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ESTRATTO

B I B L I OT E C A DI «SIC ILIA ANTIQVA»


c ollana di retta da ernesto de miro

1.
UNIVERSITÀ DI PERUGIA

UNIVERSITÀ DELLA BASILICATA


scuola di specializzazione in arc heologia di matera

ENTE PARC O AGRIGENTO


SICILIA ellenistica,
C o N s u e t u d o i ta l i c a
ALLE ORIGINI D E L L’ A RC H I T E T T U R A
ELLENIST I C A D ’ O C C I D E N T E

spoleto
c omplesso monumentale di s. nic olò
5- 7 novembre 2004

a cura di
massimo osanna e mario torelli

ROMA
EDIZI ONI DELL’ATENEO
2006
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isbn 88-8476-104-2
SOMMARIO

Mario Torelli, Introduzione 11


Lorenzo Campagna, L’architettura di età ellenistica in Sicilia: per una rilettura del quadro generale 15
Massimo Osanna, Architettura pubblica e privata a Kossyra 35
Pierfrancesco Vecchio, Proposta preliminare di articolazione in fasi per l’abitato di Kossyra, Acropoli di S. Marco (saggi ix-x) 51
Thomas Schäfer, Decorazione architettonica e stucchi di Cossyra 57
Ernesto De Miro, Agrigento in età ellenistica. Aspetti di architettura 69
Gioacchino Francesco La Torre, Urbanistica e architettura ellenistica a Tindari, Eraclea Minoa e Finziade: nuovi dati e pro-
spettive di ricerca 83
Umberto Spigo, Tindari. Considerazioni sull’impianto urbano e notizie preliminari sulle recenti campagne di scavo nel settore
occidentale 97
M. Cecilia Parra, Note di architettura ellenistica a Segesta, intorno all’agorà 107
Rossella Giglio, Pierfrancesco Vecchio, Nuovi dati su Lilibeo ellenistica 123
Francesca Spatafora, Gilberto Montali, Palermo: nuovi scavi nell’area di Piazza della Vittoria 133
Chiara Pilo, La villa di Capo Soprano a Gela 153
Alessia Mancini, Architettura domestica a Morgantina 167
Chiara Albanesi, Architettura ellenistica a Solunto: un caso singolare di teatro-tempio? 177
Massimo Frasca, Centuripe ellenistica. Il quadro generale 193
Rosario P. A. Patané, Centuripe ellenistica. Nuovi dati dalla città 201
Enzo Lippolis, Ricostruzione e architettura a Taranto dopo Annibale 211
Fabrizio Pesando, Il ‘secolo d’oro’ di Pompei. Aspetti dell’architettura pubblica e privata nel ii secolo a.C. 227
Vassilis Tsiolis, Fregellae: il complesso termale e le origini degli edifici balneari urbani nel mondo romano 243
Jacopo Bonetto, Persistenze e innovazioni nelle architetture della Sardegna ellenistica 257
Jacopo Bonetto
PERSISTENZE E INNOVAZIONI
NELLE ARCHITETTURE DELLA SARDEGNA ELLENISTICA 1
1. Le architetture della Sardegna ellenistica: tura di vecchi e mal documentati scavi, 9 ma spesso non sono stati
le difficoltà della ricerca supportati (per reale impossibilità di operare) da nuove indagini
sul terreno tali da fornire basi di valutazione oggettiva per gli
I l tentativo di ricucire in un quadro d’insieme aspetti e proble-
mi delle architetture di Sardegna in età ellenistica si scontra
quasi irrimediabilmente con gravi lacune nella documentazio-
infiniti problemi aperti. Va inoltre tenuto presente che quan-
to si è potuto nel passato indagare dei centri urbani antichi ha
riguardato solo in minima parte le realtà architettoniche di età
ne che superano i limiti della fisiologica deficienza informativa ellenistica, poiché esse vennero per lo più fagocitate e seppellite
connessa alla ricerca archeologica. da un fastoso panorama monumentale di età imperiale eletto a
Va infatti valutato come il panorama degli studi nell’isola naturale bersaglio delle attenzioni e degli studi.
sia stato dominato a lungo da prevalenti interessi verso quegli Questa forte deficienza conoscitiva, accumulatasi per decen-
aspetti delle culture dell’età del Bronzo, la nuragica in primis, ni e concentrata proprio sulle testimonianze del periodo storico
che dell’isola risultavano assolutamente peculiari o caratteriz- che qui maggiormente interessa, è solo recentemente mitigata
zanti e capaci di evidenziare una sua propria e forte identità dalla ripresa di indagini archeologiche stratigrafiche in vari siti 10
differenziandola dal resto del mondo mediterraneo. Grande se- e da finalmente sistematiche, pur se ancora isolate, analisi e sin-
guito e riscontro ha altresì ottenuto in anni recenti e recentissimi tesi sull’architettura e l’urbanistica della Sardegna romana. 11
la scoperta degli esiti spesso straordinari della colonizzazione L’età ellenistica in Sardegna ci appare in sintesi come un pe-
fenicia nella parte meridionale dell’isola, proiettata sugli scenari riodo “difficile” per la documentazione archeologica, e architet-
complessi e affascinanti dei movimenti di popolazioni del Medi- tonica in particolare, nel quale solo alcuni indicatori, pur non del
terraneo tra la fine del ix e il vi sec. a.C. 2 tutto indifferenti, possono essere tratti.
Ben minore interesse, se non con eccezioni datate agli ultimi
anni, ha invece suscitato il panorama insediativo del periodo 2. L’età della dominazione punica
seguente la conquista dell’isola da parte di Cartagine (fine vi
sec. a.C.) e soprattutto della successiva età che si aprì con la Per tutta la prima età ellenistica, ossia tra l’ultimo quarto del iv
provincializzazione dell’isola ad opera di Roma (238 a.C.). sec. a.C. e la fine del iii sec. a.C., la Sardegna ricade sotto il con-
Per questi secoli, che comprendono l’epoca ellenistica di cui trollo di Cartagine e, dalla documentazione disponibile relativa
in questa sede ci si occupa, si devono lamentare vuoti imba- alla cultura materiale, alle testimonianze artistiche e ai documen-
razzanti di documentazione e di indagini mirate, che rendono ti architettonici, ci appare come una delle regioni mediterranee
oggi obbiettivamente arduo tracciare un quadro anche lonta- più tenacemente impermeabili a quella ubiquitaria diffusione
namente affidabile e provvisorio. Non è infatti difficile notare della cultura ellenica che caratterizza invece specificatamente il
che per l’età repubblicana e per gran parte dell’età imperiale, periodo nel resto del mondo antico.
come è stato evidenziato in passato da due autorevoli studiosi L’origine di questa prevalente autarchia culturale può forse
di antichità sarde quali R. Zucca 3 e S. Angiolillo, 4 si è regi- essere riconosciuto in quel fenomeno di mancata colonizza-
strato “uno scarso sviluppo degli studi” e la storia delle ricer- zione 12 che fece dell’isola uno dei pochissimi contesti medi-
che archeologiche ha conosciuto episodi di sterro e accumulo terranei occidentali che, pur interessati da fervidi contatti con
di inediti anche per due siti di enorme rilievo come Tharros e il mondo greco, 13 non conobbero la stabilizzazione di siti co-
Nora. 5 Non sono mancati ovviamente nel passato tentativi di
sintesi sui problemi generali dell’architettura e dell’urbanistica di Nora (Tronchetti 1985c). Altri esempi di attenzione per le realtà architettoniche
punica 6 e romana, 7 o anche alcuni validi studi di singole realtà romane sono gli studi di Tronchetti 1985a e Tronchetti 1985b su singoli mo-
numenti di Nora (domus “dell’atrio tetrastilo” e “tempio romano”), il volume di
architettoniche 8 che si sono talvolta basati sulla meritoria rilet- Cossu, Nieddu 1998, sugli impianti rustici e termali rurali dell’isola, i contributi di
Mazzuccato-Mezzolani-Morigi 1999 e Idili 2001 sulle infrastrutture idriche di
1
Per questo lavoro sono debitore di fondamentali suggerimenti, di dati e di indi- Tharros. Recenti sono gli interventi sull’anfiteatro di Cagliari (Pala 2002), sull’ac-
cazioni bibliografiche ad Andrea Ghiotto, che ha dedicato alla Sardegna romana una quedotto romano di Olbia (Sanciu 2004) e sulle terme “n. 1” di Tharros (Morigi
parte consistente dei suoi più recenti studi. 2004).
2 9
Per un’aggiornata storia degli studi fenici nelle isole italiane vedi Bartoloni Come nel caso degli ottimi lavori di Angiolillo 1985 e Angiolillo 1986-1987
3
2004. Zucca 1985, p. 95. su complessi archeologici cagliaritani già indagati in precedenza (cfr. infra).
4 10
Angiolillo 1986-1987, pp. 57-58 e Angiolillo 1987, p. 35. Dal 1990 sono state riprese le indagini a Nora con primi esiti editoriali in :
5
La storia delle ricerche in questi due centri di massimo rilievo per la storia Ricerche su Nora i 2000 ; Ricerche su Nora ii 2003 ; Nora 2003 ; Nora. Area C 2003. Dal
dell’architettura antica di Sardegna è indicativa del sostanziale disinteresse ad essa 2000 sono state avviate anche campagne sistematiche presso il sito di Neapolis presso
rivolto fino ad anni recentissimi. Le pur meritorie grandi imprese di scavo degli anni Oristano. Dal 1993 i lavori sono ripresi a Tharros : sintesi in Progetto Tharros 1997 ;
’50 del secolo scorso, condotte prevalentemente da G. Pesce, non condussero infatti Tharros nomen 1999 ; Rivista di Studi fenici, 3-4 (1975-1976), 6-15 (1978-1987), 17
ad edizioni sistematiche delle magniloquenti realtà architettoniche ed urbanistiche (1989), 19 (1991), 21-24 (1993-1996).
11
rimesse in luce, ma solo a presentazioni succinte, in forme di guide turistiche, dei Emblematici della forte ripresa di interessi sulle città e l’architettura roma-
risultati delle indagini (Pesce 1957 per Nora e Pesce 1966 per Tharros). ne di Sardegna sono i lavori di Colavitti 2003, dedicato interamente a Cagliari,
6
Pesce 1961a, pp. 8-15 per l’architettura e Barreca 1961 per l’urbanistica. e Ghiotto 2004a, che offre una prima assai esauriente panoramica a largo respiro
7
Di tutto il secolo scorso l’unico lavoro di sintesi sull’architettura romana di Sar- sulle architetture dell’isola in età romana.
12
degna è quello di Maetzke 1961, ripreso da Maetzke 1966 ; concisa ma assai centrata Un ampio profilo delle presenze emporiche e delle aspirazioni di colonizza-
la sintesi di Angiolillo 1987, pp. 45-103. Sull’urbanizzazione le prime trattazioni si zione delle isole occidentali (Sardegna e Corsica) da parte dei Greci è presentato in
hanno con Tronchetti 1987 e Angiolillo 1987, pp. 33-45. Importante è la serie Ronconi 1999.
13
delle guide archeologiche di tutti i siti della Sardegna (Sardegna Archeologica. Guide Di cui sono vivace testimonianza le numerose e articolate memorie mitico-let-
e itinerari ) che comprende anche lavori sui singoli centri urbani (Tronchetti 1986 terarie sulla frequentazione dell’isola da parte di eroi e popoli greci (da Aristeo a Io-
per Nora ; Acquaro, Finzi 1986 e Zucca 1993 per Tharros ; Tronchetti 1989 per lao, da Eracle a Dedalo), evidente trasfigurazione leggendaria di innegabili episodi
Sulci ; Mastino-Vismara 1994 per Turris Libisonis ; Colavitti-Tronchetti 2003 di contatti e scambi, soprattutto di natura commerciale, tra mondo ellenico e sardo
per Cagliari). che affondano le radici nelle navigazioni micenee e si protraggono per tutto il i mil-
8
Eccellenti per impostazione metodologica (stratigrafia e diacronia di analisi) e lennio a.C. ; tra le altre (Sil. xii, 355-370 ; Diod. iv, 29-30 ; iv, 82 ; v, 15) si vedano la
novità dei risultati, ma isolati nel panorama di ricerche, furono lo scavo del 1977 e lunga digressione di Pausania sulla Sardegna preromana (Paus. x, 17). Vedi inoltre
il successivo studio condotti da C. Tronchetti sul complesso delle “Terme a mare” Nicosia 1981 e l’elenco analitico delle fonti in Mastino 1980 e Perra 1993, pp. 11-67,
258 jacopo bonetto
loniali in grado di funzionare da poli di irradiazione di flussi
1 regioni nel campo dell’architettura, in cui si colgono, tra iv e iii
culturali diversi da quelli della tradizione fenicio-punica legata sec. a.C., solo echi lontani di esperienze altrove mature.
al mondo cartaginese. Significativa in questo senso è l’evoluzione del grande san-
Le stesse difficoltà di penetrazione e consolidamento nell’iso- tuario punico di Antas dedicato al dio punico Sid, ripreso suc-
la di elementi allogeni si erano fatte sentire anche nei confronti cessivamente da Sardus Pater, divinità di cui si ricorda pure
delle aspirazioni italiche di ingresso stabile nell’isola all’inizio una dedica delfica. 6 Sebbene recenti indagini abbiano messo in
del iv sec. a.C., quando un tentativo di colonizzazione di gruppi discussione molte delle ricostruzioni un tempo accettate, come
laziali ed etruschi presso quella che Tolemeo chiama Pheronia quelle relative alla presenza dell’ampio recinto (68 m di lato)
polis 2 (nel nord-est dell’isola) fallì in breve tempo (378/7 a.C., o già dalla fase punica, 7 sembra che la ristrutturazione che in-
386 a.C. secondo la cronologia liviana). 3 teressò l’edificio intorno al 300 a.C. portò alla conservazione
Il regime sostanzialmente monopolistico e protezionista della struttura del piccolo sacello di circa 8 x 15 m nelle forme
con cui Cartagine controllava la Sardegna trova un eloquente assunte all’origine, verso il 500 a.C. ; l’unica novità introdotta
riflesso, alle soglie dell’età ellenistica, nel ben noto trattato del nella ristrutturazione di età ellenistica sembra essere costituita
348 a.C. con Roma, che sanciva una limitazione assai netta dei dalla ripartizione dello spazio interno in vestibolo, cella e pe-
rapporti esterni dell’isola diversi da quelli intrattenuti con la netrale e dall’applicazione di forme decorative come la trabea-
metropoli africana in termini addirittura più restrittivi di quelli zione a gola egizia e le architetture applicate di ordine dorico
del trattato del 509 a.C. 4 Il testo, riferito da Polibio, 5 stabiliva derivate dall’eclettismo cartaginese originato dai rapporti della
che i Romani non potevano commerciare nell’isola né fondarvi metropoli africana con il mondo greco e con l’Egitto tolemai-
città, né ancora sostarvi se non per approvvigionamenti e per co. 8
riparazioni rapide delle navi naufragate. La stessa adozione di partiture decorative di ascendenza elle-
In questo quadro storico in cui l’isola conosce un dialogo qua- nistico-cartaginese su forme monumentali puniche si ripropone
si esclusivo con Cartagine, è facile cogliere una certa “distanza” nel periodo (fine del iv o inizio del iii sec. a.C.) a Tharros per la
del mondo sardo dal coevo panorama ellenizzato di molte altre realizzazione dell’imponente edificio detto “tempio delle semi-
colonne doriche”. 9 Qui si osserva l’uso di schemi architettonici
dichiaratamente punico-orientali (grande basamento ricavato
con taglio della roccia, altare a cielo aperto, metrologia di de-
rivazione fenicia) 10 e la contemporanea adozione, per la deco-
razione dei prospetti, di elementi decorativi ellenistici, come i
kymatia ionici e soprattutto le semicolonne scanalate e le paraste
dotate di capitelli dorici ; ma i tratti di origine orientale si ripro-
pongono anche nel partito decorativo con i semicapitelli eolico-
ciprioti o le cornici a gola egizia. È significativo che dal iv sec.
in poi molti di questi motivi si ritrovino costantemente ripetuti
nel panorama assai ricco delle stele funerarie e di altri manu-
fatti, anche figurati, provenienti dai tofet o da depositi votivi di
varie città puniche del sud-ovest dell’isola (Sulci, Nora e Tharros
soprattutto), la cui composizione attinge in forma vistosamente
eclettica da repertori della koine greco-ellenistica, dal mondo ci-
priota e dal contesto egizio. 11
Tutto ciò sembra dimostrare che in un contesto da sempre
aperto alle relazioni mediterranee esistevano già dalla fine del
iv sec. – e non poteva essere altrimenti – un’ottima conoscen-
za e una larga diffusione di motivi architettonici greci, e più in
generale del Mediterraneo orientale ; ma le evidenze archeolo-
giche sembrano indicare che tali motivi, pur assorbiti e tradotti
nel campo della decorazione architettonica o figurata, restavano
intenzionalmente a margine della progettazione delle forme mo-
numentali.

