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Dante, la Bibbia, il diritto.
Sulle tracce di Uzza nel pensiero
teologico-giuridico medievale*
SARA MENZINGER
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Dante, la Bibbia, il diritto menzinger
affermava, non era a raddrizzar l'Arca che egli puntava, la cui salvaguardia
spettava solo a Dio, bensi a riportare sulla corretta strada i buoi, cioè, nella
sua spiegazione, gli ecclesiastici e in particolare i cardinali, colpevoli di
avere allontanato la Chiesa dalla retta via.6
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Dante Studies 133,2015
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Dante, la Bibbia, il diritto menzinger
due assi, l'uno, di origine più antica, privilégiante il tema délia gerarchia
tra superiori e inferiori, l'altro la coppia semantica intangibilità/contami
nazione. Entrambi vennero declinati perô in modi estremamente variabili,
applicando gli schemi superiore/inferiore e intangibilità/contaminazione
a sfere radicalmente diverse.
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Dante Studies 133, 2015
Job che saranno destinate ad avere particolare fortuna nei secoli successi
ve l'ascrizione di Uzzà alla categoria dei subditi e l'esemplificazione dei
superiori con i sancti. Le azioni dei santi, proprio perché compiute da
persone eccelse, sono spesso incomprensibili agli uomini semplici, che
non colgono la superiorità degli eventi dei quali sono spettatori. Anzi, li
giudicano erroneamente, e per questo illecito giudizio possono incorrere
nella morte.
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Dante, la Bibbia, il diritto menzinger
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Dante Studies 133,2015
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Dante, la Bibbia, il diritto menzinger
mal si accordava dunque all'identità levita che a partire dalla Per venerabiletn
del 1202 il pontefice aveva teso ad associare ai cardinali. Non fil un caso,
quindi, se nel 1208 Uzzà venne da lui associato al re dello stato di Giuda,
Ozia, per condannare l'azione di Federico di Svevia, futuro imperatore e
a breve strenuo awersatore délia politica pontificia.
Ciô contribuisce a confermare l'importanza seminale dell'uso ideo
logico delle catégorie bibliche da parte di Innocenzo per gli imminenti
scontri tra Chiesa e Impero, tra sostenitori dell'uno e dell'altro partito.
Lo dimostra la confiitazione da parte di Dante di quello che nel terzo
libro délia Monarchia egli classifica come il secondo grande errore délia
propaganda ierocratica nei testi decretalistici, la confiisione cioè tra nascita
ed autorità nella contrapposizione di Levi a Giuda, confusione dovuta
a un errato uso del sillogismo: i due figli di Giacobbe, afferma Dante,
venivano interpretati dai canonisti del suo tempo come i padri l'uno del
sacerdozio, l'altro del potere temporale; partendo dal presupposto che la
Chiesa stava aU'Impero come Levi a Giuda, giungevano perô all'errata
conclusione secondo cui, poiché Levi aveva preceduto Giuda nella nascita,
la Chiesa precedeva l'Impero per autorità.63 Queste righe sono sufficienti
a mostrare la densità di argomenti politici che, a partire da Innocenzo in
poi, evocava l'appellativo 'levita', un'espressione che non solo Innocenzo,
ma Dante stesso evitô di utilizzare quando ricorse a.W exemplurn di Uzzà
nella Epistola ai Cardinali italiani.
L'uso di passi biblici per screditare convinzioni ierocratiche è fré
quente in Dante, che alle tesi più ardite délia scienza canonica oppose
spesso una lettura tecnica, da un punto di vista teologico-giuridico, delle
Scritture.64 La contestazione dell'assegnazione di poteri vicariali al papa
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Dante, la Bibbia, il diritto menzinger
NOTES
*Rjngrazio Diego Quaglioni per i preziosi consigli e suggerimenri fornirimi nel corso dell
razione di questo testo.
1. Purg. 10.28-33.
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Dante Studies 133,2015
attendo. Ille ad arcam proficiat qui salutiferos oculos ad naviculam fluctuantem aperuit: Dante Alighieri, Opere,
ed. diretta da Marco Santagata, vol. 2 (Milano: Mondadori, 2014), Epistole, a cura di Claudia Villa,
Epist. 11 (Cardinalibus ytalicis . . .), 1480-89, 1482-84. Su questo passo dell'Epistola, cfr. Peter S.
