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Lezione VII Museologia

La scorsa volta abbiamo visto come il museo del Louvre, il museo napoleonico, avesse costituito
un modello di riferimento per tutti i paesi europei. Certo dopo la caduta di Napoleone, con la
restituzione che il Louvre dovette fare di molte delle opere che erano state requisite da
Napoleone e dai suoi emissari, questa universalità, questa grande ambizione del Louvre di
esporre una grande storia dell’arte andò un po’ scemando chiaramente dovendo restituire i
capolavori più importanti ai vari paesi. Non si attenuò però l’idea di creare i grandi musei
nazionali, che avessero l’ambizione di esporre, per quanto riguarda la storia dell’arte, grandi
rassegne delle scuole storico-artistiche europee.
La creazione di nuovi musei in Europa, in Germania e anche in Inghilterra venne proprio
stimolata da questo modello e venne dettata dalla necessità di ricollocare tutte le opere che
tornavano in patria, perché l’altro aspetto che era comunque passato agli occhi dei sovrani, dei
principi e dei granduchi, era che solo il museo potesse assicurare la godibilità e la piena visibilità
delle opere e ciò provocò malumore per esempio in Italia dei comuni o dei centri di provenienza,
in quanto molti dipinti in Italia non vennero ricollocati nelle chiese e nelle cappelle (provocando
numerosi contenziosi) ma andarono a costituire nuovi musei, nuove pinacoteche, la pinacoteca
vaticana per esempio è formata da diverse pale d’altare che non furono ricollocate nel loro
luogo di origine ma vennero centralizzate. Si ebbe così l’idea di avere dei musei centralizzatori
e accentratori che rappresentassero le nazioni e le scuole artistiche delle varie nazioni, cosa che
avverrà soprattutto in Germania.
Il Soane Museum di Londra e la Dulwich Gallery
L’Inghilterra ha un discorso un po’ diverso, avremmo l’apertura della National Gallery attraverso
un atto del Parlamento nel 1824 ma l’apertura di questo primo museo pubblico inglese dedicato
all’arte venne preceduta da un’esperienza molto interessante magari poco conosciuta che è
quella della Dulwich Picture Gallery che venne realizzata in un breve arco di anni vicino a Londra
tra il 1812-1814 da una figura molto interessante e importante di un architetto inglese che è
John Soane, di cui adesso vedremo anche il museo che creò nella sua casa, creando appunto un
originalissimo museo. Soane non apparteneva alla nobiltà, anzi era figlio di un muratore ma
riuscì attraverso delle sovvenzioni o a dei benefattori a laurearsi in architettura, andando a far
parte di questa nuova classe sociale di professionisti emergenti che caratterizzò la Londra della
prima metà dell’800. Soane era quindi un architetto, collezionista e soprattutto era in contatto
con molti artisti e intellettuali inglesi del suo tempo, tra cui il pittore Thomas Lawrence, che qui
lo ritrae. Soane quindi fu l’autore di questa prima galleria pubblica dedicata alle opere d’arte
che è appunto la Dulwich. Come possiamo vedere è una pianta molto razionale, questa era una
galleria che si era formata con una storia molto particolare, in pratica un mercante inglese Noel
Desenfans (come potete notare dal nome era di origine francese) alla fine del 700 aveva iniziato
ad accogliere in Inghilterra dipinti italiani, spagnoli, inglesi per il re di Polonia, in seguito
all’abdicazione del re di Polonia questo nucleo di opere d’arte non poté essere acquistato dal re
e a questo punto Desenfans prima mise in vendita insieme al suo socio Francis Bourgeois la
collezione e non riuscendoci decise di destinarla allo Stato e di farla aprire al pubblico, ed è
interessante perché è un nucleo collezionistico che non proviene, come avviene di solito, da una
collezione nobiliare ma venne formata da un mercante, che a un certo punto però decise di
donarla e questo dà anche la misura della ricchezza, della vivacità dei mercanti d’arte inglesi di
quel tempo che o erano al servizio di sovrani stranieri oppure alimentavano il collezionismo
privato. In Inghilterra in questi anni non c’è ancora un grande museo pubblico dedicato all’arte,
bensì ci sono nelle residenze fastosissime dell’Inghilterra importanti collezioni private che si
erano formate grazie al gran tour, collezioni di antichità, di dipinti italiani o di altra provenienza
ma non esisteva una galleria pubblica. Ma anche in Inghilterra proprio in competizione e su
imitazione di ciò che era avvenuto in Francia si fa strada questa idea di creare musei pubblici
con un ingresso gratuito che potessero essere goduti dal popolo inglese e in seguito a questa
prima galleria pubblica, arrivò la National Gallery e poi arriveranno gli altri importanti musei
inglesi che nasceranno, come il caso del Victoria and Albert Museum, dalla grande esposizione
universale del 1851, che costituì un importante passo da un punto di vista museografico verso la
creazione di musei con dei percorsi e con delle agevolazioni studiate apposta per il pubblico.
