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Combinandosi con diversi fattori e dando importanti contributi a tutte le battaglie civili degli anni Settanta,

come anche nella conquista dello Statuto dei lavoratori, nella battaglia sul divorzio e sull'aborto e la nuova
legislazione sulla scuola e sull'università, il 68 è stato un cambiamento decisivo nella mentalità collettiva
che ha assunto la forma e la sostanza di una vera rivoluzione culturale.
Ma il 68 non è stato un anno di sola innovazione. Infatti il clima di libertinaggio creatosi in questo periodo
non ha prodotto la crescita della serenità individuale, ma ha reso i ragazzi sempre più chiusi alla vita.
Ma come si spiega in un contesto di elevazione culturale, un fenomeno di regressione morale?
Non si fa altro che parlare di emancipazione: abbiamo tutto, non dobbiamo fare alcun sacrificio per
ottenere nulla, ma siamo apatici ed annoiati. Molti ragazzi non conoscono neanche la ragione della loro
stessa esistenza e vagano nel nulla senza un preciso scopo. Questo incrementa la noia e pur di vivere
sensazioni nuove gli adolescenti rivolgono la loro attenzione ad alcool e droga o quello che ne consegue.
In questi anni dopo il 68, infatti, si evidenzia una crescita vertiginosa nell’uso di queste sostanze, e si
registrano numerosissimi casi di suicidi giovanili, per non parlare dell’irascibilità delle menti dei giovani.
I ragazzi d’oggi si sentono disorientati, soli e smarriti, quasi a sembrare più vecchi degli anziani stessi: senza
grinta, passione o energia.
Da una parte, la società non lascia spazio alla meritocrazia e non offre grandi possibilità per costruire un
vero futuro; dall’altra è di moda un’educazione permissiva che evita qualsiasi sacrificio: ne deriva una
generazione stanca, priva di valori, che si distrae per non pensare agli interrogativi seri della vita.
L’emergenza attuale è proprio il dramma educativo: riattivare cervelli spenti, omologati, non abituati a
compiere alcun approfondimento, incapaci di formulare giudizi autonomi e di usufruire di quell’immenso
patrimonio culturale e linguistico che tutti noi abbiamo a disposizione. La Rivoluzione culturale del ’68 ha
scardinato ogni forma di autorità con la tragica conseguenza che per i giovani non esistono più punti di
riferimento: molti padri, ad esempio, non solo non credono nei propri figli, ma, peggio ancora, non vogliono
garantire loro un futuro.
L’idea dell’autodeterminazione dell’individuo, di fatto, ha esaltato una forma di libertà distorta, distruttrice
dell’autorità, del merito e della memoria storica.
La “filosofia” che sottostà alla moderna concezione della vita è la presuntuosa convinzione di bastare a sé
stessi: si vive del principio sessantottino “vietato vietare”.
È alla luce di questa impostazione mentale che lentamente si è cercato di scardinare, con successo, il
criterio della gerarchia e la presenza dell’autorità.
È l’era dell’informazione, di Internet e delle Tv satellitari, ma i ragazzi italiani non leggono più e c’è sempre
meno cultura: la velocità di comunicazione, d’altronde, allena a sfogliare una pagina web dopo l’altra,
rendendo difficoltosa la concentrazione e l’assimilare le nozioni.
Abbandonati a loro stessi, i ragazzi si lasciano andare proprio negli anni in cui dovrebbero trasformare il
mondo. E allora subentra il divertimento come alibi per non riflettere.
La conseguenza più evidente è il senso di smarrimento e di tristezza palpabile nel cuore di moltissimi
giovani: ci si annoia perché non si hanno più scopi e contenuti da condividere.
I valori come la solidarietà e il bene nei confronti del prossimo, non sono contemplati fra gli interessi
collettivi, lo sguardo sui bisognosi e sugli anziani è quasi annullato, anzi, questi sono giudicati inutili e
retrogradi, ultimo scarto di una generazione ormai mentalmente sorpassata. L’individualismo è la legge
attuale. Non esiste più il corteggiamento, il rispetto e quella devozione reverenziale che in passato il
cavaliere mostrava alla dama: sono andate perdute le antiche forme cavalleresche tipiche dell’epoca del
Rinascimento. Nelle discoteche, ci si “conosce” incontrandosi sulla pista da ballo, ci si apparta come
animali, senza bisogno di parlarsi.
Oggi chi si crede trasgressivo è in realtà il più omologato di tutti. Tutta l’attuale propaganda sulla libertà
sfrenata è funzionale al sistema: l’idea del divertirsi a tutti i costi implica ad esempio il consumo smisurato
dell’alcool; la Tv ci propone delle chimere, come l’apparenza e il successo immediato, ci suggerisce il
disordine comportamentale. È questa la nostra idea di indipendenza?

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