- Nasce a Catania (1840) da famiglia di nobili origini
- La sua formazione è affidata a un parente, Antonino Abate, poeta e patriota - 3 Romanzi giovanili di stampo romantico patriottici (Amore e Patria, I carbonari della montagna, Sulle lagune) - Nel 1865 va a Firenze (allora capitale d’Italia) e frequenterà i salotti modani della letteratura (Una peccatrice, Storia di una capinera, Eva) - Nel 1872 si trasferisce a Milano (Eros, Tigre reale) - Nella sua permanenza tra Firenze e Milano scriverà questi 5 romanzi, cosiddetti “mondani”: racconti sentimentali, ispirati alla moda tardoromantica: passioni irregolari, amori tormentati, desideri frustati. - Nel 1874 scrive in soli 3 giorni Nedda, un “bozzetto siciliano” (una novella) di natura completamente diversa dalle opere precedenti perché ambientata in Sicilia e perché descrive la povertà di vita della sua gente - Si avvia in questo modo la CONVERSIONE di Verga al Verismo. - Ritorna a Catania e scrive un bozzetto Padron ‘Ntoni che amplierà fino a diventare il romanzo I Malavoglia - Scrive le novelle di Vita dei campi - Trascorre lunghi periodi a Roma ed esce a puntate un altro romanzo Mastro don Gesualdo - 1893 rientra stabilmente a Catania. Diventerà un uomo distaccato dagli ambienti letterari (era consapevole di avere dato ormai il meglio di sé), farà una vita isolata dedicandosi alla famiglia. Sarà nominato senatore - Muore nel 1922 La “conversione” al Verismo: Nedda La cosiddetta conversione di Verga al Verismo risale al 1874, anno in cui pubblicò Nedda. L a protagonista è un’umile raccoglitrice di olive di Viagrande. Nel racconto ci sono espressioni dialettali. La conversione al verismo sarà influenzata dalle letture dei naturalisti francesi. Vita dei campi Verga, seguendo il filone siciliano, compose dei racconti. Non voleva soltanto soddisfare la curiosità dei lettori nei confronti di un’esistenza così diversa rispetto ai protagonisti delle sue opere precedenti. Si sforzò dunque di: rinunciare a commentare e impietosire il pubblico. La rivoluzione di queste novelle consiste nell'eclissi del narratore onnisciente. Il narratore è popolare, esprime un punto di vista collettivo ma di parte, ostile al protagonista che è messo costantemente in cattiva luce. La campagna non è il luogo dell’idillio, ma un luogo ostile in cui vige, come dappertutto, la lotta per la vita con le sue regole spietate. L’ambientazione è posta nel mondo siciliano: Verga assume definitivamente come argomento della sua narrazione i ceti sociali più bassi. Le otto novelle di Vita dei campi presentano da vicino la vita, nella sua cruda verità e la narrazione sarà rivoluzionaria: i personaggi appartengono a starti umili della popolazione scompaiono i commenti di polemica sociale e morale i fatti sono presentati in nodo crudo i dialoghi sono brevi le vicende sono tragiche si riducono le descrizioni • “Novelle rusticane” sono 12 novelle tra cui "La roba". I protagonisti delle “Novelle rusticane” non sono quelli della “Vita dei campi” ma medici, notai, guardie comunali, osti e galantuomini. Ruolo importante ha la natura che è colei che riallinea i destini insegnando il limite invalicabile oltre il quale il trionfo economico e sociale di tutti e non si può spingere. Si vendica in diversi modi per esempio con la forza devastante distruttrice dei suoi elementi. Rosso Malpelo (1784)
Primo racconto verista
Logica dell’utile e del bisogno Legge del più forte LA CONCEZIONE DELLA VITA: la famiglia e l'ideale dell'ostrica Verga pensava che tutti gli uomini fossero sottoposti a un destino impietoso e crudele che li condanna non solo all’infelicità e al dolore, ma ad una condizione di immobilismo nell’ambiente familiare, sociale ed economico in cui sono nati. Chi cerca di uscire dalla condizione in cui il destino lo ha posto, non trova la felicità sognata, ma va incontro a sofferenze maggiori, come succede a’Ntoni Malavoglia e a Mastro Don Gesualdo. Per Verga non rimane che la rassegnazione dignitosa al proprio destino. Questa concezione immobile dell’uomo sembra contraddire la fede nel progresso propria delle dottrine positivistiche ed evoluzionistiche. In verità, Verga non nega il progresso, ma lo riduce alle sole forme esteriori ed appariscenti; in ogni caso, è un progresso che comporta sofferenza. Giovanni Verga torna più e più volte su un tema preciso: quello dell'attaccamento alla famiglia, alla casa. Il bene della famiglia sembra il supremo valore: è questo il principale senso dell'ideale dell'ostrica. Se l’ostrica si distacca dallo scoglio è destinata a morire, così chi si distacca dalla famiglia è destinato a trovare molte difficoltà e va incontro a mali peggiori. Per i Malavoglia la "roba" consiste nella Provvidenza e nella casa del nespolo. Quando entrambe si perdono, i membri della famiglia sentono di aver perduto le radici stesse della