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Dopo essere stata liberata dalla tirannia del padre, lord Welton, che la
teneva in pugno per ricattare la sorella, Amelia Benbridge può ripren-
dere a condurre una vita normale. Ma sebbene siano trascorsi sei anni,
il suo cuore appartiene ancora al primo amore, Colin Mitchell, morto
nel tentativo di trarla in salvo. Neppure la lunga amicizia che la lega al
conte di Ware sembra lenire pena e malinconia, né la sua allettante
proposta di matrimonio. Amelia continua a struggersi, finché, a un
ballo mascherato, il misterioso conte Montoya risveglia i suoi sensi
con un bacio, fino a trascinarla in un vortice di passione. E lei non sap-
rà darsi pace, continuando a ignorare chi si cela dietro la maschera
dell’irresistibile ed esotico conte...
L’autore
Sylvia Day, pubblicata anche con lo pseudonimo Livia Dare, è ora una
tranquilla madre di famiglia, scrittrice a tempo pieno che frequenta
parecchi generi ed è tradotta in molte lingue. In precedenza ha però
avuto un’esperienza del tutto particolare: linguista russa per l’intelli-
gence dell’Esercito americano. Di padre americano e madre giap-
ponese, Sylvia è nata a Los Angeles e risiede nel Sud della California,
dove ama seguire tutti gli eventi legati alla cultura nipponica non
meno delle gite a Disneyworld. Da bambina aveva poche aspirazioni
ma chiare: diventare istruttrice di delfini oppure scrittrice di best-
seller. Ora sappiamo come è andata a finire.
SOLTANTO
PER TE
Traduzione di
Chiara Borello
Ai miei cari amici Shelley Bradley e Annette McCleave. Grazie per
avermi regalato la vostra amicizia, per avermi sostenuta e aiutata
con le vostre idee mentre scrivevo il libro. L’ho apprezzato davvero
molto e i vostri suggerimenti sono stati preziosi.
1
Londra, 1780
Amelia, però, non era come tutte le altre: aveva vissuto sedici anni
sotto scorta, con persone che la controllavano a vista. Era una
sensazione davvero unica essere tenuti d’occhio in quel modo, e lei di
certo non s’ingannava. Tuttavia, poteva affermare con una certa
sicurezza di non essere mai stata esaminata da un uomo così...
irresistibile.
Era tutto vestito di nero, a eccezione delle calze candide, del foulard,
della camicia e della maschera molto semplice, priva di piume e orna-
menti, assicurata alla testa da un nastro di satin nero. Mentre tutti gli
altri uomini indossavano abiti dai colori vivaci per attirare
l’attenzione, la forte austerità di quell’individuo sembrava pensata per
confondersi tra le ombre e passare inosservato, cosa ovviamente im-
possibile. Sotto la luce di tutte quelle candele, i suoi capelli neri
rilucevano di vitalità e sembravano invitare una donna a passare le
dita tra quelle ciocche.
Non riusciva a capire che cosa l’avesse attirato tanto in lei. Anche se
sapeva di essere abbastanza carina, in fondo non era più attraente di
molte delle donne presenti quella sera. Il suo abito, benché delizioso,
con le sottogonne di spumeggiante pizzo argentato e i delicati laccetti
rosa e verdi, non era comunque il più appariscente. Inoltre, coloro che
cercavano solo un’avventura in genere non la degnavano nemmeno di
uno sguardo, data la lunga amicizia che la legava al famoso conte di
Ware; molti infatti presumevano che sarebbe diventato il suo futuro
sposo, anche se non nell’immediato.
D’altro canto, però, voleva anche capire quali erano le sue intenzioni.
Amelia aveva trascorso tutta la sua infanzia senza la mamma, spostan-
dosi da un posto all’altro, cambiando governante così sovente da non
poter stabilire alcun legame affettivo con nessuno; era stata separata
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Amelia si voltò di scatto per vedere chi l’aveva colpita e si ritrovò dav-
anti un uomo con la parrucca, vestito di satin color pulce. Farfugliò
qualcosa per tranquillizzarlo e abbozzò un sorriso, poi tornò a cercare
con lo sguardo l’uomo misterioso.
Dov’era finito?
— Amelia.
— Tutti gli uomini vi vengono dietro, mia amata — disse lui, in-
crespando leggermente le labbra. — Quantomeno vi seguono con gli
occhi, se non possono farlo diversamente.
Amelia colse una nota d’intimità nella voce di Ware, così sollevò gli oc-
chi. — Razza di un malandrino...
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— Con voi.
— Ah, superbo — sussurrò lui, con gli occhi che gli brillavano di con-
tentezza. — Raccontatemi tutto.
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— È una proposta?
— Non saprei.
rivelando un profilo così nobile che sarebbe stato perfetto per una
moneta.
— E voi sapete che questo è proprio il motivo per cui mi piacete molto
— rispose lui, con un sorriso così dolce da farla arrossire. — La mia
vita è programmata nei minimi dettagli. Tutto deve restare ordinato e
al proprio posto. Io so qual è la mia posizione e intendo soddisfare ap-
pieno le aspettative della società.
— Davvero?
Ware annuì.
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Lui si voltò di scatto e la trascinò giù per gli scalini, verso il giardino,
con la maschera che penzolava da una mano. Un sentiero inghiaiato
costeggiava una bassa siepe di tasso, che a sua volta circondava una
rigogliosa aiuola con al centro un’enorme fontana.
— Come il vetro — rispose lui, le strinse la mano e lei gli rivolse un sor-
riso affettuoso.
— Ah, sì?
— Già, quasi.
— Capite, Amelia? Voi siete perfetta per me. Gioisco della vostra com-
pagnia, della vostra sincerità e della possibilità di poter conversare lib-
eramente di tutto. Non esiste incertezza o paura di un litigio per un
nonnulla. Voi non potete ferirmi e io non posso ferire voi, perché non
associamo le azioni ai sentimenti. Se posso agire senza pensare non lo
faccio perché voglio farvi del male, e voi lo sapete bene. Terrò in es-
trema considerazione il nostro legame finché vivrò.
Lei era perseguitata dal ricordo dei baci appassionati scambiati con
Colin, ma al contempo non poteva rischiare di compromettere il suo
rapporto con Ware. Temeva che qualcosa tra loro potesse rompersi. Il
conte era intelligente, affascinante, perfetto. Che aspetto avrebbe
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— Lo so.
— Sì.
Il conte la guardò con estrema serietà. — Avete fatto luce sulla ques-
tione, ma ora sono davvero preoccupato. Quell’uomo vi ha
importunata?
— Sì, concordo.
Amelia si posò la maschera sul viso. Come poteva spiegargli che era ri-
masta ammirata dalla sua stazza possente e dalla sua presenza senza
dare molto peso a cosa stava facendo? — M’intrigava. Volevo che si av-
vicinasse per vedere chi era.
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— Lord Ware!
— Certo, milord.
— Lo so.
— Questo è tutto quello che avete da dirmi? — gli domandò lei quando
capì che stava per andarsene.
— Me ne sono accorta.
— Vi prego di perdonarmi.
Amelia era in attesa che lui facesse qualcosa, e quando lo vide indicare
il giardino sul retro, scosse il capo in segno di diniego e fece una smor-
fia, contrariata dalla sua apparente fretta di sbarazzarsi di lei.
Lui annuì e la tensione nell’aria si fece ancora più palpabile. Non c’era
motivo di indugiare, eppure Amelia percepiva che entrambi volevano
restare.
— Davvero? — La sua voce si era fatta più bassa, e l’accento era di-
ventato più marcato. Sembrava che volesse sedurla, oppure che si
rivolgesse alla sua amata. Amelia si lasciò avvolgere dal calore di quel
suono: le ricordava la sensazione che si prova in inverno, quando si
rincasa da una fredda giornata e si gusta il tepore del camino acceso.
L’effetto era davvero sconvolgente.
— E allora?
— Forse non era questo che desideravate sentirvi dire — osservò lui,
avvicinandosi ancora un po’.
Amelia abbassò gli occhi e guardò gli stivali e la cappa che gli fluttuava
intorno alle gambe. Vestito così era davvero inquietante, eppure non le
incuteva alcun timore. Fece un gesto noncurante, come a voler chi-
udere un discorso che non sapeva più portare avanti. Il conte aveva ra-
gione: era troppo sfacciata, ma non tanto spudorata da ammettere
apertamente che trovava esaltante il pensiero che nutrisse un qualche
interesse verso di lei.
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— E perché?
Percependo una nota struggente nelle sue parole, lei tentò di consol-
arlo. — La vostra perdita mi addolora. Anch’io ho perso una persona
cara e so come ci si sente.
— Voi non dovreste stare qui fuori da sola — disse lui, passandosi i
fiocchi tra il pollice e l’indice. Non riusciva a sentirli, attraverso i
guanti, e questo caricava di sensualità quel gesto, come se il desiderio
di accarezzare qualcosa di suo fosse irresistibile.
— E vi piace?
— Ah, sì? — L’uomo si sporse verso di lei. Quella posa fece tendere i
calzoni sui muscoli possenti delle sue cosce. La cappa di satin creava
un forte contrasto, permettendole di cogliere ogni sfumatura. — E su
cosa fantasticate?
— Uhm... — Amelia alzò gli occhi al cielo, confusa dalla direzione dei
propri pensieri. — Invento delle storie. Favole e cose simili.
Non ne aveva la certezza, dato che la mezza maschera gli copriva parte
del volto, ma ebbe l’impressione che avesse sollevato un sopracciglio.
— E le scrivete anche?
— A volte.
— Lo adoravo.
Lei allungò il braccio e appoggiò le dita nel suo palmo affinché l’aiu-
tasse ad alzarsi. La sua mano era grande e calda, la sua presa forte e
sicura. Lei esitò un attimo prima di lasciarla andare e fu felice di per-
cepire che lui condivideva la stessa emozione. Rimasero fermi per
qualche secondo, in contatto; il solo rumore che riempiva l’aria era
quello dei loro respiri, finché non giunsero alle loro orecchie le am-
malianti note di un minuetto.
Lei annuì senza fare alcuno sforzo per divincolarsi, guardandolo a sua
volta negli occhi. Osservava e aspettava.
Proprio quando ormai era quasi certa che non l’avrebbe baciata, Mon-
toya accolse quel muto invito e sfregò le labbra contro le sue. Poi, le
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— Che cosa state facendo qui fuori? — le domandò in tono brusco, pas-
sando in rassegna con apprensione lo spazio circostante. — Mi stavo
dannando a cercarvi.
— Mi dispiace — fu tutto ciò che riuscì a dire lei. I suoi pensieri ormai
erano tutti rivolti a Montoya, che aveva chiaramente riconosciuto quel
fischio di avvertimento.
Per un attimo era stato reale, ora invece era sfuggente, proprio come il
fantasma a cui lei l’aveva associato. E molto sospetto.
Ciò che era allarmante era quanto fosse bello St John: sembrava una
divinità, mentre la sua mente era diabolica. Nonostante vivesse a casa
sua, Amelia non si era ancora abituata alla sua avvenenza.
— Oh, che cosa carina da dire! — gridò, convinta di ogni singola pa-
rola. — Grazie molte.
Gli unici segni del fatto che fosse mortale erano le rughe che gli con-
tornavano la bocca e gli occhi, frutto evidente di una vita piena di pre-
occupazioni. Da quando aveva sposato sua sorella si erano un po’ spi-
anate, ma non sarebbero mai sparite del tutto.
— L’hanno perso.
— Com’è possibile?
— Sarebbe a dire?
— Sapete bene quanto me che il vostro incontro con Ware è stato una
vera benedizione: non solo vi ha liberata dalla prigionia di vostro
padre, ma ha anche ignorato il vostro passato scandaloso e i vostri
legami familiari. — Il pirata tamburellava le dita sulla scrivania così pi-
ano da non far quasi rumore. — I vostri figli godranno di ogni vantag-
gio e il primogenito maschio un giorno diventerà conte. Qualsiasi cosa
possa mettere a repentaglio il vostro futuro è fonte di preoccupazione
per me.
— Certo. Divertitevi.
Come aveva fatto sin dalla prima volta che si erano incontrati, Maria si
abbandonò contro di lui con quel corpo lussureggiante e caldo che lui
adorava. — Lo dici tutti i giorni — sussurrò, ma il suo sorriso era carico
di soddisfazione.
statura, erano fatti l’uno per l’altra, come due tasselli di un puzzle che
si incastrano alla perfezione.
Maria aveva gli stessi capelli lucidi e corvini della sorella, ma questa
era l’unica cosa che le accomunava. Amelia aveva preso dal padre, il
defunto visconte Welton, gli occhi verdi e un fisico slanciato e asciutto.
Maria, che grazie Dio era figlia di un altro uomo, somigliava alla
madre spagnola: aveva gli occhi scuri ed era bassa e formosa.
— Ah, sì? — Ecco in che cosa erano davvero affini: tanto erano diversi
all’esterno, tanto si assomigliavano nel profondo: due menti criminali
e scaltre. — Cosa mi sono perso?
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— No. — Maria gli rivolse uno di quei sorrisi carichi di mistero che lo
ammaliavano.
— No? — ripeté.
Lei fece un passo indietro e guardò la patta dei suoi calzoni. — Sì, lo
vedo. Possiamo ritirarci?
— Lo vorrei tanto — bisbigliò lui, con il sangue che gli ribolliva già
nelle vene.
— Sì. — Tim era uno dei suoi luogotenenti più fidati; aveva una pazi-
enza infinita e ci sapeva fare con il gentil sesso. La sua passione per le
donne era evidente; loro se ne accorgevano e si aprivano con lui più di
quanto non facessero con altri uomini. Lo ascoltavano e si fidavano di
lui, e questo avrebbe reso più semplice mantenere Amelia sulla retta
via.
Maria sfiorò con la punta della dita il suo palmo, mentre le loro mani
si separavano. — Ci vediamo a cena, Tim — disse, passandogli accanto
con passo seducente, mentre lasciava la stanza.
— Certo, madame.
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— Già.
Era andato tutto come Colin Mitchell aveva previsto. Erano anni che
aspettava quel giorno, e adesso che era arrivato, restare seduto a ta-
vola gli pareva quasi impossibile. Nel giro di poche ore sarebbe salpato
verso l’Inghilterra per raggiungere l’amore della sua vita. Quanto
sarebbe voluto essere già con lei!
Fare baldoria era all’ordine del giorno, per tipi come lui, ma anche se
era cresciuto in un chiassoso campo gitano, Colin preferiva comunque
le serate tranquille. Era Simon che cercava posti rumorosi. Diceva che
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In fondo, quello era ancora uno dei pochi posti che Colin tollerava:
pulito, ben illuminato, e il cibo era delizioso. Tre enormi candelabri
scendevano giù dalle travi di legno del soffitto e nell’aria si spandeva il
profumo di diverse pietanze appetitose che si mescolava a quello delle
prosperose cameriere. Le risate sonore e il chiacchiericcio facevano a
gara per farsi sentire sopra l’orchestra che suonava freneticamente in
un angolo remoto della sala, lasciando loro una relativa intimità in
mezzo a quel fracasso. Sembravano due gentiluomini vestiti di tutto
punto che si godevano la cena.
— Vero. — Colin sapeva che Simon non voleva che andasse via: era
una pedina troppo importante per i suoi giochetti. Avrebbe saputo ad-
ottare qualunque travestimento, dovunque. Gli uomini si fidavano di
lui e le donne lo trovavano irresistibile: erano creature dotate di un
forte intuito, e appena percepivano che il suo cuore era impegnato,
cercavano ancora di più di conquistarlo. — Ma c’è una parte di me che
non è mai cambiata.
Quella notte stessa, lei se l’era portato a letto e ce l’aveva tenuto per
due anni, senza preoccuparsi minimamente quando si assentava per
settimane o mesi per il suo lavoro. Il loro era un rapporto di comodo e
di reciproca comprensione.
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“A volte invidio la donna che ha una presa così salda sul tuo cuore” gli
aveva confessato una volta.
Alla fine, non era riuscito a mantenere le distanze. Il visconte era una
specie di mostro e la usava per ricattare Maria, la bellissima sorella,
che maritava con nobili facoltosi per poi ucciderli e impossessarsi
dell’eredità. Quando le macchinazioni di Welton avevano messo in
pericolo Amelia, Colin aveva tentato di salvarla con un gesto valoroso,
ma gli avevano sparato e l’avevano lasciato a terra, credendolo morto.