Soane è stata un architetto molto originale, legato all’idea di funzionalità degli edifici che
realizzava, divenne ricco grazie alla progettazione dell’edificio della banca d’ Inghilterra e
appunto come vedete dalla pianta realizza questo strano museo tutto di mattoni e che quasi
richiama un edificio industriale, ciò è un linguaggio architettonico molto moderno per l’epoca, e
soprattutto come vedete realizzata tutta una seria di lucernari che illuminavano dall’alto le
opere esposte, opere tutte di pittura, e questa idea gli deriva dal fatto di essersi formato
all’accademia e quindi di conoscere molto bene soprattutto le grandi aule dell’accademia dove
gli artisti studiavano con la luce migliore che si potesse ottenere che era quella zenitale
proveniente dall’alto, il museo venne riprodotto anche in dipinti come in questo caso, e qui
abbiamo una visione di come era, e tutto sommato è ancora oggi, allestita la galleria. Di nuovo
presente è questo pubblico borghese che abbiamo già visto in altri dipinti di questo tipo,
possiamo vedere un’esposizione diradata anche qui la suddivisione era quella per scuole, una
suddivisione per luoghi di provenienza, e poi possiamo vedere questi lucernari, che appunto
fanno piovere questa luce diffusa per tutte le sale. E’ interessante come all’interno del museo,
venne realizzata questa cosa eccentrica ovvero venne creato il mausoleo in onore dei 2
personaggi, Desenfans sepolto insieme alla moglie e Bourgeois, che avevano contribuito a creare
questo museo.
Vale la pena ricordare anche la Casa-Museo di Soane che edificando 3 edifici a Londra, creò la
sua abitazione e questo straordinario museo, cioè il museo fa parte della casa dell’architetto.
Un museo molto particolare perché formato soprattutto di frammenti, frammenti architettonici,
ci sono anche pezzi di scultura interi, frammenti alcuni autentici altri dei calchi in gesso. Soane
voleva creare con la sua Casa-Museo una sorta di accademia di studio per gli architetti (ma in
primis per i suoi 2 figli – che poi non seguirono le orme paterne con suo grande dispiacere) e per
tutta la scuola di architettura che si era formata intorno a lui. Vediamo dalla pianta come il
museo sia formato proprio dall’unificazione di queste 3 case, e ci sono degli ambienti di grande
interesse [slide/immagine di un dipinto (gli amici pittori di Soane produssero dipinti dove si
vedono gli edifici progettati dall’architetto, i progetti della banca d’Inghilterra con il
modellino)]. Il centro di questa esposizione era (e lo è anche tutt’oggi) rappresentato dalla
cupola, un ambiente illuminato dall’alto, che prende 3 piani dell’edificio, tutti ricoperti da
sculture autentiche o in copia, ed è interessante vedere come mentre in questi anni si ricorre in
museo pubblico ad un ordinamento razionale, per scuole, suddiviso con un criterio, nella sua
propria abitazione Soane dà invece vita ad una sogno folle, di studioso dell’antichità, di
architetto, e allestisce in una maniera non didattica, non razionale, non suddividendo i pezzi per
scuole o per provenienza, la sua collezione. Su di lui ci fu un’influenza delle opere di Giovanni
Battista Piranesi, che dipingeva mondi fantastici formati da edifici reali o inventati dell’antichità
e in generale questo amore per le rovine che rimandano ad un mondo quello dell’antichità
lontano e passato e che Soane cerca di far rivivere all’interno della sua casa. Quindi un museo
come scuola, al servizio degli architetti, e a questo scopo lui aveva adibito proprio una sezione
nella casa, dove erano esposti soprattutto modellini degli edifici antichi, e un museo (con questa
sua ricostruzione fantastica) che possiamo far rientrare sotto la categoria dei musei della
meraviglia, che Greenblatt ha teorizzato. E’ straordinario anche il fatto che il museo e la casa di
Soane siano rimasti integri, rispettando così le sue volontà. [Busto che rappresenta Soane].
Soane era riuscito ad acquistare un sarcofago egiziano che lo espone nella parte più buia, più
bassa, nella parte inferiore dell’ambiente della cupola. Presente anche il laboratorio dove Soane
faceva lavorare gli apprendisti architetti quindi un luogo più tecnico, legato alla scuola e poi
sono bellissimi gli ambienti dell’abitazione come la libreria o il salotto, i confini tra casa e
museo sono molto labili (così come è per lo Stibbert) e così come avverrà in tutte le case-museo
ottocentesche che sono interessanti da studiare in quanto hanno un tipo di esposizione/un
ordinamento che è diverso da quello del museo pubblico. E’ presente anche una straordinaria
raccolta di dipinti, dipinti architettonici, dipinti anche di Lawrence che era amico di Soane o di
Turner altro pittore legato a lui e dipinti anche di Canaletto, essendo un pittore che rappresenta
vedute ed edifici era tra quelli collezionati da Soane. Addirittura Soane si fa anche costruire una
villa fuori città dove recupera questo linguaggio classicheggiante di cui ci sono rimasti i progetti
e dove si possono notare particolari interessanti di reimpiego dell’antichità.
