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Capitolo 11

11.1 la centralità delle scelte distributive dell’impresa

Tra le decisioni legate alle modalità attraverso le quali la relazione con il mercato trova traduzione operativa, le scelte
che riguardano il modo in cui il sistema di offerta dell’impresa entra nel sistema d’uso del consumatore finale
rappresentano un momento centrale nelle politiche di marketing, specialmente in seguito ai cambiamenti che si sono
registrati nella relazione tra produttori e distributori e tra questi e i consumatori finali. Nei mercati odierni il canale
distributivo rappresenta il vettore non solo dei flussi fisici propri del trasferimento delle merci nel tempo e nello
spazio, ma anche dei flussi relazionali tra i diversi attori della filiera. Per questo motivo, lungo i canali scorrono anche
flussi promozionali e di comunicazione dall’impresa ai consumatori e a ritroso, flussi di informazioni e di controllo dei
mercati dai consumatori all’impresa. Questa triplice valenza di distribuzione fisica, di comunicazione e di informazione
rende la scelta del canale distributivo estremamente delicata.

I canali sono a loro volta formati da imprese che appartengono al settore della distribuzione commerciale con diversi
ambiti di autonomia e forti capacità negoziali in grado di determinare il successo o il fallimento delle iniziativa di
marketing dell’impresa. La dimensione della distribuzione assume un ruolo strategico perché concorre alla creazione
di valore sotto il duplice profilo dell’efficacia e dell’efficienza; inoltre occorre porre molta attenzione nella definizione
delle politiche distributive dal momento che queste:

- Implicano l’allineamento strategico e operativo di una pluralità di soggetti spesso caratterizzati da obiettivi
divergenti
- Pongono problemi di rigidità e inerzia rispetto al cambiamento
- Determinano potenziali interferenze tra canali diversi
- Creano una potenziale distanza tra l’impresa e il consumatore finale che va colmata dal punto vista
relazionale

La dimensione della distribuzione deve essere inoltre coerente con le altre leve del marketing mix e con gli obiettivi
prefissati dall’impresa, facendo riferimento anche alla sua azione sul mercato e alle strategie adottate; in questo
modo le politiche distributive possono rappresentare fonti rilevanti per l’acquisizione e il mantenimento del vantaggio
competitivo. La formulazione della strategia distributiva dell’impresa industriale appare caratterizzata da un’elevata
complessità dal momento che si articola in almeno tre sub-categorie.

1. Scelta e gestione dei canali distributivi


2. Scelte relative alla logistica
3. Scelte di organizzazione interna ( decisioni di struttura e di gestione delle reti di vendita)

Un ulteriore elemento di criticità è dato dalla stretta connessione esistente tra ciascuna delle tre sub-categorie e gli
altri elementi caratterizzanti l’ambiente di mercato e d’impresa. In particolare:

- Le scelte di canale non possono essere definite senza un’attenta considerazione dell’evolversi delle strategie
delle imprese distributive
- Le decisioni in tema di logistica devono tenere conto delle capacità dell’impresa, della volontà e delle
possibilità dei distributori di assumersi gli oneri logistici e dell’esistenza o meno di ausiliari di marketing in
grado di offrire adeguati supporti
- Le scelte e le politiche relative alla rete di vendita devono tenere in considerazione l’assetto organizzativo di
marketing dell’impresa, le sue politiche di gestione del personale e le esigenze di relazione espresse dalla
clientela.

Le imprese che percepiscono maggiormente l’importanza strategica di questi elementi, hanno deciso di separare le
funzioni di marketing, anche da un punto di vista organizzativo in due sub-funzioni:

- Il consumer marketing, che si occupa in prevalenza delle decisioni relative al binomio prodotto/ consumo
finale
- Il trade marketing, al quale sono affidati i compiti di gestione strategica dei rapporti con i distributori
commerciali e dei relativi servizi.

La definizione delle politiche distributive vedono quindi la presenza di momenti di analisi, di decisione, di realizzazione
e di controllo, tipici dei processi di marketing. In particolare il processo specifico si connota per la presenza di alcuni
momenti caratterizzanti quali.
- Analisi delle esigenze dei consumatori in termini di servizio commerciale funzionale al trasferimento del
valore
- Definizione degli obiettivi e dei vincoli di canale
- Identificazione delle alternative strategiche e operative di canale e dei vantaggi e svantaggi a esse associati
- Valutazione delle alternative dal punto di vista strategico e operativo

Focus 11.1: l’Oréal, leader della bellezza grazie a una strategia multicanale

L’obiettivo di l’Oréal è mettere la propria ricerca e la propria expertise al servizio della bellezza degli uomini e delle
donne di tutto il mondo. La cosmetica è il core business del gruppo e ne rappresenta il 98% del suo fatturato. Per
soddisfare le differenti esigenze, l’Oréal deve essere necessariamente un gruppo multiculturale che fa della diversità la
sua linea-guida; il portafoglio dei marchi l’Oréal si compone di diverse famiglie distribuite attraverso il mercato della
grande distribuzione e questa strategia multicanale assicura un forte dinamismo, traina l’incremento delle quote di
mercato e la crescita complessiva dell’azienda, contribuendo allo sviluppo di ogni singolo canale e del mercato
cosmetico nella sua interezza.

11.2 le dinamiche del settore della distribuzione commerciale

A monte delle decisioni legate ai canali attraverso i quali l’impresa decide di distribuire sul mercato i propri prodotti, di
particolare rilevanza è l’analisi delle dinamiche che caratterizzano il comparto che raggruppa gli attori che potrebbero
essere coinvolti nel processo distributivo. Quest’ultimi fungono sempre più da ‘’cerniera attiva’’ tra l’impresa e il
mercato attraverso attività di acquisizione di informazioni sulla domanda, di gestione in via autonoma o della
comunicazione e di intervento nella fase finale del processo di acquisto con l’obiettivo di supportare e orientare la
domanda nelle sue scelte.

Il ruolo della distribuzione commerciale è cambiato nel tempo e ha cominciato a concentrarsi su funzioni correlate alla
creazione di valore differenziale per o con il consumatore finale ( promozione dell’offerta, assistenza pre e post
vendita); quanto maggiore è il numero , l’intensità e la qualità delle funzioni assolte, tanto maggiore è la centralità e il
potere che la distribuzione commerciale acquisisce, nonché la quota di valore economico di cui si può appropriare.
Inoltre uno degli obiettivi più critici per la competitività dell’impresa è rappresentato dal passaggio da una situazione
di conflitto tra attori economici a un’armonizzazione della filiera stessa; per questo motivo bisogna dedicare
particolare attenzione alla specificità e all’evoluzione del sistema della distribuzione commerciale.

Vi sono alcune dinamiche che rappresentano vere e proprie sfide che le imprese di produzione devono intraprendere
per evitare di vedere vanificati i propri sforzi di relazione con il mercato per effetto delle autonome decisioni degli
intermediari. Tra queste ricordiamo:

- Crescente concentrazione del settore


- Processo di internalizzazione che sempre più connota le imprese della distribuzione
- Logiche dell’innovazione
- Attenzione alla sostenibilità

11.2.1 la concentrazione del settore distributivo

Una prima dimensione di interesse riguarda il livello di concentrazione che sta caratterizzando le realtà della
distribuzione commerciale a livello mondiale. Il sistema distributivo mostra segni di un’intensa evoluzione verso una
maggiore concentrazione, determinata dall’innalzarsi di barriere all’entrata e dalla mobilità. Per questo motivo le
imprese che non sono in grado di stare al passo con l’evoluzione vengono assorbite in modo progressivo o sono
escluse dal mercato, facendo aumentare la concentrazione. Oggi, ad esempio, è necessario possedere un know how
sempre più sofisticato e gli investimenti in logistica e di marketing sono sempre più importanti, soprattutto se
l’impresa ha deciso di sviluppare una marca propria.

11.2.2 l’internazionalizzazione delle insegne

Un secondo fenomeno è rappresentato dal continuo processo d’internalizzazione che caratterizza questo comparto.
Le imprese appartenenti a sistemi distributivi nazionali più evoluti vedono nell’esportazione dei loro modelli di vendita
e del loro know how commerciale una modalità di sviluppo. A tale proposito occorre sottolineare che
l’internalizzazione è più subita che effettuata dalle imprese commerciali italiane. Tale fenomeno ha mostrato
un’accelerazione nell’ultimo decennio e le ragioni che ne hanno determinato l’affermazione possono essere
ricondotte a due categorie: le motivazioni di contesto e le motivazioni riconducibili alle specificità delle singole
imprese. Tra le prime possiamo ritrovare:
- L’emergere di stili di vita e di consumo trasversali rispetto alle realtà Paese, che determinano una progressiva
omogeneizzazione a livello globale di specifici segmenti di domanda
- L’evoluzione delle ICT che da un lato concorrono alla diffusione del fenomeno appena descritto e dall’altro
consentono l’accesso a strumenti di governo particolarmente efficaci e in grado di superare le barriere
spaziali eliminando così un significativo vincolo all’ampliamento delle aree geografiche di operatività
- La creazione di zone di libero scambio sempre più ampie e integrate al loro interno

Nel secondo gruppo si ricorre a un’ulteriore ripartizione in motivazioni di tipo reattivo e motivazioni di tipo pro-attivo.
Vi sono infatti elementi che fungono da attivatori del fenomeno in una logica di reattività, spingendo l’impresa
commerciale verso il processo di internalizzazione ( ad esempio: la saturazione del mercato domestico, un elevato
livello di competizione, il calo della redditività ecc.). In questa prospettiva l’impresa è portata a internazionalizzare il
proprio mercato di riferimento a causa della presenza di condizioni non più sostenibili. Nel momento in cui la
decisione di internalizzazione è legata a motivazioni di tipo pro-attivo, come ad esempio la ricerca di una dimensione
critica internazionale, una formula forte e ben differenziata, il potenziale internazionale dell’insegna ecc., sussistono
condizioni decisamente diverse e più favorevoli al positivo sviluppo del processo stesso.

11.2.3 le dimensioni dell’innovazione nella distribuzione

Oggi in tutti i paesi avanzati è indubbio che il settore commerciale rappresenti uno dei motori dell’innovazione
gestionale e uno stimolo al progresso delle imprese e dei mercati. In generale il cliente viene acquisito agendo sulla
leva della convenienza economica, ma lo si mantiene in portafoglio solo garantendogli un contenuto sempre maggiore
di servizi a valore aggiunto; è inevitabile che ciò produca un incremento dell’offerta, ma nel contempo anche un
aumento dei prezzi di vendita. Quindi si aprono di continuo nuove aree d’offerta dal basso che però tendono nel
tempo a riposizionarsi verso l’alto; questa teoria nata alla fine degli anni Cinquanta è conosciuta con il nome di wheel
of retailing. L’intensificarsi della competizione ha indotto le imprese del retail a interpretare in chiave non solo
operativa e reattiva, ma anche strategica e proattiva il tema dell’innovazione, nell’intento di trovare nuove basi su cui
costruire nuovi vantaggi competitivi difendibili nel tempo.

È possibile infine rileggere i comportamenti innovativi delle imprese in questo settore lungo tre direttrici
fondamentali:

- Innovazione a livello strategico che attiene al contenuto del format e al posizionamento sul mercato, sotto il
profilo della store image che l’impresa è in grado di sviluppare
- Innovazione legata alle tradizionali aree di creazione del valore, attraverso la gestione delle leve operative
dell’assortimento, della comunicazione, dell’ambiente di vendita e dei servizi accessori
- Innovazione di natura relazionale, tipicamente volta a riconfigurare su nuove basi il rapporto impresa-cliente

11.2.4 la sostenibilità della filiera

La sostenibilità, intesa come la capacità di perseguire nel tempo obiettivi economici focalizzando al contempo
l’attenzione sul rispetto delle risorse ambientali e sociali disponibili, deve riferirsi sempre più non solo alla singola
realtà aziendale, ma anche alla catena di soggetti interconnessi tra loro nell’ambito del ciclo produzione-distribuzione,
considerando la filiera nella sua globalità.

Gli intermediari commerciali si trovano a svolgere un ruolo critico e complesso: infatti, in qualità di entità di
collegamento tra soggetti diversi e di trasferimento rappresentano uno degli strumenti principali in grado di abilitare
concretamente una visione in termini di sostenibilità della filiera e di trasferirne a valle nel mercato gli effetti positivi
attraverso un processo di amplificazione. In questa logica la dimensione della sostenibilità tende a essere concepita
come una prospettiva ineludibile sia per le spinte che provengono da un mercato sempre più sensibile a queste
tematiche sia per le strategie competitive poste in essere dai produttori. Il rispetto dei diritti umani, la salvaguardia
dell’ambiente, l’equità nella ridistribuzione delle risorse stanno assumendo un’importanza maggiore, imponendo alle
imprese una presa di posizione attiva, per evitare di vedere il proprio ruolo all’interno della filiera significativamente
ridimensionato. In questa prospettiva la sostenibilità dell’impresa tende a diventare un imperativo dalle connotazioni
strategiche; il perseguimento di obiettivi di profitto costituisce sempre il vettore primario delle aziende retail, ma
quest’ultimo viene perseguito sempre più mediante il riconoscimento della valenza sociale e ambientale dell’agire
dell’impresa, attraverso una correlazione virtuosa tre le attività di corporate social responsibilty e le performances
generali dell’impresa.

Focus 11.2: verso un retail sempre più responsabile, l’esempio di Migros


Migros è un gruppo storico della grande distribuzione svizzera, che tra le tante iniziative proposte negli ultimi 20 anni,
particolare importanza sta assumendo la campagna ‘’generazione M’’, con la quale l’impresa esprime 40 promesse
alla società in tema di sostenibilità, responsabilità verso gli stakeholder, cultura e benessere. Migros rappresenta
un’impresa molto all’avanguardia in questo senso, dimostrando di voler migliorare la qualità della vita della società e
di dare il buon esempio.

