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1.
UNIVERSITÀ DI PERUGIA
spoleto
c omplesso monumentale di s. nic olò
5- 7 novembre 2004
a cura di
massimo osanna e mario torelli
ROMA
EDIZI ONI DELL’ATENEO
2006
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www.libraweb.net
isbn 88-8476-104-2
SOMMARIO
degna si compie però nel 238 a.C., quando, con atto giudicato
ingiustificato da Polibio, 2 i Romani pongono fine alla domina-
zione punica in Sardegna attraverso l’intervento del console Ti.
Sempronio Gracco.
Ma da subito, con le rivolte del 236, del 235, del 232, del 231,
del 226, del 225 e del 216 a.C., forse ispirate da Cartagine, 3 appa-
re chiaro che l’isola e l’elemento indigeno conservavano fortis-
simo il senso di una propria identità, non pronta a recepire senza
sussulti l’elemento esterno. La renitenza ai nuovi contatti venne
emblematicamente ribadita dalla ribellione del ricco latifondista
Ampsicora, affiancato presto dalla rediviva Cartagine con un
corpo di spedizione antiromano, che fu sedata definitivamente
solo nel 215 4 e da altre rivolte che, maturate ancora nel pieno
ii sec. (fino al 104 a.C.), furono regolarmente represse dai ma-
gistrati romani. Intanto però, nel 227 a.C., era avvenuto l’atto
formale della costituzione della provincia di Sardinia et Corsica,
in seguito al quale l’isola, come la Sicilia, iniziò ad essere retta da
un pretore e ad essere sottoposta al pieno controllo economico e
commerciale romano-italico. 5
Se naturalmente non si può attribuire a questo pur epocale
mutamento amministrativo un ruolo diretto nelle trasforma-
zioni culturali dell’isola, è certo che esso stimolò una serie di
processi latori di novità significative per la regione. La Sardegna
tornò ad essere al centro delle attenzioni dei mercatores italici, si-
curamente già da prima attratti dalle ricchezze naturali del terri-
torio sardo come si percepisce, pur indirettamente, dai citati fatti
del 378-7/386 a.C. (colonizzazione di Pheronia) e dal trattato
del 348 a.C. (divieto di commercio per i Romani nell’isola). La
presenza di imprenditori italici e di publicani 6 attivi in Sardegna
è documentata da una serie di testimonianze via via crescenti
dalla fase repubblicana in poi ed è stata oggetto nel passato e di
recente delle attenzioni di diversi autori, 7 tra cui, da ultima, A.
M. Colavitti. 8 In questi studi si è evidenziato come essi furono
pronti a subentrare con decisione alla componente punica per
lo sfruttamento delle notevolissime risorse naturali, granarie e Fig. 2. Stele punica dal tophet di Sulci (S. Antioco) con inserzione
metallifere in primis, di cui l’isola era ricca e che avevano rap- di motivi architettonici e figurati di derivazione greco-ellenistica
presentato il vero movente e la calamita principale per gli inte- (da Pesce 1961c).
ressi cartaginesi verso l’isola. Interessantissima ed emblematica
in questo senso è la nota dedica (da Falerii Novi), databile al ii Tra i tanti elementi, difficilmente riconducibili ad una sintesi im-
sec. a.C., Iovei Iunonei Minervai da parte di alcuni Falesce quei in mediata, si possono ricordare i relitti di imbarcazioni rinvenuti
Sardinia sunt 9 (i quali donum dederunt), che fotografa in modo lungo le coste dell’isola con carichi di materiali proveniente dal
chiaro e netto queste presenze mercantili capaci di dare avvio a continente 11 e la diffusa presenza nei contesti archeologici del-
legami forti e stabili tra la penisola italica – forse l’area etrusca l’isola di anfore “greco-italiche” (tra iii e ii sec. a.C.) e “Dressel
in particolare 10 – e la Sardegna. 1” (tra ii e i sec. a.C.) che veicolavano vino etrusco e campano. 12
Tale ingresso dell’isola in nuovi e sicuramente stimolanti cir- L’indice più diffuso dei flussi commerciali di età repubblicana
cuiti commerciali trova documenti archeologici di diverso valo- è però rappresentato dalla ceramica a vernice nera sia del tipo
re e importanza, ma certo tali da comporre un quadro eloquente. prodotto dall’officina laziale des petites estampilles sia delle classi
note come Campana A, diffusa nell’isola dal 200 a.C., e come
1
Rispettivamente riferite da Zon. viii, 11, p. i 388 e Zon. viii, 12, p. i 389. Campana B (e B-oide), che si ritrova a partire dalla metà del ii
2
Vari passi sugli episodi della conquista romana sono in Pol. i, 79-88. Per la sec., accompagnata talvolta dai contenitori a “pareti sottili” ; si
sintesi storica vedi Meloni 1988, pp. 453-456. tratta di merci d’importazione grazie alle quali si svilupparono
3
Zon. viii, 18, p. i 401 e Zon. viii, 19, p. i 401. Meloni 1988, pp. 453-456.
