossia adempiè fe- di S. Paolo, prende per base la seconda parte
delmente il suo dovere, ma come servitore nella del salmo XCIV (vv. 8-11), nella quale il sal-
casa di Dio, che era il popolo Giudaico. Per es- mista scongiura popolo d'Israele ad ascoltare
ti

sere testimone di quelle cose che si dovevano dir^ la voce di Dio e ad eseguire fedelmente i divini
al popolo. Queste parole spiegano in che consi- comandi, acciò non gli accada di essere punito
stesse il servizio che doveva prestare Mosè. Egli da Dio, come furono puniti gli antichi Ebrei nel ^

doveva testificare, ossia far conoscere, al popolo deserto. L'Apostolo comincia nei vv. 7-11 a citare
tutto ciò che Dio gli diceva. Tale ci sembra la il detto salmo secondo i LXX.
migliore e più comune spiegazione di queste pa- Perciò, ossia poiché nessuno può appartenere
role. Alcuni però (Ved. Fillion) ritengono, che Mosè aMa casa di Dio se non persevera nella vera fede
dovesse essere testimone di quelle cose che si do- e nella ferma speranza, perciò, secondo gli avvisi
vevano dire, nel senso che la legislazione da lui della Scrittura agli antichi Ebrei, badate (v. 12)
data e le cerimonie da lui istituite, essendo una di non abbandonare la fede. Tutto quel che segue,
figura ordinata a rappresentare Gesù Cristo che dalle parole come dice, sino al v. 12, costituisce
doveva venire, per mezzo di esse egli veniva a una lunga parentesi. Come dice, ecc., formola
rendere testimonianza a Gesù Cristo stesso (Cf. generaJe per introdurre una citazione della Scrit-
Gal. Ili, 24), la cui venuta d'altronde egli an- tura (Cf. IX, 8; X, 15). Lo Spirito Santo, che è
nunziò in termini espliciti (Deut. XVIII, 15). l'autore principale del salmo citato. Oggi. San
Cristo, cioè il Messia (sott. fu fedele), come Paolo insiste molto su questa parola (Cf. 13, 15,
Figliuolo, e perciò è superiore di gran lunga a IV, 7). Voce di Dio, è una grazia soprannaturale,
Mosè. Sopra (gr. èm) la propria casa. Si osservi come p. es. la predicazione della parola di Dio,
come Gesù non è nella casa di un altro, come per la quale Egli ci fa conoscere la sua volontà.
Mosè, ma è sopra, cioè a capo della casa propria
Indurare il cuore significa resistere alla gra-
8.
come figliuolo ed erede e padrone di essa. Questa
zia Dio, rifiutando di ascoltare la sua voce e
di
casa appartiene a Dio, ma appartiene ancora a
di fare quanto Egli comanda. Irritazione, tenta-
Gesù Cristo. Siamo noi. Spiega quale sia questa
zione, nel testo ebraico sono due nomi propri!
casa di Dio. In antico la casa di Dio era il popolo
(Meribah e Massah), per modo che si ha questo
Giudaico, ma adesso siamo noi cristiani, ossia è
senso come a Meribah, come nel giorno di
:
la Chiesa (Cf. I Cor. Ili, 9; Efes. II, 20-22; III,
Massah. Questo fatto è narrato: Esod. XVII, 1-7;
17; I Tim. Ili, 15; I Piet. II, 4, 5, ecc.). E però
Nura. XX, 1-13. Gli Israeliti, soffrendo penuria
da osservare, che i migliori codici greci hanno
di acqua, mormorarono contro Mosè, e tentarono
•5 oixóq e quindi invece di la qual casa siamo
Dio, diffidando della sua provvidenza e della sua
noi, si avrebbe la sua casa siamo noi. Il senso,
bontà. Per questo motivo, luoghi dove avven- i
come sì vede, non muta. Per godere però di
nero questi fatti furono chiamati Meribah, che
questo bel titolo di casa di Dio, dobbiamo per-
severare immobili sino alla fine nella fiducia (il
xoppnm'o indica quell'ardh'e, per cui corag-
significa contesa,
gnifica
altercazione,
tentazione.
e Massah, che si-
!
gr.
giosamente si professa la fede. Rom. V, 2 e ss.), Tentarono, ossia mi provocarono. Si osservi
9.
ossia nella franca professione della fede, e nella il mutamentodi persona, che avviene In questo
gloria della speranza, ossia nella speranza dei versetto del salmo. Dìo parla ora in persona
beni eterni, che forma la nostra gloria, oppure prima. Fecero prova, ossia vollero provocare la
la nostra alllegrezza (Rom. V, 2). Sino alla fine. mia potenza e la mia provvidenza, perchè dubi-
Ebrei, III, 10-15 455

et vidéruntopera mea "quadragìnta annis : fecero prova di me, e videro le mie opere
Propter quod infénsus fui generatiónì huic, "per quarant'anni perciò fui disgustato
:

et dixi : Semper errant corde. Ipsi autem altamente con questa generazione, e dissi :

non cognovérunt vias meas, "Sìcut iuràvi Costoro errano sempre col cuore. Ed essi
in ira mea : Si introibunt in rèquiem meam. non hanno conosciuto le mìe vie, ^^perciò
giurai nella mia ira Non entreranno nel
:

mio riposo.
"Vidéte fratres, ne forte sit in àliquo "Badate, fratelli, che non vi sia in alcuno
vestrum cor malum incredulitàtis, discedéndi di voi un cuor cattivo per l'incredulità, onde
a Deo vivo ^'Sed adhortàmini vosmetipsos
: vi allontaniate da Dio vivo "ma esortatevi
:

per sìngulos dies, donec Hódie cognominà- gli uni ogni giorno, sino a tanto
gli altri
tur, ut non obdurétur quis ex vobis fallàcia che si chiama giorno d'oggi, affinchè qual-
peccati. cuno di voi non rimanga indurato per la
seduzione della colpa.
"Participes enim Christi effécti sumus : ^"•Siamo infatti divenuti consorti di Cri-
si tamen initium substàntiae eius usque ad sto : purché riteniamo fermo sino alla fine
finem fìrmum retìneàmus. ^*Dum dìcitur : il fondamento, per cui siamo in lui soste-

tavano che io fossi sì potente da soccorrerli. E 13. Ma esortatevi gli uni cogli altri vicendevol-
videro, vale a dire benché avessero già veduto mente, sia colle parole e sia coU'esempio, a es-
i grandi miracoli, che io avevo fatti per loro. sere costanti nella fede, e a perseverare nell'c»-
10. Per quarant'anni. Queste parole, che qui servanza della legge di Gestì Cristo. Sino a tanto
vanno unite al versetto precedente, invece nel che si chiama giorno d'oggi, ossia finché dura il
testo ebraico, nella versione dei LXX, nella ver- giorno d'oggi, che é la vita presente (Cf. Giov.
sione di S. Gerolamo, nonché al cap. Ili, 17, IX, 4), e quindi il tempo di grazia e di penitenza
sono unite a fui disgustato. Il senso però rimane concesso a ciascuno. L'Apostolo si riferisce al-
inalterato, poiché l'uno è conseguenza dell'altro. l'oggi della citazione fatta al v. 7. Affinchè, ecc.
Dio rimase disgustato per quarant'anni,
infatti Ecco il risultato, che si deve ottenere per mezzo
perchè gli Ebrei per tutto questo tempo, che diu-ò di queste vicendevoli esortazioni. Niuno rimanga
la loro peregrinazione nel deserto, lo tentarono, indurato. Anche qui si allude alle parole del
e provocarono ad ira, benché avessero veduti salmo (v. 8). Per la seduzione della colpa, che è
tanti miracoli. Perciò (gr. 6tó), manca nel testo o ad essa conduce. Esortatevi adun-
l'incredulità
greco del salmo, ma serve a spiegar bene il que scambievolmente, affine di non cadere nella
senso. Fui disgustato altamente, o meglio mi sono apostasia.
irritato contro questa generazione, ossia questo 14. Motivo per cui si deve badare a non ca-
popolo, e dissi : costoro hanno sempre un cuore dere Diventando increduli si per-
nell'infedeltà.
perverso e ribelle, e non hanno conosciute le mie dono beni d'infinito valore. Infatti, per mezzo
vie, vale a dire non hanno fatto alcun conto dei della fede e del Battesimo e dell'Eucaristia, noi
miei precetti, trasgredendoli in tutti i modi. siamo divenuti consorti di Cristo, ossia siamo stati
11. Perciò. greco &q è qui usato invece di
Il incorporati a lui, e partecipiamo alla sua vita,
Aon, che per la qual cosa, ecc.
significa perciò, alle sue grazie e a suo tempo anche alla sua
Giurai nella mia ira. Questo giuramento con cui gloria (Rom. XII, 5; I Cor. VI, 15; X, 17; XII,
Dio condannò a morire nel deserto tutti gli 27; Gal. Ili, 27; Efes. Ili, 17; V, 30). Per go-
Israeliti usciti dall'Egitto, ad eccezione di Giosuè dere però di questi così grandi privilegi, è condi-
e di Caleb è riferito: Num. XIV, 27 e ss.; zione indispensabile che riteniamo sino alla fine
XXXII, 10 e ss. ; Deut. I, 34. Non entreranno. il fondamento, per cui siamo in lui sostenuti, vate

La forma latina si introibunt, è un ebraismo equi- a dire che siamo perseveranti nella fede cristiana,
valente alla negazione non entreranno (Cf. Gen. che è il fondamento della nostra unione con Gesiì
XIV, 23: I Re III, 17; Mar. VIII, 12, ecc.). 7/ Cristo. Queste ultime parole, si tamen initium,
mio riposo, ossìa il luogo di riposo che io ho loro ecc., vengono tradotte in diverse maniere : se ri-
preparato e promesso. Questo luogo di riposo, teniamo fermamente sino alla fine la sicurezza,
in senso letterale, non era altro che la terra di ossia la convinzione, del principio, vale a dire,
Canaan, dove gli Israeliti avrebbero dovuto ripo- la fede, che avemmo quando ci siamo convertiti;
sarsi, dopo le fatiche del deserto (Lev. XXVI, se riteniamo fermamente sino alla fine il principio
11-12; Deut. XII, 9-10); ma in senso spirituale, della nostra sussistenza, ossia quel principio, che
«ignifica la beatitudine celeste. é la fede, per la quale noi diventiamo una nuova
creatura (I Cor. V, 17; Gal. VI, 15). Come si
12. S. Paolo applica egli stesso ai suoi lettori
vede, tutte le diverse interpretazioni convengono
le parole del salmo citato, mostrando una viva
quanto al senso, e le divergenze provengono dalla
preoccupazione e un forte timore, che alcuni ven-
parola greca vitóaxaatq = substantia, che può
gano a perdere la fede e a tornare all'antico Giu-
avere diverse significazioni. E ancora da osser-
daismo. Un cuore cattivo per l'incredulità, oppure
vare, che nel greco manca il pronome ejus = di
un cuore malvagio o maldisposto (Matt. V, 34)
lui.
e incredulo verso Dio. Vi allontaniate, ossia apo-
statiate della vera fede e da Dio, che è vivo e 15. Mentre, ecc. Non si accordano gli esegeti,
sem^pre pronto a punire l'oltraggio che gli fate. nel determinare in qual modo questo versetto si
Queste parole suppongono i lettori corressero pe- connetta a quel che precede e a quel che segue.
ricolo di diventare apostati. Alcuni lo riguardano come una frase a sé e indi-
456 Ebrei, III, 16 — IV, 1

Hódìe sì vocem eius audiéritis, nolite obdu- nuti. ^^Mentre si dice Oggi se udirete la
:

ràre corda vestra, quemàdmodum in Illa exa- Sua voce, non vogliate indurare i vostri
cerbatióne. cuori, come in quella altercazione.
^"Quidam enim audiéntes exacerbavé- "Alcuni che avevano udito, alter-
infatti
runt sed non univèrsi qui profécti sunt ex
: carono, ma non
già tutti quelli che per opera
Aegypto per Móysen. ^^Quibus autem in- di Mosè uscirono dall'Egitto. ^^E con chi
fénsus est quadraginta annis? Nonne illis, fu egli disgustato per quarant'anni? Non
qui peccavérunt, quorum cadàvera prostrata forse con coloro che peccarono, i cui cada-
sunt in deserto? "Quibus autem iuravit non veri furono stesi al suolo nel deserto? "E
introire in rèquiem qui in-
ipsius, nisi illis, a chi giurò egli che non entrerebbero nel
creduli fuérunt? ^'Et vidèmus, quia non po- suo riposo, se non a quelli che furono in-
tuérunt introire propter incredulitàtem. creduli? "E
noi vediamo che per Tincrc-
dulità non poterono entrarvi.

CAPO IV.

La terra promessa figura del riposo di Dio promesso a?iche anche a noi, i-io. —
Grave responsabilità di coloro a cui fu proìuesso il riposo, 11-13. Confi- —
denza in Gesti Cristo Pontefice della nuova alleanza, 14-16,

^Timeàmus ergo ne forte relieta pollicita- ^Temiamo adunque che per disgrazia ab-
tióne introeùndi in rèquiem eius, existimé- bandonata la promessa di entrare nel riposo

" Num. XIV, 37.

pendente, altri lo uniscono al versetto 13, cocsi- 17. Il versetto precedente ha annunziato la
derando il versetto 14 come una parentesi, altri lo colpa degli Israeliti, segue ora il castigo. Cadaveri
uniscono al versetto 16, ed altri al versetto 1 del nel deserto. Vi è un'allusione a Num. XIV, 29.
cap. IV. Ci sembra più probabile che debba unirsi (Gf. I Cor. X, 5). Il peccato di cui si parla è il
immediatamente al versetto precedente, come una peccato di incredulità.
spiegazione delle parole sino alla Une. Dobbiamo 18. Riposo (Ved. n. 11). Increduli. Il greco
cioè mantenerci fermi sino alla fine della vita, àneiQryaaaiy significa non sólo increduli, ma anche
ossia finché si dice dal salmista : Oggi se udi- disubbidienti.Il peccato degli Israeliti fu quindi
rete, ecc. (Cf. vv. 7, 8). un peccato di incredulità e di disubbidienza a
16. Nei vv. 16-19, fs. vedere come l'incredulità
Dio, che loro prometteva la terra di Canaan (Cf.
eia stata la causa che impedì agli Israeliti, usciti
Esod. XVI, XVII; Num. XIV, XXI). Come puni-
dall'Egitto, di entrare nella terra promessa. Così zione, Dio giurò che essi non sarebbero entrati
mette sott'occhio ai suoi lettori i gravi danni, a nella terra loro promessa.
cui andrebbero incontro se diventassero ancor essi Vediamo, ossia sappiamo dalla Scrittura,
19.
increduli. Quasi tutti i commentatori moderni leg- che non poterono di fatti entrare nella terra pro-
gono il V. 16 con due interogazioni. Cì}i sono messa, ma tutti gli adulti, eccetto Cajeb e Giosuè,
infatti coloro che, dopo aver udito (la voce di perirono nd deserto (Num. XIV, 28-30; XXVI,
Dio), altercarono? Non sono forse tutti coloro 63-65; I Cor. X, 5). Malgrado la proibizione di
che, per mezzo di Mosè, erano usciti dall'Egitto? Dio, gli Israeliti tentarono bensì di penetrare in
Infatti tutti gli Israeliti avevano ascoltata la voce Canaan, ma pagarono tosto il fio della loro disub-
di Dio, e sotto condotta di Mosè erano usciti
la bidienza (Num. XIV, 40-45).
dall'EgiUo, ma ad eccezione di Caleb e di
tutti,
Giosuè, diventarono increduli (Num. XIV, 38;
Gios. XIV, 8-9), e furono castigati da Dio. La CAPO IV.
Volgata latina ha letto nvéq = alcuni, invece di
xireq = chi, e quindi presenta il versetto senza 1. S. Paolo, dopo aver parlato della storia
interrogazione : alcuni, cioè la maggior parte degli degli Israeliti,passa ora (1-13) a farne l'applica-
Israeliti, dopo udita la voce di Dio, altercarono, zione ai suoi lettori. Se gli antichi Ebrei per la
ossia si ribellarono, ma non però tutti quelli che loro incredulità furono esclusi dal riposo loro pro-
uscirono dall'Egitto, poiché parecchi come Caleb messo, temiamo adunque anche noi cristiani che
e Giosuè, e quelli che non avevano ancora com- per disgrazia, abbandonata, ossia perduta di visu
piuto venti anni, ecc., restarono fedeli, ed en- per la nostra infedellà, la promessa, che Dio ci
trarono poi nella terra promessa (Num. XIV, 22- ha fatta di entrare nel riposo di lui, ossia nella
30). Anche il testo della Volgata è quindi suscet- beatitudine celeste, della quale era figura la terra
livo di ottima spiegazione, benché la forma ioter- di Canaan, alcuno di noi rimanga indietro, ossia
rogativa sembri piii probabile, essendo essa usata arrivi troppo tardi, e sia escluso da questa beati-
anche nei versetti seguenti. tudine. H testo greco e latino potrebbe anche tra-
Ebrei, IV, 2-6 457

tur àliquis ex vobis deésse. ^Etenim et nobis di lui, qualcuno


voi si trovi restare in-
di
nunciàtum est, quemàdmodum et illis, sed dietro. ^Anche noi come quelli, ab-
infatti,
non prófuit illis sermo auditus, non admistus biamo ricevuto la buona novella. Ma non
fidei ex iis, quae audiérunt. 'Ingrediémur giovò loro la parola udita, non contempe-
enim in rèquiem, qui credidimus quemàd- : rata con la fede delle cose udite. ^Poiché
modum dixit : Sicut iuràvi in ira mea : Si entreremo nel riposo noi che abbiamo cre-
introibunt in rèquiem meam : et quidem duto, conforme disse Come giurai nella :

opéribus ab institutióne mundi perféctis. mia ira Non entreranno nel mio riposo
: :

^Dixit enim quodam


loco de die sèptima
in e certamente (nel riposo che ebbe luogo)
sic : die sèptima ab om-
Et requièvit Deus compiute le opere dopo la fondazione del
nibus opéribus suis. ^Et in isto rursum Sì : mondo. *Egli infatti in un certo luogo parlò
introibunt in rèquiem meam. in tal guisa del settimo giorno : E Dio si
riposò il settimo giorno da tutte le opere
sue. ^E qui pure : Non entreranno nel mio
riposo.
^Quóniam ergo superest introire quosdam ^Poiché dunque resta che alcuni entrino
in illam, et ii, quibus prióribus annunciàtum in esso, e quelli, ai quali fu da prima an-

« Ps. XCIV, * Gen. II, 2.

dursi : Temiamo adunque che per disgrazia^ men- l'incredu/litàesclude dal riposo promesso, la fede
tre resta in vigore(lat. è lasciata a noi) la pro- al contrario farà entrare in esso.
messa di entrare nel riposo di lui, qualcuno di E ecc. Da questo punto sino al
certamente,
voi si trovi restare indietro. Per il senso non vi è versetto 10, S. Paolo spiega di quale riposo in-
gran differenza tra le due traduzioni. tenda piarlare il salmista nel passo citato. L'argo-
2. Anche noi, come quelli, cioè come gli antichi mentazione deill'Apostolo può riassumersi in que-
Israeliti, abbiamo ricevuto la buona novella (greco sto modo (Ved. Padovani, h. 1.). Il salmista esorta
èofièv = siamo evangelizzati),
i suoi contemporanei a non indurare i loro cuori,
eÙTiYYn^*«^^évoi
se non vogliono essere esclusi dal riposo di Dio.
vale a dire la promessa di entrare nel riposo di
Dio, ossia nella beatitudine celeste. Ma agli an-
Ora questo riposo di Dio, per ì contemporanei
tichi Ebrei non giovò nulla la parola udita, cioè la
dd salmista, non poteva più essere la terra di
Canaan, già da loro abitata, ma dev'essere quel
promessa che Dio aveva loro fatto di entrare nella
riposo che Dio, secondo la Scrittura, si prese
terra Canaan, perchè non la contemperarono
di
non credettero a quanto Dio loro
colla fede, ossia
dopo la creazione del mondo. In altre parole il:

riposo, di cui parla il salmista, non è altro che


aveva detto. Non contemperata. La Volgata segue
l'eterna beatitudine di Dio, a partecipare la quale
la lezione greca av>x->cey£paanévo<;, facendo concor-
noi siamo chiamati.
dare admixtus con sermo. Parecchi codici greci
hanno però evy-Keìiepaaiiévovq, accusativo plurale, E
certamente compiute, ecc. E certamente que-
che concorda col pronome loro, illis (gr. èxeivotx;), sto riposo, non è la possessione della terra di
Canaan, ma è quel riposo, di cui gode Dio dopo
in modo che si ha questo senso ma la parola :

udita non giovò loro, non essendo contemperati


la creazione del mondo, ossia è l'eterna beatitu-
dine. Le parole opere, ecc., alludono ai sei giorni
di fede. Il senso è sostanzialmente uguale, ma
della creazione.
la lezione della Volgata è più chiara, ed è gene-
ralmente preferita dai critici. 4. Nei vv. 4 e 5, S. Paolo commenta, con due
Delle cose udite. Invece della lezione xoìq dxo- testi di Scrittura, le ultime parole del versetto
v<T0eiotv = iis quae audiérunt, ì migliori codici precedente. Egli, Dio, oppoire la Scrittura. In un
greci hanno tot? dxovoamv = iis qui audiérunt = certo luogo, che doveva essere ben conosciuto
a coloro che udirono. Si ha allora questo senso ; dagli Ebrei, e che per questo viene indicato così
Ma non giovò loro la parola udita, non essendo indetermjinatamente. Le parole citate si trovano
contemperata dalla fede in essi che l'udirono, vale Gen. II, 2 Dio si riposò, ecc. E da osservare
:

a dire: la parola udita non giovò loro nulla, per- che, non potendosi parlare di Dio se non per
chè l'udirono bensì, ma non vi prestarono fede. analogia alle cose sensibili, si dice di lui che si
Alcuni interpretano diversamente l'ultima parte di riposò, non già nel senso che abbia cessato dì
questo versetto non giovò loro nulla, perchè non
: agire, ma nel senso che cessò di produrre nuove
si contemperarono, ossia non si unirono, a coloro creature. Il riposo di Dio dopo l'opera dei sei
che credettero, cioè a Caleb e a Giosuè. È difficile giorni, rappresenta l'elemo riposo, riservato ai
però ammettere che il verbo dxovaaotv possa qui giusti dopo la vita presente.
aver il senso di credere. 5. E qui pure,
ossia Jiel passo citato del
Entreremo. Nel greco vi è il presente, che
3. salmo XCIV parla di un riposo di Dio,
(v. 3), si
indica la certezza che abbiamo di entrare nel ri- ossia deUla partecipazione nostra alla eterna beati-
poso del Signore. Che abbiamo creduto. Siamo tudine di Dio, e non ddla possessione di Canaan.
certi di entrare nel riposo del Signore, perchè 6. Dà
prova dell'affermazione precedente. In-
la
abbiamo adempiuta la condizione voluta, che è fatti il parla di un riposo, che si può
salmista
la fede al Vangelo. S. Paolo dimostra questa pro- conseguire anche oggi da chi non indura il suo
posizione colle parole del salmo XCIV, già citato cuore alla voce di Dio {resta che alcuni entrino
<III, 11), nelle quali è detto, che Dio ha negato in esso riposo), di un riposo quindi ben diverso
l'ingresso nel suo riposo agli increduli. Ora se da quello che era stato promesso agli antichi
458 Ebrei, IV, 7-12

est,non introiérunt propter ìncredulitàtem : nunziata la buona novella, a motivo della


Hterum tèrminal diem quemdam, Hódie, in incredulità non vi entrarono ^stabilisce di
:

David dicendo, post tantum témporis, sicut nuovo un dato giorno, oggi, dicendo presso
supra dictum est Hódie si vocem eius au-
: Davide, tanto tempo dopo, come è stato
diéritis, nolite obduràre corda vestra. *Nam detto di sopra Oggi se udirete la sua voce,
:

si eis lesus rèquiem praestitisset, numquam non vogliate indurare i vostri cuori. *Se
de alia loquerètur, posthac, die. 'Itaque re- infatti Gesù avesse dato loro il riposo, (Dio)
linquitur sabbatismus pópulo Dei. "Qui non avrebbe mai parlato in appresso di un
enim ìngréssus est in rèquiem eius ètiam : altro giorno. "Rimane pertanto un sabatismo
ipse requièvit ab opèribus suis, sicut a suis pel popolo di Dio. "Poiché colui che è
Deus. entrato nel riposo di lui si è anch'egli ripo-
sato dalle sue opere, come Dio dalle proprie.
^^Festinémus ergo ingredi in illam rè- ^^Affrettiamoci adunque di entrare in quel
quiem ut ne in idipsum quis incidat incre-
: riposo: affinchè nessuno cada in simile
dulitàtis exèmplum. ^^Vivus est enim sermo esempio di incredulità. ^^Perocchè la parola
Dei, et èfRcax, et penetrabilior omni glàdio di Dio è viva, ed attiva, e più affilata di
ancipiti et pertìngens usque ad divisiónem
: qualunque spada a due tagli e s'interna :

ànimae ac spiritus, cómpagum quoque ac sino alla divisione dell'anima e dello spirito
medullàrum, et discrétor cogitatiónum et in- delle giunture eziandio e delle midolle, e

''
Sup. Ili, 7.

Israeliti, e che da essi non fu conseguito a motivo cipazione della beatitudine di Dio (Cf. Matt.
della loro incredulità. XXV, 21).
7. Dio
infatti stabilisce di nuovo un giorno, 11. Nei vv. 11-13, S. Paolo conchiude l'esor-
un oggi, ossia fa un altro invito a entrare
altro tazione cominciata al cap. Ili, 7, e mostra quanto
nel suo riposo, quando, molto tempo dopo la sia grave la responsabilità, che incombe a coloro
morte degli Israeliti increduli nel deserto e l'en- che hanno ricevuto la promessa del riposo.
trata del popolo in Canaan, dice (v. 5), per bocca Affrettiamoci, ecc. Poiché ci è stato preparato
dì Davide : oggi se udirete, ecc., non vogliate un riposo eterno (v. 9), adunque affrettiamoci
indurare i vostri cuori, ma siate docili e ubbi- (il greco <wtovòàaa)|iev significa piuttosto facciamo
dienti, ed entrerete nel mio riposo. Le parole ogni sforzo) per entrarvi, affinchè nessuno di noi
presso Davide, indicano probabilmente, l'autore abbia a dare un esempio di incredulità, simile a
del salmo e non il salterio. quello dato dagli antichi Ebrei, e si trovi esposto
8. Conferma con un altro argomento, che non a ricevere un simile castigo da Dio.
si tratta della possessione della terra di Canaan. 12. Nei due versetti 12-13, dà la ragione, per-
Infatti, se Dio volesse parlare del riposo a cui chè dobbiamo sforzarci di entrare nel riposo pro-
Gesù, ossia Giosuè, condusse gli Israeliti, intro- messo, evitando l'incredulità. La paróla di Dio.
ducendoli nella terra promessa, non avrebbe mai Alcuni Padri (Sant'Ambr., De Fide, IV, 13; San
parlato tanto tempo dopo Giosuè di un altro Cirillo A., In Ioan., II, 36, ecc.), per questa pa-
giorno, in cui si poteva ottenere
riposo pro- il rola di Dio, intendono lo stesso Verbo di Dio,
messo. Il nome di Giosuè (ebraico lehosuah e per al quale certamente convengono tutti i caratteri
apocope lesuah = lahve è salute),^ fu dai LXX qui indicati da S. Paodo. Senza negare ogni valore
tradotto in greco col nome di *IncoC(; = Gesù. a questa spiegazione, ci sembra tuttavia, colla
maggioranza degli interpreti, che sia preferibile, e
9. Deduce la conclusione di tutta l'argomenta-
più conforme al contesto, prendere la parola dì
zione precedente. Rimane adunque per il popolo
Dio nel suo senso ordinario, inquanto cioè si-
di Dio, ossia per i cristiani, un riposo futuro,
gnifica la parola che Dio, o per mezzo dei suoi
che è la partecipazione di quel riposo in cui entrò
inviati, o immediatamente per se stesso, fa udire
Dio il settimo giorno, ossia il Sabato. Sabatismo
agli uomini, manifestando loro la sua volontà pro-
non è che la trascrizione del greco aappa^oinóq,
mettendo premii o minacciando castighi. Qui si
che a sua vdta deriva dal verbo ebraico sàbat,
tratta in modo speciale della minaccia contro gli
che significa celebrare il giorno di Sabato, ossia
increduli, pronunziata nel salmo XCIV (Ved. Ili,
riposare. Ai cristiani quindi è promesso un giorno
11, 18, 19, ecc.). Questa minaccia si compirà,
di riposo, in cui, dopo i travagili, le persecuzioni,
perchè la parola di Dio è viiui, ecc. Per ben in-
e le lotte della vita presente, riposeranno nella
tendere quanto dice S. Paolo, giova ricordare,
pace e nella tranquillità.
che nella Sacra Scrittura (Is. LV, 11; Eccle. VIII,
10. Come dunque Dio nel settimo giorno, ossia 4; Sap. XVI, 12; Vili, 15, ecc.) la parola di
nel Sabato, si riposò dalle sue opere, così chi Dio è spesso rappresentata come un essere ani-
ottiene il riposo di Dio, anch'egli si riposerà dalle mato, a cui si attribuiscono gli stessi caratteri e .

soie opere, ossia dai travagli e dalle fatiche (Apoc. le stesse azioni di Dio. Dice quindi S. Paolo :

XIV, 14). Come è chiaro S. Paolo spiega in que- Non vi fate illusioni; Dio non parla Invano. La
sto versetto perchè abbia chiamato sabatismo il sua parola l' è viva, e quindi non steafle come
:

riposo promesso, e poiché chiama questo riposo la nostra, ma attiva (Cf. Gìo*'. VI, 63; Rom. I,
riposo di lui, cioè di Dio, viene ancora a mostrare 16; Filipp. II, 16); 2' è efficace, ossia produce
che la nostra futura beatitudine sarà una parte- il suo effetto premiando o punendo a seconda dei
Ebrei, IV, 13-15 459

tentìónum cordis. ^'Et non est ulla creatura discerne ancora i pensieri e le intenzioni
conspéctu eius
invisibilìs in omnia autem : del cuore. "E non vi è cosa creata invisì-
nuda et apèrta sunt óculis eius, ad quem bile nel cospetto di lui, e tutte le cose sono
nobis sermo. nude e svelate agli occhi di colui, del quale
parliamo.
"Habéntes ergo pontiflcem magnum, qui ^''Avendo adunque un pontefice grande,
penetràvit caelos lesum fìlium Dei
: te- : che penetrò nei cieli, Gesù Figliuolo di Dio,
neàmus confessiónem. ^^Non enim habémus riteniamo la nostra confessione. ^^Poichè noi
pontifìcem, qui non possit compatì infirmità- non abbiamo un pontefice, che non possa
tibus nostris tentàtum autem per omnia
: compatìpe alle nostre infermità : ma simil-

" Ps. XXXIII, 16; EccH. XV, 20.

oasi 3* è più affilata (corrisponde al greco xonó)-


;
Teodoreto, Teofil., con S. Tommaso..., Drach.,
xtpoq) di qualunque spada a due tagli, ossia scruta Cra«npon, Brassac, ecc.) spiegano al quale dob-
:

i più profondo della mente e del cuore, e pu- biamo rendere ragione nel giudizio, e dei nostri
pensieri e delle nostre azioni. Questa seconda
interpretazione risponde meglio al testo greco.
14. Dopo aver dimostrato che Gesù Cristo è
superiore agli angeli (I, 3-II, 18) e a Mosè (III, 1-
IV, 13), S. Paolo viene ora al punto principale
che intende trattare, e passa a far vedere, che
anche il sacerdozio di Gesù Cristo è di gran lunga
Fig. SI. •

superiore al sacerdozio dell'antica legge (IV, 14-


Spada a due tagli. X, 10). Dapprima però stabilisce come fonda-
mento, che Gesù Cristo è vero sacerdote secondo
l'ordine di Melchisedech (IV, 14-VI, 20). Si in-
troduce a far questa dimostrazione con una esor-
tazione alla confidenza in Gesù Cristo, pontefice
della nuova alleanza (IV, 14-16).
Avendo adunque, ecc. Poiché,
da quanto fu
detto precedentemente (II, III, 1), è chiaro
17, 18;
nisce in modo severo. La spada a due tagli pene- che noi abbiamo un Pontefice, e un Pontefice
trando più facilmente che non la spada ordinaria, grande per la sua natura, più ancora che pel suo
esprime bene la penetrazione dello sguardo di- ufficio, perchè superiore agli angeli e a Mosè e
vino. Di più la spada è simbolo della giustizia Figlio di Dio. Penetrò nei cieli nel giorno della
punitiva; 4° si interna sino alla divisione, ecc., sua ascensione, e siede alla destra di Dio (I, 3,
ossia penetra sin nel più intimo dell'essere umano, 13). S. Paolo allude al Pontefice Ebreo, che pene-
per modo che nulla può restare occulto al suo trava una sola volta all'anno nel Santo dei Santi.
sguardo. L'anima (i|>t)X^) e lo spirito (rtvevua) non Gesù Cristo invece penetrò nei cieli e si trova,
sono due anime distinte nell'uomo, sola ma una non davanti all'arca, simbolo della presenza di
anima, la quale vien detta spirito, in quanto è Dio, ma siede alla destra di Dio. Gesù Figlio di
principio della vita intellettiva, e vien detta anima, Dio (Cf. I, 5). Riteniamo fermamente, acciò non
in quanto è principio della vita sensitiva (Ved. n. I veniamo a perderla (tale è il senso del greco
Cor. II, 14; XV, 45; Tess. V, 23, ecc.). Giun-
I
xpoTcò^ev). La nostra confessione, ossia la profes-
ture (nervi), midolle, sono
le parti più intime del sione della nostra fede, oppure la fede che pro-
nostro corpo. Nulla quindi sfugge allo sguardo fessiamo (Ved. n. Ili, 1). Le condizioni dei fe-
scrutatore della parola di Dio 5° discerne (greco
;
deli di Gerusalemme erano tali, che era neces-
xptnxóq), ossia esamina, ciò che vi ha dì più sario professare pubblicamente la propria fede in
intimo nel pensiero (èv0v^fjoeoov), e ciò che vi Gesù Cristo, Il timore di perdere il riposo pro-
ha di più intimo nedle intenzioni del cuore (Swotcòv. messo (IV, 1) deve animare i fedeli a ricorrere s
Cf. Giov. XII, 48). questo grande pontefice pieno di bontà.
13. Dalla parola di Dio, S. Paolo passa ora a 15. Non abbiamo,
ecc. Benché questo Pontefice
parlare di Dio stesso. È infatti assai difficile appli- sia grande, Egli è tuttavia pieno di com-
così
care alla parola divina personificata, le metafore passione per noi, ed è pronto a venire in soc-
nel suo cospetto, ai suoi occhi (Ved. Brassac, M. corso alla nostra debolezza, sia fisica che morale,
B., t. IV, p. 525). Nessuna creatura può sot- e ad aiutarci nelle nostre miserie e aelle nostre
trarsi allo sguardo di Dio, ma tutto è nudo e tentazioni poiché Egli similmente, vale a dire
;

aperto agli occhi di lui. Il greco xexpaXr\Xia\xéva come noi, ha voluto essere tentato, ossia provato
(aperte) deriva da TpaXi)Xi?a), che significa pie- (Ved. ti. II, 17, 18). Le tentaziorrt di Gesù
gare indietro la testa, scoprire il collo, come si provenivano dal di fuori e non dal di dentro,
faceva cogli animali da sacrificarsi, acciò potessero poiché in Gesù Cristo non vi fu quella contra-
ricevere bene il colpo del coltello. In senso meta- rietà e quella discordanza tra la carne e lo spirito
forico significa scoprire, svelare, e quindi il par- che è in noi, e che è una conseguenza del peccato
ticipio scoperto, svelato, ecc. Le parole ad quem di origine (Cf. n. Matt. IV, 1). « Or l'essere stato
nobis sermo est, da alcuni (Estio, Alap., Cairn., tentato inolinevole lo rende ad aver compassione
Van Steen., ecc.) sono tradotte ieZ quale Dio di noi, che siamo tentati e l'essere stato tentato
;

parliamo. Ma gli interpreti greci (S. Giov. Cris., senza che giammai fosse morso dal peccato, di-
460 Ebrei, IV, 16 — V, 2

prò similitùdine absque peccato. ^^Adeàmus mente tentato in tutto, tolto il peccato. ^'Ac-
ergo cum fidùcia ad thronum gràtiae ut mi- : costiamoci adunque con fiducia al trono di
sericórdìam consequàmur, et gratiam inve- grazia aflBne di ottenere misericordia, e
:

oiàmus in auxilio opportuno. trovare grazia per opportuno soccorso.

CAPO V.

Gesù Cristo vero Pontefice, i-io. - Difficoltà di spiegare la grandezza del


sacerdozio di Gesii Cristo, 11-14,

^Omnis namque Póntifex ex hominibus ^Poichè ogni pontefice preso tra gli uo-
assùmptus, prò hominibus constitùitur in iis, mini è preposto a prò degli uomini a tutte
quae sunt ad Deum, ut ófferat dona, et sacri- quelle cose che riguardano Dio, aflBnchè of-
ficia prò peccàtis ^Qui condolére possit iis,
: ferisca doni e sacrifizi per i peccati ^che :

qui ignórant, et errant : quóniam et ipse cir- possa aver compassione degli ignoranti, e

mostra che egli è potente a soccorrerci effica- in seguito (5-10) che tutte si trovano riunite in
cemente la qual cosa non potrebbe mai fare un
; Gesù Cristo (Ved. Prat, La Th. de St-P., t. I,
pontefice, il quale non solo aila tentazione, ma p. 526 e ss.). Il pontefice deve in primo luogo es-
anche al peccato fosse soggetto. Un tale ponte- sere preso tra gli uomini, vale a dire deve essere
fice, ben lungi dal poter soccorrere altrui, di soc- uomo e non Angelo, perchè, essendo chiamato a
corso avrebbe bisogno egli stesso per superare il rappresentare gli uomini, è conveniente che egli
peccato » Martini. sia membro della società che rappresenta (Cf. II,
16. Conclusione evidente delle verità esposte 17; IV, 14; Esod. XXVIII, 1). Egli deve inoltre
nei due versetti precedenti. Poiché nostro Si- compatire alle debolezze umane, il che non po-
gnore è così grande e così ben disposto a favor trebbe fare convenientemente se non fosse uomo
nostro, accostiamoci (questo verbo JiepiépXecrat, (v. 2). E preposto, ossia stabilito da Dio a prò
è spesso usato in questa lettera. Cf. VII, 25; X, degli uomini, ecc. La seconda qualità del pontefice,
1, 22; XI, 6; XII, 18, ecc.) adunque con fiducia. è quella di essere il rappresentante o il procuratore
11 greco Jioppt^m'a significa propriamente libertà^ degli uomini presso Dio. Non si é sacerdoti per
franchezza nel parlare. E chiaro però, che tale avere onori, ricchezze, ecc., ma per rappresentare
franchezza nel caso non può provenire che da
' gli uomini presso Dio, in tutte quelle cose che
una grande confidenza in colui, col quale si parla. riguardano il culto divino. Il sacerdote è come
Trono di grazia è chiamato il nostro Salvatore una mistica scala, per la quale ascendono al
Gesùi Cristo, perchè Egli non solo è Pontefice, cielo le preghiere e i sacrifizi degli uomini, e
ma ancora Re, che si^e su un trono maestoso discendono sulla terra le grazie e le benedizioni
alila destra di Dio (v. 14), ed è il dispensatore di di Dio. Affinchè offerisca, ecc. Ecco il fine prin-
tutte le grazie meritateci cdla sua passione e la cipale per cui è istituito il sacerdozio offrire :

eua morte. L'Apostolo allude probabilmente al sacrifizi. Senza sacrifizio non si dà sacerdozio.
coperchio dell'antica arca, che veniva considerato Doni (bmpà), sono propriamente le offerte di cose
come il trono da cui Dio rendeva i suoi oracoli. inanimate, pane, olio, farina, vino, ecc. (Lev. II,
Alcuni (Estìo, Van Steen., Fillion, ecc.), per trono 1-10, VI, 1 e ss.). Sacrifizi (eixno<;) sono le immo-
di grazia intendono il Padre, ma S. Giov. Cris lazàoni cruente degli animali (Lev. Ili, 1-V, 19).
,

Teofilatto, S. Tommaso, Alapide, ecc, con più I due nomi però sono talvolta presi l'uno per
ragione applicano queste parole a Gesù Cristo. l'altro (Cf. Vili,Per i peccati. Le varie
3, 4).
Ricorrendo quindi a Gesù Cristo, noi troveremo offerte del sono ordinate a espiare i
sacerdote,
misericordia, per cui siamo liberati dal peccato, peccati del popolo, e anche i peccati dei sacer-
e grazia, per cui siamo mossi ed aiutati a fare doti (Lev. IV, 3; IX, 7). Se si uniscono le parole
il bene. Per opportuno soccorso, per un soccorso per i peccati solo con sacrifizi, allora i doni po-
cioè, che d venga dato al tempo opportuno, vale trebbero rappresentare quei sacrifizi, che si fa-
a dire in tutto il corso della vita presente, poiché cevano per ringraziar Dio dei benefizi ricevuti.
durante questa vita non v'è alcun tempo, in cui 2. La terza qualità del pontefice, é quella dì
l'uomo non abbia bisogno dell'aiuto di Dio. essere compassionevole verso gli uomini, dei quaii
tratta la causa. Aver compassione, lì greco »«-
rptowaGeìr significa propriamente compatire con
CAPO V. moderazione, ossia nella debita misura. Degli igno-
ranti, vale a dire di coloro che non conoscono
1. Nei vv. MO, S. Paolo prova che Gesù Cristo bene loro doveri, e quindi si allontanano dalla
i

è veramente pontefice, con un argomento, la cui virtù. Degli erranti, ossia di coloro che peccano,
maggiore é formata dai primi quattro versetti, e trascinati dalle passioni. Il sacerdote deve essere
la minore dagli altri sei. Riferendosi al Pontefice pieno di misericordia verso tutti i peccatori. La
Ebreo, egli determina prima (1-4) i caratteri o ragione si è perchè ancor egli è circondato di
le qualità che deve avere il Pontefice, e mostra infermità, ossia di debolezze e di miserie tanto
Ebrei, V, 3-7 461

ctìmdatus est inflrmitàte ^Et proptérea de-


: degli erranti poiché ancor egli stesso è
:

bet, quemàdmodum prò pópulo, ita étiam et circondato d'infermità ^e per questo deve,
:

prò semetipso offérre prò peccàtis. *Nec come pel popolo, così anche per se stesso
quisquam sumit sibi honòrem, sed qui vo- offrir sacrifizi per i peccati. "Né alcuno si
catùr a Deo, tamquam Aaron. appropria da sé tal onore, ma chi. è chiamato
da Dio, come Aronne.
"Sic et Christus non semetipsum clarìfi- *Così anche Cristo non glorificò se stesso
càvit ut póntìfex fieret :sed qui locutus est per esser fatto pontefice ma (lo glorificò)
:

ad eum Filius meus


: es tu, ego liódie génui colui, che gli disse tu sei mio figliuolo, io
:

te. "Quemàdmodum et in alio loco dicit Tu : oggi ti ho generato. "Come anche altrove
es sacérdos in aetérnum, secùndum órdinem dice Tu sei sacerdote in eterno, secondo
:

Melchisedech. ^Qui in diébus carnis suae l'ordine di Melchisedech, ^il quale nei

* Ex. XXVIII, 1; II Par. XXVI, 18. ^ Ps. II, 7. « Ps. CIX, 4.

fisiche come morali, non escluso II peccato, come dell'incarnazione, 'quando il Padre gli disse: Tu
consta dal versetto seguente (Cf. IV, 15). sei sacerdote, ecc. Questa citazione ritorna al

3. Deve^ ecc. E chiaro che questo tratto non


cap. VII, 17, e l'Apostolo stesso spiega (VII, 1
pud applicarsi a Gesù Cristo, in cui non vi fu e ss.), in qual senso Gesù Cristo sia sacerdote
mai la minima ombra di peccato, ma si applica secondo l'ordine di Melchisedech. 11 salmo citato
solo al pontefice Ebreo. Per questo, vale a dire è certamente messianico in senso letterale (Ved.
perchè è circondato di infermità, il pontefice deve D. I, 13). In esso il Messia viene descrìtto come

non solo per espiare le colpe del


offrire sacrifizi un re sovrano, come un sacerdote eterno, e come
popolo, ma anche per espiare i suoi proprii pec- un conquistatore potente, che tutto assoggetterà
al suo potere.
cati. Cosi faceva il Pontefice nell'antica alleanza
(Lev. XVI, 6-11), e così facevano pure gli altri 7. In Gesù Cristo si trovano pure le altre qua-
sacerdoti (Lev. IV, 3-12). Gesù Cristo, non avendo lità del vero pontefice. Egli infatti non è solo Dio,
alcun peccato, resta tanto più idoneo a intercedere ma ancora uomo, come indicano le parole nei
per il suo popolo. giorni della sua carne, ossia nei giorni io cui,
4. II quarto carattere del Pontefice, è quello di
assunta l'umana natura, visse in una carne pas-
essere chiamato da Dio. Nessuno può attribuirsi sibile e mortale come la nostra (Cf. v. 1, preso
tra gli uomini). Egli non ha poi deposto questa
da se stesso un tale onore^ cioè la dignità sacer-
dotale, perchè nessuno può da sé arrogarsi il carne, ma nella sua risurrezione l'ha resa impas-
sabile e gloriosa.
diritto di rappresentare l'umanità presso Dio, ma
è necessario essere chiamato, ossia eletto da Dio. Gesù Cristo ha ancora esercitate le funzioni di
Come Aronne e i suoi figli, i quali furono scelti sacerdote, couie esige la seconda qualità del pon-
tefice. Egli infatti ha pregato per sé, ed ha offerto
da Dio a tanto ufficio (Esod. XXVIII, 1 e ss. ; XXIX,
4 e ss.; Num. III, 10; XVII, 6, 8, ecc.). Parec- un sacrifizio per gli uomini. Avendo offerto (cor-
chie volte Dio ha mostrato con terribili esempi, risponde al greco npooevÉY^toq invece di offerens),
che Egli non vuole sopportare gli intrusi (Num. preghiere (gr. &eT)aei<; = domande) e suppliche
XVI, 40; II Par. XXVI, 18-21). (greco ixtTTjpi'oq ), ossia preghiere più umili, più
ferventi, accompagnate da un forte grido e da
5. Così anche, ecc. Nei vv. 5-10, applica a
lacrime. E da osservare che qui si tratta di pre-
Gesù Cristo i caratteri indicati del vero pontefice,
ghiere e di suppliche, ecc., sacerdotali, fatte cioè
cominciando da quello accennato in ultimo luogo,
da Gesù Cristo, in quanto sacerdote, come indi-
e omettendo il terzo, del quale ha già parlato (II,
cano le parole avendo offerto, che in questa let-
17, 18; IV, 15). Gesù Cristo fu chiamato da Dio
tera significano sempre un atto de^l sacerdozio.
al sacerdozio (5-6). S. Paolo insiste su questa
Secondo i migliori interpreti (Cf. Estio, Drach.,
dimostrazione, perchè Gesù Cristo come uomo
Padovani, Brassac, ecc.), S. Paolo allude proba-
discendeva dal re Davide, e quindi apparteneva
bilmente alle preghiere fatte da Gesù Cristo sulla
alla tribù di Giuda, e non a quella di Levi, che
croce, quando cioè ad alta voce gridò : Dio mìo.
nell'antica legge era stata chiamata al sacerdozio.
Dìo mìo, perchè mi hai abbandonato ? (Matt.
Egli adunque, simile ad Aronne, non si glorificò,
XXVII, 46 e ss.), e poi ancora : Padre, nelle tue
ecc., non si innalzò da se stesso alla dignità sa-
mani raccomando il mio spirito (Lue. XXIII, 46).
cerdotale, ma fu chiamato da colui che gli disse :
Nessun Evangelista fa menzione delle lacrime ver-
Tu sei mio figliuolo, ecc. (Ved. n. I, 5). Queste
sate da Gesù durante la passione, ma è assai
ultime parole {Salm. II, 7), fanno comprendere
naturale che la violenza e l'atrocità dei dolori
quanto sia grande questo Pontefice, e mostrano
sofferti da Gesù sulla croce, gli abbiano strappate
che Egli non si è attribuita una gloria, che a lui
le lacrime. L'Apostolo dovette avere questa par-
non convenisse, ma ricevette ogni gloria dal Pa-
ticolarità, o daJla tradizione^ o da una qualche
dere, dal quale, per eterna generazione, riceve
spacciale rivelazione. Alcuni (Van. Steen., Fili.,
l'essere di Figlio. Accennando alla natura divina
Bìspìng, Beeien, ecc.) pensano, che S. Paolo
di Gesù Cristo, S. Paolo lascia subito intravedere
alluda piuttosto all'agonia sofferta da Gesù Cristo
quanto convenientemente Egli, che è assieme Dìo
nell'orto degli ulivi (Matt. XXVI, 37; Mar. XIV,
e uomo, possa essere l'intermediario tra Dio e
33; Lue. XXII, 41). Le due spiegazioni non si
gli uomini.
escludono a vicenda, ammettendo che l'Apostolo
6. Altrove, cioè nel salmo CIX, 5. Gesù Cristo alluda a tutto il sacrifizio di Gesù Cristo, che fu
fu chiamato al sacerdozio fin dal primo momento cominciato nell'orto ed ebbe termine sulla croco
462 Ebrei, V, 8-13

p»eces, supplicationésque ad eum, qui possit giorni della sua carne avendo offerto pre-
illum salvum fàcere a morte, cum clamóre ghiere e suppliche con forte grido e con
vàlido, et làcrymis ófferens, exauditus est lacrime a colui che lo poteva salvar dalla
prò sua reveréntia ^Et quidem cùm esset : morte, fu esaudito per la sua riverenza "e :

Filius Dei, didicit ex iis, quae passus est, benché fosse Figliuolo di Dio, imparò da
obediéntiam *Et consummàtus, factus est
: quello che patì l'ubbidienza ^e consumato, :

òmnibus obtemperàntibus sibi, causa salùtis diventò causa di eterna salute a tutti quelli
aetérnae, ^"Appellàtus a Deo póntìfex iuxta che gli sono ubbidienti, "essendo chiamato
órdinem Melchisedech. da Dio pontefice secondo l'ordine di Mel-
chisedech.
"De quo nobis grandis sermo, et ininter- "Sopra che abbiamo a dire grandi cose,
di
pretàbilis ad dicéndum quóniam imbecilles : e a spiegarsi : poiché siete diven-
difficili
facti estis ad audiéndum. "Etenim cùm de- tati tardi ad intendere. "Infatti mentre per
berétis magìstri esse propter tempus rur- : riguardo al tempo, dovreste essere maestri :
sum indigétis ut vos doceàmini quae sint avete bisogno che vi si insegnino di nuovo
dementa exórdiì sermónum Dei et facti : i primi rudimenti della parola di Dio e :

quibus lacte opus sit, non solido cibo.


estis siete tali da aver bisogno di latte, e non
"Omnis enim, qui lactis est pàrticeps, ex- di cibo solido. "Or chi è al latte, non è

(Cf. S. Tom., h. 1.). A colui, ossia al Padre, che l'altro per uomini. Per riguardo a se stesso,
gli

lo poteva salvare dalla morte col farlo risorgere Gesù ottenne essere consumato. Il greco te-
di
glorioso e trionfante dal sepolcro. S. Paolo non come
XeicoQeiq, già fu osservato (II, 10), significa
determina l'oggetto della preghiera di Gesù Cristo, essere reso perfetto, e qui allude manifestamente
ma, per il fatto stesso che dice che Egli /u esau- alla glorificazione, che come uomo Gesù Cristo
dito, è chiaro che Gesìi non ha domandato di non ottenne in premio della sua obbedienza (Filipp. II,
morire (Matt. XXVI, 39 e ss.), ma invece ha 8 e ss.). Per riguardo agli uomini Egli diventò
domandato di non essere lasciato in potere della causa e principio di salute eterna per tutti coloro
morte e di essere risuscitato (Salm. XV, 10). Fu che gli ubbidiscono, praticando la sua legge e
esaudito, perchè infatti Dio non permise che il osservando i suoi comandamenti.
corpo di lui fosse preda della corruzione (Ved. 10.Poiché adunque Gesù Cristo ha tutti i ca-
Atti, II, 27, 32) e al terzo giorno dopo la morte ratteri del vero sacerdote, giustamente il Padre
lo risuscitò. Benché quindi Gesù Cristo, a diffe- l'ha proclamato Pontefice secondo l'ordine di Mel-
renza deglisacerdoti (v. 3), non abbia
antichi chisedech (Cf. VII, 1-3). Queste ultime parole
offerto sacrifizi per suoi peccati, che non aveva,
i servono di transizione alla dimostrazione, che sarà
né poteva avere, tuttavia Dio ha voluto che fatta al cap. VII,
e ss., della superiorità del
1
anch'egli avesse bisogno di preghiera, e per mezzo sacerdozio di Gesù
Cristo sul sacerdozio dell'an-
di essa ottenesse la risurrezione. Per la sua rive- tica alleanza. Prima di cominciare questa dimo-
renza. Nel greco manca sua e si legge solo ànò try^ strazione, S. Paolo fa una lunga digressione (V,
eùXa^eta^, a motivo della (sua) pietà, ossia del- 11-VI, 20) intorno alla sublimità e alla difficoltà
l'umile soggezione e obbedienza a Dio (Cf. Giov. deill'argomento da trattare, alla debolezza e all'im-
XIX, 30). E chiaro che qui si parla della riverenza perfezione dei suoi lettori, ai pericoli in cui si
di Gesù Cristo verso il Padre, e non già della trovano, al dovere di perseverare nella fede, ecc.
riverenza del Padre verso Gesù Cristo.
11. Nei vv. 11-14 afferma, che il poco profitto
8. Gesù Cristo ha anche un sacrifizio
offerto fatto dai suoi lettori è la causa, per la quale è
per i peccati degli uomini (8-10). E benché fosse difficile spiegar loro la grandezza del sacerdozio
Dio (nel
Figlio di greco si legge semplicemente : di Gesù Cristo.
benché fosse Figlio = xat'^rep òòv vió<0, e come Sopra di che, ossia intorno al sacerdozio di
tale potesse sottrarsi ai patimenti, Gesù Cristo Gesù Cristo, abbiamo a dire grandi cose (il greco
imparò praticamente e per propria esperienza che jcoXv<; andrebbe piuttosto tradotto molte cose), e

cosa voglia dire obbedienza, e imparò per mezzo diffìcili a spiegarsi, perché alte in se stesse, e
dei patimenti. In altre parole Gesù Cristo ha perchè voi siete diventati tardi a intendere, per
voluto soffrire per ubbidire al suo Padre (Ved. il motivo che il vostro primo fervore è venuto
Filipp. II, 8). Gesù Cristo a ebbe come Figliuolo meno, o perché ancora attaccati ad alcune pra-
di Dio, ab eterno, e come uomo, fin dal primo tiche legali, o perché non abbastanza forti nel
istante della sua concezione, la pienezza di ogni sostenere le persecuzioni.
scienza; ma avendo volontariamente e liberamente 12. Per riguardo al tempo dacché vi siete con-
assunte le nostre infermità, sperimentò in tanti vertiti, voi dovreste essere maestri nella scienza
gravissimi patimenti, e in tante tentazioni, quanto cristiana, perché a voi prima che agli altri fu
grave e dura sia in certe circostanze l'ubbidienza annunziato il Vangelo, e voi conoscete le Scrit-
ai divini voleri,e patì ed ubbidì fatto quasi disce- ture, che sono pieae di Gesù Cristo, ed ecco che
polo dell'ubbidienza fino alla morte e alla morte al contrario siete come bambini, che hanno bi-
di croce. Non può dunque mancare misericordia sogno di latte (I Cor. Ili, 2) e non possono sop-
e compassione in questo pontefice, sperimentato portare un cibo solido. I rudimenti (gr. tà crot-
fino a tal segno nei patimenti e nell'ubbidienza » Xexo. Ved. Gal. IV, 9). Della parola (gr. XoYt'cov^
Martini. (Cf. n. Lue. II, 52). ossia della rivelazione cristiana.
-

9. L'obbedienza diGesù Cristo ha prodotto un 13. Ora chi si nutre di latte, vale a dire chi
duplice frutto ; l'uno per Gesù Cristo stesso e è bambmo nella scuola di Gcjiù Cristo, non è
Ebrei, V, 14 — VI, 3 463

pers est sermónis iustitiae pàrvulus enim : pratico della parola della giustìzia : poiché
est.^^Perfectórum autem est sólidus cibus : egli è bambino. "Ma il cibo solido è per
eòrum, qui prò consuetudine exercitàtos ha- i perfetti per coloro, i quali per consue-
:

bent sensus ad discretiónem boni ac mali. tudine hanno i sensi esercitati a discernere
il bene ed il male.

CAPO VI.

/ cristiani devono progredire nella fede, 1-3. —


Pericoli a cui conduce V apostasia,
4-8. — Esortazione a perseverare ^ella fede abbracciata, g-20.

^Quaprópter intermitténtes inchoatiónis ^Per la qual cosa lasciando di discorrere


Christisermónem, ad perfectióra feràmur, dei primi rudimenti di Cristo, avanziamoci
non rursum iaciéntes fundaméntum poeni- a quel che vi ha di più perfetto, senza gettare
téntiae ab opéribus mórtuìs, et fideì ad di bel nuovo il fondamento della conversione
Deum, ^Baptismatum doctrinae, impositiónis dalle opere di morte e della fede in Dio,
quoque mànuum, ac resurrectiónis mortuó- ^della dottrina dei battesimi, e anche della
rum, et iudicii aetérni. ^Et hoc faciémus, si imposizione delle mani, e della risurrezione
quidem permiserit Deus. dei morti e dell'eterno giudizio. ^E questo
faremo se pure Dio lo permetterà.

capace di comprendere e gustare gl'insegnamenti menti della fede, quali si convengono agli adulti,
più alti della dottrina cristiana, quale è per esem- senza gettar di bel nuovo il fondamento, ossia
pio il sacerdozio di Gesù Cristo. La voce giustizia senza esporre nuovamente le verità più elementari
significa qui la perfetta sapienza cristiana (Ved. I del cristianesimo, che già vi furono predicate da
Cor. II, 6 e ss.), ossia la perfezione. lungo tempo. Fondamento è qui lo stesso, che
per ì perfetti, ossia per gli primi rudimenti di Cristo. S. Paolo passa a spie-
14. Il cibo solido è
gare quali siano questi primi rudimenti o fonda-
adulti nellafede, i quali per lungo abito^ hanno
dell'animo (gr. TdaìoGii- menti della religione cristiana. Essi si riducono ai
esercitati i sensi interiori
tnpio = organi dei sensi), cioè le facoltà spiri-
sei capi seguenti: 1° la conversione, per mezzo
della penitenza, dalle opere di morte, ossia dai
tuali deJla loro anima, a discernere il bene da
peccati, che sono causa di morte all'anima (IX,
tenersi, e il male da fuggirsi, ossia a riconoscere
14). La penitenza è la prima condizione per aver
la verità, che è sempre utile, e la falsità, che è
parte al regno di Dio (Matt. IV, 17; Atti, II, 28).
sempre dannosa {Ved. n. I Cor. II, 14 e ss.). Si
2° La fede in Dio uno e trino, creatore e redentore
osservi che S. Paolo non vuol già dire, che nella
degli uomini. Nella fede è ancora compresa la
dottrina della fede si insegnino altre verità ai
piccoli ed altre ai più adulti e più intelligenti,
speranza, e la carità verso Dio e verso il pros-
ma solo che le stesse verità che sì propongono simo. 3* La dottrina dei battesimi, ossia la natura,
da credere ai piccoli, ma loro non si espongono la necessità la significazione, gli effetti del Bat-
diffusamente, perchè la loro debole intelligenza ne tesimo di Gesù Cristo, e la sua distinzione sia dal
rimarrebbe oppressa, vengono proposte e spiegate battesimo di Giovanni, e sia dalle varie abluzioni
a coloro, la fede dei quali è forte e illuminata. rituali giudaiche. (Queste venivano chiamate bat-
tesimi. Cf. IX, 10; Mar. VII, 4, 8). Il plurale
battesimi, allude appunto a questa distinzione, se
pure non si riferisce alla triplice immersione con
CAPO VI. cui si conferiva il sacramento, oppure al triplice
battesimo di acqua, di sangue e di desiderio. 4" La
dottrina dell'imposizione delle mani, ossia il sa-
1. Nei vv. 1-3, parla della necessità del pro-
gresso dei cristiani nella conoscenza delle dottrine cramento della confermazione, per cui si confe-
della fede. Se nel cap. prec. ha ripreso la negli-
risce lo Spirito Santo, e che a quei tempi si soleva
genza e il poco fervore degli Ebrei, e la loro dare subito dopo il Battesimo (Cf. Atti, Vili, 17-
incapacità comprendere l'alta dottrina del sa- 18; XIX, 6). Forse si allude anche al sacramento
a
cerdozio di Cristo, non ha fatto ciò, perchè avesse dell'Ordine (Cf. Atti, VI, 6; l Tim. IV, 14; V,
intenzione di omettere la trattazione di tal punto 22, ecc.). 5* La risurrezione dei morti alla fine
del mondo, e 6"" il giudizio universale, detto eterno,
della dottrina cristiana, ma ha cercato di stimolarli
a studiare e penetrar bene questo grande mistero,
perchè in esso si pronunzieranno sentenze che
del quale egli sta per parlare. Per la qual cosa,
decideranno di un'eternità (Cf. Matt. XXV, 31
ossia poiché dunque siete cristiani da lungo e ss.; I Cor. XV, 1 e ss.; I Tess. IV, 12
tempo, e dovreste già essere maestri nella dot- e ss., ecc.).
trina cristiana, lasciando da parte di discorrere 3. E
questo faremo, ossia esporremo, malgrado
dei primi rudimenti di Cristo, ossia delle verità la vostra imperfezione,gli alti insegnamenti cri-
più elementari della nostra fede (Cf. V, 12), stiani (v.1) relativi al sacerdozio di Gesù Cristo,
avanziamoci a quel che v'ha di più perfetto (greco se Dio ce lo permetterà, vale a dire se Dio ci
alla perfezione), ossia esponiamo i più alti inse- concederà la sua grazia (Cf. I Cor. XVI, 7).
464 Ebrei, VI, 4-6

^Impossibile est enim eos, qui semel sunt "Poiché è impossibile che coloro, i quali
illuminati, gustavérunt étiam donum cae- sono stati una volta illuminati, hanno anche
léste, et participes facti sunt Spiritus sancti, gustato il dono celeste, e sono stati fatti
'Gustavérunt nihilóminus bonum Dei ver- partecipi dello Spirito Santo, ^hanno gu-
bum, virtutésque saéculi venturi, *Et pro- stato egualmente la buona parola di Dio, e
làpsi sunt rursus renovàri ad poeniténtiam,
: le virtù del secolo futuro, ®e sono (poi) pre-
rursum crucifigéntes sibimetipsis filium Dei, cipitati ;rinnovellino un'altra volta a pe-
si
et osténtui habéntes. nitenza, crocifiggendo nuovamente in loro
stessi il Figliuolo di Dio, ed esponendolo
all'ignominia.

4 Matth. XII, 45; Inf. X, 26; II Petr. II, 20.

Nei vv. 4-8 espone i pericoli a cui conduce


4-6. da Dio, essi sono precipitati nel peccato, ossia nel-
l'apostasia. Di questo passo si danno però due l'apostasia dalla fede, è impossibile che un'a'.trs
interpretazioni diverse. Tutti i Padri greci, con volta si rinnovellino (nel greco il verbo è attivo,
Sant'Ambrogio, S. Tommaso..., Estio..., Maunoury, e indica l'azione dei ministri di Dio) a penitenza.
ecc., ritengono che S. Paolo parli qui dell'impos- S. Paolo non dice che sia impossibile la peni-
trovano i fedeli, caduti in peccato
sibilità, in cui si tenza ai caduti dopo il Battesimo, ma dice solo
grave (nel caso l'apostasia), di ricevere un se- che i ministri di Dio non possono più conferir loro
condo battesimo. Quasi tutti i commentatori mo- quella rinnovazione a penitenza, che si ottiene per
derni, con S. Gerolamo, pensano invece che San mezzo del Battesimo, chiamato appunto (Tit. Ili,
Paolo parli dell'impossibrlità morale di un vero 5) lavacro di rinnovazione. Il Battesimo cristiano,
pentimento, in coloro che hanno apostatato dalla infatti non può darsi che una volta sola a diffe-
fede. Benché questa seconda sentenza abbia validi renza dei battesimi Giudei che si ripetevano più
argomenti in suo favore, tuttavia la prima, avendo volte (v. 2). « Vuole l'Apostolo, con questa gra-
per sé gli antichi Padri, ci sembra da preferirsi. vissima dottrina, scolpire nei cuori cristiani la
Poiché. 8. Paolo continua il suo ragionamento. somma importanza di conservare e custodire ge-
Non staremo ora a parlare di nuovo dei primi losamente la grazia ricevuta nel santo Battesimo,
elementi della dottrina cristiana, che si insegnano dappoiché perduta che sia, non può colla stessa
ai catecumeni, come se voi doveste ricevere un facilità ricuperarsi, con cui si ottenne : ma fa di
secondo battesimo, poiché non vi è che un solo mestieri ricorrere a quella che i Padri ed il Con-
battesimo. E impossibile. Solo al v. 6 si determina cilio di Trento chiamano seconda tavola dopo il
quale sia questa impossibilità, e si completa la naufragio, vale a dire, al sacramento di penitenza.
proposizione, che rimane ora sospesa. Sono stati Ma diverso è il frutto di questo sacramento da
illaminati (gr. (j)ooTta9éYta<;), ossia hanno ricevuto quello che nel battesimo si riceve, dice il santo
la fede e la grazia per mezzo del Battesimo. Concìlio : Pel battesimo noi ci rivestiamo di Gesù
Presso gli antichi, il Battesimo viene chiamato Cristo, e in lui diventiamo creatura tutta nuova,
illuminazione, e i battezzati vengono detti illumi- ottenendo una piena ed intera remissione di tutti
nati (Cf. 6)., e questa meta-
Clem. A., Paed., I, i nostri peccati; ma a questa novità ed integrità
fora allude agli effetti del Battesimo, che ci fa giungere non possiamo pel sacramento di peni-
passare dal regno delle tenebre nel regno della tenza, senza grandi gemiti nostri e fatiche, così
luce (X, 26, 32), e per mezzo della fede illumina la divina giustizia esigendo: onde giustamente
la mente intorno alle grandi verità rivelate da Dio venga dai santi Padri chiamata la penitenza un
(II Cor. IV, 4-6), e ci. incorpora a Gesù Cristo faticoso battesimo » Martini (Cf. sess. XIV, cap.2).
vera luce del mondo (Giov. I, 4, 5; VIII, 12; Coloro che ritengono che S. Paolo parli non
II Tim. I, 10). Hanno gustato il dono celeste, del Battesimo, ma della penitenza in generale,
ossia hanno esperimentato la dolcezza dei divini spiegano la parola impossibile nel senso di diffi-
benefìzi.Questo dono celeste é la grazia santifi- cile. È assai diffìcile, come dimostra l'esperienza,
cante, che ci rende partecipi della vita divina, e che i cristiani apostati si convertano, ossia sì rin-
fa che Gesii Cristo viva in noi (Giov. IV, 10; novino a penitenza. La ragione si è, perché ii
Rom. V, 15; VIII, 32). Può essere che col nome peccato di apostasia é spesso un peccato contro
di dono celeste, sì alluda anche all'Eucaristia. lo Spirito Santo, che Gesù Cristo stesso (Matt.
Sono stati fatti partecipi dello Spìrito Santo e XII, 31) dichiarò irremissibile, non perchè Dio
dei suoi doni per mezzo del Sacramento del Bat- non lo possa perdonare, ma perché chi lo com-
tesimo e della Confermazione (v. 2; Atti, II, 38; mette manca di quelle disposizioni, che sono ne-
VIII, 17; XIX, 6. Cf. Rom. Vili, 9 e ss.). Hanno cessarie per essere perdonato. Il nesso coi versetti
gustato egualmente. Nel greco invece di nihiló- precedenti, sarebbe il seguente : Lasciamo da
minus si legge semplicemente xai = e, hanno gu- parte l'istruzione elementare, la quale è superflua
stato la buona parola. Questa buona parola è il per i credenti ed è inutile per gli apostati. E im-
Vangelo colle sue promesse e le sue consolazioni. possibile infatti che gli apostati siano rinnovati
Le virtù del secolo futuro sono le prerogative e con una istruzione elementare, poiché già cono-
ì beni della vita avvenire, oppure del tempo mes- scono ì punti principali della nostra dottrina e
sianico (II, 5). I fedeli hanno assaporato i beni tuttavia la negano.
della vita futura per mezzo della speranza e della Crocifiggendo, ecc. Motivo per cui non si può
carità, e i beni del tempo messianico coll'essere ripetere il Battesimo. Questo sacramento raffigura ]
"

meraviglie operate allora assai di


testiraonii delle la morte di Gesù Cristo, e ci fa partecipare ad
frequente, per mezzo dei varii doni dello Spirito essa in modo intimo e misterioso (Ved. n. Rom. ^

Santo. Se nonostante tutti questi benefizi ricevuti VI, 3 e ss.). Ora Gesù Cristo è morto una volta
Ebrei, VI, 7-10

^erra enim saepe veniéntem super se Toichè la terra che beve la pioggia, che
b'/oens imbrem, et génerans herbam oppor- spesso cade sopra di essa, e produce utili
tunam ìllis, a quibus cólitur àccipit bene- : erbe a chi la coltiva, riceve benedizione da
dictiónem a Deo. ^Próferens autem spinas, Dio. *Ma quella che produce spine e triboli,
'
ac tribulos, rèproba est, et maledicto pró- è riprovata e prossima a maledizione il :

xìma cuius consummàtìo in combustìónem.


: cui fine è di essere abbruciata.
'Confidimus autem de vobis dìlectìssimi ^Ci promettiamo però, di voi, o dilettis-
melióra, et vicìnióra saluti tamétsi ita ló- : simi, cose migliori, e più vicine alla sa-
quimur. ^"Non enim iniustus Deus, ut obli- lute benché parliamo così. ^"Dio infatti
:

sola (Cf. Rom. VI, 9), e quindi uno solo deve vertono. La terra, ecc. Anche Gesù Cristo ha
essere il Battesimo, e chi pretende di essere bat- paragonato l'anima a un campo (Matt. XIII, 24).
tezzato una seconda volta, crocifìgge nuovamente, Erbe (gr. potàvT\v), sta qui per frutti in generale.
per quanto dipende da Gesù Cristo, quasi che
lui, Questa terra, che produce frutti, è benedetta da
Egli debba una seconda
volta morire sulla croce, Dio con una maggiore fecondità (Gen. XXVII, 27),
ed essere esposto all'ignominia. Secondo l'altra così l'anima fedele riceve nuove grazie e si avanza
interpretazione, S. Paalo spiega perchè gli apostati sempre più nella perfezione. Al contrario la terra
difR-ciJmente si convertano. Costoro, abbandonando sterile,che non produce se non triboli e spine
la fede vengono a rinnegare Gesii Cristo, e per (Gen. III, 15), è riprovata, ossia viene guardata
conseguenza ad approvare tacitamente quanto i di mal occhio dall'agricoltore, ed è prossima alla
Giudei hanno fatto contro di lui. Essi quindi lo maledizione, ossia è vicina ad essere intieramente
crocifìggono nuovamente in se stessi, cioè nel loro abbandonata e ad essere bruciata, vale a dire è
cuore, portando contro di lui la stessa condanna vicino il momento in cui l'agricoltore vi appic-
portata dai Giudei Deicidi. Ciò mostra la gravità cherà il fuoco, per bruciare i triboli e le spine.
del loro delitto e la difficoltà del pentimento. Così l'anima infedele, che abusa delle grazie di
Come è noto, i Montanisti, i Donatisti, i Nova- Dio, è riprovata, ossia è guardata di mal occhio
ziani, ecc., abusavano di questo testo di S. Paolo, da Dio ed è vicina ad essere maledetta eterna-
per sostenere i loro errori e negare alla Chiesa mente.
la potestà di assolvere da alcuni peccati, special- 9. Nei
vv. 9-20, S. Paolo incoraggia i suoi
mente dall'apostasia (Cf. S. Gerol., Adv. lovin., lettori perseverare nella fede, richiamando alla
a
11,3; Sant'Ambrogio, De Poenitentia, II, 3). Vedi loro mente il bene che hanno fatto in passato
intorno all'interpretazione di questo passo (4-6), (9-12), e la fedeltà di Dio (13-20). Ci promet-
i commentarli di S. Giov. Cris., S. Tommaso, tiamo, eoe. Tempera quanto di duro e di aspro
Estio... e anche Corluy, Spicil. dogm., t. I, p. poteva esservi nelle frasi precedenti. Benché egli
250 e ss. abbia parlato in tono severo (V, 11-VI, 8), è
7-8, Laecc. Questa bella similitudine
terra, ben lungi dal riguardar già come apostati coloro
mostra che avviene nell'anima fedele alla
quel ai quali scrive, anzi afferma che si ripromette di
gr«zlA del S. Battesimo, e agli aiuti che Dio le loro cose migliori, ossia un risultato ben diverso
da quello della terra sterile e infeconda, e se
questa è prossima alla maledizione, egli confida
invece che essi siano vicini alla salute, vale a dire
che abbiano tali disposizioni, per cui la loro sa-
lute non corra alcun pericolo.

10. motivo su cui si fonda questa speranza,


Il

è la che essi avevano praticata e pratica-


carità
vano tuttora verso
i cristiani. Dio non è ingiusto,
e quindi non può dimenticarsi, ossia non tener
conto delle vostre opere, e della carità che, per
suo amore e per sua gloria (pel nome di lui),
avete esercitata, venendo in soccorso dei santi,
cioè dei cristiani (X, 33). Egli quindi non man-
cherà di darvi quelle grazie e quegli aiuti, che
vi sono necessari a perseverare costanti nella fede.
In queste parole di S. Paolo si insegna chiara-
mente, che i giusti, per mezzo delle opere buone
fatte in istato di grazia, meritano realmente (de
condigno) un aumento di grazia per il tempo
presente, e la vita eterna per il futuro. Si deve
però osservare, che se si dice che Dio fa un atto
di giustizia quando premia le opere buone, ciò
non deve intendersi nel senso che queste opere
di lor natura siano tali, che ad esse sia dovuta
in rigor di giustizia la ricompensa, ma nel senso
che Dio, avendo promessa la ricompensa a tali
Fìg. 52. — Cardo selvatico. opere, è giusto che la conceda quando esse sono
poste. Si deve inoltre ritenere, che niuno può far
dà continuamente, e quel che avviene nell'anima opere meritevoli dell'eterna salute senza il soc-
infedele. Secondo altri, l'Apostolo continuerebbe corso della grazia divina, e quindi, allorché Dio
a spiegare perchè gli apostati difficilmente si con- premia le nostre opere buone, non corona tanto

30 — Sacra Bibbia, voi. II


466 Ebrei, VI, 11-16

viscàtur óperis vesfri, et dilectiónis, quam non è ingiusto, onde si dimentichi dell'opera
ostendistìs in nomine ipsius, qui ministràstis vostra, e della carità che avete dimostrata
et ministràtis. "Cùpimus autem
sanctis, pel nome di lui, nell'aver servito ai santi,
unumquémque vestrum eàmdem ostentare e nel servirli. ^^Ma desideriamo che ognuno
solicitùdìnem ad expletiónem spei usque in di voi^ dimostri la stessa sollecitudine, af-
finem : "Ut non segnes efflciàmini, verum fine di rendere compiuta la speranza sino
imitatóres eórum, qui fide, et patiéntia here- alla fine "affinchè non diventiate pigri, ma
:

ditàbunt promissiónes. imitatori di coloro, i quali mediante la fede


e la pazienza sono eredi delle promesse.
^^Abrahae namque promittens Deus, quó- "Poiché Dio facendo promessa ad Abra-
niam néminem hàbuit, per quem iuràret ma- mo, perchè aveva nessuno più grande, per
iórem, iuràvit per semetipsum, "Dicens : cui giurare, giurò per se medesimo, ^*di-
Nìsi benedicens benedicam te, et multipli- cendo Certo io ti benedirò grandemente,
:

cans multiplicàbo te. ^^Et sic longanimiter e moltiplicherò grandemente. '^E così egli
ti

ferens, adéptus est repromissiónem. ^^Hó- aspettando con longanimità, ottenne il com-
mines enim per maiórem sui iurant et om- : pimento della promessa. ^^Infatti gli uo-
nis controvérsiae eórum finis, ad confirma- mini giurano per chi è maggiore di loro :

tiónem, est iuraméntum. e per essi il giuramento di confermazione


è fine di ogni controversia.

1^ Gen. XXII, 17.

i nostri meriti quanto suoi proprii doni. A coloro


j sono, se non ti benedirò, ecc. (Cf. III, 11). Anche
che operano bene sino alla fine, e sperano in Dio^ le espressioni benedicens benedicam, multiplicans
,si deve proporre la vita eterna, come una grazia multiplicàbo, sono ebraismi, per indicare una
misericordiosamente promessa per Gesù Cristo ai grande benedizione e una grande moltiplicazione.
figliuoli di Dio, e come una mercede che, per la Questa promessa fatta ad Abramo, si riferiva in
promessa del medesimo Dio, deve rendersi fedel- senso spirituale alla salute, che Gesù Cristo
mente alle buone opere e ai meriti loro (Cane. avrebbe portato al mondo, e riguardava la di-
Trid. sess. VI, cap. 16. Cf. can. 32 e II Tim. scendenza spirituale del santo Patriarca (Cf. Rom.
IV, 8). IX, 6 e ss.; Gal. Ili, 16; IV, 22). Sopportando
con pazienza, ecc. Infatti, dopo la prima promessa
11-12. Se parliamo severo si è perchè deside-
(Gen. XII, 4) sino alla nascita di Isacco (XXII, 5),
riamo, che ciascuno di voi continui sino alla fine passarono circa venticinque anni, senza che la
a mostrare la stessa sollecitudine nelle opere pazienza del santo Patriarca venisse meno, ma
buone, affine di render compiuta, ossia di assicurar finalmente egli ottenne il compimento della pro-
meglio e rendere piii certa la vostra speranza, messa, ed ebbe il figlio sospirato. La promessa
oppure affinchè possiate conseguire quella salute, fu compiuta anche nel suo senso spirituale, poi-
che è il termine e l'oggetto della vostra speranza, ché Abramo ottenne, per mezzo di Gesiì Cristo,
e in mezzo alle tribolazioni non diventiate pigri
la giustificazione e la salute (Cf. XI, 13, 39), ed
nel bene, ma siate imitatori degli antichi patriar-
ebbe una lunga posterità di figli, essendo diven-
chi, i quali, per mezzo della fede in Dio e la pa-
tato padre di tutti i credenti (Cf. Giov. VIII, 56;
zienza nel tollerare ogni sorta di prove, sono eredi
Gal. II, 16).
delle , promesse, ossia sono entrati al possesso
dell'eredità promessa loro da Dio. Nel greco, in- vv. 16-18, fa vedere, che la pro-
16-18. Nei

vece del hereditabunt,


futuro vi è il presente messa ad Abramo appartiene ancora ai cri-
fatta
stiani e che essa sarà mantenuta anche in quella
ereditano. Questa esortazione alla speranza fa
motivo delle per- parte, che finora non ebbe ancora il suo compi-
supporre che tale virtii, forse a
secuzioni, languisse nel cuore degli Ebrei. mento. Dapprima ripiglia e spiega il giuramento
fatto da Dio. Infatti, si riferisce al v. 13. Gli
13-15. Prova, coU'esempio di Abramo, che i uomini giurano, ossia sogliono giurare, per chi è
patriarchi sono diventati eredi mediante la fede maggiore di loro (nel greco si legge semplicemente
e la pazienza, e assieme fa vedere quanto Dio sia per il maggiore), ossia per Dio. Il giuramento
stato fedele nel mantenere le sue promesse. Dio tra gli uomini, proviene dalla mutua diffidenza
facendo promessa (Ved. Gen. XII, 2-3; XIII, 14- (Ved. n. Matt. V, 37) e perciò, quando è neces-
17; XV, 5 e ss.; XVII, 5; XXII, 16). Poiché non sario attestare la verità di una cosa, essi ricor-
aveva, ecc. Siccome la promessa che Dio faceva, rono al giuramento, prendendo a testimone Dio,
non doveva realizzarsi che in un tempo lontano, che conosce tutte le cose ed è potente a punire
così Egli, per dimostrare ad Abramo l'immutabilità la perfidia e lo spergiuro. Il giuramento quindi è
della sua parola, la confermò con un giuramento, i'ultimo e il più efficace mezzo per troncare tutte
e poiché niuno può giurare se non per un altro le e presso tutti i popoli si tiene per certo,
liti,

maggiore di sé. Dio» non avendo nessuno sopra quello che è convalidato dal giuramento. Ora
di sé, giurò per se stesso, di benedire Abramo e Dio non poteva giurare per uno maggiore di sé,
di moltiplicare la sua discendenza. Dicendo. La e non aveva bisogno di questo mezzo per essere
citazione è fatta su Gen. XXII, 16, ma non è let- creduto, tuttavia volendo, per sua bontà e con- .

••

terale. Certo. La forma latina e greca se non, è discendenza, abbondare nel far conoscere, ossia
un ebraismo, che esprime un giuramento esecra- far conoscere con maggior forza ed evidenza, la '\

torio, e va interpretata : Non sia io quello che immutabilità del suo consiglio, di benedire tutte le «
Ebrei, VI, 17 — VII, 1 467

"In quo abundàntius volens Deus estèn- ^Ter la qual cosa volendo Dio abbon-
dere pollicitatiónis herédibus immobilitàtem dare nel far conoscere agli eredi della pro-
consilìi sui, interpósuit iusiuràndum ^*Ut : messa l'immutabilità del suo consiglio, vi
per duas res immóbiles, quibus impossibile pose di mezzo il giuramento ^^Afflnchè per :

est mentìri Deum, fortissimum solati um ha- due cose immutabili, nelle quali non è pos-
beàmus, qui confùgimus ad tenéndam propó- sibile che Dio mentisca, abbiamo una con-
sitam spem, "Quam sicut ànchoram habé- solazione fortissima noi, che abbiamo presa
mus ànimae tutam ac firmam, et incedéntem la corsa per afferrare la speranza proposta,
usque ad interiora velàminis, ^°Ubi prae- ^'che teniamo come àncora sicura e stabile
cùrsor prò nobis introivit Jesus, secùndum dell'anima, e che penetra sino alle parti
órdinem Melchìsedech Póntifex factus in che sono dopo il velo, ^"dove entrò precur-
aetérnum. sore per noi Gesii, fatto pontefice in eterno
secondo l'ordine di Melchìsedech.

CAPO VII.

Melchìsedech figura di Gesù Cristo, 1-3, è tuttavia superiore ad Abramo e a Levi,


4'io. —
// sacerdozio di Gesii Cristo stipei'iore al sacerdozio levitico, 11 '28.

^Hic enim Melchìsedech, rex Salem, sa- ^Perocché questo Melchìsedech (era) re
cérdos Dei summi, qui obviàvit Abrahae di Salem, sacerdote di Dio Altissimo, il

1 Gen. XIV, 18.

genti per mezzo di un discendente di Abramo, della vita presente. Presso gli antichi l'ancora era
cioè del Messia Salvatore, pose di mezzo il giu- simbolo della speranza (Ved. Eschilo, Agamen.,
ramento. Gli eredi della promessa non sono tanto 488; Clem. A., Paedag., Ili, 59). Vi è però que-
i Giudei, quanto piuttosto i cristiani, i quali sono sta differenza tra l'ancora e la speranza, che,
la vera posterità dì Abramo (Gal. Ili, 29). Due mentre prima discende in fondo al mare e im-
la

cose immutabili. Queste due cose immutabili sono pedisce alla nave di muoversi, la seconda invece
la promessa e il giuramento. Nelle quali, ecc. Dio va a fissarsi, ossia penetra in Dio, e imprime
non può mostrarsi infedele né alle sue promesse, all'anima un forte impulso verso la patria del
né ai suoi giuramenti. Abbiamo, ecc. Dio ha fatto cielo. Le parti che sono dopo il velo, che stava
in modo così solenne le sue promesse, affinchè davanti al Santo dei Santi, e lo divideva dal Santo
noi cristiani, eredi di esse, abbiamo una fortissima (Esod. XXVI, 31). Con questa espressione allu-
consolazione, ossia possiamo essere pieni di con- siva al culto dell'Antico Testamento, S. Paolo
fidenza in Lui, anche in mezzo gravi tri-
alle piCi vuol indicare la parte più intima del cielo, dove
bolazioni. Noi cristiani, procelle del
che dalle fu ammesso Gesù Cristo (Ved. IX, 2, 3, e ss.).
mondo ci siamo rifugiati nel seno della religione La nostra speranza ha il suo fondamento in Dio,
cristiana, per afferrare, ossia impossessarci della non manca quindi di essere ben ferma e sicura.
speranza proposta, vale a dire della salute eterna 20. Come il Pontefice Ebreo entrava una volta
a noi promessa (Rom. Vili, 24; Col. I, 5). Invece all'anno nel Santo dei Santi (IX, 7), così Gesù
di abbiamo presa la corsa per afferrare, sarebbe Cristo, costituito Sacerdote secondo l'ordine di
stato meglio tradurre ci siamo rifugiati nell'ac-
:
Melchìsedech, entrò, come nostro precursore, nel
quisizione della speranza proposta. cielo affine di aprirne le porte, prepararci il posto
19. Questa speranza è quell'ancora ferma e si- (Giov. XIV, 2, 3) ed essere il nostro avvocato
presso il Padre (IX, 24). San Paolo aggiunge
quest'ultimo argomento, per sempre più confer-
mare la speranza dei fedeli, e, affermando la di-
gnità sacerdotale di Gesù Cristo, viene a tornare
alla tesi annunziata al cap. V, 6-10, e interrotta
poi dalla lunga digressione V, 11-VI, 20.

CAPO VII.

1. S. Paolo passa ora a mostrare direttamente,


come il sacerdozio della nuova legge sia superiore

a quello dell'antica (VII, 1-X, 18). Dapprima fa


vedere Gesù Cristo superiore ai sacerdoti Ebrei,
F»g- 53- — Ancora sospesa. perchè Egli è sacerdote secondo l'ordine di Mel-
chìsedech (VII, 1-28). Comincia collo stabilire,
cura, che sostenta la nostra anima e la mantiene che Melchìsedech fu una figura di Gesù Cristo
ferma e immobile in mezzo a tutte le tempeste (VII, 1-3). Questo Melchìsedech, di cui sì è par-
468 Ebrei, VII, 2-5

regrèsso a caede regnum, et benedixit ei : quale andò incontro ad Abramo, che ritor-
*Cui et décimas omnium divisit Abraham : nava daUa sconfitta dei re, e lo benedisse :

primum quidem qui interprétatur rex iusti- ^a cui Abramo diede ancora la decima di
tiae deinde autem et rex Salem, quod est,
: tutte le cose il quale primieramente s'in-
:

rex pacìs, 'Sine patre, sine matre, sine ge- terpreta re di giustizia e poi re di Salem,
:

nealogia, neque inìtium diérum, neque fi- vale a dire, re di pace, 'senza padre, senza
nem vitae habens, assimilàtus autem Filio madre, senza genealogia, senza principio di
Dei, manet sacérdos in perpétuum. giorni, senza fine di vita, e rassomigliato
al Figliuolo di Dio, rimane sacerdote in
perpetuo.
*Intuémini autem quantus sit hic, cui et '*Ora considerate quanto sia grande costui,
décimas dedit de praecipuis Abraham pa- alj quale diede la decima delle cose migliori
triàrcha. "Et quidem de filìis Levi sacerdó- anche Abramo^il patriarca. ^Or quelli dei

« Deut. XVIII, 3; Jos. XIV, 4.

lato alcap. VI, 20, e al cap. V, 1-10 (Ved. n. vergine, non ha padre, come Dio poi non ha
Intorno alla storia di questo personaggio, Ved.
ivi). madre. Egli per conseguenza non ha antenati, dai
Gen. XIV, 18-20. Re cananeo di Salem, antico quali tragga la sua origine, in quel modo naturale
nome di Gerusalemme. Anche nel salmo LXXV, che il figlio la trae dal padre. Nelle parole senza
3, il nome di Salem è sinonimo di Sion. S. Gero- genealogia, è meglio però vedere un'allusione ai
lamo però, benché Quaest in Gen. XIV, 18, iden- sacerdoti levitici, i quali conservavano con cura le
tifichiSalem con Gerusalemme, tuttavia nella let- loro genealogie per provare, che essi appartene-
tera ad Evangelio, n. VII, pensa che potrebbe vano all'ordine sacerdotale (I Esdr. II, 62), e
identificarsi con Salim, presso Ennon, a circa otto un'allusione al fatto che vi può essere e vi è
miglia da Scitopoli (Ved. n. Giov. III, 25). La cosa un sacerdozio anche fuori della tribù di Levi. Ciò
non ha alcuna importanza, poiché l'argomentazione si applica molto bene a Gesù Cristo, il quale,

dell'Apostolo si fonda sul 'fatto che Melchisedech come sacerdote non ha genealogia, perché non
era re, e che Salem significa pace. Benché vivesse discende dalla tribù di Levi, ma da quella di
in mezzo agli idolatri, Mekhisedech era sacerdote Giuda. Come Figlio di Dio poi, Gesù Cristo fu
di Dio altissimo, cioè del vero Dio. Ritornam dalla prima di tutti i tempi e sussisterà per tutta la
sconfitta, ecc. Il fatto, a cui si allude, è narrato eternità. Melchisedech rimane sacerdote in per-
Gen. XIV, 1-17. Abramo aveva sconfitti parecchi petuo, perché la Scrittura non parla della sua
re orientali, che avevano fatto un'invasione a So- morte, né di alcun suo successore. Anche in
doma. Mentre se ne ritornava vittorioso alk sua questo egli é figura di Gesù Cristo, il quale é non
terra di Mambre, presso Hebron, gli si fece ìa- solo sacerdote (iepeùq) in perpetuo, ponte- ma
coctro Melchisedech, quale lo- benedisse
il ^n. fice (dpXtepeuq) in eterno (V, 10).
S. Paolo,
XIV, 19-20). Ora Abramo, ricevendo la beoedi- come è chiaro, commenta le parole del salmo
zione di Melchisedech, veniva a riconoscere il suo CIX Tu sei sacerdote in eterno secondo l'ordine
:

sacerdozio e a confessarsi inferiore a lui, e con- di Melchisedech, e, illuminato dallo Spirito-Santo,


fermava ancora questa sua confessione col largii fa vedere in tutte le particolarità, che la Scrit-
dono della decima parte di tutto il bottino di tura riferisce di questo personaggio, altrettante
guerra (Gen. XIV, 20). Dopo aver richiamato alla figure di Gesù Cristo. Da tutto il contesto, sia
mente dei, suoi lettori questo fatto, S. Paolo passa di questa lettera e sia dei passi corrispondenti
a darne la spiegazione tipica, cominciando dal della Genesi, apparisce evidente che Melchisedch,
nome. Melchisedech, secondo la sua etimologia non é un personaggio fittizio, e molto meno un
ebraica Malkisedeq, significa re di giustizia o re angelo, o il Figlio di Dia, ma è un vero uomo.
giusto, e re dì Salem vuo4 dire re della pace, o 4. Nei vv. 4-10, dimostra che Melchisedech è
re pacifico (ebr. salam = pace). Come re di giu- superiore ad Abramo, e quindi anche a Levi di-
stizia e re di pace, Melchisedech è una bella fi- scendente di Abramo. Considerate, ecc. Richiama
gura di Gesìì Cristo, vero re giusto e pacìfico, l'attenzione dei suoi lettori >sulla grandezza straor-
perchè autore della nostra giustizia (I Cor. I, 30) dinaria di. Melchisedech, al quale diede la decima
e nostra pace (Efes. II, 14). Come sacerdote e re delle cose migliori conquistate in guerra, anche
Melchisedech rappresenta pure Gesìì Cristo, nel Abramo il patriarca (ò ìtaxpx&pXryq) , cioè il padre
quale sono unite la dignità regia e la,.dignità sacer- del popolo eletto. Questo titolo, il patriarca, posto
dotale. con enfasi in fine della frase, mentre fa conoscere
la grandezza dì Abramo, lascia pure comprender»
3. Senza padre, ecc. La Scrittura, parlando di
quanto più grande sia Melchisedech. E da osser
Melchisedech, non indica né il suo padre, né la
vare che, secondo il v. 2, Abramo diede la decima
sua madre, né la sua genealogia, né quando sia
di tutto quello che aveva (X)nquistato, e quindi le
nato, né quando sia morto, né chi l'abbia prece-
parole diede la decima delle cose migliori, vanno
duto e chi gli sia succeduto nel sacerdozio, men-
interpretate nel senso che Abramo diede la decima
tre invece, parlando di altri personaggi, indica
di tutto, scegliendo le cose migliori della preda.
parecchie di queste cose. Ora questo silenzio della
Scrittura non è una cosa casuale, ma fu voluto 5. Quellidei figliuoli di Levi, ecc. Non tutti
dallo Spirito Santo, affinché Melchisedech rasso- i discendenti di Levi erano sacerdoti, ma solo
migliasse al Figlio di Dio, di cui era figura. Gesù quelli della famiglia di Aronne; gli altri venivano
Cristo infatti come uomo, essendo nato da una chiamati leviti, ed erano addetti ai servizi mate-
Ebrei, VII, 6-11 469

tium accipiéntes, mandatum habent décimas fìgliuoli di Levi, che sono assunti al sacer-
sumere a pópulo secundum legem, id est, dozio, hanno ordine secondo la legge di
a fràtribus suìs quajpnquam et ipsi exierint
: ricevere le decime dal popolo, cioè dai
de lumbìs Abrahae. ^Ciiius autem generàtio propri fratelli, quantunque ancor essi usciti
non annumeràtur in eis, décimas sumpsit dai lombi di Abramo. *Ma questi, la cui
ab Abraham, et hunc qui habébat repromis- generazione non è riferita tra quelli, rice-
sìónes, benedixit. ^Sìne ulla autem contra- vette le decime da Abramo, ed a lui, che
dictìone, quod minus est, a melióre benedi- aveva le promesse, diede la benedizione.
ci tur. ^Or senza alcun dubbio il minore riceve dal
maggiore la benedizione.
*Et hic quidem, décimas moriéntes hó- ^E qui inoltre ricevono le decime uomini
mines accìpiunt autem contestàtur, quia
: ibi mortali :ma là uno, del quale è attestata
vivit. "Et (ut ita dictum sìt) per Abraham, la vita. 'E per parlare così, in Abramo pagò
et Levi, qui décimas accépit, decìmàtus est : le decime anche Levi, che riscuote le de-
^"Adhuc enim in lumbis patris erat, quando cime : ^"infatti egli era tuttora nei lombi
obvìàvit ei Melchisedech. del padre, quando a questo andò incontro
Melchisedech.
"Si ergo consummàtio per sacerdótium "Se dunque la perfezione si aveva me-
Levìticum erat (pópulus enim sub ipso le- diante il sacerdozio Levitico (poiché sotto

fialidel tempio (Esod. XXVIII, 1 e ss. ; Num. E qui, nel le decime si pa-
sacerdozio levitico,
Ili,10 e ss.; IV, 1 e ss., ecc.). Hanno ordine gano auomini mortali, invece, nella storia di

secondo la legge (Num. XVIII, 21 e ss.; Deut. Melchisedech, ricevette le decime uno, del quale
XIV, 22 e ss.). L'Apostolo insiste su questa par- dalla Scrittura è attestata la vita, nel senso cioè,
ticolarità. Gli Ebrei erano obbligati in forza di che nella Scrittura non si parìa né della sua
una legge divina a pagare la decima mentre
; morte, né di alcun suo successore nel sacerdozio
invece Abramo la offrì spontaneamente. Ricevere (Cf. V. 3), anzi si afferma che Gesù Cristo é sa-
la decima. Tutti gli Israeliti pagavano la decima ai cerdote in eterno secondo l'ordine, ossia alla ma-
Leviti, e questi alla lor volta pagavano la decima niera di Melchisedech.
di quanto ricevevano ai sacerdoti. Dai proprii fra-
9. Per parlare così, formola generale destinata
telli. Sia i sacerdoti che i leviti ricevevano la
ad attenuare un poco quanto può sembrare stra-
decima dagli altri Giudei, discendenti ancor essi ordinario in quello che sta per dire. In Abramo,
da Abramo, e quindi loro fratelli. La frase usciti
ecc. Qualcuno avrebbe potuto rispondere che, data
dai lombi è un ebraìsmo equivalente a generati da
pure la superiorità di Melchisedech su Abramo,
Abramo (Cf. Gen. XXXV, 11 II Par. VI, 9, ecc.).
;
non seguiva punto che Levi fosse inferiore, poi-
Ora se il privilegio della decima accordato ai le- ché questi non pagò le decime, ma anzi le riceve.
viti e ai sacerdoti, mostra l'eccellenza del sacer-
S. Paolo fa invece osservare, che Levi stesso,
dozio levitico, quanto non è più grande il sacer-
il quale nei suoi figli riscuote le decime dai suoi
dozio di Melchisedech?
fratelli, ha per così dire ancor egli pagato la
6. Questi infatti, cioè Melchisedech, la cui ge- decima a Melchisedech e fu da lui benedetto nella
nerazione genealogia non è riferita tra quelli persona di Abramo. Levi infatti era ancora nei
{Cf. VII, 3), vale a dire che non apparteneva in lombi di Abramo (ebraismo per indicare che esi-
alcun modo alla tribù di Levi, ricevette le decime steva in germe o virtualmente in Abramo), quando
da Abramo, molto prima che fosse data la legge questo pratriarca diede a Melchisedech la decima
di Mosè. Egli per conseguenza è superiore ad per sé e per tutti i suoi discendenti. Abramo es-
Àbramo e a Levi discendente da Abramo; poiché sendo capo e rappresentante di tutto il popolo
chi preleva le decime è superiore a colui che le teocratico, col riconoscere Melchisedech superiore
dà. Né solo Melchisedech prelevò le decime da a sé, lo riconobbe ancora superiore a tutti i suoi
Abramo, ma diede ancora la sua benedizione al discendenti compreso lo stesso Levi. Va però
santo patriarca, benché questi avesse più volte già eccettuato Gesù Cristo, il quale, benché abbia
ricevuto da Dio la promessa di molti beni (Cf. preso carne nella stirpe di Abramo, tuttavia es-
Gen. XII, 2, 3; XIII, 14 e ss.; XVII, 1 e ss. ; sendo stato concepito per opera dello Spirito
XXII, 15 e ss.) che facevano di lui il capo del Santo, non discende dal patriarca per via semi-
popolo teocratico, e l'antenato del Messia. nale, e quindi non era contenuto in lui, e non
diede le decime, ma piuttosto le ricevette nella
7.Ora, per comune consenso è manifesto che persona di Melchisedech. Il sacerdozio levitico è
colui il quale con autorità e in virtù delle sue quindi ^inferiore a quello di Melchisedech.
; funzioni dà la benedizione, è superiore a colui
; che riceve la benedizione. Anche per questo mo- 11. S. Paolo passa ora, nei vv. 11-28, a mo-
C tivo quindi Melchisedech è superiore ad Abramo strare che il sacerdozio di Gesù Cristo è superiore
al sacerdozio levitico. Infatti il sacerdozio levitico
e a Levi.
era temporaneo, invece quello di Gesù Cristo è
8. 11 sacerdozio di Melchisedech è più eccel- eterno (11-19); nell'istituire il primo, Dio non
lente del sacerdozio levitico anche per la ragione, usò alcun giuramento, mentre invece lo usò coi
che leviti sono soggetti alla morte, mentre di
i secondo (20-22). Di più Gesù Cristo è sacerdote
Melchisedech la Scrittura non dice che sia morto. unico (23-25) e perfetto (26-28), mentre i discca-
470 Ebrei, VII, 12-16

gem accépit) quid adhuc necessàrium fuit di questo il popolo ricevette la legge), qual
secóndum órdìnem Melchisedech, àlium sùr- bisogno vi fu poi che uscisse fuori un altro
gere sacerdótem, et non secùndum órdinera sacerdote secondo l'ordine di Melchisedech,
Aaron dici? e non fosse detto secondo l'ordine di
Aronne ?
"Translàto enim sacerdòti©, necésse est "Poiché trasportato il sacerdozio, è di
ut et legis translàtio fiat. "In quo enim necessità che si muti anche la legge. "In-
haec dicùntur, de alia tribù est, de qua fatti colui, a riguardo del quale sono dette
nullus altari praesto fuit. ^^Maniféstum est queste cose, appartiene ad un'altra tribù,
enim quod ex luda ortus sit Dóminus noster : della quale nessuno servì all'altare. "Poiché
in qua tribù nihil de sacerdótibus Móyses é cosa 'evidente che il Signor nostro nacque
locutus est. ^''Et àmplius adhuc maniféstum dalla tribù di Giuda alla quale tribù Mosé
:

est secùndum similitùdinem Melchise-


: si non parlò mai di sacerdozio. "E questo
dech exùrgat àlius sacérdos, "Qui non se- ancor più é manifesto mentre sorge un
:

cùndum legem mandati carnàlis factus est, altro sacerdote, a somiglianza di Melchi-
sed secùndum virtùtem vitae insolùbilis. sedech, "il quale è stato sacerdote non se-
condo la legge del comandamento carnale,
ma secondo la virtù di una vita indisso-
labile.

denti dì Levi si succedono l'uno all'altro, e tutti alla tribù di Levi, ma a un'altra tribù, della quale
sono peccatori. Dcssun membro fu mai sacerdote. E cosa evidente
Dunque, non indica qui una conclusione, ma infatti che il Signor nostro (Cf. I Tim. I, 14;
è una formola di transizione. S. Paolo fa vedere, II Tim. I, 8; II Piet. Ili, 8) Gesù Cristo, pon-
che il sacerdozio di Gesù Cristo è stato sostituito tefice delia nuova alleanza, nacque non dalla tribù
al sacerdozio levitico. La perfezione (gr. reXeioo- di Levi, ma da quella di Giuda (Ved. n. Matt. I,
«i?)i ossia la giustificazione , e la salute, si aveva 1 e ss. Cf. Lue. Ili, 33; Apoc. V, 5), alla quale

mediante il sacerdozio levìtico, vale a dire se si m parlò


Mosè, il mediatore dell'antica alleanza, non \
j

fosse potuta ottenere per mezzo dei sacrifizi fatti mai di sacerdozio. Questo era riservato alla fa-
[
dai sacerdoti levitici, qual necessità vi sarebbe miglia di Aronne, appartenente alla tribù di Levi I
stata che uscisse fuori, ossia venisse annunziato (Num. Ili, 5-8; Deut. X, 8, ecc.)
(salm. CIX, 4), un altro sacerdote appartenente
E questo, che il sacerdozio levitico do-
15-16.
all'ordine di Melchisedech, e non all'ordine di
veva essere abrogato per la sostituzione di un
Aronne figlio di Levi? La risposta non può es- nuovo sacerdozio, è tanto più manifesto (allusione
sere altra che questa Se Dio ha annunziato che
:
al principio del v. 14), se noi vediamo sorgere
al sacerdozio di Levi ne sarebbe stato sostituito
un altro sacerdote a somiglianza di Melchisedech.
un altro, ciò prova che il primo non era capace L'espressione secùndum similitùdinem = a somi-
di condurre gli uomini a salute. La parentesi
glianza è identica a secùndum ordinem = secondo
sotto di esso (sacerdozio), ecc., è destinata a far
l'ordine o il tipo. Invece di mentre sorge, ecc.,
risaltare la somma importanza che il sacerdozio
si dovrebbe tradurre se sorge, ecc. Questa ipotesi
aveva nella legislazione israelitica. Col nome di
si è verificata. 7/ quale è fatto sacerdote, non
iegge si deve qui intendere tutto il complesso
secondo la legge, ecc., ossia non a norma della
delle istituzioni mosaiche. Il popolo aveva rice-
legge mosaica, la quale stabiliva che i sacerdoti
vuta lina legge, che era tutta sotto l'influenza del
si succedessero l'uno all'altro nella famiglia di
,

sacerdozio, e si basava sopra di esso, come indica


Aronne. Questa prescrizione della legge viene detta
il greco in* ovtnq, e ciò spiega perchè S. Paolo
carnale,perché si riferiva a uomini mortali, che
abbia detto mediante il sacerdozio e non già
sitrasmettevano il sacerdozio di padre in figlio.
mediante la legge.
Gesù Cristo invece fu fatto sacerdote secondo la
j

12. Poiché, ecc., si riferisce alla parentesi del virtù (U una vita indissolubile, ossia il suo sacer-
versetto precedente, e mostra l'intimo nesso che dozio non deve i trasmettersi per successione, ma
vi è tra Ù sacerdozio e la legge. Questo nesso è dura eternamente, perchè Egli possiede una vita
tale, che un cambiamento nel sacerdozio (ossia immortale. E da osservare con Fillion (h. 1.) la
l'abrogaziocie del sacerdozio) trae con sé un muta- doppia antitesi tra la legge e la virtù, e tra £1
mento nella legge (ossia l'abrogazione della legge), comandamento carnale e la vita indissolubile. La
poiché la legge regola principalmente il culto di- legge è qualche cosa di esterno, la virtù, ossia
vino ed ha quindi il suo centro nel sacerdozio. la forza, invece è qualche cosa di interno. Un co-
Per conseguenza, se il sacerdozio levitico avesse mandamento carnale di ^ sua natura è soggetto a
condotto gli uomini a salute, Dio non l'avrebbe mutazione; la vita indissolubile invece indica per-
abolito, poiché una tale abolizione importava pure petuità. Ora un sacerdozio costituito secondo la
l'abolizicoe di tutta la legge. prima norma é subordinato alla morte, invece
13-14. Viene ora a provare (13-19) che al sa- quello costituito secondo l'altra di sua natura è
cerdozio levitico Dio ha veramente sostituito un perpetuo. Il sacerdozio di Aronne era veramente
altro sacerdozio, e che per conseguenza il primo carnale ed esterno, poiché si occupava principal-
è stato abolito. Infatti colui, a riguardo del quale mente di cose esterne (vittime materiali, purifica-
sono dette queste cose, vale a dire Gesù Cristo, zioni esterne, ecc.). Non fa quindi meraviglia che
del quale è detto che è sacerdote in eterno se- dovesse cedere il posto al sacerdozio perfetto ed
condo l'ordine di Melchisedech, appartiene non eterno di Gesù Cristo.
Ebrei, VII, 17-22 471

"Contestàtur enim Quóniam tu es sacèr- : "Perocché (Dio) dichiara Tu sei sacer- :

dos in aetérnum, seciindum ordinem Melchi- dote in eterno secondo l'ordine di Melchi-
sedech "ReproMtìo quidem fit praecedén-
: sedech. ^^Ora viene rivocato il precedente
tis mandati, propter ìnfirmitàtem eius, et ordinamento a causa della sua impotenza e
inutilitàtem "Nihil enim ad perféctum
: inutilità "infatti la legge condusse ninna
:

adduxit lex introdùctio vero melióris spei,


: cosa a perfezione, ma dopo di essa s'in-
per quam proximàmus ad Deum. ^°Et quan- troduce una migliore speranza, per la quale
tum est non sine iureiuràndo (ali! quidem ci accostiamo a Dio. ^°E in quanto (sacer-
sine iureiuràndo sacerdótes facti sunt. ^^Hic dote) non senza giuramento, poiché gli altri
autem cum iureiuràndo per eum, qui diXit sono stati fatti sacerdoti senza giuramento,
ad illum luràvit Dóminus, et non poeni-
: ^^ma questi col giuramento da lui, che gli
tébit eum tu es sacérdos in aetérnum)
: : disse Il Signore giurò e non si ritratterà
: :

*^In tantum melióris testaménti sponsor tu sei sacerdote in eterno ^^di tanta mi- :

factus est lesus. gliore alleanza è divenuto mallevadore Gesù.