3. Dopo il 238 a.C. : tradizioni puniche


e contatti italici
Eventi forieri di potenziali “rotture” ed innovazioni culturali
Fig. 1. Ricostruzione del “tempio delle semicolonne doriche” di Tharros si registrano a partire dall’inoltrato iii sec. a.C. e dalla prima
(da Perra 1998). guerra punica, quando Roma ottenne alcune vittorie militari
notevoli, come nel caso dell’occupazione di Olbia da parte di
oltre al panorama di Zucca 1997 ; inoltre l’importante contributo di Fonti classiche e Lucio Cornelio Scipione nel 259 a.C. o della vittoriosa batta-
Sardegna 1998 con il ricco repertorio bibliografico a pp. 53-54.
1
glia navale di Sulci del 258 a.C. con relativo trionfo de Poenis et
La tradizione mitografica attribuisce a popolazioni greche alcune fondazioni
coloniali in Sardegna, ma l’unico centro per il quale si possa definire una reale col-
6
locazione resta Olbia, fondata da Iolao e dai Tespiesi secondo Pausania (x, 17, 4) ; se Paus. x, 17, 1.
7
fino a pochi anni fa solo pochi indizi archeologici potevano supportare questa pos- Recenti indagini hanno dimostrato che le murature del recinto poggiano su
sibilità di una frequentazione del sito prima della fondazione cartaginese del iv sec. livelli di macerie databili al ii-iii sec. d.C. ed hanno avanzato anche dubbi sulle strut-
a.C., ultimamente vari indicatori segnalano presenze greche arcaiche di consistenza ture sottoposte al podio del tempio romano (Bernardini, Manfredi, Garbini 1997,
8
non più trascurabile : vedi soprattutto D’Oriano 1996 e D’Oriano 1997 con bibl. I p. 105). Zucca 1989 e Perra 1998, scheda 9.
9
più recenti dati su Olbia arcaica sono in D’Oriano 2005. Su questo edificio si veda la prima edizione di Pesce 1961b ; inoltre Acquaro
2
Ptol. iii, 3, 4. 1991 e Perra 1998, scheda 2.
3 10
La fonte che riferisce l’episodio è Diodoro Siculo (Diod. xv, 27, 4) ; su questa L’unità di misura impiegata è il cubito fenicio piccolo di 0,46 m (Acquaro
complessa vicenda vedi Torelli 1981, con altra bibliografia, D’Oriano 1985 e alcu- 1991).
4 11
ne note di Meloni 1988, p. 452. Pol. iii, 22, 8. Pesce 1961c, pp. 191-218. Ma per le problematiche dell’artigianato nell’ultima
5
Pol. iii, 24, 3-11. Vedi Meloni 1988, p. 452. fase della dominazione punica vedi soprattutto Moscati 1992 con ampia bibl.
persistenze e innovazioni nelle architetture della sardegna ellenistica 259
Sardeis. L’atto finale del progressivo ingresso di Roma in Sar-
1