4
Sulla vicenda di Ampsicora si veda la sintesi con commento e bibliografia di anche produzioni di imitazione locale che modificarono a fondo
Meloni 1988, pp. 456-457 e Brizzi 2001. Le fonti sono : Liv. xxiii, 40,1 e 41, 7 ; Sil. il panorama della cultura materiale dell’isola. 13
xii, 342 sgg. Pur tuttavia, per tutto il ii sec. a.C. il fermento economico in-
5
Solin. 5, 1 pp. 47-48 ; Liv. xxiii, 24, 4 ; Liv. xxxiii, 42, 8.
6
Documentati dalla famosa iscrizione trilingue di S. Nicolò Gerrei (cil i2, 2226 ; nescato dagli scambi commerciali non sembra determinare, come
cil x, 7586 ; ils 1874 ; ig xiv, 608 ; cis i, 1, 143) che menziona un servo di una società avvenne in altre zone del Mediterraneo occidentale e della peniso-
preposta allo sfruttamento delle saline (Culasso Gastaldi 2000). la, un’apertura sicura e irreversibile del quadro culturale sardo a
7
Vedi, tra i tanti : Meloni 1975, pp. 105-109 ; Angiolillo 1985 ; Zucca 1985, pp.
94-95 ; Zucca 1996, pp. 1487-1488. Alcune considerazioni sulla precoce (fine iii sec. modelli e stili ellenistici mediati attraverso la componente italica.
a.C.) presenza di mercatores nell’area olbiese sono in D’Oriano, Pietra 2004, pp. Si assiste infatti per tutto questo periodo, definito non a caso
131-136. “punico-romano”, 14 ad un fenomeno tenace e ben documentato
8
Colavitti 1999.
9
cil i2, 364a = cil xi, 3078 = ils 3083 = illrp i, 192.
10 11
In qualche modo significativo appare che questi primi italici documentati in Un esempio è il relitto della “Secca dei Berni” al largo di Villasimius nella
Sardegna siano originari di quei territori etruschi, e falisci in particolare, che già nei Sardegna sud-orientale (Bartoloni, Marras 1989).
12
citati tentativi di colonizzazione sembrano aver giocato un ruolo centrale, a fianco Vedi Zucca 1985, p. 95 con ampia sintesi bibliografica.
13
di Roma, nella spinta verso la Sardegna (Torelli 1981, pp. 73-81) ; potrebbe trat- Il panorama più completo sulle produzioni fittili presenti in Sardegna (locali e
tarsi dell’indizio di una mai sopita attenzione verso la Sardegna di certi gruppi di importate) è quello di Tronchetti 1996 ; per un quadro sulle importazioni di mate-
mercanti e di certe aree della penisola che da sempre controllavano le vie d’acqua riale dall’Italia in Sardegna vedi anche Tronchetti 1995b, pp. 267-268.
14
tra isole e continente. Tronchetti 1995b, pp. 266-267.
260 jacopo bonetto
trova un noto esempio nel patrimonio di stele, utilizzate in am-
bito santuariale/funerario, recanti motivi decorativi di stampo
chiaramente greco introdotti da artigiani africani impegnati in
Sardegna tra iii e ii sec. a.C. 8
Per la penetrazione di motivi ellenistici nell’isola la mediazione
cartaginese è stata spesso affiancata in sincretismi eclettici da quel-
la italica, progressivamente più viva dall’inoltrato ii sec. a.C., 9
come hanno chiarito vari studi di A. M. Comella, 10 S. Angiolil-
lo 11 e A. Campus. 12 Si portano frequentemente ad esempio per
questi fervidi contatti le statue fittili della stipe votiva del tempio
di Esculapio a Nora raffiguranti devoti, databili al ii sec. a.C., 13 e
altri noti gruppi in terracotta da S. Margherita di Pula, 14 dalla la-
guna di S. Gilla a Cagliari, 15 da un modesto santuario dell’entro-
terra cagliaritano (Narcao), da S. Giuseppe di Padria 16 e da molti
altri siti ancora, tutti inquadrabili tra iii e i sec. a.C. Ma non meno
significativi sono manufatti di alto artigianato artistico quali la te-
sta fittile dell’Eracle di Olbia dalla Sardegna settentrionale. 17
Fig. 5. Pianta del santuario di via Malta a Cagliari redatta al termine dello scavo (da « Notizie Scavi », 1949).