L’Inghilterra di questi anni, del primo quarto dell’800, è legata all’arrivo e alla musealizzazione
dei marmi Elgin, la cui esposizione prima temporanea e poi definitiva viene immortalata da tutta
una serie di dipinti. Marmi Elgin che incoraggiano molto il dibattito inglese sull’utilità e la
necessità del museo, e anche qui viene usato per giustificare questa vera e propria spoliazione
dell’Inghilterra ai danni della Grecia, dell’acropoli di Atene, e anche qui si invoca l’idea che solo
il museo può assicurare la conservazione e il godimento di opere fondamentali per la storia
occidentale e che quindi questo giustifica lo sradicamento di queste stesse opere dal loro
contesto originario. I marmi Elgin provocarono e scatenarono una serie di viaggi da parte degli
intellettuali e degli artisti europei, in primis Canova che si espresse tra l’altro sulla necessità di
non toccare tanta perfezione, di far rimanere i marmi nello stato in cui erano arrivati a Londra,
e questo in controtendenza con gli usi museali e collezionistici di quegli anni, usi che si erano
stratificati attraverso i secoli di reintegrare e di restaurare i pezzi antichi, mentre ora Canova si
allaccia a quell’idea, che fu propria anche di Michelangelo nel caso del torso del belvedere, di
non toccare con interventi integrativi tanta perfezione, questi sono episodi isolati generati
dall’eccellenza di questi pezzi, perché comunque la tendenza sarà quella anche nel corso
dell’800 continuare a reintegrare i pezzi antichi che entravano nelle collezioni e nei musei,
anche i marmi Elgin furono poi drasticamente restaurati perdendo così le tracce di colorazione
originaria.
National Gallery di Londra
E’ interessante notare anche qui l’atto pubblico, così come era accaduto per il Louvre, che viene
emanata dal Parlamento inglese per la creazione del primo grande museo nazionale dedicato
alle opere d’arte che viene fatto appunto in Inghilterra. Inghilterra ricchissima di collezioni
private ma fino a quel momento priva (a parte la Dulwich Gallery che però è un episodio limitato
con una collezione non molto vasta) di un museo pubblico. Banks che era ministro di Re Giorgio
IV, caldeggiò al Parlamento inglese l’acquisto della collezione d’arte del ricco mercante
Angerstein, quindi il primo nucleo della National Gallery, come era avvenuto per la Dulwich,
proviene da una collezione privata. Così il Parlamento nel 1823 comprò i 38 dipinti della
collezione che erano sì un piccolo nucleo ma avevano una caratteristica erano dipinti di
altissima qualità, questo non sempre accadeva da collezionisti privati che spesso si affidavano a
mercanti più o meno onesti che spesso gli facevano acquistare opere che erano copie, però la
collezione Angerstein è una collezione di grande qualità perché dietro a questo collezionista che
era una figura importante e attiva a Londra c’era la figura di un’artista Thomas Lawrence che lo
aveva consigliato su tutti gli acquisti. All’inizio la National Gallery non ha un suo edificio ma
insieme alla collezione di Angerstein viene comprata anche la sua casa dove appunto i quadri
vengono esposti qui e dove possiamo vedere tramite i vari dipinti arrivati fino a noi
l’ordinamento che questo collezionista aveva dato alla sua collezione. Si scatenò un dibattito
perché naturalmente essendo questa un’abitazione non permetteva la buona esposizione di
questi grandi capolavori che erano stati acquistati, era buia, gli spazi erano piccoli, e questo
determinò la decisione di creare un edificio apposito per la prima galleria nazionale inglese. Per
renderci conto della qualità di quello che era esposto, facevano parte di questa collezione opere
di Sebastiano del Piombo, Raffaello, Rembrandt, Rubens, Poussin, Lorrain. Anche qui nella
National Gallery appena costituita le opere vennero suddivise per scuole, quindi in questa prima
parte dell’800 è entrata pienamente l’idea nei museologi quella di suddividere, secondo questo
ben preciso criterio che abbiamo visto svilupparsi nel corso del 700 viene molto spesso adottato
in questi primi importanti musei nazionali.
La situazione in Germania e i musei tedeschi.
Però appunto un contributo importantissimo non solo alla nascita di nuove tipologie museali ma
anche alla nascita di una sempre più forte storia dell’arte all’interno del mondo dei musei viene
fornita da Berlino, dove già nei primi anni dell’800 in seguito a tutta una serie di riforme
promosse da Von Humboldt che era un linguista, un erudito, fondatore della moderna università
prussiana, a Berlino, si iniziò ad elaborare l’idea di costituire un grande museo prussiano che poi
sarebbe diventato dello stato unitario tedesco. Von Humboldt insieme al sovrano di Prussia
promosse un grande rinnovamento culturale della capitale prussiana, legato a due capisaldi:
l’università e il museo è la prima volta che abbiamo qui a Berlino l’interazione strettissima tra
l’università e l’istituzione museale. Per cui gli stessi intellettuali, professori, docenti che
insegnano e che contribuiscono alla fondazione della nuova università prussiana e ne
determinano gli indirizzi culturali, agiscono anche nelle decisioni legate al museo, sugli
ordinamenti museali. Qui nasce, per quanto riguarda i musei storico-artistici, con la cosiddetta
scuola di Berlino, di cui fanno parte personaggi come Von Humboldt, Gustav Waagen, la moderna
storia dell’arte e il peso crescente degli storici dell’arte con la loro professionalità come
creatori del museo, fino a questo momento ciò era molto raro, i musei e gli ordinamenti museali
erano affidati agli artisti oppure ma questi erano casi rari a figuri di grandi antiquari, come Luigi
Lanzi nella Galleria degli Uffizi, mentre qui abbiamo a Berlino l’emergere, nella prima metà
dell’800, delle figure degli storici dell’arte.