Hawkins, Dante's Testaments. Essays in Scriptural Imagination (Stanford University Press, 1999), 51-52.
7. Cfr. Francesco Mazzoni, "Pietro Alighieri interprete di Dante," Studi danteschi, 40 (1963):
279-360; per la condanna della Monorchia da parte del cardinal legato Bertrando del Poggetto, riferita
da Bartolo da Sassoferrato e da Boccaccio, cfr. Pier Giorgio Ricci,"Monarchia," in Endclopedia Dantesca,
III (Roma: Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1971), 993-1004; Beniamino Pagnin,"Poggetto, Bertran
do del," in Endclopedia Dantesca, IV (Roma: Istituto dell'Enciclopedia Italiana,1973), 571-72; Diego
Quaglioni, lntroduzione alia ed. della Monarchia, in Dante Alighieri, Opere, vol. 2, cit., 809-97,809—14.
8. Francesco Mazzoni, "Alighieri, Pietro," in Endclopedia Dantesca, I (Roma: Istituto dell'Enci
clopedia Italiana,1970), 148.
9. Pietro Alighieri, "Non si puö dir che tu non possi tutto," in AA.W, Poesia italiana: il Trecento,
a cura di Piero Cudini (Milano: Garzanti, 1978), 32-33, w. 22-29: "Oza facesti presso da le rote /
morto cader,drizando il carro torto / de l'arca santa al porto, / ché nullo usurpi ufficio altrui collato. /
Poi come ha usurpato / oggi ben vedi il braccio spirituale / l'ufficio altrui e il gladio temporale, / e
come il mondo tutto n'è confuso".
10. Cfr. il commento all'Epist. 11 di Claudia Villa, in Dante Alighieri, Opere, vol. 2, Epistole,
1557-60.
11. Alio stesso periodo risale il commento alia Monarchia attribuito a Cola di Rienzo da Pier
Giorgio Ricci, secondo il quale il testo fu composto in Boemia tra il 1347 e il 1352: Ricci, "Cola
di Rienzo," in Endclopedia Dantesca, II (Roma: Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1970). Per una
dettagliata ricostruzione della biografia e dell'azione politica di Cola: Jean-Claude Maire Vigueur,
"Cola di Rienzo," in Dizionario Biografico degli Italiani 26 (Roma: Istituto dell'Enciclopedia Italiana,
1982), 662-75.
12. Epistolario di Cola di Rienzo, a cura di Annibale Gabrielli, Fonti per la Storia d'ltalia, 6 (Roma:
Istituto storico italiano, 1890), Epist. 46, 204-18, 206-207: Dicet aliquis forte mihi: "quid tua refert, o
minime avium, qualitercumque area Romanae reipublicae recaldtrantibus deferatur a bobus? Et velis presumptuosa
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Dante, la Bibbia, il diritto menzinger
tu manu illam erigere, quae non nisi forsan suprema dispensatione sic trahitur, et quod dispensatorie agitur,
tenere tu repenses? An putas, ovis una, totum romanum gregem plus suo pastore diligere, plus cognoscere, melius
confovere?" Pater, quippe non puto; sed Romani curam pontificis, quamquam ad romanum ovilem tam debito
quam necessario primo versatur et potior, tarnen confluentibus, aliorum implicatam tumultibus et in illiusmet
informatione delusam, suspicor earn minime attendere posse, minus inspicere et.. . minus curare vulnera palliata.
Nec timere ad erigendum arcam manus erexeram arrogantes, qui diutius ruinam eius certissimam, remedium
contemplatus et causam, executionem iudicii mei primo tentans in Curia, non reprobatam fore speravi, sed per
summum pontificem velut probabilem aaeptatam.
13. Per una sintesi dell'attuale dibattito storiografico sulla composizione del Decretum: Orazio
Condorelli, "Graziano," in Dizionario Biografico dei Giuristi Italiani (XII-XX secolo), I (Bologna: Il
Mulino, 2013), 1058-61.