262 jacopo bonetto
obbligata per capire la cultura architettonica del periodo nella cuni rocchi di colonne (forse originariamente stuccate) trovati
regione, anche perché ritengo che le ottime analisi del comples- ad ovest di esso verso il “recinto”. 3 L’edificio in alzato doveva
so già condotte possano subire alcune proposte di integrazione occupare uno spazio di 8,61 x 14,43 m. Il podio, dell’altezza di
tali forse da rimodulare per alcuni particolari la lettura delle re- 3,5 m, era preceduto da una scalinata di accesso di circa dieci
lazioni tra l’isola e il mondo italico. gradini. Questa scalinata veniva a collegarsi tramite una platea
Esso venne riportato parzialmente in luce nel 1938 nella zona lastricata (Fig. 5 : “B”) all’asse centrale di un doppio muro cur-
centrale della città antica, oggi posta a monte di Piazza del Car- vilineo (Fig. 5 : “E”) che terrazzava la parte alta del comples-
mine (e del Palazzo delle Poste su di essa prospiciente) tra le so e la separava idealmente e fisicamente dal settore inferiore.
In questo venne riportata in luce una gradinata ad andamento
curvilineo (Fig. 5 : “G”), “arieggiante” la cavea di un teatro,
composta da gradini di calcare di Bonaria talvolta conservati e
talvolta leggibili nei piani di posa loro funzionali ; tredici furono
i livelli gradinati identificati con sicurezza. Non fu invece possi-
bile condurre l’indagine là dove si poteva trovare una struttura
di tipo scenico su cui a lungo Mingazzini argomentò.
Lo scavo del complesso e la sua pubblicazione lasciarono ir-
risolti vari problemi, alcuni dei quali mai più toccati, altri inve-
ce già affrontati con successo. Uno di questi era costituito dalla
dedicazione del santuario. Nello studio più accurato successivo
all’edizione del 1949, S. Angiolillo propose convincentemente di
vedere nel santuario di via Malta a Cagliari una sede del culto di
Venere e Adone, cui rimanderebbero soprattutto i rinvenimenti
cospicui di corallo e diversi altri particolari. Per il ritrovamento
di una statua isiaca è stata più volte ricordata anche una proba-
bile assimilazione (tramite interpretatio) del culto di Venere con
quello di questa dea, il cui marito Osidride vanta una tradizione
di vicende mitiche molto somiglianti a quelle di Adone. 4
Per il resto, due mi sembrano gli aspetti della pur approfondi-
ta lettura del complesso cagliaritano sui quali sia possibile ope-
rare qualche riflessione ulteriore per riaprire il dibattito : l’arti-
colazione planimetrica e la cronologia.
Nel quadro planimetrico fornito dallo scavatore un partico-
lare su cui ci si può soffermare è quello che P. Mingazzini lesse
come “recinto” dell’area sacra, ossia un muro rimesso in luce nei
settori a nord e a ovest del tempio e che venne (convincentemen-
te) ipotizzato come presente anche sul lato est. Di esso furono
visti alcuni filari originariamente posti a vista e ben lisciati sulla
faccia e alcune assise con la faccia solo sbozzata originariamente
sottoposte al piano di spiccato.
Fig. 6. Immagine del “muro di recinzione” dell’area santuariale con le
basi attiche di colonne in lavagna nera ad esso sovrapposte Sulla testa di questo presunto muro di recinzione vennero tro-
(da Colavitti 2003). vate quattro basi attiche di colonne (Fig. 5 “d” ; interasse di 1,4
m), 5 che P. Mingazzini ritenne non in posizione originaria. Tale
vie Malta e Maddalena. Le indagini proseguirono nel periodo convinzione, più volte espressa, non venne motivata in alcun
1938-1941 a cura di D. Levi (per brevissimo tempo) e di P. Min- modo in un primo passo della relazione. 6 Più avanti nel testo,
gazzini, che ne propose una prima e più completa edizione nelle lo scavatore ritenne i fusti in tramezzario non originariamente
Notizie degli Scavi del 1949. 1 associati alle basi in lavagna nera per la differenza nel materiale
Secondo lo studioso, l’area sacra era circondata da un grande impiegato ; si può notare invece, come è già stato fatto, 7 che tale
“muro di cinta” (Fig. 5 : “D”) in blocchi di calcare locale che distinzione di materiale tra fusto e base si riscontra in altri casi e
racchiudeva uno spazio largo 43 m e della lunghezza variabile non denota necessariamente rimaneggiamenti dell’elemento ar-
tra 120 e 80 m, a seconda dell’interpretazione di alcuni rinveni- chitettonico. Mingazzini sostenne inoltre che le colonne non po-
menti effettuati in zona nel 1886. L’orientamento da NNE a SSO tevano trovarsi in posizione originaria, ritenendo illogica la loro
seguiva quello della pendenza naturale del terreno e non sembra dislocazione “su un muro di cinta in pendio”, ma non si curò
fosse legato ad alcuna prassi rituale. Dello spazio circondato
2 di dimostrare il presupposto fondamentale di tale affermazione,
dal “peribolo”, tutta la parte alta era occupata da un’area che, ossia appunto la funzione di peribolos della struttura muraria in
secondo l’ipotesi di P. Mingazzini, era tenuta a giardino ; in essa questione. Inoltre lo scavatore notò (acutamente) che il livello
si trovava un pozzo per l’acqua sorgiva (Fig. 5 : “F”), all’interno superiore del muro non veniva ad abbassarsi progressivamente
del quale vennero recuperati numerosi materiali fittili che sono con la linea del pendio, soluzione assolutamente obbligata nel
risultati importanti per lo studio cronologico e funzionale del caso si fosse trattato di un muro di recinzione, ma manteneva la
complesso.