degna si compie però nel 238 a.C., quando, con atto giudicato
ingiustificato da Polibio, 2 i Romani pongono fine alla domina-
zione punica in Sardegna attraverso l’intervento del console Ti.
Sempronio Gracco.
Ma da subito, con le rivolte del 236, del 235, del 232, del 231,
del 226, del 225 e del 216 a.C., forse ispirate da Cartagine, 3 appa-
re chiaro che l’isola e l’elemento indigeno conservavano fortis-
simo il senso di una propria identità, non pronta a recepire senza
sussulti l’elemento esterno. La renitenza ai nuovi contatti venne
emblematicamente ribadita dalla ribellione del ricco latifondista
Ampsicora, affiancato presto dalla rediviva Cartagine con un
corpo di spedizione antiromano, che fu sedata definitivamente
solo nel 215 4 e da altre rivolte che, maturate ancora nel pieno
ii sec. (fino al 104 a.C.), furono regolarmente represse dai ma-
gistrati romani. Intanto però, nel 227 a.C., era avvenuto l’atto
formale della costituzione della provincia di Sardinia et Corsica,
in seguito al quale l’isola, come la Sicilia, iniziò ad essere retta da
un pretore e ad essere sottoposta al pieno controllo economico e
commerciale romano-italico. 5
Se naturalmente non si può attribuire a questo pur epocale
mutamento amministrativo un ruolo diretto nelle trasforma-
zioni culturali dell’isola, è certo che esso stimolò una serie di
processi latori di novità significative per la regione. La Sardegna
tornò ad essere al centro delle attenzioni dei mercatores italici, si-
curamente già da prima attratti dalle ricchezze naturali del terri-
torio sardo come si percepisce, pur indirettamente, dai citati fatti
del 378-7/386 a.C. (colonizzazione di Pheronia) e dal trattato
del 348 a.C. (divieto di commercio per i Romani nell’isola). La
presenza di imprenditori italici e di publicani 6 attivi in Sardegna
è documentata da una serie di testimonianze via via crescenti
dalla fase repubblicana in poi ed è stata oggetto nel passato e di
recente delle attenzioni di diversi autori, 7 tra cui, da ultima, A.
M. Colavitti. 8 In questi studi si è evidenziato come essi furono
pronti a subentrare con decisione alla componente punica per
lo sfruttamento delle notevolissime risorse naturali, granarie e Fig. 2. Stele punica dal tophet di Sulci (S. Antioco) con inserzione
metallifere in primis, di cui l’isola era ricca e che avevano rap- di motivi architettonici e figurati di derivazione greco-ellenistica
presentato il vero movente e la calamita principale per gli inte- (da Pesce 1961c).
ressi cartaginesi verso l’isola. Interessantissima ed emblematica
in questo senso è la nota dedica (da Falerii Novi), databile al ii Tra i tanti elementi, difficilmente riconducibili ad una sintesi im-
sec. a.C., Iovei Iunonei Minervai da parte di alcuni Falesce quei in mediata, si possono ricordare i relitti di imbarcazioni rinvenuti
Sardinia sunt 9 (i quali donum dederunt), che fotografa in modo lungo le coste dell’isola con carichi di materiali proveniente dal
chiaro e netto queste presenze mercantili capaci di dare avvio a continente 11 e la diffusa presenza nei contesti archeologici del-
legami forti e stabili tra la penisola italica – forse l’area etrusca l’isola di anfore “greco-italiche” (tra iii e ii sec. a.C.) e “Dressel
in particolare 10 – e la Sardegna. 1” (tra ii e i sec. a.C.) che veicolavano vino etrusco e campano. 12
Tale ingresso dell’isola in nuovi e sicuramente stimolanti cir- L’indice più diffuso dei flussi commerciali di età repubblicana
cuiti commerciali trova documenti archeologici di diverso valo- è però rappresentato dalla ceramica a vernice nera sia del tipo
re e importanza, ma certo tali da comporre un quadro eloquente. prodotto dall’officina laziale des petites estampilles sia delle classi
note come Campana A, diffusa nell’isola dal 200 a.C., e come
1
Rispettivamente riferite da Zon. viii, 11, p. i 388 e Zon. viii, 12, p. i 389. Campana B (e B-oide), che si ritrova a partire dalla metà del ii
2
Vari passi sugli episodi della conquista romana sono in Pol. i, 79-88. Per la sec., accompagnata talvolta dai contenitori a “pareti sottili” ; si
sintesi storica vedi Meloni 1988, pp. 453-456. tratta di merci d’importazione grazie alle quali si svilupparono
3
Zon. viii, 18, p. i 401 e Zon. viii, 19, p. i 401. Meloni 1988, pp. 453-456.
4
Sulla vicenda di Ampsicora si veda la sintesi con commento e bibliografia di anche produzioni di imitazione locale che modificarono a fondo
Meloni 1988, pp. 456-457 e Brizzi 2001. Le fonti sono : Liv. xxiii, 40,1 e 41, 7 ; Sil. il panorama della cultura materiale dell’isola. 13
xii, 342 sgg. Pur tuttavia, per tutto il ii sec. a.C. il fermento economico in-
5
Solin. 5, 1 pp. 47-48 ; Liv. xxiii, 24, 4 ; Liv. xxxiii, 42, 8.
6
Documentati dalla famosa iscrizione trilingue di S. Nicolò Gerrei (cil i2, 2226 ; nescato dagli scambi commerciali non sembra determinare, come
cil x, 7586 ; ils 1874 ; ig xiv, 608 ; cis i, 1, 143) che menziona un servo di una società avvenne in altre zone del Mediterraneo occidentale e della peniso-
preposta allo sfruttamento delle saline (Culasso Gastaldi 2000). la, un’apertura sicura e irreversibile del quadro culturale sardo a
7
Vedi, tra i tanti : Meloni 1975, pp. 105-109 ; Angiolillo 1985 ; Zucca 1985, pp.
94-95 ; Zucca 1996, pp. 1487-1488. Alcune considerazioni sulla precoce (fine iii sec. modelli e stili ellenistici mediati attraverso la componente italica.
a.C.) presenza di mercatores nell’area olbiese sono in D’Oriano, Pietra 2004, pp. Si assiste infatti per tutto questo periodo, definito non a caso
131-136. “punico-romano”, 14 ad un fenomeno tenace e ben documentato
8
Colavitti 1999.
9
cil i2, 364a = cil xi, 3078 = ils 3083 = illrp i, 192.
10 11
In qualche modo significativo appare che questi primi italici documentati in Un esempio è il relitto della “Secca dei Berni” al largo di Villasimius nella
Sardegna siano originari di quei territori etruschi, e falisci in particolare, che già nei Sardegna sud-orientale (Bartoloni, Marras 1989).
12
citati tentativi di colonizzazione sembrano aver giocato un ruolo centrale, a fianco Vedi Zucca 1985, p. 95 con ampia sintesi bibliografica.
13
di Roma, nella spinta verso la Sardegna (Torelli 1981, pp. 73-81) ; potrebbe trat- Il panorama più completo sulle produzioni fittili presenti in Sardegna (locali e
tarsi dell’indizio di una mai sopita attenzione verso la Sardegna di certi gruppi di importate) è quello di Tronchetti 1996 ; per un quadro sulle importazioni di mate-
mercanti e di certe aree della penisola che da sempre controllavano le vie d’acqua riale dall’Italia in Sardegna vedi anche Tronchetti 1995b, pp. 267-268.
14
tra isole e continente. Tronchetti 1995b, pp. 266-267.
260 jacopo bonetto
trova un noto esempio nel patrimonio di stele, utilizzate in am-
bito santuariale/funerario, recanti motivi decorativi di stampo
chiaramente greco introdotti da artigiani africani impegnati in
Sardegna tra iii e ii sec. a.C. 8
Per la penetrazione di motivi ellenistici nell’isola la mediazione
cartaginese è stata spesso affiancata in sincretismi eclettici da quel-
la italica, progressivamente più viva dall’inoltrato ii sec. a.C., 9
come hanno chiarito vari studi di A. M. Comella, 10 S. Angiolil-
lo 11 e A. Campus. 12 Si portano frequentemente ad esempio per
questi fervidi contatti le statue fittili della stipe votiva del tempio
di Esculapio a Nora raffiguranti devoti, databili al ii sec. a.C., 13 e
altri noti gruppi in terracotta da S. Margherita di Pula, 14 dalla la-
guna di S. Gilla a Cagliari, 15 da un modesto santuario dell’entro-
terra cagliaritano (Narcao), da S. Giuseppe di Padria 16 e da molti
altri siti ancora, tutti inquadrabili tra iii e i sec. a.C. Ma non meno
significativi sono manufatti di alto artigianato artistico quali la te-
sta fittile dell’Eracle di Olbia dalla Sardegna settentrionale. 17

4. Le architetture del ii sec. a.C.


Per molti versi più problematico è il tentativo di cogliere la
portata dei mutamenti intervenuti nella fase medio-ellenisti-
ca, coincidente con l’ingresso di Roma in Sardegna, nel campo
dell’architettura. È certo che anche nell’ambito delle pratiche e
dei modi costruttivi si colgono i riflessi della matrice ellenisti-
ca, comune al mondo africano e alla penisola italica, grazie alle
testimonianze di numerosi pezzi architettonici, tra cui spiccano
alcuni capitelli dorici, tuscanici, ionici diagonali (anche figurati)
provenienti da vari centri dell’isola. 18 Tuttavia già dall’analisi di
tali documenti si noterà come essi, a differenza di quanto av-
viene per i manufatti artistici e i motivi architettonici impiega-
ti a scopo decorativo, sembrino comparire e trovare adeguata
diffusione solo in un orizzonte cronologico piuttosto avanzato
della romanizzazione ; dall’ottimo catalogo della decorazione ar-
Fig. 3. Testa fittile di stampo ellenistico dal deposito di S. Gilla presso chitettonica sarda curato da G. Nieddu si evidenzia infatti che,
Cagliari (da Campus 1997). a parte una modesta percentuale di pezzi riferibili alla fase di
iii-ii sec. a.C. (come forse i capitelli ionici diagonali da Nora),
di conservazione e addirittura rivitalizzazione 1 delle tradizioni le presenze si facciano consistenti non prima della fine del ii sec.
culturali puniche, che sembrano formare una barriera efficace e a.C. e certamente dal i sec. a.C. ; tra l’altro è stato giustamente
per molti versi poco permeabile ad aliti di innovazione esterna. 2 notato come « spicca in tale contesto la completa assenza di capi-
La documentazione epigrafica mostra come la lingua e l’onoma- telli corinzi normali fino alla prima età augustea ». 19
stica punica si conservino solidamente non solo fino alla metà (o Se si svolge lo sguardo al panorama delle realtà monumentali,
seconda metà) del i sec. a.C., quando si data un’iscrizione bilin- già ad una fugace analisi emerge l’impressione di una certa len-
gue di Sulci, 3 ma addirittura fino al ii-iii sec. d.C., epoca a cui tezza e incertezza nella diffusione delle tipologie architettoniche
riporta un altro testo da Bithia 4 ancora in lingua neo-punica che di matrice ellenistico-italica ; sembra infatti intuirsi che, dopo il
menziona cariche e istituzioni di ascendenza cartaginese, come i 238 a.C., la componente punica risulti ancora predominante e
sufeti e il popolo del centro sardo. Questo prevalere e perdurare le testimonianze riferibili alla cultura architettonica romana re-
del vitale elemento punico in un quadro politico ormai de iure stino per molto tempo piuttosto isolate, umbratili e largamente
romano lascia peraltro trasparire una visibile “immersione” 5 impercettibili. 20
di alcune esperienze culturali isolane nel patrimonio ellenisti-
co filtrato attraverso Cartagine ; esso si riscontra palesemente 8
Moscati 1986.
nei prodotti di un artigianato artistico su cui S. Moscati, 6 che lo 9
Su questi problemi di contatto e aperture differenziate della Sardegna agli altri
definiva “colto”, e altri autori 7 hanno più volte riflettuto e che contesti mediterranei vedi Nieddu 1992, pp. 9-10.
10
Comella 1992 studia alcune matrici fittili raffiguranti teste femminili ornate da
gioielli la cui matrice tipologica è dichiaratamente tarantina.
1 11 12
In un contributo assai importante S. F. Bondì ha notato giustamente « l’ina- Angiolillo 1987, pp. 201-205. Campus 1997.
13
deguatezza di ogni valutazione che consideri gli aspetti della cultura punica nella L’edizione di questi reperti si deve a Pesce 1956. Commenti più recenti e
Sardegna di quest’epoca nei termini semplicistici della persistenza, dell’eredità o un’accurata analisi stilistica sono in Angiolillo 1985, pp. 104-106 e Angiolillo
addirittura della sopravvivenza, … » ed ha invece sottolineato la vitalità della stessa 1987, pp. 201-205. Per le statue norensi raffronti per il trattamento del volto e per la
cultura punica per tutto il periodo che va dal iii al i sec. a.C. (Bondì 1990, p. 457). pettinatura sono stati istituiti con esemplari di una stipe dell’Isola tiberina a Roma
2
Alle sopravvivenze indigene e puniche nel periodo della dominazione romana (vedi Pensabene, Rizzo, Roghi, Talamo 1980, in part. p. 81, n. 41, tav. 13 e p. 161,
in Africa e in Sardegna è stato dedicato il vii incontro di studio sull’Africa romana : n. 264 per la specifica iconografia dell’offerente in corta tunica).
14
vedi Mastino 1990. Fondamentali sono molti dei contributi contenuti in questa rac- Angiolillo 1987, pp. 203-204.
15
colta di studi e fondamentale, per gli stessi temi, è il saggio di Moscati 1992 sull’arti- Moscati, Uberti, Bartoloni 1991 e Moscati 1992, pp. 33-41.
16
gianato nella Sardegna punico-romana. Campus 1997 con bibl. prec.
3 17
cil i2, 2225 e x, 7513 ; Guzzo Amadasi 1967, pp. 129-131 ; Zucca 1996, pp. 1466- Su questi prodotti della zona nord dell’isola vedi le note e la bibliografia di
1468. Il testo è ripreso in esame da Cenerini c.s., pp. 42-45. D’Oriano 1997, pp. 140-141 ; Gualandi 1996 per la testa di Eracle databile al ii
4
Guzzo Amadasi 1967, pp. 133-136. sec. a.C.
5 18
L’espressione è di Moscati 1992, pp. 101. Nieddu 1981-1985, ripreso e integrato da Angiolillo 1987, pp. 95-98 ; catalo-
6
In particolare, Moscati 1992 e Bartoloni-Bondì-Moscati 1997, pp. 104-105 go e sintesi in Nieddu 1992.
19
(con l’ampia bibliografia in calce al volume). Nieddu 1992, p. 15 e in generale pp. 13-16 per la fase repubblicana.
7 20
Per esempio, recentemente, Campus 1997. Si veda a questo proposito Bartoloni-Bondì-Moscati 1997, pp. 102-103.
persistenze e innovazioni nelle architetture della sardegna ellenistica 261
Sono riscontrabili probabili indizi e prove certe di mutamenti
dei quadri urbani, ma non è certo che essi siano conseguenti al-
l’avvio del processo di romanizzazione piuttosto che a normali
dinamiche interne ai centri ; un esempio di tal genere è rappre-
sentato dalle trasformazioni planimetriche e funzionali (in senso
artigianale) che subisce, all’alba del ii sec. a.C., il quartiere feni-
cio e punico riportato alla luce al di sotto della pavimentazione
del foro di Nora. 1 E probabilmente al ii sec., ma non prima del
secondo quarto o della metà, l’area urbanizzata di Cagliari sem-
bra subire una traslazione dai margini della Laguna di S. Gilla
verso la sede della città moderna. 2
Ma per tutto il lunghissimo periodo che va dalla fine del iii sec.
a.C. alla metà del i sec. a.C. il paesaggio monumentale dell’isola
non sembra essere toccato in forme qualitative o quantitative
diffuse dalle nuove correnti di cultura architettonica che solcano Fig. 4. Statue di offerenti dalla stipe votiva del tempio
il Mediterraneo. Il primo accento va posto sulla modestia nume- di Eshmun/Esculapio a Nora (da Pesce 1961c).
rica degli interventi che la letteratura enumera : entro il pur am-
pio periodo di tempo indicato si collocano infatti abitualmente, Per la sua straordinaria fisionomia monumentale, il comples-
con un certo grado di sicurezza, appena tre principali complessi : so religioso riportato alla luce a Cagliari tra il 1938 e il 1941 in
il santuario di via Malta a Cagliari, il complesso sull’altura del adiacenza a via Malta è stato oggetto di molte attenzioni, che
Fortino a Sulci e il tempietto “K” a Tharros. 3 hanno individuato in esso l’elemento più significativo dei rap-
porti culturali che legano l’isola alla penisola dopo la conquista
1
L’insieme di edifici, solo in parte scavato, è stato rimesso in luce tra il 1997 e il romana. La sua lettura costituisce, in effetti, una via di passaggio
2000 dal gruppo di ricerca dell’Università di Padova che opera nella Missione con-
giunta di cui fanno parte anche gli atenei di Genova, Pisa, Viterbo e Milano, sotto la
direzione della Soprintendenza di Cagliari (C. Tronchetti) ; l’impianto fu realizzato secolo a.C. è collocata la realizzazione di un thesaurus riportato in luce sotto la chie-
nel corso del vi sec. a.C. con probabile funzione pubblica (stoccaggio di derrate). sa del quartiere di Marina a Cagliari (Mureddu 2002 e Pinna 2002). In esso sono
Vedi Bonetto, Ghiotto, Novello 2000 ; Bonetto, Oggiano 2004 ; Bonetto, ravvisate assonanze con simili manufatti realizzati in Italia centrale e meridionale ;
Ghiotto, Novello 2005 e Bonetto, Ghiotto, Novello 2005. ancora “circa” al iii sec. a.C. è riferito un recinto templare in blocchi squadrati con
2
Colavitti 2003, pp. 71-76. portico perimetrale visto lungo Largo Carlo Felice a Cagliari (Barreca 1958-1959,
3
Più incerti e meno documentati altri contesti : entro il generico quadro del iii pp. 741-743).