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Quinn era stato inserito nella lista degli agenti della Corona d’Inghil-
terra perché assumeva degli incarichi che persone più prudenti non
avrebbero mai accettato. Né lui né Colin godevano di un riconosci-
mento ufficiale, e questo li sollevava da qualunque restrizione. Come
ricompensa per i loro sforzi, si tenevano la maggior parte del bottino, e
così erano diventati enormemente ricchi.
— Eri pur sempre alle mie dipendenze. Ora, invece, ti posso parlare
come a un amico con cui ho condiviso un passato comune.
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— Non ti sei mai goduto quella parte del tuo lavoro — aggiunse Simon.
— Che cosa romantica! — lo derise Simon. — Una delle qualità che am-
miravo in Maria era quella di riuscire a sopravvivere nei bassifondi. Io
non potrei passare la vita con una donna pura come un giglio. Mi an-
noierei presto.
— Tu dai per scontato che l’uomo che ti siede di fronte ora sia il vero
Colin, e che quello che si strugge per Amelia sia solo un artifizio.
Magari è tutto il contrario.
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Colin fischiò. — Cartland è una delle persone più irriverenti che io ab-
bia mai conosciuto.
— Ecco perché il suo legame con l’agente generale, che è altrettanto ir-
riverente, mi preoccupa. Voglio andare a perquisire il suo alloggio,
stanotte. Voglio farlo mentre tu sei ancora qui e mi puoi proteggere.
Ho soltanto bisogno che tu lo intrattenga, nel caso rientrasse prima.
— Dato che sa che parto all’alba, troverà strano vedermi ancora qui.
— D’accordo. Ti aiuterò.
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— Contaci.
L’uomo aveva lasciato la casa della sua amante qualche ora prima, e da
allora pareva vagare senza meta. Siccome continuava a procedere, pur
per larghi giri, verso il suo appartamento, Colin gli stava appresso per-
ché non poteva permettere che facesse ritorno mentre Simon era
ancora là.
— Ah, davvero? — C’era nella voce di Cartland un tono che mise in al-
larme Colin, ma prima che potesse fare qualcosa, vide il profilo di una
lama luccicare e un secondo dopo il pugnale si era già conficcato nel
ventre di Leroux.
Colin scansò i colpì e lo infilzò a una spalla. L’uomo ruggì come un ani-
male ferito e prese a dibattersi furioso.
— Più veloce! — disse l’uomo che aveva quasi salvato Leroux e che ora
stava scappando al fianco di Colin.
Insieme, imboccarono una via diversa rispetto a quella da cui era ar-
rivato Colin e che ora era piena di guardie che avanzavano con le lan-
terne in alto.
— Altolà!
Zigzagò tra palazzi e stradine, infilandosi nei vicoli per ridurre le prob-
abilità di essere acciuffato. Alla fine, riuscì ad arrivare davanti alla casa
dell’amante di Cartland. Appena il cocchiere lo notò, si stiracchiò e si
tenne pronto a sganciare il freno.
Com’era possibile che una missione tanto semplice gli fosse sfuggita di
mano con tanta rapidità?
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“Fa’ in modo che Cartland non ritorni a casa troppo presto.” Sembrava
una bazzecola, e non avrebbe certo dovuto includere il fatto di essere
stato testimone di un omicidio.
Quel tono tradiva una certa urgenza e il servitore lo fece subito acco-
modare nel salottino. Dopo qualche minuto Quinn fece il suo ingresso:
aveva la pelle arrossata e indossava una vestaglia di seta multicolore.
— Ti ho mandato a cercare ore fa. Quando ho visto che non rispondevi,
ho pensato che avessi imbarcato la tua roba e te ne fossi andato a
dormire.
Colin gli raccontò tutto, passeggiando senza sosta davanti al fuoco che
languiva nel caminetto.
— Non c’è nessun noi — ribatté Colin, puntando il dito verso l’orologio
a pendolo nell’angolo. — La mia nave salpa tra poche ore. Sono venuto
solo per dirti che è una liberazione. Se stanotte mi avessero preso, il
mio viaggio sarebbe stato rimandato di settimane, se non di mesi.
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Detto ciò, Colin si avviò per il passaggio e Simon richiuse subito l’aper-
tura. Si sentì uno stridore di metallo che accompagnava la
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risistemazione del pendolo. Non udì altro, perché avanzava alla cieca
nell’oscurità, tenendo le braccia larghe e le mani appoggiate al muro.
C’era quasi...
Colin si fermò sulla soglia e fissò l’individuo alto e magro che teneva
un coltello puntato alla gola del suo valletto. Doveva essere uno dei
tirapiedi di Cartland o qualcuno che lavorava per i francesi.
Colin si sentì mancare. “Amelia” pensò, mentre nella mente la sua im-
magine si allontanava e si faceva sempre più sbiadita.
— Eccellente.
Prima che lui potesse fare qualcosa, l’uomo si mosse e tirò indietro la
testa del valletto, tagliandogli la gola.
Colin procedette all’indietro e uscì dalla cabina, certo che quella notte
sarebbe morto. La profonda tristezza che provava non era dovuta
tanto alla perdita della propria vita, quanto alla mestizia di non poter
condividere insieme ad Amelia il futuro che aveva sperato.
Alzò gli occhi e vide l’uomo che si era battuto con Cartland poco prima
nel cortile. Era basso e tarchiato, molto muscoloso, e indossava abiti in
diverse sfumature di grigio. Aveva tratti aggraziati e occhi scuri e
stanchi.
— Jacques.
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— Lo so.
— Ormai è troppo tardi. Resterò con voi finché tutto non sarà chiarito
e non si farà luce sulla morte del mio padrone.
Questo Colin aveva una taglia sulla testa, e ciò significava che la sua
vita era in pericolo.
La luce screziata del sole gli baciava la chioma corvina e il bel volto.
Amelia non sopportava che le si contorcessero le budella e che il
cuore le battesse all’impazzata, quando lo vedeva. Con quella camicia
color malto e i calzoni marroni era davvero virile. Pericolosamente
virile.
Amelia capì soltanto allora che non si stava scusando per averla
spaventata a morte. — Che meraviglia! — esclamò, non riuscendo a
nascondere una punta di amarezza. — Sono proprio sollevata di
sapere che ciò che mi ha spezzato il cuore non conta nulla per te.
Amelia aveva ritenuto che l’occasione fosse degna di uno dei suoi
abiti migliori: quello blu notte ricamato a fiorellini rossi. — Lui non
mi vede come una bambina.
— A me pareva così.
— E tu invece sì?
Le faceva male sapere che là fuori c’era qualcuno che lui amava. Lui,
il suo Colin!
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Lui le infilò una mano dietro la nuca e l’avvicinò ancora di più a sé,
poi prese a strusciarsi contro di lei. I seni le si gonfiarono e comin-
ciarono a dolerle. A quel punto smise di dimenarsi, preoccupata di
come avrebbe reagito il proprio corpo se avesse continuato così.
— Ma cosa...
Lei si cinse la vita e tutto il suo corpo prese a tremare come se avesse
freddo, invece di un caldo insopportabile. La pelle era tutta tesa, le
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— Non chiedermelo.
— Come le cose che stavi facendo con quella ragazza? — gli chiese lei.
Le tremava il labbro inferiore, e se lo morsicò per nascondere quel
movimento rivelatore. La sua mente si affollò di ricordi spiacevoli
che andarono ad aggiungersi al subbuglio portato da quella brama
sconosciuta del proprio corpo e alle richieste pressanti del cuore. —
La sogni, ogni tanto?
— Dimmi che non hai baciato anche lei così — mormorò Amelia af-
fondandogli le unghie nella schiena.
Amelia si svegliò con il cuore in gola. Di nuovo quel sogno, quello stu-
pido retaggio dell’adolescenza. Gettò via le coperte e si mise a sedere
sul letto, lasciando che la leggera brezza notturna le accarezzasse la
pelle madida di sudore sotto l’impalpabile camicia da notte. Si portò le
dita tremanti alle labbra e le premette forte nel tentativo di mettere
fine al formicolio che sentiva.
Il sogno era così vivido che si era illusa di poter ancora sentire il gusto
di Colin in bocca, quel sapore esotico e inebriante che continuava ad
agognare. Erano anni che quei ricordi non la perseguitavano più e
Amelia aveva pensato che pian piano fossero svaniti, che alla fine il
tempo l’avesse guarita.
“Montoya” pensò.
— Cosa dice?
— Sì, lo so.
Era più che bella, era stupenda. Com’era possibile che una donna fosse
così perfetta? Due meravigliosi occhi verdi incorniciati da folte ciglia
nere. Labbra carnose tutte da baciare. La pelle liscia come la seta e il
corpo sinuoso di una donna ormai fatta, senza contare quell’aura di
sensualità che aveva sempre trovato attraente.
Adesso poteva ammettere che era andato al ballo spinto dalla speranza
di rivederla e scoprire che in realtà non era più attratto da lei. Forse la
lontananza l’aveva intenerito troppo, aveva pensato, così aveva
idealizzato il suo ricordo.
Colin sapeva che era successo per colpa sua. Le aveva gettato occhiate
insistenti, e questo non aveva fatto altro che accentuare la sua voglia di
incontrarla. “Guardami” aveva cercato di dirle nella mente.
“Guardami!”
Avrebbe potuto averla nel suo letto. La immaginò che si muoveva e in-
arcava la schiena sotto di lui mentre la cavalcava con ardore, risvegli-
ando in lei quella dose di lussuria che aveva sentito aleggiare sotto la
superficie. Nella sua mente, riusciva a vederla mentre gridava il suo
nome e si dimenava con la pelle imperlata di sudore.
Colin scacciò dalla mente quei pensieri libidinosi e aprì gli occhi. —
Voi siete un brav’uomo. Troppo per continuare a servire un uomo
morto.
Colin non replicò. Jacques aveva già fatto fin troppo per lui.
Colin si girò verso la finestra. La notte era già calata da qualche ora. A
breve sarebbe potuto uscire e andare in giro a fare domande discrete
su dove poteva trovare Cartland, prima che fosse lui a trovarlo. Ma in
quel momento aveva bisogno di riposare. — Mi ritiro per qualche ora,
poi andrò in cerca di qualche informazione. Sono certo che troverò
qualcuno con la lingua lunga.
— Forse potreste contattare l’uomo per cui lavoravate qui — gli suggerì
cautamente Jacques. — Quello che era a capo di Quinn.
Colin non aveva mai incontrato lord Eddington; non si erano mai
scambiati né una parola, né un messaggio. Tutte le comunicazioni pas-
savano attraverso Simon, e per quel che ne sapeva lui, Eddington non
conosceva l’identità delle persone che lavoravano per Simon. Non
avrebbe avuto modo di dimostrargli che era una persona fidata.
— No. Questo non è possibile — rispose con aria truce. — Noi non ci
conosciamo.
Jacques gli fece un cenno col capo e attese finché non ebbe lasciato la
stanza, poi si avvicinò alla scrivania ed estrasse da un cassetto la
mezza maschera bianca.
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Così, decise che l’avrebbe tenuta d’occhio in modo che non le suc-
cedesse niente. Se Dio l’assisteva, lui avrebbe portato a termine il
proprio compito, Cartland avrebbe avuto quel che si meritava e Colin
la donna che amava.
Tim sbuffò e aggrottò la fronte. — Non avete altro a cui pensare? Che
so... un vestito da sposa o roba simile?
— Be’, voi non farete proprio nessuna ricerca — borbottò Tim. — Non
mentre ci sono io a sorvegliarvi.
Lui fece una risata bonaria. — No. Era esile, ma anch’io una volta lo
ero.
Tim la fissava.
Amelia sospirò. — Lo so. Gli voglio molto bene, ma non allo stesso
modo.
Quel senso di attesa non l’aveva più abbandonata. Era rimasto imma-
colato e inesaudito... finché Montoya non l’aveva baciata.
A quel punto, aveva ripreso a pulsare. Era durato solo pochi istanti,
ma erano bastati per risvegliare in lei qualcosa a lungo sopito. Ecco,
era proprio questo che non poteva spiegarsi, che non poteva confes-
sare a nessuno, forse nemmeno a se stessa. Aveva cercato di indi-
viduare le similitudini tra i due, qualora ce ne fossero state. Era scon-
volgente rendersi conto di essere attratti dalle cose proibite, da ciò che
non si poteva e non si doveva avere.
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Infilò una mano tra le balze della sottana e afferrò il piccolo involto
che teneva in tasca, nella sciocca speranza di incontrare di nuovo
Montoya.
D’un tratto si sentì ingenua e sola, anche se la sala era piena di gente;
il conte che teneva sottobraccio era affascinante e devoto, tuttavia si
sentiva come un’isola sperduta in mezzo al mare.
— Volete andare a fare due passi fuori? — suggerì Ware. Si era chinato
su di lei in una posa molto intima, accettabile soltanto perché accom-
pagnata da un sorriso e da una strizzata d’occhi al gentiluomo che
stava parlando con loro. — Il discorso di sir Reginald sta annoiando a
morte anche me.
Amelia tentò di sorridere, ma sentì solo piegarsi gli angoli della bocca.
Distolse l’attenzione dall’uomo mascherato che la osservava e incontrò
lo sguardo preoccupato di Ware. — Mi farebbe molto piacere, milord.
Lei arrossì e si voltò dall’altra parte, per guardare l’altro uomo che
procedeva al loro stesso passo, scivolando contro la parete all’altro
capo della stanza.
— Soltanto uno.
Una donna passò loro accanto e si soffermò sulla figura alta e slanciata
di Ware, tradendo un certo apprezzamento.
Lei alzò gli occhi al cielo, indispettita da quella plateale bugia, poi si al-
lontanò, dirigendosi verso il corridoio che portava ai salottini per la
conversazione. Si avviò con calma per essere certa che fosse facile
seguirla, poi uscì nell’ampio atrio, dove erano radunati molti ospiti. La
musica si diffondeva nell’aria attraverso le porte aperte della sala da
ballo e le candele fremevano nei candelabri sistemati lungo le pareti.
Per chi era stata pensata quella miniatura? Non di certo per lui.
Doveva essere stata commissionata diversi mesi prima.
— Di giallo.
— Si è avvicinata a voi?
— Sua sorella e suo cognato sono criminali di fama e temono che qual-
cuno possa usarla contro di loro... e anch’io lo credo. — Colin si al-
lontanò dal camino e si lasciò cadere pesantemente sulla poltrona di-
etro la scrivania.
— Sì, era un visconte. — Colin fece una pausa, e quando vide che
Jacques aveva alzato un sopracciglio con aria interrogativa, proseguì.
— La sua avidità era superata soltanto dalla sua crudeltà. Gli im-
portava solo dei suoi desideri e dei suoi bisogni. Ha sposato una bella
vedova soltanto per poter mettere le grinfie sulla figlia, la sorella di
Amelia. Maria ha frequentato le migliori scuole, poi è stata venduta in
sposa a uomini che lui uccideva per prendere l’eredità.
— Spero che abbia avuto quel che si meritava. Ci sono poche altre cose
a questo mondo che trovo più odiose dei crimini contro la famiglia.
— Amelia non è il tipo di persona che fa ciò che gli altri si aspettano da
lei — spiegò Colin, gettando di nuovo un’occhiata alla miniatura: era
una tentazione quasi irresistibile, ma doveva sforzarsi di ignorarla.
— E ci andrete?
Amelia scese le scale con passo felpato e quando sentì il suono di voci
che si avvicinavano si nascose in un’alcova. Sapeva che era rischioso
quel che stava facendo, così rimase muta, con il cuore in gola, finché le
voci non cessarono.
Se l’interesse che nutriva nei suoi confronti era legato in qualche modo
a St John, Amelia immaginava che disponesse di tutte le conoscenze
necessarie per ottenere l’accesso alla casa e trovare il salottino privato,
ma forse sarebbe stato meglio se non si fosse presentato. Dato che era
promessa, non poteva permettersi altri guai, eppure il suo cuore si os-
tinava a non voler considerare la situazione nel suo insieme e si con-
centrava soltanto su ciò che desiderava. Non era certa di come avrebbe
reagito se lui avesse accettato il suo invito: sapeva solo che sperava di
vederlo.
balze delle sottogonne. Inoltre, tra i capelli, intorno al collo e alle dita
portava degli zaffiri, che le conferivano un aspetto da donna matura.