L’Altes Museum
L’idea di costruire l’Altes Museum risale ai primi anni dell’800 ed è interessante e significativo
che il museo venne creato sull’isola dei musei, che oggi viene chiamata così ma che all’epoca
ospitava i 2 centri principali del potere: il palazzo del Re e la cattedrale. In questa piazza che
già aveva queste 2 costruzioni, si decise non a caso di realizzare il museo nazionale. Un museo
che fonda un parallelo con Monaco di Baviera, dove vedremo la creazione della Gliptoteca da
parte di Von Klenze, questa nuova struttura che viene definita del museo-tempio, per cui la
forma fortemente classica deve rimandare a ciò che l’edificio contiene, ma non perché questo
edificio conteneva solamente opere d’arte antica, questa era un museo che inizialmente, adesso
è un museo dove sono esposte le antichità, ma all’epoca era un museo che aveva a pian terreno
l’esposizione delle sculture antiche e al primo piano furono riuniti tutti i dipinti appartenenti al
Re di Prussia. L’idea del tempio era quindi legata ad un’idea non solo didattica, e di avere perciò
all’interno del museo una storia dell’arte parlante, ma anche un museo che avesse un
importante funzione estetica. “Dilettare ed istruire” fu il motto che venne applicato per questo
museo, quindi le opere d’arte dovevano essere anche un piacere per l’occhio del visitatore,
certo l’elemento legato all’istruzione è fondamentale ed ineliminabile, ma anche molto forte è
l’aspetto estetico. Quindi un’esposizione legata a concentrarsi su grandi capolavori, mettendoli
in posizioni centralizzati, con una illuminazione perfetta. La perfezione, la bellezza, l’armonia
dell’arte antica vengono utilizzate in funzione non solo di collegamento con l’antichità che era
dentro al museo, ma anche estetica ovvero il museo doveva avere anche delle forme belle, vista
la bellezza che contiene al suo interno. L’architetto fu Schinkel che partecipò anche alle
discussioni su come ordinare questo luogo, museo che come quello di Monaco risentì
dell’influenza dell’architettura dell’acropoli di Atene, influenza data dall’arrivo dei marmi Elgin
in Inghilterra, che avevano ridato importanza a questo luogo (l’acropoli) e gli architetti tedeschi
vanno in Grecia, studiano l’acropoli e ne ripropongono delle ricostruzioni, come in questo caso
fa Schinkel, per poi riversare queste suggestioni derivanti dall’architettura greca nella
progettazione dei loro musei, cosa che viene fatta sia da Schinkel che da Von Klenze a Monaco. Il
centro dell’Altes Museum è la rotonda (modelli di questo ambiente sono il Pio-Clementino e il
Panteon) e il cuore del museo è rappresentato dall’esposizione dell’antichità classica.
L’ordinamento del museo per la prima volta lo possiamo studiare grazie alla cronaca, alle carte,
alla documentazione lasciata dagli storici dell’arte, dove viene anche stilato un programma
(elemento di novità) -per il Capitolino per esempio abbiamo un diario di un nobile antiquario,
Capponi- qui viene applicato un metodo. Nel 1828 una commissione formata dal linguista e
filosofo Von Humboldt, l’architetto Schinkel, gli storici dell’arte Waagen e von Ruhmor, stabilì
che l’Altes Museum dovesse avere tra i suoi principali compiti non tanto quello di rappresentare
una “storia visibile dell’arte”, quanto quello di far comprendere e sperimentare la bellezza:
“prima dilettare, poi insegnare”. L’ordinamento di questi dipinti venne affidato a Waagen, che
era stato chiamato perché si era affermato come studioso e soprattutto aveva scritto
un’importante storia dei pittori fiamminghi, uno studio dove era applicato un metodo scientifico
che prevedeva lo studio delle fonti, e l’analisi/l’autopsia dei contenuti stilistici delle opere
d’arte, quindi un metodo storico-artistico che sta alla base del nostro recente metodo (non era
così scontato in questa epoca un tipo di studio di questo modo), Von Humboldt chiama Waagen
proprio per questo motivo in quanto specialista della pittura nordica (tedesca e fiamminga), ed
è una novità affidare a 2 figure competenti l’ordinamento del nuovo museo. Quindi la sezione di
pittura venne organizzata suddividendo, la pittura italiana da quella nordica dove però c’era
un’attenzione nell’allestimento per i singoli capolavori e il punto di contatto tra queste 2 scuole
era rappresentato dall’esposizione a metà del percorso delle opere di Antonello da Messina e
Mantegna, soprattutto il primo visto come il collegamento tra la scuola italiana e le scuole
nordiche. L’Altes ha rappresentato in questi anni nel panorama museale e nel panorama storico-
artistico europeo un qualcosa di inedito e di nuovo.
