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SOMMARIO
servono almeno due persone, per disfarlo Conti a d’Annunzio, da Celan a Char, poi
/ il silenzio di uno solo» (p. 85). Quel due Ungaretti, Luzi, Porta, Zanzotto, Sereni...
persone, anziché l’uso del tu e dell’io evocati Lettori d’eccezione, Veronesi dice, che
nei versi appena precedenti, potrebbe affi- relativizzano e destabilizzano certi dog-
dare questo atto creativo non soltanto nel mi correnti, come quello del plurilingui-
rapporto tra due amanti, come sembra in- smo-pluristilismo della Commedia rispetto
tendere questa poesia, ma anche in quello al monolinguismo-monostilismo del Can-
tra autore e lettore. zoniere. Dove per altro già si prevenivano
(Jordi Valentini) possibili semplificazioni e irrigidimenti
critici futuri: Petrarca stesso, nel sonetto
proemiale, postula un «vario stile», e più
Francesco Petrarca, Canzoniere, a cura avanti dice di oscillare «fra lo stil de’ mo-
di Matteo Veronesi, con un saggio critico derni e ’l sermon prisco», nella varia unitas
di Ugo Foscolo, Rusconi, Santarcangelo, di orizzonti multipli, suggestioni archetipe,
2018, pp. 229. sfondi emotivi privilegiati e registri stilistici
e gradazioni di tono ogni volta congruenti.
In Petrarca nel sesto centenario («Il Vel- Uno stile, come leggiamo nelle Familiares,
tro», 1974) Vittore Branca disegnava un «unus, conflatus ex pluribus»: quindi, sin-
poeta «che ha teorizzato incontri attra- golare, molteplice e uno, che tiene insieme
verso i secoli, incontri delle anime lungo e cadenza fenomeni in atto, glosse sulla
il cammino della storia». E davvero sem- fuggevolezza dell’ora, antecedenze e lasciti
brerebbe questo il punto di partenza del letterari. Perché, come fu detto, ogni gran-
Cantar che ne l’anima si sente. Petrarca fra de poeta sceglie, quando non addirittura
tempo ed eternità, l’ampia introduzione di concorre a modellare nella forma in cui noi,
Matteo Veronesi a una nuova edizione dei anche attraverso di lui, li recepiamo, i pro-
Rerum vulgarium fragmenta. Punto di par- pri – e di riflesso, per discendenza, anche
tenza e insieme di tangenza tra anime affi- nostri – precursori, ombre capovolte.
ni, spiraglio e rifrangenza di un poeta che Quello di Veronesi è un Petrarca fosco-
legge da poeta: artifex additus artifici. Dai liano: il celebre saggio petrarchesco di Fo-
poeti, Veronesi dice, ci verranno le letture scolo è qui riprodotto con corredo di note
migliori, quelle che sanno neutralizzare la ed eletto a fonte primaria, strumento e tra-
distanza tra la nostra sensibilità di moder- mite, e insieme oggetto di interpretazione.
ni e il poeta-intellettuale Petrarca, anch’e- La competenza critica e l’ortisiana omolo-
gli in equilibrio tra le glorie del passato e gia sentimentale, da sfiorare l’autobiogra-
le aspettative per l’avvenire. fia, costituiscono gli ingredienti per una
Sfilano allora in queste pagine non focalizzazione empatica dei grandi temi istantanee
tanto le formule di critici e di storici se- petrarcheschi. Foscoliano e insieme nove-
veri o di algidi filologi, ma trasfigurazio- centesco: contraddizione e anacronismo
ni, immedesimazioni, quasi musicali ese- solo apparenti, giacché proprio Foscolo (e
cuzioni. Di esteti e di poeti: da Angelo Petrarca anche attraverso il suo alone), con
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la sua diafania venata di ombre, segnata da dei suoi capelli, e al lauro (altro senhal per
inquietudini, la sua perfezione per alcuni Laura), la pianta sacra ai poeti in cui ella,
versi sinistramente perturbata in quanto sulla scia del mito ovidiano di Dafne, si è
sospesa tra la contaminazione della morte trasmutata, con un moto metaforico e me-
e la catarsi, la lustratio della serenità elleni- tamorfico affine al flusso di trasformazione,
ca, ebbe (ad esempio nel Cimetière marin all’intima enérgheia che scorre nel tessuto
di Valéry, come Oreste Macrí notava nel del linguaggio.
suo commento) una sorprendente eredità Sul piano della contestualizzazione sto-
novecentesca, e nel Novecento più cripti- rico-culturale, andrà evidenziato, in questa
co, denso, orfico. E qui ci si riferisce anche lettura, il superamento di un altro stereoti-
alla poetica della parola come veicolo di po, quello del Petrarca preumanista esatta-
civiltà e insieme come sinestetica, tra mu- mente nella misura in cui, ritestualizzando
sica e visione, «melodia pittrice». Quindi, la dimensione interiore, è estraneo al clima
parola còlta nel suo duplice valore di con- storico della Scolastica. Mentre i dibattiti
sapevolezza storica e di incipiente esteti- medievali sul nominalismo, sul complesso
smo, di incubatoio e crogiolo della futura rapporto tra parola e realtà, diviso e conte-
poésie pure, come si vede nelle Grazie, dove so tra aderenza e convenzione, tra inaffer-
è la lira del cantore di Laura ad effondere rabile flatus vocis ed espressione diretta e
ancora la sua eco limpidissima. trasparente degli archetipi ideali, poterono
L’apparato di note, volutamente essen- influire sul poeta e sull’uomo, la cui tragi-
ziale e selettivo, sostanzialmente – intenzio- ca e sublime ossessione fu essenzialmente
nalmente – divulgativo, e che non ambisce quella di ritrovarsi ad avere tra le mani e
a rivaleggiare per mole e dovizia con quelli sulle labbra, della donna – o della sua im-
delle più autorevoli edizioni accademiche magine astratta (la «disïata vostra forma
(quali, limitandosi alle recenti e recentissi- vera») vagheggiata da lontano e subito af-
me, la Bettarini e la Vecchi-Galli), si rivela fondata nell’ombra –, niente di più che un
comunque di estremo interesse, in partico- nome («nomen ipsum nonnichil, immo
lare per il modo in cui fa trasparire, come vel plurimum, furoribus istis addiderit»:
in filigrana, la sovrapposizione e il contrap- cosí nel Secretum). Un idolo, un éidolon.