Mentre rifletteva, giunse al salottino che gli aveva indicato nel messag-
gio. Sarah era venuta a conoscenza di quella stanza da un cugino che
lavorava per i Fairchild. La cameriera aveva passato quell’inform-
azione ad Amelia, pensando di indicarle un luogo tranquillo in cui po-
tersi ritirare all’occorrenza.
Rimase in attesa sulla soglia per permettere agli occhi di abituarsi alla
semioscurità e trattenne il fiato speranzosa, tendendo l’orecchio per
percepire ogni singolo rumore al di sopra del rombo del sangue che le
scorreva nelle vene, ma purtroppo non si udiva altro che il ticchettio
dell’orologio sulla mensola.
Così, si avviò verso la porta. — Bene... Ora non c’è più nulla che possa
distrarmi dai preparativi per le nozze — borbottò.
— Era per lord Ware — rispose lei, colta alla sprovvista da quell’im-
provvisa apparizione e dalla consapevolezza che lui era sempre stato lì
a osservarla. Perché portava la maschera? Cosa le stava nascondendo?
— Volevo fargli vedere che desideravo condividere con lui anche quel
lato di me — ammise.
Era possessivo: evidente come la luce del giorno. Amelia era sorpresa e
al tempo stesso lusingata.
“Era questo che volevo” comprese Amelia d’un tratto. “Ecco perché
avevo bisogno di rivederlo.”
— Come fate ad andare via? Non siete rimasto stregato dal nostro ballo
nel giardino? — domandò lei, portandosi una mano agli zaffiri che le
ornavano il collo. — Non ripensate al bacio che ci siamo scambiati?
Amelia sentì quello sguardo ardente posarsi sulla sua bocca, così si lec-
cò il labbro inferiore e inalò a pieni polmoni il profumo della sua pelle.
Aveva un odore esotico, speziato, animalesco, che fece scattare
istintivamente qualcosa dentro di lei.
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Lui puntò gli occhi sul suo viso. — Credetemi, non vi piacerebbe per
niente vedere il mio volto.
Era così massiccio, così tonico che Amelia avrebbe voluto restargli vi-
cino e toccarlo senza impedimenti. Soltanto un uomo l’aveva tenuta
stretta così. Fino a qualche tempo prima, avrebbe giurato che la capa-
cità di gioire di un simile abbraccio con ogni singola fibra del proprio
essere fosse svanita insieme a Colin. Adesso sapeva che non era vero.
O forse era più opportuno dire: che fortuna che fosse stato lui a
trovarla!
— Voglio vedervi.
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D’un tratto la sua stretta si fece più vigorosa e lui le baciò la fronte con
ardore. — L’altra volta mi avevate parlato di un amore perduto — disse
con voce roca.
— Ve lo ricordo?
Lei scosse il capo. — Lui era pieno di vita, voi siete più contenuto, ma
in maniera... primitiva — spiegò lei, con un sorriso imbarazzato. — So
che sembra stupido...
— Voglio rivedervi.
— Perché sbuffate?
Se c’è qualcuno che sta tentando di sedurre qualcun altro, quella siete
proprio voi.
— Sì. Vi piacerebbe?
— Magari lo sono sempre stata — ribatté lei, facendogli gli occhi dolci.
Lui girò la testa di lato e lei sospirò, premendo le labbra sulle sue.
L’uomo rimase immobile e le lasciò prendere il comando, inclinando il
capo per rendere più profondo il contatto. Il suo respiro si fece più af-
fannoso e la pelle gli si incendiò, eppure continuava a rimanere fermo.
Lei non sapeva come procedere e senza il suo aiuto si sentiva goffa e
impacciata, o forse si stava scervellando troppo sulla questione.
In fondo, non le importava. Era troppo bello poter fare di lui ciò che
voleva; anche se se ne stava lì immobile, infatti, non cercava di fer-
marla. Allungò le braccia dietro di lui e si sfilò un guanto, poi affondò
le dita tra i suoi capelli e quando furono ancora più vicini perse com-
pletamente la ragione. Spalancò di colpo la bocca e insinuò la lingua
all’interno, gustandosi quel sapore come se si trattasse del suo dolce
preferito, poi gli tirò il codino e lui imprecò.
— Ma se non ho fatto altro! Questo però non cambia il fatto che la mia
condizione mi rende inadeguato e pericoloso per voi.
Tra di loro c’erano una maschera e infiniti segreti. C’era il muro che si
ergeva tra due sconosciuti che non condividevano altro se non quel
singolo momento, eppure lei sentiva uno strano legame.
Era solo puro piacere? Come poteva essere, se non lo vedeva nem-
meno per intero? Eppure il sangue le ribolliva nelle vene, i seni le dol-
evano e tra le gambe si sentiva bagnata. Quella lussuria faceva parte di
qualcosa di ben più grande.
— Amelia — sussurrò lui con voce roca, un alito caldo sulla sua pelle
sudata. Sfregò le labbra sulla sua guancia, dalla mascella fino allo
zigomo e poi più su. — Vorrei spogliarvi, adagiarvi sul letto e baciarvi
dappertutto.
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— Devo lasciare la città per impedire che questo accada. Non avevo al-
cun diritto di spingermi così in là. Non ora.
— Voi avete Ware, un amico di lunga data che può darvi ciò che io non
posso.
Montoya si tirò indietro e Amelia d’un tratto capì che era la maschera
a eccitarla. Strano, ma vero: non la trovava allarmante, ma confort-
ante. Si sentiva troppo esposta e quella maschera, in un certo senso,
offriva un riparo anche a lei.
— L’unica cosa che dovete sapere sul mio conto — disse lui con voce
roca — è che ci sono persone che vorrebbero vedermi morto.
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Amelia fece spallucce. — La vostra bocca era sulla mia traiettoria. Non
ho potuto schivarla.
— Non siete arrabbiato con me? — domandò lei, osservandolo con gli
occhi verdi pieni di stupore e apprensione.
— Non posso certo dire di essere felice, ma non sono nemmeno arrab-
biato — rispose Ware, abbozzando un sorriso e sistemandosi meglio
sulla sedia.
— Non so che fare — gli confessò Amelia con aria sconsolata. — Temo
di essermi spinta troppo in là.
Ware fissava con aria assorta il giardino sul retro, anche se in realtà
non si poteva definire propriamente così: era più un prato costellato
qua e là da qualche bassa aiuola. — Siete perdonata — disse a un
tratto. — E apprezzo la vostra sincerità. Al posto vostro non credo che
sarei riuscito a rivelarvi tutto. Tuttavia, non posso avere una fidanzata
che si comporta in questo modo, soprattutto in occasioni pubbliche.
capisco. Ne avete tutti i diritti. Se mi aveste fatto una cosa simile, sarei
stata furiosa allo stesso modo.
— Anche voi?
Amelia si portò le mani sui fianchi, per fargli capire che era seccata,
poi inclinò la testa di lato. — State insinuando che forse è soltanto
l’aura di mistero a intrigarmi tanto, milord?
— Dico solo che è una possibilità — rispose lui, mentre il sorriso pian
piano appassiva sul suo volto. — Intendo fare delle ricerche sul vostro
ammiratore. Vediamo se riusciamo a smascherarlo.
— Perché?
— Perché non fa per voi, Amelia. Da dove viene? Da una terra strani-
era? Avete sempre sognato di avere una famiglia. Vi siete appena
ricongiunta con vostra sorella, che razza di futuro potreste avere con
quell’uomo? Senza contare che forse sta tentando di arrivare a me ser-
vendosi di voi.
— Riesco a fare ben altro che pensarci, Amelia. Lo sento. Non scambi-
ate la mia gentilezza per mancanza di interesse nei vostri confronti.
— Mi state chiedendo se gli farò del male? — Quella domanda non era
frivola, dato che Ware era uno spadaccino di fama. — Può darsi.
Ware andò verso di lei. — Sono contento che mi abbiate detto la verità.
Il nostro rapporto sarebbe stato compromesso in modo irreparabile se
mi aveste raccontato una bugia per nascondere la vostra colpa. —
Quando le fu accanto, inspirò a fondo per riempirsi le narici del suo
innocente profumo di caprifoglio. Sospettava da tempo che il suo
corpo assomigliasse al suo fiore preferito, fragrante e dolce come miele
sulle labbra. Le prese il viso tra le mani e glielo sollevò in modo che lo
guardasse negli occhi. C’era qualcosa di nuovo che si agitava sul fondo
di quelle cavità verdi che lo risucchiavano. — Resta il fatto che
quell’uomo sapeva che siete mia e si è preso comunque delle libertà.
Questo è un grave affronto, tesoro mio. Posso perdonare voi, ma non
lui.
Lui si piegò in avanti per adagiare la bocca sulla sua e lei sussultò,
quando capì le sue intenzioni.
In ogni caso, non poteva far altro che sedersi e aspettare, avvalendosi
della tecnica di travestimento in cui era così bravo. Un uomo della sua
stazza non riusciva mai a mimetizzarsi del tutto, ma poteva dare meno
nell’occhio camminando un po’ curvo per nascondere la statura e le
spalle larghe. Si era anche lasciato i capelli sciolti, in modo da sem-
brare più rozzo.
— Sedetevi qui — gli disse infatti, indicando una sedia di fronte a lui.
Le ore volarono via veloci. Colin scambiò due parole con chiunque lo
trovasse familiare. Per molti quello era solo un modo per intascare un
po’ di quattrini o per farsi offrire una pinta di birra. Purtroppo non ap-
prese nulla di interessante riguardo a Cartland, ma quell’atteggia-
mento servì comunque per rendere più credibile il proprio
travestimento.
Alla fine, l’uomo che più sperava di vedere fece il suo ingresso avvolto
in un pesante mantello nero. Simon Quinn sedette al bancone, poi si
voltò e vide Colin che agitava la mano per attirare la sua attenzione.
Simon imprecò tra i denti e si lasciò ricadere sulla sedia, mentre gli
servivano una birra e qualcosa da mangiare. — Ho una notizia buona e
una cattiva — annunciò.
— A quanto pare, sì. Credo che sia così che ha provato la propria
fedeltà.
Simon gli rivolse un sorriso sinistro. — Leroux era molto prezioso per
l’agente generale, al punto che catturare il suo assassino è diventato
più importante che scovare le spie inglesi. Mi hanno permesso di an-
dare via a patto che facessi ritorno con il colpevole. In più, per essere
certi che non scappassi, hanno trattenuto tutti quelli che Cartland ha
nominato.
— Ho visto Amelia — gli confessò Colin. “L’ho toccata, l’ho tenuta tra
le braccia e ho assaggiato il suo sapore” aggiunse nella sua mente.
spontaneo ogni volta che pensava a Maria. — Tuttavia, non riesco a ca-
pire perché sei fiducioso, visto che non ha idea di chi tu sia.
— Anche per fare la tua felicità. Avresti sempre messo in dubbio il tuo
valore, se ti fossi unito a lei da sottoposto — obiettò Simon, rivolgendo
un sorriso alla ragazza che gli aveva appena portato una pinta di birra;
poi ritornò serio e studiò Colin per un attimo. — Ho sentito dire che è
stata promessa in sposa al conte di Ware.
— Non ancora.
Una bella biondina fece il suo ingresso nella sala, scendendo la scala
che conduceva alle camere da letto al piano di sopra. Indossava un
abito viola scuro e al collo portava un nastro nero con un cammeo al
centro. Sembrava una bambola. I suoi lineamenti delicati e la figura
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Sul volto della ragazza spuntò un ampio sorriso che le lasciò scoperti i
denti bianchi. — Io sono Lysette Rousseau — disse, allungandogli la
mano. — Voi siete monsieur Mitchell, oui?
— Oppure una confessione — precisò lei. — Basta che uno di voi con-
fessi. Vedete? Non sono poi tanto difficile da accontentare.
— In molti modi. — Lysette fece una pausa per ordinare del vino alla
ragazza. — Pensate ai posti in cui io potrei andare e voi no e a tutte le
persone con le quali potrei parlare, le mansioni che potrei svolgere in
qualità di donna e che voi uomini invece non potete fare. Le possibilità
sono quasi infinite — concluse, portandosi una mano al cammeo, ma
Colin non riusciva a immaginare che quella donna fosse davvero ca-
pace di uccidere.
— L’agente generale non vuole lasciare nulla al caso — gli spiegò Si-
mon. — Dépardue sorveglia Cartland e Lysette sorveglia me. In prat-
ica, svolgono lo stesso compito. Lei è... come dire... una garanzia
ulteriore.
— Questa storia non mi piace. Ho già Cartland alle calcagna, e ora una
serpe tra le nostre file.
A Colin andò di traverso la birra: non aveva mai visto il suo amico es-
sere scortese con una donna.
— Questo è il piano più ridicolo che abbia mai sentito — lo derise lei.
— Allora dovete imparare. — Lysette bevve una lunga sorsata del suo
vino rosso e poi si leccò le labbra. Si sistemò bene sulla sedia, con la
schiena diritta e il mento sollevato: si vedeva che aveva ricevuto una
buona educazione e un’ottima istruzione. — Non potete combinare ni-
ente mentre vi nascondete, perché questo è esattamente ciò che si as-
petta Cartland. Perché non prendete contatto con l’uomo per cui lavor-
ate entrambi? Di sicuro lui dispone delle risorse necessarie per
sbrigare in fretta questa faccenda.
Colin non poteva fare a meno di pensare che fosse un vero pericolo:
era slanciata e femminile, ma sapeva da ciò che aveva sentito dire sulla
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— Vedete, tesoro, è proprio per questo che non potete essere Eva. Vi
manca il sesto senso necessario per capire che quest’uomo è
impegnato.
Colin scoppiò in una genuina risata: erano giorni che non gli accadeva.
Lei non si mosse per un attimo, poi sollevò leggermente un lato della
bocca. — La vostra donna è qui.
La ragazza fece un gesto grazioso con la mano per mandarlo via. — Al-
lora sono certa che non andrete lontano. Vi auguro buona fortuna.
Colin le fece un rapido inchino, s’infilò una mano in tasca e gettò al-
cune monete sul tavolo. — Pregherò per te — disse rivolto a Simon,
dandogli una pacca sulla spalla mentre si allontanava.
Un’ora dopo se ne stava disteso sulla schiena con una mano dietro la
testa, mentre una leggera brezza notturna gli accarezzava la pelle
sudata.
— Sì. Lo sento quando c’è qualcosa che ti turba — spiegò lei, ac-
carezzandogli il petto.
— Ma tu lo sai che un uomo della mia levatura non viene quasi mai
visto come una persona e basta? — le domandò. — Io sono possedi-
menti, denaro, prestigio, ma di rado più di questo.
Jane sorrise, poi si allontanò dal suo abbraccio e si alzò dal letto per
recuperare la vestaglia e andare verso il comò a prendere qualcosa da
bere. — E chi era?
— Un servitore che lavorava nella residenza accanto alla mia. Stava as-
pettando la figlioletta del suo padrone. Avevano stretto una strana
amicizia, e la cosa mi intrigava.
Jane sedette sul bordo del letto e bevve una sorsata, prima di al-
lungargli il bicchiere. — Credo che piacerebbe anche a me.
— E come potrei non sposarla? È stata lei a insegnarmi che sono un es-
sere umano e ho un valore in quanto tale. La mia boria aristocratica
ora è stemperata dalla mia presunzione personale.
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Ware le passò una mano tra i capelli. — Non dimenticherò mai quel
pomeriggio in cui, con aria innocente, mi disse che ero dannatamente
bello. Per questo a volte perdeva il filo, guardandomi. Nessuno mi
aveva mai detto una cosa simile. Credo non ci sia molta gente che se lo
sia sentito dire. In genere, quando si balbetta è perché ci si sente in
soggezione, non per ammirazione verso qualcuno.
— Anch’io ti ho detto che sei affascinante — disse lei con una luce negli
occhi che confermava quanto affermava. — Ci sono pochi uomini belli
come te.
— Può darsi che sia vero. Io non mi paragono agli altri, quindi non
posso saperlo per certo — rispose lui, buttando giù una bella sorsata.
— Ma sospetto di risultare più attraente se sono io a crederci per
primo.
— In parte sì, ma la nostra relazione non è mai stata a senso unico. In-
sieme facevamo esercizi di portamento e molta conversazione. Io
avevo esperienza, in questo campo, e lei così si sentiva protetta.
