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LE ORIGINI DELLA GUERRA FREDDA

1. Gli anni difficili del dopoguerra


L’Europa uscì dalla seconda guerra mondiale in condizioni disastrose:
- La guerra aveva causato 30 milioni di morti
- Le industrie erano distrutte, l’agricoltura in ginocchio. Mancavano le materie prime e il
denaro per la ripresa e la ricostruzione
- Molte città erano state distrutte dai bombardamenti: i senzatetto erano milioni.
Gli Stati Uniti e Unione Sovietica, le due nuove superpotenze, erano in contrasto ideologico :
occorreva evitare altri conflitti mondiali. Per questo nel 1945 nacque, con la firma dell’Accordo di
San Francisco , l’ONU(Organizzazione della nazioni unite) con sede a New York. Lo Statuto
dell’ONU fu l’espressione di due diverse concezioni: quella utopistica, che si richiamava ai principi
di libertà dei popoli e quella realistica:
- l'Assemblea generale, che può adottare delle risoluzioni non vincolanti, è pressione dei principi
utopistici di Wilson: libertà dei popoli e uguaglianza fra le nazioni ;
- il Consiglio di Sicurezza nasce dalla visione realistica di Roosevelt, secondo il quale le potenze
vincitrici dovevano governare il mondo. È costituito da 5 membri permanenti con diritto di veto e
10 eletti a turno. Adotta decisioni vincolanti per gli Stati e può decidere l'intervento armato dei
caschi blu;
- alcune agenzie dell'ONU, come la FAO e l’UNESCO, sono frutto del principio di solidarietà.
Fra il luglio e l'ottobre 1946 si svolse a Parigi la Conferenza di pace. Ma in realtà il futuro dei vari
territori non fu deciso tanto dalle trattative, quanto dalle occupazioni militari: infatti furono gli
eserciti a disegnare i nuovi confini del mondo. A Parigi non fu neanche possibile trovare un'intesa
per definire la nuova sistemazione della Germania. Il paese così venne diviso in due parti che
corrispondevano ai territori occupati dagli eserciti:
- a Ovest, nella zona controllata dagli anglo-americani, nacque la Repubblica Federale
Tedesca: uno stato democratico alleato delle potenze occidentali;
- a Est, nella zona occupata dall'armata rossa, si costituì la Repubblica Democratica Tedesca:
uno stato comunista alleato dell'Unione Sovietica.
Anche Berlino venne divisa in due parti:
- Berlino Est, controllata dai Sovietici;
- Berlino Ovest, formata dalle tre zone della città controllate da americani, inglesi e francesi.
L'Austria tornò dipendente, l’ URSS recuperò i territori persi con la prima guerra mondiale e ne
ottiene altri, l'Italia perse le colonie e cedette zone di confine. il Giappone restò sotto
l'occupazione americana fino al 1951.
2. La divisione del mondo
Dopo la guerra contro il comune nemico nazista, le differenze tra i paesi dell'Occidente e l'Unione
Sovietica non potevano più essere nascoste. Il 5 marzo 1946, Winston Churchill pronunciò un
discorso diventato famoso in cui parlava della cosiddetta cortina di ferro, che separava
nettamente il “mondo libero” da quello comunista. Le due superpotenze diffidavano l'una
dall'altra ed era evidente che non potevano continuare a collaborare. Stalin temeva che i paesi
capitalisti avrebbero aggredito l'Unione Sovietica e la politica americana cambiò nettamente
quando morì Roosevelt. Latente fino ad allora, la rivalità esplose con le elezioni di Harry Truman,
che riteneva necessario aiutare l'Europa nella ricostruzione per evitare che il comunismo si
espandesse. Per sostenere i paesi europei, Truman fece organizzare un grande programma di aiuti.
Nel 1947, il generale Marshall propose alle nazioni europee un aiuto economico di grande respiro.
Noto come piano Marshall, il programma di aiuti americani, per una cifra globale di quasi 14
miliardi di dollari, ebbe come destinatari solo i paesi dell'Europa occidentale. Entrò in funzione nel
1948 e durò fino al termine del 1951. Il piano Marshall fu decisivo nel favorire la straordinaria
ripresa dell'economia europea e rafforzò i legami del mondo occidentale con gli Stati Uniti. il 4
aprile 1949 gli stati occidentali firmarono il Patto Atlantico. Con tale patto tutti questi stati si
organizzavano in un'alleanza militare: la NATO a difesa nel mondo Libero. Prendendo a pretesto
l'entrata della Repubblica federale tedesca nella NATO, nel 1955 anche i paesi comunisti si unirono
in un'alleanza militare: il Patto di Varsavia.
Il mondo era ormai diviso in due blocchi contrapposti:
- quello occidentale, guidato dagli Stati Uniti, caratterizzato da un'economia capitalista e da
un’organizzazione politica liberale ;
- quello comunista, guidato dal Unione Sovietica, caratterizzato da un'economia controllata
dallo Stato e dal organizzazione politica totalitaria
La divisione delle zone di influenza si impose come la soluzione più semplice per evitare uno
scontro totale tra i blocchi. In effetti, questa guerra che avrebbe posto di fronte le due
superpotenze fu evitata. Non furono però evitate decine di guerre locali e quello scontro
sistematico tra USA e URSS che è stato chiamato guerra fredda: una guerra non combattuta con le
armi da fuoco, ma con quelle nella diplomazia, dell'economia, e dell'ideologia. La pace fu garantita
anche dall'equilibrio del terrore, ossia il terrore di una guerra atomica.