Fig. 5. Pianta del santuario di via Malta a Cagliari redatta al termine dello scavo (da « Notizie Scavi », 1949).
262 jacopo bonetto
obbligata per capire la cultura architettonica del periodo nella cuni rocchi di colonne (forse originariamente stuccate) trovati
regione, anche perché ritengo che le ottime analisi del comples- ad ovest di esso verso il “recinto”. 3 L’edificio in alzato doveva
so già condotte possano subire alcune proposte di integrazione occupare uno spazio di 8,61 x 14,43 m. Il podio, dell’altezza di
tali forse da rimodulare per alcuni particolari la lettura delle re- 3,5 m, era preceduto da una scalinata di accesso di circa dieci
lazioni tra l’isola e il mondo italico. gradini. Questa scalinata veniva a collegarsi tramite una platea
Esso venne riportato parzialmente in luce nel 1938 nella zona lastricata (Fig. 5 : “B”) all’asse centrale di un doppio muro cur-
centrale della città antica, oggi posta a monte di Piazza del Car- vilineo (Fig. 5 : “E”) che terrazzava la parte alta del comples-
mine (e del Palazzo delle Poste su di essa prospiciente) tra le so e la separava idealmente e fisicamente dal settore inferiore.
In questo venne riportata in luce una gradinata ad andamento
curvilineo (Fig. 5 : “G”), “arieggiante” la cavea di un teatro,
composta da gradini di calcare di Bonaria talvolta conservati e
talvolta leggibili nei piani di posa loro funzionali ; tredici furono
i livelli gradinati identificati con sicurezza. Non fu invece possi-
bile condurre l’indagine là dove si poteva trovare una struttura
di tipo scenico su cui a lungo Mingazzini argomentò.
Lo scavo del complesso e la sua pubblicazione lasciarono ir-
risolti vari problemi, alcuni dei quali mai più toccati, altri inve-
ce già affrontati con successo. Uno di questi era costituito dalla
dedicazione del santuario. Nello studio più accurato successivo
all’edizione del 1949, S. Angiolillo propose convincentemente di
vedere nel santuario di via Malta a Cagliari una sede del culto di
Venere e Adone, cui rimanderebbero soprattutto i rinvenimenti
cospicui di corallo e diversi altri particolari. Per il ritrovamento
di una statua isiaca è stata più volte ricordata anche una proba-
bile assimilazione (tramite interpretatio) del culto di Venere con
quello di questa dea, il cui marito Osidride vanta una tradizione
di vicende mitiche molto somiglianti a quelle di Adone. 4
Per il resto, due mi sembrano gli aspetti della pur approfondi-
ta lettura del complesso cagliaritano sui quali sia possibile ope-
rare qualche riflessione ulteriore per riaprire il dibattito : l’arti-
colazione planimetrica e la cronologia.
Nel quadro planimetrico fornito dallo scavatore un partico-
lare su cui ci si può soffermare è quello che P. Mingazzini lesse
come “recinto” dell’area sacra, ossia un muro rimesso in luce nei
settori a nord e a ovest del tempio e che venne (convincentemen-
te) ipotizzato come presente anche sul lato est. Di esso furono
visti alcuni filari originariamente posti a vista e ben lisciati sulla
faccia e alcune assise con la faccia solo sbozzata originariamente
sottoposte al piano di spiccato.
Fig. 6. Immagine del “muro di recinzione” dell’area santuariale con le
basi attiche di colonne in lavagna nera ad esso sovrapposte Sulla testa di questo presunto muro di recinzione vennero tro-
(da Colavitti 2003). vate quattro basi attiche di colonne (Fig. 5 “d” ; interasse di 1,4
m), 5 che P. Mingazzini ritenne non in posizione originaria. Tale
vie Malta e Maddalena. Le indagini proseguirono nel periodo convinzione, più volte espressa, non venne motivata in alcun
1938-1941 a cura di D. Levi (per brevissimo tempo) e di P. Min- modo in un primo passo della relazione. 6 Più avanti nel testo,
gazzini, che ne propose una prima e più completa edizione nelle lo scavatore ritenne i fusti in tramezzario non originariamente
Notizie degli Scavi del 1949. 1 associati alle basi in lavagna nera per la differenza nel materiale
Secondo lo studioso, l’area sacra era circondata da un grande impiegato ; si può notare invece, come è già stato fatto, 7 che tale
“muro di cinta” (Fig. 5 : “D”) in blocchi di calcare locale che distinzione di materiale tra fusto e base si riscontra in altri casi e
racchiudeva uno spazio largo 43 m e della lunghezza variabile non denota necessariamente rimaneggiamenti dell’elemento ar-
tra 120 e 80 m, a seconda dell’interpretazione di alcuni rinveni- chitettonico. Mingazzini sostenne inoltre che le colonne non po-
menti effettuati in zona nel 1886. L’orientamento da NNE a SSO tevano trovarsi in posizione originaria, ritenendo illogica la loro
seguiva quello della pendenza naturale del terreno e non sembra dislocazione “su un muro di cinta in pendio”, ma non si curò
fosse legato ad alcuna prassi rituale. Dello spazio circondato
2 di dimostrare il presupposto fondamentale di tale affermazione,
dal “peribolo”, tutta la parte alta era occupata da un’area che, ossia appunto la funzione di peribolos della struttura muraria in
secondo l’ipotesi di P. Mingazzini, era tenuta a giardino ; in essa questione. Inoltre lo scavatore notò (acutamente) che il livello
si trovava un pozzo per l’acqua sorgiva (Fig. 5 : “F”), all’interno superiore del muro non veniva ad abbassarsi progressivamente
del quale vennero recuperati numerosi materiali fittili che sono con la linea del pendio, soluzione assolutamente obbligata nel
risultati importanti per lo studio cronologico e funzionale del caso si fosse trattato di un muro di recinzione, ma manteneva la
complesso.
Al centro di questo settore superiore trovava posto l’edificio 3
A questa conclusione giunge lo stesso Mingazzini 1950, p. 216 (« Tutto quindi
templare (Fig. 5 : “A”) ; di esso vennero viste le fondazioni in fa supporre che i due rulli qui rinvenuti abbiano fatto gruppo con i rulli del muro
D »), pur contraddicendo alcune sue stesse affermazioni dello stesso passo della re-
blocchi di calcare locale uniti a secco a formare una platea di lazione (« Che il tempio fosse adorno di colonne è reso quasi sicuro da due rulli di
15,75 x 10,75 m ; solo un corso dell’alzato era conservato, e per colonne rinvenuti nella zona fra il muro di cinta D e la platea del tempio »).
4
tratti limitati, mentre non dovevano appartenere all’edificio al- Angiolillo 1985-1986, pp. 72-75.
5
Mingazzini 1949, fig. 7 e Colavitti 2003, fig. 30c.
6
Mingazzini 1949, p. 217.
1 7
Vedi Mingazzini 1949, Mingazzini 1952 e Mingazzini 1986. Angiolillo 1986-1987, pp. 59-62 e in part. nota 11, dove si richiamano esempi
2
Mingazzini 1949, p. 217. di Pietrabbondante e Cagliari (villa di Tigellio).
persistenze e innovazioni nelle architetture della sardegna ellenistica 263

Fig. 8. Moneta dei sufeti di Cagliari con la raffigurazione del tempio di


Venere (da Grant 1946).