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— Forse sarebbe più esatto dire che lo tolleri? — lo corresse Jane con
un dolce sorriso. — Dopotutto, lei non può provare sentimenti troppo
forti per te, se il suo cuore è altrove.
Lui tracannò d’un fiato il brandy e sentì il liquido caldo scendergli giù
per la gola, poi allungò il bicchiere verso di lei come muta richiesta di
versargliene dell’altro. — Se questo è vero, allora perché mi dà tanto
fastidio che lei sia attratta da un altro uomo?
— Tu menti. Non c’è nulla che una donna non desideri più della de-
vozione e delle dichiarazioni di eterno amore.
— Benissimo, ma per ora le hai spiegato le cose solo a voce. Ora passa
ai fatti: portala a vedere i tuoi possedimenti, acquista una casa accanto
a quella della sorella... cose di questo genere. Poi, valuta bene il suo
amore per le storie romantiche e misteriose. Metti in gioco anche
queste. Sarà facile sedurla. Tu ne sei capace e lei è molto vulnerabile.
Usa tutte le armi in tuo possesso: fiori, regali, baci rubati. Il tuo av-
versario lavora nell’ombra, tu non hai questa limitazione.
— Uhm...
Lui allungò una mano e intrecciò le dita con le sue. — Sei davvero
astuta.
Jane incurvò le labbra nel suo sorriso seducente. — Sono una donna.
— Civetta — sussurrò il conte con voce così suadente che lei fu per-
corsa da un fremito, e questo lo incitò a trascorrere le restanti ore
prima del sorgere del sole a giocare agli amanti appassionati, con
enorme piacere di entrambi.
Forse era una cosa sciocca sperare di non rivederlo mai più, dato che
vivevano vicini, ma non c’era un’ora in tutta la giornata in cui non
pensasse a lui. Riusciva comunque a gestire il dolore, finché Colin le
stava alla larga. Non vedeva ragione per parlargli e chiarirsi.
— Milord — rispose lei, sollevando i lati del vestito rosa per fare la
riverenza.
Amelia era felice di poter mettere in pratica ciò che sapeva in fatto di
buone maniere. Il conte era cortese e paziente, le faceva notare gli er-
rori e l’aiutava a correggerli. Questo le conferiva eleganza e
sicurezza. Non si sentiva più come una bambina che giocava a fare la
signora, ma come una signora che voleva godersi la propria
gioventù.
— Mia cara Amelia — mormorò lui, con gli occhi che brillavano. —
Sapete chi sono e chi diventerò. Io posso tutto.
Lei sapeva cosa voleva dire essere nobili e vedeva il potere esercitato
dal padre in quanto visconte, ma quello di Ware doveva essere
enormemente più grande, se si considerava che in futuro sarebbe
stato a capo di una contea.
— Molto bene.
— Pare che tocchi a me farvi dono di una storia — riprese lui dopo un
lungo di silenzio.
— Avete già baciato una ragazza? — gli domandò lei, avida di sapere.
Lui era di due anni più vecchio e aveva solo un anno meno di Colin.
Era possibile che avesse già avuto qualche esperienza.
— Vorreste baciarmi?
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— No!
conclusioni con la stessa facilità con cui vi cacciate nei guai: a pie’
pari. Vi stupirò, bella fanciulla. Vedrete, vi stupirò.
Amelia sentì qualcuno bussare alla porta della sua camera da letto.
Stava dormendo tutta raggomitolata e la sua mente offuscata cercava
di ignorare quel rumore per poter continuare a restare nel mondo dei
sogni. Erano proprio i sogni a essere uno dei pochi punti in comune
che aveva con Ware e a ricordarle quanto fosse prezioso per lei il loro
legame.
Ma ecco di nuovo che qualcuno picchiava alla porta con più insistenza.
Amelia fu catapultata di nuovo nella cruda realtà e rimpianse la per-
dita delle reminescenze notturne.
— Amelia?
Era Maria, la sola persona in tutta la casa a cui non poteva negarsi.
Amelia riaprì gli occhi e si mise a fissare le tende di seta del baldac-
chino, ripensando a un tempo lontano. Anche la sua stanza di bam-
bina era dipinta in diverse tonalità di blu e lei aveva deciso di decorare
quella camera con gli stessi colori, come a voler dichiarare l’intenzione
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— Non c’è nulla da fare, Maria. Non mi puoi aiutare perché non si può
più fare niente per sistemare le cose.
Maria fece una pausa, prima di insistere. — L’ultima volta che mi avevi
parlato di lui non eri così risoluta nei tuoi intenti. Vi siete visti di
nuovo, vero? Lui è venuto a cercarti.
Amelia girò la testa e puntò gli occhi in quelli della sorella. — Sono
stata io ad attirarlo e lui si è adirato per il mio comportamento al
punto che adesso vuole lasciare la città per starmi lontano e per im-
pedirmi di raggiungerlo di nuovo.
— Dice che gli ricordo un amore perduto, ma oltre a ciò sento che mi
desidera — spiegò Amelia, tirando su le lenzuola. — Sicuramente,
all’inizio mi ha avvicinata per questo motivo, ma la seconda volta è
venuto per me.
— Non sono certa di niente, e adesso suppongo che non potrò esserlo
mai più — rispose Amelia. Fissò la porta aperta che dava sul boudoir
per paura che la sorella indovinasse troppo delle sue emozioni guard-
andola in faccia.
Amelia strinse forte le coperte. — Lui non ha niente a che vedere con
tuo marito, o almeno così mi ha detto, e io gli credo.
— Sì.
Quel giorno più che mai aveva la sensazione di stare per lasciarsi alle
spalle per sempre l’amore. Pian piano stava rendendosi conto di essere
una creatura mortale, che la vita prima o poi avrebbe avuto una fine, e
il pensiero che avrebbe trascorso il resto dei suoi giorni senza Amelia
lo uccideva.
— Non sono mai salito su una carrozza insieme a lei — disse, appog-
giando la mano guantata sul finestrino. — Non ci siamo mai seduti a
tavola insieme, non ho mai condiviso un pasto in sua compagnia.
Negli ultimi anni non ho fatto altro che cercare di conquistare una
posizione e un titolo che mi dessero il privilegio di trascorrere ogni
singolo istante della mia vita insieme a lei.
Jacques lo scrutava con aria triste al di sotto della tesa del cappello.
Era seduto di fronte a lui, composto e rilassato, ma pur sempre puls-
ante di energia.
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— Poco dopo la morte dei miei genitori — proseguì Colin, sempre con
lo sguardo sulla strada — mio zio fu assunto come cocchiere da lord
Welton. La paga era misera e fummo costretti a lasciare il campo no-
madi, ma lui riteneva che fosse una vita più stabile. Prima del mio ar-
rivo era stato uno scapolo convinto, ma prese molto sul serio il
compito di badare a me.
— Da allora sono cambiate molte cose, mon ami. Ora non c’è più
questo divario tra voi.
Gli era mancato il fiato, il suo corpo si era teso. Un desiderio bruciante
gli aveva incendiato il sangue nelle vene e prosciugato la bocca. Il
pene, che aveva iniziato a tormentarlo sempre più a mano a mano che
cresceva, in quel momento aveva pulsato dal desiderio. Non era ines-
perto, ma le pulsioni fisiche che aveva avuto in passato erano nulla,
paragonate al bisogno imperante scatenatosi alla vista del corpo
semisvestito di Amelia.
In qualche modo, mentre era impegnato a fare altro, lei era cresciuta e
si era fatta donna, e ora la voleva come non aveva mai voluto null’altro
nella sua vita. Aveva avvertito una stretta al cuore per quell’improvvisa
bramosia; le braccia gli dolevano dalla voglia di stringerla. Dentro di
sé, nel profondo, sentiva un vuoto e sapeva che lei avrebbe saputo col-
marlo. Era la sua metà e l’avrebbe completato. Sin da bambina era
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stata tutto per lui, e sapeva che avrebbe continuato a esserlo anche da
adulta.
Più tardi, quella sera, lo zio Pietro aveva notato che era strano e gli
aveva fatto molte domande; alla fine lui aveva confessato, suscitando
l’ira dell’uomo.
Lo zio Pietro a quel punto aveva battuto il pugno sul tavolo e si era
sporto su di lui con aria minacciosa. — Lei è troppo per te. È al di là
della tua portata. Così rischi di mettere a repentaglio la nostra
tranquillità.
Quando, qualche ora dopo, era entrato barcollando nella taverna dove
l’attendeva, lo zio l’aveva salutato con un sorriso gioviale e un’espres-
sione da padre orgoglioso sul volto. — Ora hai un’altra donna da am-
are! — aveva detto solennemente, dandogli una pacca affettuosa sulla
spalla.
Nei mesi successivi, lo zio Pietro gli aveva ripetuto ogni giorno di las-
ciarla perdere: se l’amava davvero, doveva volere soltanto il meglio per
lei, e il meglio non corrispondeva esattamente a un povero stalliere,
per di più gitano.
Così, pian piano Colin aveva trovato la forza per allontanarla, e questo
l’aveva ucciso.
— Finché c’è in ballo questa storia con Cartland, non posso nemmeno
pensare di averla. C’è un motivo se Quinn continua ad avvalersi di lui
anche se è un personaggio scomodo: Cartland è un eccellente segugio.
Se non smette di darmi la caccia, non ho futuro.
— Io credo nel destino, mon ami, e il tuo non è certo quello di morire
per mano di quell’uomo. È una promessa.
La mano che calzava quel guanto bianco e che stringeva il bordo del
finestrino era quella di Montoya, Amelia ne era certa.
— Maria — disse, sempre tenendo gli occhi incollati alla carrozza per
paura di perderla di vista.
L’uomo si voltò e quando vide Tim deglutì a fatica e annuì. Tim aprì in
fretta la porta e la sospinse dentro, poi si girò e si rivolse agli altri due
scagnozzi che erano con loro. — Tornate indietro e raccontate quel che
è successo alla signora St John.
Sam, un ragazzo dai capelli rossi che era da anni al servizio di St John,
gli fece un cenno deciso col capo. — Sì, ma fate attenzione.
Simon Quinn era lì, in piedi davanti a lei, ed era attraente e pec-
caminoso come nessun altro uomo sapeva essere. Con quei calzoni col-
or camoscio e il soprabito verde bottiglia attirava gli sguardi di tutti.
Era muscoloso come se lavorasse nei campi, ma quegli abiti gli
stavano divinamente, facendolo sembrare un re. In passato erano stati
amanti e lei aveva deciso di frequentarlo anche quando la loro
relazione era terminata, perché teneva in alta considerazione la loro
amicizia. Per questo, nessuno si stupiva dell’intimità che c’era tra loro.
— Sst! — la zittì lui, e Maria aggrottò la fronte, perché non era abituata
a vedere Simon rivolgersi in modo brusco a una bella donna.
Quando fu evidente che non sarebbe mai riuscita a farlo correndole di-
etro a piedi, si rivolse a Sam. — Ho bisogno della mia carrozza.
L’improvvisa tensione che vide sul volto di Simon non fece che
aumentare l’ansia. Se anche lui percepiva un pericolo, voleva dire che
si trattava di una faccenda seria e che non era soltanto la sua preoccu-
pazione di sorella ad agitarla.
Colin fu felice di poter mettere i piedi giù dalla carrozza: era sfinito.
Dopo diverse ore di viaggio, aveva raggiunto l’osteria della posta
subito dopo Reading. Si fermò un attimo a scrutare il cortile al chiaro
di luna. Jacques lo raggiunse e insieme entrarono per cercare una sis-
temazione per la notte.
Stava per tirare le tende, quando la porta alle sue spalle si aprì. Mise
d’istinto la mano sul pugnale che teneva nascosto sotto il cappotto e si
girò di lato per essere un bersaglio meno facile da colpire.
— Montoya.
— No — ribatté Colin in tono burbero, con il cuore che gli batteva viol-
entemente nel petto..
— Amelia...
Colin scosse la testa e aprì gli occhi, perché non poteva sopportare il
fatto di non vederla. — Mi uccide.
Sul viso delicato di Amelia passò una dolce tenerezza che risvegliò
qualcosa di ancora più profondo in lui.
— Avrei già smesso di desiderarvi tanto tempo fa — ribatté lui con voce
roca. — Se fosse stato possibile.
— Voi godete nel desiderarmi — osservò lei con una punta di soddis-
fazione tutta femminile.
Colin sentì una stretta allo stomaco. Avrebbe dovuto dirle di no: non
poteva permettersi di mettere a repentaglio la sua vita, ma la possibil-
ità di farla sua lì, in quell’istante, senza più attese, senza più
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Fece un passo avanti. — C’è una cosa che devo dirvi, una cosa che
farete fatica a comprendere. Avete tempo per stare ad ascoltarmi?
— Quanto volete.
— Perché?
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— Perché mi devo avvicinare e non sono sicuro quanto del mio volto
voi possiate vedere con questa luce. — La vide esitare. — Siete stata voi
a venire a cercarmi. Voi mi volete e io mi concederò a voi, in tutti i
sensi, ma in cambio dovrete starmi a sentire senza fare domande.
Tutto questo vi spaventa?
Lei deglutì a fatica, con le pupille così dilatate da aver assorbito tutta
l’iride, poi scosse il capo.
— Non esiste una sola possibilità che tu esca da questa stanza come
quando sei entrata — le sussurrò, passandole la lingua sul collo.
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In tutta risposta, lei allungò una mano, prese una sedia e la sistemò
sotto la maniglia, spostandosi indietro e premendo le natiche contro di
lui.
Sapere che Amelia voleva essere libera di stare con lui da sola gli fece
gonfiare il cuore di gioia. Gli aveva già promesso la stessa cosa da
ragazza, chissà se ora avrebbe mantenuto la promessa...
— Assolutamente sì.
— In questo momento credo che non potrei più vivere senza averti ac-
canto — gli confessò lei con un filo di voce. — E non voglio essere ri-
portata bruscamente alla realtà. Negli ultimi anni ho vissuto senza
provare emozioni. Mi sembrava quasi di vedere la vita attraverso un
velo e solo ora che sono qui con te mi accorgo di tutti i colori e le sfu-
mature del mondo.
A quel punto lei girò la testa e lo baciò. Colin dapprima rimase stordito
da quell’improvvisa tempesta di emozioni, poi fu trascinato nel suo
gorgo. Sentì che Amelia si muoveva, ma non riusciva a staccarsi da lei
per capire cosa stesse facendo. Le passava la lingua sulle labbra, gust-
andone il sapore dolce. Era consapevole che quella era una droga che
dava assuefazione e lo distruggeva lentamente, ma non sapeva res-
istere. Quando Amelia lo prese delicatamente per i polsi e gli appoggiò
le mani sui seni, Colin capì di non potersi opporre alla sua volontà e
soprattutto che in quel momento non poteva rivelarle chi era.
Colin allungò una mano per slacciarle la spilla che teneva legato il
fichu. — Posso coprirti gli occhi? — le domandò, con voce roca. —
Questo raffredderebbe il tuo ardore? — Amelia tentò di voltarsi per
guardarlo in faccia, ma lui la bloccò con un bacio. — Non voglio farti
questa rivelazione adesso. Voglio che la nostra prima volta sia impec-
cabile. Ho aspettato questo momento troppo a lungo e l’ho desiderato
così intensamente che ora non voglio rovinarlo.
— Come ti senti?
— Strana.
— Sì.
— Tienimi stretta.
Erano da poco passate le dieci di sera quando Ware fece il suo ingresso
nello studio di Christopher St John. Il pirata continuava a fare avanti
indietro tra la scrivania e la finestra. Il conte non l’aveva mai visto
tanto agitato. Senza il panciotto e con il foulard di traverso, St John gli
appariva sconvolto e in ansia, tanto che a Ware si drizzarono subito i
capelli dietro la nuca. Sul vialetto d’ingresso c’era in sosta una carrozza
da viaggio, per cui era evidente che ben presto qualcuno sarebbe
partito per andare lontano.
— Per qualche strano caso, il conte Montoya, ammesso che questo sia
il suo vero nome, stava lasciando la città, così la signorina Benbridge
ha preso una carrozzella e si è lanciata al suo inseguimento... e mia
moglie l’ha seguita.
— Santo Dio!
Lei si mise una mano sul fianco e Colin vide spuntare un sopracciglio
sopra la benda. — E chi ti dice che io non voglia una storia?
