In tempi di guerra la propaganda immancabilmente fiorisce; ha
il compito di motivare la gente a partecipare, o quantomeno indurla a tacere. Questa complicità si ottiene singolarmente mostrando noi come giuste vittime, e il nemico come un mostro disumano.
Un attacco militare frontale ad un’organizzazione di guerriglia
in un’area densamente popolata, e per lo più sotto assedio, non può che provocare un massacro di civili inermi. Chiunque può capirlo, ma solo una massiccia campagna propagandistica può manipolare le menti ad accettarlo. Da israeliani e da ebrei ne siamo tra i principali destinatari. Da esseri umani abbiamo il dovere di sforzarci a renderci conto dei meccanismi di questa propaganda per scorgere la realtà che si cela dietro di essa.
Partiamo da ciò che non viene mostrato. I civili Palestinesi della
striscia di Gaza - donne, uomini e sopratutto bambini (metà della popolazione!) - sono da tempo isolati, rinchiusi, quasi invisibili all’opinione pubblica israeliana. Ora, anche dopo tre settimane di bombardamenti, l’effettivo grado di devastazione, morte e sofferenza inflitte a questa popolazione, l’orrore di questa guerra, non arriva alla maggior parte degli israeliani, soprattutto a chi si limita a guardare la TV. Le immagini mostrate dai telegiornali - più di macerie che di volti umani - sono poche, e comunque inserite in un contesto ben preciso – quello di ogni nostro sforzo, ampiamente documentato, per minimizzare ed aiutare le vittime della guerra, quasi fossero state colpite da un terremoto o da uno tsunami.
Poi c’è quello che invece viene mostrato, anzi martellato: le
pene dei nostri. Queste vengono riportate in ogni dettaglio: immagini di danni causati dai razzi, testimonianze, e nel conteggio delle vittime - anche persone affette da attacchi di ansia (dovessimo contarle anche a Gaza...). Per non parlare dei danni economici della guerra – fabbriche, bar e centri commerciali deserti. Tutto fa capire quant’è dura questa guerra per gli abitanti del mezzogiorno israeliano. Ovviamente si tratta di vere vittime, reali problemi, giuste paure di civili innocenti. Il problema sta nel fatto che tutto questo serve a far tacere le coscienze, a distogliere l’attenzione da un male assai maggiore, a giustificare le atrocità che le stesse forze armate israeliane infliggono ai residenti di Gaza: un milione e mezzo di persone sotto assedio, centinaia di bambini uccisi, interi quartieri rasi al suolo.
Lo stesso vale per Gilad Shalit, soldato israeliano catturato da
Hamas nel 2006 in un attacco contro un avamposto militare sul confine con la striscia di Gaza. La preoccupazione per Shalit è comprensibile, ma ancor più dello spazio mediatico sproporzionato a lui dedicato, sorprende l’appello del Ministro degli Esteri Tzipi Livni alla Croce Rossa perché intervenga nei confronti di Shalit proprio mentre a Gaza Israele viola la legge internazionale attaccando civili inermi.
Essenziale, oltre a darci la sensazione di essere noi le vere
vittime della situazione, è inculcare un forte senso di paura. Ma Hamas anche in questi giorni in cui ha lanciato centinaia di razzi (quasi tutti fai-da-te) in territorio israeliano, non riesce che a colpire pochi individui e a causare limitati danni materiali. Questa organizzazione non dà l’impressione di porre una reale minaccia all’esistenza dello Stato d’Israele... Però - si spiega – dietro Hamas ci sono forti potenze - la Siria, l’Iran, Al Qaeda, il movimento islamista intero. Potenze che ci vogliono annientare (ma dove sono tutte le armi iraniane a Gaza? Dov’è il coordinamento tra Gaza e Teheran quando Ahmedinejad rimane intransigente mentre Hamas si dice disposto a tregue ed arriva anche ad accettare – se approvata in plebiscito – una soluzione di due stati?).
Per rimuovere l’ultimo ostacolo alla collaborazione, occorre
disconoscere l’umanità del nemico. E quindi lo si presenta come una massa indistinta di terroristi appartenenti ad una “cultura della morte” (contrapposta alla nostra “cultura della vita”), una cultura piena di odio gratuito, che lo induce persino “ad usare i bambini come scudi umani” (ma dove nascondere i bambini in una zona così densamente abitata?), chiare “dimostrazioni” che si tratta di veri e propri mostri spietati.
Guardiamoci bene dalla propaganda, non solo da questa ma da
tutte, perché, per dirla con Aldous Huxley “quando si pensa ad uomini e donne particolari semplicemente come a dei rappresentanti di una classe, che è stata in precedenza definita come il “male”, ... allora la ripugnanza che si prova a ferire o ad uccidere scompare.”