Una delle caratteristiche della guerra fredda consiste nel fatto che non ebbe inizio in una data
precisa. Questo perché fu la guerra anomala, non dichiarata, per cui tra gli storici c’è chi fa iniziare
la guerra fredda:
- nel 1945, con la fine della seconda guerra mondiale e lo scoppio della bomba atomica su
Hiroshima e Nagasaki:
- nel 1946, con il discorso in cui Winston Churchill affermò che era calata una Cortina di
ferro;
- nel 1947, con il discorso di Truman: questa è la data abitualmente più usata perché questi
discorsi annunciarono che il mondo era irrimediabilmente diviso in due blocchi con valori
inconciliabili.
3. La propaganda del piano Marshall
Tra le azioni intraprese dagli Stati Uniti alla fine della seconda guerra mondiale, il piano Marshall
senza dubbio quella più ambiziosa: non si tratta infatti soltanto di un programma di aiuti economici
ma di una grande opera di propaganda in favore degli Stati Uniti e del capitalismo. Il piano
Marshall firmato a Parigi nel 1947, con un trattato bilaterale dagli Stati Uniti e i paesi europei
beneficiari degli aiuti. Gli Stati Uniti consideravano l'Italia il paese a più alto rischio di rivoluzione
comunista. Pr questo fu messa in moto una vasta propaganda anticomunista che però non fermò,
come in Francia, la crescita del Partito Comunista Italiano e dei sindacati.
Il piano Marshall si rivelò un formidabile strumento per radicare il potere e la mentalità degli Stati
Uniti in Europa e congiuntamente nello sradicare qualsiasi tentazione comunista. Infine, in ambito
economico, al piano Marshall va certamente il merito di aver permesso ad alcuni paesi, come
l'Italia, di superare gravi penurie alimentari e di aver procurato all'Europa i fondi necessari a
risollevarsi.
4. La grande competizione
Dopo la fine della guerra mondiale, la decolonizzazione portò all'indipendenza di numerose
nazioni asiatiche e africane: molte di queste vennero più o meno esplicitamente aiutate
economicamente dalle due superpotenze per garantirsene l’inclusione nella propria sfera di
influenza. Tuttavia alcuni stati si collocarono oltre la logica dei Blocchi. L’atto ufficiale di nascita del
movimento neutralista internazionale può essere considerato la Conferenza di Bandung (aprile
1955), a cui parteciparono 29 paesi africani e asiatici. L’India fu tra i più decisi promotori della
conferenza. Tra i Paesi neutralisti va segnalata la Jugoslavia di Tito, leader di uno Stato comunista
e federale, che si scontrò con l'Unione Sovietica e ruppe i rapporti con Mosca per difendere
l'indipendenza del suo paese. Insieme all'Egitto e all'india, la Jugoslavia fondò in settembre nel
1961, a Belgrado, il movimento dei non allineati, cioè il movimento di quegli stati che non si
schierarono né con gli Stati Uniti nel con l’Unione Sovietica. Alla Conferenza di Belgrado
parteciparono 25 paesi.
Negli anni della guerra fredda Stati Uniti e Unione Sovietica cercarono di estendere le proprie zone
di influenza, sostenendo governi a loro favorevoli in diversi parti del mondo. Per questo entrarono
più volte in contrasto, sfiorando l'esplosione di una guerra vera e propria. La prima grave crisi
riguardò Berlino. Una parte della città era controllata dalle potenze occidentali, ma Berlino si
trovava interamente nella Germania comunista. Nel giugno 1948 i sovietici decisero di bloccare
ogni via di accesso alla città, così da impedirne il rifornimento. In questo modo speravano di
indurre gli occidentali ad abbandonare la zona della città da loro occupata. la crisi si risolse senza
conseguenze militari e Berlino rimase divisa in due.
La seconda crisi esplose in Asia, un’area che, dopo l'affermazione del governo comunista di Mao
Zedong in Cina, sembrava destinata a cadere prevalentemente sotto l'influenza Sovietica. Fu
proprio in Asia che scoppiò il primo conflitto “caldo” legato alla guerra fredda: la guerra di Corea
(1950-1953) . Alla fine della seconda guerra mondiale la Corea era stata divisa in due parti la Corea
del Nord, guidata da un governo comunista, e la Corea del Sud, alleata degli americani. Ma
entrambe le coree rivendicavano la sovranità di tutto il territorio nazionale. Dopo alcuni incidenti
di frontiera, nel giugno 1950 la Corea del Nord, armata Dai sovietici, aggredì quella del Sud. Nella
guerra intervennero gli americani riuscendo rapidamente a respingere i nordcoreani e anche la
Cina di Mao, inviando un cospicuo numero di volontari. In poche settimane le truppe cinesi
capovolsero le sorti del conflitto e penetrarono nella Corea del Sud. Nel 1951 decise di avviare
delle trattative. la guerra terminò nel 1953 con la riaffermazione del vecchio confine.

LA DECOLONIZZAZIONE
1. La decolonizzazione in Medio Oriente
Nei primi decenni del Novecento si sviluppò nel Medio Oriente un movimento nazionale arabo
che si risolse prima contro la dominazione ottomana e in seguito contro le potenze colonialiste.
Alla fine della prima guerra mondiale , Francia e Gran Bretagna si erano accordate per spartirsi i
territori meridionali: la Francia aveva ottenuto il mandato in Siria e in Libano , la Gran Bretagna in
Iraq e Palestina. I mandati dovevano avviare all’indipendenza i popoli sottomessi, ma solo l’Iraq
raggiunse presto l’indipendenza; gli altri paesi dovettero attendere la seconda guerra mondiale.
Durante il conflitto Churchill appoggiò decisamente le rivendicazioni nazionaliste arabe. La
pressione inglese indusse la Francia a riconoscere formalmente l’indipendenza di Libano e Siria.
Nel frattempo, nel 1945, era nata la Lega Araba, un’unione di Stati arabi con obiettivi di
cooperazione economica e politica.