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— Be’, posso dirti per certo che con me non ce l’avrai — dichiarò lui,
avvicinandosi e sollevandola da terra. — Anzi, non ce l’avrai mai, per-
ché nessuno verrà a letto con te, dopo di me.
— Aspetta a dirlo quando sarò dentro di te. Allora sì che vedrai quanto
posso essere delizioso.
— Non è necessario che tu sia nuda, possiamo farlo anche con i vestiti
addosso. Basta che ti tiri su le sottane e mi sbottoni i calzoni, e io ti
sbatterò contro la porta.
Mentre lei rideva di quel gesto, prese a salire pian piano, scivolando
tra la massa di sottogonne e baciandole le gambe fasciate dalle calze. A
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Alla fine, lei rimase solo con la camicetta, così trasparente che si ve-
deva tutto, e quell’immagine poco definita lo fece eccitare ancora di
più.
— Perché?
— Perché mi piace.
— Non è facile come dirlo. È la prima volta che sono nuda davanti a un
uomo.
— Cosa c’è?
— Perché mi fa male, amore. Ce l’ho duro e pronto per te, più duro e
pronto di quanto sia mai stato in vita mia.
— Posso toccarlo?
Lei tentò di coprirsi con le mani, ma Colin l’afferrò per i polsi e gliele
scostò. — Non nasconderti mai da me.
— Sono nervosa.
— Se così ti faccio godere, voglio andare avanti — disse lei. Voleva dav-
vero soddisfarlo, dargli un piacere unico che gli rimanesse impresso
nella mente e che le permettesse di legarlo indissolubilmente a lei.
— Civetta.
Non potendo vederlo, tutti gli altri sensi erano più accesi che mai.
Amelia sentì le narici riempirsi del suo odore e questo fece crescere
ancora di più il suo desiderio. La sua pelle erano così sensibile che
persino il minimo spostamento d’aria le faceva venire la pelle d’oca.
— Ti prego — lo supplicò.
Lui indugiò ancora un attimo sul capezzolo, poi si tirò su, la prese tra
le braccia e la portò verso il letto.
Poteva darsi che non volesse dire niente, oppure che si trattasse di
Cartland.
Le due donne erano simili sotto molti punti di vista, ma ciò non faceva
che accentuare le loro differenze. Maria era risoluta, aveva una volontà
di ferro, forgiata da un’incrollabile determinazione. Lysette, invece, a
volte sembrava insicura sul percorso da seguire. Simon non riusciva a
capacitarsi di come quella ragazza un attimo prima adorasse la vita
che faceva e subito dopo la disprezzasse.
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Il suo istinto gli diceva che c’era qualcosa che non andava in lei, e col
tempo aveva imparato a fidarsi ciecamente di quello che sentiva.
Lysette era un’assassina al soldo di qualcuno e la freddezza si con-
faceva perfettamente alla professione che aveva scelto, eppure
quell’apatia verso gli altri a volte era intervallata da rari momenti di
confusione e rimorso. Simon sospettava che fosse un po’ tocca, ma era
difficile provare allo stesso tempo compassione e avversione.
— Evidentemente no.
— Mmm...
ambiente. Simon sapeva perché Maria si era data alla vita criminale,
ma perché l’aveva fatto anche Lysette?
— Dormite.
Lei lo fissò per un istante, poi sgranò gli occhi. — No! Preferisco la
compagnia dei libri, ma se non è possibile averla, la mia seconda scelta
sono gli uomini, nel senso che intendete voi.
Lui sorrise.
— Credo che sia impossibile il contrario, visti tutti gli uomini che gli
danno la caccia. Cartland ha a disposizione un nutrito gruppo di per-
sone. Non mi stupirei se stesse tenendo d’occhio tutte le strade prin-
cipali fuori e dentro Londra. Non sarei venuta con voi se avessi
pensato che si trattava di una banale bega di famiglia.
— Il meno possibile.
— Faccio quel che devo — rispose lei, sulla difensiva. — So che non vi
piace che io riesca a mettere da parte le emozioni per portare a ter-
mine il mio incarico, ma questo è l’unico modo per uscirne viva.
Lei richiuse il libro con uno schiocco. — Non cercate di farmi la pre-
dica! — urlò. — Voi non sapete proprio niente della mia vita!
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— Che ve ne importa?
Lei sgranò gli occhi di fronte alla sua evidente riluttanza. Poi scoppiò a
ridere, un suono melodioso e ritmato che lo incantò. Chi l’avrebbe mai
detto che una creatura tanto fredda potesse avere una risata così
calda? — Non volete venire a letto con me? — gli domandò.
— Ma certo.
Lui rimase in attesa che dicesse qualcosa; poi, visto che restava in si-
lenzio, prese la parola. — Io intendo catturare Cartland e metterlo dav-
anti a Mitchell, così potrete notare quanto sono diversi. Se conosco
Cartland, spera di sbarazzarsi di Mitchell prima che riveli il suo
segreto.
— Sono certa che ci sono persone pronte a dire la stessa cosa anche di
Cartland.
— Questo lo dite voi, ma una volta non lavoravate insieme? Non gli
portate un certo rancore per avere rivelato i vostri loschi affari in
Francia? Voi avete le vostre ragioni per volerlo morto, e questo rende
sospetto tutto ciò che dite contro di lui.
— Sì!
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— Che succede? — sussurrò lui. Amelia capì che aveva smesso per un
attimo di spogliarsi perché non sentiva più alcun rumore.
Amelia sentì un bel tepore sul fianco e un attimo dopo lui le baciava
dolcemente una spalla e poi l’accarezzava seguendo le dolci curve e gli
avvallamenti del suo corpo.
Lui appoggiò le mani sulle sue e gliele strinse. — Tra poco sarò proprio
lì, dentro di te — le spiegò, muovendosi in punta di dita verso la pe-
luria riccioluta tra le gambe. Così le fece il solletico e lei scoppiò a
ridere, poi, quando lui premette di nuovo le labbra sulle sue, sentì che
anche lui stava sorridendo. — Ti amo — le sussurrò, prima di im-
padronirsi della sua bocca.
— Amore...
I suoi baci si fecero sempre più appassionati a mano a mano che con-
tinuava a massaggiarle il sesso bagnato e dolente con stupefacente
maestria, muovendosi al tempo della lingua.
— Dio mio, è così stretta e bagnata — mormorò lui con voce roca. — Se
entro dentro di te, mi ucciderai.
Lui gemette quando Amelia chiuse le dita sul membro: bruciava dal
desiderio ed era pronto per penetrarla.
— I miei capezzoli...
— Voglio...
— Sì?
Con lui.
Nessun altro uomo sarebbe riuscito a sbloccarla. Amelia gli aveva con-
fessato di sentirsi viva soltanto accanto a lui. Morbida e calda, bagnata
e vogliosa. Desiderosa di essere toccata.
— È stato... bellissimo.
Colin sfregò la faccia contro il suo seno e rise, con il cuore gonfio di
gioia. Anche a lui pareva di essersi finalmente risvegliato dopo anni di
torpore. Amelia l’aveva inseguito perché aveva bisogno di innescare in
lui il desiderio per liberare anche il proprio.
Amelia passò le dita sui muscoli scolpiti del suo addome e poi gli ac-
carezzò il pene eretto. Colin emise un profondo sospiro mentre lei si
metteva a sedere e si girava verso di lui, tentando di togliersi la benda.
— Io non ancora.
Lei gli passò un dito lungo una vena pulsante e lui gemette, un suono
basso e gutturale.
Lei rimase un attimo interdetta, poi capì. — Perché l’hai fatto? — gli
chiese, toccandogli anche lei i testicoli, passandoseli tra le dita e
strizzandoglieli un po’.
Lui avvertì una nota di ansietà nella sua voce, che cercò subito di
calmare. — Vedrai che ti piacerà — le promise, appoggiando la testa su
una mano e allungando l’altra per massaggiarle la carne morbida della
vagina. Lei gemette e mosse i fianchi. — Quello che hai provato prima
non è nulla a confronto di come ti sentirai quando sarò dentro di te.
— Tu sei perfetta. Alcune donne sono fatte per andare bene con qua-
lunque uomo, invece tu sei fatta apposta per me. Mi fai incendiare il
sangue, inneschi una passione cocente, le tue gambe sono eleganti e
slanciate, le tue forme ben proporzionate.
Infilò un dito tra le sue gambe per vedere se le faceva male. Il gemito
di piacere che ricevette come risposta fu l’incoraggiamento di cui
aveva bisogno; così sistemò il pene proprio davanti alla piccola fes-
sura. Un po’ di liquido spillava dalla punta, segno che era bramoso e
pronto per farsi strada dentro di lei, ma non era necessario: Amelia era
bagnata e calda. Gli bastò un movimento d’anca per scivolare dentro.
— È troppo grande...
— Allora fammelo vedere. Forse così sarò meno ansiosa. Ogni carezza
è amplificata, ora che sono privata della vista.
— Vuoi che esca? Sei pazza? Proprio adesso che sono dentro di te?
“Se va avanti di questo passo, mi ucciderà” pensò, con uno strano mis-
cuglio di orgoglio e ironia. Nel letto come nella vita, lei non sarebbe
mai stata passiva. Da un lato lui temeva il giorno in cui avrebbe raggi-
unto la maturità sessuale, perché non avrebbe più potuto resistere
all’assalto della sua femminilità! Adesso non l’aveva neanche ancora
messo tutto dentro, eppure si sentiva già morire.
Lei fece scivolare le mani dietro la sua nuca per non farlo allontanare.
— Vieni dentro di me — sussurrò. — Detesto questa sensazione
d’incertezza.
— Perché sono sul punto di esplodere, e non voglio farlo senza te.
L’immagine era davvero erotica, con quella fila di muscoli e il petto vil-
loso bagnato di sudore. E poi c’era la maschera. Buon Dio, quella sì
che aggiungeva un’aura di mistero.
— Io...
— Ti voglio così tutti i giorni — biascicò lui, le parole rese indistinte dal
piacere. — Voglio che tu ti senta vuota quando non sono dentro di te.
Che ti senta affamata come se stessi per morire di fame, senza di me.
Era lui a renderla così infuocata, con il suo corpo possente e gli occhi
socchiusi dietro la maschera, le labbra inumidite dal suo sapore. Era
bellissimo e giaceva lì, disteso sulla schiena, felice di lasciarsi cavalcare
da una donna il cui solo scopo era raggiungere l’orgasmo.
11
Era stato qualcosa a svegliarlo, e dato che dormiva con una donna che
si era dichiarata pronta a ucciderlo, se fosse stato necessario, sapeva
che ignorare quel rumore non sarebbe stato saggio.
Guardò verso la finestra e vide qualche ciocca dorata brillare nella luce
lunare. Lysette aveva scostato leggermente le tende ed era intenta a
fissare qualcosa giù in strada.
— E cos’avete visto?
— Non ce n’è bisogno. Hanno proseguito per la loro strada, non sono
tornati indietro. Qualunque cosa stiano cercando, non l’hanno ancora
trovata.
— Apposta?
— Oui.
— Voi avete più motivi per volermi morta che viva — osservò lei in un
tono fin troppo calmo.
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— In questo momento non c’è niente di più vero. La sola ragione per
cui non vi strangolo è perché ciò mi priverebbe del calore del vostro
corpo.
— Mettetelo via.
— State indietro.
Alla fine, anche se con riluttanza, lei aveva accettato perché non voleva
bisticciare per una questione di poche ore.
Con la schiena appoggiata alla testiera del letto e lei accoccolata vicino,
lui le aveva chiesto di raccontargli qualcosa di bello riguardo al suo
passato e Amelia aveva scelto di parlargli di Colin e di come le avesse
insegnato a vincere la paura dell’altezza facendola arrampicare su un
albero mentre giocavano a nascondino.
— Mi era passato davanti diverse volte — gli aveva detto, con la guan-
cia appoggiata sul suo petto, proprio sopra il cuore. — Da una parte
speravo che mi trovasse, perché avevo paura a restare lì appesa a quel
ramo, ma dall’altra il desiderio di sorprenderlo era troppo grande e
non volevo che mi scoprisse.
— Credo proprio di sì, anche se non me l’ha mai detto. Avrei dato qua-
lunque cosa per sentirglielo dire.
— L’ho pensato anch’io. Conservo ancora quel fiocco. È una delle cose
a cui tengo di più.
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— Come credi che sarebbe la tua vita, adesso, se non vi foste mai
divisi?
Il conte aveva deciso di parlarle della sua vita e del lavoro pericoloso
che svolgeva al servizio della Corona. Aveva viaggiato in lungo e in
largo per il continente, senza avere una vera casa o una famiglia,
finché non aveva deciso di dare le dimissioni. E invece era rimasto in-
vischiato in un intrigo e ora rischiava la vita.
— È così che ti sei sfregiato? — gli aveva chiesto Amelia, facendo scor-
rere delicatamente le dita sul bordo della maschera, proprio nel punto
in cui toccava la pelle.
Soltanto Maria poteva capire che razza di mostro fosse stato lord
Welton. La faceva star male sapere che nelle sue vene scorreva il
sangue di quell’individuo. Da fuori era uguale a lui, quindi magari gli
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assomigliava anche sotto altri aspetti, di cui non si accorgeva? Era ter-
ribile rendersi conto che tutto ciò che aveva fatto negli ultimi giorni
era stato dettato semplicemente dall’egoismo. Era passata sopra ai
sentimenti e alle ansie di quelli che le volevano bene, ovvero Ware,
Maria e St John, per correre dietro a Montoya. Ma allora era davvero
figlia di suo padre?
Fece scorrere uno sguardo ammirato sul suo addome scolpito. La cica-
trice sulla spalla era più visibile, ora, dopo che aveva attizzato il fuoco
per scacciare quel freddo strisciante. Si fermò un attimo a osservare il
segno lasciato da una pallottola e indovinò, dalla dimensione e dalle
molte linee che s’irradiavano intorno, che doveva essere stata davvero
una brutta ferita.
202/325
Imitando quello che il conte aveva fatto con i suoi seni, dischiuse le
labbra e gli succhiò dolcemente i capezzoli. Lui si mosse, ma non come
si era aspettata.
Aveva una gamba gettata sulla sua, con il ginocchio piegato e la coscia
sollevata. Amelia sentì che il suo pene si stava ingrossando e girò la
testa per sbirciare il rigonfiamento sotto le lenzuola. Il sangue le si in-
cendiò nelle vene; prese a muoversi in modo goffo e, cosa ancora più
sorprendente, sentì la bocca riempirsi di saliva come se avesse l’acquo-
lina. Gettò un’occhiata furtiva alla sua faccia con gli occhi socchiusi.
Sembrava che stesse dormendo, attraverso i fori della maschera nulla
lasciava credere che fosse sveglio, ma lei aveva il coraggio di andare
avanti nell’esplorazione?
Colta di sorpresa, Amelia trasalì, alzò gli occhi e vide che lui la stava
guardando con aria maliziosa.
— Volevo vedere fino a che punto ti saresti spinta — spiegò lui. Alzò
una mano, le afferrò un boccolo e se lo passò tra le dita. — Che gattina
curiosa che sei — sussurrò.
— E ti dispiace?
Il ricordo della sensazione estatica del contatto con la sua vagina gli
mozzò il fiato e Colin non riuscì a rispondere. Era molto eccitato e
riusciva a contenersi soltanto per forza di volontà. Quando lei aveva
iniziato a toccarlo, pensava che l’avesse fatto per caso; poi aveva soll-
evato il capo e l’aveva marchiato per sempre posando le labbra sulla
ferita che l’aveva quasi ucciso. Quello era il segno del colpo di pistola
che li aveva separati tanti anni prima, il colpo che aveva ricevuto nel
tentativo di salvarla.
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Trattenne il fiato mentre lo mangiava con gli occhi: sarebbe stata tanto
temeraria?
— Sì.
— In che modo?
Mentre lui parlava, Amelia si sentiva sempre più umida tra le gambe.
Come se anche lui ne fosse consapevole, la sua voce si fece più roca. —
Altre volte, invece, può darsi che ricerchi solo il mio piacere, e vederti
implorare soddisferà la parte primitiva e selvaggia che c’è in me,
mentre mi rimetto completamente nelle tue mani. Resterò indifeso e
mi donerò a te del tutto.