14. La storia di Uzzà era narrata nel II Libro dei Re (corrispondente al II libro di Samuele
nell'edizione moderna: 2 Sam 6,4-8) e nei Paralipomeni (1 Cr 13,7-11); con significative varianti,
è citata anche da Giuseppe Flavio: Antichità giudaiche, a cura di Luigi Moraldi (Torino: Utet, 2006),
lib. 7,78-83.
15. Sull'influenza dei Moralia in Job nel Medioevo, cfr. René Wasselynck, "Les compilations des
Moralia in Job du VIIe eau XIIe siècle," Recherches en Théologie Ancienne et Médiévale 29 (1962): 5-32,
e Id.,"L'influence de l'exégèse de saint Grégoire le Grand sur les commentaires bibliques médiévaux
(VIIe-XIIe s.)," Recherches en Théologie Ancienne et Médiévale 32 (1965): 157-204.
16. Purg. 10.73-96, su cui cfr. Robert Hollander, Allegory in Dante's Commedia (Princeton, New
Jersey: Princeton University Press, 1969) 297-300;Teodolinda Barolini, The Undivine Comedy, 127-30;
Nancy J. Vickers, "Seeing is Believing: Gregory, Trajan, and Dante's Art," Dante Studies 101 (1983):
67-85.
17. Gregorius Magnus, Moralium Libri sive Expositio in Librum beatiJob, 5.11, § 24 (PL 75.691-2):
Saepe enim, quia intelligi non valent, deterioribus displicent velfacta vel dicta meliorum: sed eo ab eis non temere
reprehendenda sunt quo apprehendi veraciter nequaquam possunt. . . . Saepe multa afortibus dicuntur, quae
infirmi idcirco dijudicant, quia ignorant. Quod bene bobus caltitrantibus inclinata ilia testamenti area signavit,
quam quia casuram credens Levites erigere voluit, mox sententiam mortis accepit (II Reg. VI, 7). Quid est nam
que mens justi, nisi area testamenti? Quae gestata a bobus caldtrantibus inclinatur; quia nonnunquam etiam
qui bene praeest, dum subjectorum populorum confusione concutitur, ad dispensationis condescensionem ex sola
dilectione permovetur. Sed in hoc, quod dispensatorie agitur, inclinatio ipsa fortitudinis, casus putatur imperitis.
Unde et nonnulli subditi contra hanc, manum reprehensionis mittunt, sed a vita protinus ipsa sua temeritate
deficiunt. Levites ergo quasi adjuvans, manum tetendit, sed delinquens vitam perdidit, quia dum infirmi quique
fortium facta corripiunt, ipsi a viventium sorte reprobantur.Aliquando etiam sancti viri quaedam minimis conde
scendentes dicunt, quaedam vero summa contemplantes proferunt; dumque vim vel condescensionis vel altitudinis
nesciunt, audacter haec stulti reprehendunt. . . perdit vitam, qui arcam Dei tumide sublevat, quia nequaquam
quis sanctorum corrigere recta praesumeret, nisi deseprius meliora sensisset. Cfr. anche lib. 25,16 (PL 76.344).
18. Come è noto, Gelasio espose la teoria del dualismo dei poteri nel 494, nella Epistola Gelasii
papae adAnastasium Augustum, édita in Epistolae Romanorum pontificum genuinae..., I, a cura di Andreas
Thiel (Brunsbergae, 1868), 349-58,350-52.
19. Cfr. Sofia Boesch Gajano, "Gregorio I, Santo," in Enciclopedia dei Papi, I (Roma: Istituto
dell'Enciclopedia Italiana, 2000), 546-74. L'incarico a Costantinopoli era motivate dalle preoccupa
zioni pontificie nei confronti della crescente pressione militare longobarda in Italia.
20. Che oggi si tende a far risalire al 556 o poco dopo, nella versione greca, tradotta poi in
latino prima della fine del VI secolo. Per un'approfondita ricostruzione del dibattito in merito, cfr.