costituire una sostruzione per sostenere “qualcosa”, eventualità


suggerita dallo stesso Mingazzini ma dallo stesso frettolosamen-
te liquidata ed abbandonata. La presenza delle basi di colonne,
la cui posizione in situ fin dall’origine non ha alcun argomen-
to contrario, impone di credere che tale muro rappresentasse
il limite dell’area sacra scoperta e assieme la base dei sostegni
verticali liberi di un portico leggermente sopraelevato rispetto
al piano dell’area racchiusa. Tale portico poteva bordare l’area
sacra da un solo lato, ma più verosimilmente poteva assumere le
forme canoniche di un triportico esteso a recintare lo spazio in
cui era compreso il tempio.
La possibile presenza del portico può trovare un altro elemen-
to di sostegno nella posizione di una strada riportata in luce nel
corso degli scavi oltre i limiti settentrionali dello spazio santua-
riale ; essa è posta ad una distanza dal “muro di recinzione” 2 che
sembra eccessiva se questo viene letto come tale, ma perfetta-
mente comprensibile invece se pensiamo all’esistenza di un’area
porticata tale da colmare l’ampio spazio libero tra “recinto” e
asse viario.
Il triportico che viene così ricostruito poteva arrestarsi ver-
so sud poco oltre il settore posto a quota più elevata, là dove il
muro di sostruzione si arrestava. Esso venne trovato interrotto
3,75 m a sud del punto di congiunzione con il muro di terrazza-
mento emicliclico, punto in cui poteva trovarsi, come suggerisce
P. Mingazzini, un’apertura che dall’esterno conduceva all’area
santuariale.
Oltre che suggerita dalle evidenze archeologiche, la soluzio-
ne del triportico posto a circondare l’area sacra sembra anche
perfettamente integrarsi nel panorama degli schemi santuariali
molto diffusi in tutto il Mediterraneo ellenistico (dal iv al i sec.
a.C.), che presentano con regolarità non trascurabile le aree sa-
cre contornate da porticati realizzati ad avvolgere lo scenario
architettonico templare.
I primi e più vicini esempi di questa tendenza progettuale ar-
Fig. 7. In nero pianta del santuario di via Malta a Cagliari secondo P.
chitettonica sono ovviamente quelli del celebre gruppo di san-
Mingazzini e, in tratteggio e in grigio la proposta di ricostruzione del tuari italici in cui il complesso di via Malta, per la maggior parte
triportico posto a circondare l’area sacra (elaborato da Pesce 1961c). degli studiosi, è sembrato adeguatamente inserirsi sulla base di
una serie di particolari già importanti, come la frontalità e l’as-
medesima quota con l’elevarsi progressivo del numero di assi- sialità, il criterio ascensionale di percorrenza e l’associazione di
se di alzato. Per spiegare questo fatto postulava una “decapita- cavea teatroide con edificio templare. Superfluo appare qui ri-
zione” del muro alla medesima quota e forniva come indizio di tornare su queste realizzazioni laziali, assai ben note e studiate ; 3
tale demolizione il fatto che i due soli filari di alzato conservati solo se ne ricorderanno gli esempi di Gabii dedicato a Giunone,
nel settore a monte sarebbero stati troppo pochi “per il muro di di Praeneste dedicato a Fortuna Primigenia, di Tibur dedicato
cinta di un santuario” ; ma così ancora utilizzava come elemento a Ercole, che sembrano condividere con il complesso in que-
indiziario la presunta funzione di recinto del muro che costituiva stione un maggior numero di elementi indicativi. La presenza
invece l’obbiettivo della dimostrazione. 1 caratterizzante in questi complessi (in particolare Gabii e Tivoli)
Acquisendo invece i dati di scavo nella loro oggettività, si è del triportico posto a circondare lo spazio in cui è racchiuso il
indotti a ritenere il muro “di recinzione” originariamente con- tempio rende ovviamente plausibile che una simile articolazione
cluso sulla cresta lungo un’identica linea di quota e destinato a fosse presente anche nel caso del complesso sardo. 4
1
Mingazzini 1949, p. 222 ; del tutto insignificante a livello interpretativo è la
2 3
presenza di solchi carrai sulla testa del presunto muro di recinzione, la cui presenza è Mingazzini 1949, p. 236. Si rimanda in generale a Coarelli 1987.
4
indipendente dalla funzione originaria del muro e dalla presenza delle colonne. Per la possibile presenza del triportico attorno all’area sacra di via Malta po-
264 jacopo bonetto

Fig. 9. Il complesso monumentale sull’altura di Sulci (S. Antioco)


(da Tronchetti 1989).