Dopo la shoah, il movimento favorevole alla nascita di uno Stato ebraico si rafforzò. Le
organizzazioni militari ebraiche passarono alla lotta armata in Palestina, che era governata dagli
Inglesi. L’ONU nel 1947 propose di dividere la regione in due Stati, uno ebraico e uno arabo. Gli
ebrei accettarono la spartizione, ma la Lega Araba rifiutò e si dichiarò pronta a combattere. Il
maggio del 1948, alla partenza degli Inglesi , nacque lo Stato di Israele. Il giorno dopo la Lega
Araba attaccò. La prima guerra arabo-israeliana si risolse con la sconfitta delle truppe arabe e
l’affermazione definitiva dello Stato d’Israele.
Al termine del conflitto , Israele aveva allargato i suoi confini , e la creazione di uno Stato arabo
non fu più possibile. Un milione di profughi arabi fuggirono dai territori conquistati dagli Israeliani
per rifugiarsi nei paesi vicini: nacque così la questione palestinese. Nel 1969 fu creata
l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina(OLP) , allo scopo di combattere gli israeliani e
creare uno stato palestinese. I conflitti durano ancora oggi.

LA DISTENSIONE
1. Il disgelo
Il 5 marzo 1953 morì Stalin e ciò favorì una nuova fase. Al Cremlino si insediò infatti un nuovo
gruppo dirigente nel quale si distingueva Nikita Kruscev, che dimostrò di voler chiudere l’epoca
oscura dello stalinismo:
-promosse un vasto programma di riforme per modernizzare la società sovietica e migliorare le
condizioni di vita della popolazione;
-cercò di migliorare le relazioni con il mondo occidentale. Infatti secondo Kruscev l’Unione
Sovietica doveva sconfiggere gli Stati Uniti non attraverso la guerra ma dimostrando superiorità
del sistema comunista rispetto a quello capitalista.
Nel frattempo negli Stati Uniti era diventato presidente Eisenhower, che sostenne la necessità di
irrigidire ancora di più la condotta americana nei confronti dell’Unione Sovietica, passando da una
politica di contenimento del comunismo a una che mirava a farlo arretrare.
Queste posizioni resero possibile la Conferenza di Ginevra(luglio 1955) in cui per la prima volta le
superpotenze riallacciarono il dialogo. Iniziò così la fase della distensione: il contrasto e la
competizione tra USA e URSS restarono ma senza le tensioni e gli eccessi degli anni precedenti.
Nel 1956, al XX Congresso del PCUS, Kruscev fece una denuncia dei crimini di Stalin dando inizio a
una nuova fase , il cosiddetto “disgelo “: le accuse andavano dal culto della personalità alle
ingiuste condanne di migliaia di attivisti, alla rottura con Tito . Le accuse restavano però
approssimative , e certo non mettevano in discussione la legittimità del monopolio del potere da
parte del PCUS.
Nel 1968 il leader cecoslovacco Dubcek tentò di liberalizzare l’economia e di creare un “socialismo
dal volto umano”. Ma l’URSS , temendo che l’iniziativa mettesse in discussione la scelta socialista ,
mandò a Praga l’Armata Rossa, e pose fine alla “primavera di Praga”, come venne chiamato quel
periodo. La giustificazione di questo intervento è passata alla storia come la teoria della sovranità
limitata. In essa si affermava che nessun paese del blocco comunista era libero di cambiare
sistema politico ed economico.
2. La “nuova frontiera”
Nel gennaio 1961 divenne presidente degli Stati Uniti John F. Kennedy, che ebbe subito grande
popolarità per il suo stile personale e si impegnò in una battaglia per rinnovare la società
americana e per favorire la distensione Internazionale.
In particolare aumentò la spesa sociale e quella per la ricerca spaziale perché la società americana
varcasse una nuova frontiera culturale e scientifica. Si aprì anche alla distensione con l’URSS. Però
sul piano Internazionale la tensione rimaneva alta. Nel giugno 1961 Kennedy incontrò per la prima
volta Kruscev, ma l’incontro risultò un fallimento e non si riuscirono ad accordare sulla sorte di
Berlino, che rimase divisa in due. Infatti l’Unione Sovietica due mesi dopo, fece costruire un muro
che attraversava la città di Berlino così da dividere il settore orientale da quello occidentale. Da
allora il Muro di Berlino divenne il simbolo della guerra fredda.
Intanto a Cuba una rivoluzione aveva portato al potere(gennaio 1959) un governo di tendenze
marxiste guidato da Fidel Castro; numerose pressioni furono esercitate su Kennedy affinché fosse
eliminato un pericolo comunista così vicino. Il presidente diede il suo avallo a una spedizione di
esuli cubani appoggiati dai servizi segreti americani; costoro riuscirono a sbarcare sull’isola (nella
Baia dei porci) ma ebbero la peggio nello scontro con l’esercito cubano(aprile 1961). Questa
sconfitta gravò pesantemente sulla popolarità di Kennedy, il quale si risolse a decretare un
embargo totale verso Cuba.
Castro si avvicinò all’URSS, che impiantò sull’isola alcune basi per missili nucleari . Kennedy , però,
ordinò un blocco navale dell’isola (23 ottobre 1962). L’Unione sovietica a questo punto fece
marcia indietro e smantellò i missili da Cuba. Solo il grave incidente dei missili a Cuba, nel 1953
Kennedy e Kruscev firmarono un importante trattato in cui venivano bandito gli esperimenti
atomici nell’aria.