Al centro di questo settore superiore trovava posto l’edificio 3
A questa conclusione giunge lo stesso Mingazzini 1950, p. 216 (« Tutto quindi
templare (Fig. 5 : “A”) ; di esso vennero viste le fondazioni in fa supporre che i due rulli qui rinvenuti abbiano fatto gruppo con i rulli del muro
D »), pur contraddicendo alcune sue stesse affermazioni dello stesso passo della re-
blocchi di calcare locale uniti a secco a formare una platea di lazione (« Che il tempio fosse adorno di colonne è reso quasi sicuro da due rulli di
15,75 x 10,75 m ; solo un corso dell’alzato era conservato, e per colonne rinvenuti nella zona fra il muro di cinta D e la platea del tempio »).
4
tratti limitati, mentre non dovevano appartenere all’edificio al- Angiolillo 1985-1986, pp. 72-75.
5
Mingazzini 1949, fig. 7 e Colavitti 2003, fig. 30c.
6
Mingazzini 1949, p. 217.
1 7
Vedi Mingazzini 1949, Mingazzini 1952 e Mingazzini 1986. Angiolillo 1986-1987, pp. 59-62 e in part. nota 11, dove si richiamano esempi
2
Mingazzini 1949, p. 217. di Pietrabbondante e Cagliari (villa di Tigellio).
persistenze e innovazioni nelle architetture della sardegna ellenistica 263
punica i cui materiali più tardi non superano la fine del iii sec. nica italico-romana non sembra particolarmente evidente o più
a.C. e i reperti inglobati nel riempimento connesso al terraz- importante di quanto appaia il rimando a modelli punici. Anche
zamento sembrano inquadrarsi nel ii sec. a.C. Pur osservando in questo caso va poi osservato che la cronologia non si basa su
l’importanza di questi riferimenti, andrà cautamente osservato indiscutibili evidenze di scavo, ma su riferimenti e confronti di
che essi potrebbero anche costituire generici termini post quem carattere stilistico e architettonico che hanno giustamente fatto
e lasciare aperta la possibilità di una cronologia più bassa, verso proporre datazioni assai generiche e anche ragionevolmente ri-
cui potrebbe orientare con maggiore concretezza lo studio dei bassate verso il i sec. a.C.