loro esistenza. Solo alla fine del romanzo, Alessi riesce a recuperare la casa e con essa il legame con il passato e gli affetti familiari. Tecniche narrative di Giovanni Verga La novità dei veristi e di Verga è la creazione di un narratore popolare, appartenente la mondo in cui viene ambientato il racconto: Verga narra rimanendo “fuori campo” ed evitando di dare giudizi personali, si limita a riferire i fatti, in tal modo lo scrittore scompare dietro la narrazione secondo il principio dell’impersonalità: riprodurre la realtà in modo oggettivo. Questo mettersi alle spalle dei suoi personaggi è chiamato “artificio della regressione perché l’autore “regredisce” culturalmente al livello dei parlanti. Il discorso indiretto libero La tecnica principale della narrazione verista verghiana è il discorso indiretto libero. Il discorso indiretto libero è un particolare modo di riferire parole e pensieri all’interno della narrazione, in pratica si riporta un enunciato in terza persona senza che ci siano verbi a introdurlo. La frase “Ei possedeva delle idee strane, Malpelo!” è un esempio di discorso indiretto libero, la frase viene riportata senza che ci sia nessun verbo del dire che la regge. È proprio attraverso il particolare uso del discorso indiretto libero che Verga realizza un nuovo originale modo di narrare. Il ciclo dei Vinti
La scrittura di questo ciclo è probabilmente maturata nella mente dell'autore sotto la
suggestione del ciclo dei “Rougon-Macquart” di Zola. Lo scopo di Verga è quello di formare un affresco della vita italiana moderna delle varie classi sociali affinché potesse far notare come tutti lottano per appagare le varie aspirazioni. Al ciclo viene assegnato il titolo "i Vinti". Si doveva comporre di cinque romanzi nell'ordine: I Malavoglia, Mastro Don Gesualdo, la Duchessa di Leyra, l'Onorevole Scipioni e L'uomo di lusso. Verga non riuscì ad andare oltre il secondo dei romanzi e si fermò durante la scrittura della Duchessa de Leyra. La Prefazione ai Malavoglia, funge da prefazione all'intero Ciclo dei Vinti,: Verga ci annuncia la propria visione del mondo. Pensa che esista una legge universale che governi tutti i destini umani. la lotta per la vita e quello di progresso infinito. La vita non è altro che una lotta senza quartiere di tutti contro tutti in cui il pesce grande mangia il pesce piccolo. La lotta di tutti contro tutti è provocata dalla ricerca del meglio: il progresso. Il progresso si paga a duro prezzo e tutti soccombono a questa crudele, darwiniana lotta per l'esistenza, per il benessere e per l'ambizione. Si tratta di un destino che abbraccia tutte le fasce sociali. I protagonisti dei cinque romanzi infatti sono “vinti” che la corrente ha depositato sulla riva dopo averli travolti e annegati. Il ciclo rimane incompiuto per la difficoltà di scrittura connessa all'abolizione del narratore onnisciente: rinunciando ad esso Verga doveva fare a meno dell'introspezione, scrivendo i “Malavoglia” non ha trovato problemi in quanto il meccanismo delle passioni nelle basse sfere non è complicato, mentre nella stesura degli altri romanzi avrebbe dovuto vincere ostacoli maggiori avendo a che fare con un’umanità sempre più resistenze al suo metodo di osservazione dall’esterno.
I Malavoglia
Approfondimento del verismo
Romanzo sperimentale nella forma, nella narrazione, nei contenuti, nel modo di pensare dei personaggi Tutto è realistico: i luoghi, il tempo Verga osserva come reagisce una piccola comunità allorché il progresso penetra nella quieta di una società arcaica Il contrasto tra vecchio e nuovo è soprattutto a livello economico, questo motivo è incarnato da due personaggi: Padron ‘Ntoni, immagine di colui che resta fedele al suo lavoro di pescatore tramandato da generazioni; zio Crocifisso, simbolo del nuovo modo di lavorare e guadagnare, lui è un usuraio. Padron ‘NToni difende l’onestà, zio Crocifisso l’utile a qualsiasi costo. Anche ‘Ntoni cede alla “bramosia del meglio”, al desiderio di migliorare la propria condizione economica Verga rappresenta il mondo arcaico di Acitrezza alle prese con le novità recenti: politiche (unità d’Italia), sociali (la leva militare e la scuola obbligatoria), tecnologiche (il telegrafo e la nave a vapore) Padron ‘Ntoni incarna la tradizione, zio Crocefisso la ribellione, ma anche il più giovane dei nipoti di padron ‘Ntoni Il significato dell’opera è nella Prefazione, che promette di illustrare le inquietudini del benessere e le conseguenze della bramosia dell’ignoto Il primo a cedere all’affare dei lupini è padron ‘Ntoni, questo dimostra, per il Verga, che dalle storture del progresso non si salva nessuno Lingua dei Malavoglia è una sorta di italiano dialettizzato, una lingua che non esiste e che viene costruita da Verga Il “coro dei parlanti” è il vero protagonista-narratore del romanzo Mastro don Gesualdo