3. La guerra del Vietnam
La lotta per l’indipendenza del Vietnam aveva allontanato i francesi dalla penisola indocinese. Si
era conclusa nel 1954 con gli accordi di Ginevra, che avevano diviso il paese in due: la Repubblica
comunista del Nord e quella del sud. Contro il governo del sud, la protesta si organizzò in un
movimento comunista di guerriglia, chiamato Vietcong, appoggiato dal Vietnam del Nord. Per
paura che l’intero paese diventasse comunista, gli Stati Uniti decisero di inviare truppe. Un banale
incidente avvenuto nel Golfo del Tonchino (agosto 1964), venne infatti enfatizzato dai mass-
media. Alcuni vedono in questo episodio la svolta dell’impegno americano. In realtà dal 1956 in
poi gli Stati Uniti sfruttarono ogni pretesto per accrescere la loro presenza in Vietnam al fine di
impedire al comunismo di espandersi in quell’area. Nel 1965 il nuovo presidente Lyndon Johnson
decise di intervenire massicciamente, dando il via una serie di bombardamenti su tutto il territorio
del Vietnam del Nord, senza che vi fosse stata alcuna dichiarazione di guerra. Ma il Vietcong,
appoggiato dalla unione sovietica e dalla Cina, logorò le forze americane.
Nel 1968 i Vietcong lanciarono nel Vietnam del sud una grande offensiva. Quest’offensiva anche
se non ottenne risultati militari, fece comprendere agli americani l’impossibilità di giungere a una
rapida vittoria. La guerra si trascinava ormai da anni ed era sempre più invisa all’opinione pubblica
americana. Per queste ragioni, nel marzo del 1968, Johnson ordinò la sospensione dei
bombardamenti e annunciò contemporaneamente che non si sarebbe presentato alle elezioni
presidenziali di quell’anno. Il suo successore, il repubblicano Richard Nixon, avviò le trattative di
pace e ridusse l’impegno militare americano.
La guerra si concluse nel 1973 con un armistizio firmato a Parigi che prevedeva il graduale ritiro
del contingente americano. La riunificazione del paese avvenne il 30 aprile 1975 quando i Vietcong
e i nordvietnamiti, sconfitto l’esercito sudvietnamita, entrarono a Saigon, la capitale del Vietnam
del sud. Il Vietnam fu riunificato sotto il regime comunista e si avvicino all’unione sovietica,
ponendosi in contrasto con la Cina.
Gli Stati Uniti vissero con la guerra del Vietnam uno dei periodi più difficili della loro storia
recente: oltre all’insuccesso militare e alla generalizzata riprovazione internazionale, gli americani
dovettero affrontare una lacerante contestazione interna. infatti vi fu una un’aspra contestazione
interna sulla necessità di inviare giovani americani a morire in Vietnam e ci si interrogò anche sulle
ragioni dell’impossibilità di sconfiggere il piccolo Vietnam. A questi interrogativi il governo
rispondeva che:
- la guerra era necessaria, in quanto occorreva impedire al comunismo di espandersi in
Vietnam, e da lì conquistare tutta l’Asia sud orientale;
- Le difficoltà nascevano dal fatto che il Vietnam del Nord non combatteva in modo
tradizionale, schierando in campo aperto il proprio esercito, ma usava il metodo della
guerriglia, decisamente più difficile da affrontare Danny entrare da parte di un esercito
preparato per un altro tipo di guerra.
La sconfitta americana portò come contraccolpo alla costituzione di regimi comunisti anche in Laos
e in Cambogia: in quest’ultimo paese andarono al potere i cosiddetti Khmer rossi, un gruppo di
guerriglieri comunisti che diedero vita a durissime misure di repressione: un vero e proprio
sterminio.
4. La contestazione del 68
Contro la guerra del Vietnam polemizzò duramente il sessantotto: il movimento nazionale che
esplose nel 1968 con una serie di grandi agitazioni nelle università, nelle scuole secondarie, nelle
fabbriche nelle piazze. Ne furono protagonisti i giovani: uno scontro generazionale senza
precedenti nella storia. I giovani infatti non sono sempre esistiti , almeno come noi oggi li
intendiamo: un gruppo sociale caratterizzato da valori, simboli e gusti propri. In questo senso i
giovani iniziano a esistere solo con la piena maturazione della società di massa. Ai giovani
statunitensi si affiancarono quelli europei nel manifestare un’insofferenza generale per il mondo
degli adulti ritenuto nevrotico e falso. Il punto più alto della crisi fu avvertito, quasi
contemporaneamente nel 1968. Fu allora che milioni di giovani scesero in piazza per contestare il
sistema e sottoporre a critica radicale le istituzioni e i fondamenti stessi della società in cui
vivevano.
Tutti i grandi centri universitari europei vennero toccati, ma anche l’altra parte del mondo, quella
comunista, venne attraversata in molti punti dalla volontà di cambiamento: la primavera di Praga e
la rivoluzione culturale cinese di Mao furono eventi che fecero sentire ai giovani un senso di
solidarietà cosmopolita. Se in America la contestazione ebbe come obiettivi il modello di vita
occidentale e la partecipazione degli Stati Uniti alla guerra del Vietnam, in Europa la presenza di
forti partiti di sinistra spinse il movimento giovanile a sostenere le lotte sindacali.

L’ITALIA REPUBBLICANA: DALLA RICOSTRUZIONE AGLI ANNI DI PIOMBO


2. Dalla monarchia alla repubblica
Nel giugno 1945 nacque il primo governo del dopoguerra, una coalizione dei partiti antifascisti,
presieduto da Ferruccio Parri, uno dei capi della Resistenza. La coalizione di divise in due
schieramenti:
- la democrazia Cristiana, i ceti medi, la borghesia, gli imprenditori:
- il Partito Comunista , la classe operaia, il proletariato contadino.
I primi facevano riferimento agli USA; i secondi, all’Unione Sovietica.
La tensione era alta e si temeva la guerra civile, ma il Partito Comunista aveva rinunciato a
conquistare il potere attraverso la rivoluzione. Anche il suo segretario, Palmiro Togliatti, temeva il
rischio di una drammatica guerra civile e per questo motivo sia Togliatti sia Pietro Nenni, leader
dei socialisti, richiedevano con forza le elezioni a breve termine per l’Assemblea Costituente che
avrebbe dovuto disegnare la nuova forma dello Stato Italiano. Ma su questo punto ebbe la meglio
il leader della Democrazia Cristiana, Alcide De Gasperi, che convinse le sinistre a rimandare le
elezioni.