pavimenti del tempio. Il più antico di essi è infatti costituito da
un cementizio rosato con inserzione di tessere lapidee bianche 5. Persistenze e innovazioni nel tardo ellenismo
a punteggiato regolare che venne già collocato da S. Angiolillo Così, da una pur rapida disamina delle testimonianze sull’archi-
tra la fine della Repubblica e gli inizi dell’impero. 2 In realtà nulla tettura sarda finora riferite ai primi tempi della presenza roma-
esclude che l’esempio sulcitano possa effettivamente collocarsi na nell’isola, sembra emergere, da un lato, una netta modestia
in un momento precoce della romanizzazione, anche alla luce di quantitativa dei documenti assegnati al periodo e, dall’altro, l’in-
testimonianze di diffusione della tipologia generica del cemen- certezza e, a tratti, la labilità delle basi di riferimento per l’attri-
tizio in Italia, 3 e sporadicamente in Sardegna, 4 già nel iii-ii sec. buzione cronologica ; tutto ciò rende estremamente difficile una
a.C. Tuttavia è pure vero che in età così antica sembra diffuso nitida valutazione del paesaggio architettonico di questo perio-
il tipo di cementizio a disposizione degli inserti lapidei del tutto do, ma alimenta anche seri dubbi sulla reale forza del processo
irregolari (a volte con il simbolo di Tanit o con caduceo) e che
5
di trasformazione indotto da un pur innegabile (per altri aspetti)
il tipo con inserzione di tessere a punteggiato regolare sembre- fenomeno di incipiente romanizzazione. Soprattutto è emerso
rebbe diffondersi in fasi più avanzate, almeno in area sarda ;
6 7
come per i pochi complessi architettonici noti esista almeno la
inoltre studi anche recenti e ben documentati di F. Rinaldi sui possibilità di discutere eventuali slittamenti della loro datazione
cementizi di alcuni centri della Sardegna meridionale hanno di- verso la fine del ii o addirittura all’interno del i sec. a.C. Questo
mostrato per questi rivestimenti un concentrarsi delle evidenze contribuirebbe soprattutto a “liberare” i monumenti indagati
a partire dal i sec. a.C. e un protrarsi delle stesse per tutta la dall’innegabile isolamento 11 in cui oggi si trovano per una col-
tarda repubblica e fino all’età imperiale inoltrata. 8 In sintesi mi locazione nel pieno ii secolo a.C., che non conosce altre parti-
sembra che anche per il complesso sulcitano valgano le osserva- colari evidenze, e a fare di essi tappe prolettiche d’avvio di quel
zioni svolte per il santuario di via Malta a Cagliari : la possibilità floruit architettonico e monumentale di stampo romano-italico
di una realizzazione entro l’ambito del ii sec. a.C. è certamente che tocca l’isola con ben più sostanziata evidenza nel corso del i
credibile e basata su indizi di un certo peso, ma altre conside- secolo a.C., e particolarmente nelle sue fasi avanzate. 12
razioni non marginali suggeriscono cautamente di considerare Da questo momento infatti il panorama architettonico di Sar-
la possibilità concreta di uno spostamento della datazione del degna subisce una sicura ed accelerata evoluzione verso la koine
complesso almeno verso la fine del ii sec. a.C. se non agli inizi italica, attraverso l’adozione palese di modelli e formule del tar-
del i sec. a.C. do ellenismo mediati attraverso la penisola.
L’ultimo esempio di architettura monumentale attribuita in Ne sono puntuali indicatori, tra i molti, alcune ben studiate
bibliografia al ii sec. a.C. è il cosiddetto “Tempietto K” (o “tem- testimonianze del linguaggio architettonico della tarda repub-
pietto distilo”), nell’area urbana di Tharros, congiunto ad una blica rifluito nell’isola, come i resti di un monumento con fregio
sistemazione monumentale che prevedeva un porticato collega- dorico rinvenuto reimpiegato a pezzi presso un impianto di ful-
to allo stesso edificio e un’ampia area recintata con blocchi di lonica a Cagliari. 13 Di esso si conservano tre blocchi : uno pre-
arenaria. 9 L’edificio, distilo a pilastri con cella dotata sul fondo senta l’iscrizione c apsena c f heic heic est pollio ; un secondo
di bancone, sembra trovare riscontri in alcuni modellini fittili da tre triglifi e tre metope decorate da fiore a sei petali, da patera
ombelicata e da un motivo non decifrato ; un terzo due triglifi
1
Così Tronchetti 1989, p. 28 e Tronchetti 1995a, p. 109. La cronologia è con una metopa e mezza oltre ad una cornice superiore a dentelli
condivisa da Colavitti 1999, p. 41.
2
divisa dal fregio tramite una cornice modanata. Esso rimanda
Angiolillo 1981, n. 68, 69. Confronti abbastanza stringenti in altre località alla diffusa produzione italica di altari a pulvini o di naiskoi so-
della Sardegna (Cagliari, Tharros e Padria) conducono in effetti a tali momenti cro-
nologici : Angiolillo 1981, n. 93, 98 (Cagliari, casa del Tablino dipinto) ; n. 129, 140 stenuti da basi (dalla valenza onoraria o funeraria) 14 che trovano
(Tharros) ; n. 137, 163 (Padria) e commento in Rinaldi 2002, pp. 34-35. Va pur detto, la loro massima diffusione nel i sec. a.C. tra le borghesie muni-
come giustamente notato da Tronchetti 1995a, 109, che esiste una generica difficoltà cipali e che seguono tali classi nelle loro migrazioni verso le aree
di ancorare a cronologie precise la tipologie pavimentali del cementizio per le mol-
teplici varianti locali o di schema decorativo, e soprattutto per la frequente assenza periferiche del mondo romano. 15
di correlate indagini stratigrafiche.