Luca Loschiavo,"Il codex graecus e le origini del Liber authenticorum" Zeitschrift der Savigny-Stiftung für
Rechtsgeschichte. Romanistische Abteilung 127 (2010): 115-71.
21. Nov. 6,praef, che esamino in seguito. Sull'adesione di Gregorio Magno ai prineipi gelasiani,
cfr. quanto afferma Quaglioni in merito alla discussa attribuzione a Gregorio del Commentario al
I Libro dei Re, dal quale emerge chiaramente "la forza di un manifesto del dualismo fondamentale
tra il sacro e il secolare." Diego Quaglioni, "La «Politeia biblica» nella tradizione gregoriana," in Per
Gabriella. Studi in ricordo di Gabriella Braga, IV, a cura di Marco Palma e Cinzia Vismara (Cassino:
Università degli studi di Cassino, 2013), 1519-39,1528.
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Dante Studies 133,2015
22. Cfr. Anthony K. Cassell, The Monorchia Controversy: An Historical Study with Accompanying
Translations of Dante Alighieri's Monorchia, Guido Vernani's Refutation of the "Monorchia" Composed by
Dante, and Pope John XXIl's Bull Si fratrum (Washington, DC: The Catholic University of America
Press, 2004), 7-8.
23. Salvianus Massiliensis, De Gubernatione Dei, 6.10 (PL 53.119): Quanta autem vitia Romanorum
sint quibus barbarae gentes non coinquinantur, licet hactenus satis dixerim, addam tomen multa quae desunt. . .
Semper enim per dignitatem iniuriam petferentis crescit culpa facientis: quia necesse est quanto maior est persona
eius qui contumeliam patitur, tanto maior sit noxa ejus qui facit. Et hinc est quod legimus in lege (Exod. XXI),
etiam eos qui videntur contra mandatum sacrum levia fecisse, severissime tamen esse punitos. Ut intelligeremus
scilicet nil ad Deum pertinens leve esse ducendum; quia etiam quod videbatur exiguum esse culpa, grande hoc
faciebat Divinitatis iniuria. Denique Oza ille levites Dei quid contra mandatum coelestefecit, quod vacillantem
arcam Domini sustinere tentavit (II Reg. VI)? Nihil enim hinc erat lege praeceptum. Et statim dum sustinebat,
exstinctus est.
24. Cfr., per es., infra, ciô che afferma Pietro Cantore alia fine del XII secolo.
25. Sancti Joannis Damasceni De Fide Orthodoxa 4.13, De sacrosanctis et immaculatis Domini mysteriis,
§ Christi verum corpus, non figura (PG 94.1147-50): nec veris panis et vinum, Christi corporis et sanguinis
figura sunt (absit!), sed ipsum Domini corpus deitate dotatum; cum ipse Dominus dixerit: "Hoc est", non figura
corporis, sed "corpus meurn", neque figura sanguinis, sed "sanguis meus". Sulle sorti del De fide Orthodoxa
in Occidente e la traduzione di Burgundione da Pisa nel 1148-1150, cfr. Joseph De Ghellinck, Le
mouvement théologique du Xlle siècle (Bruges: Editions de Tempel, 1948), 374-85.
26. Cfr. Casimir-Achange Emereau,"Iconoclasme," in Dictionnaire de Théologie Catholique, 1 (Paris:,
Letouzey et Ané, 1921), 575-95.
27. Cfr. Venance Grumel,"Images (Culte des)," in Dictionnaire deThéologie Catholique, 7,766-843,
775-82, e Opus Caroli Regis contra synodum (Libri Carolini), herausgegeben von Ann Freeman unter
Mitwirkung von Paul Meyvaert, Hannover 1998 (MGH Leges: 4, Concilia;T. 2, Suppl. 1), Einleitung,
1-12,1.
28. Cfr. ibid., 3, e l'esteso lavoro di Thomas F.X. Noble, Images, lconoclasm, and the Carolingians
(Philadelphia: University of Pennsylvania Press, 2009).
29. Sulla reazione di papa Adriano I alle esternazioni di Carlo Magno, Emereau, "Iconoclasme,"
7—10; Grumel, "Images," 779—82; Noble, Images, lconoclasm, 254—60.