L’altra questione relativa al santuario su cui ci si intende


soffermare è costituita dal suo inquadramento cronologico, per
il quale credo sia ancora possibile leggere i dati disponibili, an-
che se molti non risolutivi, e riesaminare le soluzioni fino ad ora
proposte, non tanto per proporne di nuove e decisive, ma alme-
no per riaprire il dibattito su un argomento forse considerato
negli ultimi anni troppo sbrigativamente scevro da problemi e
possibili alternative.
Le iniziali proposte, fornite dallo stesso scavatore, orientava-
no la datazione di primo utilizzo del complesso all’inizio del iii
sec. a.C., termine cronologico più alto del materiale rinvenu- Fig. 10. Frammento di monumento con fregio dorico da Cagliari, via xx
to durante lo scavo e perciò in realtà valido solo come termine settembre (da Angiolillo 1985).
post quem ; inoltre, secondo lo scavatore, il complesso presenta-
va caratteri tipicamente “fenici” o “punici” per alcuni elementi ii sec. a.C.) 9 e l’ambito culturale (quello medio-italico) in cui
(“giardino, pozzo con sorgente, muro di cinta, tempietto isolato andrebbero ricercate le matrici tipologiche e architettoniche del
nel mezzo”) 1 assolutamente non propri di un orizzonte esclusi- complesso sardo. 10
vamente semitico-orientale, ma pertinenti invece ad una comu- Credo sia necessario in primo luogo rivedere gli elementi in-
ne matrice ellenistica. L’opinione dello scavatore venne in parte diziari che hanno condotto ad orientare la datazione verso il ii
ripresa, pur se modificata leggermente, da H. Kähler, che ne sec. a.C.
faceva una realizzazione successiva al 238 a.C. 2 Ma una pronta J. Hanson richiamò la data della costituzione della provincia
revisione delle peculiarità architettoniche e dei materiali recu- come termine di riferimento ; W. Johannowsky parlò generi-
perati avevano già condotto J. A. Hanson nel 1959 a ribassare camente della seconda metà del ii sec. a.C. “anche a giudicare
i termini di impianto del complesso al tardo iii sec. o agli inizi dalla ceramica”, 11 mentre altre volte la datazione generalmente
del ii sec. a.C. e a ricontestualizzare il santuario entro la realtà accettata è stata proposta per “il materiale rinvenuto”, 12 senza
progettuale romano-italica di epoca repubblicana, paragonando ulteriori specificazioni, e per “considerazioni di carattere archi-
le fabbriche cagliaritane ai ben noti santuari italici strutturati se- tettonico che lo avvicinano agli impianti connessi a santuari del-
condo l’associazione teatro-tempio. 3 L’idea di una realtà di tra- l’area medio-italica”. 13 La cronologia al ii sec. a.C. costituisce
dizione punica dalla cronologia alta (iii sec. a.C.) venne ripresa quindi un’ipotesi di per sé valida, ma non fondata su prove o
ancora da L. Crema, 4 G. Pesce 5 e da F. Barreca, 6 mentre la linea indizi archeologici concreti, quanto principalmente su raffronti
interpretativa di J. A. Hanson è stata riaffermata, con ragioni architettonici con realtà di ambito italico. Uguali incertezze do-
che ritengo da accogliere, da una serie di altri studiosi (tra cui cumentarie sostengono l’ipotesi di abbandono del complesso
W. Johannowsky, M. Torelli, R. J. A. Wilson), 7 le cui posizioni negli anni immediatamente successivi la costituzione del mu-
sono ben riassunte da S. Angiolillo in vari contributi degli anni nicipio cagliaritano, intorno alla metà del i sec. a.C., quando è
’80 del secolo scorso. 8 Questa studiosa, nel ribadire le posizio- stata proposta una dismissione dell’area santuariale in quanto il
ni di J. A. Hanson, si allinea tra l’altro all’autore anglosassone complesso « non fu più considerato consono al nuovo status della
per quanto riguarda la cronologia (inizi ii sec. o genericamente città ». 14
In realtà l’origine dei problemi legati alla definizione del-
trebbero rivelarsi molto importanti, in termini di raffronto, anche le notizie date da l’excursus cronologico in cui porre la vita e la fine del com-
F. Barreca (Barreca 1958-1959 ; Colavitti 2003, p. 56, n. 129) relativamente ad plesso sono legati alla poco dettagliata documentazione di sca-
uno scavo condotto sempre a Cagliari e nelle immediate vicinanze del complesso in
questione ; presso i lati di Largo Carlo Felice (area della Banca nazionale del Lavoro) 9
Angiolillo 1986-1987, p. 63 ; Angiolillo 1987, p. 81.
fu infatti identificata, sebbene mai edita in modo puntuale, un’altra area santuariale, 10
Più recentemente A. M. Colavitti ha ribadito una generica cronologia al ii sec.
attribuita approssimativamente al III sec. a.C., dotata di un muro di recinzione e di a.C. ed ha richiamato l’attenzione su un pezzo di coppa in vernice nera, trovata nel
un porticato attorno allo spazio sacro centrale. pozzo, utilizzata come supporto di dedica di un fedele e databile tra la metà del ii e la
1 metà del i sec. a.C. (Colavitti 1998, p. 40 e nota 76).
Mingazzini 1949, pp. 223-224 e Mingazzini 1986, pp. 172-173.
2 3 11
Kähler 1978, p. 245. Hanson 1959, pp. 32-33. Johannowsky 1969-1970, p. 458.
4 5 12 13
Crema 1959, pp. 49 e 93. Pesce 1961a, pp. 9-10. Angiolillo 1987, p. 81. Colavitti 2003, p. 53.
6 14
Barreca 1961, p. 33. Angiolillo 1985, p. 107 e Angiolillo 1986-1987, p. 78. L’autrice collega il
7 supposto declino del santuario con l’emergere di nuovi ceti « che sentono ormai “di-
Johannowsky 1969-1979, p. 458 ; Torelli 1977, p. 545 ; Wilson 1980-1981, p.
222 ; Manconi-Pianu 1981, p. 21. versi” i prodotti artistici, pur intrisi di cultura italica, espressi in una fase di transizio-
8 ne tra l’antico dominio punico e quello romano ». Sulla stessa linea Ibba 1999, 141.
Angiolillo 1985 ; Angiolillo 1986-1987, pp. 59-64.
persistenze e innovazioni nelle architetture della sardegna ellenistica 265
vo e ad una lacunosa contestualizzazione del pur numeroso e
significativo materiale archeologico raccolto all’interno della
mal nota sequenza stratigrafico-strutturale.
Il materiale, diligentemente elencato nella relazione di P.
Mingazzini, venne rinvenuto in due ambiti distinti : a) “nell’in-
terno del pozzo F” e b) “nel resto del santuario”.
Per quanto riguarda il pozzo, decisiva è la credibile constata-
zione della presenza di due fasi strutturali distinte dello stesso, 1
delle quali solo la seconda appare legata alla vita del complesso
santuariale nelle forme monumentali note ; la prima risulta in-
vece precedente ad esso e ciò lascia intuire la possibile presenza
di un più antico luogo di culto, dall’articolazione ignota, che già
utilizzava il pozzo stesso. Il copioso materiale fittile recuperato
all’interno della canna (vasellame, matrici, bracieri e altro) si
data genericamente tra la fine del iii e la metà del i sec. a.C., 2
ma non venne suddiviso secondo livelli di giacitura e non è dato
di comprendere, quindi, se si trattasse di un riempimento cao-
tico di obliterazione del pozzo o di scarichi progressivi, tali da
scandire le fasi di frequentazione dell’area sacra. In ogni caso, il
suo excursus dovrebbe stare ad indicare con sicurezza un sicuro
segmento cronologico di frequentazione del luogo di culto. E la
presenza di materiale di iii sec. a.C. ribadisce l’ipotesi, fino ad
ora non considerata, dell’esistenza di forme di devozione nella
zona già in quest’epoca, continuate e integrate nel quadro mo- Fig. 11. Pianta del foro di Nora realizzato alla metà del i sec. a.C.
numentale del complesso, sicuramente successivo. Se così si ac- (elaborazione I. Cerato).
cetta l’idea di una fase di frequentazione precedente a quella cui
appartengono le evidenze architettoniche, la datazione del mate- vo abbia interessato ampiamente gli strati di impianto (e forse
riale del pozzo perde valore indicativo per il loro inquadramento solo quelli) è anche suggerita dal fatto che la platea dell’edificio
cronologico potendosi riferire anche a tali più antiche presenze. templare venne rasata al livello della fondazione e “quasi nulla
La ceramica recuperata “nel resto del santuario” potrebbe fosse rimasto dell’alzato”. 6 Se quindi dobbiamo ammettere che
invece offrire dati assai importanti, se non fosse stata raccolta almeno una parte consistente del materiale trovato “nel resto del
senza attenzione (almeno dichiarata) alla relazione con strutture santuario” possa essere stato raccolto entro i livelli riportati per
e sequenze stratigrafiche. Forse qualche elemento di riflessione la realizzazione del complesso, i reperti più tardi (i sec. a.C.)
può però essere egualmente recuperato dalla relazione : « Per potrebbero essere considerati dei comodi termini post quem e
quanto riguarda la cronologia del monumento, nessuna luce ci potrebbero contribuire a posticipare di molto la datazione delle
può venire dal monumento stesso, a causa della scarsezza dei realtà monumentali del santuario. È chiaro però che, in assenza
monumenti congeneri con i quali paragonarlo. Fortunatamente di resoconti stratigrafici chiari, occorre usare massima prudenza
gli oggetti mobili ci permettono di chiudere la vita della zona nel maneggiare i dati di scavo e non appare possibile al momen-
del santuario entro limiti abbastanza precisi. Benché, infatti, si to portare tale ragionamento alle estreme conseguenze trasfor-
sia giunti sino al vergine solo in quattro punti – sopra ed at- mandolo in reale strumento di datazione.
torno le due platee del tempio, addosso al muro di cinta, sopra Un’altra spia di determinazione cronologica del quadro mo-
ed attorno al pozzo ed infine il pozzo stesso – e benché il terre- numentale del santuario potrebbe ricavarsi, pur con molta cau-
no non presenti alcuna stratigrafia, tuttora il materiale raccolto tela, dall’osservazione del profilo delle basi attiche che, secondo
con ogni cura ed esaminato frustolo per frustolo, presenta una la ricostruzione proposta, dovevano sostenere il portico posto a
omogeneità così compatta, da permettere di asserire che pratica- circondare l’area sacra ; 7 la forma e la sequenza delle modana-
mente nessuna vita si svolse in questo sito prima dell’inizio del ture sembra infatti rimandare alla scansione delle ben note basi
iii secolo e nessuna dopo la metà del i. I frammenti, infatti, che delle colonne del tempio rotondo di Ercole “Olivario” al Foro
troviamo anteriori e posteriori a quelle due date, sono appena Boario 8 o dei templi dell’acropoli di Tivoli, 9 collocati tra la metà
una dozzina, dinanzi a più di quattro casse di cocci contenuti e la fine del ii sec. a.C. o agli inizi del secolo successivo.
entro quei limiti cronologici, ... ». 3 Nel rianalizzare questo testo Ancora un altro spunto per la cronologia del complesso può
(e alcune foto edite) 4 appare chiaro che lo scavo si approfon- offrire un documento numismatico più volte chiamato in cau-
dì in quattro punti fino al terreno sterile senza incontrare evi- sa in passato, ma forse non sufficientemente stimato per il suo
denti differenziazioni stratigrafiche e intaccando evidentemente potenziale informativo. Si tratta di una moneta, già edita da C.