— E chi lo sa. Forse sì, o forse no. A molte donne non piace. Non ri-
escono a capire la forza di quest’atto, si sentono umiliate e usate. Ad
altre semplicemente non piace il sapore dello sperma.
— Mmm...
Conosceva quel verso e ciò che significava: lei voleva scoprire che tipo
di donna era, ma sfortunatamente il tempo a loro disposizione era
finito.
206/325
Colin mise una mano sulla sua per fermarla. — Non vedo come po-
trebbe essere diversamente. Ti suggerisco di fare altrettanto.
— Intendo spazzare via tutti gli ostacoli che ci impediscono di stare in-
sieme — le promise Colin, ubriaco d’amore e di cocente possessività. —
Poi ti voglio corteggiare come si deve, in pompa magna. Voglio stupirti
con la mia stravaganza e mettere il mondo ai tuoi piedi — aggiunse, ac-
carezzandole il dorso della mano. — Infine, quando anche l’angolo più
recondito del tuo cuore traboccherà d’amore per me, ti sposerò.
Lei gli appoggiò la guancia sulla coscia. — Nella vita è meglio non in-
dugiare e cogliere l’attimo — sussurrò. — Io ho imparato a mie spese
che a volte non c’è nessun domani.
12
Maria fu svegliata da qualcuno che bussava alla porta. All’inizio era in-
tontita e ci mise qualche secondo a capire dove si trovava, poi il ri-
cordo del giorno precedente e della lunga notte insonne si abbatté su
di lei. Scattò a sedere sul letto, gettò via le coperte e corse verso la
porta.
— Simon ha insistito.
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— Mi aveva detto che intendevano fare una vacanza, eppure tu dici che
il suo valletto e le valigie non erano ancora pronti. Perché questo truc-
chetto? Perché ha fatto finta di volermi aiutare, se invece aveva i suoi
motivi per lanciarsi in questo inseguimento?
— Un paio d’ore?
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Lui la strinse più forte e le diede un bacio sulla fronte. — Sono con-
tento di sentirtelo dire.
— Io non russo!
— Hai detto che eri fuori uso e che avevi bisogno di un sonnellino.
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— No, dovrai pagare per quello che hai detto — replicò lui con la voce
impastata dal desiderio.
Amelia era tornata nella sua stanza già da un po’, ma dubitava che
stesse dormendo. Era curiosa e impaziente di natura, e siccome la con-
osceva fin troppo bene, immaginava che in quel momento stesse cam-
minando avanti e indietro per la stanza, guardando di continuo l’oro-
logio e contando i minuti che la separavano dal momento in cui le
avrebbe rivelato la propria identità.
— Sì.
Fece un cenno al valletto per indicargli che era pronto e si girò per
consentirgli di infilargli la redingote che aveva scelto di indossare. Era
un capo superbo, che ricordava il piumaggio di un pavone maschio.
Era evidente che quel completo finemente ricamato, che comprendeva
calzoni e panciotto con trame argentate, doveva essere molto costoso.
Il Colin Mitchell che Amelia ricordava con tanta tenerezza non
avrebbe mai potuto permetterselo, e ora lui lo sfoggiava come chiara
dimostrazione della sua ascesa sociale. Il suo sogno di diventare una
persona benestante ora si era trasformato in realtà, e Colin voleva che
lei lo vedesse subito.
aria truce; quando Colin gli si avvicinò, lo scrutò con uno sguardo
indagatore.
— ’Giorno.
Colin annuì e fece un passo indietro, ma mentre l’altro stava per pas-
sare oltre, allungò una mano. — Vi prego di darle questo da parte mia
— disse, consegnandogli alcuni oggetti. Dopo una breve esitazione,
l’omone li prese e si avviò giù per le scale.
Nel momento stesso in cui Maria mise piede nella sala della taverna,
Simon seppe di essere nei guai. Anche se aveva tutta l’aria di una
donna che era appena stata appagata sotto le lenzuola, tutto lasciava
presagire che il suo stratagemma fosse stato scoperto, e il fatto che
fosse accompagnata da Christopher St John fu un’ulteriore conferma
del suo timore.
214/325
— E che ne sarà di mia sorella? — gridò Maria. — Tu sai quanto sia im-
portante per me. Sapevi che era in pericolo e non me l’hai detto... — La
sua voce s’incrinò. — Pensavo che fossimo amici.
Il pirata allungò una mano e la posò su quella di sua moglie; quel gesto
d’affetto turbò enormemente Simon. Di tutte le donne che c’erano al
mondo, per lui nessuna contava più di Maria.
Maria spinse indietro la sedia e si alzò, costringendo gli altri due a fare
altrettanto.
— Ho perso già fin troppo tempo. Devo trovare Amelia prima che la
trovi qualcun altro.
Maria sollevò una mano per fermarlo; non voleva che aggiungesse
altro.
Lei sbatté le palpebre, incredula: come faceva a saperlo? Poi vide che
stringeva in mano qualcosa e quell’ultima domanda perse subito im-
portanza. — Fatemi vedere — disse, con il cuore che svolazzava. Tim
aveva la maschera. Com’era possibile? E soprattutto, perché?
Lui rimase a fissarla per un istante, poi le consegnò l’oggetto a lei tanto
caro, insieme a un biglietto.
Amore mio,
Servo tuo, M.
— Siete già stata sola con lui — osservò l’uomo, gettando un’occhiata
eloquente al letto. — St John mi farà la pelle per questo, e non voglio
irritarlo ancora di più.
— Voi non capite: io non ho ancora visto Montoya in faccia, e non po-
tete pretendere che io affronti una simile rivelazione in compagnia di
due persone che sono già alterate.
Proprio come suo padre, dannato lui e il sangue che le scorreva nelle
vene. Aveva creato un putiferio soltanto perché non aveva pensato che
a se stessa.
— Devo vederlo prima che arrivino gli altri — ripeté Amelia, infil-
andosi la sottana e il corsetto e voltandogli la schiena. — Ho bisogno
del vostro aiuto per vestirmi.
— Credo che alla fine sposerò Sarah — le confessò lui, poco dopo, tir-
ando così forte i lacci del corsetto da toglierle il fiato. — Sono troppo
vecchio per queste cose.
Amelia non riusciva a parlare. Tim aggrottò la fronte, poi si rese conto
che lei era sul punto di svenire, così allentò un po’ il corsetto e borbot-
tò qualcosa in segno di scusa.
Tim prese ad armeggiare con i bottoncini sulla schiena con le sue dita
tozze.
Tim arrossì.
Quella era una sorta di richiesta di pace e lei la accolse con piacere. —
Sarò felice di aiutarvi, se necessario.
Quando Tim le disse che aveva finito, Amelia s’infilò in fretta le calze e
le scarpe e corse verso la porta. Mentre scendeva le scale con tutto il
contegno che le riusciva, d’un tratto si sentì mancare l’aria e la testa
prese a girarle.
Quando arrivò davanti alla porta della sala da pranzo esitò un attimo,
poi appoggiò la mano tremante sulla maniglia. Nella migliore delle
ipotesi, sarebbe stata solo nervosa. Stava per incontrare l’uomo che
l’aveva vista e toccata come mai nessuno, e ad aumentare la tensione e
la preoccupazione c’era il fatto che per la prima volta le avrebbe rivel-
ato il proprio volto.
— Avanti.
“Colin!”
Ma com’era possibile?
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— Sta’ lontano da me! — gridò con voce stridula, la gola serrata dallo
sgomento.
“Allora com’è possibile che sia proprio qui di fronte a te?” le chiedeva
una vocina insistente.
“Non può essere lui... Non può essere lui” continuava a dirsi.
Quell’inganno era così ben congegnato che lei non credeva Colin ca-
pace di tanto. Eppure, se guardava quell’uomo bellissimo e pericoloso
che le stava di fronte, il suo cuore le sussurrava un’amara verità: “Lo
riconoscerei tra mille, quello è il mio amore.”
— Amelia...
Il tono addolorato con cui lui pronunciò il suo nome la fece singhioz-
zare ancora più forte. Non aveva più quell’accento straniero, adesso,
ma la voce che lei aveva udito tante volte nei suoi sogni. Era più pro-
fonda, più matura, ma indubbiamente era quella di Colin. Distolse lo
sguardo perché non riusciva a sopportare la sua vista.
Lei respinse quelle parole agitando una mano. — Hai fatto finta di es-
sere straniero e mi hai fatto credere di essere sfigurato.
— L’accento era solo una finzione, è vero. Era un modo per non farti
scoprire la verità prima del dovuto. Tutto il resto è frutto della tua
immaginazione.
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— E invece sì! Ti ricordi che nome hai gridato al culmine del piacere?
Quando ero tutto dentro di te, ricordi che nome ti è affiorato alle
labbra?
Amelia deglutì a fatica mentre nella mente ripercorreva tutti gli istanti
e le sensazioni vissute con lui. Si ricordò della cicatrice sulla spalla e
del modo in cui l’aveva inspiegabilmente turbata.
A quel punto lei si voltò per scappare via, ma Colin la prese per un
polso e la strinse in un forte abbraccio, e Amelia si abbandonò tra le
sue braccia, sopraffatta e devastata da un fiume di emozioni.
Amelia aveva pregato tanto di sentirgli dire quelle parole, che ora le gi-
ungevano misere e in ritardo di secoli.
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La carrozza non era ancora entrata nel cortile della locanda indicata
dai loro uomini che Maria era già con il cappello e i guanti in mano,
pronta a scendere giù.
— Ne è valsa la pena.
— E perché?
— Santo cielo — mormorò Maria, girando sui tacchi per andare a cer-
care Simon. Quando lui la vide, subito gli brillarono gli occhi, poi si
adombrò e il sorriso che gli incurvava le labbra sensuali lasciò il posto
alla rassegnazione.
— Vuota il sacco — gli ordinò lei, consapevole che sapeva qualcosa che
non le aveva rivelato e furiosa al solo pensiero di ciò che doveva aver
passato sua sorella.
Simon si alzò e le offrì una sedia che si trovava tra lui e la signorina
Rousseau. — Forse ti andrebbe di sederti — disse con aria fosca. — Po-
trebbe volerci un po’ per spiegarti tutto.
— Lasciami, Colin.
— Ma non capisci che non avevo scelta? Quello era l’unico modo per
poterti avere — ribatté Colin, la voce quasi un lamento. — Se non me
ne fossi andato a far fortuna non saresti mai stata mia e io non avrei
potuto sopportarlo. Ero disposto a tutto, anche ad allontanarmi da te
per un certo periodo.
Lei cercò di liberarsi dalla sua stretta. Ogni volta che inspirava, si
riempiva i polmoni del suo profumo, che risvegliava i ricordi della
notte appassionata trascorsa insieme, tormentandola in maniera quasi
insopportabile. — Lasciami!
— Su, Amelia, sii onesta — disse lui, serrando le mani dietro la schiena
per combattere contro il desiderio di buttarle le braccia al collo. — Non
mi avresti mai permesso di andare via, e se mi avessi chiesto di re-
stare, io non sarei stato capace di rifiutare.
— Avresti potuto scaldarmi tu, proprio come hai fatto la notte scorsa —
ribatté Amelia. — Vorrei passare così ogni notte fino alla fine dei miei
giorni. Chi se ne importa del carbone, se ci sei tu a riscaldarmi sotto le
lenzuola? E per quel che riguarda il giorno, alla fine di ciascuno avrei
saputo che il momento in cui ti avrei riabbracciato si avvicinava
sempre di più.
— Ma tu ti meritavi di meglio!
Amelia pestò un piede per terra con violenza. — Non spettava a te de-
cidere che io non fossi in grado di vivere una vita simile. Non stava a te
decidere che non fossi abbastanza forte per affrontare questa cosa.
— Ascolta...
— E invece sì. — Amelia sentiva una morsa allo stomaco che le impe-
diva quasi di respirare. — Mi dispiace — mormorò. — Vorrei che non ci
fossimo mai incontrati, così saremmo potuti essere felici.
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Lui strabuzzò gli occhi. — Santo cielo, non dire mai più una cosa
simile! Tu sei la sola cosa che abbia mai portato un po’ di felicità nella
mia vita.
— Vuoi dire che significa solo soddisfare i propri bisogni, come hai
fatto con quella ragazza nel retrobottega? L’altra notte, a ogni tocco, a
ogni carezza, mi sono chiesta con quante donne ti fossi intrattenuto
per essere tanto bravo.
— Gelosa? — replicò lui in tono sferzante, con il cuore che gli san-
guinava, terrorizzato al pensiero che potesse lasciarlo. Gli parlava con
aria distaccata, senza tradire alcuna emozione, come se non gliene im-
portasse nulla di lui. — Preferivi essere tu a soddisfare i miei bisogni
più basilari senza che provassi niente?
Furioso per la propria impotenza e confuso dalla piega che stava pren-
dendo quella conversazione, Colin la tenne ferma e la baciò, insinuan-
dosi con decisione in quella cavità calda e bagnata per gustare il suo
dolore e la sua sofferenza, la sua amarezza e la sua rabbia. Ingioiò
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Lei si aggrappò alle sue spalle, gemendo e tremando. Il suo corpo era
incapace di resistergli, persino in quel momento. Era una debolezza di
cui lui odiava servirsi, ma a cui ricorreva senza esitare, se necessario.
— La mia bocca è solo tua — disse con voce roca, sfregando le labbra
umide sulle sue. — Non ho baciato altre se non te. — Le afferrò una
mano e se la posizionò sul cuore. — Senti come batte forte? È per te.
Ogni singola cosa che ho fatto l’ho fatta pensando a te.
— Fermati — gli ordinò lei, ansante, con il seno che si alzava e si ab-
bassava contro il suo torace.
— Dopo tutti questi anni, riesci ancora a trovare dei motivi per ten-
ermi lontana, tranne l’altra notte, quando ti ho forzato la mano —
proseguì Amelia tra i singhiozzi, e lui percepì una strana risolutezza in
quelle parole disperate. — Credo che vediamo l’uno nell’altra soltanto
ciò che vogliamo vedere, ma alla fine il divario che si è creato tra noi è
troppo ampio e non si può colmare inseguendo vane illusioni.
— Amelia...
Ci volle qualche secondo per togliere tutti i documenti dal tavolo, poi
Simon si sedette e attese. Poco dopo un ragazzo con i capelli neri en-
trò nello studio.
— Colin Mitchell.
— No.
— Sì, so chi siete, anche se mi avevano detto che eravate morto. — Si-
mon si portò il bicchiere alla bocca e mando giù il liquore tutto d’un
fiato. Sentì un bel tepore nello stomaco e sorrise. — E così intendete
lavorare come suo sottoposto, struggendovi per lei a distanza? O
magari sperate di rotolarvi con lei nel fieno finché non si sposerà con
un altro, oppure rimarrà incinta di voi?
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Tirandosi su, Simon gli allungò una mano per aiutarlo ad alzarsi. —
Sto solo cercando di puntualizzare una cosa ovvia: voi non avete
nulla da offrirle, nulla con cui mantenerla, nessun titolo che le possa
dare prestigio.
— Io l’amo.
— Concedetevi del tempo per maturare. Lasciate che lei veda tutto
quello che si è persa finora. Poi, se vi vorrà ancora, almeno sarete
certo che ha preso la sua decisione con il cuore di una donna, non con
quello di una bambina.
Il ragazzo rimase immobile per qualche attimo; il peso della sua in-
decisione era quasi palpabile.
Alla fine, Colin emise un profondo sospiro e si lasciò ricadere sulla se-
dia davanti a lui. — Avanti, vi ascolto.
— Perché non mi hai detto niente? — gli domandò Maria quando Si-
mon ebbe terminato di raccontarle tutto, fissandolo come se lo vedesse
per la prima volta nella sua vita.
— Ma è affar mio — tuonò qualcuno alle loro spalle — visto che ri-
guarda anche la signorina Benbridge.
Era vestito in modo disinvolto, come non l’aveva mai visto prima, ma
si intuiva dal suo incedere rigido e dalla mascella serrata che il suo
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— Lui sta per entrare a far parte della nostra famiglia — puntualizzò
Christopher.
Maria alzò gli occhi e fece cenno al marito che voleva alzarsi. — Devo
andare a vedere come procedono le cose.
Lei puntò gli occhi nei suoi, sentendo salire le lacrime, e il conte si las-
ciò sfuggire un verso rabbioso.
— Con piacere.
— Vi ringrazio.