Dopo la caduta del governo Parri, il 10 dicembre 1945 De Gasperi divenne presidente del
Consiglio. Nenni ottenne la carica di vicepresidente e Togliatti il ministero di Grazia e Giustizia. De
Gasperi fu il primo esponente di un partito dei cattolici a guidare un esecutivo nella storia d’Italia.
Il primo compito del governo fu quello di portare il paese «dalle armi al voto», sciogliendo insieme
il delicato nodo istituzionale: ossa quale forma dare allo Stato italiano, Monarchica o repubblicana.
Il dibattito tra i partiti antifascisti fu molto aspro. Lo scontro verteva in particolare sui poteri da
conferire all’Assemblea Costituente. De Gasperi temeva che una Costituente «sovrana», cioè con
ampi poteri, avrebbe finito per assomigliare alla Convenzione Nazionale della rivoluzione francese.
Si oppose con tutte le sue forze e ottenne che la scelta istituzionale fosse affidata a un referendum
popolare e che la Costituente si limitasse a elaborare e approvare la nuova Costituzione.
Il 2 giugno del 1946 gli Italiani si recarono in massa alle urne per scegliere tra monarchia e
repubblica e, contemporaneamente, eleggere i deputati della Costituente. Si trattò delle prime
elezioni veramente a suffragio universale della storia d'Italia, nelle quali il diritto di voto fu
riconosciuto anche alle donne. Nel referendum istituzionale prevalse, seppur di poco, la
repubblica. I repubblicani conquistarono la maggioranza nel Centro e nel Nord (con l'eccezione di
Cuneo e Padova); la monarchia vinse al sud.
La costituente si riunì il 25 giugno 1946 e designò come suo presidente il socialista piemontese
Giuseppe Saragat. Il 28 giugno l’assemblea elesse il giurista napoletano Enrico De Nicola come
capo provvisorio dello stato.
La Costituente nei diciotto mesi successivi alla sua elezione si dedicò con fervore alla stesura della
Costituzione della Repubblica italiana, che venne approvata il 22 dicembre del 1947. Entrò in
vigore l' 1 gennaio 1948. Nel complesso la Costituzione si configura come un buon compromesso
tra le diverse culture (cattolica, liberal-democratica e socialista) delle forze politiche italiane.
Lo scontro più duro si ebbe forse quando De Gasperi propose di recepire nella nuova Costituzione
il Concordato con la Chiesa cattolica del 1929. I partiti laici e i socialisti erano contrari,
inaspettatamente , però, la proposta venne approvata dai comunisti. L'articolo 7 venne così
approvato con il voto contrario dei partiti laici e del Partito Socialista (maggio 1947).
La Costituzione della Repubblica italiana si compone di 139 articoli, cui si aggiungono 18
«disposizioni transitorie». È divisa in due parti, precedute da una solenne enunciazione dei princìpi
fondamentali (articoli 1-12). Gli organi dello Stato sono il Parlamento, il Governo, la Magistratura
e il presidente della Repubblica.
- Il Parlamento, che esercita il potere legislativo, è l'organo centrale della vita dello Stato, Si
compone di due camere (Camera dei deputati e Senato della Repubblica).
- Al Governo, formato dal Presidente del Consiglio e dai ministri, spetta il potere esecutivo, cioè
quello di far eseguire quanto previsto dalle leggi.
- Alla Magistratura spetta il potere giudiziario o giurisdizionale, necessario per risolvere secondo il
diritto le controversie che possono sorgere tra i cittadini e tra i cittadini e lo Stato, nonché di
punire le violazioni della legge.
A capo dello Stato vi è il presidente della Repubblica. Egli non è capo del Governo, ma ha
comunque fondamentai poteri di rappresentanza dell’unità nazionale, di controllo del
funzionamento degli altri organi dello stato e di garanzia istituzionale.
-La forma di governo è dunque rappresentativa e parlamentare:
- rappresentativa perché i cittadini non esercitano direttamente il potere decisionale (salvo il caso
dei referendum), ma delegano il compito ai propri rappresentanti, eletti a suffragio universale; - - -
parlamentare perché il Governo risponde del suo operato alle Camere, dove si forma una
maggioranza che lo sostiene. Nel 1955, infine, venne istituita la Corte Costituzionale, organo che
soprattutto deve verificare se le leggi varata dai governi siano o meno costituzionali.
Tra le questioni più delicate che il governo De Gasperi dovette affrontare nell'autunno del 1946 vi
fu quella del trattato di pace in discussione alla Conferenza di Londra. L'atteggiamento delle
potenze vincitrici non fu tenero verso l'Italia, perché questa era comunque considerata
responsabile dei misfatti del fascismo nonostante il radicale mutamento di regime politico.
Il trattato di pace venne firmato nel febbraio 1947 e le condizioni per l'Italia furono molto dure:
perdita di gran parte della Venezia Giulia, internazionalizzazione di Trieste, perdita delle colonie
africane, riparazioni da pagare ai paesi aggrediti.
Sempre nei primi mesi del 1947, De Gasperi si recò negli Stati Uniti. Colse probabilmente
l’occasioni per spiegare agli Americani, ancora diffidenti, che la DC era la sola forza moderata
capace di rappresentare un argine contro il comunismo. Tornò con un prestito all'Italia del valore
di 100 milioni di dollari (poco più che simbolico), ma con la certezza di aver consolidato l'amicizia
con l’America. Quando il 12 marzo 1947 il presidente Truman tenne al Congresso il famoso
discorso nel quale esprimeva la preoccupazione per la crescente influenza sovietica sui Paesi
dell'Europa orientale, divenne per tutti chiaro che la collaborazione tra Democrazia Cristiana e
Sinistre era ormai impossibile. Nel maggio 1947, infatti, De Gasperi varò un nuovo governo del
quale non facevano più parte le Sinistre. Iniziò così una nuova fase politica, detta del centrismo,
perché caratterizzata da governi imperniati sulla DC .