3
Ma è soprattutto a livello degli assetti insediativi e urbanistici
Vedi Grandi 2001 e Rinaldi 2002, pp. 28-29, soprattutto note 5-10 con ampia che nell’ultimo secolo avanti Cristo si coglie una netta accelera-
sintesi sugli studi relativi precedenti. Inoltre Mezzolani 2000 per il caso dei pavi-
menti di Tharros. zione nel processo di trasformazione degli abitati con documenti
4
Per esempio in via Brenta a Cagliari (Scavo di via Brenta 1992, pp. 12-13, 30- di sicura attribuzione cronologica. 16
33, 37-53), dove i pavimenti sono datati in via stratigrafica al iii e al ii sec. a.C., e
in via Trieste 105 (Mongiu 1987, pp. 62-63), dove i pavimenti sembrano databili al
ii sec. a.C. 10
Staccioli 1968, pp. 47-48, n. 38, tav. xlv (Satricum) ; pp. 54-56, n. 47, tav.
5
Vedi gli esempi citati alla nota precedente e quelli nella domus di via Po a Ca- liv-lv (Teano).
gliari (Angiolillo 1981, n. 110, 105) e nella casa degli emblemi punici sempre a 11
L’“isolamento” dei complessi santuariali sardi attribuiti al ii sec. a.C. è già
Cagliari (Angiolillo 1981, n. 113, 106) riferiti ad età repubblicana. sottolineato da Nieddu 1992, p. 15.
6
Vedi nota 116. 12
Su questo periodo in generale vedi la sintesi di Ghiotto 2004a, pp. 200-201.
7
In contesti punici africani il cementizio con punteggiato regolare di tessere 13
Angiolillo 1985, pp. 99-102.
sembra documentato anche in fasi più antiche. 14
L’esemplare sardo sembra possa interpretarsi come resto del sepolcro di un
8
Rinaldi 2002 affronta il caso dei cementizi del centro di Nora, offrendo nume- personaggio (Caius Apsena Cai filius Pollio) anche se, per la difficoltà di lettura del
rosi spunti sulla cronologia delle testimonianze e sulle forme della romanizzazione testo mutilo non si possono escludere menzioni di due personaggi.
letta attraverso la documentazione archeologica. Se per i pavimenti norensi, alla 15
Vedi Angiolillo 1985 e i confronti possibili con simili fregi di ambito nord-
luce di nuove datazioni su base stratigrafica e di confronti puntuali, l’autrice orienta italico in Cavalieri Manasse 1978, pp. 99-104.
la datazione all’ambito del i sec. a.C., si avanza, pur cautamente, la possibilità di 16
Nel panorama poleografico una spia isolata ma assai indicativa della svolta (nel
« estendere la nuova cronologia […] ai cementizi di Tharros e Sulci » (Rinaldi 2002, senso di “chiusura” con il passato punico) è costituita dalla crisi del fondamentale
p. 39). sito d’altura fenicio e punico di Monte Sirai, frequentato e ristrutturato fino alla fine
9
Acquaro 1983, pp. 625-628 ; Acquaro, Finzi 1986, pp. 57-59 ; Zucca 1993, pp. del iii sec. a.C., ma abbandonato in modo subitaneo dagli anni attorno al 110 a.C.
95-97 ; Ghiotto 2004a, pp. 38-39 con bibliografia completa. (Bartoloni 1997, p. 87 con bibl. prec.).
268 jacopo bonetto
Nel quadro dell’urbanistica monumentale emblematico può italici. Infine, di qualche significato appare il riscontro tardo e
essere il caso dell’evoluzione di Nora, 1 dove la ripresa degli sca- isolato (fine del i sec. a.C.) di altre manifestazioni artistiche tipi-
vi estensivi ha permesso di dimostrare che proprio (e solo) alla camente italiche come la ritrattistica. 13
metà del i sec. a.C., o immediatamente dopo, e comunque assai In quest’ottica interpretativa sembrano potersi innestare an-
probabilmente in relazione alla costituzione del municipio, 2 il cora altri elementi, di maggiore e minore peso, emergenti dal
centro si dota di un nuovo grandioso complesso pubblico, costi- panorama culturale generale dell’isola. Una qualche riflessione
tuito dalla piazza forense porticata con edificio templare e spazi può così forse stimolare lo studio dei tempi di diffusione nell’iso-
annessi, che viene a stravolgere e ad obliterare per sempre pre- la del codice scrittorio latino, che trova attestazione iniziale del
cedenti quartieri del centro punico vissuti senza sussulti partico- tutto sporadica alla fine del iii e nel ii sec. a.C., 14 ma quasi esclu-
lari per molti secoli. E negli anni immediatamente successivi si sivamente nell’ambito dell’instrumentum importato dall’Italia o
colloca la realizzazione, a ridosso dell’area civica, dell’altrettan- in collegamento ad attività commerciali gestite da imprenditori,