La Gliptoteca e la Pinacoteca di Monaco di Baviera
Lo stesso avviene per l’altro centro tedesco, cioè Monaco di Baviera, dove abbiamo la creazione
di tutto un complesso di nuovi musei. Von Klenze controllò la ricostruzione in senso neogreco
della città di Monaco, in quanto per Ludwig I di Baviera, la città doveva diventare una nuova
Atene. La famiglia di Ludwig possedeva opere che provenivano dal Palatinato, dal 1806 tutta la
ricchissima collezione di dipinti dell’Elettore Palatino era finita in Baviera, oltre al fatto che i
sovrani bavaresi erano già in possesso a Monaco di importanti collezioni soprattutto di antichità,
infatti a Monaco è presente l’Antiquarium dedicato dal 500 all’esposizione di antichità che però
in questi anni non era per niente valutato, era considerato una raccolta 500entesca di pezzi
antichi. Quindi Ludwig vuole iniziare a creare i propri musei in chiave come sempre di
esaltazione dinastica ma anche per porre Monaco come una nuova città culturale. Von Klenze
viaggia molto, compie un viaggio in Italia dove studia l’arte gotica e romanica e crea per Ludwig
il tempio del Walhalla dedicato agli eroi e alle figure più importanti del tempo, e poi nel 1830
viene inaugurata la Gliptoteca. Tutta la piazza venne progettata da Von Klenze in stile antico
con la Gliptoteca dedicata all’esposizione della scultura, della statuaria, e di fronte l’edificio
dedicato alle antichità di piccole dimensioni, come per esempio i vasi antichi. Anche per la
Gliptoteca abbiamo la tipologia del museo-tempio, è un edificio di grande funzionalità, come
vedete esternamente è privo di finestre, ma le cui pareti sono mosse da queste edicole dove
sono ospitate le sculture, i ritratti dei grandi scultori, dall’antichità (per esempio la scultura di
Fidia) alla contemporaneità. La Gliptoteca ebbe un ordinamento innovativo perché per la prima
volta qui troviamo espresse in maniera organica le idee di Winckelmann di sviluppo, di
successione dei vari stili legati alle varie civiltà antiche. Si partiva quindi dall’esposizione di
antichità egizie e poi si procedeva lungo tutto il perimetro fino ad arrivare alla scultura
contemporanea, da Canova a Thorvaldsen. Quindi un museo dedicato alla scultura e dedicato a
raccontare lo sviluppo dei diversi stili delle diverse civiltà dall’antico al moderno. La pianta è
molto razionale, le sale prendono luce dall’alto e anche dal cortile interno, e la Gliptoteca
risentì molto dei modelli dei musei romani del 700, in primis la collezione Albani e il Museo Pio-
Clementino, cioè anche qui la scultura non venne ambientata ma gli venne creata una cornice
apposita la cui ricchezza decorativa coloristica esaltasse la scultura stessa, quindi non è un
ambientare la scultura antica in ambienti antichizzati ma è incorniciare, creare degli sfondi
anche di grande ricchezza ma in funzione dell’esposizione della scultura. Monaco e la Gliptoteca
sono stati gravemente danneggiati dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, quindi
quello che vediamo noi oggi è esternamente il museo come era, con la piazza originaria, ma
l’interno oggi è completamente diverso, anche troppo spoglio (le pareti non hanno decorazioni).
Quando Von Klenze inizia a costruire la Gliptoteca, Ludwing inizia ad acquistare opere d’arte da
Roma e soprattutto arriva nel 1822 A Monaco le sculture arcaiche greche del tempio di Aphaia
(un’antichissima divinità greca) a Egina e proprio l’acquisizione di queste sculture non
ellenistiche ma arcaiche stimolano la creazione di un percorso cronologico, e le sculture di
Aphaia rappresentarono anche una grande vittoria per gli archeologi tedeschi (archeologia
tedesca in questi anni, e per tutto il corso dell’800, sarà prima in Europa nello scavo e nel
prelevamento di tantissimi siti originari). Possiamo vedere come era il museo ai tempi di Ludwig,
prima delle distruzioni della guerra, grazie a delle immagini di fotografia e dipinti, era presente
una decorazione molto ricca che recupera i modelli romani, le pareti erano dipinte con un
particolare stucco colorato lucido e differenziato a seconda delle sculture, ogni sezione aveva il
suo colore, e qui vediamo [immagine] disposte le sculture di Aphaia dei 2 frontoni del tempio,
anche qui avvenne un’operazione similare a quella dei marmi Elgin perché non ci si limitò a
scavare e a recuperare le sculture ma vennero anche staccati dei pezzi, così come era avvenuto
appunto per il Partenone. Le sculture arrivano a Monaco sono destinate alla Gliptoteca e
Thorvaldsen le restaura, oggi possiamo vedere a Monaco le foto dei pezzi che erano stati
integrati alle sculture (negli anni 70 del 900 si mise in pratica l’operazione di derestauro),
restauro di Thorlvadsen che fu comunque grandioso perché cercò di calarsi completamente
nell’idea di creare qualcosa di assolutamente rispettoso dello stile arcaico, all’interno della sale
come possiamo vedere dalle immagini era stato anche ricostruito il tempio di Aphaia proprio per
far capire dove erano collocate le sculture (oggi, dopo l’operazione di derestauro, il gruppo di
sculture si presenta frammentato, rispetto a come lo aveva restaurato Thorlvadsen). Altra sala
della Gliptoteca dove sembra di essere all’interno di Villa Albani a Roma. Anche se Ludwig si
propose di creare dei musei pubblici qui a Monaco, a differenza di Berlino, il controllo della
corona, del Re, sopra i musei fu molto forte e di fatto questi musei non erano aperti a tutti, c’è
un’idea meno democratica che sta alla base di questi musei, addirittura la Gliptoteca era
utilizzata come luogo di feste, di celebrazioni, da parte di Ludwig, perciò c’è un uso molto forte
della monarchia su questi musei che in qualche modo nega la loro valenza di musei pubblici.