1' Ps. CIX, 4. 21 Ps. CIX, 4.

Prova che Gesù Cristo è stato fatto sacer-


17. zioni, ma in virtù della fede in Gesù Cristo ven-
dote secondo la virtù di una vita indissolubile. turo. Ma si introduce, ecc. Le parole del salmo
Infatti Dio dichiara o attesta per mezzo della CIX, che annunziano l'abrogazione dell'antica
Scrittura (Salm. CIX, 4), che Egli è sacerdote in legge, annunziano pure l'introduzione di una mi-
eterno secondo l'ordine di Melchisedech. Si os- gliore speranza, ossia di una nuova legge e di un
servi che Gesù Cristo è sacerdote eterno, non solo nuovo sacerdozio, che ci promettono e ci fanno
perchè come Dio Egli è eterno, e perchè non è sperare beni molto migliori^ quali sono la vera
.

succeduto ad altri nel sacerdozio e niuno a lui suc- santità e la vera giustificazione nella vita pre-
cederà, ma anche perchè proprio effetto del suo sente, e la gloria eterna nella vita futura. Per
sacerdozio è di causare in noi la vita eterna. Si la quale, ecc. Spiega la natura di questa speranza.
dice poi, che è sacerdote secondo l'ordine di Mel- Mentre nell'Antico Testamento, il solo sacerdote
chisedech, non solo per le ragioni addotte (1-3), una volta all'anno poteva entrare nel Santo dei
ma anche perchè vi ha una certa rassomiglianza tra Santi, dove era l'arca, considerata come trono di
il sacrifizio offerto da Melchisedech e quello of- Dio, noi cristiani invece, per mezzo della speranza
ferto da Gesù Cristo. Come infatti Melchisedech e grazie al nostro Mediatore Gesù Cristo (v. 25),
offerse a Dio pane e vino (Gen. XIV, 18), così ci accostiamo a Dio colla più grande confidenza,
Gesù Cristo a somiglianza di lui offerse nell'ul- e saremo poi un giorno introdotti nel cielo a
tima cena il suo corpo e il suo sangue, sotto le partecipare alla sua gloria. Le parole dopo di essa,
specie del pane e del vino (Cf. Conc. Trid., sess. sono un'aggiunta del traduttore per chiarire il
XXII, cap. 1). Tale è l'interpretazione di tutti i senso, e si riferiscono all'antica legge abrogata.
Padri. La ragione per cui S. Paolo non parla qui 20-22. Altra prova della superiorità del sacer-
direttamente del sacrifizio eucaristico si è perchè dozio di Gesù Cristo
sacerdozio levitico. Il
sul
il suo scopo è di mostrare quanto l'immolazione primo fu istituito da Dio con un solenne giura-
cruenta di Gesù Cristo sulla croce, sia più eccel- mento, non così il secondo, e perciò il primo è
lente delle immolazioni levitiche. superiore al secondo, poiché non si giura se non
18-19. Motivoper cui il sacerdozio levitico e nelle cose di maggior importanza, e che si vuole
l'antica legge dovevano essere abrogati (v. 11). restino ferme e invariabili. In quanto. E l'esatta
Essi erano impotenti a giustificare l'uomo (X, 1 ; traduzione del greco, dove manca Vest della Vol-
Gal. Ili, 24). Ora con queste parole del salmo gata, e corrisponde a in tantum del v. 22. La
CIX, 4, viene revocato o abolito il precedente or- parentesi sacerdote, fu aggiunta per maggior chia-
dinamento relativo al sacerdozio levitico, e quindi rezza In quanto adunque Gesù Cristo fu fatto
viene pure revocata tutta l'antica legge, che aveva sacerdote non senza giuramento, vale a dire con
il suo centro nel sacerdozio levitico (v. 11). Que- solenne giuramento, di tanta migliore alleanza, ecc.
sta legge vien revocata per la sua impotenza e la La parentesi poiché, ecc., contiene la prova della
sua inutilità. Essa infatti non poteva condurre prima affermazione. Gli altri (gr. quelli), cioè i
l'uomo alla giustificazione e alla salute, perchè sacerdoti levitici, sono stati fatti tali senza alcun
se mostrava il bene da farsi e il male da evitarsi, giuramento da parte di Dio, ma questi, cioè Gesù
non dava la forza necessaria a fare quanto inse- Cristo, fu fatto sacerdote con un giuramento da
gnava (Ved. Rom. Ili, 20; Vili, 3; Gal. Ili, 10, colui, ossia da Dio, che gli disse (greco dice) :
11; IV, 3, ecc.). Relativamente all'acquisto della tu sei sacerdote, ecc. Le parole il Signore giurò,:

grazia santificante, essa era quindi inutile; che ecc., nel salmo CIX, 4, servono ad introdurre il
se ciò nonostante, aveva tuttavia grandi utilità, in giuramento, ma S. Paolo le pone direttamente in
quanto conferiva la santità legale, figurava Gesù bocca a Dio, autore principale del salmo. Non si
Cristo, e a lui era ordinata e doveva condurre i pentirà. Queste parole mostrano, che Dio non ri-
Giudei (Gal. Ili, 24), adesso che Gesù Cristo è tratterà il suo giuramento. Nel greco ordinario e
venuto, ha perduto ogni valore (Gal. Ili, 25). in alcuni codici (A D E K, ecc.), dopo eterno si
La legge mosaica con tutte le sue istituzioni aggiunge : secondo l'ordine di Melchisedech ; ma
condusse niuna cosa (ossia nessun uomo) alla la lezione della Volgata ha in suo favore codici i

perfezione, cioè a quella vera giustizia che rende B C, ecc., ed è preferita dai critici. Di tanta mi-
grati a Dio. Se gli uomini erano giustificati sotto gliore, ecc. Quanto è stato più solenne il modo,
U legge, non lo erano in forza delle sue istitu- con cui Dio confermò il sacerdozio di Gesù Oi-
472 Ebrei, VII, 23-27

^'Et àlii quidem plures facti sunt sacerdó- ^^Di più tra quelli molti sono stati sacer-
tes, ìdcirco guod morte prohiberéntur per- doti, perchè la morte non permetteva loro di
manére ^^Hic autem eo quod màneat in
: durare sempre. ^"Ma questi, perchè dura in
aetérnum, sempitérnum habet sacerdótium. eterno, ha un sacerdozio che non passa.
^* linde et salvare in perpétuum potest acce- ^^Onde ancora può in perpetuo salvare co-
déntes per semetipsum ad Deum semper : loro che per mezzo suo si accostano a Dio :

vivens ad interpellàndum prò nobis. vivendo sempre affine di supplicare per noi.
^^Talis enim decébat ut nobis esset póntì- ^^Poichè conveniva che noi avessimo un
fex, sanctus, innocens, impollùtus, segregà- tal pontefice, santo, innocente, immacolato,
tus a peccatóribus, et excélsior caelis fac- segregato dai peccatori, e sublimiate sopra
tus "Qui non habet necessitàtem quotìdie,
: i cieli ^^che non ha necessità, come quei
:

quemàdmodum sacerdótes, prius prò suis de- sacerdoti, di offerir ostie ogni giorno, prima
lictis hóstias offérre, deinde prò pópuli hoc : pei suoi peccati, poi per quelli del popolo :

2' Lev. XVI, 6.

sto, tanto migliore e più ferma e più durevole è il Santo per eccellenza (Atti, II, 27; XIII, 35).
l'alleanza di cui Gesù Cristo fu fatto mallevadore. Innocente (gr. fixaxo?), ossia senza malizia, senza
Gesù Cristo è nostro mallevadore, perchè mentre peccato (Lev. XXII, 9). Immacolato (gr. dnia\to<;),
noi eravamo impotenti a pagare i nostri debiti ossia mondo da ogni macchia (Lev. XXI, 17).
colla divina giustizia, ed eravamo incapaci di os- Segregato dai peccatori, che cioè malgrado le sue
servare la legge di Dio, Gesù Cristo ha sod- relazioni col mondo peccatore, non ha contratto
disfatto per noi, e ci ha meritata la grazia ne- ailcuna colpa. Sublimato sopra
i cieli, ossia in-
cessaria per osservare i divini precetti (Rom. V, nalzato sopra tutte le creature, e sedente alla
19; II Cor. V, 21; Gal. Ili, 13). destra di Dio (IV, 14; Efes. IV, 10), oppure su-
23-25. Altra differenza tra i due sacerdozi. Gesù periore nella santità a tutte le creature.
Cristo è sacerdote unico e perpetuo; i leviti si 27. Il nostro pontefice, essendo così elevato in
succedevano l'uno all'altro. E quelli, cioè i sacer- santità, non ha bisogno come quei sacerdoti (greco
doti levitici, sono stati molti dal tempo in cui dpXiepeT(; ^ pontefici), ossia come i pontefici le-
furono istituiti, perchè la morie non permetteva vitici, di offrire ogni giorno sacrifizi per espiare
loro che durassero molto tempo nelle funzioni le sue colpe, una volta all'anno per espiare
e
sacerdotali, ed era quindi necessario, che l'uno quelle del popolo. Anche Filone {De spec. leg.,
succedesse all'altro. Ma questi, cioè Gesù Cristo, § 23) parla dì sacrifizi offerti ogni giorno dal pon-
perchè dura in eterno, ha un sacerdozio che non tefice per i propri! peccati, e similmente Giu-
passa, ossia che non sì trasmette ad alcun suc- seppe F. (G. G. V., V, 7) afferma che il pontefice
cessore. Infatti i sacerdoti della nuova legge non
sono che suoi ministri o suoi vicarii, dei quali
Egli si serve per l'esercizio di alcune funzioni
sacerdotali. Dal fatto che Gesù Cristo ha un sa-
oerdo.:io che non passa, segue ancora che Egli
può salvare in perpetuo (il greco sì? tò «avreXéi;,
lett. significa perfettamente, ma il senso non cam-
bia), ossia ha virtù di dare la vita eterna a tutti
coloro, che per suo mezzo si accostano a Dio,
ossia a tutti coloro che lo pigliano come media-
tore per accostarsi a Dio (Cf. Rom. V, 1). La
ragione si è, perchè Gesù Cristo è sempre vivo
ed esercita sempre le funzioni del suo sacerdozio —
Fig. 54. Vittima per il sacrifizio.
.intercedendo per noi (gr. per essi, cioè per quelli
che si accostano a Dio). Gesù Cristo al dire di
più volte all'anno offriva sacrifizi. Probabilmente
S. Tomm^aso (h. 1.) supplica Dio per noi in due
però S. Paolo non allude solo al sacrifizio del-
modi : primo col presentare a Dio l'umanità as-
l'espiazione, che si offriva una volta all'anno
sunta nell'unità della sua persona, e coll'espri-
(Lev. XVI, 6 e ss.), ma a tutto il complesso dei
mergli il desiderio che ha la sua santissima anima
sacrifizi levitici, molti dei quali erano quotidiani,
della nostra salute.
e tutti. poi più o meno derettamente, erano desti-
26-28. Gesù Cristo supera ancora i sacerdoti nati ad espiare le. colpe dei sacerdoti e del popolo
levitici questo, che Egli è infinitamente santo.
in (Esod. XXIX, 38 e ss.; Lev. VI, 14; Num XXVIII,
Poiché. S. Paolo aggiunge ora la ragione perchè 3 e ss.). Egli Gesù Cristo fece questo, vale a dire
ci sia stato dato un oonteflce tanto superiore al sacrificò per i peccati del popolo (non per i suoi
sacerdozio levitico. Conveniva adunque che noi peccati, perchè Egli era santo, innocente, ecc.),
cristiani avessimo uà pontefice tale quale viene una volta per tutte offrendo se stesso sulla croce
ora descritto, cioè santo, ossia degno per la pu- (Rom. Ili, 25). Ora questo sacrifizio avendo un
rezza della sua vita di essere interamente conse- valore infinito, non è necessario che venga ripe-
crato al culto di Dio. Anche dai leviti si esigeva tuto, ma fu compito una volta sola. Con ciò non
che fossero santi (Lev. XXI, 6), e la santità è si esclude che Gesù Cristo abbia pure istituito il
pure richiesta nel vescovo (Tit. I, 8) e in coloro S. Sacrifizio della Messa, nel quale si rappresenta
che pregano (I Tim. II, 8). Ora Gesù Cristo è al vivo il sacrifizio della croce, ed egli si offre
Ebrei, VII, 28 — Vili, 3 473

enim fecit semel, seipsum offerendo. =^Lex poiché egli fece questo una volta sola, offe-
enim hómines constìtuit sacerdótes infìrmi- rendo se stesso. ^*La legge infatti costituì
tàtem habéntes sermo autem iurisiuràndi,
: sacerdoti uomini infermi ma la parola del
:

qui post legem est, Fìlium in aetérnum per- giuramento che è posteriore alla legge, (co-
fectum. stituì) il Figliuolo perfetto in eterno.

CAPO Vili.

// sacerdozio di Gesìi Cristo superiore al sacerdozio levitico per riguardo al luogo


in cui si esercita, 1-5, —
e all'alleanza di cui fa parte, 6-13,

^Capitulum autem super ea, quae dicùn- Ml punto capitale in ciò che diciamo (si
tur : Talem habémus Pontiflcem,
qui consé- è) Abbiamo un tal pontefice, che siede alla
:

dit in déxtera sedis magnitùdinis in caelis, destra del trono della grandezza nei cieli,
'Sanctórum minìster, et tabernàculi veri, ^ministro del santuario, e del vero taberna-
quod fìxit Dóminus et non homo. colo eretto da Dio, e non dall'uomo.
'Omnis enim póntifex ad offeréndum mù- 'Poiché ogni pontefice è destinato ad of-

in modo incruento al Padre suo fino alla consu- primo argomento (1-5) si può esporre in que-
Il

mazione dei secoli, e ci applica i frutti da lui sto modo. Gesù Cristo esercita il suo ministero
meritati sul Calvario. Gesiì Cristo, dice il S. Con- di sacerdote nel cielo. Ora il cielo è un santuario
cilio di Trento (sess. XXII, cap. 1), lasciò alla di gran lunga più perfetto che il tabernacolo mo-
sua Chiesa un sacrifizio visibile, che rappresenta saico, dove i leviti compievano le loro funzioni.
il sacrifizio cruento offerto una sola volta sulla Per conseguenza il ministero di Gesù Cristo è
croce, ne conserva la memoria sino alla fine dei superiore, giacché il ministero è in stretto rapporto
secoli, e ne applica la virtù salutare per la re- col santuario, dove viene esercitato.
missione dei peccati, che giornalmente commet- // punto capitale. Tale è la migliore interpre-
tiamo (Cf. I Cor. XI, 26). Nella santa Messa noi tazione del greco x6(pàXatoY, che potrebbe anche
offriamo a Dio lo stesso corpo e lo stesso sangue tradursi per compendio, sommario. Ma qui San
di Gesù Cristo offerto un dì sulla croce, e tutte Paolo non fa un riassunto di quel che ha detto
le nostre oblazioni si riducono a quella della precedentemente, ma introduce un nuovo argo-
croce, da cui dipendono, e di cui si fa comme- mento ed indica il punto principale delle cose che
morazione (Lue. XXII, 19). sta per dire intorno al ministero di Gesù Cristo.
28. Il motivo, per cui gli antichi sacerdoti do- Ecco la grande verità : noi cristiani abbiamo un
vevano espiare i loro propri! peccati, sta in questo tal pontefice, quale è stato descritto (VII, 26
che la legge mosaica costituì sacerdoti, uomini e ss.), il quale abita non sulla terra ma nei cieli
inermi moralmente (v. 2), vale a dire peccatori. (I, 3, 13; X, 12; XII, 2). Alla destra, allusione
Invece il nuovo pontefice non deve espiare i suoi al salmo CIX, 1. Grandezza è lo stesso che maestà

peccati, perchè la parola del giuramento, ossia i! (Ved. n. I, 3). Ministro. Il greco XeiroupYÓ? in-
giuramento, di cui si parla nel salmo CIX, 4 dica colui che esercita una funzione pubblica, e
(Ved. v. 21), che è posteriore alla legge di Mosè nel caso colui che esercita un ministero sacro.
<pokhè, quantunque fatto da Dio ab eterno, non Del santuario. Il greco tfìv àytW significa il
fu conosciuto e promulgato che ai tempi di Da- Santo dei Santi, ossia la parte più intima e più
vide, autore del salmo citato), costituì pontefice sacra del tabernacolo giudaico (IX, 1-5 e ss, ;

il Figliuolo di Dio, Gesù Cristo, che è perfetto Esod. XXXIX, 1 e ss.). Gesù Cristo è detto mi-
in eterno, ossia impeccabile e ornato di tutte quelle nistro del santuario nel senso che esercita le sue
un perfetto pontefice (II,
doti che si richiedono in funzioni di sacerdote nel vero santuario, ossia
10; V, 5, 8). L'opposizione stabilita tra uomini nel vero tabernacolo, che è il cielo. La parola
e Figlio mostra chiaro che Gesù Cristo è vero tabernacolo è sinonima di santuario e l'adiettivo
Figlio naturale di Dio (Cf. V, 9). vero non è opposto a falso, ma a figurato. Nei
primi tempi il luogo del culto mosaico era una
tenda, donde il nome di tabernacolo (Ved. IX,
CAPO VIII. 11), ma questa tenda era una figura del cielo,
dove Gesù Cristo esercita le sue funzioni di sa-
1. Dopo aver mostrata (IV, 14-VII, 28) la su- cerdote (IX, 24). Eretto. Il greco S^in^ev esprime
periorità della persona di Gesù Cristo sulla per- l'azione di piantare la tenda fermandola bene al
sona degli antichi sacerdoti, S. Paolo passa ora suolo.
(Vili, 1-X, 18) a provare quanto il ministero del 3-5. In questi tre versetti, S. Paolo fa vedere
primo avanzi in perfezione il ministero dei se- che Gesù Cristo esercita veramente nel cielo le
condi, sia considerato il luogo dove i detti mini- sue funzioni sacerdotali. Dapprima pone un prin-
steri si esercitano (Vili, 1-5), sìa considerate le cipio generale Ogni pontefice è istituito per of-
:

alleanze a cui essi appartengono (Vili, 6-13), e frire doni e sacrifizi a Dio (Ved. n. V, 1), e perciò
sia considerati i sacrifizi che compiono (IX, 1- è necessario che abbia qualche cosa da offrire, e
X, 18). un luogo dove fare il suo sacrifizio. Ora sicconw
474 Ebrei, Vili, 4^7

nera, et hóstias constìtùitur : unde necésse ferire doni e vittime perciò è necessario
:

est et hunc habére àliquìd, quod ófferat : che anche abbia qualche cosa da
questi
*Sì ergo esset super terram, nec esset sacér- offerire *Se adunque egli fosse sopra la
:

dos cum essent qui offérrent secùndum le-


: terra, non sarebbe neppur sacerdote ri- :

gem mùnera, ^Qui exemplàri, et umbrae manendovi quelli, i quali offrono doni se-
desérviunt caeléstium. Sicut respónsum est condo la legge, ^i quali servono al modello
Móysi, cum consummàret tabernàlculum : ed all'ombra delle cose celesti come fu ;

Vide (inquit) omnia fàcito secùndum exém- detto (da Dio) a Mosè quando stava per com-
plar, quod tibi osténsum est in monte. pire il tabernacolo Bada (disse) fa tutto
:

giusta il modello, che ti è stato fatto vedere


sul monte.
•Nunc autem mélius sortitus est ministé- ^Ma ha avuto in sorte un miglior
(questi)
rium, quanto et melióris testamenti media- ministero, quanto è mediatore di miglior
tor est, quod in melióribus repromissiónibus alleanza, la quale fu stabilita su migliori
sancìtum est. ^Nam si illud prius culpa va- promesse. ^Infatti se quella prima non fosse
càsset non utique secundi locus inquire-
: stata manchevole, non si cercherebbe luogo

* Ex. XXV, 40; Act. VII, 44.

Gesù Cristo è pontefice eterno (IV, 14; V, 1-10), l'archetipo, ecc.,sul monte Sinai. Da ciò si de-
è necessario che ancor Egli (questi) abbia qualche duce che il tabernacolo fabbricato da Mosè era
cosa da offrire, ossia offra nel cielo, dove risiede, una figura di un altro tabernacolo più perfetto^
il suo sacrifizio; il che egli fa sia pregando per nel quale è entrato ed esercita le sue funzioni
noi (VII, 25), sia presentando al Padre il sangue Gesù Cristo. Dicendo che Gesù Cristo esercita
per noi versato sulla croce, e sia offrendo se il suo sacerdozio nel cielo, S. Paolo non esclude

stesso come vittima e sacerdote principale nel sa- l'immolazione cruenta della croce (Cf. IX, 26, 28;
crifizio della santa Messa. X, 14), ma fa per il momento astrazione da essa,
4. Prova che Gesù Cristo pontefice deve eser- dato il suo carattere transitorio, e si contenta di
citare lesue funzioni nel cielo e non sulla terra. opporre ai sacrifizi levitici il sacrifizio permanente
Adunque è una formola di transizione e non in- del cielo.
dica una conclusione. Se Gesù Cristo fosse sopra
6-13. L'alleanza, a cui appartiene il ministero
la terra, vale a dire se il sacerdozio di Gesù Cri-
di Gesù Cristo, è ben superiore a quella, a cui
sto avesse dovuto esercitarsi solo su questa terra,
appartiene il ministero levitico.
come il sacerdozio levitico, Egli non sarebbe nep-
Ora, per opposizione ai vv. 4-5, vale a dire,
pur sacerdote (gr. iepeuq), e perciò molto meno
neJlo stato attuale delle cose, questi, cioè Gesù
pontefice. La ragione si è perchè sulla terra era
Cristo, ha avuto in sorte, o meglio ha ottenuto,
già stato istituito da Dio un altro sacerdozio che
offriva doni secondo la legge, e questo sacerdozio
un tanto miglior ministero (XeiToupYiav), ossia un
ministero sacerdotale tanto più nobile ed eccellente
era riservato ai discendenti di Levi. Gesù Cristo
di quello degli antichi sacerdoti, quanto è stato
quindi, appartenendo alla tribù di Giuda (VII, 13-
fatto mediatore di un'alleanza molto più perfetta,
14), non poteva essere investito del sacerdozio
la quale non fu come l'antica stabilita sopra pro-
levitico, che solo dava accesso al tabernacolo di
messe materiali di possedere la terra di Canaan,
Mosè. Nel greco, i due verbi essent e offérrent
ecc. Deut. XXVIII, 1 e ss.), ma fu stabilita
(Cf.
sono al tempo presente, il che suppone che al
su promesse di beni migliori, quali sono la grazia,
momento in cui fu scritta questa lettera, sussi»
la remissione dei peccati, la vita eterna (Cf. v. 12).
stesse tuttora il tempio e il culto israelitico.
Ora vi è un'intima relazione tra il ministero sa-
5. / quali leviti, servono, ossìa esercitano il
cerdotale e l'alleanza, di cui esso fa parte, e
loro ministero e compiono i loro sacrifizi in un quindi se superiore è l'alleanza, superiore è anche
tabernacolo terrestre, il quaJe non è che una fi- il ministero sacerdotale che le appartiene (Cf. VII,
gura, un'ombra del vero tabernacolo celeste, in 20 e ss.). Gesù Cristo vien detto mediatore del
cui esercita le sue funzioni Gesù Cristo; oppure Nuovo Testamento, perchè in rapporto alla nuova
servono, ossia prestano un culto, che è una figura alleanza ha esercitato lo stesso uffizio che Mosè
e un'ombra di ciò che avviene nel cielo, oppure in rapporto all'antica (III, 2 e ss.; Gal. Ili,
di ciò che fa nel cielo il nuovo pontefice Gesù 19, ecc.).
Cristo. Modello. Il greco v;ró6eiYfxo qui significa
piuttosto immagine, copia, imitazione, ecc., ed è 7. Il che all'antica alleanza Dio ne ha so-
fatto
pressoché sinonimo ombra. Il sacerdozio levi-
di stituitouna nuova è prova evidente che l'antica
tico era una lontana copia di un archetipo celeste, era imperfetta. Infatti se la prima alleanza non
un'ombra di cose che dovevano compirsi in fu- fosse stata manchevole (gr. 8.nB}txoq = senza di-
turo. Come fu detto, ecc. Conferma la sua affer- fetto), vale a dire avesse potuto condurre gli
mazione con una citazione tratta da Esod. XXV, uomini alla perfezione e alla salute (Cf. VII, 11,
40, secondo i LXX, ma non riportata alla lettera 19), Dio non l'avrebbe abrogata e non gliene
(Cf. Atti VII, 44). Quando stava per compiere, avrebbe sostituita un'altra che sarebbe stata inu-
ossia per fabbricare, il tabernacolo. Queste parole tile. Di più, ad una cosa imperfetta non se ne
indicano la circostanza in cui fu pronunziato l'ora- surroga un'altra se non perfetta (Ved. Rom. VII,
coJo. Secondo il modello (gr. tvnov), ossia secondo 12; VIII, 3).
d7e;
Ebrei, Vili, S-i2

rétur. 'Vittiperans enim eos dìcit : Ecce ad una seconda. ^Perocché lagnandosi di
dies vénìent, dicit Dóminus : et consum- loro, dice Ecco verranno i giorni, dice il
:

màbo super domum super domum


Israel, et Signorei: quando io contrarrò colla casa
luda testaméntum novum, ^non secùndum d'Israele e colla casa di Giuda una nuova
testaméntum, quod feci pàtribus eórum in alleanza, *non secondo l'alleanza che feci
die, qua apprehéndi manum eórum ut edù- coi loro padri nel giorno, in cui li presi
cerem illos de Terra iEgypti quoniam : per mano per cavarli dalla terra di Egitto :

ipsi non permansérunt in testaménto meo : poiché essi non perseverarono nella mia
et ego negléxi eos, dicit Dóminus : alleanza, ed io li ho disprezzati, dice il Si-
gnore :

"Quìa hoc testaméntum, quod dispó-


est "Maquesta è l'alleanza che stabilirò colla
nam dómui Israel post dies illos, dicit Dó- casa d'Israele dopo quei giorni, dice il Si-
minus : Dando leges meas in mentem eó- gnore porrò le mie leggi nella loro mente,
:

rum, corde eórum superscribam eas


et in : e le scriverò sopra i loro cuori e sarò loro :

et ero eis in Deum, et ipsi erunt mihi in Dio, ed essi mi saranno popolo "e non :

pópulum "Et non docébit unusquisque


: insegnerà ciascuno al suo prossimo, e cia-
próximum suum, et unusquisque fratrem scuno al suo fratello, dicendo Riconosci il :

suum dicens Cognósce Dóminum


: quo- :
Signore poiché dal più piccolo di essi fino
:

niam omnes scient me a minóre usque ad al più grande tutti mi conosceranno "per- :

maiórem eórum "Quia propìtius ero ini-


:
chè io sarò propizio alle loro iniquità, e non

• Jer. XXXI, 31.

8. Prova con un testo di Geremia (XXXI, 31- intime che non in antico. Dio colmerà questo
34), citato secondo i LXX, che veramente Dio ha popolo dei suoi benefizi, e lo condurrà alla sa-
abrogata l'antica alleanza e ne ha sostituita una lute; eil popolo presterà a Dio un culto perfetto.

nuova. Lagnandosi di loro, cioè dei Giudei, dice 11. Non


insegnerà ciascuno al suo prossimo
la Scrittura, oppure Dio, per bocca di Geremia. (greco, secondo i migliori codici, al suo concitta-
Verranno (greco vengono) i giorni, cioè i tempi dino), ecc. Queste parole non escludono per nulla
messianici. Contrarrò (gr. evvxEXéaco). Il greco il magistero della Chiesa insegnante, altrimenti
significa piuttosto condurrò a termine, renderò non si capirebbe perchè S. Paolo scriva questa
perfetto, e qui viene usato per indicare che la lettera, precisamente per insegnare e istruire. Di
nuova alleanza sarà portata alla sua perfezione, più l'Apostolo presenta il magistero dottrinale
e quindi non avrà più bisogno di essere cambiata. come elemento essenziale della Chiesa (Efes. IV,
Nel passo di Geremia, presso i LXX, si legge io 11 e ss. ; I Tim. Ili, 15), insiste suU'obbligo dei
contrarrò, e similmente nel testo ebraico e nella fedeli di attenersi agli insegnamenti ricevuti (Gal.
Voilgata. Casa d'Israele, casa di Giuda sono i I, 18 e ss.), ed esige che i capi delle Chiese siano
due regni, in cui si era diviso il popolo Ebreo in grado di insegnare la vera dottrina (l Tim. IV,
sotto Geroboamo. Siccome ì gentili furono in- II, 13, 16; II Tim. II, 2; IV, 2, 5; Tit. I, 5, 9;
nestati sul trono d'Israele, perciò sono chiamati II, Supposto quindi il magistero dottrinale
1).
anch'essi a partecipare di questa alleanza (Rom. della Chiesa, la differenza tra l'antica e la nuova
XI, 17). Nuova alleanza ben diversa dall'antica. legge sta in ciò, che nella nuova legge si dà più
9. Non secondo, ecc. Indica i caratteri della abbondantemente la grazia che illumina e aiuta
nuova alleanza. Essa non sarà simile all'antica, l'uomo a conoscere Dio, i suoi misteri e la sua
data nel giorno, ossia nel tempo, in cui, ecc. legge. Senza di questa grazia a nulla gioverebbe il
La legge fu data sul monte Sinai cinquanta giorni magistero esterno (Ved. I Cor. III, 7). Óra benché
dopo l'uscita dall'Egitto. Anch'io a mia volta li anche nell'antica legge Dio desse la grazia, non
ho disprezzati, ossia li ho rigettati da me, e non la dava però né con tanta abbondanza come ora,
mi sono più curato di loro. Il testo attuale ebraico né per virtù della legge, che non aveva annesse
di Geremia e la Volgata, invece di neglexi eos, le promesse di grazia, ma per la fede in Gesù
hanno et ego dominatus sum eorum = esercitai
: Cristo venturo. Il Nuovo Testamento invece è il
il mio potere sopra di essi, ossia mi mostrai pa- regno della grazia, e per questo vediamo che
drone duro e severo con essi punendoli in varii mentre a prima del Vangelo la cognizione del vero
modi. Per il senso non vi è gran differenza tra il Dio e della vera religione era ristretta al solo
testo greco e il testo ebraico. popolo Ebreo, e pochi anche di questo popolo
10. Casa d'Israele indica qui tutto il popolo avevano una cognizione distinta e perfetta della
ebreo. Dopo quei giorni, ossia quando verranno legge del Signore; dopo la luce del Vangelo Dio
i giorni messianici. Porrò, ecc. Descrive i caratteri
è stato conosciuto dai popoli anche più barbari e
positivi della nuova alleanza. Non sarà scritta dalle persone più rozze e ignoranti. I misteri di-
come l'antica su tavole di pietra, a ma nello spi- vini sono più noti adesso ai semplici fedeli, di

rito e nel cuore dei fedeli, ai quali è dato per quel che fossero alla maggior parte dei sapienti
essa non solo la cognizione, ma anche l'amore del della Sinagoga» Martini (Cf. I Giov. II, 20).
bene e la grazia di fare il bene » Martini (Cf. 12. Sarò
propizio, ecc. L'antica alleanza non
Ezech. XI, 19; XXXVI, 26; Rom. V, 5; II Cor. aveva sé la forza di distruggere il peccato
in
III, 3-9). Sarò loro Dio, ecc. Le relazioni tra Dio (VII, 11, 18, 19; Vili, 7; IX, 9; X, 1-18), che
e il nuovo popolo, saranno molto più strette ed è il principale ostacolo tra Dio e l'uomo, ma la
476 Ebrei, Vili, 13 — IX, 2

quitàtibus eórum, et peccatórum eórum iam avrò più memoria dei loro peccati. "Or
non memoràbor. "Dicendo autem novum : col dire nuova (alleanza), antiquo la prima.
veteràvit prìus. Quod autem antiquàtur, et E quello che è antiquato, ed invecchia, è
senéscit, prope intéritum est. vicino a finire.

CAPO IX.

Imperfezione del tabernacolo di Mosè e del culto levitico, i-io. — Maggiore efficacia
del sacrifizio di Gesti Cristo, 11-14. — Convenienza e necessità della morte
di Gesii Cristo, 15-23 . — // sa?igue di Gesti offerto una sola volta basta per
sempre, 24-28,

^Hàbuit quidem et prius, ìustificatiónes ^Anchela prima (alleanza) ebbe però I


Sanctum saeculare. ^Tabernàcu-
cultùrae, et ritidel culto e il santuario terreno. ^Poiché
lum enim factum est primum, in quo erant fu costruito il primo tabernacolo, dove, erano

3 Ex. XXVI, 1 et XXXVI, 8.

nuova legge invece rimette il peccato e riconcilia tuario e al sacrifizio di Gesù Cristo (IX, 11-14).
l'uomo con Dio (V, 9; VII, 27-29). Colla remis- Dapprima però descrive il tabernacolo di Mosè e
sione dei peccati si ha pure l'infusione della gra- la sua supellettile (1-5).
zia, delle virtù, dei doni, ecc. L'effetto della Anche la prima (alleanza), ossia l'Antico Te-
nuova alleanza sarà quindi una rinnovazione in- stamento, ebbe (gr. aveva), come il Nuovo, i rìtì

terna e spirituale di tutto l'uomo, che avrà per del culto (il greco Xarpeiaq è un
òtxaicbfiaTa
conseguenza un'unione più stretta e più intima ebraismo che letterailmente significa ordinamenti o
tra il cielo e la terra. precetti relativi al culto, e allude alle varie ordi-
Conclusione che S. Paolo deduce dal testo
13. nazioni date da Mosè) e il santuario terreno, fab-
di Geremia. La nuova alleanza abrogherà inte- bricato dall'uomo, per opposizione al santuario
ramente l'antica. Col dire nnova. Dio chiamando celeste (VIII, 2). Letteralmente si dovrebbe tra-
nuova la futura alleanza annunziata dal profeta, durre e il Santo mondano (rò a-jiov icoonixóv).

per ciò stesso rese o dichiarò antiquata la prima Col nome di Santo si intende qui tutto il taber-
alleanza del Sinai. Ora quel che è dichiarato an- nacolo mosaico (Ved. n. VIII, 2), che si compo-
tiquato invecchia sempre più, ed è prossimo a neva di un vestibolo e di due parti, delle quali
scomparire. Nel greco invece di è vicino a finire, la prima si chiamava propriamente il Santo, e la

sì legge : è vicino a scomparire. secondo il Santo dei Santi o il Santissimo. Un


velo divideva il Santo dal vestibolo e un altro velo
il Santissimo dal Santo. La parola mondano si-
CAPO IX. gnifica appartenente a questo mondo, e quindi
terreno (Cf. Tit. II, 12). Ved. n. Matt. XXI, 12.
S. Paolo passa ora a mostrare (IX, 1-X, 18),
1. 2. Il primo tabernacolo, ossia la prima parte
quanto il sacrifizio compiuto da Gesù Cristo sia del tabernacolo detta Santo (Ved. Esod. XXVI,

Fig. ss.

Tabernacolo.

più eccellente dei sacrifizi levitici. Comincia col ai e ss.). Questa parte viene chiamata prima, I
far vedere quanto fossero imperfetti il tabernacolo perchè era laprima che s'incontrava appena tra-
|
e i sacrifizi antichi (IX, 1-10), in paragone al san- versato il Nel Santo vi era i7 candel-
vestibolo. ì
Ebrei, IX, 3-4 477

candelàbra, et mensa, et propositio panum, i candellieri, e la mensa, e ì pani della pro-


quae dicitur Sancta. ^Post velaméntum au- posizione, e questa parte si dice il Santo.
tem secùndum, tabernàculum, quod dicitur ^E dopo il secondo velo (era) il tabernacolo
Sancta sanctórum *Aureum habens thuribu-
: detto Santo dei santi "^contenente il turi-
:

lum, et arcam testaménti circumtéctam ex bolo d'oro, e l'arca del testamento ricoperta
omni parte auro, in qua urna aurea haberis d'oro da tutte le parti, nella quale (era)
manna, et virga Aaaron, quae frondùerat, et l'urna d'oro contenente la manna, e la verga

* Lev. XVI; Num. XVII; III Reg. Vili, 9; li Par. V, 10.

Uere a sette braccia (Esod. XXV, 31-40; XXXVII, parte dei commentatori fa però osservare, che in
17-24), e la mensa, ossia la tavola, sulla quale si nessun luogo della Scrittura si parla di un incen-
siere d'oro, neppure là dove si descrivono con
tutte le particolarità le supellettili del Santo dei
Santi (Esod. XXV, 1 e ss. ; XXXVI, 1 e ss.), e
le cerimonie del giorno dell'Espiazione (Lev.
XVI, 12), e quindi ritiene che la parola Oufitatnptov
- significhi qui, come presso Filone {Vita Moisis,
III, 7) e Giuseppe FI. (Ant. Giud., Ili, 6, 8)
l'altare dei profumi (Esod. XXX, 1, 10; XXXVII,
25-28). Anche l'antica itala aveva tradotto au-
reum habens altare. Questo altare era costrutto
in legno di setim (acacia), ma essendo tutto rive
stito di oro (Esod. XXXVII, 26), poteva benìs-
simo essere chiamato altare d'oro (Esod. XL, 5).
Sì aggiunga ancora che sarebbe assai difficile spie-
gare, perchè S. Paolo abbia omesso, nel descri-
vere la supellettile del Tabernacolo, di accennare
all'altare dei profumi, che ne era una parte così
Importante (Esod. XXX, 1-10; XXXVII, 25-29). E
vero che questo altare si trovava propriamente
nel Santo (Esod. XXX, 6), ma siccome era vici-
nissimo al Santo dei Santi e in intima relazione
con esso, potè benissimo da San Paolo essere
^S- 56. — Candelliere a sette braccia. considerato come appartenente al Santo dei Santi
(Cf. Ili Re, VI, 22, testo ebraico). Infatti nel testo,
S. J*aoIo non dice come nel versetto precedente
ponevano come davanti a Dio dodici pani, detti
*v q in esso, ma BCovoa = habens = che ha, op 1
perciò della proposizione, che dovevano rinno-
pure a cui appartiene, e perciò non si dovrebbe *
varsi ogni sabato (Esod. XXV, 23-30; XXXVII,
tradurre contenente, ma avente l'altare d'oro, ecc.
10-16; Lev. XXIV, 5-9), ed erano un omaggio
L'arca del testamento, una specie dì cofano o
perenne che le dodici tribù d'Israele dovevano
cassa in legno di acacia, tutta ricoperta di lamine
fare a Nella Volgata invece di candelàbra
Dìo.
singolare candelabrum, come d'oro sia all'interno che airesterno. Essa simbo-
dovrebbe esservi il
leggiava la presenza di Dìo, ed era come il pegno
nel greco (il plurale della Volgata si può tuttavia
esteriore dell'alleanza contratta tra Dìo e Israele
spiegare come allusivo alle sette braccia), e invece
di quae dicitur la costruzione grammaticale richie-
(Esod. XXV, 10-12), e perciò veniva chiamata
arca del testamento, ossìa dell'alleanza. L'urna
derebbe quod dicitur, perchè si riferisce a taber-
d'oro, ecc. (Ved. Esod. XVI, 32)... la verga, ecc.
nàculum. Nel Santo vi era pure l'altare dei pro-
fumi, su cui si offriva l'incenso (Esod. XL, 5, 6). (Ved. Num. XVII, 10). Secondo il libro terzo dei
Re (VIII, 9) e il secondo dei Paralipomeni (V,
3. Dopo il secondo velo, eoe. Qui si tratta del
10), l'arca non conteneva che le tavole della legge,
velo che separava il Santo, dal Santo dei Santi.
ma è da osservare che quivi si parla dell'arca
Questo velo viene detto secondo, perchè un primo dopo la fabbricazione del tempio, quando cioè si
velo divideva il vestibolo dal Santo (Esod. XXVI, introdussero parecchie modificazioni volute dalle
31 e ss.). La parola Santo dei Santi è un super- mutate condizioni. Ai tempi di Mosè, la manna
lativo ebraico equivalente a Santissimo, e indica
e la verga di Aronne erano custodite nell'arca,
la parte piiì sacra del tabernacolo.
come indicano le parole davanti al Signore, da-
4. Descrive i varii utensili contenuti nel Santo vanti alla testimonianza, ossia alle tavole della
dei SanH. Il turibolo d'oro. Il greco flvfiiaTTÌpiov legge (Esod. XVI, 32, 34; Num. XVII, 7-10), e
significa ordinariamente incensiere, e parecchi ese- si deduce dal fatto, che quando si parla (Num. IV,
geti antichi (tra i recenti Van Steenkiste, Ram- 1 e ss.) del trasporto dei varii utensili anche più
baud, Curci, ecc.), pensano che si tratti di quel minuti del tabernacolo, non si fa alcuna menzione
turibolo, che il Sommo Sacerdote teneva in mano, diun vaso d'oro contenente la manna, il che sup-
quando, nel giorno dell'espiazione, entrava nel pone che tale vaso fosse custodito nell'arca (Cf.
Santo dei Santi (Cf. Lev. XVI, 12, 13). Questo Cornely, Introd. III, p. 538). Tavole del testa-
tunibolo, essendo destinato al solo uso che, una mento, ossia due tavole di pietra date da Dio a
volta all'anno, se ne faceva nel Santo dei iSanti, Mosè, sulle quali erano scritti i dieci comanda-
poteva essere considerato come facente parte di menti (Esod. XXV, 16; XXXI, 18; XXXII, 15;
ciò che vi era nel Santo dei Santi. La maggior Deut. IX, 11, 15, ecc.).
478 Ebrei, IX, 5-10

tàbulae testaménti, *Supérque eam erant di Aronne, che frondeggiò, e le tavole del
Cherubini glóriae obumbràntia propitiató- testamento, ^e sopra questa (arca) erano i
rium de quibus non est modo dicéndum
: Cherubini della gloria, che facevano ombra
per singula. al propiziatorio delle quali cose non è da
:

parlare ora ad una ad una.


*His vero ita compósitis in prióri quidem
: ^Ora essendo disposte in tal maniera que-
tabernàculo semper introibant sacerdotes, ste cose i sacerdoti entravano sempre nel
;

sacrifìcìórum officia consummàntes ''In se-


: pdmo tabernacolo, adempiendo gli uffici sa-
cùndo autem semel in anno solus póntifex cerdotali ^ma nel secondo (entra) una volta
:

non sine sanguine, quem offert prò sua, et l'anno il solo pontefice non senza il sangue,
pópuli ignoràntia *Hoc significante Spiritu
: che offerisce pei suoi e per gli errori del
sancto, nondum propalàtam esse sanctórum popolo *Dando così a vedere lo Spirito
:

viam, adhuc prióre tabernàculo habénte sta- Santo che non era per anco aperta la via
tura. "Quae paràbola est témporis instàntìs : al santuario mentre era tuttora in piedi il
iuxta quam mùnera. et hóstiae offerùntur, pdmo tabernacolo, ®che è una figura del
quae non possunt iuxta consciéntiam per- tempo presente, nel quale si offrono doni
féctum fàcere servientem, solummodo in ed ostie che non possono rendere perfetto
cibis, et in pótibus, "Et vàrìis baptìsmà- secondo la coscienza il sacrificante consi- ;

tibus, et iustitiis carnis usque ad tempus stendo solamente in cibi e bevaiKÌe, "e in
correctiónìs impósitis. diverse abluzioni e ordinamenti carnali im-
posti fino al tempo che fossero corretti.

' Ex. XXX, 10; Lev. XVI, 2.

5. aveva un caperchio detto propizia-


L'arca sangue di toro e di capro, col quale aspergeva il
torio, alledue estremità del quale erano poggiati propiziatorio per espiare i peccati di ignoranza
due cherubini d'oro colle ali distese, che venivano
così a formare come il trono della maestà di Dio.
Vengono detti cherubini della gloria, perchè la
nube luminosa, per mezzo di cui Dio manifestava
la sua presenza, veniva a posarsi sopra di essi
(Esod. XXV, 18 e ss.; Num. VII, 2, ecc.). Per
questo nella Scrittura si dice che Dio è seduto
sopra le ali dei Cherubini (Esod. XXV, 22; Lev.
XVI, 2; Salm. LXXIX, 2; XCVIII, 1, ecc.). Fa-
cevano ombra (Ved. Esod. XXV, 15). Propizia-
I settanta hanno tradotto l'ebriaco capporet
torio.
(= coperchio oppure espiatorio) con iXactriptov
= propiziatorio, perchè nel giorno dell'Espiazione
si aspergeva questo coperchio col sangue delle
vittime, affine di ottenere da Dio il perdono dei
peccati commessi dal popolo (Cf. Lev. XV, 14).
Delle quali cose, ecc. S. Paolo dice che non è Pjg. 57. Il Pontefice ebreo.
ora LI caso di esporre particolarmente la signifi-
cazione simbolica di tutti questi oggetti, non es-
sendo essa necessaria al suo scopo (Cf. Dict. commessi da lui e dal popolo (Lev. XVI, 11-16;
Vig.: Arche, Autel, Chandellier, Encensoir, Expia-
Num. XV, 22 e ss.). Nel greco si legge offerisce
:

tion; Hagen, Lex. Bib.: Arca foederis. Altare,


per se e per gli errori del popolo. (Ved. Dict.

Candelabrum, Expiatio ; Kortleitner, Archaelogiae Vig.: Expiation, Grand-prétre, Jgnorance).


Biblicae Summarium, ecc., p. 18 e ss.). 8. Spiega il significato delle prescrizioni relative

6-7. Nei vv. 6-10 descrive il culto levitico.


all'entrata nel Santo dei Santi. Con queste prescri-
zioni Spirito Santo autore della legge e della
lo
Disposte adunque in tal modo queste cose, cioè
Scrittura, ha voluto significare che la via al san-
il Santo e il Santo dei Santi, i soli sacerdoti, ad
tuario, ossia la via che introduce nel cielo, figurato
esclusione dei leviti, entravano (greco entrano) nel
nel Santo dei Santi (Vili, 2) non era ancora
primo tabernacolo, ossia nel Santo. Essi però po-
aperta, mentre tuttora stava in piedi il primo ta-
tevano entrarvi sempre, ossia ogni volta che ave-
bernacolo, cioè il Santo, che figurava l'antica al-
vano uffizi sacerdotali (tàq Xarpstaq) da com-
leanza. Finché durò il Vecchio Testamento le
piervi, e quindi ogni mattina ed ogni sera per
porte del cielo erano chiuse, e non furono aperte
offrirvi l'incenso, preparare, accendere, spegnere
che colla morte di Gesù Cristo, quando per ciò
le lampade del candelliere, eoe. (Esod. XXX, 7
significare si squarciò il velo del tempio (Matt.
e ss.) e al Sabato per rinnovare i pani di propo-
XXVII, 51).
sizione (Lev. XXIV,' 8). Ma nel secondo taberna-
colo, ossia nel Santo dei Santi, entrava il solo 9-10. Che si riferisce a tabernacolo. Nel testo
Pontefice, e solo una volta all'anno, cioè nel latino invece di quae, si dovrebbe avere quod,
giorno dell'Espiazione (Lev. XVI, 12 e ss.). In poiché nel greco è chiaro che questo relativo con-
questo giorno però egli vi entrava parecchie volte. corda col nome che lo precede immediatamente.
Non senza il sangue. Doveva portare con sé del Del tempo presente. Nel greco per il tempo pr«'
Ebrei, IX, 11-12 479

"Chrìstus autem assistens póntifex futu- ^^Ma Cristo venendo pontefice dei beni
rórum bonórum, per àmplius et perféctius per mezzo di un tabernacolo più ec-
futuri,
tabernàculum non manufàctum, id est, non cellente e più perfetto, non fatto con mano,
huius creatiónis ^^Neque per sànguinem
: cioè non di questa creazione ^^nè col san- ;

hircórum, aut vitulórum, sed per próprìum gue dei capri e dei vitelli, ma per mezzo
sànguinem introivit semel in Sancta, aeterna del proprio sangue entrò una volta sola nel

sente. Siccome
i tempi messianici vengono chia- Per mezzo di un tabernacolo... entrò una volta,
mati secolo futuro (VI, 5), il mondo futuro (II,
il ecc. Pontefice dell'antica legge ogni anno nel
Il

5), col nome di tempo presente, S. Paolo intende giorno dell'Espiazione uccideva fuori del taberna-
parlare dei tempi precedenti alla venuta del Mes- colo un vitello e un capro, e poi portandone con
sia, ossia dell'antica legge. Col pensiero egli si sé U sangue per aspergere il propiziatorio, attra-
considera nell'Antico Testamento, e quindi chiama versava il Santo ed entrava nel Santo dei Santi
questo tempo presente. L'Apostolo vuol dire che (Ved. vv. 2, 3. Cf. Lev. XVI, 11, 15). Slmilmente
la parte del Tabernacolo detta Santo, era una Gesù Cristo entrò nel Santuario del cielo, figurato
figura che rappresentava l'antica legge. Nel quale dal Santo dei Santi, per mezzo di un tabernacolo,
(gr. xae* Tjv nei migliori codici A B D, ecc.) sì ossia attraversando un tabernacolo, più eccellente,
riferisce o a tabernacolo, oppure a figura. In oppure più vasto, e più perfetto, non fatto da
quest'ultimo caso però, si dovrebbe tradurre se- mano di uomo (in opposizione al tabernacolo di
condo la quale. Alcuni codici greci (E K L, ecc.) Mosè, Vili, 2), non di questa creazione, ossia non
hanno «aO* 5v che si riferisce a tempo presente. terreno (Cf. v. 1), e vi entrò portando non già il
U senso non muta. Tutte le offerte e i doni, che sangue di animali, ma il suo proprio sangue,
si facevano a Dio ne^ll'antico Santo, erano inef- appartenente a un uomo-Dio, morto sulla croce !
ficaci, ossia non potevano rendere perfetto se- (Cf. XIII, 12; Atti, XX, 28, ecc.). Ed entrò una
condo la coscienza, cioè santificare interiormente, volta sola a motivo del valore infinito del suo
il sacrificante (gr. Xarpevovra = colui che adora sacrifizio, che operò una redenzione eterna, vale
Dio), sia cioè il sacerdote e sia il popolo. La dire che fu sufficiente per tutti gli uomini di tutti
santificazione conferita dai sacrifizi dell'antica i tempi (Cf. VII, 27). Non è possibile determinare
legge era puramente esterna : la grazia non ve- con certezza che cosa si intenda per il tabernacolo,
niva data che per la fede in Gesii Cristo (Rom. attraversando il quale Gesù Cristo entrò nel San-
Ili, 21 e ss.). tuario, ossia nel cielo. I Padri greci con S. Tom»
L'inefficacia del culto levitico proveniva dalla maso (2*), Estio, Calmet, Drach, Fillion, Mar-
etessa natura dei suoi riti. Questo culto infatti tini, ecc., pensano che si debba intendere il corpo,
consisteva in prescrizioni relative ai cibi, alcuni ossia l'umanità di Gesù Cristo, per modo che le

[
dei quali erano dichiarati mondi ed altri immondi, due espressioni per mezzo di un tabernacolo e
alcuni leciti e altri illeciti (Lev. XI, I e ss.). Alle per mezzo del proprio sangue, siano perfettamente
bevande, così ai sacerdoti era vietato l'uso del sinonime. Anche altrove S. Paolo (II Cor. V, 4)
vino e di ogni liquore inebriante durante il chiama il corpo tabernacolo. Si fa però osservare
tempo in cui prestavano servizio (Lev. X, 8-9; in contrario che al cap. X, 20, S. Paolo dice che
XI, 33-34). Sulle diverse abluzioni (Ved. Esod. la carne di Gesù Cristo era figurata dal velo e
XXX, 18-20; Lev. XI, 1 e ss. ; XVI, 4, 24 e ss.; non già dal Santo, e inoltre è un po' difficile
Mar. VII, 2). Tutte queste prescrizioni erano ordi- spiegare come Gesù Cristo sia passato attraversa
namenti carnali, che cioè non potevano procurare al proprio corpo per entrare nel cielo, mentre Egli

che una mondezza esterna, e di più non avevano è entrato nel cielo col proprio corpo. Altri per
che un carattere transitorio, e dovevano solo du- conseguenza (S. Tommaso (1"), Bisping, Beelen,
rare sino al tempo che fossero corrette, ossia ri- Van Steenkiste, Brassac, ecc.), ritengono con mag-
lormate, vale a dire sinché venisse il Messia a gior probabilità die col nome di tabernacolo si
emendare quanto di imperfetto vi era nell'antica intendano le regioni inferiori del cielo (cielo aereo
legge, e a introdurre up culto spirituale e perfetto. e stellato. Ved. n. II Cor. XII, 2), attraverso alle
L'antica legge era stata imposta agli Ebrei come quali passò Gesù Cristo per arrivare al cielo su-
una preparazione alla nuova (Cf. Gerem. VIII, periore, vero Santuario di Dio. Anche al cap. IV,
10 e ss.; Matt. V, 17). 14, si dice che Gesù Cristo penetrò i cieli, e al
cap. VII, 26, che fu sublimato sopra i cieli e
11-12. Nei vv. S. Paolo mostra quanto
11-28, Efes. IV, 10, che ascese sopra tutti ì cieli. Merita
il santuario e il sacrifizio di Gesù Cristo siano pure di essere ricordata la sentenza di Gaetano
più eccellenti del santuario e dei sacrifizi del- Alapide, Padovani, ecc., i quali pensano che col
l'antica legge. Comincia col descrìvere la maggior nome di tabernacolo S. Paolo voglia parlare della
efficacia del sacrifizio di Gesù Cristo (11-14). Chiesa fondata da Gesù Cristo prima di salire al
cielo. La Chiesa militante è il vero Santo, che dà
Ma, per opposizione all'antica legge, v. 1. Cristo
adito al Santo dei Santi, cioè al cielo.
venendo (gr. wapaYevó|iievo<; = essendo venuto) dal
cielo su questa terra per mezzo dell'incarnazione,
Sangue dei capri e dei vitelli. Il plurale allude
al fatto, che ogni anno si doveva immolare un
«filine di essere nostro pontefice. Nel primo mo-
capro e un vitello. Nel greco vi è la congiun-
mento dell'incarnazione Gesù Cristo fu fatto pon- =
zione xoì = «, e non aut o, come nella Volgata.
tefice dei beni futuri. Questi beni futuri, per op-
Santuario. L'espressione latina Sancta equivale a
posizione beni presenti (Ved. n. 9) dell'antica
ai Santo dei Santi. Avendo ritrovata, CGóIa avcnùo
alleanza, sono la remissione dei peccati, la per- operata per noi una redenzione eterna. Il greco
fezione interiore, l'eredità eterna del cielo, ecc. Xvtpoocn? (redenzione) indie* il prezzo pagato per
(Cf. v. 12, X, 1). il riscatto di uno schiavo.
480 Ebrei, IX, 13-17

redemptióne inventa. "Sì enim sanguis hir- Santuario, avendo trovala una redenzione
córum, et taurórum, et cinis vitulae aspér- eterna. "Se infatti il sangue dei capri e
sus inquinàtos sanctiflcat ad emundatiónem dei tori, e la cenere della giovenca asper-
carnis "Quanto magis sanguis Christì, qui
: gendo gli immondi, li santifica quanto alla
per sanctum semetipsum óbtulit
Spiritum mondezza della carne "quanto più il san- :

immaculàtum Deo, emundàbit consciéntiam gue di Cristo, il quale per lo Spirito Santo
nostrani ab opéribus mórtuis, ad serviéndum offerse se stesso immacolato a Dio, monderà
Deo vivènti? la nostra coscienza dalle opere di morte per
servire a Dio vivo?
^^Et ideo novi testaménti mediàtor est : "E per questo egli è mediatore del nuovo
i ut morte intercedente, in redemptiónem testamento affinchè intervenuta la morte
:

; eàrum praevaricatiónum, quae erant sub (di lui), per la redenzione di quelle preva-
I
prióri testaménto, repromissiónem accipiant ricazioni, che sussistevano sotto il primo
j
qui vocàti sunt aetérnae hereditàtis. "Ubi testamento, i chiamati ricevano la promessa
/ enim testaméntum est mors necésse est
: del'eterna eredità. "Dove infatti è un te-
' intercédat testatóris. "Testaméntum enim in stamento, fa d'uopo che intervenga la morte
mórtuis confirmàtum est : alióquin nondura del testatore. ^^Giacchè il testamento è ra-
valet, dum vivit qui testàtus est. tificato per la morte poiché non è ancora
:

valido, mentre vive chi ha testato.

" Lev. XVI, 15. " I Petr. I, 19; I Joan. I, 7; Apoc. I, 5. i» Gal. Ili, 15.

13-14. Con un argomento a minori ad maius^ con una digressione, ne mostra ora (15-23) la con-
dimostra come il sangue sparso da Gesù Cristo venienza e necessità.
la
abbia veramente operato una redenzione eterna, E perciò, ecc. Poiché Gesù Cristo ci ha redenti
ossia una piena e perfetta giustificazione. Tanto col suo sangue, ed ha purgata la nostra coscienza
maggiore è l'efficacia del sacrifizio, quanto più riconciliandoci con Dio, Egli è divenuto il media-
grande è la dignità della vittima. Ora se il sangue tore della nuova alleanza. Affinchè, ecc. Spiega per
dei capri e dei tori, ecc. Si allude al sacrifizio qual fine sia stato fatto mediatore. Egli fu fatto
dell'Espiazione. La cenere della vacca, ecc. Tra tale, affinchè intervenuta la sua morte per la
le altre cerimonie prescritte in questo gran giorno, redenzione, ossia come prezzo di riscatto delle
vi era pure quella di bruciare una vacca rossa, colpe commesse sotto l'antica alleanza, i chiamati,
colla cenere della quale si faceva poi un'acqua cioè coloro che per una gratuita vocazione (Matt.
lustrale, usata per mondare da alcune impurità XXIII, 3-4; Lue. XIV, 17), furono chiamati alla
legali (Ved. Num. XIX, 1-20). Gli immondi, ossia fede, ricevano la promessa dell'eterna eredità,
coloro che hanno contratto qualche impurità legale. ossia conseguiscano l'eterna beatitudine, per oppo-
Mondezza della carne, ossia conferisce una santi- sizione all'eredità temporale promessa agli Israeliti
ficazione puramente esterna. Se adunque tutte (Cf. IV, 9, 10, ecc.). S. Paolo parla qui solo
queste cose avevano virtù di santificare legalmente delle colpe commesse sotto l'antica legge, non per
l'uomo, quanto più efficace non sarà il sangue negare l'universalità della redenzione, la quale
di Gesù Cristo? S. Paolo accenna alle varie cir- viene altrove affermata (II, 9; Cf. Rom. Ili, 25-
costanze che resero più efficace il sacrifizio di 26), ma per mostrare da una parte l'impotenza
Gesù Cristo. Egli si è offerto a Dio per lo Spirito dell'antica legge, incapace di distruggere il pec-
Santo, ossia per un movimento dello Spirito cato, e dall'altra l'efficacia della morte di somma
Santo. Il sacrifizio di Gesù Cristo, essendo una Gesù Cristo, i cui effetti estendono solo non si
opera di infinito amore, viene per appropriazione al presente e al futuro, ma anche al passato.
attribuito allo Spirito Santo (Cf. Matt. IV, 1 ; XII, L'Apostolo, passa ora a indicare due ragioni, per
28; Lue. IV, 18, ecc.). Nei migliori codici greci, cui era necessaria la morte di Gesù Cristo.
invece di Spirito Santo si ha Spirito eterno (irftxy 16-17. La prima ragione si deduce dal fatto
)iaTO(; oìcovtotj), che potrebbe in tal caso anche che nuova alleanza è un testamento, il quale
la
significare la natura divina, dalla quale proveniva non ha valore, se aon interviene la morte del
il valore infinito del sacrifizio di Gesù Cristo. Se
testatore. Stabilisce dapprima un principio gene-
stesso. Le altre vittime erano trascinate per forza rale, tratto dagli usi giuridici romani e dallo stesso
e inconsciamente sull'altare, Gesù Cristo invece diritto naturale. Dove è un testamento, ossia un
si spontaneamente e di sua propria libera
offrì
atto per cui una persona determina come si debba
volontà.Le vittime dovevano essere esternamente disporre dei suoi beni dopo la sua morte, è
monde e pure. Gesù Cristo non solo esternamente, necessario che intervenga la morte del testatore,
ma in tutto il suo essere era immacolato e santo prima che gli eredi possano entrare al possesso
<1V, 15; VII, 26). Il sangue da lui versato non dell'eredità. Il testamento infatti deve essere ratifi-
monderà solo nostro esterno, ma monderà la
il
cato dalla morte, e per conseguenza non è valido
nostra coscienza, ossia la nostra anima,
stessa finché vive il testatore. Ora la nuova alleanza è
dalle opere di morte, ossia dai peccati (Ved. n.
un vero testamento, per cui noi siamo stati costi-
VI, 1), e farà sì che l'anima serva (gr. Xotpeuwv),
tuiti eredi del cielo, e quindi era necessaria '.a
ossia presti il dovuto culto al Dio vivente (Cf. morte di Gesù Cristo, affinché noi potessimo en-
Ili, 12).
trare^ al possesso dell'eredità. La parola greca
15. Siccome I Giudei avrebbero potuto scan- &taenxi\, con cui i LXX hanno tradotto l'ebraico
dalizzarsi della morte di Gesù Cristo, S. Paiolo, berith (alleanza), significa assieme alleanza e testa-
Ebrei, IX, 18-23 481

"Unde nec primum quidem sine sanguine ^*Per la qual cosa neppur il primo fu
dedicàtum est. ^^Lécto enim omni mandato inaugurato senza sangue. ^'Infatti letti che
legls a Móyse univèrso pópulo : accipìens ebbe Mosè a tutto il popolo tutti i precetti
sànguinem vitulórum, et hircórum cum aqua della legge, preso il sangue dei vitelli e dei
et lana coccinea, et hyssópo ipsum quoque : con acqua e con la lana di color scar-
capri,
librum, et omnem pópulum aspérsit, ^°Di- e con l'issopo, asperse il libro stesso
latto,
cens Hic sanguis testaménti, quod mandà-
: e tutto il popolo, ^"dicendo : Questo (è) il
vit ad vos Deus. ^^Etiam tabernàculum, et sangue del testamento, che Dio ha disposto
omnia vasa ministérìi sanguine sìmiliter per voi. ^^Ed asperse parimenti dì sangue
aspérsit ^^Et omnia pene in sanguine se-
: anche il tabernacolo, e tutti ì vasi del mi-
cùndum legem mundàntur et sine sànguinis : nistero ^^e quasi tutte le cose secondo la
:

effusióne non fit remìssio. legge si purificano col sangue e non è :

remissione senza spargimento di sangue.


^^Necésse est ergo exemplària quidem ^^Fa adunque mestieri che si purifichino

20 Ex. XXIV, 8.

mento. Ora, siccome la seconda alleanza inchiude e ss. Dopo che Mosè ebbe Ietto ai popolo tutti
la promessa un'eterna eredità, meritataci da
di i precetti di Dio, il popolo promise solennemente
Gesù Cristo (v. 15), giustamente viene chiamata che li avrebbe osservati, e poscia si eresse un
dall'Apostolo testamento. Da quest'argomentazione altare, sul quale si offrirono parecchi sacrifizi.
si deduce che Gesù Cristo, oltre ad essere il Del sangue delle vittime, una metà fu sparsa sul-
Mediatore del Nuovo Testamento (v. 15), ne è l'altare, e l'altra metà servì per aspergere il
ancora l'Autore e il Testatore, che ci ha messi popolo. Dei vitelli e dei capri, ecc. Nell'Esodo,
a parte dei suoi beni. XXIV, 5 e ss., non si fa menzione dei capri, né
La seconda ragione è tratta dall'analogia
18. dell'acqua, né della lana, né dell'issopo. Tutte
coU'antica alleanza (18-23). Per la qual cosa, ossia queste particolarità, come pure quella riguardante
poiché il testamento non è valido se non inter- il libro (asperse il libro), S. Paolo le conobbe
viene la morte del testatore, la prima alleanza, per tradizione. Il libro. Qui si tratta del libro del-
che era pure un testamento perchè prometteva l'alleanza contente la legge (Cf. Esod. XXIV, 7).
agli Ebrei in eredità la terra di Canaan, fu ancor 20. Questo è il sangue, ecc. Questo è il sangue,
essa inaugurata col sangue. con cui Dio sigilla e conferma il testamento fatto
i9. Letti, ecc. Si allude alla solenne cerimonia. a favor nostro. Gesù Cristo ha usato quasi le
stesse parole nell'istituzione dell'Eucaristia (Cf.
Matt. XXVI, 28; Mar. XIV, 24), mostrando con
ciò che il Vecchio Testamento era una figura del
Nuovo, e che il sangue delle vittime era una
figura del sangue che Egli avrebbe versato per la
salute degli uomini.
21. Ed anche, Il fatto qui narrato non av-
ecc.
venne che più poiché il tabernacolo non
tardi,
era ancora fabbricato quando fu stabilita
stato
l'alleanza, di cui si è parlato nei versetti prece-
denti. Qui si tratta probabilmente della dedica-
zione del tabernacolo, che viene narrata nell'Esodo,
XL, 9 e ss. ; Lev. VIII, 40 e ss. Parecchie delle
cerimonie ricordate da S. Paolo non sono men-
zionate nella Scrittura, ma provengono dalla tra-
dizione giudaica (Cf. Gius. FI., Ant. G., III, 8,
6). Vasi, è un ebraismo equivalente a utensili.

Quasi tutte le cose... col sangue. Dice quasi


22.
tutte, perchè alcune si purificavano con semplice
acqua (Esod. XIX, 10, 14; Lev. XVI, 26 e ss.),
altre col fuoco (Lev. V, 11 e ss.), ed altre col-
l'acqua e col fuoco (Num. XXXI, 22 e ss.). Il san-
gue aveva tanta parte nel culto levitico, che non
poteva farsi alcuna cerimonia destinata a rimettere
i peccati, la quale non esigesse lo spargimento di
sangue (Cf. Lev. XVII, lì). La remissione, di cui
si parla, era solo una remissione esterna e legale,
per cui si evitavano le minaccie e le punizioni
della legge. La vera remissione dei peccati si ha
solo per mezzo di Gesù Cristo.
Fig. 58. — Issopo. 23. Deduce ora una conclusione. Se fu neces-
sario per ordinazione di Dio che le immagini delle
narrata nell'Esodo, XXIV, 1-8. I vari! riti ven- cose celesti (meglio, le copie delle cose celesti,
gono descritti Lev. XIV, 5 e ss. ; Num. XIX, 6 allusione al modello, mostrato a Mosè sul monte.

31 — Sacra Bibbia, voi. II.


482 Ebrei, IX, 24-23

caeléstìum his mundari ipsa autem cae-


: le immagini delle cose celesti per mezzo
léstiamelióribus hóstiis quam istis. ^*Non di tali cose : ma le stesse cose celesti per
enim in manufàcta Sancta lesus introìvit mezzo di vittime migliori di queste. ^"Poi-
exemplària verórum : sed in ipsum caelum, ché Gesiì non entrò nel santuario fatto con
ut appàreat nunc vùltuì Dei prò nobìs : mano, immagine del vero ma nel cielo :

"Ncque ut saepe ófferat semetipsum, que- stesso, per comparire adesso a nostro van-
màdmodum Póntifex intrat in Sancta per sin- taggio dinanzi alla faccia di Dio ^*e non
gulos annos in sanguine alièno ^^Alióquin : per offrire sovente se stesso, come il pon-
oportébat eum frcquénter pati ab origine tefice entra tutti gli anni nel Santo dei Santi
mundi : nunc autem semel in consumma- col sangue altrui ^^altrimenti bisognava
:

tióne saeculórum, ad destitutiónem peccati, che egli patisse molte volte dal principio
per hóstiam suam appàruit. del mondo laddove egli è comparso una
:

volta sola alla fine dei secoli, per distrug-


gere col sacrifizio di se stesso il peccato.
^^Et quemàdmodum
statùtum est hominl- ^'E come è stabilito che gli uomini muo-
bus semel mori, post hoc autem iudicium : iano una volta, e dopo ciò il giudizio :

^^Sic et Christus semel oblàtus est ad mul- -^così anche Cristo si è offerto una volta,
tórum exhauriénda peccata secùndo sine : affine di togliere i peccati di molti la se- :

peccato apparébit expectàntibus se, in sa- conda volta apparirà non per causa del pec-
lùtem. cato, (ma) per salute dì coloro che lo aspet-
tano.

28 Rom. V, 9; I Petr. Ili, 18.

Ved. Vili, 5), cioè il tabernacolo e tutti i suoi nel Santo dei Santi (vv. 7, 12) portando il sangue
utensili, venissero purificati, ossia dedicati per di tori e di capri, ma è entrato e si è offerto una
mezzo di queste cose, cioè del sangue dei vi- volta sola (vv. 7, 12; VII, 27). Sangue altrui è
telli, ecc. (v. 18 e ss.), a piiì forte ragione fu opposto a se stesso.
necessario che le cose celesti, ossia il cielo, figu- 26. Motivo per cui Gesù Cristo non ripete il
rato nel tabernacolo mosaico fossero purificate o suo sacrifizio.Se non bastasse una sola sua im-
dedicate per mezzo di un sacritizìo piii eccellente molazione, allora sarebbe stato necessario che egli
di quelli dell'antica legge, vale a dire per mezzo avesse patito e fosse morto più volte, a comin-
del sangue di Gesù Cristo, uomo-Dio. Le cose ciare dal principio del mondo sino adesso, perchè
celesti non avevano, propriamente parlando, bi- il peccato fu commesso fin dal principio del
sogno di essere purificate, ma S. Paolo usa di mondo, e continuò a commettersi attraverso ai
questa metafora per indicare che come il culto secoli, e solo il sangue di Gesù Cristo ha la
levitico fu inaugurato per mezzo del sangue di virtù di rimettere i peccati (X, 4, 5). L'Apostolo
vittime, così il Nuovo Testamento doveva essere nel suo argomento suppone che Dio voglia la sa
inaugurato col sangue di Gesù Cristo. Il plurale Iute di tutti, e abbia determinato di non concedere
migliori vittime non significa già che nel Nuovo il perdono dei peccati se non per mezzo del
Testamento vi siano più vittime, ma allude alle sangue del suo Figliuolo. Ora è un fatto che Gesù
diverse vittime dell'antica legge, che tutte figu- Cristo è comparso nel mondo una volta sola (per
ravano Gesù Cristo. opposizione a sovente, v. 25, e a molte volte,
24. Terminata la digressione, S. Paolo ritoma v. 26) alla fine dei secoli, cioè all'epoca messia-
al suo argomento e continua a dimostrare (IX, nica, che va dailla nascita di Gesù Cristo alla
24- X, 18) quanto il sacrifizio compiuto da Gesù fine dei tempi (Cf. I, 2; I Cor. X, 11; I Tim.
Cristo sia superiore ai sacrifizi levitici. Il v. 24 IV, 1, ecc.), ed è comparso per distruggere o
serve di transizione e spiega perchè nel Nuovo abolire il peccato per mezzo del sacrifizio di se
Testamento fosse necessario un sangue più pre- stesso sulla croce, e quindi non è più necessaria
zioso. un'altra immolazione. Alcuni riferiscono il verbo
Gesù (nel greco vi è solo Cristo) non entrò, è comparso a Dio, come se l'Apostolo dicesse,
come l'andco Pontefice, in un santuario fatto dalla che Gesù Cristo è comparso davanti a Dio (v. 24),
mano dell'uomo, e semplice immagine o figura ma ci sembra più probabile la spiegazione adot-
del vero santuario che è il cielo (VIII, 5), ma tata,che lo riferisce all'incarnazione. Da questi
entrò nel cielo stesso (IV, 14; IX, 12) per compa- due versetti (25, 26) è quindi manifesto, che
rire adesso davanti alla faccia del Signore. In l'eflìoacia del sacrifizio di Gesù èsuperiore a
queste parole vi è un'allusione al Pontefice Ebreo, quella di tutti gli antichi sacrifizi,poiché per
che, entrando nel Santo dei Santi, compariva mezzo di esso si rimettono i peccati e non è ne-
davanti a Dio presente nell'arca, ma non ne ve- cessario che sia ripetuto.
deva la faccia perchè velata da una nube miste- 27-28. Un altro motivo, per cui fu conveniente
riosa (Lev. XVI, 2). A nostro vantaggio. Gesù che Gesù Cristo morisse una volta sola, sì è che
Cristo è entrato nel cielo, affine di esercitare le anche gli uomini muoiono una volta sola, e vi è
funzioni di sacerdote, ecc. (Cf. VII, 25). una certa analogia tra destini dell'uno e i destini
i

25. Cristo non è entrato nel cielo per


Gesù degli altri. Siccome è legge ordinaria, che gli
offrire sovente se stesso in sacrifizio, come il uomini muoiano una volta sola, e che dopo morte
Pontefice Ebreo, che entrava una volta ogni anno abbia luogo il giudizio universale, così anche Gesù
Ebrei, X, 1-2 483

CAPO X.

Tnefficacia dei sacrifizi levitici,1-4, —


e perciò Gesti Cristo si è offerto a Dio
come vittima, —
Gli antichi sacrifizi dovevano venir rinnovati, quello
5-70.
di Gesti Cristo è unico e perfetto, 11-18. —
Esortazione alla fiducia e al-
l'unità, 19-25. —
Severo giudizio di Dio contro gli apostati, 26-31. —
Costanza mostrata dai lettori in altre persecuzioni, 32-jg.

^Umbram enim habens lex futurórum bo- Mnfatti la legge avendo l'ombra dei beni
nórum, non ipsam imàginem rerum per : futuri, non la stessa espressa immagine
singulos annos eisdem ipsis hóstììs, quas delle cose, non può mai con quelle stesse
ófferunt indesinénter, numquam potest acce- ostie che continuamente offrono ogni anno,
déntes perféctos fàcere ^Alìóquin cessàs-
: rendere perfetti coloro che si accostano ;
sent offérri ideo quod nullam habérent ultra
: ^altrimenti si sarebbe cessato di offerirle :
consciéntiam peccati, cultóres semel mun- poiché i sacrificatori una volta purificati,

Cristo si è offerto in sacrifizioed è morto una coscienza di peccato, e quindi non avrebbero più
volta sola, affine di togliere sopra di sé (il greco dovuto rinnovare i loro sacrifizi. Ora invece la
dvevetxetv significa portare, prendere sopra di
sé, espiare. Cf. Is. LUI, 12; I Piet. II, 24) i
peccati di molti. La morte di Gesù è sufficiente ad
espiare i peccati di tutti (Rom. V, 15, 18, 19;
I Tim. II, 6; Ebr. II, 9), ma in realtà non espia
che 1 peccati di molti, perchè non tutti vogliono
unirsi a Gesii Cristo e partecipare alla redenzione
che Egli ha operata. Gesù Cristo comparirà an-
cora una seconda volta alla fine dei tempi, ma non
più per espiare i peccati, ma per dare compimento
fill'ctcrna salute dei fedeli, ossia dì coloro che
aspettano la sua venuta. La risurrezione dei corpi
a nuova vita, e la loro partecipazione alla beati-
tudine dell'anima costituiscono questo compimento.

CAPO X.

1. Nei vv. 1-18, S. Paolo insiste nel mostrare


l'imperfezione dei sacrifizi levitici. La loro stessa Fig- 59- — Sacerdoti pagani che immolano
moltiplicità é una prova della loro inefficacia (1-4).
un toro.
Infatti, lega colla fine del cap. prec, e spe-
cialmente col V. 25 Il Pontefice Ebreo entrava
:

ogni anno nel Santo dei Santi, portando il sangue Jegge ordinava che lo stesso pontefice e lo stesso
delle vittime. Infatti la legge antica possedeva solo
popolo, sia che fossero caduti» in nuovi peccali,
l'ombra, ossia tipo e la figura dei beni futuri, sia che non loUossero, offerissero ogni anno lo
'il

cioè dei beni messianici (Ved. IX, 11), quali la


stessoj sacrifizio, di espiazione, dal che apparisce
grazia, la salute, e non già la stessa espressa
che un tale'sacrifizio non»eravdestinato a rimettere
immagine delle cose, vale a dire, e non la realtà peccati, ma una commemo-
i era . piuttosto (v. 3) .

di questi beni. Immagine è opposto a ombra, e qui


razione o una pubblica confessione' che si faceva
significa realtà, verità (Cf. Coloss. II, 17). Per
dei proprii peccati, non mai rimessi. E chiaro

questo motivo la legge non può mai per mezzo dì inoltre che il sacrifizio che dà a Dio una soddisfa-
quelle vittime, che continuanrvente offrono ogni zione, secondo lo stretto rigore di giustizia, ha
anno isacerdoti, rendere perfetti, ossia mondare un valore infinito ed è quindi valevole a soddisfare
dai peccati e santificare interiormente (II, 10; VII,
per i peccati di tutti i tempi e non ha bisogno
19; IX, 9) coloro che si accostano a. Dio per ono- di essere ripetuto. Se pertanto i sacrifizi levitici
rarlo (Cf. VII, 25-27). venivano moltiplicati e ripetuti, era segno che non
2. Nei vv. 2-4 sì dà la prova dell'affermazione potevano rimettere i peccati. Si osservi con San
precedente. Altrimenti si sarebbe, ecc. Nel greco Giovanni Crisostomo ^h. 1.), che anche noi cri-
la frase é sotto forma interrogativa Altrimenti : stiani ogni giorno offriamo a Dio il sacrifizio della
non avrebbero cessato di essere offerte ? Se questi santa Messa, ma offriamo sempre la stessa vit-
sacrifizi fossero stati veramente efficaci, f sacrifi- tima, offriamo semppe lo stesso Cristo, non oggi
catori \meglio secondo il gl'eco XarpeùovTai;, gli uno e domani un altro, ma sempre lo stesso, e
adoratori), purificati una volta per mezzo del perciò uno solo è il sacrifizio (Cf. anche Teofilatto,
sangue di queste vittime, non avrebbero più avuta h. 1. ; S. Tommaso, h. 1.). Vedi n. VII, 27.
484 Ebrei, X, 3-10

dati 'Sed in ipsis commemoratio peccato-


: non avrebbero più avuto coscienza di pec-
rum per singulos ànnos fit. ''Impossibile cato ^ma in queste
: ogni anno (ostie) si fa
enim est sanguine taurórum et hircórum commemorazione dei peccati ^essendo im- :

auférri peccata. possibile che col sangue dei tori e dei capri
si tolgano i peccati.

mundum dicìt Hóstiam,


"Ideo ingrédiens : ''Per la qual cosa entrando nel mondo,
et oblatiónem noluisti corpus autem ap- : dice : Non hai voluto ostia, né obblazicne :

tàsti mihi ''Holocautómata prò peccato non


: ma a me
hai form.ato un corpo : *non ti sono
tibi placuérunt. ^Tunc dixi Ecce vénio : : piaciuti gli olocausti per il peccato. ^Allora
in capite libri scriptum est de me Ut fà- : io dissi : Ecco io vengo (come nella testata
ciam, Deus, voluntàtem tuam. ^Supérius di- del libro è scritto di me) per fare, o Dio,
cens Quia hóstias, et oblatiónes, et holo-
: la tua volontà. ^Avendo detto sopra Non :

cautómata prò peccato noluisti, nec plàcita hai voluto le ostie e le obblazioni e gli olo-
sunt tibi, quae secùndum legem offerùntur, causti per il peccato, né ti sono piaciute ie
*Tunc dixi Ecce vénio, ut fàciam. Deus,
:
cose che si offrono secondo la legge ^allora :

voluntàtem tuam aufert primum, ut se-


:
dissi : Ecco io vengo per fare, o Dio, la
quens stàtuat. "In qua voluntàte sanctiflcàti tua volontà : toglie il primo, per istabilire

» Ps. XXXIX, 7. ' Ps. XXXIX,^8.

3. Si fa commemorazione, ecc. Ogni anno nel role precede la congiunzione e (xai), la quale
giorno deill'Espiazione Pontefice Ebreo, impo- il indica che si parla di una quarta specie di sacri-
nendo le mani sul capo di un capro, confessava fizi detti per il peccato. Il Salmista indica così
tutti i peccati del popolo, e poi mandava questo ie quattro specie di sacrifizi usati presso gli Ebrei.
capro nel deserto (Lev. XVI, 21). L'Apostolo Ma a me hai formato un corpo. Nel testo ebraico
allude a questa cerimonia. si legge : tu mi hai forato le orecchie, e nella

mosaici non pote- Volgata tu mi hai formate le orecchie. 11 testo


4. Motivo per cui i sacrifizi
ebraico potrebbe alfedere all'uso di forar le
vano togliere i peccati. E impossibile che il san-
orecchie agli schiavi, che nell'anno sabatico ri-
gue di possa di
animali sua natura rimettere i
nunziavano al privilegio della libertà loro accor-
peccati, non essendovi proporzione tra l'uomo li-
data dalla legge, e si costituivano in perpetua
bero e intelligente, e gli animali (Cf. IX, 9-10).
schiavitù (Esod. XXI, 6; Deut. XV, 17). Sia U
Se in antico quindi alcuni ottennero la remissione
testo ebraico che quello della Volgata potrebbero
dei peccati, non l'ottennero in virtìi del sangue
però spiegarsi più semplicemente, considerandoli
degli animali, ma in virtù del sangue di Gesù
Cristo, figurato in quello degli animali.
come equivalenti a tu mi hai aperte le orecchie,
per ben intendere la tua voce e obbedirti perfet-
5-6. Con una citazione del salmo XXXIX, 7-9,
tamente, e così offrirti un sacrifizio che piaccia
prova ancora l'inefficacia dei sacrifizi mosaici. Per
alla tua maestà. Il testo dei LXX, seguito qui da
la cosa, ossia perchè il sangue di animali
qual
S. Paolo, dice in altre parole, benché in modo
non può rimettere i peccati. Gesù Cristo entrando più esplicito, la stessa cosa. Tu, nella mia incar-
nel mondo, ossia fin dal primo momento del-
nazione, mi hai formato un corpo, acciò ubbidendo
l'incarnazione, ecc. Queste parole entrando nel
alla tua volontà te lo offrissi in sacrifizio per la
mondo suppongono evidentemente la preesistenza salute degli uomini. Tale è la spiegazione che ne
di Gesù all'incarnazione, e la sua divinità. Dice.
dà l'Apostolo ai vv. 9-10, dal che si deduce che
S. Paolo pone stilla bocca di Gesù Cristo le pa-
i varii testi, sostanzialmente, dicono la stessa cosa.
role di Davide, citate secondo i LXX. Il salmo
da cui esse sono tolte è certamente messianico, 7. non ti piacciono
Allora, ossia per questo che
ed è indubitato che nel pronunziarle Davide era gli altri mi hai fatto conoscere essere
sacrifizi e
una figura di Gesù Cristo. Non hai voluto, ecc., tua volontà che io mi sacrifichi, io dissi: Ecco
non sono a te piaciuti, ecc. Dio stesso aveva che io vengo, o Dio, per fare la tua volontà, vale
comandati i varii sacrifizi dell'antica legge, e per- a dire per immolarmi in sacrifizio, come sta scritto
nella testata del libro. greco èv xeqpoXtbi
ciò queste parole, riferite al tempo di Davide, Il
Pipxiov (lett. nel capo del libro) allude a quel
non vanno prese in senso assoluto, quasi che Dio
rigettasse e non volesse in alcun modo questi sa- pomo di legno, che vi era all'estremità del pic-
crifizi, ma
significano semplicemente che anche colo bastone attorno a cui si avvolgevano le per-
allora era più grata a Dio l'obbedienza alla sua gamene o i papiri componenti il libro. Il nome
xecpoXt? = capo per sineddo che veniva quindi
volontà, che non la materialità dei sacrifizi. Sulla
bocca di Gesù Cristo significano, che il solo usato come sinonimo di volume. Nel testo ebraico
si legge nel rotolo del libro, ossia nel libro in
sacrifizio che omai piace a Dio, consiste, non
nell'immolazione delle vittime giudaiche, ma nella forma di rotolo. Il libro, di cui si parla, è la
sua completa sottomissione e obbedienza alla Sacra Scrittura.
volontà di Dio. Ostia era un sacrifizio cruento, 8-10. L'Apostolo fa egli stesso l'applicazione
nel quale una sola parte della vittima veniva bru- delle parole citate, mostrando che alle vittime im-
ciata. Oblazione significa i sacrifizi incruenti. potenti dell'antica legge è stato sostituito il sacri-
Olocausti erano sacrifizi cruenti, nei quali tutta fizio di Gesù Cristo. Di sopra, nelle prime parole
la vittima veniva bruciata. della citazione (v. 4). Olocausti per il peccato.
Per il peccato. Sia nel testo ebraico del salmo Anche qui si dovrebbe leggere : olocausti e (sa-
e sia nella Volgata, come nel greco, a queste pa- crifizi) per il peccato (Ved. n. 6). Secondo la
Ebrei, X, 11-18 485

sumus per oblatiónem córporis lesu Christi il secondo. "E


per questa volontà siamo
semel. stati mediante l'obblazione del
santificati
corpo di Gesù Cristo (fatta) una volta.
"Et omnis quidem sacérdos praesto est "E mentre ogni sacerdote sta in piedi
eàsdem saepe óffe-
quotidie ministrans, et tuttodì ministrando e offerendo sovente le
rens hóstias, quae Tiumquani possunt auférre stesse ostie, le quali non possono mai to-
peccata ^^Hìc autem unam prò peccàtis
:
gliere i peccati : ^^questi invece offerta una
ófferens hóstiam, in sempitérnum sedet in sola ostia pei peccati, siede per sempre
déxtera Dei, "De cétero expéctans donec alla destra di Dio, "aspettando del resto il
ponàntur inimici eius scabéllum pedum eius. tempo che i suoi nemici siano posti sgabello
^^Una enim oblatióne consummàvit in sem- ai suoi piedi. "Poiché con una sola obbie-
pitérnum sanctiflcàtos. zione rese perfetti in perpetuo quelli che
sono santificati.
^^Contestàtur autem nos et Spìritus san- lo attesta anche lo Spirito Santo.
-''Ce
ctus. Postquam enim dixit "Hoc autem : Infattidopo aver detto "questa (è) l'al- :

testaméntum, quod testàbor ad illos post dies leanza che io contrarrò con essi dopo quei
illos, dicit Dóminus, Dando leges meas in giorni, diceil Signore : Inserirò le mie leggi
córdibus eórum, et in méntibus eórum su- nei cuori, e le scriverò nelle loro
loro
perscrìbam eas ^^Et peccatórum, et inìqul-
: menti : "E
già più non mi ricorderò dei
tàtum eórum, iam non recordàbor àmplius. peccati e delle loro iniquità. "Or dov'(è}
"Ubi autem horum remissio iam non est : remissione di questi (peccati) non v'ha :

oblàtio prò peccato. già più obblazione per il peccato .

" Ps. CIX, 2; I Cor. XV, 25. ^^ jgr. XXXI, 33; Sup. Vili, 8.

legge. Quest'aggiunta serve a rendere più chiaro frirsi altre volte in sacrifizio, ma attende con
il concetto. Allora dissi. Nel greco, allora disse calma maestosa e assoluta certezza, il pieno ef-
Gesù Cristo : Ecco, ecc. (v. 7). Toglie, ecc. Par- fetto della sua già compiuta immolazione, ossia
lando così Gesù Cristo toglie, ossia abroga, il il completo suo trionfo su tutti i suoi nemici
primo punto, ossia le cose dette in primo luogo, (Ved. n. I, '3. Cf. I Cor. XV, 22 e ss.).
vaie a dire i sacrifizi dell'antica legge e stabi- Motivo per cui Gesù Cristo si riposa per
14.
lisce, cioè loro sostituisce, il secondo punto, ossia sempre nei cieli, e più non rinniova la sua immo-
il compimento della divina volontà annunziato lazione. Con una sola oblazione di se stesso rese
nella seconda parte della citazione (v. 7). Per perfetti (gr. teTeXeiooxev ) ossia giustificò (Ved.
,

questa volontà, ossia in virtù di questa volontà n. II, 10), quelli che sono santificati, ossia i cri-
del Piidpe eseguita da Gesù Cristo nel modo più stiani (v. 10) di tutti i tempi. I meriti di Gesù
perfetto, noi siamo stati santificati. Mentre il san- Cristo sono sufficienti per la santificazione di
gue di migliaia di vittime non aveva potuto mon- tutti, ma noi dobbiamo farli nostri per mezzo
darci anche da un solo peccato, ecco che siamo deUa fede e della carità (Ci. VII, 19).
stati santificati mediante l'oblazione del corpo di
Conferma con un ultimo argomento,
15-18.
Gesù Cristo sulla croce fatta una volta sola
tratto da un oracolo di Geremia (XXXI, 33, 34),
(Cf. v. 5).
già citato una volta (Cf. VHI, 10 e ss.), la su-
Nei vv. 11-14, l'Apostolo stabilisce un
11. periorità del sacrifizio di Gesù Cristo sui sacrifizi
nuovo paragone tra Gesù Cristo e gli antichi levitici. Ce lo attesta anche lo Spirito Santo per
sacerdoti, mostrando quanto il primo avanzi i mezzo del profeta Geremia, che. la remissione dei
secondi. Ripiglia, sviluppandolo maggiormente, il peccati, non potuta conseguire mediante i molte-
pensiero del versetto 1. Ogni sacerdote (xepsvq). plici sacrifizi • dell'antica v legge, si ottiene nella
Qui non parla del Pontefice, ma di tutti i sa-
si nuova legge per mezzo ( di un'unica immolazione
cerdoti in geaeraie. Alcuni codici hanno dpXtepeuq di Gesù Cristo. Dopo aver detto. Queste parole
= Pontefice, ma tale lezione non corrisponde al corrispondono a dice il Signore (v. 16), oppure,
contesto ogni giorno. I sacerdoti antichi, per turno secondo altri, a soggiunge, sottinteso dinanzi al
stavano ogni giorno presso l'altare di Dio a com- v. 17. Dopo quei giorni, ossia quando saranno
piere i sacrifizi prescritti. Sta in piedi, come un venuti i tempi del Messia. Non mi ricorderò, ecc.
servo davanti al padrone, per opposizione a siede Il carattere della nuova alleanza sarà quindi la
(v. 12). Tale era l'attitudine dei sacerdoti levitici remissione dei peccati (IX, 28; X, 10). Ora se
{Cf. Deut. X, 8; XVIIl, 7). Ogni giorno, per op- nella nuova legge per il sangue di Gesù Cristo
posizione a per sempre (v. 12). Sovente le stesse si ha la remissione dei peccati, non è più neces-
ostie, per opposizione a una sola ostia (v. 12), saria una nuova immolazione per espiare il pec-
Che non possono mai togliere l peccati, per op- cato, poiché si farebbe ingiuria ail sangue di Gesù
posizione a rese perfetti, ecc. (v. 14). Cf. v. 1. Cristo •supponendo che esso non basti alla remis-
sione di tutti i peccati. Per conseguenza sacri- i
12. Offerta una sola ostia, cioè se stesso, per
fizi legge sono ora al tutto inutili, e
dell'antica
i peccati degli uomini, siede per sempre nell'atti-
rimane intieramente dimostrato che il sacerdozio
tudine di un re, che domina pacificamente nel
e il sacrifizio di Gesù Cristo sono so<to tutti gii
Bjo regno, alla destra di Dio (Ved. n. I, 3 e ss.).
aspetti superiori al sacerdozio e ai sacrifizi d^-
13. Aspettando, ecc. Egli non tornerà ad of- l'antica legge.
486 Ebrei, X, 19-25

"Habéntes itaque fratres fidùciam in "Avendo adunque, o fratelli fidanza di


intróituSanctórum in sanguine Christi, entrare nel Santo dei Santi per il sangue di
^"Quam initiàvit nobis viam novam, et vi- Cristo, ^°per la via nuova e vivente che egli
véntem per velàmen, id est carnem suam, consacrò per noi, attraverso il velo, cioè
*^Et sacerdótera magnum super domum Dei : attraverso la sua carne, ^^e (avendo) un gran
^^Accedàmus cum vero corde in plenitùdine sacerdote che presiede alla casa di Dio :

fidei, aspèrsi corda a consciéntia mala, et ^^accostiamoci con cuore sincero, con pie-
abititi corpus aqua munda, ^'Teneàmus spei nezza di fede, purgati il cuore dalla mala
nostrae confessiónem indeclinàbilem (fldélis coscienza, e lavato il corpo coli 'acqua mon-
enim est qui repromisìt), ^*et considerémus da, ^^conserviamo ferma la professione della
invicem in provocatìónem charitàtis, et bo- nostra speranza, (poiché colui che ha pro-
nórum óperum : **Non deseréntes collectió- messo è fedele) ^"e siamo attenti gli uni agli
nem nostrani, sicut consuetùdinis est quibus- altri, per istimolarci alla carità e alle opere
dam, sed consolàntes, et tanto magia quanto buone ^^non abbandonando le nostre adu-
:

vidéritis appropinquàntem diem. nanze come sogliono fare taluni, ma facen-


doci animo, e tanto più, quanto che voi ve-
dete avvicinarsi quel giorno.

19. Nella parte morale della sua lettera (X, 19- 14), che esercita ancora attualmente le sue fun-
XIII, 17), S. Paolo esorta i suoi lettori a perseve- zioni sacerdotali (VII, 25), ed è costituito sopra
rare nella fede e ad esercitarsi nelle varie virtù la casa di Dio, che è la Chiesa militante in terra
cristiatie. Comincia coH'dncuIcare loro la perse- e trionfante in cielo, della quale Egli è capo (III,
veranza nella fede (X, 19-XII, 13), esortandoli 6; Efes. I, 22; I Tim. III, 15).
dapprima alla fiducia e all'unità (X, 19-25), e 22-23. Accostiamoci a Dio (VII, 25) o al trono
poi mettendo loro sott'occhio il severo giudizio di grazia (IV, 16) con cuore sincero, ossia con
che Dio farà degli apostati (X, 26-31), e richia- animo alieno da ogni finzione e da ogni ipocrisia,
mando alla loro mente la costanza altre volte da con pienezza di fede, cioè con fede perfetta, quale
essi mostrata in mezzo alle piìi gravi persecu- si conviene a cristiani adulti da lungo tempo bat-
zioni (X, 32-39). Adunque, poiché Gesù Cristo è tezzati (I Cor. XIII, 13). Purgati il cuore dalia
il nostro Pontefice, che si è immolato per noi e mala coscienza, ossia purgati da ogni peccato.
ci ha rimessi i peccati (V, 1-X, 18), noi possiamo
Questa purgazione si ottiene per mezzo del san-
accostarci a Dio con tutta fiducia (v. 22). Avendo gue di Gesù Cristo. Nelle parole dell'Apostolo si
fidanza (;rappT|oiav = libertà, sicurezza, ardire.
allude alle aspersioni di sangue e di acqua usate
Cf. Ili, 6; IV, 16) di entrare nel Santo dei Santi, nel sacerdozio levitico (Esod. XXIX, 21 ; Lev. VIII,
cioè nel cielo (Ved. n. VIII, 2; IX, 8), per il
30; XVI, 4), e al sacramento della penitenza.
sangue di Gesù Cristo ; ossìa, per i meriti della Lavato il corpo, ecc. Qui si parla del Battesimo,
sua morte. Il Pontefice Ebreo non poteva entrare in cui, per mezzo della lavanda esterna del corpo,
nel Santo dei Santi, se non portando sangue di viene mondata l'anima dai peccati, e si allude
animali (Cf. IX, 7, 25), ma noi cristiani, grazie pure alle varie abluzioni prescritte nell'antica
al sangue di Gesù Cristo, abbiamo un santo ar-
legge (Cf. Ezech. XXXVI, 25). Riteniamo ferma
dire di penetrare nei cieli ed accostarci fino a Dio. la professione della nostra speranza, ossia stiamo
20.* Nel testo latino, invece del femminile ben fermi, senza vacillare menomamente, nella
quam, si secondo alcuni, quem,
richiederebbe, fede e nella speranza che abbiamo professato
concordante con intróitu, che in greco è femmi- nel ricevere il Battesimo. Agli Ebrei, tentati di
nile. In tal caso le parole viam novam et viven- scoraggiamento, l'Apostolo raccomanda di per-
tem, vanno considerate come un'apposizionea severare nella sicura speranza della futura risur-
intróitu Si potrebbe però anche
(gr. in introitum). rezione, e della vita eterna. Per questo stesso
sottintendere semplicemente ea via, e si avrebbe motivo, richiama alla loro mente la fedeltà di
ea via quam initiàvit, ecc., frase che dà un ot- Dio alle sue promesse.
timo senso, come si può vedere nella versione. 24. Siamo attenti, ecc., ossia siamo solleciti gli
Gesù Cristo consacrò, o meglio inaugurò questa uni per gli altri, affine di eccitarci scarabievol-
via coll'entravi per il primo (VIII, 2; IX, 11-12, . mente al bene cogli esempi di una vita santa e
24-26; X, 12). Essa vien detta nuova, perchè perfetta. Alla fermezza nella fede e nella speranza
prima di Gesù Cristo non era aperta (IX, 8), e deve andar congiunta la pratica delle buone opere.
vivente, perchè conduce alla vera vita della grazia
25. Le nostre adunanze, ossia le assemblee
e della gloria (IV, 12), e perchè Gesù è via e quali
religiose, nelle oltre alla celebrazione dei
vita (Giov. XIV, 6). Attraverso il velo, ecc. San
divini misterifacevano pure esortazioni, ecc.
si
Paolo rassomiig'lia qui la carne di Gesù Cristo al
Frequentare queste adunanze era un mezzo effi-
velo che divideva il Santo dei Santi dal Santo.
cacissimo per mantenersi fermi nella fede e nella
Ora come era necessario che questo velo venisse mutua carità. Come sogliono fare taluni o per
rimosso, affinchè il Pontefice potesse entrare nel
rispetto umano, o per timore dì persecuzioni.
Santo dei Santi (IX, 1-6), così per decreto di Dio
Facendovi animo. Il greco «apaxaXovvTe<; significa
fu necessario che la oarne di Gesù Cristo venisse
piuttosto esortandovi vicendevolmente al bene, ;
squarciata sulla croce, affinchè Egli potesse en-
tanto più che si avvicina quel giorno finale, ia '

trare nel cielo, e aprire la via anche a noi (Cf.


cui Gesù Cristo .erra a giudicare gli uomini. ì

IX, 8).
Questo giorno è pure rappresentato dal di della ^

21. Nuovo motivo di fiducia. E (avendo, si deve morte di ciascuno, perchè al giudizio universale
lottintendere) un gran sacerdote. Gesù Cristo <1V, saremo trovati tali Quali saremo stati al momento
Ebrei, X, 26-32 4S7

enim peccàntìbus nobis post


'"Voluntàrie ^^Poichè se volontariamente noi pec-
accéptam notitiam veritàtis, iam non relin- chiamo dopo ricevuta la cognizione della
quitur prò peccàtis hóstia, ^^Terribilis autem verità, non ci resta più ostia pei peccati,
quaedam expectàtio iudìcìì, et ìgnis aemu- ^^ma una terribile aspettazione del giudizio
làtio, quae consumptùra est adversàrios. e l'ardore del fuoco che sta per consumare
^^Irritam quis fàciens legem Móysi, sine ulla i nemici. ^*(Se) uno che viola la legge di
mìseratióne duóbus vel tribus téstibus mó- Mosè, sulla deposizione di due o di tre te-
ritur ^^Quanto magis putàtis deteriora me-
: stimoni, muore senza alcuna remissione :

rérì supplicia qui filìum Dei conculcàverit, ^^quanto più acerbi supplizi pensate voi che
et sànguinem testaménti pollùtum dùxerìt, si meriti chi avrà calpestato il Figliuolo di
in quo sanctificàtus est, et spiritui gràtiae Dio, e avrà tenuto come profano il sangue
contuméliam fécerit? ^"Scìmus enìm qui del testamento, in cui fu santificato, e avrà
dixit Mihi vindìcta, et ego retribuam. Et
:
fatto oltraggio allo Spirito di grazia? ^"Sap-
iterum Quia iudicàbit Dóminus pópulum
:
piamo infatti chi è colui che disse A me :

suum, ^^Horréndum est incìdere in manus la vendetta, e io farò retribuzione. E di


Dei vivéntis. nuovo Il Signore giudicherà il suo popolo.
:

^^È cosa orrenda cadere nelle mani di Dìo


vivo.
^^Rememoràmini autem pristinos dies, '^Ora richiamate alla memoria quei primi
in quibus illuminati, magnum certàmen su- giorni, nei quali, essendo stati illuminati,

»• Sup. VI, 4. 2» Deut. XVII, 6; Matth. XVIII, 16; Joan. Vili, 17; II Cor. XIII, 1. s» Deut.
XXXII, 35; Rom. XII, 19.

della nostra n. Rom. XIII, 12; I Cor.


morte (Cf. che viene come ad annullare tutta la legge. Con
III, 13; XV, 51; Tess. IV, 16; V, 4; II Tim.
I tutta probabilità S.Paolo allude al delitto di ido-
I, 12, 18, ecc.). Siccome Gesù Cristo aveva as- latria (Deut. XVII, 2 e ss.). Se adunque chi
sociato il giudizio finale alla rovina di Gerusa- aveva violato la legge di Mosè veniva così seve-
lemme (Matt. XXIV, 1 e ss.), può essere che ramente punito, che sulla attestazione di due o
S. Paolo alluda anche alla prossima rovina di tre testimoni era condannato a morte, quanto
quest'ultima città. maggiior castigo meriterà chi avrà calpestato, ossia
26. Per sempre più animare i suoi lettori a avrà rigettato e ritenuto come cosa di niun conto,
tenersi fermi nella fede, mette loro sott'oochio il Figlio di Dio? Se è grave delitto calpestare

(26-31) i terribili castighi riservati agli apostati un uomo, quanto più lo sarà calpestare il Figlio
(Ved. n. VI, 4-8). di Dio? Avrà tenuto come profano (gr. xoivóv),

Se pecchiamo volontariamente, ecc. La maggior ossia come volgare e senza efficacia per la sa-
parte degli interpreti ritiene, che qui si tratti del lute, // sangue del testamento, ossia quel sangue

peccato di apostasia, ossia del peccato di coloro, con cui fu sa/nzionata la nuova alleanza? Le pa-
che dopo aver ricevuta la cognizione perfetta role in cui fu santificato, fanno risaltare l'enorme
(gr, èmrvcocfiv) della verità cristiana, rinnegano ingratitudine di una tale condotta. L'apostata, non
la fede. Non resta, ecc. Avendo provato (IX, 26- solo calpesta il Figlio di Dio e profana il sangue
28) che la remissione dei peccati non si può ot- del testamento, ma fa ancora oltraggio allo Spi-
rito di grazia, cioè allo Spirito Santo, autore e
tenere se non per l'unico sacrifizio di Gesù Cri-
sto, è chiaro che chi rigetta Gesù Cristo e non dispensatore della grazia meritataci dal sangue
vuole avvicinarsi a lui, non potrà mai trovare di Gesù Cristo. Si fa oltraggio allo Spirito Santo
alcuna ostia o vittima, per la quale possa ottenere resistendo alla verità conosciuta e scacciandolo
la remissione dei peccati. S. Paolo non vuol già dal cuore suo tempio (VI, 4).
dire, che sia impossibile la conversione degli 30. Certezza del castigo fondata sulla parola
apostati, ma afferma che essi, finché rimarranno stessa di Dio. Noi cristiani sappiamo quanta sia
tali, non potranno ricevere alcuna remissione di la potenza e la fedeltà nel mantenere la sua pa-
peccati. Alcuni credono, che S. Paolo parli dei rola, di colui che disse: A me la vendetta, ecc.
peccati di malizia, ossia dei peccati contro lo Queste parole sono citate liberamente sul Deute-
Spirito Santo, dei quali è assai diffìcile ottenere ronomio, XXXII, 35. Cf. Rom. XII, 19, dove sì
il perdono (Cf. Matt. XII, 31). ha la stessa citazione. Di nuovo. Questa seconda
27. Ma ecc. Tali peccatori non
una terribile, citazione è tratta dal Deuteronomio, XXXII, 36.
possono aspettarsi ehe il terribile giudizio di Dio 7/ Signore giudicherà, ossia punirà severamente,

e quel fuoco eterno, che a suo tempo divarerà il suo popolo infedele e violatore della legge.
tutti nemici di Gesù Cristo. L'ardore del fuoco,
i 31. i: cosa orrenda, ecc. Epifonema terribile ed
I
f lett. del fuoco. Il fuoco viene così perso-
lo zelo efficacissimo a scuotere le anime dal torpore.
li nificato,e gli si fa esercitare uno zelo ardente Cadere nelle mani, ossia provare gli effetti della
contro i nemici del Signore. vendetta di Dio vivo, in eterno. Le parole è cosa
28-29. Conferma quanto ha detto, nel versetto orrenda, indicano la gravità delle pene riservate
precedente, coll'esempio dei castighi inflitti ai ai peccatori, e le parole di Dio vivo, lasciano

profanatori della legge mosaica. Colui che ha viO' comprendere l'eternità di queste stesse pene.
^ lato la legge di Mosè, ecc. Qui non si tratta di 32. Nei vv. 32-39, incoraggia i lettori a per-
una violazìrne qualunque, ma di una violazione, severare nella fede, richiamando alla loro mente
488 Ebrei, X, 33-39

stinuistispassiónum : ^'Et in altero quidem sosteneste grande combattimento di pati-


oppróbriìs, et tribulatiónibus spectàculura menti ^^ed ora divenuti spettacolo di ob-
:

factì in altero autem sócii tàliter conver-


: brobrio e di tribolazione ora fatti compagni
:

sàntìum effécti. ^*Nam et vinctis compassi di coloro che erano in tale stato. ^''Poiché e
estis, et rapinam honorum vestrórum cum foste compassionevoli verso i carcerati, e
gàudio suscepistis, cognoscéntes vos habére accettaste con gaudio la rapina de' vostri
meliórem, et manéntem substàntiam. beni, conoscendo di avere migliori e dure-
voli sostanze.
"^Nolite itaque amittere confidéntiam ves- '^Non vogliate dunque far getto della vo-
tram, quae magnani habet remuneratiónem. stra fidanza, la quale ha una gran ricom-
^^Patiéntia enim vobis necessaria est ut : pensa. ^^Perocchè a voi è necessaria la pa-
voluntàtem Dei faciéntes, reportétis promis- zienza affinchè facendo la volontà di Dio,
:

siónem. ^^Adhuc enim módicum aliquàntu- otteniate la promessa. ^^Perocchè ancora un


lum, qui ventùrus est, véniet, et non tar- tantino, e colui che deve venire, verrà, e
dabit. '^lustus autem meus ex fide vivit, non tarderà. ''^Ora il mio giusto vive di
quod si subtràxerit se, non placébit ànimae fede : che se si ritira indietro, non sarà
meae. ^^Nos autem non sumus subtractiónis accetto all'anima mia. ^'Ma noi non siamo
filii in perditiónem, sed fidei in acquisitìó- da tirarci indietro per perderci, ma fedeli
nem ànimae. per fare acquisto dell'anima.