i depositi connessi alla fondazione delle realtà strutturali del Albizzati nel 1926-1927, 10 che reca al dritto due teste accollate a
complesso ; tanto che presso l’angolo nord-ovest dell’area sacra destra e la leggenda aristo mutumbal ricoce suf ; al rovescio
venne visto un lacerto di pavimento in cementizio scassato che si trova un tempio tetrastilo con leggenda veneris kar. 11 Sulla
indizia un approfondimento dello scavo certamente al di sot- base dell’immagine del rovescio della moneta, lo stesso C. Al-
to degli antichi piani d’uso ; 5 inoltre l’impressione che lo sca- bizzati, prima delle decisive scoperte del 1939-1941, ipotizzava
1
Mingazzini 1949, pp. 219-220 e fig. 4. Il pozzo si compone di una parte inferio-
l’esistenza a Cagliari di un tempio dedicato a Venere Astarte e
re scavata nella roccia non rivestita e di una parte superiore ottenuta con 4 filari di già lo identificava, pur in via congetturale, nei resti scoperti in
conci (più un ultimo concio che costituisce la bocca). La parte alta è ritenuta coeva
6
alla sistemazione monumentale dell’area, quando si rese necessario rialzare il più Mingazzini 1949, p. 215.
7
antico livello della bocca del pozzo ; l’esistenza di una prima fase distinta è suggerita Esse sono abbastanza ben visibili in immagini d’archivio : Colavitti 2003, fig.
8
dalla presenza dei segni delle corde sulle pareti in roccia che sono incompatibili con 30c. Rakob-Heilmeyer 1974, pp. 6-7.
9 10
l’imboccatura lapidea centrale. Giuliani 1970, pp. 126-143. Albizzati 1926-1927, pp. 3-6.
2 11
Oltre all’elenco prodotto da Mingazzini 1949, pp. 239-274, si vedano le edizio- Su questa emissione si veda la documentata analisi con storia degli studi di
ni di lotti di materiale da parte di Comella 1986 e Ibba 1999. Sollai 1989, pp. 51-61. Successivamente Burnett-Amandry-Ripollès 1992, p. 163
3 4 in cui si propende nettamente per l’origine cagliaritana motivandola accuratamente.
Mingazzini 1949, p. 224. Mingazzini 1949, figg. 1-3.
5 Inoltre Guido 2000, p. 76.
Mingazzini 1949, p. 235.
266 jacopo bonetto
quegli anni nella zona del Palazzo delle Poste, presso via Mal- veniva a trovarsi avvicinato cronologicamente al caso gabino,
ta. Con convincenti motivazioni S. Angiolillo ha riaffrontato il riferito solitamente alla metà del ii sec. a.C., o a quelli prene-
tema ed ha riaffermato con maggiore convinzione il collegamen- stino, di Teano o di Pietrabbondante della fine del ii secolo 10 e
to del tempio di Venere raffigurato sulla moneta con l’edificio risultava precedere nettamente un altro celebre esempio come
sacro del santuario di via Malta. 1 L’ipotesi è condivisibile, come quello di Tivoli.
praticamente accertata sembra ormai la datazione dell’emissio- Quasi superfluo premettere che molto rischioso si profila
ne ai primi decenni che seguono la metà del i sec. a.C., e co- sotto il piano metodologico il principio comparativo a fini di
munque anteriore al 27 a.C., 2 forse in relazione alla constitutio datazione, come potrebbe banalmente dimostrare il caso del
del municipio in età cesariana o ottavianea. 3 Più incerto appare santuario spagnolo di Muniga, simile per impostazione ai com-
il significato della presenza dell’edificio sacro sul rovescio del- plessi laziali ma realizzato in età flavia a notevolissima distanza
l’emissione : è possibile che il tempio, già da tempo esistente, da quelli. 11 Ciononostante, se si accetta la rischiosa strada della
sia stato rappresentato come simbolo eminente della città, ma comparazione, si dovrà pur ammettere che un complesso di am-
credo non vada dimenticata la nota prassi di rappresentare in bito provinciale conservatore come quello cagliaritano si potrà
emissioni monetali, talvolta appositamente realizzate, complessi più ragionevolmente collocare in orizzonti cronologici piutto-
pubblici da poco realizzati o ristrutturati. 4 Per questo va almeno sto avanzati (o meglio ancora seguenti) rispetto a quelli di rea-
valutata la realistica possibilità che, negli anni intorno alla metà lizzazione degli archetipi da cui dipende. 12 Tale logica sembra
del i sec. a.C. e prossimi all’acquisizione della municipalità da adeguata ad un sistema generalmente condiviso di trasmissione
parte di Cagliari, le monete dei sufeti celebrino un edificio e un dei modelli dal centro alla periferia e potrebbe, almeno in linea
complesso religioso realizzato non troppo tempo addietro, o su teorica, far “scendere” la cronologia delle grandi architetture di
cui forse da poco potevano essere stati eseguiti importanti in- via Malta dalla posizione forse eccessivamente alta abitualmente
terventi. In questo caso andrà anche tenuto presente il frequen- accettata.
tissimo fenomeno, che già E. Gabba, M. Torelli ed altri hanno Così, pur senza poter giungere a fornire prospettive di inqua-
evidenziato, 5 del netto salto di qualità degli apprestamenti urba- dramento cronologico certe e radicalmente alternative a quelle
nistico-architettonici intervenuto in occasione delle elevazioni già note per il santuario di Cagliari, l’emergere di una serie di
di status dei centri italici e provinciali e che proprio in Sardegna, indicatori forse non del tutto indifferenti induce a credere au-
a poche decine di chilometri da Cagliari, sembra trovare riscon- spicabile che il dibattito sulla sua datazione si riapra, magari ali-
tri precisi. 6 mentato dalle nuove indagini in corso sul materiale d’archivio e
In ogni caso, per lo studio della vita del santuario, riterrei la sui reperti, 13 al fine di valutare la possibilità di uno slittamento
raffigurazione del tempio di via Malta su una moneta dell’inol- dei tempi di realizzazione del complesso almeno verso la fine del
trato i sec. a.C. un indizio tale da far cautamente dubitare del- ii sec. a.C. (o addirittura oltre), quando il progredito contatto
l’idea che il santuario, posto tra l’altro in diretta contiguità con con il mondo italico e l’accresciuto grado di romanizzazione po-
il foro cittadino, abbia conosciuto un inesorabile declino e una trebbero meglio giustificare una realizzazione tanto dipendente
sorta di abbandono nella seconda metà dello stesso secolo. dai contesti peninsulari. 14
Ulteriori importanti spunti di discussione in merito alla Simili incertezze di inquadramento storico-cronologico si in-
cronologia del santuario vengono dalla sua lettura comparata contrano anche nel caso di un altro complesso santuariale, tradi-
con gli esempi di grandi santuari realizzati nel tardo ellenismo. zionalmente considerato un esempio di architettura romana del-
Questo punto acquista particolare rilievo perché proprio sul la fase repubblicana di Sardegna, identificato nel centro di Sulci
confronto tipologico con similari monumenti la maggior parte (odierna S. Antioco) sito all’estremità sud occidentale dell’isola.
degli studiosi sembra basare le ipotesi di datazione. Come si è In questo caso le evidenze sono di molto minore impatto rispet-
già detto, oltre ad una generica matrice culturale greco-elleni- to al caso cagliaritano, ma non poco significative. 15 Le ricerche,
stica, per il centro di culto di via Malta è sempre richiamata la
7
condotte sulle pendici nord del colle (già “acropoli” punica)
stretta relazione tipologica con la serie di grandi complessi italici dove trovò sede il forte sabaudo, hanno ricostruito un percor-
eretti tra ii e i sec. a.C. Con questi divide moltissimi elemen- so ascensionale formato da una rampa connessa ad un muro di
ti dell’articolazione architettonica, e pure sotto il profilo della terrazzamento di fronte al quale si estendeva una larga spianata.
committenza sono stati proposti parallelismi. Infatti anche per Più in alto, ma in evidente connessione con questa sistemazione,
la realizzazione del santuario di via Malta sono citate possibili è stata rilevata la presenza di un tempio di forme italiche su podio
partecipazioni dirette di imprenditori e mercatores italici, sebbe- con pianta di uno pseudo-periptero sine postico, 16 di cui residuano
ne allo stato attuale nessun elemento leghi con certezza il caso nove colonne e lacerti di pavimentazione appartenenti a due fasi
cagliaritano ad atti di evergetismo. 8 Ma assai più complessa e di- costruttive. L’insieme delle evidenze sembra indicare un’artico-
scutibile, a mio avviso, è la relazione cronologica tra gli esempi lata opera monumentale su versante terrazzato che è stata fatta
italici e quello sardo. Talvolta, privilegiando una cronologia alla risalire ancora una volta alle ben note esperienze monumentali
fine del iii o all’inizio del ii sec., il caso di Cagliari era stato visto dei santuari a terrazze italici realizzati tra ii e i sec. a.C.
come uno dei primi esempi di questa serie, se non addirittura il Anche in questo caso le proposte di datazione si sono orien-
primo ; 9 in altri casi, pur abbassando la data al pieno ii sec. a.C., tate genericamente verso il ii sec. a.C., senza più dettagliate
1970, p. 138 pensano che il santuario di Cagliari inauguri la serie dei teatri-templi
1
Angiolillo 1986-1987 e Angiolillo 1987, p. 82. assieme all’esempio di Gabii. Wilson 1980-1981, p. 222 ipotizza una cronologia di
2
Sintesi del problema in Sollai 1989, pp. 51-61. “early second century b.C.”.
3 10
L’ipotesi della relazione tra l’emissione monetale e l’elevazione di Cagliari a Gros 1987, pp. 73-75 e 86-92.
città di pieno diritto è stata sostenuta da diversi autori (Grant 1946, pp. 149-150 che 11
Coarelli 1996, pp. 501-514.
proponeva una data al 38 a.C. ; Mastino 1985, pp. 70-71 ; Angiolillo 1986-1987, p. 12
W. Johannowsky, con prudenza, indicava il ii sec. a.C. come momento di co-
66 ; Burnett-Amandry-Ripollès 1992, i, p. 163). struzione del santuario di via Malta, ma ammetteva la possibilità di datazioni più
4
Price, Trell 1977, p. 66. tarde alla luce dell’ambiente sardo “piuttosto conservatore” (Johannowsky 1969-
5
Gros, Torelli 1988, pp. 248-258 ; Gabba 1994. 1970, p. 458).
6
Cfr. infra il caso del foro di Nora. 13
Vedi l’annunciata edizione completa dei materiali (Ibba 1999, p. 141).
7 14
Johannowsky 1969-1970, p. 348. A riflessioni simili giunge Ghiotto 2004a, pp. 36 e 51.
8 15
In questo senso sembra da valutare con una certa prudenza l’affermazione, I primi dati sono in Tronchetti 1989, pp. 25-29. Un’altra presentazione del
difficilmente dimostrabile allo stato attuale della documentazione, secondo cui il complesso si trova in Tronchetti 1995a, 109 con ulteriori precisazioni in Colavitti,
santuario sarebbe « l’esito di un investimento a scopo produttivo di alcuni gruppi Tronchetti 2000, passim ; infine Ghiotto 2004a, pp. 35-37.
imprenditoriali » (Colavitti 2003, p. 17). 16
Per l’assetto del colonnato, che non aderisce direttamente alle pareti della cella,
9
Mingazzini 1986, p. 173 e Kähler 1958, p. 245. Boëthius-Ward-Perkins l’edificio può forse essere meglio indicato come periptero sine postico.
persistenze e innovazioni nelle architetture della sardegna ellenistica 267
specificazioni. La grande spianata copre in effetti una necropoli
1 Satricum e Teano, ma il suo legame con la cultura architetto-
10

