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G iotto nasce probabilmente nel 1267, a Colle di

Vespignano, vicino a Vicchio di Mugello da una famiglia


contadina.

Frequenta la bottega del maestro Cenni di Pepo, detto Cimabue,


dal quale apprende i rudimenti della pittura, lo stile del maestro,
che è di origine bizantina, pur maturando un proprio stile
rivoluzionario per l'epoca. 

Nel 1288 il giovane Giotto accompagna il Maestro per eseguire lavori a Roma. La pittura di Giotto
si stacca progressivamente dai canoni del suo maestro, Cimabue, pur mantenendo l'intensità
drammatica, il senso della grandezza, i panneggi stirati ed i volti seri, i suoi personaggi, sono più
umani, più legati alla realtà terrena.

Ad Assisi Giotto si occupa della decorazione della Chiesa Superiore di San Francesco ed in questi
affreschi, soprattutto in quelli del ciclo del Nuovo Testamento, si notano ancora alcuni tratti stilistici
che accomunano Giotto e Cimabue. 

A Roma, Giotto lavora nella Basilica di San Giovanni in Laterano e ad altri affreschi eseguiti in
occasione del Giubileo del 1300, indetto da Papa Bonifacio VIII. 

In questo periodo la pittura di Giotto raggiunge il suo massimo splendore ed anche la sua fama.

Persino Dante parla di lui nella Divina Commedia e del fatto che l'allievo abbia superato il
maestro:"...credette Cimabue nella pittura tener lo campo" ...ora Giotto ha il grido". 

Giotto possiede una bottega ormai famosa dove lavorano parecchi discepoli che sono in grado di
completare, con il suo stile, le opere da lui impostate.

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Nei primi mesi del 1306, a Padova, Giotto termina il suo capolavoro: La Cappella degli
Scrovegni, considerata il capolavoro della pittura del Trecento italiano ed europeo, che contiene il
ciclo più completo di affreschi realizzato da Giotto nella sua maturità.

Con questi affreschi Giotto racconta, in modo poetico ed umanissimo, le storie della Madonna e di
Cristo.

Sotto a questi 13 affreschi, Giotto ha dipinto una serie di riquadri che illustrano le allegorie dei Vizi
e delle Virtù.

Dopo Padova, Giotto, conteso dai signori delle ricche città, si mosse fra Ravenna, Bologna, Verona
e Rimini, per tornare periodicamente a Roma.

Nel frattempo, i Frati Francescani, avevano finito di costruire le cappelle, lungo la navata e dietro il
transetto della Basilica di San Francesco e Giotto tornò a più riprese per completare gli affreschi che
ancora oggi sono l'orgoglio di Assisi.
Dal 1311 in poi Giotto vive prevalentemente nella sua Firenze dove amministra le sue ricchezze.

In questo periodo Giotto lavora alle Cappelle delle famiglie facoltose di Firenze poste nella chiesa
di Santa Croce, delle quali solo due sono sicuramente attribuibili a Giotto: le cappelle dei Peruzzi e
dei Bardi.

In queste cappelle, affrescate fra il 1320 ed il 1325 si trova tutta la maturità del pittore che ha
rivoluzionato la pittura dell'epoca.
La straordinaria spazialità, resa in particolare dalla disposizione delle figure rende drammatica la
narrazione della storia e dolorosamente umane e realistiche le espressioni dei personaggi. 

Tra il 1328 e il 1333 Giotto lavora a Napoli alla Corte dei D'Angiò, nominato "famigliare" da l Re,
ma dei suoi affreschi nulla è arrivato fino a noi.

Nel 1334 Giotto, nominato Capomaestro dell'Opera del Duomo di Firenze, inizia i lavori per la
costruzione del campanile del Duomo, lavoro che non riesce a finire perchè muore l'8 gennaio 1337.

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Cappella
degli Scrovegni
(Padova)

Gli affreschi della cappella degli


Scrovegli, eseguiti in solo due anni,
possono essere considerati come l’opera
più importante e meglio conservati di
Giotto. In questi affreschi egli raggiunse
il pieno controllo dei mezzi espressivi; perseguì con grande perizia gli effetti di spazialità,
caratterizzando fortemente i personaggi conferendogli umanità.

La cappella è a navata unica, coperta da volta


a botte e con pareti lisce, senza nervature,
perfette per la stesura di affreschi; Giotto li
stese su tutta la superficie, organizzandoli in
quattro fasce divise da cornici geometriche. Il
ciclo pittorico, incentrato sul tema della
salvezza, comprende più di quaranta scene ed
è focalizzato sulle Storie di Cristo nel lato
Sud e su quelle che lo precedettero (Storie di
Maria nel lato Nord e Storie di Gioacchino ed
Anna nella fascia superiore di entrambe le
pareti).

La narrazione si svolge secondo un


programma decorativo rigoroso, organizzato
su tre registri.

Sulla controfacciata si trova poi un grande Giudizio Universale.

Nella lunetta sopra l’altare è raffigurata l’Annunciazione.

Il registro inferiore è costituito da quattordici Allegorie a


monocromo che simboleggiano i Vizi e le Virtù, dove meglio emerge
il plasticismo giottesco nel chiaroscuro monocromo, alternate a
specchiature in finto marmo.

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Chiude il tutto la volta con stelle a otto punte su un cielo blu oltremare.

Essa è attraversata da tre fasce trasversali che creano due grandi riquadri, al centro dei quali due
tondi rappresentano la Madonna col Bambino e il Cristo benedicente; otto Profeti fanno loro
corona, quattro per riquadro.

Il carattere di ex voto della cappella è chiarificato nel Giudizio universale, con la rappresentazione
del committente che offre alla Madonna, affiancata da san Giovanni e da santa Caterina
d’Alessandria, un modello preciso dell’edificio, come lasciapassare per il Regno dei Cieli.

Le figure hanno un volume reale, avvolte da ampi mantelli attraverso cui si capisce la forma dei
corpi sottostanti. I personaggi protagonisti sono sempre maestosi e importanti, con espressioni
sempre concentrate e profonde.

Le architetture di sfondo non presentano incertezze, sono chiare e reali, proporzionate con le figure
che interagiscono con esse.

Si può quindi dire che Giotto ha attuato una riscoperta del vero: il vero dei sentimenti, delle
passioni, della fisionomia umana, della luce e dei colori, nella certezza di uno spazio misurabile,
anticipando in qualche modo la prospettiva del Quattrocento.

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