punto tra la tradizione letteraria classica e Modello ideale e insieme profilo illusorio
quella romanza, trobadorica. Basti pensare, e vago, sogno, visione che nell’abbraccio
per non fare che un esempio, al motivo, già svanisce. L’oggetto, l’esperienza, la creatu-
virgiliano e poi, appunto, trobadorico, della ra sono, Abelardo notava, «in sensibus» e
genitabilis aura, dell’etereo perpetuo soffio nel contempo, attraverso il concetto e la
vitale che accende tanto la natura quanto parola, «praeter sensualitatem», elevati e
la poesia, l’una all’altra legate in un nodo sublimati a quella che d’Annunzio – ben-
di continuità e rispecchiamento reciproci. ché freddo davanti a Petrarca – chiamerà
Ma aura, «aura soave» – vento, pneuma, «sensualità rapita fuor de’ sensi». E in un
alone luminoso, anima – è notoriamente dire votato a risaltare nella luce estrema del
associato per via fonosimbolica al nome silenzio (cosí come il Tempo, la Fama, l’A-
dell’amata, oltre che all’auro, all’oro, l’oro more, nei Trionfi, sconfinano, e si dissol-
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vono infine – passati attraverso la Morte, sensoriale o del mondo incontra la volontà
e trascesa anch’essa – nell’Eternità) per Ve- poietica, ri-creativa dell’autore e dove, per
ronesi sta la modernità ultima di Petrarca: opposto vettore, il pensiero, con la sua ne-
a noi perennemente contemporaneo, pa- cessità di com-prendere, di collocarsi, porta
radossalmente, visto che almeno per una il poeta a scandagliare gli orizzonti, i moti,
metà radicato nel Medioevo più mistico, i fatti che gli si offrono. Un cogito ergo
che in quanto tale costituisce un sovra- video, dove non basta più, astrattamente
storico Medioevo interiore. essere. Nell’ultima prova di scrittura poe-
Come Veronesi nota, sulla medesima tica, dal titolo chirurgico: Incerto confine,
lunghezza d’onda di Adelia Noferi di fron- Stefano Vitale aggiunge un significativo
te a una pagina delle Seniles, «in Petrarca la ampliamento del limes.
Parola assoluta e suprema, in cui “cuncta È da dire, innanzitutto, che il volume è
conveniunt”, in cui convergono e si fon- una preziosa edizione pubblicata lo scorso
dono tutti i tempi e i luoghi, i pensieri e novembre per la collana “disegnodiverso”
i conflitti, tutti i gradi, i modi e le possi- curata da Paola Gribaudo che unisce i ver-
bilità dell’essere, finisce forse per risolversi, si di Stefano Vitale ai disegni di Albertina
alla fine, in una sorta di quasi-silenzio, di Bollati (in senso anche materico, dove al-
“rumore bianco”, di lievissimo fruscio che cuni versi si ripresentano, come oniriche
oscilla e trema, sospeso, sul confine del vuo- didascalie, nel corpo dell’illustrato). Sim-
to, del nulla, dell’abisso – di quegli “infiniti biosi già collaudata, con fortunato esito,
abissi” dei quali, dice il poeta, ogni istante, per un precedente volume di versi del
ogni ricordo e ogni parola non sono che poeta, Angeli, del 2014, ma che qui sem-
“brevi stille”, gocce infinitesimali e precarie, bra ancora più stretta e paritetica, come
subito inghiottite e cancellate da una forza se parole e versi fossero sorti contempo-
prevaricante ed oscura». La stessa dalla qua- raneamente attorno all’idea che sottende
le l’essere – da essa sorto, su di essa sospeso il volume.
e in essa destinato a tornare a confonder- Il confine sul quale si muove l’opera è
si – trae, davanti al nostro sguardo ancora certamente simbolico e polisemico, come
incantato, spessore e respiro. nelle corde di Vitale (tra verità e pensiero,
tra ombra e luce, tra corpo e il suo riflesso,
(Elisabetta Brizio) tra un tempo e un altro tempo ecc.), ma
vuole qui assumere anche e soprattutto
una forte connotazione realistica e concre-
Incerto confine, illustrazioni di Albertina ta, che si rivela fin dalla copertina, magne-
Bollati, poesie di Stefano Vitale, Edizioni tica e lieve, dove un’esile figura umana sta
disegnodiverso, 2019. aggrappata a un mare capovolto sopra un istantanee
cielo sbiancato e stellato. E già dai primi
La poesia di Stefano Vitale si è sempre testi Chiudere i porti (p. 8) e Il linguaggio
mossa su una linea di confine: quella dove dei muri (p. 12) si fa chiaro il tema che,
l’occasione poetica che possiamo chiamare coraggiosamente, viene affrontato. I ri-
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