to simbolico (in chiave romana) edificio teatrale. 3 come sembrerebbe nel caso della celebre iscrizione trilingue di
Senza ampliare il discorso su questa fase evolutiva si può solo S. Nicolò Gerrei, 15 che, tuttavia, proprio recentemente è stata
ricordare che allo stesso arco di tempo (seconda metà del i sec. assegnata con convincenti motivazioni al i sec. a.C. ; 16 invece,
a.C.) si ascrivono le modifiche dell’area sacra di Antas, le tra-
4
significativamente, la specifica categoria di iscrizioni legate a
sformazioni in forme romane del Tempio “delle semicolonne progetti di decoro urbano non sembrano comparire prima della
doriche” di Tharros, 5 la costruzione del cosiddetto tempio te- metà del i sec. a.C., o addirittura più tardi. 17
trastilo, dotato di capitelli corinzio-italici, nel medesimo centro Si tratta di elementi non sempre decisivi, ma tali certo da
del golfo di Oristano, 6 il rinnovamento delle difese di Sulci, 7 la consolidare l’impressione netta di lunga e “serpeggiante” per-
realizzazione della struttura templare (inedita) di Piazza Santa sistenza fino almeno al tardo ellenismo di elementi culturali pu-
Croce a Olbia 8 ed altri interventi ancora. nici, che in molti ambiti, tra i quali certamente non fa eccezione
Tuttavia anche in questo clima di palese rinnovamento del la cultura architettonica, rallentano e sfilacciano l’avanzare di
linguaggio e dei codici architettonici la forza del passato e una schemi e moduli romano-italici.
certa inerzia al cambiamento si colgono ancora in modo eviden- Ma tale impressione di una titubanza di fondo dell’isola già
te. Lo stesso scavo del foro di Nora, ora citato come segno for- cartaginese a raccogliere stimoli provenienti dall’Italia tra ii e
te di cambiamento, ha tuttavia mostrato che sia nelle partizioni i sec. a.C. non è solo nostra (e di altri autori moderni), 18 ma
spaziali del complesso monumentale, sia nella progettazione ar- si insinuava già in qualche modo nel pensiero degli antichi e
chitettonica, come anche nelle attività tecniche di cantiere, il si- riguardava anche ambiti diversi da quelli della cultura mate-
stema metrologico adottato fu ancora quello fenicio-punico del riale. La voce che colpisce in questo senso è quella di Marco
cubito piccolo corrispondente a 0,46 m. 9 Tullio Cicerone, che, agendo da avvocato di parte nel delicato
Se ne ricava, in estrema sintesi, un processo di ellenizzazio- contenzioso tra il suo cliente Marco Emilio Scauro e i Sardi,
ne e romanizzazione della Sardegna non lineare ed omogeneo, asseriva (senza poter mentire su dati ufficiali davanti ad un tri-
ma fortemente dominato dalla complessità, in cui le innovazioni bunale) che alla meta del i sec. a.C. solo la Sardegna, tra tutte
sono sempre associate e combinate con un radicamento tenace le province, non poteva vantare alcuna città libera e amica del
della cultura punica, che “attarda” e rallenta l’ingresso di ele- popolo romano. 19
menti allogeni con evidenza marcata nel campo dell’architettu-
ra. 10 Oltre a quanto già segnalato, ancora indicative in questo Bibliografia
senso appaiono la lentezza e l’incertezza nella ricezione delle in-
Acquaro 1983 = E. Acquaro, Nuove ricerche a Tharros, in Atti del i
novazioni tecnico-edilizie sviluppate in ambito laziale e italico, Congresso internazionale di studi fenici e punici (Atti Congresso Roma
che solo nella tarda repubblica o nel primo impero si riscontrano 1979), iii, Roma, 1983, pp. 623-631.
nell’isola, o la presenza in tutta la Sardegna di un solo teatro
11
Acquaro 1991 = E. Acquaro, Tharros tra Fenicia e Cartagine, in Atti del
(a Nora), edificio simbolo della cultura architettonica ellenistica ii congresso internazionale di studi fenici e punici (Atti Congresso Roma
e romana ; sempre nell’ambito edificatorio, è interessante nota- 1987), iii, Roma, 1991, pp. 548-558.
re che non prima della fine del i sec. a.C. è nota l’adozione dei Acquaro 1995 = E. Acquaro, Il tempio di Sid ad Antas, in Carbonia e il
Sulcis. Archeologia e territorio, ed. V. Santoni, Oristano 1995, pp. 253-
rivestimenti in tessellato 12 basati su moduli stilistici ellenistici e 256.
Acquaro, Finzi 1986 = E. Acquaro, C. Finzi, Tharros, Sassari, 1986.