In un clima di grande passione e di dura contrapposizione ideologica il 18 aprile 1948 si svolsero le
elezioni politiche. Le votazioni assegnarono alla DC una vittoria clamorosa.
La guerra tra antifascismo e fascismo era ormai del tutto conclusa, ma cedeva il passe «guerra di
religione» tra comunismo e anticomunismo. La tensione di questi mesi trova conferma
nell'attentato a Togliatti del 14 luglio 1948 e la rivoluzione sembrò di nuovo imminente, ma lo
stesso Togliatti il gruppo dirigente comunista scoraggiarono l’insurrezione.
5. Il centrismo
La fase del centrismo, varata con l’estromissione delle sinistre dell’esecutivo, vide al governo la DC
alleata con partiti minori di centro. De Gasperi attuò una politica aperta alle esigenze sociali:
realizza la riforma agraria e creò la Cassa per il Mezzogiorno, un ente destinato a finanziare lo
sviluppo del Meridione.
Nonostante la ricostruzione, però, povertà e disoccupazione non erano scomparse. Le riforme
erano criticate, anche all’interno della maggioranza. Ci furono contestazioni di piazza, represse
duramente. La DC, che perdeva consensi, varò nel 1953 una riforma del meccanismo elettorale
(legge truffa) che avrebbe reso più stabile la maggioranza. Ma le lezioni non ebbe risultati sperati.
Durante i successivi governi del DC il quadro politico si fece più stabile. Occorreva ampliare la
maggioranza parlamentare. La DC dapprima si appoggiò la destra, poi, anche per le proteste di
piazza, scelse di allearsi con il PSI.
6. Il “miracolo economico”
Prima del miracolo economico degli anni 1958-1963 l’Italia era un paese agricolo, arretrato e con
un basso tenore di vita. Il miracolo inizia con l’ingresso dell’Italia nella CEE e terminò all’epoca del
primo governo organico di centro sinistra.
Il cambiamento fu dovuto a diversi fattori: l’impegno degli imprenditori, degli operai e di
personalità dell’economia e della politica, come Enrico Mattei;
- la generale espansione dell’economia mondiale;
- il basso costo della manodopera;
- la costruzione delle infrastrutture, favorita dei governi centristi.
Il primo segno del benessere fu la diffusione di beni di consumo di massa, soprattutto i veicoli a
motore e gli elettrodomestici. L’avvento della televisione favorì l’unificazione culturale del paese.
Non tutta l’Italia però conobbe il boom: si accrebbe drammaticamente lo squilibrio tra il Nord
sviluppato e il sud abbandonato alla sua secolare arretratezza. Molte famiglie del sud furono
costrette a emigrare, non più all’estero ma dalla campagna alla città e dal sud al nord, verso le
grandi città industriali, come Torino e Milano.
Sul piano politico il boom comportò il superamento del centrismo: furono i governi centro-sinistra
a governare questa tumultuosa trasformazione e a tentare di correggere gli squilibri economici e
sociali. La nascita del centro sinistra fu favorita da avvenimenti interni internazionali:
- l’avvento di Kennedy alla presidenza degli Stati Uniti favorì l’incontro tra cattolici e socialisti;
- Papa Giovanni XXIII ammorbidì la posizione della Chiesa nei confronti dei movimenti socialisti.
Aldo moro, segretario della DC dal 1959 al 1165 fu il più preciso è il più deciso artefice del centro
sinistra. Dialogò con i socialisti, che dopo l’invasione dell’Ungheria da parte dell’unione sovietica si
erano allontanati definitivamente dai sovietici.
6. Dal centro-sinistra all’”autunno caldo”
Dopo le proteste suscitate dai governi che si erano appoggiati alla destra, la DC si avvicinò ai
socialisti. Nel 1962, il governo Fanfani segnò la nascita del centro sinistra. Con il governo Moro del
1963 anche i socialisti entrano nell’esecutivo. Con il passare degli anni il centro-sinistra perse lo
slancio riformatore, anche a causa di contrasti tra i partiti del centro e il PSI sul modo di affrontare
la congiuntura economica. Il governo tentò di attuare la pianificazione economica: lo Stato doveva
guidare lo sviluppo. I risultati furono scarsi: le aziende pubbliche create risultarono poco
produttive e molte delle riforme annunciate non vennero la realizzate. Il boom rappresentò
un’occasione mancata per modernizzare il paese.
Dal settembre al dicembre 1969 in Italia vi furono intense lotte operaie. I lavoratori videro
soddisfatte tutte le loro rivendicazioni, e le organizzazioni sindacali si rafforzarono. Nel 1970 il
risultato delle lotte fu tradotto in legge: venne approvato lo Statuto dei lavoratori, che
riconosceva i diritti di questi ultimi. In generale, però, il sistema politico non fu in grado di
rispondere alle richieste di rinnovamento avanzate da diverse parti della società. Forse l’eredità
più durevole del 68 fu costituita dalle modificazioni della mentalità e del costume, l’Italia divenne
più laica e individualista. Paradossalmente si diffusero gli stili di vita propri di una società
capitalistica, all’opposto dei valori della contestazione che aveva esaltato l’egualitarismo, il
collettivismo e condannato il consumismo. Ne furono prova l’esito del referendum sul divorzio e
sull’aborto: entrambi furono approvati dagli italiani e ciò dimostrò anche l’indebolimento della
secolare influenza cattolica sul paese.