11.3 la prospettiva del consumatore nella definizione delle politiche distributive

L’adozione di un orientamento al mercato implica la considerazione delle esigenze espresse dalla clientela in tema di
servizi legati alla fase d’acquisto e del post-acquisto, quali dimensioni di riferimento fondamentali. Il valore per il
consumatore della variabile ‘’distribuzione’’ dipende dall’utilità e dai benefici che il consumatore stesso trae dal
servizio commerciale, che varierà in base ai segmenti target cui l’impresa dovrà fare riferimento nella definizione delle
politiche distributive e nella progettazione del canale. Due sono le dimensioni di analisi della struttura di bisogni legati
al comportamento d’acquisto dei consumatori:

- Una qualitativa, legata alla definizione del livello di servizio commerciale atteso, dei servizi integrativi e
complementari, della rilevanza dell’atmosfera del punto vendita
- Una quantitativa, legata alla varietà della proposta commerciale, ai tempi di raggiungimento del luogo di
acquisto e ai tempi di attesa per giungere in possesso del prodotto

Oltre alle attese dei consumatori bisogna tenere in considerazione anche le esigenze degli attori che andranno a
comporre il canale, affinché l’integrazione tra consumer marketing e trade marketing possa trovare riscontro
concreto. Tra le attese degli intermediari commerciali possiamo individuare alcune macro tipologie condivise:

- Riconoscimento di margini commerciali adeguati


- Determinazione di gradi di libertà condivisi nella definizione di prezzi e promozioni dei prodotti a supporto
della strategia di posizionamento del punto vendita
- Sostegno dell’attività commerciale, in termini di servizi e di trasferimento di competenze manageriali da
parte dei produttori
- Contribuzione alle politiche di trasferimento delle informazioni e di gestione della relazione con il
consumatore
- Protezione nei confronti della concorrenza di tipo itratipo e intertipo ( tra stessi formati commerciali e tra
formati commerciali diversi)

11.4 obiettivi e vincoli nelle politiche di canale

Ai fini della definizione delle politiche distributive vi sono diversi elementi che si manifestano nel contesto in cui
l’impresa si muove e intervengono sulla definizione dei possibili obiettivi che l’impresa può porsi attraverso le scelte di
canale. Fra i fattori esogeni all’impresa di maggiore rilievo si segnalano:

- Fattori ambientali: le condizioni recessive o meno di un’economia mostrano significativi impatti sulle politiche
di canale e in particolare sugli sbocchi distributivi. La dimensione normativa costituisce un ulteriore esempio
di fattore che può avere grande influenza nelle scelte distributive; a questi fattori si sommano i cambiamenti
a livello demografico, le evoluzioni socioculturali in termini di comportamento d’acquisto e l’accresciuta
importanza del punto vendita e le innovazioni tecnologiche, che possono consentire attività di gestione e
monitoraggio anche a distanza della relazione con la clientela
- Fattori legati alla domanda: in questo ambito l’attenzione si concentra sulla specificità della domanda a cui
l’impresa intende riferirsi organizzata per target fondamentali di riferimento. Uno dei temi rilevanti è legato
all’ampiezza del mercato segmento, alla sua dispersione/concentrazione geografica, che influenza sia gli
obiettivi di copertura sia l’articolazione del canale. Molto importanti sono anche i modelli di acquisto che la
domanda specifica esprime e che possono essere recepiti sia a livello strategico sia operativo nel momento di
coordinamento delle politiche di canale
- Fattori legati alla concorrenza: i comportamenti della concorrenza influenzano le decisioni del marketing
manager che deve valutare sia il numero sia le dimensioni e la quota mercato dei concorrenti sugli specifici
canali su cui intende operare al fine di poter definire gli obiettivi effettivamente perseguibili dall’impresa.
Bisogna quindi comprendere le strategie e le politiche distributive che i concorrenti di riferimento hanno
posto in essere e procedere ad una stima del budget per il coordinamento e la gestione da parte di
quest’ultimi della leva distributiva.
- Fattori legati alle caratteristiche dell’intermediario: le decisioni legate alla distribuzione devono essere
definite considerando anche le caratteristiche degli intermediari che andranno a comporre il canale. Bisogna
quindi considerare: il potere contrattuale dell’intermediario, il rischio di potenziali situazioni di conflitto e le
potenzialità di sviluppo di una relazione duratura

Fra i fattori endogeni ritroviamo in particolare:

- Fattori legati al prodotto: le caratteristiche del prodotto, tangibili e intangibili, che saranno veicolate al cliente
finale attraverso il canale, costituiscono dimensioni di criticità che devono essere considerate nella
definizione delle politiche distributive. Oltre alla deperibilità del prodotto vi sono ulteriori aspetti che devono
essere attentamente considerati ai fini di un’armonizzazione delle attività poste in essere dagli attori del
canale e al fine di sostenere il posizionamento strategico del prodotto. Il valore correlato alla struttura
dell’offerta deve essere trasferito al consumatore finale attraverso i diversi stadi del canale
- Fattori legati all’impresa: le risorse dell’impresa in termini sia economici sia di competenze specifiche
costituiscono fattori in grado di avere un impatto significativo sulle politiche di canale. La dimensione
economica costituisce una delle variabili più rilevanti legata alla valutazione delle alternative di distribuzione,
ma al contempo rappresenta un aspetto di rilievo nella definizione degli obiettivi a cui si riconducono le
scelte distributive. La dimensione dell’impresa e la sua quota di mercato consentono spazi di manovra
estremamente differenziati nella relazione con gli intermediari commerciali così come la brand reputation o
l’ampiezza del portafoglio prodotti. infine è importante comprendere il livello di controllo che l’impresa
intende esercitare sul canale al fine di perseguire una pluralità di obiettivi, quali: aggiungere valore al
prodotto, migliorare il flusso di informazioni di ritorno, ottimizzare la gestione logistica, migliorare la
posizione dei prodotti di marca sul punto di vendita ecc.

11.5 le alternative strategiche alla base delle scelte di distribuzione

Le alternative decisionali che si pongono alle imprese nella definizione delle strategie che intendono adottare in tema
di distribuzione dei propri prodotti riguardano differenti ambiti, tutti rilevanti e interconnessi tra loro. In particolare:

- Logiche di approccio al mercato


- Intensità della attività di distribuzione
- Numerosità degli stadi del canale

11.5.1 strategie push e pull

La prima dimensione è rappresentata dalle logiche con le quali le imprese intendono rapportarsi al mercato nella
prospettiva del momento distributivo. Due sono le strategie fondamentali che possono essere perseguite:

- Strategia push: questa strategia si concretizza in un approccio finalizzato a enfatizzare il ruolo


dell’intermediario nell’azione commerciale verso il cliente finale. Si concretizza in politiche volte a esercitare
una pressione comunicazionale e promozionale rivolta verso il soggetto strategico di filiera che si trova nella
posizione immediatamente successiva. In particolare si intraprendono azioni di sensibilizzazione e
coinvolgimento degli attori del canale, attraverso forme di incentivi con l’obiettivo di indurre un
atteggiamento collaborativo relativamente alle politiche di marketing definire dall’impresa. Questa politica,
se ben condotta, ci consente di incrementare la disponibilità degli intermediari a inserire il prodotto in
assortimento, a garantirgli uno spazio di vendita adeguato e a incrementare il sell out attraverso attività che
stimolano i clienti all’acquisto.
- Strategie pull: il focus è rappresentato dal coinvolgimento diretto del mercato attraverso attività di
comunicazione e promozione appropriate, affinché sia proprio quest’ultimo a sollecitare la presenza del
prodotto all’interno dei punti vendita. A tale scopo l’impresa ricorre agli strumenti di comunicazione che
mostrano un impatto significativo su atteggiamenti e comportamenti della clientela e che variano in base alla
tipologia di settore e prodotto. L’obiettivo di questa strategia è il ridimensionamento del potere contrattuale
del distributore e il rafforzamento del legame tra brand e mercato, in una prospettiva di più lungo periodo
rispetto alla strategia pull.

11.5.2 l’intensità dell’attività di distribuzione

Le alternative strategiche si riferiscono alle modalità secondo le quali l’impresa intende interpretare l’interazione con
il mercato. In questo senso un’ulteriore dimensione è rappresentata dall’intensità con la quale si intende sviluppare
l’azione commerciale. L’intensità e la pressione che s’intendono esercitare sul mercato hanno un impatto diretto non
solo sulla lunghezza del canale, ma anche sulla qualità dei canali e degli sbocchi distributivi e quindi influenzano anche
le scelte logistiche e quelle relative alla tipologia e alla numerosità della forza di vendita. Vi sono tre alternative,
decrescenti in termini di pressione distributiva esercitata:
1. Distribuzione intensiva: obiettivo dell’impresa è la presenza capillare sul mercato in modo da consentire un
accesso al prodotto il più ampio possibile alle diverse categorie di clientela, ovunque esse siano localizzate e
qualunque format distributivo costituisca il contesto in cui avvengono gli acquisti. Si tratta di un’opzione
perseguita dalle imprese che intendono collocare i loro prodotti nel maggior numero possibile di punti
vendita; in questo modo l’impresa cerca di ottenere livelli molto elevati di copertura numerica, ovvero il
rapporto tra punti di vendita esistenti e punti di vendita dove è possibile trovare il prodotto dell’impresa in
questione. Questa pratica è più frequente nelle aziende che vendono prodotti di largo consumo con livelli di
differenziazione relativamente scarsi, i quali risultano essere facilmente reperibili. I consumatori non sono in
genere disposti ad andare alla ricerca dei prodotti della specifica impresa e preferiscono acquistare
quest’ultimi nei punti vendita più vicini
2. Distribuzione selettiva: se il prodotto dell’impresa e le sue strategie di marketing presentano elementi di
differenziazione sul mercato, la scelta distributiva più naturale è quella di essere altrettanto selettivi anche
nelle politiche dei canali e degli sbocchi distributivi, in modo tale da sostenere il posizionamento competitivo
prescelto. In questo caso il prodotto non è disponibile su larga scala e si enfatizza in questo modo il ruolo
dell’intermediario commerciale a supporto del processo d’acquisto del consumatore. La selezione dei punti
vendita presso i quali sono acquistabili i prodotti può avvenire secondo criteri diversi: si può considerare ad
esempio la dimensione del punto vendita, la sua localizzazione geografica, il livello di servizio che è in grado
di garantire ai consumatori ecc. In alcuni casi si considera l’immagine del punto vendita come elemento
discriminante della selezione; questo è molto importante per tutti i prodotti che hanno un profilo d’immagine
elevato, in quanto la percezione del consumatore deriva dalla sintesi dell’immagine del prodotto combinata
con quella del punto vendita. La distribuzione selettiva si colloca in una posizione intermedia tra la
distribuzione intensiva e quella esclusiva: lo sforzo di vendita risulta essere inferiore rispetto a una
distribuzione intensiva, ma l’efficienza è superiore alla distribuzione esclusiva. Infine è bene sottolineare che
questa strategie è applicata anche per prodotti di recente introduzione sul mercato, il cui obiettivo è quello di
verificare il grado di accettazione del prodotto e contenere i costi di ingresso sul mercato
3. Distribuzione esclusiva: quando gli elementi di specificità sono assolutamente rilevanti come nel caso dei
prodotti di lusso o dei beni di alto contenuto tecnologico e di design, la selezione dei punti vendita diventa
estrema e l’impresa consente la commercializzazione solo a pochi di essi e in esclusiva. L’obiettivo è lo
sviluppo di intermediari in grado di relazionarsi con il consumatore in modo avanzato. La distribuzione
selettiva si caratterizza non solo per il numero limitato di punti vendita, ma soprattutto per l’instaurarsi di
una relazione molto forte tra l’impresa e i negozi esclusivisti, che offre la possibilità di formulare una politica
di marketing molto specifica, che verrà applicata dai singoli punti vendita nei minimi dettagli. Uno dei limiti di
tale strategia è rappresentato dalla limitata copertura del mercato in termini spaziali; inoltre la distribuzione
esclusiva necessita di una capillarità logistica minore rispetto alla distribuzione intensiva, ma comporta una
maggiore qualità nei tempi di consegna, nelle modalità di movimentazione delle merci ecc.

11.5.3 la lunghezza dei canali di distribuzione

Un ulteriore elemento che interviene nelle scelte distributive è la dimensione strutturale del canale e in particolare il
numero degli stadi che può caratterizzare il canale di distribuzione. I canali distributivi possono essere di tre tipi in
funzione del numero d’intermediazioni esistenti tra momento produttivo e di consumo:

- Diretto: Il contatto diretto comporta un contatto immediato privo di intermediazione commerciale tra
impresa industriale e consumatore finale. Il momento distributivo viene quindi inglobato nelle attività svolte
direttamente dall’impresa. le forme nelle quali si concretizza il canale diretto sono i negozi propri, le vendite
a domicilio, le vendite tramite distributori automatici ecc. Tale scelta implica in molti casi un’integrazione a
valle lungo la filiera e presuppone la disponibilità di competenze specifiche che si differenziano dalle
tradizionali competenze legate all’attività di produzione.
- Breve: Il canale breve è caratterizzato dalla esternalizzazione della funzione commerciale e il coinvolgimento
nel canale di un attore autonomo che assume una posizione intermedia nella filiera; la scelta del canale breve
implica una riflessione sulle modalità di composizione del trade-off potenziale tra i costi di distribuzione e il
grado di controllo del canale. In questo senso, il coinvolgimento di un intermediario può consentire
all’impresa di contenere l’impegno legato all’attività distributiva mantenendo allo stesso tempo un livello di
controllo sul processo di trasferimento del valore nelle fasi più a valle della filiera.
- Lungo: il canale lungo prevede la presenza di almeno due livelli di intermediazione, quello del grossista e
quello del dettagliante. Nei mercati di consumo la presenza del grossista consente al produttore di rendere
più efficiente la gestione del canale sotto il profilo della riduzione dei costi di logistica nonché della maggiore
capillarità e velocità nel servizio agli attori più a valle nel canale. Il grossista quindi funge da una parte come
strumento di collegamento nei confronti di un mercato più ampio a livello territoriale, e d’altro canto svolge
anche il ruolo di interlocutore strategico.

La scelte del canale più idoneo all’impresa è fortemente condizionata dalla struttura del settore, dalle caratteristiche
del mercato di vendita e dal livello di concentrazione o frammentazione. La presenza di uno o più intermediari
diminuisce la numerosità dei contatti tra l’impresa di produzione e i consumatori. Inoltre nel caso in cui il settore e il
mercato sono frammentati, i contatti necessari sono numerosissimi, mentre diminuiscono in presenza di settori e
mercati concentrati.

In aggiunta, quanto maggiore è la lunghezza del canale tanto minore è la capacità dell’impresa di tenere sotto
controllo le dinamiche del mercato e di adattarsi rapidamente a eventuali cambiamenti. Le imprese che operano in
mercati statici optano generalmente per i canali lunghi, mentre coloro che agiscono in mercati dinamici , scelgono
spesso un canale diretto/ breve. In alcuni casi si ricorre alla multicanalità, ovvero alla presenza contemporanea di più
canali distributivi, specialmente nel settore dei beni di largo consumo. In termini di strategia distributiva, l’impresa
integra diversi canali di distribuzione e interazione con il mercato, per rafforzare la costruzione di relazioni con i
consumatori; a questo scopo è importante identificare il ruolo svolto da ciascun canale e la sua rilevanza. Infine è
molto importante valutare periodicamente le strategie adottate per verificarne l’attualità, l’efficacia e l’efficienza
complessive.

11.6 la valutazione delle alternative distributive

Le politiche distributive vengono formulate tenendo conto di tre fattori: il livello di controllo desiderato dal mercato
finale, la capacità di adattamento del canale a un contesto in continua evoluzione e i costi generati dalle diverse
alternative di scelta.

11.6.1 il livello di controllo del mercato

Quanto più intensa è la concorrenza, quanto maggiore è il livello di instabilità del mercato e quanto più dinamiche
sono le esigenze dei clienti intermediari e finali, tanto maggiore è la necessità di esercitare un certo livello di controllo
sul mercato. Il controllo avviene acquisendo informazioni sull’evoluzione qualitative e quantitativa della domanda e
della concorrenza e formulando politiche di marketing e di vendita che esercitino una certa pressione positiva sui
clienti intermedi ( trade). Le capacità di controllare il mercato e la quota di mercato dipendono dalle modalità di
scelta e gestione dei canali di vendita e dalle decisioni logistiche e della rete di vendita. Considerando i canali, tanto
minore è la distanza tra impresa e mercato finale, tanto maggiore sarà la sua possibilità di controllo: si preferiranno
canali brevi, con pochi livelli di intermediazione e rapporti con i punti vendita di tipo contrattuale. inoltre il ciclo
logistico risulterà tanto più controllato quanto maggiore sarà la possibilità di monitoraggio del mercato: depositi,
centri di distribuzione e trasporti dovranno essere gestiti direttamente dall’impresa, per avere una maggiore garanzia
dei tempi, della velocità e dalla puntualità delle consegne.

11.6.2 la capacità di adattamento del canale

La capacità del canale di adeguarsi alle dinamiche del contesto è sempre più difficile in relazione alla crescente
complessità, in termini di varietà, variabilità e indeterminazione dei comportamenti della domanda. Per questa
ragione è importante orientare le scelte distributive nella direzione della flessibilità, cercando di contemperare
eventuali elementi di rigidità causati dalle dinamiche relazionali e dalle responsabilità tra i soggetti all’interno delle
strutture distributive. Questo criterio ci consente di focalizzare l’attenzione non solo su dimensioni interne ( controllo
o dimensione economica), ma anche sulla componente esogena.

11.6.3 la dimensione economica delle scelte distributive ( guardo figure pag. 310)

I costi di distribuzione variano in base alle scelte prese in merito alla flessibilità e alla volontà di controllo del mercato.
Quanto maggiore sarà il numero e l’articolazione dei canali che si utilizzeranno, tanto più numerosi saranno i punti
vendita cosi come sarà più elevata la consistenza numerica della forza di vendita e degli apparati logistici. Il livello di
controllo del mercato non agisce solo sull’ammontare complessivo dei costi, ma anche sulla loro variabilità; un
maggiore controllo comporta canali più brevi, venditori dipendenti e apparati logistici propri, di conseguenza livelli di
costi fissi più elevati. D’altro canto è naturale che la flessibilità distributiva e il controllo del mercato determinano
livelli di ricavi di vendita diversi e conducono a situazioni differenziate: il canale diretto presenta un rischio più elevato,
connesso alla variazione dei volumi. Per volumi di vendita contenuti, le perdite saranno maggiori, mentre per volumi
elevati i profitti saranno superiori. Nel canale indiretto, l’aumento del numero degli stadi si traduce in una riduzione
dei costi fissi ma non necessariamente in un incremento dei profitti.