A Monaco von Klenze non si limitò a realizzare la Gliptoteca e la piazza che la accoglie, quindi
non realizzò solo un museo-tempio per la scultura antica ma progettò anche la grande
Pinacoteca di Monaco dove trovò posto la grande collezione che proveniva da Dusseldorf e in più
le opere già appartenenti ai re di Baviera, e come vedete von Klenze qui utilizza un altro
linguaggio, non più un’architettura classicheggiante ma un’architettura rinascimentale che
adatta ad ospitare le pitture, crea così un palazzo dalle forme rinascimentali ma comunque
funzionale, la funzionalità è sempre presente nella progettualità di questi museografi/architetti
della prima metà dell’800, e quindi grandi lucernari sul tetto per illuminare le varie sezioni di
pittura, pittura che anche qui venne ordinata secondo le scuole, dedicando però, così come era
avvenuto a Dusseldorf, un’intera sala ai capolavori di Rubens. Allestimento diradato, nonostante
la decorazione molto presente.

Il Museo di Cluny (SLIDE LEZIONE 8)


Dalla museologia 700entesca deriva nei musei 800enteschi gli ordinamenti per scuole, all’interno
di questo ordinamento talvolta ma non sempre a volte ci cercava di creare anche un
ordinamento di tipo cronologico, a Berlino abbiamo l’ordinamento per scuole ma si ha anche
l’attenzione su singoli capolavori e quindi questa cronologia non viene osservata. Mentre nel
corso dell’800 si afferma un altro modello di museo legato al museo dei monumenti francesi, in
quanto proprio da questo deriva la tipologia di ordinamento di museo di ambientazione, per cui
abbiamo il tentativo di ricreare attorno a queste opere il loro contesto originario o supposto
tale. Lenoir aveva creato questo percorso museale con pezzi originali legato alla scultura, di
monumenti funebri, statue, busti, però questo tentativo di creare queste atmosfere legate ad
una precisa epoca, medievale e rinascimentale, subisce un’ulteriore evoluzione in un altro
museo francese che avrà un grandissimo peso che è il museo di Cluny. Creato grazie alla
collezione di questo personaggio, Alexandre Du Sommerard, che dona al museo la sua ricchissima
collezione eterogena di oggetti, non solo di opere d’arte dipinti e sculture ma anche di mobilio,
di tessuti, vasi, candelieri, una quantità enorme di oggetti veri e falsi che lui usa per creare
prima nella sua collezione poi soprattutto nel museo di Cluny, delle stanze, delle sale dove si
ricreano ambienti vissuti (ipoteticamente) nel passato da nobili, da principi ecc… Questo museo,
come era accaduto per il museo dei monumenti francesi, ebbe un grande successo e dal
momento della sua creazione viene visto come un museo della risonanza “[Cluny] dispiega
sotto i nostri occhi dodici secoli, con le loro antiche usanze, i loro usi, i loro mobili, i
loro costumi, le loro armi, infine tutte le loro reliquie”. Il Museo di Cluny trova posto
nell’antica residenza degli abati cluniacensi, quindi anche l’edificio si presta alla creazione di un
museo storico medievaleggiante ma non solo, “il museo venne costituito nel 1843, riunendo
il complesso delle terme di Lutetia e il convento medievale degli abati di Cluny, per
accogliere la collezione di oggetti medievali di Alexandre Du Sommerard e ciò che
restava del museo di Alexandre Lenoir. Fu proprio il figlio di quest’ultimo, Albert, ad
occuparsi dell’allestimento”. Interessante e significativo è che qui abbiamo in azione il figlio
di Alexandre Lenoir, Albert Lenoir che porta avanti l’idea paterna realizzando un museo che
ancora di più rispetto al museo del padre vuol calarsi nella storia del passato facendola rivivere
agli spettatori. Su tutto questo agisce anche un importante fattore, Parigi sta cambiando
