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- Allora, dov’è che suoniamo esattamente Duke?


chiese Harry, mentre erano fermi a un semaforo nella
periferia della città.
- Non ne ho idea Harry. Immaginavo lo sapessi tu. Io
sapevo solo il nome della città.
- Oh Duke…Non posso crederci. Ci risiamo.
- Tu intanto và avanti. Magari vediamo una locandina o
incontriamo qualcuno degli altri.
Proseguirono costeggiando palizzate e caseggiati,
binari ferroviari e buie entrate di bar che non
invitavano a bere. Le bandierine bianche e rosse dei
garage sventolavano dando loro il benvenuto. I
semafori oscillavano sotto un continente di cielo.
Era una città degradata, che sapeva di polvere e di
fabbriche tristi. La maggior parte dei cartelli dicevanp
“Chiuso” o “Affittasi”. Dopo aver perlustrato i muri in
cerca di un manifesto, Harry si fermò davanti a una
tavola calda dalla facciata d’argento ed entrò per
chiedere informazioni. Spesso, in passato, quando
entrambi avevano erroneamente dato per scontato
che l’altro conoscesse il luogo del concerto, erano
capitati in posti così, a domandare dove suonasse
Duke Ellington quella sera. E in genere qualcuno lo
sapeva. Di tanto in tanto c’era perfino chi lo
riconosceva, ma sovente gli avventori scrollavano
indolenti il capo: - Duke chi? – Questa sembrava
proprio quel tipo di città, pensò Duke, osservando la
figura alta di Harry scomparire nel locale.
Mentre aspettava, Duke girò lo specchio retrovisore
per dare un’occhiata al proprio aspetto, alle borse da
canguro che aveva sotto gli occhi e alle stoppie che
stavano facendo la loro quotidiana ricomparsa intorno
al mento. Di lì a mezz’ora sarebbero arrivati in albergo,
giusto il tempo di dormire un po' e fare uno spuntino,
poi il concerto e via di nuovo. Se ne avesse avuto
l’opportunità si sarebbe ritagliato un’oretta per
cercare di lavorare al nuovo pezzo che stava
rimuginando fin da quando aveva acceso la radio
all’alba. Mai niente di quel che scriveva finiva com’era
cominciato, però aveva già qualche idea dei musicisti
su cui basarsi – Pres, Monk, forse Coleman Hawkins o
Mingus – e delle cose che se ne potevano fare. Capire
da chi cominciare: quella era la parte più difficile.
Aveva già considerato diverse possibilità, ma nessuno
– né Bird, né Pres, né Hawk – gli dava l’apertura di cui
aveva bisogno. Decise di accendere la radio e
cominciare da chiunque stesse suonando in quel
momento. Dopotutto lo spunto gli era venuto dalla
radio, e se suonava qualcuno che non gli piaceva
poteva sempre ignorarlo e ritentare cambiando
stazione finchè non capitava la persona giusta. Era
un’idea stupida, ma al diavolo, ci avrebbe provato.
Curioso di sentire chi sarebbe saltato fuori, girò la
manopola e riconobbe subito le battute iniziali di
Caravan, fissò lo specchietto e vide la risposta, stanca
e sorridente, che lo guardava in faccia. Un attimo dopo
vide Harry, anche lui sorridente, uscire dal ristorante e
dirigersi verso la macchiina.
- Abbiamo sbagliato completamente città, Duke…

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