30. Libera traduzione del seguente passo dei Libri Carolini (o Opus Caroli Regis contra synodum,
ed. cit.), lib. IV, cap. XXI, 541: Quid ergo est arce Testamenti Domini, que a Domini gubernabatur, ne casum
pateretur, manum velle subponere, nisi catholice religioni, que a Domino utique regitur ne inter huius vitae
itinera titubet, imaginum adorationem velle admittere? Aut cui adsimilari potest Oza, qui absque sacerdotum et
conlevitarum consilio quadam pesumptibili cura novum arce Domini voluit sustentaculum prestare, nisi istis, qui
absque sanctorum patrum doctrina et consacerdotum per diversas mundi partes constitutorum consensu arroganti
quadam et superciliosa intentione novam Christiane religioni imaginum adorationem nituntur inserere? Perdidit
igitur vitam, qui arcam Dei tumide sustentare affectavit, quia, qui Deum, qui ubique totus est, ubique mirabilis,
re aliqua indigere, in qua adoretur, credit eumque in rebus visibilibus adorat, cavendum est, ne tunc vitam perdat,
cum eius vitalibus monitis procaci mente resistit. Levites ergo isdem rede Oza dicitur qui robustus inteipretatur;
quia presumptores quique nisi audaci mente robustos se crederent, neququam synodos in quibus adorandarum
imaginum nova constitutio censeretur, agitarent.
31. Si veda il commento latino al passo sull'Eucaristia del De Fide Orthodoxa (4.13), dove i
discorsi di Damasceno sono esemplificati proprio con la storia di Uzzà: Ad haec Oza extendens cum
minori quam parerat reverentia manum, qua ruinam minitantem arcam, ob récalcitrantes qui earn vectabant boves
sustentaret, subitanea morte percussus ante arcam concidit. Erat autem area quaedam umbra duntaxat etfiguram
horum misteriosum, quae in se proportione excellentiam habent maiorem. Siquidem sacratissimum Christi corpus
vera est ilia area, in qua habitat omnis plenitudo divinitatis corporaliter et in qua omnes thesauri sapientiae et
scientiae sunt absconditi (S. Johannes Damascenus, Theologia quatuor Libris Explicata et adiecto ad litteram
commentario elucidata, Paris: ex officina Henrici Stephani, 1512), 161v.
32. Sacerdos quoque qui arcam inconsiderata temeritate tetigit, ausus sui reatum immatura morte purgavit.
Ubi intueri necesse est quantum delinquat, qui ad corpus Domini reus accesserit, si devotus ille sacerdos morte
muletatur, qui arcam illam, Dominici videlicet corporis figuram (I Cor. XI) minori quam debuit veneratione
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Dante, la Bibbia, il diritto menzinger
corripuit. Il passo ricorre identico in Auetor incertus (Beda ?), Aliquot quaestionum Liber, q. viii (PL
93.460), e in Rabanus Maurus, Commentaria in libros Regum, 2.6 (PL 109.83), e Id., Commentaria in
Libros II Paralipomenon, 1.13 (PL 109.340). Sull'attribuzione del testo a Beda, cfr. Paul Lehmann,
"Wert und Echtheit einer Beda abgesprochenen Schrift," Sitzungsberichte der Bayerischen Akademie der
Wissenschaften 4 (1919): 3—21; sul significato che assume in esso il passo di Uzzà e sulla consonanza
delle idee di Beda con quelle del Damasceno: Peter Darby, Bede and the End ofTime (Farnham: Ashgate,
2012), 112—14, e cfr. Bede: a Biblical Miscellany, trans, with notes and introduction by William Trent
Foley and Arthur G. Holder (Liverpool: University of Liverpool Press, 1999),162-63.