11.7 I sistemi verticali di marketing


Le logiche di coordinamento del canale sono evolute nel tempo verso una concezione del canale come sistema; si è
così assistito in molti settori all’evoluzione dei canali convenzionali di marketing a Sistemi verticali di marketing. È
possibile distinguere tre tipologie fondamentali di Sistemi Verticali di Marketing:

- SVM aziendali: l’impresa svolge direttamente tutte le fasi successive alla produzione e sviluppa le attività di
commercializzazione attraverso la creazione di una rete distributiva di proprietà che corrisponde a una
decisione strategica di integrazione a valle
- SVM contrattuali: sono caratterizzati dalla presenza di un soggetto del canale che accentra su di sé il controllo
della filiera distributiva e tale controllo deriva dal riconoscimento da parte degli altri attori di una posizione
dominante connessa all’esercizio di un potere strategico di indirizzo del canale stesso
- SVM amministrati: sono il risultato di operazioni di aggregazione associativa tra imprende indipendenti. Le
imprese che fanno parte del canale attivano una strategia di collaborazione all’interno della filiera distributiva
al fine di fronteggiare le pressioni competitive del mercato.

11.7.1 la gestione della conflittualità tra gli attori del sistema distributivo

L’esistenza di così tante alternative nelle politiche distributive da un lato stimola l’impresa industriale a percorrere il
maggior numero possibile, dall’altro può ingenerare elevati livelli di conflittualità tra gli attori del canale, che possono
compromettere le buone relazioni tra imprese e attori della distribuzione. Per quanto riguarda i conflitti che possono
verificarsi lungo il canale, alcuni sono del tutto fisiologici e rispecchiano le condizioni di concorrenzialità esistenti nella
distribuzione, altri sono frutto di inadeguate politiche distributive e di vendita. I conflitti che possono manifestarsi
sono di tre tipi:

- Orizzontali: tra imprese distributrici appartenenti alla stessa forma distributiva


- Verticali: lungo il canale distributivo
- Trasversali: cioè tra diversi canali e/o diverse forme distributive; per esempio tra punti di vendita tradizionali
e supermercati

Per evitare situazioni conflittuali ( collocare il medesimo prodotto in più canali distributivi in aperto conflitto fra loro)
è importante che le politiche di vendita e di relazione con i canali siano improntate al massimo equilibrio, chiarezza e
trasparenza per evitare ritorsioni da parte della distribuzione, come lo spostamento dei prodotti in posizioni di
peggiore visibilità, il riordino inefficiente ecc. Il conflitto rappresenta uno dei principali elementi in grado di incidere
negativamente sulle performance di canale e per questa ragione è importante determinare le cause del conflitto. Tra
le cause di conflitto più comuni ricordiamo:

- Incompatibilità degli obiettivi: che determina comportamenti tra gli attori del canale profondamente
dissonanti con effetti fuorvianti nei confronti del cliente finale e con impatto sull’efficacia e l’efficienza delle
aioni predisposte dal produttore
- Non congruenza delle percezioni: determinata da interpretazioni discordanti da parte dei diversi membri del
canale delle dinamiche del contesto ambientale; le strategie e le politiche poste in essere dagli attori del
canale risultano essere determinate a partire da presupposti differenti e quindi potenzialmente orientate
verso direzioni eterogenee
- Non accordo sulla posizione dominante: che vede accendersi la lotta per la supremazia in termini di potere da
parte dei diversi soggetti della filiera distributiva

Le logiche che le imprese della produzione stanno perseguendo vanno nella direzione del superamento del conflitto a
vantaggio di un approccio volto a una maggiore collaboratività con i soggetti economici che ne intermediano non solo
i prodotti ma anche le relazioni con i clienti finali. Si pone dunque la necessità di una più puntuale definizione delle
aree di convenienza reciproca, che implica una profonda revisione dei processi distributivi in termini sia di strategie e
politiche, ma anche di impatto sulle strutture organizzative delle imprese.

Le isole Faber-Castell

Faber-Castell è un marchio diffuso in più di 100 Paesi in tutto il mondo. Questo gruppo internazionale ha dimostrato
come la tradizione e la qualità possano interagire con la creatività e la ricerca di innovazione. Lo conferma l’approccio
innovativo usato nella GDO per il segmento consumer. Sono stati realizzati spazi con il coinvolgimento delle scuole
locali, che sono diventati delle vere e proprie classi di bambini; dentro tali spazi non solo si disegna accompagnati da
un’insegnante, ma in un video si racconta come nasce una matita e come si sviluppa il progetto di riforestazione del
Brasile.

11.8 dalla scelta del canale al trade marketing


I produttori sono ormai divenuti consapevoli del fatto che tutti gli sforzi commerciali e comunicazionali del consumer
marketing possono essere vanificati da una loro non appropriata traduzione in politiche da parte del distributore; la
dimensione della collaborazione diviene quindi sempre più importante. La nascita e l’affermarsi del trade marketing è
la manifestazione evidente della necessità di gestire i rapporti con il trade in una logica di sistema. Il trade marketing
può essere definito come l’insieme delle strategie e degli strumenti di marketing utilizzati dalle imprese industriali nel
porsi in relazione con le imprese commerciali. Il trade marketing riconosce nel distributore un interlocutore in grado di
sviluppare preferenze nei confronti delle proposte industriali e di gestire quest’ultime con politiche originali; in modo
più o meno esplicito le imprese giungono oggi a formulare politiche di marketing ‘’parallele’’: una parte è indirizzata al
consumatore finale ( consumer marketing), mentre l’altra ha come obiettivo primario le imprese della distribuzione (
trade marketing). In questo senso si può parlare di marketing al trade e di marketing attraverso il trade. Nel primo
caso si tende a sottolineare l’esigenza della formulazione di una politica di marketing ad hoc per gestire i rapporti con
la distribuzione; la seconda accezione enfatizza che, se non si riesce a passare attraverso il trade, non si raggiungerà
mai il consumatore finale.

L’attuazione di una politica di trade marketing si concretizza in una serie di politiche che hanno lo scopo di gestire le
diverse aree su cui si fonda la relazione con la distribuzione in un’ottica di marketing. Nello specifico queste politiche
trovano coerenza nel cosiddetto trade marketing mix, i cui fattori costitutivi sono rappresentati dai seguenti elementi:

- Prodotto: la politica di prodotto rivolta al trade può assumere due orientamenti. Essa può comportare un
adattamento del prodotto dell’impresa industriale in termini di confezione e di imballaggio. In questi casi il
nome della marca rimane dell’impresa industriale, trattandosi di forme di collaborazione tra impresa
industriale e imprese commerciale, che non comportano visibilità al consumatore finale. D’altro canto forme
più intense di collaborazione implicano la disponibilità dell’industria a produrre per conto dell’impresa
commerciale; in questo caso alla marca del produttore si affianca o si sostituisce quella dell’impresa
commerciale ( l’intensità relazionale tra impresa industriale e trade è massima)
- Assistenza pre e post vendita e merchandising: un’ulteriore area di collaborazione promossa dall’industria
riguarda l’assistenza tecnica e commerciale che può spingersi fino alla cooperazione sul piano manageriale e
delle decisioni. Per quanto riguarda il merchandising, ovvero le diverse forme di presentazione dei prodotti
sui punti vendita, non è infrequente che l’impresa industriale fornisca attrezzature e know how che possono
consentire all’impresa commerciale una migliore disposizione dei prodotti sul punto di vendita
- Prezzi e condizioni economiche: si tratta di stabilire una politica di prezzo all’interno del canale che consideri i
diversi servizi prestati dalla distribuzione all’impresa; i diversi prezzi praticati al grossista, al dettagliante e al
consumatore, definiscono i margini di intermediazione commerciale. Alle politiche di prezzo si associano le
condizioni di vendita, di pagamento e di sconto
- Comunicazione di marketing: l’impresa industriale attua politiche di comunicazione indirizzate al trade sia
sotto forma di trade promotion, sia con la pubblicità tabellare, collocata su riviste specializzate. In alcuni casi
la comunicazione pubblicitaria ha come target il consumatore finale; infine in altri casi il trade beneficia di
contributi in denaro da parte dell’impresa industriale destinati a finanziare l’attività di comunicazione
pubblicitaria e/o promozionale del distributore stesso
- Logistica: l’elemento logistico è determinante sia perché genera costi notevoli, sia perché offre un servizio
molto importante al trade quanto al consumatore finale in termini di velocità e puntualità delle consegne,
pronta disponibilità delle merci e assenza di rotture di stock.

Focus 11.4: le scelte distributive nel settore delle bevande alcoliche

Il sistema distributivo delle bevande alcoliche si affida a tre diversi intermediari: la grande distribuzione organizzata, il
canale ingrosso e il canale tradizionale. La scelta prevalente è quella del canale indiretto che si manifesta sotto varie
forme; il canale breve vede la presenza di un solo intermediario, tipicamente la GDO o il dettaglio tradizionale a cui si
aggiungono gli attori che fanno parte del canale Horeca. Il canale lungo, composto da più intermediari, vede come
protagonisti un grossista integrato di proprietà dell’impresa o un grossista indipendente o un gruppo d’acquisto di
grossisti. In questo modo si vengono a delineare i potenziali attori che verranno via via selezionati dalla imprese tra i
macro aggregati di rifermento, in funzione degli obiettivi di copertura del territorio, di volumi di vendita, di relazione
pregressa o di contributo alle costruzione e al sostegno dell’immagine di marca.

11.9 la gestione operativa dei canali distributivi

La gestione dei canali riguarda tutte le imprese e le politiche utilizzate s’inseriscono nelle scelte di politica distributiva
e cercano di tradurle nella pratica. In particolare ci si occupa di definire gli obiettivi, le scelte degli sbocchi e i processi
di selezione e controllo degli intermediari. È evidente che la politica dei canali deve innanzitutto garantire all’impresa il
raggiungimento di adeguati volumi di vendita; in secondo luogo, dovrebbero consentirle una certa capacità di
controllo sulla quota di mercato, ottenibile mediante una politica multicanale. L’impresa deve inoltre definire sul
piano quantitativo i risultati economici e finanziari derivanti dalla gestione dei canali e di solito definibili in termini di
massimizzazione del divario tra prezzi ottenuti e costi di gestione del canale, oltre che di minimizzazione dei rischi
derivanti dagli investimenti effettuati.

Per definire gli obiettivi in modo corretto è utile utilizzare le curve di concentrazione, che consentono di comprendere
quali possano essere le politiche più adeguate in relazione all’importanza dei diversi punti di vendita e rispetto al
fatturato dell’impresa. Un secondo tema fondamentale riguarda le scelte degli sbocchi, ovvero dei punti vendita nei
quali commerciare il prodotto; la vendita avviene considerando la congruità esistente tra orientamento generale
dell’impresa e caratteristiche dei canali. In aggiunta l’impresa deve considerare la competenza merceologica e il livello
di specializzazione dei diversi punti vendita, le abitudini e i comportamenti dei consumatori, il livello di servizio e di
sinergie che il punto vendita è in grado di offrire alle politiche di marketing delle imprese ecc.

A supporto delle decisioni in tema di sbocchi distributivi ritroviamo le indicazioni desumibili dalla scomposizione della
quota di mercato misurata a livello retail.

QM= indice di penetrazione x indice di copertura ponderata

Indice di penetrazione: percentuale delle vendita di una determinata marca/ quantità totali di prodotto dello stesso
genere acquistate dai clienti ( distributori) dell’impresa in questione

Indice di copertura ponderata: gli acquisti totali di un prodotto di un determinato tipo effettuati dalla clientela (
distributori) dell’impresa/vendite ( mercato) complessive del prodotto nel mercato di riferimento

Indice di copertura numerica = Ni/N

Ni= numero dei clienti della marca i e N è il numero totale dei clienti presenti nel mercato.

A partire da questi indicatori si possono trarre alcune valutazioni generali in termini di numerosità e di qualità degli
sbocchi distributivi che l’impresa ha coinvolto nel canale. Inoltre l’interpretazione di questi indici fornisce all’azienda
utili indicazioni sull’indirizzo da dare agli sforzi di marketing in tema di politiche distributive per migliorare la posizione
dell’azienda sul mercato. In particolare:

- Un basso indice di copertura ponderata, rispetto agli obiettivi dell’impresa, richiede interventi sulla selezione
della clientela, aumentandone la dimensione media;
- Il miglioramento dell’indice di penetrazione, rispetto agli obiettivi prefissati, richiede che l’impresa si ponga
l’obiettivo di migliorare il grado di accettazione del prodotto, intervenendo con adeguate azioni di marketing
rivolte alla clientela commerciale

11.10 la dimensione logistica nelle politiche distributive

Tradizionalmente il termine logistica viene associato alla funzione aziendale che provvede alla distribuzione fisica del
prodotto; oggi, rendere disponibili i prodotti e servizi ai propri clienti con l’assortimento più adeguato, nei tempi e nei
luoghi più opportuni, è diventata un’operazione sempre più complessa per le aziende. L’efficacia della distribuzione
fisica e della logistica sta sempre più esercitando un’influenza fondamentale sia sulla soddisfazione del cliente sia sui
costi dell’impresa legati alle politiche distributive.

In questa prospettiva , la logistica moderna può qualificarsi come una logistica di marketing che implica attività di
previsione, pianificazione, gestione e controllo sia del flusso fisico dei beni e servizi sia delle informazioni correlate dai
luoghi di produzione ai luoghi di consumo, attraverso i diversi stadi del canale. Al tempo stesso la logistica di configura
come logistica di marketing in quanto interagisce in un sistema costituito da impresa, fornitori, intermediari e
consumatori rendendo materialmente possibile da parte dei consumatori dell’intera catena di valore, la soddisfazione
delle esigenze dei clienti finali. Occorre evidenziare come l’elasticità della domanda rispetto al livello di servizio possa
essere molto variabile in funzione di fattori quali:

- Caratteristiche fisiche del prodotto


- Sostituibilità del prodotto
- Fedeltà della marca
- Comportamento della concorrenza
- Tipo di canale di distribuzione attraverso il quale viene veicolato il prodotto
- Specifico sbocco commerciale
Stabilito il livello di servizio che il mercato richiede e che l’impresa intenda fornire attraverso le politiche di gestione
del canale, la logistica deve supportare il sistema di distribuzione al fine di consentire il perseguimento degli obiettivi
prefissati, tenendo sotto controllo la struttura dei costi. Nel momento in cui si intende considerare i costi della
logistica, può essere rilevante la considerazione anche del costo complessivo.

Clog= Ct+ Cgo+ Cconf+ Cm+ Cfl+ Ct+ Cc

Clog= costo totale della logistica

Ct= costi delle transazioni fallite

Cgo= costi per la gestione degli ordini

Cconf= costi del confezionamento

Cm= costi per la gestione del magazzino

Cfl= costi per la gestione dei flussi di materiali

Ct= costi totali del trasporto

Cc= costi di coordinamento della logistica del canale

CAPITOLO 12: IL SALES MANAGEMENT

X rendere disponibile il prodotto al cliente, si evidenzia l’importanza delle RETI COMMECIALI O DI VENDITA, la
distribuzione fisica e informazioni e servizi aggiuntivi__Le caratteristiche della rete commerciale dipendono dalla
strategia adottata dall’azienda, dal settore in cui opera e dalle scelte relative ai canali distributivi. Le vendite dunque
servono x mantenere in via continuativa la relazione con il cliente ed è anche x questo che spesso vi sono dibattiti
relativi al rapporto tra esse e il marketing__IL SALES MANAGEMENT (I VENDITORI) si occupa di questo aspetto ed è
dunque una figura impo. Egli necessita di avere diverse competenze tra cui quelle commerciali e di marketing, quelle
organizzative, di tipo negoziale e di conoscenza delle modalità di interazione personale. Per quanto riguarda le
competenze organizzative ricordiamo che, maggiore è la suddivisione di responsabilità tra marketing di prodotto
(product e brand management) e marketing di canale (trade marketing management, key account management, sales
management), maggiore sarà anche la difficoltà di integrazione interfunzionale che si riflette anche sulla difficoltà nel
fare convergere marketing e vendite (coloro che si occupano del marketing sono spesso accusati di svolgere una
funzione troppo DESK, cioè di affidarsi a ricerche e all’elaborazione di piani, mentre coloro che si occupano delle
vendite sono accusati di essere troppo FIELD, cioè di agire d’istinto non elaborando piani precisi). MA marketing e
vendite devono invece convergere pur nel rispetto delle singole capacità, attitudini e competenze dei componenti__
L’EQUILIBRIO è DINAMICO e ottenibile inserendo CULTURA DI MARKETING nelle vendite e APPREZZAMENTO
DELL’ATTIVITA E DEI RISULTATI DI VENDITA nel marketing.