punica i cui materiali più tardi non superano la fine del iii sec. nica italico-romana non sembra particolarmente evidente o più
a.C. e i reperti inglobati nel riempimento connesso al terraz- importante di quanto appaia il rimando a modelli punici. Anche
zamento sembrano inquadrarsi nel ii sec. a.C. Pur osservando in questo caso va poi osservato che la cronologia non si basa su
l’importanza di questi riferimenti, andrà cautamente osservato indiscutibili evidenze di scavo, ma su riferimenti e confronti di
che essi potrebbero anche costituire generici termini post quem carattere stilistico e architettonico che hanno giustamente fatto
e lasciare aperta la possibilità di una cronologia più bassa, verso proporre datazioni assai generiche e anche ragionevolmente ri-
cui potrebbe orientare con maggiore concretezza lo studio dei bassate verso il i sec. a.C.
pavimenti del tempio. Il più antico di essi è infatti costituito da
un cementizio rosato con inserzione di tessere lapidee bianche 5. Persistenze e innovazioni nel tardo ellenismo
a punteggiato regolare che venne già collocato da S. Angiolillo Così, da una pur rapida disamina delle testimonianze sull’archi-
tra la fine della Repubblica e gli inizi dell’impero. 2 In realtà nulla tettura sarda finora riferite ai primi tempi della presenza roma-
esclude che l’esempio sulcitano possa effettivamente collocarsi na nell’isola, sembra emergere, da un lato, una netta modestia
in un momento precoce della romanizzazione, anche alla luce di quantitativa dei documenti assegnati al periodo e, dall’altro, l’in-
testimonianze di diffusione della tipologia generica del cemen- certezza e, a tratti, la labilità delle basi di riferimento per l’attri-
tizio in Italia, 3 e sporadicamente in Sardegna, 4 già nel iii-ii sec. buzione cronologica ; tutto ciò rende estremamente difficile una
a.C. Tuttavia è pure vero che in età così antica sembra diffuso nitida valutazione del paesaggio architettonico di questo perio-
il tipo di cementizio a disposizione degli inserti lapidei del tutto do, ma alimenta anche seri dubbi sulla reale forza del processo
irregolari (a volte con il simbolo di Tanit o con caduceo) e che
5
di trasformazione indotto da un pur innegabile (per altri aspetti)
il tipo con inserzione di tessere a punteggiato regolare sembre- fenomeno di incipiente romanizzazione. Soprattutto è emerso
rebbe diffondersi in fasi più avanzate, almeno in area sarda ;
6 7
come per i pochi complessi architettonici noti esista almeno la
inoltre studi anche recenti e ben documentati di F. Rinaldi sui possibilità di discutere eventuali slittamenti della loro datazione
cementizi di alcuni centri della Sardegna meridionale hanno di- verso la fine del ii o addirittura all’interno del i sec. a.C. Questo
mostrato per questi rivestimenti un concentrarsi delle evidenze contribuirebbe soprattutto a “liberare” i monumenti indagati
a partire dal i sec. a.C. e un protrarsi delle stesse per tutta la dall’innegabile isolamento 11 in cui oggi si trovano per una col-
tarda repubblica e fino all’età imperiale inoltrata. 8 In sintesi mi locazione nel pieno ii secolo a.C., che non conosce altre parti-
sembra che anche per il complesso sulcitano valgano le osserva- colari evidenze, e a fare di essi tappe prolettiche d’avvio di quel
zioni svolte per il santuario di via Malta a Cagliari : la possibilità floruit architettonico e monumentale di stampo romano-italico
di una realizzazione entro l’ambito del ii sec. a.C. è certamente che tocca l’isola con ben più sostanziata evidenza nel corso del i
credibile e basata su indizi di un certo peso, ma altre conside- secolo a.C., e particolarmente nelle sue fasi avanzate. 12
razioni non marginali suggeriscono cautamente di considerare Da questo momento infatti il panorama architettonico di Sar-
la possibilità concreta di uno spostamento della datazione del degna subisce una sicura ed accelerata evoluzione verso la koine
complesso almeno verso la fine del ii sec. a.C. se non agli inizi italica, attraverso l’adozione palese di modelli e formule del tar-
del i sec. a.C. do ellenismo mediati attraverso la penisola.
L’ultimo esempio di architettura monumentale attribuita in Ne sono puntuali indicatori, tra i molti, alcune ben studiate
bibliografia al ii sec. a.C. è il cosiddetto “Tempietto K” (o “tem- testimonianze del linguaggio architettonico della tarda repub-
pietto distilo”), nell’area urbana di Tharros, congiunto ad una blica rifluito nell’isola, come i resti di un monumento con fregio
sistemazione monumentale che prevedeva un porticato collega- dorico rinvenuto reimpiegato a pezzi presso un impianto di ful-
to allo stesso edificio e un’ampia area recintata con blocchi di lonica a Cagliari. 13 Di esso si conservano tre blocchi : uno pre-
arenaria. 9 L’edificio, distilo a pilastri con cella dotata sul fondo senta l’iscrizione c apsena c f heic heic est pollio ; un secondo
di bancone, sembra trovare riscontri in alcuni modellini fittili da tre triglifi e tre metope decorate da fiore a sei petali, da patera
ombelicata e da un motivo non decifrato ; un terzo due triglifi
1
Così Tronchetti 1989, p. 28 e Tronchetti 1995a, p. 109. La cronologia è con una metopa e mezza oltre ad una cornice superiore a dentelli
condivisa da Colavitti 1999, p. 41.
2
divisa dal fregio tramite una cornice modanata. Esso rimanda
Angiolillo 1981, n. 68, 69. Confronti abbastanza stringenti in altre località alla diffusa produzione italica di altari a pulvini o di naiskoi so-
della Sardegna (Cagliari, Tharros e Padria) conducono in effetti a tali momenti cro-
nologici : Angiolillo 1981, n. 93, 98 (Cagliari, casa del Tablino dipinto) ; n. 129, 140 stenuti da basi (dalla valenza onoraria o funeraria) 14 che trovano
(Tharros) ; n. 137, 163 (Padria) e commento in Rinaldi 2002, pp. 34-35. Va pur detto, la loro massima diffusione nel i sec. a.C. tra le borghesie muni-
come giustamente notato da Tronchetti 1995a, 109, che esiste una generica difficoltà cipali e che seguono tali classi nelle loro migrazioni verso le aree
di ancorare a cronologie precise la tipologie pavimentali del cementizio per le mol-
teplici varianti locali o di schema decorativo, e soprattutto per la frequente assenza periferiche del mondo romano. 15
di correlate indagini stratigrafiche.
3
Ma è soprattutto a livello degli assetti insediativi e urbanistici
Vedi Grandi 2001 e Rinaldi 2002, pp. 28-29, soprattutto note 5-10 con ampia che nell’ultimo secolo avanti Cristo si coglie una netta accelera-
sintesi sugli studi relativi precedenti. Inoltre Mezzolani 2000 per il caso dei pavi-
menti di Tharros. zione nel processo di trasformazione degli abitati con documenti
4
Per esempio in via Brenta a Cagliari (Scavo di via Brenta 1992, pp. 12-13, 30- di sicura attribuzione cronologica. 16
33, 37-53), dove i pavimenti sono datati in via stratigrafica al iii e al ii sec. a.C., e
in via Trieste 105 (Mongiu 1987, pp. 62-63), dove i pavimenti sembrano databili al
ii sec. a.C. 10
Staccioli 1968, pp. 47-48, n. 38, tav. xlv (Satricum) ; pp. 54-56, n. 47, tav.
5
Vedi gli esempi citati alla nota precedente e quelli nella domus di via Po a Ca- liv-lv (Teano).
gliari (Angiolillo 1981, n. 110, 105) e nella casa degli emblemi punici sempre a 11
L’“isolamento” dei complessi santuariali sardi attribuiti al ii sec. a.C. è già
Cagliari (Angiolillo 1981, n. 113, 106) riferiti ad età repubblicana. sottolineato da Nieddu 1992, p. 15.
6
Vedi nota 116. 12
Su questo periodo in generale vedi la sintesi di Ghiotto 2004a, pp. 200-201.
7
In contesti punici africani il cementizio con punteggiato regolare di tessere 13
Angiolillo 1985, pp. 99-102.
sembra documentato anche in fasi più antiche. 14
L’esemplare sardo sembra possa interpretarsi come resto del sepolcro di un
8
Rinaldi 2002 affronta il caso dei cementizi del centro di Nora, offrendo nume- personaggio (Caius Apsena Cai filius Pollio) anche se, per la difficoltà di lettura del
rosi spunti sulla cronologia delle testimonianze e sulle forme della romanizzazione testo mutilo non si possono escludere menzioni di due personaggi.
letta attraverso la documentazione archeologica. Se per i pavimenti norensi, alla 15
Vedi Angiolillo 1985 e i confronti possibili con simili fregi di ambito nord-
luce di nuove datazioni su base stratigrafica e di confronti puntuali, l’autrice orienta italico in Cavalieri Manasse 1978, pp. 99-104.
la datazione all’ambito del i sec. a.C., si avanza, pur cautamente, la possibilità di 16
Nel panorama poleografico una spia isolata ma assai indicativa della svolta (nel
« estendere la nuova cronologia […] ai cementizi di Tharros e Sulci » (Rinaldi 2002, senso di “chiusura” con il passato punico) è costituita dalla crisi del fondamentale
p. 39). sito d’altura fenicio e punico di Monte Sirai, frequentato e ristrutturato fino alla fine
9
Acquaro 1983, pp. 625-628 ; Acquaro, Finzi 1986, pp. 57-59 ; Zucca 1993, pp. del iii sec. a.C., ma abbandonato in modo subitaneo dagli anni attorno al 110 a.C.
95-97 ; Ghiotto 2004a, pp. 38-39 con bibliografia completa. (Bartoloni 1997, p. 87 con bibl. prec.).
268 jacopo bonetto
Nel quadro dell’urbanistica monumentale emblematico può italici. Infine, di qualche significato appare il riscontro tardo e
essere il caso dell’evoluzione di Nora, 1 dove la ripresa degli sca- isolato (fine del i sec. a.C.) di altre manifestazioni artistiche tipi-
vi estensivi ha permesso di dimostrare che proprio (e solo) alla camente italiche come la ritrattistica. 13
metà del i sec. a.C., o immediatamente dopo, e comunque assai In quest’ottica interpretativa sembrano potersi innestare an-
probabilmente in relazione alla costituzione del municipio, 2 il cora altri elementi, di maggiore e minore peso, emergenti dal
centro si dota di un nuovo grandioso complesso pubblico, costi- panorama culturale generale dell’isola. Una qualche riflessione
tuito dalla piazza forense porticata con edificio templare e spazi può così forse stimolare lo studio dei tempi di diffusione nell’iso-
annessi, che viene a stravolgere e ad obliterare per sempre pre- la del codice scrittorio latino, che trova attestazione iniziale del
cedenti quartieri del centro punico vissuti senza sussulti partico- tutto sporadica alla fine del iii e nel ii sec. a.C., 14 ma quasi esclu-
lari per molti secoli. E negli anni immediatamente successivi si sivamente nell’ambito dell’instrumentum importato dall’Italia o
colloca la realizzazione, a ridosso dell’area civica, dell’altrettan- in collegamento ad attività commerciali gestite da imprenditori,
to simbolico (in chiave romana) edificio teatrale. 3 come sembrerebbe nel caso della celebre iscrizione trilingue di
Senza ampliare il discorso su questa fase evolutiva si può solo S. Nicolò Gerrei, 15 che, tuttavia, proprio recentemente è stata
ricordare che allo stesso arco di tempo (seconda metà del i sec. assegnata con convincenti motivazioni al i sec. a.C. ; 16 invece,
a.C.) si ascrivono le modifiche dell’area sacra di Antas, le tra-
4
significativamente, la specifica categoria di iscrizioni legate a
sformazioni in forme romane del Tempio “delle semicolonne progetti di decoro urbano non sembrano comparire prima della
doriche” di Tharros, 5 la costruzione del cosiddetto tempio te- metà del i sec. a.C., o addirittura più tardi. 17
trastilo, dotato di capitelli corinzio-italici, nel medesimo centro Si tratta di elementi non sempre decisivi, ma tali certo da
del golfo di Oristano, 6 il rinnovamento delle difese di Sulci, 7 la consolidare l’impressione netta di lunga e “serpeggiante” per-
realizzazione della struttura templare (inedita) di Piazza Santa sistenza fino almeno al tardo ellenismo di elementi culturali pu-
Croce a Olbia 8 ed altri interventi ancora. nici, che in molti ambiti, tra i quali certamente non fa eccezione
Tuttavia anche in questo clima di palese rinnovamento del la cultura architettonica, rallentano e sfilacciano l’avanzare di
linguaggio e dei codici architettonici la forza del passato e una schemi e moduli romano-italici.
certa inerzia al cambiamento si colgono ancora in modo eviden- Ma tale impressione di una titubanza di fondo dell’isola già
te. Lo stesso scavo del foro di Nora, ora citato come segno for- cartaginese a raccogliere stimoli provenienti dall’Italia tra ii e
te di cambiamento, ha tuttavia mostrato che sia nelle partizioni i sec. a.C. non è solo nostra (e di altri autori moderni), 18 ma
spaziali del complesso monumentale, sia nella progettazione ar- si insinuava già in qualche modo nel pensiero degli antichi e
chitettonica, come anche nelle attività tecniche di cantiere, il si- riguardava anche ambiti diversi da quelli della cultura mate-
stema metrologico adottato fu ancora quello fenicio-punico del riale. La voce che colpisce in questo senso è quella di Marco
cubito piccolo corrispondente a 0,46 m. 9 Tullio Cicerone, che, agendo da avvocato di parte nel delicato
Se ne ricava, in estrema sintesi, un processo di ellenizzazio- contenzioso tra il suo cliente Marco Emilio Scauro e i Sardi,
ne e romanizzazione della Sardegna non lineare ed omogeneo, asseriva (senza poter mentire su dati ufficiali davanti ad un tri-
ma fortemente dominato dalla complessità, in cui le innovazioni bunale) che alla meta del i sec. a.C. solo la Sardegna, tra tutte
sono sempre associate e combinate con un radicamento tenace le province, non poteva vantare alcuna città libera e amica del
della cultura punica, che “attarda” e rallenta l’ingresso di ele- popolo romano. 19
menti allogeni con evidenza marcata nel campo dell’architettu-
ra. 10 Oltre a quanto già segnalato, ancora indicative in questo Bibliografia
senso appaiono la lentezza e l’incertezza nella ricezione delle in-
Acquaro 1983 = E. Acquaro, Nuove ricerche a Tharros, in Atti del i
novazioni tecnico-edilizie sviluppate in ambito laziale e italico, Congresso internazionale di studi fenici e punici (Atti Congresso Roma
che solo nella tarda repubblica o nel primo impero si riscontrano 1979), iii, Roma, 1983, pp. 623-631.
nell’isola, o la presenza in tutta la Sardegna di un solo teatro
11
Acquaro 1991 = E. Acquaro, Tharros tra Fenicia e Cartagine, in Atti del
(a Nora), edificio simbolo della cultura architettonica ellenistica ii congresso internazionale di studi fenici e punici (Atti Congresso Roma
e romana ; sempre nell’ambito edificatorio, è interessante nota- 1987), iii, Roma, 1991, pp. 548-558.
re che non prima della fine del i sec. a.C. è nota l’adozione dei Acquaro 1995 = E. Acquaro, Il tempio di Sid ad Antas, in Carbonia e il
Sulcis. Archeologia e territorio, ed. V. Santoni, Oristano 1995, pp. 253-
rivestimenti in tessellato 12 basati su moduli stilistici ellenistici e 256.
Acquaro, Finzi 1986 = E. Acquaro, C. Finzi, Tharros, Sassari, 1986.
1 Albizzati 1926-1927 = C. Albizzati, Due questioni di numismatica sar-
In generale per gli scavi nella città : Ricerche su Nora - i (anni 1990-1998) 2000 ;
Ricerche su Nora - ii (anni 1990-1998) 2003 ; Nora 2003. Per il foro vedi Bonet- do-romana, « aflc », i-ii, 1926-1927, pp. 1-6.
to-Ghedini-Ghiotto 2003, Ghiotto 2004a, pp. 60-63 e Bonetto-Buonopane- Angiolillo 1981 = S. Angiolillo, Mosaici antichi in Italia. Sardinia,
Ghiotto-Novello c.s. 2
Bonetto 2002. Roma, 1981.
3
Bejor 2003 e Ghiotto 2004b, pp. 1223-1231. Angiolillo 1985 = S. Angiolillo, A proposito di un monumento con fre-
4
In età augustea il vecchio sacello punico è trasformato in un edificio templare gio dorico rinvenuto a Cagliari. La Sardegna e i suoi rapporti con il mondo
monumentale con scalinata frontale e peristasi secondo schemi mutuati dalla tradi-
5
zione ellenistica. Zucca 1993, pp. 93-94.
6 7 13
Zucca 1993, pp. 103-104. Colavitti, Tronchetti 2000. Vedi Angiolillo 1987, p. 137 che ricorda la presenza di un solo ritratto (di
8
Ghiotto 2004a, pp. 41-42. bottega urbana) ascrivibile ad età repubblicana.
9 14
Dal nuovo rilievo a scala 1 :50 dei resti del foro risulta che la larghezza dello Zucca 1996, 1487-1489. Al iii sec. si riferisce praticamente un solo testo, inciso
spazio aperto corrisponde a 34,5 m., pari a 75 cubiti, mentre, secondo una delle ipo- su collo di una brocca dall’ager tharrensis (Zucca 1996, 1474-1475).
tesi, la lunghezza dello stesso risulterebbe pari a 46 m., pari a 100 cubiti. Lo scavo del 15
Si tratta della dedica di un altare di bronzo (ora a Torino, Museo di Antichità)
tempio, che prospetta sul foro dal lato settentrionale, ha dimostrato poi che tutta la trovata in un santuario di Esculapio e posta da uno schiavo greco Cleon di una società
progettazione è eseguita sulla base del cubito piccolo fenicio : le dimensioni globali legata allo sfruttamento delle saline : cil i2, 2226 = cil x, 7586 = ils 1784 ; ig xiv,
sono di 40 x 20 cubiti (18,2/4 x 9,2 m) ; il pronao è di 13 cubiti (6 m) e la cella di 27 608 ; cis i, 1, 143. Vedi l’esame completo in Zucca 1996, pp. 1463-1465 e Culasso
cubiti (12,4 m). Infine i grandi blocchi utilizzati per le fondazioni dello stesso edificio Gastaldi 2000.
sembrano tagliati secondo le unità di misura preromane (vedi Bonetto-Ghedini- 16
La datazione solitamente accettata alla metà del ii sec. a.C. (cfr. nota prece-
Ghiotto 2003). dente) è stata sensibilmente ribassata alla seconda metà del i sec. a.C. da Culasso
10
Nieddu 1992, p. 15 giunge a simili conclusioni e ad ulteriori riflessioni sulla Gastaldi 2000, pp. 21-25.
“marginalità” dell’isola rispetto alla forte spinta di rinnovamento di altri contesti 17
Vedi l’ottimo repertorio delle iscrizione legate a progetti di “decoro urbano” di
italici sostenuta dall’ascesa delle ricche borghesie municipali. Zucca 1994, part. pp. 930-931 e il grafico a fig. 1. Le più antiche, tra cui la bilingue di
11
Ghiotto 2004a, pp. 16-17, 20-21, 211. Sulci di età cesariana o successiva (vedi nota 41), sono poste su basi di statue, mentre
12
Vedi l’utile repertorio di Angiolillo 1981, pp. 218-229 e l’ulteriore commento solo le più recenti (dalla seconda metà del i sec. a.C.) sono collegate ad edifici.
di Angiolillo 1985, p. 102 e Angiolillo 1987, pp. 162-163, che cita il mosaico della 18
Vedi per esempio Nieddu 1992, pp. 15-16.
fullonica di via xx settembre a Cagliari come “rarissimo caso” di esemplare musivo 19
Cic. Scaur. xix, 44 : Quae est enim praeter Sardiniam provincia quae nullam
repubblicano. habeat amicam popolo Romano ac liberam civitatem?
persistenze e innovazioni nelle architetture della sardegna ellenistica 269
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composto, in carattere fournier monotype,
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Ottobre 2006

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