33. Per un inquadramento della sua figura: Giuseppe Sergi, Claudio, in Dizionario Biografico degli
Italiani 26 (Roma: Istituto dell'Enciclopedia italiana, 1982), 158-60; per le reazioni sollevate dalle
sue opere: Grumel, "Images", 780-81, che sottolinea la condanna del clero franco delle posizioni di
Claudio da parte, tra l'altro, dell' allievo di Rabano,Walafrido Strabone che, in reazione alle posizioni
iconoclaste del vescovo di Torino, toma a sottolineare la presenza corporale di Cristo nell'Arca:
Notandum quantum delinquat qui corpus Domini indigne accipit, si dévolus sacerdos interiit qui arcam Dominici
figuram corporis minori quam debuit veneratione corripuit (PL 113.651).
34. Antichitàgiudaiche,cit.,7.81, che rappresenta una delle fonti su Uzzà nella teologia medievale
latina, come attesta la diretta citazione (dicit Josephus eum percussum, quia tetigit arcam cum sacerdos non
esset) da parte per esempio di Pietro Comestore neWHistoria Scholastica che cito infra.
35. Le tre versioni sono coincidenti, tanto da rendere difficile stabilire la paternità del seguente
brano, che circolô evidentemente molto nel IX secolo: :. . . congregavit David omnes electos ex Israel
triginta millia, quia Dominus Ecelesiam primitivam ex Israel instituit, non quidem omnem Israel, sed electos
quosque sibi consocians. . . . Erat quidem prius area in domo Aminadab, . . . qui interpretatur pater meus
spontaneus, vel Abraham patrem ftdei, vel Moysen legislatorem significat . . . Elata ergo f oris area ludebat
David, et omnis Israel coram Domino diversis musicorum generibus ... ; ubi sacerdos, qui arcam incautius
quasi corrigendo tetigit, mox a Domino percussus occubuit, quia Judaeorum populus dum gentibus invidet,
salutis se mutiere privat, dum Legem vult Evangelio miscere utriusque sibigratiam tollit. Et tenuit earn, inquit,
quoniam cakitraverant boves (II Reg. VI). Boves quippe calcitrare est, praedicatores Evangelii liberius circa
fidem agere, neque secundum consuetudinem Legis ingredi, sed Sabbata, neomenias, äreumeisionem, victimasque
spiritualiter interpretari. Quos velut errantes corrigere tentabant, qui descendentes de Judaea docebant fratres:
Quia nisi circumtidamini secundum morem Moysi, non potestis salvifieri (Act. XV). Et de quibus Jacobus ad
Paulum: Vides, inquit, frater, quot millia sunt in Judaea, qui crediderunt, et omnes hi aemulatores sunt legis
(Act. XXI): Beda, Aliquot quaestionum liber, q. viii, (PL 93.460-61); Claudius Taurinensis, Quaestiones
super Libros Regum, Hb. II (PL 104.694-95); Rabanus Maurus, Commentaria in libros Regum, 2.6 (PL
109.83-85), e cfr. Id., Commentaria in Libros II Paralipomenon, 1.13 (PL 109.338): Et bene scriptum est,
David dixisse, quod non requisierint earn in diebus Saut, quia permanente Synagogae statu temporibus Veteris
Testamenti, quasi non requisierunt arcam Domini, quia spiritualem sensum, qui latebat in littera, illa populo
ad apertum producere non potuit, sicut sub gratia Novi Testamenti manifestatum est credentibus in Christum;
il testo prosegue su Uzzà ancora fino a col. 341.
36. Act.Ap. 21,17-28.
37. Sul profilo di Lupo nell'ambito del mondo intellettuale carolingio, cfr. Alberto Ricciardi,
L'epistolario di Lupo di Ferrières. Intellettuali, relazioni culturali e politico nell'età di Carlo il Calvo (Spoleto:
Centra italiano di studi sull'alto Medioevo, 2005).
38. Lupus Ferrariensis, Canones Concilii Vernensis, M GH LL Capit. 2,385-86 (PL 119.618): Votum
ergo alterius quomodo quisquam Deo audet auferre haereditatem pauperum qua temeritate praesumit invadere?