La recente diffusione del trade management e del category management può favorire un opportuno riavvicinamento
delle logiche di marketing a quelle di vendita, soprattutto nelle imprese che operano nei mercati di beni di largo
consumo e che hanno clienti sempre + esigenti.

Bisogna anche ricordare che le POLITICHE DI SALES MANAGEMENT sono strettamente legate a quelle DEI CANALI
DISTRIBUTIVI xè comunque, nonostante siano diverse, servono entrambe per definire LA POLITICA DISTRIBUTIVA
dell’impresa.

Le decisioni che riguardano il sales management sono:

1.struttura della rete di vendita;

2.modalità di gestione della rete di vendita;

3.ruolo e compiti del venditore.

NEI DETTAGLI…

1.SCELTE DI STRUTTURA DELLA RETE DI VENDITA:

La rete di vendita deve svolgere una serie di compiti fondamentali tra cui: raccolta degli ordini e trasmissione alla loro
sede centrale, monitoraggio della rotazione dei prodotti sugli scaffali o nel magazzino, presentazione delle attività
promozionali e di comunicazione organizzate dal marketing, presentazione die nuovi prodotti lanciati dall’impresa,
raccolta di info sulle esigenze della clientela, controllo delle attività e delle iniziative proposte dalla concorrenza.

Le scelte relative alla sua struttura (tipologia e numerosità) e dei suoi sistemi di gestione (addestramento,
remunerazione, incentivazione e controllo) derivano dalla struttura dei mercati e dalle strategie distributive
dell’impresa con particolare attenzione all’intensità distributiva, al numero di canali, clienti e punti vendita che si
intendono presidiare.

Importante xò risulta essere anche la struttura dell’impresa e i suoi sistemi gestionali con attenzione alle politiche di
organizzazione e di gestione del personale.

Le scelte relative alla struttura sono difficilmente modificabili nel breve periodo.

Prima di tutto bisogna scegliere IL TIPO DI RETE DI VENDITA__TIPOLOGIA:

-una rete diretta= formata da personale alle dirette dipendenze dell’impresa;

-una rete indiretta= formata da personale legato all’impresa anche in modo stabile ma da un contratto di lavoro
autonomo. La forma contrattuale + tipica è IL CONTRATTO D’AGENZIA che può prevedere diversi livelli di ESCLUSIVA:
vi sono agenti monomandatari che hanno un rapporto esclusivo con una sola impresa (unico mandato di vendita) e
multimandatari o plurimandatari che ne hanno di più di uno di mandato, riferiti a prodotti di diverse imprese non in
concorrenza tra loro;

-una rete mista= composta sia da personale dipendente che autonomo.

Per scegliere tra una tipologia e l’altra, soprattutto diretta e indiretta ci si basa su criteri economici (legati alle diverse
strutture di costo che si generano) e di funzionamento (legati alle capacità delle diverse tipologie di reti di vendita di
completare nel modo più opportuno l’offerta dell’impresa).

Criteri economici

In una rete di vendita diretta prevalgono i costi fissi mentre in una indiretta quelli variabili, cosa che dipende
soprattutto dalla rimunerazione del personale di vendita:

-i venditori alle dirette dipendenze dell’impresa vengono rimunerati con stipendio fisso, al quale si aggiungono gli
oneri relativi alle diverse contribuzioni sociali e assistenziali e ad ogni stipendio fisso si aggiunge anche una
componente retributiva variabile legata spesso ai risultati di vendita x incentivare a fare sempre meglio; (quindi costi
prevalentemente fissi)

-i venditori autonomi vengono remunerati quasi esclusivamente ai risultati di vendita ottenuti, con una provvigione,
cioè una percentuale del fatturato che generano. (Quindi costi prevalentemente variabili)

Nel caso di una rete indiretta in + bisogna ricordare che vi sono anche costi legati x esempio all’addestramento e alla
formazione del personale che sono elevati.

In generale, la composizione dei costi consente di definire aree di convenienza dell’una rispetto all’altra rete di
vendita. VEDERE GRAFICO PAG 330

INOLTRE quando si parla di criteri economici x la scelta della struttura della rete di vendita, bisogna tenere conto
anche dei costi di transazione, cioè costi di gestione, coordinamento e controllo della relazione con i clienti.

Criteri funzionali

L’attività di rete deve essere svolta in armonia con le esigenze del mercato e dei singoli clienti e con le caratteristiche
tecniche, funzionali e commerciali dei prodotti venduti__La decisione relativa alla tipologia di rete da adottare
dipende dunque anche dalla natura del prodotto, dal valore aggiunto in esso incorporato, dalla necessità di servizi e di
assistenza pre e post vendita, dall’intensità della concorrenza, dal tipo e dalla numerosità dei clienti da cui dipendono
articolazione e dimensione rete di vendita ecc…

Spesso, alcune imprese scelgono di adottare reti di vendita miste x adattarsi al meglio alle diversità presenti nei
mercati__QUINDI in alcune zone di vendita si utilizzano venditori diretti, in altre monomandatari e in altre ancora
plurimandatari.

X comprendere QUANTI VENDITORI necessita l’impresa si confrontano solitamente le esigenze di visita alla clientela
(dipende a sua volta dalle esigenze del cliente che, x comodità, possono trovarsi in classi omogenee) e la capacità di
eseguirle da parte di ciascun venditore. Tale risultato verrà poi sistemato in base alla conoscenza che si ha della
clientela e del personale.

Per finire, un ulteriore elemento di decisione in questo caso riguarda la specializzazione dei venditori e della rete di
vendita x avvicinare nel miglior modo possibile le competenze della rete alle esigenze dei clienti. Si può parlare di
specializzazione x:

-x prodotto, quando le caratteristiche dei prodotti venduti sono sofisticate e complesse e richiedono quindi
competenze specifiche;

-x clienti, quando esigenze e comportamenti d’acquisto dei clienti sono molto differenziati;

-x zone geografiche, nel caso vi siano esigenze di specializzazione legate al territorio. Applicata quando non vi sono
particolari richieste di specializzazione x prodotti o x clienti e permette di minimizzare i costi della rete xè riduce i
tempi e i relativi costi delle trasferte e di viaggio dei venditori.

2. LA GESTIONE DELLA RETE DI VENDITA: REMUNERAZIONE, INCENTIVAZIONE, VALUTAZIONE E CONTROLLO.

Una volta scelta la struttura della rete, bisogna individuare i meccanismi operativi che ne permettono il
funzionamento. Naturalmente le due dimensioni sono strettamente legate.

Quando si decide relativamente al funzionamento della rete di vendita, bisogna fare riferimento a 4 aree:

1.remunerazione

2.incentivazione

3.valutazione

4.controllo

Decisioni che riguardano congiuntamente dunque le funzioni commerciali, di marketing e di vendite, e le politiche del
personale e delle risorse umane.

1 e 2 come già detto precedentemente, la remunerazione varia da rete diretta, che tende ad avere una quota fissa, e
indiretta, quota variabile con alcuni premi spesso legati alle vendite che fungono da incentivo.

3 e 4 dei risultati è impo x conoscere nel dettaglio la performance di vendita e xè dai sistemi di valutazione si generano
le info necessarie x attivare le modalità di incentivazione. I sistemi di valutazione e controllo spesso prendono spunto
dalle previsioni dei venditori che operano a stretto contatto con il mercato anche se bisogna fare attenzione ai
comportamenti opportunistici paragonando le previsioni con parametri oggettivi come andamento vendite per zona e
per venditori degli anni passati. Un altro rischio da evitare è l’utilizzo di un solo parametro dell’attività dei venditori,
spesso individuato soltanto nei volumi di vendita__a questo fine le imprese utilizzano sistemi multipli di valutazione
dai quali ricavano alcuni indicatori di prestazione delle vendite che possono essere utilizzati x comporre le cosiddette
”quote di vendita”__si tratta di individuare i fattori sui quali l’impresa ritiene opportuno che il venditore si concentri,
ponderarli in modo tale che risulti una combinazione eventualmente variabile tra i diversi venditori, stabilire gli
obiettivi che si desiderano ottenere e, al termine del periodo, confrontarli con i risultati raggiunti. Dal confronto tra
risultati e obiettivi si ottengono INDICATORI DI PERFORMANCE utilizzabili come riferimento x assegnazione di incentivi
e premi.

Altro strumento di verifica della performance di vendita dell’impresa e non solo dei venditori è l’ANALISI DEL
PORTAFOGLIO CLIENTI dove essi vengono collocati all’interno di una matrice x verificarne la posizione rispetto ad
alcune variabili significative come volume acquisti, tasso di crescita delle loro vendite, intensità della relazione che li
lega all’impresa ecc…altrettanto consistente, soprattutto nei settori business to business è la consistenza del
portafoglio ordini dalla quale si può desumere la stabilità nel tempo delle vendite e quindi della produzione.

VEDERE TABELLA 12.2 PAG 334

3. IL RUOLO E I COMPITI DEL VENDITORE.

La vendita è il risultato finale di una relazione con il cliente che va creata, gestita al meglio e rinforzata nel
tempo__QUINDI i compiti del venditore vanno al di là della vendita del prodotto in senso stretto.

LA CAPACITA RELAZIONALE del venditore può essere intesa dunque anche come una fonte del vantaggio competitivo x
l’azienda.
LA RELAZIONE= risultato di un processo di interazione formato da episodi di scambio riferiti al breve termine (incontri,
vendite, ecc…) e, soprattutto da elementi che si manifestano nel lungo periodo. Ovviamente, a seconda della tipologia
e dell’intensità dei processi di scambio, la relazione può richiedere diversi livelli di adattamento e di interdipendenza
tra le parti__ SULLA BASE DI CIO bisogna dire che alla forza di vendita viene proprio richiesto anche di esporre le
esigenze del cliente e le capacità dell’impresa in modo da creare questo adattamento.

Anche il servizio al cliente rimane importante x dare consigli, informazioni, assistenza e addestramento all’uso di un
determinato prodotto.

Anche la funzione di business intelligence è impo xè, con il suo lavoro, la forza di vendita consente di conoscere e
valutare le proposte della concorrenza e l’apprezzamento di prodotti di competitors da parte dei clienti.

ESEMPIO PHILIPS CONSUMER LIFESTYLE (oggi CL) x vedere le politiche di gestione della forza di vendita:

Produce una serie di serie di strumenti e prodotti di Personal Care, Domestic Appliances, macchine caffè con marchio
SAECO, prodotti di prima infanzia con marchio AVENT e prodotti x l’igiene orale con marchio SONICARE. Ma prima
faceva anche prodotti audio e video.

-Tra 2011 e 2012, dopo avere acquisito anche la Saeco, ha dovuto fare una scelta, preferendo una forza vendita
unificata dei brand__scelta vincente sotto molti aspetti e soprattutto in termini di rendimento.

-Poi si è dovuto scegliere anche come gestire il personale: ha optato per metà venditori diretti (a nord) e per l’altra
metà agenti (a sud).

-Agenti monomandatari o plurimandatari?? Monomandatari xè gamma di prodotti ampia. Plurimandatari solo in casi
eccezionali x agenti operanti in zone geografiche a potenziale di fatturato + limitato__x esempio x i Babyshop, x i
cataloghi premio.

Tutto questo e il successo di questo marchio ci fanno capire che bisogna sapere mutare la struttura e il go to market
approach x avere e mantenere una posizione di vantaggio competitivo__ per farlo quindi ricordare di –ottimizzare e –
chiedersi sempre l’andamento del mercato entro qualche mese (12/18).

CAPITOLO 13

LA COMUNICAZIONE DI MARKETING

Comunicazione d’impresa e comunicazione al mercato:

La relazione tra impresa e mercato si sviluppa, oltre che sul piano fisico (tramite canali distributivi, logistica e reti di
vendita), anche attraverso la COMUNICAZIONE, che svolge il ruolo di unione e messa in comune e può essere intesa
come il vettore delle relazioni tra diversi attori. È una dei 3 macroprocessi che l’impresa deve saper effettuare insieme
a innovazione e differenziazione. Essa è un processo molto complesso che si sviluppa su un impulso di un emittente,
solitamente azienda, e che codifica tale messaggio in parole, segnali e simboli utilizzando canali e mezzi fino a
giungere al ricevente__questo processo genera un risultato che è una risposta situata sul piano cognitivo (viene a
conoscenza del prodotto), affettivo (si forma un’immagine delle sue caratteristiche e lo apprezzerà) o
comportamentale (sarà disposto ad acquistarlo).

Si parla di comunicazione:

-INTERNA= elemento di compattezza e unitarietà all’interno dell’azienda, permette di coordinare i comportamenti e


indirizzarli al raggiungimento di un fine comune.

-ESTERNA= consente di interpretare e influenzare l’ambiente esterno con il fine di modificare se stessa, al suo interno
e nelle relazioni con l’esterno.

Comunicazione d’impresa genera valore per essa xè permette un continuo adattamento tra essa e mercato.

-VERSO IL MERCATO= genera anch’essa valore permettendo all’offerta dell’impresa e all’impresa stessa di essere
conosciute e apprezzate.

Come in ogni processo, anche nell’ambito della comunicazione si misurano i suoi risultati ponendo attenzione al
feedback, x valutare la positività delle sue azioni o eventualmente modificarle.

I fattori di OSTACOLO alla comunicazione sono racchiusi nel termine “rumore” e indicano spesso a presenza di diversi
concorrenti che, come l’impresa presa in considerazione, cercano di farsi notare dai clienti. A mettere ancora + in
difficoltà la comunicazione, vi è il fatto che l’impresa comunica a molti pubblici di riferimento (stakeholders) che
possiedono caratteristiche diverse e che, inoltre, hanno un proprio specifico BISOGNO DI COMUNICAZIONE cioè
necessitano di ricevere alcune info e non altre, apprezzano diverse tipologie di mex e utilizzano diversi sistemi di
decodifica__ Nonostante ciò, l’impresa deve sapere prendere decisioni di comunicazione integrate tra di loro che
rispettino il suo principio di unitarietà tendendo cmq conto dei diversi bisogni degli stakeholders__ per semplificare la
numerosità e la varietà degli stakeholders, si può procedere ad una loro aggregazione x aree, le cui 4 principali sono:

1. La comunicazione istituzionale e le relazioni esterne che presidiano i rapporti con l’opinione pubblica e con il
sistema dei media, il cui obiettivo principale è la gestione della reputazione complessiva dell’impresa.

2. La comunicazione organizzativa o interna, che deve definire i flussi di comunicazione indirizzati a dipendenti e
collaboratori dell’I e il cui obiettivo principale di creare un forte senso di coinvolgimento nei confronti dell’I e di
favorire lo sviluppo e il consolidamento dell’identità e della cultura aziendale.

3. La comunicazione finanziaria che deve interloquire con la comunità finanziaria x favorire il processo di acquisizione
delle risorse indispensabili alla gestione d’impresa.

4. La comunicazione di marketing che gestirà in modo integrato i flussi e gli strumenti di comunicazione indirizzati al
mercato e il cui obiettivo primario è di sviluppare la notorietà e l’immagine di marca, in armonia con le decisioni di
marketing e di politica della comunicazione d’impresa.