" Hab. II. 4: Rom. I, 17: Gal. III.

la costanza da loro già mostrata in mezzo alte 36. Pazienza, qui significa costanza nel sop-
tribolazioni, a cui si trovarono esposti in passato, portare mali presenti. Facendo la volontà di
i

L'Apostolo d'ogni genere, che


allude alle difficoltà Dio, cioè osservando la sua legge, o meglio as-
gili Ebrei convertiti incontravano da parte dei loro soggettandovi alla sua volontà, la quale ha di-
antichi correligionari (Ved. Atti, VI, 9 e ss. ; VIII, sposto che soffriate, e per mezzo della sofferenza
1 e ss., ecc.). vi rendiate degni dell'eterna mercede promessa.
Quei primi giorni della vostra conversione, nei 37-38. S. Paolo, per mezzo di una citazione di
quali dopo essere stati illuminati, ossia aver rice- Abacuc (II, 3-4), conferma che Dio manterrà le
vuto il battesimo e con esso la fede e la piena sue promesse. La citazione è fatta sui LXX, m?.
cognizione della verità cristiana (Cf. v. 26 e VI, no-n è letterale. Ancora un tantino. Queste parole,
4). Gran combattimento di patimenti, ossia un che servono d'introduzione, sono tolte probabil-
combattimento consistente in grandi sofferenze. mente da Isaia, XXVI, 20. Quegli che deve venire
33. Ora... ora (gr. toCto jiév ... touto òé = (ò èpXó|ii£Yo<; =
colui che viene), ossia il Messia
parte... parte). L'Apostolo fa notare due circo- <Matt. XI, Lue. VII, 19), verrà a giudicare
3;
stanze, che mostrano la fortezza, con cui gli gli uomini, e a rendere la mercede promessa ai
Ebrei sostennero le persecuzioni. Parte erano di- suoi fedeli, e ciò sia alla fine del mondo, e sia
venuti spettacolo (Ved. n. I Cor. IV, 9), ossia alla fine della vita di ciascuno. Probabilmente però
furono esposti al ludibrio e agli insulti degli S. Paolo, usando queste parole, alludeva anche
uomini, come volgari malfattori. L'obbrobrio af- alla prossima rovina di Gerusalemme, già pre-
fligge in modo speciale l'anima, la tribolazione detta da Gesù Cristo. 7/ mio giusto, ossia colui
invece affligge in modo speciale il corpo. Essi che è stato giustificato mediante la mia grazia,
furono quindi esposti a soffrire nell'anima e nel ed è rimasto fedele, vive (gr. vivrà) di fede, ossia
corpo. Ora fatti compagni (gr. xotvcovoi = parte- avrà la vita eterna, perchè ha creduto in me
cipi), ecc. Non solo avevano sofferto essi, ma (Ved. n. Rom, I, 17; Gal. Ili, 11); ma se si riti-
avevano anche pigliato parte ai dolori degli altri rerà indietro, ossia abbandonerà la fede cadendo
perseguitati, sia coU'aiutarli, sia col compatirli nell'apostasia, non sarà accetto, ecc. vale a dire
e consolarli, ecc. Verso dei carcerati, toTq òeo- sarà punito. S. Paolo ha invertito l'ordine del
fit'oi^. Il greco ordinario e alcuni codici (D E K testo di Abacuc, e mentre il profeta parla prima
L, ecc.) hanno Tot? beattiotq noi) = alle mie catene, dell'empio e poi del giusto, egli ha preferito l'or-
ma migliòri codici si accordano colla Volgata,
i dine inverso, per richiamare maggiormente l'at-
la cui lezione è criticamente preferibile. Qui per tenzione sul castigo minacciato a chi è infedele
conseguenza non si allude alla prigionia di San a Dio. L'oracolo del profeta in senso letterale
Paolo, ma alle incarcerazioni sostenute dagli Ebrei prossimo, si riferisce alla liberazione dei Giudei
a motivo della fede. Con gaudio sopportaste di dalla schiavitù dei Caldei. Dio sconfiggerà i Cal-
essere spogliati dei vostri beni dai pubblici poteri. dei oppressori, e darà libertà al popolo eletto.
Conoscendo, ecc., ossia sostenuti dalla speranza In senso spirituale però si riferisce al Messia, il
certa di avere un giorno sostanze, ossia ricchezze, quale libererà il popolo di Dio, ossia coloro che
migliori e più durevoli (Matt. VI, 20; Lue. XII, avranno creduto, e darà loro la vita eterna. Il
33), vale a dh-e una felicità eterna. testo ebraico di Abacuc è un po' differente dai
35. Non vogliate far getto di un bene così LXX, ma per la sostanza i due testi si accordano
grande qual è la vo&tra^fidanza (gr. jcappem'ov perfettamente (Cf. Knabenbauer, Comm. in Proph.
= franchezza, ecc.), ossia la franca professione min., II, p. 72 e ss.).
della vostra fede. Poiché avete già tanto sofferto, 39. Noi non siamo da tirarci indietro (la
fedeli
non vogliate ora per le nuove tribolazioni aposta- frase subtractiónis
filii, è un ebraismo), ossia
tare da quella fede, alla cui professione è promessa non siamo di quelli, che apostatano della fede per
la ricompensa (Cf. HI, 6: Il Tim. IV, 8). andare perduti, ma siamo fedeli, ossia abbiamo
Ebrei, XI, 1-3 489

CAPO XI.

La fede, i'2. — Esempi di fede nella storia primitiva, 3-y, — nella storia dei
patriarchi, 8-22, — nella storia di Mosè, 23-29, — nella storia dopo la con-
quista della terra proìnessa, 30-38, — Conclusione, 39-40.

^Est autem fldes sperandarum substàntia la fede è fondamento delle cose che
^Ora
rerum, arguméntum non apparéntium. ^In si sperano, dimostrazione delle cose che non
hac enim testimónium consécuti sunt senes. si vedono. ^Perocché per questa furono ce-
'Fide intelligimus aptàta esse saécula verbo lebrati i maggiori. 'Per mezzo della fede
Dei ut ex invisibilibus visìbilia fierent.
: intendiamo come i secoli furono formati per
la parola di Dio talmente che dell'invisi-
:

bile fosse fatto il visibile.

3 Gen. I. 3.

una fede viva per salvare eternamente la nostra che siano senza sostanza la fede dà ad esse ;

anima. Perdizione eterna, salute eterna ecco i ;


sostanza e fondamento; la risurrezione non è
due termini opposti a cui conducono l'apostasia e ancor seguita, ma la fede fa sì che la stessa ri-
la fede surrezione già quasi esiste nel nostro pensiero.
Così il Crisostomo (h. 1.) » Martini.
La fede è ancora dimostrazione (gr. éXeYXo?)
CAPO XI.
o argomento -che ci fa conoscere con tutta cer-
tezza le cose che non si vedono, ossia quelle
verità soprasensibili e soprannaturali, che costi-
1. Per animare sempre più i suoi lettori a per- tuiscono il deposito della rivelazione. L'autorità
severare nella fede, S. Paolo passa in questo
di Dio che tali verità ha
supplisce alla
rivelate,
capitolo a far l'elogio di sì alta virtii ricordando debolezza e all'imperfezione della nostra mente.
ì sublimi esempi che di essa hanno dato, e le
Il campo della fede comprende quindi oggetti che
opere grandiose che per essa hanno fatto i per- ora non si vedono, perchè oscuri, ma che noi
sonaggi pili illustri e venerati dell'Antico Testa-
speriamo con ferma fiducia di vedere un giorno
mento. Questo elogio non poteva a meno di essere in tutto il loro splendore. Il greco potrebbe anche
accetto agli Ebrei così attaccati alla loro storia
tradursi la piena persuasione o convinzione della
:
passata. L'Apostolo comincia col definire la fede
verità delle cose che non si vedono.
e affermare in generale che essa ha fatto grandi
2. Per questa, ossia per aver posseduta la
gli antichi (1-2) e poi adduce varii esempi tratti
dalla primitiva (3-7), dalla storia dei pa-
storia
fede, furono celebrati, ossia lodati nelle Sacre
triarchi (8-22), da quella di Mosè (23-29) e da
Scritture come giusti e accetti a Dio, ì maggiori,
quella degli antichi dopo l'ingresso nella terra cioè i patriarchi, i profeti, ecc. Letteralmente si
promessa (30-39). Aggiunge infine una conclu- dovrebbe tradurre : per questa fu resa (buona)
sione (39-40). testimonianza agli antichi.
La fede, virtù soprannaturale infusa da Dio 3. L'Apostolo, volendo ora esporre cronologi-
nelle anime, è il fondamento y ecc. Il gr. vmóaxaaxq camente i varii esempi di fede dati dagli antichi,
usato cinque volte nel Nuovo Testamento (II Cor. si porta col pensiero al principio del tempo, e
IX, 4; XI, 17; Ebr. I, 3; III, 14; XI, 1), significa mentre avrebbe potuto cominciare con Adamo,
letteralmente fondamento, e quindi sostanza, sus- che con un atto di fede rende omaggio al Creatore,
sistenza, realtà, ecc., e qui va preso nel primo preferisce invece constatare questa fede in tutti i
senso. Delle cose che si sperano. Tale è l'esatta cristiani, e dice : per mezzo della fede noi cri-
traduzione del greco èXmi;o|jévc9v, e col nome di sitiani intendiamo, ecc. Si ha subito una prova
cose sperate, si devono intendere la nostra futura come la fede ci faccia conoscere le cose che non
salute, e tutti i beni che ad esse si riferiscono. si vedono. Per mezzo della rivelazione fatta da
Ora si dice che la fede è la base o il fondamento Dio ai patriarchi, e conservataci nella Scrittura,
o la sostanza delle cose sperate, sia perchè la conosciamo come furono formati (il greco xan\p-
speranza di questi beni futuri poggia come su Tto6ot significa sia la creazione e sia l'ordinazione
fondamento sulla fede, per cui si crede alla loro delle cose. Ved. n. I, 10); ossia come, furono
esistenza e alle promesse che Dio ne ha fatte, e creati e ordinati i secoli, cioè tutte le cose (Ved.
sia perchè per mezzo della fede questi beni fu- n. I, 2), per la parola di Dio. In queste ultime
turi che ancora non esistono in sé, ci sono dati parole si allude al comando creatore, così spesso
o presentati come presenti. La fede infatti ci ripetuto nel primo capo della Genesi, 3, 6, 9, ecc.
rende così certi e sicuri di possedere un giorno (Cf. Salm. XXXII, 9). Dall'invisibile fosse fatto
questi beni, come se già attualmente li posse- il visibile, ossia dal nulla fossero create tutte le
dessimo e li tenessimo in mano. « Le cose che cose, oppure, dal caos informe (Gen. I, 2; Sap.
sono solamente in speranza, pare in certo modo, XI, 18) fossero rese visibili le cose. Ci sembra
490 Ebrei, XI, 4-7

*Fide plùrimam hóstiam Abel, quam Gain, ^Per la fede Abele offerse a Dìo sacri-
óbtulit Deo, per quam testimóni um conse- fizio migliore che Caino, per essa fu lodato
cùtus est esse iustus, testimónium perhi- come giusto, avendo Dio approvato i doni
bénte munéribus eius Deo, et per illam de- di lui, e per essa parla ancora dopo la morte.
fùnctus adhuc lóquitur.

*Fide Henoch
translàtus est ne vidéret ''Per la fede Enoch fu trasportato, perchè
mortem, non inveniebàtur quia trànstu-
et : non vedesse la morte, e non fu trovato, per-
lit illum Deus ante translatiónem enim
: chè Dio lo trasportò poiché prima della:

testimónium hàbuit placuisse Deo. *Sine fide traslazione fu testimoniato che egli era pia-
autem impossibile est piacére Deo. Crédere ciuto a Dio. *Ora senza la fede è impossi-
enim opórtet accedéntem ad Deum quia est, bile piacere a Dio. Perocché chi si accosta
et inquiréntibus se remuneràtor sit. a Dio, fa mestieri che creda che egli è e
rimunera quelli che lo cercano.
'Fide Noe responso accépto de iis, quae Ter la fede Noè avvertito da Dio di cose
adhuc non videbàntur, métuens aptàvit ar- che ancor non si vedevano, con pio timore
cam in salùtem domus suae, per quam dam- andò preparando l'arca per salvare la sua
nàvit mundum et iustìtiae, quae per fldem
: famiglia, per la qual (arca) condannò il
est, heres est institùtus. mondo e diventò erede della giustizia che
:

viene dalla fede.

* Gen. IV, 4; Matth. XXIII, 35. '' Gen. V, 24; Eccli. XLIV, 16. ^ Qen. VI, 14; Eccli. XLIV, 17.

però più probabile la spiegazione di S. Tommaso piacque a Dio. Si legge infatti, Gen. V, 24, che
(h. 1.), il quale per le cose invisìbili intende l'esi- Enoch camminò con Dio (ì LXX traducono piac-
stenza ideale che ebbero le cose nella mente di que a Dio), ossia stette unito ed obbedì a Dio,
Dio, prima di ricevere l'esistenza reale, per cui il che suppone la fede, come è detto nei ver-
diventarono visibili. Il testo greco presenta però setto seguente.
questa variante talmente che le cose visibili non
:
Ora, ecc. Se Enoch piacque a Dìo, egli
6.
sono state fatte di cose apparenti, come p. es. la
dovette aver la fede, perchè senza la fede è
pianta nasce dal seme, ma sono state fatte dal
imposibile piacere {a Dio, manca nel greco, ma
nulla. Per mezzo della fede quindi noi conosciamo
va sottinteso). Queste parole mostrano la neces-
parecchie verità relative all'origine del mondo che
sità della fede per salvarsi (Cf. Rom. 1, 17).
altrimenti non conosceremmo.
Perocché, ecc. Senza fede non si può piacere a
4. Per fede, ossia animato dalla fede, Abele
la Dio, perchè chi si accosta a Dio per prestargli
offerse a Dio sacrifizio migliore, vale a dire scelse U debito culto, deve credere che Egli esiste ed
per offrire a Dio le cose migliori, che possedesse è giusto distributore dei premi e dei castighi.
(Gen. IV, 2 e ss.), mostrando così di riconoscere L'Apostolo accenna solo ai due punti principali
la sua suprema eccellenza e i suoi sovrani diritti. da credersi, non perchè siano ì soli necessari
Nulla di simile fece Caino. Per essa fede Abele (anche la fede della Trinità e dell'Incarnazione
fu lodato come giusto, e furono accetti a Dio i è richiesta),' ma perchè ciò bastava al suo scopo
doni di lui, conforme a quanto si legge Gen. IV, dì provare che la traslazione dì Enoch fu effetto
4 : Dio si rivolse ad Abele e ai doni di lui, ma della sua fede, per la quale piacque a Dìo.
non sì rivolse a Caino e ai suoi doni. S. Gerolamo
iQuaest. heb. in Gen. ad IV, 4), S. Crisostomo, 7. Per la fede Noè credette a Dio che l'av-
ecc., pensano che Dio abbia mostrato che gra- vertiva, ossia gli rivelava 120 anni prima li
diva i sacrifizi di Abele, facendo discendere dal diluvio futuro (cose che ancor non si vedevano).
cielo il fuoco a incenerire le vittime. Per essa Cf. Gen. VI, 1-IX, 29. Con pio timore (eùAa-
fede, ecc. Vi ha un'allusione a Gen. IV, 10, ove PnOst'q) per
la maestà dì Dìo andò preparando
è detto che la voce del sangue di Abele, sparso l'arca,mostrando così col fatto la sua fede e la
dal fratricida Caino, gridava vendetta presso Dìo, sua ubbidienza. Per la quale (arca), oppure se-
iJ che mostra quanto Abele fosse caro a Dio. condo altri, per la quale (fede) condannò il
Altri (S. Giov. Cris., Teodoreto, Alap., ecc.) mondo. Il fatto di fabbricar l'arca fece mani-
spiegano : Abele parla ancora dopo morte per festa a tutti la sua fede, e servì a condannare
mezzo dei suoi esempi, i quali anche oggi sono il mondo, il quale benché avesse veduto quel che
lodati e ammirati (Cf. Matt. XXIII, 35). egli faceva, tuttavìa non volle credere alla parola

5. Enoch, per il merito della sua fede fu in dì Dio (Cf. Matt. XXIV, 37 e ss.). Diventò erede,
modo sopranaturale tolto dal mondo senza che ossìa conseguì la giustizia. La giustificazione non
patisse >la morte. Questo fatto è narrato Gen. V, :
si può conseguire coi proprii meriti, ma è una
22-24; Eccli. XLIV, 16; XLIX, 16. Cf. Gius. FI., grazia, una eredità lìbera dì Dio. S. Paolo al-
A. G., I, 3, 4. Dio lo trasportò non sappiamo lude probabilmente a Gen. VI, 9, ove è detto di
dove, ma è certo che egli verrà nuovamente alla Noè che fu giusto. Che viene dalla fede. L'Apo-
fine del mondo (Eccli. XLIV, 16; Apoc. XI, 3). stolo spiega così dì quale giustìzia egli parli.
Prima della traslazione, ecc. Prima di narrarne Non è la giustìzia legale, ma la vera giustizia
ia sua traslaz'ore, la Scrittura attesta che egli interna, il cui fondamento è la fede.
Ebrei, XI, 8-13 491

•Fide vocatur Abraham obedivit in


qui ^Per fede colui, che è chiamato Abra-
la
locum quem acceptùrus erat in here-
exire, hamo, ubbidì per andare al luogo che doveva
ditàtem et éxìit, nésciens quo iret. ®Fide
: ricevere in eredità e partì senza saper dove
:

demoràtus est in Terra repromissiónis, tam- andasse. ^Per la fede stette pellegrino nella
quam in alièna, in càsulis habitàndo cum terra promessa, come non sua, abitando
Isaac, et lacob coherédibus repromissiónis sotto le tende con Isacco e Giacobbe coeredi
eiùsdem. ^"Expectàbat enim fundaménta ha- della stessa promessa. ^"Poiché aspettava
béntem civitàtem cuius àrtifex, et cónditor
: quella città ben fondata della quale Dio
:

Deus. (è) architetto e fondatore.

"Fide et ipsa Sara stérilìs virtùtem in "Per la fede ancora la stessa Sara sterile
conceptiónem séminis accépit, étiam praeter ottenne virtù di concepire anche a dispetto
tempus aetàtis quóniam fidélem crédidit
: dell'età perchè credette fedele colui che
:

esse eum, qui repromiserat. ^^Propter quod aveva promessa. "Per la qual cosa
fatta la
et ab uno orti sunt (et hoc emórtuo) tam- eziandio da un solo (e questo senza vita)
quam sidera caeli in multitùdinem, et sicut nacque una moltitudine, come le stelle del
aréna, quae est ad oram maris, innumerà- cielo, e come l'arena innumerabile che è
bilis. sulla spiaggia del mare.

^'luxta fldem defunctì sunt omnes isti, non "Nella fede morirono tutti questi, senza
accéptis repromissiónibus, sed a longe eas aver conseguito le promesse, ma da lungi
aspiciéntes, et salutàntes, et confiténtes, quia mirandole e salutandole, e confessando di
peregrini, et hóspites sunt super terram. essere ospiti e pellegrini sopra la terra.

8 Gen. XII, 1. " Gen. XVII, 19.

8. Nei vv. 8-12, esalta la fede, che rese il dità nel cielo, e perciò aspettava quella città che
patriarca Àbramo così ubbidiente a Dio. ha i fondamenti eterni (per opposizione alle
Per la fede. Queste parole vanno unite con tende), della quale è architetto e costruttore Dio
ubbidì. Quegli che è chiamato (ò xaXoù^evoq) stesso. Questa città non è altro che il cielo, sog-
Abrahamo. Si allude al fatto, che Dio cambiò al giorno dei beati (16; XII, 22, 23; XIII, 14;
santo patriarca il nome di Àbramo in quello di Apoc. XXI, 2, ecc.), che sarà dato come premio
Abrahamo, mostrando così una speciale predile- alla fede (X, 35). Sostenuto quindi dalla spe-
zione per lui (Gen. XVII, 5). Sembra però da ranza del cielo. Abramo si contentò di abitare
preferirsi la lezione greca xaXovuevoi;, senza arti- sotto le tende, e di non possedere fissa dimora
colo, che si trova nei codici ecc., e dà DEKL, in un luogo.

questo senso; Per la fede. Abramo, essendo 11. Per la fede, ecc. Sara da principio dubitò
stato chiamato da Dio, ubbidì, ecc. Per andare, della promessa fattale dall'angelo, ma poi cre-
ecc. Egli aveva ricevuto grandi promesse da Dio dette.Sterile, manca in alcuni codici. Età. Sara
(Gen. XII, 2 e ss.) ma queste promesse esige-
; aveva allora novant'anni (Cf. Gen. XVIII, 19;
vano da lui grandi atti di fede. Ricevere in XIX, 9 e ss.; XXI, 1, 2. Ved. Rom. IV, 18).
eredità (Gen. XII, 7). Dio gli promise che avrebbe
dato ai suoi discendenti la terra di Canaan. Senza 12. Per la qual cosa in premio di tale fede,
sapere dove andasse. Dio gli aveva ordinato di da uno solo, cioè d£ Abramo, quando era già
andare nella terra di Canaan, ma egli non sapeva vecchio e secondo la natura non piìi in grado di
in qual iuogo avrebbe dovuto fermarsi. Ciò mo- aver figli {senza vita. Cf. Rom. IV, 19), nacque
stra l'eroismo della sua ubbidienza. una posterità numerosa come le stelle, ecc. (Ved.
Gen. XXII, 17).
9. La fede non solo rese Abramo ubbidiente,
13. Nei vv. 13-16, parla della fede mostrata da
ma ancora paziente nell'aspettare la realizzazione
questi patriarchi alla loro morte. Nella fede, ecc.
delle promesse fattegli da Dio. Stette pellegrino,
meglio secondo il greco, abitò come straniero, in
Abramo, Sara, Isacco, Giacobbe non solo vissero,
una terra, come non sua, che pure Dio gli aveva ma ancora morirono nella fede, e senza aver
vedute adempiute le promesse loro fatte relative
promessa in eredità. Egli non vi ebbe dimora
alla possessione della terra di Canaan e alla na-
fissa (Gen. XII, 8; XIII, 3; XVIII, 1 e ss.), ma
scita del Messia. Tali promesse non dovevano
visse come nomade sotto le tende, e non ne pos-
compiersi che più tardi. Ciò nonostante la loro
sedette che pochi palmi avuti non per» eredità, ma
speranza e la loro fede non vennero meno, ma
comprati per il sepolcro di Sara (Gen. XXIII, 4).
da lungi mirarono le divine promesse compiute nei
La stessa cosa successe a Isacco, figlio di Àbra-
loro discendenti, e se ne rallegrarono. Anche Gesù
mo, e a Giacobbe, figlio di Isacco, benché ancor
Cristo disse (Giov. VIII, 53) Abramo sospirò di
:
essi fossero stati fatti eredi della promessa. Tut-
vedere il rrùo giorno, lo vide e ne tnpuaiò. Per
tavia Abramo, Isacco e Giacobbe non dubita-
questo motivo essi confessarono apertamente di
rono mai delle promesse di Dio.
essere c-scAtì e stranieri sulla terra. Vi ha qui
10. Motivo cui Abramo attese con tanta
per un'allusiune alle parole di Abramo (Gen. XXIII,
pazienza. sapeva che la terra di Canaan
Egli 4), di Isacco (Gen. XXVI, 3) e di Giacobbe (Gen,
promessagli da Dio era la figura di un'eterna ere- XLVII. 9).

\
492 Ebrei, XI, 14-21

**Qui enim haec dicunt, signifìcant se pa- ^"Perocché quelli che parlano così, dimo-
triam inquìrere. "Et si quidem ipsius me- strano che cercano la patria. "E se pure
minissent de qua exiérunt, habébant ùtique avessero conservato memoria dì quella onde
tempus reverténdi. "Nunc autem melìórem erano avevano certamente il tempo
usciti,
àppetunt, id est, caeléstem. Ideo non con- di ritornarvi. "Ma essi ne desiderano una
fùnditur Deus vocàri Deus eórum; paràvit migliore, cioè celeste. Per questo Dio non
enim illis civitàtem. ha rossore di chiamarsi loro Dio; poiché
ha loro preparato una città.
^'Fide óbtulit Abraham Isaac, cum ten- ^^Per la fede Abramo, messo a cimento,
taretur, et unigénitum offerébat, qui suscé- offerse Isacco, e offeriva l'unigenito egli,
perat repromissiónes ; ^^Ad quem dictum che aveva ricevute le promesse "egli, a ;

est : Quia in Isaac vocàbitur tibi semen : cui era stato detto In Isacco sarà la tua
:

"Arbitrans quia et amórtuis suscitare po- discendenza "pensando (Abramo) che Dio
:

tens est Deus : unde eum et in paràbolam è potente anche per risuscitar uno da mor-
accépit. te :onde ancora lo riebbe come una figura.
^"Fide et de futuris benedixit Isaac la- ^°Per la fede Isacco benedisse Giacobbe
cob, et Esaù. ^^Fide lacob, móriens, sìn- ed Esaù intorno cose future. ''^Per la fede
gulos flliórum loseph benedixit et adoràvìt : Giacobbe, morendo, benedisse ciascuno dei

" Gen. XXII, 1; EccH. XLIV, 21. " Gen. XXI, 12; Rom. IX, 7. (20 Gen. XXVII, 27, 36.
*i Gen. XLVIII, 15 et XLVII, 31.

14-16. S. Paolo commenta le parole di questi Cris., Teodoreto, Teofilat., S. Tom., Alap., Estio,
patriarchi. Quelli che parlano così, ossia confes- Calmet, e quasi tutti i moderni.
sano di essere stranieri, ecc, mostrano chiaro
20. Isacco benedisse, ecc. Non si tratta di una
che si considerano come in terra di esigilo, e che
anelano e vanno in cerca della loro patria. Que- benedizione ordinaria, ma di una benedizione
ispirata dalla fede. Riguardando le cose future,
sta patria non può essere certamente la Caldea,
da cui erano partiti, poiché sarebbe loro stato predicendo cioè e promettendo beni futuri (Cf.
facile il tornarvi se voluto, ma è la
avessero Gen. XXVII, 27) con ferma fiducia che Dio li
patria celeste, ossia eredità del cielo.
l'eterna avrebbe dati. Se non avesse avuto viva fede in
Dio non lasciò di premiare una fede così viva, e Dio, come avrebbe potuto promettere tanti beni
ei mostrò tanto condtecendente verso I patriarchi, ai suoi figli, mentre confessava di essere in una
da chiamarsi il Dio di Abramo, il Dìo di Isacco, terra straniera? Isacco inoltre ratificò la benedi-
il Dìo di Giacobbe (Esod. HI, 6, 15-16; Matt. zione data a Giacobbe, appena conobbe che tale
XXII, 32; Lue. XX, 27), mostrando con ciò che era la volontà di Dio (Cf. Gen. XXVII, 33 Mal. ;

essi erano tuttora vivi davanti a lui, e che egli I, 2-3; Rom. IX, 13).
aveva loro preparato una patria, per abitazione.
21. Per la fede, Giacobbe, ecc. (Ved. Gen.
17-19. Fa ora vedere fede
(17-22), come la XLVIII, 15 e ss.). Illuminato da Dio, Giacobbe
abbia fatto accettare a questi patriarchi i più benedisse i due figli di Giuseppe, Efraim e Ma-
grandi sacrifizi. Accenna dapprima (17-19) a quello nasse, dando la preferenza ad Efraim, nonostante
compiuto da Abramo (Gen. XXII, 1 e ss.), che che Manasse fosse il primogenito, e promettendo
sì spesso è ricordato nelle Scritture (Sap. X, 15; loro un grande avvenire. Ora non potè far questo
Eccli. XLIV, 21 I Mac. II, 52). Dio volle ten-
; se non per la fede. Per la stessa fede inoltre
tare, ossia provare, la fede e l'ubbidienza di adorò la sommità del bastone di lui, ossia con
Abramo, e gli ordinò di immolare Isacco, che era spirito profetico vide prefigurata in Giuseppe,
colui nella discendenza del quale, secondo la pa- signore d'Egitto e salvatore dei suoi fratelli, la
rola di Dio, dovevano mantenersi le promesse. futura regia dignità di Cristo, e perciò rese omag-
Poteva quindi sembrare che vi fosse una contrad- gio allo scettro di lui come a simbolo del futuro
dizione tra il comando e la promessa di Dio. regno di Gesù Cristo. Il testo greco potrebbe però

Isacco viene detto unigenito, perchè solo a lui e tradursi diversamente, e adorò (Dio), poggiandosi
non già ad Ismaele era stata fatta la promessa, sull'estremità del suo bastone. L'Apostolo infatti
e perchè egli solo era nato da donna libera, e in si riferisce a quanto si narra Gen. XLVII, 31,
virtìi di una promessa. In Isacco, ecc. (Ved. Gen. dove nel contesto ebraico seguito dalla nostra
XXI, 12. Cf. Rom. IX, 7). Pensando, ecc. Abramo Volgata si legge : Israele (Giacobbe) rivolto al
fu ubbidiente a Dio, e quanto alla disposizione capo del letto adorò Dio. I LXX invece lessero nel
dell'animo compì il sacrifizio impostogli, perchè testo ebraico matteh (bastone) invece di mittah
egli era persuaso intimamente che Dio poteva ri- (letto), e tradussero adorò (Dio) poggiandosi sul-
suscitare il figlio ucciso e mantenere in esso le l'estremità (capo) del suo bastone, jll pronome
promesse fatte. Onde ancora, vale a dire e per ovTotj, a seconda della diversità dello spirito,
merito di una fede co&ì eccellente. Abramo riebbe può tradursi con suo o di luì). L'Apostolo segue
il suo figlio salvo e come liberato dalla morte, e qui, come altrove, il testo dei LXX, il quale però
lo riebbe come una figura di Gesù Cristo, il quale sostanzialmente non differisce dal testo ebraico,
un giorno sarebbe stato sacrificato e poi sarebbe poiché nell'uno e nell'altro si afferma che Gia-
risuscitato da morte. Tale è la spiegazione che cobbe si mise ad adorare Dio nella posizione che
danno di queste parole dell'Apostolo, S. Giov. gli permetteva la sua età molto avanzata.
Ebrei, XI, 22-30 493

fastìgium virgae eìus. ^^Fide loseph, mó- figliuoli diGiuseppe e adorò la sommità del
riens, de profectióne fìliórum Israel memo- bastone di lui. *^Per la fede Giuseppe, mo-
ràtus est et de óssibus suis mandàvit.
: rendo, rammemorò l'uscita dei figliuoli d'I-
sraele (dall'Egitto), e dispose delle sue ossa.
^^Fide Móyses, natus, occultàtus est mén- ^^Per la fede Mosè, nato che fu, per tre
sìbus tribus a paréntibus suis, eo quod vì- mesi fu nascosto dai suoi genitori, perchè
dissent elegàntem infàntem, et non timué- avevano veduto che era un bel bambino, e
runt regis edictum. ^''Fide Móyses grandis non ebbero paura dell'editto del re. "''Per
factus negàvit se esse filium filiae Pha- la fede Mosè fatto grande negò di essere fi-
raónis, ^^Magis éligens afflìgi cum pópulo gliuolo della figlia di Faraone, ^^eleggendo
Dei, quam temporàlis peccati habére iucun- piuttosto di essere afflitto insieme col po-
ditàtem, ^"Maióres divitias aéstimans the- polo dì Dio, che godere per un tempo nel
sàuro Aegyptiórum, impropèri um Christi : peccato, ^"giudicando maggior tesoro l'ob-
aspiciébat enìm in remuneratiónem. ^^Fide brobrio di Cristo che le ricchezze dell'E-
reliquit Aegyptum, non véritus animosi tàtem gitto : poiché mirava alla ricompensa. ^Ter
regis invisibilem enim tamqijam videns
: la fede lasciò l'Egitto, senza paura dello
sustinuit. sdegno del re poiché restò fermo come se
:

vedesse colui, che è invisibile.


'^^Fide celebràvit pascha, et sànguinìs ef- ^Ter la fede celebrò la Pasqua, e fece
fusiónem : ne qui vastàbat primitiva, tàn- l'aspersione del sangue affinchè l'uccisore :

geret eos. ^'Fide transiérunt Mare rubrum dei primogeniti non toccasse gl'Israeliti.
tamquam per àridam terram quod expérti : ^®Per la fede passarono il Mar Rosso, come
Aegyptii, devoràti sunt. ^"Fide muri léricho per terra asciutta al che provatisi gli Egi-
:

corruérunt, circùitu diérum septem. ^^Fide ziani, furono ingoiati. ^°Per la fede caddero

23 Gen. L, 23. 23 Ex. II, 2 et I 17. 24 Ex. II, 11. 28 Ex. XII, 21. 29 g^. XIV, 22.
" jos. VI, 20. " Jos. II, 3.

22. Anche Giuseppe mostròla sua fede in espressione, ma per consolare coll'esempio di'
Dio, ricordando prima dimorire (Gen. L, 24) Mosè Ebrei, esposti ogni giorno alle persecu-
gli
che gli Israeliti sarebbero un giorno usciti dal- zioni per il nome di Gesìi Cristo. La ricompensa,
l'Egitto ed entrati nella terra di Canaan. Dispose non è tanto la possessione della terra di Canaan,
delle sue ossa. Fu sì grande la sua fede, che or- quanto piuttosto la salute promessa in Gesù Cri-
dinò agli Israeliti di trasportare con loro le sue sto (Cf. X, 35; XI, 14-16).
ossa, quando sarebbero usciti dall'Egitto. Il suo 27. Lasciò l'Egitto. La maggior parte degli
comando fu eseguito (Esod. XIII, 19; Gios. interpreti Alap..., Bisping, Drach, Van
(Estio,
XXIV, 32). Steenk., Padovani, ecc.), ritiene che qui
Curci,
si parli non della fuga di Mosè nel paese di
23. L'Apostolo .passa ^ora a «parlare (23-28)
della fede di Mosè, cominciando da quella dei Madian (Ved. Esod. II, 14 e ss.; Atti, VII, 25
suoi genitori. Questi, eccitati dalla rara bellezza e ss.), come pensano S. Giov. Cris..., Beelen, ecc.,
del bambino, ebbero fede in Dio, e nonostante ma della sua uscita dall'Egitto assieme a tutto il
l'editto di Faraone, lo nascosero e studiarono il
popolo d'Israele (Ved. Esod. XII, 37 e ss.). Lo
modo di salvarlo da morte, riuscendo nel loro sdegno del re, il quale si pentì ben presto di aver
intento (Ved. Esod. II, 1 e ss.). Può essere che lasciato partire gli Israeliti. Col vedere, ecc. Aveva

S. Paolo alluda alla tradizione giudaica (Gius. FI., tanta fede in Dio, ed era così sicuro dell'aiuto
A. G., II, 5), secondo cui Dio avrebbe rivelato divino, come se avesse veduto coi proprii occhi
ad Amram, padre di Mosè, gli alti destini del fan- ad aiutarlo Dio, che è invisibile agli occhi del
ciullo, che gli era nato. L'editto del re (Ved. corpo.
Esod. II, 22). 28. Fece la Pasqua, come è narrato Esod. XII,
e ss. Fece l'aspersione del sangue dell'agnello
1
24-26. Per la fede alle promesse fatte da Dio
pasquale sulla porta delle case. L'uccisore, ossia
ai suoi padri, Mosè fatto grande non tenne conto
l'angelo sterminatore dei primogeniti Egiziani.
dell'onore fattogli dalla figlia di Faraone, che lo
Così facendo Mosè mostrò di credere fermamente
aveva adottato in figlio, e preferì di vivere nel-
alla parola di Dio, che tali cose aveva annunziate.
l'abbiezione e nei travagli, piuttosto che stare
presso Faraone, e rinnegare Dio e il suo popolo 29. Nei vv. 29-31, l'Apostolo accenna alla fede
{Cf. Atti, VII, 20). Giudicando, ecc. Motivo che di tutto il popolo d'Israele. Passarono il Mar

guidò Mosè nell'operare in tal maniera. Egli giu- Rosso (Ved. Esod. XIV, 13-18, 22 e ss.). Quanta
dicò maggior tesoro l'obbrobrio di Cristo. San fosse la fede di tutto il popolo sì può vedere
Paolo chiama obbrobrio di Cristo gli oltraggi e le nel cantico di ringraziamento a Dio" cantato dopo
la traversata del detto mare (Esod. XV, 1 e ss.).
persecuzioni sostenute dal nostro Salvatore per la
redenzione del mondo (Rom. XV, 3). Ora tutti Furono ingoiati dalle acque.
coloro che nell'antichità furono, come Mosè, figure 30. Caddero mura
di Gerico come è narrato
le
e tipi di Gesù Cristo, ebbero a soffrire persecu- Gios. VI, popolo credette a Dio, be.i-
1 e ss. Il

zioni di ogni sorta, sìa dai loro connazionali, e sia chè non sembrasse esservi proporzione tra la
dagli estranci, e quindi vennero a partecipare al- caduta delle mura e i varii giri compiuti attorno
l'obbrobrio di Oisto. Né S. Paolo usò a caso tale ad esse.

\
494 Ebrei, XI 31-37

Rahab méretrix non périit cum incrédulis, le mura di Gerico, fattone il giro per sette
excipiens exploratóres cum pace. giorni. ^^Per la fede Rahab meretrice non
perì con gli increduli, avendo amorevol-
mente accolti gli esploratori.
'-Et quid adhuc dicam? Deficiet enim me ^-E che dirò io ancora? Poiché mi man-
tempus enarràntem de Gédeon, Barac, Sam- cherà il tempo a raccontare di Gedeone, di
son, lephte, David, Samuel, et Phophétis : Barac, di Sansone, di Jefte, di David, di
''^Qui per fìdem vicérunt regna, operati sunt Samuele e dei profeti ^^i quali per la fede
:

iustitiam, adèpti sunt repromissiónes, obtu- debellarono regni, operarono la giustizia,


ravérunt ora leónum, ^''Extinxérunt ìmpe- conseguirono le promesse, turarono le gole
tum ìgnis, effugérunt àciem glàdii, convalué- ai leoni, ^^estinsero la violenza del fuoco,
runt de infirmitàte, fortes facti sunt in bello, scamparono dal taglio della spada, guarirono
castra vertérunt exterórum ^^Accepérunt
: dalle malattie, diventarono forti in guerra,
mulieres de resurrectióne mórtuos suos : misero in fuga eserciti stranieri ^^le donne :

àlii autem disténti sunt non suscipiéntes re- riebbero risuscitati i loro morti. Altri poi fu-
demptiónem, ut meliórem invenirent resur- rono stirati, non accettando la liberazione per
rectiónem. ^^Alii vero ludibria, et vérbera ottenere una migliore risurrezione. ''^Altri
expérti, insuper et vincula, et càrceres : poi provarono scherni e battiture, e anche
^
""Lapidati sunt, secti sunt, tentati sunt, in catene e prigioni ^furono lapidati, furono
:

31. Rahab. Esempio di fede dato da^^una stra- come Sansone (Giud. XIV, 6), Davide (I Re, XVII,
niera al ipopolo d'Israele. Il fatto è narrato Gios. 34 e ss.), Daniele (Dan. VI, 17), ecc.
II, 1 e ss. (Cf. Matt. I, 5; Ciac. II, 25). Questa 34. Estinsero la violenza del fuoco, come i tre
donna, straniera e peccatrice, non solo salvò la compagni di Daniele nella fornace (Dan. Ili, 21
mandati a Gerico da Giosuè,
vita agli esploratori e ss.). Scamparono dal taglio della spada, come
ma credette fermamente, che il vero Dio era Davide (l Re, XVIII, 11), Elia (IH Re, XIX, 1
quello adorato dagli Israeliti, il quale aveva già e ss,), Eliseo (IV, Re, VI, 13 e ss,), ecc. Guari-
fatto tanti prodigi per loro. Gli increduli, sono gli rono dalle malattie, come Ezechia (IV Re, XX,
abitanti di Gerico, i quali non vollero riconoscere 1 e ss.). Diventarono forti (Giud. XVI, 28 e ss.;
il vero Dio, e ricusarono di prestar fede alla Is. XXXVIII, 1 e ss.). Misero in fuga, ecc. Così
narrazione delle meraviglie da lui compiute a fece Gedeone (Giud. Vili, 1 e ss.), Gionata (III
favor del suo popolo (Gios,, H,-10; IV, 5 e ss.). Re, XV, 1 e ss.), e i forti Maccabei, ecc. Le parole
Tutti costoro perirono, ad eccezione di Rahab e convaluerunt de infirmitàte, fortes facti sunt in
della sua famiglia. bello potrebbero, anche conforme al testo greco,
32. Nei vv. 32-38 parla succintamente della essere tradotte, di deboli che erano diventarono
fede mostrata dai grandi d'Israele dalla conquista forti, e venir applicate in modo speciale ai Mac-
della terra di Canaan sino al tempo dei Maccabei. cabei.
S. Paolo, accorgendosi che andrebbe troppo per 35. Le donne riebbero, ecc. Si allude alla ve-
le lunghe se volesse parlare in particolare della dova Sarepta (III Re, XVIII, 17) e alla Suna-
di
fede di tutti, riassume in poche parole i tratti mitide (IV Re, IV, 17), le quali, per la loro fede
che ebbero comuni parecchi personaggi dell'an- e per quella dei profeti Elia ed Eliseo, ebbero i
tichità. Gedeone, Barac, Sansone, lefte, quattro loro figli risuscitati da morte. S, Paolo passa ora
Giudici, che qui non sono però nominati secondo ad accennare ai varii tormenti sofferti da parecchi
l'ordine cronologico, poiché Barac fu prima di Ebrei per la difesa della loro fede. Altri furono
Gedeone, e lefte prima di Sansone (Cf. Giudici, stirati, o meglio, torturati. Il verbo greco ènjfiwavto-
IV-XVI), Davide, dalla cui stirpe doveva nascere eT\oav, che letteralmente
significa battere il tim-
n Messia, fondò la dinastia dei re del popolo pano, indica qui supplizio della ruota (Ved. Zo-
il
Ebreo. Samuele fu assieme Giudice, profeta e rell., Lex Grac), a cui tra gli altri furono con-
consecratore dei re Saulle e Davide, e perciò viene dannati il vecchio Eleazzaro e i sette fratelli Mac-
posto tra Davide e i profeti.
cabei (Ved. II Mac. VI, 18 e ss.). Non accettando
33. Debellarono regni. Si allude alle vittorie l'occasione che loro offrivano i carnefici per sfug
riportate sui nemici d'Israele da Gedeone (Giud. gire alla morte (II Mac. VI, 21 ; VII, 27, ecc.).
VII, 1 e ss.), da Barac (Giud. IV, 1 e ss.), da Per ottenere col morire per la fede una risurre-
Sansone (Giud. XIV-XV), da lefte (Giud. XI, 1 zione ad una vita assai migliore della presente.
e ss.), da Davide (II Re, IV-X). Operarono la Apostatando dalla fede avrebbero potuto aver
diedero esempi di giustizia (Cf. I
giustizia, ossìa qualche anno di più nella vita presente, ma essi
Re, XII, 3-5; Re,VII, 15; I Par. XVIII, 14, ecc.),
II preferirono la vita futura e morendo mostrarono
adempiendo fedelmente ai loro doveri di capi del la loro fede nella risurrezione (II Mac. VI, 26;
popolo. Ciò non esclude che alcuni di questi per- VII, 9-14, ecc.).
sonaggi, abbiano anche commesse talvolta azioni
36. Provarono schemi e battiture (Cf. II Mac.
peccaminose. Conseguirono le promesse, ossia
VII, 7 e ss.), catene e prigioni (Cf. Ili, Re, XXII,
ottennero quei beni loro promessi da Dio. Così
27; Gerera. XXXVII, 1 e ss.; 1 Mac. XIII,
Davide arrivò al regno. Sansone fu il terrore dei
12, ecc.).
Filistei, gli altri ottennero grandi vittorie. Se-
condo altri, conseguirono, ossia furono fatti degni 37. Lapidati, come Naboth (III Re, XXI, 13),
di ricevere da Dio varie promesse per l'avve- Zaccaria (II Par. XXIV, 20-22. Cf. Matt. XXIII,
nire (II Re VII, 8-16, ecc.). Ciò conviene in modo 35), e anche Geremia, secondo la tradizione degli
speciale ai profeti. Turarono le gole dei leoni. Ebrei, riferita da Tertulliano {Scorp., Vili) e d»
Ebrei, XI, 38 — XII, 1 495

occisióne glàdii mórtui sunt, circuiérunt in segati, furono tentati, perirono sotto la spa-
melótis, in péllibus caprinis, egéntes, angus- da, andarono raminghi, coperti di pelli di
tiati, afflicti : ^^Quìbus dignus non erat pecora e capra, mendichi, angustiati, af-
di
mundus : in solitudinìbus erràntes, in món- flitti :dei quali il mondo non era
^^essi,
tibus, et speluncis, et in cavérnis terrae. degno : errando pei deserti e per le mon-
^^Et hi omnes testimònio fìdei probàti, non tagne e nelle spelonche e caverne della terra.
accepérunt repromissiónem, ^°Deo prò nobis ^^E tutti questi lodati colla testimonianza ren-
mélius àliquid providénte, ut non sine nobis duta alla loro fede, non conseguirono la pro-
consummaréntur. messa, ^"avendo Dio disposto qualche cosa
di meglio per noi, affinchè non fossero per-
fezionati senza noi.

CAPO XII.

^Motivi di perseveranza. L'esempio di Gesti Cristo, 1-4. — Le tribolazioni testi"


monianza dell'amore paterno di Dio, S-13. — Praticare le diverse virti*.

cristiaiie, 14-2 g.

^Ideóque et nos tantam habéntes impósi- ^Perciò anche noi avendo d'ogni parte
tam nubem téstium, deponéntes omne pon- sì gran nuvolo di testimoni, deposto ogni
dus, et circùmscans nos peccàtum, per pa- carico e il peccato che ci sta d'intorno, cor-

1 Rom. VI, 4 ; Eph. IV, 22 ; Col. Ili, 8 ; I Petr. II, 1 et IV, 2.

S. Gerolamo {Adv. lovin., lib. II, e. XXXVII). loro demeriti, ma perchè Dio, negli arcani di-
Cf. Matt. XXIII, 37. Segati per mezzo, come fu segni della sua provvidenza, aveva disposto qual-
Isaia, secondo la tradizione ebraica, riferita da che cosa di meglio per noi cristiani, che cioè essi
S. Gerolamo (in Is., lib. XV in fine). Cf. II Re, non giungessero alla perfezione senza, ossia prima
XII, 31; I Par. XX, 3, ecc. Furono tentati, come di noi. Dio aveva stabilito, che niuno entrasse
p. es. Giobbe, Queste parole mancano però in al- nel cielo prima di Gesù Cristo, e quindi gli an-
cuni codici, e diversi commentatori pensano che in- tichi patriarchi non poterono giungere alla beati-
vece di èntipàaQr\(sav =
furono tentati, si debba tudine se non assieme con noi, che, per una
leggere em\o0i\cav = furono bruciati, come p. es. speciale provvidenza, siamo nati In un tempo, in
i fratelli Maccabei, ma si tratta di una semplice cui le porte del cielo sono aperte. Questa spie-
congettura, che non ha in suo favore alcun codice. gazione è buona, tuttavia ci sembra preferibile
Perirono di spada (Cf. Ili Re, XIX, 10; Gerem. l'interpretazione di S. Giov. Cris., Sant'Agostino,
XXVI, 23; II Mac. V, 13). Andarono raminghi, ecc., S. Tommaso, ecc., i quali pensano, che l'Apostolo
come p. es. il profeta Elia (III Re, XIX, 13-19. parli qui della risurrezione finale, dopo la quale
Cf. Zac. XIII, 4). Coperti di pelli di pecora, ecc. anche il corpo sarà chiamato a partecipare alla
Il greco finXoTTi significa un genere di vestimento beatitudine dell'anima. Dio ha disposto che i
rozzo e grossolano, formato di pelli di pecora o santi dell'Antico Testamento non ottengano se non
di capra, che si soleva portare nei viaggi, e ve- assieme con noi la intera e perfetta beatitudine,
niva usato dagli antichi profeti (III Re, XIX, 13, che consiste nella glorificazione non solo del-
19; IV Re, II, 8, ecc.), costretti talvolta a fug- l'anima, ma ancora del corpo, la quale avrà luogo
gire di qua e di là a motivo della persecuzione. per tutti alla fine dei tempi.
Mendichi, cioè spogli di tutto, ecc.
mondo non era degno, ecc. Furono co-
38. 7/
stretti ad andare raminghi, non perchè indegni CAPO XII.
del consorzio degli uomini, ma perchè gli uomini
erano indegni di loro, essendo essi modelli su- 1. Nei vv. 1-13, S. Paolo, facendo l'applicazione
blimi di santità. Errando, ecc., perseguitati, cioè riportati nel capitolo precedente, esorta
dei fatti
dai loro stessi connazionali, ecc (Cf. III Re, XVIII, Ebrei a mantenersi fermi in mezzo alle tri-
gli
4, 13; XIX, 3 e ss.; I Mac. II, 27 e ss.). bolazioni, ad esempio dei Patriarchi (1) e di Gesù
39-40. Conclusione generale. Tutti questi per- Cristo (2-4), persuasi che le varie prove sono una
sonaggi, di cui si è parlato, lodati da Dio a testimonianza dell'amore paterno di Dio (5-13).
motivo della loro fede (Cf. v. 2), non conseguirono Avendo da ogni parie, ecc. Con una bella me-
'a promessa, ossia non entrarono subito al pos- tafora, tratta dai giuochi pubblici, S, Paolo sup-
sesso dell'eredità del cielo loro promessa (per pone di essere cogli Ebrei nell'arena di un
opposizione ai beni terreni, v. 33), ma dovettero anfiteatro, sul punto di correre per conseguire il
aspettare nel Limbo che Gesù Cristo inaugurasse premio. Tutt'attorno egli vede una moltitudine
colla sua morte di croce la nuova alleanza (VII, immensa (un nuvolo) di testimonii, i quali colla
22: VIII 6), e dovettero aspettare non già per i voce, coi gesti e mostrando le palme da loro
495 Ebrei, XII, 2-6

tìéntiam curràmus ad propósitum nobìs cer- riamo con pazienza nella carriera che ci è
tàmen ^Aspicìéntes in Auctórem fidei, et
: proposta ^mirando all'autore e consuma-
:

consummatórem lesum, qui proposito^ sibi tore della fede, Gesù, il quale propostosi il
gàudio sustinuit crucem, confusióne ^con- gaudio sostenne la croce, non facendo caso
templa, atque in déxtera sedis Dei sedet. dell'ignominia, e siede alla destra del trono
^Recogitàte enim eum, qui talem sustinuit a di Dio. ^Ripensate infatti a colui che so-
peccatóribus advérsum semetipsum contra- stenne tale contraddizione contro di sé dai
dictiónem ut ne fatigémini, ànimis vestris
: peccatori affinchè non vi
: stanchiate, per-
deficiéntes. dendovi d'animo.
^Nondum enim usque ad sànguìnem resti- ^Poiché non avete per anco resistito fino
tistis,advérsus peccàtum repugnàntes "Et : al sangue, combattendo contro il peccato :

obliti estis consolatiónis, quae vobis tam- *E vi siete scordati dì quella esortazione,
quam filiis lóquitur dicens Fili mi, noli : che vi parla come a figliuoli, dicendo Fi- :

negligere disciplinam Domini neque fati- : gliuol mio, non trascurare la disciplina del
géris, dum ab eo argùeris. *Quem enim Signore e non ti perder d'animo quando da
diligit Dóminus, castigai : flagéllat autem lui sei ripreso. ^Perocché il Signore ca-
omnem filium, quem récipit. stiga quelli che ama e usa la sferza con
:

ogni figliuolo, che riconosce per suo.


,

« Prov. Ili, 11; Apoc. Ili, 19.

conseguite, li animano alla corsa. Questi testi- morte di la sua umana


croce affine di meritare per
monii non sono altro che santi, di cui si è par-
i natura gaudio della gloria del cielo (Filipp. II,
il

lato nei versetti precedenti. Trovandoci quindi in 8-11). Il testo greco però è alquanto differente:
talicircostanze, dice l'Apostolo, anche noi ad il quale invece del gaudio propostogli sostenne
esempio dei nostri padri deponiamo ogni carico. la croce. Si ha allora questo senso Gesù Cristo,
:

Come gli atleti, prima di scendere in campo, de- mentre avrebbe potuto scegliere una vita comoda
ponevano ogni veste superflua, affine di essere più e tranquilla, volle invece patire e morire. Alcuni
leggieri e avere maggior libertà di movimenti, suppongono che nella Volgata si dovesse leggere
così noi cristiani dobbiamo deporre tutto ciò che prò proposito sibi gaudio, ecc., ma tale supposi-
potrebbe ritardare la nostra corsa verso il cielo, zione non è necessaria, potendosi benissimo inter-
e specialmente il peccato, che ci sta d'attorno. pretare il testo della Volgata, nel senso del testo
I! greco eùjtcpiotoTov, si dice di un vestito, che greco. Siede alla destra del trono di Dio. Ecco
avvolge tutta la persona. Non si accordano gli il premio che Gesù Cristo meritò per mezzo della

autori nel determinare che cosa si debba inten- croce. La sua umanità fu esaltata sopra tutte le
dere per peccato che ci avvolge. Alcuni pensano creature (Cf. I, 3, 13; VIII, 1; X, 12). Si osservi
che sì tratti della concupiscenza (Rom. VI, 12), la differenza di tempo nei verbi sostenne e siede.
altri invece del peccato propriamente detto, ed altri Le sofferenze di Gesù Cristo ebbero fine, la gloria
più probabilmente delle occasioni del peccato, le meritata non terminerà giammai.
quali se non siano fuggite impacciano l'uomo
3. Considerate attentamente quanto Gesù Cri-
nella sua corsa verso il cielo. Sciolti quindi da
sto ha sofferto. Sostenne tale, ossia così ignomi-
ogni peso, corriamo con pazienza perseverante
niosa, contraddizione. Quest'ultima parola denota
nella carriera, che ci è proposta, ossia scendiamo
tutti gli oltraggi e i dolori sofferti da Gesù Cristo
nello stadio, e ingaggiamo la lotta correndo per
nella sua passione (Cf. Lue. II, 34). Dai peccatori,
conquistare il premio promesso. Il testo greco va
cioè dai Giudei (Matt. XXVI, 45). Non vi stan-
tradotto corriamo con perseveranza la lotta pro-
chiate, ecc. Ritorna la metafora dei giuochi della
postaci. Anche altrove S. Paolo paragona la vita
corsa. Perdendovi d'animo. Lo scoraggiamento era
cristiana al giuoco della corsa (Cf. I Cor. IX, 24).
il igran pericolo, a cui si trovavano esposti gli
2. Per sostenerci in questa corsa, ed essere Ebrei, ai quali S. Paolo scriveva. La meditazione
sicuri di giungere alla meta, dobbiamo fissare gli della passione di Gesù Cristo è un mezzo effi-
occhi sopra Gesù Cristo, autore della fede, nel cacissimo per incuorare a tollerare con pazienza
senso che ce l'ha insegnata e ci dà la grazia per le avversità della vita.
credere. IJ greco dpXi|Yóv tradotto autore, significa
4. Poiché, manca nel greco. iVon avete, ecc.
piuttosto precursore o guida (Cf. II, 10). Gesù
Voi senza dubbio avete già molto sofferto (X, 32-
Cristo ci ha preceduti nel combattimento della
34) per la fede, ma non avete ancora patito fino
fede, non nel senso che in lui vi fosse la virtù
a dare il vostro sangue per Gesù Cristo, come Egli
della fede (questa è inoompossibile colla visione
lo ha dato per voi. Combattendo contro (greco
beatifica di cui Egli godette fin dal primo istante
àvraytovi^ó^ievox). Queste parole alludono al pu-
della sua concezione), ma in quanto ci ha dato
gilato. Il peccato è rappresentato come un atleta
l'esempio più sublime di confidenza In Dio in
contro il quale il cristiano deve combattere. Col
mezzo alle più grandi tribolazioni. Egli è ancora
consumatore, ossia colui che dà l'ultimo com-
nome di peccato, si intende qui principalmente
il
la negazione di Gesù Cristo (Ved. Sant'Agostino,
pimento alla nostra fede in quanto cioè non solo
Serm. 318, n. 2).
la rafforza colla sua grazia, ma la conduce alla
sua ultima perfezione, facendo sì che per mezzo 5-6. L'amore paterno che Dio ci mostra nel
di essa noi giungiamo alUeterna felicità, che con-^ mandarci tribolazioni (5-13). Vi siete scordati, ecc.
siste nella visione di Dio (X, 35). Il quale pro- Alcuni (Van Steenk., AUioli, Padovani, ecc.), pon-
postosi il gaudio^ ecc. Gesù Cristo sostenne la gono tutto il periodo sotto forma Interrogativa, mt
Ebrei, XII, 7-11 497

'In disciplina perseverate. Tamquam filiis ^Siate perseveranti sotto la disciplina. Dio
vobis offert se Deus quìs enìm filius, quem
: sidiporta con voi come con figliuoli qual :

non córrìpit pater? ^Quod si extra discipli- è infatti il figliuolo che il padre non cor-
nam estis, cuius participes facti sunt oih- regga? *Che se siete fuori della disciplina,
nes : ergo adùlteri, et non filli estls. alla hanno parte voi siete dun-
quale tutti :

que e non figliuoli.


illegittimi,
^Deinde patres quidem carnis nostrae eru- ®Di più abbiamo avuto per precettori i
ditóres habùimus, et reverebàmur eos non : nostri padri secondo la carne, e li abbiamo
multo magis obtemperàbimus Patri spiri- rispettati e non saremo molto più ubbi-
:

tuum et vivémus? ^°Et illi quidem in tèm- dienti padre degli spìriti per avere la
al
pore paucórum diérum, secùndum voluntà- vita? ^"Poiché quelli per il tempo di pochi
tem suam erudiébant nos hic autem ad id, : giorni, secondo che loro pareva, ci facevano
quod ùtile est in recipìéndo sanctiflcatiónem i pedagoghi ma questi (lo fa) in quello
:

eius. che giova a divenire partecipi della sua


santità.
"Omnis autem disciplina in praesénti "Ora qualunque disciplina sembra pel
quidem vidétur non esse gàudii,sed moe- presente apportatrice non di gaudio, ma di
róris : póstea autem fructum pacatissimum tristezza : dopo però, rende un tranquillo

la lezione della Volgata è ottima, e non vi è ra- guardo al padre terreno. « Sentenza terribile per
gione per lasciarla. L'esortazione. Tale è il senso tutti coloro, i quali si immaginano che una vita
del greco «apaxXfiaeo)^. Che vi parla, elissi equi- di piacere, di mollezza e di bel tempo possa star
valente a per la quale Dio vi parla, ecc. Come col Vangelo e con la professione di cristiano »
a figliuoli, a cui desidera il maggior bene. Dicendo. Martini.
La citazione è tolta dai Prov. Ili, 11-12, secondo 9-10. Aggiunge un'altra considerazione, para-
i LXX, ma con qualche lieve modificazione. Si gonando assieme castighi inflitti da Dio e i ca-
i
osservi come l'Apostolo metta direttamente sulla stighi inflitti dai genitori carnali. Abbiamo avuti
bocca di Dio le parole dell'autore ispirato, mo- per precettori, ossia educatori per mezzo dei ca-
strando con ciò che Dio è veramente l'autore stighi, i padri nostri, ecc. Le parole secondo la
della Scrittura, La disciplina. Il greco xatòeio« carne, in opposizione a padre degli spiriti, lasciano
significa l'educazione morale, ma congiunta col subito comprendere, che ben più stretti sono i
castigo. L'Apostolo vuol dire : Non stimare cosa doveri e le relazioni che abbiamo con Dio, di
da poco le afflizioni che Dio ti manda, anzi sop- quelli che abbiamo coi genitori carnali. Li ab-
portale volontieri, poiché sono ordinate al tuo biamo rispettati e amati, anche quando ci casti-
maggior bene. Il Signore castiga... usa la sferza, gavano, e perchè dunque non ameremo Dio e
ecc., vale a dire, le tribolazioni sono mezzi, di gliubbidiremo quando Egli ci manda tribolazioni?
cui Dio si serve per purificarti e spingerti avanti Padre degli spiriti, cioè creatore della nostra
nella via della perfezione, e quindi sono una anima e di tutti gli spiriti. Per aver la vita. Ecco
prova dell'amore di Dio. Dice bene Sant'Agostino il risultato dell'umile nostra soggezione a
felice
{Serm. 46, n. 11) «Se non sei flagellato da Dio
:
Dio otterremo la vita della grazia nel tempo
:

non sei figlio di Dio». Non però tutti quelli che presente, e la vita della gloria per il tempo futuro.
sono flagellati, sono figliuoli di Dio. Nel testo Poiché quelli, ecc. L'Apostolo continua a svilup-
ebraico si legge Il Signore castiga colui che ama,
:
pare lo stesso pensiero. Quelli, cioè i genitori
e si compiace in esso come un padre nel suo figlio.
carnali, ci facevano i pedagoghi, ossia ci correg-
7. Siate perseveranti sotto la disciplina, ossia gevano, e la loro correzione sì riferiva alla breve
non sottraetevi agli insegnamenti che Dio vuole vita presente (per il tempo di pochi giorni), e
darvi per mezzo delle tribolazioni, anzi perseve- procedeva dalla loro volontà (secondo che loro
rate in essi, sopportando tutto con ogni pazienza. pareva), la quale poteva talvolta andar soggetta
Il greco potrebbe anche tradursi col tempo pre- ad inganno. Al contrario Dio (questi) ci corregge
sente, e in modo un po' diverso. E per (vostra)
e ci castiga sempre per il nostro maggiore van-
educazione o istruzione che voi soffrite con pa-
taggio, vale a dire per farci diventare partecipi
zienza. Anche il testo della Volgata può tradursi
della sua santità (II Piet. I, 4).
in questo senso. La lezione tlq :rat6eiav vno\ié-
VETE seguita dalla Volgata è pure quella dei mi- 11. Ogni disciplina, ossia ogni educazione per
gliori codici : nel greco ordinario però e in alcuni mezzo della correzione e del castigo, è penosa, o
pochi codici di non grande valore si ha eì 3toi- almeno sembra tale, per il tempo presente, poiché
òeiav vTiofiévext = se perseverate nella disciplina. il castigo è una medicina amara che dispiace alla
Motivo per cui devono perseverare nel sopportare natura, ma più tardi, quando sia ottenuto lo scopo
le tribolazioni. Dio si diporta con voi come con a cui è ordinata, rende (nel greco vi è il presente

figliuoli. Qual è il figlio, ecc. Il padre castiga il e non futuro come nella Volgata), frutto tran-
il

figlio, e la correzione e il castigo costituiscono una quillo (meglio pacifico, conforme al greco eipn.
legge fondamentale dell'educazione umana. nxóv) di giustizia, ossia produce un accresci-
Se dunque Dio castiga coloro che riguarda
8. mento di giustizia e di santità, il quale è accom-
come suoi figli, ne segue che se voi foste esenti pagnato da una soave pace interiore (Giac. I,
da ogni tribolazione, si dovrebbe conchiudere che 2 e ss.). Esercitati. Il greco '(E'{vnvaa^^éYol(; allude
non siete figli di Dio, oppure siete di quei tali, agli esercizi degli atleti. Come quindi l'atleta di-
che Dio non cura, come sono i figli spurii per ri- venta più forte quanto più combatte, così ancora

32 — Sacra Bibbia, voi. II.


498 Ebrei, XII, 12-18

exercitàtis per eam, reddet iustitìae. "Prop- frutto di giustizia a coloroche in essa sono
ter quod remissas manus, génua,
et soluta stati esercitati.^^Perciò rinfrancate le mani
erigite, ^^Et gressus rectos fàcite pédibus languide e le ginocchia vacillanti, ^^e fate
vestris : ut non clàudìcans quis erret, magìs diritti sentieri coi vostri piedi affinchè :

autem sanétur. colui che zoppica non esca di strada, ma


piuttosto sia risanato.
^^Pacem sequìmini cum òmnibus, et san- "Cercate la pace con tutti e la santità,
ctimóniam, sine qua nemo vidébit Deum : senza di cui nessuno vedrà Dio ^^ponendo :

"Contemplàntes ne quis desit gràtiae Dei : mente che nessuno manchi alla grazia di
ne qua radix amaritùdinis sursum gérminans Dio :che nessuna amara radice spuntando
impédiat, et per illam inquinéntur multi. fuori, rechi danno, e per essa molti restino
^*Ne quis fornicàtor, aut profànus ut Esaù : infetti. ^^Che non (vi sia) alcun fornicatore
qui propter unam escam véndidit primitiva profano, come Esaù, il quale per una
^
sua 'Sci tote enim quóniam et póstea cù-
: pietanza vendè la sua primogenitura ^'sa- :

piens hereditàre benedictiónem, reprobàtus pete infatti come anche poi dopo bramando
est non enim invénit poeniténtiae locum,
: di essere erede della benedizione, fu riget-
quamquam cum làcrymis inquisisset eam. tato poiché non trovò luogo a penitenza,
:

quantunque con lacrime la ricercasse.


"Non enim accessistis ad tractàbilem "Poiché non vi siete appressati al monte

1* i' Gen. XXVII, 38. i»


Rom. XII, 18. 16 Gen. XXV, 33. Ex. XIX, 12 et XX, 21.

il cristiano, per l'esercizio della pazienza, diventa zione^ (Cf. I Cor. V, 6). Rechi danno. Il greco
sempre più fortee insuperabile. èvoXXq significa eccitare le turbe, e quindi turbare
la pace.
12. Dopo aver parlato a lungo della costanza
nella fede, S. Paolo conchiude ora con una esor- 16. Fornicatore, ossia impudico, o profano (il
tazione agli Ebrei a scuotersi dal torpore, in cui greco pépiiXo? significa che fa poco conto delle
alcuni erano caduti, e a riprendere forza e co- cose sacre) come Esaù. Questi, infatti mostrò di
raggio in mezzo alle tribolazioni. Mani languide, far ben poco conto della primogenitura e delle
ginocchia vaciUanti sono immagini tratte dagli speciali benedizioni, che le andavano congiunte,
atleti (Cf. anche Isaia, XXXV, 3 ; Eccli. XXV, 23) ; poiché rinunziò a tutte queste cose per una vile
e destinate a rappresentare quella mancanza di e momentanea soddisfazione (Gen. XXV, 30-34 ;

energia e di rigore nel confessare la fede, che XXVII, 1 e ss.). I cristiani verrebbero a mostrarsi
veniva a costituire un pericolo di apostasia. profani, quando per non perdere un bene tempo-
vostri piedi, ossia rale, rinunziassero alla fede, e all'eterna eredità.
13. Fatti diritti sentieri coi
camminate senza deviare dal retto sentiero
diritto 17. Pone sott'occhio ai suoi lettori le irrepara-
(Cf. Prov. IV, 26), vale a dire perseverate nella : bili conseguenze prodotte dall'atto inconsulto di
professione della fede, affinchè se tra voi vi è Esaù. Fu rigettato dal padre, il quale, benché
qualcuno, che già zoppica, ossia vacilla nella fede, si fosse poi accorto del suo errore, non si pentì,
non la perda interamente uscendo dalla retta ma confermò la benedizione data a Giacobbe,
via, ma piuttosto sia risanato dalla sua debolezza, avendo conosciuto che tale era il volere di Dio
e pigli animo e coraggio alla vista dei vostri buoni (Cf. Gen. XXVII, 33 e ss.). Non trovò luogo a
esempi. penitenza, ossia non potè ottenere che Isacco si
14. S. Paolo passa ora (XII, 14-XIII, 17) a. pentisse e ritrattasse la benedizione data. Altri,

raccomandare la pratica di diverse virtù cristiane, p. es. S. Giov. Cris., riferiscono la parola peni-
cominciando coll'inculcare (XII, 14-29) la pace, tenza ad Esaù. Le sue lagrime non gli giovarono
la santità e la vigilanza, a motivo della grande
ad ottenere da Dio e dal padre il perdono del suo
superiorità della nuova alleanza sull'antica. peccato, perchè non si pentì come si conveniva, e
Cercate la pace con tutti, per quanto da voi pianse non il peccato commesso, ma unicamente
il danno avuto (Cf. S. Tommaso, h. I.).
dipende (Ved. n. Rom. XII, 18), e la santità (greco
&X\aa\xóy), ossia la santità in generale e la castità 18. Per dare maggior forza alle esortazioni pre-
o mondezza di cuore in particolare, senza di cui cedenti, S. Paolo passa ora a stabilire un paragone
nessuno vedrà Dio. Anche il Signore disse Beati :
tra l'antica e la nuova alleanza, mostrando la
i mondi di cuore, perchè essi vedranno Dio (Ved. superiorità di questa su quella (18-24), per con-
n. Matt. V, 8). chiudere poi, che molto più grave è quindi il
15. Ponendo
mente, ossia vegliando attenta- dovere che hanno i cristiani di essere fedeli (25-29).
mente èma-KonovYXtq) ,
(gr. gli uni sugli altri, Poiché, ecc. Voi dovete essere santi e tener
aflRnchè nessuno manchi, ossia venga meno o si lontano da voi ogni sentimento profano, poiché
sottragga alla grazia di Dio, per la quale è stato non appartenete più all'antica legge, la cui carat-
chiamato alla fede. Nessuna amara radice (lett. teristica era il timore, ma siete membri della
radice di amarezza). Si allude a Deut. XXIX, 18, nuova alleanza, la cui caratteristica l'amoreè
secondi i LXX. Col nome di radice amara, ossia (Cf. Rom. VIII, 15). Voi, o Ebrei cristiani, en-
di radice il cui frutto è l'amarezza, si deve inten- trando a far parte della nuova alleanza, non vi
dere la cattiva dottrina, oppure i cattivi dottori, i siete appressati a un monte palpabile, ossia terreno
quali e colle loro parole e coi loro cattivi esempi (per opposizione a celeste, v. 22), come era il
scandalizzano gli altri e li trascinano alla, perdi- monte Sinai, su cui fu data L'antica legge. Il fuoco
Ebrei, XII, 19-24 499

montem, et accensibilem ìgnem et tùrbi- palpabile e al fuoco ardente, e al turbine,


nem, et calìginem, et procéllam, "et tubae e alla caligine, e alla bufera, "e al suono
sonum, et vocem verbórum, quam qui audié- della tromba, e al rimbombo delle parole,
runt, excusavérunt se, ne eis fieret verbum. per cui quelli che l'udirono domandarono
*°Non enìm portàbant quod dicebàtur Et : che non fosse più loro parlato. ^"Poiché non
si béstia tetigerit montem, lapidàbìtur. ^^Et reggevano a quella intimazione Se anche :

ita terribile erat quod videbàtur. Móyses una bestia toccherà il monte, sarà lapidata.
dixit Extérritus sum, et tremebùndus.
: ^^E tanto era terribile quel che si vedeva,
che Mosè disse : Sono spaventato e tre-
mante.
^^Sed accessìstis ad Sion montem, et civi- ^^Ma vi siete appressati al monte di Sion
tàtem Dei vivéntis, lerùsalem caeléstem, et e alla città di Dio vivo, alla Gerusalemme
multórum millium Angelórum frequéntiam, celeste e alla moltitudine di molte migliaia
^^Et Ecclésiam prìmitivórum, qui conscripti di Angeli, ^'e alla Chiesa dei primogeniti,
sunt in caelis, et iùdicem omnium Deum, et i quali sono registrati nel cielo, e a Dio
spìritus iustórum perfectórum, ^^Et testa- giudice di tutti, e agli spirjti dei giusti per-
ménti novi mediatórem lesum, et sànguinìs fetti, ^'*e al mediatore della nuova alleanza
aspersiónem mélius loquéntem quam Abel. Gesìi, e all'aspersione dei quel sangue che
parla meglio che Abele.

Ex. XIX, 13.

ardente, turbine, ecc., alludono ai grandi pro-


il Alla greco «aviiYvpet significa
moltitudine. Il

digi in ai quali Dio diede la legge (Ved.


mezzo un'adunanza L'Apostolo passa a descri-
festiva.
Esod. XIX, 1 e ss.; XX, 1 e ss.; Deut. IV, 11, vere i cittadini della città dì Dio. Voi vi siete
12, ecc.). In alcuni codici manca la parola monte, appressati all'adunanza festiva di molte migliaia
e palpabile concorda con fuoco. (greco di miriadi) di angeli, coi quali avete comuni
la patria e la felicità. Gli angeli avevano assistito
19-21. Suono della tromba... rimbombo delle
all'inaugurazione dell'antica legge per incutere
parole (Ved. Esod. XIX, 16; XX, 18). Doman-
timore agli Ebrei (Deut. XXXII, 2 e ss.), ma il
darono, ecc. Gli Ebrei, atterriti al suono della
cristiano sarà associato agli angeli come ad amici
voce di Dio, e temendo di morirne di spavento,
pregarono Mosè che parlasse egli stesso e non e concittadini. Vi siete appressati alla Chiesa cioè
all'assemblea dei primogeniti, i nomi dei quali
parlasse più Dio (Esod. XX, 18-19; Deut. V, 22).
La ragione si è, che essi non reggevano a quel- sono registrati nel libro dei cittadini del cielo

l'intimazione, ossia sembrava loro molto severa


(Ved. n. Lue. X, 20; Rom. VIII, 6; Filip. IV,
Tintimazione se anche una bestia toccherà il
;
3). Non si accordano gli esegeti nel determinare

monte, sia lapidata (Ved. Esod. XIX, 12 e ss.). il significato della parola primogeniti. Alcuni in-

Se tanta severità si usava colle bestie, quanto non


fatti intendono gli angeli, altri i santi del cielo,
altri gli antichi gli Apostoli e i
patriarchi, altri
era più rigorosa ancora quella usata cogli uomini?
Il terrore era quindi la caratteristica dell'antica
primi cristiani, e altri finalmente tutti i cristiani
viventi su questa terra. Quest'ultima spiegazione
iegge.Né solo il popolo, ma anche Mosè era ri-
pieno di spavento alla vista di ciò che avveniva ci sembra più probabile. I cristiani vengono detti
sul Disse, ecc. Queste parole non si leg-
Sinai.
primogeniti di Dio o per rispetto agli altri uomini,
rimasti ancora nelle tenebre dell'incredulità, o
gono in alcun luogo della Scrittura, e probabil-
mente l'Apostolo le ha attinte alla tradizione giu- perchè chiamati a partecipare ai diritti dì primo-
genitura, che appartengono in proprio a nostro
daica (Cf. II Tim. III, 8). Alcuni però ritengono,
che possano essere dedotte da quanto disse Mosè Signore Gesù Cristo (Cf. Rom. Vili, 29). E a
nell'occasione del vitello d'oro (Deut. IX, 19). Dio giudice, ecc. Agli Ebrei fu proibito di acco-
starsi al monte, da cui Dio parlava, ma voi, per
Nel testo latino dopo videbàtur si richiederebbe
solo una virgola e non un punto fermo. mezzo della fede e dell'amore, vi siete appressati
a Dio stesso, a Dio giudice supremo, che premia
22-23. Viene ora a descrivere (22-24) la subli-
e castiga a seconda delle opere fatte, e che quindi
mità della nuova legge e la sua caratteristica, che
non mancherà di darvi la gloria suprema, se sa-
è l'amore. Per mezzo della fede, voi non vi siete
rete fedeli (Cf. Rom. V, 1, 2). Agli spiriti, ecc.
appressati al Sinai, monte di terrore, ma al monte
Vi siete cioè accostati a far parte della società
di Sion. Coi nomi di monte di Sion, città di Dio,
di quei giusti, sia del Vecchio che del Nuovo
Gerusalemme celeste, viene indicata la Chiesa Testamento, i quali già hanno raggiunta la per-
militante e trionfante, della quale erano figura e fezione, ossia la beatitudine celeste. Li chiama
il monte di Sion e la città di Gerusalemme, centri
spiriti, perchè il loro corpo non sarà glorificato
della teocrazia giudaica. La Chiesa viene detta
che dopo la finale risurrezione (Cf. I Piet. Ili, 19).
città di Dio vivente, non solo perchè è fondata da
'

Dio e dura in eterno, come il suo fondatore, ma 24. Vi siete finalmente appressati non a Mosè,
anche perchè Dio abita in modo speciale in essa. mediatore dell'antica alleanza (Cf. Ili, 1 e ss. ;
Viene poi detta celeste, perchè viene dal cielo, Vili, 6; IX, 15), ma al mediatore della nuova
conduce al cielo e nel cielo raggiunge la sua ul- alleanza. Gesù Cristo. E all'aspersione di quel
tima perfezione (Ved. n. Gal. IV, 26; Filipp. Ili, sangue (greco a quel sangue di aspersione), ecc.
20; Ebr. XI, 16). Qui si parla del sangue di Gesù Cristo, col quale

h
;00 Ebrei, XII, 25-29

^^Vidéte ne recusétis loquéntem. Si enìm "Badate di non rifiutare colui che parla.
illinon effugérunt, recusàntes eum, qui su- Se per aver rifiutato colui che loro
infatti
per terram loquebàtur multo magis nos,
: parlava sopra la terra quelli non ebbero
qui de caelis loquéntem nobis avértimus. scampo: molto pili noi, se volgiamo le
''"Cuius vox movit terram tunc nunc autem : spalle a lui che ci parla dal cielo. ^^La voce
repromittit, dicens Adhuc semel et ego
: : del quale allora scosse la terra e adesso fa :

movébo non solum terram sed et caelum. promessa, dicendo Ancora una volta e io
: :

*^Quod autem, Adhuc semel, dicit declàrat : sommoverò non solo la terra, ma anche il
mobilium translatiónem tamquam factórum, cielo. ^^Ora dacché egli dice : Ancora una
ut màneant ea, quae sunt immobilia. ^^Itaque volta : dichiara la traslazione delle cose
regnum immobile suscipiéntes, habémus instabili come fittizie, afiBnchè rimangano
gràtiam per quam serviàmus placéntes
: quelle che sono immobili. ^*Per la qual cosa
Deo, cum metu et reveréntia. ^®Etenim Deus attenendoci al regno immobile, abbiamo la
noster ignis consùmens est. grazia, per la quale serviamo a Dio in modo
a lui gradito con timore e riverenza. -^Im-
perocché il nostro Dio é un fuoco divo-
ratore.

" Agg. II, 7. " Deut. IV, 24.

è stata inaugurata la nuova alleanza,


e sigillata la terra, ma ancora il cielo, e produrrà effetti
e che ha mondarci dai peccati (Cf. IX,
la virtù di molto più meravigliosi.
14-24). Che parla, ecc. Si allude a Gen. IV, 10, 27. S. Paolo commenta il testo citato, mo-
dove è detto che il sangue di Abele gridava ven- strando che la nuova alleanza è perpetua, e ad
detta presso Dio (Cf. XI, 4). Al contrario il san- essa non deve succederne alcun'altra. I grandi
gue di Gesù Cristo grida pietà e misericordia, e avvenimenti del Sinai annunziavano, una grande
la sua voce, invece di atterrire, rinfranca e consola. rivoluzione spirituale, per la quale Dio dava la
25. Nei vv. 25-29, mostra il maggior dovere legge e sanciva un'alleanza col suo popolo. Questa
che hanno di essere fedeli i cristiani, membri alleanza però non aveva che un carattere tem-
della nuova alleanza. Badate di non rifiutare di poraneo, poiché Dio fece annunziare dal profeta
ascoltare colui che parla, come fecero gli Israeliti che si sarebbe compiuta una nuova e più pro-
<v. 19). Chi parla, come è chiaro nel greco, non fonda rivoluzione. Ancora una volta Egli avrebbe
è il sangue di Gesù Cristo, ma Dìo o Gesù Cristo. scosso non solo la terra ma anche i cieli. Ora,
Se per aver, ecc. Argomento a fortiori dedotto dal se Dio fece annunziare una nuova alleanza, vuol
modo con cui si sono diportati gli Ebrei, e dalla dire che la prima doveva essere abrogata, e poiché
punizione loro inflitta. Se gli Ebrei, per aver ricu- dopo la nuova non ne è annunziata un'altra, segue
sato di ascoltare la voce di colui, ossia dell'angelo, che la nuova durerà per sempre. Dacché dice:
che parlava (greco dava oracoli^ a nome di Dio ancora una volta; dichiara la traslazione, ossia
sopra la terra, cioè sul monte Sinai (Cf. Atti, VII, che dovranno scomparire le cose instabili, cioè
38; Ebr. II, 2), non poterono sfuggire alla divina gli ordinamenti del Sinai, come cose fattizie, ossia

vendetta, molto più noi saremo colpiti dalla giu- come cose create per un fine passeggiero che
stizia di Dio, se rifiutiamo di ascoltare la voce hanno fatto il loro tempo, e non hanno più ra-
di colui che parla dal cielo, ossia di Gesù Cristo, gione di essere, affinchè rimangano, cioè durino
il quale è venuto dal cielo per insegnarci la sua in perpetuo quelle che sono immobili, vale a dire

dottrina e dal cielo continua ancora ad ammae- gli ordinamenti cristiani.

strarci per mezzo dei suoi ministri. 28. Conclusione pratica generale. Poiché dun-
26. Altromotivo, dedotto dal carattere tempo- que Dio ha inaugurato un nuovo ordine di cose,
raneo dell'antica legge e dalla perpetuità della noi attenendoci, ossia essendo stati chiamati a
partecipare, al regno immobile, vale a dire alla
nuova. La voce di Gesù Cristo come Dio, che si
religione cristiana, detta immobile perchè desti-
fece sentire sul Sinai per mezzo di un angelo,
scosse allora la terra. L'inaugurazione della legge nata a durare eternamente, abbiamo (i migliori
codici greci hanno il soggiuntivo ÉXcofiEv e non
antica fu accompagnata da un forte terremoto
(Cf. Esod. XIX, 18; Giud. V, 4-5; Salm. LXVII,
il presente come nella Volgata), ossia teniamo
9). Ora questo stesso Dio, che si è mostrato così
ferma e custodiamo gelosamente la grazia della
fede, per la quale serviamo (nel greco Xarpeùoojaer
terribile sul Sinai, fa promessa (greco fece pro-
messa) per il tempo del Nuovo Testamento, di- = prestiamo il debito culto) a Dio in modo da
cendo per bocca del profeta Aggeo (li, 7), ecc. piacergli.Ora questo culto per piacere a Dio
La citazione è fatta sui LXX, ma non è letterale. deve essere accompagnato da timore e da rive-
Il profeta annunzia come non lontana la venuta renza.
del Messia, e afferma che il nuovo tempio, edifi- 29. Motiva la conclusione precedente. Il nostro
cato dopo la schiavitù di Babilonia, sarà ricol- Dio, come quello del Vecchio Testamento (Cf.
mato di gloria per la presenza di Gesù Cristo. Deut. IV, 24), è un fuoco divoratore, che con-
S. Paolo cita però solo la prima parte della pro- suma e distrugge tutti i suoi nemici, e punisce
fezia. Io sommoverò non solo, ecc. Questo nuovo severamente coloro che trasgrediscono la sua
sommovimento sarà più violento e universale di legge, e specialmente gli apostati dalla fede (Cf.
quello del Sinai, perchè comprenderà non- solo Deut. IX, 3; Is. XXIII, 14).
Ebrei, XIII, 1-7 501

CAPO XIII.

Si inculcmio altre virtù, 1-6. — / lettori devono rimaner fermi nella fede e stare
lo?ita?ii dagli antichi riti giudaici, 7-17. —
L'Ap. chiede preghiere, i8-ig, —
prega per i lettori, 20-21, — Ultime raccomandazioni, 22-25,

^Chàritas fraternitatìs màneat in vobis. ^Et *Si conservi tra voi la carità fraterna. 'E
hospitalitàtem nolìte obliviscì, per hànc enìm non dimenticate dell'ospitalità, poiché
vi
latuérunt quidam, Angelìs hospitio recéptis. per questa alcuni, senza saperlo, diedero
'Mementóte vinctórum, tamquam simul vin- ospizio agli Angeli. ^Ricordatevi dei car-
cti et laboràntium, tamquam et ipsi in cór-
: cerati, come carcerati insieme ad essi e :

pore moràntes. degli afflitti, come essendo voi pure nel


corpo.
*Honoràbile connùbium in òmnibus, et *{Sia) onorato in tutto il matrimonio, e il
thorus immaculàtus. Fornicatóres enim, et talamo senza macchia. Imperocché Dio giu-
adùlteros iudicàbit Deus. dicherà i fornicatori e gli adulteri.
''Sint mores sine avaritia, contènti prae- ''Siano i costumi alieni dall'avarizia, con-
séntibus : ipse enim dixìt : Non te déseram, tentatevi del presente : poiché egli ha detto :

neque derelinquam. "Ita ut confldénter di- Non ti lascierò, e non ti abbandonerò.


càmus Dóminus mihì adìùtor non timébo
: : ''Onde con fidanza diciamo Il Signore (è) :

quid fàcìat mihi homo. mio aiuto : non temerò quel che mi faccia
un uomo.
'Mementóte praepositórum vestrórum, qui ^Ricordatevi dei vostri prelati, che vi

« Rom. XII, 13; I Petr. IV, 9; Gen. XVIII, 3 et XIX, 2. Jos. I, 5. « Ps. CXVII, 6.

della mutua fedeltà. In tutto, ossia sotto ogni


CAPO XIII. rapporto, oppure, secondo altri, da tutti coloro
che lo hanno contratto. La pratica assai frequente
1. Nei vv. 1-17, si ha una serie di varie esor- del divorzio presso gli Ebrei, rendeva necessaria
tazioni. Comincia coU'inculcare (1-6) la pratica questa esortazione (Cf. Matt. XIX, 3 e ss.). Dio
della carità, e della castità, e la fuga dell'ava- giudicherà, ecc. (Ved. n. I Cor. VI, 9).
rizia e della troppa sollecitudine per le cose pre- 5. Siano, manca nel greco, ma serve bene e
senti. spiegare il senso. L'Apostolo raccomanda la fuga
Si conservi sempre e non venga meno la carità dell'avarizia e del troppo attacco alle cose di
fraterna.I cristiani sono fratelli tra loro, e quindi questo mondo. Contentatevi del presente, ossia
deve essere fraterno il loro vicendevole amore siate contenti di quel che avete e non deside-
(Rom. XII, 20; XIV, 10; I Cor. V, 12; I Tess. rate di accumulare tesori (Ved. n. Matt. VI, 34).
IV, 9). Nel greco mancano le parole tra voi, ma Egli Dio ha detto, ecc. Questa citazione è tratta
esse spiegano bene il senso dell'esortazione. probabilmente da Giosuè, I, 5, ma potrebbe anche
2. L'ospitalità, così necessaria a quei tempi essere tolta da qualche altro passo della Scrittura,
quando era tanto difficile il viaggiare (Ved. n. nel quale si hanno analoghe espressioni (Cf. p.
Rom. XII, 13; I Tim. Ili, 2; V, 10; Tit. I, 8, ecc.). es., Gen. XXVIII, 15; Deut. XXXI, 6; Par.
Per questa alcuni, ecc. Si allude a quel che av- XXVIII, 20, ecc.). Dio ha promesso di non ab-
venne ad Abramo e a Lot ed è narrato Gen. XVIII, bandonare suoi fedeli, e perciò questi devono
i

1-22; XIX, 1-2. aver fiducia in lui, e non preoccuparsi troppo delle
3. Raccomanda in modo speciale alla loro ca- cose della terra (Cf. Matt. VI, 31).
rità due persone; quelli che sono car-
classi di 6. 7/ Questa seconda citazione è
Signore, ecc.
cerati (Cf. X, 34), e quelli che sono afflitti, vale salmo CXVII, 6. Il testo greco del salmo
tratta dal
a dire maltrattati o perseguitati a motivo della va letto: Il Signore (è) mio aiuto: non temerò;
fede. Come carcerati con loro, poiché è proprio che può fare contro di me un uomo ? Il senso
della carità soffrire con coloro che soffrono, ecc. però non muta.
(Ved. n. Il Cor. XI, 29. Cf. Rom. XII, 5; I Cor. 7. I cristiani di Palestina, a cui questa lettera
XII, 27, ecc.). Come essendo voi pure in un fu indirizzata, avendo sotto gli occhi lo splendore
corpo fragile e debole ed esposto quindi alle stesse del culto giudaico e dei suoi sacrifizi, potevano
sofferenze. Queste due considerazioni devono ren- essere teijtati di ritornare agli antichi loro riti,
dervi pieni di compassione. e perciò l'Apostolo (nei vv. 7-17) si sforza di
4. Sia onorato il matrimonio, per mezzo della mantenerli ferrai nella fede abbracciata, e di al-
pratica dell'onestà e della castità coniugale, e lontanarli dal Giudaismo. Comincia invitandoli a
Ebrei, XIII, 8-11

vobìs locùti sunt verbum Dei quorum in- : annunziarono la parola di Dio : e mirando
tuéntes éxitum conversatiónis, imitàmini fi- il fine loro vita, imitatene la fede.
della
dem. *Iesus Christus beri, et hódie ipse : "Gesù Cristo ieri e oggi : egli (è) anche nei
et in saécula. 'Doctrinis vàriis, et peregrinis secoli. 'Non vi lasciate aggirare da dottrine
nolite abdùci. Optimum est enim gràtia sta- varie e straniere. Poiché è cosa ottima con-
bilire cor, non escis quae non profuérunt
: fortare il cuore mediante la grazia, non me-
ambulàntibus in eis. diante i cibi, che nulla giovarono a coloro
che ne praticarono l'osservanza.
"Habémus altare, de quo édere non ha- ^"Abbiamo unaltare, a cui non hanno po-
bent potestàtem, qui tabernàculo desérviunt. testà partecipare coloro che servono al
di
^^Quorum enim animàlium infértur sanguis tabernacolo. "Poiché i corpi di quegli ani-

ii Lev. XVI. 27.

cons'iderare gli esempi dati dai loro capi già Nei vv. 10-14, S. Paolo fa vedere l'oppo-
10.
defunti. sizione che vi è tra il Cristianesimo e il Giu-
Dei vostri prelati, II greco iiYovfxévoov = con- daismo, mostrando così che il cristiano non deve
duttori, guide, indica qui i capi spirituali (Cf. 17, in alcun modo partecipare alculto giudaico. Un
24) delle Chiese di Palestina e di Gerusalemme, altare. Non si accordano gliautori nel determi-
vescovi, sacerdoti, diaconi, già defunti. Tra que- nare di quale altare si parli. S. Tommaso, Estio,
sti vanno ricordati S. Stefano, S. Giacomo mag- Fillion, ecc., pensano che si tratti dell'altare della
giore, ecc. (Cf. Atti, VII, 59; XII, 1-2). Vi an- croce, poiché è chiaro che nel v. 11 e ss. si
nunziarono la parola, ecc., ossia vi predicarono parla del sacrifizio del Calvario. Altri invece
il Vangelo (Cf. I Tess. V, 12-13). // fine della loro (Alap., Nat. Aless., Allioli, Bisping, Drach, Van
vita, ecc. Questi capi erano quindi già morti da Stecn., Padovani, ecc.) ritengono che S. Paolo
qualche tempo, e poiché l'Apostolo invita i lettori alluda all'altare eucaristico. Senza negare ogni
a imitare la loro fede, si deduce che essi fossero
morti per la testimonianza della fede. Imitatene
coraggiosamente la fede, restando, come essi,
fermi i>el Vangelo.
Paolo porta ora l'esempio di Gesii Cri-
8-9. S.
sto. Gesii Cristo è sempre Io stesso ieri (tempo
passato), oggi (presente) e nei secoli (futuro).
Egli è immutabile ed eterno e per conseguenza
è ancora immutabile la sua dottrina. Nel greco;
Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e nei secoli.
Per conseguenza nella Volgata i due punti posti
dopo hodie, andrebbero posti dopo ipse. Poiché
dunque Gesù Cristo è immutabile, e tale pure
è la sua dottrina, anche la fede dei cristiani deve
Ffg. 6o. Antico aitare cristiano.
restare immobile, e perciò dice l'Apostolo : non
vi lasciate aggirare e allontanare dalla fede, col
prestar ascolto a dottrine varie, cioè mutabili e valore a questa seconda spiegazione, la prima d
mancanti di unità, e straniere, ossia non con- sembra tuttavìa più probabile. Dice quindi l'Apo-
formi alla verità del Vangelo, che vi é stata predi- stolo : Noi cristiani abbiamo un nostro proprio
cata. Si allude alle dottrine dei Giudaizzanti, i altare, sul quale si immola una, vittima, alla quale

quali avrebbero voluto unire assieme al cristia- non hanno* diritto di partecipare i sacerdoti levi-
nesimo la pratica di alcune osservanze legali. tici. Partecipare. Letteralmente si dovrebbe tra-
Poiché, ecc. Dà la ragione per cui i fedeli non durre mangiare. Vi è qui un'allusione alla mandu-
devono tornare alle osservanze giudaiche. È cosa cazione delle vittime da parte dei sacerdoti (Cf. I
ottima (greco buona), ossia è utile confortare o Cor. X, 18). La parola mangiare, va presa in
stabilire e rendere fermo il cuore nella santità
senso proprio se qui si parla del sacrifizio euca-
mediante la grazia, vale a dire usando quei mezzi ristico, al quale si partecipa mediante la comu-

di santificazione che Gesii Cristo ha dato alla sua


nione, ma se invece si tratta del sacrifizio della
Chiesa, quali p. es., la dottrina, i sacramenti, e croce, allora mangiare è sinonimo di partecipare
ai frutti della passione di Gesù Cristo (Cf. Giov.
specialmente la SS. Eucaristia, ecc. Al contrario
è cosa al tutto inutile voler rassodare il cuore e VI, 35, 50). Coloro che servono (oi Xarpevovret;)
al tabernacolo sono i sacerdoti e i leviti ebrei,
progredire nella santità mediante cibi, ossia pra-
ticando la distinzione tra cibi mondi e immondi, i quali soli avevano diritto di mangiare le carni
o meglio, e piii conformemente al contesto, man- consacrate (Lev. VI, 26; VII, 6, ecc.). Se adunque
giando parte delle vittime immolate a Dio. Qui essi non hanno diritto di partecipare ai frutti del
si dei conviti sacri, nei quali si mangiava
tratta
sacrifizio cristiano, molto meno avrà questo di-

una parte delle vittime che erano state offerte a ritto il semplice fedele giudaico.

Dio. Nulla giovarono, ecc., ossia non conferirono 11. Prova che veramente Giudei, come tali,
i

mai alcuna santità interiore a coloro che prati- non hanno diritto di partecipare al grande sacri-
carono l'osservanza di tali prescrizioni (Cf. IX, fizio cristiano. L'Apostolo argomenta dalla signifi-
9, 10, 13; Rom. XIV, 17, ecc.). cazione simbolica delle prescrizioni relative ai
Ebrei, XIII, 12-18 503

prò peccato in Sancta per pontiflcem, horum mali, sangue dei quali è portato dal pon-
il

córpora cremàntur extra castra. ^-Propter tefice nel Santo dei Santi per il peccato,
quod et lesus, ut sanctificàret per suum sàn- sono bruciati fuori degli alloggiamenti.
guinem pópulum, extra portam passus est. "Perciò anche Gesù, per santificare il po-
polo col suo sangue, patì fuori della porta.
"Exeàmus ìgitur ad eum extra castra, im- "Andiamo adunque a lui fuori degli al-
propérium eius portàntes. ^^Non enim ha- loggiamenti, portando le sue ignominie.
bémus hic manéntem civitàtem, sed futùram ^^Poichè non abbiamo qui una ferma città,
inquirimus. ^^Per ipsum ergo offeràmus ma andiamo cercando la futura. ^^Per lui
hóstiam laudis semper Deo, id est, fructum adunque offeriamo sempre a Dio ostia di
labiórum conflténtium nomini eius. "Bene- lode, cioè il frutto delle labbra, le quali con-
ficéntiae autem, et communiónis nolìte obli- fessino il suo nome. "E non vogliate di-
visci : tàlibus enim hóstiis promerétur Deus. menticarvi della beneficenza e della comu-
nione di carità poiché con tali vittime si
:

guadagna Iddio.
"Obedite praepósitis vestris, et subiacéte ^^Siate ubbidienti ai vostri prelati, e siate
eis. Ipsienim pervigilant quasi ratiónem prò ad essi soggetti. (Essi infatti vegliano, come
animàbus vestris redditùri, ut cum gàudio dfovendo rendere conto delle vostre anime),
hoc fàciant, et non geméntes hoc enim non : affinchè facciano questo con gaudio e non
éxpedit vobis. sospirando perchè questo non è utile a
:

voi.

^^Orate prò nobis : confidimus enim quia "Pregate per noi : perocché abbiamo fi-

1* Mieli. II, 10.

sacrifizi, che si dovevano fare dai Giudei nel zioni.La nostra vita è breve noi non abbiamo ;

giorno dell'Espiazione (CT. Lev. XVI, 27). Il quaggiù in terra una stabile dimora, ma andiamo
sangue degli animali immolati, invece di venir cercando la futura, ossia la Gerusalemme celeste,
sparso attorno all'altare (Esod. XXIX, 12 e ss.), che è la vera nostra patria (XI, 10, 16; XII, 2),
era in quel giorno portato dal gran sacerdote nel per giungere alla quale Gesù è la nostra via, e
Santo dei Santi, e i corpi delle vittime venivano la nostraguida.
bruciati fuori degli alloggiamenti, finché gli Ebrei 15. Per ecc. Usciti adunque dal Giudaismo
lui,
furono nel deserto, e fuori di Gerusalemme dopo e stretìti a Gesù Cristo, per mezzo di lui, che è
che era stato edificato il tempio. Niuno aveva il nostro Pontefice e mediatore, e non per mezzo
diritto di mangiare alcun che dì queste vittime, del culto mosaico, offriamo sempre (e non s%\o
ma tutto doiveva essere bruciato. Ora poiché tali in alcuni giorni) a Dio, non un sacrifizio di ani-
vittime prefiguravano il sacrifizio di Gesù Cristo mali, ma un sacrifizio di lode (Lev. VII, 12;
(IX, 1 e ss.), é chiaro che niun Giudeo, come Salm. evi, 22), non i prodotti della terra, ma il
tale può partecipare ai frutti della morte di Gesii frutto delle labbra che confessino, o celebrino,
Cristo. Il fatto poi che queste vittime venivano il nome dì lui (Cf. Osea XIV, 3).
bruciate fuori della città ha pure la sua alta si-
16. Altri sacrifizi che si devono offrire a Dio,
gnificazione, per compiere la quale anche Gesù
sono le diverse opere di carità. La beneficenza,
Cristo, vera vittima di espiazione per i peccati
la comunione di carità (gr. xoivcovia(; = liberalità)
di tutto il mondo, patì e morì fuori della porta
verso il prossimo mostrate per mezzo dell'ele-
di Gerusalemme, sull'altare della croce. Il Cal-
mosina (Cf. Rom. XII, 13; XV, 26; II Cor. VIII,
vario, che è racchiuso ora nella cìnta della città,
4; IX, 13). Con tali vittime, ossia con queste
era ai tempi di Gesù Cristo fuori delle mura
opere di carità, si guadagna Dio, o meglio se-
(Cf. Matt. XXVII, 32; Giov. XIX, 20). Morendo
condo il greco, si piace a Dio (Cf. Filipp. IV, 18).
fuori della città. Gesù Cristo ha voluto significare
che il suo sacrifizio non faceva parte del culto 17. Nel 7 aveva raccomandato agli Ebrei dj
V.
mosaico, e che era cosa vana aspettare la salute ricordarsi fede dei loro capì spirituali de-
della
dalle istituzioni mosaiche. funti, ora raccomanda loro l'obbedienza e la rive-

13. Per conseguenza noi dobbiamo uscire fuori renza ai capi spirituali presenti : Obbedite, siate
degli alloggiamenti, ossia abbandonare le inutili soggetti. Aggiunge due motivi di questa racco-
cerimonie dell'antica legge, e per mezzo della mandazione. I vostri superiori vegliano di continuo
fede viva accostarci a Gesù Cristo, se vogliamo e con una certa ansietà sulle vostre anime, poiché
godere dei frutti del suo sacrifizio. Portando, o devono rendere conto a Dio dì esse, voi dovete
meglio, sopportando coraggiosamente le tribola- quindi colla vostra obbedienza e docilità rendere
I loro facile e gradevole \l'adempìmento di questo
I- zioni e le persecuzioni che ci venissero mosse dai
dovere. Il secondo motivò si é che l'afflizione del
nostri stessi concittadini e antichi correligionari
(Ved. n. X, 32-34; XI, 26). Dobbiamo stringerci
Superiore causata dalla vostra disubbidienza, non
è utile a voi, litote per indicare che sarà causa di
a Gesù Cristo e partecipare alle sue umiliazioni,
gravissimi mali, attirando i castighi di Dio.
se vogliamo essere partecipi della sua gloria.
14. Non ci deve rincrescere di abbandonare il 18. Nell'epìlogo di questa lettera (XIII, 18-25),
Giudaismo e di avere perciò a soffrire persecu- domanda le preghiere dei suoi lettori (18-19), «

1
504 Ebrei, XIII, 19-23

bonam consciéntiam habémus in omnibus danza di avere buona coscienza bramando


bene voléntes conversari. ^^Amplìus autem di diportarci bene in tutte le cose. ^^E tanto
déprecor vos hoc làcere, quo celérius resti- più vi prego che ciò facciate, affinchè io
tuar vobis. sia più presto restituito a voi.
^"Deus autem pacis, qui edùxit de mór- ^°E il Dio della pace, il quale ritornò da
tuis pastórem magnum óvium, in sanguine morte pel sangue del testamento eterno co-
testaménti aetémi, Dóminum nostrum le- lui che è il gran pastore delle pecorelle.
sum Cliristum, ^^Aptet vos in omni bono, Gesù Cristo Signor nostro, ^Vi renda atti
ut faciàtis eius voluntàtem fàciens in vobis
: a tutto bene, affinchè facciate la volontà
il

quod plàceat coram se per lesum Christum : di lui facendo egli in voi ciò che a lui
:

cui est gloria in saécula saeculófum. Amen. sia accetto per Gesù Cristo a cui è gloria:

nei secoli dei secoli. Così sia.