Unde alii suas animas redemerunt, cur inde alii suas perdunt? Itaque quaedam loca venerabilia, quod nunquam
antea auditum est, laid ex integro possident, quorumdam partem sibi vindicant, quorumdam praedia multipli
citer divisa in haereditatem sibi dari fecerunt. . . Oza percussus est propterea quod nutantem arcam sublevare
praesumpsit, quam längere nefas erat. Rideat hoc aliquis, nisi, quod summo dolore dieimus, quidam oppressores
Ecclesiae dignum suis moribus exitum nostro etiam tempore invenerunt.. .Et quisquam tarn audax et desperatus
invenitur, qui possessions Dei ad certissimam perniäem suam oaupet et invadat?
39. Odo Cluniacensis, Collationum Libri Très, 1.20 (PL 532-33): Quod enim magistri a subditis
reprehendi non debeant, bette bobus calcitrantibus inclinata illa testamenti, quae redores significat, area figuravit.
Quam quia casuram credens Oza levites erigere noluit, mox sententiam mortis aeeepit, in humero percussus, quo
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ex praecepto legis earn ferre debuerat: quia nimirum dum subditi contra praelatos, quorum imperia ferre debuerant,
a Domino percussus interiit. Per archam intelliguntur prelati, per Ozam subditi, per inclinationem archae casus
prelatorum intelligitur, per ilium, qui manum adhibuit, intelliguntur reprehendentes uel accusantes vitam doctorum,
qui a Domino percussi intereunt.j. 3. His ita respondetur: Verum est, per archam significari prelatos, et per Ozam
subditos. Illud verofalsum est, quod per inclinationem archae significetur casus prelatorum ... Per archam ergo
inclinatam intelliguntur, qui subditorum culpas misericorditerportant, et eorum infirmitati humiliter conpatiuntur.
Unde bene dicitur, quod bubus recalcitrantibus archa inclinata est. Boues quippe récalcitrantes subditos significant
suis doctoribus non obedientes, quibus dum prelati conpatiuntur, quasi bubus recalcitrantibus archa inclinatur.
Leuita, qui manum adhibuit, significat illos, qui misericordiae compassionem in prelatis suis reprehendunt, eosque
in seueritatis amaritudinem erigere uolunt. Unde bene "Leuita"ille Oza dicitur. . . .
46. Cfr. Diego Quaglioni, "Il nuovo ordinamento della Chiesa: decretisti e decretalisti," in II
Contributo italiano alla storia del Pensiero—Diritto (2012), 59-66. Secondo Claudia Di Fonzo ("Dante
et la tradition juridique romaine et medievale," Chroniques italiennes 23 (2/2012), l'impostazione del
Decretum favorisce una certa inclinazione di Dante verso la conciliatio contrariorum, riscontrabile a più
riprese nella sua opera.
47. Cfr. supra.
48. Cfr. la disamina delle glosse civilistiche alla Novella Quomodo oporteat episcopos presentata da
Filippo Cancelli, "Diritto romano in Dante," in Enciclopedia Dantesca 2 (Roma: Istituto dell'Enciclo
pedia Italiana, 1970), 472-79, tra le quali, per es., la gl. Conferens generi: Ergo apparet quod nec papa in
temporalibus nec imperator in spiritualibus se debet immiscere. Numquid ergo Papa temporalem iurisdictionem
in iis quae sunt Imperii.
49. È il caso, ad esempio, di Giovanni Bassiano e Rolando da Lucca: cfr. Ennio Cortese, "Bas
siano, Giovanni," in Dizionario Biografico dei Giuristi Italiani (XII—XX secolo), I (Roma: Istituto
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Dante, la Bibbia, il diritto menzinger
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Seventieth Birthday, a cura di Brian Tierney e Peter A. Linehan (Cambridge: Cambridge University
Press, 1980), 99-114.
63. Mon. 3.5, a cura di Quaglioni,1281-82: Assummunt etiam argumentum de lictera Moysi, dicentes
quod de femore Iacob fluxit figura horum duorum regiminum, quia Levi et Iudas: quorum alter fuit pater sacerdotii,
alter vero regiminis temporalis. Deinde sic arguunt ex hiis: sicut se habuit Levi ad ludam, sic se habet Ecclesia ad
Imperium; Levi precessit ludam in nativitate, ut patet in Lictera: ergo Ealesia precedit Imperium in auctoritate.
