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L’era dell’auto elettrica: una rivoluzione totale che arriva

fino al lavoro dei meccanici


Sopra alle ruote quasi nulla sembra cambiato, le forme di un’automobile, al massimo, si sono
rialzate e affinate. Questa è la facciata, al contrario l’industria dell’auto ha subito, negli ultimi dieci
anni, una mutazione profonda, quasi un ribaltamento. Il decennio passato ha dato voce alle
coscienze, il riscaldamento climatico, la necessità di agire velocemente per salvaguardare il pianeta, il
cambiamento delle abitudini, anche alimentari, proiettate su prodotti bio, hanno provocato
un’evoluzione nella mentalità dei consumatori tanto da far pensare di poter vivere senza
l’automobile. Un decennio che ha segnato la trasformazione delle vetture e la fine di un’epoca.

La svolta solo 5 anni fa, ora la transizione corre veloce con investimenti miliardari. Senza
lubrificanti, filtri e olio, e con meno componenti, cambia anche l’assistenza delle officine, che si
occuperà di software e gomme. Dagli ingegneri ci si aspetta lo sviluppo di batterie innovative. L’intero
settore vive un cambio di Dna. Auto d’epoca comprese
Il reale momento di svolta è avvenuto, nel 2015, quando l’industria tedesca – nessuno
escluso – ha dovuto riconoscere che erano stati manipolati i dati legati alle emissioni dei motori
diesel. Una crisi profonda in cui fu coinvolto anche il mondo politico, in una Germania che aveva
inventato questo carburante in alternativa alla benzina. Iniziarono i confronti negli Stati Uniti e
nell’Unione europea: il diesel, in Usa, rappresentava, nel 2009, meno del 5 per cento dei veicoli, al
contrario, in Europa sfiorava il 55. Presero il via i test in condizioni reali, in modo da riflettere le
diversità ambientali, le caratteristiche topologiche, analizzando i differenti comportamenti di guida.
Furono rivelate dal Climate Works Foundation, sovvenzionate dalla Ford Foundation, ricerche che si
occupavano di Environmental Protection Agency’s: tutto venne a galla, la giustizia americana si era
messa al servizio della sanità. A quel punto doveva essere rivista, in toto, la strategia industriale per
rispettare gli obiettivi che riguardavano le emissioni di Co2.

Il conto salato del Dieselgate


Il settore, al completo, ha pagato una fattura molto salata ma, dalla discesa agli inferni del
diesel iniziò la nascita della vettura elettrica che uscì dal limbo. Solo all’inizio del 2010 l’auto a zero
emissioni pareva ancora un sogno. Qualche illuminato, un certo signor Elon Musk, in California o
Carlos Ghosn, il ceo allora di Renault e Nissan, consideravano con prudenza il futuro di questa forma
di mobilità. Basti pensare che nel 2019, i veicoli a batteria ricaricabile rappresentavano solo il 2,5 per
cento di quota di mercato nell’Unione europea. La Cina detiene lo scettro del più grande mercato al
mondo di auto elettriche, con circa 5 milioni di immatricolazioni nel 2020, seguita da Europa e Stati
Uniti. Tesla presentò, nel 2005, la Roadster, la sua prima elettrica, sul pianale della Lotus, a cui seguì
la Model S e, nel frattempo, è divenuto un vero costruttore di automobili tanto da aver venduto, nel
2020, più di un milione di unità.