^^Rogo autem vos fratres, ut sufferàtis ^^Vi prego poi, o fratelli, che prendiate
verbum solàtii. Etenim
perpaucis scripsi in buona parte la parola di esortazione. Vi
vobis. ^'Cognóscite fratrem nostrum Timó- ho scritto infatti brevissimamente. ^^Sap-
theum dimissum cum quo (si celérius vé-
: piate che il nostro fratello Timoteo è stato

fa per essi una preghiera (20-21) e poi aggiunge titolo di grande per distinguerlo dagli altri pastori
alcune raccomandazioni (22-25). secondari (Efes. IV, 11; I Piet. V, 4).
Pregate per noi. S. Paolo domanda spesso le 21. Il Dio della pace adunque, che ha compiuti
preghiere dei suoi lettori (Rom. XV, 30 Efes. VI, ;
tanti prodigi in Gesù
Cristo, vi renda atti a tutto
19; Coloss. IV, 3; I Tess. V, 25; II Tess. Ili, il bene, ossia faccia sì che vogliate tutto il bene.
I, ecc.). Abbiamo fidanza di aver buona coscienza, Dio, S. Tommaso (h. 1.), rende un
come osserva
ossia di essere pieni di lealtà e quindi di non uomo atto al bene quando gli dà la buona vo-
essere indegni delle vostre preghiere. Può essere lontà. Questa buona volontà è ordinata al fine che
che S. Paolo temesse che qualcuno dubitasse della facciate la volontà di Dio, ossia che compiate in
sincerità delle sue intenzioni, e quindi si appella tutto e per tutto quello che Dio vuole (Rom. XII,
alla sua coscienza, come d'altronde ha fatto anche 2; I Tess. IV). Siccome però l'uomo da solo
in parecchie altre circostanze (Atti XXI, 20; XXIII, senza la grazia non può compiere la volontà di
1; XXIV, 16; I Cor. IV, 4; II Cor. I, 12, ecc.). Dio, l'Apostolo soggiunge facendo egli in voi,
:

La sua coscienza è retta, poiché egli non brama per mezzo della sua grazia, ossia movendo effi-
che di diportarsi bene in tutte le cose, facendo cacemente la vostra volontà a fare quello che a
del bene a tutti e non dando occasione di scandalo lui è accetto. Dio dà non solo il volere, ma ancora
ad alcuno. il fare (Filipp. II, 13). Le due parole facciate e
19. Aggiunge un motivo F>ersonale, per cui sol- facendo indicano, quest'ultima l'azione della gra-
zia, e la prima la cooperazione della nostra vo-
lecita le preghiere. Si osservi il passaggio
loro
dalla prima persona plurale alla prima singolare. lontà. Per Gesù Cristo, va unito a facendo. Gesù

Ciò facciate, ossia che preghiate. Affinchè io sia Cristo è l'unico nostro mediatore, e niuna cosa
più presto, ecc. Queste parole provano, che l'Apo- possiamo sperare e ottenere da Dio se non per
stolo aveva già avuto rapporti personali coi suoi mezzo di lui, che è la causa meritoria di ogni
lettori, prima di scrivere loro questa lettera, e
grazia. A cui, si riferisce probabilmente a Gesù
che al momento in cui scriveva, si trovava lontano Cristo (Cf. Rom. IX, 5; II Tim. IV, 18, ecc.).
da loro, ma aveva fiducia di poter tra non molto 22. Altra preghiera indirizzata ai lettori. Vi
godere della sua libertà (Ved. Introduzione). prego che prendiate in buona parte, vale a dire
20. Il Dio della pace (Ved. n. Rom. XV, 33).
che accogliate bene, la parola di esortazione, ossi»
questa mia lettera, nella quale ho cercato di esor-
S. Paolo prega Dio a dar pace ai Giudei cristiani
tarvi e animarvi a perseverare fermi nella fede.
perseguitati al di fuori e agitati al di dentro da
varie tentazioni. Ai Giudei teutati di abbando-
La stessa brevità di questo scritto, considerata
in rapporto alla grandezza del soggetto trattato, è
nare Gesù Cristo e l'alleanza da lui stabilita,
l'Apostolo ricorda il grande miracolo della risur-
un argomento, perchè esso sia bene accetto.
rezione di Gesù Cristo, e la gloria infinita di 23. Aggiunge una nuova, relativa a Timoteo,
cui Egli gode assiso alla destra dì Dio. Ritornò che doveva essere ben conosciuto dai lettori.
da morte, ecc. Dio risuscitò Gesiì Cristo da E stato liberato, probabilmente dal carcere, op-
morte, per ricompensarlo del sangue che aveva pure è stato prosciolto dalle accuse mosse contro
sparso per fondare il Nuovo Testamento. Morendo di lui, o anche secondo altri, è stato rilasciato da
sulla croce Gesù Cristo meritò la sua e la nostra me per una missione. Timoteo si trovava a Roma,
risurrezione. Alcuni legano le parole per il sangue al tempo della prigionia di S. Paolo (Filipp. I, 1 ;

del Testamento eterno con pastore. Dio risuscitò Col. I, 1), ma non sappiamo nulla della sua pri-
da morte colui che, per aver sparso i7 sangue del gionia. Se verrà presto. Da ciò si deduce che al
Testamento eterno, è il gran pastore, ecc. La momento, in cui l'Apostolo scrìveva, Timoteo era
prima spiegazione, che è pure quella di S. Tom- assente da Roma, ma non doveva tardar molto a
maso (h. 1.), ci sembra più probabile. Il nuovo ritornarvi. Probabilmente era stato inviato in mis-
Testamento è detto eterno perchè durerà sempre, sione presso qualche Chiesa. Io vi vedrò. Queste
non dovendo ad esso succedere altra alleanza parole mostrano chiaro, che l'Apostolo era per-
(Cf. VIII, 8 e ss.; XII, 26-28). Gran pastore. suaso di riavere ben presto la sua libertà, e di
Anche Gesù aveva presentato se stesso come pa- farsi accompagnare dal suo discepolo nella visita,
store (Giov. X, 1 e ss.) S. Paolo però gli dà il
; che intendeva di fare ai suoi lettori.
Ebrei, XIII, 24-25 505

nerit) vidébo vos. ''''Salutate omnes praepó- liberato : insieme al quale (se verrà presto^
sitos vestros, et omnes
sanctos. vSalùtant vos vi vedrò. ^^Salutate tutti i vostri prelati e
de Italia fratres. ^^Gràtia cum omnibus vo- tutti i Vi salutano i fratelli dell'Italia.
santi.
bis. Amen. '^^La grazia con tutti voi. Così sia.

24-25 Aggiunge ì saluti e la benedizione apo- comune tra i Padri e gli antichi commentatori,
stolica. Salutate col bacio di pace (gr. dajiàoaoSe) è ancora la più naturale (Ved. espressione ana-
i vostri prelati, ossia i vostri pastori, e tutti i loga Atti, X, 23). L'Apostolo scrivendo da Roma,
santi, vale a dire tutti i cristiani (Cf. Rom. XVI, manda quindi agli Ebrei i saluti non solo dei
3 e ss. ; I Cor. XVI, 19, ecc.). Vi salutano (ì cristiani romani, ma ancora di tutti i cristiani
fratelli, manca nel greco) d'Italia. La frase greca delle altre città italiane, che allora si trovavano
ot ànò Tr\c; 'UdXiac,, può tradursi : i cristiani ve- a Roma.
nuti o fuggiti d'Italia, che si trovano con me, La graziadi Dio, ecc. Questa benedizione è
ma è da preferirsi la traduzione i cristiani che identica quella della lettera a Tito (III, 15.
a
abitano l'Italia, come quella che, oltre ad essere Ved. n. ivi). Così sìa, manca nei migliori codici.
LETTERE CATTOLICHE

INTRODUZIONE GENERALE

Nome e ordine. — Si dà il nome di IV, 36, ecc.) e si trova pure in numerosi co-
lettere cattoliclie a sette lettere scritte dagli dici greci. Negli antichi codici latini esiste
Apostoli S. Giacomo (una), S. Pietro (due), una certa varietà, e
le sette lettere non sono
S. Giovanni (tre),. e S. Giuda, le quali for- sempre disposte allo stesso modo, benché
mano come un gruppo a parte, e nel Ca- generalmente vengano per le prime quelle
none vengono poste dopo le lettere di San di S. Pietro.
Paolo. Già il Frammento Muratoriano chia-
ma cattoliche la lettera di S. Giuda e due
di S. Giovanni, ed Origene (Euseb., Hist. Principali commenti cattolici sulle
Eccles., VI, 25) dà questo stesso titolo alla Lettere cattoliche. Fra gli antichi —
prima di S. Pietro, alla prima di S. Gio- vanno ricordati i Commenti di Ecumenio e
vanni e a quella di S. Giuda. Eusebio (Hist (Migne, cxix, 451-722; cxxv,
di Teofllatto
Eccles., II, 3) è il primo fra i greci, e San 1131 e ss.), di Cassiodro e dì S. Beda
Girolamo {De vir. ili., ii, 4) il primo fra (Migne, lxx, 1361 e ss. xeni, 9 e ss.), ;

i che facciano menzione di sette let-


latini e quello che si ha tra le opere spurie di
tere cattoliche. Una tale denominazione do- S. Tommaso, e lasciando da parte i Com-
veva però già essere comune ai loro tempi. menti in tutta la Scrittura, tra i recenti vanno
La ragione di tal nome va probabilmente nominati Catarino, In omnes S. Pauli et
:

cercata nel fatto che esse non sono indi- septem cath. Epist. comm., Parigi, 1566;
rizzate a una Chiesa o a una persona par- Estio, In omnes S. Pauli et sept. cath.
ticolare, come quelle di S. Paolo, ma bensì Apost. Epist. comm., Douai, 1601 Lorino, ;

a tutti i fedeli o a un numero considerevole In cath. Joannis et Petri epist, Lione, 1609 ;

di essi. Lettera cattolica è quindi sinonimo In Jacobi et Judae epist, Lione, 1619 Sal- ;

di lettera enciclica. Tale è il senso di que- meron, Comm. in omnes Epist. b. Pauli et
sta parola, come si ricava da Clemente A. canonicas. Colonia A., 1614 Giustiniani, ;

(Strom. IV, 15), S. Cirillo G. {Cat. iv, 28), Explanationes in omn. Epist cathot, Lione,
Eusebio {Hist. Eccles, iv, 23) ed Ecumenio, 1622 Serario,
; Commentarius. Magonza,
Argum ep. S. lacobi. È vero che le due 1612; Bisping, Erklàrung der kath. Briefe.
ultime di S. Giovanni sono indirizzate a Munster, 1871 Drach, Les sept Épìtres ca-
;

una Chiesa particolare, ma esse ricevettero tholiques, Parigi, 1873 ; Maunoury, Comm.
pure la denominazione di cattoliche a mo- sur les Épìtres cath., Parigi, 1888; Ceule-
tivo della prima, a cui seguono nei varii mans, Comm. in Epist. cathol. et Apoc,
cataloghi. Malines, Calmes, Épìtres cath. et
1904 ;

L'ordine con cui sono attualmente dì- l'Apoc, Parigi, 1900: Camerlynck, Comm.
sposte nella Volgata era già comune in in Epist cath.. 5^ ed., Bruges, 1909;
Oriente fin dal quarto secolo (Cf. Sant'A- Evilly, An expositìon... Catholic. epistles.
tanasio, Epist. fest., 39; S. Cirillo G., Cat, Dublino, 3* ed., 1875.

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Lettera S. Giacomo - Introduzione 507

LETTERA DI S. GIACOMO

INTRODUZIONE
La persona dell'autore. —
L'autore di persona. La qual cosa é tanto più evidente
questa Lettera chiama se stesso « Giacomo se si tien conto che S. Luca {Atti, xv, 1
servo di Dio e di Gesù Cristo ». Ora, anclie e ss. XXI, 18 e ss.) e S. Paolo {Gal. ii,
;

prescindendo da ogni tradizione, è chiaro 9, 12) ci presentano Giacomo, vescovo di


che questo autore va cercato tra le persone Gerusalemme e parente del Signore, come
di nome Giacomo, ben note ai cristiani del un personaggio che gode una grande auto-
primo secolo, poiché altrimenti egli non rità sia nella Chiesa e sia sugli altri Apo-
avrebbe mancato di farsi conoscere in modo stoli. Ora tutto questo non sarebbe spiega-
più preciso. Ciò posto, se noi consultiamo bile, se egli non fosse stato Apostolo (Vedi
il catalogo degli Apostoli {Matt. x, 2 e ss.), la questione ampiamente trattata presso
troviamo che due hanno portato il nome Cornely, Introd. in N. T., 592 e ss. Ca- ;

dì Giacomo. L'uno è il figlio di Zebedeo e merlynck, Comm. in Epist. Cath., p. 12


il fratello di S. Giovanni, che fu ucciso da e ss.).
Erode nell'anno 42 {Atti, xii, 2), di cui qui, Riteniamo quindi che l'autore di questa
non può essere questione, e l'altro è il lettera sia S.Giacomo Minore, Apostolo e
figlio di Alfeo Cleofa (Ved. n. Matt. xiii, parente di nostro Signore, nonché fratello
55) e di una certa Maria, che vien detta di S. Giuda. *

sorella o parente di Maria Santissima (Cf. S. Giacomo ricevette una speciale appa-
Matt. XXVII, 56 e Giov. xix, 25). Questo rizione di Gesù risorto (I Cor. xv, 7) e
stesso Giacomo da S. Marco (xv, 40) viene dagli Apostoli, oppure dal Signore stesso
chiamato il Minore e (vi, 3) fratello o pa- fu costituito vescovo di Gerusalemme (Cf.
rente (Cf. Gal. I, 19) di Gesù Cristo, non Euseb., Hist. Eccle., ii, 23; vii, 19; San
che fratello di Giuda (Cf. Giuda, 1). Ben- Giovanni Cris., In I Cor., hom. 38, 4,
ché alcuni (Eusebio, Sant'Epifanio, e tra ecc.), e godè tanta autorità nella Chiesa
i più recenti Danko, Schegg, Durand, Ma-
: primitiva che S. Paolo (Gal. ii, 9) lo
der, e quasi tutti i protestanti) abbiano vo- chiamò una delle colonne della Chiesa, e
luto distinguere Giacomo d 'Alfeo, da Gia- il Concilio di Gerusalemme {Atti, xv, 13
como parente del Signore, tuttavia la grande e ss.) accettò alcune sue osservazioni in
maggioranza dei cattolici (Clemente A., favore dei Giudeo-cristiani. Era pure in
Origene, Sant'Atanasio, S. Giovanni Cris., grande stima presso gli altri Giudei, dai
S. Girolamo, e tra i più recenti Cornely,
: quali venne soprannominato Giusto a mo-
Fillion, Jacquier, Camerlynck, ecc.), ritiene tivo della sua fedeltà nell 'osservare la legge
giustamente che l'Apostolo Giacomo d 'Al- (Euseb., Hist. Eccle., ii, 23). Secondo San
feo sia lo stesso personaggio che Giacomo Girolamo {De vir. ili, ii), egli sarebbe
parente del Signore. stato vescovo di Gerusalemme per circa
Infatti S. Paolo nella lettera ai Calati (i, trent'anni, e a quanto narrano Giuseppe
19) afferma esplicitamente che Giacomo, Flavio (Ant. Giud., xx, 9, 1) ed Egesìppo
parente del Signore, era Apostolo. Ora egli (Euseb., loc. cit.) morì martire nelle feste
non parla certamente di Giacomo Maggiore, di Pasqua dell'anno 62, sotto il pontificato
morto da parecchi anni rimane quindi che
; di Anano, dopo la morte del Procuratore
le sue parole debbano riferirsi all'Apostolo Pesto e prima che entrasse in funzione
Giacomo d 'Alfeo. Anche S. Luca, il quale Albino.
sia nel Vangelo (v, 10 vi, 14, 15) e sia
;

in principio degli Atti (i, 13; xii, 2) di- Autenticità e canonicità della Let-
stingue accuratamente Giacomo Maggiore tera DI S. Giacomo. —
Eusebio {Hist.
da Giacomo figlio di Alfeo, dopo aver nar- Eccle., Ili, 25; ii, 23) e S. Girolamo {De
rata negli Atti la morte del primo, parla vir. ili., Il) fra dubitarono se
gli antichi
solo più di Giacomo (Atti, xii, 17; xv, 13; questa Lettera dovesse veramente
essere
XXI, 18) senza f^'fo alcuna distinzione tra attribuita a S. Giacomo Apostolo, l'uno e
il figlio di Alfeo, e il parente del Signore, l'altro però affermano in modo esplicito che
mostrando con ciò che si tratta di una sola la divina autorità di essa era ammessa in

\
508 Lettera S. Giacomo - Introduzione

molte Chiese, benché in alcune altre non Giac. I, 22, 23 = Matt. vii, 24 Giac. v,
;

fosse ancora riconosciuta. E difatti essa non 12 = Matt. v, 34-37, ecc.). Cf. Brassac,
è ricordata nel Frammento Muratoriano, M. B., t. IV, p. 621 e ss. Ora tutti questi \

ed Origene {In Joan. traci., xix, 6 In


; dati, e parecchi altri che si potrebbero ag- •

Exod., hom. 8, 6, ecc.) è il primo tra i giungere, trovano la loro spiegazione natu-
Padri, che la citi espressamente come Scrit- rale nella dottrina tradizionale, che l'au-
tura divina sotto il nome di lettera di San tore di questa lettera sia San Giacomo
Giacomo. Tuttavia però è indubitato che Apostolo e parente di Nostro Signore Gesù j
essa fu conosciuta e citata come divina da Cristo.
parecchi fra i più antichi Padri. Così p. es. Sino al secolo xvi, se si eccettuano alcuni
S. Clemente R. (I Cor. 10, 17, 31 ; Ciac. dubbi isolati, niuno aveva mai negato l'au-
II, 21 ; I Cor. 38 Ciac, ni, 13, ecc.) vi
; tenticità e la canonicità di questa Lettera.
allude parecchie volte, come pure Sant'Iri- Il primo che insegnò il contrario fu Lu-
neo {Adv. Haer.. iv, 13, 16; v, 1, ecc.), tero, il quale trovando che questa Lettera
Tertulliano (Coni. lud.. 2; De orai., 8), condannava apertamente i suoi errori in-
Sant'Ignazio (Ephes., v, 3; Ciac, iv, 6), torno alla non necessità delle buone opere
la Lettera a Diogneto (ix, 3; Ciac, v, 20), per salvarsi, la rigettò, non già per ragioni
S. Giustino {Apol. ii, 8, 13), ecc. Nel critiche o storiche, ma unicamente per
Pastore di Erma si trovano citati quasi alla poter meglio sostenere le proprie dottrine.
lettera cinque versetti di questa epistola L'errore di Lutero diede occasione al Con-
(Mand. ix, 6 = Ciac, i, 6-7 ; Mand. xi, 5 cilio di Trento di definire solennemente che
= Giac. Ili, 15, ecc.) e si hanno parecchie l'epistola di S. Giacomo è divinamente ispi-
allusioni, ed è pure noto che essa ha sem- rata e come tale fa parte dei libri, di cui
pre fatto parte delle versioni Itala (Cf. Sa- si compone il Nuovo Testam.ento.
batier, Vetus Italica, t. in, 934) e Peschito. Benché anche recentemente Jjarecchi pro-
Ora le Chiese che usavano queste versioni testanti e razionalisti (Spitta, Der Briefdes
non avrebbero certamente accettata come Jacobus, ecc., Gottingen, 1896; Harnak,
divina questa Lettera, se non fossero state Die Chronologie, 1897, p. 485; Jùlicher,
sicure che essa era genuina, e non già Einleitung, 1906, p. 185, ecc.) seguano an-
l'opera di un falsario. cora Lutero nella sua negazione, altri però
Più tardi le testimonianze e le citazioni meno schiavi dei pregiudìzi, rendono omag-
abbondano. Clemente A. si serve di pa- gio al Concilio di Trento e ammettono coi
rechi testi di essa (Paedag., in, 2, 8 ;
cattolici l'autenticità della lettera dì San
Strom., v, 14; vi, 18, ecc.), anzi ne fece Giacomo (H. Hort, The Epistle of S. James,
una specie di commentario (Euseb., Hist. Londra, 1909; Mayor, The Epistle of S.
Eccle., VI, 14) ; Sant'Atanasio {Epist. fest., James, Londra, 1910; Zahn, Einleitung,
29), Sant'Ilario {De Trin., iv, 8), S. Ci- 1900, t. I, p. 52 e ss., ecc.).
rillo G. {Cat. IV, 33), Sant'Efrem {Opera È noto come Spitta (op. cit.) seguito da
graeca, t ni, p. 51), S. Gregorio Nazian- pochi altri, abbia voluto sostenere che la
zeno, Sant'Agostino, ecc., riconoscono una- presente Lettera è uno scrìtto giudaico del
nimemente la sua autenticità e la sua ca- primo secolo avanti Cristo, ma il suo ten-
nonicità,le quali vengono pure ufficial- tativo è completamente fallito, poiché non
mente riconosciute nel terzo Concilio di sì può portare un codice né una versione

Cartagine dell'anno 397 (Denziger, Ench., in cui non sì trovi il nome di Gesù Cristo
n. 49) e in tutti i cataloghi dei libri sacri (I, 1 ; II, 1) e una quantità di espressioni

pubblicati dal quarto secolo in poi. caratteristiche del cristianesimo (i, 18, 25 ;
n, 7, 12, ecc.).
Gli argomenti
intrinseci confermano I
dati tradizione. L'autore infatti sì
della
mostra come nutrito del Vecchio Testa- I DESTINATARI. —La Lettera di S. Gia-
mento, a cui attinge i suoi esempi, e spes- como é indirizzata alle dodici tribù disperse
sissimo le sue frasi e ì suoi pensieri. Così (l, 1), il che ha dato occasione ad alcuni
le adunanze dei fedeli sono una sinagoga dì credere che essa fosse diretta ai Giudei
(II, 2), l'amore disordinato del mondo è da convertire, oppure a tutti ì Giudei, sia
un adulterio contro Dio (iv, 4), l'efìicacia convertiti e sìa da convertire. L'una e
della preghiera si mostra coU'esempio di l'altra spiegazione va rigettata, poiché se da
Elia (v, 16-19), un modello di pazienza si una parte é certo che l'autore si volge ai
ha in Giobbe e nei profeti (v, 10-11), ecc. Giudei, come dimostrano le parole citate,
In lui si trovano il linguaggio e le imma- e il contìnuo uso del Vecchio Testamento,
gini di un abitante della Palestina (Cf. i, dall'altra non è meno indubitato che egli
6; in, 4, 12; v, 7, 17, 18) e la dottrina paria a lettori cristiani, che sono slati ge-
e lo spirito di un seguace appassionato di nerati da Dio per la parola della verità,
Gesù Cristo (Cf. Giac. i, 2 = Matt. v, 10- ossia per il Vangelo (i, 18) ed hanno la
12; Giac. l, 4, 5 = Matt. v, 48; vii, 12; fede di Gesù Cristo (ii, 1. 7; v, 7, ecc.)»
Lettera S. Giacomo - Introduzione 509

Signore comune ad essi ed all'autore (i, 1). e mentre gli uni (p. es. Schegg, Belser,
Si deve quindi ritenere che i destinatari della Camerlynck, ecc.) ritengono che essa sia
Lettera sono tutti i Giudei cristiani dispersi stata scritta prima del Concilio di Geru-
fra le nazioni pagane. Con ciò non si salemme (anno 51), altri in maggior numerc
esclude che essa potesse venir letta anche (Cornely, Fillion, Liagre, ecc.) pensano in-
dai cristiani convertiti dal paganesimo. vece che essa sia posteriore alla Lettera di
Si comprende facilmente che S. Giacomo, S. Paolo ai Romani (anno 58) e pongono
occupato in modo speciale alla conversione come data l'anno 60-61. Quest'ultima sen-
degli Ebrei, abbia creduto opportuno di tenza pare più probabile e da preferirsi,
ci
scrivere ai suoi connazionali cristiani di- poiché tutto induce a credere che S. Gia-
moranti fuori della Palestina, molti dei como, come più tardi S. Pietro, abbia vo-
quali continuando a recarsi a Gerusalemme luto correggere le false interpretazioni che
per le grandi solennità (Euseb., Hist. Ec- da alcuni si davano delle parole dì San
cle., II, 23) dovevano conoscerlo personal- Paolo (Vedi paragrafo seguente).
mente e avere per lui una grande venera- D'altra parte è assai difficile ammettere
zione. che prima del Concilio di Gerusalemme le
Chiese si trovassero già in tale stato di
Occasione e fine della Lettera di San languore, come è supposto dalla Lettera di
Giacomo. —
Da una semplice lettura di S. Giacomo, e quindi anche per questo lato
si rende preferibile la sentenza che ritiene
questa Lettera -risulta chiaro che i desti-
natari, in gran parte poveri, dovevano so- essere stata la Lettera di S. Giacomo scritta
stenere violente persecuzioni da ricchi dopo quella ai Romani.
senza cuore, ì quali non solo ricusavano
loro la dovuta mercede (v, 4), ma li trasci- Relazione tra la Lettera di S. Gia-
navano davanti ai tribunali (ii, 6) e li como E LA Lettera ai Romani. — Se sì
riducevano alla miseria (ii, 15-17)., In mezzo paragonano assieme le due Lettere si vedrà
a tante tribolazioni la fede di parecchi ve- subito specialmente nel testo greco che tra
niva a languire (ii, 14, 20-26) e tornavano parecchie frasi dell'una e dell'altra (Cf.
a rivivere gli antichi vizi. I poveri erano p. es. Ciac. IV, 1 e Rom. vii, 23 ; Ciac.
disprezzati (ii, 1-9), la carità fraterna non IV, 4 e Rom. vili, 7 Ciac, iv, 12 e Rom.
;

curata (ii, 7), la detrazione e gli altri pec- XIV, 4, ecc.) vi è una tale rassomiglianza
cati di lingua moltiplicati (in, 1-12; iv, 11- che non può essere attribuita al caso, ma
13), frequenti le discordie (iv, 1-2), trascu- suppone che l'una dipenda dall'altra. Il che
rata la preghiera (v, 13, 17-18), ecc. è reso ancor più manifesto se si parago-
A
ciò si aggiunga che alcuni falsi dottori nano tra loro il cap. ii, 14 e ss., della Let-
Giudei spargevano erronee dottrine, dicendo tera di S. Giacomo e i cap. in, 28 e ss. ;

che per salvarsi non erano necessarie le IV, 1 e ss. della Lettera ai Romani. Da una
buone opere, e travisando a tal fine alcuni parte e dall'altra si hanno gli stessi argo-
testi di S.Paolo (ii, 14 e ss.). menti, gli stessi testi di Scrittura, gli stessi
L'Apostolo S. Giacomo, venuto a cono- esempi di Abramo e di Rahab, e pressoché
scenza di questo stato di cose, scrisse le stesse parole, mentre però S. Paolo con-
questa Lettera, nella quale si propone di chiude (ni, 28) « Riteniamo che l'uomo é
:

incoraggiare i fedeli in mezzo alle perse- giustificato per mezzo della fede senza le
cuzioni di eccitarli a una vita più conforme
; opere della legge, S. Giacomo invece af-
ai principii cristiani, e di premunirli contro ferma (il, 24) Vedete come Tuomo è giusti-
:

le false dottrine. ficato per le opere e non per la fede sola-


Questa Lettera ha quindi piuttosto la mente ». Non si può certamente ammettere
forma di un'istruzione morale o di un'esor- coi razionalisti che le due Lettere siano in
tazione. L'autore procede per via di sen- contraddizione l'una coli 'altra, o che un Apo-
tenze, il suo stile è semplice ed elegante, stolo abbia voluto correggere gli insegna-
le immagini sono vive, e frequenti le an- menti dell'altro, tuttavia é innegabile che
titesi. Non vi è altro scritto del Nuovo Te- l'uno ha voluto correggere le erronee inter-
stamento che più dì questo si avvicini ai pretazioni che dai falsi dottori si davano dei
libri Sapienziali, e al modo di parlare di testi dell'altro. Ora, come già pensavano
Gesù Cristo nel discorso della montagna. Sant'Agostino e S. Beda, tutto induce a cre-
dere che sia l'Apostolo S. Giacomo, il
Tempo e luogo in cui fu scritta. — quale abbia voluto spiegare le parole di
Nulla di positivo ci è stato tramandato dai S. Paolo. Nella Lettera ai Romani si dice
Padri intorno al tempo in cui fu scritta bensì che l'uomo è giustificato per mezzo
questa Lettera, tuttavia è fuor di dubbio che della fede, ma, osserva S. Giacomo, la fede
la sua data non è posteriore al 62, anno che giustifica non é la fede morta, quale
della morte di S. Giacomo. Per il resto gli si trova anche nei demonìi, ma la fede
interpreti cattolici si dividono In due classi viva che opera per la carità. Similmente la
510 Lettera S. Giacomo - Introduzione I, 1

giustificazione è bensì indipendente dalle rante. A tal fine vien raccomandata la man-
opere della legge mosaica, in quanto tali, e suetudine e la pratica della religione (i, 19-
dalle opere che antecedono la fede e sono 27) e della carità fraterna (ii, 1-13), e si
fatte senza la grazia, come dice S. Paolo, insiste sulla necessità delle buone opere per
ma essa, spiega S. Giacomo, deve essere salvarsi (ii, 14-26).
accompagnata e seguita negli adulti, dalle Nella terza istruzione (ni, 1-18) si parla
opere buone, che hanno la loro radice nella dello smoderato desiderio di farsi maestro
fede viva in Gesù Cristo (Cf. n. Rom. in, agli altri, e della vera e falsa sapienza.
24 IV, 2 I Cor. xiil, 2 Gal. v, 6, ecc. ;
; ; ;
Nella quarta istruzione (iv, 1-17) si rac-
Ciac. II, 14, 18 e ss.).
comanda la pace e la concordia.

Lingua e stile. — Questa Lettera fu Nella quinta istruzione (v, 1-18) si mi-
nacciano i ricchi senza cuore (v, 1-6), e
scritta in greco, lingua comune
che era la
si esortano i lettori a sopportare con pa-
fra i Giudei Ellenisti, ai quali scrisse San
Giacomo. Lo stile è sentenzioso e spesso zienza l'oppressione dei tristi (v, 7-11), si
figurato e poetico, simile a quello dei pro- parla contro i giuramenti fatti alla leggiera
feti del Vecchio Testamento. (v, 12), e si insegna ai cristiani ciò che
si deve fare nelle varie circostanze della

Argomento, divisione e analisi. — vita e specialmente nelle malattie (v, 13-

L'argomento di questa lettera è vario e 18). In ultimo si raccomanda la preghiera

molteplice, ed è assai difficile per non dire per i peccatori (v, 19-20).
impossibile poter dare una divisione. Essa
è composta di una serie di istruzioni senza Principali commenti cattolici. OUre —
nesso rigoroso tra loro e unite solamente ai commenti su tutte le Lettere cattoliche
per associazione di idee.
già ricordati, vanno qui segnalati i se-
guenti Messmer, Erklàrung d. lacobus,
:

Al prologo (i, 1) in cui si hanno l'indi- Brixen, 1863 Liagre, Iiiterpretatio Ep.
;

rizzo e un breve saluto, segue una prima Cath. S. lacohi, Lovanio, 1870 Schegg, ;

istruzione 2-18) destinata ad esortare i


(i, lacobus... u. sein Brief, Miinchen, 1883;
fedeli a sopoortare con pazienza le varie Trenkle, Der Brief des h. lacobus, ecc.,
tribolazioni, che devono soffrire a motivo Friburgo B., 1894 Meinertz, Der lak.-brief.
;

della fede. u. sein Verfasser, Friburgo B., 1905; Bel-


Nella seconda istruzione (i, 19-II, 26) si ser. Die Epistel des hi. lakobus, Fri-
inculca la necessità di una fede viva e ope- burgo B., 1909.

LETTERA DI S. GIACOMO
CAPO I.

Iscrizione e saluto, i, —
Vantaggi delle tribolazioni, 2-4, La vera sapienza —
da chiedersi a Dio, 5-8. —
La pratica dell'mniltà, g-ii. La tentazione e —
la sua origine, 12-15. —
Dio è l'autore di ogni bene, 16-18. ^- La maTisue-
tudine e la pratica della religione cristiana, ^-25. — Moderare la lingua, 26,
— Fare opere di misericordia, 27.

Macóbus Dei, et Domini nostri lesu Chrì- ^Giacomo servo di Dio e del Signor no-
Bti servus, duódecim tribubus, quae sunt in stro Gesù Cristo, alle dodici tribù disperse,
dispersióne, salùtem. salute.

Dio a Gesù Cristo, e spiega servo di Gesù Cri-


:

CAPO I. sto nostro Dio e Signore. Si avrebbe così una


prova della divinità di Gesù Cristo. Quasi tutti gli
1. Il prologo di questa lettera (I, 1) contiene interpreti seguono la (punteggiatura della Volgata,
ilsolo indirizzo e un breve saluto. Giacomo, l'au- che applica la detta parola al Padre. Alle dodici
tore delle lettera (Ved. Introd.). Servo, ossia inte- tribùy ossia a tutti i cristiani Giudei sparsi in
ramente consacrato al servizio (Ved. n. Rom. I, mezzo alle nazioni pagane (Cf. Apoc, VII, 4;
1) di Dio Padre. San Cirillo A. unisce la parola I Piet. I, 1). Disperse, letteralmente della disper-
S. Giacomo, I, 2-8 511

'Omne gàudium existimàte fratres mei, ^Abbiate, fratelli miei, come argomento
cum in tentatiónes vàrias incidéritis ^Scién- : di vero gaudio le varie tentazioni, nelle
tes quod probàtio fidei vestrae patiéntiam quali urterete : ^sapendo come la prova
operàtur. *Patiéntia autem opus perféctum della vostra fede produce la pazienza. ^La
habet ut sitis perfécti et integri in nullo
: pazienza poi fa opera perfetta onde voi
:

deficiéntes. siate perfetti e intieri e manchevoli in


nulla.
*Si quis autem vestrum indìget sapiéntia, ^Che se alcunodi voi è bisognoso di sa-
póstulet a Deo, qui dat omnibus affluénter, pienza chieda a Dio, che dà a tutti ab-
la
et non impróperat et dàbìtur ei. ^Póstulet
: bondantemente e non rimprovera e gli :

autem in fide nihìl haésitans qui enim haé- : sana data. ^Ma chieda con fede senza niente
sitat, similis est flùctui maris, qui a vento esitare poiché chi esita è simile al flutto
:

movétur ^Non ergo aéstimet


et circumfértur. del mare mosso e agitato dal vento. ''Non
homo ille quod accìpiat àliquid a Dòmino. si pensi adunque un tal uomo di ottener
*Vir duplex ànimo incónstans est in òmnibus cosa alcuna dal Signore. "L'uomo di animo
viis suis. doppio è incostante in tutte le sue vie.

3 Rom. V, 3. « Matth. VII, 7 et XXI, 22; Marc. XI, 24; Lue. XI, 9; Joan. XIV, 13 et XVI, 23, 24.

sione. Il6iao:ropà = dispersione, è usato


nome alcuno di voi, ecc. Questa proposizione ipotetica
dai LXX
per significale gli Israeliti, che dopo equivale a sempre che avete bisogno, ecc. La sa-
l'esiglio restarono dispersi tra le nazioni pagane. pienza. Qui si tratta della sapienza cristiana, che
Salute, f ormola di saluto molto usata dai greci nelle tribolazioni ci fa conoscere la mano di Dio,
(Ved. Atti, XV, 23; XXIII, 26). il quale per mezzo di esse ci guida alla perfe-
2. Nella prima istruzione (I, 2-18), S. Giacomo
zione e alla salute, e ci insegna a soffrire con
gioia e con rassegnazione. Come è chiaro questa
esorta i suoi lettori a sopportare con pazienza
le varie tribolazioni, a cuivanno incontro a motivo sapienza è necessaria per ogni cristiano. La chieda
della loro fede. Fratelli miei. Quanta tenerezza di a Dio. La preghiera è il gran mezzo per ottenere
affetto in questa espressione sì spesso ripetuta
ogni grazia da Dio. Che dà a tutti abbondante-
dall'Apostolo (I, 16, 19; II, 5; IV, 11; V, 7, 9, mente. Il greco àn\&q significa semplicemente.
19). Abbiate come argomento di vero (meglio di
Dio dà per sua pura bontà senza altri fini (Ved.
perfetto) gaudio (Cf. Matt. V, 11-12; Atti V, 41).
Rom. XII, 8), e quindi dà con liberalità e con
Le varie tentazioni, ossia le persecuzioni e le tri- abbondanza. Egli non rimprovera coloro che gli
bolazioni, alle quali in modo speciale andavano presentano suppliche, né rinfaccia loro i bene-
fizi già altre volte concessi.
«oggetti i cristiani ebrei da parte dei loro con-
nazionali (Ved. I Tess. II, 14; Ebr. X, 32-34). La preghiera per essere efficace deve es-
6-7.
Vengono dette tentazioni, perchè servono a pro- sere accompagnata dalla fede, ossia dalla fiducia
vare la fede e le altre virtù (Ved. Lue. XXII, 28; nella bontà e nella potenza infinita di Dio (Cf.
I Cor. X, 13, ecc.). Queste tribolazioni vanno sof- Matt. XVII, 18; XXI, 30; Mar. XI, 23, ecc.).
ferte volentieri, perchè producono grandi van- Senza esitare, ossia senza dubitare né della sua
taggi (2-4). potenza, né della sua bontà, né della sua fedeltà
nel mantenere le promesse fatte (Ved. Matt. XXI,
3. La prova della vostra fede, ossia il fatto che
21). Chi esita, ossia chi prega, ora sperando di
la vostra fede sia messa alla prova per mezzo
ottenere e ora diflfìdando che Dio gli conceda ciò
della tribolazione, produce
pazienza, ossia serve
la
che domanda, è simile al flutto del mare, vale a
• renderla più ferma, come la guerra serve a
dire si mostra incostante. Ora Dio ha promesso
rendere più forte e valoroso il soldato (Ved. n.
le sue grazie a coloro che avrebbero perseverato
Rom. V, 3). Il greco vjtohovtiv, tradotto pazienza
nella preghiera (Ved. Lue. XI, 9; XVIII, 1). Per
significa piuttosto perseveranza, costanza.
conseguenza un tal uomo, che dubita, non deve
4. La pazienza, ossìa questa perseveranza nella pensarsi di ottenere cosa alcuna di quelle che
fede, fa opera perfetta, ossia deve essere accom- chiede dal Signore. Dice Sant'Agostino (Serm.
pagnata, oppure deve produrre opere virtuose; o 15): se manca la fede, l'orazione perisce... la
anche, secondo Estio, deve condurre alla perfe- fede è la fonte dell'orazione.
zione l'opera sua, vale a dire durare sino alla
8. L'uomo di animo doppio (gr. 6it})uXoq) non
fine. Nei codici greci e in parecchi latini invece
è qui colui che simula una cosa e ne pensa un'ala
dell'indicativo habet vi è il soggiuntivo habeat,
tra, ma é colui che è animato da sentimenti con-
Éxétoo = abbia (faccia). Affinchè, ecc. Il motivo,
trarli, e un po' vuole una cosa, e un po' un'altra,
per cui la costanza nella fede deve essere accom-
ora confida, ora diffida, ecc. E incostante non
pagnata dalla pratica delle varie virtù, oppure solo nelle sue orazioni, ma in tutto il suo modo
deve durare sino alla fine si è affinchè nel giorno
di agire, e quindi non può ottenere quello che
del giudizio siano trovati perfetti e intieri, ossia
r
chiede. Nelle sue vie andando un po' a destra
ornati di tutte le virtù, e manchevoli di nulla, ossia
e un po' a sinistra, come un ubbriaco. Nel greco
senza alcun diietto. Colui che pratica a dovere la tutto questo versetto può considerarsi come appo-
pazienza cristiana, non manca dì arrivare in breve sizione a un tal uomo del versetto precedente.
alla perfezione. Non pensi di ottenere qualche cosa dal Signore
5-8. Si deve domandare a Dio la vera sapienza, un tal uomo doppio di animo e incostante in tutte
la quale è indispensabile per ogni cristiano. Se h sue vie.
512 S. Giacomo. I. 9-14

^Gloriétur autem frater hùmilis in exalta- ®Ora il che è in basso stato, si


fratello,
tìóne sua : "Dives autem in humìlitàte sua, gloriì della sua
esaltazione ^°il ricco poi :

quónìam sicut flos foeni transibìt "Exór- : della sua umiliazione, perchè egli passerà
tus est enim sol cum ardóre, et arelécit foe- come fior d'erba "si levò infatti il sola
:

num, et flos eius décidit, et decor vultus cocente, & l'erba si seccò, e il fiore n^
eius depériit : ita et dives in itinéHbus suis cadde, e la venustà dell'aspetto di lui perì :
marcéscet. così anche il ricco appassirà nelle sue vie.
^^Beàtus vir, qui suffert tentatiónem : quó- . "Beato l'uomo che soffre tentazione :

niam cum probàtus fùerit, accìpiet corónam perchè quando sarà stato provato, riceverà
vitae, quam repromisit Deus diligéntibus se. la corona di vita promessa da Dio a coloro
"Nemo cum quóniam a Deo
tentàtur, dicat che lo amano. "Nessuno, quand'è tentato,
tentàtur Deus enim intentàtor malórum
: dica che è tentato da Dio poiché Dio non :

est ipse autem néminem tentai. "Unus-


: è tentatore di cose male ed egli non tenta
:

quìsque vero tentàtur a concupiscéntia sua nessuno. ^''Ma ciascuno è tentato dalla pro-

i« Eccli. XIV, 18; Is. XL, 6; I Petr. I, 24. Job. V, 17.

9. Nei vv. 9-11, raccomanda la-^ pratica del- vita eterna (Cf. espressioni analoghe : II Tim.
l'umiltà. L'Apostolo torna a parlare della gioia, IV, 8; I Piet. V, 4, ecc.). Nelle parole dell'Apo-
che il deve provare in mezzo alle affli-
cristiano stolo vi è un'allusione agli antichi giuochi (I Cor.
zioni. Il fratello, cioè il cristiano, che è in basso IX, 25; II Tim. II, 5, ecc.). A quelli che lo amano.
stato, ossia che è povero (per opposizione a ricco Condizione indispensabile per ottenere tale corona
del versetto seguente) sia per nascita (I Cor. I, è l'amore di Dio, che è la fonte e la radice di
26), sia a motivo di spogliazioni subite (Ebr. X, t)gni merito per la vita eterna. Senza questo amore
34) si gloriì iella sua esaltazione alla diguità di a nulla giova tutto il resto (Cf. I Cor. XIII, 1
cristiano. Per il vero cristiano illuminato dalla e ss.).
sapienza divina (5) anche la povertà è morivo di
13-15. La tentazione esua origine. Dio non
la
gloria e di gaudio (Matt. V, 3), poiché gii fa
ottenere il centuplo in terra e la vita eterna in
sollecita al male, ma
sollecitazione proviene
tale
dalla nostra concupiscenza (Cf. Eccli. XV, 11).
cielo (Matt. XIX, 29).
Quando è tentato, ossia quando si sente solle-
10. // cristiano ricco deve gloriarsi non delle citato al male sia a motivo delle afflizioni e delle
«uè ricchezze materiali, ma della sua umiliazione, tribolazioni esterne, sia a motivo di passioni in-
ossia della sua debolezza e del suo nulla davanti terne, niuno deve dire che è tentato da Dio,
a Dio, riconoscendo che ben misera cosa sono poiché Dio non è tentatore, ecc. Il greco drretpa-
le ricchezze le quali così presto si devono abban- OToq, tradotto dalla Volgata all'attivo intentàtor
donare. Il ricco colle sue ricchezze passerà come (non tentatore) ha piuttosto un senso passivo :
fior d'erba, vale a dire sarà ben presto dalla Dio non è tentato, ossia non è sollecitato al male,
morte spogliato di tutte le sue ricchezze, come il e così Egli non tenta nessuno. Dio é santità in-
fiore d'erba è presto spogliato della sua bellezza finita, e quindi in lui non vi può essere, né da
(Cf. Giob. XIV, 2 Salm. XXXVI, 2 Is.XI, 6, ecc.).
; ;
lui può provenire alcuna sollecitazione al male.
Alcuni (Ceulemans. Cf. Camerlynck, h. 1.) pen- La traduzione della Volgata dà orìgine a una
sano che qui si parli del ricco in generale (non tautologia, poiché i due ultimi membri del ver-
cristiano). L'Apostolo direbbe con ironia Si glorii :
setto dicono la stessa cosa. È da osservare che
pure il ricco dell'umiliazione che lo aspetta, poi- la parola tentazione può prendersi come sinonima
ché ben presto come fiore egli passerà. di sollecitazione al male, e in questo senso non
11. Svolge la proposizione precedente. 7/ sole può provenire da Dio, e può prendersi come sino-
cocente. Il greco oùv zqt xaTJocovi potrebbe meglio nima di prova, e in questo senso si dice che Dio
tradursi, si levò il sole con il vento cocente. Si tenta, ossia prova, la virtù dei suoi fedeli per
tratta quindi di un vento proveniente dal deserto, mezzo delle tribolazioni (Ved. n. I Cor. X, 13).
che soffia talvolta in Palestina, e viene come a 14. Ma ciascuno, ecc. La vera causa della sol-
bruciare e a far seccare le piante e le erbe (Giob. lecitazione al male è la concupiscenza, ossia
XXVII, 21 Lue. XII, 55). Così, ecc. Fa rapplì-
;
quella perversa inclinazione al male causata in
cazione della similitudine. Nelle sue vie, eb'raismo noi dal peccato di origine, la quale rimane anche
per indicare le sue azioni, i suoi disegni. Ben dopo il Battesimo. Essa non é peccato, ma pro-
presto vedrà come sìa cosa vana confidare nelle viene dal peccato, e inclina al peccato (Cf. Con.
ricchezze, che sono un bene così labile. Trid., ses. V, n. 5). Vedi quanto dice S. Paolo,
12. Nei vv. 12-18 mostra che le tentazioni non Rom. VI-VII, su questo stesso argomento. S. Gia-
provengono da Dio, che è l'autore di tutti i doni como spiega ora in qual modo la concupiscenza,
e dì tutti i benefizi. Il v. 12 serve di transizione. a cui non si resiste, faccia nascere il peccato. La
Beato l'uomo, ecc., allusione alle beatitudini concupiscenza atrae (il greco è^z\-x.ó\ie\oq signi-
evangeliche (Matt. V, 3 e ss. Lue. VI, 20 e ss.). ; fica, in senso proprio, l'azione, con cui i caccia-
Che soffre, ossia, secondo
forza del greco, che
la tori cercano di attirare gli animali fuori dei loro
rimane costante nelle tribolazioni senaa cadere. nascondigli) e alletta (il greco SeAea^ónevoq si dice
Quando sarà stato provato, vale a dire quando dei pesci, che sono allettati dall'esca). Questi due
avrà fatto le sue prove, e sarà stato trovato forte termini in senso traslato si dicono delle donne
in questa battaglia, riceverà come premio la co- di cattiva vita, le quali con mille arti tentano di
rona di vita, ossia la corona che consiste nella sedurre gli uomini. Così fa anche- la concupiscenza ;
S. Giacomo, I, 15-20 6i3

abstràctus, et illéctus. "Deinde concupi- pria concupiscenza, che lo attrae e lo al-


scéntia cùm concéperit, parit peccàtum : letta. "Indi la concupiscenza, quando ha
peccàtum vero cùm consummàtum fùerit, concepito, partorisce il peccato il peccato :

generai mortem. poi, consumato che sia, genera la morte.

^"Nolite itaque errare fratres mei dìlec- ^*Non vogliate adunque ingannarvi, fra-
tìssimì. ^^Omne datum òptimum, et omne tellimiei dilettissimi. ^^Ogni buon dato e
donum perféctum desùrsum est, descéndens ogni dono perfetto viene dall'alto, scen-
a Patre lùminum, apud quem non est trans- dendo da quel Padre dei lumi, in cui non
mutàtio, nec vicissitudinis obumbràtio. "Vo- è mutamento, né alternativa di adombr:i-
luntàrie enim génuit nos verbo veritàtis, ut ménto. **Egli infatti di sua volontà ci ge-
simus initium àliquod créatùrae eius. nerò per la parola di verità, affinchè noi
siamo quali primizie delle sue creature.
"Scitis fratres mei dilectissimi. Sit autem "Voi lo sapete, fratelli miei dilettissimi.
omnis homo velox ad audiéndum tardus : Che ogni uomo sia pronto ad ascoltare :
autem ad loquéndum, et tardus ad iram. lento a parlare, e lento all'ira. ^''Poiché
^°!ra enim viri, ìustitiam Dei non operàtur. l'ira dell'uomo ^non adempie la giustizia di

19 Prov. XVII, 27.

essa attrae e alletta al peccato proponendo l'og- alcun nostromerito (Efes. I, 5), ci generò alla
getto delle sue brame, ma finché l'uomo non ac- vita della grazia, facendoci suoi figli (Giov. I, 13;
consente, non v' e nessuna jo.pa. I Giov. 9; I Piet. I, 3), per la parola di
Ili,
verità, ossia per mezzo della predicazione del
15. concepito, ecc. Se l'uomo invece
Quando ha Vangelo, affinchè noi (questo noi sì trova nel
di resistere si mostra indolente, e si ferma nella
greco) cristiani convertiti dal Giudaismo, e per
dilettazione del male, allora la concupiscenza, uni-
conseguenza chiamati per i primi al Vangelo (Rom.
tasi alla volontà, comincia a concepire il peccato,
I, 16; I Cor. XV, 20; XVl, 15, ecc.), siamo quali
che poi partorisce mediante il pieno e perfetto primizie. Il greco dnapXi), tradotto initium, signi-
consenso. Ora quando vi è il pieno consenso fica propriamente primizie, e si diceva dei primi
della volontà in cosa gravemente illecita, si ha il
frutti, che dovevano essere offerti a Dio (Lev.
peccato consumato, ossia perfetto, vale a dire XXIII, 10; Deut. XXVI, 2). I Giudei convertiti
mortale, che genera la morte, ossia spoglia l'anima
sono le primizie di tutte le sue creature (nel greco
della grazia, che è i! principio della vita sopran-
vi è il plurale, e non il singolare come nella Vol-
naturale, e rende l'uomo reo ai morte eterna.
gata), ossia di tutti coloro che sono chiamati a
Alcuni (p. es. Estio, Crampon, ecc.), per il pec-
far parte della Chiesa fondata da Gesii Cristo;
cato consumato intenoonc ,'<»tto ssterno lei pec-
e sono tali, non solo perchè convertitisi i primi,
ca:o, ma è preferibile /interpreta7ione -«atc, poiché
ma anche perchè la loro conversione era un pre-
non sole il peccate esterno, ma anche l'atto in- sagio dei frutti abbondantissimi, che la predica-
terno della volontà rende rei di morte eterna.
zione del Vangelo avrebbe prodotti nel mondo
lG-18. Dio, lungi dall'essere la causa dei nostri (Cf. Rom. XI, 16; XVI, 15; I Cor. XVI, 15).
peccati, è invece l'autore di ogni bene. Non vo- 19. Nella seconda istruzione (I, 19-11, 26) in-
gliate ingannarvi, vale a dire, sia lungi da voi culca la necessità di una fede viva e operante ^
l'errore di credere Dio autore delle vostre ten- per la carità. Comincia col raccomandare la man-
tazioni (v. 13). Non solo Dio non è l'autore della suetudine e la pratica della religione cristiana
colpa, che anzi da lui soloprovengono tutte le (19-25). Sapete (gr. \axt.). Tale è la migliore le-
grazie e i doni celesti. Ogni buon (gr. àyaOn) zione dei codici greci, che è da preferirsi alla
dato, ogni dono perfetto (réXeto'N), vaie a dire lezione oóote = così che del greco ordinario. Que-
tutti doni soprannaturali della grazia, vengono
i
sto verbo non si riferisce a quel che precede,
dall'alto, cioè da Dio (Cf. Giov. VI, 32-33; Atti ma a quel che segue, come se si dicesse : Vi è
XIV, 17). Padre dei lumi, ossia fonte e creatore noto il proverbio sia l'uomo pronto, ecc. Le
:

tanto della luce fisica (sole, stelle ecc.), come tre parti, di cui consta il proverbio citato, si tro-
della luce intellettuale, e della luce della grazia vano anche nei libri sapienziali (Prov. XIII, 3;
e della gloria (Cf. Giov. I, 9; I Giov. I, 5; Efes. XVII, 27; Eccle. V, 2; Eccli. IV, 29, 34; V, 5;
V, 8). Questo titolo non è usato in altro luogo XX, 7, ecc.). Pronto ad ascoltare la parola di
della Scrittura. Non vi è mutamento, come si verità (Cf. v. 18), lento a parlare, vale a dire non
ha p. es. nei corpi celesti, che almeno apparen- voler subito farla da maestri riguardo alla verità
temente mutano di luogo, né alternativa di adom- evangelica (Cf. Ili, 1), lento all'ira che facil-
bramento, come si ha p. es. nella luna. Ora come mente può eccitarsi quando si disputa e si discute
mai un Dio, che è la stessa luce immutabile ed (Cf. in, 14-16).
eterna, potrebbe oscurare la mente dell'uomo e
20. Poiché, ecc. Dà la ragione perchè l'uomo
sollecitarlo male?
I al
debba essere lento all'ira. L'uomo adirato non
18. Non
solo Dio è l'autore di ogni bene, che adempie la giustizia di Dio, ossia non compie ciò
è in noi, ma
di più Egli ci ha accordata la grazia che è giusto davanti a Dio, oppure, secondo altri :

della salute. Ora come mai un Dio che per pura l'ira non rende giusti davanti a Dio (Eccli. I, 21 ;

sua bontà ci ha salvati, potrebbe sollecitarci al Rom. I, 17 e ss.), anzi colui, che sì lascia domi-
male? Per sua volontà puramente gratuita, e senza nare dall'ira, viola su molti punti la legge di Dio.

33 — Sacra Bibbia, voi. II.


514 S. Giacomo, I, 21-26

**Propter quod obiiciéntes omnem immun- Dio. ^^Per la qual cosa rigettando ogni im-
ditiam, abundàntiam malìtiae, in man-
et mondezza e malizia ridondante, abbracciate
suetùdine suscipite insitum verbum, quod con mansueto animo la parola innestata (in
potest salvare ànimas vestras. voi), la quale può salvare le vostre anime.

^^Estóte autem factóres verbi, et non audi- ^^Siate perciò facitori della parola e non
tóres tantum falléntes vosmetipsos. ^^Quia
: solamente uditori, ingannando voi stessi.
si quis auditor est verbi, et non factor : hic ^^Poichè se uno è uditore e non facitore
comparàbitur viro consideranti vultum ;iati- della parola, egli rassomiglierà a un uomo
vitàtis suae in speculo ^''Consideràvit enim
: che considera il nativo suo volto in uno
se, et àbiit, et statim oblitus est qualis fùerit. specchio ^^il quale considerato che si è,
:

^*Qui autem perspéxerit in legem perféc- se ne va, e si scorda subito quale egli fosse.
tam libertàtis, et permànserit in ea, non au- ^*Ma chi mirerà addentro nella legge per-
ditor obliviósus factus, sed factOr óperis : fetta della libertà, e in essa persevererà, non
hic beàtus in facto suo erit. essendo uditore smemorato, ma facitore di
opere questi sarà beato nel suo operare.
:

autem putat se religiósum esse,


^*Sì quis -®Che se uno si crede di essere religioso,
non refrénans linguam suam, sed sedùcens senza raffrenare la propria lingua, anzi se-

Matth. VII, 21, 24; Rom. II, 13.

21. Spiega le parole pronto ad ascoltare (v. 19). chie dì mille peccati, ma poi sì dimentica ben
Per la qual cosa, ossia poiché l'ira non compie presto di quel che ha veduto, e non si cura di
ia giustizia di Dio, ma piuttosto trasgredisce la far scomparire le macchie notate, ecc., onde ne
legge divina, perciò rigettando (il greco ditoGénevoi avviene che l'aver udito la parola evangelica non
si dice dell'azione di deporre una veste) ogni im- porta nessun frutto e diventa inutile (Cf. Lue. XI,
mondezza (il greco pvnapiav, non usato* altrove 28; Rom. II, 13).
nel Nuovo Testamento, significa le macchie di
25. Al semplice e superficiale uditore della
una veste, II, 2) di peccato e di ira, e la ridon-
legge evangelica contrappone ora colui che fa suo
dante malìzia (lett. ogni escrescenza di malizia),
studio principale l'osservanza della medesima
ossia quella malizia che ridonda, ed è causa di
legge. Mirerà addentro (il greco napa-nvmetr
molti peccati; abbracciate con pace e tranquillità
significa propriamente curvarsi sopra un oggetto
la parola evangelica innestata (gr. É|acpt)Tov), ossia
per osservarlo meglio) vale a dire considererà con
piantata nei vostri cuori, quando vi siete conver-
ogni attenzione, la legge perfetta della libertà,
titi (Cf. Matt. Xm,
3 e ss. ; I Piet. I, 23). Questa
che è il Vangelo, e di più persevererà (opposto a
parola evangelica, se ricevuta con fede e pra-
se ne va, versetto 24) in questa considerazione
ticata, può, ossia ha la virtiì di salvare, cioè di
non solo per conoscere la legge, ma per prati-
condurre alla vita eterna le anime vostre (Cf. II,
carla, costui nel suo operare, vaie a dire nel-
14; Rom. I, 16).
l'ossequio che presta al Vangelo, sarà beato della
22. Fa ora vedere che non basta ascoltare la beatitudine della grazia nella vita presente, e della
parola di Dio, ma si deve metterla in pratica. La beatitudine della gloria nella vita futura. Si os-
fede deve essere accompagnata dalle buone opere. servi che la legge evangelica viene chiamata per-
Siate (gr. viVeoGe = diventate) facitori della parola, f(Stìa, in opposizione alla legge mosaica, la quale,

ossia mettete ineseguite colle opere


pratica, benché buona in sé, non condusse però nulla alla
quanto è prescritto dalla parola evangelica. .Non perfezione (Eb. VII, 19). Il Vangelo viene inoltre
uditori solamente (Ved. n. Matt: VII, 24 e ss.). chiamato legge dì libertà, perchè ci libera vera-
Ingannando voi stessi, col lusingarvi che per es- mente dal peccato e ci rendè figli di Dio (Gal. IV,
sere salvi basti ascoltare in qualsiasi modo la 24, 29) ; mentre invece l'antica legge era un giogo
parola di Dio. Questa stessa dottrina è anche di schiavitù (Ved. Atti XV, 10; Gal. IV, 4; V, 1),
insegnata ,da S. Paolo, Rom. II, 13. Ved. «n. ivi. impotente a cancellare la colpa, e traeva gli
uomini a servire a Dio più col timore che col-
23-24. Con una bella similitudine conferma che l'amore (Cf. II Cor. Ili, 17).
non basta ascoltare la legge. Considera, cioè os-
serva attentamente. Nativo, per opposizione a im- 26. Nei vv. per mezzo dì due esempi
26-27,
bellettato artificialmente. Lo specchio, presso i fa vedere che cosa debba intendere per facitore
si

Giudei e i Roniani (Cf. I Cor. XIII, 12), era for- della parola (v.Se uno per folle illusione
23).
mato di metallo lucido. Dice quindi l'Apostolo: si immagina di essere religioso (il greco Gpnxóq
come un uomo che si mira allo specchio, se ciò non è- usato in altro luogo nel Nuovo Testamento,
faccia con negligenza, appena allontanatosi dallo e significa pio, divoto, religioso, ecc.), ossia di
specchio più non ricorda quale egli fosse, né per compiere tutti suoi doveri verso Dio, ma intanto
ì

conseguenza si cura dì far scomparire le macchie non frena la propria lingua, e la lascia prorom-
del viso, così anche colui, che si contenta solo pere nelle nelle calunnie, nelle be-
detrazioni,
dì udire la parola del Vangelo. Questa dottrina, stemmie (IH, 14; IV, 11 e ss.), costui inganna
9,
in quanto ci ìndica le virtù da praticare e i vizi se stesso, e la sua religione, cioè il culto che egli
da fuggire, ecc., é come uno specchio; ma chi presta a Dio, è inutile e vano, poiché la vera
si accosta solo per udirla, vede bensì in esso religione importa qualche cosa di più oltre «1
rirl&ssa la sua immagine contaminata dalle mac- culto prestato a Dio.
S. Giacomo, I, 27 II, 4 515

cor suum, huius vana est religio. ^^Religio ducendo il proprio cuore, la religione di
munda, et immaculàta apud Deum et Patrem, costui è vana. ^^Religione pura e immaco-
haec est Visitare pupillos, et
: viduas in lata nel cospetto di Dio e del Padre è que-
tribulatióne eórum, et immaculàtum se cu- sta :visitare i pupilli e le vedove nella loro
stodire ab hoc saéculo. tribolazione, e conservarsi puro da questo
secolo.


CAPO II.

No-n fare accettazione di persone, 1-13. — La fede per giovare alla salute deve
essere accompagJiata dalle ofere, 14-26.

^Fratres mei, nolite in personàrum accep- ^Fratelli miei, non vogliate tenere la fede
tióne habére fidem Domini nostri lesu Chri- del glorioso Signor nostro Gesìi Cristo, e
sti glóriae. ^Etenim si introierit in convén- insieme l'accettazione delle persone. *Poi-
tum vestrum vir àureum ànnulum habens chè se nella vostra adunanza entrerà un
in veste càndida, introierit autem et pauper uomo che ha l'anello d'oro, e il vestimento
in sordido hàbitu, ^Et intendàtis in &um, qui splendido, ed entrerà anche un povero in
ìndutus est veste praeclàra, et dixéritis ei : sordida v^ste, 'e vi rivolgerete a colui che
Tu sede hic bene pàuperi autem dicàtis
: : è vestito splendidamente, e gli direte Siedi :

Tu sta illic aut sede sub scabéllo pedum


: tu qui in luogo d'onore al povero poi di- :

meórum : ^Nonne iudicàtis apud vosmetip- rete Tu sta ritto così ovvero, siedi sotto
: ;

sos, et facti >tis iùdices cogitatiónum ìni- lo sgabello dei miei piedi : ^non venite voi
quàrum ? a far distinzione dentro voi stessi, e diven-
tate giudici d'iniquo pensare?

> Lev. XIX, 15; Deut. I, 17 et XVI, 19; Prov. XXIV, 23; Eccli. XLII, 1.

27. Religione pura, ossia vera o sincera, e im- varii modi con cui manifestava)
tale parzialità sì
macolatay cioè non contaminata (Mar. VII, 20-23), delle persone, perchè due cose ìncom-
si tratta dì
nel cospetto di Dio, che è ancora il Padre di possibilì. La fede viene detta di Gesù
cristiana
tutti, ma specialmente dei cristiani, è questa: vi- Cristo, perchè ha Gesii Cristo per oggetto e per
sitare (il greco èmoxénreo0ai significa propria- aurore. Ora Gesù Cristo sì è sempre mostrato
mente provvedere del necessario), ossia venire in imparziale, e non ha mai fatto acccttazioni di
soccorso ai pupilli e alle vedove. L'Apostolo persone, come riconoscevano i suoi stessi nemici
parla in genera^^ delle opere di misericordia, e in- (Matt. XXII, 16); e perciò non può essere vero
dica due classi di persone, le quali ordinaria- cristiano colui che fa altrimenti dal divino maestro.
mente sono le "pili bisognose di aiuto. Alla falsa Gesù Cristo è chiamato Signore glorioso (lett. Si-
religiosità, che resta sterile e inattiva, l'Apostolo gnore della gloria), perchè a Luì come a Padrone
oppone l'attività misericordiosa della vera pietà compete la gloria (I Cor. II, 8), ed Egli è la
verso Dio. Conservarsi, ecc. Altro carattere della causa della nostra futura gloria nei cieli. Se
vera religion^e è il tenersi lontani da seguire le poi Gesù Cristo è Signore della gloria, ne segue
massime corrotte di questo secolo, ossia del che quegli dev'essere più onorato e glorificato
mondo (I Giov. V, 19). «Tutta la religione, tutto che è più vicino a Gesù Cristo. Per conseguenza
il culto di Dio consiste nell'amore di Dio e questo nell'onore che si rende agli uomini si deve guar-
amore di Dio per nessun altro indizio può meglio dare a Gesù Cristo, e non già alle qualità naturali,
conoscersi, se sia in noi, che per l'amore verso dì cui uno può essere dotato.
dei prossimi, e per l'avversione delle massime e 2-4. Questi tre formano un solo pe-
versetti
delia corruzione del secolo (Cf. II Piet. I, 4; II, riodo, la cui protasì sì ha ai vv. 2-3 e l'apodosi
20) » Martini. al V. 4, sotto forma interrogativa. Nella vostra
adunanza. Qui sì parla dì un'adunanza sacra.
Infatti il greco mjvoYooYTiv è un termine tecnico,
CAPO II. che significa le adunanze religiose dei Giudei, e
che nei primi tempi veniva talvolta anche usato
1. Continua a mostrare come la vera religione per indicare le adunanze religiose dei cristiani,
importi anche la pratica della carità fraterna, la sopratutto quando questi erano Giudei. Un uomo,
quale deve specialmente manifestarsi coll'evitare cioè un cristiano ricco, che ha l'anello d'oro e il
le accettazioni di persone, per cui sì preferisce vestimento splendido (il greco Xa)Li:rp(? ìndica un
l'uno all'altro a motivo delle qualità esteriori e vestimento luccicante di qualsiasi colore. Cf. n.
naturali (1-13). —
flon vogliate tenere, o meglio Lue. XXIII, 11). L'anello e il vestito luccicante
unire, la fede cristiana coW accettazione (nel greco erano presso ì Greci e Romani i due segni di-
ì

vi è il plurale ^v spoooojroXni-i^t»^'; che indica i stìntivi di un uomo ricco. Un povero in sordida

\
516 S. Giacomo, II, 5-11

'Audite fratres mei dilectissimi, nonne ^Sentite, fratelli miei dilettissimi, non ha
Deus pàuperes in lioc mundo, divites
elégit Dio eletti poveri in questo mondo, (ad
i

in fide, et herédes regni, quod repromisit essere) ricclii di fede, ed eredi del regno pro-
Deus diligéntibus se? "^Vos autem exhono- messo da Dio a coloro che lo amano? ^Ma
ràstis pauperem. Nonne divites per potén- voi avete disonorato il povero. Non sono
tiam ópprimunt vos, et ipsi trahunt vos ad forse i ricchi che vi opprimono con prepo-
iudicia? 'Nonne ipsi blasphémant bonum tenza, ed essi che vi trascinano ai tribu-
nomen, quod invocàum est super vos? nali? ^Non sono essi che bestemmiano il
bel nome, con cui voi siete stati appellati?
'Si tamen legem perficitis regàlem se- *Se però osservate la legge regia secondo
cundum Scriptùras : Dilìges próximum tuum le Scritture Amerai il prossimo tuo come
:

sicut teipsum : bene fàcitis : ^Si autem per- te stesso fate bene: ^Ma se fate accetta- :

sónas accipitis, peccàtum operàmini, redar- zione di persone, commettete peccato, e


guti a lege quasi transgressóres. "Quicum- siete redarguiti dalla legge come trasgres-
que autem totam legem servàverit, offendat sori. ^°Ora chiunque avrà osservata tutta la
autem in uno, factus est omnium reus. ^^Qui legge, ma avrà peccato in uv solo punto, è
enim dixit, Non moechàberis, dixit et, Non diventato reo di tutto. "Poiché chi disse :

« Lev. XIX, 18; M.atth. XXII, 39; Marc. XII, 31; Rom. XIII, 9; Gal. V, 14. • Lev. XIX, 15;
Sup. I. 1» Matth. V, 19.

veste, contrasto collo splendore e lo sfarzo de! 6. Voi avete disonorato il povero col vostro
ricco. Vi rivolgerete. I! greco éjrtpXéijjTiTe significa modo di agire così opposto a quello di Dio.
(2-3)
riguardate con ammirazione. In luogo d'onore, 7 ricchi anche cristiani (I Cor. VI, 1). Vi oppri-
ossia nel luogo più comodo e onorato. Sta ritto mono con vi è una parola
prepotenza. Nel greco
in piedi, contrasto con siedi, detto al ricco. Sotto sola xoTaòuvooTEuouctv =
asano della loro potenza
io sgabello dei miei piedi, cioè per terra, con- contro di voi. Purtroppo che i ricchi abusano
trasto col luogo d'onore dato al ricco. L'Apostolo talvolta della loro condizione per opprimere i

con tono severo biasima ora un tal modo di pro- poveri. Vi trascinano con violenza davanti ai tri-
cedere. Non venite voi a fare distinzione. Nel bunali, sia giudei (Cf. Atti IX, 2; XXVI, 11), e
greco vi è il passato : Non avete voi fatta distin- sia pagani (I Cor. VI, 1 e ss.). Ciò avveniva
zione nella vostra mente tra il ricco e il povero, specialmente nei tempi dì persecuzione.
prendendo a norma del vostro giudizio la sola 7. Non sono essi che bestemmiano. Questo
ricchezza e la sola povertà, mentre in Gesii Cri- verbo va probabilmente preso in largo senso, e
sto non vi è né ricco, né povero, né schiavo, significa che ì ricchi col loro modo di agire così
né padrone (Ved. n. Gal. Ili, 28; I Cor. i, 26 poco caritatevole verso i poveri, disonorano il
e ss.)? Alcuni traducono diversamente il greco nome di Gesù Cristo presso ì pagani, e sono
biexpi9i\Te : non esitate forse in voi stessi ri- la causa per cui esso sia bestemmiato e oltrag-
guardo alla fede (I, 6) ; oppure non avete voi giato (Cf. Rom. II, 17-24; I Tim. V, 1; Tit. I,
discernimento, ossia non siete voi forse incon- 16; II, ecc.).
5,
seguenti? Ma la spiegazione adottata ci sembra // bel nome non può essere che quello di Gesù
pili probabile. Giudici d'iniquo pensare, ossia Con cui, ecc. La frase quod invocatum est
Cristo.
giudici che nelle loro sentenze si lasciano guidare super vos è un ebraismo, che significa semplice-
da principii perversi, come è p. es. quello che mente : (Il nome di Gesù Cristo) che portate,
ricchi, a motivo delle loro ricchezze, debbano
i
oppure vi è stato dato. In forza di questo nome
essere preferiti ai poveri. voi siete detti cristiani. Alcuni (p. es. Calmes,
5. Nei versetti 5-7 fa vedere come un tal modo h. 1.) pensano che S. Giacom.o parli solo dei
di agire sia contrario agli insegnamenti di Gesù ricchi non cristiani, ma la sentenza contraria, che
Cristo (5-6*), e come i ricchi generalmente meri- cioè sì tratti dei ricchi cristiani è più comune.
tino assai poco tali preferenze {fi -7). Sentite, ecc.
8-9. Se nell'onorare i ricchi si intende di os-
Comincia col richiamare l'attenzione dei lettori.
servare la legge della carità, allora si compie un
Eletti a membri del regrio messianico, sia in
atto virtuoso (fate bene), ma se invece si intende
questo che nell'altro mondo (Cf. I Cor. I, 26
di fare accettazione di persone ossia parzialità,
e ss,). / poveri in questo mondo. 11 greco »tco7où<;
allora si commette peccato, e si è redarguiti, cioè
x^ KÓa\xq) può tradursi i poveri secondo il htor.do,
condannati, dalla legge divina quali violatori dì
oppure i poveri per riguardo ai beni di q.i'Sto
essa. La legge regia, vale a dire, la legge, che
mondo. Per il senso non vi è gran differenza.
come regina tiene il primato sulle altre, e tutte
Per essere ricchi, ecc. Ecco il fine che Dio sì
in sé le comprende, è la legge della carità (Matt.
propose nell'elezione dei poveri. Volle arricchirli
XXII, 40; Giov. XIII, 32-35; Rom. XIII, 8-10;
di fede, ossia dei beni apportati dalla fede, e /arli
Cor. XIII, 10, ecc.), che secondo la Scrittura
eredi del regno fondato da Nostro Signore pesù
I

suona così Amerai, ecc. (Lev. XIX, 18). Si fa


:
Cristo. I poveri furono i primi chiamati s' van-
accettazione dì persone, quando sì onora il ricco
gelo, e nei primi tempi costituivano 1? maggio-
perché ricco, e sì disprezza il povero perchè
ranza dei fedeli (Cf. Lue. VI, 20; XU^ <iì e ss.;
povero.
I Cor. I, 26-28). Ciò non 'deve far meraviglia,
poiché Gesù Cristo si è fatto povero Egli stesso, 10-11. Prova che coloro ì quali fanno tali par-
e ai poveri ha promesso in modo speciale. U suo zialità,sono veramente trasgressori della legge.
regno. Ora. Nel greco invece di autem = ora, si legge
S. Giacomo, II, 12-18 517

occides. Quod si non moechàberis, occìdes Non fornicare, disse ancora Non ammaz- :

autem, factus es transgréssor legìs. zare. Che se non fornicherai, ma ammaz-


zerai, tu sei trasgressore della legge.
"Sic loquimini, et sic fàcite sìcut per le- ^"Così parlate, e così operate, come stando
gem incipiéntes iudicàrì. "ludi-
libertàtis per essere giudicati secondo la legge di li-
cium enim sine misericòrdia illì, qui non bertà. "Poiché giudizio senza misericordia
fecit misericórdiam superexàltat autem mi-: per colui che non ha usata misericordia :

sericòrdia iudicium. ma la misericordia trionfa del giudizio.


^"•Quld pròderit fratres mei si fidem quis "Che giova, fratelli miei, se uno dica di
dicat se hiabére, òpera autem non hàbeat? aver fede, e non abbia le opere? Potrà
la
Numquid póterit fides salvare eum? ^^Si forse salvarlo la fede ? ^"'Che se un fratello
autem fratrer, et soror nudi sint, et indì- e una sorella sono ignudi e bisognosi del
geant victu quotidiano, ^"^Dicat autem àliquis vitto quotidiano, "e uno di voi dica loro :

ex vobis illis Ite in pace, calefacimini et


: Andate in pace, riscaldatevi e satollatevi :

saturàmini non dedéritis autem eis, quae


: e non diate loro le cose necessarie al corpo,
necessaria sunt còrpori, quid pròderit? che gioverà? ''Cosi la fede, se non ha le
"Sic et fldes, si non hàbeat òpera, mòrtua opere, in se medesima è morta.
est in semetipsa.
^^Sed dìcet quis Tu fidem habes, et ego
: ^*Anzi qualcuno dirà : Tu hai la fede,
òpera hàbeo, osténde mìhi fìdera tuam sine ed io ho le opere. Mostrami la tua fede

»» I Joan. Ili, 17.

yàp = enim = poiché. Chiunque... avrà peccato 14. Nei vv. 14-26 fa vedere che per salvarsi
in ui%. solo punto, ossia avrà trasgredito un co- non basta fede, ma sono necessarie le opere.
la

mandamento della legge, è diventato reo dì tutto, Intorno alla relazione di questo passo colla lettera
ossia ha trasgredito tutta la legge, perchè ha ai Romani. Ved. Introduzione a questa lettera.
disprezzato l'autorità di Dio, da cui emanano ed L'Apostolo comincia a proporre sotto forma di
hanno la loro forza tutti i precetti delia legge. interrogazione il suo tema. Che giova per la sa-
Ora chi disprezza la volontà di Dio viene impli- lute eterna, se uno dica di avere, ed abbia real-
citamente a disprezzare tutti i precetti della sua mente, la vera fede e non abbia le opere ? La
legge (Cf. S. Tommaso I* II- q. 73, a. 1). fede se non è accompagnata dalle opere è sterile
Chi viola un precetto della legge diventa pure e informe. Ora, potrà forse salvarlo una tal fede ?
nemico di Dio, e perciò reo di eterna dannazione, La risposta non può essere dubbia. Non ogni
allo stesso modo di colui, il quale ha violato tutti fede basta alla salute, ma solo quella che opera
i precetti della legge. Non sarà certamente uguale per la carità (Ved. n. Gal. V, 6 e I Cor. XIII, 2).
la pena di chi ha peccato pili e di chi ha peccato Tale è pure la dottrina di Gesiì Cristo, M quale,
meno, ma la qualità del castigo, che è l'eterna dicendo agli eletti (Matt. XXV, 34) Venite bene- :

dannazione, sarà chiaro però che qui


uguale. È detti del Padre mio... perchè ebbi fame, e mi deste
si parla non di una qualsiasi trasgressione della da mangiare, ecc. ; mostra chiaramente, che le
legge, ma di una trasgressione grave. Poiché chi buone opere sono necessarie alla salute. Intorno
disse, ecc. Dà la ragione dell'affermazione prece- a questa verità vedi Sant'Agostino, De fide et
dente chi avrà peccato in un solo punto, ecc.
: operibus. È noto l'odio di Lutero contro questa
Dio è autore non solo dì questo o quel precetto, lettera di S. Giacomo, che condanna così aperta-
ma dì tutta la legge, ed Egli, che disse Non : mente uno dei principii fondamentali del pro-
fornicare, disse ancora : Non ammazzare, e diede testantesimo.
pure altri precetti, e perciò qualunque di questi Prova la tesi precedente. La fede senza
15-17.
comandamenti tu trasgredisca, vieni a ribellarti le opere è sterile e oziosa, come la carità che soc-
ì al legislatore e alla sua legge.
corresse i bisognosi con sole parole (Cf. I, 22 ;

12. S. Giacomo conchiude ora con un'esorta- II, 6 e ss.). Se un cristiano e una cristiana sono
zione generale: Così parlate, ecc., vale a dire: ignudi, ossia insufficientemente vestiti, e biso-
nelle vostre parole e nelle vostre azioni diporta- gnosi del viUo (Cf. Matt. XXV, 36, 43) e uno di
tevi come si conviene a coloro, che stanno per voi dica, ecc., scaldatevi, ossia vi auguro che
essere giudicati dalla legge evangelica, che è vi scaldiate, e non diate loro le cose necessarie
legge di libertà (Ved. n. 1,25). a scaldare e satollare // corpo, che gioverà a que-
13. Spiega perchè cristiani deM)ano dipor-
i
sti bisognosi la vostra compassione? Nulla per
tarsi in tal modo. Giudizio senza misericordia, ecc. certo. Così pure la vostra fede se non è accom-
Chi non pratica la carità e la misericordia verso pagnata dalle opere non potrà giovare nulla a
U prossimo sarà giudicato e condannato senza voi, poiché in tal caso essa è morta, non solo
misericordia da Dio (Cf. Matt. VII, 1) ; ma colui esternamente in quanto non produce alcun frutto
.ìhe è misericordioso non ha temere il giu- da visibile, ma in sé medesima e nella sua stessa
dizio, poiché la misericordia trionfa (gr. xataxao- radice, come una pianta che non solo non pro-
X&Tat), ossia supera e vince i7 giudizio, e induce duce frutti, ma è priva della linfa vitale.
Dio a mostrarsi misericordioso (Ved. n. Matt. V, 18.Conferma con un altro argomento la stessa
7). Beati i misericordiosi, perchè essi trove- verità. Qualcuno dirà, ecc. L'Apostolo non sì
ranno misericordia (Cf. Toh. IV, 7-11). propone un'obbiezione (Rora. IX, 19; 1 Cor. XV,

\
518 S. Giacomo, II, 19-23

opéribus : et ego osténdam tibi ex opéribus senza opere, ed io ti farò vedere colle
le
fi4£^n meam. ^®Tu quóniam unus est
credis opere mia fede. ^^Tu credi che Dio è
la
Deus Bene facis et daemones credunt, et
: : uno fai bene anche i demoni lo credono,
: :

contremiscunt. ^°Vis autem scìre o homo e tremano. ^°Ma vuoi tu conoscere, o uomo
inànis, quóniam fides sine opéribus mórtua vano, come la fede senza 1^ Oi^ere è morta ?
est?
^ ^Abraham pater noster nonne ex opéribus ^^Abramo padre nostro non fu egli giu-
iustiflcàtus est,ófferens Isaac filium suum stificato per via delle opere, avendo off-erto
super altare? ^"Vìdes quóniam fides coope- sull'altare Isacco suo figlio? ^^Tu vedl'come
rabàtur opéribus illius et ex opéribus fides
: la fede cooperava alle opere di lui : e per
consummàta est?^^Et suppléta est Scriptùra, mezzo delle opere fu consumata la fede?
dicens Crédidit Abraham Deo, et reputa-
: -^E si adempì la Scrittura che dice Abramo :

tum est illi ad iustitiam, et amicus Dei ap- credette a Dio, e gli fu imputato a giustizia.

21 Gen. XXII, 9. 23 Qen. XV, 6; Rom. IV, 3; Gal. Ili, 6.

35), come potrebbe sembrare. Nessuno infatti di ficato (Rom. III, 24) per una fede morta e ste-
coloro ai quali scrive avrebbe potuto dire a lui : rile, ma per via delle opere, ossia per una fede
tu hai la fede ed io ho le opere, poiché il rim- attiva ed operante, e animata dalla carità. Tra
provero, che loro muove, è precisamente di non le opere di questa fede S. Giacomo ricorda quella
avere le opere. Ma egli introduce un cristiano che era più grande e più nota, cioè l'immola-
di buon senso, il quale potrebbe dire a colui, che zione di Isacco (Cf. Gen. XXII, 9; Ebr. XI, 17-
crede bastare la fede senza le opere : Tu hai la 18). La dottrina di S. Giacomo non contraddice
fede, ed io ho le opere. Ebbene mostrami la tua punto a quanto insegna S. Paolo (Rom. Ili, 28),
fede senza le opere, ossia provami senza ricor- che l'uomo è giustificato per mezzo della fede
rere alle opere che tu hai la vera fede : al con- senza le opere della legge, e che (Rom. IV, 2)
trario io colle mie opere, che sono frutto della Abramo non fu giustificato per mezzo delle opere,
fede, posso dimostrarti che in me vi è la fede. ma per mezzo della fede, poiché, come spiega
La fede è un dono interiore e spirituale, e non il Concilio di Trento (sess. VI, cap. 8-10), San
può vedersi esternamente se non per mezzo delle Paolo parla delle opere antecedenti alla fede e
opere. Non solo quindi senza le opere la fede è alla giustificazione, delle opere della legge mo-
morta, ma non si può neppure dimostrare che saica come tali, delle opere che non hanno per
essa esista. principio e radice la fede di Gesù Cristo, e sono
mostrare fatte senza l'influsso della grazia soprannaturale
19. Altro argomento per l'inutilità
della fede senza le opere. Tu, p. es., credi che
(Cf. Rom. e ss.; Gal. 31 e ss.; Gal. II,
IX, 31

Dio è uno. L'unità di Dio è il dogma fondamen- 16; III, Di queste opere dice che non
10, ecc.).
giovano conseguire la giustizia. S. Giacomo
a
tale della religione cristiana, e l'ammettere questa
invece parla delle opere che seguono la giusti-
verità è cosa buona (fai bene). Ma questa cogni-
ficazione e ne sono come le compagne insepara-
zione puramente speculativa non basta da sola
bili, ed hanno la loro radice nella iede viva *n
alla salute, poiché anche i demonii, convinti dalla
forza della verità, credono quel che tu credi, e
Gesù Cristo. Anche S. Paolo in mille luoghi parla
della necessità di queste opere (Cf. Eb. XI, I
tuttavia, ben lungi dall'essere salvi, tremano sotto
colpi della divina giustizia. Si deve osservare
e ss.; Conc. Trid. sess. VI, 10).
i

con S. Tommaso (ir !!»«, q. V, a. 2) che i de- 22. Tu vedi, ecc. I migliori codici non hanno
monii credono i nostri misteri non per un abito l'interrogazione, ma una semplice affermazione. La
di fede soprannaturale, ma quasi forzatamente per fede cooperava alle opere di lui, vale a dire, la
la evidenza dei miracoli, coi quali é stata da Dio fede di Abramo non fu sterile e vana, ma accom-
confermata la verità della nostra santa religione. pagnata dalle opere, e per mezzo delle opere
20. Passa ora a provare (20-26) la sua tesi per
essa fu consumata, ossia arrivò alla sua perfe-
zione. Senza le opere la fede da sola non avrebbe
mezzo degli esempi e delle testimonianze del
Vecchio Testamento. Vuoi tu, ecc. Questa formoda potuto salvare Abramo.
d'introduzione mostra che l'argomento tratto dalla 23. E si adempì (gr. ènXtipa)0Ti) la Scrittura, ecc.
Scrittura è apodittico e non ammette tergiver- Al momento in cui Abramo, mosso dalla fede,
sazione. Vano (gr. vuoto), ossia privo delle opere si mostrò pronto ad immolare il suo figlio, si
della fede, il quale per conseguenza si gloria di adempì il passo della Scrittura che dice Abramo :

una fede morta. Vuoi tu conoscere che una tal credette a Dio e gli fu, ecc. La citazione (Gen.
fede è morta, ossia non basta alla giustizia e alla XV, 6) é fatta sui LXX. Fu chiamato, ecc. Queste
salute? Alcuni codici invece di vexpà = morta, parole non fanno più parte della citazione scrit-
hanno dpYn = sterile, senza forza. Il senso è lo turale, benché in molti luoghi dei libri sacri
stesso. La lede senza le opere viene detta morta, Abramo sia chiamato amico di Dio (II Parai. XX,
non perché non sia fede, ma perché manca di 7; Isai. XLI, 8; Giudit. Vili, 22). Un tal titolo
azione, da cui si prova la vita. gli viene pure dato da Filone, dai rabbini e dai

21. Esempio di Abramo (Gen. XXII, 9-18). Pa- maomettani. Alcuni (Camerlynck, Ceulemans, ecc.),
dre nostro secondo la carne (la lettera è indiriz- poggiandosi sulla Volgata, spiegano diversamente.
hata ai Giudeo-cristiani. Ved. Introd.), e modello E allora quando Abramo stava per sacrificare
della nostra giustificazione (Rom. IV, 1, 11, 16, Isacco (Gen. XXII, 1 e ss.) si completò, oppure
23; Gal. III, 7). Il grande patriarca non fu giusti- si supplì a la Scrittura che dice : credette, ecc.,
S. GiACCOMO, II, 24 — III, 2 519

pellàtus est. ^^Vidétis quoniam ex opéribus e fu chiamato amico di Dìo. ^'Vedete voi
iustiflcàtur homo, et non ex fide tantum ? come l'uomo è giustificato pei le opere, e
non per la fede solamente?
^'Simìliter et Rahab méretrix, nonne ex ^*
Nella stessa guisa anche Rahab mere-
opéribus iustificàta est suscipìens nuncios, trice non fu ella giustificata per le opere,
et alia via eiiciens? ^''Sicut enim corpus avendo accolti gli inviati e rimandatili per
sine spiritu mórtuum est, ita et fides sine altra strada? ^^Poichè come il corpo senza
opéribus mórtua est. lo spirito è morto, così anche la fede senza
le opere è '%iorta.

CAPO III.

Grave responsabilità dei maestri, 1-2, — La lingua e i suoi abusi, 3-12. —


Qualità richieste nei maestri, la vera e la falsa sapienza, 13-18.

^Nolite plures magistrì fieri fratres mei, ^Non


vogliate, fratelli miei, essere molti
sciéntes quóniam maius iudicium sùmitis. da maestri, sapendo che vi addossate
a. far
^In multis enim offéndimus omnes. Sì quis un più severo giudizio. ^Poiché in molte

" Jos. Il, 4; Hebr. XI, 31. » Matth. XXIII, 8.

poiché fu dichiarato che alla giustificazione del- cennare alla grande responsabilità che si assumono
l'uomo non basta la sola fede, ma si richiedono coloro che ammaestrano gli altri. Non vogliate,
ancora le opere delle altre virtiì, p. es. dell'ob- ecc. Non
è necessario che molti la facciano da
bedienza. Qualunque spiegazione si accetti, è maestri nelle cose di fede e di religione (Matt.
certo che S. Giacomo non vuol dir altro se non XXIII, 8-10), ma solo quelli che vi sono chiamati
che la fede, per cui fu giustificato Abramo, non e sanno raffrenare la loro lingua (v. 2 e ss.). Vi
fu una fede morta, ma una lede viva e operante. addossate. I migliori codici hanno la prima per-
24.Vedete, ecc. Abramo è il tipo e il modello sona plurale (XTHiTjjóneOa) ci addossiamo. Noi che
di tutti i credenti e perciò se egli non fu giustifi- insegniamo ci addossiamo un giudizio più severo,
cato per una fede morta, non lo saranno neppure e quindi siamo rei di maggior pena, se non
gli altri. Alla giustificazione oltre alla fede si adempiamo fedelmente al nostro dovere.
richiedono le opere (Cf. Rom. II, 6; I Cor. XIII, Come nelle sinagoghe ebree (Lue. IV, 16 e ss.),
2; Gal. V, 6). così nelle adunanze cristiane dei primi tempi
(I Cor. XIV, 2 e ss.), ciascuno poteva presen-
25. Altro esempio tratto dal libro di Giosuè (II,
tarsi per indirizzare agli altri la parola. In alcuni
1 e ss. -VI, 22-25) e già citato anche da S. Paolo
luoghi erano probabilmente nati varii abusi, con-
(Ved. Heb. XI, 31). Rahab non solo ebbe la fede
tro dei quali scrive ora S. Giacomo.
e credette al Dio degli Ebrei, che aveva fatto tanti
prodigi a favore del suo popolo, ma aggiunse an- 2. Prova i che
maestri hanno una maggior
cora le opere, dando ricetto in casa sua agli responsabilità.In molte cose tutti inciampiamo.
esploratori inviati da Giosuè, e rimandandoli poi a Sant'Agostino notò ottimamente che S. Giacomo
salvi per un'altra strada con manifesto pericolo non dice la maggior parte, ma tutti; non dice
della sua vita. inciampate, ma inciampiamo; con che dà egli a
26. Prova con una comparazione che Rahab divedere che nessun uomo, benché giustificato, e
fu giustificata per le opere, e conchiude quanto benché santo, può senza un particolare aiuto di
ha detto dal versetto 14. Come un corpo senza Dio mantenersi lungamente, o per tutto il tempo
anima è morto, così una fede non operante è di sua vita scevro di colpa. Quindi é che questa
morta, ossia è inutile e impotente per condurre sentenza opposero i Padri e i Concilii ai Pela-
alla salute, a Tutto ciò intendesi degli adulti, nei giani, i quali asserivano potere l'uomo vivere
quali insieme colla fede si ricercano le opere o senza peccato. Cf. Conc. trid., sess. VI, 23 »
di fatto, o nella preparazione del cuore. Impe- Martini. Le parole di S. Giacomo vanno prese
rocché quanto ai bambini che muoiono prima del- in senso generale (Cf. I Giov. I, 8), e non sì

l'uso di ragione, la Chiesa c'insegna che sono hanno da restringere ai soli peccati di lingua. Se
salvati pei meriti di Cristo, applicati loro nel siamo così facili a commettere peccati, si mostra

sacramento del Battesimo». Martini. imprudente colui, il quale, senza esservi chia-
mato, pretende di insegnare, poiché i peccati dei
maestri sono puniti piià severamente. Chi non
CAPO IH. inciampa, ecc. Benché tutti pecchiamo in molte
cose, in nessuna però l'uomo tanto facilmente
1. Nella terza istruzione (III, 1-18) parla dello pecca quanto nel parlare, e cohii, che arriva a
smoderato desiderio di farsi maestri agli altri, non commettere peccati di lingue, può dirsi vera-
e della vera e falsa sapienza. Comincia coU'ac- mente perfetto (Cf. Prov. XXIV 16; Eccli. XIX,
520 S. Giacomo, III, 3-8

in verbo non offéndit hic perféctus est vir,


: cose tutti inciampiamo. Chi non inciampa
potest étiam freno circumducere totum cor- nel discorrere, questi è un uomo perfetto,
pus. ''Si autem equis frena in ora mittimus capace eziandio di reggere con freno tutto
ad consentiéndum nobis, et omne corpus il- quanto il corpo. ^E se noi mettiamo il freno
iorum cìrcumférimus. ''Ecce et naves, cum in bocca ai cavalli, perchè ci siano ubbi-
magnae sint, et a ventis validis minéntur, dienti, governiamo ancora tutto il loro corpo.
circumferùntur a modico gubernàculo ubi ''Ecco anche le navi, benché siano grandi e
ìmpetus dirigéntis voluerìt. ^Ita et lingua spinte da venti gagliardi, sono voltate da
módicum quidem membrum est, et magna un piccolo timone, dovunque ordini il mo-
exàltat. Ecce quantus ignis quam magnam vimento di chi le governa. "Così pure la
silvam incéndit ! lingua è un picciol membro, e si vanta di
grandi cose. Ecco un piccol fuoco quanto
gran selva incendiai
"Et lingua ignis est, univérsitas iniquì- ^E la lingua è un fuoco, un mondo d'ini-
tatìs.Lingua constituitur in membris nostris, quità. La lingua è posta tra le nostre mem-
quae màculat totum corpus, et infiammai ro- bra, e contamina tutto il corpo, e infiamma
tam nativitàtis nostrae infiammata a gehénna. la ruota del nostro vivere, essendo essa
^Omnis enim natura bestìàrum, et vólucrum, stessa infiammata dall'inferno, infatti tutte
et serpéntium, et ceterórum domàntur, et le specie di bestie, e di volatili, e di rettili,
domita sunt a natura humàna *Linguam au- : e di altri animali si domano, e sono state

17). Non deve quindi ambire di farla da maestri.


si al fuoco. Un
piccolo fuoco, una scintilla, può
Chi sa moderare la sua lingua in modo da non suscitare i più grandi incendi, e così la lingua
inciampare nel discorrere, ha un tale dominio può causare i più grandi disordini.
sopra se stesso, che può con tutta facilità reggere 6. La lingua è un fuoco, che in breve può
e governare tutto quanto il suo corpo, ossia tutti cagionare i più grandi mali. Un mondo di iniquità,
i suoi sensi e tutte le sue passioni (Cf. Rom. perchè essendo l'organo della parola, serve come
VII, 23; Vili, 13). strumento a tutti i vizi e a tutte le passioni.
3-4. Nei vv. 3-12, l'Apostolo discorre della Molti peccati si commettono colia lingua (bugie,
lingua e dei suoi abusi. Comincia col mostrare detrazioni, ecc.), ed altri molti sono da essa
con due similitudini (3-4), che chi è ben padrone comandati, consigliati, insegnati, ecc. La lingua
della sua lingua, è capace di ben governare tutto è posta tra le nostre membra, ossia è una delle
il suo corpo. Come per mezzo del freno messo membra del nostro corpo, e tuttavia arriva a con-

Fig. 6i. — Morso e briglia. Fig. 62. — Timone di nave.

taminare col peccato tutto corpo e tutte le sue


ai cavalli noi condxrciamo e guidiamo
bocca a il
in
nostra volontà questi animali, benché più forti azioni (Cf. v. 2). Infiamma col fuoco delle pas-
un piccolo timone sioni la ruota del nostro vivere, ossia tutto il
di noi, e come per mezzo di
dirigiamo dove vogliamo le grandi navi, nonostante corso della vita umana considerato come una
per mezzo della ruota che gira dal nìomento della nostra nascita
la forza dei venti; così pure
lingua, che è un piccolo membro, l'uomo modera
sino a quello della morte. S. Giacomo ritorna così
alla similitudine del fuoco (v. 5). Questa lingua,
e governa tutto il suo corpo.
che produce tanto male, è infiammata, ossia è ec-
5. Così pure, ecc. Applica le due similitudini
citata essa stessa dall'inferno (geenna. V. n. Matt.
precedenti. Di grandi cose si vanta, ossia fa grandi
V, 22), ossia dal demonio, che sì serve di essa
cose, esercita una grande influenza, per modo che
per accendere il fuoco delle passioni e dei vizi.
chi riesce a dominarla, domina tutto il suo corpo.
7-8. Conferma quanto ha detto mostrando !a
Alcuni codici della Vxilgata invece di exaltat hanno
difficoltà che vi è a domare la lingua. L'uonio ha
exultat, e questa lezione si avvicina di più al
trovato il mezzo di domare tutte le specie di
greco ^EYaXavXEt oppure fieYciXa oùXeì = si vanta
grandi cose (Cf. Belser, h. 1.). L'Apostolo bestie (gr. Qrypia = animali terrestri), e di vola-
di
(gr. sEtéivo = uccelli), e di rettili (gr.
Épiret»
passando ora a descrivere l'influenza nefasta, che tili

può esercitare la lingua, comincia a pa-agouarla = che strisciano, e di altri animali (il greco ÉvàXm
S. Giacomo, III, 9-16 521

tem nullus hórainum domare potest : in- domate dalla natura umana 'ma la lingua :

quiétum malum, piena venéno mortifero. nessun uomo può domarla male che non :

può affrenarsi, piena di mortale veleno.


benedicimus Deum et Patrem
*In ipsa : ^Con essa benediciamo Dio e Padre e
et maledicimus hómines, qui ad
in ipsa con essa malediciamo gli uomini, che sono
simìlitudinem Dei facti sunt. ^°Ex ipso ore fatti ad immagine di Dio. ^"Dalla stessa
procédit benedictio, et maledictio. Non opór- bocca esce la benedizione e la maledizione.
tet, haec ita fieri. "Numquid
fratres mei, Non bisogna, fratelli miei, che si faccia
fons de eódem foràmine emànat dulcem, et così. ^^Forse che la fontana dallo stesso
amàram aquam? ^^Numquid potest, fratres buco getta acqua dolce ed amara? ^^Può
mei, ficus uvas fàcere aut vìtis ficus? Sic il fico dar uve, o la vite
forse, fratelli miei,
neque salsa dulcem potes facere aquam. dei fichi? Così nemmeno Tacqua salata
può farne della dolce.
''Quis sapiens, et disciplinàtus inter vos? "Chi è saggio e intelligente tra voi?
Osténdat ex bona conversatióne opera- Faccia vedere mediante la buona vita le sue
tiónem suam in mansuetùdine sapiéntiae. opere fatte con mansuetudine propria della
^*Quod si zelum amàrum habétis, et con- saggezza. ^*Che se avete uno zelo amaro e
tentiónes sint in córdibus vestris nolite
: delle dissensioni nei vostri cuori non vo- :

gloriàri, et mendàces esse advérsus verità- gliate gloriarvi e mentire contro la verità.
tem. ^^Non est enim ista sapiéntia desur- ^^Poichè non è questa una sapienza che
sum descéndens sed terréna, anìmàlls, dia-
: scenda dall'alto : ma terrena, animalesca,
bolica. ^^Ubi enim zelus et conténtio ibi : diabolica. "Dove infatti è tale zelo e dis-
inconstàntia, et omne opus pravum. sensione ivi scompiglio e ogni opera
:

prava.

indica gli animali marini. Probabilmente nella Vol- ledice il prossimo, noa benedice sinceramente Dio.
gata si doveva leggere cetorum invece di cete- 3° L'acqua salata non può farne della dolce, o
rorum). Questa divisione degli animali in quattro meglio fontana salata non può dar acqua
una
spede corrisponde a quanto si legge Gen. IX, 2. dolce, e quindi il maldicente non loda Dio, e le
Ma la lingua, ecc. Nessuno ha trovato modo di sue benedizioni non sono che apparenti.
domare la lingua altrui onde non trabocchi in Nei vv. 13-18 parla delle qualità richieste
13.
maldicenza, ecc. (Estio), e nessuno da sé e colle nei maestri e discorre della vera e della falsa
sole forze naturali può moderare la propria lingua, sapienza. Chi è saggio, ecc. L'Apostolo ritorna
ma abbisogna di uno speciale aiuto di Dio (Cf. al pensiero del versetto 1. Il vero sapiente, il
v. 2). La lingua è un male che non si può fre- vero intelligente ( è^rioTT^iLicov), che può essere am-
nare, perchè è sempre messa in moto dalla pas- messo ad esercitare l'ufficio di maestro, non è
sione. I migliori codici greci (X B A, ecc.) invece colui, che si contenta di solo conoscere le verità
di dxatàoXeTov = che non si può frenare o rat- divine, ma colui, che sa dominare le sue passioni,
tenere, hanno dxatàcxaTov = instabile, irrequieto. e tiene una condotta irriprensibile, edifica il pros-
La lingua è un male, che rende l'uomo inquieto, simo, ed è pieno di quella mansuetudine che è
suscitando in lui desiderii cattivi, ecc., che non propria della vera sapienza (Cf. Filipp. I, 27;
glilasciano goder la pace della giustizia. Piena II Tim. II, 24 e ss. ; I Piet. II, 12),
di mortai veleno, come un serpente sempre pronto
14. Se la mansuetudine è propria della vera
ad uccidere (Cf. Salm. CXXXIX, 4).
sapienza, è chiaro che non sono veri sapienti
9-10. Esempio della instabilità e della malizia coloro che hanno uno zelo amaro, ossia che pure
della lingua. Colla stessa lingua benediciamo Dio, affettando zelo per gli interessi di Dio, nutrono
che è nostro Padre, e malediciamo gli uomini, però invidia e amarezza verso del prossimo. Dis-
che sono fatti ad immagine di Dio (Gen. I, 26). sensioni, ossia lo spirito di contenzione e di di-
Ora l'ingiuria fatta all'uomo, immagine di Dio, scordia. Se voi siete tali non vogliate gloriarvi
ridonda in Dio stesso, e quindi dalla stessa bocca della vostra pretesa sapienza, che sarebbe un
esce la benedizione e la maledizione. Non bi- mentire contro la verità, poiché la vera sapienza
sogna, ecc., litote per indicare che agire in tal è unita alla carità.
modo è un gran male. In alcuni codici si ha 15-18. Poiché la vostra pretesa sapienza non
questa lezione : benediciamo il Signore e Padre
è una sapienza, che scenda dall'alto, cioè da
nostro.
Dio (Cf. I, 5, 17), ma è terrena, ossia proviene
11-12. Mostra con tre similitudini quanto sia dalla terra, é animalesca (gr. tt>uXtxT\), ossia car-
mostruoso e contrario a natura un tal modo di nale e viziosa (Ved. n. I Cor. II, 14), è diabolica,
agire. 1" Una fontana non getta dallo stesso buco ossia è ispirata dal demonio principe della di-
acqua dolce e amara {Acqua, manca nel greco, scordia. L'Apostolo prova che ai fatti tale sapienza
ma va sottinteso), e quindi è cosa contraria a non proviene da Dio. Dove dominano tale zelo
natura che un uomo còlla stessa bocca benedica (v. 14) e tali dissensioni (v. 14), ivi sono lo scom-
e maledica. 2' Il fico non può dar uve (gr. èXai'aq piglio (gr. àxataoTaoio = disordine), e ogni opera
olive) e la vite non può dar fichi (Cf. Matt. VII, prava, ossia ogni vizio. Ora Dio non è autore
16-17), e così la lingua, che benedice veramente della dissensione, ma della pace (I Cor. XIV, 33),
Dio. non maledice il prossimo, e quella, che ma- e chi è da Dio non fa il peccato (I Giov. III, 9).

I
522 S. Giacomo, III, 17 IV, 3

^'Quae autem desursum est sapiéntia, pri- "Masapienza che è dairalto primie-
la
mum quidem pudica deìnde pacìfica,
est, ramente è pura, di poi pacifica, modesta,
modèsta, suadibilìs, bonis conséntiens, piena arrendevole, fa a modo dei buoni, è piena
misericòrdia, et frùctibus bonis, non iùdi- di misericordia e di buoni frutti, aliena dal
cans, sine simulatióne. ^'Fructus autem iu- criticare e dalla ipocrisia. ^*Ora il frutto
stitiae, in pace seminàtur, faciéntibus pacem. della giustizia si semina nella pace da co-
loro, che praticano la pace.

CAPO IV.

La concupiscenza causa delle discordie, 1-3. La superbia mondana, 4-10, — —


La maldicenza, 11-12. —
La vana presunzione, 13-17.