velocemente si sta rimodernando la città, si stanno distruggendo piazze, antichi edifici, chiese
medievali, e quindi c’è anche tutto questo movimento di intellettuali e studiosi che in primis
cerca di opporsi a queste distruzioni ma che cercano anche di recuperare le opere d’arte che
altrimenti andrebbero disperse, quindi questi collezionisti/museologi si operano, così come
aveva fatto Lenoir, a salvaguardare un patrimonio architettonico ed artistico che sarebbe andato
disperso. Quindi recuperare il passato e far calare lo spettatore in queste epoche lontane, vuol
dire far capire allo spettatore quanto sia importante salvaguardare la storia, i segni del passato
che siano opere d’arte che oggetti legati alla vita quotidiana. Grazie a degli acquarelli ed
incisioni possiamo capire che tipo di operazione era stata fatta, per esempio era stata ricostruita
la camera di Francesco I di Francia, utilizzando un mobilio sia vero che falso per dare vita a
queste ricostruzioni al quanto fantastiche, qui non si sta tanto attenti alla filologia,
all’autenticità quello che si vuole fare è un altro tipo di operazione, e quindi questo tipo di
musei avranno un grandissimo successo di pubblico e anche di critica spesso ma allo stesso
tempo come aveva già fatto Quatremere de Quincy verranno anche molto criticati perché a
fronte dei nuovi musei pubblici, dal Louvre ai musei tedeschi, che vengono affidati a degli storici
che applicano determinati criteri di ordinamento, per scuole e cronologico, qui invece la
filologia e l’autenticità non trovano molto spazio. “Voi entrate nella cappella, che era
ammirabilmente conservata … e vi trovavate in pieno Medioevo … dalla cappella si
passa alla camera di Francesco I o piuttosto della regina Bianca e questa volta avete
sotto gli occhi l’insieme completo di tutta la magnificenza reale dei secoli passati. La
porta di questa camera di Francesco I era stata la porta stessa del castello di Anet, essa
si ricordava di Diana di Poitiers e di Enrico II. La scacchiera è la scacchiera stessa
appartenuta al re San Luigi.” “La creazione di un nuovo museo dedicato al Medioevo si
accompagnò, in Francia, nel 1830. All’introduzione di una struttura giuridica che
serviva a tutelare e conservare il patrimonio artistico, e soprattutto architettonico
nazionale. Facevano parte di questa struttura istituzioni come la Société d’histoire de
France e la Commission des Monuments che divenne nel 1837 la Commission des
Monuments Historiques della quale fu ispettore generale Prosper Mérimée (1803-1870),
uno dei più importanti scrittori romantici francesi che spesso nei suoi romanzi e
racconti, ambientati in epoche del passato, si ispirava ai luoghi dai luoghi visitati come
ispettore generale. La commissione era stata creata anche per frenare le demolizioni,
molto frequenti di antichi monumenti, effettuate in nome della modernità, e per
fermare restauri troppo disinvolti che apparivano veri e propri vandalismi.
Restauratore della commissione fu Eugène Viollet-le-Duc (1814-1874), studioso
dell’architettura medievale francese tra l’XI e il XIV secolo. Viollet-le-Duc, fu autore di
un gran numero di restauri architettonici che miravano a ristabilire gli edifici in uno
stato ‘originale’, che però poteva anche non essere mai esistito.” Nasce come
sottolineato precedentemente la volontà di recuperare il passato, recupero che veniva fatto
anche attraverso il restauro, maggior parte dei restauri messi in pratica da Viollet-le-Duc, dove
si vuole ricreare degli insiemi che vogliono essere filologici ma in realtà sono spesso delle
ricostruzioni arbitrarie e lo stesso avviene all’interno del museo.