GLOSSARIO — EV sta per Electric Vehicle, comprende veicoli a batteria o a energia solare su
gomma, rotaia, sottomarini e aerei; POLITICHE per incrementare la diffusione delle auto elettriche
alcuni Paesi hanno usato incentivi all’acquisto, altri tasse per i mezzi tradizionali; VELOCITÀ l’auto
elettrica da strada più veloce è la Lotus Evija: 320 km orari, con accelerazione 0-330 in soli nove
secondi; SERVIZI li forniranno le officine
L’indurimento delle regole, anche in Europa, ha costretto le case ad investire miliardi per
elettrificare le loro gamme, per dare inizio concreto alla transizione. Tutto ciò che oggi i meccanici
offrono agli automobilisti, non servirà più alle auto azionate da energia elettrica, saranno aboliti il
grasso lubrificante, i filtri del motore, la sostituzione delle candele o il semplice cambio dell’olio. Le
officine forniranno servizi, si occuperanno della sostituzione degli pneumatici, eseguiranno gli
aggiornamenti dei software. Le vetture elettriche possiedono molti meno componenti rispetto a
quelle a benzina, richiedono meno lavoro manuale, non rimane altro che il telaio, la batteria e il
motore elettrico, molto più semplice di quello a combustione. Una modificazione quasi genetica,
tanto che nel Golfo del Persico, qualche stato petrolifero si sta staccando dai combustibili fossili,
investendo immense quantità di denaro in impianti a energia solare, diversificando, consapevoli che
le riserve si stanno esaurendo.

I pionieri della nuova tecnologia


Gli ingegneri hanno iniziato a sviluppare batterie innovative, utilizzando non solamente litio
ma anche sodio e zolfo: quest’ultimo si ricava dal sale alimentare ed è disponibile, al contrario del
litio, in quantità illimitata. Le batterie creeranno un nuovo settore industriale, di conseguenza nuovi
posti di lavoro, sono richiesti ingegneri elettrici, esperti di elettronica e di software. Nello stesso
tempo, Volkswagen era in competizione con Toyota per divenire il primo costruttore mondiale,
portando via il trono a General Motors, leader da 70 anni. Tutti i costruttori tradizionali sono stati
pionieri della tecnologia elettrica, Nissan con la Leaf lanciata nel 2011, seguita dalla Renault Zoe e
dalla Bmw i3 nel 2013. I suv hanno contribuito anche alla svolta, in Europa: oggi rappresentano oltre
il 40% delle vendite, hanno messo in soffitta i monovolume e i break, dal momento in cui Nissan
presentò il suo primo Qashqai. Ma, i suv, pur non essendo più grandi delle vetture che hanno
rimpiazzato, sono più pesanti e meno aerodinamici delle berline equivalenti.

Fusioni: conseguenze ancora imprevedibili


In parallelo, un’ altro avvenimento, ha segnato l’inizio di quel processo di globalizzazione di
cui ancora non conosciamo le reali conseguenze: quando Sergio Marchionne, nel 2008, acquistò,
senza spendere un euro, Chrysler che era sull’orlo del fallimento. La storia di questa unione è
divenuta un modello, è stata sicuramente una punto di riferimento per altri accordi. Anche se non
era un matrimonio tra uguali, Chrysler aveva cambiato azionista di riferimento per la terza volta in
dieci anni; il presidente degli Stati Uniti, Obama, convinto che la società non era in grado di superare
la crisi finanziaria di quel momento, ha incoraggiato l’ingresso di Fiat, che ottenne il controllo pieno.
Marchionne, in diretta, prese le redini del nuovo gruppo che venne chiamato Fca. Gli analisti,
all’inizio, erano decisamente scettici: se Chrysler era moribonda, anche l’avvenire di Fiat suscitava
parecchie interrogazioni, una azienda che non vendeva neppure due milioni di unità. Ma, dopo
appena due anni, Chrysler, grazie al marchio Jeep ha iniziato, per la prima volta, dal 2006, a ritornare
in utile, passaggio per divenire un vero gruppo integrato che si è aperto a tutti i mercati, una
multinazionale basata a Londra con la sede legale ad Amsterdam, quotata a Wall Strett e a Milano.
Fca dipendeva dai profitti americani, ormai era evidente che il centro di gravità del gruppo pendeva,
inesorabilmente, verso Detroit, la ragione della fusione con Psa.
Fonte: Ansa

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