^Unde bella, et lites in vobis? Nonne ^ Donde le guerre e le liti tra voi? Non
hinc ? ex concupiscéntiis vestris, quae mili- forse qui dalle vostre concupiscenze,
dì :

tant in membris vestris? ^Concupiscitis, et che militano nelle vostre membra? ^Desi-
non habétis : occiditis, et zelàtis et non : derate, e non avete uccidete, e zelate e : :

potéstis adìpisci litigàtis, et belligeràtis, et


: non vi riesce di conseguire litigate, e fate :

non habétis, propter quod non postulàtis. guerra e non ottenete l'intento perchè non
:

^Pétitis, et non accipitis eo quocì male pe-


: domandate. ^Chiedete, e non ottenete per- :

tàtis : ut in concupiscéntiis vestris insumà- chè chiedete malamente, per spendere nei

17-18.La vera sapienza e le sue doti, ossia gli Dapprima fa vedere che
causa delle discordie
la
effettiche produce in coloro che la posseggono. sta nella concupiscenza
e nella superbia
(1-3)
La sapienza che è dall'alto^ che cioè ha Dio per mondana (4-10), e poi condanna severamente la
autore, in primo luogo è pura (gr. àyrn = senza maldicenza (11-12) e la vana presunzione (13-17).
macchia), evita cioè ogni male (Cf. Sap. I, 4), Donde provengono le guerre e le liti, cioè le
pacifica^ ossia aliena dalle contenzioni e dalle dissensioni, le dispute, ecc., tra voi cristiani?
discordie, modesta, o meglio, secondo il greco, Non forse di qui, cioè, dalle vostre concupiscenze
mite e dolce, arrendevole alle ragioni degli altri, (gr, tìòovai = piaceri, preso in cattivo senso),
e quindi non superba e caparbia. Fa a modo dei ossia dalle vostre passioni sregolate, che hanno
buoni, oppure cede ai consigli dei buoni. Queste la loro sede e sono come accampate nelle mem-
parole mancano non solo nel greco, ma anche nei bra del vostro corpo, e si servono di esse come
migliori manoscritti della Volgata. Piena di mi- di soldati per lottare contro lo spirito?
sericordia verso i poveri e gli afflitti, e di buoni
2. Passa a descrivere l'origine del male. Co-
frutti, ossia di opere di carità. Aliena dal criti-
minciate col desiderare (desiderate) varii beni di
care, oppure, secondo altri, aliena dalle parzia-
questo mondo, come p. es., ricchezze, como-
lità, e dalla ipocrisia, e quindi schietta e sincera.
dità, ecc. e non avete onde soddisfare ai vostri
Indicando i caratteri della vera sapienza, S. Gia-
desiderii, e quindi, sotto l'influenza della pas-
como ha ancora indicato quali doti debba avere
sione, uccidete nel vostro cuore odiando a morte
chi ambisce di essere maestro. Prima di terminare
(Cf. Matt. V, 22; I Giov. Ili, 15), e zelate, ossia
questa sua istruzione, l'Apostolo inculca nuova-
nutrite invidia e gelosia, contro coloro che hanno
mente V. 16 e 17) che il vero sapiente deve
tali beni, e tuttavia non vi riesce di conseguire
essere alieno dalle dissensioni. Il frutto della
quel che bramate, e quindi prorompete negli atti
giustizia, vale a dire il frutto che consiste nella
esterni, litigate, fate guerra, ecc., ma anche cosi
giustizia, semina nella pace. Mentre i falsi
si
maestri seminano nello scompiglio e nel disor- non ottenete il vostro intento, e non lo ottenete
dine, i veri maestri seminano (insegnano) nella perchè non domandate a Dio, che da a tutti con
pace e nella tranquillità. Altri spiegano il frutto :
abbondanza (l, 5). Si possono domandare a Dio
prodotto dalla giustizia (la vita eterna) "si semina i beni temporali, non già per avere di che sod-
nella pace (Cf. Matt. V, 9). Da coloro che prati- disfare alle proprie passioni, ma per usarne in
cano la pace (Cf. Lue. XXIII, 15). Tale ci sembra bene.
la migflior traduzione (Cf. Brsping; Beelen, h. 1.,
Che se voi chiedete a Dio e non ottenete,
3.
ecc.). Altri (p. es. Camerlynck) traducono : Si se-
si è perchè chie<iete malamente, ossia con cattiva
mina nella pace per coloro che praticano la pace.
intenzione, per avere cioè di che soddisfare le
Queste ultime parole servono di transizione al
vostre sregolate passioni, e non già per procurare
capo seguente.
la gloria di Dio e la salute del prossimo. Dal
contesto sembra che l'Apostoio parti di quelle
CAPO IV. dissensioni e liti, ecc., che i cristiani poveri, mossi
dall'odio e dall'invidia, attaccavano coi ricchi. La
Nella quarta istruzione (IV, 1-17), S. Gia-
1.
causa di tanto disordine era l'amore disordinato
como inculca la pace e la concordia tra i cristiani. dei beni di questo mondo.
S. Giacomo, IV, 4-8 523

tis. ^Adulteri nescitis quia amìcìtia huius non sapete voi che
vostri piaceri. ^Adulteri,
mundi, inimica est Dei? Quicùmque ergo l'amicizia di questo mondo è nimistà con
volùerit amicus esse saéculi huius, inimi- Dio ? Chiunque pertanto vorrà esser amico
cus Dei constitùitur. di questo mondo, viene costituito nemico
di Dio.
'An putàtis quia inàniter Scriptùra dicat : ^Credete forse che la Scrittura dica in-
Ad invìdiam concupiscit spiritus, qui habitat vano Lo spirito che abita in voi vi ama
:

in vobis? ^Maiórem autem dat gràtiam. con amore geloso? ^Ed egli dà una grazia
Propter quod dicìt Deus superbis fesistit,
: maggiore. Per la qual cosa (la Scrittura)
humilibus autem dat gràtiam. dice Dio resiste ai superbi, e dà la grazia
:

agli umili.

^Sùbditi ergo estete Deo, resistite autem 'Siate dunque soggetti a Dio, e resistete
diàbolo, et fùgiet a vobis. ^Appropinquate al diavolo, ed egli fuggirà da voi. ^Accosta-

« Prov. 111,34; I Petr. V, 5.

4. Adulteri^ cioè infedeli a Dio considerato noi, e quelle del versetto 6, dà una maggior gra-
come sposo anime. L'unione di Dio col
delle zia. Invece di in voi ì migliori codici greci hanno
popolo spesso nella Scrittura, parago-
d'Israele è in noi.- Le parole usque ad invidiam concupiscit,
nata all'unione dello sposo e della sposa, e l'ab- potrebbero anche tradiu-si più letteralmente ama
bandonar Dio per correr dietro agli idoli, e nel sino alla gelosia. Tale ci sembra la miglior spie-
caso presente al mondo, viene considerato come gazione di questo versetto. Altri (p. es. Fillion)
un adulterio spirituale (Cf. Salm. LXXII, 27; spiegano : Dio ama sino alla gelosia lo spirito che
Is. LVII, 3 e ss.; Gerem. IX, 2; Osea II, 2, 4; ha fatto abitare in noi, cioè la nostra anima. Come
Matt. XII, 39, ecc.). Nei migliori codici greci in- si vede la differenza tra le due spiegazioni non
vece del maschile si legge il femminile adultere è grande. Altri (Cf. Crampon, h. 1.) spiegano :
(ftoiXaXiòef;), e tal lezione è da preferirsi, poiché Lo Spirito Santo, che abita in voi, può egli amare
nell'unione di Dio coU'anima, Dio è lo sposo e l'invidia? No certo; egli dona (v. 6) una grazia
l'anima la sposa. Voi anime adultere, che abban- migliore, cioè l'umiltà, secondo che dice la Scrit-
donate Dio vostro sposo per correre dietro al tura : Dio resiste, ecc. Secondo questa spiega-
mondo, non sapete voi che l'amicizia, ossia l'a- zione l'Apostolo dicendo pensate forse, ecc.,
:

more disordinato dei beni di questo mondo, è alluderebbe subito a queste parole : Dio re-
nimistà con Dio, vale a dire, è opposto a Dio, e siste, ecc.
lo scaccia dal vostro cuore? (Cf. Rom. VIII, 7). 6. La miglior spiegazione di questo versetto ci
Chiunque pertanto, ecc. (Cf. I Giov. II, 15). sembra la seguente EgR, cioè lo Spirito Santo,
:

Anche il Signore disse Non si può servire a


:
che di tal maniera ci ama, dà all'anima sua sposa
due padroni, ecc. (Cf. Matt. VI, 24; XII, 30). una grazia maggiore, ossia la ricolma di doni molto
5. Credete, ecc. Questo versetto e il seguente più grandi di quelli, che essa possa ottenere dal
sono oscurissimi, e danno luogo alle piii diverse mondo. Per la qual cosa, ossia per significare
interpretazioni. Ci sembra piii probabile che San questo, la Scrittura (Prov. III, 34) dice Dio :

Giacomo voglia qui confermare colla Scrittura resiste, ossia rende vani gli sforzi dei superbi,
quanto ha detto nel versetto precedente. Chi ama cioè nel caso, degli amatori di questo mondo, e
ii mondo è nemico di Dio, poiché lo Spirito di li punisce, mentre invece dà la grazia, ossia i suoi

Dio, che abita in noi, ci ama di un amore geloso doni, agli umili (I Piet. V, 5 e ss.), vale a dire
e non può soffrire che noi diamo ad altri il nostro nel caso a coloro che volentieri rinunziano alle
cuore, e si offende delle nostre infedeltà. cose del mondo, per darsi interamente a Dio. La
In vano, ecc. Se la Scrittura dice queste parole, citazione è fatta sui LXX.
non le dice invano, ma per incutervi timore e ri-
7. Conclusione ed esortazione (7-10). Se Dio
cordarvi che lo Spirito Santo, come uno sposo
dà la sua grazia agli umili, siate dunque soggetti
geloso, saprà punire le infedeltà della sua sposa,
a Dio con sentimenti di vera umiltà, riconoscendo
che lo abbandona per correre dietro al mondo.
ri vostro nulla e il continuo bisogno che avete
Dica la Scrittura. Queste parole indicano una ci-
del suo soccorso. Per far ciò dovete resistere al
tazione ; è vero però che le parole seguenti lo :
diavolo, che eccita in voi le prave concupiscenze
Spirito che abita in voi, ecc., non si trovano alla
dei beni di questo mondo. Se resistete, egli fug-
lettera in alcun luogo della Scrittura, ma è pure
girà da voi, perchè nulla può contro di voi, se
certo che si hanno parecchie espressioni equiva-
volontariamente vod non vi assoggettate a lui.
lenti in tutti quei passi del Vecchio Testamento,
dove si dice che Dio ama gli uomini sino alla 8. Accostatevi, ossia ricorrete con umiltà e con
gelosia (Cf. Esod. XX, 5; XXXIV, 14; Deut. V, fiducia, a Dio, ed egli si accosterà a voi colla sua
9; VI, 11; Gerem. III, 1 e ss. ; Ezech. Vili, 3; grazia (Cf. II Par. XV, 2; Zac. I , 3). Si osservi

Os. II, 3, ecc. Cf. pure Matt. II, 23; Giov. VII, però che niuno può ricorrere a Dio senza la gra-
38, 42, ecc.). Lo Spirito (gr. tò ^rvEuna), Con zia di Dio. L'Apostolo passa ora ad esortare alla
tutta probabilità qui non si parla dell'anima umana conversione e alla penitenza. Mondate le mani,
(Fiillion) e molto meno del demonio (Glaire), ma ossia mondate le vostre azioni esteriori da ogni
bensì dello Spirito Santo, come indicano le parole macchia di peccato, purificate i cuori^ cioè \p
che abita in noi (xarcóxnoev), o secondo i migliori vostre azioni interne, i vostri affetti, i vo»tfÌ
codici greci (xorcpxxaev) che Dio fece abitare in desiderii, ecc. Evitate ogni peccate esterno «
524 S. Giacomo, IV, 8-16

Dee et appropinquabit vobìs. Emundàte ma- tevi a Dio, e sì accosterà a voi. Mondate
nus, peccatóres et purificate corda, dùplì-
: le mani, o peccatori e purificate ì cuori,
:

ces ànimo. 'Miseri estete, et lugéte, et plo- doppi di animo. 'Affliggetevi, e siate in
rate risus vester in luctum convertàtur, et
: duolo, e piangete il vostro riso si
: cangi
gàudium in moerórem. ^"Humiliàmini in in lutto, e il gaudio in mestizia. "Umilia-
conspéctu Dòmini, et exaltàbit vos. tevi nel cospetto del Signore, e vi esalterà.
"Nolite detràhere altérutrum Qui fratres. "Non dite male l'uno dell'altro, o fra-
détrahit fratri, aut qui iùdicat fratrem suum, telli. Chi parla male del fratello, o giudica
détrahit legi, et iùdicat legem. Si autem iu- il suo fratello, parla contro la legge, e giu-
dìcas legem non es factor legìs, sed iudex.
: dica la legge. Che se giudichi la legge, non
^'Unus est legislàtor, et iudex, qui potest sei osservatore della legge, ma giudice.
pèrdere, et liberare. ^^Uno è il legislatore e il giudice, il quale
può mandar in perdizione, e salvare.
"Tu autem quis es, qui iudicas próxi- "Ma tu, che giudichi il prossimo, chi sei
mum? Ecce nunc qui dicitis Hódie, aut : tu ?Su via adesso voi, che dite Oggi o :

cràstino ibimus in illam civitàtem, et facié- domani andremo a quella città, e vi sta-
mus ibi quidem annum, et mercàbìmur, et remo un anno, e mercanteremo, e faremo
lucrum faciémus "Qui ignoràtis quid erit
: guadagno "voi che non sapete quel che
:

in cràstino. ^*Quae est enim vita vestra? sarà domani. "Che


è infatti la vostra vita?
vapor est ad módicum parens, et deinceps È un vapore che per poco compare, e poi
exterminàbitur prò eo ut dicàtis
: Si Dó- : svanisce. Invece di dire : Se il Signore
minus voluerit. Et Si vixérimus, faciémus
: vorrà, e : Se saremo vivi, faremo questa,
hoc, aut illud. "Nunc autem exultàtis in quella cosa. "Ora^^poi vi vantate nella

»• I Petr. V, 6. " Rom. XIV, 4.

interno. Doppi di cuore (Ved. n. l, 8), che siete ed egli solo per conseguenza è ancora il giudice,
stati ondeggianti, e avete cercato di dividere il a cui si appartiene applicare la legge, e a cui è
vostro cuore tra Dio e il mondo. Si osservi il riservato il potere di mandare in perdizione e di
bel ritmo e il bel parallelismo di questo e del salvare, ossia di dare sentenza favorevole o di
seguente versetto. condanna (II, 24 ; Matt. X, 28). Nel greco invece
di mandare in perdizione e salvare si legge :
9. Affliggetevi per i peccati commessi, siate in
salvare e mandare in perdizione.
duolo e piangete per essi. Il vostro dolore sia
interno ed esterno. Il vostro rìso, ossia il piacere Tu, che giudichi il prossimo senza alcuna
13.
provato nelle cose del mondo, diventi ora per autorità, chi sei tu? (Ved. n. Rom. XIV, 4). Sei
voi UTi oggetto di lutto esterno, e i7 gaudio mon- un povero miserabile pieno di peccati e di mi-
dano si converta in una mestizia salutare. serie. Su via, ecc. S. Giacomo passa ora (13 -17)

10. Conchiude inculcando nuovamente l'umiltà a parlare contro la stolta presunzione dì coloro,
(v. Umiliatevi nel cospetto del Signore, ricor-
7).
che formano dei grandi disegni per l'avvenire,
dandovi dei vostri peccati e della vostra indi- senza preoccuparsi di Dio, come se l'avvenire e
tutto stesse nelle loro mani, e non dipendesse che
genza, e vi esalterà dandovi nel tempo presente
dalla loro volontà. Andremo, staremo, ecc. L'or
la grazia (v. 6) per vincere il demonio e le sue
suggestioni, e nell'avvenire la gloria eterna (Cf. I goglioso dispone con gran sicurezza dell'avvenire,
Piet. V, 6).
come si può vedere p. es. presso S. Luca, XII, 20.
11. Nei vv. 11-13* parla contro la detrazione. 14. Voi che non sapete,
ecc. La stoltezza di
Chi dice male, o giudica temerariamente, del pros- questo modo
agire apparisce dal fatto, che voi
di
simo, si usurpa un diritto che non gli appartiene, ignorate quel che avverrà domani (Cf. Prov. Ili,
poiché Dio solo ha il diritto di giudicare e condan- 28; XXVII, 1). Il futuro è incerto, ed è da stolto
nare. Non dite male, ecc. L'Apostolo ritorna al il fidarsi ciecamente di esso, e volerne disporre
pensiero del 1" versetto. Fratelli. Questa parola ri- come se fosse in proprio potere.
petuta tre volte fa maggiormente risaltare la gra- 15. Inoltre la vita è breve e fragile, è come un
vezza del peccato, che si commette. Chi parla vapore, che presto svanisce, e può sfuggirci di
male o giudica temerariamente del fratello, per mano da un momento all'altro, quando meno lo
questo stesso parla contro la legge evangelica vorremmo. Invece di dire, ecc. Dopo aver biasi-
(I, 25; II, 8 e ss.), che comanda la carità; quasi mato (14-15') il superbo linguaggio di questi pre-
che essa non sia giusta, e giudica questa stessa suntuosi (13 ), mostra come debba parlare un
^^SS^t riputandosi superiore ad essa, quasi che vero cristiano in tali circostanze. Egli deve dire .

essa non avesse alcuna forza obbligatoria. A ra- Se il Signore vorrà, e se saremo vivi. Questa
gione quindi nota l'Apostolo, che agire in tal modo seconda espressione sulla bocca di un cristiano
è andar contro l'ordine di Dio, il quale ci ha equivale alla prima, poiché la nostra vita dipende
dato la legge affinchè la praticassimo, e non già dalla volontà di Dio. Così si esprimeva anche
affinchè ci erigessimo a suoi guidici, e ci sot- l'Anostolo S. Paolo, Rom. I, 10; I Cor. IV, 19;
traessimo alla sua autorità. Solo Dio è superiore Ebr. VI, 3.
alla legge. 16. Ora poi, ossia al contrarlo, voi vi vantate
12. Uno solo, cioè Dio, è il legislatore supremo, nella vostra superbia, o meglio nella vostra prc-
S. Giacomo, IV, 17 — V, 3 525

supérbiis vestris. Omnìs exultàtìo talis, ma- vostra superbia. Ogni vanto di tal fatta è
ligna est. ^^Scìénti igitur bonum fàcere, et malvagio. ^'Chi adunque conosca il bene
non f adenti, peccàtum est illi. che deve fare, e non fa, egli è in peccato,

CAPO V.

Minaccie ai ricchi senza coynpassione per i poveri, 1-6. — Sopportare con pazienza
le oppressioni, 7-1 1. — / giuramenti, 12. — L' Estrema Unzione, ij-18. —
Pregare per la conversione dei peccatori, jg-20.

^ Agite nunc divites, plorate ululantes in ^Su via adesso, o ricchi, piangete, alzate
misériis vestris, quae advénient vobis. ^DI- strida a motivo delle miserie che verranno
vitiae vestrae putrefàctae sunt et vesti- : sopra di voi. 'Le vostre ricchezze sono
ménta vestra a tineis comésta sunt. ''Aurum, imputridite e le vostre vestimenta sono state
et argéntum vestrum aeruginàvit et aerùgo : rose dalle tignuole. ^L'oro e l'argento vo-
eórum in testìmónium vobis erit, et mandu- stro è irrugginito e la loro ruggine sarà
:

càbit carnes vestras sicut ignis. Thesauri- in testimonianza contro di voi, e quasi fuoco

sunzione, e vi diportate come se tutto dipendesse e i


afflitti tribolati, ai quali facevano vedere la
da voi, invece di riconoscere la vostra dipen- presente e la futura infelicità degli oppressori.
denza da Dio. Ora ogni vardo di tal fatta è mal- O ricchi. Si parla, come è chiaro (v. 4-6), dei
vagio, ossia peccaminoso sotto l'aspetto morale. ricchi malvagi. Miserie, ossia calamità. Che ver-
Chi dunque, ecc. Conchiude l'avvertimento
17. ranno. Nel greco vi è il tempo presente. Il castigo
dato contro la presunzione (13 -16). Sapere che è quindi imminente, e l'Apostolo passa a descri-
si deve fare una cosa buona e accetta a Dio e verlo mostrando come esso venga a distruggere e
non farla è un p>eccato più grave (Ved. n. 1, 22; ridurre al nulla quelle sostanze, delle quali i
Lue. XII, 47-48). Se si applica un tal assioma ricchi sono così avari.
si caso presente significa Voi sapete che il
: 2-3. Comincia parlare delle ricchezze in
col
futuro dipende solo da Dio, e perciò, se, non generale vostre ricchezze), e poi discende a
(le
ostante tale cognizione, agite come se esso di- descriverle partitamente (vestimenta, oro, argento).
pendesse da voi, commettete piti grave peccato. Si sono imputridite. Indica una specie di corru-
Aicuni (Ceulemans, Camerlynck, ecc.) pensano zione, per la corruzione in genere. Alcuni però
che l'Apostolo ponga una conclusione generale prendono questo verbo in senso proprio, e pen-
di quanto ha detto dal cap. I, 22. Siate facitori sano che col nome di ricchezze si debbono inten-
della parola e non solamente uditori. Io vi ho dere i diversi frutti della terra, come grano,
avvertiti dì quel che dovete fare, che se non lo orzo, ecc., che questi ricchi lasciavano marcire
fate, non avrete nessuna scusa, e il vostro pec- invece di darli ai poveri. Le vostre vestimenta.
cato sarà più grave. In Oriente le vesti fanno parte della ricchezza
(Ved. n. Matt. VI, 19). Sono state rose. Questo
verbo, con>e il precedente e i seguenti, è al
CAPO V. passato profetico, che presenta drammaticamente
come già compiuto quello che deve ancora avve-
1. L'ultima istruzione (V,l-18) contiene diverse nire. Altri spiegano : sono state rose, mentre t
esortazioni e raccomandazioni. Comincia col mi- poveri erano nudi. Si è irrugginito. L'Apostolo
nacciare severanyente i ricchi, che non hanno dice dell'oro e dell'argento quel che è proprio del
compassione (1-6). Non si accordano gli interpreti ferro, per indicare il nìun vantaggio che ai ricchi
nel determinare se qui sì parli dei ricchi cri- potranno recare le loro ricchezze. La stessa rug-
stiani infedeli ai loro doveri, oppure dei ricchi gine che consuma questi tesori, sarà davanti a
in generale. Questa seconda opinione ci sembra Dio giudice una testimonianza contro dì voi, per-
più probabile, primieramente perchè in tutto que- chè farà conoscere la vostra inumana avarizia, e
sto passo non si trova alcuna esortazione alla peni- diverrà in seguito come un fuoco che vi divorerà
tenza, né si lascia intravedere alcuna speranza di in eterno. Vi siete adunato, ecc. Mostra la stol-
perdono, al contrario di ciò che avviene nei tezza dei ricchi. Credevano di aver accumulato
passi IV, 1-10; 13-17; e poi perchè al v. 7, l'Apo- tesori per goderne a loro agio, e invece si adu-
stolo sembra chiaramente distinguere « i fratelli » narono un tesoro di ira, ossìa un castigo divino,
da questi ricchi snaturati. D'altronde è assai dif- negli che cioè tra poco piomberà
ultimi giorni,
ficile che nei primi tempi vi fossero dei ricchi sopra di loro. Nel greco mancano le parole di
cristiani così senza cuore (Cf. II, 6). E bensì ira, ma sono una buona spiegazione, che risponde
ero che S. Giacomo parla direttamente a questi al contesto. Gli ultimi giorni alludono probabil-
ric\;hi, ma anche i profeti (Cf. Is. XIII, 24) hanno mente prossima rovina di Gerusalemme, fi-
alla
parlato irettamente ai popoli pagani, benché le gura del giudizio più tremendo ancora, che si farà
loro parole dovessero servire a consolare i Giudei alla fine del mondo. Il giudizio universale non

\
526 S. Giacomo, V, 4-8

zàstis vobis iram in novissimis diébus. ^Ecce divorerà le vostre carni. Vi slete adunato
merces operariórum, qui messuérunt regió- tesoro d'ira negli ultimi giorni. *Ecco la
nes vestras, quae fraudata est a vobis, cla- mercede degli operai, che hanno mietuto
mai et clamor eórum in aures Domini sa-
: i vostri campi, la quale è stata frodata da
baoth introivit. ^Epulàti estis super terram, voi, alza le grida e il clamore di essi è
:

et in luxùriis enutristis corda vestra in die penetrato nelle orecchie del Signore degli
occisiónis. "Addixìstis, et occidistis iustum, eserciti. ^Siete vissuti banchettando sopra
et non réstitit vobis. la terra, e nelle delizie avete nutriti i vostri
cuori pel dì della immolazione. *Avete con-
dannato ed ucciso il giusto, ed egli non vi
fé' resistenza.
'Patiéntes igìtur estóte fratres usque ad 'Siate dunque pazienti, o fratelli, fino
advéntum Domini. Ecce agricola expéctat alla venuta del Signore. Ecco l'agricoltore
pretiósum fructum terrae, patiénter ferens aspetta il prezioso frutto della terra, avendo

donec accipiat temporàneum, serótinum. et pazienza fino a tanto che riceva (il frutto)
"Patiénter igitur estóte et vos, et confirmàte primaticcio e il serotino. "Siate dunque pa-

sarà però che la ripetizione pubblica di quel i poveri, ottenendo che fossero condannati. Avete
giudizio particolare, che ha luogo al momento ucciso, ossia avete oppresso sino alla morte.
della morte di ciascuno (Cf. Matt. XXIV, 3). Il giusto, cioè nel caso presente, il povero, che

4. Dopo aver mostrato l'inutilità delle ricchezze, non ha commesso alcun delitto, e non è in grado
passa a dire (4-6) dei mezzi ingiusti con cui fu- di difendersi (non vi fé resistenza). Nel greco
rono acquistate, e del cattivo uso che se n'è fatto. vi è il presente, non vi resiste. Le ultime parole

La mercede degli operai, ecc. (Cf. Lev. XIX, 13 ;


non fé resistenza, mostrano quanto grande fosse
Deut. XXIV, 4-15; Tob. IV, 14, ecc.). Questi ia crudeltà e la malizia di questi ricchi. Alcuni
ricchi snaturati avevano ricusato di pagare la pensano che col nome di giusto si debba qui
dovuta mercede ai poveri operai, che avevano intendere Nostro Signore Gesù Cristo, ma tale
lavorato e mietuto loro campi. Alza le grida a
i
spiegazione non corrisponde al contesto.
Dio chiedendo vendetta. Queste parole indicano 7. I versetti 7-11 contengono un'esortazione a
la gravità speciale di un tanto misfatto. L'identica sopportare con pazienza l'oppressione dei tristi.
espressione è usata quando si parla del fratri- Dopo aver parlato ai ricchi malvagi, e rimprove-
cidio di Caino
(Gen. IV, 10), del peccato dei rato la loro rivolge ora ai
iniquità, l'Apostolo si
Sodomiti (Gen. XVIII, 20), e dell'oppressione cristiani (fratelli) esorta ad essere
oppressi, e li
sofferta Ebrei nell'Egitto (Esod. II, 23).
dagli pazienti, ossia a tollerare con pazienza le ingiurie
Secondo questi testi si distinguono dai teologi i loro fatte dai ricchi, sino alla venuta (%apovaia.
quattro peccati che gridano vendetta al cospetto Ved. n. II Tess. II, 1) del Signore, che darà a
di Dio. 7/ clamore di essi, cioè dei poveri operai, ciascuno secondo le sue opere, cioè castigherà gli
che hanno lavorato, è penetrato nelle orecchie, empi e premierà i buoni. Mirate e Imitate l'agri-
ecc., e quindi la vendetta non tarderà. L'espres- coltore, che dopo aver seminato aspetta il pre-
sione Signore degli eserciti, equivalente all'e- zioso frutto della terra, cioè la messe (Cf. Mar.
braico lahve zeba'ot, è usata dagli antichi profeti IV, 26-27). L'adiettivo prezioso indica che tal
per indicare la potenza infinita di Dio, per cui frutto merita bene di essere aspettato lungamente.
egli può mandare ad effetto le più terribili mi- Soffrendo con pazienza, sostenuto cioè dalla spe-
nacele delle sue vendette. Col nome di eserciti ranza del frutto. Fino a tanto che riceva dalla
si intendono le milizie celesti, cioè o gli angeli divina Provvidenza il (frutto) primaticcio e H se-
oppure piii probabilmente gli astri. rotino, ossia il frutto della prima e dell'ultima
5. Siete vissuti banchettando, ecc. Il greco va stagione. Tale è il senso che queste ultime parole
tradotto : siete vissuti nelle delizie sopra la terra hanno nella Volgata, e non si può negare che esso
e vi siete abbandonati alla lussuria, o ai piaceri, risponda assai bene al contesto. Siccome però
avete pasciuti i vostri cuori. Queste ultime parole alcuni codici greci fra temporàneum e serótinum,
avete pasciuti, ecc., indicano che questi ricchi nel inseriscono vezóv = pioggia, quasi tutti gli *n-
mangiare, nel bere, ecc., non cercavano altro che terpreti traducono sino a tanto che riceva la
11 piacere e la soddisfazione della loro sensualità. pioggia dell'autunno e della primavera. In Pa-
Pel dì dell'immolazione. Come si ingrassano gli lestina la pioggia non cade con abbondanza che
animali per il giorno, in cui devono essere im- nell'autunno e nella primavera (Cf. Deut. XI, 14;
molati, o più generalmente, uccisi, così voi vi Gerem. V, 24; Gioel. II, 23; Zac. X, 1, ecc.).
siete ingrassati per il giorno, in cui cadrete vit- Quella dell'autUTino (da metà ottobre t metà di-
time della vendetta di Dio. Sì potrebbe anche cembre), detta matutina (gr. jrpù)l>0(;), perchè
spiegare : avete pasciuto i vostri cuori nel giorno l'anno civile degli Ebrei cominciava col mese di
dell'uccisione, ossia al momento, in cui siete per ottobre, facilita la germinazione del grano, mentre
cadere nelle mani della giustizia di Dio, oppoire quella della primavera (marzo-aprile) detta sero-
come gli animali che mangiano e bevono all'or- tina (gr. 6(pi|Lio<;), favorisce lo sviluppo e la ma-
dinario anche nel gào^no, in cui sono uccisi. turazione delle spighe.
6. Altri delitti commessi dai ricchi senza co- 8. Fa l'applicazione della similitudine ai suoi
scienza. Avete condannato. Il greco xaTcòixdooTE, lettori. La venuta (:iapo\3oi'o) del Signore è vicina,
si dice dei giudici che pronunziano sentenza dì e quindi presto avranno termine le vostre tribo-
condanna, e qui significa che questi ricchi cor- lazioni. Il Signore viene per ciascuno al momento
ruppero i giudici, oppure accusarono falsamente della morte, e ogni giorno che passa si avvicina
S. Giacomo, V, 9-13 527

corda vestra quónìam advéntus Domini


: zienti anche voi, e rinfrancate ì vostri
appropinquavit. ^Nolite ingemiscere fratres cuori : perchè la venuta del Signore è vi-
in altérutrum, ut non iudìcémini. Ecce ìudex cina. ^Non vogliate, o fratelli, borbottare
ante iànuam assistìt. gliuni contro gli altri, affine di non essere
condannati. Ecco che il giudice sta alla
porta.
"Exémplum
accipite, fratres, éxìtus mali, ^"Prendete, o fratelli, per modello nel
labóris, et patiéntiae, Prophétas qui locùti : sopportare i mali e i travagli, e nella pa-
sunt in nomine Domini. "Ecce beatificàmus zienza, i profeti, che hanno parlato nel
eos, qui sustinuérunt. Sufferéntiam lob au- nome del Signore. "Ecco che chiamiamo
djstìs, et finem Domini vidistis, quóniam beati coloro che patirono. Avete udito la
miséricors Dóminus est, et miseràtor. sofferenza di Giobbe, e avete veduta la fine
del Signore, poiché il Signore è misericor-
dioso, e usa misericordia.
^'Ante omnia autem fratres mei nolìte iu- ^^Sopratutto, fratelli miei, non vogliate
ràre, ncque per caelum, ncque per terram, giurare né per il cielo, né per la terra, né
ncque àliud quodcùmque iuraméntum. Sit qualsivoglia altro giuramento. Ma sia il vo-
autem sermo vester Est, est Non, non : : : stro parlare Sì, sì No, no affinchè non
: : :

ut;n^ sub iudicio decidàtis. ^'Tristàtur àli- cadiate in condannazione. "Qualcuno di voi
quis vestrum ? oret i€quo ànimo est ? : è à in tristezza ? Faccia orazione è tran- :

psallat. quillo? Salmeggi.


"Infìrmàtur quis in vobis ? inducat pres- "Havvi tra voi chi sia ammalato ? Chiami

" Matth. V, 34.

pure sempre più giorno del giudizio universale


il Giobbe ebbero un esito così felice, si è perchè
(Ved. n. Rem.
11 e ss. II Tess. II, ). Da
XIII, ;
il Signore è misericordioso (il greco noXutwiXaf
ciò S. Giacomo, come S. Pietro e S. Paolo, trae Xvó? significa letteralmente che ha molte viscere
un argomento di esortazione, senza però che si di misericordia e quindi misericordiosissimo) e usa

possa dire che egli fosse persuaso dell'imminenza misericordia (gr. oixnpiacov). Sant'Agostino, il
del finale giudizio. Ven. Beda, ecc., pensano che le parole avete ve-
duto la fine del Signore, alludano alla morte dì
9. Non vogliate, ecc. Sotto il peso dell'op-
Gesù Cristo o alla sua risurrezione, ma tale in-
pressione non solo
sì è tentati, di impazienza, ma terpretazione non risponde bene al contesto, e
anche di oppressori, e
mormorazione contro gli
giustamente fu abbandonata.
perciò l'Apostolo aggiunge quest'altra esortazione.
mormora contro il pros-
12. Parla contro i giuramenti fatti alla leg-
Affine di non, ecc. Chi
simo, violando la carità, sarà condannato nel giera e senza grave motivo. Tutto questo versetto
giudizio di Dio. Questo giudizio non è lontano è molto affine a quanto disse il Signore presso
(il giudice sta alla porta). Vedi -espressione ana-
S. Matteo, V, 34, 37 (Ved. n. ivi). Sopra tutto.
loga, Matt. XXIV, 33. Questo giudice, che sta alla Quanto 4ta per dire è di grande importanza, e
porta pronto per entrare, è Gesù Cristo. suppone che tali giuramenti fossero in uso presso
i Giudeo-cristiani. Non vogliate giurare, ecc. Non
10-11. Per animarli alla pazienza porta loro gli
si condanna ogni giuramento, ma solo quelli fatti
esempi degli antichi profeti, e specialmente di senza grave motivo, come è chiaro dal modo di
Giobbe. Nel sopportare i mali. Le parole corri- agire di Gesù Cristo stesso (Matt. XXVVI, 63 e ss.)
spondenti exitus mali mancano nel greco e nei
e di S. Paolo (Rom. I, 9; Gal. I, 20; II Cor. I,
migliori codici della Volgata. Si dovrebbe quindi
23, ecc.). Né per il cielo, ecc. Vedi la spiegazione
leggere sempdicemente : prendete per modello di
in S. Matteo, loc. cìt. Sia il vostro parlare sì, sì,
sofferenza e di pazienza i profeti. no, no. Nel greco si legge sfa il vostro sì, sì, il no,
I varii come Mosè, Isaia, Geremia,
profeti,
no, sia cioè una semplice affermazione o nega-
Elia, furono più o meno perseguitati dai
ecc.,
zione senza aggiunta di giuramento, affinchè giù
loro contemporanei. Che hanno parlato, ecc. Que-
rando temerariamente non veniate a esserti con-
ste parole mostrano la grandezza dei profeti e
dannati di peccato dal giudice divino.
la loro santità, e il du-itto che avevano di essere
rispettati ed ascoltati. Soffrirono con pazienza e
Nei vv. 13-18, l'Apostolo parla di ciò che
13.

ottennero un grande premio. Perciò ecco che noi si deve fare dai cristiani nelle diverse circostanze
chiamiamo beati tutti coloro che hanno sofferto della vita e specialmente nelle malattie. E in
tristezza per i mali che lo affliggono? faccia
con pazienza travagli e persecuzioni (Cf. Matt. V,
orazione, chiedendo a Dio aiuto e consolazione
10). Conferma coH'esempio di Giobbe (Cf. Toh.
(Matt. VII, 8; Lue. XVIII, 1). L'orazione è il
II, 12-15; Ezech. XIV, 14, 20) la proposizione
precedente. La sofferenza. Il greco v«o^ovt\v si-
grande mezzo per ottenere forza nelle afflizioni.
gnifica la pazienza o la costanza, con cui Giobbe
Anche Gesù Cristo nella sua tristezza ebbe ricorso
tollerò diversi mali. Avete veduto quasi cogli alla preghiera^ (Matt. XXVI, 39. tranquillo ? Il E
greco et)0x3neì significaè di animo
piuttosto :
occhi vostri la fine del Signore, ossia il felice
lieto ? Salmeggi, ossia canti, salmi ed inni^di lode
risultato che il Signore fece ottenere a Giobbe
(Cf. Rom. XV, 9; I Cor. XIV, 15; Efes. V, 19).
dopo tante tribolazioni (gli diede onori, ric-
chezze, ecc., più che non avesse prima). Cf. Giob. 14-15. Il sacramento dell'Estrema Unzione.
XLll, 10. La ragione, per cui le afflizioni di Tutto questo passo è stato autenticamente mter-
528 S Giacomo, V, 15-16

byteros Ecclésiae, et orent super eum, un- i preti della Chiesa, e facciano oi azione
géntes eum óleo in nòmine Dòmini ^^Et : sopra di lui, ungendolo coli 'olio nel nome
oràtio fidei salvàbit infirmum, et alleviàbit del Signore ^^e l'orazione della fede sal-
:

eum Dòminus et si in peccàtis sit, remit-


: verà l'infermo, e il Signore lo solleverà :

téntur ei. e se trovisi con dei peccati, gli saranno


rimessi.
^'Confitémini ergo altérutrum peccata ve- "Confessate adunque l'uno all'altro ì vo-
stra, et orate prò invicem ut Salvemini mul- : stri peccati,e pregate l'uno per l'altro, per
tum enim valet deprecàtio insti assidua. essere salvati poiché molto può la pre-
:

ghiera assidua del giusto.

pretato dal S. Concilio di Trento (sess, XIV,, fiducia nella divina misericordia, ecc. Tale è il
cap. 1-3 e can. 1-4 De Sacramento extremae senso del greco ÉYeipeiv. Alcuni codici della Vol-
unctionis). gata hannoallevabit, ma il senso non muta. Se
Tra voi cristiani.Solo coloro che hanno rice- trovisi con dei peccati ancora da espiare, gli sa-
vuto il Battesimo sono capaci di ricevere l'Estrema ranno rimessi, e similmente gli saranno cancellate
Unzione. Sia ammalato. Il greco àcQevzl indica le reliquie dei peccati. Questo è il terzo e princi-
qui, come altrove (Lue. 10; Giov, IV. 46), una pale effetto dell'Estrema Unzione (Cf. Conc. Trid.,
malattia grave e pericolosa, il che d'altronde ri- sess. XIV, cap. 2, ove è autenticamente spiegato
sulta pure dalla parola xànvovra {= in/ermo, a tutto questo passo). —
Da quanto si è detto appa-
cui vengono meno le forze) usata nel v. 15, come risce chiaro che qui si hanno indicati tutti gì:
sinonima di àaQev^^. Tale è pure la definizione elementi costitutivi di un sacramento, cioè la
del Conc. Trid., sess. XIV, cap. 3. Chiami a sé. materia (l'unzione coll'olio), la forma (l'orazione
Tale è l'esatta traduzione del greco :tDoaxaXeaào9tD. della fede unita all'unzione), il ministro (i presbi-

I preti, ossia i presbiteri (gr, npeopvrépovi;). Con teri), soggetto (l'infermo), l'istituzione divina
il

questo nome non si intendano gli anziani delle (nel nome


del Signore), la produzióne della grazia
comunità cristiane, ma sacerdoti propriamente
i (se trovisi in peccato, ecc.). A ragione pertanto
detti (Cf. Atti XI, 30; XIV, 2; XXI, 18; I Tim. il S. Conc. Trid. ha detto anatema a chi dice
Ili, 1 Tit. I, 5; I Pièt. V, 1 e ss.). E
e ss.; che l'Estrema Unzione non è un vero e proprio
chiaro da tutto il contesto che qui si
inoltre sacramento istituito dal Signor nostro Gesù Cristo
tratta di un'azione liturgica, che non poteva in e promulgato dal B. Giacomo Apostolo (sess. XIV,
alcun modo competere ai semplici fedeli. Tale è can. 1), e giustamente nel Decreto Lamentabili
pure la spiegazione autentica del Conc. Trid., fu condannata la seguente proposizione (XLVIII) :

sess. XV, can. 4. Il plurale presbiteri non vuol S. Giacomo nella sua epistola (V, 14-15) non in-
già dire che per l'Estrema Unzione si richiedano tende di promulgare un nuovo sacramento di Cri-
più sacerdoti, ma solo che sì deve chiamare sto, ma di raccomandare un pio uso qualunque,
qualcuno dei sacerdoti (Cf. Beelen. Gram. graec. e se in esso forse vide qualche mezzo di grazia,
.V. r., Lovanio, 1857, § 27). Facciano orazione. ciò non intese con quel rigore, onde lo presero i
Con queste parole viene indicata la forma sen- Teologi, che stabilirono la nozione e il numero
sibile, ossia le parole, con cui si implora la dei Sacramenti. L'interpretazione del Concilio di
misericordia di Dio. Sopra di lui. Si suppone che Trento non solo risponde a tutte le regole del-
l'infermo sia steso sopra il suo letto. Ungendolo l'esegesi, ma ha pure in suo favore tutta la
coll'olio. Si ha così indicata la materia prossima tradizione dei Padri.
del sacramento che è l'applicazione della materia Nel Vangelo di S. Marco (VI, 13) si parla di
remota (olio) fatta dal sacerdote all'infermo. Nel una unzione di olio, che gli Apostoli per co-
nome del Signore, cioè per comando e coH'auto- mando di Gesù Cristo facevano sui malati, ma
rità di Nostro Signore Gesù Cristo istitutore dei non si tratta éì un sacramento propriamente detto,
sacramenti. Queste ultime parole e più ancora le poiché tale unzione non era fatta che per curare
seguenti, mostrano chiaro che qui si tratta di un i mali del corpo, mentre l'Estrema Unzione ri-
rito sacro e religioso, e non già di un rimedio mette anche i>eccati, e di più gli Apostoli allora
i

naturale, il quale d'altronde dovrebbe essere assai non erano ancora stati istituiti sacerdoti, che soli
strano per poter essere applicato, a tutti malati i sono ministri dell'Estrema Unzione. Era però
i

gravi, e produrre in essi effetti così sorprendenti, una figura dell'Estrema Unzione, e faceva parte
come quelli indicati al v. 15. del dono dei miracoli dato da Gesù Cristo agli
dell'Estrema Un- Apostoli (Cf. Mar. XVI, 18; I Cor. XII, 9, ecc.).
15. Descrive ora gli effetti
zione. L'orazione della Parla solo della fede. Vedi oltre ai trattati di Teologìa dogmatica Cor- :

luy, Spicil. dogm. bibl., t. II, p. 453 e ss.; Dict.


forma del sacramento, perchè essa ne è la parte
Vig. e Dict. Vac, Extrème-Onction; Trenkle, Der
principale e determina la materia (unzione col-
l'olio). E chiaro che qui si parla dell'orazione Brief des hi. lakobus, Friburgo, in B., 1894,
fatta dal sacerdote (v. 14), la quale viene detta p. 384 e ss., ecc.

della fede, perchè nasce dalla fede e si appoggia 16. Nei vv. 16-20, dopo aver raccomandata la
su di essa. Il sacerdote prega a nome della confessione, inculca la preghiera vicendevole. La
Chiesa, la cui fede non viene mai meno. Salverà prima parte del v. 16 presenta gravi difficoltà di
l'infermo, ossia lo risanerà dall'infermità corpo- interpretazione, poiché mentre Origene (in Lev.
rale (Matt. IX, 21 Mar. V, 23). Questo primo
; hom. 2), S. Giov. Cris. {De sacerd., 1. II, n. 6),
effetto dell'Estrema Unzione, siccome è qualche e parecchi altri sia antichi (Cf. Estio, h. 1.) come
cosa di secondario, non sempre si ottiene, ma p. es. Pietro Lonib., Alessandro di A., Alberto M.,
solo quando è espvediente per la salute dell'anima. S. Bonaventura, S. Tommaso, ecc., e sia recenti,
H secondo effetto viene indicato dalle parole : come p. es. Bellarmino. Salmeron, Serario, Ala-
lo solleverà moralmente, dandogli forza, coraggio, pìde, Calmet. ., Palmieri, Danko, Maunoury,
S. Giacomo, V, 17-20 529

homo erat similìs nobis passibilis


*'Elias : ^^Elia era un uomo come noi, passibile :
er oratióne oràvit ut non plueret super ter- e pregò ardentemente che non cadesse piog-
ram, et non pluit annos tres, et menses sex. gia sopra la terra, e non piovve per tre
^^Et rursum oràvit et caelum dedit plù-
: anni e sei mesi. ^*E nuovamente pregò e
vìam, et terra dedit fructum suum. il cielo diede la pioggia, e la terra diede
il suo frutto.
''Fratres mei, si quis ex vobis erraverit a ^^Fratelli miei, se alcun di voi devia dalla
ventate, et convérterit quis eum '"Scire : verità, e uno lo converte : ^"deve sapere,
debet quóniam qui converti fécerìt pecca- come chi farà che un peccatore si con-
tórem ab erróre viae suae, salvàbit ànimam verta dal suo traviamento, salverà l'anim.a
eius a morte, et opériet multitùdìnem pec- di lui dalla morte, e coprirà la moltitudine
catórum. dei peccati.

" III Reg. XVII, 1; Lue. IV, 25

Ceulemans, (Cf. Dlct. Vac, Confession.),


ecc. corpo (per essere salvati). Si potrebbe anche
ritengono che l'Apostolo parli della confessione spiegare i sani: preghino per gli ammalati, acciò
sacramentale, altri Invece, specialmente moderni, ottengano la salute. Poiché, manca nei migliori
pensano che sì tratti di una confessione fatta per codici greci e in parecchi latini. Molto può. La
spirito di umiltà ai fratelli, affine di eccitarsi alla grande efficacia della preghiera deve muoverci a
contrizione e ottenere l'aiuto delle loro orazioni. demandare gli uni per gli altri. La preghiera as-
Benché la prima sentenza ci sembri più proba- sidua, ossia intensa e fervente, come indica il
bile e da preferirsi, si deve però confessare che greco èvepYorfièvT). Del giusto e specialmente del
essa non è certa, e la sentenza contraria ha pure sacerdote.
valide ragioni in suo favore (Cf. Camerlynck, h. 1.,
17-18. MosK"a con un esemplo quanto sia effi-
Drach, h. 1.).
cace presso Dio la preghiera dell'uomo giusto.
'
Dunque. Questa particella manca nel greco or-
Elia (Ved. Ili Re XVII, 1 e ss.). Era un uomo
dinario, ina si trova nei codici B^A, ecc., e in
come noi passibile. Il greco ófioioiioGriq significa
parecchie antiche versioni, e va considerata come
della stessa nostra natura e condizione (Cf. Atti
autentica. L'Apostolo deduce una conclusione. Il
XIV, 15). Egli quindi non era un angelo, ma
nesso con quanto precede si può stabilire nel
un uomo mortale come noi. L'Apostolo previene
modo seguente L'Apostolo ha detto che l'Estrema
:
così la difficoltà che qualcuno avrebbe potuto
Unzione risanerà l'infermo, Io Solleverà e gli ri-
trarre dalla grandezza di Elia (Cf. EccH. XLVIII,
metterà i peccati in cui si trovasse. Dopo ttll
1-15). Pregò ardentemente. La frase latina oratióne
cose egli soggiunge Confessate dunque l'uno
:
oràvit è un ebraismo equivalente a pregò con
airattro i vostri peccati, perchè come ben sapete,
insistenza (Cf. Lue. XXII, 15, ecc.). La Scrittura
la confessione è il mezzo principalmente stabilito
(III Re XVII, 1 e ss.) non parla esplicitamente dì
da Gesii Cristo per ottenere la remissione dei
questa prima preghiera, ma la lascia capire, poi-
peccati. L'Estrema Unzione rimette bensì ì pec-
ché i profeti come gli Apostoli erano soliti a
cati veniali, e anche i mortali non conosciuti, non
premettere la preghiera ai miracoli che facevano.
che le pene rimaste da espiare per tali peccati,
ma il rimedio per ottenere il perdono dei peccati Può essere che l'Apositolo abbia avuto questo
fatto dala tradizione. Non piovve per tre anni, ecc.
gravi è la confessione di essi fatta al sacerdote, e
(Ved. n. Lue. IV, 25, dove è citato questo stesso
per conseguenza la remissione, che si ottiene per
fatto). Nuovamente pregò. Questa seconda pre-
mezzo dell'Estrema Unzione, non dispensa dal-
ghiera è ricordata, III Re XVIII, 42.
l'obbligo della confessione da farsi ai sacerdoti.
L'uno all'altro (gr. dXXTJXoiq) non ha qui il senso 19-20. S. Giacomo termina la sua lettera rac-
di scambievolmente o a vicenda, ma bensì da comandando a tutti di adoprarsi per la conver-
uomo a uomo, l'uomo peccatore, all'uomo sa- sione dei peccatori. Se alcuno... devia dalla verità,
cerdote. In questo senso la stessa voce dXAriXoiq ossia si allontana daUa norma ^ cristiana del vi-
è usata Efes. V, 21, soggetti l'uno all'altro nel vere, o abbandonando
la fede, oppure trasgre-
timore di Cristo, dove sarebbe assurdo interpre- dendo i comandamenti, e uno lo converte,
divini
tarla nei senso di una mutua soggezione, in modo costui deve sapere, come chi farà che un pecca-
che anche superiori debbano star soggetti agli
i tore si converta dal suo traviamento, che lo con-
inferiori. S. Paolo non vuol dir altro, se non duce alla morte eterna, salverà l'anima di lui.
che ciascuno deve star soggetto ai superiori dati Alcuni codici hanno solamente salverà un'anima
da Dio, e cosi anche S. Giacomo non dice altro, (a&aet iIjuXtjv), ma la lezione ^della Volgata sal-
se non che ciascuno deve confessarsi ai ministri verà l'anima di lui «?vXr\v owtoC) ha in suo favore
da Dio stabiliti. Il valore della detta parola va i migliori codici, ed è preferita dai critici (Tisch.,
quindi ristretto secondo la materia, di cui si West-Hort., Nestle, ecc.). Dalla morte spirituale
tratta (Cf. sulla questione Corluy, Spie. dog. ed eterna causata dal peccato. Coprirà, ossia scan-
lib., t. II, p. 448; Dict. Vig., Confession; Cam- cellerà, farà in modo che più non esistano e siano
,3ier. De divina institutione confessionis, p. 88 rimessi molti pjeccati (la moltitudine dei peccati).
e ss., Lovanio, 1884 Ceulemans, h. 1.).
; I peccati allora solo sono coperti davanti a Dio
Pregate l'uno per l'altro. Anche qui la parola quando più non esistono (Cf. Salm. XXXI, 1 ;
dXXf|Xcov (uno per l'altro) deve restringersi al- LXXXIV, 3. Ved. n. Rom. IV, 7). La moltitudine
l'argomecto del discorso. Gli infermi si confessino dei peccati probabilmente di colui che si con-
(ti sacerdoti e i sacerdoti preghino per gli in- verte (Cf. Prov. X, 12). Secondo altri, di colui
fermi, acc'^ ottengano la salute dell'anima e del che fa convertire.

34 — Sacra Bibbia, voi. IL


PRIMA LETTERA DI S. PIETRO

INTRODUZIONE
L'Apostolo S. Pietro. Pietro, chia- — XXVI, 33). Nell'orto Getsemani brandì
di
mato prima Simone o Simeone, era figlio la spada e si per difendere Gesù
'5;iincìò

dì un certo Giona {Matt xvi, 17) o Gio- {Lue. XXII, 49), e quando lo vide arrestato,
vanni {Giov. I, 42), ed originario di Bet- lo seguì da lontano, entrò nella casa di
saida in Galilea {Giov. i, 44). Dopo il suo Caifa, e benché per debolezza lo abbia poi
matrimonio {Matt vili, 14-15) probabil- negato, tuttavia ad uno sguardo di Gesù
mente trasportò il suo domicilio a Cafarnao pianse amaramente la sua colpa {Matt.
{Mar. 29), ed ivi in compagnia del suo
I, XXVI, 58 e ss. Marc, xiv, 66 e ss.
; ;

fratelloAndrea esercitava Parte del pesca- Lue. XXI), 54 e ss. ; Giov. xviii, 15-17, 25-
tore {Matt. IV, 18 Giov. i, 44). Andrea era
: 27) e meritò che più tardi il Signore gli
discepolo di Giovanni Battista, ed essendosi affidasse l'incarico di confermare gli altri
un giorno incontrato con Gesù ed avendolo nella fede {Lue. xxii, 31-32) e di pascere e
riconosciuto come Messia, condusse a lui governare tuttala Chiesa {Giov. xxi, 15-17).
il suo fratello Simone,
quale ricevette
il Alla risurrezione di Gesù, corse assieme a
da Gesù il nome di Pietro {Giov. i, 35-42). Giovanni al sepolcro {Giov. xx, 2 e ss.),
Dopo la prima pesca miracolosa fu chia- e fu fatto degno di ricevere una speciale
mato assieme ad Andrea e ai figli di Ze- apparizione del Salvatore risorto {Lue.
bedeo ad essere discepolo di Gesù, e per XXIV, 31). Alla seconda pesca miracolosa,
il primo venne ascritto al collegio apostolico conosciuto dalla barca che Gesù si trovava
{Matt. IV, 14-22; xi, 1; I, 16-17; Marc. a terra, per far più presto, si gettò in
II, 13 e ss. Lue. v, 1-11
; 12 e ss.), e
; vi, acqua e corse a lui con tutta premura, mo-
tenne il primo luogo fra i discepoli predi- strando così la sua fede e il suo amore
letti dal Signore. Per tre anni seguì da vi- {Gio. XXI, 8). Subito dopo l'Ascensione
cino Gesù Cristo, ascoltando ì suoi inse- cominciò ad esercitare il primato, procu-
gnamenti, presenziando ai suoi miracoli, rando che venisse eletto S. Mattia al luogo
ricevendo i più grandi favori e mostrandosi di Giuda {Atti, i, 15-16). Nel giorno di Pen-
pieno dì fede e di amore ardente e impe- tecoste per il primo predicò Gesù Cristo
tuoso. Alla voce dì Gesù camminò sulle e convertì tre mila persone {Atti, ii, 14-
acque {Matt. xiv, 28-29) dopo la prima; 41) per il primo fece un miracolo in nome
;

pesca miracolosa si confessò peccatore {Lue. dì Gesù Nazareno {Atti, in, 1-11) e an-
V, 8), dopo ascoltata la promessa dell'Eu- nunziò apertamente che non vi è salute se
caristìQ affermò che Gesù aveva parole di non in Gesù Cristo {Atti, in, 12 e ss.). È
vita etema {Giov. vi, 69), e in ahra circo- ancora S. Pietro che confermò nella fede
stanza solenne proclamò alto che Gesù era ì Samaritani, e aprì ai gentili le porte della

il vero Figlio di Dio, e ricevette la pro- Chiesa {Atti, vni, 14 e ss. ix, 32-xi, 18),
;

messa del primato su tutta la Chiesa {Matt. e sostenne le prime persecuzioni {Atti, iv,
XVI, 16^19). Nell'ultima cena ricusò dap- 1 e ss.). Imprigionato da Erode Agrippa, fu

prima di lasciarsi lavare i piedi da Gesù liberato da un angelo {Atti, xii, 1 e ss.),
(Giov. xiii, 6-9) e protestò che non si e allora si portò a Roma a fondarvi la
sarebbe scandalizzato della passione {Matt. madre di tutte le Chiese (Ved. Introduz.
Prima Lettera S. Pietro - Introduzione 531

alla lettera ai Romani). Tornato in Oriente, tità di espressioni che corrispondono per-
presiedette il Concilio di Gerusalemme {Atti, fettamente a quanto disse il Signore (Cf.
XV, 16), e dopo essersi fermato alquanto in, 14; IV, 14-Mc«. v, 11-12; n, 12 —
ad Antiochia (Gal ii, 11) ed aver predicato = Matt. V, 16; —
II, 6-8 = Matt. xxi, 42,

il Vangelo in diverse contrade, andò nuo- ecc.), fa menzione di Silvano (v, 12), per-
vamente a Roma, dove terminò la sua vita, sonaggio importante che godè molta stima
morendo martire della fede nell'anno 67. nella Chiesa di Gerusalemme {Atti, xv, 22),
Il fatto che S. Pietro sia andato a Roma ricorda S. iViarco (v, 13), colla madre de'

e quivi sia morto è attestato da tutti gli quale egli era stato in relazione a Gerr
antichi scrittori S. Clemente R. (I Cor.
:
salemme {Atti, xii, 12 e ss.), e lascia ve-
V, VI), Papìa (Euseb., H. E., ii, 15), San- dere che S. Marco allora si trovava con lui
t'Ignazio {Ad Rom.. Ili), S. Dionigi di Co- a Roma (Euseb., Hìst. Eccle., in, 39), ecc.
rinto (Euseb., H. E., ii, 25), Clemente A. È inoltre da notare che vi è una grande af-
(Euseb., H. E., ii, 15: vi, 14), Sant'Irìneo finità di concelti e di forma tra questa Let-
{Adv. Haer., in. 3), Tertulliano {De tera e discorsi di S. Pietro riferiti negli
i

praescr., xxxil, 36; Coni. Marc, iv, 5, Atti degli Apostoli (Cf. Belser, Eird., p.
ecc.). Caio Romano (Euseb., H. E., ii, 691). Ora tutto questo, unito a quanto attesta
25), Origene (Euseb., H. E., iii, 1), San- la tradizione, mostra evidentemente che San
t'Ippolito {Philosoph., VI, 20), ecc., ed og- Pietro è il vero autore di questa Lettera.
gidì è ammesso anche da numerosi prote- Né reca difficoltà il fatto che esiste una
stanti, es.
p. Credner, Bleek, Wieseler,
:
certa affinità tra questa Lettera e parecchi
iVleyer,Hilgenfeld, Mangold, Harnak, ecc. passi delle lettere ai Romani e agli Efesini,
Cf. Grisar. Rom. beim Ausg, d. ant. Welt, poiché è fuori di dubbio che S. Pietro cono-
Friburgo B., 1901, p. 233. sceva parecchie Lettere di S. Paolo (n Piet.
Ili, 15, 19), ed è quindi naturale che le
abbia lette, e ne abbia liberamente riprodotti
Autenticità e canonicità della prima
Lettera di S. Pietro. —
Se si eccettuano
alcuni pensieri, tanto più che per scrivere
questa Lettera probabilmente si servi di Sil-
akuni razionalisti e protestanti moderni
vano (V, 12), che era pure discepolo e com-
(Jùlkher, von Soden, Harnak, ecc.), nes-
pagno di S. Paolo (Cf. Jacquier, Hist, ecc.,
suno ha mai negato l'autenticità e la canoni-
t. in, p. 251 e ss. Brassac, M. B., t. iv,
cità di questa lettera. Gli argomenti che
;

p. 638 e ss. Dict. Vig.; St-Pierre, 383-387).


;
si portano in suo favore sono infatti così
forti, che solo una mente schiava di pregiu-
dizi può rifiutarsi di ammetterli. I destinatarii. —
La Lettera è diretta
Già fin dai primi secoli troviamo cita- « agli stranieri dispersi nel Ponto, nella Ga-
zioni di essa presso S. Clemente R. (I Cor. lazia, nella Cappadocia, nell'Asia e nella
XLix, 5 = I Pìet. IV, 8 I Cor. xxx, 2 =
; Bitinia », ossia a tutti i cristiani che vive-
I Piet. V, 3), Papia (Euseb., H. E., ìli, 39), vano dispersi tra i pagani nella grandissima
S. Policarpo {Ad Philipp., i, li, ili, ecc.), parte dell'attuale Asia minore. Parecchie di
Didache (i, 4), ecc. queste regioni furono evangelizzate da San
Sant'Irìneo {Adv. Haer., iv, 9, 16), Ter- Paolo e dai suoi discepoli {Atti, xvi, 6 Gal. ;

tulliano {Scorp. XII),Clemente A. {Paed. i, IV, 13 e ss; Atti, xix, 1 e ss,), ma è pro-
6; Strom. ili, 18), Origene (Euseb., H. E.. babile che anche S. Pietro vi abbia predi-
VI, 25), S. Cipriano {De bono pai., ix), cato (Cf. Euseb., Hist. Eccle., in, 12; San-
ecc., la citano espressamente come lettera t'Epifanio, Haer., xxvii, 2; S. Girolamo,
di S. Pietro, ed è indubitato che essa faceva De vir. ili., 1, ecc.), benché dalla Lettera
parie delle versioni Itala e Peschilo, e la non si abbia alcun indizio che egli cono-
sua autorità fu sempre riconosciuta in tutta scesse personalmente i suoi lettori.
la Chiesa, tanto che Eusebio {Hist. Eccle., Quasi tutti i moderni si accordano nel
Ili, 25) potè noverarla tra gli scritti <V'f>- ritenere che le Chiese menzionate fossero
Ào)'ovii{"i'(t, ossia fra quei libri sacri che composte in maggioranza di fedeli conver-
senza coniestazìone erano ammessi in tutte titisi dal paganesimo (Cf. i, 14, 18 ;ii, 9-

le Chiese. 10; IV, Tale era già l'opinione di San


2-4).
A ciò si deve aggiungere che lo stesso Girolamo {Adv. lovin., i, 39) e dì Sant'Ago-
San Pietro nella sua seconda lettera (ni, stino {Cont. Faust., xxix, 89). Non sì può
1) afferma esplicitamente di aver scritta negare però che i fedeli convertitisi dal Giu-
un'altra lettera precedente. daismo formassero pure un gruppo conside-
I dati interni confermano pienamente su revole, come fanno supporre ì passi in, 6;
questo punto la tradizione. L'autore chiama e Atti, XVIII, 24 e ss. xix, 8-10, ecc. Ad
;

se stesso Pietro apostolo (i, 1), e si presenta ogni modo le dette Chiese erano già fondate
dappertutto come discepolo immediato di da un certo tempo, quando S. Pietro loro
Gesù Cristo e testimonio oculare dei pati- scriveva, ed avevano ì loro preti, e la loro
menti di lui (v, 1 II, 21-24) ha una quan-
; ; organizzazione gerarchica (v, 1-5).

1
532 Prima Lettera S. Pietro - Introduzione

Occasione e fine. — Una semplice let- dimorò infatti parecchio tempo in compa-
tura dì questa Lettera mostra subito in gnia di S. Marco.
quale occasione sia stata scritta, e quale fine Per riguardo alla data, quasi tutti i cri-
l'autore si sia proposto nello scriverla. I ticiche ammettono l'autenticità della lettera,
cristiani dell'Asia minore si trovavano espo- si accordano ormai nel fissarla all'anno 63,
sti alle più dure persecuzioni da parte dei oppure al principio del 64, quando cioè San
pagani e dei Giudei, i quali con ingiurie, Paolo liberato dalla prima cattività romana,
calunnie e vessazioni di ogni sorta mette- era partito per la Spagna o per l'Oriente.
vano a duro cimento la loro fede (i, 6-7 ; In questo tempo Silvano, discepolo di San
II, 12, 15; III, 9-16, 18; iv, 4, 12-16; vi, Paolo, era probabilmente giunto a Roma per
9-10). È però assai difBcile provare che si informare il suo maestro dello stato delle
trattasse di una persecuzione ufficiale da Chiese dell'Asia minore, ma non avendolo
parte delle autorità costituite, poiché i dati trovato, si rivolse a S. Pietro, il quale cre-
che ci fornisce questa Lettera sono assai dette opportuno di scrivere questa Lettera.
vaghi ed hanno il loro riscontro in quanto E difatti la Lettera suppone Chiese per-
S. Paolo scrive ai Tessalonicesi e ai Ro- fettamente organizzate ora fu solamente
;

mani (XII, 14-16). Non ci sembra quindi pro- negli anni 55-58 che S. Paolo evangelizzò
babile che S. Pietro alluda alla persecu- a lungo le dette contrade dell'Asia minore,
zione di Nerone, come vorrebbero Cornely e solo nel 58 scrìsse la Lettera ai Romani
e Camerlynck, ecc. e nel 62-63 quella agli Efesini, alle quali,
S. Pietro venuto a conoscenza dello stato come si è detto, sembra alludere S. Pietro.

delle Chiese dell'Asia minore, e temendo D'altra parte è pure certo che S. Marco
che alcuni non si trovassero esposti a peri- si trovava in Roma verso il 63, come si ri-
colo di perdere la fede, scrisse loro questa cava dalla lettera ai Colossesi (iv, 10), e
Lettera affine di consolarli {naQaKaÀ(:òv,v,\2) quindi tutto induce a credere che la prima
nelle afflizioni, in mezzo a cui si trovavano, lettera di S. Pietro sia appunto stata scritta
e di confermarli {ènii:aoTr^c<r, v, 12) nella intorno al 63-64.
fede, esortandoli a perseverare costanti nel
bene, non ostante tutte le persecuzioni.
Divisione e analisi deLla prima Lettera
DI S. Pietro. —
Questa lettera oltre a un
Luogo e data in cui fu scritta la prima prologo (I, 1-12) e un epìlogo (v, 12-14) con-
Lettera di S. Pietro. — L'autore afferma tiene tre parti : la prima delle quali va dal
(v, 13) di aver scritto da Babilonia. Ora non cap. I, 13 al cap. li, 10 la seconda si ;

vi è dubbio che con questo nome ^sia indi- estende dal cap. ii, 11, al cap. iv, 19; e
cata la città di Roma, come si ha pure in la terza dal cap. v, 1, al cap. v, 11.
parecchi scritti contemporanei {Apoc. di
prologo {i, 1-12) si compone di un'iscri-
//
Baruch., xi, I Oracoli Sibili., v, 143, 158;
;
zione (i, 1-2) e di un'azione dì grazie a Dio
IV Esdra, ìli, 1), e come hanno sempre in-
per i grandi benefìzi fatti ai cristiani (i,
teso gli antichi Padri Papia, Clemente A.
3-12).
(Cf. Euseb., Hist. Eccle., ii, 15), S. Giro-
lamo {De vir. ili, vili), S. Reda {In I Pet. La prima parte (i, 13-ii, 10) è un'esorta-
V, 13), Ecumenio, Teofilatto {In I Pet. v, 13) zione generale a vivere da cristiani (i, 13-
e le Catene greche {Cai. graec, ed. Cra- 21), a praticare la carità fraterna (i, 22-II,
mer, vili, p. 82, 86), ecc., e ammettono non 1), e a star uniti con Dio (ii, 2-10).
solo tutti i cattolici, ma anche parecchi fra
La seconda parte (il, 11-iv, 19) è un'istru-
i protestanti (Zahn, Chase, Hilgenfeld, Ju-
zione sul modo con cui i cristiani devono
licher, von Soden, ecc.). È vero che alcuni
comportarsi nelle varie circostanze. In ge-
razionalisti e protestanti pensano che si tratti
nerale devono vivere onestamente (ii, 11-
di Baèilonia di Assiria, oppure di Babilonia
12). Come debbano diportarsi coi poteri
di Egitto, ma prima di tutto non si può in
civili (II, 13-17). Doveri degli schiavi (ii,
alcun modo provare che S. Pietro sia stato
18-25). Doveri dei coniugi cristiani (in,
in tali luoghi, o che le Chiese di Mesopo-
1-7). Doveri vicendevoli dei cristiani (ni,
tamia o di Egitto si vantino di essere state
8-12). Come diportarsi in mezzo alla perse-
fondate dal principe degli Apostoli, e poi
cuzione che li afTligj:e (ni, 13-iv, 19). De-
è da notare che, per testimonianza di Stra-
vono perseverare nella fede e vivere santa-
bone (XVI, p. 738). di Plinio {Hist. Nat., vi,
mente.
26) e di Pausania {Arcad., 33), al tempo, in
cui S. Pietro scriveva, l'antica Babilonia era La terza parte (v, I-ll) riguarda la vita
un deserto, e la Babilonia di Egitto non era interna delle comunità cristiane, e inculca
altro che una stazione militare (Cf. Strab., ai pastori il dovere di pascere il gregge (v,
Geogr., xvii, 555). 1-4), e ai fedeli quello di ubbidire (v, 5),
Rimane quindi che col nome di Babilonia e poi raccomanda a tutti l'umiltà, la sobrietà,
si debba intendere Roma, dove S. Pietro la vigilanza, e la confidenza in Dio (v, 6-11).
Prima Lettera S. Pietro - Introduzione — I, 1 533

L'epilogiS (v, 12-14) indica il motivo della Lo è piano ed elegante, talvolta un


stile
Lettera, e contiene i saluti e gli auguri. po' oscuro, le proposizioni seguono natu-
ralmente una all'altra, e si osserva una certa
Lingua e stile, —
Questa Lettera fu cadenza ritmica nella disposizione delle pa-
scritta in greco, come riconoscono tutti i role. L'autore allude spesso all'Antico Te-
crìtici. L'opinione di S. Girolamo che sia stamento, e prende spesso un tono paterno
stata scritta in araraaico{Ad. Hedib.. 150) di autorità. Egli insiste sulla dottrina pra-
non è stata seguita da alcuno. L'Apostolo tica, ma i precetti morali che inculca sì
S. Pietro doveva conoscere il greco, ed, poggiano tutti sui più alti dogmi cristiani
anche prescindendo da ogni miracolo, ebbe (Cf. II, 4 e ss. in, 18 e ss., ecc.). ;

tutto il tempo e la comodità di apprenderlo


durante i varii anni in cui esercitò il suo Principali commenti cattolici. Oltre —
ministero nel mondo greco e romano. La ai commenti su tutte le Lettere cattoliche,
lingua da lui usata, senza essere classica è vanno ricordati ì seguenti : Hesselii, In I

abbastanza corretta, e si avvicina molto al Vei., I Tìm. et I foan., comm., Lovanio,


greco del libro della Sapienza e dei Mac- 1568; Feùardentii, ìn I Pet, Parigi, 1600;
cabei, benché alcune particolarità mostrino Hundhausen, Die beiden Pontiflcalschreiben
che egli non era greco di origine (Cf. Jac- des Apostelfiirsten Petrus, Mainz, 1873-
quler, Histoire. ecc., t. in, p. 272 e ss. ; 1878 Fouard, St-Pierre et les prem. années
;

Camerlynck, op. cit., p. 93). Il suo vocabo- du christianisme, Parigi, 1900 Fillion, ;

lario conta 539 parole differenti, delle quali St-Pierre. Parigi, 1906; Gontard, Essai cri-
485 si trovano pure nei settanta e 408 in tique et historiqiie sur la I.re Epltre de St-
San Paolo. Si contano 62 àna.^ XeyòiiEva. Pierre, Lione, 1905.

PRIMA LETTERA DI S. PIERO

CAPO I.

Indirizzo e sabilo, 1-2. — Azione di grazie a Dio per il benefizio della salute
concesso ai cristiani, 3-12, —
Dovere della santità, 13. — Motivi per cui si
deve praticare la santità ; Dio è santo, 14-16, e giudice, 17. — // grande
prezzo del nostro riscatto , 18-21. — La carità fraterna, 22-25.

^Petrus Apóstolus lesu Christì, eléctis ^Pietro Apostolo di Gesù Cristo, agli stra-
àdvenis dìspersiónis Ponti, Galàtiae, Cap- nieri dispersi nel Ponto, nella Galazia, nella

che è il cielo11; Ebr. XI, 9). Dispersi


(I, 17; II,
CAPO I. (gr. Siaoiropaq =
dis persia ne). ^»Così
lett. della
erano chiamati Ebrei viventi fuori della Pale-
gli
1. Il prologo (I, 1-12) di questa lettera contiene stina in mezzo ai pagani (lì Macab. I, 27. Ved. n.
un'iscrizione (1-2),e un'azione di grazie (3-12). Giov. VII, 35; Giac. I, 1), ma S. Pietro applica
NeH 'iscrizione sidà il nome d©irautore»e dei desti- tal nome ai cristiani, i quali pure vivevano di-
natarii, e si aggiunge un augurio di grazia e di spersi tra i pagani. Il Ponto (Atti II 9; XVJ, 8-10),
pace. la Galazia (Atti XVI, 6), la Cappadocia (Atti II,
Pietro, nome simbolico dato d^ Gesù Cristo al 9), l'Asia (proconsolare, Atti XIX, 10), la Bitinia
principe degli Apostoli, che p.'ima si chiamava Sì- (Atti XVI, 7) comprendevano quasi tutta l'Asia
mone (Matt. XVI, 17). Apostolo, cioè inviato e minore. E incerto però se vengano qui indicate
rappresentante di Gesù Cristo. Questi due nomi le Provincie romane oppure gli antichi regni di
servono a far conoscere la persona e la dignità di tali nomi. Parecchi di questi luoghi furono evan-
colui che scrive la lettera. Agli stranieri. Il greco geHizzati da S. Paolo e dai suoi discepoli, come si
»opentÒTÌ|iotc; si dice ia senso proprio di coloro ha negli Atti. Eletti sono i cristiani, così chiamati
che abitano in un paese straniero, ma qui ha un perchè oggetto di una speciale scelta o elezione
senso mistico, e significa i cristiani, che vivono fatta da Dio in ordine alla vita eterna (II Tim. II,
come esuli e pellegrini su questa terra, aspettando 10; Tit. I, 1). Secondo la previsione... alla santifi-
di poter enfare in possesso deiila loro patria, cazione... a ubbidire... ad essere aspersi. Tutte
534 I S. Pietro, I, 2-5

padóciae, Asiae, et Bithyniae ^Secùndum Capadocia, nell'Asia e nella Bitinia, eletti,


praesciéntiam Dei Patrìs, in santi fìcatió- ''secondo la previsione di Dio Padre, alla
nem Spiritus, in obediéntiam, et aspersió- santificazione dello Spirito, a ubbidire a
nem sànguinis lesu Christi Gràtia vobis, : Gesù Cristo, e ad essere aspersi col sangue
et pax multiplicétur. di lui : la grazia e la pace vi sia moltipli-
cata.
'Benedictus Deus et Pater Domini nostri 'Benedetto Dio, Padre del Signor nostro
lesu Christi, qui secùndum misericórdìam Gesù Cristo, il quale secondo la sua grande
suam magnani regeneràvit nos in spem vi- misercordia ci ha rigenerati ad una viva
vam, per resurrectiónem lesu Cliristi ex speranza, mediante la risurrezione di Gesù
mórtuis, '^In hereditàtem ìncorruptibilem, et Cristo da morte, *ad una eredità incorrutti-
incontaminàtam, et immarcescibilem, con- bile, e incontaminata, e immarcescibile, ri-
servàtam in caelis in vobis, ''Qui in virtute serbata nei cieli per voi, *i quali per virtù
Dei, custodimini per fìdem in salùtem, pa- di Dio siete custoditi dalla fede per la sa-
ràtam revelàri in tèmpore novissimo. lute, che è preparata per essere manife-
stata- nell'ultimo tempo.

» II Cor. I, 3 ; Eph. I, 3.

queste espressioni riferiscono a eletti e deter-


si della vita eterna. Questa speranza ha per fonda-
minano la natura divina elezione. Questa
della mento risurrezione di Gesù Cristo, la quale è
la
elezione fu fatta secondo la previsione o ore- moddllo e causa della nostra risurrezione, perchè
scienza di Dio Padre, ossia in virtù di un decreto come Gesù Cristo è risorto, anche noi risorge-
eterno e puramente misericordioso di Dio (Ved. n. remo (Cf. Rom. VI, 3, 4; Vili, 11; I Cor. XV,
Rom. Vili, 28-29; Efes. I, 4-5). Ecco la causa 16-19; I Tess. IV, 13-14). Ad una eredità. Ecco
efficiente della nostra salute. Da tutta l'eternità il fine, a cui è ordinata la nuova vita dataci da
Dio elesse i cristiani a formare il suo popolo, se- Dio, ed ecco ancora il principale oggetto della
gregandogli da tanti altri lasciati nell'incredulità. Li nostra speranza! Come figli di Dio abbiamo di-
ha eletti alla santificazione, ossia a ricevere la ritto all'eredità (Rom. VIII, 17), che consiste nel
santificazione, che è opera dello Spirito Santo regno dei cieli. S. Pietro descrive con tre epiteti
(Ved. n. Efes. I, 4; Cf. II Tim. II, 12). Nella l'eccellenza di questa eredità. E incorrutibile, cioè
Volgata invece dell'accusativo irC sanctificationem spirituale ed eterna, non soggetta a corruzione,
si richiederebbe l'ablativo in sanctificatione, cor- come i beni di questa terra; è incontaminata, cioè
rispondente al greco èv àfxaaiicp. Il decreto eterno pura senza mescolamento di male; è im marce-
di salute si eseguisce nel tempo per mezzo della sibile, cioè sempre verde, sempre piena di soavità
santificazione (causa formale) operata in noi dallo ineffabili (Giac. I, 10). Benché adesso non posse-
Spirito Santo (Ved. n. II Tess. 11,12-13). A ubbi- diate ancora questa eredità, essa però è già messa
dire a Gesù Cristo. U fine prossimo della elezione in serbo per voi nei cieli.
è di condurci a obbedire alla fede, ossia a vivere
conforme agli insegnamenti di Gesti Cristo, e ad 5. S. Pietro parla ora direttamente ai suoi
essere aspersi col sangue di lui, ossia a farci en- lettori, e dopo aver detto che l'eredità è già loro

trare per meriti della sua passione e morte (causa


i
preparata, mostra la cura che Dio si prende di
meritoria) nella nuova alleanza che è la Chiesa, loro, affinchè la possano conseguire. Dio colla
come gli antichi Israeliti per mezzo dell'aspersione potenza della sua grazia (per virtù) e per mezzo
del sangue deJle vittime entrarono nell'antica al- della fede vi custodisce (Giov. X, 28-29; 1 Cor.
leanza (Esod. XXIV, 3-8; Ebr. XII, 24. Ved. I, 18. ^Cf. Salm. CXX, 4; CXXVI, 1). Il verbo
n. Ebr. IX, 18; Cf. I Giov. I, 7). E da notarsi 9pot)petv = custodire, significa propriamente
come siano qui menzionate le tre divine persone, montare la guardia, essere di presidio. Né gli
e venga attribuita al Padre la prescienza e prede- allettamenti della carne, né ti mondo, né il de-
stinazione, allo Spirito Santo (la santificazione, e monio potranno qualche cosa contro di voi (Rom.
al Figlio la redenzione. La grazia e la pace (Ved. VI, 14; I Piet. V, 9; I Giov. V, 4), poiché se
n. Rom. I, 7). Vi sia moltiplicata di giorno in Dio è per noi, chi sarà contro di noi? (Ved. n.
giorno (II Piet. I, 2). Rom. VIII, 31). Per la salute, ossia per la gloria
3-4. Nei vv. 3-12, S. Pietro rende grazie a Dio eterna, consumata (glorificazione dell'anima e del
per il benefizio della salute fatto ai cristiani (3-5), corpo) equivalente aìV eredità (v. 4), la quale
discorre della gioiache esso apporta ai fedeli adesso è ancora nascosta, ma è già pronta per
(6-9), e della sua eccellenza (10-12). Benedetto esservi data nel giorno del giudizio (Cf. Giov.
(Cf. II Cor. I, 3; Efes. I, 3, ecc.). Dio e Padre, VI, 39). « I fedeli, eletti e predestinati alla grazia
acc. (Ved. n. Rom. XV ,6; II Cor. I, 3, ecc.). della fede e della santificazione, l'Apostolo li
Il quale, ecc. Accenna al motivo dell'azione di riguarda ancora come predestinati alla gloria, come
grazie. Secondo la^sua grande misericordia, e non fa sovente anche S. Paolo nelle sue lettere, per
per i nostri meriti, ci ha rigenerati, ossia per la giusta speranza che colui, il quale l'opera della
mezzo del Battesimo ci ha comunicato una nuova ioro salute incominciò, k
compirà sino al giorno
vita (Ved. n. Giov. Ili, 5. Cf. Gal. VI, 5; Tit. Ili, di Cristo. Vedi I Cor. I, 8 » Martini. Del resto
5, facendoci diventare suoi figli adottivi,
ecc.), nessuno, senza orna speciale rivelazicrie, può es-
mentre prima eravamo figli di ira. Uno dei primi sere certo della sua eterna salute, sinché vive
benefizi, di questa nuova vita è la speranza viva quaggiù.
I S. Pietro, I, 6-12 535

•In quo exultàbitis, módicum nunc si opór- ^Allora voi esulterete, se per un poco
tet contristari in vàriis tentatiónibus ^Ut : adesso vi conviene di essere afflitti con varie
probàtio vestrae fidei multo pretiósior auro tentazioni : la prova della vostra
^affinchè
(quod per ignem probàtur) inveniàtur in fede molto
più preziosa dell'oro (che si
laudem, et glóriam, et honorem in revela- prova col fuoco) sia trovata (degna dì) lode,
tìóne lesu Christi : *Quem cum non vìdé- di gloria e di onore nella manifestazione
ritis, dìligìtìs : in quem nunc quoque non di Gesù Cristo *il quale voi amate senza
:

vidéntes créditis : credéntes autem exultà- averlo veduto nel quale anche adesso cre-
:

bitis laetitia inenarràbili, et glorificata : dete senza vederlo e credendo esulterete


:

'Reportàntes finem fidei vestrae, salùtem di un gaudio ineffabile e beato 'riportando :

animàrum. il fine della vostra fede, la salute delie


anime.
^"De qua salute exquìsiérunt, atque scru- '"Della qual salute furono investigatori e
tati sunt prophétae, qui de futura in vobis scrutatori i profeti, i quali predisser la gra-
gràtia prophetavérunt "Scrutàntes in quod,
: zia che doveva esser in voi "Indagando :

vel quale tempus signifìcàret in eis Spiritus questi il tempo e la qualità del tempo si-
Christi praenùncians eas quae in Christo
: gnificato da quello che era in essi. Spirito
sunt passiónes, et posterióres glórias "Qui- : di Cristo, predicente i patimenti di Cristo
bus revelàtum est quia non sibimetipsis, e le glorie susseguenti : ^^ai quali fu rive-

6. Allora^ ossia nell'ultimo tempo (v. 5), voi ed anche se non autentica, chiarisce però bene il

esulterete (nel greco vi è il presente usato per il testo.


futuro) di gioia ineffabile, anche se per un poco Nei vv. 10-12 mostra quanto sia eccellente
10.
vi conviene, secondo i disegni di Dio, di essere mistero della nostra redenzione e della nostra
il

afflitti. La speranza della gloria futura vi anima salute dal fatto, che esso fu il principale oggetto
a sopportare con pazienza le varie tentazioni della di tutti gli oracoli e le profezie del Vecchio Testa-
vita presente, ossia le varie persecuzioni e le mento, ed é pure oggetto di gaudio e di con-
varie tribolazioni che possono affliggervi (Ved. n. templazione da parte degli angeli.
Giac. I, 2). Alcuni traducono diversamente Con :
Della quale salute, ossia di tutta l'economia
questo (in quo) pensiero di possedere un giorno della redenzione e deUla salute degli uomini, fu-
la futura eredità voi esultate, ecc. rono diligenti investigatori e scrutatori i profeti,

7, Scopo che Dio si prefigge nel permettere le quali predissero la grazia, ossia quel gratuito
i

varie itentazioni. Egli vuole che la prova della benefizio, per cui voi siete stati chiamati alla
vostra fede (Giac. I, 3), vale a dire che la vostra fede, e santitificati, e sarete un giorno glorificati.
fede provata per mezzo delle tribolazioni {la quale 11. Questi profeti indagarono al lume della
fede è molto più preziosa dell'oro, che pure si divina rivelazione il tempo e la qualità del tempo,
prova col fuoco. Prov. XXVII, 21 ; Gerem. IX, 7), ossia quando e in quali circostanze, dovesse ve-
sia trovata, ossia vi renda degni di lode (Matt. nire il Messia e compiersi il grande mistero della
XXV, 21 ; Rom. II, 29) di gloria e di onore, vale redenzione umana, che lo Spirito di Cristo, ossia
a dire di ottenere la gloria celeste, quando si lo Spirito Santo, andava loro rivelando. Questo
manifesterà Gesil Cristo come giudice supremo Spirito faceva loro conoscere e i patimenti, che
alla sua seconda venuta (Lue. XVI, I 30; I Cor. Gesù avrebbe dovuto sostenere, e le glorie, come
1, 7; II Tess. I, 7). Nel testo greco dopo oro si la risurrezione, l'ascensione, ecc., che dovevano
aggiunge che perisce (àjioXXufiévov). Se l'oro, che seguire alla sua passione (Ved. Lue. XXIV, 26-
perisce, si prova col fuoco, anche la fede, che 27, 46). S. Pietro chiama lo Spù-ito Santo par-
è inalterabile e conduce alla vita eterna, deve lante nei profeti Spirito di Cristo, perchè Gesù
essere provata. Cristo come Dio esiste da tutta l'eternità, e lo
8-9. Per rendere più ferma la speranza dei suoi Spìrito Santo da tutta l'eternità procede dal Figlio
lettori, S. Pietro passa a parlare dei vincoli che come procede dal Padre. Da questo testo si di-
li stringono a Gesù Cristo autore della nostra sa- mostra pure la preesistenza e la divinità di Gesù
lute .Essi amano Gesù Cristo, benché non l'ab- Cristo (Cf. I Cor. X, 4, 9).
biano veduto personalmente, come Io videro gli 12. Benché questi profeti avessero ricevuto sì
Apostoli, essi anche ora credono in lui, benché eccelse rivelazioni, essi però non le videro com-
'
non lo vedano coi loro occhi (Ved. n. Giov. XX, piute. Dio fé loro intendere che le predizioni fatte
29), e in virtù di questa fede (credendo) esulte- erano destinate non già ad essi, ma a voi cristiani.
ranno {esulterete. Anche qui nel greco vi é il pre- Ora poi questi misteri, che i profeti predissero,
sente usato probabilmente per il futuro) di un si sono compiuti, e vi sono annunziati adesso
gaudio ineffabile, che cioè non si può esprimere dagli Apostoli. Per lo Spirito Santo mandato dal
con parole umane (I Cor. II, 9), e beato, ossia cielo, nel giorno della Pentecoste. S. Pietro parla
proveniente dalla beatitudine celeste, perché ri- di nuovo dello Spirito Santo pe»* mostrare cìie il
porteranno, ossia conseguiranno il fine, a cui con- Vangelo non può contraddire ai profeti, come i

duce la nostra (nel codice B e presso parecchi profeti non possono contraddire al Vangelo, poiché
Pftri manca vostra) fede, ossia la salute eterna l'uno e gli altri hanno lo stesso autore, e meri-
delle loro anime. Nel testo greco del v. 8 si tano la stessa fede. Nelle quali cose. Tale è la
legge : nel quale voi credendo, benché ora non lo esatta traduzione del greco eìq d. Queste cose
vediate, esultate, ecc., ma la lezione della Volgata sono le verità evangeliche, ossia i misteri di Gesù
è antichisima, e si trova già presso Sant'Irineo, Cristo e della nostra salute. Secondo la tradu-

I
536 I S. Pietro. I, 13-17

vobis autem ministrabant ea, quae nunc nun- lato che essi non per sé, ma per voi ernno
clata sunt vobis per eos, qui evangelizavé- dispensatori di quelle cose, che adesso vi
runt vobis, Spirltu sancto misso de cacio, sono state annunziate da coloro che vi
in quem desiderant Angeli prospicere. hanno predicato il Vangelo, per lo Spirito
Santo mandato dal cielo, nelle quali cose
bramano gli Angeli di penetrar collo sguardo.
"Propter quod succincti lumbos mentis "Per la qual cosa avendo cinti i lombi
vestrae, sóbrii perfécte sperate in eam, quae della vostra mente, essendo sobrii, sperate
offértur vobis, gràtiam, in revelatiónem lesu interamente in quella grazia, che vi è offerta
Christi : "Quasi filli obediéntiae. non con- nella manifestazione di Gesù Cristo "Co- :

figurali prìóribus ignorantise vestrae desidé- me figliuoli di ubbidienza, non conforman-


rìis : ^''Sed secùndura euin. qui vocàvit vos, dovi alle cupidità del passato quando era-
Sanctum : et ipsì in omni conversatióne vate nell'ignoranza ^"''ma come colui che:

sancti sitis : ^^Quóniam scripium est San- : vi ha chiamati è santo anche voi siate :

cii érìtis, quóniam ego Sanctus sum. santi in tutto il vostro operare ^^Poichè :

sta scritto Voi sarete santi, perchè io sono


:

santo.
'^Et sì patrem invocàtis eum, qui sine *'E se chiamate padre colui il quale senza

'» Lev. XI, 44 et XIX, 2 et XX, 7. " Deut. X, 17; Rom. II, 11 ; Gal. II, 6.

zione della Volgata (in quem) si tratterebbe dello larghe vesti, dovevano racoglierle ai fianchi quando
Spirito Santo, oppure di Gesù Cristo. Bramano avevano da viaggiare n da lavorare (Cf. Lue. XI!,
gli angeli, ecc. L'ecceFienza dei misteri dell'in- 35; Efes. VI, 14). Dovete inoltre essere sobrii
carnazione e della redenzione è così grande, che spiritualmente, evitando tutte le azioni malvagie
gli angeJi cercano avidamente di penetrarli col loro e vivendo come si conviene a figli della luce.
sguardo, e contemplare la moltiforme sapienza di Sperate interamente, ossia con fermezza e senza
Dio che in essi risplende (Efes. Ili, IO). Vedi al- esitazione, nella grazia, che è Is vita eterna (Rom.
cune espressioni analoghe presso S Paolo, I Cor. VI, 2-3), che vi è offerta, ossia vi sarà data nella
IV, 9; Efes. III, 9-10; I Tim. Ili, 16. Gli angeli manifestazione (invece dell'accusativo in revela-
essendo spiriti « mandati al ministero in grazia di tiónem si dovrebbe avere, secondo il greco év
coloro, quali acquisteranno l'eredità della sa-
i djtoxaXvT^et l'ablativo in revelatione) di Gesù Cri-
lute » (Ebr. I, 14) non possono a meno di interes- sto, ossia quando Gesiì Cristo verrà a giudicare
sarsi sommamente di tutto ciò che riguarda la i vivi ed i morti.
salute degli eletti. 14.primo motivo, per cui dovete praticare
Il

Nella prima parte di questa lettera (I, 12-


13. la si è perchè Dio vostro Padre è santo
santità,
n, 10) si ha un'esortazione generale a condurre (14-16). Come,
ecc. Queste parole non dipendono
una vita da cristiani (l, 12-21), e poi si inculca da sperate (v. 13), ma da siate santi (v. 15).
la carità fraterna (I, 22-11, 1) e l'unione con Dio Come figli che in tutto fanno la volontà del Padre,
(II, 2-10). dovete mostrarvi alieni e non piti vivere secondo i
dovere della santità. Per la qual cosa, vale
Il desideri!, che avevate prima della vostra conver-
• dire essendo adunque così grande la salute cri- sione, quando eravate nell'ignoranza, ossia nelle
stiana e l'eredità che ci aspetta, dovete rendervi tenebre, del gentilesimo. Queste ultime parole sup-
degni di essa col cingere i lombi della vostra pongono che la lettera sia indirizzata a Chiese
mente, ossìa col frenare la vostra mente da tutte composte in maggioranza di cristiani convertiti
dal gentilesimo. Anche S Paolo ricorda l'igno-
ranza e le malvagie passioni dei pagani (Atti XVII,
30; Rom. I, 18, 24-25; Efes. IV, 18, ecc.).
15. Ma come, ecc. Spiega in qual modo debbano
essere ubbidienti. Essi devono proporsi ad imi-
tare il loro Padre. Che vi ha chiamati alla fede
e alla salute. Se Dio è santo, anzi la stessa santità,
FiR. 63- anche voi dovete essere s«;anti in tutto il vostro
Statua coi reni operare, ossia in tutta la vostra condotta.
cinti.
Conferma quanto ha detto colla
16. Sta scritto.
Scrittura, Lev. XI, 44. Sarete santi. Questo fu-
turo per ll'imperativo siate santi, perchè io
sta
sono santo. Se ciò conveniva agii Israeliti, quanto
più non deve convenire ai cristiani?
17. Un secondo motivo, per cui dovete essere
santi, si è perchè sarete giudicati da Dio severa-
mente. Se chiamate, ecc. *Benchè voi invocWate
Dio come vostro Padre secondo gli insegnamenti
quelle cupidità, che rimpediscono di servire libe- di Gesìi Cristo (Matt. VI, 9), ricordatevi però che
ramente e speditamente a Dio. La metafora è presa Egli è ancora giudice imparziale, il quale non fa
dall'uso degli Orientali, i quali portando lunghe e accettazione di persone (Ved. n. Giac. II, I.
I S. Pietro, I, 18-23 537

acceptióne personàrum iudìcat sccùndum accettazione di persone giudica seconio le


uniuscuiùsque opus, in timóre incólàtus opere di ciascuno, vivete in timore nel
vestri tèmpore conversàmini. "Sciéntes tempo del vostro pellegrinaggio. "Sapendo
quod non corruptibilibus auro, vel argènto voi, come non a prezzo di cose corruttibili,
redémpti estis de vana vestra conversatióne di oro o d'argento siete stati riscattati dalla
patérnae traditiónis ^^Sed pretióso san-
: vana vostra maniera di vìvere trasmessavi
guine quasi agni immaculàtì Christì, et in- dai padri ^'ma col sangue prezioso di Cri-
:

contaminati ^^ Praecógniti quidem ante


: sto, come di agnello immacolato e incon-
mundi constitutiónem, manifestati autem no- taminato ^°e preordinato prima della fon-
:

vissimis tempòribus propter vos, ^^Qui per dazione del mondo, m.anifestato poi negli
ipsum fldéles estis in Deo, qui suscitàvit ultimi tempi per voi, ^'i quali per mezzo
eum a mórtuis, et dedit eì glóriam, ut fldes di lui credete in Dio, ciie lo risuscitò da
vestra, et spes esset in Deo : morte.: e lo glorificò, affinchè voi credeste
e speraste in Dio :

^^Animas vestras castificàntes in obedién- ^^Purificando voi le vostre anime con l'ub-
tia charitàtis, in fraterni tàtis amóre, simplicì bidienza di amore, con la schietta dilezione
ex corde invicem diligite atténtìus ^^Re- : dei fratelli, amatevi di cuore intensamente
nàti non ex sémine corruptibili, sed incor- l'un l'altro '^essendo rigenerati non di
:

ruptibili, per verbum Dei vivi, et perma- seme corruttibile, ma incorruttibile, per la

" I Cor. VI, 20 et VII, 23; Hebr. IX, 14; I Joan. I, 7; Apoc. I, 5.

CI. Matt. XXII, 16; Atti X, 20), ma giudica se- ossia per i suoi meriti, credete in Dio (greco in
condo le opere dì ciascuno punendo anche suoi i Deum), ossia avete la vera fede. Nessuno può
figli, se sono dìsobbedienti ; perciò vivete in ti- accostarsi al Padre se non per il Figliuolo (Giov.
more, ossia siate pieni non di un timore servile, XVI, 16). Dio poi risuscitò Gesù Cristo da morte
ma di un timore figliale (Filipp. II, 12), che vi e lo ricolmò di gloria specialmente nella sua
tenga lontani da tutto ciò che potrebbe dispiacere ascensione, affinchè voi credeste e speraste in
al Padre vostro. Nel tempo, ecc., ossia fin che Dio, ossia affinchè credendo che Dio ha risusci-
vivete sopra di questa terra (Ved. n. I, 1). tato e glorificato Gesù Cristo, speriate che un
giorno Egli risusciterà e glorificherà ancora voi,
18-21. Il terzo motivo, che deve spingervi alla
santità, è il sapere che siete stati riscattati da
che siete divenuti membri dd corpo dello «tesso
Dio a un grandissimo prezzo. Dovete dunque ri- Gesù Cristo. Il testo greco è un po' differente :

lo risuscitò da morte e lo glorificò, così che la


cordare (sapendo) che siete stati riscattati (greco
èXvtpcbOiite da Xùrpov che indica il prezzo da vostra fede e speranza sìa in Dio, vale a dire :

uno schiavo o così che con tutta ragione credete e sperate che
pagarsi per la liberazione di di
dalla vana vostra maniera di vi- Dio, fi quale risuscitò e glorificò Gesù Cristo,
un prigioniero)
risusciterà e glorificherà ancora voi. L'Apostolo
vere, ossia dai vizi e specialmente dall'idolatria
(chiamata spesso vanità. Atti XIV, 15), trasmes- S. Pietro insiste molto nel proporre la risurrezione
savi dai padri. Durante secoli e secoli i vostri e la glorificazione di Gesù Cristo come il grande
padri furono scliiavi del-l'idolatria e dei vizi ad
argomento della nostra fede e della nostra spe-
ranza in Dio (Cf. Atti II, 32-34; III, 15; IV, 10).
essa congiunti, ma ora Dio vi ha comprati e fatti
entrare nella sua Chiesa co-iie siici fio!!. S. Pietro La carità fraterna (I, 22-11, 1). Purificando.
22.
fa vedere la grandezza del prezzo sborsato. Non Nel greco vi è il passato avendo purificato le vo-
fu l'oro o l'argento, che sono cose corruttibili e stre anime da ogni sozzura di peccato per mezzo
vili, ma fu il sangue preziosissimo di Gesù Cristo, dtìVobbedienzaalla verità, ossia alla dottrina del
agnello immacolato (senza alcun peccato, li, 22- Vangelo. Invece di obedientia charitàtis (obbe-
24) e incontaminato (senza alcun difetto morale) ; dienza di amore) che si ha nella Volgata, tutti t

e quindi un prezzo infinito, incorruttibile e di- codici greci hanno obbedienza alla verità, e que-
vino. S. Pietro allude all'agnello pasquale, la cui sta lezione è da preferirsi. Con la schietta dile-
perfezione fisica era una figura della perfezione zione dei fratelli. Il greco eì? «piXaòeXqpmv àwnóy^
morale di Gesù Cristo (Cf. Esod. XII, 5). Anche piTov indica il fine, a cui è ordinata la purifica-
il Battista aveva chiamato Gesù Cristo agnello di zione, e va tradotto : (avendo purificate le vostre
Dio (Giov. I, 36). anime...) per essere capaci di una sincera carità
20. Preordinato, ecc. Continua a descrivere la fraterna, amatevi di cuore intimamente, ecc.
grandezza di Gesù Cristo. Prima della fonda- 23. Essendo rigenerati, ecc. La ragione, per
zione del mondo, ossia da tutta l'eternità. Gesù cui devotio amarsi così intimamente, si è che
Cristo fu ordinato nei decreti di Dio ad essere il sono stati rigenerati, ossia sono divenuti fratelli
Salvatore di tutti mediante la sua passione e avendo ricevuto da Dio una nuova vita. Questa
morte (Atti II, 23; V, 18, ecc.), ma negli ultimi vita soprannaturale l'hanno ricevuta non da un
tempi, ossia nel tempo messianico, che è il nostro padre terreno, ossia per mezzo di un seme corrut-
e forma l'ultima età del mondo, comparve in tibile (Giov. I, 13), ma da Dio stesso per mezzo
carne mortale (manifestato), e venne ad eseguire di un seme (Lue. Vili, 11) incorruttibile e immor-
Quanto era stato decretato da Dio. Egli è venuto tale, che è la sua parola (v. 25), ossia la dot-
nel mondo per tutti, ma in modo speciale per trina evangelica, a cui hanno creduto. I due
voi fedeli (Cf. I Tim. IV, 10), i quali per luì. aggettivi vivo e permanente in etemo nel greco
538 S. Pietro, I, 24 — II, 5

néntis in aetérnum ^^Quia omnìs caro ut : parola di Dio vivo, e permanente in eterno.
foenum omnis gloria eìus tamquam flos
: et ^^Poichè ogni carne è come erba, e ogni
foeni exàruit foenum, et flos eius décidit.
: gloria di lei come fiore di erba l'erba ;

^^Verbum autem Domini manet in aetér- seccò, e ne cascò il fiore ^^ma la parola
num hoc est autem verbum, quod evange-
: del Signore dura in eterno ora questa è :

iizàtum est in vos. la parola che vi è stata annunziata.

CAPO II.

La carità fraterna y i, — Intima unione con Gesti Cristo, 2-10. — Onestà di vita,
Ii'i2. — Doveri verso il potere civile y is-iy. — Doveri degli schiavi, 18-25.

^Deponéntes igitur omnem malitiam, et ^Per la qual cosa deposta ogni malizia,
omnem dolum, et simulatiónes, et invìdias, e ogni frode, e le finzioni, e le invidie, e
et omnes detractiónes, ^sicut modo gèniti tutte le detrazioni, ^come bambini di fresco
infàntes, rationàbile, sine dolo lac concu- nati, bramate il latte spirituale, sincero :

piscite : ut in eo crescàtis in salutem : 'Si affinchè per esso cresciate a salute ^se :

tamen gustàstis quóniam dulcis est Dóminus. pure avete gustato come è dolce il Signore.
*Ad quem accedéntes làpidem vivum, ab ^Accostatevi a lui, pietra viva, rigettata
homìnibus quidem reprobàtum, a Deo autem dagli uomini, ma eletta e onorata da Dio ;

eléctum, et honorificàtum : "Et ipsi tam- "e voi pure come pietre vive siete edificati

2* Eccli. XIV, 18; Is. XL, 6; Jac. I, 10. 1 Rom. VI, 4; Eph. IV, 22; Col. Ili, 8; Hebr XII,
« Is. XXVIII, 16; Rom. IX, 33.

si possono riferire sia a Dio e sia a parola, e e sincero. Questo latte non è altro che la dottrina
benché la Volgata li faccia concordare con Dio, evangelica, la quale è veramente un cibo spiri-
la più parte degli interpreti li unisce a parola tuale (gr. XoYtxóv) destinato a nutrire le anime,
(Cf. Tit. Ili, 5; Ciac. I, 18; I Giov, III, 9). ed è pure un cibo sincero, cioè non adulterato,
24-25. Prova con un testo del Vecchio Testa- non frammischiato a errori (Cf. 1 Cor. Ili, 1-2;
mento (Is. XL, 6-8), citato secondo i LXX, che Eb. V, 12, ove si hanno analoghe similitudini).
veramente il seme da cui sono nati è incorrutti- Affinchè, ecc. Essi devono aver desiderio e nu-
trirsi della dottrina evangelica, affine di crescere
bile. Ogni carne, ossia ogni uomo, che nasce alla
vita naturale, è come erba... che presto secca, e spiritualmente, ossia diventare sempre più perfetti
tutta la sua gloria mondana ben presto scom- (Efes. IV, 13), e arrivare a conseguire l'eterna
pare, ma la parola di Dio dura in eterno. Ora salute.
questa parola, che dura in eterno, di cui parla 3. Se pure
(gr. eì oppure tiitip) ha qui il
Isaia, è la parola evangelica, che è stata annun- senso siquldem = poiché.
di Avete gustato, —
ziata a voi e vi ha fatti nascere alla vita sopran- ecc. Allude al salmo XXXIII, 9. Come il bambino,
naturale della grazia, e della gloria. gustata una volta la dolcezza del latte materno,
diviene avido di esso, così anche voi, che avete
gustata la soavità del Signore, dovete essere avidi
CAPO II. di esso e desiderare di appropriarvi i doni di cui
Egli è la fonte (Cf Giov. IV, 13 e ss. ; Ebr. VI,
.

1. Per la qual cosa, ossia poiché dunque siete 4 e ss.). Parecchi interpreti veggono in queste
nati a una nuova vita fatta di santità (I, 23), e ultime parole (gustato... il Signore) un'allusione
siete divenuti fratelli (I, 22), deponete, ossia fug- all'Eucaristia.
gite, tutti i vizi contrarli alla carità fraterna, quali 4-5. Accostatevi a lui. Voi dovete accostarvi a
la malizia, che nuoce apertamente al prossimo, Gesù Cristo per mezzo dì una fede e di un amore
la frode, le finzioni, le invidie, le detrazioni. Que- sempre più intenso, e di un'imitazione più per-
ste esortazioni erano allora specialmente neces- fetta delle sue virtù. Egli è la pietra viva (perchè
sarie, .perchè le comunità cristiane spesso si risuscitato da morte), si parla nel salmo
di cui
componevano di individui appartenenti a nazio- CXVIII, 22 (Cf. anche XXVIII, 16), rigettata
Is.
nalità e a classi profondamente divise tra loro. dagli uomini, ossia dai Giudei increduli che lo
2. Nei vv. 2-10 passa a raccomandare ai fedeli crocifissero, ma eletta e onorata da Dio, che non
la stretta unione con Gesìi Cristo. Essi devono si inganna, e posta come pietra angolare e fonda-
desiderare il latte della vera dottrina, affine di mentale di quell'edifizio mistico, che è la Chiesa
poter essere edificati sopra la pietra angolare, che (Ved. n. Matt. XXI, 42; Atti IV, 11, ove è citato
è Cristo, e divenire stirpe eletta. questo stesso testo). E voi pure come pietre, ecc.
Deposti tutti varii vizi, come bambini di fresco
i Accostandovi dunque a questa pietra fondamentale,
nati, che bramano il latte materno e per mezzo voi pure come pietre vive vi alzate sopra tal fon-
di esso crescono, così anche voi, che di fresco damento, e assieme a Gesù Cristo venite a com-
siete nati a Gesù Cristo, bramate il latte spirit-uale porre la misMca casa di Dio, il tempio spirituale
I S. Pietro, II, 6-9 539

quam lapides vivi superaediflcamini, domus sopra di lui, (per essere) casa spirituale,
spirituàlis,sacerdótium sanctum, offérre spi- sacerdozio santo, per offerire vittime spiri-
rituàles hóstìas, acceptàbiles Deo per lesum tuali, gradite a Dio per Gesù Cristo.
Christum.
^Propter quod cóntìnet Scriptùra Ecce : ^Per la qual cosa si ha nella Scrittura :

pono in Sion làpidem summum angulàrem, Ecco che io pongo in Sion una pietra prin-
eléctum, pretiósura et qui credìderit in
: cipale, angolare, eletta, preziosa e chi in :

eum, non confundétur. ^Vobis igitur honor lei crederà, non rimarrà confuso. 'Per voi
credéntibus : non credéntibus autem lapis, adunque, che credete, ella è di onore ma :

quem reprobavérunt aedìficàntes, hic factus per quei che non credono, la pietra riget-
est in caput ànguii ''Et lapis offensiónis,
: tata da coloro che fabbricavano, è divenuta
et petra scàndali his, qui offéndunt verbo, testata dell'angolo '^e pietra d'inciampo, e
:

nec credunt in quo et positi sunt. pietra di scandalo per coloro che urtano
nella parola, e non credono, al che furono
pure ordinati.
'Vos autem genus eléctum, regale sacer- *Ma voi stirpe eletta, sacerdozio regaie.