1 Albizzati 1926-1927 = C. Albizzati, Due questioni di numismatica sar-
In generale per gli scavi nella città : Ricerche su Nora - i (anni 1990-1998) 2000 ;
Ricerche su Nora - ii (anni 1990-1998) 2003 ; Nora 2003. Per il foro vedi Bonet- do-romana, « aflc », i-ii, 1926-1927, pp. 1-6.
to-Ghedini-Ghiotto 2003, Ghiotto 2004a, pp. 60-63 e Bonetto-Buonopane- Angiolillo 1981 = S. Angiolillo, Mosaici antichi in Italia. Sardinia,
Ghiotto-Novello c.s. 2
Bonetto 2002. Roma, 1981.
3
Bejor 2003 e Ghiotto 2004b, pp. 1223-1231. Angiolillo 1985 = S. Angiolillo, A proposito di un monumento con fre-
4
In età augustea il vecchio sacello punico è trasformato in un edificio templare gio dorico rinvenuto a Cagliari. La Sardegna e i suoi rapporti con il mondo
monumentale con scalinata frontale e peristasi secondo schemi mutuati dalla tradi-
5
zione ellenistica. Zucca 1993, pp. 93-94.
6 7 13
Zucca 1993, pp. 103-104. Colavitti, Tronchetti 2000. Vedi Angiolillo 1987, p. 137 che ricorda la presenza di un solo ritratto (di
8
Ghiotto 2004a, pp. 41-42. bottega urbana) ascrivibile ad età repubblicana.
9 14
Dal nuovo rilievo a scala 1 :50 dei resti del foro risulta che la larghezza dello Zucca 1996, 1487-1489. Al iii sec. si riferisce praticamente un solo testo, inciso
spazio aperto corrisponde a 34,5 m., pari a 75 cubiti, mentre, secondo una delle ipo- su collo di una brocca dall’ager tharrensis (Zucca 1996, 1474-1475).
tesi, la lunghezza dello stesso risulterebbe pari a 46 m., pari a 100 cubiti. Lo scavo del 15
Si tratta della dedica di un altare di bronzo (ora a Torino, Museo di Antichità)
tempio, che prospetta sul foro dal lato settentrionale, ha dimostrato poi che tutta la trovata in un santuario di Esculapio e posta da uno schiavo greco Cleon di una società
progettazione è eseguita sulla base del cubito piccolo fenicio : le dimensioni globali legata allo sfruttamento delle saline : cil i2, 2226 = cil x, 7586 = ils 1784 ; ig xiv,
sono di 40 x 20 cubiti (18,2/4 x 9,2 m) ; il pronao è di 13 cubiti (6 m) e la cella di 27 608 ; cis i, 1, 143. Vedi l’esame completo in Zucca 1996, pp. 1463-1465 e Culasso
cubiti (12,4 m). Infine i grandi blocchi utilizzati per le fondazioni dello stesso edificio Gastaldi 2000.
sembrano tagliati secondo le unità di misura preromane (vedi Bonetto-Ghedini- 16
La datazione solitamente accettata alla metà del ii sec. a.C. (cfr. nota prece-
Ghiotto 2003). dente) è stata sensibilmente ribassata alla seconda metà del i sec. a.C. da Culasso
10
Nieddu 1992, p. 15 giunge a simili conclusioni e ad ulteriori riflessioni sulla Gastaldi 2000, pp. 21-25.
“marginalità” dell’isola rispetto alla forte spinta di rinnovamento di altri contesti 17
Vedi l’ottimo repertorio delle iscrizione legate a progetti di “decoro urbano” di
italici sostenuta dall’ascesa delle ricche borghesie municipali. Zucca 1994, part. pp. 930-931 e il grafico a fig. 1. Le più antiche, tra cui la bilingue di
11
Ghiotto 2004a, pp. 16-17, 20-21, 211. Sulci di età cesariana o successiva (vedi nota 41), sono poste su basi di statue, mentre
12
Vedi l’utile repertorio di Angiolillo 1981, pp. 218-229 e l’ulteriore commento solo le più recenti (dalla seconda metà del i sec. a.C.) sono collegate ad edifici.
di Angiolillo 1985, p. 102 e Angiolillo 1987, pp. 162-163, che cita il mosaico della 18
Vedi per esempio Nieddu 1992, pp. 15-16.
fullonica di via xx settembre a Cagliari come “rarissimo caso” di esemplare musivo 19
Cic. Scaur. xix, 44 : Quae est enim praeter Sardiniam provincia quae nullam
repubblicano. habeat amicam popolo Romano ac liberam civitatem?
persistenze e innovazioni nelle architetture della sardegna ellenistica 269
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composto, in carattere fournier monotype,
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Ottobre 2006
(cz2/fg13)
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