— Non puoi fare nulla per impedirlo — disse Maria, tentando di tras-
cinarla via.
— E invece sì.
Christopher si voltò verso di lei e Amelia lesse nei suoi occhi tutta la
sua disapprovazione: non riusciva a comprendere perché voleva che
andassero via, ma avrebbe avuto occasione di fare chiarezza in seguito.
Si fidava ciecamente e sapeva che la sua felicità e il suo benessere
erano sempre al primo posto, per lui.
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— Gli hai detto che non vi sareste più rivisti? — le domandò Maria in
tono gentile.
— Fin quando Ware non l’ha sfidato a duello, era quello il mio intento
— rispose Amelia, parlando attraverso il fazzoletto che teneva ac-
costato al naso. Il giorno prima, mentre andavano a Swindon, si era ri-
fiutata di parlare, e solo adesso si sentiva pronta per affrontare
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— Non m’importa. Il Colin di adesso nutre gli stessi dubbi da cui era
lacerato quello di una volta. Nonostante tutto quel che ha fatto, ha
continuato a credere fino a pochi giorni fa che Ware fosse la scelta
migliore per me. Ha sempre deciso riguardo al mio futuro senza con-
sultarmi, e ora ne ho abbastanza. Non voglio più essere trattata come
una bambina.
Amelia si passò una mano sulle sottane guardando fuori del finestrino.
Colin e Jacques erano sulla carrozza che seguiva, insieme a Simon e a
Lysette, mentre Ware stava in testa e conduceva la carovana. Era in-
trappolata tra quei due uomini, in senso sia figurato sia letterale.
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— Dico sul serio — ribadì. — Prima di queste due settimane, la mia vita
era ordinata e tranquilla. Io vivevo serena e Ware era soddisfatto,
proprio come lo eravate voi. Anche Colin conduceva un’esistenza che
lo stava portando da qualche parte. Ora, invece, siamo tutti nel caos.
Non avete idea di quanto mi rattristi l’idea di somigliare a lord Welton
non solo fisicamente, ma anche nell’anima.
— Bambolina...
— Ho le mie ragioni.
Amelia capì al volo il messaggio. “Io non sono Mitchell, non vi ho mai
raccontato una sola bugia.” Gliene fu grata e abbozzò un sorriso di
ringraziamento. Maria si unì a lei e insieme si avviarono su per le
scale, seguendo la signora Barney.
— Non potete fare niente per tenerla a freno? — chiese Colin. — Cart-
land non deve avvicinarla. Se dovesse sospettare quanto è importante
per me, si servirebbe di sicuro di lei.
— Voi siete riuscito a tenerla a bada? No, e allora non aspettatevi mir-
acoli da me — rispose Christopher con un sorriso stanco. — Mia
moglie è considerata una delle donne più pericolose d’Inghilterra e ha
insegnato tutto quello che sa alla sorella. Amelia è in grado di af-
frontare il migliore spadaccino e sa lanciare un coltello meglio di chi-
unque altro, persino di me. Se decide di seguirvi, troverà di sicuro un
modo.
— Capisco.
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— Vorrei che la signorina Rousseau credesse a ciò che dice Jacques ri-
guardo agli eventi di quella notte, ma lei si rifiuta di farlo e non
capisco il motivo. Perché non gli dà credito? Come può credere a
Cartland?
— Grazie, lo dirò agli altri — fu tutto ciò che Colin riuscì a dire prima
di girare sui tacchi e allontanarsi.
— Lo so.
Christopher si voltò e vide che anche il conte lo stava scrutando con gli
occhi socchiusi. — Io invece so perché voglio che rimanga, ma non
capisco perché anche voi lo vogliate.
— Amelia.
— Ne sarei onorata.
Ware si portò la sua mano alle labbra e guardando oltre la sua spalla
vide Colin al fondo del corridoio, che li scrutava con sguardo infuoc-
ato. Attirandola a sé, la condusse verso la gradinata che li avrebbe
portati prima al piano inferiore e poi al giardino sul retro.
— Dovresti trovarti qualcosa che ti tenga occupato, mon ami — gli sug-
gerì Jacques, facendolo trasalire con la sua improvvisa apparizione. —
Potresti compiere qualche azione scellerata, di cui poi ti pentiresti, se
continui a pensare incessantemente a lei.
— Che cosa vuoi che faccia? — domandò Jacques con il suo solito
ghigno.
— Capisco.
A ogni passo si sentiva più pesante, con il cuore greve per il confronto
che l’attendeva; sapeva che sarebbe potuto uscirne più malconcio di
quanto fosse accaduto durante la discussione con Amelia.
S’intrufolò nelle stalle senza far rumore e inspirò a fondo l’odore fa-
miliare di fieno e cavalli. Gli animali si misero a soffiare dal naso e a
pestare gli zoccoli, infastiditi dalla sua presenza. Lui si diede uno
sguardo intorno alla ricerca della cabina dello stalliere e vacillò
quando ne individuò l’entrata. Un uomo era appoggiato contro lo stip-
ite della porta e lo fissava con ostilità.
Il tempo era stato clemente con Pietro. A parte una leggera pancetta, il
suo corpo era ancora tonico e possente. Alcuni fili argentati gli ador-
navano i capelli e la barba, ma la sua pelle era liscia e senza rughe.
— E io? — gli chiese Pietro, tirandosi su. — E la pena che mi hai dato?
Non conta niente per te?
— Prima non avevo nulla da offrire a nessuno, non potevo offrire una
vita agiata alle persone che amavo.
— Di che agi parli? Forse intendevi disagi, come quelli che io ho patito
per averti perso!
Una smorfia di dolore alterò i bei tratti di Pietro. — Io sono una per-
sona semplice. Un tetto sulla testa, un po’ di cibo, una famiglia... Ecco
di cosa ho bisogno per essere felice.
— Vorrei tanto che anche i miei bisogni fossero così facili da soddis-
fare. Io voglio far felice Amelia e questo era l’unico modo per poterla
avere.
— Non saprei fare altrimenti. Lei è parte di me, proprio come i capelli
e la pelle.
— Avrei dovuto crescerti nel campo. Così non avresti desiderato cose
che sono al di là della tua portata.
— Sì.
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— Qualche settimana.
Colin rimase molto turbato da quelle parole, così allungò una mano e
la posò sulla spalla dello zio. — Non te la prendere. Se ho fatto così,
non è perché non ti volessi bene, ma perché provavo un amore folle
per lei. Avrei fatto qualunque cosa, sarei andato anche all’altro capo
del mondo per poter avere Amelia.
— Pare che tu sia riuscito nel tuo intento — osservò Pietro in tono pa-
cato. — Hai una bella carrozza e degli abiti eleganti.
Colin sentì salire le lacrime e le scacciò via. Suo zio lo fissò per un at-
timo e poi, con un profondo sospiro, lo abbracciò forte.
— Vieni. — Pietro gli passò un braccio intorno alle spalle e lo tirò verso
la sua cabina. — Prima ti devi cambiare i vestiti.
— Ah.
— Sì. L’ho pianto per tutto questo tempo e lui invece se la spassava. Ha
pensato che fosse molto più facile lasciarmi da parte, e io sono stanca
di essere lasciata da parte. Prima mio padre, ora Colin...
— Lo so. Che Dio vi benedica! È per questo che sono molto affezionata
a voi — rispose Amelia con un sorriso stentato. — So che potrò sempre
fare affidamento su di voi: è questo che mi ha convinta. Voi non cer-
cate di essere ciò che non siete. Mi spronate a comportarmi in modo
decoroso e a tenere un atteggiamento adeguato a una signora. Sono
certa che ci intenderemo a meraviglia.
— Proprio così.
— Grazie.
C’era solo un’altra persona che amava Colin quanto lei, una persona
che doveva essere rimasta altrettanto devastata dal suo ritorno.
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— Se lo dite voi...
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“Lysette” pensò François sorridendo. In passato era stata del tutto in-
nocente, ma lui e i suoi uomini si erano premurati di farla diventare
tutt’altro che onesta. Oltre al desiderio di fare giustizia per il povero
Leroux, la sua unica soddisfazione in quella missione penosa era il
pensiero di poterla rivedere.
Sentì il sangue ribollirgli nelle vene per l’aspettativa. Lei si sarebbe ri-
bellata, come aveva sempre fatto, e avrebbe combattuto contro di lui.
Diventava sempre più brava. Più gli resisteva, più lui la trovava at-
traente. Ora che gli Illuminés, per i quali lavorava, gli avevano asseg-
nato l’incarico di accertarsi che o Cartland o Mitchell pagassero per la
morte di Leroux, immaginava che possedere il suo corpo sarebbe stato
ancora più dolce.
Forse gli Illuminés erano convinti che fosse contento di avere il loro
supporto, ma si sbagliavano: a lui non piaceva essere secondo a nes-
suno. Era così che vedeva la loro interferenza nella questione.
è stato lasciato al caso, tutto è stato architettato con cura, anche il fatto
che io e Quinn siamo insieme a lei. Voi siete convinto che la vostra spia
— aggiunse indicando con un cenno del mento l’uomo tarchiato seduto
in un angolo — vi dia un vantaggio di qualche sorta, ma non è così.
— Voi non avete idea di quel che dite — borbottò Cartland, cercando di
assumere di nuovo un portamento determinato. — Dopotutto, però...
forse avete ragione — convenne, con un sorriso compiaciuto. —
Penserò a qualcosa. Datemi solo un po’ di tempo.
— Come volete.
— Sta diventando d’impiccio — disse poi. — Dato che non posso ucci-
derlo con le mie mani, dobbiamo trovare un altro modo per indurlo a
rovinarsi da solo.
— Mais oui.
— Sono felice che sia vivo — riuscì a dire Amelia. — C’è nulla di cui ab-
biate bisogno?
Anche se era girato di spalle, non c’erano dubbi che fosse Colin. Era a
torso nudo, con le gambe fasciate in un paio di calzoni logori e i
polpacci avvolti negli stivali lucidi. I muscoli possenti guizzavano e si
flettevano sotto la pelle imperlata di sudore mentre spazzolava con
foga i fianchi di un cavallo.
— Amelia!
Lui si tirò su e si voltò, mostrandole quel petto che lei aveva venerato
con la bocca e con le mani.
Santo cielo, era divino! Bello e virile da farle quasi male al cuore.
— Profondamente sola.
Lui serrò la mascella e si fermò. — Ti prego, stai qui con me, parliamo.
— Che tu sia maledetto! — gridò lei. — Perché devi cambiare per pi-
acere a me? Perché non puoi semplicemente essere te stesso?
— Ma questo sono io! Questo è l’uomo che sono diventato, eppure non
è ancora quel che vuoi!
— Io voglio te!
Una figura scura apparve sulla soglia, e lui accantonò per un attimo le
sue emozioni. — St John.
— Grazie.
— Non credo che riuscirò a mandare giù nulla. — Non sarebbe riuscito
a sopportare di stare a guardare Ware mentre trattava Amelia come se
fosse sua.
Colin aggrottò la fronte, nel tentativo di riportare alla memoria quel ri-
cordo ormai lontano. — Sì, ricordo di aver pensato che non c’era calore
nei suoi occhi.
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Amelia rimase seduta rigida per tutta la cena, ben consapevole del
fatto che Colin aveva deciso di non essere presente. La discussione che
avevano avuto nelle scuderie continuava a tormentarla. Parlava poco,
e questo non faceva che contribuire al malumore generale di quella
compagnia già non propriamente entusiasta. Nonostante ci si mettesse
d’impegno, non riusciva a scacciare dalla mente l’immagine di Colin
che lavorava nella stalla, un ruolo che avrebbe ancora ricoperto per
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L’ora era tarda. Tutti erano andati a dormire così aveva la casa tutta
per sé. Le era capitato spesso di gironzolare di notte nella residenza di
St John, trovando un certo conforto in quel silenzio e in quel senso di
solitudine che le ricordavano la sua infanzia. Lasciò volare la fantasia
inventando storie bizzarre, frugando nella memoria alla ricerca di pas-
saggi di alcuni romanzi che aveva letto, finché non giunse alla
biblioteca.
Da quando Colin era entrato di nuovo nella sua vita, aveva agito senza
curarsi di null’altro se non dei propri desideri. Tuttavia non poteva ig-
norare la correlazione tra lei e suo padre, così serrò la mascella con de-
terminazione. Probabilmente nella biblioteca c’era Ware, e vederlo
l’avrebbe fatta tornare con i piedi per terra e avrebbe mitigato il tur-
bine di emozioni che non sapeva come gestire.
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Decise quindi di entrare con passo felpato. Notò subito un braccio che
sporgeva da una poltrona e una mano massiccia che stringeva un
calice di cristallo. A giudicare dal colore scuro della pelle, doveva ess-
ersi sbagliata sull’identità di chi stava occupando la stanza, ma
ciononostante decise di non tornare sui suoi passi. C’era qualcosa nel
modo in cui quell’individuo teneva il bicchiere che la turbava. Il li-
quido ambrato era pericolosamente inclinato e raggiungeva quasi il
bordo, minacciando di riversarsi sul prezioso tappeto inglese.
Fece il giro intorno alla poltrona e vide Colin seduto scomposto, con le
gambe allungate e i piedi appoggiati su uno sgabello; non indossava né
redingote né panciotto e aveva il collo scoperto. Le rivolse uno sguardo
vacuo, con gli occhi privi di qualunque emozione, e accostò il bicchiere
alle labbra. Aveva un graffio sopra un sopracciglio con del sangue
rappreso.
— Come puoi dire una cosa simile? — esclamò Amelia portandosi una
mano alla bocca e cercando di ricacciare indietro le lacrime.
Lei stava quasi per controbattere, ma fu frenata dal fatto che Colin era
di umore nero. Le era capitato di vedere St John in condizioni simili,
in passato, e si era sempre domandata come facesse sua sorella ad
avere la forza di consolare una persona tanto afflitta.
Era ovvio che anche Colin in quel momento aveva bisogno di qualcuno
che lo consolasse, e siccome lei lo aveva allontanato, non gli era ri-
masto altro che la bottiglia per affogare i propri dispiaceri.
D’un tratto Colin girò la testa e le baciò l’interno del polso e lei rimase
come paralizzata dalla sua lingua che si muoveva avanti e indietro
sulla pelle sensibile.
— Non c’è nulla che possa fermare questa cosa — disse Colin, apren-
dole la vestaglia e prendendo tra le mani il suo seno. — Tu sei mia.
Amelia guardò verso la porta che aveva lasciato aperta, quando era en-
trata. — La porta...
Sentì che lui aveva poggiato una mano sulla sua coscia. La brezza della
sera le accarezzò la pelle bollente. Mentre tutto il suo corpo si tendeva
e si dibatteva nell’attesa di essere sfiorato da quelle mani benedette,
Amelia fremeva. Colin insinuò un ginocchio tra le sue gambe per farg-
liele aprire e lei, con naturalezza e senza vergogna, si offrì a lui, spa-
lancando le cosce per concedergli accesso alla carne pulsante.
Colin alzò la testa e la guardò in faccia mentre la toccava nelle parti più
intime. — Senti come sei bagnata — disse, con il petto che si alzava e si
abbassava rapidamente. Infilò due dita a fondo e Amelia inarcò la
schiena, trasportata da quell’implacabile piacere. — Tu sei fatta ap-
posta per me.
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quel bacio con evidente disperazione; il cuore gli batteva così forte che
Amelia riusciva a sentirlo al di sopra del proprio battito galoppante.
Colin continuava a flettere i muscoli per infilare le dita nella vagina
pulsante e bagnata e lei gemeva piano, un suono flebile che indicava la
resa di una donna al piacere, trasformandolo dal ragazzino indifeso
del passato all’uomo risoluto del presente. La rassegnazione divenne
ribellione, la disperazione bramosia. Quando lui si voltò nuovamente e
incrociò il suo sguardo, nei suoi occhi Amelia lesse una smania
incontenibile.
— Se solo potessi vedere ciò a cui sto assistendo io ora — mormorò, ac-
carezzandole la clitoride con un tocco esperto.
Lui le sollevò la camicia da notte, sempre più su, finché i capezzoli tur-
gidi non vennero baciati prima dall’aria e poi dalla sua bocca. La lin-
gua di Colin era uno strumento di tortura e di godimento che le sollet-
icava la sommità del seno facendola aggrappare ai suoi capelli per at-
tirarlo a sé.