^ Ps. CXVII, 22; Is. Vili, 14; Matth. XXI, 42; Act. IV, U.

fabbricato non dalla mano dell'uomo, ma da quella per collegare assieme due muri di un edifizio e
di Dio (Ved. n. I Cor. III, 16 e ss.; Efes. II, darvi consistenza (Ved. n. Matt. XXI, 42 Atti ;

19 e ss.). Sacerdozio santo. Non solo siete come IV, 11; Efes. II, 20). Eletta, cioè scelta fra tutte,
pietre nel tempio di Dio, ma ancora come sa- preziosa, ossia degna di sommo onore. Questa
cerdoti per offrire a Dio non già vittime materiali, pietra è il Messia, e chi in lui spererà non rimarrà
come facevano gii antichi sacerdoti, ma vittime confuso nella sua speranza, ma otterrà la salute
spirituali, quali sono le preghiere, le mortificazioni, sperata e sarà onorato (vv. 5, 7, 9-10).
le buone opere, ecc. (Cf. Rora. I, 9, 15, 16;
7. Nei vv. 7-10, S. Pietro applica ai lettori il
Eb, XIII, 15 e ss.; Giac. I, 27). Queste vittime
testo citato. Per voi adunque, che credete, ossia
sono gradite a Dio, se vengono offerte per mezzo
che per mezzo della fede vi poggiate sopra questa
di Gesù Cristo, che è il nostro grande pontefice e
pietra angolare, che è Cristo, essa è argomento
l'unico nostro mediatore presso Dio (Ebr. XIII, 15).
I migliori codici greci hanno eìq ÌEpdrevua = di onore, vale a dire vi rende degni di essere
onorati e nel tempo e nell'eternità (v. 9-10), ma
per essere o divenire un sacerdozio santo, ecc. Il
per quei, che non vogliono credere a Gesù Cristo,
senso però non muta. Si osservi che il discorso
e oggetto di confusione, perchè mentre fu riget-
qui è metaforico, e le parole sacerdozio santo
tata da coloro che fabbricavano, è divenuta testata
vanno prese in largo senso, come indica l'aggiunta
d'angolo, ossia fu posta da Dio come pietra fon-
per offrire vittime spirituali, dalla quale apparisce
damentale di tutto l'edifizio. Queste ultime pa-
chiaro che non si tratta di vittime esterne offerte
role appartengono al salmo CXVII, 22, citato alla
pubblicamente da ministri a ciò in modo speciale
lettera secondo i LXXX (Cf. Matt. XX, 42; Atti
consecrati, ma di vittime immateriali consistenti
IV, 11).
in atti di virtìi, che possono essere offerte da qual-
siasi cristiano. Ogni cristiano infatti, essendo per 8. Questa stando sull'angolo, mentre dà
pietra,
il Battesimo incorporato a Gesù Cristo Pontefice solidità a tutto è ancora un'occasione
l'edifizio
della nuova alleanza, viene in qualche modo a d'inciampo e di scandalo (citazione di Isaia, Vili,
partecipare al suo sacerdozio (Ebr. IX, 11-14), 14), ossia è una pietra .nella quale inciampano
ma nella Chiesa vi sono inoltre dei sacerdoti pro- e si sfracellano coloro, che urtano nella parola del
priamente detti, i quali per una speciale conse- Vangelo, non prestandovi fede, vale a dire coloro
crazione vengono distinti dagli altri fedeli, e soli che ricusano di accettare la dottrina e gli insegna-
hanno potestà di offrire il sacrifizio esterno della menti di Gesù Cristo. Si potrebbe anche tradurre :

nuova legge, che è la consecrazione dell'Eucaristia. coloro che urtano non credendo alla parola del
S. Pietro non vuol quindi affermare che tutti i Vangelo, ma la prima traduzione è migliore. Al
cristiani siano sacerdoti propriamente detti, poiché che furono ordinati. Essi non credono, mentre
al cap. V, 1-4, suppone l'esistenza di un clero pure furono ordinati da Dio alla fede. Siccome
ben distinto dalla massa dei fedeli, ma dice sem- però nel greco la proposizione è indipendente da
plicemente che tutti in qualche modo partecipano quel che precede, e si legge solo A questo fu-:

al sacerdozio (Cf. Esod. XIX, 6; Is. LXI, 6). rono pure ordinati, è più probabile che qui si
6.Prova con un testo di Isaia (XXVIII, 16), parli del castigo riservato agli infedeli. Non hanno
voluto credere, e Dio in castigo permise che an-
citato liberamente secondo i LXX, che Gesù Cristo
è veramente la pietra viva, ecc. (v. 4), e che i
dassero a urtare e a sfracellarsi contro quella
pietra, che avrebbe dovuto essere la loro salute
fedeli sono le pietre vive (v. 5). Il passo citato si
riferisce al Messia, come ammettevano gli stessi
(Cf. Lue. II, 34).

Ebrei (Ved. Rom. IX, 33, dove S. Paolo applica 9-10. Descritta la misera sorte degli increduli,
a Gesù Cristo questo stesso testo). Pongo come torna a parlare della dignità e dei privilegi dei
fondamento in Sion (figura della Chiesa) una pie- applicando loro quattro titoli già dati al
cristiani,
tra principale angolare (gr. d-xpoycoviaìov), vale popolo d'Israele nel Vecchio Testamento, ma che
a dire una pietra posta all'estremità di un angolo con molta maggior ragione convengono al popolo
540 I S. Pietro, II, 10-13

dótiura, gens sancta, pópulus acquisitiónis : gente santa, popolo di acquisto : affinchè
ut vìrtutes annunciétìs eius, qui de ténebris esaltiate le che dalle tenebre
virtù di lui,
vos vocàvit in admiràbile lumen suum. vi chiamò all'ammirabile sua luce. ^"I quali
^"Qui allquàndo ncJn pópulus, nunc autem una volta non popolo, ma ora popolo dì
pópulus Dei qui non consecùti miseri-
: Dio :i quali non fatti partecipi di mise-
córdiam, nunc autem misericórdiam con- ricordia, ora poi fatti partecipi della mise-
secùti. ricordia.
"Charissimì óbsecro vos tamquam àd- ^^Carissimi, io vi scongiuro che come fo-
venas et peregrinos abstinére vos a carnà- restieri e pellegrini vi guardiate dai desi-
libus desidériis, quae militant advérsus ànì- derii carnali che militano contro dell'anima,
mam, ^^Conversatìónem vestram inter Gén- ^^vivendo bene tra le genti aifinchè lad-
:

tes habéntes bonam ut in eo,


: quod dove sparlano di voi come di malfattori,
detréctant de vobis tamquam de malefactó- considerando le vostre buone opere, glorl-
ribus, ex bonis opéribus vos consideràntes, flchino Dio nel dì in cui li visiterà.
glorifìcent Deum in die visitatiónis.
"Subiécti igitur estóte omni humànae "Siate dunque soggetti per riguardo a
creatùrae propter Deum : sive regi quasi Dio ad ogni uomo creato tanto al re, come:

1» Os. II, 24; Rom. IX, 25. " Rom. XIII, 14; Gal. V, 16. i» Rom. XIII, I.

cristiano. che avete creduto, siete una stirpe


Voi, scenze, che hanno 1« loro sede nella carne, va3e
eletta XLIII, fb, secondo i LXX), perchè ri-
(Is. a dire nella umana natura corrotta dal peccato
generati dalla grazia di Gesù Cristo (I, 3, 23) e (Ved. n. Gal. V, 16; Col. Ili, 5, ecc.). MUitano
scelti fra gli altri popoli. Sacerdozio regale (Esod. contro l'anima, ossia le fanno guerra e cercano di
XIX, 6, testo ebraico un regno di sacerdoti), per- trascinarJa alla morte (Ved. n. Rom. VII, 23;
chè, essendo membri di Gesù Cristo pontefice e Giac, IV, 1). Vivendo bene, ecc. L'Apostolo vuole
re delia nuova alleanza, venite ancora a parte- che i cristiani tengano una condotta esemplare e
cipare alla sua dignità sacerdotale e reale (Ved. irreprensibile in mezzo ai pagani. Affinchè lad-
n. V. 5). Gente santa (Esod. XIX, 6), ossia sepa- dove, ecc. I pagani, prevenuti e mal informati
rata da tutte le altre e consacrata interamente a sul conto vostro, ora sparlano di voi come di tanti
Dio. Popolo di acquisto (Isa. XLIII, 21, secondo malfattori; alle loro calunnie dovete opporre la
ì LXX), ossia popolo comprato da Dio col sangue santità della vita, affinchè al considerare le vostre
di Gesù Cristo, e quindi proprietà di Dio. Anche buone opere si formino un migliore giudizio di voi,
Israele era in modo speciale il popolo di Dio e glorifichino Dio nel giorno in cui li visiterà,
(Esod. XIX, 5; Deut. VII, 6). Affinchè esaltiate... chiamandoli alla fede, oppure secondo altri, nei
di lui. Anche queste parole appartengono a Isaia giorno del giudizio. 1 pagani glorificano Dio rico-
(XLIII, 21). Se Israele doveva esaltare le virtù, noscendo la verità della sua religione e l'efllìcacia
ossia le perfezioni, di Dio, molto più i cristiani della sua grazia. Dagli Apologisti del n e ni secolo
devono celebrare la sapienza, la bontà, la potenza sappiamo, che ai cristiani si imputavano i più
e gli altri attributi divini, che in modo sì splen- quaJi l'ateismo, la ribellione contro
orribili delitti,
dido si sono manifestati nell'opera dell'umana re- lo stato, l'incesto, l'infanticidio, l'antropofagia,
denzione. Il quale Dio dalle tenebre dell'igno- ecc. Svetonio {Nero XVI) li chiama o genus ho-
ranza e dei peccato (Atti XXVI, 12; Efes. V, 8-13) minum superstitionis novae et malefìcae » e Tacito
vi chiamò efficacemente all'ammirabile sua luce^ {Annal. XV, 44) afferma o quos par flagitia invisos
ossia al cristianesimo. vulgus christianos appellabat » (Cf Atti XVI, 16 . ;

10. Applica ancora «i cristiani un passo di Osea XVII, 6; XIX, 23; XXVIII, 22). È da notare l'af-
finità che vi è tra questo versetto 12 e quanto si
(II, 23-24) citato liberamente (Ved. n. Rom. IX,
25, dove è pure citato da S. Paolo). Una volta, ha presso S. Matteo, V, 16.
cioè prima della vostra conversione, non eravate 13. w. 13-17 tratta dei doveri dei cri-
Nei
popolo di Dio, ma nemici suoi; adesso però siete stiani verso il potere civile. Questo passo ha
popolo di Dio, perchè da luì comprati una volta ; parecchi punti dì contatto con quanto scrive San
non godevate della misericordia, ma adesso avete Paolo, Rom. XIII, 1 e ss. ; Efes. V, 21-VI, 9;
conseguito misericordia. I Tim. II, 1 e ss., ecc.

11. Nella seconda parte della sua lettera (lì, Dunque manca nel greco. Ad ogni uomo creato.
11-IV, 19), S. Pietro discorre della condotta pra- U testo greco {nàari dv6p(»3rtvT] xrioei) va tra-
tica, che i cristiani devono tenere nelle diverse dotto ad ogni umana istituzione, ossia ad ogni
circostanze della vita presente. Comincia con una forma di governo, che gli uomini hanno potuto
esortazione generale a vìvere onestamente (11-12). darsi (tnonarchia, repubblica, oligarchia, ecc.).
Carissimi, apostrofe affettuosa, che serve a richia- La prima origine dell'autorità è da Dio (Rom.
mare l'attenzione dei lettori e a renderli docili. XIII, 1), ma la determinazione del soggetto in
Come forestieri e pellegrini. Dà il motivo della cui essa deve risiedere dipende generalmente dagli
sua esortazione. I cristiani hanno per patria ii uomini, e perciò si dice ogni umana istituzione.
cielo, e devono considerarsi come stranieri alla Le parole per riguardo a Dio indicano che tale è
terra e agli interessi mondani (I, 1, 17; Efes. II, la volontà di Dio. Nel greco vi è per riguardo al
19), voi qui adi dovete guardarvi dai desidera car- Signore, vale a dire perchè così ha comandato
nali, ossia d« tutt^ quelle perverse concupi- Gesù Cristo (Matt. XXII, 22). Al re, ossia al-
I S. Pietro, II, 14-21 541

praecellénti "Sive ducibus tamquam ab eo


: sppra di tutti "quanto ai presidi, come
:

missis ad vindictam malefactórum, laudem spediti da lui per far vendetta dei malfat-
vero bonórum "Quia sic est volùntas Dei,
: tori, e per onorare i buoni "perchè tale :

ut benefaciéntes obmutéscere faciàtis impru- è la volontà di Dio, che facendo il bene chiu-
déntium hóminura ignoràntiam "Quasi li- : diate la bocca alla ignoranza degli uomini
beri, et non quasi velàmen habéntes malitiae stolti "come liberi, e non quasi tenendo
:

libertàtem, sed sicut servi Dei. ^^Omnes iio- la libertà per velame di malizia, ma come
noràte fraternitatem diligite
: Deum ti- • servi di Dio, ^ ^Onorate tutti amate i fra- :

méte : Regem "Servi sùbditi


honoriflcàte. telli tem.ete Dio
: rendete onore al re.
:

estóte in omni timóre dómìnis, non tantum "Servì, siate soggetti con ogni timore ai
bonis et modèstie, sed etiam dyscolis. padroni, non solo ai buoni e modesti, ma
anche agl'indiscreti.
"Haec est enim propter Dei
gràtia. sì "Poiché è una grazia, se per riguardo a
consciéntiam sustinet quis tristitias, pàtiens Dio uno sopporta molestie, patendo ingiu-
iniùste. ^"Quae enim est glòria, si peccàntes. stamente. ^"Infatti qual onore è egli, se pec-
et colaphizàti suffértis? Sed si bene facién- cando, ed essendo puniti, patite ? Ma se fa-
tes patiénter sustinétis haec est gràtia apud
: cendo bene e patendo, soffrite con pa-
Deum. zienza, questo è una grazia presso Dio.
^*In hoc enim vocàti estis : quia et Chri- "A questo infatti siete stati chiamati :

»' Rom. XII, 10. " Eph. VI, 5; Col. Ili, 22; Tìt. II, 9.

l'imperatore romano, che veniva chiamato Paoi- trattato quest'argomento (I Cor. VII, 21 Efes. VI, ;

Xró^ (re) dai greci. Come sopra tutti (gr. wnepé- 5 e ss.; Cd. III, 22 e ss. ; I Tim. VI, 1 e ss. ;

Xovn), ossia come a colui che nello stato è sopra Tit. II, 9 e ss.), che aveva una speciale impor-
tutti, e possiede la suprema autorità. tanza in quei primi tempi, quando i numerosi
14. Presidi (gr. firtyL&y). Davasì questo nome ai schiavi convertiti potevano essere tentati di consi-
governatori (proconsoli, procuratori, ecc.) delle derarsi come perfettamente uguali ai loro padroni,
varie Provincie. Come spediti, ecc. Si deve ubbi- se questi erano cristiani, o di ritenersi come
dire ai presidi, perchè sono i rappresentanti del-
superiori a loro, se erano pagani, e quindi pote-
l'imperatore, ed esercitano in nome di lui l'auto- vano sentirsi portati a ricusare l'obbedienza, spe-
rità per punire i malvagi e premiare i buoni cialmente quando erano maltrattati.
Servi. S. Pietro non lì chiama col nome di
(Ved. n. Rom. XIII, 3).
schiavi òovXoi, ma con quello più nobile di DÌxérat
15. Accenna a un motivo superiore di religione,
= domestici. Siate soggetti ai vostri padroni con
che li deve indurre ad essere ^ttoraessi. Dio vuole ogni timore. Ciò -dovete fare, tanto se ì vostri
che facendo il bene, ossìa vivendo onestamente
padroni sono buoni e modesti (greco mansueti),
e in modo speciale, stando soggetti a tutte le quanto se sono indiscreti, o meglio, difficili o
legitime autorità, chiudiate la bocca, ossia ridu-
duri, che ingiustamente vi maltrattano.
ciate al silenzio quegli stolti, cioè i pagani, i
quali per ignoranza accusano i cristiani, di ribel-
19. E
una grazia, ossia è cosa grata (a Dio,
lione contro le leggi e contro le autorità.
V e degna di lode, se per riguardo a Dio
.20)
(iett. per motivo di coscienza verso Dio), vale
16. Come liberi. Siate soggetti come si con-
a dire se perchè ha coscienza che tale è la volontà
viene a uomini liberi, quali voi siete. Gesù Cristo di Dio, uno schiavo (il principio però è generale)
vi ha liberati dalla schiavitù del demonio e del
sopporta con pazienza le varie molestie o afflizioni,
peccato, e quindi dovete stare soggetti per co- patendo ingiustamente (Ved. n. Matt. V, 39).
scienza e non già far della libertà cristiana un
;
S. Pietro suppone quindi e insegna che si può
velame di malizia, ossia pigliar pretesto dalla violare la giustizia anche verso gli schiavi, i quali
libertà cristiana per operare il male, e nel caso,
hanno pure dei diritti che devono essere rispettati.
per legittimare la ribellione contro le autorità Quanta differenza tra il cristianesimo e il paga-
(Cf. Gal. V, 13; II Piet. II, 19). Dovete stare
nesimo che per bocca di Aristotile (Eth. Nic. V,
soggetti, come si conviene a servì (schiavi) di
10, 8) diceva non esservi stretta giustizia tra un
Dio, dal quale siete stati liberati dal peccato, ma uomo suoi schiavi!
e i

a cui dovete obbedire.


Qual onore, ossia qual merito, qual cosa degna
17. Riassume in poche parole varii doveri. Ren- di lode è egli mai, se, avendo peccato, ossia com-
dete il dovuto onore a tutti senza alcuna ecce- messo qualche mancanza contro il padrone, ed
zione. E chiaro per che i segni di rispetto sono essendo puniti (greco schiaffeggiati o percossi)
diversi a seconda della diversità delle persone, a patite con pazienza? Il castigo è meritato, e non
cui si fanno. Amate i fratelli, cioè tutti i cristiani vi è gran merito nel sopportarlo. Ma al contrario
{fraternitatem, astratto per il concreto). Temete se facendo bene davanti a Dio, tuttavia patite,
Dio facendo la sua volontà. Onorate il re osser- ossia siete maltrattati dai padroni, e ciò nonostante
vando le leggi giuste, che egli vi impone (Cf. Prov. soffrite tutto con pazienza, ecco che voi fate una
XXIV, 21). cosa, che è grata a Dio.
18.Doveri degli schiavi, 18-25. Devono essere 21. Nei vv. 21-25 per incoraggiare i fedeli alia
sottomessi ai padroni, e soffrire con pazienza a pazienza, l'Apostolo porta l'esempio di Gesù Cri-
esempkr di Gesù Cristo. Anche S. Paolo ha sto, il quale tanto ha patito senza lamentarsi

1
542 I S. Pietro, II, 22 — HI, 1

stus passus est prò nobis, vobis relinquens poiché anche Cristo patì per noi, lasciando
exémplum ut sequàminì vestigia eius. ^^Qui a voi l'esempio, affinchè seguitiate le ve-
peccàtum non fecit, nec invéntus est dolus stigia di lui. ^^11 quale non fece peccato,
in ore eius : ^'Qui cum maledicerétur, non né sì trovò frode nella sm bocca "il :

maledicébat : cum
paterétur, non commina- quale venendo maledetto, non malediceva :

bàtur tradébat autem iudicànti»se iniùste


: : strapazzato, non minacciava ma si rimet- :

^^'Quì peccata nostra ipse pértulit in córpore teva nelle mani di chi ingiustamente lo giu-
suo super lignum ut peccàtis mórtui, iu-
: dicava ^''il quale portò egli stesso i nostri
stitiae vivamus cuius livóre sanati estis.
: peccati nel suo corpo sopra del legno (af-
^^Eràtis enim sicut oves erràntes, sed con- finché morti al peccato viviamo alla giu-
vèrsi estis nunc ad pastórem, et épiscopum stizia), per le lividure del quale siete stati
animàrum vestràrum. sanati. Imperocché eravate come pecore
'^'^

sbandate, ma adesso vi siete convcrtiti ai


pastore e vescovo delle vostre anime.

CAPO III.

Doveri dei coniugi cristiani, i-y, — Doveri reciproci di tutti i fedeli, 8-12. —
Essere fedeli a Dio anche in mezzo alle persecuzioni, 13-22.

*Similiter et mulieres sùbditae sìnt viris ^Similmente anche le donne siano sog-
suis ut et si qui non credunt verbo, per
: gette ai loro mariti : anche perchè se alcuni

22 Is. LUI, 9. 24 is. LUI, 5; I Joan. Ili, 5. 1 Eph. V, 22; Col. Ili, 18.

(Cf. Filipp. II, 5; I Tess. I, 6; II Tess. II, 5; 23, S. Pietro pensava forse alle parole d'Isaia,
Ebr. XII, 2; Ciac. V, 11, ecc.). LUI, 7 (Cf. Atti Vili, 32).
A questo, ecc. Voi siete stati chiamati al cri- 24. 7/ quale, come vero sacerdote, portò (il
stianesimo affinchè ad esempio di Gesù Cristo greco dvTJveYxev significa portare una vittima sul-
vostro capo, sopportiate con pazienza i mali, che l'altare) nel suo corpo, ossia nella sua carne pas-
ingiustamente vi sono inflitti. Soffrire tribolazioni sibile, come vittima, i nostri peccati (Is. LUI, 12),
e portare la croce dietro a Gesiì Cristo è una delie vale a dire la pena dei nostri peccati, sopra del
leggi fondamentali della religione cristiana (Ved. legno della croce, che fu l'altare sul quale Egli
Matt. X, 38; XV, 24; I Tess. Ili, 2, ecc.). Anche compì il suo sacrifizio. II fine per cui morì fu
Gesù Cristo patì per noi (i migliori codici greci questo : che morti al peccato viviamo alla giu-
B 8 AC, ecc., hanno per voi, e questa lezione è stizia (Ved. n. Rom. VI, 2, 11; Gal. II, 19). Nel
da preferirsi). Gesù Cristo non patì per sé, quasi greco vi è questa variante separati o allonta-
:

che egli avesse commesso qualche colpa, ma pati nati dal peccato. Il senso non muta. Da questo
per voi, e quindi patì ingiustamente, vale a dire passo si dimostra la dottrina cattolica che Gesù
soffrì una quantità di mali, che non gli erano Cristo è morto ed ha soddisfatto a Dio per noi e
dovuti (v. 22). Egli perciò vi ha lasciato l'esempio in vece nostra. Per le lividure, ossia per le cui
di sopportare con pazienza un male inflitto in- piaghe siete stati sanati dalle vostre piaghe spi-
giustamente. Affinchè seguitiate, ecc., ossia af- rituali, che sono i peccati (Cf. Is. LUI, 5, secondo
finchè lo imitiate. i LXX).
22-23. S. Pietro mostra in questi due versetti 25. Prova che avevano veramente bisogno di
l'innocenza di Gesù Cristo (22) e la sua pazienza. essere risanati. Eravate come pecore sbandate
Non fece peccato, ecc. Si ha qui una citazione di (Is. LUI, 6), cioè erranti lungi dalla via della
Isaia, LUI, 9, secondo i LXX. Gesù Cristo non salute, ma adesso divenuti cristiani vi siete con-
commise alcun peccato né colle opere, né colle vertiti, o meglio siete stati convertiti, ossia con-
parole {ne si trovò frode, ecc.), e quindi era al dotti, a Gesù Cristo, che è il buon pastore (Giov.
tutto innocente. Maledetto, ossia ingiuriato, non X, 11, 14). Cf. Ebr. XIII, 20) e il vescovo, ossia
malediceva, cioè secondo il greco, non rispondeva il sorvegliante, e colui che si prende cura delle
con ingiurie ; strapazzato, ossia maltrattato in tutte vostre anime. Il greco inxmioJiéto significa sor-
.

le maniere, non minacciava odio e vendetta, ma si vegliare ed essendo questo uno dei principali do-
rimetteva nelle mani di chi ingiustamente lo giudi- vennero chia-
veri dei pastori, giustamente questi
cava, ossia di Pilato. Il testo greco presenta una mati vescovi.
lezione differente : rimetteva (se stesso o la sua
causa) nelle mani di chi giudica giustamente, ossia
di Dio Padre, giudice Supremo, a cui si conviene CAPO III.
fare vendetta (Cf. Giov. Vili, 58). Probabilmente
S. Pietro allude alle parole con cui Gesù Cristo Nei vv.
1-2. dei mutui doveri dei
1-7 si tratta
prima di morire raccomandò la sua anima a Dio coniugi cristiani. Anche S. Paolo trattò più volte
(Lue. XXIIl, 46). Nello scrivere questo versetto quest'argomento (Cf. Efes. V, 22 e ss. ; Coloss.
I S. Pietro, III, 2-7 543

mulierum conversa :i6nem sìne verbo lucri- non credono alla parola, siano guadagnati
flant, -consideràntes in timóre castam con- senza la parola dalla condotta delle mogli,
versatiónem vestram. 'Quarum non sit ex- ^al considerare la vostra casta condotta con
trinsecus capillatùra, aut circumdàtio auri, timore. ^Delle quali l'ornato non sia al di
aut induménti vestimentórum cultus ^Sed : fuori racconciatura dei capelli, o l'oro che
qui abscónditus est cordis homo, in incor- si mettono d'attorno, o le vestimenta dì cui
ruptibilitàte quièti, et modèsti spiritus, qui si ammantano, "ma quell'uomo ascoso del
est in conspèctu Dei lócuples. cuore nell'incorruttibilità di uno spirito
:

tranquillo e modesto, il quale è cosa pre-


ziosa nel cospetto di Dio.
•''Sic enim aliquàndo
et sanctae niulieres, ^Poiché così una volta anche le sante
speràntes Deo,
ornàbant se, subièctae
in donne che speravano in Dio, si adornavano,
própriis viris. *Sicut Sara obediébat Abra- stando soggette ai loro mariti. ^Come Sara
hae, dóminum eum vocans cuius estis fì- : era ubbidiente ad Abramo, chiamandolo si-
liae benefaciéntes, et non pertiméntes ullam gnore della quale voi siete figliuole, ope-
:

perturbatiónem. rando il bene, e non lasciandovi sbigottire


da qualsiasi spavento.
^Virì similiter cohabitàntes secundum "Voi, mariti, parimente convivete con sag-

» I Tim. II, 9. « Gen. XVIII, 12. » I Cor. VII, 3.

Ili, 18 e ss. ; Tit. II, 4-5, ecc.). Comincia «t par- quell'uomo, ecc. L'ornamento della donna cri-
lare (1-6) dei doveri delle donne verso i loro stiana dev'essere Vuomo ascoso del cuore, ossia
mariti. l'uomo interiore (Ved. n. Rom. VI, 22; II Cor.
Similmente, ossia come i servi devono star IV, 16), e deve consistere nell'incorruttibile purità
soggetti ai padroni, similmente (non ugual-
loro di uno spirito tranquillo, ossia dolce, e modesto.
mente) le donne maritate siano soggette ai loro La dolcezza e la modestia sono il più bell'orna-
mariti (Cf. Efes. V, 22; Tit. II, 5). Anche per- mento della donna cristiana, e contribuiscono alla
chè, ecc. L'Apostolo suppone ohe alcune cri- pace e al buon ordine della famiglia.
stiane possano avere dei mariti, che non credono 5-6. Conferma quanto ha detto con alcuni
alla parola del Vangelo, che cioè siano pagani.
esempi Vecchio Testamento. Così una
tratti dal
Ora egli vuole che esse li guadagnino alla fede volta, cioè nei tempi antichi, le sante donne,
colla loro vita santa e obbediente, piuttosto che
quali erano le mogli dei patriarchi, anche si ador-
colle loro parole e colle loro esortazioni <Ved.
navano, ossia si studiavano di ornare il loro animo
I Cor. VII, 13-14). Un bel esempio di questo coile virtù (v, 4), e nello stesso tempo erano pie-
modo di agire si ha in Santa Monica (Ved. Conf., namente soggette ai loro mariti. Di queste donne
S. Aug. IX, 9, 19). Al considerare (gr. avendo
si dice che speravano in Dio, per far conoscere
considerata) la vostra casta, cioè santa, condotta
la grande fiducia, che avevano nelle promesse di
unita a un timore riverenziale verso il marito
quel Dio, a cui si studiavano di piacere colla
(Efes. V, 33). D-.l testo greco apparisce chiaro
loro obbedienza. S. Pietro ricorda in particolare
che le parole con timore vanno unite con vostra l'esempio di Sara, la cui virtù era celebrata anche
casta condotta.
dagli antichi rabbini. Era ubbidiente ad Àbramo^
3-4. Quale debba essere l'ornato delle donne e confessava la sua soggezione e la sua dipen-
(Ved. n. I Tim. II, 9-13). S. Pietro comincia col- denza chiamandolo Signore (Cf. Gen. XVIII, 12).
l'accennare a quanto si deve evitare. L'ornato Della quale siete figliuole. Nel greco si legge :

non sia al di fuori l'acconciatura, ecc. Nel greco della quale siete divenute figliuole, allorché avete
si legge : delle quali l'ornato sia non l'esteriore abbracciato il cristianesimo. Come infatti Abramo
dell'intrecciatura, ecc. Col nome di acconciatura è il padre di tutti i credenti sia Ebrei che pagani
si devono intendere le treccie (ciò risulta dal (Rom. IV, 11; Gal. Ili, 7), così ancora Sara può
greco èfiflXoxfìq rpiXcòv), che erano molto in uso dirsi la madre di tutti credenti. Operando il
ì

presso i greci e i romani (Ovid., De arte am., III, bene, ecc. Per essere sue figliuole dovete imitare
le sue virtù, e specialmente la sua obbedienza e
la sua soggezione, e non lasciarvi sbigottire da
qualsiasi spavento (Cf. Prov. Ili, 25), ossia non
lasciarvi allontanare dalla pratica del bene da
qualsiasi spauracchio o terrore, ma ponendo tutta
la vostra fiducia in Dio.
Doveri dei mariti verso le loro mogli. Voi
7.
mariti cristiani, parimente adempite tutti 1 vostri
doveri verso le mogli. Convivete e coabitate con
esse con saggezza, ossia secondo le regole della
Fig. 64. — Variì generi di acconciature. saggezza e dell'onestà cristiana. Rendete onore ad
esse trattandole con dolcezza e rispetto, aiutan-
dole col consiglio, ecc. Infatti esse sono uno
336; Vig. Dict. Bib., Cheveux). L'oro che mettono strumento (gr. oxeuoq. Cf. I Tess. IV, 4), ossia
attorno alla testa, al collo, alle braccia, ecc. Ma un utensile più fragile dell'uomo. Sia l'uomo che
544 I S. Pietro, III, 8-14

sciéntiam, quasi ìnflrmiórì vasculo muliebri gezza con le mogli, e rendete onore come
impartiéntes honòrem, tamquam et coheré- ad utensìle più fragile, ed anche come a
dibus gràtiae vitae ut non impediàntur ora-
: coeredi della grazia di vita affinchè non :

tiónes vestrae. *In fine autem omnes unàni- siano impedite le vostre orazioni. *Final-
mes, compatiéntes, fraternìtàtis amatóres, mente (siate) tutti unanimi, compassione-
mìsericórdes, modèsti, hùmiles 'Non red- : voli, amanti dei fratelli, misericordiosi, mo-
déntes malum prò malo, nec maledictum prò desti, umili *non rendendo male per male,
:

maledicto, sed e contràrio benedicéntes : né maledizione per maledizione, ma al con-


quia in hoc vocàti estis, ut benedictiónem trario benedicendo perchè a questo siete
:

hereditàte possideàtis. stati chiamati, affinchè abbiate in retaggio


la benedizione.

*"Qui enim vult vitam diligere, et dies ^"Poiché chi vuole amare la vita, e vedere
vidére bonos, coérceat linguam suam a malo, giorni beati, raffreni la sua lingua dal male,
^
et làbia eius ne loquàntur dolum : ^^Declinet e le sue labbra non parlino inganno. ^Schi-
a malo, et fàciat bonum inquìrat pacem, et
: vi il male, e faccia il bene cerchi la pace, :

sequàtur eam "Quia óculi Dòmini super


: e le vada dietro : "poiché gli occhi del
iustos, et aures eius in preces eòr um Vul- : Signore sopra i giusti, e le sue orecchie
tus autem Dòmini super faciéntes mala. alle loro orazioni ma la faccia di Dio con-
:

tro coloro che fanno male.


"Et quis est qui vobis nóceat, si boni "E chi è che vi noccia, se sarete zelanti
aemulatóres fuéritis? "Sed et si quid pati- del bene ? ^*Ma anche se patite alcuna cosa

» Prov. XVII, 13; Rom. XII, 17; I Thess. V, 15. 1» Ps. XXXIII, 13. 11 Is. I, 16. 1* Matth.
V, 10.

la donna sono due utensili nella casa di Dio cita secondo i LXX (non però alla lettera) un
(Rom. IX, 21 II Cor. IV, 7), ma l'uomo è più
; passo del salmo XXXIII, 13-17. Poiché dice la
forte e la donna più debole. Nell'ordine della Scrittura : chi vuole amare la vita, vale a dire
grazia la donna è uguale e può essere anche supe- chi desidera una vita tale che la possa amare,
riore all'uomo, poiché partecipa alla stessa fede, ossia una vita felice, e brama di vedere, ossia
agli stessi sacramenti, ecc., e ha diritto alla stessa di avere dei giorni beati, sia nella vita presente
eredità. Affinchè le vostre orazioni^ ossia le ora- e sia nell'eternità, deve: 1* frenare la sua lingua
zioni che voi o uomini fate colle vostre donne, da ogni maldicenza, e non lasciare che trascorra
non siano impedite nella loro efficacia dall'odio a parole d'inganno. Egli deve inoltre 2° evitare
e dalUa discordia, che regnassero tra voi. ogni peccato, e fare il bene; e 3* cercare, ossia
S. Gerolamo {Ad lovin., lib. I, 7), seguito da studiarsi, di aver pace col prossimo, praticando la
Estio (h. 1.) pensa che nelle parole come ad uten- carità senza mai venir meno. Poiché gli occhi, ecc.
sile, ecc., S. Pietro inculchi ai mariti di usare Chi desidera di essere felice deve vivere santa-
con moderazione dei loro diritti coniugali, con- mente, perchè il Signore tratta ciascuno secondo
forme a quanto si legge I Cor. VII, 5, ma la le opere sue. / suoi occhi si posano con com-
spiegazione contraria è più comune, e risponde piacenza sopra dei giusti, e le sue orecchie sono
meglio al contesto (Cf. Drach., h. 1.). attente alle loro orazioni, affine di esaudirle, ma
la faccia del Signore si irrita contro coloro che
8-12. Doveri vicendevoli di tutti i fedeli. Fi-
nalmente, formola di transizione a parlare di rac- fanno il male.
comandazioni più generali. Tutti (sott. siate) una- 13. S. Pietro passa ora a mostrare ai cristiani
nimi, ossia abbiate un animo solo cogli stessi come devono diportarsi in mezzo alla persecuzione
pensieri e gli stessi sentimenti (II Cor. XIII, 11; presente (III, 13-IV, 19). Malgrado tutte le prove
Filipp. II, 2). Compassionevoli, ossia pigliate parte e le afflizioni, essi devono prima di tutto restar
alle tristezze e alle gioie gli uni degli altri. fedeli a Dio (13-22).
Amanti dei fratelli, cioè dei cristiani (I, 22). Mi- Chi è che, ecc. Chi potrà farvi del male, se
sericordiosi (Efes. IV, 32). Modesti, manca nel sarete zelanti del bene, se cioè vi applicherete
greco. Umili, vale a dire alieni ad ogni sentimento a fare il bene e vi studierete di condurre una
di superbia. Non rendendo male a quelli, che vita santa e irreprensibile? La risposta non può
vi fanno del male (Ved. n. Rom. XII, 17; I Tess. essere dubbia.
V, 15). Maledizione per maledizione, ossia in- 14-15. Ma dato pure che per la giustizia, ossai
giuria per ingiuria (II, 23). Benedicendo, ossia per la religione cristiana che professate, abbiate
augurando loro del bene, come ha comandato a patir qualche cosa, beati voi (Cf. Matt. V, 10).
Gesù Cristo (Matt. V, 38). Poiché a questo, cioè Se siete beati, è chiaro che la persecuzione non
per benedire i vostri nemici, siete stati chiamati può recarvi alcun male (Cf. IV, 10; Giac. I, 12,
(II, 21) al cristianesimo, affinchè perdonando e 25). Non paventate il timor loro, vale a dire il
benedicendo, otteniate come eredità la benedizione timore che i persecutori possono incutervi colle
del Padre celeste. Dio a voi colpevoli ha dato la loro minacele, ma benedite (meglio secondo il
redenzione e darà il cielo : è giusto quindi che greco santificate, ossia tenete come santo e quindi
anche voi facciate del bene a quei, che vi fanno temete, adorate) nei vostri cuori, cioè nell'intimo
del male.
della vostra anima, il Signore che è Gesù Cristo
10-12. Dà il motivo, per cui i cristiani devono Le parole non paventate... ma santificate il Si-
:

praticare ti^i raccomandazioni (8-9). A tal • fine gnore, sono una liber- citazione di Isaia, Vili,
I S. Pietro, III, 14-19 545

mini propter iustitiam, beati. Timórem au- per la giustizia, beati voi. Non paventate
tem eórum ne timuéritis, et non conturbé- il timor loro, e non vi turbate. ''Ma bene-
mini. ^^Dóminum autem Christum sanctifl- dite nei vostri cuori Cristo Signore, pronti
càte in córdibus vestris, parati semper ad sempre a dar soddisfazione a chiunque vi
satisfactiónem omni poscénti vos ratiónem domandi ragione della speranza che è in
de ea, q-aae in vobis est, spe. ^^Sed cum voi "ma con modestia e rispetto, avendo
:

modèstia, et timóre, consciéntiam habéntes una buona coscienza affinchè laddove spar-
:

bonam ut in eo, quod détrahunt vobis, con-


: lano di voi, rimangano confusi quelli che
fundàntur, qui calumniàntur vestram bonam calunniano la vostra buona condotta in
in Christo conversatiónem. Cristo.
^'Mélius est enim benefaciéntes (si volun- "Poiché è meglio patire (se così piace
tas Dei velit) pati, quam malefaciéntes. al voler di Dio) facendo bene, che operando
"Quia et Christus semel prò peccàtis nostris male. "Infatti anche Cristo una volta morì
mórtuus est, iustus prò iniustis ut nos of- per i nostri peccati, egli giusto per gl'in-
férret Deo, mortiflcàtus quidam carne, vi- giusti, affine di offerir noi a Dio, essendo
vificàtus autem spiritu. ^'In quo et bis, qui stato messo a morte secondo la carne, ma
in carcere erant, spiritibus véniens praedi- vivificato per lo Spirito. "Pel quale ezian-

" Sup. II, 12. 1» Rom. V, 6; Hebr. IX, 28.

12. E però da osservare, che mentre in Isaia sì ripetuti.Morì. Tale è la lezione dei migliori co-
legge : santificate lahve degli eserciti, S. Pietro dici,e va preferita a patì, che si trova in qualche
vi sostituisce il Signore Crìsto, mostrando così codice. Per i nostri peccati, cioè per espiare le
che Gesiì Cristo è vero Dio identico a lahve degli nostre colpe. Giusto per gli ingiusti. Queste parole
eserciti. Pronti sempre, ecc. Voi mostrerete ai fanno risaltare l'innocenza di Gesù Cristo (I, 19).
vostri persecutori che non li temete, se siete Affine di, ecc. Ecco il fine del sacrifizio di Gesù;
sempre pronti a dar soddisfazione (gr. d:ioXoYÌov) offrirci aDio, ossia, secondo la forza del greco,
ossia a difendere (ciascuno secondo la grazia che farci avvicinare a Dio, da cui ci eravamo allon-
ha ricevuto da Dio) la religione cristiana, col tanati per il peccato (Cf. Rom. V, 2; Efes. II,
rispondere a chiunque (sia giudice, o no) vi do- 18; III, 12; Ebr. IV, 16; VII, 25, ecc.). Essendo
mandi ragione delia speranza che avete in voi stato messo a morte secondo la carne, ossia se-
della vita eterna. Dovete far loro vedere i fon- condo la natura umana, ma vivificato secondo lo
damenti che avete di sperare la vita eterni, « Spirito (Ved. n. Rom. I, 4) vale a dire richiamato
come non senza grandi e vive ragioni voi credete a nuova vita e glorificato per la potenza o virtù
e sperate. divina, che era in lui. Parecchi esegeti (p. es.
Ma con modestia, ecc. Questa difesa della
16. Drach., Fillion. Camerlynck, ecc.) danno alla pa-
fede deve essere accompagnata da due disposi- rola spirito il senso di anima. Gesù Cristo fu
zioni, cioè dalla modestia o meglio dalla man- messo a morte quanto al corpo, ma quanto al-
suetudine {npavvTi\q)^ che evita ogni asprezza e l'anima ricevette una nuova vita, poiché la sua
ogni violenza, e dal rispetto, ossia da quel timore anima, la quale anche prima della morte era
riverenziale che si deve a chi interroga p. es. ai beata, ricevette di poter comunicare anche «1
magistrati, ai giudici, ecc. Avendo una buona, ecc. corpo la sua beatitudine.
Per convincere i vostri persecutori della verità 19-22. Affine di eccitare sempre più i suoi let-
della vostra fede, non bastano le parole della tori a patire per Gesù Cristo, S. Pietro fa una
vostra difesa, ma è ancora necessario che abbiate piccola digressione intorno all'universalità della
una buona coscienza, che non vi rimproveri di salute operata da Gesù Cristo, mostrando come
nulla, vale a dire che conduciate una vita irri- Egli abbia salvato coloro che erano nel Limbo
prensibile, affinchè laddove sparlano di voi come (19-20), salvi coloro che trovano sulla terra
e si
di malfattori (Ved. n. II, 12), al vedere la santità pi -22).
della vostra vita rimangano confusi, vale a dire
I due primi
versetti (19-20) presentano gravi
siano convinti di menzogna coloro che calunniano
d'interpretazione, benché la grande mag-
difficoltà
la vostra buona condotta.
gioranza degli esegeti si accordi nel ritenere che
17. È meglio patire senza averlo meritato (v. 14 S. Pietro parli qui della discesa di Gesù Cristo
e II, 19-20) che essere puniti per aver fatto male : al Limbo.
oppure : Giova
confondere i persecutori il
piiì a Per il quale
Spirito, ossia in virtù della stessa
patire facendo del bene, che per aver fatto del divina natura, a cui l'anima e il corpo di Gesù
male. Se così piace, ecc. Se i cristiani soffrono, Cristo rimasero ipostaticamente uniti durante il
sì è perchè Dio ha così stabilito. Chi soffre con tempo, in cui per la morte erano tra loro sepa-
pazienza fa la volontà di Dio. rati, andò a predicare, ecc. Altri spiegano per :

Nei vv. 18-22 porta l'esempio di Gesù Cri-


18. la quale o nella quale anima andò, ecc. Subito
sto, il quale, pure essendo innocente, tuttavia dopo morte, mentre il corpo stette nel sepolcro,
ha patito ed è morto per noi (Cf. II, 12). l'anima di Gesù Cristo sì portò al Limbo (Cf. Atti
Cristo una volta (Ebr. IX, 28). Il sacrifizio com- II,27, 31, 33) a predicare, cioè ad annunziare la
p'u^o da Gesù Cristo è unico, perchè perfetto e buona novella della redenzione compiuta. Tale
d'infinito valore, a differenza degli antichi sacri- è il senso del greco èxripv^ev, che nel Nuovo
fizi, i quali perchè imperfetti, dovevano essere Testamento vien sempre usato per indicare la pre-

35 — Sacra Bibbia, voi. II

1
546 I S. Pietro, III, 20-21

'
càvit : *"Qui increduli fùerant aliquàndo, dio andò a predicare a quelli spiriti che
quando expectàbant Dei patiéntiam in diébus erano in carcere quali erano stati una
: ^"i
Noe, cum fabricarétur arca in qua paucl, : volta increduli, allorché la pazienza di Dio
id est octo ànimae salvae factae sunt per stava aspettando nei giorni di Noè, mentre
aquara. si fabbricava l'arca : nella quale pochi,
cioè otto anime furono salvate sopra l'acqua.
et vos nunc sìmilis formae salvos
*^Quod -^Alla qual cosa corrisponde il battesimo,
facitbaptìsma non carnis depositio sór-
: (non -ripulimento delle sozzure della carne,
dium, sed consciéntiae bonae interrogàtio in ma contratto di buona coscienza fatto con
Deum per resurrectiónem Jesu Christi, Dio) che adesso vi salva per mezzo della

2» Gen. VII, 7 ; Matth. XXIV, 37 ; Lue. XVII, 26.

dicazione del Vangèlo (Cf. IV, 6; Matt. IV, 17, tutt'altro senso questi due versetti (19-20). Se-
24, ecc.). A quegli spirìti, ossia alle anime dei condo non si parlerebbe in alcun modo
essi qui
morti. Carcere. Col nome di carcere viene indicato della discesa di Gesù al Limbo, la quale si prova
il sh$ol, ossia quel luogo tenebroso, dove si racco- con altri testi di Scrittura, ma l'Apostolo direbbe
glievano le anime dopo morte. Nel sheol vi erano che Gesù Cristo per quello stesso Spirito, per cui
due parti; l'una riservata ai dannati, per i quali risuscitò da morte, predicò ancora prima della sua
non vi è speranza di redenzione, e l'altra, detta incarnazione a quegli uomini increduli che vive-
seno di Abramo, o Limbo destinata ai giusti, che vano al tempo in cui si fabbricava l'arca, e si
asipettavano la venuta del Redentore (Ved. n. trovavano racchiusi nel corpo come in un carcere
Lue. XVI, 23-26). E in questa seeonda parte che circondati dalle tenebre e privi della luce di Dio
è disceso Gesù Cristo colla sua anima ad annun- e dedl'amore del bene. A questi tali predicò Gesù
ziarvi la liberazione. Cristo per bocca di Noè, ma senza frutto, per-
20. I quali, ecc. Tra coloro, ai quali fu annun- chè non si convertirono durante tutto quel tempo
ziata la liberazione, S. Pietro ricorda in modo spe- che la pazienza di Dio li aspettava a penitenza.
ciale gli increduli del tempo
Noè, non già per
di L'Apostolo infatti al cap. I, 11, insegna espres-
escludere ma per far meglio risaltare l'ef-
gli altri, samente che era lo Spirito di Cristo che per
ficacia della morte di Gesù Cristo, che si estese mezzo dei profeti predicava i patimenti e le glorie

anche a coloro che erano considerati come i più del Messia (Ved. n. ivi), e quindi si può con-
grandi peccatori, e che dai rabbini ebrei veni- chìudere che sia ancora questo stesso Spirito il
vano esclusi da qualsiasi partecipazione ai beni quale per mezzo di Noè esortava gli uomini alla
messianici. Erano stati una volta increduli, ecc., penitenza. S. Tommaso d'Aquino {Sum. Theol. Ili
i quali cioè, quando Noè cominciò a fabbricar quest. LII, art. II ad. 3), dopo riferita la prima
l'arca, non credettero alle esortazioni del santo spiegazione mostra di preferire la seconda, sog-
patriarca, che a nome di Dio, minacciava il di- giungendo : Augttstintts tamen melius exponit, ecc.
luvio e lo sterminio dei peccatori, ma quando poi Non è da negarsi che la spiegazione di Sant'Ago-
videro sollevarsi le acque, e si sentirono vicini stino abbia forti ragioni in suo favore, benché
a morire, molti di essi si rivolsero a Dio, e do- abbia contro di sé la grandissima maggioranza
mandarono e ottennero il perdono. È vero che la degli interpreti e sia oggidì abbandonata. Intorno
Scrittura è muta sopra dì questo punto, ma l'Apo- alla discesa dì Gesù al Limbo, oltre ai Teologi

stolo al cap. IV, 6, lascia abbastanza capire che nel trattato dell'Incarnazione, Cf. Van Steenkiste,
parecchi fecero penitenza, e furono fatti degni di Comm. in Evang.; S. Matt. (4* ed.), p. 1601;
aver parte alla redenzione operata da Gesù Cristo. Karl. Gschwind., Die Hollenfahrt Christi, ecc.,
Allorché la pazienza, ossia la longanimità, di Munster, 1911.
Dio stava aspettando la loro conversione durante 21. Quei pochi, che furono salvati per mezzo
i 120 anni in cui fabbricavasi l'arca (Gen. VI, 3 dell'acqua del diluvio sono una figura di quelli
e ss. ; Ebr. XI, 7). Invece di expectàbant Dei pa- che vengono salvati per mezzo dell'acqua del Bat-
tiéntiam, il testo greco e i migliori codici della tesimo, nei quali più ancora che nel Limbo, si
Volgata hanno : quando expéctabat Dei patientia, mostra l'efficacia della morte dì Gesù Cristo. Il
e questa lezione è quella seguita nella traduzione. testo è un po' complicato, ma il pensiero è
Anche il testo della Volgata presenta un ottimo chiaro. Il passo greco corrispondente può tra-
senso : allorché si aspettavano la pazienza di Dio, dursi : la quale (acqua) salva adesso anche voi
sperando con presunzione che le minacele di Dio per il suo antitipo il Battesimo. L'Apostolo vuol
non si sarebbero ancora compiute (Cf. Matt. XXIV, dire : quella stessa acqua tipica del diluvio, che
38 e ss.). Nella quale arca pochi, cioè otto anime, salvò dalla morte corporale coloro che si tro-
ossìa otto persone (Cf. Atti II, 41 ; XXVII, 37 ; vavano nell'arca, salva adesso ancora voi dalla
Rem. XIII, 1, ecc.) Noè e la sua moglie, i tre morte spirituale per il suo antitipo che è il Bat-
fìg'.i dì Noè e le loro mogli (Cf. Gen. VI, 18; tesimo. Ora questo Battesimo non è una sem-
Vi, 7; Vili, 18), si salvarono sopra l'acqua. plice lavanda destinata a togliere le sozzure del
Il greco h\& vhaxoq va piuttosto tradotto attraverso, corpo, come erano le diverse abluzioni dei Giudei,
oppure per mezzo, dell'acqua, che sollevò l'arca. ma è un contratto (gr. è)rep(ón\|ia = interrogàtio)
In cui si erano rifugiati. di buona coscienza verso Dio. Queste ultime pa-
Parecchi commentatori, p. es. Sant'Agostino role sono molto oscure, e furono diversamente
{Epist.CLIV, 15), S. Beda (h. 1.), l'autore del interpretate, benché tutti convengano nel ritenere
commento sulle Lettere cattoliche che va tra le che esse descrivono l'efficacia del Battesimo. Il
opere spurie di S. Tommaso, ecc., spiegano in greco èwepÓTimo (Cf. Zorell., Lex. Graec.) non si
I S. Pietro, III, 22 — IV, 2 547

*'Qui est in déxtera Dei, deglutiens mortem risurrezione di Gesù Cristo, ^^il quale stì
ut vitae aetérnae heródes efRcerémur pro- : alla destra di Dio, ingoiata avendo la morte,
féctus in caelum subiéctis sibi àngelis, et perchè noi diventassimo eredi della vita
potestàtibus, et virtùtibus. eterna essendo andato al cielo, soggettati
:

a sé gli Angeli, e le potestà e le virtù.

CAPO IV.

Esortazio7ie alla santità, i-6. — // pensiero del prossimo giudizio deve animare
alla pratica della viriti, y-ii. — / patimenti ci rendono simili a Gesic Cristo,
12-16, — e ci assicui'ano la vita eter7ia, 17-19.

^Christo ìgitur passo in carne, et vos 'Cristo adunque avendo patito nella carne,
eàdem cogìtatióne armàmini quia qui pas-: armatevi ancor voi dello stesso pensiero :

sus est in carne, désiit a peccàtis -Ut iam : perchè chi ha patito nella carne, ha finito
non desidériis hóminum, sed voluntàti Dei, di peccare ^per vivere non secondo le pas-
:

« Eph. IV, 23.

trova altrove nel Nuovo Testamento, e può avere quale Gesù Cristo risuscitato a nuova
22. Il
diverse significazioni, la più probabile delle quali vita, siede ora coronato di gloria alla destra dì
è domanda (interrogazione). Il Battesimo, oppure Dio (Sdlm. CIX, 1 ; Matt. XXVI, 64, ecc.). Le
il ritosacramentale è una domanda efficace fatta parole : ingoiata avendo la morte, perchè noi di
a Dio, e per conseguenza un'impetrazione, dì ventassimo eredi della vita eterna, mancano nel
una coscienza buona (genitivo di oggetto) vale a greco e in numerosi codici latini. Per il senso
dire purificata da ogni sozzura di peccato e san- Ved. n. I Cor. XV, 54. Essendo andato al cielo
tificata per l'infusione della grazia giustificante. nel giorno della sua Ascensione, domina ora su
Si può anche tradoirre : la domanda di una cO' tutte le creature, avendogli Dio assoggettati tutti
scienza buona davanti a Dio. Così l'Apostolo men- gli angeli (Efes. I, 21 ; Coloss. II, 10) di qualsiasi
tre nega che il Battesimo sia destinato a mondare grado e dignità {potestà e virtù sono due classi
il corpo, afferma invece che è ordinato a purificare di angeli. Rom. Vili, 38; I Cor. V, 24).
come purifica di fatto l'anima. Tale ci sembra la
migliore interpretazione (Cf. Hundhausen, h. 1. ;
Camerlynck, h. 1. ; Crampon, h. 1., ecc.). Altri CAPO IV.
invece preferiscono parola èmpmnxiia
dare alla
il senso giuridico di stipulazione, contratto, im- 1-2. Nei vv. 1-6, S. Pietro torna ad esortare i
pegno^ ecc., e spiegano : Il Battesimo è il con- suoi lettori alla santità. Comincia col ripigliare
tratto, o l'impegno di una buona coscienza verso l'argomento del cap. III, 18 : « Gesù fu messo
Dio. In questo caso S. Pietro farebbe allusione a morte secondo la carne », e dal fatto che i cri-
all'uso di interrogare il catecumeno, e di esigere stiani nel Battesimo hanno partecipato alla morte
da lui una promessa e un impegno verso Dio di Gesù Cristo, ne inferisce che essi devono omai
prima di dargli il Battesimo (Rinunzi tu a Sa- essere morti al peccato, e non vivere che per
tana? Rinunzio: Credi tu a Cristo? Credo), La Dio. Poiché dunque Gesù Cristo nella sua umana
buona coscienza indicherebbe la sincerità dell'im- natura (nella carne) patì e morì, armatevi ancora
pegno preso. A questo stesso uso allude certa- voi nelle lotte, che dovete sostenere, di quegli
mente Tertulliano allorché scrive {De resur. car.y stessi pensieri e di quegli stessi affetti, da cui era
XLVIII) « animam enim non lavatione sed res-
: animato Gesù Cristo nella sua passione. La ra-
ponsione sanatur » (Cf. Drach., h. 1. ; Fillion, gione si é, perchè colui che ha patito nella carne,
h. 1.). Altri spiegano : Il Battesimo è la domanda vale a dire che ha crocifissa la propria carne con
di salute che una buona coscienza fa a Dio (Cf. tutti i suoi vizi e le sue concupiscenze (Gal. V,
Brassac, M. B., t. IV, p. 651). 24), ha finito di peccare, ossia non ha più da fare
Che vi salva, va congiunto con per mezzo della col peccato, essendo morto ad esso (Rom. VI,
risurrezione, eec. Il Battesimo ha la virtù di sal- 6-7), aflSnchè, per tutto quel tempo che gli resta
varci, ossia di infonderci la vita soprannaturale ancor da vivere su questa terra (nella carne),
della grazia, dalla risurrezione di Gesù Cristo, viva non già per seguire le passioni o i cattivi
inquanto essa è termine e compimento della desiderii degli uomini perversi, ma per fare il
passione del medesimo Gesù Cristo, il quale morì volere di Dio osservando la sua legge (Cf. Rom.
per i nostri peccati e risuscitò per nostra giusti- VI, 3-13; I Tess. IV, 3). Altri (Bigg., Kuehl.,
ficazione (Rom. IV, 25). Inoltre la vita, che rice- Fillion, Brassac) danno un'altra interpretazione ;
viamo nel Battesimo, è una partecipazione di Cristo avendo patito nella carne, armatevi anche
quella vita, che ebbe Gesù Cristo dopo la sua voi dello stesso pensiero di voler patire con pa-
risurrezione (Cf. Rom. VI, 4). zienza. La ragione si è, perchè colui che per

\
548 I S. Pietro, IV, 3-7

quod réliquum est in carne vivat témporis. sioni degli uomini, ma secondo il volere
enim praetéritum tempus ad volun-
'Sufficit di Dio, quel che gli resta di tempo nella
tatem Géntium consummàndam his, qui am- carne. 'Basti infatti l'avere nel tempo pas-
bulavérunt in luxuriìs, desidériis, vinolén- sato soddisfatta la volontà dei gentili a co-
tiis, comessatiónibus, potatiónibus, et illi- loro, i quali hanno camminato nelle lus-
citis idolórum cùltibus. surie, nelle cupidità, negli eccessi del man-
giare e del bere, e nell'illecito culto de-
gl'idoli.

*In quo admiràntur non concurréntibus *Per la qual cosa sono fuori di loro stessi,
vobis in eàmdem luxùriae confusiónem, perchè voi non concorrete nello stesso ob-
blasphemàntes. "Qui reddent ratiónem ei, brobrio di lussuria, e bestemmiano. ^I quali
qui paràtus est ìudicare vivos et mórtuos. renderanno conto a colui che è pronto a
•'Propter hoc enim et mórtuis evangelizà- giudicare i vivi e i morti. ^Poiché per que-
tum est ut iudicéntur quidem secùndum
: sto è stato predicato il Vangelo anche ai
hómìnes in carne, vivant autem secùndum morti affinchè siano giudicati secondo gli
:

Deum in Spiritu. ^Omnium autem finis ap- uomini quanto alla carne, ma vivano se-
propinquàvit. Estóte itaque prudéntes. et vi- condo Dio quanto allo spirito. ^Ora la fine
gilate in oratiónibus. di tutte le cose è vicina. Siate perciò pru-
denti, e vegliate nelle orazioni.

Dio patisce nelFa carne, cessa di peccare, ossia l'annunzio del Vangelo portato ai morti da Gesù
odia e fugge il peccato, di modo che non viva Cristo.
piiì secondo i desiderii della corrotta natura, ecc. Affinchè (gr. ivo), ecc. L'Apostolo indica il fine
3-4. I cristiani non devono quindi lasciarsi nuo- dell'evangelizzazione dei morti : Siano giudicati.
vamente trarre a imitare i pagani nei loro vizi. Nel greco vi è il passato essendo stati giudicati,
Basti infatti (litote per dire : è anche troppo). o condannati, secondo gli uomini, vale a dire dopo
Alcuni codici aggiungono a voi oppure a noi, ma aver subito la condanna di morte secondo che
si tratta di glosse destinate a chiarire il pensiero. avviene a tutti gli uomini. Nella carne, ossia
L'avere nel tempo passato (prima della conver- quanto alla vita mortale. Vivano quanto allo spi-
sione) soddisfatta la volontà dei gentili, vivendo rito, ossia abbiano la salute della loro anima
secondo i desiderii della carne per opposizione secondo Dio, partecipando cioè alla vita beata di
al volere di Dio (v. 2). A coloro, vale a dire a Dio. Il Vangelo è quindi predicato agli infedeli
voi, come indica il contesto. Il verbo seguente affinchè si convertano, ma se essi non lo accettano,
dovrebbe essere alla seconda persona avete cam- non sfuggiranno al severo giudizio di Gesù Cri-
minato, ossia siete vissuti nelle lussurie, ecc. sto. Tale è la conclusione che deriva dalla spie-
L'Apostolo spiega in queste ultime parole che gazione di Sant'Agostino, che ci sembra la più
cosa si debba intendere per aver soddisfatta la probabile. Se invece si ammette che S. Pietro
volontà dei gentili. Intorno ai vizi dei pagani anche qui alluda alla discesa di Gesù Cristo al
Ved. Rom. I, 24-32; Coloss. Ili, 5-8; Gal. V, Limbo, allora si deve spiegare : Gesù Cristo an-
21. Per la qual cosa i pagani sono fuori di loro nunziò la liberazione ai morti del Limbo, affinchè,
stessi al vedere che voi, dopo la vostra conver- dopo aver subita la comune condanna alla morte
sione, non correte più con essi, nello stesso temporale, ricevessero la salute e vivessero, ecc.
obbrobrio di lussuria, in cui vivono, e quindi non Altri spiegano : Il Vangelo fu predicato nel Limbo

potendo sopportare il rimprovero della vostra a quelli, che erano stati increduli al tempo di
santa condotta bestemmiano Dio, oppure vi ingiu- Noè, affinchè per quanto giudicati e condannati
riano e vi calunniano in tutti i modi (Cf. Tit. secondo gli uomini nella vita presente (erano
Ili, 2). stati infatti sommersi dal diluvio), vivessero però

5. Minaccia;^»! bestemmiatori il giudizio di Dio.


secondo Dio. — Anche qui l'Apostolo non parle-
rebbe degli uomini del tempo di Noè, se non
Non temete, voi cristiani, le loro bestemmie,
poiché breve dovranno rendere conto di tutte
tra
come di un esempio (Cf. Carmerlynck, h. 1.).
le loro a colui, che è già pronto
scelleratezze 7. Nei vv. 7-11 fa vedere, come il pensiero
a giudicare tutti gli uomini vivi e morti, non della prossima fine del mondo deve eccitare i
esclusi gli stessi pagani (Cf. II Tim. IV, 1 ecc.). i fedeli a praticare la virtù. La fine di tutte le
6. Poiché per questo, ecc. La particella poiché cose, ossia, la fine del mondo, a cui tiene dietro
(gr. T<ip) mostra chiaramente che l'Apostolo vuole il giudizio, è vicina. Questa e simili espressioni,
spiegare le ultime parole del versetto precedente. che si trovano spesso nelle Scritture, indicano
Gesù Cristo giudicherà i vivi e i morti, poiché solamente che il tempo della vita presente, col
anche ai morti fu predicato il Vangelo. Anche quale per noi finiscono tutte le cose di questo ;

questo versetto presenta gravi difficoltà, e viene mondo, e anche il tempo, che corre tra la prima ì

diversamente interpretato. Sant'Agostino {Epist. e la seconda venuta di Gesù Cristo, ove si para-
CLXIV), per i morti intende i peccatori, é*'nel gonino coll'eternità (Ved. II Piet. Ili, 8) sono
caso i pagani, e spiega Gesù Cristo è giudice
: brevissimi. La figura di questo mondo passa pre-
dei giusti e dei peccatori, dei fedeli e degli iiì- sto, e per ciascun uomo viene presto il termine
fedeli, poiché anche agli infedeli è stato prwlicato dei piaceri e dei beni mondani, e nel giudizio
il Vangelo; Altri invece pensano che l'Apostolo particolare (Conf. Matt. XXIV, 42) viene fissata i

alluda al cap. III. 19-20, dove ha parlato del- 1^ sorte per tutta l'eternità (Ved. n. I Cor. XV. 1
I S. Pietro, IV, 8-12 549

•Ante omnia autem mùtuam in vobisme- *Sopra tutto poi abbiate perseverante tra
tipsis charitatem continuam habéntes quìa : voi stessi la mutua carità perchè la carità :

chàritas óperit multitùdinem peccatórum. copre la moltitudine de' peccati. ^Praticate


'Hospitàles invicem sìne murmuratióne : l'ospitalità gli unì verso degli altri senza
^"Unusquisque, sicut accépit gràtiam, in al- mormorare '"Ciascuno secondo il dono rì^
:

térutrum illam admìnistràntes, sicut b(Mi cevuto ne faccia scambievolmente copia a


dispensatóres multifórmis gràtiae Dei, gli altri, come buoni dlspensatori della mol-
tiforme grazia dì Dio.
"Si quis lóquitur, quasi sermónes Dei : "Chi parla, (parli) come parole di Dk) :

si quis ministrat, tamquam ex virtute, quam chi ha un ministero, (lo eserciti) come per
administrat Deus ut in omnibus honori-
: una virtù comunicata da Dio affinchè in :

flcétur Deus per lesum Cliristum cui est : tutto onorato Dio per Gesù Cristo
sia a :

glòria, et impérium in saécula saeculórum : cui è gloria ed impero nei secoli dei secoli.
Amen. Così sia.

^^Charìssimi, nolite peregrinéri in fer- '-Carissimi, non vi stupite del gran fuoco
vóre, qui ad tentatiónem vobis fit, quasi novi accesovi contro per provarvi, come se vi

« Prov. X, 12. • Rom. XII. 13; Hebr. XIII, 2; Phil. II, 14. " Rom. XII, 6; I Cor. IV, 2.

51; I Tess. IV, 15; Ciac. V, 8). Perciò affine 11. Spiega con due esempi il buon uso, che
di essere pronti alla venuta del giudice divino deve dei doni di Dio. Il primo si riferisce
farsi
siate prudenti, ossia agite come uomini che sanno ai carismi ordinati all'insegnamento, e il secondo
quel che sì fanno, e vegliate nelle orazioni. Nel invece si riferisce ai carismi ordinati alle opere di
greco si legge siate sobrìi per attendere meglio misericordia. Chi parla per il carisma della pro-
alle orazioni. Anche Gesiì Cristo fece una racco- fezia, delle lingue, dell'interpretazione, ecc. (Rom.
mandazione analoga (Cf .Mar. XIV, 38; Lue. XII, 6 e ss.)\ va sottinteso. Come parole
Parli
XXI, 34). (gr. Xórint = oracoli, Rom. Ili, 2; Ebr. V, 12)

8. Sopra formola di transizione, che


tutto, ecc., di Dio. L'Apostolo vuol dire : chi ha il doao
indica la somma
importanza della racconiandazione della parola pronunzi 1 suoi discorsi come discorsi
che segue. Perseverante. Il greco èxtevn significa di Dio, vale a dire, con tutta riverenza e since-
piuttosto fervente. —
Perchè la carità, ecc. Motiva rità, mostrando così che tal dono proviene vera-

la sua raccomandazione dicendo, che la carità del mente da Dio. Chi ha un ministero, p. es. queHo
prossimo, la quale deriva dall'amore di Dio, copre, delia cura degli ammalati, dei poveri, ecc. (I Cor.
ossia scancella (Ved. n. Giac. V, 20), la molti- XII, 28; Rom. XII, 8), lo eserciti in modo che
tudine dei nostri peccati, movendo Dio a per- apparisca che Dio è colui, il quale gli comunica
donarceli. Queste stesse parole si leggono pure la forza necessaria, e non si mostri superbo e

nei Proverbi, X, 12, dove però hanno un altro arrogante come se non avesse ricevuto da alcuno
senso L'odio accende le risse, ma la
: carità tale attitudine. Affinchè, ecc. In tutte le sue
copre tutti i mancamenti del prossimo. La carità azioni il cristiano deve proporsi come fine l'onore
non parla dei mancamenti degli altri, ma cerca e la gloria di Dio (I Cor. X, 31). Per Gesù Cri-
di coprirli e di scusarli, ecc. Nulla induce a cre- sto (Ved. n. Rom. XVI, 27). A cui, può riferirsi
dere che S. Pietro faccia una citazione. sia al Padre e sia a Gesù Cristo. E gloria, ecc.
Si ha qui una piccda dossologia, che serve di
9. La fraterna deve indurvi a praticare
carità
conclusione (Cf. V, 11; Rom. XI, 36; Gal. I,
l'ospitalità(Ved. n. Rom. XII, 13; I Tim. HI, 2;
5, ecc.).
Tit. I, 8; Ebr. XIII, 2). Senza mormorare per i
disturbi e le spese che dovete sostenere, essendo 12. Nei vv. 12-19, l'Apostolo torna a parlare
persuasi che nei pellegrini date ricetto a Gesù delle prove, a cui sono esposti i cristiani, e lì
Cristo. invita a patire con gaudio j)er Gesù Crisvo, poiché
10. La stessa carità deve pure mostrarsi nel- in tal modo vengono a rassomigliarsi a lui (12-16)
l'uso dei varii doni ricevuti da Dio. Il nome dono e a meglio assicurarsi la vita eterea (17-19).
(gr. Xdpieno) presso S. Paolo indica le varie Carisimi (Ved. n. II, 11). Non vi stupite. Tale
grazie, gratis datae, come p. es. il dono delle lin- è l'esatta traduzione del greco. Anche la frase
gue, la profezia, ecc. (Ved. Rom. XII, 6-8; I Cor. della Volgata nolite peregrinari può tradursi con
:

XII, 4-10), ma qui presso S. Pietro ha un signi- un senso analogo non vi smarrite, ;ecc. Per U
ficato più generale, e indica non solo i doni straor- gran fuoco, ecc. Questo fuoco (gr. ^tvpoooiq) non
dinari! e miracolosi, molto frequenti nei primi é altro che la sofferenza, la quale é un fuoco
tempi, ma tutti ì favori, che ciascuno avesse purificatore per provare ì cristiani (I, 6; Giac. I,
ricevuto, e per cui potesse rendersi utile al suo 2). Come se, ecc. La sofferenza per ì cristiani
prossimo. La ragione dell'esortazione si è, perchè non é una cosa nuova (gr. strana), ma é natu-
i cristiani non essendo padroni di questi doni, rale e necesaria (Ved. II, 21; Giov. XVI, 33;
ma semplici amministratori, non li devono attri- Atti XIV, 22; II Tim. III, 12, ecc.). Ma ralle-
buire a se stessi, né seppellirli nella terra, ma gratevi, ecc. Accenna a due molivi, che devono
sono tenuti a impiegarli secondo la volontà di Dio, consolare i cristiani nei loro patimenti; il primo
che loro li ha dati. La moltiforme grazia (greco dei quali si é che vengono così a partecipare alle
Xdptq). I varii doni sono diverse manifestazion: sofferenze di Cristo e ad essere simili al loro
del tesoro inesausto che è la grazia di- Dio. capo, e il secondo si é che soffrendo adesso.

1
550 I S. Pietro, IV, 13-19

àliquìd vobis contingat : "Sed communicàn- avvenisse una cosa nuova "Ma rallegra- :

tes Christi passiónibus gaudéte, ut et in re- tevi di partecipare ai patimenti di Cristo,


velatióne gióriae eius gaudeàtis exultàntes. affinchè vi rallegriate ancora, ed esultiate,
^*Si exprobràmini in nòmine Christi, beati quando si manifesterà la gloria di lui. "Che
éritis : quóniam quod est honoris, gióriae, se siete trattati ignominiosamente pel nome
et virtùtis Dei, et qui est eius Spiritus, su- dì Cristo, sarete beati poiché l'onore, la :

per vos requiéscìt. gloria e la virtiì di Dìo e lo Spirito di lui


riposa sopra di voi.
"Nemo autem vestrum patiàtur ut homi- "Or che nessuno di voi abbia a patir
cida, aut fur, aut malédicus, aut alienórum come omicida, o ladro, o maldicente, o in-
appetitor. "Si autem ut Christiànus, non sidiatore del bene altrui. "Se poi, come
erubéscat glorificet autem Deum in isto
: Cristiano, non se ne vergogni : ma glori-
nomine. ^'Quóniam tempus est ut incipiat fichi Dio per tal nome. *^Poichè egli è tempo
iudicium a domo Dei. Si autem primum a che cominci il giudìzio dalla casa di Dio.
nobis quis finis eórum, qui non credunt
: E se prima da noi quale sarà la fine di :

Dei Evangélio? ^^Et si iustus vix salvàbitur, coloro che non ubbidiscono al Vangelo di
impius, et peccàtor ubi parébunt? "Itaque Dio? "E se il giusto appena sarà salvato,
et hi, qui patiùntur secundum voluntàtem dove compariranno Tempio e il peccatore?
Dei, fidéli Creatóri comméndent ànimas suas "Per la qual cosa quelli ancora, che pati-
in benefàctis. scono per volontà di Dio, raccomandino le
loro anime al Creatore fedele praticando il
bene.

" Prov. XI, 31.

esulteranno poi alla venuta gloriosa di Gesù cristiano, vale a dire si rallegri di essere fatto
Cristo, da cut riceveranno il premio meritato (Ved. degno di qualche cosa per il nome di
soffrire
n. Rom. Vili, 17). Gesù Cristo (Cf. Matt. V, 10; Atti V, 41). Il
14. ignominiosamente, ossia vituperati
Trattati
nome di cristiani fu dato ai fedeli per la prima
volta ad Antiochia (Atti XI, 26), e ben presto si
e ingiuriati. Pel nome di CrìstOf ossia a causa
del nome di Cristo, e perchè cristiani (Cf. Matt.
diffuse in tutto il mondo (Cf. Tacit., Annal., XV,
44, ecc.).
XIX, 23; Atti V, 41; IX, 16; XXI, 13, ecc.).
Sarete beati, o meglio siete beati (Ved. n. Matt. 17. L'Apostolo accenna a un nuovo motivo di
V, 11). Poiché, ecc. Dà la ragione per cui sono sopportare pazientemente le trib Dilazioni. Esse
beati. L'onore, ecc. Nel greco si legge semplice- sono un mezzo, per cui la giustizia vendicativa di
mente lo Spirito della gloria, che è lo Spirito
: Dio punisce il peccato e purifica le anime. E
di Dio —
riposa sopra di voi. Dice quindi l'Apo- tempo, ecc. Adesso dopo la venuta di Gesù Cristo,
stolo ai cristiani che soffrono con pazienza Lo : il giudizio, che Dio esercita contro il peccato,
Spirito Santo, che prepara per voi la gloria fu- comincia dalla casa dì Dio, ossia dai fedeli, che
tura, riposa sopra di voi (allusione a Isaia, XI, appartengono alla Chiesa, vera casa di Dio (II,
2, secondo i LXX), ossia abita nei vostri cuori 25). I cristiani sono primi a provare gli effetti
i

per consolarvi e incoraggiarvi. della giustizia di Dio, che per mezzo delle tri-
bolazioni presenti vuole purificarli e renderli degni
15.Che nesuno, ecc. Accenna ad alcun! generi
del cielo. Se prima comincia da noi, ecc. Se la
di sofferenze, che non fanno beati. Abbia a pa-
giustizia divina comincia a mostrarsi così severa
tire, sia cioè costretto a subire pene giudiziarie
con noi, che pure siamo figli di Dio, ecc., quale
per aver violato leggi giuste. Cita alcuni esempi.
sarà la fine, ossia quale sorte sarà riservata a
Omicida o ladro. L'omicidio e il furto erano con-
coloro, che non ubbidiscono al Vangelo? (Cf. Lue.
templati e puniti dal diritto romano. Maldicente.
Il greco xaxojtoióc; significa malfattore in genere XXIII, 31; Rom. XI, 21, ecc.). Lungi quindi dal
(Cf. Il, 12). Insidiatore del bene altrui. Il greco
lamentarsi delle tribolazioni, i cristiani devono
àXXoxpie.in<Sìioifoq non è usato altrove, e la sua ringraziar e benedire Iddio, il quale, mentre li
significazione è incerta. Secondo l'etimologia vor- purifica colle sofferenze nella vita presente, ri-

rebbe dire colui che si occupa, o meglio si inge- sparmia loro i castighi della vita futura.
risce, neille cose degli altri. Può essere che San 18. Ripete con altre parole lo stesso pensiero
Pietro voglia parlare di coloro, che per uno zelo dell'ultima parte del versetto precedente. Se il
imprudente si ingerivano nelle cose pubbliche o giusto, ecc. L'Apostolo si serve di alcune parole
private dei pagani, provocando così l'odio e la dei Proverbi, XI, 31 (secondo i LXX). Se il giusto
persecuzione (Cf. Camerlynck, h. 1.). Altri pen- è giudicato così severamente, e non giunge alla
sano che l'Apostolo voglia mettere in guardia i salute se non per mezzo di tanti stenti e di tante
fedeli contro le sedizioni e le ribellioni alla legit- tribolazioni,dove compariranno, ossia come ose-
tima autorità, e perciò danno a dXXoTpiem'oxoxoq ranno comparire davanti al loro giudice, l'empio
il senso di fomentatore di cose nuove. e il peccatore ? come potranno sfuggire alla ven-
16. Se poi uno è condannato a pene giudiziarie detta Dio? (Cf. Estio, h. 1.).
di

non per alcun delitto, ma perchè cristiano, vale a Per la qual cosa, ecc. L'Apostolo deduce
19.
dire, perchè professa la religione cristiana, non si ora una conclusione generale da quanto ha detto
ergogni, che è glorioso soffrire per la giustizia intorno alle afflizioni (vv. 12 e ss.). Stando adun-
y per la verità. Ma glorifichi Dio per tal nome di que così le cose, anche quelli, i quali patiscono
I S. Pietro, V, 1-3 551

CAPO V.

Doveri dei pastori verso il gregge e del gregge verso i pastori, 7-5.— Umiltà
5-7. — Vigilanza, 8-9. —
Confidenza in Dio, lo-ii. — Motivo per cui V Ap
scrisse questa lettera e saluti, 12-14.

^Seniores ergo, qui in vobis sunt, óbse- sacerdoti adunque, che sono tra voi,
'I
ero, consénior et testìs Christi passiónum; li scongiuro, io consacerdote e testimone
qui et eius, quae in futuro revelànda est, dei patimenti di Cristo e chiamato a parte:

glóriae coramunicàtor : ^Pàscite qui in vo- di quella gloria che sarà un giorno mani-
bis est gregem Dei, providéntes non coàcte, festata ^pascete il gregge di Dio, che da
:

sed spontànee secùndum Deum neque tur- : voi dipende, governandolo non forzata-
pis lucri gràtia, sed voluntàrie ^Neque ut : mente, ma di buona voglia secondo Dio :
dominàntes in cleris, sed forma facti gregis non per amore di vii guadagno, ma con
ex ànimo. ^Et cum apparùerit princeps pa- animo volenteroso 'né come per dominare
:

non per aver commesso qualche delitto, ma perchè (Ved. n. Giov. XXI, 15. Il gregge (Cf. II, 25) di
tale volontà di Dio, stiano di buon animo,
è la Dio, ossia il gregge, che è proprietà di Dio, e che
abbiano pazienza e raccomandino (Lue. XXIII, 46), da Dio fu affidato alle vostre cure (Cf. Atti XX,
ossia affidino con piena sicurtà le loro anime a 28). Governandolo. Il greco èwicxcoioCvreq (manca
Dio, che le ha create per la salute, ed è fedele nei codici B e K ma si trova in tutti gli altri),
(l Cor. X, 13) nel mantenere le promesse fatte significa piuttosto vegliando sopra di esso con
di salvarle. Questa raccomandazione deve però assidua cura. S. Pietro allude probabilmente al
essere accompagnata dalla pratica costante delle nome di èmoxo«o<;. Egli passa ora a segnalare
buone opere. tre difetti, che si devono evitare, e tre virtù, che
si devono praticare dai pastori delle diverse
Chiese. Primo difetto: forzatamente e quindi di
CAPO V. mala voglia e con negligenza. Prima virtù: di
buona voglia, ossia con trasporto e con diligenza.
1. La terza parte (V, 1-11) di questa lettera Secondo Dio, cioè secondo che vuole Dio (Rom.
contiene alcune esortazioni riguardanti la vita in- Vili, 27; II Cor. VII, 10. Queste ultime parole
terna delle comunità cristiane. L'Apostolo co- mancano in diversi codici, ma si trovano nei
mincia coll'inculcare ai pastori il dovere di pascere
il gregge affidato alle loro cure' (1-4).
migliori. —
Secondo difetto: per amore di vii gua-
dagno, cercando di arricchh"si come pastori mer-
/ sacerdoti (gr. npea^viépovq, Jett. anziani o cenarii. Ciò suppone che i sacerdoti ricevessero
seniori). Con questo nome sono .ndicati non già qualche onorario dalle Chiese, a cui servivano
i pili ma i capi delle varie comunità
anziani di età, (I Cor. IX, 3 e ss. ; II Cor. XI, 8 e ss.). Seconda
cristiane, sia vescovi che sacerdoti (Cf. Atti XI, virtù: con animo volenteroso (gr. Jipo8vj«»<; ,
30; XIV, 22; XV, 2 e ss. I Tim. V, 17; Tit. I,
;
ossia con disinteresse, cercando il bene del gregge
5, ecc.). Adunque. L'Apostolo deduce una con-
clusione. Se il giudizio comincia dalla casa di
e non il bene vostro. —
Terzo difetto: come per
dominare, ossia con superbia e ostentazione (Cf,
Dio, e se il giusto appena sarà salvato (IV, 17- Matt. XX, 25-28, ove Gesù Cristo mette in guardia
18), io scongiuro quindi, ecc. S. Pietro indica
i suoi discepoli contro questo stesso vizio). L'ere-
tre titoli, che gli danno diritto di fare queste esor-
dità, ossia la porzione di gregge affidata alle
tazioni. Consacerdote. Nel greco si ha ò <TVfi;Tpe-
vostre cure. Nel testo greco e nel latino vi è il
opurepo; = il consacerdote, ossia quel vostro
plurale. La parola xXrjpot; (lat. clerus) in senso
compagno e fratello nel sacerdozio, che voi ben proprio vuol dire sorte, e quindi la parte toccata
conoscete. £ da ammirarsi l'umiltà di S. Pietro,
in sorte. Qui significa quella porzione di fedeli
quale, pur essendo vicario di Gesù Cristo, si
affidata alle cure di uno o dell'altro pastore. Non
Il

chiama semplicemente compagno di sacerdozio. è probabile che si tratti del clero propriamente
Ciò però nulla detrae alla sua autorità. Testimone detto, come vorrebbero alcuni antichi commenta-
oculare (Atti I, 8, 21; II, 32; III, 15, ecc.) dei
patimenti sofferti da Gesii Cristo per la nostra
tori. —
Terza virtù: Fatti esemplari. Senza l'e-
sempio a ben poco giova la parola. Il gregge,
salute (Cf. Matt. XXVI, 51-75; Mar. XIV, 33 ossia i fedeli, devono sentirsi provocare al bene
e ss.; Lue. XXII, 6 e ss. Giov. XVIII, 10-27).
;
dagli esempi di virtù dei loro pastori (Cf. Filipp.
Io rendo attualmente testimonianza di questi pati- III, Tess. Ili, 9; I Tim. IV, 12; Tit.
17; II
menti colla mia predicazione. Chiamato a par- II, 7). Meritano a questo proposito di essere letti
tecipare alla gloria di Gesii Cristo, la quale sarà i passi di S. Gregorio (Lib. past., I, 3), di San
un giorno manifestata. Bernardo {Epist., 201), e la lettera di S. Gerolamo
no\\iàvaxt). Questa sola parola
2-3, Pascete (gr, a Nepoziano (Epist. LII, 7), dove si inculca ai
comprende doveri di un buon pastore, ed
tutti i pastori il dovere del buon esempio. Sinceramente
era stata usata da Gesù Cristo stesso, quando (lat. ex animo) manca nel greco, ed è probabil-
affidava a S. Pietro il governo di tutta la Chiesa mente una glossa.

l
552 I S. Pietro, V, 4-10

stórum, percìpiétìs immarcescibilem glóriae sopra l'eredità (del Signore), ma fatti sin-
corónara. ceramente esemplare del gregge. ^E quando
apparirà il principe dei pastori, riceverete
la corona immarcescibile di gloria.
'Similiter adolescéntes subditi estete se- "Parimente voi, o giovani, siate soggetti
niórìbus. Omnes autem ìnvicem humilitàtem ai sacerdoti. E tutti rivestitevi di umiltà
insinuate, quia Deus superbis resistit, hu- gli uni verso degli altri, perchè Dio resiste
milibus autem dat gràtiam. ^Humiliàmìni ai superbi, e dà la grazia agli umili. ^Umi-
igìtur sub potènti manu Dei, ut vos exàltet liatevi dunque sotto la potente mano di Dio,
in tèmpore visitatiónis : ^Omnem solìcitù- affinchè vi esalti nel tempo della visita :
dinem vestram proiiciéntes in eum, quóniam ^gettando in lui ogni vostra sollecitudine,
ipsi cura est de vobis. poiché egli ha cura di voi.
^Sóbrii estete, et vigilate quia adver- : "Siate temperanti, e vegliate perchè il :

sàrius vester diàbolus tamquam leo rugiens diavolo vostro avversario, come leone che
Circuit, quaerens quem dévoret : ^Cui re- rugge, va attorno cercando chi divorare :

sistite fortes in fide : sciéntes eàndem pas- 'a cui resistete forti nella fede sapendo :

siónem eì, quae in mundo est, vestrae fra- come le stesse cose patiscono i vostri fra-
ternitàti fieri. telli che sono pel mondo.
"Deus autem omnis gràtiae, qui vocàvit "Ma il Dio di ogni grazia, il quale ci ha

» Col. Ili, 12; Jac. IV, 6. « Jac. IV, 10. Ps. LIV, 23; Matth. VI, 25; Lue. XII, 22.

4. premio che attende i pastori fedeli ai


Il zienza le tribolazioni, che Egli vi manda (Cf. IV,
loro Se adunque pasceranno nel modo
doveri. 17-18). Affinchè vi esalti col darvi la sua grazia
predetto il gregge loro affidato, quando apparirà, e la sua gloria (Cf. n. Lue XIV, 11). Nel tempo
nella sua venuta per giudicare vivi e i morti, i stabilito (Cf. Matt. XXIV, 45). Della visita. Que-
il principe pastori (gr.
dei dpXi:roi|itiv), cioè ste parole mancano in numerosi eodici greci, ma
Gesù Cristo, pastore supremo non solo del gregge servono a spiegare il senso (Cf. n. II, 12).
ma anche di tutti i pastori (II, 25; Ebr. XIII, 20; 7. Gettando in lui, ecc. Vi è in queste parole
Giov. X, IO), riceveranno come premio la promessa una reminiscenza del salmo LIV, 23, secondo i
coróna immarcesibUe, ossia intrecciata di fiori LXX. Ogni vostra sollecitudine in mezzo alle tri-
che non appassiranno mai e dureranno in eterno. bolazioni, che possono affliggervi. Egli ha cura di
Questa corona non è altro che la vita eterna nella voi. Nel salmo citato si legge : Egli vi nutrirà.
gloria del cielo (Cf. I Cor. IX, 25; II Tim. IV, Il cristiano non deve avere troppa sollecitudine
8; Ciac. I, 12, ecc.). per le cose di questo mondo, ma deve essere
5. Ndla prima parte di questo versetto. San animato da una grande fiducia nella Provvidenza
Pietro parla dei doveri dei fedeli verso i pastori. di Dio.
Parimenti come i pastori, anche voi dovete com- temperanti nel mangiare, nel bere, e
8. Siate
piere ì vostri doveri. Giovani (gr. vedórepot).
in generale nell'uso delle cose di questo mondo.
Con questo nome sono qui probabilmente indicati Vegliate pregando (Cf. n. IV, 7; Matt. XXIV, 42
i semiplici fedeli per opposizione ai pastori chia- e ss.), se non volete essere sorpresi dai vostri
mati s«mori o presbiteri (greco jrpeopwtepot). Al- nemici e trascinati al male. Il diavolo vostro av-
cuni però ritengono che si parli piuttosto degli versario per eccellenza, non dorme; ma come un
altri ministri ecclesiastici inferiori, come p. es. i leone feroce e forte ruggente va attorno ai cri-
diaconi, ecc., destinati ad aiutare i sacerdoti e stiani cercando chi divorare, ossia chi trascinare
i vescovi (Atti V, 6; VI, 10). Siate soggetti. Nel- al peccato e all'eterna dannazione.
l'obbedienza e nella soggezione si riassumono tutti
i doveri. 9. A cui, ecc. Al demonio, che si aggira attorno

Tutti, ecc. Nei vv, 5 -11, S. Pietro parla dei a voi e vi sollecita al male, resistete (Giac. IV,
doveri comuni a tutti i cristiani sia pastori che 7) forti nella fede, ossia armati di una fede viva
semplici fedeli, raccomandando l'umiltà (5-7), a come di uno scudo (Efes. VI, 16) invincibile.
sobrietà e la vigilanza (8-9), e la confidenza io Dovete ravvivare la vostra fede nella verità della
Dio (10-11).
dottrina cristiana, e specialmente nelle promesse
Tale è la miglior traduzione del
Rivestitevi. di vita eterna, che Dio ha fatto a coloro, che
greco èyxonPcóoaoee derivato da éY^ojipóonat, che avrebbero combattuto con forza e coraggio. Sa-
significa stringere a sé una veste mediante un pendo come, ecc. Valga a infondervi coraggio e
un nodo fatto al cingolo (Cf. Zorell., Lex. Graec). a confortarvi anche il sapere che non s'ete soli
Gli uni verso degli altri. Nelle vostre scambievo'i a soffrire, ma che i vostri fratelli, ossia tutti i
relazioni sempre l'umiltà (Coloss. Ili,
praticate cristiani sparsi nel mondo, patiscono le stesse

12), poiché, per testimonianza della Scrittura (Cf. cose, vale a dire sono ancor essi esposti alle
Prov. Ili, 34, secondo i LXX. Ved. n. Ciac. IV, tribolazioni (Cf. II, 21; IV, 19; I Tim. II, 12).
6). Dio resiste ai superbi coli' umiliarli, e dà la La sorte comune di tutti i cristiani è il patire.
sua grazia e i suoi doni agli umili. 10. Il Dìo che è l'autore d'ogni grazia e d'ogni
6. Umiliatevi, ecc. Ecco conclusione che
la dono conducente alla salute (Cf. Giac. I, 17). Ci
l Apostolo deduce dal testo citato. Sotto la po- (i codici hanno ^fifl? = vi) ha chiamati
migliori
tente mano di Dio, accettando con umiltà e pa- coU'efficacia della »u& grazia alla fede e alla gloria
I S. Pietro, V, 11-14 553

nos in aetérnam suam glórìam in Christo chiamati alla eterna sua gloria in Cristo
lesu, módicum passos ipse perficiet, confir- Gesù, con un po' di patire vi perfezionerà,
màbit, "Ipsi gloria, et impé-
solidabitque. vi conforterà e assoderà. ^^A lui la gloria
rìum saeculórum
in saécula Amen. : e l'impero pei secoli dei secoli. Così sia.
"Per Silvànum fldélem fratrem vobis, ut "Per mezzo di Silvano fratello fedele vi
àrbitror, bréviter scripsi óbsecrans et con- : ho scritto, parmi, brevemente per esor- :

téstans, hanc esse veram gràtiam Dei, in tarvi, e per attestarvi che la vera grazia di
qua statis. "Salùtat vos Ecclèsia, quae est Dio è questa, nella quale state costanti.
in Babylóne coélécta, et Marcus filius meus. ^^Vi saluta la Chiesa che è in Babilonia,
^^Salutàte invio— in osculo sancto Grà- : con voi eletta, e Marco mio figlio. ^^Saluta-
tia vobis omnibus, qui estis in Christo lesu. tevi gli uni gli altri col bacio santo. La gra-
Amen. zia a voi tutti che siete in Cristo Gesù.
Così sia.

eterna (Cf. n. I, 3) in Cristo Gesù, ossia per i annunziato il Vangelo ai destinatarii di questa
meriti di Cristo. Con un po' di patire. La
Gesù lettera (Cf. Gal. II, 9).
condizione, a cui Dio ha stabilito di darvi la I saluti. La Chiesa. La parola Chiesa manca
13.
gloria, sono brevi e transitori! patimenti. Questo in quasi tutti i codici greci, ma oltreché nella
Dio adunque, il quale per mezzo di brevi pati- Volgata latina si trova pure in parecchie versioni
menti vi ha chiamati alla gloria, vi perfezionerà, antiche, e quand'anche non appartenesse al testo
ossia condurrà a termine l'opera incominciata, primitivo, andrebbe certamente sottintesa. Nel
vi confermerà nella fede, vi assoderà nel bene. greco infatti si legge : La eletta come voi che
Nel greco vi è quest'aggiunta : vi rafforzerà. Tutti è, ecc. Ora col nome
di n ovvexXexTTj (la eletta).
questi 'verbi dimostrano che è necessaria la gra- S. Pietro non potuto indicare se non una
ha
zia di Dio non solo per cominciare a far bene, Chiesa particolare, la quale era stata ancor essa
ma anche per perseverare. I cristiani devono es- scelta o eletta da Dio, come le Chiese a cui è
sere pieni di fiducia in Dio. indirizzata la presente lettera. Se come sognano
11. i4 lui, ecc. Dossologia come al cap. IV, 11. alcuni protestanti, l'Apostolo avesse voluto par-
Nel greco manca la gloria. lare della sua moglie, avrebbe indicato chiara-
12. Nell'epilogo di questa lettera (12-14), San mente il nome di essa, invece di usare una peri-
Pietro indica il motivo, per cui ha scritto, e poi frasi così generale e così solenne. Babilonia è la

manda città di Roma, la quale viene chiamata con que-


i saluti della Chiesa di Roma e di Marco,
e infine augura lagrazia a tutti i suoi lettori. sto nome anche nell'Apocalissi di S. Giovanni
Per mezzo di Silvano. Intorno a questo perso- (XIV, 8, 16, 19; XVII, 5 e ss.; XVIII, 2, 10),
naggio, detto anche Sila, Ved. Atti XV, 22 e ss. ; nell'Apocalissi apocrifa di Baruch (XI, 1), negli
II Cor. I, 19; I Tess. I, 1 ; II Tess. I, 1, ecc. Oracoli sibillini (V, 158), ecc. Non consta affatto
La particella bià = per mezzo indica che Silvano che S. Pietro si sia mai recato a Babilonia sul-
fu oil latore di questa lettera (Cf. Atti XV, 23), l'Enfrate e vi si trovasse in compagnia di San
o segretario, di cui S. Pietro si servì per scri-
il
Marco, mentre invece la tradizione è unanime nel-
verla, oppure l'uno e l'altro (Cf. Belser, Einl., l'afferraare la sua presenza in Roma unitamente

p. 679 e ss.). Fratello fedele. Nel greco vi è a quella del secondo Evangelista. Non deve omet-
l'articolo : quel fratello fedele, che voi ben cono- tersi che tutti gli antichi Padri si accordano nel

scete. Parmi, va riferito non a quel che precede, ritenere che sotto il nome di Babilonia sia indicata
ma a quel che segue, come si è fatto nella tra- Roma (Ved. Introduzione a questa lettera). —
duzione. Alcuni però lo riferiscono a fratello fedele Marco, l'autore del secondo Vangelo (Ved. In-
e spiegano ; per mezzo di Silvano, che giudico troduzione al Vangelo di S. Marco). Mio figlio
fratello fedele (Cf. Camerlynk, h. 1.). Brevemente. spirituale, perchè da me generato alla fede col
La lettera è infatti assai breve, se si considera Battesimo.
l'importanza degli argomenti trattati (Cf. Ebr. 14. La
benedizione apostolica. Salutatevi col
XIII, 21). Per esortarvi a soffrire con pazienza, bacio (Ved. n. Rom. XVI, 16. Cf. I Cor. XVI,
e per attestarvi la verità della nostra fede. Queste 20; II Cor. XIII, 12, ecc.). Santo. Nel greco invece
due parole riassumono tutto il contenuto della di santo vi è bacio di carità. —
La grazia a voi
lettera. La vera grazia, ecc. Questa grazia di Dio, tutti (Ved. n. Rom. XVI, 24; I Cor. XVI, 23, ecc.).
non è altro che la religione cristiana, così chiamata Nel greco invece di la grazia si legge la pace
perchè insegnata agli uomini per pura bontà e (Cf. Rom. I, 7). Che siete in Cristo, che cioè
misericordia di Dio. State costanti. Nel greco siete cristiani e formate una sola società, un solo
queste parole sono all'imperativo. S. Pietro con- corpo in Cristo. Così sìa, è probabilmente una
ferma così colla sua autorità la predicazione di glossa, poiché manca nella maggior parte dei
S. Paolo e di Silvano, i quali per i primi avevano codici.
554 Seconda Lettera S. Pietro - Introduzione

SECONDA LETTERA DI S. PIETRO

introduzione

Autenticità e canonicità. Per ogni — Agli argomenti interni si devono aggiun-


cattolico è indubitato che S. Pietro è il gere gli argomenti esterni della tradizione.
vero autore di questa Lettera, come indicano È vero che nei primi secoli le testimonianze
chiaramente l'iscrizione n Simon Pietro, in favore della seconda Lettera sono molto
servo e Apostolo di Gesù Cristo)) (l, 1), e minori che quelle in favore della prima,
il fatto che l'autore presenta se stesso come esse però non mancano del tutto, e sono
testimone "della Trasfigurazione di Gesù più che sufficienti, quando si tenga conto
Cristo sul monte (i, 17-18. Cf. Matt. xvii, che assai poche sono le opere superstiti
1 e ss.), e afferma di aver già scritto ai dei primi secoli, e che la 'Chiesa ha sempre
suoi lettori una Lettera precedente (in, 1) usato la più grande vigilanza affinchè non si
e chiama S. Paolo fratello (in, 15), ossia introducesse nel canone alcun libro che non
collega nell'Apostolato. Dire con alcuni che fosse ispirato. Se pertanto, come tutti rico-
qui si tratta di una pura finzione letteraria noscono, nel terzo o al più nel quarto se-
è un'asserzione gratuita, che non ha alcun colo tutte le Chiese sono d'accordo nel-
fondamento, né interno, né esterno. l'ammettere l'autenticità e la canonicità di
Si aggiunga ancora che, non ostante una questa Lettera si deve conchiudere che ne
certa diversità di stile, che si osserva tra la avessero gli argomenti più convincenti.
prima e la seconda Lettera, tutti ammettono Tuttavia anche negli scritti superstiti del
che vi è una quantità di voci, di frasi e di primo e del secondo secolo troviamo pa-
pensieri comuni all'una e all'altra. Così recchie allusioni alla seconda lettera di San
p. es. più di cento voci della seconda si Pietro. Così p. es. vi alludono S. Cle-
trovano pure nella prima, e alcune di queste mente R. (I Cor. XI, cf. II Piet. ii, 7-9),
voci non sono usate altrove nel Nuovo Te- S. Policarpo {Ad Philipp, vii, cf. II Piet.
stamento. Nell'una e nell'altra l'autore ama Ili, 3), Erma {Vis., i, 3, 4, cf. II Piet. in,
ripetere le parole e le idee, usa nella stessa 5), Sant'Irineo {Adv. Haer., jv, 36, cf. II
maniera l'articolo, il genitivo assoluto, i Piet. II, 4-6), S. Teofilo d'Antiochia {Ad.
casi, i verbi, l'accumulazione delle prepo- AutoL, n, 9, cf. II Piet. i, 21). Che se le
sizioni, ecc., mostra l'importanza della se- allusioni precedenti possono lasciare qualche
conda venuta di Gesù Cristo e la necessità dubbio, non è così delle allusioni di San
per tutti i cristiani di prepararsi con una Giustino {Dialog. 82, cf. II Piet. n, 1), e
vita, santa al grande avvenimento (I Piet, degli Atti di S. Pietro (xx).
I, 7, 13, ecc. II Piet. i, 16
; ili, 10) ; pre-; Sul fine del secondo secolo Clemente A.,
senta la religione cristiana come la realiz- per testimonianza di Eusebio {Hist. Eccles..
zazione delle antiche profezie (I Piet. i, 10- VI, 14) e dì Fozio {Bibliotheca, 99), scrisse
12 II Piet. i, 19-20
;
ili, 2), parla del di-
; su di essa come sulle altre lettere cattoliche
luvio, e ricorda che solo otto persone scam- un commentario e nel terzo secolo il suo
;

parono (I Piet. Ili, 20 ; II Piet. li, 5-6) ; in- discepolo Origene {In Lev. iv, 4, ecc.) la
dica chiaramente il fine propostosi nello riconosce espressamente come autentica e
scrivere Piet. v, 12; II Piet. ili, 1), ecc.
(I canonica, benché affermi che altri dubitano
Ora tutto ciò dimostra che le due lettere della sua autenticità. Citazioni di essa si
hanno lo stesso autore, e che se la prima trovano pure presso Firmiliano di Cesarea
deve essere attribuita a S. Pietro, non vi {Epist. ad Cipr., 6) e presso l'autore dei
é ragione per cui non gli si debba attribuire Filosofumeni (ix, 7), e benché essa man-
anche la seconda. In. questo convengono non casse nella versione Peschilo, si trovava
solo tutti i cattolici, ma anche numerosi pro- però neìV Itala (Cf. Sabatier, Vetus Italica,
testanti (p. es. ZUan, Spitta,Kùhl, Bigg., t. IH, Praef.), e nelle versioni egiziane sa-
ecc.). Vedi per ì particolari Belser, Einlei- hidica e bohairica (Cf. Dict. Vig., Coptes
tung., p. 691 e ss. Jacquier, Hist., ecc., t.
;
versions).
Ili, p. 293 e ss. ; Dict. Vig., Pierre (deux Eusebio la pone fra gli àì-n/yy-.i'iia
Épltres). ecc. (Hist. Eccles., Ili, 25), cioè fra gli scritti.
Seconda Lettera S. Pietro - Introduzione 555

che non erano ammessi da tutti come cano- L'Apostolo S. Pietro venuto a conoscenza
nici, e similmente S. Girolamo, benché per- delle cose, ed essendo stato avvisato della
sonalmente ne ammettesse l'autenticità {De sua prossima morte, credette opportuno di
vir. ili, i; Ad Hebid. ep. 120), afferma però mandare ai fedeli questa Lettera, come il suo
che da alcuni essa è negata. Questi dubbi, Testamento, affine di metterli in guardia
nati forse dal fatto che in essa non sono contro gli errori dei falsi maestri e mante-
indicati per nome i destinatarii, oppure da nerli fermi nella retta via. Egli stesso indica
ciò che non fu conosciuta in pareclChie lo scopo che si prefìsse nello scrivere, di-
Chiese se non dopo la morte di S. Pietro, cendo che volle richiamare alla loro mente
possono spiegare perchè venga omessa nel le grandi verità cristiane (ili, 1-2), affinchè
Canone Muratoriano, e nella Peschilo, e non si lascino ingannare dai falsi dottori,
non sìa citata da Tertulliano e da San Ci- ma crescano nella grazia e nella cognizione
priano. di nostro Signore Gesù Cristo (in, 17, 18).
Poco a poco però tutti i dubbi scompar-
vero, e i Concili! di Roma (a. 374), di Ip-
pona (a. 393) e di Cartagine (a. 397), e i Luogoe data della sua composizione.
Padri S. Didimo {De Trin., i, 15, 28, 29), — La seconda Lettera fu certamente scritta
Sant'Atanasio {Epist. fest., xxxix, S. Ci- dopo la prima (63 ovvéro 64), come è indi-
rillo G. {Cath., IV, 36), S. Gregorio Naz. cato al cap. Ili, 1 e poiché S. Pietro af-
;

{De veris script, 37 e ss.), e tutti i Padri ferma che la sua morte è omai vicina (i, 14),
posteriori riconobbero unanimemente l'au- ed egli morì nell'anno 67, tutto fa credere
seconda lettera
tenticità e la canonicità della che essa sìa stata composta a Roma o sul
di S. Pietro, senza che alcuno abbia pili fine dell'anno 66, oppure sul principio
osato revocarla in dubbio. A ragione per- del 67.
tanto il Concilio di Trento la noverò fra le
Scritture divinamente ispirate.
I protestanti per giustificare la loro ne- Divisione e analisi. —
Questa Lettera
gazione ricorrono alla differenza di stile, di consta di un esordio (i, 1-2) e dì tre parti ;
lingua, ecc., ma a ciò sì risponde ammet- la prima delle quali va dal cap. i, 3, al ver-
tendo con S. Gerolamo (Ad Hebid. X che setto 21 la seconda comprende tutto il
;

S. Pietro siasi servito dì due diversi segre- cap. n, 1-22; e la terza ì versetti 1-16 del
tari nello scrìvere la prima e la seconda cap. Ili, V
epilogo comprende i due ultimi
Lettera. versetti (ni, 17-18).

U esordio (i, 1-2) contiene un'iscrizione e


DESTINATARII.
I —
La seconda lettera di un saluto.

S. Pietro è indirizzata « a quelli, ì quali pari


Nella prima parte (l, 3-21) S. Pietro parla
alla nostra hanno avuto in sorte la fede »,
della necessità e dei motivi dì praticare le
vale a dire ai cristiani. Da queste parole diverse virtù cristiane.
assai vaghe non si può conchiudere che ì

destinatarii siano i generale,


cristiani in Nella seconda parte (ii, 1-22) l'Apostolo
poiché al cap. ni. 1, S. Pietro dice che insorge contro ì falsi dottori minacciando
questa è la seconda lettera che egli invia loro ì castighi di Dio (1-10), e descrivendo
ai suoi lettori. Ora ciò dimostra nel modo ì loro perversi costumi (11-22).
più chiaro che i destinatarii della seconda
Lettera sono quelli stessi,, ai quali fu indi- Nella terza parte (in, 1-16) si parla della
rizzata la prima, cioè i cristiani che vivevano seconda venuta di Gesù
Cristo, e dopo aver
nelle cinque Provincie dell'Asia minore, ri- confutati ì va^ni sofismi con cui i falsi dot-

cordate nell'indirizzo della prima Lettera. tori cercavano di negarla (1-10), si esortano
ì cristiani a prepararvisi con una vita santa
(11-16).
Occasione e fine. —
L'occasione che
l^QÌVepilogo (in, 17-18) si raccomanda ai
indusse S. Pietro a scrivere questa seconda
fedeli di vegliare affine dì non essere se-
Lettera fu ancora lo stato, in cui vennero a
dotti, e di crescere nella conoscenza e nella
trovarsi le Chiese dell'Asia minore, dopo la
grazia dì Dio.
prima Lettera. Alle persecuzioni esterne si
erano aggiunte difficoltà e pericoli interni.
Alcuni uomini di costumi corrotti, e propa- Relazione tra la seconda Lettera di
gatori dì false dottrine, si erano sparsi tra ì S. Pietro e la Lettera di S. Giuda. —
cristiani, e cercavano di corromperne la fede Una semplice lettura della Lettera dì San
e di trascinarli al male confondendo la li- Giuda e del secondo capo della lettera di
bertà cristiana colla licenza, e negando la S. Pietro mostra subito che tra ì due scritti
seconda venuta di Gesù Cristo, ecc. ecc. vi è tale affinità e rassomiglianza da far con-

i
555 Seconda Lettera !S. Pietro - Introduzione -— I, 1

chiudere che i due Apostoli dipendono l'uno

dall'altro. Ecco una tavola delle principali


rassomiglianze :

II Piet. II, 1-3 = Giud.