Il Bode Museum
Questo uso di allestire il museo secondo criteri riambientativi farà un ulteriore passo avanti
verso l’adozione di criteri più scientifici di nuovo nel contesto tedesco, infatti ciò è
rappresentato nel penultimo museo creato nell’isola dei musei, quello chiamato prima Kaiser
Friedrich Museum e poi chiamato Bode Museum dove questa figura importante di critico/
studioso/museologo che era Bode diede vita ad una tipologia di riambientazione maggiormente
fondata su criteri scientifici che poi sfocerà grazie all’emigrazione proprio fisica di storici
dell’arte tedeschi allievi di Bode negli Stati Uniti nella creazione di quella particolare tipologia
di allestimento che sono le periods rooms americane e anglosassone che hanno avuto un grande
sviluppo e hanno tuttora. Bode fu anche il direttore generale del museo e lo creò grazie a una
parte di opere provenienti dall’Altes ma soprattutto crea il museo (Kaiser Friedirich) facendo
delle campagne mirate di acquisti in Italia, perché l’idea centrale/portante del museo fu quella
di creare un museo dedicato, non esclusivamente, ma incentrato soprattutto sull’arte italiana
del rinascimento, per la sua formazione di storico dell’arte e per la sua personale inclinazione
verso l’arte rinascimentale italiana (soprattutto toscana), Bode crea un museo che vuole
mettere l’accento sull’arte del rinascimento fiorentino, e anche le tipologie di allestimento e
ordinamento che proporrà sono incentrate e sostenute da questa idea. Bode inizia questa
campagna acquisti di opere d’arte italiane ma soprattutto toscane avvalendosi dell’aiuto del
mercante Stefano Bardini, alcuni esempi di acquisti compiuti grazie all’aiuto di Bardini sono: il
ritratto di Niccolò Strozzi che venne acquistato nel 1876 oppure altro acquisto è il putto di
Gerolamo della Robbia proveniente da Palazzo Pucci sempre nel 1876 o ancora la Madonna Pazzi
di Donatello e questa era la tipologia di opere d’arte privilegiata da Bode. Il cuore del Bode e
dell’idea stessa del museo è rappresentato dalla cosiddetta “Basilica” che si trova al pian
terreno anche oggi dove Bode fa ricostruire l’interno di una chiesa tipica rinascimentale
brunelleschiana fiorentina, riprendendo appunto San Salvatore a Monte, e ricrea questo
ambiente fiorentino appositamente per ospitare le pale robbiane, le pale del rinascimento
all’interno di queste finte cappelle della Basilica. Nella sua opera sul rinascimento fiorentino
Bode, dichiara questo primato secondo lui dell’arte fiorentina che poi esporrà nel museo, per
esempio una delle grandi passioni di Bode era la scultura robbiana e quindi quando scrive di Luca
della Robbia dice “ [Luca Della Robbia] ricreò le leggi più nobili della scultura che per
primi i Greci avevano creato … Firenze è la madre dell’arte moderna … e non c’è branca
dell’arte per la quale Firenze meriti la sua fama quanto la scultura … Allo stesso modo
in cui la scultura raggiunse le sue vette nell’arte greca, così, nell’era cristiana, l’arte
fiorentina raggiunse il suo culmine proprio nella scultura. Ci sono solo due luoghi nei
quali la scultura ha raggiunto una fioritura così completamente libera e magnifica: a
Atene e a Firenze.” Quindi abbiamo visto l’omaggio alla scultura greca a Monaco con Von
Klenze e poi nell’Altes, qui abbiamo in Bode la stessa importanza, lo stesso rilievo dedicato
all’arte fiorentina del rinascimento. Il primo esperimento attuato da Bode per ricreare queste
stanze/sale d’epoca nel quale collocare le opere d’arte lo attuò nella mostra di opere d’arte del
medioevo e del rinascimento provenienti da varie collezioni berlinesi che venne organizzata
nell’Accademia nel 1898, nel salone principale Bode espose il suo concetto di ambiente ad
allestimento integrato tra pittura, scultura e arredamento ispirato alle presentazioni Stefano
Bardini, ora questo è un punto molto delicato perché è molto difficile stabilire quanto Bode
abbia preso da Bardini e viceversa, Bardini nel suo palazzo-negozio, che adesso è il Museo
Bardini, realizzò allestimenti molto simili a quello di Bode, dove le opere d’arte venivano
esposte all’interno di sale arredate come i palazzi del rinascimento e dove si cercava quanto
meno una consonanza cronologica. [IMMAGINI DELLA MOSTRA ALL’ACCADEMIA/IMMAGINE
DELL’ALTES MUSEUM/IMMAGINE DI BODE INSIEME AD UNO STUDIOSO/IMMAGINI DEL MUSEO
BARDINI].
I Musei Americani
Altro luogo dove questo tipo di operazione trova grande spazio sono gli Stati Uniti, dove emigra
uno studioso come Valentiner allievo di Bode, che trasporta queste idee, ricrea questi
ordinamenti all’interno dei musei americani, ma ancor prima per esempio nel Cleveland Museum
nel 1916 abbiamo il ricreare queste sale neorinascimentali. “Nel 1924 venne inaugurata al
Metropolitan Museum una sezione con 13 periods rooms o sale d’epoca. Nel 1927,
Detroit Art Institute: William Valentiner (1880-1958), storico dell’arte tedesco, allievo
di Bode (da cui riprende la teoria dell’ordinamento espositivo per insiemi storici),
allestisce nel museo alcune sale d’epoca da lui definite ‘insiemi coerenti’, una sorta di
“eventi teatrali in grado di trasportare il visitatore in altri tempi e altri luoghi”,
queste sale si affiancano ad altre allestite secondo un concetto di “assonanza stilistica”
con le opere esposte, ma con un carattere più allusivo che filologico. Dal 1908 negli Stati
Uniti, Valentiner fu anche il primo curatore della sezione di arti decorative del Metropolitan
Museum di New York”. Valentiner in un suo importante saggio del 1944 dichiarò ciò che voleva
fare con le creazioni delle sale d’epoca “Con le sale d’epoca non intendo semplicemente
sale di vecchi palazzi ricostruite all’interno del museo e arredate per illustrare il modo
di abitare del passato. Intendo sale in cui è possibile rappresentare epoche dell’arte, in
cui ogni periodo artistico è sviluppato in maniera sistematica all’interno di una sala così
da dare al visitatore un quadro unitario e armonioso di una fase della cultura … nel
museo di Detroit il piano principale, con la maggior parte dello spazio espositivo, è
organizzato in sale d’epoca.”

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