Sul passo e più in generale su questo discorso, cfr., Cassell, Monarchia Controversy, 93.
64. Per l'uso politico delle argomentazioni bibliche nel Basso Medioevo e "the infiltration of the
biblical-latinised ideas into the vocabulary of the acting governments", cfr. Walter Ullmann, "The
Bible and principles of government in the Middle Ages," in La Bibbia nell'Alto Medioevo (Spoleto:
Centra italiano di studi sull'alto Medioevo, 1963), 181-228.
65. Mon. 3.6, a cura di Quaglioni, 1286-97, con ampio apparato di commento in nota nel quale
è menzionata l'influenza delle idee di Azzone (poi conduite in una glossa di Accursio) sulla distin
zione tra nunzio e vicario: cfr. anche Id., ibidem, Introduzione, 861-65, e Id.,"^4r(e di bene e d'equitade.
Ancora sul senso del diritto in Dante (Monarchia, II v 1)," Studi Danteschi 76 (2011): 27-46,29—33.
66. Per l'importanza conferita da Dante al Decretum di Graziano, cfr. quanto afferma Diego Qua
glioni a proposito del IV trattato del Convivio (Conv: 4.12.9:. . . E che altro intende di medicare l'una e
l'altra Ragione, Canonica dico e Civile, tanto quanto a riparare alia cupiditade che, raunatido ricchezze, cresce?
Certo assai lo manifesta e l'una e l'altra Ragione, se Ii loro cominciamenti, dico della loro scrittura, si leggono)
il quale correttamente identifica nel proemio del Decretum il 'cominciamento' del diritto canonico, e
non in quello del Uber Extra come a lungo è stato ripetuto; sulla scorta di questa acquisizione e della
valorizzazione del commento di Pietro Alighieri, Quaglioni ("L'una e l'altra ragione. Note sull'univer
salismo giuridico di Dante", in corso di stampa in: Miscellanea Stickler) récupéra l'interpretazione dei
due fori nel senso di canonico e civile (Par. 10.103-105), in contrasta con l'interpretazione prevalente
a partire da Francesco Brandileone, "Perché Dante colloca in Paradiso il fondatore della scienza del
diritto canonico," Rendiconti dell'Accademia Nazionale dei Lincei 6.2 (1926): 65-149.
67. Cortese, II diritto nella storia medievale, II, 217-19.
68. Purg. 16.103-114:"Ben puoi veder che la mala condotta / è la cagion che'l mondo ha fatto
reo, / e non natura che'n voi sia corrotta. / Soleva Roma, che'l buon mondo feo, / due soli aver, che
l'una e l'altra strada / facean vedere, e del mondo e di Deo. / L'un l'altro ha spento; ed è giunta la
spada / col pasturale, e l'un con l'altro seme / per viva forza mal conven che vada; / perô che giunti,
l'un l'altro non teme: / se non mi credi.pon mente a la spiga, / ch'ogn'erba si conosce perlo seme".
69. Quod ut gloriosa longanimitas foveat et defendat, Romam urbem, nunc utroque lumine destitutam,
nunc Annibali nedum alii miserandam, solam sedentem et viduam prout superius proclamatur, qualis est, pro
modulo vestre ymaginis ante mentales oculos qffigatis oportet: Dante Alighieri, Opere, vol. 2, Epistole, a cura
di Claudia Villa, Epist. 11 (Cardinalibus ytalicis. . .), 1480-89,1486.
70. Brian TierneyRe/içion, Law and the Growth of ConstitutionalThought. 1150-1650 (Cambridge:
Cambridge University Press, 1982), 29-30; Id., The Crisis of Church and State. 1050-1300 (Toronto:
University ofToronto Press, 1988),98-99.
71. In questa interessante prospettiva si colloca il lavoro di Justin Steinberg, Dante and the Limits
of the Law (Chicago: University of Chicago Press, 2013), che si interroga sull'operatività di alcune
macro-categorie giuridiche (reputazione, arbitrio, privilegio, contratto) nel pensiero dantesco.
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