US. Pietro, I, 2-4 55T

*Gratia vobis, et pax adirapleàtur in co- 'Sia a voi moltiplicata la grazia e la pace
gnitìóne Dei, et Christi lesu Domini nostri : mediante la cognizione di Dio e di Gesìì
•'Quómodo omnia nobis divinae virtutis Cristo Signor nostro : 'Siccome la divina
suae, quae ad vitam, et pietàtem donata potenza di lui ci ha donate tutte quelle
sunt, per cognìtiónem eius, qui vocàvit nos cose che fanno alla vita e alla pietà, per
propria gloria, et virtùte, *Per quem mà- mezzo della cognizione di colui, che ci chia-
xima, et pretiósa nobis promissa donàvit ut : mò per la sua gloria e virtù, ^per il quale
per haec efficiàmini divinae consórtes natù- fece a noi dono di grandissime e preziose
rae fugiéntes eius, quae in mundo est, con-
: promesse affinchè per queste diventiate
:

cupiscéntiae corruptiónem. partecipi della divina natura fuggendo la :

corruzione che è nel mondo per la concu-


piscenza.

quindi senza averla meritata e per pura miseri- attivo e non già passivo come nella Volgata,
cordia di Dio (Cf. Efes. I, 11), la fede. Al dono Tutte quelle cose che appartengono alla vita spi-
della fede l'Apostolo unisce il dono della giu- rituale e alle sue manifestazioni, e alla pietà
stizia, ossia la grazia della giustificazione, che (I TLm. IV, 7), ecc. Il testo greco va tradotto
si ottiene per mezzo della fede ed è frutto della semplicemente : Poiché la divina potenza (di Cri-
passione di Nostro Signor Gesù Cristo. Tale ci sto) ci ha donato tutto quello che appartiene alla
sembra la migliore interpretazione di questo ver- vita e alla pietà, ecc. Per mezzo, ecc. Il mezzo di
setto. Altri pensano che si tratti della giustizia cui Gesù Crsito si servì per comunicarci tanti
personale di Dio, e spiegano hanno avuto in
: favori é la fede, ossia la conoscenza del vero
sorte la fede per la giustizia di Dio, il quale non Dio (Matt. XI, 24), il quale ci ha chiamati alla
fa alcuna accettazione di persone, ma dona a tutti religione cristiana (Cf. I Cor. I, 9; I Piet. II,
la stessa fede. 9, ecc.), non per i nostri meriti, ma per mani-
Del nostro Dio e Salvatore, ecc. Nel greco i festare la sua gloria, ossia la sua bontà, la sua
due nomi hanno un solo articolo (tow Seou lì^óòv misericordia, ecc., e la sua virtù vale a dire la
xaì ataxrypo^), e quindi probabilmente si riferi- sua onnipotenza. Nel v. 4 spiega meglio quali
scono entrambi a Gesù Cristo, il quale viene siano questi beni appartenenti alla vita e alla
così presentato come nostro Dio e nostro Sal- pietà. Il principio di questo versetto (4) presenta
vatore. Questa spiegazione è confermata da altre nel greco tra differenti lezioni : b\' mv = per le
espressioni analoghe, le quali tutte sì riferiscono quali (gloria e virtù) : b\' r\q per la quale =
a Gesù Cristo (I, 11; II, 20; III, 2, 18). Alcuni (virtù) : 5y = per il quale (Dio). La prima
6i'
però ritengono che sì debba interpretare la : lezione é generalmente preferita dai critici. Dio,
giustìzia di Dio Padre e del Salvatore Gesù Cristo, che per sua bontà ci ha chiamati al cristianesimo,
vale a dire la giustizia, che è data da Dio per i per questa stessa bontà e potenza ci ha fatto
meriti di Gesù Cristo. Il versetto seguente favo- dono di grandissime e preziosissime promesse di
rirebbe quest'ultima interpretazione, qualora la beni soprannaturali, quali sono la remissione dei
lezione : la cognizione di Dio e di Gesù Cristo peccati, l'infusione della grazia e della virtù, la
fosse certa, il che però è ben lungi dall'avverarsi. futura risurrezione, ecc. Tutti questi beni furono
Tutto considerato riteniamo quindi preferibile la promessi a più riprese sia nel Vecchio e sia nel
prima spiegazione. Nuovo Testamento. Affinchè, ecc. Spiega per qual
fine vengano dati sì grandi beni. Diventiate par-
2. Sia a voi moltiplicata, ecc. (Ved. n. 1 Piet.
tecipi, ecc. L'Apostolo parla ora direttamente ai
I, 2). Mediante la cognizione (il greco émYvcóoei
fedeli. Per la grazia santificante il cristiano viene
indica una cognizione perfetta) di Dio, ecc. Quanto
più a partecipare della natura divina. « Questa parte-
si progredisce nella cognizione pratica di
Dio, e di Gesù Cristo, tanto maggior grazia si
cipazione proviene, primo, dalla spirituale unione
ottieneda Dio e tanto maggior felicità si gode dei fedeli con Cristo (I Cor. VI, 15; Efes. III,
(Giov. XVII, 3), poiché la conoscenza di Dio è 17; V, 30); secondo, dalla adozione in figliuoli
la base e il fondamento di tutto l'edifizio della
di Dio (Giov. I, 12; I Giov. IV, 7); terzo, dal-
l'abitare che fa in essi lo Spirito Santo (I Cor.
nostra salute. Cristo manca nel greco (Ved. sulle
varianti di questo versetto Ili, 16) quarto, dalla imitazione della bontà e
Camerlynck, h. 1.). ;

della santità di Dio; onde S. Gregorio Nisseno


3-4. Nella prima parte della sua lettera (I, 3- definì il cristiano una imitazione della natura di-
21), S. Pietro parla della necessità e dei motivi vina. Sono adunque fatti i cristiani conformi a
di praticare le diverse virtù cristiane. Dio per mezzo della grazia in questa vita; ma
Benché nella Volgata i vv. 3-4 leghino con questa conformità sarà senza paragone più perfetta
quel che precede, e i vv. 5-7 facciano da sé, nella vita futura, quando a lui saremo simili
tutti i migliori commentatori preferiscono mettere Giov.
(I Ili, 2) per
partecipazione della stessa
la
un punto fermo dopo il v. 2 e legare assieme in e del medesimo regno,
gloria, della stessa felicità
un solo periodo i vv. 3-7, la cui protasi è costi- trasformati nella stessa immagine, in contem-
tuita dai vv. 3-4 e l'apodosi dai vv. 5-7. Si ha plando a faccia scoperta la gloria del Signore
allora questo senso generale : poiché Dio ci ha
fatti tanti doni
(II Cor. Ili, 18) » Martini. Fuggendo. Nel —
(3-4), anche noi dobbiamo fare greco vi é l'aoristo che va tradotto avendo fuggito
6 forziper acquistare le virtù (5-7). o dopo aver fuggito. Per diventare partecipe della
Siccome. Il greco <&? ha qui il senso di poiché. divina natura l'uomo deve prima fuggire la cor-
— La divina potenza di lui, ossia di Gesù Cristo, ruzione che è nel mondo e che proviene dalla
che é vero Dio. Ha donate. Tale è la traduzione concupiscenza, ossia deve allontanarsi da tutti
iel participio fteòoopnjiév \q, il quale ha un senso quei disordini morali, che contaminano gli infedeli.

\
558 II S. Pietro, I, 5-11

*Vos autem curam omnem subinferéntes, 'Or voi adoperandovi con ogni sollecitu-
ministrate in fide vestra virtùtem, in vir- dine, unite alla vostra fede la virtù, alla
tùte autem sciéntìam, *In sciéntia autem ab- virtù la scienza, ^alla scienza poi la tem-
stinéntiam, in abstinéntia autem patiéntiam, peranza, alla temperanza la pazienza, alla
in patiéntia autem pietàtem, 'In pietàte au- pazienza la pietà, 'alla pietà l'amore fra-
tem amórem fraternitàtis, in amóre autem terno, all'amore fraterno la carità.
fraternitàtis charitàtem.
®Haec enim si vobiscum adsint, et sùpe- 'Poiché ove queste cose siano con voi
rent, non vàcuos, nec sine fructu vos consti- e vadano aumentandosi non vi lascieranno
:

tuent in Dòmini nostri lesu Christi cogni- vuoti e infruttiferi nel conoscimento del
tióne. "Cui 'enim non praesto sunt haec, Signor nostro Gesù Cristo. 'Perocché chi
caecus est, et manu tentans, obliviónem ac- non ha tali cose, è cieco, e va a tastoni, e
cìpiens purgatiónis véterum suórum delic- si dimentica di essere stato mondato dai
tórum. "Quaprópter fratres magis saìàgite suoi antichi peccati. "Perciò, o fratelli, viep-
ut per bona òpera certam vestram vocatiò- più studiatevi di rendere certa la vostra
nem, et electiònem faciàtis haec enim fa- : vocazione ed elezione per mezzo delle buone
ciéntes, non peccàbitis alìquàndo. "Sic enim opere poiché così facendo, non peccherete
:

abundànter ministràbitur vobis intróitus in giammai. "Perocché così vi sarà dato am-

L'ApostoIo indica così i due elementi della giusti- l'aoristoessendosi dimenticato della grazia rice-
ficazione il negativo che consiste nella remissione
;
vuta nel Battesimo, quando fu mondato dai suw
dei peccati, e il positivo che consìste nella infu- antichi peccati (Cf. I Piet. Ili, 21).
sione della grazia. 10. Perciò, poiché la pratica delle virtù
ossia
5-7. Ora voi. La miglior lezione greca porta xol conduce alla vera conoscenza di Gesù Cristo,
oÙTÒ tovTo = e per questo motivo (che Dio vi ha studiatevi (v. 5) più di quello ch« non abbiate
fatti tanti voi dovete da parte vostra
benefizi) fatto sinora di rendere certa (gr. Pepaiav = ferma)
adoprarvi sollecitudine affine di unire
con ogni la vostra vocazione ed elezione, ecc. La vocazione
alla vostra fede la virtù, ossia la forza e il vigore è la chiamata alla- fede ; « la elezione significa l'e-
nel fare il bene, oppure secondo altri, la bontà leggere che fece Dio ab eterno alla §alute coloro,
morale, o l'onestà. Alla virtù si deve unire la che alla stessa salute certissimamente pervengono,
scienza pratica, ossia quel discernimento, per cui o come dice Sant'Agostino {De dono persev., XIV)
si conosce il bene da farsi e il male da fuggirsi. certissimamente sono liberati. Della vocazione alla
Alla scienza va unita la temperanza, per cui fede fu detto da Cristo : molti sono i chiamati,
l'uomo domina se stesso e le sue passioni, alla pochi gli eletti: poiché non tutti coloro che ab-
temperanza la pazienza, per cui persevera nel bracciano la fede o nella fede e nel bene perse-
bene nonostante tutte le difficoltà, alla pazienza verano, o vivono secondo la fede. Della elezione
la pietà verso Dio, per cui tutto ordina a Dio e eterna disse lo stesso Cristo, che nessuno può
riceve dalle mani di Dio; alla pietà va unito Va- rapire dalle mani di lui quelli che il Padre ha a
more fraterno, ossìa l'amore del prossimo e spe- lui dati. Certissima è adunque in sé l'elezione di
cialmente l'amore dei cristiani (I Piet. I, 22), ma Dìo, ma è incerta riguardo a noi e riguardo a tutti
questo stesso amore non può essere grato a Dio, gli uomini; ella si rende certa riguardo a noi e
se non è accompagnato dalla carità, ossia dal agjli altri per le buone opere, perchè la stessa
vero amore verso Dìo. Come si vede le varie virtù elezione per le buone opere viene ad eseguirsi,
sono così ordinate che la prima prepara la se- le quali buone opere sono il mezzo, per cui alla
conda, e la seconda compie e perfeziona la prima, gloria si giunge, alla quale per sola misericordia
in modo che la fede è come il fondamento e la fummo eletti » Martini. L'eterna e gratuita ele-
base deiredifizio della perfezione, mentre la carità zione alla gloria si eseguisce nel tempo per mezzo
ne è la corona. Le parole adoperandovi, ecc., delle buone opere. Le parole studiatevi di ren-
mostrano che l'uomo col suo libero arbitrio deve dere, ecc., indicano che l'uomo deve per salvarsi
cooperare alla grazia di Dio . cooperare alla grazia di Dio (Cf. v. 5 e Filipp. II,
8. Nei vv. 8-11 fa vedere la necessità di prati- 12). Per mezzo delle buone opere. Benché queste
care le varie virtù.Queste cose, ossia le virtù parole manchino in parecchi codici greci e nelle
ricordate. Non vi lascieranno vuoti (greco oziosi^ edizioni critiche curate dai protestanti, la loro
e infruttiferi, litote per dire : queste virtù vi autenticità è sufficientemente garantita oltreché
renderanno attivi nel servizio di Dìo, e vi faranno dailla Volgata e da parecchie antiche versioni,
portare frutti dì vita. Nel (gr. eiq coll'acc.) cono- anche dai codici ^^, A e da parecchi corsivi, non
scimento, ecc. La pratica delle virtù vi conduce che dallo stesso contesto. Da questo testo si de-
a una conoscenza pratica sempre più perfetta di duce che alla salute non basta la sola fede, ma
Gesù Cristo (Cf Coloss. I, 10). sono ancora richieste le opere buone, e che l'uomo
colla grazia di Dio può osservare i divini pre-
9. Chi non pratica tali virtù, non solo non pro-
cetti, perseverare nel bene e salvarsi (Cf. Cono.
gredisce nella conoscenza di Gesù Cristo, ma è
Trid., sess. VI, cap. XI, cap. XIII, cap. XVI,
un cieco, perchè ha- perduta quella cognizione che
can. 9). Cosi facendo, ossia praticando le dette
aveva ricevuto alla sua conversione (v. 3). Va a
virtù, non peccherete (gr. inciamperete) giammai,
tastoni. Il greco nvoojrdl^cov significa letteralmente
vale a dire arriverete al cielo senza che alcun
miope, che cioè vede da vicino e non da lontano.
ostacolo possa ìmpedirvelo (Cf. Filipp. II, 12, 13).
L'uomo, che non possiede le virtù, è come un
mìope; egli vede le cose della terra, m» non 1 1 . Prova l'ultima affermazione del versetto pre-
quelle del cielo. Si dimentica. Nel greco vi è cedente non peccherete, ecc. —
Così. Se cioè
II S. Pietro, 1, 12-16 55?

aetérnum regnum Domini nostri, et Salva- pio l'ingresso nel regno eterno del Signor
tóris lesu Christi. nostro e Salvatore Gesù Cristo.
^^Propter quod incipìam vos semper com- ^^Per la qual cosa avrò cura di ammo-
monére de his et quidem sciéntes et con-
: nirvi sempre intorno a tali cose benché :

firmàtos vos in praesénti verìtàte. "lustum istruiti e confermati nella presente verità.
autem àrbitror quàmdìu sum in hoc tabernà- "Ora io credo giusto che, sino a tanto ch'io
culo, suscitare vos in commonitióne ^*Cer- : sono in questo tabernacolo, vi risvegli con
tus quod velox est depositio tabernàculi mei le ammonizioni "essendo sicuro che ben
:

secundum quod et Dóminus noster lesus presto deporrò il mìo tabernacolo, secondo
Christus signiflcàvit mihi. ^*Dabo autem 6- quello che lo stesso Signor nostro Gesù
peram et frequénter habére vos post óbitum Cristo mi ha fatto intendere. "Ma farò sì
meum, ut horum memóriam faciàtis. che ancor dopo la mia morte abbiate voi
onde far sovente commemorazione di tali
cose.
^*Non enim doctas fàbulas secuti notam ^®Poichè non è dando retta ad argute fa-
fécimus vobis Domini nostri lesu Christi vole che vi abbiamo esposta la virtù e la

" Joan. XXI, 19. i« I Cor. I, 17.

agite nel modo predetto vi sarà dato ampio (greco Domine quo vadis ? il Signore rispose Venio :

è»iXopT\Yn9no"at, come al v. 5) l'ingresso, ecc. Se Romani iterum crucifigi. Da queste parole San
voi vi mostrate generosi con Dio, Dio si mo- Pietro comprese che doveva rimanere in Roma,
strerà ancora piii generoso con voi. Nel regno dove sarebbe morto tra breve. Può essere quindi
eterno di, ecc., ossia nel cielo, che appartiene a che qui si parli di questa rivelazione.
Gesù Cristo come appartiene al Padre (Cf. Matt.
15. Non solo
voglio eccitarvi a essere fedeli,
XIII, 41 ; XVI, 28; XX, 21 ; Lue. XXIII, 42; Gìov. finché io vivo, ma farò sì che ancora dopo la
XVIII, 36),
mia morte (gr. ?5o6ov, Lue. IX, 31) abbiate qual-
12. Nei vv. 12-15, S. Pietro spiega i motivi, che mezzo per ricordarvi sovente (gr. éxàcrore
per cui scrive loro queste cose. Questi motivi = tutti i giorni) di tali cose, che vi scrivo. Non
sono Io zelo apostolico e la persuasione della sua si può determinare quale mezzo parli San
di
vicina morte. Pietro. Secondo alcuni parlerebbe di questa
egli
Per la qual cosa, ossia affinchè praticando la stessa lettera che sarebbe come il suo testamento,
virtù abbiate un ampio ingresso nel cielo, avrò ma a tale spiegazione si oppone che l'Apostolo
cura (tale è la miglior traduzione del greco) di parla di una cosa futura, come indica il verbo
ammonirvi sempre intorno a tali cose (v. 3-11), farò sì, ecc. Altri hanno pensato al Vangelo di
cioè ai benefizi che avete ricevuto, e ai doveri S. Marco, detto anche Vangelo di S. Pietro, ma
che vi incombono, benché voi già conosciate e questo Vangelo era già scritto, quando S. Pietro
siate confermati nella presente verità, ossia nella scriveva questa lettera (Ved. Introd. al Vang. di
dotrina che Gesù Cristo ha insegnato e noi Apo- S. Mar.). Secondo altri l'Apostolo avrebbe avuto
stoli predichiamo. La presente verità, si oppone intenzione di mandare presso i suoi lettori alcuni
alle favole del versetto 16. abUi maestri, oppure di scrivere altre lettere.
13.Credo giusto, vale a dire sono persuaso Ci sembra forse più probabile che l'Apostolo al-
essere dovere del mio ufficio che sino a tanto che luda semplicemente alla sua intercessione nel
io sono in questo tabernacolo del mio corpo (II cielo. Queste parole dell'Apostolo hanno proba-
Cor. V, 1 e ss.; Cf. Ebr. XIII, 14), ossia finché bilmente dato orìgine a tutta la letteratura apo-
vivo, vi risvegli con le ammonizioni, vale a dire crifa attribuita a S, Pietro (Apocalissi di Pietro,
richiami alla vostra memoria gli obblighi, che Vangelo di Pietro, Predicazione di Pietro, ecc.).
avete dì praticare la virtù.
16. Un altro motivo di fervore nell'adempimento
14. Essendo sicuro, ecc. A far ciò mi sento dei proprii doveri è la certezza della dottrina cri-
tanto più spinto inquanto so che la mia morte stiana sulla potenza e sul ritorno glorioso di Gesù
è vicina. Deporrò il mio tabernacolo, ossia il mio Cristo (16-21). Questa certezza si fonda sulla
corpo. Deporre si dice piuttosto di un vestimento, testimonianza degli Apostoli, che contemplarono
ma anche S. Paolo usa la stessa espressione par- coi loro occhi Gesù Cristo (16-18), e sugli oracoli
lando dell'abitazione celeste (Cf. II Cor. V, 2-5). dei profeti (19-21).
S. Pietro aveva quindi ricevuto da Gesù Cristo Poiché, ecc. Quando noi Apostoli, predican-
la rivelazione della prossima sua morte. Siccome dovi il Vangelo vi abbiamo esposto la virtù, ossia
egli dice che è certo che ben presto, ecc., questa la potenza sovrana (v.3), e la venuta (gr. «apot?-
rivelazione è distinta da quella fattagli da Gesù otav), vale a ritorno glorioso di Gesù
dire il

Cristo prima dell'Ascensione (Giov. XXI, 18), Cristo alla fine del mondo
(Matt. XXIV, 30), non
nella quale non si parla di morte prossima, ma abbiamo ciò fatto, perchè dessimo retta ad argute
del genere della morte riservata al Principe degli favole. L'Apostolo allude ai falsi dottori (Cf. I
Apostoli. Un'antica tradizione riferita da Origene Tim. I, 4; IV, 7; II Tim. IV, 4; Tit. I, 14), I
(In Ioan.XX, n. 12), Egesìppo {De excid, lerosol.. quali spargevano favole in mezzo ti fedeli, oppure
Ili, Sant'Ambrogio (5erm. cont. i4uA:enf., XIII)
2), trattavano come favole argute i grandi fatti e i

narra appunto un incontro di S. Pietro con Gesù grandi insegnamenti del Vangelo. Ma per essere,
Cristo, nel quale al discepolo che domandava : ecc. Ecco la fonte, a cui gli Apostoli attinsero k

\
560 II S. Pietro, L 17-20

virtutem, et praeséntiam sed speculatóres


: venuta del Signore nostro Gesù Cristo :

magnitùdinis. ^^Accìpiens enim a


facti illius ma per essere stati spettatori della gran-
Deo Patre honorem, et glóriam, voce delàpsa dezza di lui. ^^Egli infatti ricevette onore e
ad eum huiuscémodi a magnìfica gloria : gloria da Dio Padre, essendo discesa a lui
Hic est Filìus meus diléctus, in quo mihi dalla maestosa gloria quella voce Questo :

complàcui, ipsum audìte. ^^Et hanc vocem è il mìo Figliuolo diletto, in cui mi sono
nos audivimus de caelo allàtam, cum essé- compiaciuto, ascoltatelo. ^^E questa voce
mus cum ipso in monte sancto. procedente dal cielo noi la udimmo, mentre
eravamo con lui sul monte santo.
"Et habémus firmiórem prophéticum ser- ^®E abbiamo
la parola più ferma dei pro-
mónem cui benefàcitis attendéntes quasi
: feti,a cui fate bene a prestare attenzione
lucérnae lucènti in caliginóso loco donec come ad una lucerna, che rìsplenda in luogo
dies elucéscat, et lucifer oriàtur in córdibus oscuro, fino a tanto che spunti il giorno,
vestris : ^"Hoc primum intelligéntes quod e la stella del mattino nasca nei vostri
omnis prophetia Scriptùrae propria inter- cuori : ^"ponendo mente prima di tutto a

" Mauh. XVII, 5. 20 jj ji^^ m^ jg.

loro scienza intorno a Gesù Cristo! Essi furono Fino a tanto che dissipate tutte le tenebre spanti
spettatori, ossia testimoni oculari della grandezza, il giorno, ossia si abbia la piena manifestazione
vale a dire della maestà, di Gesù Cristo. L'Apo- di Gesù Cristo, il che avverrà alla sua seconda
stolo, come è chiaro dal contesto, allude alla venuta (Sant'Ag., in Psal. LI, 13), e la stella del
Trasfigurazione (Matt. XVII, I e ss.), la quale, mattino, ossìa Gesù Cristo stesso (I Piet. II, 9;
mentre fu una prova della divinità di Gesù Cristo, Lue. I, 78; Rom. XIII, 12) illumini pienamente
fu pure un pegno del suo ritorno glorioso per i vostri cuori, ebraism.o che significa le vostre
giudicare i vìvi e i morti. anime. Sino a quel tempo la voce dei profeti e
17-18. Narra brevemente il fatto della Trasfi- quella degli Apostoli devono mostrarci Gesù Cri-
gurazione toccando quelle circostanze che meglio sto e dirigerci e guidarci a lui.
fanno risaltare la potenza di Gesù Cristo. La 20. Ponendo mente, ecc. Vi ho detto di pre-
frase nel testo greco e latino è rimasta incom-
stare attenzione agli oracoli dei profeti, ma dovete
piuta. Onore e gloria si riferiscono sia alla glo- por mente prima di tutto a questo, che le Scritture
riosa trasfigurazione del corpo di Gesù Cristo, e sacre non possono essere interpretate e spiegate
sia alla voce del Padre (Cf. Matt. XVII, I e ss. ;
secondo il privato sentimento di ciascuno. Esse
Mar. IX, 1 e ss. ; Lue. IX, 28 e ss.). Maestosa hanno Dio per autore, e quindi Dio solo può
gloria, perifrasi spesso usata dagli Ebrei per spiegare il loro senso preciso (v. 21). Ora Gesù
indicare Dio (Cf. espressione analoga, Alatt. XXVI,
Cristo stesso ha spiegati parecchi punti dei libri
64). Questo è, ecc. (Ved. n. Matt. III, 17; XVII). sacri, sia immediatamente, sia per mezzo del suoi
18. La parola ascoltatelo manca nel greco e negli Apostoli, e ha dato alla sua Chiesa la potestà di
antichi codici latini. La udimmo noi colle nostre autenticamente spiegare tutto il resto (Cf. n. Lue.
orecchie (Cf. Giov. I, 14). Mentre eravamo, ecc. XXIV, 45), e per conseguenza a nessuna persona
S. Pietro fu uno dei tre Apostoli, che avevano privata compete il diritto di interpretare secondo
assistito al grande prodigio. Monte santo è il i suoi propri! lumi la Sacra Scrittura. A ragione
monte della Trasfigurazione (Ved. n. Matt. XVII, 1). pertanto dice il Conc. di Trento (sess. IV. de
19- Gli oracoli dei profeti attestano pure la so- edit. et usu sac. libr.) : a nemo suae prudentiae
vrana potenza di Gesù Cristo e il suo glorioso innixus, in rebus fidei et morum... sacram Scriptu-
ritorno. E abbiamo, ecc. Non solo vi produciamo ram ad suos sensus contorquens, contro eum sen-
la nostra testimonianza in favore di Gesù Cristo, sum, quem tenuit et tenet sancta mater Ecclesia,
ma abbiamo anche la parola più ferma, ossia gli cuius est indicare de vero sensa et Inter pretatione
oracoli dei profeti, la cui autorità non può essere Scripturarum sanctarum, aut etiam contra unani-
ricusata. La parola dei profeti in sé non è una mem consensum Patrum, ipsam Scriptaram sa-
testimonianza né più vera, né più infallibile della cram interpretari audeatì», e il Conc. Vat. (De
testimonianza degli Apostoli, ma poteva essere revel., cap. 2) aggitinge essere questa la mente
tale per rispetto ai Giudei, i quali, anche prima delConc. Trid. « ut in rebus fidei et morum...
:

di convertirsi, già credevano ai profeti, ed era isprò vero sensu sacrae Scriptùrae habendus sit,
pure tale per rispetto ai falsi dottori (cap. II, I quem tenuit et tenet Sancta Mater Ecclesia ».
e ss.), i quali, mentre rifiutavano la testimo- Le parole dì S. Pietro condannano direttamente
nianza degli Apostoli chiamando argute favole l'errore dei quali fanno lecito a
protestanti, i

(v. 16) ì grandi fatti evangelici, non potevano ri- chiunque, per quanto rozzo e ignorante, di Inter-
fiutare la testimonianza dei profeti, i quali molto pretare a suo capriccio la parola di Dio, e di
:empo prima che avvenissero, annunziarono pa- fabbricarsi così un sistema di religione a suo
recchie cose riguardanti Gesù Cristo (Cf. Giov. V, modo.
39, 47). A cui fate' bene, ecc. L'Apostolo viene Col nome di profezia della Scrittura si deve
così ad eccitare i fedeli a leggere le profezie, intender tutto il Vecchio Testamento, il quale nel
ossia le Sacre Scritture. Lucerna che ha illuminato suo complesso non è che una continuata profezia
per tanti secoli i Giudei, e continua a illuminare di Gesù Cristo e del suo regno. Alcuni (p. es.
il popolo cristiano. Luogo oscuro è questo mondo Crampon, ecc.), spiegano diversamente Nessuna :

«vvolto fra le tenebre dell'ignoranza e del peccato. profezia della Scrittura è di propria spiegazione
II S. Pietro, I, 21 — II, 3 561

pretatióne non ^^Non enìm voluntate hu-


fit. questo, che nessuna profezìa della Scrit-
màna aliquàndo prophetia
aliata est sed : tura è di privata interpretazione. ^^Poiohè
s^ Spiritu sanato inspirati, locùti sunt sancti non per umano volere fu portata una volta
Dei hómines. la profezìa : ma ispirati dallo Spirito Saato
parlarono i santi uomini di Dio.

CAPO II.

L'esistenza di falsi dottori, z-j. - Castighi loro riservati, 4-10, — / loro per-
versi costumi, ii'-22.

^Fuèrunt vero et pseudoprophétae in pó- lvi furono però nel popolo anche dei falsi
pulo, sicut et in vobis erunt magistri men- profeti,come altresì tra voi vi saranno dei
dàces, qui introdùcent sectas perdìtiónis, et bugiardi maestri, i quali introdurranno sette
eum, qui emit eos, Dóminum negant su- : perverse, e rinnegheranno quel Signore che
perducéntes sibi célerem perditiónem. ^Et li ha riscattati, tirandosi addosso una pronta

multi sequéntur eórum luxùrias, per quos perdizione. 'E molti seguiteranno le loro
via veritàtis blasphemàbitur ^Et in ava- : impurità, per causa dei quali sarà bestem-

(gr. iinkoaxc, = spiegazione, interpretazione, ecc.) Ili Re XXII, 12; Gerem. XIV, 14; XXVII, 10;
del profeta, ossìa di sua invenzione. I profeti non Zac. XII, 4, ecc.), così ancora tra i cristiani vi
hanno scritto ciò che volevano essi, ma ciò che saranno dei maestri bugiardi (gr. t^evboòi&doxa-
voleva Dio. La prima spiegazione è però da Xo»), che cercheranno di allontanare i fedeli da
preferirsi. Gesù Cristo. Questi falsi dottori avevano già
21. Motivo per cui non appartiene a un uomo cominciato a spargere i loro errori, ma S. Pietro
privato qualunque interpretare le Scritture. Esse come S. Paolo (I Tira. III, 1 e ss.), parla di essi
non sono un'invenzione umana, né furono portate in futuro, perchè sapeva che ben presto con
«gli uomini da umano volere, ossia da semplici maggior furore si sarebbero precipitati sul gregge
uomini, ma hanno per autore Dio stesso; poiché di Cristo per farne scempio. L'Apostolo passa a
i santi uomini di Dio, che le scrissero, parlarono^ caratterizzare questi falsi maestri, dicendo che
ossia le scrissero, ispirati (gr. (pepófxevoi, lett. introdurranno con astuzia (gr. ^ropeiod^ovciv) sette
spinti, portati, ecc.) dallo Spirito Santo, vale a (gr. otpéoet? z= eresie) perverse (gr. lett. di per-

dire sotto l'influsso e la mozione soprannaturale dizione), vale a dire cercheranno di spargere false
dello Spirito di Dio. Per questo motivo Dio è dottrine, che hanno per risultato di condurre
l'autore principale delle Sacre Scritture e le coloro che le ascoltano alla perdizione (Ved. n.
loro parole sono veramente parole di Dio (Ved. n. Atti XX, 29 e ss.). La parola eresia (gr. aipéatc,)
Il Tira. Ili, 16). Una volta, cioè nell'Antico Testa- in origine significava semplicemente partito (Cf.
mento. / santi uomini di Dio. Questa lezione della Atti V, 17; XV, 5; XXIV, 5, 14), ma quando fu
Volgata si trova anche nei codici K A, ecc., mentre predicato il Vangelo divenne sinonlma di dottrina
altri codici hanno : parlarono gli uomini da Dio, falsa, contraria agli insegnamenti di Gesù Cristo
cioè da parte di Dio. (Cf. n. I Cor. XI, 19; Tit. III, 10). Rinneghe-
ranno Gesù Cristo sia rigettando la sua divinità,
sia tenendo una condotta opposta ai suoi inse-
CAPO II. gnamenti (Cf. Matt. X, 33; Giuda 4). Signore.
Nel greco vi è bE(sitóxr[v = padrone. Questi falsi
1. Nella seconda parte della sua lettera (II, 1- dottori erano schiavi del demonio e del peccato
22), S. Pietro insorge contro i falsi dottori, mi- e Gesù Cristo li ha riscattati a prezzo del suo
nacciando loro i più severi castighi di Dio (1-10), sangue (I Piet. I, 18 e ss.; II, 24) diventando
e descrivendo i loro perversi costumi (10-22). così loro padrone. Ora questi ingrati si ribellano
Comincia coll'affermare (1-3) che come nell'An- a Lui, e Lo rinnegano. Attirandosi, ecc. L'Apo-
tico Testamento, così ancora nel cristianesimo, stolo accenna subito alla sorte terribile che li
sorgono dei falsi dottori, i quali trascinano gli attende. Essi andranno all'eterna perdizione.
altri al male, e perciò vanno incontro ai terribili 2. Influenza nefasta che eserciteranno. E molti
castighi di Dio. cristiani seguiteranno, ossia imiteranno le loro
Vi furono, ecc. Avendo nei versetti precedenti impurità, vale a dire si daranno come essi ai
parlato dei profeti del Vecchia Testamento e vizi deUa carne (Rom. XIII, 13; I Piet. IV, 4;
della grande autorità, che aveva la loro testi- II Piet. II, 18-19; Giuda 4, 7, 10). Per causa dei
monianza a favore della religione cristiana, sog- quali. Queste parole si riferiscono ai molti che
giunge ora, che come assieme ai veri profeti vi saranno stati sedotti. Per causa quindi della loro
furono nel popolo d'Israele (popolo di Dio per impudicizia, sarà bestemmiata, ossia ingiuriata e
eccellenza) dei falsi profeti, che cercavano iW al- calunniata dagli infedeli la vìa della verità, cioè
lontanare gli Ebrei dal culto del vero Dio (Cf. la religione cristiana (Cf. Atti IX, 2; XVI, 17;

36 Sacra Bibbia, voi. II.

\
5Ò2 II S. Pietro, II, 4-6

ritìafictis verbis de vobis negotiabtjntur : miata la via della verità 'e per avarizia :

quibus iudicium iam olim non cessat et : faranno negozio di voi con fìnte parole la :

perdi'tio eórum non dormitat. condanna dei quali già da tempo non lan-
''Si enim Deus àngelis peccàntibus non gue e la loro perdizione non assonna.
:

pepércit, sed rudéntibus infèrni detràctos ^Poiché se Dio non perdonò agli angeli
in tartarum tràdidit cruciàndos, in iudicium che peccarono, ma cacciatili nel tartaro, li
reservàri. "^Et originali mundo non pepércit, consegnò alle catene d'inferno per essere
sed octàvum Noe iustitiae praecónem cu- tormentati e serbati al giudizio. ^E non
stodivit, dilùvium mundo impiórum indù- perdonò all'antico mondo, ma salvò con
cens. ^Et civitàtes Sodomórum, et Gomor- sette altri Noè predicatore della giustizia,
rhaeórum in cinerem rédigens, eversióne scaricando il diluvio sul mondo degli empii.
damnàvit : exémplum eórum, qui irapie •^E condannò alla distruzione le città di So-

4 Job. IV, 18; Judae, 6. " Gen. VII, 1. « Gen. XIX, 25.

XVIII, 25; XIX, 9, 23; XXII, 24, ecc.), quasi di grandi delitti, come i Titani. S. Pietro usa
che essa permeUa tali disordini (Cf. Rom. II, 24; quest'espressione per indicare l'inferno. Alle ca-
I Tim. VI, 1, ecc.).. tene. La lezione greca aeipaìq (= catene, funi)
si trova, oltreché nella Volgata, anche nei codici
3. Per avarizia, ecc. Continua a descrivere i
falsi dottori. Spinti dall'avariziadesiderio
e dal
K L P, presso
Padri greci, e in parecchie altre
i

versioni. I codici B K A C e i Padri latini hanno


di arricchire, essi faranno di voi, ossia
negozio
invece la lezione aeipoìq o oipoiq = fosse. Il
cercheranno di smungervi denaro trafficando sulla
senso però non muta. D'inferno. Il greco 1,óq>o\
vostra credulità con finte parole, ossia con parole
può significare sia inferno che caligine o tenebre.
menzognere fatte per ingannarvi, a quella stessa
Questi spiriti ribelli furono quindi precipitati nel-
guisa che gli avidi mercanti per spacciare le loro
l'inferno, dove rimangono come racchiusi nelle
cattive merci ricorrono agli artifizi della parola e
tenebre. Per essere tormentati. Queste parole man-
alle bugie (Cf. I Tim. VI, 5; Tit. I, 11). La con-
cano nei migliori codici. Serbati al giudizio. Già
danna, ecc. Per una terza volta l'Apostolo mi-
fin d'ora i deraonii sono condannati all'eterno
naccia a questi falsi dottori i castighi di Dio. La
supplizio, ma questa loro condanna diverrà più
loro condanna, già da tempo pronunziata nella per-
solenne nel giorno del giudizio finale, quando
sona di altri colpevoli, non langue, ossia non
assieme a tutti i loro seguaci si vedranno racchiusi
rimarrà senza effetto, come lettera morta, e la
nell'inferno senza poterne più uscire giammai. Dio
loro perdizione non dorme, ossia non tarderà, ma
per i suoi giusti fini permette ora che vadano
si eseguirà puntualmente al momento stabilito
talvolta girando la terra e tentando gli uomini
(Cf. Giuda 4).
(Efes. II, 2), ma alla fine del mondo li confinerà
4. Prova ora con tre esempi che Dio non la- negli abissi per sempre. Siccome è detto che Dio
scierà di punire severamente questi falsi dottori. non perdonò agli angeli, si deduce chiaramente
Dio punì gli angeli ribelli, cattivi contempo-
i
che essi non potranno mai tornare alla giustizia.
ranei di Noè, e gli empi cittadini di Sodoma. In
5. Secondo esempio. All'antico mondo per op-
tutto il lungo periodo (4-8) si hanno così tre
protasi, e benché manchi l'apodosi, questa può
posizione al mondo rinnovato, che seguì al diluvio

supplita nel modo seguente (I Piet. Ili, 21). Di


uomini, che allora
tutti gli
essere facilmente :

vivevano sulla terra. Dio non salvò se non Noè,


così Dio non mancherà di punire severamente i
la sua moglie, e i suoi tre figli e le loro tre mogli,
falsi dottori
ossia in tutto otto persone (Cf. I Piet. Ili, 20).
Primo esempio. Agli angeli che peccarono. Il
Predicatore della giustizia. Noè viene così chia-
peccato degli angeli, che viene supposto da tutti
mato, perché sia colle parole, sia cogli esempi e
quei passi del Vecchio e del Nuovo Testamento,
sia colla stessa fabbrica dell'arca esortò gli uo-
nei quali si parla di Satana e degli spiriti maligni
mini alla penitenza, annunziando il castigo di Dio
(Cf. p. es. Giob. I, 6 e ss.; Lue. X, 18; Giov.
(Cf. Ebr. XI, 7). Tale era pure la tradizione dei
Vili, 44; Apoc. XII, 7, ecc.), fu un peccato di
Giudei, come si ha da Giuseppe FI., Ant. Giad.^
superbia, come insegnano Sant'Agostino (De Civ.
I, 3, 1. S. Pietro non dice che siano stati condan-
Dei., lib. XIV, cap. 13, n. 1), S. Tommaso (5um.
nati all'inferno tutti coloro che perirono nel di-
Th., P. I, q. LXIII, a. 2) e la maggior parte dei
luvio (Cf. I Piet. Ili, 19-20; IV, 6), ma afferma
Teologi. Alcuni protestanti razionalisti pensano
semplicemente che il castigo loro inflitto da Dio
che S. Pietro, come S. Giuda (6) alluda a quanto
è una prova del castigo, che sarà inflitto ai falsi
è narrato nel libro apocrifo di Enoch (cap. VI-XVI)
dottori. Se Dio si mostrò severo cogli en:pi, usò
dove si legge che gli angeli peccarono, perchè
pure misericordia coi giusti, quali furono Noè e
sedotti dalla bellezza delle figlie degli uomini, ecc.
la sua famiglia, Lot, ecc. (vv. 7-9). Sul mondo
Ciò è assurdo, poiché gli angeli, essendo puri spi-
degli empi, ossia sul mondo pieno di empi.
riti, non possono andar soggetti alle passioni della
carne (Matt. XXII, 30) e quanto è narrato nel libro 6. Terzo esempio. Condannò alla distruzione^
di Enoch va considerato come una favola. ecc. (Ved. Gen. XIX, 4 e ss.). Sodoma e Gomorra^
Li cacciò nel tartaro. Nel greco vi è una parola due fra le cinque città (le altre erano Adama,
soda toptapcóoai;, che non è usata altrove nella Sebolm e Segor) delle rive del Mar Morto^ che
Scrittura e deriva dalla mitologia greca. I greci abbandonatesi al vizio provarono, Segor eccettuata,
infatti davano il nome di Tartaro a un luogo sot- gli effetti del'ira di Dio (Cf. Gen. XIV, 2; Deut.

terraneo e oscuro, dove venivano confinati i rei XXIX, 23, ecc.). Anche Gesù Cristo per mostr>re
II S. Pietro, H, 7-11 563

actmì sunt, ponens ^Et ìustum Lot op-


: doma e di Gomorra, riducendole in cenere,
préssum a nefandórum iniùrìa, ac luxuriósa facendole esempio a coloro che sono per
conversatióne erìpuit : ^Aspéctu enim, et vivere empiamente ^e liberò il giusto Lot
:

auditu iustus erat hàbitans apud eos, qui


: vessato dalle ingiurie e dall'impuro vivere
de die in diem ànimam iustam iniquis opé- di uomini infami ^poiché era giusto e di
:

rìbus cruciabant. vista e di udito dimorando con gente, che


:

ogni dì metteva alla tortura quell'anima giu-


sta con opere inique.
'Novit Dóminus pios de tentatióne eri- ®I1 Signore sa liberare i giusti dalla ten-
pere ìniquos vero in diem iudìcii reservàre
: tazione e serbare gl'iniqui ai tormenti per
:

cruciandos ^"Magis autem eos, qui post


: il dì del giudizio ^"e massimamente coloro,
:

carnem in concupiscéntia immunditiae àm- che vanno dietro alla carne nell'immonda
bulant, dominationémque contémnunt, au- concupiscenza, e disprezzano la potestà, au-
dàces, sibi placéntes, sectas non métuunt daci amanti di loro stessi non temono d'in-
introdùeere blasphemàntes "Ubi angeli : trodurre delle sette, bestemmiando "men- :

fortitùdine, et virttite cum sint maióres, non tre gli stessi Angeli, benché siano maggiori
portant advérsum se execràbile iudicium. di forza e di robustezza, non portano gli
unì contro gli altri giudizio di maledizione.

la severità dei giudizi di Dio portò gli esempi del nome (10-19). Vanno dietro alla carne nell'im-
diluvio e della distruzione di Sodoma e di Gomorra monda concupiscenza, ossia seguono i loro appetiti
(Cf. Lue. XVII, 26-29). Facendole esempio, ecc., carnali, abbandonandosi ad ogni sorta di libidini
come consta da numerosi passi della Scrittura (Cf. (vv. 2, 13, 14, 18). Disprezzano la potestà, ossia
Deut. XXIX, 23: Salm. CVI 34; Is. I, 9; XIII, il Nostro Signore Gesiì Cristo (Cf. Giuda 4, 8),
19; Matt. X, 15; Rora. IX, 29, ecc.). a cui negavano il titolo di Signore. Altri pensano
che si tratti dell'autorità in generale, ma la prima
7.Misericordia di Dio verso i giusti. 7/ giusto
spiegazione è più comune. Audaci, ossia teme-
Lot. Anche nella Sapienza, X, 6, Lot viene chia-
rarii, amanti di se stessi, o meglio arroganti, e
mato giusto. Dio lo liberò sottraendolo all'incendio
quindi sprezzatori di ogni legge umana e divina.
di Sodoma. Vessato. Il greco xaianovovfievov
significa piuttosto grandemente afflitto. Il motivo
Non temono d'introdurre, ecc., ossia non temono
delila sua afflizione era la condotta impudica di
di spargere false dottrine, bestemmiando Gesù
Cristo e il Vangelo (Ved. n. 1). Il testo greco è
uomini infami, ossia di uomini senza leggi (greco
assai diverso : Non temono di bestemmiare o in-
deéojjtov), che violavano precetti di Dio e della
i
giuriare le glorie (bó'^aq). Non è possibile deter-
natura. Nel greco mancano le parole dalle in-
minare che cosa sì debba intendere per queste
giurie.
glorie, benché tutti si accordino nel ritenere che
8. Dà la ragione per cui Lot fu scampato dal si tratta di persone rivestite di gloria o di auto-
fuoco divoratore. Egli era giusto e di vista e di rità. Alcuni (Calmes, ecc.) hanno pensato ai su-
udito, ossia non peccò né cogli occhi, né colle periori ecclesiastici; altri (Crampon, ecc.) agli
orecchie, benché dimorasse con gente che ogni dì, angeli cattivi; altri (Fillion, ecc.). agli angeli buoni
ecc. Egli non volle né guardare le loro opere, né e altri (p. Drach.) agli angeli in generale. Quest'ul-
ascoltare loro discorsi, ecc. Il testo greco è un
ì tima spiegazione ci sembra più probabile (Cf.
po' diverso Poiché, quel giusto, dimorando fra
: Giuda 8-9).
essi, per la vista (ossia per ciò che vedeva) e II. Mentre, ecc. Anche questo versetto presenta
per l'udito (ossia per ciò che udiva) metteva ogni gravi difficoltà d'interpretazione, tuttavia, se lo si
dì a tormento l'anima (sua) giusta per le (loro) confronta col passo parallelo di S. Giuda (v. 9),
opere inique. L'Apostolo vuol dire semplicemente sembra che S. Pietro voglia stabilire un argo-
che Lot, dovette vedere e udire molte cose, che mento a fortiori nel modo seguente : Questi falsi
contristavano profondamente la sua anima. dottori bestemmiano le glorie, ossia gli angeli,
d. L'Apostolo conchiudecon una sen- (9-11)
mentre gli stessi Angeli (p. es. S. Michele, Giuda
tenza generale. Dio viene in soccorso dei giusti 9) benché siano maggiori di forza e di potenza,

e li salva, come ha fatto con Noè e con Lot, ma vale a dire benché superino di gran lunga questi
Egli si mostra severo cogli empi, come ha fatto falsi dottori, non portano davanti a Dio alcun giu-

col mondo perverso e con Sodoma e Gomorra. dizio ingiurioso gli uni verso degli altri, ossia i
Dalla tentazione, ossia dalle tribolazioni, nelle buoni non maledicono davanti a Dio i cattivi,
quali è provata la loro virtiì (Giac .1, 2, 12; I Piet. ma lasciano che Egli pronunzi la sentenza e li
I, 6). Per il dì del giudizio universale (Cf. v. 4
condanni, poiché Egli é il giudice sovrano di tutte
e Ili, 7). L'Apostolo non vuol già dire che prima le creature (Cf. Giuda 9). Invece di advérsum se

del giudizio gli empi non siano condannati ai tor- = gli uni contro gli altri, nel greco si legge contro
menti, ma afferma solo che all'universale giudizio esse, cioè le glorie, di cui si è parlato al versetto
la loro condanna sarà più solenne, e assieme col- precedente. Parecchi codici greci dopo le parole
i'anima anche il corpo avrà parte al castigo. contro esse, aggiungono davanti al Signore. Non
possiamo determinare quali fossero le bestemmie
10. Massimamente, ecc. Dio serba ai tormenti che i falsi dottori pronunziavano contro gli angeli.
tutti gliempii, massimamente però i falsi dottori. È probabile però che S. Pietro alluda ai primi
L'Apostolo passa subito a mostrare che questi germi del gnosticismo, nel quale avevano gran
falsi dottori ben meritano piìi severi castighi,i parte varie serie di emanazioni e di congiunzioni
Msendo la loro vita piena di nefandezze senza di numerosi Eoni o Angeli.

\
564 II S. Pietro, II, 12-18

**Hi vero velut irrationabilia pècora, na- ^*Ma questi come bestie irragionevoli, na-
turàliter incaptiónem, et in perniciem in turalmente fatte per essere prese e perire,
his quae ignórant blasphemàntes in cor- bestemmiando le cose che ignorano, peri-
ruptióne sua peribunt, "Percipiéntes mer- ranno per la loro propria corruzione, ^'ri-
cédem inìustitìae, voluptàtem existimàntes cevendo la mercede dell'iniquità, essi che
diéi coinquinatiónes, et màculae
delicias : fanno loro piacere delle delizie del giorno :

deliciis in conviviis suis luxu-


aflfluéntes, macchie e vituperii, pieni di mollezza, dis-
riàntes vobìscum, "Oculos habéntes plenos soluti nei conviti che fanno con voi, '^essi
adultérii, et incessàbilis delieti. Pelliciéntes che hanno gli occhi pieni di adulterio e di
ànimas ìnstàbiles, cor exercitàtum avarìtia incessante delitto. Che adescano le anime
habéntes, maledictiónis filii ^^Derelinquén-
: vacillanti, che hanno il cuore esercitato nel-
tes rectam viam erravérunt, secùti viam Ba- l'avarizia, figliuoli di maledizione ^''che :

laam ex Bosor, qui mercédem ìniquitàtis abbandonata la retta strada si sono sviati,
amàvit "Correptiónem vero hàbuit suae
: seguitando la via di Balaam figliuolo dì Bo-
vesàniae : subiugàle mutum animai, hómìnis sor, quale amò la mercede dell'iniquità :
il

voce loquens, prohibuit prophétae insi- "ma fu ripreso della sua pazzia una muta :

piéntiam. bestia da soma, parlando con voce umana,


frenò la stoltezza del profeta.
"Hi sunt fontes sine aqua, et nébulae "Questi sono fontane senz'acqua, e neb-
turbinibus exagitàtae, quibus caligo tene- bie sbattute dai turbini, per loro è riserbata
bràrum reservàtur. "Supèrba enim vanità- la caligine tenebrosa. "Poichè,_spacciando

" Judae, 11. i« Num. XXII, 22. »' Judae, 12.

12-13. Ma questi falsi dottori come bestie^ ecc. maledizione, ebraismo equivalente a maledetti da
Naturalmente fatte, è l'esatta traduzione dell greco Dio (Cf Matt. XXIl, 15; Lue. X, 6; Efes. II,
YeY6WT\^éva cptxnxd. La vita, che essi conducono, 3, ecc.).
è come quella delle bestie destinate a .essere prese 15. Hanno abbandonato retta strada
la della
e a perire, e quindi anch'essi andranno terminare verità e della virtù (Cf. Prov. II, 15), si sono
alla perdizione. Le cose che ignorano sono le sviati dalladottrina di Gesù Cristo, e per lucro
glorie (v. 10), ossia gli angeli. Corruzione mo- predicando turpi dottrine hanno imitato l'esempio
rale. Ricevendo la dovuta mercede della loro ini- di Baalam, il quale amò, ossia ricevette volen-
quità. Essi fanno loro piacere, ossia cercano la tieri dal re Balac, la mercede dell'iniquità, vale
loro felicità, neWe delizie di un giorno, v&le a dire a dire una somma
di denaro, per maledire in-
nei piaceri sensuali, che si presentano ogni giorno, giustamente il popolo d'Israele (Ved. Num. XXII,
o meglio che passano ben presto, e non si preoc- 7, 15 e ss.; Deut. XXIII, 5; Giuda 11). Figliuolo
cupano della vita futura, del giudizio, ecc. Conta- di Bosor. Tale è l'esatta traduzione del greco. La
minazioni, vituperii, a&tr&ttì per i concreti. Questi Volgata traducendo ex Bosor, farebbe supporre
falsi dottori sono uomini contaminati e vitupere- che si tratti del nome di un luogo. È ancora da
voli, e pieni di mollezza, che cioè ricercano solo i osservare che il padre di Balaam nei Numeri
diletti carnali. Dissoluti, che sì danno ad ogni (XXIV, 3) viene chiamato Beor e non Besor, U
intemperanza di cibo e di bevanda nei conviti che si può spiegare o supponendo un antico sba-
(gr. dY<i«atq = agapi), che fanno con voi. Sembra glio di copista nella lettera di S. Pietro, oppure
che l'Apostolo alluda alle agapi eucaristiche, nella ammettendj che Bosor sia la forma del nome
celebrazione delle quali si erano introdotti varii Beor usata nella Galilea.
abusi (Ved. n. I Cor. XI, 17 e ss.). E però da
16. Della
sua pazzia, o meglio secondo il gre-
osservare che nel greco ordinario e nella maggior
parte dei codici greci invece di dvónaiq si legge co, sua iniquità.
della —
Una muta bestia da
ànàvax^ = frodi, inganni, il che viene a dare que- soma, cioè un'asina (Cf. Matt. XXI, 5), frenò la
stoltezza del profeta, ricusando di camminare e
sto senso : lussureggiando nelle loro frodi o nei
loro ingannì, vale a dire si abbandonano alta lus- indicando per miracolo a Balaam il motivo del
suria con quello che per mezzo della frode, ossia suo rifiuto (Cf. Num. XXII, 22 e ss.).
insegnando false dottrine, sono riusciti a estorcere Fontane senz'acqua (Cf. Prov. X, Il
17. Gè- ;

da voi. La lezione della Volgata ha in suo favore rem. 13; Giuda 12), che ingannano il viaggia-
II,
il codice B e il passo parallelo della lettera di tore assetato, nebbie sbattute dai turbini, che non
S. Giuda, 12. si convertono in pioggia salutare (Prov. XXV, 14;
Hanno gli occhi pieni dell'impura fiamma
14. Giuda 13). Questi falsi doUori promettono molte
di adulterio (Cf. n. Matt. V, 28). Di incessante cose ai loro seguaci, ma non possono dar nulla.
delitto, oppure secondo un'altra lezione greca : Come punizione della loro colpa è rìserbato per
occhi pieni, ecc., e insaziabili di peccato. Il senso loro una
caligine tenebrosa nell'inferno (v. 4).
è lo stesso. Che adescano e trascinano nelle loro Alcuni codici hanno questa lezione è riserbata :

reti (v. 18; I Giac. I, 18) le anime vacillanti, ossia per sempre la caligine, ecc.
non ben ferme nella fede e nella pratica della vita 18. Prova che veramente questi falsi dottori non
cristiana. Esercitato nell'avarizia, o meglio nel- possono procurare alcun vantaggio. Infatti essi
l'arte di guadagnare. Essi conoscono tutti i mezzi spacciando una vanità superba, ossia per mezzo
più disonesti per arricchirsi, e sono figliuoli di di una dottrina superba ma vana, e per mezzo
II S. Pietro, II, 19-22 565

tìs loquéntes, pelliciunt in desidériis carnis una vanità superba, adescano per mezzo
luxùrìae eos, qui pàululum effùgìunt, qui delle impure passioni della carne coloro,
in erróre conversàntur ^'Lìbertàtem illis : che poco prima fuggivano da quelli che sono
promitténtes cum ipsì servi sint corruptió- nell'errore : ^^promettendo loro la libertà,
Dis a quo enim quis superàtus est, iiuius
: mentre sono essi stessi schiavi della cor-
et servus est. ruzione :poiché <la chi uno è stato vinto,
di luì è ancora schiavo.

^°Si enim refugiéntes coinqulnatiónes ^°Se infatti dopo aver fuggite le sozzure
mundi in cognitióne Dòmini nostri, et Sal- del mondo mediante la cognizione del Signor
vatóris lesu Christi, hìs rursus implicati su- nostro e Salvatore Gesù Cristo, da queste
peràntur : facta sunt eis posterióra dete- sono nuovamente avviluppati e vinti il se- :

riora prióribus. ^^Mélius enim erat illis non condo loro stato è divenuto peggiore del
cognóscere viam iustitiae, quam post agni- primo. ^^Poichè era meglio per essi non
tiónem, retrórsum converti ab eo, quod illis conoscere la via della giustizia, che cono-
tràditum est sancto mandato. ^^Cóntigit sciutala, rivolgersi indietro dal comanda-
enim eis illud veri provérbii Canis re- : mento santo, che ad essi è stato dato. *^Ma
vérsus ad suum vómitum et, Sus Iota in : si è compiuto in essi quel vero proverbio :
volutàbro luti. Il cane tornò al suo vomito : e, La troia
lavata a rivoltolarsi nel fango.

>• Joan. Vili, 34; Rom. VI, 16, 20. 2» Hebr. VI, 4; Matth, XII, 45. " Pfov. XXVI, 11.

delle impure passioni della carne, a cui si abban- zure, il secondo loro stato, ecc., vale a dire essi
donano, adescano (v. 14) e seducono coloro che sono diventati peggiori di quel che fossero prima
poco prima (gr. óXìyo'? = da poco tempo) fuggi- di convertirsi, e se prima erano schiavi ora lo
vano (pai»ecchi codici hanno Taoristo ànoxyfóyxaq sono doppiamente. Questo stesso pensiero si
erano fuggiti) da coloro che sono nell'errore, vale trova pure presso Matt. XII, 45; Lue. XI, 26; Ebr.
a di»e dal paganesimo. Questi falsi maestri cerca- VI, 4-6; X, 26 (Ved. n. ivi).
vano quindi di trarre nelle loro reti specialmente
21. Sarebbe stato meglio per costoro non aver
ì cristiani di fresco convertiti. U testo greco po-
conosciuta la via della giustizia, ossia la reli-
trebbe anche tradursi adescano, ossia attirano,
:
gione cristiana detta anche via della verità (v. 2)
nelle passioni della carne, nella lussuria coloro,
e via retta (v. 15), che dopo averla conosciuta
ecc.
rivolgersi indietro dal comandamento santo, che
19. In qual modo adescano i neofiti. Promettono è la legge evangelica santa in sé, e destinata a
loro la libertà di far tutto ciò che vogliono, sotto formare aiUa santità le anime, che la osservano.
il pretesto che Gesù Cristo ci ha affrancati dalla L'Apostolo allude in modo speciale alla purezza
legge (Ved. n. I, VI, 12 e ss. ; Gal. V, 12 e ss.). di costumi imposta dal Vangelo. Ad essi è stato
Una tale non è altro che licenza. Questi
libertà dtto dai predicatori del Vangelo.
falsi maestri non possono dare la vera libertà,
22. Si è compiuto, ossia si é verificato, in
perchè essi stessi sono schiavi della corruzione,
essi quel vero proverbio che dice : 7/ cane, ecc.
ossia del peccato. Poiché da chi, ecc. Prova che
(Ved. Proy. XXVI, 11, dove è citato lo stesso
veramente sono schiavi. Essi infatti sono stati
proverbio). La troia, ecc. Questo proverbio era
vinti dalle loro perverse passioni, e quindi sono
pure usato dai rabbini, e trova anche presso
si
schiavi di esse, e benché prpmettino libertà, non
gli 'Scrittori classici, Orazio, Ep. II, 1. I
p. es.
possono dare altro che la schiavitù (Cf. Giov.
cristiani,, che dopo essere stati mondati dai loro
Vili, 34; Rom. VI, 16; Vili, 21, ecc.).
peccati, tornano ad imbrattarsi di essi, vengono
20. Prova che i discepoli di questi falsi maestri paragonati al cane, e al porco, che in Oriente
diventano schiavi. Se dopo aver fuggite (nel greco furono semp»e considerati come tipi della corru-
invece del presente refugiéntes vi è l'aoristo, zione morale (Ved. Matt. VII, 6).
avendo fuggito) le sozzure del mondo, vale a dire In questi ultimi versetti (18-22) é chiaramente
se dopo aver rinunziato al paganesimo mediante confutata la dottrina di Calvino, il quale diceva
la cognizione, ecc., ossia coli 'abbracciare la fede che l'uomo non può perdere la grazia ricevutr.
cristiana, i neofiti, sedotti dai falsi dottori, sono (Cf. Cane. Trid., sess. VI, can. 23).
nuovamente avviluppati § vinti dalle stesse soz-

\
566 II S. Pietro, IH, 1-5

CAPO III.

La seconda venuta di Gesù Cristo negata dai falsi dottori, 1-4, — ma confermata
dall' apostolo, 5- io. — Dovere di non attaccarsi alle cose del mondo e di
praticare la santità, 11 -16. — Epilogo, 17.

^Hanc ecce vobis, charissìmì, secùndam, ^Ecoo, o carissimi, che io vi scrìvo que-
scrìbo epistolam, in quibus vestram éxcito sta seconda lettera, per risvegliare coli 'am-
in commonitìóne slncéram mentem ^Ut : monirvi il sincero animo vostro ^affinchè :

mémores sitis eórum, quae praedixi ver- vi ricordiate delle parole dei santi Profeti,
bórum a sanctis Prophétìs, et Apostolórum delle quali ho già parlato, e dei precetti del
vestrórum, praeceptórum Domini et Salva- Signore e Salvatore (dativi) dai vostri Apo-
tóris. ^Hoc primum sciéntes, quod vénient stoli. ^E sappiate prima di tutto che ver-
in novissìmis diébus in deceptióne illusó- ranno negli ultimi giorni degli schernitori
res, iuxta próprias concupiscéntias ambu- beffardi, viventi a seconda delle loro con-
làntes, Micéntes Ubi est promissio, aut
: cupiscenze, *i quali diranno Dov'è la pro- :

advéntus eius? ex quo enim patres dormié- messa, la venuta dì lui? Mentre, dacché
runt, omnia sic persevérant ab initio crea- i padri si addormentarono, tutto contìnua a
tùrae. un modo, come dal principio della crea-
zione.
"Latet enim eos hoc voléntes, quod cadi "Costoro infatti ignorano perchè lo vo-

« I Tim. IV, 1 ; II Tim. Ili, 1 Judae, 18. * Ez. XII, 27.


;

giorni, ossia nel periodo di tempo, che va dalla


predicazione del Vangelo sino alla fine del mondo
CAPO III.
(Cf. Ciac. V, 3; I Piet. I, 20; Giuda 18; Ebr. I,
2). Verranno. Benché si parli in futuro, tuttavia
1. Nella terza parte della sua lettera (III, 1-16),
è sempre questione degli stessi falsi dottori, di
S. Pietro parla della seconda venuta di Gesii
cui si è trattato nd cap. prec. (Cf. n. II, 1).
Cristo, confutando dapprima (1-10) le ragioni,
Schernitori, beffardi, ossia uomini che metteranno
con cui i falsi J-^ttori cercavano di scuotere la
in ridicoJo le credenze e le cose più sacre. Il greco
fede dei cristiani nel grande avvenimento, e poi
letteralmente andrebbe tradotto schernitori pieni
passando (11-16) ad esortare i cristiani a praticare
di scherno, ebraismo. Viventi a seconda delle loro
k santità.
Ecco che questa è già la seconda lettera che concupiscenze sensuali (II, 1 e ss, Giuda 19). ;

vi scrivo. L'Apostolo allude alla sua prima let-


Negavano la venuta di Gesù Cristo giudice per
darsi con maggior libertà ai vizi della carne.
tera. Tanto nella prima come in questa io cerco di
risvegliare (Cf. I, 13) il vostro animo sincero, e 4. I quali, ecc. Riferisce gli scherni di questi
quindi docile e non ancora caduto nell'errore, empi. Invece di dov'è la promessa o la venuta di
coll'ammonirvi, ossia col richiamare alla vostra lui? nel greco si legge: dov'è la promessa della
mente le grandi verità cristiane. venuta di lui ? vale a dire dov'è la sua seconda
:

Affinchè vi ricordiate delle parole dette dai santi venuta promessa? Se avesse veramente promesso
profeti (I 10-12) reHative alla seconda ve-
Pict. I, di venire sarebbe già venuto, o almeno vi sarebbe
nuta di Cristo (Cf. I, 16-21). Delle quali ho par- qualche segno del suo prossimo avvenimento.
lato. Nel greco si legge : vi ricordiate delle cose Invece, dacché i padri nostri, a cui era stata
predette dai santi profeti. Vi scrivo affinchè vi fatta la promessa ; si addormentarono (eufemismo
ricordiate dei precetti (nel greco vi è il singolare) per indicare la morte) sino al dì d'oggi, tutto con-
di Gesù Cristo, a voi trasmessi dai vostri Apostoli, tinua a un modo, come dal principio della crea-
ossia da coloro che vi hanno predicato il Vangelo, zione, senza che si veda alcuna mutazione. Coi
i quali vi esortarono a prepararvi con una vUa nome di padri, secondo gli uni, si dovrebbero
santa alla seconda venuta di Gesù Cristo (Cf. II, intendere gli antichi patriarchi (Atti III, 13; Rom.
21). Anche il Signore raccomandò di tenersi pre- IX, 5 ; Ebr. I, 1), secondo altri invece i contem-
parati, stante l'incertezza in cui ci troviamo ri- poranei di Gesù Cristo, e questa seconda spiega-
guardo al giorno del giudizio (Matt. XXIV, 44). zione ci sembra più probabile.
Alcuni codici hanno nostri Apostoli, ma la lezione 5-6. S. Pietro risponde alla difficolta facendo os-
vostri (vm&r) seguita dalla Volgata, ha in suo fa- servare che il mondo ha già subito un grande
vore maggiori autofità e va preferita. Anche qui cambiamento per il fatto del diluvio (5-7), e che
S. Pietro ricorda gli Apostoli e i profeti come la misura del temno presso Dio è ben diversa
testimoni della venuta di Gesù Cristo (Cf. I, 16- dalla nostra, e che se Gesù Cristo non è ancora
21; Efes. II, 20). venuto, ciò ha fatto nell'mteresse dei peccatori,
Sappiate prima di tutto (Cf. I, 20), forraola
3. ma ad ogni modo egli non mancherà di compiere
che serve a richiamare l'attenzione. Negli ultimi la sua promessa (8-10). Ignorano perchè lo
II S. Pietro, III, 6-12 557

erant pdus, et terra, de aqua, et per aquam gliono, che da prima per la parola dì Dio
consistens Dei verbo ®Per quae, ìlle tunc: furono i cieli, e la terra (uscita) dall'acqua,
mundus aqua inundàtus périit. ^Caelì au- e formata per mezzo dell'acqua '^e che :

tem, qui nunc sunt, et terra eódem verbo per queste stesse cose il mondo d'allora
repósiti sunt, igni reservàti in diem iudicii, perì inondato dall'acqua. ^Ma i cieli e la
et perditiónis impiórum hóminum. terra che sono adesso, sono custodit? dalla
stessa parola, e riserbati al fuoco pel giorno
del giudizio e della perdizione degli uomini
empii.
'Unum viero hoc non làteat vos, charis- "Questo solo però non vi sia ignoto, o
sìmi, quia unus dies apud Dóminum sicut carissimi, che dinanzi a Dio un giorno è
mille anni, et mille anni sicut dies unus. come mille anni, e mille anni come un
'Non tardat Dóminus promissiónem suam, giorno. "Non ritarda il Signore la sua pro-
sicut quidam existimant sed patiénter agit : messa, come pensano taluni : ma usa pa-
propter vos, nolens àliquos perire, sed om- zienza per riguardo a voi, non volendo che
nes ad poeniténtiam revérti. "Advéniet au- alcuno perisca, ma che tutti ritornino a pe-
tem dies Domini ut fur in quo coeli magno : nitenza. ^"Ma come un ladro, verrà il dì
impetu trànsient, dementa vero calóre sol- del Signore : nel quale i cieli passeranno
véntur, terra autem et quae in ìpsa sunt con gran fracasso, e gli elementi saranno
opera, exuréntur. disciolti dal calore, e la terra e le cose che
sono in essa saranno bruciate.
"Cum igitur haec omnia dissolvénda sint, ^^Poichè dunque tutte queste cose devono
quales opórtet vos esse in sanctis conver- esser disciolte, quali conviene che siate nel
satiónibus, et pietàtibus, ^^Expectàntes, et santo vivere e nella pietà, * ^aspettando e

" I Thess. V, 2; Apoc. Ili, 3 et XVI, 15.

vogliono. La loro ignoranza è quindi affettata e giorno di ieri che è passato ». Se per conseguenza
volontaria. Fingono di non sapere che il mondo il Giudice divino, nonostante la promessa del suo
tratto dall'acqua fu sommerso nelle acque del prossimo ritorno, non è ancora venuto, ciò non
diluvio. Da prima. Il greco Ex:raXat significa piut- vuol dire che Egli non venga. // Signore non ri-
tosto anticamente o da principio (Cf. II, 3). Per iarda a mantenere la sua promessa di venire,
la parola di Dio onnipotente (Gen. I, 3) furono benché siano già passati e abbiano ancora a pas-
creati ì cieli e la terra, e la terra uscì o emerse sare molti anni. Come pensano taluni, cioè i falsi
fuori delle acque, che la ricoprivano (Ved. Gen. dottori (v. 1). Costoro pensano che il Signore non
I, 9), e per mezzo dell'acqua ricevette la sua possa o non voglia mantenere la sua promessa.
forma. Per queste stesse cose, ossia per la parola Egli invece tardando a venire per il giudizio usa .

^
di Dio e per l'acqua che avevano operato assieme pazienza e misericordia per riguardo a voi, ossia
alla formazione del mondo. 7/ mondo d'allora, ossia per amor vostro (Ezech. XVIII, 23; XXXIII, 11;
il mondo che esisteva al tempo del diluvio (Cf. Ved. n. ili Tim. II, 3-4), poiché non vuole che
II, 5), perì, vale a dire subì una grande trasfor- alcuno perisca, ma che tutti si salvino.
mazione, essendo stato inondato dalle acque (Cf. 10. Come un (i codici C K L aggiun-
ladro
Gen. VII, 11 e ss.). Per il mondo d'allora alcuni gono quindi all'improvviso. Anche il
di notte) e
intendono gli uomini che vivevano al tempo del Signore usò questa stessa similitudine (Cf. Matt.
diluvio, i quali tutti ad eccezione di otto persone, XXIV, 43 I Tess. V, 2). Verrà certamente, benché
;

perirono (II, 5). sembri ritardare. 7/ dì del Signore, cioè il giorno


7. I cieli e la terra, ecc., ossia il mondo tal del giudizio (Atti II, 20; I Cor. V, 5, ecc.).
quale è adesso dopo il diluvio. Sono custoditi, Nel quale giorno i cieli, ossia gli astri, ecc. (Cf.
o meglio secondo il greco, sono conservati come Matt. XXIV, 27) passeranno con gran fracasso
un tesoro dalla stessa parola di Dio che li ha (gr. stridore causato da fuoco) vale a dire peri-
creati. E riserbati al fuoco, ecc. La stessa onni- ranno (Cf. Matt. V, 18). Gli elementi (gr. otoiXeùt)
potenza di Dio, che conserva il mondo, lo distrug- di cui si compongono le varie parti del mondo,
gerà per mezzo del fuoco nel giorno del giudizio, saranno sciolti dal calore del fuoco. Non si tratta
neJ quale periranno tutti gli uomini empi (Cf. II, quindi di una distruzione, ma solo di una puri-
3, 4, 9; I Piet. I, 4). Per il tempo che seguirà ficazione per mezzo del fuoco, poiché con questi
sono promessi cieli nuovi e terra nuova (Ved. n. stessi elementi saranno formati nuovi cieli e i

Rom. VIII, 22). la nuova terra (v. 13). Come si vede, mentre il
diluvio non sconvolse che la superficie della terra,
8. Non ignoto, in opposizione a igno-
vi sia
rano (v. 5).dottori fingono dì ignorare il
I falsi
alla fine dei tempi saranno sciolti anche gli stessi
fatto dd diluvio, ma i cristiani devono ricordarsi
elementi. La terra e le cose che sono in essa,

che dinanzi a Dio un giorno è come mille anni come città, piante, animali, ecc., saranno consu-

dinanzi agli uomini, e mille anni dinanzi agli uo- mate dal fuoco.
mini sono come un giorno dinanzi a Dio. S. Pietro 11-12. Deduce una conclusione pratica della più
•linde a quanto si legge nel salmo LXXXIX, 4 : grande importanza. Se adunque tutte le cose di
t Mille anm dinanzi ai tuoi occhi (sono) come il questo mondo devono essere disciolte, ossia pe-
568 II S. Pietro, III, 13-16

properàntes in advéntum diéi Domini, per correndo incontro alla venuta del dì del
quem caeli ardéntes solvéntur, et eleménta Signore, nel qual dì i cieli ardenti si scio-
ignis ardóre tabéscent? ^'Novos vero caelos, glieranno, e gli elementi si liqueferanno per
et novam terram secùndum promìssa ipsius l'ardore del fuoco? ^'Ma secondo la pro-
expectàmus, in quibus iustìtia habitat. messa dì lui noi aspettiamo nuovi cieli e
nuova terra, nei quali abita la giustizia.
^*Propter quod charisslmi haec expectàn- "Perciò, carissimi, aspettando tali cose,
tes, satàgìte ìmmaculàti, et inviolati ei in- studiatevi di essere trovati da lui immacolati
veniri in pace. ^^Et Domini nostri longani- e puri nella pace. "E tenete in luogo di
mitàtem, salùtem arbitrémini sicut et cha- : salute la longanimità del Signor nostro :
rissimus frater noster Paulus secùndum da- come anche il nostro carissimo fratello
tam sibi sapiéntiam scripsit vobis, "Sicut Paolo secondo la sapienza a lui data vi ha
et in òmnibus epistolis, loquens in eis de scritto, "come (fa) anche in tutte le epi-
bis, in quibus sunt quaedam difflcilia intel- stole, dove parla di questo, nelle quali sono
léctu, quae indócti, et instàbiles depràvant, alcune cose difficili a capirsi, che gl'igno-
sicut et céteras Scriptùras, ad suam ipsó- ranti e i poco stabili stravolgono (come an-
rum perditiónem. che tutte le altre Scritture) per loro perdi-
zione.

" Is. LXV, 17 et LXVI, 22; Apoc. XXI, 1. " Rom. II, 4.

firc, voi non dovete attaccare ad esse il vostro la sapienza datagli da Dio. Vi ha scrìtto. Queste
cuore, ma cercare quei beni, che non vengono parole suppongono che S. Paolo abbia pure scritto
mai meno, e cercarli coll'essere perfetti nel santo una lettera ai cristiani dell'Asia Minore, a cui
vivere e nella pietà, vale a dire colla pratica sono indirizzate le due lettere di S. Pietro. Non
di tutte le virtù e specialmente della pietà verso si può determinare con precisione di quale lettera
Dio. Voi dovete inoltre aspettare e prepararvi si tratti, benché la maggior parte dei commenta-
bene, anzi correre incontro (meglio secondo il tori si accordi nel ritenere che alluda o alla
si
greco accelerare) per mezzo di una vita santa alla lettera ai Colossesi (I, 22 e ss.), dove si ha una
venuta del dì del Signore. Colla vita santa accele- sentenza analoga a quella di S. Pietro, oppure alla
rerete quel giorno, poiché più presto sarà com- lettera agli Efesini, dove si hanno parecchie esor-
piuto H numero degli eletti (Sant'Agostino, De tazioni alla santità (Efes. I, 5-14; IV, 30; V, 5-6,
bon. vii., n. 28). 7/ dì del Signore nel quale tutti ecc.). Alcuni però pensano che si parli di una let-
saranno giudicati. Nel quale dì (gr. a motivo o tera andata perduta (Cf. Camerlynck, h. 1.; Rev.
a causa del quale giorno). Si scioglieranno, ecc. Bib., 1902, p. 573 e ss.).
(vv. 7 e 10). Liqueferanno come metalli (Is.
XXXIV, 4). Nel greco invece di giorno del Si- 16. Dopo aver parlato di una lettera particolare
di S. Paolo, S. Pietro si porta su/lle altre lettere
gnore si ha giorno di Dio, con che si indica che
del grande Apostolo, e dice che in tutte, dove egli
Gesù Cristo è vero Dio.
ha occasione dì parlare di auesto, cioè della se-
13. Secondo la promessa fatta da Dio per bocca conda venuta di Gesù Cristo, prende motivo per
di Isaia (LXV, 17; LXVI, 22. Cf. Atti III, 21; esortare i fedeli alla santità (Cf. Rom. VIII, 18-
Apoc. XXI, 1). Aspettiamo nuovi cieli, ecc. Il
25; I Cor. XV, 20-58; I Tess. IV, 13 e ss.; V,
mondo non sarà annientato, ma solo purificato col 1 e ss. ; II Tess. III, 1 e ss.). Le parole di San
fuoco e rinnovato (Ved. n. Rom. Vili, 19 e ss. ; Pietro suppongono che vi fosse una raccolta delle
I Cor. VII, 31; XV, 24-28). Mentre nel mondo lettere di S. Paolo, ben nota sìa a luì personal-
attuale abitano l'empietà (II, 5) e l'ingiustizia mente, sia ai fedeli a cui scrive, e sìa anche ai
(Ciac. III, 6), e il demonio vi esercita il suo falsi dottori. Ciò non ha nulla di sorprendente,
potere, n<d mondo rinnovato abiterà la giustizia, quando pensi alle vive relazioni che esistevano
si
ossia la santità, e tutto sarà soggetto a Gesù fra le diverse Chiese, e all'avidità con cui i fedeli ;

Cristo e Gesù Cristo a Dio (I Cor. XV, 24 e ss.). andavano a conoscere gli scritti degli Apostoli.
14. Nuova esortazione alla santità. Aspettando Non sappiamo però se tale raccolta fosse com-
tali cose, cioè la fine del mondo. Da lui, ossia da pleta. Nelle quali (gr. Iv al?, B K A) lettere sono
Gesù Cristo giudice. Immacolati e puri (1 Pìet. alcune cose difficili a capirsi. Non sappiamo con
I, 19), cioè senza macchia di peccato e senza di- precisione quali siano queste cose, a cui allude
fetto. Nella pace con Dio, ossia in grazia. S. Pietro. Può essere che si tratti dì quei passi,
15. Tenete in luogo di salute, vale a dire ripu- in cui si discorre della seconda venuta di Cristo,
tate come un'occasione di assicurare sempre me- o forse più probabilmente di quegli altri, in cui
gilio la vostra salute. La longanimità, per la quale S. Paoilo parla della libertà cristiana dal giogo
il Signore tarda a venire. L'Apostolo ripete il deUa legge. Sappiamo infatti che alcuni abusa-
pensiero del v. 9. Se il Signore differisce il giu- vano di questa libertà per darsi alla lascivia (Cf.
dizio, lo fa per darvi tempo di emendarvi dei Rom. III, 20, 28; IV, 15, V, 20; VII, 7; Gal.
vostri difetti e di praticare le virtù. Come anche, Ili, 10; V, 19, ecc.). Da queste parole si dimostra
ecc. S. Pietro conferma la sua esortazione col- contro i protestanti che la Scrittura non è così
l'autorità di S. Paolo. Il principe degli Apostoli chiara, da poter essere interpretata da qualsiasi
mostra il suo affetto verso l'Apostolo delle genti, fedele (Cf, n. II, 20-21). Ignoranti e poco stabili
chiamandolo carissimo fratello nell'apostolato, e nella fede sono sempre i falsi dottori. Stravol-
mostra ia sua venerazione per lui, riconoscendo gono, ossia sottomettono « tortura per dar loro
II S. Pietro, III, 17-18 569

"^Vos ìgitur fratres, praesciéntes custo- ^'Voi adunque, o fratelli, essendo pre-
dite, ne insipiéntium erróre traducti exci- venuti, state in guardia affinchè trasportati :

dàtis a propria firmitàte. "Créscite vero in dall'error degli stolti non cadiate dalla vo-
gràtia, et in cognitióne Dòmini nostri, et stra fermezza : "ma crescete nella grazia
Salvatórìs lesu Christi. Ipsi gloria et nunc, e -nella cognizione del Signor nostro e Sal-
et in diem aeternitàtis. Amen. vator Gesù Cristo. A lui gloria e adesso e
nel 'dì dell'eternità. Così sìa.

un senso diverso d« quel che hanno, e per tro- Stolti, sono i fallsi dottori (II, 7). Dalla vostra fer-

varvi qualche appiglio per sostenere i loro errori. mezza neJla fede (per opposizione alla poca sta-
Come anche tutte le altre Scritture (Cf. Matt. XXI, bilità deiffaisi dottori, v. 16).
42; XXVI, 44, ecc.). S. Pietro riconosce quindi le
18. Crescete, e quindi non solo perseverate, ma
lettere di S. Paolo come Scrittura sacra, vale a
progredite sempre (Apoc. XXII, 11) nella grazia
dire come ispirata dallo Spirito Santo alla stessa
(I, 2), e nella cognizione (I, 5-6) di Gesù Cristo.
guisa degli altri scritti dei Vecchio Testamento.
L'Aposolo termina così la sua lettera come l'ha
Per loro perdizione. Ecco il castigo riservato a
cominciata (Cf. I, 2).
questi falsi dottori (Cf. II, 1, 2, ecc.).
A lui sia la gloria (gr. r\ bó^a) per eccellenza,
17. Nell'epilogo di questa lettera (III, 17-18), vale a dire queMa gloria, che è propria di Dio.
S. Pietro raccomanda ai fedeli di vegliare per non Adesso e nel dì deWeternità, ossia in quel giorno,
essere sedotti dai falsi dottori, e di crescere nella che è l'eternità, la quale viene così presentata
conoscenza e nella grazia di Dio. come un giorno che non ha né mattino né sera.
Voi dunque (per opposizione agli ignoranti del Con questa dossologia (I Piet. IV, 11; V, 11)
V. 16), essendo prevenuti, vale a dire essendo già viene nuovamente a proclamare la divinità di
preavvisati e istruiti, state in guardia, affinchè, ecc. Gesù Cristo. Così sia, manca in parecchi codici.

1
PRIMA LETTERA DI S. GIOVANNI

NTRODUZIONE
Autenticità e canonicità. — Non solo Cristo (Cf. i, 1, 5), e di piìj le rassomi-
tutti i cattolici, ma anche molti fra i prote- glianze di lingua, di stile e di pensieri, che
stanti (B. Weiss, Zahn, Wetscott, Sanday, si osservano tra questa Lettera e il iv Van-
ecc.) si accorciano nel ritenere che tanto gelo, sono tali e tante che non si può a
questa come le due Lettere seguenti siano mene di conchiudere che i due scritti hanno
state scritte dall'Apostolo S. Giovanni. Né per autore la stessa persona. Identico è in-
potrebbe essere altrimenti tante sono le fatti lo scopo di questa Lettera e del iv Van-
prove, che si possono invocare a sostengno gelo, provare che Gesù é il Cristo Figlio di
di questa affermazione. Dio affinché i fedeli credendo in lui, ab-
E difatti, anche prescindendo dalle allu- biano la vita eterna {Vang. xx, 31 I Giov.;

sioni e citazioni indirette che si hanno negli v, 13). Nell'uno e nell'altra abbiamo la
scritti diBarnaba e di Sant'Ignazio, e nella stessa opposizione tra la luce e le tenebre,
Lettera a Diogneto e nella Didache, ecc., le la verità e la menzogna, il regno di Dio e
quali non sono assolutamente sicure, non vi il mondo {Vang. i, 4 e ss. in, 19; xvii, 9;
;

è dubbio che Papia, per testimonianza di Eu- I Giov. l, 5 e ss. ll, 8, 15; in,
; 1, 13). II
sebio {Hist. EccL, III, 39), «si servì di al- mondo odia i fedeli, ma questi trionfano di
cune testimonianze tolte dalla prima lettera lui {Vang. xvi, 33; I Giov. v, 4); il grande
di S. Giovanni », e che S. Policarpo, disce- precetto nuovo é quello della carità fraterna
polo di S. Giovanni, ne cita [Ad Philipp., vii) {Vang. xni, 34; xv, 12; I Giov. n, 7; in,
quasi alla lettera il cap. iv, 3. Anche San- 14 e ss.); Gesù Cristo, é venuto a salvare
t'Irineo,discepolo di S. Policarpo, la cita gli uomini e a trarli dal peccato {Vang. xv,
parecchie volte, attribuendola a u Giovanni 18 e ss. xvii, 14
; I Giov. in, 13), ecc.
;

discepolo del Signore, il quale compose an- Abbiamo inoltre una quantità di parole e di
che il Vangelo» (Cf. Adv. Haer., in, 16: frasi comuni a questi due scritti, le quali non
Euseb., Hist. EccL, v, 8). La stessa affer- sono mai usate o ben raramente nel N. T.,
mazione si trova nel Canone Muratoriano come p. es. lo Spirito di verità, essere della
{Un. 28), e presso Tertulliano {Coni. Prax.. verità, essere da Dio, essere nato da Dio,
15), e Clemente A. {Strom., ii, 15), e Ori- lare la verità, fare il peccato, dimorare nel-
gene {De orai. 22), e Cipriano (Epist. 25K l'amore, ecc. Né si deve omettere che in
ecc., onde con ragione Eusebio {Hist.
tutta tmbedue questi scritti si hanno lo stesso
:

Eccles., Ili, 24) potè annoverare questa Let- modo di legar assieme le proposizioni per
tera tra gli scritti ammessi senza contesta- la semplice congiunzione e, oppure per ac-
zione in tutte le Chiese, e S. Gerolamo potè ^cumulazione, le stesse proposizioni brevi
affermare {De vir. ili., ix) che « ab uni •caratterizzate spesso dal parallelismo {Vang.
versis ecclesiasticis et eruditis viris mo- ni, 36; 23; xi, 10, 52; xil, 35; I Giov.
v,
batur ». Fra gli antichi soli gli eretici Alogi Il, 2, 23 V, 12), la stessa insistenza su
10, ;

(Sant'Epif., Haeres., li) e Marcione riget- di un'espressione che viene ripetuta e spie-
tarono l'autenticità di questa Lettera, ma gata sotto diversi aspetti (Cf. I Giov. i, 1,
non è da far caso delle loro negazioni fon- 2, 3, 7, ecc.) e quel che è più parecchie lo-
date su preconcetti dogmatici. cuzioni o membri di frasi perfettamente
Gli argomenti interni confermano piena- simili anche identici (Cf. Vang. in, 11 ;

mente dati della tradizione. Benché l'au-


i XII, 35; XVI, 33 e 1 Giov. l, 2; ll, 11 v,;

tore non nomini se stesso, é tuttavia indu- 4, ecc.). Per conseguenza se, come fu di-
bitatoche egli si presenta come Apostolo e mostrato (Vedi Introd. al Vangelo di San
testimone oculare di Nostro Signore Gesù Giovanni), il quarto Vangelo ha per autors
Prima Lettera S. Giovanni - Introduzione 571

S. Giovanni Apostolo, si deve conchiudere si propone di confermare i cristiani nella


che a lui deve essere attribuita anche la fede divinità di Gesù Cristo, e alla
alla
prima Lettera che porta il suo nome (Cf. realtà e universalità del sacrifizio da lui com-
Lepin, L'origine da quatrième Èvangile, piuto sulla croce, e di animarli a praticare
p. 250 e ss. Jacquier, Histoire, ecc., t. iv,
;
la virtù e specialmente la carità fraterna.
p. 1 e ss. ; Brassac, M. B., t. iv, p. 683). Come si vede il fine di questa Lettera coin-

destinatarii.
I —
Sant'Agostino {In Evist.
cide perfettamente col fine del quarto Van-
gelo.
loan... traci.) Cassiodoro, S. Beda, ecc.,
y

pensarono che questa Lettera fosse stata in- Luogo e data. —


Benché nella Lettera
dirizzata ai cristiani del Parto, ma né l'an- non vi sia alcuna indicazione in proposito,
né l'esame intrinseco della Lettera
tichità, e nulla ci sia stato tramandato dalla tra-
forniscono argomenti per giustificare in dizione, tuttavia è molto probabile che que-
qualche modo tale sentenza. Anzi il fatto sta Lettera sia stata scritta a Efeso, verso il
stesso che non troviamo in essa alcuna fine del primo secolo, poiché sappiamo da
indicazione relativa a circostanze particolari Sant'Irineo [Adv. Haer.. ni, 1) che il quarto
di tempo, di luogo e di persona, l'assenza Vangelo fu pubblicato in Efeso, ed altri
dei soliti saluti al principio e al fine, fareb- antichi scrittori ci dicono che S. Giovanni
bero piuttosto supporre che essa non sia lo scrisse verso il fine di sua vita (Cf. San-
stataindirizzata a una Chiesa particolare. t'Epifanio, Haeres., li, 12, 33). Ora sic-
Siccome però l'autore vi usa sempre un come é molto probabile che questa Lettera
tono affettuoso, e combatte errori deter- accompagnasse il Vangelo, non si va lungi
minati, e si rivolge spesso ai suoi lettori, dal vero affermando che essa fu scritta più
è da supporre che questi dovessero essere meno nello stesso tempo, ossia tra l'SS
da lui ben conosciuti. Di piti se si tien e il 95.
conto che S. Giovanni passò i suoi ultimi
anni a Efeso, e che questa Lettera dovette
Divisione e analisi. — La prima lettera
di S. Giovanni si compone, oltre di un pro-
probabilmente servire come di prefazione al logo (I, 1-4) e di un epilogo (v, 13-21), di
quarto Vangelo, non si andrà lungi dal vero due parti : la prima delle quali va dal cap. !
affermando che essa fu destinata alle Chiese 5 al cap. II, 28, e la seconda dal cap. ii,
dell'Asia minore, alle quali era stato pros-
29 al cap. v, 12.
simamente destinato anche il quarto Van- Nel prologo (i, 1-4) sì annunzia subito
gelo. I lettori nella grande maggioranza do-
l'argomento da trattare e il fine che l'autore
vevano essersi convertiti dal paganesimo, si propone di conseguire.
poiché vien loro raccomandato (v, 21) di Nella prima parte (i, 5-ii, 28) fa vedere
guardarsi dagli idoli, il che sarebbe stato
che Dio é luce, e perciò ì fedeli devono
inutile se essi fossero stati Ebrei.
camminare nella luce (i, 5-7), confessare i

Occasione e fine. —
È assai comune la proprii peccati ed evitarli (i, 8-ii, 2), osser-
sentenza, a cui sembrano già alludere il Ca- vare tutti i comandamenti e specialmente la
none Marator. (Un. 27 e ss.) e Clemente A. carità (ii, 3-11). Accennato al motivo che
(Euseb., H. E., vii, 25), che ritiene aver l'induce scrivere (ii, 12-14), inculca ai
a
S. Giovanni scritta questa Lettera per ac- cristiani fuggire lo spirito mondano (li,
di

compagnare la pubblicazione del quarto Van- 15-17) e coloro che insegnano errori intorno
gelo e servirgli come di prefazione. Checché a Gesù Cristo (ii, 18-28).
sia dì ciò, é certo che nelle Chiese, a cui Nella seconda parte (n, 29-v, 12) di-
la Lettera é indirizzata, erano sorti dei falsi mostra che Dio é giusto e pieno di carit-i,
dottori, dei falsi profeti, degli anticristi (iv, e avendoci fatti suoi figli, dobbiamo perciò
1 II,
; 18) rotti ad ogni disordine morale, ì evitare il peccato (ii, 29-iii, 10) e amare il
quali negavano che Gesù Cristo fosse il nostro prossimo (in, 11-18). Frutti della giu-
Messia (ii, 22) e il Figlio di Dio incarnato stizia e della santità (ni, 19-24). I falsi dot-
(il, 23 IV, 2-3), e cercavano di sedurre i tori (IV, 1-6). Nuova esortazione alla pra-
;

fedeli (II, 26). Da Sant'Irineo {Adv. Haer.. tica della carità (iv, 7-21). La fede in Gesù

I, 26) sappiamo che tali erano gli errori di


Cristo, e vantaggi che procura (v, 1-12).
Cerinto, il quale insegnava che Gesù era Nell'epilogo (v, 13-21) si inculca la pre-
nato da Maria e da Giuseppe conforme al- ghiera (v, 13-17), la fuga del peccato e la
l'ordine naturale, e che al Battesimo il Cristo fede (V, 18-21).
era disceso sopra di lui, ed era rimasto con Integrità. —
t o questione dell'integriti

lui fino alla passione, e poi l'aveva abbando- della prima Lettera di S. Giovanni riguarda
nato. Ora é fuori di dubbio che S. Giovanni unicamente i vv. 7-8 del cap. v, relativi ai
si incontrò con Cerinto (Adv. Haer., ni, 3) tre testimonii. Nella Volgata latina si legge :
a Efeso, ed è quindi più che ragionevole Quoniam tres sunt qui testimonium dant in
ammettere che anche contro di lui egli ab- caelo: Pater, Verbum et Spirifus sanctus:
bia scritta la presente Lettera, nella quale et hi tres unum sunt. Et tres sunt qui testi-

i
572 Prima Lettera S. Giovanni - Introduzione

monium dant in terra : Spìritus, et aqua, et che la definizione del Concilio sia stata
sanguis et hi tres unum sunt. Ora tutti i
;
occasionata dalle negazioni dei protestanti,
protestanti e i razionalisti rigettano come è indubitato però che essa ha una portata
non autentiche le parole trascritte in cor- molto più vasta, come è chiaro dalle consi-
sivo, ed anche parecchi cattolici (Mangenot, derazioni che la precedono e la seguono.
Dici. Vig., Jean (I.re Epìtre) ; Kunstle, Das È vero che altri aggiungono che un versetto i
comma Ioanneum auf seine Herkunft un- non è una parte, ma se valesse questa n- }
tersucht, Friburgo B., 1905; Lebreton, Les sposta si potrebbe dubitare dell'autenticità 3

orig. du dogme de la Trinile, t. l, Parigi, di qualsiasi passo della Scritura (Cf. Fran-
1910; Fillion, La 5. Bible, t. vili, p. 718 e zelin. De Deo trino, thes. 4).
ss.,ecc.) ammettono che esse non appar- 2° Benché non si abbiano testimonianze
tengono a S. Giovanni. Ecco i principali dell'esistenza di ouesto testo nel primo se-
argomenti sui quali si appoggiano. Le dette colo e presso i Padri greci (va eccettuato
parole mancano :
un Trattato contro gli Ariani d'incerto au-
1° In codici greci, quattro eccet-
tutti i tore), si hanno però numerosi dati per di-
tuati. Questi ultimi poi non hanno alcun mostrare che esso fu sempre riconosciuto
valore, poiché due, cioè VOttobiano e il come canonico nella Chiesa latina. E di
Monfortiano sono del secolo xvi, e degli fatto molto probabilmente vi allude Tertul-
altri due l'uno, cioè il Raviano è una sem- liano, quando afferma (Coni. Prax., 25) che
plice trascrizione della Poliglotta di Com- il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo tres

piuto, e l'altro cioè il Regio (sec. xi) porta unum sunt non unus. S. Cipiriano (250)
le dette parole in margine scritte da mano allega {De un. Eccle., vi) colla formola
recente (sec. xvi o xvii). Mancano pure nei scriptum est, le parole hi tres unum sunt,
Lezionarii antichi. per provare la consustanzialità delle divine
2° Nelle versioni siriache Peschilo e Fi- persone, e così pure fa S. Fulgenzio {Resp.
losseniana, nelle versioni copte, armena ed coni. oh. 10) appellandosi all'au-
Arian.
etiopica. In parecchi codici della Volgata torità Cipriano. L'eretico spagnuolo
di S.
latina, quali il Fuldense, VAmiatino, VHar- Priscilliano (380) nel suo Apologetico cita
leiano, ecc. espressamente questo versetto {Lib. apol.
3° In tutti i Padri greci, siri ed armeni Priscill., ed. Schepss., p. 6) e un'allusione
anteriori al secolo xii, niuno dei quali lo ha ad esso si trova anche in un discorso di San
mai citato, benché avesse potuto servire Girolamo sul salmo 91 edito da Morin {Anec-
ottimamente contro gli Ariani, i Macedo- dota Mared., t. ni, par. 3, p. 74) e già attri-
nianì e i Sabelliani. Anche gli antichi Padri buito a Sant'Agostino. Sant'Eugenio di Car-
latiniLucifero di Cagliari, Sant'Ilario, San- tagine cita questo testo nella professione
t'Ambrogio, ecc., non citano mai le dette di fede contro l'Arianesimo, che a nome di
parole. Anche S. Beda le omette nel suo -tutti i vescovi dell'Africa, della Sardegna
commentario della Lettera di S. Giovanni. e della Corsica presentò (a. 484) a Unnerico
4^* Non si può negare che anche omet- re; dei Goti (Vict., De persec. Vand., in,
tendo le dette parole il senso corra ugual- .11 Migne, P. L., t. vni, 227) e prima di
;

mente. ,lui Vigilio di Taspe non solo cita parecchie


Benché tutti questi argomenti abbiano il volte questo versetto, ma afferma ancora
loro valore, tuttavia riteniamo che si debba che esso si trovava in tutte le Bibbie sia
difendere l'autenticità del passo in que-» in quelle degli Ariani e sia in quelle dei
stìone. cattolici {De Trinitate, i fine e v). Anche
Concilio di Trento (sess. iv,^
1° Infatti il l'autore della prefazione alle Lettere catto-
De can. e il Vaticano (sess. in.
script.) liche nel codice Fuldense (v sec.) si lamenta
De reveh, can. 4) dicono anatema a chi non» dell'infedeltà dei traduttori, parecchi dei
riconosce come canonici tutti i libri sacriy quali omettono questo testo, il che suppone
con tutte le loro parti, come sono in uso^ che allora tale testo si trovasse nella grande
nella Chiesa cattolica e si trovano nella 'maggioranza dei codici.
versione Volgata latina. Ora il detto ver- Né si deve omettere l'autorità di Cassio-
setto 7 fa parte della prima lettera di San doro, versatissimo'nei codici greci e. latini
Giovanni, si trovava nella Volgata latina al della Bibbia. Ora egli commenta questo
tempo del Concilio di Trento ed era usato versetto nelle sue note alle Lettere catto-
nella Chiesa come tutto il resto della Scrit- liche {Complex. in Epist. calh., 10).
un testo eminentemente
tura, e per di più é A tutto ciò si deve ancor aggiungere che
dogmatico; per conseguenza esso non può questo versetto si trova nella grandissima
venire rigettato. Né si dica cogli avversarli maggioranza dei codici latini superstiti, ar-
che il Concilio col nome di partì intende monizza assai bene col contesto, e fu citato
quei passi dei Vangeli {Mar. xvi, 9-20; anche al Concilio Laterano iv (a. 1215) a
Lue. xxii, 43-44; Giov. vili, 2-12), di cui cui presero parte non solo i latini, ma anche
allora si faceva questione, poiché, dato pure ì greci.
Prima Lettera S. Giovanni - Introduzione — I, f 573

D'altra parte, se si trattasse di un'interpo- Utrum tato negari aut saltem in dubium
lazione, sarebbe assai difficile spiegare come revocari possit esse authenticum textum
abbia potuto introdursi e rimanervi indi- l Ioan. V, 7, qui sic se habet: quoniam tres

sturbata per tanto tempo. Non è difficile sunt qui testimoniiim dant in coelo : Pater,
invece spiegare come questo versetto abbia Verbum et Spiritus sanctus, et hi tres unum
potuto essere omesso in tanti codici greci. sunt. Resp. Negative.
Qualche antico copista per inavvertenza, Vedi la questione ampiamente trattata
dovuta al fatto che le prime parole di questo presso Cornely, Introd. spec in N. T., p.
versetto sono uguali alle prime del versetto 668, dove si ha anche la bibliografìa. Cf.
seguente, lo omise nel suo codice, e poi i lanssens, Summa Theologica, Friburgo B.,
copisti ariani o favorevoli all'arianesimo si 1900, t. Ili, p. 136 e ss. Camerlinck, ;

sforzarono di rendere generale l'omissione. Comm. in Epist. cath., Bruges, 1909, p.


Per questo motivo si comprende che i Padri, 192 e ss. Kunstle, Das Comma Ioanneum,
;

conosciuta la diversità dei codici, abbiano ecc., Friburgo B.., 1905; Dict. Vig., Jean
creduto opportuno di astenersi dal citare un (I.re Épìtre) Brassac, M. B., t. iv, p. 687,
;

testo, la cui autorità non era ammessa dai e ss. Lebreton, Les origines du dogme de
;

loro avversarli. In modo analogo si spie- la Trinità, Parigi, 1910, p. 524 e ss.
gano le differenze dei codici latini. È vero Principali commenti cattolici sulle
che parecchi moderni (Martin, Kunstle, Ba-
bura, ecc.) fanno Priscilliano autore di que-
TRE Lettere di S. Giovanni. — Oltre a
quelli già citati su tutte le Lettere cattoli-
sto testo, ma oltre al fatto che esso è già
che, vanno ricordati i seguenti Ioan. Pri- :

citato da S. Cipriano, è da osservare che


caeus, In tres Ioannis et lacobi epp., Parigi,
niuno degli avversari di Priscilliano lo ha 1646 Mayer, Komm. iiber die Briefe des
;

mai accusato di aver alterate o corrotte le Ap. ìohan., Vienna, 1851 Wurm, Die Ir- ;

Scritture, mentre una _tale accusa si muove rlehrer im erst Ioannes Brief, Friburgo B.,
purtroppo agli Ariani (Cf. Socrate, Hist.
1903 Fouard, St-Jean et la fin de l'àge apo-
;
Eccles., vii, 32). stolique, Parigi, 190 Belser, Die Briefe ;

Tutto quindi considerato ci pare che l'au- des heil. lohan., Friburgo, B., 1906; Bre-
tenticità del così detto (( comma giovanneo » sky, Das Verhàltniss des zwesten lohannes-
sìa solidamente stabilita, e non possa essere briefes zum dritten, Mùnster, 1896 Poggel, ;

ragionevolmente recata in dubbio. A tal fine Der zweite und dritte Brief des Apostels
gioverà avere sott 'occhio la risposta della Johannes geprùft auf ihren kanonischen
Congregazione del S. Uffizio data il 15 gen- Charakter, iibersetzt und erklaert, Pader-
naio 1897. bom, 1896.

-«—»'0vQ,.*OCe^!vO^y»»-»-

PRIMA LETTERA DI S. GIOVANNI

CAPO I.

Prologo, 1-4. — Il cristiano deve camminare nella luce, S'7> — confessare i suoi
peccati, 8, — per ottener7ie il perdono, g-io.

^Quod fuit ab initìo, quod audìvimus, ^Quello che fu da princìpio, quello che
quod vidimus óculis nostris, quod perspéxi- udimmo, quello che vedemmo cogli occhi

sua vita. A differenza però di quel che avviene


CAPO I. nelle altre lettere l'autore, benché si presenti come
testimone oculare della vita di Gesù Cristo, non
I. Il prologo di questa lettera (I, 1-4) è solenne indica né il suo nome, né quello dei lettori, a
e maestoso come quello del quarto Vangelo (Giov. cui scrive. Egli entra subito in argomento annun-
I, 1-18). Non solo esso è dovuto allo stesso ziando il tema da trattarsi (I, 1-2) e il fine da cui
autore, ma si riferisce ancora allo stesso argo- è mosso a trattarlo (l, 3-4). Egli vuole parlare di
mento, poiché nell'uno e nell'altro si parla del Gesù Cristo come Verbo di Dio, il quale si è
Verbo eterno, della sua manifestazione nel tempo, incarnato per gli uomini, e si è apertamente manj-
e deUa vocazione del cristiani a partecipare alla (estaio agli Apostoli e ai discepoli L'emozione

l
574 I S. Giovanni, I, 2-4

mus, et manus nostrae contrectavérunt de nostri, e contemplammo, e colle nostre mani


verbo vitae ^Et vita manifestata est, et vi-
: palpammo del Verbo di vita ^e la vita si è
:

dimus, et testàmur, et annunciàmus vobis manifestata, e vedemm.o, e attestiamo, e an-


vìtam aetérnam, quae erat apud Patrem, et nunziamo a voi la vita eterna, la quale era
apparuit nobis ^Quod vidimus et audìvi-
: presso il Padre, e apparve a noi 'Quello :

mus, annunciàmus vobis, ut et vos socie- che vedemmo e udimmo, lo annunziamo a


tàtem habeàtis nobiscum, et societas nostra voi, affinchè voi pure abbiate società con
sit cum Patre, et cum Filio eìus lesu Chri- noi, e la nostra società sia col Padre e col
sto. *Et haec scribimus vobis ut gaudeàtìs, suo Figliuolo Gesù Cristo. *E queste cose
et gàudium vestrum sit plenum. scriviamo a voi, affinchè ne godiate, e il
vostro gaudio sia compiuto.

che egli prova sul principio del suo dire, fa sì vita e la fonte dì ogni vita (Ved. n. Giov, XI, 25;
che la frase sia alquanto irregolare, e che il periodo XIV, 6), da invisibile che era, si è manifestato,
cominciato al v. 1 venga tosto interrotto da una ossia si è fatto vedere agli uomini prendendo
parentesi che abbraccia tutto LI v. 2, per essere umana carne e abitando in mezzo di noi (Giov. I,
continuato e compiuto al v. 3. 14). Noi vedemmo coi nostri occhi, e attestiamo,
Quello che fu da prìncipio, vale a dire quel come testimonii oculari, la realtà della sua mani-
Verbo di vita che era (nel greco nv e non fuit = festazione, delle sue parole, dei suoi prodigi, ecc.,
fu) da principio, ossia da tutta l'eternità, nel e annunziamo sia colla parola e sia cogli scrìtti

Flg. 65. — Necessario per scrivere.