Questa ripartizione nelle 4 aree qualifica il ruolo della comunicazione all’interno delle decisioni d’impresa rispetto ai
tre elementi: -capacità di incrementare valore economico dell’I, -presidi organizzativi che governano ciascuna delle
aree e -le circostanze che suggeriscono eventuali maggiori livelli di integrazione tra le aree della comunicazione. -
Ciascuna area, anche se in ambiti relativamente diversi, deve mirare dunque ad incrementare il valore economico
complessivo dell’impresa. -Per quanto riguarda invece il presidio organizzativo della comunicazione, bisogna rilevare il
fatto che a volte le decisioni di comunicazione d’I vengono prese nell’ambito di funzioni e ruoli d’I scarsamente idonei
a gestire dinamiche così complesse e sofisticate. -Infine, diciamo che la suddivisione in aree genera una certa chiarezza
nel fare rientrare decisioni di comunicazione nel giusto set decisionale MA senza rinunciare cmq all’integrazione della
comunicazione che può avere diverse intensità, xè cmq le finalità complessive dell’I sono x tutte le stesse.

Nei dettagli…

La comunicazione di marketing:

Essa rientra a pieno titolo entro due ambiti disciplinari: il marketing e la comunicazione d’impresa__ è infatti
contemporaneamente sia una componente della politica di marketing (essendo una delle variabili del marketing mix),
sia una componente della politica i comunicazione d’impresa (in quanto contribuisce a gestire le relazioni con i clienti,
tra i principali stakeholders dell'impresa).

Questa duplice appartenenza implica la delicatezza delle decisioni relative alla comunicazione di marketing. È il
marketing a prendere le decisioni della comunicazione di marketing.

La comunicazione di marketing è composta da una pluralità di strumenti, i più importanti dei quali formano il mix
promozionale:

-pubblicità

-promozione delle vendite, al consumatore e al trade

-strumenti di comunicazione istituzionale e di relazioni esterne finalizzati alla promozione di singoli prodotti o marche

-personal selling, cioè la componente comunicativa e informativa compiuta dalla rete di vendita e dai membri del
canale distributivo

-comunicazione di marketing interattiva, dal direct mail alla web advertising, al mobile marketing, alla comunicazione
tramite social media

Bisogna cercare continuamente la coerenza tra gli strumenti x far giungere al mercato un mex chiaro e univoco__ x
individuare le combinazioni migliori tra i diversi strumenti spesso si guarda all’esperienza e alla continua ricerca di
originalità.

Un altro criterio di scelta delle combinazioni di strumenti di comunicazione si riferisce alla fase del processo d’acquisto
nella quale si trova il target oggetto della comunicazione. Di solito nelle prime fasi del processo d’acquisto
(riconoscimento del problema risolvibile tramite acquisto prodotto e valutazione alternative) sono preferibili
strumenti di comunicazione di massa e si tende ad agire x ottenere una risposta di tipo cognitivo x fare conoscere
l’esistenza del prodotto__ piano piano poi lungo la fase di processo d’acquisto, il target di comunicazione si restringe
in modo spontaneo e bisogna aggiungere strumenti che possano sollecitare anche una risposta affettiva e
comportamentale__ quindi da una pubblicità di massa x fare conoscere il prodotto, si passa alla spinta per l’acquisto
del prodotto.

Altro criterio può riguardare le alternative tra politiche cosiddette push (si fa riferimento a imprese che fanno leva sul
supporto attivo dell’intermediazione commerciale. La collaborazione del trade deve essere incentivata anche in
termini di comunicazione. Si preferiranno allora gli strumenti di trade promotion, le attività pubblicitarie congiunte tra
impresa industriale e commerciale, il supporto economico alle attività di merchandising ecc…il trade dunque,
incentivato anche da queste iniziative, favorirà le vendite del prodotto sia dell’I industriale sia di quella commerciale) e
pull (quando l’impresa opta x un contatto diretto con il mercato finale in modo che, una volta convinto il consumatore
della bontà del bene offerto, esso si rechi ad acquistare tale prodotto. Quindi in questo caso prende importanza la
pubblicità x orientare le preferenze dei clienti).

Queste sono solo alcune delle possibili alternative di scelta di combinazione degli strumenti.

Un ruolo impo in questo ambito è rivestito dalla creatività, dalla ricerca dell’originalità e del fattore sorpresa.
Ovviamente son tutte componenti che arricchiscono i processi di comunicazione, ma che non devono stravolgere
l’approccio metodologico di fondo, nel senso che devono raccordarsi agli obiettivi e alle strategie di marketing
dell’impresa.

Effetti della comunicazione di marketing:

La comunicazione di marketing produce effetti impo sulle seguenti dimensioni:

-domanda –concorrenza –rapporti con la distribuzione –costi del prodotto MA ANCHE SU –società e -comportamenti
delle persone, non solo consumatori.

Queste scoperte di cui andremo a parlare sono fatte basandosi principalmente sull’effetto della PUBBLICITA e
ricollegati poi in generale al complesso della comunicazione di marketing.

NEI DETTAGLI…

EFFETTI SULLA DOMANDA

Ovviamente uno degli scopi della comunicazione è quello di ottenere un ritorno sempre maggiore in termini di sia di
ricavi che di profitti e, per fare in modo che questo possa avvenire, bisogna ottenere una reazione positiva da parte
della domanda.

La reazione alla domanda si può rappresentare graficamente (vedere pag 350)__ spiegazione grafici:

(la linea tratteggiata mostra uno spostamento in figura 13.3 e un irrigidimento nella 13.4 della curva di domanda x
effetto della comunicazione di marketing).

Nel primo caso, aumentano le quantità acquistate e quindi le vendite dei prodotti comunicati rispetto a quelli non
comunicati in quanto nuovi e sempre + numerosi consumatori dovrebbero venire a conoscenza dei primi.

Nel secondo caso, si vuole mettere in evidenza il fatto che i consumatori possano cambiato le loro preferenze e che
anche la loro sensibilità al prezzo cala (quindi maggiore elasticità vs prezzo)__ Perché questo avviene??__ xè nel
cliente si genera l’idea che il prodotto comunicato e con brand equity positiva sia di migliore qualità.

In ogni caso i due effetti di spostamento e irrigidimento della curva di domanda avvengono spesso congiuntamente
come nella figura 13.5.

L’irrigidimento mostra la capacità di sopportare aumento di prezzo ma bisogna anche ricordare che, con
abbassamento prezzi, aumenterebbero le quantità richieste. In realtà dunque, x raffigurare la realtà delle reazioni dei
consumatori a una campagna di comunicazione di marketing, la curva di domanda si dovrebbe presentare con la
forma di una spezzata che si irrigidisce in ipotesi di aumento di prezzo e che diventa + elastica in ipotesi contraria
come in figura 13.6.

EFFETTI SULLA CONCORRENZA


Vi sono diversi livelli di conseguenze della comunicazione di marketing sulle modalità competitive. Di solito,
l’incremento di domanda x effetto della comunicazione non modifica particolarmente le regole del gioco
concorrenziale ma acquista importanza la capacità della comunicazione di marketing di sapere variare le preferenze di
marca dei consumatori, ed è questo aspetto che influisce sulla concorrenza. Ciò significa che la comunicazione di
marketing può essere vista nell’ambito della concorrenza come una variabile critica di successo, una barriera
all’entrata e alla mobilità, una forza generatrice del vantaggio concorrenziale.

In generale si può dunque dire che la comunicazione di marketing e uno dei suoi risultati principali, l’immagine di
marca, rompono il dualismo esistente nelle logiche concorrenziali tra ECONOMIA LEGATA ALLE DIMENSIONI e
DIFFERENZIAZIONE DI OFFERTA: da un lato, + si comunica, > saranno le vendite e quindi le produzioni potranno
godere di un vantaggio di costo; dall’altro lato, la comunicazione di marketing indica le caratteristiche peculiari del
prodotto e genera differenziazione concorrenziale, che aumenta l’isolamento competitivo incrementando i gradi
libertà della marca e determinando un > potere contrattuale che si manifesta in migliori performance concorrenziali e
di redditività.

EFFETTI SUI RAPPORTI CON LA DISTRIBUZIONE

Ecco le conseguenze principali di un’iniziativa di comunicazione di marketing svolta da un’impresa industriale sui
rapporti con la distribuzione:

-con la comunicazione di marketing, l’impresa industriale cerca di instaurare una relazione DIRETTA con il
consumatore, spesso incentrata sulla marca. Così facendo, si producono 2 conseguenze sul rapporto con i distributori:
1. Positiva x azienda e x distributori, è data dall’aumento dei volumi di vendita x aumento domanda; 2. Positiva x
azienda MA negativa x distributori, è data dalla minore capacità di influenza della distribuzione sulle scelte degli
acquirenti e consumatori.

-l’impresa industriale utilizza la comunicazione anche x migliorare la sua posizione nei rapporti con la distribuzione,
aumentando quindi il suo POTERE NEGOZIALE. Di conseguenza, ottiene una diminuzione dei costi distributivi e migliori
condizioni di vendita da parte del trade.

-in riferimento alla STRUTTURA dei canali distributivi, uno degli effetti principali della comunicazione di marketing è la
SEMPLIFICAZIONE DEI CIRCUITI DISTRIBUTIVI. Questo avviene xè, avvicinando la produzione al consumo, si mettono
da parte sempre di più le figure dei grossisti.

-il concretizzarsi di effetti non positivi x le imprese commerciali ha causato la loro reazione, che spesso ha portato a un
utilizzo + intenso e consapevole della comunicazione di marketing. Da questo cambiamento sono scaturiti fenomeni
come la NASCITA DEL MERCATO COMMERCIALE e, più in generale, la sfida tra BRAND LOYALTY, generata e rinforzata
dall’impresa industriale, e STORE LOYALTY, risultato degli investimenti in comunicazione dell’impresa commerciale.

Quanto affermato finora va comunque pensato alla luce degli strumenti di comunicazione di marketing utilizzati
dall’impresa. (x es la pubblicità vs consumatore avvantaggia impresa industriale, mentre la trade promotion la
distribuzione commerciale).

EFFETTI SUL COSTO DEI PRODOTTI

La comunicazione di marketing comporta costi anche spesso ingenti, anche se sarebbe + opportuno parlare di
investimenti in comunicazione piuttosto che di costi. Infatti, la valutazione complessiva dell’impatto della
comunicazione sui costi del prodotto non può limitarsi alla sola evidenziazione dei costi direttamente imputabili a una
determinata iniziativa di comunicazione e non tenere conto degli effetti positivi anche sui costi che in realtà quella
comunicazione può determinare__ x es l’aumento delle vendite, il consolidamento delle quote di mercato, la
possibilità che si creino maggiori economie di dimensione, la riduzione delle scorte e il maggiore turnover del
magazzino, sono tutti componenti che agiscono in positivo sul CE e che possono essere trasferite ai clienti come
ELEMENTO DI CONVENIENZA.

EFFETTI SUI COMPORTAMENTI DELLE PERSONE E SULLA SOCIETA

Spesso le pubblicità vengono accusate di determinare un appiattimento culturale, di sollecitare comportamenti


scorretti e di indurre abitudini negative. Il marketing e la comunicazione sono stati spesso accusati nel tempo di
indurre a comportamenti contrari all’etica.

In realtà xò la colpa è di quelle imprese imprese che hanno malinteso e mal applicato il marketing, che significa
adattamento dell’impresa al mercato a beneficio di ENTRAMBI. Il problema allora va affrontato seguendo 2 direttrici:
1. Il ruolo che può essere svolto dal contesto ambientale, dai movimenti a difesa del consumatore e dalle
legislazioni nazionali e sovranazionali che sono impo x indirizzare le politiche di marketing alla correttezza dei
comportamenti. X es la legislazione comunitaria recepita da quella nazionale negli ultimi anni ha assunto posizioni ben
determinate nei confronti delle pratiche scorrette x tutelare determinate fasce della popolazione e riguardante
determinati prodotti.

2. La correttezza dei comportamenti che dipende dall’onestà intellettuale e dalla correttezza professionale che
dipendono dalle persone stesse e dall’organizzazione.

IL SETTORE DELLA COMUNICAZIONE DI MARKETING:

Esso è un’aggregazione molto ampia e variegata di diversi settori__ ne fanno parte le imprese che agiscono nel mondo
della comunicazione e che, a diverso titolo, consentono l’attuarsi dei processi di comunicazione.

X descrivere le sue caratteristiche principali si guarda soprattutto alla pubblicità che è il settore + sviluppato.

Spesso si creano aggregazioni +o- formalizzate tra agenzie specializzate in diverse aree della comunicazione di
marketing che si propongono quindi come AGENZIE DI COMUNICAZIONE INTEGRATA DI MARKETING e non solo come
agenzie di solo pubblicità o sales promotion ecc…

Per dare avvio a una campagna pubblicitaria:

-si parte dall’impresa che valuta le risorse disponibili da investire in pubblicità e definisce gli obiettivi;

-entra in gioco l’agenzia di pubblicità (azienda di servizi professionali), che viene coinvolta nel processo di
formulazione e di esecuzione della campagna xè l’impresa le chiede supporto sia di metodo che di idee; anche xè
l’agenzia, gestendo la comunicazione di imprese anche operanti in diversi settori, ha una visione + ampia del mercato;
quindi dalla relazione forte tra impresa e agenzia di pubblicità possono scaturire risultati positivi;

L’agenzia interviene soprattutto sul versante della CREATIVITA, necessaria alla formulazione del MESSAGGIO
PUBBLICITARIO, nella scelta dei MEZZI PUBBLICITARI + idonei a veicolare il messaggio x fargli raggiungere il target
desiderato dall’impresa e nella CONTINUA VERIFICA dell’evolversi del profilo della marca.

Le diverse tipologie di agenzie di pubblicità spaziano da Boutique creative= la cui area di intervento è limitata quasi
esclusivamente alla formulazione del messaggio A Agenzie a servizio completo= in grado di fornire servizio all’impresa
su tutte le aree di intervento della comunicazione di marketing, quindi non solo alla pubblicità MA anche alla sales
promotion, al marketing interattivo, alle relazioni esterne, ecc… alcune di esse sanno anche consigliare in tema di
comunicazione istituzionale, finanziaria e così via quindi capaci di gestire le esigenze comunicative dell’impresa.

Negli ultimi anni, si usano sempre di + le tecnologie applicate nel mondo pubblicitario grazie soprattutto alla grafica
computerizzata.

Oggi le agenzie sono anche sempre + specializzate tanto che il settore è sempre + complesso e articolato. Oggi inoltre,
il processo di frammentazione in tanti tipi di agenzie può essere considerata una condizione strutturale del sistema
della pubblicità__ nel processo di frammentazione e specializzazione dei compiti e delle competenze, i centri media
(media center), società di servizi specializzate nella scelta, selezione e gestione degli spazi e dei tempi sui mezzi
pubblicitari, hanno giocato un ruolo molto importante__ QUINDI è come se tali società fossero l’esternalizzazione
delle funzioni e del reparto “pianificazione media” di un’agenzia di pubblicità.

-L’ultimo passaggio della pubblicità prima di giungere al mercato e ai consumatori riguarda i mezzi di comunicazione e
le concessionarie di pubblicità, società specializzate nella vendita degli spazi e dei tempi pubblicitari alle imprese come
PUBITALIA x reti MEDIASET e SIPRA x le reti RAI__ i mezzi possono essere divisi per:

x categorie tecnologiche come mezzi stampa, audiovisivi, interattivi; a loro volta con diverse tipologie tipo quotidiani,
periodici, radio, televisione, affissioni, direct mail, internet, mobile e social media.

x ampiezza del raggio d’azione; indica quindi la numerosità indicativa del pubblico raggiungibile dal singolo mezzo.

x specializzazione dei contenuti, d’attualità, sportivi, specializzati ecc… fornisce indicazioni in tema di contenuto
editoriale e dunque di coerenza del mezzo rispetto al target di riferimento e alle caratteristiche dei prodotti
pubblicizzati.