7. Gli anni di piombo
Il 12 dicembre 1969 a Milano, in piazza Fontana, scoppiò una bomba nella sede della Banca
Nazionale dell’agricoltura: vi furono 16 morti e 87 feriti. Iniziò con questo attentato il cupo periodo
del terrorismo politico che insanguinò il paese per tutti gli anni 70. In quest’epoca la democrazia
italiana subì l’attacco contemporaneo dell’estetismo di destra e di quello di sinistra:
- i terroristi di destra si sentivano gli eredi della Repubblica di Salò: volevano riscattare la nazione,
che consideravano tradita da un falso parlamentarismo, così come era stata tradita in passato, a
loro avviso, dall’armistizio dell’8 settembre 1943;
- i terroristi di sinistra, invece, si proclamavano eredi dei Partigiani: i continuatori della resistenza,
secondo loro tradita dalla nuova Repubblica italiana; tradita in particolare dalla PCI che era sceso a
patti con i partiti borghesi e aveva rinunciato alla rivoluzione.
È controverso se il terrorismo sia stato o meno un’eredità delle lotte sociali di fine anni 60. Le lotte
studentesche e operaie furono talvolta violente, e negli anni 60 nacquero i primi nuclei
rivoluzionari antidemocratici. D’altra parte, la logica militaristica dei gruppi terroristici fu antitetica
rispetto alla carica antiautoritaria che aveva caratterizzato il 68. Inoltre movimento puntava sulla
mobilitazione delle masse, non su iniziative isolate clandestine. In ogni caso, il terrorismo contribuì
alla crisi delle lotte promosse da studenti e operai.

IL MONDO NEL TERZO DOPOGUERRA


1.Il crollo del comunismo
Nel corso degli anni 80 il blocco comunista entrò progressivamente in una grave crisi. Le proteste
e le rivolte dapprima interessarono la Polonia, soprattutto dopo che un cardinale polacco divenne
papa (Giovanni Paolo II 1978), Ma fu con l'avvento alla guida dell'Unione Sovietica di Michail
Gorbaciov, nel 1985 che la crisi maturò veramente. Gorbaciov attuò riforme economiche e
istituzionali inconciliabili con il vecchio sistema. ciò diede la speranza di cambiamenti radicali nei
paesi comunisti. La caduta dei diversi regimi comunisti segnò l'inizio di una nuova epoca: il
cosiddetto terzo dopoguerra.
Il crollo del Comunismo iniziò dagli Stati satelliti dell'Unione Sovietica. Uno dei primi segni del
tracollo incombente si ebbe in Ungheria. Il 2 maggio 1989 venne presa la decisione di abbattere il
filo spinato, la cortina di ferro sul confine con l'Austria: attraverso questo inaspettato varco,
migliaia di abitanti della Germania Orientale potevano recarsi, con un lungo viaggio, in Occidente,
in particolare nella Germania federale. Sempre in Ungheria, nelle elezioni del 28 marzo 1990 si
affermò il partito di centro. Nella Repubblica Democratica tedesca le fughe di massa condussero,
nell'ottobre del 1989, a una crisi di governo ma il 24 il 25 ottobre 1989 cominciano, a Dresda ,
Berlino poi anche Lipsia, manifestazioni di popolo sempre più imponenti: i dimostranti chiedevano
libertà e democrazia. Dopo l'annuncio dell'apertura delle frontiere tra le due Germanie, il 10
novembre 1989, tutti i gruppi di cittadini della Germania Est diedero l'assalto al Muro di Berlino e
l’attraversarono. Poi iniziarono la demolizione. Il simbolo della guerra fredda, della divisione del
mondo e dell'Europa era ormai un cumulo di macerie. Nel marzo del 1990, nella Germania
orientale, si tennero le prime elezioni libere che diedero un verdetto favorevole alla riunificazione:
dopo circa 40 anni, il 2 ottobre 1990 la Germania tornava unita.
In Polonia, Ungheria e Bulgaria , Cecoslovacchia le libere elezioni portarono alla fine del regime
comunista. Solo in Romania il trapasso avvenne in modo violento . Anche la Iugoslavia abbandonò
il comunismo e emersero tensioni nazionalistiche che in seguito condussero a una guerra.
In Unione Sovietica, dopo la svolta attuata da Gorbačev, per tutto il corso del 1990 e per buona
parte del 1991 crebbe l'opposizione alle riforme da parte dei nostalgici del vecchio sistema
politico. Gorbačëv (presidente dell'Unione Sovietica) trovò l'appoggio dei radicali di Boris Eltsin
(1931), che nel giugno del 1991 venne eletto presidente della Repubblica russa . Ma esercito,
servizi segreti e Partito Comunista si costituirono in un blocco assai minaccioso,spingendo alle
dimissioni il ministro degli Esteri . Questa situazione raggiunse il culmine col clamoroso tentativo di
colpo di Stato del 19 agosto 1991. Un sedicente Comitato per lo stato d'emergenza, in cui
comparvero esponenti dei principali gruppi conservatori, dichiarò di dover sostituire, per motivi di
salute, Gorbačëv, in quel momento in Crimea. Il Comitato prendeva così posizione contro il
processo di riforme in atto. Mentre a Mosca affluivano carri armati, fu il Parlamento russo, con a
capo Eltsin, a opporsi al golpe. Nonostante un tentativo di impiego della forza, i congiurati, del
tutto privi dell' appoggio popolare e divisi al proprio interno, si diedero alla fuga il 21 agosto.
Vennero però subito arrestati. Gorbaciov poté tornare a Mosca, che però era indebolito.
Il 21 dicembre 1991, 11 delle 15 repubbliche facenti parte dell’Unione Sovietica hanno decretato
la nascita della Comunità degli Stati Indipendenti ,CSI. Il 25 dicembre Gorbaciov ha dato le
dimissioni: l’Unione Sovietica era finita e si apriva per il mondo una nuova epoca.