»eno del Padre (Ved. n. Giov. I, 1; XVII, 24; I la vita eterna, ossia il che d«
Verbo eterno di Dio,
Giov. II, 12). San Giovanni affenna così subito tutta l'eternità era presso il Padre (Ved.
Giov. n.
l'eternità, e quindi la divinità di Gesù Cristo. I, 1), e apparve (gr. écpavepcóSn = si è manife-
Questo Verbo invisibile di Dio predicato dagli stato come al principio del versetto) nell'umana
Apostoli, un giorno si fece risibile prendendo natura a noi Apostoli, il Verbo viene chiamato
umana carne, e gli Apostoli ebbero tutto l'agio di vita eterna, perchè fonte della vita eterna, ossia
conversare con Lui, e quindi S. Giovanni» unendo della grazia e della gloria (Cf. V, 11 ; Giov. X, 28).
a se stesso la testimonianza degli altri Apostoli e 3.Terminata la parentesi, d'Apostolo ripiglia e
discepoli, soggiunge : Quello che udimmo dalla compie il periodo incominciato al v. 1 e afferma
sua stessa bocca colle nostre orecchie, quello che (vv. 3-4) che la predicazione e la testimonianza
vedemmo cogli occhi nostri compiersi da lui, e degli Apostoli ha per fine di stabilire un'intima
contemplammo nella sua persona, e palpammo colle comunione tra Dio e i fedeli, in modo che questi
nostre mani (allusione a Lue. XXIV. 36 e ss. ; siano ripieni di gioia. Quello che vedemmo e
Giov. XX, 19), tutto questo annunziamo a voi. udimmo. L'Apostolo ripete. due fra le parole prin-
Si osservi la bella gradazione dei quattro verbi cipali del r versetto. Lo annunziamo a voi (greco
udimmo, vedemmo, contemplammo, palpammo, xoì vfiìv = anche non avete veduto e
a voi, che»
con l'Aposolo stabilisce il valore indubitato
cui udito). Con questeparole l'Apostolo non allude
delia sua testimonianza e mostra l'intima famiglia-
solo presente lettera, ma anche al suo Van-
alla
rità con cui era vissuto con Gesù Cristo. Del
gelo, nel quale con molta maggior ampiezza si
Verbo di vita (gr. »epì tou Xóyov) ti\(; ?cDt\q = parla del Verbo di Dio e della vita, che Egli
riguardante il Verbo della vita). La costruzione comunica agli uomini. Affinchè voi pure, che non
regolare della frase vorrebbe: quel Verbo di vita, avete veduto Gesù «Cristo, abbiate società, o me-
che, come si è detto, va sottinteso al principio glio comunione, con noi Apostoli, che l'abbiamo
della frase, ma l'Apostolo ha preferito dire : del veduto. Questa comunione o società risulta dalla
Verbo di vita, poiché egli non si proponeva di partecipazione alla stessa fede, alla stessa spe-
scrivere tutto quello che sapeva, ma solo alcune ranza e alla stessa carità, ossia in una parola alla
cose, che credeva più utili per i suoi lettori. Verbo stessa vita divina. Per partecipare veramente a
di vita è la seconda persona della Santissima Tri- questa vita i fedeli devono essere uniti agli Apo-
nità (Ved. n. Giov. I, 1, 4). Alcuni per Verbo stoli, sui quali come su fondamento poggia la
della vita hanno voluto intendere la parola evan- Chiesa (Cf. Efes. II, 20; IV, 11-12). E la nostra
gelica. Tale spiegazione, oltre all'essere contraria società, vale a dire k società formata dagli Apo-
alla comune interpretazione, è ancora esclusa dal stoli e dai fedeli sia (il testo greco potrebbe anche
contesto, non potendosi in alcun modo dire di tradursi è) col Padre, ecc., vale a dire è in intimi
essa ciò che afferma S. Giovanni, vedemmo, pal- rapporti di unione col Padre e con Gesù Cristo
pammo colle nostre mani, ecc. suo Figliuolo. Anche Gesù Cristo nell'ultima cena
2. Questo versetto costituisce una parentesi, ha. pregato il Padre per l'unione dei fedeli (Giov.
nella quale l'autore spiega come abbia potuto af- XVII, 21).
fermare di aver veduto e toccato il Verbo della 4. E queste cose, che sì contengono nella pre-
vita. La vita, ossia il Verbo divino, che è la stessa sente lettera,scriviamo a voi. l migliori codici
I S. Giovanni, I, 5-8 575

'Et haec est annunciàtio, quam audìvimus ^Ora questo è l'annunzio che abbiamo
ab eo, et annunciàmus vobis Quóniam : udito da lui, e facciamo sapere a voi Che :

Deus lux est, et ténebrae in eo non sunt Dio è luce, e in lui non vi sono tenebre.
ullae. ^'Si dixérìmus quóniam societàtem ha- ^Se diremo di avere società con lui, e cam-
bémus cum eo, et in ténebris ambulàmus, miniamo nelle tenebre, mentiamo e'non pra-
mentimur, et veritàtem non fàcimus. "Si tichiamo la verità. ^Che se camminiamo
autem in luce ambulàmus sicut et ipse est nella luce, come anch'egli sta nella luce,
in luce, societàtem habémus ad invicem et abbiamo società scambievole, e il sangue di
sanguis lesu Christi, Filli eius, emundat Gesù Cristo suo Figliuolo ci monda da ogni
nos ab omni peccato. peccato.
*Si dixérimus quóniam peccàtum non ha- ^Se diremo che non abbiamo colpa, in-

5 Joan. vili, 12. ^ Hebr. IX, 14; I Petr. I, 19; Apoc. I, 5. 8 III Reg. Vili, 46; II Par. VI,
36; Prov. XX, 9; Eccl. VII, 21.

greci (A CL K, ecc.) hanno scriviamo noi testi- tire. Chi pratica la verità si accosta alla luce
moni Affinchè {godiate, manca nel greco
oculari. (Giov. Ili, 21), e tra la luce e le tenebre non vi
e in molti codici della Volgata) il vostro (è prefe- può essere alcuna società (Ved. n. II Cor. VI, 14).
ribile la lezione nostro) gaudio sia compiuto, il 7. Se camminiamo, ossia viviamo, nella luce
che avviene per mezzo dell'intima unione dei fedeli della verità e della santità, vale a dire s^e condu-
tra loro e con Dio. Il vero gaudio è frutto della ciamo una vita santa, come anche Dio sta nella
carità e della pace (Cf. Giov. XV, 11; XVI, 22, luce, ossia è santissimo (Salm. CHI, 2 I Tim. ;

24; XVII, 13, ecc.). VI, 16), allora abbiamo società o comunione scam-
5. Nella prima parte della sua lettera (I, 5-11, bievole degli uni cogli altri e di tutti con Dio.
28) l'Apostolo fa vedere che Dio è luce, e perciò Invece di scambievole avremmo aspettato con lui,
i fedeli devono camminare nella luce. Egli co- ma l'Apostolo ha preferito affermare che abbiamo
mincia collo stabilire il suo tema (I, 5-7) e passa comunione scambievole degli uni cogli altri, per
in seguito svolgerlo, trattando prima dei doveri far comprendere che la carità fraterna suppone
positivi (I, 8-II, 11) e poi dei doveri negativi (II, l'unione con Dio, e chi è in comunione di carità
12-28) che si devono praticare da chi cammina coi fratelli, lo è ancora con Dio (Cf. Ili, 23; IV,
nella luce. 7, 12- II Giov. 5; e Giov. XX, 7). Alcuni codici

Ora questo è, formoli di transizione molto usata greci hanno bensì fiet* aùtow = con lui, ma la
miglior lezione è quella della Volgata, che ha in
da S. Giovanni (Cf. Ili, 11. 23; V, 3, 11, 14;
Giov. I, 19; III, 19, ecc.). L'annunzio (gr. r\ suo favore i migliori codici e le versioni. E il
à•t^^^ia da preferirsi a knayxBMa = promessa, sangue, ecc. Ecco un altro risultato del nostro
che si legge in qualche codice), ossia la dottrina camminare nella luce (Cf. Giov. XII, 36)1 II
che abbiamo udito da lui, cioè da Gesìi Cristo sangue di Gesù (Cristo manca nei migliori co-
dici) Figliuolo di Dio, che già nel Battesimo ci
Verbo di Dio incarnato, mentre Egli conviveva
con noi. Facciamo sapere a voi, affinchè abbiate ha mondati da tutti i peccati commessi prima della
comunione con noi e siate ripieni di gaudio (3, nostra conversione, ci monda (gr. xo9ap{!Jet. Que-
4). Dio è luce, ossia è verità, santità, perfezione
sto presente indicativo denota che l'efficacia e
infinita, e fonte di ogni verità, di ogni giustizia, e
l'azione del sangue di Gesù Cristo dura tutt'ora)

di ogni santità. In lui non vi sono tenebre d'igno-


da ogni peccato, in cui anche dopo il Battesimo
ranza, di errore, e di peccato. La metafora della veniamo a cadere. Il sangue da Gesù Cristo ver-
luce applicata a Dio è spesso usata da S. Gio- sato sulla croce avendo un valore infinito, pos-
vanni (Cf. Giov. 1, 4, 5, 8, 9, ecc.), e anche siede la virtù di mondarci (Cf. Rom. I, 35; Ebr.
Gesù Cristo chiamò se stesso la luce del mondo IX, 14) da qualsiasi peccato. Si osservi come
(Cf. Giov. VIII, 12; IX, 5; XII, 35, 46, ecc.). i'Apostolo al nome di Gesù aggiunga il titolo di
Similmente la metafora delle tenebre per indicare Figlio di Dio, venendo così non solo ad affermare
il peccato e l'ignoranza è pure molto famigliare nuovamente la divinità di Gesù Cristo, ma a far
al discepolo prediletto (Cf. Giov. I, 5; Vili, 12;
ancora comprendere, che se il sangue da lui ver-
I Giov. II, 8, 9, 11, ecc.). Anche qui come nel sato possiede tanta virtù, ciò proviene dal fatto
prologo del quarto Vangelo il Verbo viene pre- che è il sangue del Figlio di Dio. Inoltre se il
sentato come vita e luce, a cui si oppongono le sangue di Gesù Cristo è il sangue del Figlio di
tenebre. Dio, è chiaro che in Gesù Cristo vi è una sola
persona, benché vi siano due nature. Estio (h. 1.)
6. Se Dio è luce senza tenebre, anche noi dob-
fa notare, che S. Giovanni confuta qui anticipata-
biamo camminare nella luce e non nelle tenebre. mente tre classi di eretici i Manichei, i quali ;

Se quindi diremo colla bocca o col cuore di aver negavano la realtà della natura umana in Gesù
società, o meglio comunione, con lui, vale a dire
Cristo; gli Ebionitì, i quali negavano la sua divi-
di partecipare alla vita soprannaturale della fede
nità ; i Nestoriani, ì quali ponevano in Gesù Cri-
e della carità comunicataci dal Verbo di Dio (ver-
sto due nature e due persone.
setto 3), e tuttavia camminiamo, ossia vivremo
(Cf. II, 6, 11; Giov. Vili, 12, ecc.) nelle tenebre 8. Il primo dovere di coloro che camminano
dell'ignoranza e del peccato, mentiamo, ossia di- nella luce è di riconoscere e confessare i proprii
ciamo il falso, perchè non pratichiamo colle opere peccati e di evitarli (I, 8-II, 2).
quella verità, che professiamo colla bocca. Sia Se noi, che camminiamo nella luce, e già ab-
colle parole e sia coi fatti veniamo così a men- biamo ricevuo il Battesimo, dinmio che non ab-

i
576 I S. Giovanni, 9 — II, 1

bémus, nos seducimus, et véritas in


ipsi ganniamo noi stessi, e la verità non ft 'n
nobis non *Si confìteàmur peccata no-
est. noi. 'Se confessiamo i nostri peccati : egli
stra :fìdélìs est, et iustus, ut remittat nobis è fedele e giusto per rimetterci i nostri
peccata nostra, et emundet nos ab omni peccati e mondarci da ogni iniquità. ^"Se
iniquitàte. ^°Si dixérimus quóniam non pec- diremo che non abbiamo peccato facciamo :

càvimus mendàcem facimus eum, et ver-


: bugiardo lui, e la sua parola non è in noi.
bum eius non est in nobis.

CAPO II.

Ancora la fuga del peccato e il suo perdono, 1-2, — L'osservanza dei comandamenti,
j-6. — La pratica della carità, 7-11. — Motivi che indussero l'Ap. a
scrivere, 12-14. — Fuga dello spirito monda?io, 15-17, — e di coloro che
insegnano errori, 18-28. — Dio è giusto, 29.

^Filioli haec scribo vobis, ut non


mei, ^Figliuolini miei, vi scrìvo queste cose,
peccétis. Sed
quis peccàverit, advocà-
et si affinchè non pecchiate. Che se alcuno avrà
tum habémus apud Patrem, lesum Christum peccato, abbiamo un avvocato presso del

hiamo nessuna colpa neppure veniale, inganniamo VI, 12). Se non ci riconosciamo peccatori noi
noi stessi, e la verità non è in noi, vale a dire veniamo a dare una smentita a Dio, e la sua
non diciamo :ì vero, poiché in molte cose tutti parola, vale a dire la sua dottrina, il Vangelo che
inciampiamo (Ved. n. Giac. Ili, 2. Cf. anche Ebr. egli ci ha insegnato, non è in noi, ossia noi non
IX, 14; Apoc. VI, 14). A ragione pertanto il crediamo alla sua parola e non abbiamo 1 fede.
Concilio di Trento definì (sess. VI, can. 23) « Si :

quis hominem semel justiflcatum dixerit... posse


in tota vita peccata omnia, etiam venialia, vitate, CAPO IL
nisi ex speciali privilegio, quemadmodum de beata
Virgine tenet Ecclesia, anathema siti». Gli uomini I. Figliuolini. L'Apostolo si rivolge ora diret-
anche giusti cadono spesso in peccati veniali, e tamente ai suoi lettori con un'espressione che
almeno per riguardo a questi, tutti possono e deb- mostra tutta la tenerezza del suo affetto (Cf. II,
bono confessare di essere peccatori. 12, 28; III, 7, 18; IV, 4, ecc.). Vi scrivo (il verbo
singolare mostra il carattere epistolare di questo
9. Se confessiamo i nostri peccati con umiltà
scritto) queste cose (I, 5-10), vale a dire che Dio
e sincero pentimento, e ne domandiamo perdono,
egli, cioè Dio, è fedele (Cf. I Cor. X, 9, 13; è luce e noi dobbiamo camminare nella luce, se
vogliamo avere comunione con Lui, affinchè non
I Tess. V, 24, ecc.) nel mantenere le promesse,
pecchiate, ossia vi guardiate dai peccati special-
che ha fatto di perdonare al peccatore penitente :

mente dai più gravi e volontaria Benché l'uomo


egli è ancora giusto, e non può negare alila vera
giustificato senza uno speciale privilegio non possa
penitenza il perdono meritatoci dal nostro Signore
passare tutta la sua vita senza cadere in qualche
Gesù Cristo. L'Apostolo parla qui in generale
colpa almeno veniale, tuttavia ciascuno nei singoli
della confessione dei peccati fatta a Dio, ma in-
casi particolari può coll'aiuto della grazia di Dio
chiude pure la confessione sacramentale fatta al
superare la tentazione ed evitare il peccato. Che
sacerdote, che è il mezzo stabilito per la remis-
se alcuno per disgrazia avrà peccato, anche gra-
sione dei peccati (Cf. Giov. XX, 22. Ved. n. Giac.
vissimamente, egli non deve disperare poiché,
V, 16). Si osservi inoltre che il plurale peccati
per quanto grave male sia il peccato, non è però
suppone una coafessione particolareggiata delle
irrimediabile. L'Apostolo non vuole supporre che
proprie colpe, e non una sola confessione gene-
tutti peccheranno gravemente, e quindi parla in
rale consistente nel dichiararsi e riconoscersi pec-
singolare se alcuno, ecc. L'aoristo greco d^aprij
catori.
= avrà peccato, indka un atto isolato, e non già
10. L'Apostolo ripete insistendovi con nuova io stato abituale del peccato. Abbiamo un avvo-
forza, il pensiero del v. 8. Se diremo che non cato (gr. JtopàxXritov. Ved. n. Giov. XIV, 16), vale
abbiamo peccato in alcuna maniera, e che quindi a dire un intercessore, un mediatore presso del
non abbiamo nessun peccato almeno veniale da Padre, ben capace di placare l'ira di DÌ9* Questo
confessare, non solo inganniamo noi stessi e non mediatore è Gesù Cristo, il quale a sollecita per
diciamo la verità (v. 8), ma di più facciamo bu- noi » (Rom. Vili, 34) ed è « semre vivo a solle-
giardo Dio, quasi che Egli abbia mentito quando citare per noi, ecc. » (Ebr. VII, 25-26). Egli è
ha detto nelle Scritture che tutti gli uomini sono giusto, ossia innocente e santo (Ebr. VII, 26 ;

peccatori (Ved. n. Rom.


10; Giac. III, 2.
Ili, I Piet. Ili, 18), che non ha bisogno di soddisfare
Cf. Salm. XIII, 3; Is. XXXIII, 6; Eccl. VII, 21; per se stesso, ed è nelle migliori condizioni per
Prov. XX, 9, ecc.), e ci ha insegnato a chiedere intercedere per noi, protendo presentare a! Padre
di continuo la remissione dei nostri debiti (Matt. I «uoi meriti (Cf. Giov. XIV, 16, 26; XVI, 7).
I S. Giovanni, II. 3-8 577

lustum :'Et ipse est propitìatio prò pecca- Padre, Gesù Cristo giusto 'Ed egli è pro-
:

tis nostrìs non prò nostris autem tantum,


: piziazione per i nostri peccati né solo per :

sed étiam prò totius mundi. 'Et in hoc ì nostri, ma anche per quelli di tutto »l
scimus quóniam cognóvimus eum, sì man- mondo. 'E da questo sappiamo che lo ab-
data eius observémus. biamo conosciuto, se osserviamo i suoi co-
mandamenti.
*Qui dicit se nosse eum, et mandata eius ^Chi dice che lo conosce, e non osserva
non custódit, mendax est, et in hoc véritas i suoi comandamenti, è bugiardo, e la verità
non est. *Qui autem servat verbum eius, non è in luì ^Ma chi osserva la sua parola,
:

vere in hoc chàritas Dei perfécta est et in : in questo la carità di Dio è veramente per-
hoc scimus quóniam in ipso sumus. *Quì fetta e da ciò sappiamo che siamo in lui.
;

dicit se in ipso manére, debet, sicut ille "Chi dice dì stare in luì deve esso pure
ambulàvit, et ipse ambulare. camminare come egli camminò.
mandàtum novum scribo
'Charissimi, non 'Carissimi, io non vi scrìvo un comanda-
vobìs, sed mandàtum vetus, quod habuìstis mento nuovo, ma un comandamento vec-
ab inìtio Mandàtum vetus est verbum, quod
: chio, quale voi ricevesteda principio il co- :

audistis. ^Iterum mandàtum novum scribo mandamento vecchio è la parola che udiste.
vobìs, quod verum est et in ipso, et in vo- "D'altra parte vi scrìvo un comandamento

8 Joan. XIII, 34 et XV, 12.

2. Spiega in qua! modo Gesù Cristo sia il no- di Dio, egli ama veramente Dio, e da ciò, ossia
stro avvocato. Egli è propiziazione, ossìa è quella dall'osservanza dei.' suoi comandamenti, sappiamo
vittima che ci ha reso e ci rende propizio Dio che siamo in lui, ossia che viviamo in comunione
colila sua morte di croce. Né solamente pei nostri, d'amicizia con lui (Cf. vv. 6, 24, 27, 28; IV, 15;
ecc. Il sacrifizio compiuto da Gesù Cristo è Giov. VI, 56; XIV, 23; XV, 4; XVII, 21, 23, ecc.).
sufficiente per espiare i peccati dì tutto il mondo, Come sì vede l'Apostolo prende come sinonime le
poiché Egli è morto per tutti e la sua morte ha tre espressioni : conoscere Dio (v. 3, 4), avere ia
un valore infinito (Cf. Giov. I, 29; III, 14; VI, carità di Dio, ed essere in Dio (v. 5). Le parole
51; Ved. n. I Tim. II, 6; II Tim. II, 4). è perfetta (gr. tereXetooTai) non significano che
3. I cristiani che vogliono camminare nella luce la carità si trovi nel grado più perfetto, ma solo

devono inoltre osservare tutti i comandamenti di che é una sincera e non falsa carità.
Dio (3-6), e specialmente praticare la carità fra- 6. Chi dice di stare in luì, ossia di vivere in
terna (7-11). comunione di amicizia con Dio e con Gesù Cristo,
Da questo segno sappiamo, ecc. L'Apostolo non deve condurre una vita conforme agli esempi e ai
parla qui di una scienza certa e infallibile, poiché precetti di Gesù Cristo, e osservare ì comanda-
l'uomo senza una speciale rivelazione non può menti di Dio, come Gesù Cristo ha osservato i
sapere infallibilmente di essere in grazia di Dio comandamenti del Padre (Cf. Giov. XV, 10).
{Cane. Trid., sess. VI, cap. 9), ma solo di un Questa sentenza dell'Apostolo abbraccia tutti i
segno tanto certo quanto può aversi in tal materia. doveri, che incombono al cristiano, il quale per
Lo, sì riferisce probabilmente a Dio, ma po- mezzo del Battesimo è stato innestato a Gesù Cri-
trebbe anche riferirsi a Gesù Cristo. Abbiamo sto, ed è divenuto membro del corpo mìstJco di
conosciuto. Conoscere Dio qui e altrove presso lui. La parola camminare è un ebraismo, che equi-
S. Giovanni (Giov. I, 10; Vili, 54; XIV, 7), non vale vivere. Egli (gr. èxe?vo(;)
a si riferisce a
significa tanto la cognizione speculativa dell'intel- Gesù Cristo, come anche al cap. Ili, 3, 5, 7,
letto, quanto piuttosto la cognizione pratica e 16, ecc. Sugli esempi di Gesù Cristo Cf. Man.
l'affetto del cuore. Quegli per conseguenza co- XI, 29; Giov. XIII, 15; Rom. XV, 2-3; Efes. V,
nosce Dio in tal modo, che vìve in intima unione 1 e ss.; Filìpp. II, 5 e és.; I Pìet. II, 21, ecc.
con lui, e lo possiede nel suo cuore e lo ama 7. In special modo ài deve praticare la carità
sinceramente (Cf. I, 6; II, 5, 6). Dice quindi fraterna (7-11). Carissimi, espressione piena di
l'Apostolo ; sappiamo che conosciamo e amiamo tenerezza e di affetto, molto adatta a introdurre
Dio come si conviene «se osserviamo i suoi co- ìliprecetto deMa carità, di cui vuole parlare l'Apo-
mandamenti. stolo. Non vi scrivo con questa mia lettera un
4-5. Con due proposizioni antitetiche l'Apostolo comandamento nuovo, parlandovi della carità fra-
sviluppa ili principio posto nel versetto prece- terna (vv. 9-11), ma un comandamento vecchio,
dente. Chi dice che lo conosce (gr. io lo conosco) dato cioè agli uomini fin dal principio del mondo.
come conviene, e non osserva i suoi comanda-
si Questo comandamento della carità fraterna voi lo
menti, dice il falso, e in lui non vi è la verità riceveste fin dal principio della vostra conversione
(Cf. I, 6). Se la fede, per cui si conosce Dio, al cristianesimo, poiché in esso s! riassume la
non è accompagnata dalle opere, essa é morta e parola del Vangelo, che udiste predicarvi da noi
nulla giova alla salute (Cf. Giac. II, 17). L'Apo- Apostoli. Nel precetto della carità sta la pienezza
stolo qui come altrove allude a certi falsi maestri, deaia nuova e dell'antica legge (Cf. Rom. XIII,
i quali si vantavano di possedere una scienza pro- 8-10).
fonda di Dio, ma non si curavano gran che di os- 8. D'altra parte, ossia sotto un altro aspetto,
servare i divini precetti. Chi osserva la parola, quello che ora vi raccomando con questa lettera
ossia il Vangelo, che comprende tutti i precetti è un comandamento nuovo, il che è v«ro sia in lui

37 — Sacra Bibbia, voi. Il


578 I S. Giovanni, II, 9-13

bis : quia ténebrae transiérunt, et verum nuovo, il che è vero in luì ed in vo! :

lumen iam lucet. ''Qui dìcit se in luce esse, poiché sono passate le tenebre, e già ri'
et fratrem suum odit, in ténebris est usque splende il vero lume. ^Chì dice dì essere
adhuc. ^°Qui diligit fratrem suum, in lùmìne nella luce, e odia il proprio fratello, è tut-
manet, et scàndalum in eo non est. ^^Qui tora nelle tenebre. "Chi ama il proprio fra-
autem odit fratrem suum, in ténebris est, tello, sta nella luce, e in luì non vi ha
et in ténebris àmbulat, et nescit quo eat : scandalo. ^^Ma chi odia il proprio fratello è
quia ténebrae obcàecavérunt óculos eius. nelle tenebre, e cammina nelle tenebre, e
non sa dove vada perchè le tenebre hanno
:

accecati i suoi occhi.


^^Scribo vobis, fìlioli,quónìam remittùn- ^^Scrivo a voi, fìgliuolini, perchè vi sono
tur vobis peccata propter nomen eius. rimessi i peccati pel nome dì lui.
"Scribo vobis, patres, quónìam cogno- ^^Scrivo a voi, padri, perchè avete cono-
vistis eum, qui ab inìtio est. Scribo vobis, sciuto colui, che è da principio. Scrivo a
adolescéntes, quóniam vicistis malignum. voi, giovinetti, perchè avete vinto il ma-
ligno.

!• Inf. Ili, 14.

(Gesù Cristo) e sia in voi, vale a dire questo 12. Nei vv. 12-28, l'Apostolo, dopo aver ac-
comandamento è veramente nuovo sia in ordine a cennato ai motivi che Io inducono a scrivere (12-
Gesù Cristo, che lo ha promulgato (Cf. Matt. 14), tratta di ciò che si deve evitare da chi vuol
V, 43 e ss.; Giov. XIII, 34; XV, 12) e ne ha camminare nella luce (15-28); mostrando che deve
dato l'esempio, e sia in ordine a voi, che allora tenersi lontano dallo spirito mondano (15-17) e
sdo l'avete conosciuto e cominciato a praticare, da coloro, che insegnano errori contro di Gesù
quando vi siete convertiti al cristianesimo. Infatti Cristo (18-28).
dopo la venuta di Gesù Cristo e la vostra con- Figliuolini (gr. texvia) sono tutti i cristiani in
versione, sono passate (meglio secondo il greco generale (Cf. n. II, 1). Scrivo a voi con gran
passano) le tenebre dell'ignoranza, dell'errore e fiducia questa lettera, perchè (gr. ozi) vi sono
dell'odio, e il vero lume della fede e della carità rimessi; o meglio secondo il greco dcpécovrat vi
cristiana già rispilende ned mondo, e specialmente sono stati rimessi i peccati nel Battesimo per U
nelle vostre anime (Cf. Giov. I, 5, 9; Vili, 12; nome di lui, cioè per i meriti di Gesù Cristo
IX, 6, ecc.). Una volta voi eravate tenebre, ma (Cf. I, 7; Giov. I, 12). L'Apostolo quindi scrive
adesso siete luce nel Signore (Efes. V, 8). Nel loro, perchè sono stati fatti cristiani, e confida
mondo si è quindi inaugurata un'era nuova, l'èra che il peccato non domini in essi.
ddlla luce e della carità.
13. Scrivo a voi, padri, ossia a voi che siete
9. Chi dice essere nella luce della verità e
di più avanzati in età, perchè avete conosciuto nella
delllla grazia, e di aver quindi comunione con Dio
vostra conversione e conoscete tuttora, avendone
(I, 6), e nello stesso tempo odia il proprio fratello
spesso sentito parlare, colui che è da principio,
cristiano (III, 2, 16; V, 1) o più in generale il valle a dire Gesù Cristo, che è il Verbo eterno di
suo prossimo, chiunque sia (Cf. Lue. X, 29 e ss,), Dio (Ved. n. I, 1). A voi giovinetti (gr. veavioxoi),
egli mentisce (I, 6, 8, 10 ; II, 2), poiché di fatto che siete pieni di vita. Perchè avete vinto come
è tuttora nelle tenebre deJ peccato, sebbene già buoni soldati (14; IV, 4; V, 4-5) il maligno (greco
risplenda il vero lume (I Cor. XIII, 2), ed egli tòv jTovTipóv), ossia il demonio (Cf. III, 12; V,
eia stato battezzato. Il cuore che odia è pieno di 15-19; Matt. VJ, 13; XIII, 19; Giov. XVII, 15;
tenebre, e non può aver comunione con Dio che Efes. VI, 16, ecc.) domando le vostre passioni
è luce. e vincendo sue tentazioni.
le
10. Chi ama, e dedla
sta nella luce della verità Come vede S. Giovanni nei due vv. 12-13
si
grazia, e in lui non vi ha scandalo, vale a dire : interpella prima direttamente tutti i fedeli in gene-
come un uomo che cammina nella luce non va ad rale, e poi si rivolge in particolare a ciascuno dei
inciampare in qualche intoppo (oxdvSaXov), così due gruppi, in cui avendo riguardo alla loro età
chi ama sinceramente il suo prossimo, non dà essi possono venir divisi (padri e giovinetti). Lo
e non riceve alcuna occasione di caduta, ed evita
stesso modo di procedere è ancora osservato nel
perciò il peccato. Infatti la carità è paziente e
versetto 14 (testo greco), e con esso l'Arostolo
benigna..., non è ambiziosa..., non si adira..., non
vuol indicare che egli indhnzza la auc parola a
pensa male, ecc. (Ved. I Cor. XIII, 4-7).
tutti i cristiani sia vecchi che giovani. — Aunia}
11. Chi odia, ecc. Ripete quanto ha detto al
pensano che i fedeli vengano divisi in tre classi :
V. 9. E nelle tenebre, essendo privo del lume della
(xfxyia, itaibia) giovinetti (veavi'axot)
figliuolini
grazia santificante, e cammina
tenebre, ossia
nelle
e padri (natépee;), ma si osserva in contrario che
nel suo operare segue i perversi desideri! del suo
il nome (woiòto) è usato in questa
di figliuolini
cuore senza sapere dove essi lo condurranno. Egli
lettera (II,
1), per indicare tutti i fedeli in gene-
non vede ciò che dovrebbe fare e ciò che do-
rale, e d'altra parte se l'Apostolo avesse diviso
vrebbe evitare, perchè le tenebre dell'odio e del
in tre gruppi i fedeli, sarebbe stato più logico
peccato hanno acciecato l'occhio interiore della
sua anima (Cf. Prov. IV, 19; Matt. XXIII, 35; disporli non già così : figliuolini, padri, giovinetti^

Giov. XII, 35, 40; Rom. XI, 10, ecc.). ma piuttosto : figliuolini, giovinetti, padri.
I S. Giovanni, II, 14-18 579

'*Scribo vobis infantes, quóniam cogno perchè avete co-


^"'Scrivo a voi, fanciulli,
vìstis patrem. Scribo vobis iùvenes, quó- nosciuto il Padre.
Scrìvo a voi, o giovi-
niam fortes estis, et verbum Dei manet in netti, perchè siete forti, e la parola di Dio
vobis, et vicistis malìgnum. sta in voi, e avete vinto il maligno.

"Nolite diligere mundum, neque ea quae "Non vogliate amare il mondo, né le


in mundosunt. Si quis dìligit mundum, non cose del mondo. Se uno ama il mondo, la
est chàritas Patris in eo ^^Quóniam omne, : carità del Padre non è in lui "poiché :

quod est in mundo, concupìscéntia carnis tutto quello che è nel mondo è concupi-
est, etconcupiscéntia oculórum, et supèrbia scenza della carne, concupiscenza degli oc-
vitae quae non est ex Patre, sed ex m^ndo
: chi, e superbia della vita la quale non :

est. ^^Et mundus transit, et concupiscéntia viene dal Padre, ma dal mondo. "E il
eius. Qui autem facit voluntàtem Dei, ma- mondo passa, e la sua concupiscenza. Ma
net in aetérnum. chi fa il volere di Dio, dura In eterno.

^^Filìoli, novissima hora test : et sic^t "Figliuolini, è l'ultima ora : e come

14.Scrìvo. I migliori codici greci (B^XAC, Il senso però non muta. Tutto quello che è nel
ecc.) invece del presente hanno l'aoristo ^Ypa^tx» mondo, ossia il complesso dei beni, deille ten-
= scrìssi. Siccome qoiesa lettera (Ved. Introd.) denze e delle passioni che costituiscono il
accompagnava il Vangelo di S. Giovanni a cui ser- mondo opposto a Dio. L'Apostolo spiega subito
viva come di prefazione, è molto probabile che di che intende parlare. Concupiscenza della carne,
l'aoristo scrìssi si riferisca a quanto si contiene cioè le ì desideriì carnali. La carne
passioni,
nel IV Vangelo. Può essere però che si tratti di (Ved. n. Cor. II, 14) ama i piaceri dei sensi,
I

un semplice aoristo epistolare (Cf. Gal. VI, 11; le intemperanze del mangiare, del bere, ecc.
Filem. 19, 21 ; I Piet. V, 12, ecc.), e che quan- (Cf. Rom. I, 24; Gal. V, 16, 17; Efes. II, 13;
tunque l'Apostolo abbia mutato il tempo ded I Piet. II, 11, ecc.). Concupiscenza degli occhi,
verbo, non avesse però intenzione di mutarne il ossia l'amore delle ricchezze, del lusso, il desi-
senso. Fanciulli (gr. Jiatòva) sono tutti i fedeli. derio di vedere cose illecite, l'avarizia, ecc. Su-
Avete conosciuto non solo speculativamente, ma perbia della vita, ossia il desiderio smoderato
con una cognizione pratica congiunta all'amore, il degli onori, delle dignità, di stare sopra gli

Padre, che ha mandato nel mondo il suo Verbo altri, ecc. Da queste tre concupiscenze, fa osser-

a redimervi, e vi ha fatti suoi figliuoli (I, 2-3 ;


vare S. Tommaso (I» IP q. LXXVIII, a. 5), come
II, 3). Nel testo greco si aggiunge
Scrìssi a : da tre radici dwivano tutti i peccati. Ad esse
voi, padrì, perchè avete conosciuto colui che è corrispondono le tre tentazioni sostenute da No-
da prìncipio, cioè Gesìì Cristo, come Figlio di stro Signore Gesù Cristo (Matt. IV, 1-11), e
Dio, pieno di grazia e di verità. Anche parecchi quali mezzi per vincerle sono proposti da Gesù
Padri ilatini lessero quest'aggiunta, e si com- Cristo il:digiuno, l'elemosina e la preghiera
prende facilmente ch^ abbia potuto essere omessa (Cf. Matt. VI, 1 e ss.). A quese tre concupi-
da qualche copista. Scrìvo (gr. scrìssi) a voi, scenze si oppongono i tre voti religiosi di castità,
giovinetti (veavioxot), perchè siete forti nel com- di povertà e di obbedienza. Non viene dal Padre.
battere le battaglie spirituali, e la parola di Dio Nessuna di queste concupiscenze può venire da
sta in voi, ossia vi mantenete fermi nella pro- Dio, ma tutte hanno la loro radice nella corru-
fessione del Vangelo (Cf. n. Giov. V, 38; X, zione dell'uomo dovuta al peccato di origine.
35; XV, 7, ecc.), e avete vinto il maligno, cioè motivo di non amare il mondo. Il
17. Altro
il demonio (v. 13). mondo passa ben presto (Cf. I Cor. VII, 31), e
15. Chi cammina nella luce deve tenersi lon- con passano pure tutti ì suoi beni, e gli uomini
lui
tano dal mondo (15-17). Col nome di mondo si che li desiderano vanno perduti. Al contrario però

intende il mondo presente coi suoi beni, le sue chi fa il volere di Dio, vale a dire osserva i coman-
massime perverse, le sue passioni disordinate. damenti di Dio opposti alle perverse concupi-
Preso in questo senso esso è opposto a Dio, e scenze del mondo, dura, ossia vive (Giov. Vili,
costituisce il regno delle tenebre, dell'errore e 51, 52), in eterno nel cielo, poiché otterrà la vita
del peccato, ed ha per principe il demonio. Le beata.
cose che sono nel mondo, sono i piaceri, le
18. Chi cammina nella luce deve tenersi lon-
ricchezze, gli onori, ecc. Dice quindi l'Apostolo :
tano dagli eretici e stringersi invece a Gesù Cri-
Non vogliate seguire le massime del mondo, né sto (18-28).
amare ciò che ama il mondo, perocché se uno Figliuolini (greco Jtaxbia. Cf. v. 14). L'Apostolo
ama il mondo, in lui non può esservi la carìtà si volge con gran tenerezza a tutti i jfedeli affine
del Padre, ossia il vero amor di Dio (Cf. V, 5;
di animarli a essere docili alle sue esortazioni.
Matt. VI, 24; Gal. I, 10; Ciac. IV, 4). Nei ver-
E l'ultima ora, vale a dire siamo nell'ultima età
setti seguenti l'Apostolo prova subito che i due
del mondo, che va dalla prima alla seconda
amori non possono trovarsi assieme nello stesso venuta di Gesù Cristo e terminerà col giudizio
cuore.
finale (Cf. Atti II, 17; II Tim. Ili, 1; Ebr. I,
16. Poiché, ecc. Il testo greco va tradotto: 2; Ciac. V, 3; I Piet. I, 5, 20; II Piet. Ili, 3;
poiché tutto quello che è nel mondo, la concu- Giuda 18). L'Apostolo non dice quanto tempo
piscenza della carne, la concupiscenza degli occhi, debba durare quest'età essa può comprendere
;

la superbia della vita, non è da Dio ma dal migliaia e migliaia di anni (Ved. n. II Piet. Ili,
mondo. Come si vede nella Volgata vi sono due 8). Non è possibile che S. Giovanni parli qui
parole di più, est dopo carnis e quae dopo vitae. ddla fine del mondo come di cosa imminente
580 I S. Giovanni, II, 19-22

audìstis quia Antichristus venìt : et nunc udiste che l'Anticristo viene, vi sono ora
Antichristi multi facti sunt : unde scimus, molti Anticristi donde intendiamo che è
:

quia novissima bora est. "Ex nobis pro- l'ultima ora. "Sono usciti di tra noi, ma
diérunt, sed non erant ex nobis, nam, si non erano dei nostri perchè se fossero :

fuissent ex nobis, permansissent ùtique no- stati dei nostri, sarebbero certamente ri-
biscum sed ut manifèsti sint quóniam non
: masti con noi ma si deve far manifesto
:

sunt omnes ex nobis. che non tutti sono dei nostri.


^"Sed vos unctiónem habétis a Sancto, et ^"Ma voi avete l'unzione dal Santo, e sa-
nostis omnia. ^^Non scripsi vobis quasi pete ogni cosa. ^^Non vi ho scritto come
ignoràntibus veritàtem, sed quasi sciéntibus a persone che ignorano la verità, ma come
eam et quóniam omne mendàcium ex ve-
; a tali che lasanno e che nessuna men-
:

ntate non est. ^^Quis est mendax, nisi is, zogna viene dalla verità. ^^Chi è il menti-

(Cf. n. I Pi€t. IV, 7). Come udiste. Si allude alle conoscete tutte le verità cristiane necessarie a
predizioni di Gesù Cristo (Matt. XXIV, 5, 24; sapersi, e siete in grado di subito discernere gli
Mar. XIII, 6 e ss.; Lue. XVII, 23, ecc.), e a errori insegnati dai falsi dottori, in modo da non
quanto avevano insegnato gli Apostoli (Atti XX, restarne sedotti (Giov. XIV, 26; XVI, 13). L'Apo-
30; I Tim. IV, 1, ecc.). L'Anticristo (gr. dvtiX- stolo allude probabilmente alla Confermazione (Cf.
pitfto^ = lett. l'avversario o il nemico di Cristo). II Cor. I, 21 e ss.). Si osservi però che l'in-
Solo l'Apostolo S. Giovanni usa questo nome terna illuminazione dello Spirito Santo, non esclude
(Cf. 22; IV, 3; II Giov. 7), e con esso indica il magistero esterno (IV, 6), come ne è prova que-

quel grande nemico di Gesù Cristo chiamato da sta stessa lettera destinata non solo all'esortatone,
S. Paolo (II Tess. II, 3) uomo di peccato, figlio ma anche all'istruzione, e il fatto che al v. 24
di perdizione, ecc., il quale alla fine dei tempi vien raccomandato ai fedeli di star fermi nella
muoverà Serissima guerra alla Chiesa, tentando dottrina ricevuta dagli Apostoli. La grazia dello
di usurpale per se stesso l'onore e la gloria Spirito Santo muove a credere, a ritenere con
dovuti a Gesù Cristo (Ved. n. II Tess. Ili, 3-11; fermezza e perseveranza, e a meglio intendere
Apoc. XIII, 1 e ss.; XVII, 1 e ss., ecc.). Viene quelle verità, che vengono proposte dal magistero
(gr. già ora. Man mano che si avvi-
ÉpXerat) divinamente istituito.

cina la del mondo, si avvicina ancora il


fine 21. Non vi ho scritto queste cose sugli Anti-
regno dell'Anticristo. Come adunque avete udito cristi (vv. 18-19) come
persone che ignorano la
a
che alla fine del mondo verrà l'Anticristo, così verità della religione cristiana, e che hanno bi-
già ora vi sono moli anticristi, tipi e precursori sogno di istruzione su tal punto, ma vi ho scritto
di esso. Questi anticristi non sono altro che i
come a tali, che sanno la verità, e quindi non
falsi V, le ss.), i quali coi loro
dottori (v. 22; per istruirvi, ma per eccitarvi a stare, in guardia
insegnamenti cercano di distruggere il regno di contro le menzogne dei falsi dottori. Vi ho scritto
Gesù Cfisto. Dal fatto che sono apparsi questi come a persone che sanno che nessuna menzogna
falsi dottori noi conosciamo che è l'ultima ora, viene dalla verità, ossia che l'errore non può
ossìa che ci troviamo nell'ultima età del mondo. venh-e da Gesù Cristo verità (Giov. XIX, 6) e che
19. L'Apostolo passa a caratterizzare questi perciò sono in grado di riconoscere come falsa
falsi dottori. Sono usciti (greco è^n^Tov) di tra la dottrina degli eretici per questo stesso che è
noi fedeli. Essi appartenevano quindi alla Chiesa, opposta agili insegnamenti di Gesù Cristo. La
ora però l'hanno al tutto abbandonata per tener n>enzogna viene dal demonio e non da Dio (Cf.
dietro a false dottrine e darsi ai disordini morali. Giov. VIII, 44).
Ma anche quand'erano con noi nella Chiesa, non 22. Avendo
parlato di menzogna, S. Giovanni si
erano dei nostri, ossia non erano veramente e sin- interrompe e domanda : Chi è il
bruscamente
ceramente cristiani, perchè in loro mancava la mentitore (gr. ó ibevor^? ) per eccellenza, se non
vera fede e la vera carità. Se infatti fossero stati colui che nega che Gesù Nazareno è il Cristo,
dei nostriy vaile a dire se fossero stati uniti a noi cioè il Miessia Salvatore degli uomini e il Figlio
coi vincoli della fede e della carità, sarebbero di Dio fatto carne? (Cf. IV, 2; V, 6; Giov. XX,
certamente rimasti con noi nella stessa società 31). Tutto il cristianesimo poggia su questa ve-
esterna e visibile che è la Chiesa. Nessuno ab- rità, che Gesù Cristo è assieme vero Dio e vero
bandona pubblicamente la Chiesa, se prima non uomo (Giov. XX, 31. Per conseguenza chi nega la
l'ha abbandonata nel suo interno. Certamente, divinità di Gesù Cristo (Ebioniti), o nega la sua
manca noi greco. Ma Dio ha permesso che diven- umanità (Doceti), o separa in lui l'umanità dalla
tassero apostati, affinchè fossero conosciuti quali divinità (Cerinto), viene a distruggere la religione
erano, cioè come eretici pieni di orgoglio e di cristiana. L'Apostolo allude qui alla dottrina di
ipocrisia, ecc., e affinchè sia manifesto che non Cerinto, il quale diceva che Gesù non era il
tutti sono dei nostri, ossia non tutti quelli che Cristo, ma un semplice uomo, a cui nei Batte-
esternamente sono cristiani, sono poi tali in realtà. simo si unì il Cristo (Dio). Al momento della pas-
Nella Chiesa assieme al buon grano vi è pure la sione il Cristo abbandonò Gesù, per modo che
zizania. Da questo versetto si deduce che i pub- colui il quale patì e morì non fu il Cristo, ma un
blici eretici non sono più membri della Chiesa. puro uomo. Negando che Gesù fosse i' Cristo,
20. Ma voi, che siete veri cristiani, avete l'un- questi eretici negavano che Gesù fosse Dio. Co-
zione (greco Xpìo|ia iXere), ossia la grazia dello stui, che nega questa verità fondamentale, è l'An-
Spirito Santo e i suoi doni (Cf. Atti IV, 27; II ticristo (gr. ó dYtiXpicToq), ossia appartiene al-
Cor. I, 21). Dal Santo, cioè da Gesù Cristo (Mar. l'Anticristo, tome un suo precursore, e nega
I, 24; Atti II, 27; III, 14, ecc.). Sapete ogni ancora il Padre e il Figliuolo. Nega il Padre, il
cosa. Numiaati e guidati dallo Spirito Santo, voi quale ha attestato che Gesù è il suo Figlio (V,
I S. Giovanni, II, 23-29 581

qui negat quóniam lesus est Christus? Hic tope, se non colui che nega che Gesù è
est Antìchristus, qui negat Patrem, et Fi- il Cristo? Costui è l'Anticristo, che nega
lium. ^^Omnìs, qui negat Fìlium, nec Pa- il Padre e il Figliuolo. ^^Chi nega il Fi-
trem habet, qui confitétur Filium, et Patrem gliuolo, non ha neanche il Padre chi con- :

habet. fessa il Figliuolo, ha anche il Padre.


^*Vos quod audistis ab initio, in vobis ^^Quello che voi udiste da principio, stia
permàneat Si in vobis permànserit quod
: fermo in voi se in voi starà fermo quello
:

audistis ab initio, et vos in Fìlio, et Patre che udiste da principio, anche voi starete
manébitis. ^''Et haec est repromissio, quam fermi nel Padre e nel Figliuolo. ^*E questa
ipse pollicitus est nobis, vitam aetérnam. è la promessa che egli ci ha fatto, la vita
^•^Haec scripsi vobis de bis, qui sedùcunt eterna. ^*Vi ho scritto queste cose intorno
vos. a quelli che vi seducono.
^'Et vos unctiónem, quam accepistis ab ^^Ma quanto a voi resti in voi l'unzione
eo, màneat in vobis. Et non necésse habétis che da lui avete ricevuta. E non avete bi-
ut àliquis dóceat vos : sed sicut ùnctio eius sogno che alcuno vi ammaestri ma come :

docet vos de òmnibus, et verum est, et non l'unzione di lui vi insegna tutte le cose, ed
est mendàcium. Et sicut dócuit vos manéte : è verace, e non menzognera. E come vi ha
in eo. ^*Et nunc fllioli manéte in eo ut cum ; insegnato state in lui. ^*E adesso, figliuo-
:

apparùerit, habeàmus fldùciam, et non con- lini, state in lui affinchè quand'egli appa-
:

fundàmur ab eo in advéntu eius. ^®Si scitis rirà, abbiamo fiducia, e non siamo da lui
quóniam iustus est, scitóte quóniam et om- svergognati nella sua venuta. ^°Se sapete
nis, qui facit iustitiam, ex ipso natus est. che egli è giusto, sappiate eziandìo che
chiunque pratica la giustizia è nato da lui.

10), e nega il Figlio, perchè se non vi è Padre cevuta nel Battesimo (Atti Vili, 14) e nella Con-
non vi può essere Figlio. fermazione. Poiché adunque voi siete già stati
istruiti nella fede, non avete bisogno che alcuno
23. Chi nega il Figliuolo, ecc. Chi nega che
Gesù è il Figlio di Dio incarnato, non ha alcuna
venga a insegnarvi una nuova fede, come pre-
coraumoae coi Padre, oppure piii semplicemente :
tendono di fare i falsi dottori (Ved. n. Giov. VI,
chi nega il Figlio viene ancora a perdere il Pa- 45; Ebr. Vili, 11). La grazia ricevuta da Gesù
dre, perchè il Figlio è inseparabile dal Padre, e
Cristo vi insegna tutte le cose, che sono neces-
nessuno può conoscere il Padre se non ne riceve sarie alla vostra salute (Cf. v. 20), e questa testi-
la rivelazione dal Figlio (Cf. Matt. XI, 27; Giov.
monianza della grazia è verace e non menzognera,
XIV, 6-7, ecc.). Chi per contrario crede col cuore e quindi non può ingannarvi. Per conseguenza
e confessa colla bocca il Figliuolo, è in intima state in lui, ossia restate intimamente uniti a
Gesù Cristo, come questa stessa grazia vi ha
comunione col Padre, e ha in sé il Padre, il Fi-
gliuolo e lo Spirito Santo (Cf . Giov. V, 23 ; Vili,
insegnato di fare. Meritano di essere citate le
parole con cui Sant'Agostino commenta il testo
19; XIV, 9-11).
unctio eius docet vos de omnibus. « Tu (S. Gio-
24. Esortazione a perseverare nella fede rice-
vanni) dixisti, quia unctio ipsius docet nos de
vuta (24-28). Voi. Nel greco e nel latino questo voi
omnibus. Ut quid talem epistolam fecisti? Quid
è un nominativo assoluto, che non è in relazione illos tu docebas?... lam hic videte magnum sacra-
con alcun verbo, ma serve ad aggiungere enfasi mentum, fratres sonus verborum nostrorum aures
:

alla proposizione (Cf. v. 27). Quello che udiste,


percutit, magister intus est... Si non sit intus qui
cioè il Vagelo, e specialmente quanto riguarda
doceat, inanis fìt strepitus noster... Cathedram in
la divinità dì Gesù Cristo. Da prìncipio, ossia
caelo habet qui corda docet... Interior ergo ma-
fin dal momento della vostra conversione (v. 7). gister est qui docet, Christus docet, inspiratio
Stia fermo in voi, vale a dire perseverate nella
ipsius docet. Ubi illius inspiratio -et unctio illius
fede quale vi fu predicata, senza nessuna muta-
non est, forinsecus inaniter perstrepunt verba, ecc.»
zione. Se in voi starà fermo, ecc., ossia se voi
sarete costanti nella dottrina ricevuta, voi vivrete 28. L'Apostolo conchiude insistendo nella su»
in intima comunione col Padre e coil Figlio (I, 3; esortazione a rimanere stretti a Gesù Cristo. State
II, 5; Giov. VI, 57; X, 38; XIV, 10, 11, 23, ecc.).
in lui, cioè in Gesù Cristo per mezzo della fede
e della carità. Quando apparirà come giudice nella
25. E questa è la promessa che egli, cioè Gesù
seconda sua venuta. Abbiamo fiducia certa (greco
Cristo, ci ha fatto, se fossimo rimasti in comu-
jiappr^oiov) di ricevere il premio celeste (Cf. IV,
nione con lui e col Padre, vale a dire la vita
17; Rom. XIV, 12, ecc.), e di non essere svergo-
eterna (Cf. Giov. III, 15; IV, 14^ VI, 40, 47, ecc.). gnati come colpevoli senza scusa (II Tess. I, 9),
26. Queste cose (dal v. 18-26). Intorno a quelli, e venir condannati all'inferno, nella sua venuta
ecc., ossia intorno a questi eretici, i quali si sfor- (gr. Jiapoucrtcf). E l'unica volta che S. Giovanni usa
zano di sedurvi colle loro false dottrine. questa parola, che si incontra tanto spesso nel
Voi (Cf. V. 24), vale a dire per riguardo a
27. Nuovo Testamento per indicare l'ultima venuta
voi. Resti. I migliori codici greci hanno il presente di Gesù Cristo, per il giudizio (Cf. Matt. XXIV,
indicativo resta (greco n^vei) che esprime la certa 3, 27, 37, 39; I Por. XV, 23; I Tess. II, 19;
speranza che ha l'Apostolo, che essi persevere- III, 13; IV, 15; V, 23, ecc.). •

ranno nella fede e nella grazia ricevuta (Giov. XIV, 29. Nella seconda parte della sua lettera (II,
16). L'unzione, cioè la grazia dello Spirito Santo 29-V, 12) l'Apostolo dimostra che Dio è la stessa
(y, 20). Da lui, cioè da Gesù C-'isto, Avete ri- giustizia e la stessa carità, e per conseguenza
582 I S. Giovanni, III, 1-4

CAPO III.

// cristiano è figlio di Dio, 1-2, —


deve perciò evitare il peccato, 3-10, e amare —
il suo prossimo, 11-18. —
Frutti della giustizia e della carità, ig-24.

^Vidéte qiialem charitatem dedìt nobis Pa- ^ Osservate qua!


carità ci ha dato il Padre,
ter, ut filli Dei nominémur et sìmus. Prop- che siamo chiamati, e siamo figliuoli di Dio.
ter hoc mundus non novit nos quia non : Per questo il mondo non conosce noi per- :

novit eum. ^Charissimi, nunc filii Dei su- chè non conosce lui. ^Carissimi, noi siamo
mus et nondum appàruit quid érimus.
: adesso figliuoli di Dio ma non ancora si è
:

Scimus quóniam cùm apparùerit, similes ei manifestato quel che saremo. Sappiamo che
érimus quóniam vidébimus eum sicuti est.
: quando si manifesterà, saremo simili a lui :
*Et omnis, qui habet hanc spem in eo, perchè lo vedremo qual egli è. ^E chiunque
sanctiflcat se, sicut et ille sanctus est. ^Om- ha questa speranza in lui, si santifica, co-

coloro che vogliono essere suoi figli devono pra- ficante, e tuttavia non si è ancora manifestato
ticare la giustizia,ossia la santità (II, 29-1 V, 6) quello che saremo un giorno nello stato
(II, 28),
e amare il 12). Comincia
loro prossimo (IV, 7-V, della gloria sempiterna, quando cioè la grandezza
col dimostrare che Dio ci ha fatti suoi figli (II, della nostra dignità comparirà in tutto il suo
29-III, 2). Se, equivale a poiché. Che egli, cioè — splendore. Tuttavia sappiamo per fede, che quando
Dio, è giusto, ossia santo. Sappiate, vale a dire si manifesterà (nel greco vi è lo stesso verbo
riconoscete ancora che chiunque pratica la giu- precedente) quello che noi saremo, ecc. Pensano
stizia, cioè la santità (I, 6), è nato da lui, ossia è alcuni che il soggetto di quest'ultimo verbo sia
vero figlio adottivo di Dio, poiché la santità non Gesù Cristo, ma è poco probabile che uno stesso
può provenire che da Dio. Alcuni riferiscono le verbo in una stessa linea abbia due differenti sog-
parole è giusto a Gesù Cristo, ma ci sembra più getti. Allora saremo simili a lui, cioè a Dio, di
probabile che esse vadano riferite a Dio, o al una somiglianza molto più perfetta di quella rice-
Padre, poiché nella Scrittura i cristiani non sono vuta nella creazione (Gen. I, 26-27) e di quella a
mai chiamati figli di Gesù Cristo o nati da Gesù cui partecipiamo quaggiù mediante la grazia san-
Cristo. tificante (II Piet. I, 4). Noi saremo inondati dal
lume della gloria, e per mezzo di questo lume
vedremo Dio quale egli è, ossia com'è in se stesso.
CAPO III.
Non lo vedremo più attraverso alle creature (I
Cor. XIII, 12) come presentemente, ma lo ve-
dremo faccia a faccia, e saremo simili a lui, per-
Osservate, ecc. Avendo detto che chi pratica
I.
ché come egli naturalmente vede se stesso, così
la giustiziaè figlio di Dio, mostra ora l'eccellenza pure noi per mezzo del lume della gloria lo con-
di figliuolanza. Osservate guai (gr. «orojinv
tale
templeremo come è in se stesso, vale a dire
= qual sorte di) carità, ossia quale prova del suo nella sua essenza (Cf. n. I Cor. XIII, 12; II Cor.
amore ha dato a noi crìs/tiani il Padre celeste. III, 18; Coloss. Ili, 3, ecc.).
Per mezzodella grazia santificante egli ci ha
fatti partecipi della divina natura (II Piet. I, 4), 3. Dopo aver parlato della dignità di figli di Dio,

e ci ha data questa prova di amore affinchè (greco che compete ai cristiani e del premio loro riser-
»va) siamo chiamati, ossia abbiamo il nome e vato, l'Apostolo fa ora vedere (v. 3-10) che
i figli

siamo ancora in realtà figliuoli di Dio (Cf. Giov. di Dio devono evitare il peccato. Chiunque ha

12). I codici BXAC,


ecc., invece del soggiun- questa speranza di ottenere la somiglianza con
I, |
tivo simas hanno il presente (xat èofiév) e lo Dio nel regno della gloria. In lui, cioè posta in f
siamo (Cf. n. Gal. IV, 6). Per far meglio risal- Dio. Si santifica. Il greco àrvi^ei éouióv significa
si purifica, ossia si custodisce puro da ogni pec-
tare la dignità, a cui siamo innalzati, l'Apostolo
dice figliuoli di Dio invece di dire semplicemente cato. Come egli, cioè Dio o meglio Gesù Cristo
mondo (II, 6; III, 5, 7, 16; IV, 17), è santo (greco paro). <
suoi figliuoli. Benché figli di Dio, il (II, 2)
però non ci riconosce come tali, anzi ci disprezza La metafora della purificazione allude alle puri- -
e ci perseguita. La ragione si è perchè il mondo ficazioni rituali giudaiche (Cf Ciac. IV, 8 ; I Piet.
.

non conosce Dio nostro padre e la grandezza del II, 22).


suo amore per noi (Giov. I, 10). Anche Gesù 4. II infatti ripugna all'unione con Dio.
peccato
Cristo disse : Se il mondo vi odia, sappiate che Chiunque fa peccato (gr. tt\v à|iiopnov). L'arti-
il
prima di voi ha odiato me (Giov. XV, 18). Il colo determinativo, che nel greco precede peccato,
mondo odia i cristiani, perché odia Dio, e non mostra che non si tratta di un peccato qualunque,
riconosce i loro diritti, perchè non riconosce i ma di un peccato fatto con piena avvertenza
diritti di Dio. e deliberazione. Commette iniquità, ossia secondo
2. Siamo adesso, ecc. Già fin da questo mo- la forza del greco tt\v dvojiiov, commette una vio-
mento noi siamo figli di Dio per la grazia santi- lazione della legge di Dio e si ribella alla divina
I S. Giovanni, III. 5-9 583

nis, qui facit peccatum, et iniquitàtem fa- m'egli pure è santo. "^Chiunque fa il pec-
cit : et peccatum est ìniquitas. cato, commette iniquità e il peccato è
:

iniquità.
'Et scitis quìa ille appàruit ut peccata ^E sapete come egli è apparito per to-
nostra tólleret et peccatum in eo non est.
: gliere i nostri peccati e in lui non è pec-
:

'Omnis, qui in eo manet, non peccat et : cato. "Chiunque sta in lui, non pecca : e
omnis, qui peccat, non vidit eum, nec co- chiunque pecca, non lo ha veduto, né lo
gnóvit eum. ^Filioli, nemo vos sedùcat. Qui ha conosciuto. Tigliuolini, nessuno vi se-
facit iustìtiam, iustus est : sicut et ille iustus duca. Chi pratica la giustizia, è giusto:
est. come anch'egli è giusto.
'Qui facit peccatum, ex diàbolo est quó- : 'Chi
fa il peccato, è dal diavolo poiché :

niam ab initio diàbolus peccat. In hoc appà- ildiavolo pecca dal principio. A questo fine
ruit Filius Dei, ut dissólvat opera diàboli. è apparito il Figliuolo di Dìo per distruggere
'Omnis, qui natus est ex Deo, peccatum le opere del diavolo. 'Chiunque è nato da

» Is. LUI, 9; I Petr. II, 22. « Joan. Vili, 44.

autorità. 7/ peccato è iniquità, vale a dire il pec- bandonarsi alla passioni della carne e al peccato
cato e la violazione della legge di Dio sono una non impediva la giustizia interna dell'uomo (Apoc.
stessa cosa. L'Apostolo allude alle dottrine degli II, 14-15). Chi pratica la giustizia, ossia colui che

eretici, i quali insegnavano che per i cristiani ini- oltre ad aver la fede, osserva ancora tutta la legge
ziati all'alta conoscenza di Gesiì Cristo, non vi era di Dio facendo opere buone, egli solo è giusto
pili né legge, né peccato, né ribellione a Dio, ecc. o santo (Cf. v. 3; II, 6; IV, 17; Giov. XIII, 15;
(Cf. V. 7, e Sant'Irineo, Adv. Haer., I, 6). L'Apo- XV, 12, ecc.). L'Apostolo non dice che il cristiano
stolo premunisce i fedeli, mostrando che chi com- che osserva la legge sia giusto quanto Gesù Cri-
mette il peccato si ribella a Dio, e per conse- sto, ma solo che é giusto a somiglianza di Gesù
guenza si allontana da lui, e non può partecipare Cristo.
alla divina figliuolanza, ecc. (v. 2-3).
8. Chi fa il peccato, ossia viola la legge di Dio,
5. peccato è inoltre contrario al fine dell'In-
Il
non solo non é figlio di Dio, ma è dal diavolo^
carnazione, e rende dissimili da Gesiì Cristo. vale a dire é figlio del diavolo, di cui è imitatore
Sapete. L'Apostolo ama appellarsi alla scienza (Cf. n. II, 16; Giov. Vili, 44). Infatti U diavolo
dei suoi lettori (Cf. II, 20, 21; IV, 2, 14, 15, pecca fin dal principio del mondo. Non solo egli
ecc.). Egli Gesù Cristo è apparito in carne mor- è stato il primo a peccare, ma persevera sempre
tale, ossia si è fatto uomo, affine di togliere, vale nella sua ribellione a Dio, ed é ostinato nel male.
a dire di scancellare per mezzo del suo sangue, Egli sedusse i nostri progenitori, e per di più
i {nostri, manca nei codici B A, ecc., si trova però
tenta continuamente gli uomini affine di perpetuare
in K C) peccati (Ved. n. I, 7 II, 2 Giov. I, 29 ; ; ;
neil mondo il peccato (Ved. n. Giov. VIII, 44).
Ebr. XI, 4, 11), e acciò noi non li commettessimo Ora Gesù Cristo Figlio di Dio è apparito, ossia si
più. E in lui, che è il modello di tutti i cristiani, fece uomo e morì per distruggere le opere del
non è e non fu mai peccato (Cf. Giov.VII, 18; diavolo, cioè i peccati (v. 5). Chi fa il peccato si
VIII, 46; I Piet. II, 22, 24). oppone quindi a Gesù Cristo.
6. La conseguenza naturale di queste verità si
9. Chiunque è nato da Dio non fa peccato... non
è che chiunque sta in Gesù Cristo, ossia rimane
può peccare. Anche qui come al v. 6 l'Apostolo
unito a Gesù Cristo per mezzo della fede e della
non vuol già dire che il cristiano giustificato non
carità, non commette peccato, perchè Gesù Cri-
possa perdere la fede e la giustizia (Cf. Conc.
sto con ìa sua grazia rende forte l'anima, in cui
Trid., sess. VI, can. 23), poiché al cap. II, 1, ha
dimora, acciò non pecchi gravemente (Cf. I, 8-10;
esortato i fedeli a tenersi lontani dal peccato, e
II, 1 e ss.). L'Apostolo non vuol già dire che
l'uomo giusto sia
ìm.peccabile questi può in- — al cap. I, 8, ha affermato che seduciamo noi

fatti sottrarsi allagrazia , —


ma afferma solo che
stessi, se diremo di non aver peccato. Egli quindi
afferma semplicemente che il cristiano, divenuto
finché sta unito a Gesù Cristo, il peccato è qualche
figlio di Dio per mezzo della grazia santificante,
cosa di straniero per lui, e di inconciliabile colla
non pecca e non può peccare In quanto è nato
sua dignità di figlio di Dìo. Al contrario chi pecca
da Dio, e sino a tanto che ritiene nel suo cuore
gravemente, non ha veduto, né conosciuto Gesù
la divina semenza della grazia. La ragione si è
Cristo con quella vista e con quella cognizione di
che il peccato essendo opera del demonio, non
affetto e di amore, colla quale un'anima cristiana
viene commesso che dai figli del demonio. I figli
deve concepire e mirare il suo Salvatore, a Chi
di Dio in quanto tali lo aborriscono, e non lo
pecca non ha occhi per mirare, né spirito per
commettono, a II senso adunque dell'Apostolo è
considerare quello che sia Cristo per lui; non lo
questo, che la grazia della rigenerazione è assai
mira né lo considera come princìpio di ogni bene,
potente ed efficace per escludere ogni peccato, e
né come oggetto di ogni speranza per noi ; non
Dio (come insegna il S. Concilio di Trento, sess.
ha amore, né gratitudine, né cuore pel suo divino VI, cap. 11), coloro che ha una volta colla sua
liberatore » Martini.
grazia giustificati, non abbandona, se prima non
7. Ripete (7-10) con maggior forza lo stesso sia egli da essi abbandonato » Martini. Si osservi
pensiero dei vv. 3-6. Nessuno vi seduca. Anche inoltre che l'Apostolo dicendo non fa peccato...
qui (v. 4) allude alle iottrine dei varii eretici Gno- non può peccare intende parlare di peccati gravi,
stici, Nico'laiti, ecc., i quali insegnavano che l'ab- e non di Quelle debolezze e fragilità, che sono

\
584 I S. Giovanni, III, 10-16

non quóniam semen ipsius in eo


facit : Dio, non fa peccato : polche tiene in sé la
manet, non potest peccare, quóniam ex
et semenza di lui, e non può peccane perchè
Deo natus est. ^°In hoc manifèsti sunt Filli è nato da Dio. ^°In questo si distinguono i

Dei, et filii diàboli. Omnis, qui non est iu- figliuoli Dio e i figliuoli del diavolo.
di
stus, non est ex Deo, et qui non dilìgit fra- Ghiunque non pratica la giustizia, non è
trem suum ^^Quóniam haec est annuncià-
: da Dio, e chi non ama il suo fratello "pe- :

tio, quam audistis ab initio, ut dilìgàtìs al- rocché questo é l'annunzio che udiste da
térutrum. ^^Non sicut Gain, qui ex maligno principio, che vi amiate l'un l'altro. "Non
erat, et occidit fratrem suum. Et propter quid come Gaino, che era dal maligno, e uccise
occidit eum? Quóniam òpera eius maligna il suo fratello. E perchè lo uccise? Perchè

erant : fratris autem eius. iusta. le opere sue erano cattive e quelle del suo :

fratello giuste.
"Nolite miràri fratres, si odit vos mun- "Non vi stupite, fratelli, se il mondo vi
dus. "Nos scimus quóniam translàti sumus odia. "Noi sappiamo che siamo stati traspor-
de morte ad vitam, quóniam diligimus fra- tati dalla morte alla vita, perchè amiamo i

tres. Qui non dìligit, manet in morte "Om- : fratelli. Ghi non ama è nella morte :

nis, qui odit fratrem suum, homicida est. Et "Ghiunque odia il proprio fratello è omi-
scitìs quóniam omnis homicida non habet cida. E voi sapete che qualunque omicida
vitam aetérnam in semetipso manéntem. non ha la vita eterna abitante in se stesso.
^*In hoc cognóvimus charitàtem Dei, quó- ^®Da questo abbiamo conosciuto la carità

" joan. XIII, 34 et XV, 12. Gen. IV, 8. " Lev. XIX, 17; Sup. II, 10. ^^ Joan. XV, 13.

inseparabili dall'umana natura corrotta dal pec- cristiani, e perciò dice ai suoi lettori : non vi
cato di origine (Cf. n. I, 8-10; II, 1-2). stupite (Giov. Ili 7,; V, 28) che il mondo, schiavo
del demonio, vi odii e vi perseguiti ; l'opposizione
10. In questo, si riferisce probabilmente a quel
tra la luce e le tenebre, la giustizia e l'ingiustizia,
che precede (vv. 8-9). A questo segno cne è com-
i figli di Dio e i figli del demonio, ecc., dura dai
mettere evitare ài peccato si distinguono^ ossia
primi tempi dell'umanità.
sì riconoscono, i figliuoli di Dio e i figliuoli del
diavolo (Cf. n. Matt. VII, 16-20; Giov. Vili, 44). 14. Benché perseguitati, ci è offerto però un
Chiunque, ecc. L'Apostolo passa ora a parlare motivo di grande consolazione nel latto, che sap-
della carità fraterna. Come in generale non è piamo, che per bontà di Dio siamo stati trasportati
figlio di Dio chi non pratica la giustizia (vv. 7 ; (gr. siamo passati) dalla morte, ossìa dallo stato
II, 29), ossia non vive santamente ó un noifflv
(gr. di peccato, alla vita della grazia e della giustizia
6txaao<jvvt\v), così in modo speciale non è figlio (v. 10). Sappiamo ciò, perchè amiamo i fratelli,
dì Dio chi non ama il suo fratello, poiché l'amore ossia perchè vi è in noi l'amore del prossimo che
del prossimo è una parte principale della giu- è un effetto e un segno della giustizia. Si osservi
(Ved. n. II, 10-11. Cf. Giov. XIII,
stizia cristiana che l'uomo senza una speciale rivelazione non può
35; Rom. XIII, 8-10, ecc.). sapere con certezza assoluta se sia o non sia
11. I figli di Dio devono ad esempio di Gesiì m grazia di Dio, tuttavia la pratica della carità
Cristo amare il loro prossimo (11-18). Poiché fraterna è un indizio moralmente certo della pre-
questo, ecc. Questo è il precetto (gr. driféXia senza della grazia. Chi non ama il suo fratello, e
= annunzio, messaggio), che udiste fin da prin- molto più chi lo odia, è nella morte, ossia nello
cipio della vostra conversione (II, 7), che vi amiate stato di peccato, che lo conduce alla morte eterna.
Vun l'altro (greco che ci amiamo l'un l'altro). Per E omicida come Caino (v. 12; Giov. Vili,
15.
n>ezzo dell'amore fraterno si mostra che ai è in 24). Dall'odio infatti nasce spesso l'omicidio, e
comunione con Dio (Ved. n. II, 7. Cf. Gjov. colui che odia è portato a desiderare il male e
XV, 12). la morte della persona odiata (Cf. Matt. V, 21
Non {siamo sott.) come Caino, che era dal
12. e ss., 27-28). v.Quem odit quis, periisse cupitì),
maligno, ossia che era figlio del demonio (Cf. II, diceva S. Girolamo {Epist. 62). Ora voi sapete
13 e ss.; Ili, 8, 10; V, 18; Giov. VIII, 44), e che qualunque omicida si trova in stato di pec-
uccise (leti, sgozzò, gr. Ia<pa§ev) il suo fratello cato mortale (Cf. Rom. I, 29 e ss.; Gal. V, 21,
Abele (Cf. Gen. IV, 1 e ss.). Il motivo che in- ecc.), e perciò non ha la vita eterna abitante in
dusse Caino al fu i'odio' e l'invidia.
fratricidio se stesso, vale a dire non possiede quella vita
Vedendo che le sue opere, cioè i suoi sacrifizi, della grazia, che è semenza della vita eterna (14;
non piacevano a Dio, a cui invece erano accetti Giov. V, 24).
i sacrifizi di Abele, arse di invidia e di odio contro 16. Dopo
aver parlato della necessità della ca-
il f 'atello e lo uccise. Dalla lettera agli Ebrei (XI,
rità l'Apostolo passa ora (vv. 16-18) a
fraterna,
4. \ed. n. ivi) sappiamo che Caino non era mosso
mostrare quale debba essere questa carità.
dalla fede e dalla pfietà quando faceva i suoi sa-
Da questo segno abbiamo conosciuto la carità
crifizi, e perciò le sue opere erano cattive, mentre
di Dio. Nel greco si legge semplicemente : da
invece erano giuste quelle di Abele (Cf. Ebr. XII,
questo abbiamo conosciuto la carità, ossia la na-
24; Giuda, 11).
tura della vera carità. Abbiamo conosciuta la
13. L'odio di Caino contro Abele richiama alla natura della carità e fin dove essa si estenda, dal-
naente dell'Apostolo l'odio del mondo coiitro i l'esempio di GesCi Cristo, il quale ci ha Insegnato
I S. Giovanni, IH, -17-22 585

niam ille ànimam suara prò nobis pósuit ; di Dio,perchè egli ha posto la sua vita
et nos debémus prò fràtribus ànimas pó- per noi e anche noi dobbiamo porre la
:

nere. ^^Qui habùerit substàntiam huius mun- vita per i fratelli. ^^Chi avrà dei beni d?
di, et viderit fratrem suum necessìtàtem ha- questo mondo, e vedrà il suo fratello in ne-
bére, et ciàuserit viscera sua ab eo quó- : cessità, e gli chiuderà le sue vìscere come :

modo chàritas Dei manet in eo? la carità di Dio dimora in lui?

^*Filioli mei, non diligàmus verbo, neque ^^Figliuolini miei, non amiamo a parole
lingua, sed òpere et veritàte. ^^In hoc cognó- e colla lingua, ma coll'opera e con verità.
scimus quóniam ex veritàte sumus et in : ^*E da questo conosciamo di essere dalla
conspéctu eius suadébimus corda nostra. verità e rassicureremo i nostri cuori al
:

^"Quóniam si reprehénderit nos cor no- suo cospetto. ^"Poiché se il nostro cuore
strum maior est Deus corde nostro, et novit
: ci condanna Dio è maggiore del nostro
:

omnia, -^diarissimi, si cor nostrum non cuore, e conosce tutte le cose. ^^Carissimì,
reprehénderit nos, fìdùciam habémus ad se il nostro cuore non ci condanna, abbiamo
Deum : -^Et quidquid petiérimus, accipié- fiducia dinanzi a Dio ^^e qualunque cosa
:

mus ab eo : quóniam mandata eius custo- domanderemo, la riceveremo da lui per- :

dimus, et ea, quae sunt plàcita coram eo, chè osserviamo i suoi comandamenti, e fac-
fàcimus. ciamo quelle cose che gli piacciono.

" Lue. Ili, 11; Jac. II, 15. " Matth. XXI, 22.

a dare anche la vita, quando ciò sia necessario 19. L'Apostollopassa ora a descrivere i frutti
alla salute spirituale dei nostri fratelli. Infatti egli della e della carità (19-24). Da questo,
giustizia
Gesiì Cristo ha posta la sua vita (Jett. anima) per cioè dal nostro amore sincero e operoso verso il
noi, ossia si è dato volontariamente alla morte prossimo, conosciamo (meglio secondo il greco
per la nostra salute (II, 2; Rom. V, 8). S. Gio- conosceremo) di essere dalla verità, ossia di es-
vanni usa spesso l'espressione porre la sua vita sere veri figli della verità, che è Dio stesso (II,
(anima), e con essa fa risaltare il carattere volon- s6; 21; Giov. Ili, 31; Vili, 47; XVIII, 37, ecc.),
tario del sacrifizio compiuto da Gesù Cristo (Cf. e rassicureremo, ossia tranquilizzeremo i nostri
Giov. X, 11, 15, 17, 18; XIII, 37; XV, 13). Anche (Rom. II, 15; Efes.
cuori, cioè la nostra coscienza
noi in caso di necessità dobbiamo porre la vita per I, dinanzi a Gesù Cristo. In altre parole
18),
la salute spirituale dei nostri fratelli (Cf. Giov. X, l'Apostolo vuol dire : se in noi vi sarà il vero
11; Matt. XVI, 25), poiché dobbiamo stimar più amore del prossimo, non avremo a temere il giu-
l'onore di Dio e l'anima del prossimo, che non la dizio dì Gesù Cristo.
vita nostra materiale. 20. Al contrario se il nostro cuore, ossia la
17. Se Gesù Cristo è morto per noi, e noi in nostra coscienza, ci condanna p. es. di non amare
certi casi dobbiamo dare la vita per il nostro il prossimo come si dovrebbe, non potremo restar

prossimo, molto più abbiamo l'obbligo di soccor- tranquilli, poiché Dio è molto maggiore del nostro
rerlo coi nostri beni, quando si trovi in necessità. cuore, ossia è un giudice molto più severo, cono-
Beni di questo mondo (gr. tòv pi'ov tou xoo)lioì5) scendo egli tutte le cose, e non ci lascierà impu-
sono tutte cose che servono a mantenere
quelle niti. Altri (p. es. Bisping, Fillion, ecc.), danno di
la vita (II, 16). Vedrà. Il greco eea)pt\ indica una questo versetto 20 una spiegazione al tutto di-
considerazione attenta e quindi suppone che il versa : Rassicureremo i nostri cuori, poiché se
fatto, a cui si riferisce, sia constatato. In neces- il nostro cuore ci condanna per, qualche peccato,
sità, cioè mancante delle cose necessarie per Dio che è più grande del nostro cuore, ossia è
vivere. Chiuderà le sue viscere alla compassione, più inclinevole alla misericordia e al perdono, e
ossia non si lascierà commuovere, e non verrà in che, conoscendo tutte le cose, conosce pure che
suo soccorso. Le viscere dagli antichi venivano noi amiamo sinceramente il nostro prossimo, non
considerate come la sede della compassione e degli mancherà di riguardarci come suoi figli, e di per-
altri (Gen. XLIII, 30; III Re III, 26; Ge-
affetti donarci gli altri peccati. La prima spiegazione ar-
lem. XXXI,
20; Filipp. I, 8; II, 1, ecc.). La monizza però meglio col contesto, e specialmente
carità Dio, quella carità cioè che avendo Dio
di col versetto seguente.
per oggetto si estende ancora al prossimo (Cf. 21-22. Se il nostro cuore, cioè la nostra co-
IV, 12, 20). Due condizioni si ricercano perchè
scienza, non ci condanna per mancanza di carità
vi sia obbligo di far elemosina a una persona ; fraterna, abbiamo .fiducia dinanzi a Dio, vale a
la prima delle quali è di avere dei beni, e la
dire ci^ accostiamo a Dio colla sicurezza (greco
seconda che tal persona sia veramente in neces- 3ioppT\cfiov. Cf. n. II, 28) di un figlio v^erso il suo
sità. E chiaro che quanto più grave è la neces-
padre, e siamo sicuri che qualunque cosa doman-
sità, tanto più grave l'obbligo di fare elemosina,
deremo (secondo la sua volontà, V, 14) la rice-
e aiutare il prossimo. veremo da lui (Matt. XXI, 22), perchè osserviamo,
18. A
parole, cioè solo con parole, e non in ecc. (Cf. Matt. VII, 7; Giov. Vili, 29; IX, 31;
realtà, uè soJo codia lingua, protestando un amore XIV, 13-14; XV, 7). La carità del prossimo riempie
che non si sente, ma amiamo coll'opera, facendo l'anima di un santo ardire, poiché sappiamo che
cioè del bene al prossimo, e amiamo con verità, non v'è mezzo più efficace per ottenere miseri-
ossia sinceramente e con affetto anche interno cordia da Dio che l'usare misericordia col pros-
(Ved. n. Gla« II, 16-16). simo.

ì
586 I S. Giovanni, III, 23 — IV, 2

^^Et hoc est mandàtum eius : Ut credà- ^^E questo è il suo comandamento Che :

mus in nòmine Filii eius lesu Christi : et crediamo nel nome del suo Figliuolo Gesù
diligàmus altérutrum, sicut dedit mandàtum Cristo, e ci amiamo l'un l'altro, come egli
nobis. ^''Et qui servat mandata eius, in ilio ci ha comandato. ^'*E chi osserva i suoi co-
manet, et ipse in eo : et in hoc scimus quó- mandamenti, sta in lui, ed egli in esso:
niam manet in nobis de Spiritu, quem dedit e dallo Spirito, che egli ci diede, sappiamo
nobis. che egli sta in noi.

CAPO IV.

I falsi dottori e i veri, i-ó. —


Motivi di amare il prossimo , 7-1 1. L'amore —
del prossimo segno dell'amore di Dio, 12-16. Frutti della carità, 17-21, —
^Charissimi, nolite omni spiritui crédere, ^Carissimi, non vogliate credere ad ogni
sed probàte spìritus si ex Deo sint quó- : spirito, ma provate gli spiriti, se sono da
niam multi pseudoprophétae exiérunt in Dio : poiché molti falsi profeti sono usciti
mundum. '^In hoc cognóscitur spiritus Dei : per il mondo. ^Da questo si conosce lo spi-

23 Joan. VI, 29 et XVII, 3 et XIII, 34 et XV, 12.

23. Questo è il comandamento di Dio per ec- gli spiriti, ossia esaminate bene se questi predi-
cellenza, nel quale sono contenuti e si riassumono catori, che si dicono ispirati, siano veramente
tutti gli altri ; in Gesù Cristo e amarci gli
credere mossi dallo Spirito di Dio o non piuttosto dallo
uni cogli altri.Che crediamo nel nome (gr, al spirito diabolico. Il nome spirito significa il dot-
nome) del suo Figliuolo Gesù Casto, ossia che cre- tore ispirato da Dio o da Satana, oppure e meglio
diamo e riteniamo fermamente quanto è espresso quell'impulso proveniente da Dio o dal demonio
da questo nome, vale a dire che Gesù è il Cristo, che muove i dottori a parlare e a insegnare. MolU
il vero Figlio di Dio (Cf. II, 22 IV, 2-3). Come
; falsi profeti, ossia molti falsi dottori, che si van-
è chiaro in questa ultima verità si compendia tutto tano di essere profeti, sono usciti nel mondo.
il Vangelo. La fede però non basta, senza le opere Questi falsi profeti non sono altro che gli Anti-
essa è morta, e perciò deve essere accompagnata cristi, dei quali l'Apostolo ha già più volte par-
dalla carità verso il prossimo, la quale però pre- lato (II 18, 19, 22, 23, ecc. Cf. Matt. XXIV, 11;
suppone il vero amore di Dio. Egli, cioè Gesù Atti XXI, 9; Efes. II, 20; II Piet. II, 1, ecc.). Il
Cristo ci comandò (Giov. XIII, 34; XV, 12, 17). pericolo dì perversione era così grande che in
24. Chi osserva... sta in lai, ossia viene a vi- quei primi tempi Dio accordava uno speciale ca-
vere ìntima comunione con Dio, e Dio si comu-
io
risma ai fedeli per discernere gli spiriti (Cf. I
nica ìntimamente a lui, come un Padre al figlio Cor. XII, 10). Si osservi che l'Apostolo dicendo :
(Cf, n. II, 24; Giov. XV, 10). E dallo Spirito, ecc. provate gli spiriti, non rimette già al privato giu-
Noi conosciamo che Dio abita veramente in noi dizio dei fedeli il discernere se la dottrina annun-
dalla -testimonianza, che ce ne rende lo Spirito, ziata dall'uno o dall'altro predicatore sia conforme,

che Egli ha diffuso nei nostri cuori. « Lo stesso oppure contraria alla fede. Egli stesso infatti dà
Spirito fa fede al nostro spirito che noi siamo la norma alla quale ì fedelli devono attenersi pjef

figliuoli di Dio », Rom. VIII, 16 (Cf. Gal. IV, 6). giudicare (v. 2), e questa norma in ultima analisi
Lo Spirito Santo spande nel nostro cuore la ca- non è altro che la dottrina loro insegnata dagli
rità.Ora, dice Sant'Agostino (Tract. VI, n. 10), Apostoli (v. 6). Chiunque insegna cose contrarie,
se tu sai di amare veramente i tuoi fratelli, per o non conformi a quanto hanno Insegnato gli Apo-
stoli, ossia a quanto insegna la Chiesa, è mosso
dò stesso tu hai lo Spirito di Dio, e la Trinità
abita in te. Si osservi come in questi due ultimi non dallo Spirito di Dio, ma da Satana. Anche
versetti sono menzionate nel modo più esplicito S. Paolo diede questa norma ai fedeli della Ga-
lazia (Cf. Gal. I, 8 e ss.).
le tre auguste persone della Santissima Trinità.
2-3. Ecco la norma per discernere
i veri e ì
falsi profeti. Da
questo segno st conosce (la mi-
CAPO IV. glior lezione greca è conoscete) che un predicatore
è ispirato e mosso dallo Spirito dì Dio, se con-
1. Lo spirito di verità e lo spirrto di errore fessa che Gesù di Nazaret è il Cristo, ossia il
(1-6). L'Apostolo torna a parlare dei falsi dottori vero Figlio di Dio (Cf. II, 22-24; V, 5), che è
jCf. II, 18-25), e dà alcune norme per ricono- venuto nella carne, vale a dire che si è fatto
scerli (1-3). uomo, ed ha patito, è morto e risuscitato per noi
Non vogliate credere ad ogni spìrito, vale a (Cf. V. 15; II, 23; Giov. IX, 22; XII, 42, ecc.).
dire non vogliate prestar fede a qualunque predi- Quegli che insegna questa dottrina è da Dio, ossia
c«tore o dottora che si presenti a voi, dicendo di è ispirato dallo Spirito di Dio (Cf. III, 9-10; Giov.
essere ispirato dallo Spirito di Dio; ma provate XX, 31 ; II Giov. 7). Al contrario non è ispirato
I S. Giovanni, IV, 3-8 587

omnis spiritus qui confìtétur lesum Chri- rito di Dio : ogni spirito che confessa che
stum in carne venisse, ex Deo est ''Et om- : Gesù Cristo è venuto nella carne, è da
nis spiritus, qui solvit lesum, ex Deo non Dio ^ma ogni spirito che divide Gesù, non
:

est, et hic est Antichrìstus, de quo audistis è da Dio e questi è un Anticristo, il quale
:

quóniam venit, et nunc iam in mundo est. avete udito che viene, e già fin d'adesso è
nel mondo.
*Vos ex Deo estis filioli, et vicistis eum, ''Voi, flgliuolini, siete da Dio, e avete
quóniam maior est qui in vobis est, quam vinto colui, perchè quegli che è in voi è
qui in mundo. mundo sunt; ideo
''Ipsi de più potente di colui che sta nel mondo.
de mundo mundus eos audit.
loquuntur, et *Essi sono del mondo per questo parlano
:

*Nos ex Deo sumus. Qui novit Deum, audit cose del mondo, e il mondo lì ascolta. ''Noi
nos : qui non est ex Deo, non audit nos : siamo da Dìo. Chi conosce Dio, ci ascolta :
in hoc cognóscimus spiritum veritàtis, et chi non è da Dio, non ci ascolta : con que-
spiritum erróris. sto distinguiamo lo spirito di verità dallo
spirito d'errore.
'Charìssimi, diligàmus nos invìcem ; quia ^Carissimi, amiamoci l'un l'altro perchè :

chàritas ex Deo est. Et omnis, qui dìligit, ex la carità è da Dio. E chi ama, è nato da
Deo natus est, et cognóscit Deum. *Qui non Dio, e conosce Dio. *Chi non ama, non ha
diligit, non novit Deum quóniam Deus : conosciuto Dio : poiché Dio è carità.
chàritas est.

» Joan. vili. 47.

da Dio, ma dal demonio quel predicatore che di- 6. Noi veri dottori (gli Apostoli, cioè e i loro
vide Gesù, ossia che separa la natura umana dalla successori) siamo animati e mandati dallo Spirito
natura divina in Gesii Cristo, e dice come Cerinto di Dio, e quindi diciamo la verità. Chi conosce
che un altro è Gesù, e un altro è Cristo (Ved. n. Dio, ossia chi è da Dio (per opposizione a chi
II, 22). La Jezione della Volgata divide o scioglie non è da Dio), vale a dù-e chi é figlio di Dio e
(gr. Xvet) benché non si trovi in nessuno dei ama Dio (Cf. 7; II, 3, 5, ecc.), ascolta noi legati
codici attuali e in nessuna versione, tuttavia è e ministri di Dio. Anche Gesù Cristo disse (Lue.
antichissima, avendo in suo favore Sant'Irineo X, 16) agli Apostoli: Chi ascolta voi, ascolta me,
(Adv. Haer., Ili, 16, 8), TertulliajQO (Adv. Marc, chi disprezza voi, disprezza me. Chi ama Dio
V, 16), Sant'Agostino (Traci., VI, 14), ecc. Nei ascolta e ubbidisce gli Apostoli e i loro successori
codici greci (B A, ecc.) si legge ó fiT\ ó|JoXoYe tòv
: nel minisitero ; chi invece non é da Dio non ascolta
•ln<Toi)v= chi non confessa Gesù. Il senso è lo la voce dei pastori della Chiesa (Giov. XV, 19).
stesso, poiché confessare Gesù vuol dire, come é Con questo criterio noi cristiani distinguiamo lo
chiaro dal contesto, riconoscere che egli é il vero Spirito di verità (Giov. XIV, 17; XV, 26; I Cor.
Figlio di Dio fatto uomo per la nostra salute (Cf. II, 12) e colui che da esso è ispirato, dallo spirito
Estio, h. I. ; Belser, h. 1.). Questi è un Anticristo. di errore, ossia dal demonio e dai suoi ministri
Il greco Tò To6 àvTtXpiotou va tradotto e questo (I Tim. IV, 1 e ss.). Il magistero della Chiesa,
spirito è lo spirito dell'Anticristo. Anche alcuni ecco dunque la regola prossima della fede !

codici Volgata hanno hic est Antichristi.


della
7. Dopo digressione sui falsi dottori (1-6),
la
L'Apostolo vuol dire che chi non confessa Gesù l'Apostolo torna a trattare della carità, e fa vedere
Cristo é animato dallo spirito dell'Anticristo, in- come Dio è carità, e perciò anche noi dobbiamo
corno alla venuta del quale negli ultimi giorni i essere pieni di carità (IV, 7-V, 12). Comincia col-
fedeli erano stati istruiti (Ved. n. II, 18 e ss.).
l 'accennare al motivo per cui si deve amare il
E nel mondo per mezzo dei suoi precursori. prossimo (7-11).
4. Passa ora a incoraggiare i suoi lettori. Voi Amiamoci (Cf. II, 7.-11; III, 11). La carità è,
siete, ecc. (Ved. n. II, 20, 24, 27). Avete vinto ossia proviene, da Dio come da fonte, poiché è
colui, vale a dire l'Anticristo rappresentato dai lo Spirito Santo, che la diffonde nel nostri cuori
falsi profeti, e lo avete vinto non già colle vostre (Rom. V, 5). Èssa inoltre rende simili a Dio. E
forze naturali, ma perché Dio, che abita in voi chi ama con questa carità diffusa dallo Spirito
(Giov. XVI, 33, e I Giov. II, 14), è più potente Santo, è nato da Dio, ossia è figlio di Dio (v. 4),
ad aiutarvi, che il demonio a cercare
di perver- e conosce Dio, di una conoscenza pratica e af-
tirvi. Il il principe di questo mondo
demonio è fettiva, quale è quella di un figlio verso il padre,
(Giov. XII, 31; XIV, 30), e perciò si dice di lui di un amico verso l'amico.
che sta nel mondo. 8. Al contrario chi non ama il prossimo con
5. Ess(, cioè queisti falsi dottori, sono del vera carità non é figlio di Dio, e per conseguenza
mondo, vale a dire sono animiati dallo spirito fa vedere che non ha conosciuto Dio con quella
mondano e perverso (II, 19), e per questo motivo cognizione pratica e affettiva che è propria dei
parlano del mondo, o meglio secondo il greco, figli. Dio è carità, vale a dire Dio è la
Infatti
derivano dal mondo quello che dicono (Giov. III, caritào l'amore per essenza, e quindi chi non
31), vale a dire attingono al mondo falso e bu- ha la carità non vive in comunione con lui, né
giardo le loro false e bugiarde dottrine e il ; può essere suo figlio, a quella stessa guisa che
mondo formato dagli uomini perversi e corrotti li chi cammina nelle tenebre non é in comunione
ascolta volentieri, poiché ama le cose sue (Ved. con Dio, che é la stessa luce (Ved. n. I, 5, 6).
n. Giov. XV, 19). Queste parole Dio è carità, costituiscono una fra
588 I S. Giovanni, IV, 9-15

•In hoc appàruit chàritas Dei in nobis, 'In questo si è manifestata la carità di
quónìam Fìlium suum unìgénitum misìt Dìo verso di noi, che Dio mandò il suo
Deus in mundum, ut vivàmus per eum. "In Unigenito nel mondo, affinchè per lui ab-
hoc est chàritas non quasi nos dilexérimus
: biamo vita. ^"In che non
questo è la carità :

Deum, sed quóniam ipse prior diléxìt nos, come se noi avessimo amato Dio, ma che
et misit Filium suum propitiatiónem prò egli il primo ci abbia amati e abbia man-
peccatis nostris. "Charìssimi, si sic Deus dato il suo Figliuolo propiziazione per ì
diléxìt nos : et nos debémus altèrutrum nostri peccati. "Carissimi, se Dio ci ha
diligere. amati in tal guisa noi pure dobbiamo
:

amarci l'un l'altro.


^^Deum nemo vidit unquam. Si diligàmus "Nessuno ha mai veduto Dio. Se ci
invicem, Deus in nobis manet, et chàritas amiamo l'un l'altro. Dio abita in noi, e
eius in nobis perfécta est. "In hoc cognó- la carità di lui è in noi perfetta. "Daquesto
scimus quóniam in eo manémus, et ipse conosciamo che siamo in lui, e che egli è
in nobis quóniam de Spiritu suo dedit
: in noi perchè egli
: ci ha dato del suo
nobis. Spirito.

"Et nos vidimus, et testificàmur quóniam "E noi abbiamo veduto ed attestiamo che
Pater misit Filium suum Salvatórem mundi. il Padre ha mandato il suo Figliuolo Sal-
^^Quìsquis conféssus fuerit quóniam lesus vatore del mondo. "Chiunque confesserà
est Filius Dei, Deus in eo manet, et ipse che Gesii è il Figliuolo di Dio, Dio abita

Joan. Ili, 16. " joan. I, 18; I Tim. VI, 16.

le più sublimi rivelazioni del Nuovo Testamento, in noi (Cf. II, 23, 24), ed è presente in modo
e perciò scrive Sant'Agostino {Traci. VII, 5) quan- reale, benché invisibile, nei
e lanostri cuori,
d'anche in questa lettera e in tutta la Scrittura carità di lui, ossia il nostro amore per lui, è
non sì dicesse altra cosa dalla carità, non si do- perfetto, vale a dire è sincero e reale. L'Apostolo
vrebbe domandare di più. Lo stesso Padre poi in altre parole vuol dire noi non vediamo Dio
:

conchiude dicendo Vedete ora che il fare contro


: in ma se amiamo il prossimo siamo
se stesso,
la carità è fare contro Dio. sicuriche Egli abita in noi, e che noi siamo
veramente i suoi figli e d suoi amici.
9. Questo amore infinito e sostanziale, che è
Dio stesso, si è manifestato in un modo vera- 13. Ripete con altre parole lo stesso pensiero.
mente mirabile. Verso di noi. greco èv f||iiTv Il = Conosciamo che viviamo in intima comunicazione
in noi è più espressivo, e indica che noi siamo con Dio (Ved. n. Ili, 24) dal fatto che nel Batte-
come il campo, in cui si mostra e agisce la carità simo e nella Confermazione Egli ci ha comunicato
di Dio. Dio Padre mandò per mezzo dell'Incarna- parte del suo Spirito di carità (Dio è carità, v. 8),
zione il suo Unigenito (Ved. n. Giov. I, 14, 18; per cui noi ci amiamo l'un l'altro. L'amore del
III, 16, 18) nel mondo, affinchè liberati dalla morte prossimo vale quindi ad assicurarci della nostra
del peccato, abbiamo per ì meriti della sua pas- amicizia con Dio. Si osservi che solo Gesù Cristo
sione la vita della grazia nel tempo, e la gloria ha ricevuto tutta la pienezza dello Spirito Santo
nell'eternità (Cf. II, 2; III, 14; Giov. Ili, 16). (Giov. Ili, 34), mentre gli Apostoli e i fedeli n©
ricevono solo una parte (Cf. I Cor. XII, 4).
10. In questo è, ossia risplende, in modo più
mirabile ancora la carità di Dio, che egli ci ha 14. In una specie di parentesi l'Apostolo toma
amati, non già come se noi l'avessimo amato per a ripetere contro i ^alsi dottori che per avere la
i primi ed egli non avesse fatto altro che cor- vera carità verso il prossimo si richiede prima la
rispondere al nostro amore, ma ci ha amati per vera fede in Gesù Cristo (14-16). Egli si riferisce
il primo, mentre noi non pensavamo a lui, anzi al versetto 9 dove ha detto che il Padre mandò
gli eravamo nemici, ecc. (Cf. II, 2; Rom. V, 6-10; il suo Unigenito nel mondo, propiziazione per i
Tit. Ili, 4). Propiziazione, cioè vittima di propi- nostri peccati, e quindi soggiunge : Noi ApostoJi
ziazione, per i nostri peccati (Ved. n. II, 2). abbiamo veduto e siamo testimonii oculari (I, 1)
11. Conclusione pratica. Dobbiamo amarci l'un della persona di Gesù e dei suoi miracoli, con
l'altro (Ved. n. Efes. V, 1-2). Come figli di Dio cui ha provato di essere il Figlio Unigenito di
dobbiamo ubbidire e imitare il nostro Padre, ed Dio, e perciò attestiamo che iJ Padre ha mandato
il suo Figliuolo a salvare il mondo per mezzo della
essere giusti e santi perchè Egli è giusto e santo
(Cf. II, 29; III, 3), e dobbiamo pure amare tutti, sua passione e della sua morte (Cf. Giov. I, 14;
jjerchè Egli ama tutti, ed ha sacrificato il suo V, 37 e ss.; VI, 29, 38, 44; VII, 28, ecc.; I Giov.
Figlio per tutti. I, 12).

12. La carità verso i! prossimo è un segno che Chiunque crederà alla nostra parola e con-
15.
vi è in noi l'amore di "Dio (12-16). Nessun uomo fesserà cheGesù è veramente il Figliuolo di Dio
ha mai veduto Dio cogli occhi della carne (Cf. I, e opererà secondo questa fede (ITI, 23-24), Dio
1 e Giov. I, 18), oppure ha mai colle sue forze è vero figlio di
abita in lui ed egli in Dio, ossia
naturali veduto Dio come è in se stesso, e quindi Dio. La vera fede in Gesù Cristo è quindi una
non possiamo vedere in lui se gli siamo amici o condizione necessaria acciò possiamo vivere in
no. Tuttavia se ci amiamo l'un l'altro. Dio abita intima unione eoo Dio.
I S. Giovanni, IV, 16-20 539

in Deo. ^*Et nos cognóvimus, et credìdimus in lui, ed egli in Dio. ^"E noi abbiamo co-
charitàti, quam habet Deus in nobìs. Deus nosciuto e creduto alla carità che Dio ha
chàritas est : et qui manet in charitàte, in per noi. Dio è carità : e chi sta nella ca-
Deo manet, et Deus in eo. rità, sta in Dio, e Dio in lui.

"In hoc perfécta est chàritas Dei nobis- "In questo è


perfetta la carità di Dio in
cum, ut fldùciam habeàmus in die iudicìi : noi, se abbiamofiducia pel dì del giudizio :
quia sicut ille est, et nos sumus in hoc perchè quale egli è, tali pure siamo noi in
mundo. ^^Timor non est in charitàte sed : questo mondo. ^*I1 timore non istà colla ca-
perfécta chàritas foras mittit tìmórem, quó- rità ma la carità perfetta manda via il ti-
:

niam timor poenam habet, qui autem timet, more, perchè il timore ha tormento e chi :

non est perféctus in charitàte. ^'Nos ergo teme, non è perfetto nella carità. ^"Noì
dìligàmus Deum, quóniam Deus prior di- adunque amiamo Dio, poiché egli il primo
léxit nos. ci ha amati.
^"Si quis dixerit quóniam diligo Deum, et ""Se uno dirà : io amo Dio : e odierà il
fratrem suum mendax est. Qui enim
óderit, suo fratello, è mentitore. Infatti chi non
non diligit fratrem suum quem videt, Deum, ama il suo fratello, che vede, come può

«1 Joan. XIII, 34 et XV, 12; Eph. V, 2.

16. E noi Apostoli e fedeli abbiamo conosciuto grande è quaggiù in terra la carità. Anche il
per molti argomenti, e specialmente per l'Incar- timore riverenziale, che rimane pure nel cielo,
oazione e la morte di Gesù Cristo, l'immensa ca- cresce colla carità. È facile quindi interpretare le
rità di Dio per noi {Ved. n. v. 9), e vi abbiamo parole dcM'Apostolo. Il timore seirile non sta
creduto (Giov. VI, 69) con una fede viva e ope- colla carità, ma la carità perfetta, cioè vera,
rosa. Ora Dio è carità, ecc. (Ved. n. 8, 15) e manda via il timore servile, oppure, la carità
perciò, noi avendo la fede e la carità, viviamo in giunta alla perfezione (ben difficilmente ciò av-
intima comunione con Dio, ossia noi stiamo in viene in questa vita), manda via ogni timore della
Dio e Dio sta in noi. pena. La ragione si è che il timore ha tormento^
ossia affligge e inquieta l'animo colla prospettiva
17. Nei vv. 17-21l' Apostolo parla dei frutti
della pena minacciata, e chi teme non è perfetto
della carità, il primo dei quali è una grande fi-
nella carità, vale a dire non possiede ancora quel
ducia per il giorno dell'universale giudizio (17-18).
sommo grado di carità, per cui l'anima si abban-
In questo è perfetta la carità (di Dio, manca nel
dona totalmente e colla massima fiducia tra le
greco) in noi, se, ecc., vale a dire Conosciamo :
braccia di Dio sicura che né la morte, né la
che la nostra carità è divenuta perfetta in noi, se
vita, né il presente, né il futuro varrà a sepa-
abbiamo fiducia per il dì del giudizio (Ved. n. Ili,
rarla dalla carità di Gesù Cristo (Cf, Rom. Vili,
19-20), ossia se non temiamo il giudizio, a L'amore
38 e ss.). Si può anche spiegare i7 timore ha tor-
giunto alla sua perfezione tende a mettere nel
mento, ossia ha per oggetto il castigo minacciato,
nostro cuore una ferma fiducia (Cf. II, 28; III,
e chi teme servilmente il castigo non ha la vera
21), che ci permette di aspettare senza timore
carità. La prima spiegazione é migliore.
il giorno del giudizio » Fillion, h. I. (Ved. n. Giov.
Ili, 18 e ss.). Perchè quale, ecc. Indica il motivo
19. Conclusione generale. Noi adunque, che
di questa grande fiducia. Noi in questo mondo siamo cristiani e figli di Dio, amiamo Dio e il
siamo simili a quello che Gesii Cristo nostro giu- prossimo con vera carità, poiché Dio il primo ci
dice è nella gloria, vale a dire come Egli è santo ha amati con un amore sommo e gratuito e mise-
e pieno di carità, anche noi (benché in molto ricordioso (Cf. 10-11). In alcuni codici manca la
minor misura) siamo santi e pieni di carità, e parola adunque, in altri, più numerosi, manca
perciò non possiamo temere il giudizio (Cf. II, 6, Dio. Il senso generale però non muta.
28; III, 3, 16, 19). 20. Nei vv. 20-21 conferma nuovamente che
non si può amare Dio se non si ama il prossimo.
18. Prova che
perfetta carità produce questa
la
piena fiducia in Dio. // timore non istà colla ca-
Se uno dirà: io amo Dio, ecc. (Cf. II, 4) è menti-
tore, ossia dice il falso. Infatti chi non ama il
rità. Teologi distinguono quattro specie di ti-
1
suo fratello, ecc. L'Apostolo suppone che è molto
more timore servile, per cui si teme la pena ;
: il
più facile amare quel che si vede, che amar quel
il timore iniziale, per cui si teme la pena e la
colpa il timore figliale, per cui si teme la colpa ;
che non si vede, e dice Se un uomo non sa
:
;
amare il suo fratello, benché a ciò sia eccitato
ilitimore riverenziale, per cui l'anima sente tutta
dalla somiglianza di natura, dalia presenza sen-
la sua debolezza in presenza della maestà di Dio.
Orr. il timore servile non è compatibile colla ca-
sibile, ecc.,come potrà amare Dio, che non vede
sensibilmente (Giov. I, 18), e da cui si sente così
rità, ma può servire ad introdurla nell'anima, onde
distante? Se non fa ciò che è più facile, come
insegna il Concilio di Trento (sess. VI, cap. 6)
potrà compiere quello che è più diflScile? La forma
che d'ordinario la giustificazione dell'uomo co-
interrogativa dell'ultima proposizione si trova nei
mincia dal timore dell'inferno. Il timore iniziale
codici H K L mentre invece i codici B X hanno
;
può stare colla carità, ma va scemando man mano la semplice affermazione non può amare Dio.
:

che cresce la cariti, e quanto più questa penetra Nel greco invece del presente vede, vi è l'aoristo
U cuore dell'uomo tanto più esso ne va fuori. vide, il quale indica un atto continuato, come
U timore figliale è tanto oiù grande quanto più p. es. che vide e continua a vedere a tuu'agio.
590 I S. Giovanni, 21 V, 5

quem non videt, quómodo potest diligere? amare Dio, che egli non vede? '^E questo
'*Et hoc mandàtum habémus a Deo ut qui : comandamento abbiamo da Dio che chi :

diligit Deum, diligat et fratrem suum. ama Dio, ami anche il proprio fratello.

CAPO V.

La fede radice della carità, 1-3, Vittoria della fede, 4-5, — — Gesti Cristo è
Figlio di Dio e la fede in lui dà la vita eterna, 6-12. — Motivo di questa
lettera, 13. — Efficacia della preghiera, 14-17, — Fuga del peccato e fede
in Dio, i8'2i.

^Omnis, qui credit, quóniam lesus est ^Chiunque crede che Gesii è il Cristo, è
Christus, ex Deo natus est. Et omnis, qui nato da Dio. E chiunque ama colui che
diligit eum qui génuit, diligit et eum qui generò, ama ancora colui che è nato da
natus est ex eo. ^In hoc cognóscimus quó- esso. ^Da questo conosciamo che amiamo
niam diligimus natos Dei, eum Deum dili- i figliuoli di Dio, se amiamo Dio e osser-
gàmus, et mandata eius faciàmus. ^Haec viamo i suoi comandamenti. ^Poiché que

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