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Non avrebbe mai creduto di poter fare un giorno l’amore con il suo
bellissimo, esotico Colin. Come poteva resistergli? Si lasciò trasportare
dal desiderio e della passione di lui, che la liberavano di ogni inibiz-
ione e la mettevano alla mercé di ogni sua richiesta.
— Mio Dio! — gridò lui, mentre tutto il suo corpo era percorso da un
brivido.
Ringalluzzita dalla sua risposta e dal forte desiderio di averlo alla pro-
pria mercé, Amelia piegò la testa continuando a leccarlo e gustando la
sua essenza più intima.
Colin era certo di morire dal piacere che Amelia gli dispensava con
tanto entusiasmo. Sembrava persa in quell’atto, più concentrata a sod-
disfare se stessa che lui. Era paonazza, l’eccitazione aveva reso vitrei i
suoi begli occhi verdi, le labbra gonfie e rosse si stiravano intorno al
glande.
Appena un’ora prima, era sicuro che non l’avrebbe mai più potuta toc-
care, abbracciare o sentire la sua vagina calda e bagnata avvolgerlo
mentre veniva. Il dolore per quella perdita era quasi insopportabile.
Perdere tutto, persino la speranza, e rimanere senza nulla in mano per
poi ritrovarsi di colpo lì, con le brache calate e il pene duro e pulsante,
con Amelia, l’amore della sua vita, che rendeva quel servizio alla sua
bramosia con tanto fervore non faceva che trasformare l’estasi gen-
erata da quella bocca succulenta in un’intensa agonia.
La sua bocca vogliosa avvolse la punta del pene con una coccola pic-
cante, fatta di calore umido e golose suzioni. Colin si sentì mancare il
fiato e gli si annebbiò la vista, mentre d’istinto l’afferrava per la nuca e
sfregava il membro su quella lingua guizzante, con la mano di Amelia
che gli impediva di andare troppo a fondo. Lei emetteva dei gemiti che
sembravano una sensuale supplica, e la vibrazione si diffondeva lungo
tutta la sua erezione, spingendolo sempre più verso l’orgasmo.
Perderla? Giammai.
La spinse via e scivolò giù tra le sue cosce, aprendole le gambe per aff-
ondare la faccia nel paradiso umido e scivoloso della sua vagina, lec-
candola e insinuandosi tra le labbra gonfie per sfregarle la clitoride.
Lui sorrise, poi la baciò con ardore, girando la testa per ficcare la lin-
gua in quella fessura che sembrava fatta apposta per accogliere il suo
membro, lasciandosi pervadere e intossicare dal suo sapore.
— No... Ti prego!
— Ti prego, fermati.
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— Perché?
Ragionare, fare pensieri razionali: ecco ciò che voleva. Averlo in pugno
le dava potere, mentre abbandonarsi ai suoi servigi la rendeva
vulnerabile.
— Tu pensi troppo — ribatté lui, con voce roca. — Lasciati andare. Lib-
era la donna che mi ha portato a letto senza guardare in faccia niente e
nessuno.
— Colin!
Era devastata, ma lui non era ancora soddisfatto. Non le diede nem-
meno il tempo di riprendere fiato che le salì sopra, facendosi strada
dentro di lei con il suo membro caldo e duro.
Colin stava facendo l’amore con lei. Era vivo e tra le sue braccia, den-
tro di lei. Le stava sussurrando frasi dolci e parole d’amore,
realizzando quel sogno che lei credeva svanito per sempre.
Quando si rilassò, ormai sazia, a quel punto lui pensò al proprio pi-
acere, riversando la testa all’indietro e tendendo il collo.
Amelia lo osservò proprio come Colin aveva fatto con lei poco prima,
le gambe avvolte intorno a quei fianchi infaticabili e le mani appoggia-
te sulla sua vita per tenerlo stretto a sé.
Colin d’un tratto aumentò il ritmo e lei seppe che stava per raggi-
ungere il culmine. Ansimava e si muoveva più rapido, finché non
esplose dentro di lei con un fiotto di liquido caldo, gemendo forte e
fremendo.
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— Sta’ ferma!
— Muoviti! — la incitò.
— Sì.
— Muoviti!
— Ma sono scalza!
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— Non c’è tempo — ribatté lui, aprendo la porta per sbirciare nel
corridoio.
Dopo qualche secondo Colin si avviò lungo il corridoio con passo felp-
ato, tenendola per mano. A un tratto si immobilizzò e lei fece altret-
tanto. Al piano di sotto anche il vocio cessò. Sembrava che la casa
stesse trattenendo il fiato, in attesa.
Altre grida, altri passi concitati. Rumore di spade e le urla della si-
gnorina Pool che squarciavano la notte.
— Da questa parte!
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Amelia si ridestò con una mano sulla bocca e qualcuno che le sussur-
rava all’orecchio.
Pian piano, si fece strada la lucidità e gli occhi abituati al buio si sof-
fermarono sugli stucchi dorati del soffitto.
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Si girò nel suo abbraccio e lo guardò in faccia. — Chi sono? — gli sus-
surrò all’orecchio.
Stivali. A quell’ora?
— No.
Alla fine, Colin le fece un cenno con la testa e lei, premendo velo-
cemente le labbra sulle sue, estrasse la lama dalla custodia.
“Ti amo” le disse lui senza emettere alcun suono, con la bocca sulla
sua.
Alla sua destra, qualcosa catturò la sua attenzione, così afferrò il pug-
nale, pronta a colpire. Il suo braccio era saldo, i nervi tesi. Non aveva
mai ucciso nessuno, ma voleva prima agire e poi preoccuparsi delle
conseguenze.
Anche se non si udiva alcun rumore, sapeva che l’intruso si stava avvi-
cinando lentamente a quella zona illuminata.
Lysette sollevò ancora una volta il braccio e affondò una seconda volta
la lama. Simon si gettò su di lei e la strattonò. — Basta! Non vedete che
è morto?
Quello spettacolo lasciò tutti sbigottiti e senza parole per alcuni istanti,
poi Christopher si schiarì la gola. — Bene... quest’uomo non rapp-
resenta più alcuna minaccia. Sicuramente, però, non era solo. Dev’es-
serci qualcun altro.
— Credo che sia stato lui a far entrare quello — disse Tim, indicando
l’uomo a terra.
Lei agitò una mano con insofferenza. — Perché darvi tanta pena? Ucci-
detelo e basta.
Colin fissava incredulo l’uomo che aveva creduto suo amico fino a
qualche istante prima, mentre pian piano prendeva forma il piano or-
dito alle sue spalle. — Collaboravi con la signorina Rousseau sin
dall’inizio, vero? Già da prima che ci incontrassimo alla locanda qual-
che giorno fa.
Jacques sorrise. Era legato a una sedia dorata e damascata nello studio
di Ware, con i polpacci uniti e le mani dietro la schiena. — Non ci
siamo visti per la prima volta alla locanda. In realtà, la conosco già da
un po’.
lasciata in una stanza per gli ospiti e si era unito agli altri per interrog-
are Jacques.
— Nulla. A dire il vero, che Cartland abbia ucciso Leroux è stata una
complicazione.
— Gli Illuminés sono venuti a conoscenza del fatto che Mitchell stava
facendo ritorno in Inghilterra — proseguì Jacques. — Così, io mi sono
assicurato una cabina a bordo della stessa nave, con l’intento di
stringere amicizia con lui durante la traversata. Speravamo che questo
espediente potesse aiutarci a capire per chi lavorava qui. La sera in cui
Colin doveva imbarcarsi l’ho seguito e ne ho approfittato subito per di-
ventare suo amico.
— Non ti crucciare per questo, mon ami. Lei può confermarti che era
tutt’altro che una brava persona. Non permetterò mai che sia tu a
pagare per i crimini commessi da lui, te l’avevo promesso sin
dall’inizio.
— Ma non siete stato proprio voi a far entrare Dépardue in casa mia?
— obiettò Ware. — Perché?
I due si separarono non appena giunti alla scalinata, e Colin andò a re-
cuperare la redingote che aveva lasciato in biblioteca. Serrò i pugni in-
torno alla guaina che di solito conteneva il pugnale e ripensò per un
istante al momento in cui Amelia gli era venuta in soccorso,
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Per la prima volta ebbe la certezza che non c’era nessun altro uomo
adatto a lei, e anche se ci fosse stato, che andasse al diavolo. Amelia
era sua, solo sua, e con un po’ di perseveranza l’avrebbe portata a cre-
dere la stessa cosa di lui.
S’infilò gli abiti in fretta e uscì dalla stanza. Ware era in piedi in fondo
alla scala, con gli occhi fissi sul punto in cui poco prima giaceva il ca-
davere di Dépardue. Era già stato ripulito tutto, ma Colin temeva che
quell’immagine avrebbe perseguitato il conte per anni.
Gli fece l’inchino e corse verso le scuderie, spronato dal pensiero che
quel giorno il sole poteva segnare l’inizio di una nuova vita per lui.
Trovò Christopher che lo attendeva con una dozzina di uomini, ai
quali si aggiunse Simon.
17
Cartland sentì il rumore di diverse paia di stivali che battevano sul pa-
vimento, così impugnò in fretta la pistola appoggiata al tavolino lì di
fianco. Spedire Dépardue e altri quattro in avanscoperta era stato un
azzardo di cui avrebbe volentieri fatto a meno, ma a volte erano
proprio i rischi maggiori a dare i frutti migliori.
— Eccellente. Seguitemi.
La porta era accostata e lasciava entrare una leggera brezza nella cu-
cina bollente. Cartland non riusciva a vedere altro che buio, oltre un
piccolo cono di luce che filtrava dall’esterno, ma decise di mettersi a
correre per aumentare le probabilità di scamparla, qualora gli avessero
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D’un tratto, avvertì un grugnito alle sue spalle: lo scagnozzo che aveva
al seguito era stato atterrato.
— Permettetemi di dubitarne.
— Amelia.
— Bambolina, aspetta!
Amelia si dibatteva, non voleva nemmeno pensare che uno dei due
potesse rimanere ferito. Nonostante si dimenasse come una pazza,
Tim era un gigante e lei non aveva la minima possibilità di liberarsi.
Intanto il rumore metallico non cessava, acciaio contro acciaio, fa-
cendola trasalire ripetutamente tra le braccia di Tim, che la stringeva
più forte, sussurrandole qualche parola di conforto che però non sort-
iva l’effetto desiderato.
— Ed è per questo che l’avete lasciata sola per tutti questi anni? —
ironizzò il conte.
Ware strinse gli occhi blu e la tensione tra loro si fece palpabile. Poi
sollevò gli angoli della bocca in una smorfia. — Forse non siete la per-
sona che pensavo.
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— Forse no.
La sollevò e l’appoggiò sul suo petto forte e caldo. Il profumo della sua
pelle, così terribilmente maschile, la spinse a nascondere il volto
solcato dalle lacrime nell’incavo della sua spalla.
Non si rendeva bene conto di quel che stava accadendo: forse stavano
scendendo le scale, perché sentiva un’aria fresca solleticarle la pelle.
In effetti, qualche istante dopo erano sulla vettura, che partì scricchi-
olando sulla ghiaia. Colin la teneva in grembo e la scaldava con il suo
corpo. Le lacrime le sfuggivano attraverso le palpebre chiuse e Amelia
pregava di non risvegliarsi mai più da quel bellissimo sogno.
“Il duello...”
— Per strada.
— A sposarci.
— Cosa?
— Sì.
— E non ha vinto lui? Non gli hai detto che era lui il migliore? Buon
Dio, sto perdendo la ragione?
— Non avrebbe senso negare che Ware possa offrirti cose al di là della
mia portata — proseguì Colin, con un misto di amore e determinazione
negli occhi scuri. — È vero, ho detto questo stamattina, ma mi sono
reso conto che non mi importava nulla, in realtà.
— Ah, no? — mormorò Amelia, portandosi una mano allo stomaco che
gorgogliava.
— Colin...
— Amelia — disse lui, irrigidendosi. — Dirti che Ware non vuole altro
che la tua felicità potrebbe alleviare la tua pena e spingerti ad ac-
cettare, ma non è ciò che voglio.
— Sì, invece; basta non fare del male agli altri. — Colin si era infervor-
ato e lei rimase stupita da tanta passione. — Ware non ti ama, perlo-
meno non quanto me, e per di più nemmeno tu lo ami. Temo che tu
non voglia bene neanche a te stessa. Non come dovresti, almeno. Mi
hai accusato di essere diventato qualcun altro, eppure anche tu sei
colpevole dello stesso reato. Hai tentato di trasformarti in una donna
servizievole e conformista, ma questa non è la tua vera essenza. Non
provare vergogna per un lato della tua personalità che io amo così
tanto!
— Ware...
Amelia era stata imprigionata per così tanto tempo che una parte di lei
odiava quella restrizione, mentre l’altra le era grata perché proprio
questo le aveva impedito di diventare come Welton. — Mi conosci
bene... — bisbigliò.
— Sì, meglio di chiunque altro. Una volta mi avevi detto di credere che
ero abbastanza, per te; ora sono io a chiederti di farlo. Fidati di me: sei
priva di qualunque somiglianza col carattere di tuo padre. Fidati
quando ti dico che sono abbastanza intelligente da amare una donna
meravigliosa. Fai il salto insieme a me, Amelia. Sono aggrappato al
nostro amore con tutt’e due le mani, nonostante tutti gli elementi che
giocano a nostro sfavore. Fai lo stesso anche tu: abbraccia la tua vera
natura e fuggi via con me. Conquistati la libertà con me, Amelia.
Lei sostenne il suo sguardo per qualche secondo, con la vista annebbi-
ata dalle lacrime, poi si gettò tra le sue braccia.
— Diciamo che ci speravo — la corresse Ware. — Sono felice che sia fi-
nalmente tornato in sé.
— Certamente.
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Era seduto nel grande salotto della nuova residenza londinese di Colin,
con le pareti tinteggiate di azzurro e oro. Amelia aveva decorato la
stanza aggiungendo un tocco di colore: cuscini foderati in tessuti
preziosi, piccole statue e alcune ciotole di fattura gitana, regalo di
nozze di Pietro. Lo stile non era propriamente alla moda; anzi, molti
l’avrebbero considerato terrificante e sinistro, ma loro due amavano
quello spazio e vi trascorrevano molto tempo insieme.
“Abbraccia la tua vera natura” le aveva detto, e lei stava imparando pi-
an piano ad accettare il lato incosciente del proprio carattere, quello
che aveva cercato di mettere a tacere troppo a lungo. Aveva accan-
tonato ogni paura di diventare come suo padre, e Colin, dal canto suo,
non lasciava più che il timore di non essere alla sua altezza lo
condizionasse.
— Non ti invidio per niente — borbottò Colin con una smorfia. — Non
credo che la signorina Rousseau sia una prigioniera modello.
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— Non lo so. Forse dopo essermi assicurato che gli altri vengano rilas-
ciati, o forse mai. Magari viaggerò un po’.
— Sarebbe a dire?
— Deve ancora passarne di tempo, prima che quel giorno arrivi, mio
caro amico, e probabilmente nessuno dei due vivrà tanto a lungo.
— Arrivederci, amico mio — gli disse Simon, dandogli una pacca sulla
schiena quando raggiunsero l’atrio. — Ti auguro molta gioia, e spero
che dalla vostra unione nascano tanti pargoli.
— Tesoro.
Amelia sollevò con grazia il braccio sinistro, facendo brillare alla luce
del candeliere lo smeraldo dell’anello di fidanzamento: tra le mani
stringeva dei nastrini di satin nero dai quali pendeva una maschera bi-
anca dall’aspetto familiare.
— Che malandrino!
Colin fece i gradini due alla volta e la prese tra le braccia, gustandosi la
sensazione di quel corpo morbido abbandonato contro il suo. — E così
sarei io il malandrino? Siete voi, contessa Montoya, che mi distogliete
da un importante evento mondano in favore di una nottata licenziosa.
Lei scoppiò a ridere, una risata carica di gioia e di amore che gli riempì
il cuore per le molte ore successive che trascorsero insieme, accom-
pagnata da altri suoni, ugualmente meravigliosi.
Ringraziamenti
A Kate Duffy, per avermi sopportata e guidata. Quando avevo bisogno
d’aiuto, tu c’eri sempre. Non avrei mai finito questo libro se non ci
fossi stata tu.
www.librimondadori.it
di Sylvia Day