OVVIAMENTE le combinazioni possibili sono moltissime e questo permette anche di applicare alla scelta dei mezzi una
notevole dose di creatività e originalità, che si aggiunge a quella tipica inclusa nel messaggio.
-infine, nel mondo della pubblicità, un ruolo impo è svolto anche dalle SOCIETA DI RICERCHE DI MARKETING che
forniscono alle imprese, agenzie e mezzi dati e info sul pubblico, sul grado di accettazione e di gradimento dei
messaggi, sui risultati ottenuti in termini di notorietà e di immagini. X es le ricerche di AUDITEL su mezzi televisivi e
AUDIRADIO x radio.

MARKETING 2 SEMESTRE

IL PROMOTIONAL MIX

14.1 Pubblicità e promozione delle vendite nel mix promozionale

L’ esistenza di tanti strumenti e il fatto che la comunicazione al mercato possa avvalersi di diversi mezzi e modalità
conferiscono alla comunicazione di marketing un’estrema duttilità, particolarmente adatta alla gestione delle relazioni
in mercati complessi e dinamici.

In ogni mercato e spesso in ogni impresa possono esistere e convivere logiche di comunicazione anche molto
differenziate.

Vi sono 4 elementi da prendere in considerazione nel decidere quali strumenti utilizzare e quale uso farne

1. INTEGRATED MARKETING COMMUNICATION : una tra le espressioni ormai tra le più ricorrenti nel mondo
della pubblicità e della comunicazione al mercato e riguarda sia le imprese sia le agenzie di pubblicità e di
comunicazione. I riferimenti concettuali dell’ integrated marketing communication sono gli stessi che indicano nell’
integrazione una delle logiche fondamentali della comunicazione d’impresa: l’ impresa è un’identità unitaria e deve
presentarsi ai suoi clienti in modo coerente e integrato. Anche qualora l’impresa decidesse di utilizzare in modo
prevalente uno o pochi strumenti di comunicazione di marketing, è bene che consideri la necessità che i messaggi di
comunicazione giungano al mercato in modo coerente.

2. CONTINUITA’ : è necessario tenere in considerazione la continuità temporale delle iniziative e degli


investimenti in comunicazione al mercato. La comunicazione e la pubblicità producono i loro effetti in modo cumulato
nel tempo. Le azioni di comunicazione al mercato agiscono sulla costruzione della marca e sul suo valore e, proprio
perché si tratta di una “costruzione” devono essere concepite ed attuate avendone presente la continuità nel tempo.

3. ORIGINALITA’ e CREATIVITA’ : la dimensione creativa rappresenta un plus che consente di differenziare i


messaggi in termini di impatto, di efficacia ed efficienza.

4. COERENZA CON LA STRATEGIA DI MARKETING : l’utilizzo della comunicazione di marketing e della pubblicità
deve essere subordinata all’ ottenimento degli obiettivi e dei risultati che l’impresa si prefigge e che vengono
formalizzati nel piano di marketing.

I fattori ora evidenziati si devono applicare alle decisioni riguardanti il promotional mix nella sua interezza ma devono
guidare soprattutto le scelte relative agli strumenti di comunicazione più importanti sia per l’ammontare degli
investimenti, sia per la visibilità che hanno nei confronti del mercato. Questi strumenti sono la pubblicità e la
promozione delle vendite che fungono da punto di riferimento centrale di tutto il mix promozionale. L’ utilizzo
congiunto di pubblicità e sales promotion consente all’ impresa di ottenere reazioni adeguate da parte dei clienti,
orientandone i comportamenti.

L’azione congiunta e sequenziale della pubblicità e della promozione delle vendite consente quindi all’ impresa di
“conquistare” e mantenere i propri clienti in termini cognitivi, affettivi e comportamentali.

Effetti della pubblicità prevalenti sulle dimensioni cognitive e affettive

effetti della promozione delle vendite impatto prevalente sull’ atto d’ acquisto e nel momento in cui esso viene
compiuto

Le decisioni in tema di scelta, utilizzo e modalità di verifica degli effetti della pubblicità e della promozione
delle vendite non devono essere assunte disgiuntamente. Le sinergie e la complementarietà esistenti tra pubblicità e
sales promotion sono così numerose e importanti da suggerire infatti una gestione estremamente integrata, affinché
si attuino modalità di comunicazione al mercato stabili e coerenti con gli obiettivi della marca e dell’ impresa.

14.2 Pubblicità e sviluppo di una campagna pubblicitaria


La pubblicità è una forma di comunicazione a pagamento a prevalente, ma non esclusivo, scopo commerciale le cui
caratteristiche sono definite dall’ azienda e che viene indirizzata a un pubblico obiettivo(target) opportunamente
identificato e prescelto.

La pubblicità può essere riferita all’ intera impresa per comunicarne le caratteristiche (CORPORATE ADVERTISING)
oppure ad un prodotto o una marca( PRODUCT O BRAND ADVERTISING); può essere indirizzata a pubblici diversi per
dimensione (MASS ADVERTISING VS PUBBLICITA’ SPECIALIZZATA), Può avvalersi di molti mezzi diversi, da quelli di
massa, come la TV, a quelli specializzati(alcune riviste) a quelli interattivi, come la web advertising o può essere
veicolata nei punti vendita.

La pubblicità può consentire l’ ottenimento di numerosi risultati: può far conoscere l’ esistenza di un prodotto ai clienti
potenziali, può agire sui meccanismi di fidelizzazione, può indurre alla prova e così via.. Ma non è l’ unica leva che
l’impresa può utilizzare per ottenere questi obiettivi. Anche altri strumenti del marketing mix e del mix promozionale
possono consentire all’ impresa di raggiungere gli stessi risultati.

Nel caso della pubblicità, questo problema è ancora più spinoso perché nel processo decisionale intervengono fattori
di tipo soggettivo relativi ai gusti e alle preferenze personali di coloro che nell’ impresa sono chiamati a prendere una
decisione, MA la pubblicità deve piacere ai consumatori e non necessariamente ai manager dell’ impresa.

Soprattutto in questo ambito della politica di marketing è necessario coniugare al meglio rigore metodologico con
capacità e intuizioni di tipo personale, subordinando però il tutto agli obiettivi di marketing del prodotto e della
marca. Vi è una sola soluzione: agire con grande rigore di metodo, partendo dagli obiettivi di marketing del prodotto e
della marca Queste situazioni decisionali hanno spesso una sola soluzione: agire con grande rigore di metodo,
partendo dagli obiettivi dell’impresa e della marca, quindi dal risultato atteso e ricostruire il processo decisionale,
procedendo a ritroso.

14.2.1 Effetti della pubblicità e risultati attesi

La risposta cognitiva riguarda il livello di conoscenza spontanea e/o sollecitata del prodotto o della marca, l’
attenzione al messaggio pubblicitario, la sua comprensione e memorizzazione. A livello affettivo, l’ impresa si aspetta
che la pubblicità contribuisca a generare la formazione di una predisposizione e di un atteggiamento positivo nei
confronti del prodotto, a creare o a consolidare un’ immagine adeguata e così via; infine a livello comportamentale le
risposte attese sono relative al fatto che il cliente, sollecitato dalla pubblicità, si rechi nei punti di vendita, ricerchi
ulteriori informazioni, provi il prodotto, lo adotti e si fidelizzi.

Dal punto di vista dell’ impresa le risposte cognitive, affettive e comportamentali generano i cosiddetti” effetto-
comunicazione” e “ effetto vendite”. L’ effetto- comunicazione è costituito dai risultati ottenuti in termini di notorietà
e di immagine. E’ evidente quanto l’ effetto- comunicazione tragga origine soprattutto dalle dimensioni cognitive e
affettive.

L’effetto- vendite riguarda la capacità della pubblicità di migliorare le performance di mercato dell’ impresa. Le
vendite e la quota di mercato sono infatti il risultato dell’ intero agire di marketing, non solo di una sua componente.
Tuttavia, il riferimento alle vendite ha una sua logica importante.

Si può anche decidere di svolgere delle campagne pubblicitarie che intendono agire esclusivamente sulla componente
effetto- comunicazione i cui risultati non si misureranno sugli incrementi dei ricavi e della quota di mercato.
Ugualmente si possono sviluppare campagne pubblicitarie fortemente orientate alle vendite e con uno scarso
contenuto di comunicazione, come le campagne pubblicitarie che annunciano la presenza di un’ offerta speciale, il
taglio dei prezzi o la presenza di saldi o di particolari convenienze di prezzo.

Ciò che è davvero importante è che nell’ impostare una campagna pubblicitaria si definiscano con precisione gli
obiettivi che si intendono conseguire e si predispongano gli strumenti di ricerca e di verifica dei risultati ottenuti.

Due modelli vengono normalmente utilizzati in tema di effetti della pubblicità: AIDA (attenzione, Interesse, Desiderio,
Azione) e DAGMAR (Defining Advertising Goals for Measured Advertising Results). Entrambi propongono una
gerarchia di effetti dal punto di vista di coloro che ricevono il messaggio pubblicitario e forniscono utili indicazioni per
la formulazione dei contenuti dei messaggi stessi e dei mezzi pubblicitari da utilizzare.

- Il modello AIDA: si concentra sulla sequenza di effetti da parte del ricevente che, inizialmente, deve essere
condotto a una condizione di attenzione nei confronti del messaggio, che susciti interesse e, successivamente,
desiderio e azione. La creatività e la definizione di un messaggio forte e fuori dalle regole consuete, possono generare
attenzione e interesse, ma se il messaggio è troppo dirompente rispetto alle convinzioni del ricevente, è improbabile
che susciti desiderio e ancora meno azione.

-Il modello DAGMAR non si discosta molto dal precedente. Esso prevede una sequenza di risposte da parte del
ricevente articolata nei momenti di:

-consapevolezza,

conoscenza,

convinzione

azione.

In realtà i modelli suggeriscono conclusioni assai simili. Esiste una gerarchia di risposte da parte del ricevente che, in
primis, considerai fattori cognitivi e poi prende in esame quelli affettivi. Inoltre, solo dalla corretta combinazione tra le
risposte cognitive e affettive possono generarsi effetti sui comportamenti che consentono di fondere in un unico
risultato l’ effetto-comunicazione con l’ effetto-vendite.

14.2.2 Metodi per la definizione del budget pubblicitario

Da un punto di vista teorico, la risposta all’ interrogativo di quanto si debba investire in pubblicità è molto semplice. L’
investimento deve consentire il superamento di una certa soglia minima e deve collocarsi laddove il differenziale tra
vantaggi e oneri derivanti dalla pubblicità si situa ai massimi livelli.

Figura pag.371: sono raffigurate una retta che parte dall’ origine e che rappresenta gli oneri, cioè il livello di
investimento in pubblicità. Ugualmente dall’ origine si sviluppa una curva logistica (vantaggi) che indica il fatto che per
investimenti contenuti gli oneri sono sempre superiori ai benefici e che solo una volta che venga superato il punto A(la
soglia minima) i vantaggi superano gli oneri, mentre nel punto B si colloca il livello di investimento ottimale, essendo
massima la distanza tra le due curve. Saper individuare la zona tra A e B significa aver capito come reagisce il mercato
all’ investimento pubblicitario e non solo: una qualità che un buon marketing non può non avere.

Vista l’ incapacità dell’ approccio teorico a risolvere il problema della definizione del budget pubblicitario, le imprese si
sono attrezzate con una serie di metodi empirici. La logica suggerisce che :

1.nessuno dei vari metodi suggeriti è migliore degli altri

2. è preferibile che vengano utilizzati tutti contemporaneamente e che si cerchi di giungere a una convergenza nel
risultato.

I metodi usualmente più utilizzati sono i seguenti:

- Il budget può essere calcolato in percentuale dei ricavi, passati o previsti. In molti mercati è possibile
conoscere quanto le imprese investono in media in pubblicità in rapporto al loro fatturato e così possono avere dei
punti di riferimento utili sui quali basare la decisione d’ investimento. Il metodo ha il vantaggio d’ essere di facile
applicazione , ma soffre di un irrisolvibile limite logico. Se è vero che la pubblicità incide sulle vendite, aumentandole,
com’ è possibile utilizzare le vendite per decidere quanto investire in pubblicità? equazione irrisolvibile.

- Confronto e parità competitiva. La pubblicità consente di ottenere un vantaggio sui concorrenti. E’ quindi
corretto considerare il comportamento dei concorrenti come elemento di riferimento delle decisioni dell’ impresa e ,
tra esse, quelle che riguardano il budget pubblicitario. Imitare i best class può costituire un buon riferimento, a
condizione però che dall’ imitazione dei migliore ne scaturiscano politiche originali.

- Advertising share vs market share. Anche qua, il punto di riferimento è di relativa facile acquisizione: si
assume come elemento di controllo le quote di mercato. Anch’ esso, però, soffre d’ una grave limitazione: presuppone
identità di strategia di marketing all’ interno del settore e, in particolare, il fatto che tutte le imprese affidino alla
pubblicità lo stesso ruolo. Il che è inverosimile.

- Il budget può essere definito in base agli obiettivi di comunicazione e di marketing che si intendono
raggiungere. Se si è convinti che l’ investimento pubblicitario possa modificare la percezione del consumatore in
riferimento ad una determinata marca, migliorandone la notorietà e/o apportando significativi cambiamenti ai profili
d’ immagine percepita, si può definire il budget in funzione dell’ obiettivo che si intende raggiungere. Questo metodo
può ben funzionare solo se vi sono dati storici che consentano di porre una serie di reazioni di causa- effetto. Esso non
tiene però conto del tipo di messaggio utilizzato che può determinare effetti più o meno importanti in virtù delle sue
capacità d’essere compreso, apprezzato e ricordato dal consumatore. Di sicuro, non bisogna commettere l’ errore di
misurare gli effetti sulle vendite e quindi riferire l’ investimento ad un risultato atteso in termini di ricavi, per le ragioni
esposte in precedenza.

- Vi sono infine altri metodi che citiamo solo: (troppo sofisticati o privi di un fondamento logico).

- 1: ritorno sul capitale investito(impossibile misurare il ritorno sulla pubblicità)

- 2.metodo sull’ importo disponibile(si dovrebbe considera l’ investimento pubblicitario in termini puramente
residuali)

Il budget pubblicitario è destinato in genere a coprire 5 voci di costo:

1. Ricerche di marketing(ex ante) necessarie x comprendere quale sia la posizione della marca

2. Servizi dell’ agenzia di pubblicità, o di comunicazione di marketing in termini di creatività e di servizi all’
impresa investitrice,

3. Costi di produzione che comprendono i compensi dei grafici, degli attori, delle troupe televisive, dei
doppiatori, del regista ecc..in funzione del tipo di mezzo che si utilizza per la campagna pubblicitaria.

4. Acquisto degli spazi e dei tempi sui mezzi di comunicazione selezionati

5. Ricerche di marketing che, ex post, devono fornire indicazioni sull’’effettivo raggiungimento del risultato
atteso e, debitamente analizzate, suggerire gli eventuali ri- orientamenti della pubblicità.

14.2.3 Scelta e pianificazione dei mezzi pubblicitari

Nello sviluppo di una campagna pubblicitaria la scelta, la pianificazione e l’acquisto dei mezzi di comunicazione sui
quali veicolare il messaggio è un tema di primaria importanza, per questi motivi:

- Esiste un numero notevole di mezzi di comunicazione disponibili

- Non sempre l’ impresa è in grado di conoscere in dettaglio i dati di audience e/o di readership e di
confrontarli con le caratteristiche identificative del proprio target obiettivo

- Spesso i mezzi si sovrappongono tra loro

- Ogni mezzo è caratterizzato da elementi tecnici e da un’ immagine percepita. Bisogna quindi riflettere sulla
coerenza esistente tra immagine del prodotto e della marca

- Il mercato dei mezzi di comunicazione, e delle concessionarie, non brilla per la trasparenza delle condizioni
dell’ offerta. Tra i prezzi di listino e prezzi praticati possono esserci differenziali anche notevoli.

tutti questi fattori rendono molto delicato il processo di selezione della combinazione dei mezzi su cui effettuare la
campagna pubblicitaria. I principali mezzi di comunicazione utilizzabili x una campagna pubblicitaria sono i seguenti:

- stampa quotidiana, compresa la free press

- stampa periodica, quali settimanali, mensili ecc.

