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di Alice Arena
Nel 2018 dopo aver conseguito il diploma di maturità sono andata via dal piccolo
paese in Sicilia dove sono cresciuta, per trasferirmi a Milano per frequentare
l’università.
Le mie coinquiline erano tutte e tre ragazze della stessa età, nate e cresciute a
Milano e dintorni, laureate in economia nella stessa università e che quindi
logicamente avevano prospettive ed esperienze simili e di conseguenza
possedevano habitus simili.
La mia paura di non riuscire a fare amicizia era solo andata a peggiorare durante le
prime settimane a Milano a causa del comportamento delle mie coinquiline.
Il giorno dell’inizio delle lezioni faccio conoscenza con una ragazza di nome
Federica che stava seguendo la mia stessa lezione. Federica è nata e cresciuta a
Milano e frequenta il secondo anno; iniziandola a conoscere mi rendo subito conto
che anche con lei c’erano molte differenze di prospettiva e habitus ma
contrariamente alle mie coinquiline Federica non dimostra un atteggiamento
chiuso nei miei confronti bensì si offre di aiutarmi ad ambientarmi e a capire bene i
meccanismi di una metropoli come Milano. Infatti inizialmente non è stato molto
facile rinnovare le mie abitudini nel nuovo contesto sociale in cui mi trovavo.
I primi tempi Federica stava spesso con me quando dovevo prendere la metro o il
tram e mi dava molti consigli su quali percorsi scegliere per andare da casa mia
alla sede della facoltà o al centro per esempio. Dopo alcune settimane di seguire
attentamente ogni sua mossa e ripeterla a mia volta, sono riuscita a rendere parte
del mio habitus quelle nuove pratiche grazie al meccanismo che si crea nel
rapporto tra ostensione e mimesi.
Grazie all’aiuto di Federica ho incorporato sia un nuovo habitus temporale,
familiarizzando con l’organizzazione al minuto di Milano, sia un nuovo habitus
spaziale: in effetti grazie ai suoi preziosi consigli ho iniziato ad individuare i percorsi
e i riferimenti per muovermi in città che sono andati pian piano a normalizzarsi
nell’insieme delle mie pratiche componendo così la mia personale mappa mentale.
L’amicizia con Federica non mi ha solo aiutato ad incorporare nuove pratiche per
organizzare la mia vita a Milano ma mi ha permesso di conoscere persone nuove e
entrare in contatto con la sua subcultura. Federica e il suo gruppo di amici si
identificano nella subcultura emo, nata circa negli anni 80, che deriva dal campo
della musica del genere omonimo. I membri di questa subcultura sono accomunati
non solo dalla musica ma anche da simboli che si riflettono soprattutto sul piano
estetico. Questo riflette il concetto delle tecniche del corpo riflessive ovvero
tecniche il cui principale scopo è quello di lavorare sul corpo e che possono
indicare, come in questo caso, appartenenze subculturali. Per Federica e i suoi
amici far parte della subcultura emo vuol dire anche portare i capelli lunghi lisci e
spesso colorati, vestire con abiti neri e jeans aderenti e portare dilatatori e piercing.
Prima di quel momento non ero mai entrata a stretto contatto con una subcultura
così definita e organizzata; passare il tempo con loro mi ha fatto scoprire un
mondo che non avrei mai pensato potesse interessarmi e perfino piacermi. A
distanza di due anni non penso di potermi definire a tutti gli effetti come membro
della subcultura emo (soprattutto per ciò che riguarda la parte estetica) ma per
diversi aspetti sono riuscita ad integrarmi e questo ha portato il mio rapporto con
Federica ad un livello più elevato di condivisione e confidenza.