La Russia nel decennio 1991-2001 si avvia al capitalismo in modo drammatico: calo della
produzione , disoccupazione, alcolismo, corruzione erano i problemi più visibili che si
aggiungevano alla grave questione del risorgere dei nazionalismi. Alla fine degli anni Novanta
Eltsin lasciò il potere a Putin , un uomo forte del vecchio regime, che intendeva restituire alla
Russia un ruolo da grande potenza. Tra le sue più importanti iniziative c’è quella che riguarda la
Cecenia, una regione ricca di petrolio, che rivendicava la propria indipendenza ma che la Russia
non era disposta a concedere. Da questa tensione derivò una prima guerra nel 1994 e una
seconda nel 1999 che favorì lo sviluppo del terrorismo e del radicalismo islamico. Una seconda
spina nel fianco di Putin è rappresentata dall’Ucraina: anche in questo caso il controllo delle
risorse energetiche presenti in Crimea è all’origine del conflitto. Nell’agosto 2014 l’esercito russo
sconfinò in territorio ucraino iniziando un conflitto di espansione territoriale. Un’ultima questione
nella politica estera di Putin riguarda la gestione della crisi in Medio oriente e la lotta allo stato
islamico: nell’ottobre 2015 Putin lancia un’operazione militare in Siria contro le milizie del nuovo
Stato islamico.
Dopo la morte di Mao la Cina avviò una serie di riforme che portarono a un importante sviluppo
economico. La politica economica del Paese si concretizzò nel “socialismo di mercato” che attirò
capitali stranieri grazie al basso costo della manodopera e alle esenzioni fiscali sugli investimenti.
Venne rilanciata la proprietà privata che produsse reddito da usare nei beni di consumo, con una
ricaduta positiva sulla produzione industriale. Questa politica portò a una crescita economica
straordinaria che tuttavia lasciò invariati alcuni gravi problemi: l’assenza di libertà politica , ampie
sacche di povertà , inquinamento ambientale e corruzione politica.
2. Il risorgere dei nazionalismi
Nel momento in cui i paesi dell’Europa orientale , con percorsi e tempi assai diversi, hanno
intrapreso la strada della democrazia , si è drammaticamente riproposto il problema delle
nazionalità. Problemi di carattere etnico sono sorti un po’ in tutti gli stati ex comunista : in
Cecoslovacchia il contrasto tra Cechi e slovacchi è sfociato , nel 1993, nello smembramento del
paese in due Stati Indipendenti: la Repubblica Ceca e la Repubblica Slovacca; in Bulgaria la
minoranza etnica turca si è risollevata dopo le repressioni subite dal regime comunista; l’Ungheria
spera di difendere ora con maggior successo la minoranza Ungherese in Romania, per anni
perseguitata. Ma le situazioni incomparabilmente più gravi si sono verificate in Unione Sovietica e
in Iugoslavia.
Nel suo immenso territorio, infatti, l’Unione Sovietica raccoglieva più di cento gruppi etnici, assai
diversi fra loro per razza, lingua e religione. Molto di questi si sono resi indipendenti nel 1991
come l’Estonia, la Lituania e Lettonia e poi Georgia , Armenia, Ucraina e Moldova.
In molte zone sono scoppiati conflitti etnici o politici. Mosca ha inviato l’esercito in Cecenia per
reprimere la lotta per l’indipendenza e in Ucraina per controllare la Crimea. Ci sono tensioni in
particolare nelle repubbliche asiatiche a maggioranza musulmana come in Kirghizistan,
Kazakistan, Uzbekistan, Turkmenistan.
3.La tragedia Iugoslava
Divisa in sei repubbliche autonome e due regioni sotto il controllo della Serbia, la Jugoslavia rivelò,
con il crollo del comunismo, la natura fittizia dell’unità costruita all’epoca diversa di Versailles e
tenuta sotto controllo dal regime comunista. Le crescenti difficoltà economiche, la scomparsa della
figura carismatica di Tito, l’indebolirsi dell’ideologia comunista scatenarono tensioni gravissime,
culminata nell’estate del 1991 in una vera guerra civile. In Serbia tali manifestazioni portarono a
un irrigidimento, richiesto spesso dalla piazza. Il nazionalismo serbo trovò il suo perno del partito
comunista e il suo ideale nella “Grande Serbia”. A questo progetto si opponevano la Croazia e la
Slovenia, divisa dalla Serbia per due motivi etnici, politici e religiosi; minoranze di opposte etnie si
trovano tuttora nelle varie repubbliche, rendendo più arduo qualsiasi tentativo di soluzione
indipendentista. Le sempre più aperte posizioni di distacco da Belgrado, espresse dall’Lubiana e
Zagabria, controllata da generali serbi, portarlo nell’estate 1991 all’inizio di una vera e propria
guerra che possiamo definire civile per molti aspetti e di secessione per altri. La
guerra rappresentò la fine della Jugoslavia di Tito:
- nel settembre 1991 si dichiarò indipendente la Macedonia;
- il 15 gennaio 1992 la Slovenia e la Croazia vennero riconosciute come Stati sovrani da
numerosi paesi, tra cui l’Italia;
- nel marzo 1992 si dichiarò indipendente la Bosnia-Erzegovina;
- nell’aprile 1992 Serbia e Montenegro costituirono la nuova Repubblica federale di
Jugoslavia ma poi si separarono dando vita a due Stati autonomi.
In Bosnia si scatenò un violento conflitto tra il gruppo serbo, fedele a Milosevic e i gruppi
musulmani e croati. Dopo quattro anni di crudele guerra civile, il 21 novembre 1995 musulmani,
croati e serbi hanno sottoscritto gli accordi di pace dai Dayton, che prevedeva il mantenimento di
uno Stato unitario di Bosnia, seppure ripartito in due entità autonome: la federazione croato-
bosniaca e la Repubblica serba di Bosnia: la capitale è rimasta Sarajevo, che non è stata divisa.

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