- radio nazionali

- radio copertura locale, indipendenti e/o in network,

- televisioni nazionali, satellitari, digitali, locali, indipendenti e/o in network

- affissioni statistiche e dinamiche

- web, mobile e social media. (tab. completa sulle loro caratteristiche :pag. 375)

la conoscenza delle caratteristiche tecniche e della valenza pubblicitaria dei mezzi disponibili costituisce un primo
criterio di scelta. (es. se si vuole dar peso sulla capacità del mezzo di far veicolare il messaggio e si vuole dinamismo:
televisione o internet, al contrario, se si vuole attenzione: stampa periodica).

La seconda riflessione verte sulla capacità dei mezzi selezionati di raggiungere i clienti target della campagna e a quali
costi. risulta necessario precisare alcuni termini
- audience o readership: n. di persone raggiunte da un determinato mezzo in un determinato periodo

- target: consumatori che fanno parte del segmento di mercato obiettivo della politica di marketing dell’
impresa

- target audience(o target group) . n. e caratteristiche delle persone che devono essere raggiunte da una
determinata campagna pubblicitaria.

Il confronto e la sovrapposizione tra audience, target e target audience consente anzitutto di valutare la coerenza tra
decisioni di marketing e la pianificazione dei mezzi pubblicitari. Inoltre, consente di valutare la presenza di eventuali
“effetti alone” cioè quantità di messaggi indirizzati al di fuori del target.

Una volta quantificato il n. delle persone che fanno parte dell’ audience e della target audience e le loro
caratteristiche, si può procedere valutando i singoli mezzi che compongono il piano mezzi in termini di efficienza.

Entrano allora in gioco 2 indicatori: IL COSTO X CONTRATTO(UTILE) e i GRPs.

Costo x contatto utile= costo totale del messaggio/mezzo // n. di persone appartenenti alla target audience(group)
raggiunta

E consente di ordinare i diversi mezzi di comunicazione in relazione al costo che ciascuno comporta e al n. di persone
in target- audience o group-raggiunto. (es. uno spot di 30 s. può avere un costo di 0,04 su una rete televisiva e di 0, 03
euro su un’altra)

Il GRP = poco più sofisticato del costo x contratto. È costituito dal prodotto tra copertura per frequenza media, dove la
copertura è uguale alla percentuale delle persone raggiunte da quel determinato mezzo che fanno parte della target
audience, mentre la frequenza media è il n. di volte che in media le persone hanno la possibilità di vedere-ascoltare- il
messaggio in una determinata unità di tempo; la copertura è anche detta reach, mentre la frequenza media è nota
anche come OTS (opportunity to see).

I dati di GRP si rivelano molto utili se associati ai costi, per giungere ad un sintetico “costo x GRP”. In relazione al tipo
di messaggio, alla creatività utilizzata e al bisogno di comunicazione espresso dal prodotto si possono avere mezzi di
maggiore o minore impatto che agiscono sicuramente sull’ attenzione del ricevente e memorizzazione del messaggio.

I dati di GRP vanno allora adeguati aggiungendo un fattore che possa esprimere l’ impatto del mezzo. Si giunge al
cosiddetto Q(quality)RP, indicatore discutibile in quanto la valutazione dell’ impatto implica considerazioni e giudizi di
tipo qualitativo, ma anche più realistico.

Tutte le informazioni raccolte e le decisioni prese in tema di scelta dei mezzi confluiscono nel MEDIA PLAN che altro
non è che un “foglio di carta” più o meno grande in funzione del n. di mezzi utilizzati dalla campagna e della sua durata
temporale.

14.2.4 Formulazione del messaggio pubblicitario

La formulazione del messaggio è un tipico compio dell’ agenzia di pubblicità.

Oltre alla costruzione tecnica, le alternative possibili e praticabili nella costruzione di un messaggio sono molto
numerose. Questo è uno dei fattori più importanti e difficili da gestire. La decisione sulla migliore creatività può
seguire tante strade diverse ed essere fortemente influenzata dai gusti personali.

La relazione tra impresa e agenzia di pubblicità spesso si sviluppa sulla creatività. In realtà, ciò che importa x l’ impresa
sono 2 momenti nel processo di formulazione del messaggio pubblicitario: il primo di brief, quando l’azienda
incontrando l’ agenzia, definisce e comunica gli obiettivi della campagna e l’ ultimo momento quando si analizzano le
proposte.

È necessario che il giudizio sia espresso “dal punto di vista del cliente”” e non “dal punto di vista del manager” perché
se ci orienta al mercato bisogna cercare di giudicare come pensano e giudicano i clienti, poiché sono loro che
sanciscono il successo o l’ insuccesso della marca.

14.2.5 Relazione UTENTE- AGENZIA E BRIEF

Questa relazione è l’ alveo entro il quale si sviluppa la campagna pubblicitaria e dove si confrontano le diverse idee e
prospettive dell’ impresa e dell’ agenzia. In molti casi accade che si sviluppi un’ intensa dialettica che, almeno in buona
parte, dipende dal fatto che non vi è identità di vedute sugli obiettivi.
Una buona relazione si fonda sulla condivisione degli obiettivi e, nel caso della pubblicità, questi devono essere
ricondotti agli obiettivi di marketing e, più in generale, dell’ impresa.

Le poche esperienze di imprese che sviluppano autonomamente le loro campagne pubblicitarie senza ricorrere all’
ausilio professionale dell’ agenzia si limitano ad alcuni settori, essi stessi creativity- based, come settore della moda e
del lusso nei quali spesso la “campagna” si limita alla rappresentazione fotografica del prodotto o poco più, o sono il
frutto di un’ inopportunità presunzione di capacità creativa dell’ impresa. È però necessario che il pensiero strategico
non sia formulato solo a parole, ma costituisca la base contenutistica dei documenti che formano la base formale del
processo di relazione Utente-Agenzia, in primo luogo il brief.

In pratica, una campagna pubblicitaria inizia quando l’ impresa si rende conto dell’ esistenza dell’ esistenza di un
bisogno di comunicazione che può essere risolto con l’ utilizzo della pubblicità. Quando questo accade, il marketing
manager prende contatto con l’ agenzia di pubblicità e presenta un BRIEF. (documento con in dettaglio info sulla
marca e gli obiettivi che si vogliono conseguire con la campagna pubblicitaria e si definiscono le linee guida cui si
devono riferire sia l’ agenzia nel formulare le proprie proposte, sia l’ impresa nel momento in cui giudica la campagna
che verrà proposta dall’ agenzia. Esso viene poi presentato, discusso e condiviso con essa.

Il brief deve contenere queste seguenti info:

- info sul mercato, la sua dimensione, il tasso di crescita ecc.

- indicazioni sul comportamento d’ acquisto e di consumo del cliente finale

- il /i segmento/i mercato cui la marca si rivolge, con attenzione ai criteri di segmentazione

- situazione del trade e i rapporti che l’ impresa intrattiene con il sistema distributivo

- caratteristiche del prodotto, non dimenticando le valenze tecniche presentate dal punto di vista del cliente,
ossia i fattori di differenziazione apprezzabili dal cliente.

- La cosiddetta “source of business”, le ragioni che sostengono la marca sul mercato

- La “reason why” , cioè i motivi per cui una marca dovrebbe essere preferita dai clienti

- Il main consumer benefit: si deve evidenziare quale, tra i tanti, è il beneficio che potrà essere apprezzato dai
clienti.

- È opportuno trasmettere all’ agenzia indicazioni sul tono e sul “mood” della comunicazione. Non si deve certo
entrare nel merito messaggio, ma è utile condividere un certo orientamento di linguaggio.

- La “ risposta desiderata” è bene che sia evidenziata nel brief, Per l’ agenzia è molto utile sapere che cosa si
aspetta l’ impresa come effetto della campagna. Ben diverso è concepire una campagna finalizzata all’ aumento della
notorietà, rispetto ad una orientata al riposizionamento d’ immagine.

- Esistenza di eventuali vincoli di budget

- Esplicita indicazione della brand personality (cioè caratteri distintivi della marca, che devono essere
preservati)

Dopo la condivisione e l’ approvazione del brief, l’ agenzia inizia la sua opera

14.3 promozione delle vendite

Collocare con precisione e in modo discutibile le attività di sales promotion all’ interno del marketing mix non è
semplice.

Per tradizione essere vengono collocate tra le leve della comunicazione di marketing e in questo testo ci adeguiamo
alla tradizione, anche se il loro utilizzo risulta estremamente duttile.

Il termine stesso “promozione delle vendite” implica che essa deve consentire un incremento delle vendite e, a questo
scopo” tende ad agire soprattutto sulla dimensione comportamentale del cliente.

Tuttavia, la promozione delle vendite negli anni si è evoluta, ampliando il raggio della sua azione, ed è divenuta una
delle leve di marketing e di comunicazione di marketing tra le più variegate.
La promozione delle vendite ha due target principali: il consumatore/acquirente e il trade e rappresenta un elemento
di collegamento fondamentale tra consumer e trade marketing.

14.3.1 consumer promotion

Le consumer promotion agiscono sul cliente nella sua duplice posizione di acquirente e di consumatore

Esse possono avere 5 obiettivi specifici:

1. Aumentare i livelli di fidelizzazione del cliente, premiando nel tempo la ripetitività e il consolidamento degli
acquisti di una determinata marca

2. Incrementare la percezione di valore della marca, agendo di conseguenza sulla brand equity percepita dal
cliente

3. Sollecitare la prova di un prodotto, in genere nuovo, diminuendone il rischio percepito da parte del cliente
potenziale, rischio sempre presente quando il consumatore si trova di fronte ad una novità.

4. Incentivare l’ acquisto di quantitativi superiori a quelli normalmente acquistati con l’ obiettivo di saturare nel
breve periodo le scorte del cliente frenando così le vendite dei concorrenti.

5. Produrre effetti di trascinamento da una marca consolidata vs una nuova o sostenere le vendite di una marca
in difficoltà.

Nel mondo delle promozioni esiste comunque una regola che deve essere rispettata: le iniziative promozionali
devono essere limitate nel tempo perché se così non fosse perderebbero e caratteristiche dell’ occasione e
diminuirebbe l’ appeal per l’ acquirente/ consumatore finale. (si perde il senso di novità , tornando poi agli stessi livelli
di prima).

14.3.2 Trade promotion

Le trade promotion sono tutte le attività promozionali indirizzate agli intermediari commerciali e di norma sono
riconducibili ad incentivi di natura economica sotto forma di sconti, offerte promozionali e investimenti x lo sviluppo
di attività di marketing e di comunicazione congiunte.

I benefici delle trade promotion possono riguardare solamente l’ intermediario commerciale o essere trasferiti in toto
o in parte al consumatore finale.

14.4.Altri strumenti della comunicazione e di marketing

I principali strumenti di comunicazione al mercato che integrano l’ uso della pubblicità e delle sales promotion sono:

- Relazioni pubbliche di prodotto

- Direct marketing, nelle sue diverse dimensioni tecnologiche, dalla carta stampata al web

- Fiere e mostre

- Sponsorizzazioni.

Le relazioni pubbliche sono molto importanti e il direct marketing cerca di ottenere effetti e risultati molto precisi in
termini sia di target che di messaggio(direct and interactive: perché l’ impresa intende ottenere un dialogo con il suo
pubblico).

La tecnologia internet ha molto inciso nello sviluppo di iniziative di direct marketing, mentre le fiere e le
sponsorizzazioni sono strumento di comunicazione antico.

CAPITOLO 15 : DIGITAL MARKETING

15.1 IL mondo digitale

Pensare al digital marketing come un’ alternativa o una sostituzione del marketing tradizionale sarebbe un grave
errore: è l’ impianto metodologico che si arricchisce di nuovi strumenti e nuove logiche in grado di sviluppare
importanti sinergie.
Si può intendere come prima battuta tutte le attività di marketing che possono essere svolte mediante l’utilizzo delle
tecnologie digitali. Rispetto alla definizione “classica” di marketing l’obiettivo resta la generazione e la distribuzione di
valore tra le parti coinvolte, l’ elemento nuovo è rappresentato dal mezzo utilizzato x lo svolgimento di tutta una serie
di attività di marketing e di comunicazione.

Le principali attività che possono essere svolte nel mondo digitale si possono schematizzare in 4 punti:

1. Esserci: presenza online è necessaria x avere il controllo

2. Farsi trovare:

3. Frasi sentire

4. Interagire

15.2 la nascita e lo sviluppo del digitale

La volontà di realizzare una nuova infrastruttura di comunicazione nasce nel 1958 da parte di Eisenhower, il
presidente degli USA, che fonda l’ ARPA x avviare progetti di collaborazione scientifica e tecnologica x controbattere il
predominio tecnologico dei sovietici che nell’ anno precedente, 1957, avevano lanciato nell’ orbita terreste il primo
satellite, lo Sputnik.

La prima rete x lo scambio di dati tra calcolatori è stata ARPANET, realizzata nel 1969, che aveva l’ obiettivo di
condividere risorse particolarmente costose e di permettere ai ricercatori di 4 diverse università americane di
condividere più agevolmente i lavori scientifici.

Attraverso il protocollo TCP/IP il messaggio viene diviso in diversi pacchetti spediti in modo sicuro ed efficiente
rispetto a una trasmissione punto-punto. L’ evoluzione di questa tecnica di trasmissione viene utilizzata anche oggi
quando navighiamo in un sito internet: la sigla http che troviamo davanti all’ URL indica al browser del pc con quale
protocollo deve trasmettere e ricevere le pagine richieste.

Lo sviluppo dei computer collegati ad internet è stato esponenziale : dai primi 4 pc collegati nel 1969 ora siamo arrivati
a oltre un miliardo di host interconnessi cui possono connettersi 3 miliardi di persone.

1991 nascita del world wide web(Tim Berners Lee)

1993 esso viene reso di dominio pubblico senza nessun onere x il suo utilizzo

1994 nasce il Browser Netscape Navigator e il primo motore di ricerca Yahoo!

1995 nasce Internet Explorer di Microsoft che nel 1998 viene chiamato “New Economy”

2001 Wikipedia

Lo sviluppo di connessioni dati più veloci ed efficienti, lo sviluppo della tecnologia wireless x collegare i device senza l
‘ausilio di cavi e la miniaturizzazione delle componenti elettroniche ha consentito di realizzare nel corso degli ultimi 10
anni smartphone e tablet e di attivare un nuovo importante capitolo della storia di internet, il mobile.

Si è potuto così coniare il concetto di “Always on” x indicare come le persone non hanno più bisogno di una postazione
fissa x connettersi.

Nel mondo digitale quindi i concetti di spazio e tempo assumono nuovi : la comunicazione è asincrona e la distanza
diventa funzione di delle velocità di connessione della rete piuttosto che lo spazio che separa due punti espresso in
metri.

La rivoluzione digitale ha portato alla ridefinizione delle caratteristiche di alcuni settori di business e alla creazione di
nuovi modelli di business. In particolare nei settori ad alto contenuto informativo o nei casi in cui il prodotto stesso e
traducibile in formato digitale come nel settore informatico e in quello della musica, la modalità di distribuzione di
questi prodotti è stata stravolta.

Il punto vendita tradizionale può essere integrato con attività di e-commerce x cui se un prodotto non è fisicamente
disponibile x problemi di taglia o colore, questo può essere ugualmente acquistato e consegnato successivamente al
domicilio indicato dal cliente.

15.3 il consumatore online


La facilità con cui è possibile trovare informazioni praticamente su tutto ha reso il consumatore molto più informato
rispetto al passato: gli esperti codificati e alle fonti informative note, si sono aggiunte altre fonti grazie a realtà come
ad esempio Wikipedia o i blogger. Ma non solo. È lo stesso consumatore che è parte attiva nel processo di produzione
di informazioni.

Il passaparola ha sempre avuto un ruolo determinante nel processo d’ acquisto: le nuove tecnologie permettono però
di amplificare tale effetto a livelli assolutamente inimmaginabili.

Oggi per il consumatore il confine tra realtà off-line e realtà on-line è sempre più labile: ci si informa on-line e si
acquista off-line, ma allo stesso tempo si tocca con mano il prodotto nel punto vendita per acquistarlo via e-
commerce. Le info si ricercano sui siti dei produttori dei beni ma si seguono anche le indicazioni e i consigli degli
influencer che tramite social network e blog commentano le caratteristiche delle diverse proposte dei produttori. La
grande disponibilità di info se da un lato offre nuove opportunità di info, dall’ altra obbliga il consumatore a valutare
con attenzione la fonte informativa prima ancora dell’ info stessa x valutarne l’ affidabilità e per decidere come
considerarla. I cambiamenti osservabili negli atteggiamenti e nei comportamenti del consumatore non riguardano solo
la sfera individuale ma intervengono anche nella dimensione sociale: attraverso lo sviluppo del mondo digitale appare
evidente e immediato che la tendenza dei clienti a riunirsi e aggregarsi intorno a esperienze e interessi comuni
aumenti notevolmente.

Attraverso la rete, inoltre, i clienti possono essere coinvolti attivamente da parte delle aziende nella fase di testing/
sperimentazione di un nuovo prodotto/ servizio. È chiaro che la possibilità di logiche di co-sperimentazione, co-design
e co- produzione conferiscano al cliente un notevole aumento del potere contrattuale.

15.4 Gli strumenti del digital marketing

È opportuno soffermarsi su alcuni aspetti peculiari della definizione della strategia digitale d’impresa, essa deve
essere, infatti, declinata in una logica multimediale, crossmediale, multidevice e multicanale.

Multimediale= online coesistono varie forme di espressione: testo, audio, immagini, grafici, animazioni, video che
possono essere trasformati.

Crossmediale= ogni mezzo comunicativo può svolgere un diverso ruolo in funzione delle sue caratteristiche e in
funzione dell’ utilizzo che ne fa il consumatore finale.

Multidevice = la fruizione dei contenuti avviene tenendo presente le preferenze dell’ utente : al pc, strumento
principale, si affianca sempre di più lo smartphone e il tablet.

Multicanale = mondo online si integra costantemente con il mondo off-line e viceversa

I diversi mezzi on-line possono essere classificati in funzione del livello di controllo che l’ azienda può avere su di essi,
per cui si può parlare di :

owned media=cioè media di comunicazione diretta gestiti dall’ azienda come il web istituzionale, il sito mobile o il blog
aziendale.

Borrowed media= mezzi di comunicazione direttamente gestiti dall’ azienda in termini di contenuti ma che
appartengono a terze parti come fb, twitter, YouTube…l’ azienda ha un controllo diretto del messaggio veicolato, ma
non ne ha il totale controllo

Paid media = media “pagati”, cioè i mezzi che vengono comprati x ottenere visibilità. (display advertising, campagne
sponsorizzate su google, portali di settore..)

Earned media= media “guadagnati”, cioè i canali di comunicazione in cui l’ azienda è presente tramite citazioni,
commenti, recensioni, conversazioni degli utenti. (es: recensioni su tripadvisor)

L’ importanza di questa classificazione è che consente di definire una strategia di presenza online a prescindere dallo
strumento secondo una logica di “redazione on-line” che utilizza i diversi mezzi a disposizione x massimizzare
l’obiettivo.

15.5 il sito web

Tutte le applicazioni che possono essere fruite on-line sono siti web, ovvero pagine scritte in HTML che consentono di
leggere e scambiare info, di accedere ai database, di interagire con altri, di ascoltare musica…
Le pagine web di un’ azienda possono avere finalità diverse:

- Puramente informative: presentazione istituzionale dell’ azienda, catalogo prodotti..

- Funzionali: vengono realizzati e-process che consentono di fruire di servizi direttamente on-line (es: servizi di
customer care)

- Di e-commerce: per vendere online i prodotti. (es: biglietti del treno)

Le pagine web si sono costantemente arricchite di elementi grafici e di funzionalità grazie allo sviluppo di nuove
versioni HTML .

Uno dei principali limiti del linguaggio HTML x la realizzazione delle pagine web è che originariamente i comandi di
formattazione erano integrati nel testo stesso.

La caratteristica principale che ha determinato il successo dell’HTML riguarda i link. I link sono collegamenti tra pagine
dello stesso sito o tra siti differenti che consentono di navigare secondo una struttura non lineare, ma ipertestuale. Se
la navigazione x link su un testo cartaceo è scomoda, su un computer è estremamente intuitiva e semplice: si
identifica cosa si desira leggere, si clicca con il mouse e il browser del pc aprirà la nuova pagina.

Dall’ analisi del logfile si possono dedurre tutta una serie di info che sono particolarmente significative da un punto di
vista di marketing: ogni computer che si collega ad un sito lascia una serie di info che possono essere rielaborate e
ottenere info circa il sistema operativo del visitatore, l’ area geografica, il tempo di permanenza su ogni pagina, la
pagina di ingresso e altre ancora.

Ogni pagina ha una parte non visibile al visitatore che contiene tutta una serie di comandi e opzioni che consentono al
browser di visualizzare al meglio la pagina stessa. Tra queste troviamo alcuni campi facoltativi che possono essere
utilizzati x descrivere al meglio il contenuto della pagina.

- <TITLE> BARRADEL TITOLO

- <DESCRIPTION> testo che descrive il contenuto della pagina, ciò che i motori di ricerca visualizzano nella
SERP

- <KEYWORD> PAROLA CHIAVE

Si capisce così che una pagina web viene descritta per 2 tipologie di lettori: le persone e gli “spider”. Spider = sono
software che analizzano i siti di internet in modo sistematico e automatizzato, ne fanno una copia testuale,
identificano i link x costruire gli indici su cui verranno svolte le ricerche.

L’ insieme delle tecniche finalizzate a massimizzare il traffico “organico” ossia quello generato dai risultati
“naturali”dell’ attività di ricerca, è denominato SEO . Tali attività comprendono interventi sulla struttura del sito e
degli indirizzi delle pagine(URL), sui link, sull’ accessibilità delle info da parte degli spider, sulla pulizia del codice HTML,
sulla presenza delle immagini con i tag correttamente compilati e sulle keyword coerenti con i contenuti della pagina
web. Per capire se il sito è pertinente alla ricerca svolta, il motore di ricerca utilizza un algoritmo per dare un valore
numerico alla pagina analizzata e definire sulla base di questo valore l’ordine di apparizione nella SERP, dal più
pertinente al meno. Il lavoro di SEO consiste quindi nello scrivere i contenuti in modo che questi piacciano ai crawler
dei motori di ricerca. Questo significa che la definizione delle keyword della pagina deve essere effettuata prima che i
testi siano scritti, altrimenti devono essere modificati successivamente.

La SEO deve coinvolgere anche i siti che potrebbero ospitare link vs il sito dell’ impresa: da qui l’ importanza dell’
attività di proselitismo x ottenere link in ingresso da siti qualificati.

Collegato al SEO, vi è il SEM ovvero l’ insieme di attività finalizzate a generare traffico qualificato vs uno specifico sito
web. Tipicamente riguarda le iniziative a pagamento che costituiscono principalmente nell’ acquisto di keyword sui
motori di ricerca.--> alla base vi è il concetto che se qualcuno sta facendo una ricerca con determinate parole chiave
potrebbe essere interessato a visitare un sito che risponde alle stesse keyword. Una campagna di keyword advertising
si sviluppa decidendo attraverso quali keyword di ricerca utilizzate dal navigatore far visualizzare alcuni annunci
pubblicitari che contengono un link che porta a una pagina web specifica(Landing page).

Nello sviluppo di una campagna online è particolarmente critica la definizione della Landing page:l’ utente sta
cercando qlc su un motore di ricerca utilizzando le keyword che ritiene più opportune, il motore di ricerca gli
restituisce nella SERP una serie di risultati pertinenti alle keyword utilizzate a cui vengono aggiunti annunci pubblicitari
che utilizzano le medesime keyword. Se l’ annuncio attira l’ attenzione e l’ utente ci clicca sopra verrà portato nella
pagina di atterraggio o destinazione, la nostra Landing page, leggendo la quale deciderà, probabilmente nel giro di
pochi secondi, se ci sonno elementi interessanti x la ricerca o meno.

Normalmente nella Landing page viene inerita una richiesta d’azione accattivante in modo da invogliare l’ utente a
continuare la navigazione all’ interno del sito dell’ impresa. Dal momento che si paga x far aprire la Landing page, ogni
abbandono è considerato uno spreco di denaro, x cui progettare una Landing page efficace è un aspetto del web
marketing che richiede competenze specifiche. Tale efficacia si misura come rapporto tra il n. di messaggi visualizzati e
il n. di click, mentre il tasso di abbandono della Landing page viene definito BOUNCE RATE.(tasso di rimbalzo).

15.6 I BLOG

è caratterizzato per la sua focalizzazione sulla comunicazione bidirezionale che tende alla conversazione informale.

Esso nasce come diario in rete dove ogni contributo viene organizzato secondo la data di pubblicazione visualizzando x
primi sempre i contributi, o post, più recenti. Inoltre si ha possibilità di lasciare i propri commenti con un semplice
editor di testo on-line, senza dover conoscere nessun linguaggio di programmazione e senza dover possedere le
autorizzazioni necessarie x modificare le pagine del sito. A ogni contributo è possibile associare uno o più tag che
descrive il contributo classificandolo e rendendo possibile la ricerca di tutti i contributi scritti in momenti differenti
basati sugli stessi tag.

Un’ altra caratteristica è l’archiviazione automatica dei messaggi. Tipicamente ogni mese i messaggi vengono spostati
dalla home page del blog e posizionati in altre cartelle in modo da lasciare spazio e visibilità sempre agli ultimi
contributi. Per non perdere i riferimenti ai post pubblicati è stato introdotto il permalink o collegamento permanente,
un tipo di URL implementato in modo da non cambiare anche se il post viene spostato nella cartella archivio del mese
di riferimento e mantenere le eventuali citazioni e link di altri siti. L’ analisi dei contenuti dei blog promossi costituisce
una fonte di particolare interesse x gli operatori di marketing. Le info da essi desumibili possono fornire utilissimi
spunti x comprendere quale sia il processo di selezione, scelta ed acquisto di un prodotto/ servizio da parte dei clienti
attuali e potenziali, quali siano le aree di soddisfazione e insoddisfazione e quali potrebbero essere le evoluzioni
future.

15.7 il social media marketing e il web 2.0

Ogni social network prevede la formazione di un profilo dell’ utente che viene creato utilizzando le info che si
ritengono più opportune inserendo descrizioni, foto e video. Ma la vera peculiarità consiste nel creare una rete di
relazioni con altre persone con cui si desidera creare un collegamento e con l’ espressione del proprio gradimento e
apprezzamento di un qualsiasi elemento inserito nel social network. Realizzare una pagina dedicata ad un’ azienda, ad
un brand o ad un prodotto è gratuito e offre la possibilità di attivare una rete di contatti che possono commentare i
post pubblicati, condividerli sulla propria pagina e manifestare i proprio interesse con un like o mi piace. I più impo
sono FB e TWITTER, LinkedIn e Youtube.

15.8 il content marketing

L’ analisi della USER EXPERIENCE diventa fondamentale: la facilità con cui è possibile tracciare il comportamento del
consumatore on-line per mette di verificare le effettive preferenze del proprio target di riferimento e quindi adottare
gli stili comunicativi più indicati.

L’ interazione e il dialogo tra impresa e cliente è fondamentale x questo processo di analisi, ma occorre ricordare che
è possibile analizzare il consumatore anche mentre interagisce sui social network fornendo ulteriori elementi di
conoscenza in termini di user experience. Alla capacità di analisi segue la ricerca di nuove modalità di engagement che
viene tradotto come la ricerca del coinvolgimento emotivo e intellettuale dei consumatori attuali e potenziali nei
confronti dell’ organizzazione e dei prodotti e servizi offerti.

Gli elementi considerati x definire una strategia di content marketing efficace sono diversi:

- Di natura demografica

- Di natura comportamentale

- Di tipo logistico

La progettazione di una strategia di content marketing deve essere:

- Integrata: ovvero in azienda coesistono una serie di sistemi che dovrebbero integrarsi x avere una reale
gestione integrata delle info del cliente
- Coerente : gli utenti percepiscono immediatamente eventuali differenti approcci sui media

- Contestuale : tempi e modi della comunicazione non sono più sotto lo stretto controllo esclusivo dell’azienda
come avviene con le campagne pubblicitarie classiche

- Ottimizzata: riguarda sia gli aspetti tecnici sia il contenuto stesso. Il linguaggio e il tono usato, il tipo di
medium determinano la facilità con cui il messaggio è fruito aumentando il livello di coinvolgimento.

15.9 email marketing

La mail è caratterizzata da un indirizzo univoco che identifica un utente e per questo motivo è spesso utilizzata come
account x consentirne l’ accesso a un sito a un’ area riservata o per l’ attivazione di altri servizi on-line.

Un messaggio di posta elettronica è costituito da una busta (envelope), le informazioni tecniche a corredo del
messaggio che vengono scambiate tra server attraverso il protocollo SMTP normalmente non visualizzate, da un’
intestazione(header), dal corpo del messaggio (body) ed eventualmente da file allegati.

Nell’ intestazione normalmente si possono trovare i seguenti campi: Subject(oggetto), from(da), to (a), Cc:, Bcc, reply-
to, date.

Da un punto di vista di marketing la email può essere utilmente impiegata x le seguenti finalità

- identificazione univoca dell’utente x consentire l’ accesso ad aree riservate o attivare servizi

- invio di messaggi transazionali che confermino la registrazione a un sito o di una qualsiasi attività online

- invio di newsletter che con regolarità informano gli iscritti delle novità su prodotti, brand ecc.

- realizzazione di vere e proprie campagne di direct Email Marketing (DEM)

i passi principali di una campagna DEM sono i seguenti:

- definizione degli obiettivi, predisposizione del data base degli indirizzi, preparazione del messaggio, invio(
occorre utilizzare server affidabili x l’ invio x non essere identificati come spam), valutazione dei ritorni.

15.10 MOBILE E APP

Per una strategia di web Marketing efficace, il mobile è un campo al quale guardare con attenzione. Avere un sito
web funzionale e accattivante non è più sufficiente se questo non viene visualizzato correttamente e in tempi rapidi
anche su un device mobile.

Gli utenti mobile hanno delle richieste e delle aspettative diverse.

- Velocità, design e navigabilità, SEO mobile, contenuti.

Una scelta strategica riguarda l’ alternativa tra lo sviluppo di un sito x mobile o un’ app.

Un sito mobile ready è fatto x essere trovato sui motori di ricerca tramite il browser, ciò lo rende lo strumento
migliore x raggiungere il maggiore numero di navigatori possibili e conquistare nuovi clienti. Chi arriva sul sito mobile è
in cerca soprattutto di info, contenuti, offerte e un metodo veloce x attivare un contatto.

15.11 E-commerce

Il principale vantaggio dell’e-commerce è legato alle caratteristiche proprie del mondo digitale: i vincoli temporali e
spaziali perdono di significato, un sito di e-commerce è sempre aperto a prescindere dall’ ora, dal giorno e da dove si
trova l’ acquirente. L’ unico requisito è essere connessi a Internet.

Tralasciando i sistemi di e-procurement tipici delle grandi organizzazioni, le attività di e-commerce possono di fatto
essere realizzate secondo due modalità: gestendo un proprio sito di e-commerce o utilizzando un Marketplace gestito
da terzi.

- Proprio sito di e-commerce: totale controllo di tutti gli aspetti legati alla grafica, ai contenuti e alla gestione
delle condizioni di vendita.
- Marketplace: realtà come e-bay o amazon. Il livello di affidabilità e di credibilità che hanno raggiunto è
elevato, affidarsi a loro per la gestione dell’ attività di vendita on-line apre mercati che il singolo sito difficilmente
potrà raggiungere in autonomia.

Questo modo permette di avere molti meno vincoli infrastrutturali x poter completare l’ acquisto perché basta essere
connessi e avere il device carico senza particolari problemi.

Oggi in italia, l’ e-commerce vale circa il 2 % del mercato retail, una percentuale che difficilmente creerà scompensi
significativi rispetto alle vendite complessive del sistema distributivo tradizionale.

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